Giovanni Bellini

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GIOVANNI BELLINI

RELAZIONE
Trinci Viola
Giovanni Bellini appartiene ad una famiglia di artisti tardogotici,
sia il padre Jacopo che il fratello Gentile erano pittori e fu il
cognato di Andrea Mantegna. Si dice nasca a Venezia nel 1426
e morì nel 1516, riportando accertate un vasto numero di opere,
questo anche perchè diventò capo di una �iorente bottega che
utilizzava i suoi disegni e produceva una grande quantità di
dipinti ai quali veniva apposta la sua �irma e successivamente
ricevevano modi�iche o miglioramenti dal maestro della bottega
ovvero Giovanni stesso. Il suo stile è iniziato sotto l’in�luenza del
padre Jacopo e fu lui a coincidere l’arte veneziana con quella
�iorentina nella vita di Giovanni. Questo perchè nel 1423, aveva
af�iancato a Firenze il pittore Gentile da Fabriano, che gli trasmise
l’amore per l’antico e per l’uso della prospettiva. Proprio grazie
a questa in�luenza, si svilupperà in Giovanni l’amore per la
rappresentazione di ampi spazi aperti, che caratterizzeranno la
pittura di Giovanni e in generale la pittura veneta nei secoli
successivi. Gentile Bellini, nome dato dal padre in onore del
maestro da Fabriano, riporta su tela varie scene e vedute della
città lagunare, che saranno da ispirazione �ino al ‘700.
Nel 1479 Gentile viene mandato a Costantinopoli, dove sviluppò
la tecnica orientale e dipinse il ritratto del sultano Maometto II
utilizzando la tipica attenzione ai dettagli della pittura �iamminga,
diffusa a Venezia da Antonello da Messina.
Giovanni Bellini si formò sicuramente alla bottega del padre, ne
sono la prova i suoi interventi nei quattro altari della
chiesa della carità. L’elemento fondamentale della sua arte fu
l’incontro con Andrea Mantegna, che gli trasmise l’amore per le
forme classiche ; l’ambiente padovano però, lo portò ad avvicinarsi
all’arte di Donatello, uno dei padri del rinascimento.
Questo perchè egli lasciò a Padova, durante la sua permanenza,
uno dei suoi capolavori “Il miracolo della mula” per la chiesa di
Sant’Antonio; la sua arte, gli insegnò la razionalità, che non si
fermava alla super�icialità delle �igure ma anche alla loro struttura.
Giovanni Bellini completa la fusione tra rinascimento �iorentino
e veneziano.
Il rapporto più importante che ebbe in ambito artistico fu appunto
con Andrea Mantegna, che ricevette in sposa la �iglia di Jacopo
Bellini con la speranza forse di aumentare il prestigio della sua
bottega. Andrea si legò più con Giovanni che con il cognato, questa
vicinanza in�luì tantissimo sul suo sviluppo artistico; i due pittori
saranno per un lungo periodo infatti, i più celebri dell’Italia
settentrionale.

LA CROCIFISSIONE
L’opera risale al 1460 ed è ispirata probabilmente alla croci�issione
di Antonello da Messina, con il paesaggio inquadrato dall’alto che
si perde in lontananza e come nella pittura �iamminga ormai
diffusa, la quantità di dettagli. Ma osservando i drammatici volti
dei personaggi, quasi scolpiti, e la rigorosità della pavimentazione
si nota la forte impronta di Mantegna. Altro elemento sulla sua
formazione è dato dallo sfondo decorato con angeli piangenti in
oro sul cielo blu, tipici della tradizione tardo gotica ancora viva
a Venezia.

Un altro incontro molto importante per Bellini fu con un famoso


artista siciliano: Antonello da Messina; con cui aveva studiato
esempi illustri di opere provenienti dalla prima generazione di
artisti della pittura �iamminga (es. Jan Van Eyck). Egli risalì da
Messina �ino a Venezia, dove lasciò un’opera importantissima per
lo sviluppo dell’arte veneziana: una grande pala d’altare destinata
alla chiesa di San Cassiano, sfortunatamente andata distrutta e di
cui rimangono solo tre grandi frammenti adesso esposti nel museo
di Vienna.
Grazie a quest’opera, Giovanni ideò e perfezionò un nuovo metodo
compositivo di pala d’altare, in cui la vergine è al centro e siede
su un trono con in braccio il bambino e a lato ci sono i santi, questo
stile riprende un po’quella che è una sacra conversazione. Furono in
realtà molti gli artisti che risentirono dell’in�luenza di Antonello da
Messina, ma Bellini fu quello più rivoluzionario. Intorno al 1460 i
due artisti, Bellini e Mantegna, dipingono l’episodio evangelico
dell’Orazione nell’Orto, che adesso si trovano a Londra. Nel quadro
di Mantegna, il paesaggio è aspro e presenta su un’altura la città di
Gerusalemme, che sottolinea la tragicità dell’episodio, come una
specie di premonizione alla cattura del Cristo. Nel quadro di
Bellini invece la scena si integra con il paesaggio, la calda luce che
proviene dall’orizzonte, evidenzia ancora di più la �igura sola del
Cristo, che prega e comunica con il padre. Lo stile di Bellini è un
pacato naturalismo che coinvolge molto gli elementi della natura e
li integra agli episodi sacri.
Un elemento straordinario di Bellini è la sua religiosità, la sua è una
pittura religiosa che vede protagoniste tante madonne col bambino
e scene religiose.

Intorno al 1470 dipinse un’incoronazione della Vergine per la città


di Pesaro, passò per la corte dei Montefeltro nel periodo in cui vi
lavorava Piero della Francesca. Il loro incontro, fece superare a
Bellini il suo stile cosi legato a Mantegna, introducendo la pittura a
olio nei suoi dipinti ed una nuova concezione spaziale. I volumi sono
costruiti geometricamente, al centro del trono architettonico ci sono
le �igure del Cristo e della Vergine incoronata, inscritte in un cerchio
in rapporto diretto con la circonferenza in alto dello Spirito Santo.
La luce uni�ica tutti gli elementi del quadro e per una volta, gli
elementi dell’epoca tardo gotica si sposano con l’attuale concezione
rinascimentale.
La sua carriera artistica è così longeva, che ormai settantenne, si
ritrova ad accogliere spunti da artisti più giovani cresciuti alla
sua ombra di patriarca del rinascimento veneziano.
Un altro dato straordinario del Bellini è la cura estrema, con la
quale egli prende ogni aspetto del mondo visivo; non esiste nelle
sue opere un elemento preso con diversa obbiettività, con diversa
importanza. Inoltre nella sua arte, non c’è nessuna deformazione
degli elementi vegetali, come invece era uso fare dagli artisti di quel
periodo. Ciò che continua tutt’oggi a stupire di Bellini è la sua
capacità di rendere tutto così avvolto da una particolare dolcezza e
mistica partecipazione, senza alcun mistero.

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