Il '700 Tra Neoclassicismo E...
Il '700 Tra Neoclassicismo E...
Il '700 Tra Neoclassicismo E...
Il Neoclassicismo
Il periodo che dalla metà del ‘700 alla prima metà dell’800 è un’ epoca estremamente
complessa , e anche contraddittoria, che segna la fine di un secolare modo di
considerare l’uomo e il mondo: i profondi mutamenti politici e del pensiero, della
concezione dell’uomo e della società che si affermano in questo periodo giungono
fino a noi e ancora permeano molti aspetti del nostro modo di ragionare. E’
consuetudine identificare una prima fase di questa evoluzione col termine
Neoclassicismo ( che occupa il ‘700) ed una seconda fase, da inizio ‘800, col termine
Romanticismo. In mezzo, a cavallo dei due secoli, ci sarebbe una fase di transizione
indicata col termine di Preromanticismo.
Con il termine Classicismo intendo un atteggiamento estetico che ricerca nel passato
dei modelli di stile e gusto che vengono ritenuti appunto “classici”, ovvero esempi di
perfezione assoluta che devono fungere da modello verso cui tendere. Centrale in
questo tipo di gusto è il concetto di imitazione.
Abbiamo incontrato nella storia vari classicismi, a partire da quello teorizzato nel I
sec. d.C. dal grammatico latino Quintiliano che individua in Cicerone per la prosa e
Virgilio per la poesia i due modelli di perfezione della lingua e letteratura latina.
Altro periodo che presenta questa caratteristica è senza dubbio il ‘500: si pensi al
fenomeno del Petrarchismo, teorizzato da Pietro Bembo nel 1525.
Il Neoclassicismo è una tendenza culturale che si sviluppa nel ‘700 illuminista. Nato
come reazione al Barocco e ispiratosi all’arte antica, specie quella greco-romana, fu
variamente declinato, ma è ben riconoscibile, nelle varie arti, nella letteratura, nella
musica, nell’architettura, etc.
La sua teorizzazione prese vita a Roma con gli scritti dell’archeologo e storico J. J.
Winckelmann e del pittore e storico dell’arte Anton Raphael Mengs. Grande
importanza nella sua nascita ebbe la scoperta delle antiche città di Ercolano e Pompei
con i loro tesori artistici.
Stabilire quanto questa immagine idealizzata del mondo antico corrisponda alla realtà
è un discorso che possiamo affrontare solo di sfuggita ma che richiederebbe molto
più tempo.
“[…] è però il bianco a farla da padrone quando si tratta dei valori di purezza e
incorruttibilità. Nel mondo contemporaneo il bianco è sinonimo di classicità: è il
colore degli showroom di Armani, degli ultimi computer Apple, delle classiche
copertine Einaudi e dei muri delle gallerie d’arte à la page. L’inizio di questo gusto si
trova nel convincimento che il candore fosse il linguaggio dell’arte greco-romana, un
modello indiscusso per generazioni di artisti. Al contrario – come hanno dimostrato
gli studi dell’ultimo secolo – la statuaria antica era vivacemente colorata. (cercate in
rete le immagini delle ricostruzioni della policromia , per esempio potete trovare la
ricostruzione della policromia dell’Augusto di Prima Porta o del frontone del tempio
di Zeus ad Egina). La maggior parte delle sculture levigate e lucenti che ammiriamo
oggi erano coloratissime, in una maniera che noi, educati alla tradizione della
semplicità, non possiamo non definire kitsch. Le statue erano insomma molto simili
alle sculture lignee medievali dal cromatismo mimetico e oleografico, con gli occhi
dipinti e sospesi simili alle bambole. Per non parlare dei bronzi, come quelli di Riace,
che in Grecia erano tirati a lucido e sottoposti a doratura fino a risplendere come le
cromature di un’automobile o come i Buddha che incontriamo nei templi orientali.
Sennonchè il lungo perdurare sottoterra e il lavorio del tempo hanno via via
cancellato la patina pigmentata da quei marmi; così quando la generazione
neoclassica riscopre l’antico – anzitutto con gli scavi di Pompei e Ercolano – si
convince che il mondo di Fidia e Prassitele fosse davvero incorrotto dalla barbarie
colorica. E come spesso accade quando ci si affeziona ad un’idea, si cerca di far
tornare i conti, magari in buona fede, anche a costo di barare un po’. A metà ‘700
Johann Winckelmann – il primo e più autorevole promotore dell’antico – si mette,
insieme ai suoi seguaci, a lavare le statue per togliere gli ultimi rimasugli di tinta;
inventando, con l’olio di gomito delle brave massaie, la classicità bianca e
abbagliante che ammiriamo oggi nelle collezioni d’arte di tutto il mondo. Da questo
momento l’antichità perfetta è l’idea che ne ha Canova: il marmo nudo.”
(R. Falcinelli, Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo, Einaudi
2017)
Il Preromanticismo.
Fin dalla metà del '700 si manifesta in Europa, soprattutto nella letteratura inglese e
tedesca, una nuova sensibilità fatta di una sottile vena di malinconia, di un gusto a
volte morboso per il mondo sepolcrale e notturno e di narrazioni fantastiche piene di
passione: insomma una sensibilità ed un gusto opposti alla lucida ed equilibrata
razionalità illuminista. Si è convenuto di chiamare questo nuovo atteggiamento
(anche se non è possibile individuare un unico denominatore comune e quindi un
vero e proprio movimento) con il nome di Preromanticismo, perchè questo insieme
di fenomeni, autori ed opere costituisce la premessa del Romanticismo, cioè un
primo affacciarsi di temi e forme di sensibilità che saranno sviluppate appieno nel
secolo successivo, a partire da inizio '800.
Questa nuova letteratura è caratterizzata dall'esaltazione dell'individuo e del
sentimento, dalla confessione lirica dell'io ripiegato nella sua malinconica solitudine
e pervaso dal senso drammatico e doloroso della vita, da una concezione pessimista
della realtà. Elenchiamo ora alcune opere ed autori che segnano, in pieno
Illuminismo, l'apparire e lo svilupparsi di questo nuovo tipo di sensibilità
1742 – Pensieri notturni (The complaint: or night thoughts on life, death and
immortality) di Edward Young.
1751 – Elegia sopra un cimitero campestre (Elegy written in a country churchyard)
di Thomas Gray.
1760 – I canti di Ossian di James Macpherson
1764 – Il castello di Otranto di Horace Walpole
1765/1785 Movimento culturale e artistico dello Sturm und Drang
1774 - I dolori del giovane Werther (Die leiden des jungen Werther) di J. W.
Goethe