APPUNTI (Carmelo Bene)

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• 1

− Massimo esponente di arte e cultura del secondo Novecento.


− Percorso variegato tra radio, televisione, cinema, letteratura, poesia e teatro.
− Figura contraddittoria, teatro contro il teatro, teatro irrappresentabile, no via d’uscita.
− Avanguardie, Quartucci, Remondi, Brooke, Living Theatre – tensione verso il cambiamento
− Rifiuta etichettature e categorizzazioni, conta solo il presente.
− Disfatto attore: attore artifex / non-attore
− No personaggi, solo situazioni abbinate ad atteggiamenti.

• 2
− Percorso suddiviso in due periodi:
→ dall'esordio al 1975 – carattere critico, allegorico, grottesco, violento verso gli spettatori.
→ Dal 1975 fino alla morte – carattere meno conflittuale, componente lirica e simbolistica,
atteggiamento distaccato verso gli spettatori.
− Anni giovanili più creativi, lavoro sui romanzi, prove cinematografiche e per la televisione.
− Vita invivibile e scena impossibile, unione crudele tra finzione esibita e vita vissuta.
− Scandalo, Cristo 63, chiusura del teatro Laboratorio di Bene.
− Caligola di Camus, finale, spiazzamento, poltrone viola, manifesti, discussioni e risse.

• 3
 Amleto
− Teatro nel 1962 fino al 1994 (tutte versioni diverse l’una dall’altra).
− Un film nel 1973, un’opera radiofonica nel 1974 e per la televisione 1974 e 1988.
− Disamletizzarsi, fare Amleto per allontanarsi da Amleto, ennesima contraddizione.
− Togliere di scena, liberare il teatro dalla messinscena e dal testo.
− Riscrittura, per capire Shakespeare bisogna essere Shakespeare, riscrivere per cogliere il
senso più profondo dell’opera, senza dissacrarla.
− Montaggio anti-narrativo, mischiarlo con altre fonti letterarie (Laforgue, Joyce, Freud).
− Amleto non deve più vendicare suo padre, deride lo spettro palesemente finto della
messinscena.
− Trasformazione di Amleto verso un saggio sull’artista e l’impossibilità di fare arte nel
mondo borghese, riferimento Laforguiano sempre più presente.
− Tratto parodico, spiazzante, parodia sofferta, riso malato.
− Progressivo rifiuto dei monologhi di Shakespeare, trasformati in foglietti di carta che girano
tra le mani di Amleto e Orazio, fino a diventare un pezzo di carta vuoto.
− Finale ambiguo e meta-teatrale, i personaggi muoiono per convenzione cascando all’interno
di un baule. Fortebraccio con l’armatura rappresenta un potere senza volto.
♦ Personaggi
− Re Claudio: nell’edizione del 75 si presenta distaccato e legnoso nei movimenti.
− Gertrude: inizialmente rapporto quasi incestuoso con Amleto, nel 75 diventa corpo del
desiderio perso e distante.
− Ofelia: inizialmente disprezzata da Amleto, priva di battute, ha improvvisi impulsi sessuali
contraddetti nel 75 dal suo abito da monaca.
− Cate: personaggio non esistente in Shakespeare, è la prima donna di cui Amleto si
invaghisce, rappresenta la parodia dell’interprete teatrale.
− Rosencrantz e Guildenstern: inizialmente hanno un forte accento pugliese, dal 75 diventano
due perverse bambine che recitano sussurrando con una sola dizione.
− Polonio: inizialmente ciambellano di corte, nel 75 diventa un vecchio che spoglia Gertrude
dai suoi veli, bisbigliando in maniera incomprensibile i brani di Freud. Quando la sua voce
diventa chiara Amleto lo uccide, rifiutando lo svelamento del suo inconscio tramite le parole
Freudiane.

 Majakovskij
− Punto di riferimento nel percorso di Bene tra il 60 e l’80, il periodo di maggiore
contraddizione con la scena ufficiale.
− Identificazione e sovrapposizione con Majakovskij.
→ L’opera del 68 ha un atteggiamento di sfida e disprezzo verso gli spettatori, ma rimane un
successo incredibile.
→ L’opera del 80 ha luoghi diversificati e un pubblico più ricercato.
− Affronta i versi di Majakovskij, tentando di attenuare i riferimenti politici dell’opera
(rivoluzionari e marxisti).
− Rapporto tragico di arte e politica.
− Straniamento immedesimato.
− Costruzione complessa tra voce e musica, dialogo tra attore e musicista.
− La recitazione diventa una poesia musicale, un’anti prosa.

 Nostra signora dei Turchi


− Opera autoriale teatrale, radiofonica e primo esordio cinematografico.
− Filo conduttore dell’opera è la distruzione della rappresentazione in qualsiasi forma, la
frantumazione dell’io.
− Parodia della vita interiore, derisione del proprio io.
− Teatro catacomba
− Pubblico separato dalla scena da una vetrata con tre finestre cuspidate di una chiesa gotica.
Costringe il pubblico a sbirciare per capire cosa succede oltre (parodia della quarta parete).

• 4
♦ La svolta degli anni 70
− Si allontana da Vincenti, Mezzanotte, Vendittelli, Lydia Mancinelli, va verso la solitudine.
− La critica lo definisce maestro della ricerca, entra in grandi teatri, conosce l’industria.
− Racconta la società irrecuperabile (come Pasolini, ma in modo più tragico e grottesco).
− Teoria sulla phonè, centralità della voce.
− Romeo e Giulietta, unica occasione in cui l’edizione radiofonica precede quella teatrale, da
qui verrà implementato nei suoi spettacoli il playback.
− Lectura Dantis, poesia della voce sulla torre Bolognese.
− Manfred, svolta concertistica, recita tutti i ruoli immobile al centro della scena.
♦ Gli anni 80
− Superamento della teoria sulla phonè.
− Macchina attoriale, negazione dell’attore inchiodato alla propria impotenza, che dice ma
può dire solo l’indicibilità del dire. Per liberarsi di un bagaglio bisogna prima averlo. Per
abdicare l’attore devi essere il re degli attori.
− Direzione della biennale di Venezia e fallimento.

 Lorenzaccio (1986)
− L'assassinio del duca Alessandro de medici, per mano del cugino Lorenzaccio.
− Impossibilità della scena
− Playback
− Contini al centro della scena si occupa di fare i rumori con un microfono.
→ Lorenzino è l’assassino suo malgrado, per compiere un’azione nel momento dell’atto ci si
deve dimenticare del suo fine e l’azione diventa così priva di intenzionalità.
→ Butta un piatto nella platea che si rompe rumorosamente, fa lo stesso in scena e non si sente
alcun rumore; la scena è il luogo delle azioni impossibili.

 La cena delle beffe


− Riduce il testo di Benelli a semplice scheletro.
− Trasforma la beffa in un rito glaciale, non ci sono personaggi ma ingranaggi:
→ Gabriello è un androide che si muove a scatti e a rilento.
→ Neri è un robot che trasforma le sue braccia in specchi e accieca gli spettatori.
→ Tornaquinci ha un’ingessatura al collo che non gli permette di parlare bene.
→ Ginevra è l’oggetto del piacere, vuole masturbarsi in scena ma trova strati di pelle finta in
lattice.

• 5
 Pinocchio
− 1962 Laboratorio di Roma.
− 1964 Festival di Spoleto.
− 1966 ai teatri Verdi di Pisa e l’Alfieri di Torino.
− 1974 versione radiofonica.
− 1978 nuovo copione per l’editore Giusti.
− 1981 a Pisa una nuova edizione teatrale.
− 1998 edizione teatrale dal quale prenderà spunto l’edizione televisiva.
− Percorso di riscrittura
− Mantiene la fedeltà e alcuni testi di Collodi.

♦ Tre differenti versioni


→ Tra il 1962 e il 1966:
− Centralità del tratto parodico-grottesco, contraddizione.
− Bellezza amara, spettacolo velenoso, cattivo.
− Recitazione espressiva nell’esasperazione e nell’eccesso.
− Ogni attore assomiglia ad una maschera.
− Finale tormentato, grottesco, irrequieto e contraddittorio, si toglie il naso e balla can-can.
♦ Personaggi
− Bene-Pinocchio è l’italiano medio, debole, ipocrita, esasperato in scena dalle bandiere
tricolore e dai brani di Cuore. Pinocchio bambino è triste e avvilito, rimpiange il suo essere
una marionetta. È lamentoso, nevrotico, disperato, si muove tra palco e platea.
− Geppetto ha voce rauca, è un vecchio la cui bontà è portata all’estremo.
− Fata turchina è bellezza ninfomane, sensualità aggressiva. Nel 64 impersonata da Gigi
Mezzanotte, per renderla ancora più cattiva.

→ Edizione del 1981 a Pisa: Pinocchio, storia di un burattino


− Utilizzo del playback con voce di Bene su tutti i personaggi tranne la fata.
− Utilizzo di luci morbide, calde.
− In scena solo Bene (pinocchio); Lydia Mancinelli (fata); fratelli Mascherra (tutti gli altri).
− Un continuo gioco reso possibile solo grazie a chi si rifiuta di crescere, la fata-bambina, che
gioca nella sua stanza con pinocchio.
♦ Personaggi
− Pinocchio pacificato, morbido, ma al contempo masochista e perverso che collabora per la
sua impiccagione. È un peluche femminile.
− Geppetto meno presente, meno insistente il tema paterno.
− Fata turchina è la provvidenza-bambina, che gioca col peluche (nonché pinocchio) e altri
giochi sparsi, tra cui il grande gomitolo di lana.

→ Ultime due versioni del 1998 e 1999: Pinocchio, ovvero lo spettacolo della provvidenza
− In scena soltanto Bene (Pinocchio) e Sonia Bergamasco (Fata turchina e tutti gli altri).
− La fine dell’arco artistico di Bene, il suo funerale, il ritorno al crudele, la rassegnazione.
− Stesso playback del 1981, con recitazione asincrona.
− Impossibilità dell’aderenza al personaggio, del teatro alla rappresentazione, della
recitazione alla replica.
− Una grande catena legata al suo collo sostituisce il gomitolo di lana. Si assicura che non si
sciolga, è una rassegnazione amara.
♦ Personaggi
− Pinocchio ascolta la fiaba del burattino raccontata dalla fata, non oppone resistenza verso la
sua fine.
− Fata turchina ha un volto grottesco, è una bambola che sta per rompersi, il carattere finto
della rappresentazione.

Nel 1981 l’infanzia e la perversione hanno la morbidezza e lo sviluppo di un gomitolo che si


arrotola e srotola, anche in modo crudele. Nel 1998 la catena chiude e imprigiona, al senso
tragico e grottesco del limite e della fine che essa richiama.

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