6 La Gestione Per Obiettivi

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LA GESTIONE PER OBIETTIVI

La gestione per obbiettivi può essere descritta con due definizioni:


1. "Un approccio sistematico alla gestione dell'organizzazione (a qualsiasi tipo di organizzazione). Consiste nella
totale e massima delega di pezzi degli obiettivi generali lungo la linea organizzativa in modo che ciascun
manager sia responsabile della realizzazione di una parte degli obiettivi del livello più alto” (McConkey).
Tale definizione suscita diverse riflessioni, tra cui:
• Il MBO è un approccio sistematico alla gestione: il MBO se attuato sistematicamente può essere considerato
un potente strumento di coordinamento nell’organizzazione. Una diffusione solo parziale o saltuaria può
invece rilevarsi controproducente.
• Il MBO è un approccio applicabile a qualsiasi tipo di organizzazione: se, infatti, esiste un fine da
raggiungere, la gestione per obbiettivi si rivela un efficace strumento di razionalizzazione dei comportamenti
organizzativi, rendendo questi ultimi coerenti con gli obbiettivi da raggiungere.
• La logica che ispira la gestione per obbiettivi è estremamente semplice e orientata al buon senso; essa si
fonda su due concetti complementari: da un lato l’autonomia nella modalità di gestione delle risorse per il
raggiungimento di determinati obbiettivi; dall’altro la responsabilità dei risultati ottenuti.

2. "Il management by objectives (MBO) può essere descritto come un processo secondo il quale, in un
determinato contesto organizzativo, i manager di ciascun livello collaborano all'identificazione e definizione
degli obiettivi comuni e delle principali aree di responsabilità di ciascun individuo in termini di risultati
desiderati e utilizzano queste misure come guida per la gestione aziendale e per la valutazione del contributo
dei suoi membri" (G.S. Odiorne).
Anche da questa seconda definizione possiamo fare alcune considerazioni:
• La gestione per obbiettivi può essere concepita come un processo organizzativo, ovvero come una serie di
relazione tra molteplici figure organizzative che, in tempi e con ruoli diversi, interagiscono, generando
comportamenti e decisioni in grado di influenzare la gestione dell’organizzazione nel suo complesso.
• Questo processo viene reiterato ad ogni livello organizzativo caratterizzato da margini di autonomia
decisionale sufficienti a giustificare una responsabilizzazione in termini di obbiettivi da raggiungere; è quindi
evidente che, all’aumentare della complessità interna di una organizzazione, la gestione per obbiettivi risulta
essere un processo sempre più articolato.
Le origini della gestione per obbiettivi: i meccanismi di coordinamento:
Mintzberg afferma che “ogni attività umana organizzata fa nascere due esigenze fondamentali: la divisione del lavoro
in vari compiti da eseguire e il coordinamento di questi compiti per portare a termine l’attività”.
Esistono diversi metodi di coordinamento organizzativo:
• Reciproco adattamento: le persone coinvolte nello svolgimento dell’attività si coordinano attraverso processi di
comunicazione informali; il buon esito dell’attività organizzata è strettamente collegato alla capacità di coloro che
svolgono compiti specifici di adattarsi vicendevolmente attraverso un processo che non viene definito a priori. In
altre parole, diciamo che con il reciproco adattamento ogni persona appartenete ad un team (o comunque che
lavora nell’organizzazione) ha la professionalità per sapere che cosa deve fare. Per es. le equipe chirurgiche); con
questo meccanismo non è necessaria la presenza di una persona (capo) che dica a tutti che cosa devono fare in
maniera specifica, controllando le singole azioni di ciascuno, perché ognuno ha la professionalità per capire da
solo cosa fare.

• Supervisione diretta: in questo caso c’è una figura (un capo) che ha l’autorità per conferire ordini, organizzare il
lavoro dei singoli operatori e controllarne le azioni; tale figura è poi responsabile anche del lavoro svolto sotto la
sua direzione. Questo meccanismo di coordinamento è identificabile per esempio nella figura di un responsabile di
magazzino o di un reparto di produzione.

• Standardizzazione degli input (o dei processi di lavoro): attraverso questo meccanismo il coordinamento viene
definito in via anticipata, standardizzando quelli che sono i processi di lavoro che devono essere svolti per
raggiungere un dato risultato, e non in itinere come nelle due fattispecie precedenti. Un esempio di tale
meccanismo è la catena di montaggio.
• Standardizzazione degli output: in questo caso vengono dati, dal vertice strategico, ad ogni responsabile degli
obbiettivi/risultati da raggiungere e quest’ultimo cerca di capire in che modo raggiungerli. Dunque, in questo caso
sono i diversi responsabile a definire i processi di lavoro, processi che però devono essere definiti tendendo
presente l’output da raggiungere. Tale meccanismo genera poi coordinamento all’interno dell’azienda. Detto
questo possiamo dire che la gestione per obbiettivi è applicabile è una logica manageriale applicabile ad
organizzazioni il cui coordinamento avviene attraverso la standardizzazione degli output.

• Standardizzazione delle capacità: esiste infine questo ultimo meccanismo secondo cui il coordinamento viene
raggiunto dotando le persone di capacità e conoscenze particolari strettamente legate ai compiti da svolgere e ai
risultati da raggiungere.

Descritti quelli che sono i possibili meccanismi di coordinamento, diciamo che è evidente che in un contesto
ambientale stabile e poco complesso il meccanismo di coordinamento più efficace per le organizzazioni aziendali si
identifica nella standardizzazione dei processi di lavoro. Le organizzazioni che adottato tale meccanismo (ossia le
burocrazie meccaniche) si caratterizzano per sistemi di produzione economica sostanzialmente rigidi e standardizzati.
Tuttavia, se la complessità ambientale aumenta, tale meccanismo risulta inappropriato.
Per comprendere il meccanismo di coordinamento più opportuno partiamo dalla definizione della struttura
organizzativa più appropriata. Di fronte ad una maggiore complessità la configurazione organizzativa, come dice
Mintzberg, risulta essere la struttura divisionale. Essa è fondata sul tentativo di presidiare le differenti aree competitive
(aree strategiche di affari) attraverso diverse parti dell’organizzazione (le divisioni appunto). Nelle organizzazioni
divisionali il vertice strategico è in grado di identificare con precisione:
• Gli obbiettivi aziendali.
• Gli obbiettivi che le singole divisioni devono raggiungere.
Tuttavia, data la complessità ambientale, il top non dispone di sufficienti elementi di conoscenza per individuare a
priori le attività da svolgere in ogni divisione: diviene dunque necessario delegare ai responsabili divisionali il “come”
raggiungere definiti obbiettivi. È allora evidente che il meccanismo di coordinamento con una maggiore complessità si
identifica con il meccanismo di standardizzazione degli output.

La gestione per obbiettivi: un approccio sistemico.


La logica della gestione per obbiettivi può essere letta e vista in chiave sistemica. Diciamo che la seguente figura
presenta una rappresentazione del sistema di gestione per obbiettivi:

I vantaggi/risultati ottenibili dall’impiego del MBO sono:


• Adattamento: se il sistema di obiettivi che permea l’organizzazione aziendale è sottoposto ad un processo di
continua verifica e rivisitazione alla luce di mutate condizioni dell’ambiente e d’impresa, allora il MBO può
essere considerato come un efficace strumento per adattare i comportamenti dell’organizzazione a nuove
circostanze ambientali.

• Integrazione: nella misura in cui la gerarchia degli obbiettivi risulta chiara e, se possibile, condivisa da parte dei
membri di una organizzazione, diminuiscono i conflitti tra manager e collaboratori laddove si decide in merito a
traguardi da raggiungere, risorse da gestire, livelli di autonomia, incentivi e così via; in questo senso il MBO
contribuisce ad orientare i comportamenti organizzativi in una unica direzione e per questo porta ad integrazione
all’interno dell’azienda.

• Motivazione: l’impiego della gestione per obbiettivi in azienda stimola nelle persone una sensibilità al problem
solving. Inoltre, la responsabilità di un traguardo da raggiungere accompagnata dall’autonomia nel decidere come
raggiungerlo è molto stimolante per i manager, i quali per questo sono portati a dare il massimo.
Se questi sono i vantaggi, diciamo l’impiego del MBO può risultare inefficace qualora non viene prestata attenzione a
variabili esogene al sistema. Un sistema di gestione per obbiettivi costruito senza valorizzare le caratteristiche
dell’organizzazione (strategia, struttura organizzativa, stile di management etc) e dell’ambiente in cui essa opera, non
è in grado di generare adattamento, integrazione e motivazione e risulta essere quindi inefficace.
Detto questo diciamo che il sistema di MBO, come si nota già dalla figura sopra, in primis realizza un processo di
disaggregazione degli obbiettivi strategici (che l’organizzazione si prefigge di raggiungere) in una gerarchia di sotto-
obbiettivi che vengono poi distribuiti alle differenti unità organizzative. Per questo si parla di gerarchia degli
obbiettivi. La gerarchia degli obbiettivi, realizzata in primo luogo attraverso l’attività di pianificazione, da vita ad una
piramide in cui i diversi obbiettivi sono ordinati secondo il loro grado di analicità. Tale piramide è riassumibile con la
seguente figura:

Detto questo diciamo che le fasi attraverso cui ciascun manager realizza il processo di gestione per obbiettivi sono le
seguenti:
• Definizione degli obbiettivi.
• Pianificazione dell’azione.
• Attuazione.
• La valutazione e il controllo dei risultati ottenuti.

La definizione degli obbiettivi:


In questa prima fase vengono identificati i traguardi che ogni manager dovrà raggiungere nell’arco di un prescelto
orizzonte temporale. Il corretto completamente di questa fase richiede:
• Un efficace coordinamento sia verticale (ossia tra livelli gerarchici diversi) sia orizzontale (ossia tra manager
appartenenti allo stesso livello gerarchico).
• La chiara definizione delle responsabilità di ciascuna posizione manageriale e la identificazione delle specifiche
aree-chiave di risultato (key perfomrance areas).
• Una analisi dello scenario di riferimento: in particolare una analisi che individua quelli che sono i punti di forza e i
punti di debolezza; le opportunità e le minacce/rischi presenti in ogni area-chiave di risultato. Questo al fine di
evitare di assegnare obbiettivi impossibile o errati per una determinata area-chiave di risultato (l’analisi di
scenario permette per esempio di evitare di assegnare obbiettivi irraggiungibili in una area caratterizzata da
eccessive debolezze).
• La stesura degli obbiettivi: la corretta formulazione di un obbiettivo comporta una precisa definizione dello
specifico risultato da raggiungere (cosa), del periodo di tempo di riferimento (quando) e della persona/unità
organizzativa responsabile (chi). Diciamo inoltre che, affinché una gestione per obbiettivi sia efficace, gli
obbiettivi devono presentare le seguenti caratteristiche:
- Essere il più possibile quantificati.
- Essere coerenti con l’autorità che deve perseguirli.
- Essere flessibili ovvero aggiornabili in relazione mutate condizioni del contesto in cui sono stati definiti.
- Essere selettivi ovvero poco numerosi e quindi non dispersivi.
- Essere compatibili orizzontalmente e verticalmente.
- Essere importanti ovvero essere direttamente correlati alle aree-chiave di risultato in precedenza
identificate.
La fase di definizione degli obbiettivi riveste un ruolo cruciale nell’ambito dei sistemi MBO

Pianificazione dell’azione:
Questa fase del processo di MBO è finalizzata a determinare a priori come gli obbiettivi in precedenza definiti siano
raggiungibili. A tale scopo occorre:
• Pianificare gli obbiettivi: ossia individuare le linee di azione più agevolmente praticabili e mirate al
raggiungimento dei risultati prescelti.
• Allocare le risorse: devono essere correttamente identificate sia la tipologia che il fabbisogno di risorse collegato
ai piani di azione definiti al punto precedente; tali risorse devono successivamente essere rese disponibili ai
manager responsabili.
• Adattare l’autorità agli obbiettivi: ogni manager deve poter gestire in autonomia le risorse necessarie per
conseguire gli obbiettivi di cui è ritenuto responsabile.
• Realizzare opportune forme di coordinamento con altri manager al fine di verificare il grado di integrazione delle
rispettive linee di azione.

Attuazione: Vengono realizzati i piani di azione definiti al punto precedente.

Valutazione e controllo: Dal confronto sistematico e ricorrente tra obbiettivi assegnati e risultati raggiunti da parte di
ogni manager nasce la possibilità di valutare le performance dei singoli manager e nasce la possibilità di comprendere
quali eventuali errori sono stati commessi (o in fase operativa o in fase di assegnazione degli obbiettivi), in modo da
correggere in meglio le azioni per il futuro.

Detto questo ci chiediamo: quali sono i presupposti per impostare un sistema di gestione per obbiettivi? I presupposti
sono 3:
1. Stile di management: per impostare un sistema di gestione per obbiettivi è necessario uno stile delegante e
partecipativo.
2. Chiarezza organizzativa: ci deve essere un organigramma con delle unità organizzative che hanno responsabilità
chiare e ben definite. Solo così è possibile delegare nel modo corretto.
3. Feedback sulle prestazioni: è necessario impostare un sistema di budget ed un sistema di reporting: grazie al
budget si fissano in modo chiaro gli obbiettivi e poi con il reporting si valutano i risultati raggiunti.

La struttura organizzativa del controllo direzionale e il MBO:


Nella analisi del MBO è di fondamentale importanza definire il concetto di centro di responsabilità: un centro di
responsabilità è una unità organizzativa che, sotto la guida di un responsabile, gestisce in autonomia determinate
risorse e, svolgendo una serie di attività, ottiene risultati suscettibili di misurazione.
Dunque, possiamo dire che un centro di responsabilità utilizza una serie di risorse (input) al fine di raggiungere
determinati obbiettivi (output). Così, sotto la guida di un responsabile, l’unità organizzativa gestisce in modo
autonomo materie prime, manodopera, servizi e richiede determinati investimenti per poter svolgere la propria attività.
I beni e i servizi ottenuti poi possono costituire input per altri centri di responsabilità oppure essere destinati alla
vendita all’esterno.
Ci si chiede ora quale sia il collegamento tra centro di responsabilità ed MBO: il collegamento tra questi due concetti
si identifica nel fatto che il centro di responsabilità può essere considerato con quella unità organizzativa cui, stando a
ciò che dice la filosofia gestionale della gestione per obbiettivi, si assegnano responsabilità (e autonomia decisionale)
per raggiungere determinati risultati.
Infine, nel momento in cui si parla di centri di responsabilità, è importante definire:
• Il numero dei centri di responsabilità: dunque creare una mappa dei centri.
• I confini delle responsabilità attribuite a ciascuno di essi: definire cioè il principio della controllabilità.
• La tipologia delle responsabilità di ciascun centro.

La definizione della mappa dei centri di responsabilità:


Quali unità organizzative devono essere inserite nella struttura organizzativa del controllo ovvero concorrere a definire
la mappa dei centri di responsabilità?
Il quesito deve essere analizzato in termini di costi e benefici: in particolare si è detto e visto come la diffusione di un
tipo di coordinamento fondato sulla standardizzazione degli output incrementa sensibilmente le prestazioni
organizzative in termini di adattamento, integrazione e motivazione; d’altro canto si è anche rilevato come il processo
di definizione degli obbiettivi e di valutazione delle performance sia associabile ad un costo non di rado considerevole
a causa della necessità di dover raccogliere ed elaborare una mole di informazioni importante. È quindi evidente che
una unità organizzativa dovrà essere qualificata come centro di responsabilità solo nella misura in cui i benefici
derivanti da questa scelta si dimostrino superiori al suo costo
Detto questo diciamo che l’insieme dei centri di responsabilità da vita alla c.d. mappa dei centri di responsabilità.

Il principio di controllabilità: Dopo aver correttamente definito il numero dei centri è necessario individuare il
razionale di riferimento secondo cui “ritagliare” le responsabilità attribuibili ad ognuno di essi. In genere tale razionale
di riferimento si indentifica nel c.d. principio della controllabilità è influenzabilità. Secondo questo principio, i titolari
dei differenti centri individuati dovranno essere ritenuti responsabili dei risultati da essi direttamente influenzabili o
manovrabili.

La tipologia di responsabilità attribuita:


È necessario infine scegliere e comprendere il tipo di responsabilità economica (ossia espressa attraverso indicatori
economico-finanziari) da attribuire ad ogni centro di responsabilità. Dopo aver definito “che tipologia di
responsabilità” è associata ad ogni centro, sarà successivamente possibile verificarne il valore attraverso il
meccanismo di controllo.
In merito alla tipologia di responsabilità attribuita ad ogni centro, diciamo che esistono 5 tipi di centri di
responsabilità:
• Centro di investimento.
• Centro di profitto.
• Centro di ricavo.
• Centro di costo.
• Centro di spesa

Diciamo che ogni centro, come si è anche già affermato nella trattazione dell’argomento, funziona nel seguente modo:
• Produce output (beni e servizi): tali output vengono poi venduti all’esterno e quindi il valore può essere
quantificato attraverso i ricavi di vendita.
• Utilizza diversi input (fattori produttivi): l’utilizzo di diversi input determina diversi costi.
• Effettua investimenti necessari allo svolgimento della propria attività.
In base al grado di delega e di autonomia (e quindi anche di responsabilità) cambia il grado di manovrabilità dei tre
elementi appena citati (costi, ricavi, investimenti). Diciamo che in base al grado di autonomia, oltre che in base alla
natura degli obbiettivi assegnati a ciascuno e alla tipologia di risorse gestite, i centri di responsabilità possono essere
suddivisi nei cinque tipi sopra citati. Di seguito analizziamo nello specifico ciascun tipo di centro.

1) Centro di responsabilità di investimento: si tratta di unità organizzative i cui responsabili godono di un


massimo livello di autonomia. I responsabili dei centri di investimento, infatti, può decidere in modo
discrezionale circa le risorse utilizzate e, oltre a questo, possono gestire in modo discrezionale anche il
capitale investito strumentale all’ottenimento di determinati risultati economici. L’obbiettivo di questo centro
è quindi quello di trovare la migliore combinazione tra risultati economici e risorse impiegate per ottenerli. Di
conseguenza l’indicatore utilizzato per valorizzare le prestazioni di questi centri è il ROI (return of
investiment), calcolato come rapporto tra risultato economico e investimenti effettuati (molte volte il risultato
economico considerato è quello proveniente dalla gestione caratteristica). L’obbiettivo di questo centro è in
altre parole quello di massimizzare il ROI. Un esempio di centro di investimento è l’alta direzione di una
azienda. tale centro ha infatti la delega massima, ossia ha tutte le leve decisionali, e dal punto di vista
dell’obbiettivo, il suo obbiettivo è quello di massimizzare appunto il ROI.
Il risultato che si intende raggiungere chiaramente non può essere perseguito unicamente con il lavoro di tale
centro e per questo il risultato viene trasferito poi alle diverse divisioni aziendali; sarà comunque il centro di
profitto a scegliere poi specificatamente su quali divisioni puntare di più per raggiungere il risultato prefissato.
2) Centro di responsabilità di profitto: si tratta di unità organizzative i cui responsabili godono di una
autonomia decisionale in genere alta e considerevole. Ad essi, infatti, è solitamente delegata la gestione di una
area di risultato (per esempio una divisione). Usualmente, i responsabili dei centri di profitto gestiscono in
modo discrezionale sia le risorse impiegate nello svolgimento di attività complesse sia i risultati raggiunti.
Le prestazioni dei titolari di questa tipologia di centri si ripercuotono quindi sia sui componenti positivi che
sui componenti negativi di reddito. Essi hanno solitamente l’obbiettivo di raggiungere un determinato risultato
economico divisionale (e dunque più in generale il suo obbiettivo è quello di trovare la migliore combinazione
tra ricavi e costi, che porti dunque ad un alto profitto divisionale) e per questo gli indicatori utilizzati per
valutare il comportamento e valorizzare le prestazioni di questi centri di responsabilità sono costituiti da indici
di reddito. Per raggiungere l’obbiettivo, chiaramente, il responsabile di questo centro non può svolgere tutte le
attività da solo ma deve delegare a livelli più bassi alcune decisioni e lo svolgimento di alcune attività.
3) Centro di ricavo: i responsabili dei centri di ricavo godono di una autonomia decisionale non troppo elevata
(e di sicuro inferiore rispetto ai centri citati sopra), in quanto tale autonomia decisionale è limitata ai ricavi e
alle vendite. I risultati ottenuti dallo svolgimento delle attività di questi centri sono infatti apprezzabili in
termini di ricavi di vendita; e l’attività di controllo su questi centri si realizza nella verifica del
raggiungimento di predefiniti risultati in termini di fatturato. Un esempio di responsabile di un centro di
ricavo è il responsabile delle vendite di un dato prodotto. Egli appunto ha una delega inferiore in quanto
limitata ai ricavi e deve rispettare determinati obbiettivi che riguardano la vendita (e quindi il fatturato) del
prodotto.
4) Centro di costo: si tratta di unità organizzative i cui responsabili godono di una autonomia decisionale non
elevata. Essi infatti possono gestire in modo discrezionale le risorse impiegate nello svolgimento di attività
che in genere non sono eccessivamente complesse. Inoltre, data la natura non complessa di tali attività, il
fabbisogno di risorse è molte volte determinabile a priori; di conseguenza l’indicatore utilizzato per definire
gli obbiettivi e per valorizzare le prestazioni di questi centri di responsabilità è costituito da un indicatore di
efficienza. L’attività di controllo di questi centri, infine, si sostanzia nel verificare che i risultati prefissati
siano stati ottenuti attraverso un consumo di risorse ritenuto ottimale. Un esempio di responsabile di un centro
di costo è il responsabile di un dato reaprto di produzione. Tale reparto produce un dato prodotto ed è possibile
definire a priori le risorse (per es. MOD e materie prime) che servono per produrre ogni unità. In altre parole,
tale responsabile deve rispettare determinati obbiettivi di costo che vengono dettati dal centro di profitto e tale
centro deve garantire l’efficienza.
5) Centro di spesa: come per i centri di costo, si tratta di unità organizzative i cui responsabile godono in genere
di una autonomia decisionale contenuta. Anche in questo caso essi possono gestire in modo discrezionale le
risorse impiegate nello svolgimento della loro attività, ma solitamente devono rispettare un dato massimale di
spesa dettato da centri appartenenti a gerarchie superiori.
A differenza dei centri di costo, le attività svolte nei centri di spesa non consentono di determinare a priori le
risorse necessarie per raggiungere determinati risultati. Di conseguenza l’indicatore utilizzato per valutare i
comportamenti in questi centri è diverso da quello visto nei centri di costo e si identifica con un indice di
spesa: l’attività di controllo nei centri di spesa si sostanzia infatti nella verifica che le risorse consumate per lo
svolgimento di determinate attività non superino la spesa determinata.
Un esempio di responsabile di un centro di spesa è il responsabile del centro “direzione amministrativa”.

Il processo di controllo direzionale e il MBO:


Per processo di controllo direzionale si intende l’insieme complesso di interazioni tra differenti unità organizzative
che, in tempi e con ruoli differenti, procedono a:
• Elaborare, date le coordinate definite attraverso il processo di pianificazione strategica, i programmi di azione
rispetto ad esse funzionali (fase di programmazione) ed assegnare obbiettivi ai differenti centri di responsabilità
(fase di formulazione del budget).
• Porre in essere le azioni programmate e rilavare i risultati conseguiti (fase di svolgimento dell’attività e
misurazione).
• Operare un confronto sistematico e ragionato tra obbiettivi prescelti e risultati conseguiti individuando le
determinanti di eventuali scostamenti (fase di reporting e valutazione).
• Attivare eventuali azioni correttive o, in alternativa, definire nuovamente gli obbiettivi.

Descrivendo allora il processo di controllo direzionale è possibile notare come esso e il MBO manifestino un processo
di funzionamento che per molti versi risulta essere molto simile.

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