Anal 2 Meglio
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Anal 2 Meglio
Esempio 6.5.2. Consideriamo un grave di massa m che viene lanciato verticalmente. La sua posizione può
essere descritta da un’ordinata z, funzione del tempo t, dove immaginiamo che l’asse z sia oriantato verso
l’alto. In assenza di attrito, il secondo principio della dinamica (F = ma) fornisce
mz̈(t) = −mg,
dove abbiamo scritto −g per indicare l’accelerazione gravitazionale in quanto essa è rivolta verso il basso.
Abbiamo anche usato il simbolo z̈(t), caro ai fisici, per indicare la derivata seconda della quota z rispetto al
tempo; per la velocità si può usare, analogamente, il simbolo ż(t).
L’equazione precedente si riscrive z̈(t) = −g, da cui segue facilmente
1
ż(t) = −gt + c1 , =⇒ z(t) = − gt2 + c1 t + c2 .
2
Come si vede, la soluzione ottenuta dipende da due costanti arbitrarie. Tali costanti si possono determinare,
imponendo i valori della posizione iniziale e della velocità iniziale, z(0) e ż(0). Ad esempio se al tempo t = 0
il corpo viene abbandonato dalla quota z0 , si ha z(0) = z0 , ż(0) = 0, da cui c2 = z0 , c1 = 0.
Esempio 6.5.3. Consideriamo ancora il probema dell’esempio precedente, immaginando che ci sia un attrito
del mezzo proporzionale alla velocità. Avremo un’equazione del tipo
k
mz̈(t) = −mg − k ż(t) ⇐⇒ z̈(t) + ż(t) = −g.
m
Abbiamo in realtà un’equazione del primo ordine, lineare non omogenea, nella funzione incognita v(t) := ż(t):
k
v̇(t) + v(t) = −g.
m
Con riferimento al modello fornito dalla (6.2.1), abbiamo a(t) = k/m, quindi A(t) = (k/m) t, F (t) =
= −g e(k/m)t , il cui integrale indefinito si scrive
6. Equazioni differenziali 9
gm (k/m)t
− e + c1 .
k
La formula risolutiva (6.2.3) porge dunque la soluzione generale dell’equazione nell’incognita v:
gm gm
v(t) = e−(k/m)t − e(k/m)t + c1 = c1 e−(k/m)t − .
k k
Si osservi che la prima funzione a secondo membro rappresenta la soluzione generale dell’equazione v̇(t) +
k/m v(t) = 0, omogenea associata all’equazione in esame, mentre la seconda funzione rappresenta una
soluzione particolare dell’equazione stessa. Se all’istante t = 0 la velocità è nulla (il corpo viene abbandonato
al proprio peso), possiamo determinare c1 , ottenendo la formula
gm −(k/m)t
v(t) = e −1 .
k
La velocità è negativa in accordo col fatto che abbiamo orientato l’asse z verso l’altro; essa tende al valore
limite −gm/k (effetto paracadute). Con un’integrazione possiamo ottenere la quota z:
gm m −(k/m)t
z(t) = − e − t + c2 ,
k k
dove la costante c2 può essere determinata in base alla condizione z(0) = z0 .
Esempio 6.5.4. Lo studio delle piccole oscillazioni del pendolo (↓ esempio 6.6.4) conduce all’equazione
differenziale
ÿ(t) + ω 2 y(t) = 0.
Si tratta di un’equazione lineare omogenea a coefficienti costanti. Tenendo presente che le derivate seconde
delle funzioni sin kt e cos kt si scrivono rispettivamente −k 2 sin kt e −k 2 cos kt, si riconosce che le funzioni
sin ωt e cos ωt sono soluzioni dell’equazione considerata. Come riconosceremo tra breve, tutte le soluzioni
dell’equazione in esame si ottengono combinando linearmente le due soluzioni appena trovate, vale a dire
ogni soluzione di tale equazione è esprimibile nella forma
y(t) = c1 sin ωt + c2 cos ωt,
con c1 e c2 costanti opportune. ✏
Gli esempi precedenti ci consentono di congetturare che una soluzione di un’equazione lineare non
omogenea del tipo (6.5.1)
y (x) + a(x) y (x) + b(x) y(x) = f (x),
sia univocamente determinata da una coppia di condizioni iniziali
y(x0 ) = y0 , y (x0 ) = y1 .
Diamo, senza dimostrazione, il seguente risultato:
Prima di affrontare il problema della ricerca delle soluzioni di un’equazione del secondo ordine è oppor-
tuno stabilire alcuni risultati relativi alle equazioni differenziali lineari che valgono per equazioni di ordine
qualunque, anche se noi, per semplicità, li enunceremo e dimostreremo per equazioni del secondo ordine.
Indichiamo con L la trasformazione che ad ogni funzione y : I → R due volte derivabile associa il primo
membro della (6.5.1):
L : y → y + ay + by;
dunque L è un operatore (= una trasformazione) dallo spazio C 2 (I), delle funzioni due volte derivabili con
continuità sull’intervallo I, allo spazio C(I) delle funzioni continue su tale intervallo.
6. Equazioni differenziali 10
Teorema 6.5.2. Se y1 e y2 sono due soluzioni dell’equazione omogenea L(y) = 0, allora ogni loro
combinazione lineare, cioè ogni funzione del tipo x → c1 y1 (x)+c2 y2 (x), è soluzione della stessa equazione.
Definizione 6.5.5. Siano y1 e y2 due funzioni definite sull’intervallo I della retta reale; si dirà che esse
sono linearmente indipendenti se dall’identità
∀x ∈ I : c1 y1 (x) + c2 y2 (x) = 0,
segue necessariamente c1 = c2 = 0.
Esempio 6.5.5. Le funzioni y1 (x) := x, y2 (x) := 2x sono linearmente dipendenti, in quanto 2y1 (x)−y2 (x) =
2x − 2x = 0.
Esempio 6.5.6. Le funzioni y1 (x) := sin x, y2 (x) := cos x, sono linearmente indipendenti; infatti il loro
rapporto è la funzione tangente, che non è costante.
Esempio 6.5.7. Le funzioni y1 (x) := exp(λ1 x), y2 (x) := exp(λ2 x), dove λ1 = λ2 , sono linearmente
indipendenti, in quanto il loro rapporto è exp[(λ1 − λ2 )x], che non è costante essendo λ1 − λ2 = 0. ✏
La lineare indipendenza di due funzioni y1 , y2 può essere non facile da verificare; tuttavia, se si tratta
di soluzioni di un’equazione lineare omogenea L(y) = 0, una tale verifica è agevolata dalle considerazioni che
seguono.
La denominazione introdotta ricorda il matematico polacco J.M. Wroński (1776-1853). È quasi imme-
diato riconoscere che se due funzioni sono linearmente dipendenti, il loro wronskiano è identicamente nullo
in quanto le sue colonne sono tra loro proporzionali.
Se y1 e y2 sono due funzioni ad arbitrio, il loro wronskiano può annullarsi in certi punti, senza essere
identicamente nullo; si consideri il wronskiano delle funzioni sin x e 1. Ma ciò non accade se y1 e y2 sono
soluzioni di una stessa equazione lineare omogenea.
Teorema 6.5.6. Se y1 e y2 sono due soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omogenea L(y) =
= 0, ogni altra soluzione della stessa equazione si scrive nella forma c1 y1 + c2 y2 , per una scelta opportuna
delle costanti c1 e c2 .
In altre parole, non solo per ogni coppia di costanti c1 , c2 ∈ R la funzione c1 y1 + c2 y2 è soluzione
dell’equazione L(y) = 0 (questa è la tesi del Teorema 6.5.2), ma variando in tutti i modi possibili le costanti
stesse si ottengono tutte le soluzioni dell’equazione in esame, nessuna esclusa. L’espressione
y(x) = c1 y1 (x) + c2 y2 (x)
6. Equazioni differenziali 12
rappresenta dunque soluzione generale (o integrale generale) dell’equazione L(y) = 0 e la coppia (y1 , y2 ) si
dice un sistema fondamentale di soluzioni dell’equazione stessa.
Dimostrazione. Se si ammette il Teorema di esistenza e unicità 6.5.1, allora possiamo ragionare come
segue: sia y un’assegnata soluzione dell’equazione omogenea e sia y0 := y(x0 ), y1 := y (x0 ) dove x0 è un
punto scelto ad arbitrio nell’intervallo I. Determiniamo le costanti c1 e c2 della combinazione lineare sopra
considerata in modo da soddisfare le condizioni y(x0 ) = y0 , y (x0 ) = y1 . Siamo condotti al sistema
c1 y1 (x0 ) + c2 y2 (x0 ) = y0
c1 y1 (x0 ) + c2 y2 (x0 ) = y1 ;
esso determina univocamente le costanti c1 e c2 in quanto il determinante della matrice dei coefficienti è il
wronskiano delle soluzioni linearmente indipendenti y1 e y2 calcolato in x0 . La funzione y(x) := c1 y1 (x)+
+c2 y2 (x), dove la costanti c1 e c2 hanno i valori appena determinati, verifica le stesse condizioni iniziali della
soluzione y, e pertanto coincide con essa, in virtù del teorema di unicità. ✏
Quanto all’esistenza di sistemi fondamentali di soluzioni, basta osservare che se y1 e y2 sono le soluzioni
(esistenti e uniche) dei due problemi di valori iniziali
y + a y + b y(x) = 0, y + a y + b y(x) = 0,
y(x0 ) = 1, y (x0 ) = 0, y(x0 ) = 0, y (x0 ) = 1,
esse sono certamente linearmente indipendenti, in quanto il loro wronskiano calcolato in x0 vale 1.
Tutta la discussione precedente può essere riformulata in termini algebrici: l’applicazione y → L(y)
è una trasfornazione lineare dello spazio C 2 (I), costituito dalle funzioni continue con le derivate prima e
seconda sull’intervallo I, a valori nello spazio C(I) delle funzioni continue nello stesso intervallo. Il nucleo
(= spazio nullo) di tale trasformazione è precisamente costituito dalle soluzioni dell’equazione omogenea
L(y) = 0; si tratta di un sottospazio di dimensione 2 dello spazio C 2 (I), di cui ogni sistema fondamentale di
soluzioni rappresenta una base.
Una conseguenza importante dei Teoremi precedenti è espressa dal seguente
A parole: sommando una soluzione particolare dell’equazione non omogenea con la soluzione generale
dell’omogenea, si ottiene la soluzione generale della non omogenea.
1 1
2
1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5
-2
-1 -1
Figura 3. Andamento della funzione x → eαx sin βx per α < 0 (a sinistra), α = 0 (al centro), α > 0 (a destra).
Esempio 6.6.3. Sia y + y = 0 (si riveda l’esempio 6.5.3). L’equazione caratteristica λ2 + 1 = 0 ammette
le soluzioni i e −i, dunque α = 0, β =1. La soluzione generale si scrive pertanto
y(x) = c1 cos x + c2 sin x.
Se cerchiamo la soluzione per cui si ha y(0) = 1, y (0) = 1, si trova c1 = c2 = 1, dunque la soluzione richiesta
è x → cos x + sin x.
Esempio 6.6.4. La legge fondamentale della dinamica, applicata ad un pendolo di massa m e lunghezza L
conduce all’equazione
mL φ̈(t) = −mg sin φ(t),
dove g è l’accelerazione di gravità e φ la misura in radianti dell’angolo che il pendolo forma con la verticale.
mg
Figura 4. Il prodotto mg sin φ rappresenta la componente tangenziale della forza peso mg.
6. Equazioni differenziali 16
Secondo membro polinomiale. Supponiamo, ad esempio, che f sia un polinomio; è possibile trovare una
soluzione dell’equazione non omogenea ancora sotto forma di polinomio, come mostrano gli esempi seguenti.
2a + 2ax + b = x − 2.
Dunque dev’essere
2a = 1
2a + b = −2,
da cui a = 1/2, b = −3. Come si vede, c resta indeterminato, in conseguenza del fatto che l’equazione
considerata non contiene y ma soltanto y e y . Dunque ogni funzione del tipo y(x) = (1/2)x2 − 3x + c,
qualunque sia c, è soluzione dell’equazione precedente. ✏
Secondo membro esponenziale. Supponiamo ora che il termine noto f sia una funzione di esponenziale:
f (x) = cost · ekx .
In un primo tempo supponiamo che la costante k non sia radice dell’equazione caratteristica; in tal
caso esiste una soluzione dell’equazione non omogenea esattamente dello stesso tipo del termine noto, cioè
x → cekx , salvo determinare opportunamente la costante c.
Per finire, osserviamo che se il termine noto f è somma di due (o più addendi), f = f1 + f2 , si può
cercare una soluzione dell’equazione L(y) = f1 +f2 nella forma y = y1 +y2 , dove y1 e y2 sono rispettivamente
soluzioni delle equazioni L(y) = f1 , L(y) = f2 .
Per una discussione dell’equazione my + cy + ky = 0 (oscillazioni di una massa appesa ad una molla, con
ammortizzatore) si veda, ad esempio, Minnaja pag. 241 e seguenti.
Esercizi
1. Verificare che la formula Deλx = λ eλx è valida anche per λ complesso.
Suggerimento. Posto λ = α + iβ, derivare il prodotto eλx (cos βx + i sin βx).
2. Trovare una soluzione particolare di tipo polinomiale dell’equazione y + y = x + 1.
3. Trovare una soluzione particolare di tipo esponenziale dell’equazione y + y = e−x .
4. Trovare una soluzione particolare dell’equazione
y + y = cos x − sin x
del tipo y(x) = Ax cos x + Bx sin x.
5. Risolvere l’equazione differenziale y − 2y + 2y = z − ex .