Tesi
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Relatore: Studente:
Matricola: 224729
Luglio 2018
Sommario
INTRODUZIONE .................................................................................................................. 4
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3.2 Front loading (caricamento frontale) ................................................................................... 41
3.3 Vertical start up .................................................................................................................... 42
3.4 Modification cost ................................................................................................................. 43
3.5 Maintenance Prevention information (MPinfo) ................................................................... 44
3.6 I 7 step EEM ........................................................................................................................ 49
3.6.1 Step 1: Planning .......................................................................................................................... 51
3.6.2 Step 2: Basic design .................................................................................................................... 59
3.6.3 Step 3: Detailed design ............................................................................................................... 71
3.6.4 Step 4: Manufacture .................................................................................................................... 83
3.6.5 Step 5: Installation ...................................................................................................................... 86
3.6.6 Step 6: Trial production .............................................................................................................. 88
3.6.7 Step 7: Initial flow ....................................................................................................................... 90
3.6.8 Cost Deployment EEM ................................................................................................................ 93
3.7 Early Product Management .................................................................................................. 97
BIBLIOGRAFIA................................................................................................................ 142
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INTRODUZIONE
Il WCM interessa quasi tutti gli aspetti della produzione, dalla sicurezza all'ambiente, dalla
logistica alla qualità, nel seguente elaborato è stato implementato il pilastro di EEM (early
equipment management) e EPM (early product management) in Olsa, presso la sede operativa
di Moncalieri.
Verranno evidenziati in particolare gli incrementi di efficienza ottenuti nella linea 15, grazie
all’implementazione degli step dell’EEM e verranno inoltre applicati i vari step dell’EPM con
la modifica sul prodotto stesso, denominato F39 da BMW, esplicitamente sarebbe il fanale
posteriore della vettura uscita recentemente, la nuova BMW X2, il tutto in modo da ridurre il
più possibile gli scarti e ottimizzare i costi.
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1 L’AZIENDA OLSA S.P.A
L’azienda OLSA S.p.A. viene fondata nel 1947 come produttore di componenti metallici per
l’industria automotive. Nel 1958 è cominciata la produzione di fanali per veicoli industriali e
agricoli, fino alla nascita nel 1965 dello stabilimento centrale di Rivoli, tutt’ora sede
principale dell’azienda. Gli sviluppi economici mondiali degli anni ’90 hanno obbligato
l’azienda ad espandersi in diverse filiali sul globo, operando un processo di trasformazione,
crescita e sviluppo di tutti gli aspetti che riguardano la progettazione e l’industrializzazione.
Nel nuovo millennio la nuova strategia aziendale ha preso piede con la nascita dello
stabilimento in Brasile a San Paolo nel 1999, oltre il nuovo plant produttivo italiano con sede
a Moncalieri (TO). Continuando su questa strada si è avuta l’apertura di un nuovo
stabilimento produttivo in Polonia nel 2008, seguito da una unità produttiva a Querteraro in
Messico ed a Jiaxing in Cina nell’area di Shangai.
La sede principale dell’azienda è sempre rimasta a Rivoli (TO), dove vengono progettati e
sviluppati tutti i componenti che verranno in seguito commercializzati e venduti alle più
grandi industrie automotive del mondo. La fase di progettazione è seguita da una serie di test
di validazione, grazie all’ausilio della produzione di prototipi che vengono testati all’interno
dei diversi laboratori presenti nella sede centrale.
Olsa S.p.a. deve garantire al cliente la massima soddisfazione, fornendo un prodotto sicuro,
funzionale, di qualità ed innovativo, trovando il giusto mix tra ciò che il designer cliente
richiede e la sua fattibilità. La missione principale dell’azienda è quella di diventare un
fornitore chiave di fanali posteriori e small lighting per le più grandi industrie automotive
mondiali. Questo può essere raggiunto:
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• supportati da una solidità finanziaria
• rispettando l’ambiente
Il prodotto principale della OLSA S.p.A. è il fanale posteriore. Questo è oggigiorno diventato
uno dei componenti più distintivi di auto a tal punto da essere unico e speciale per ogni casa
automobilistica, pur restando comunque per definizione un importante sistema di sicurezza
nel veicolo.
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Fig. 3. Fanali posteriori realizzati da Olsa
OLSA lavora in stretta collaborazione con i clienti con lo scopo di creare sempre dei fanali
posteriori che seguano i desideri degli ingegneri progettisti, rispettando le norme ed i requisiti.
In questi ultimi anni il trend è di avere fanali posteriori equipaggiati con LED, anche se
vengono ancora prodotti i convenzionali fanali con lampada a bulbo, oltre che tecnologie
miste di applicazione LED-lampada a bulbo, a seconda della richiesta del cliente.
Contestualmente alla produzione di fanali posteriori, la OLSA produce per il 8% tutta una
serie di luci interne. Le plafoniere realizzate variano molto in funzione del tipo di cliente da
servire e possono presentare illuminazioni a LED dei simboli grafici, microfoni e sistemi
Bluetooth o sistemi di SOS.
Vengono anche progettati e prodotti una vastissima gamma di piccola fanaleria, generalmente
detta small lighting, che viene montata su diversi modelli di vari clienti.
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1.3 Attività produttiva
Tutti gli impianti produttivi sono realizzati seguendo le specifiche standard moderne per quel
che riguarda un processo di produzione, gli equipaggiamenti utilizzati ed il layout dello
stabilimento.
A causa delle caratteristiche del processo produttivo, alle esigenze di bilanciare il carico delle
macchine e di limitare la movimentazione dei materiali, il layout dello stabilimento
produttivo, facendo in particolar modo riferimento al plant di Moncalieri (TO), è strutturato
per reparto: le macchine sono riunite in gruppi omogenei per funzione ed operazione. In
particolar modo possiamo distinguere:
A questi reparti vanno aggiunti il Magazzino delle Materie Prime e dei Prodotti finiti ed il
reparto attrezzeria.
Nel moderno reparto di stampaggio si trovano diverse presse ad iniezione che variano dalle
90 alle 1500 tonnellate di carico. Le stampanti ad iniezione sono alimentate e controllate da
sistemi automatici di essiccamento i quali consentono al materiale grezzo di entrare in
macchina nelle corrette condizioni di umidità.
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La metallizzazione è un altro importante passaggio nel sistema di produzione Olsa; questo ha
un enorme impatto sull’estetica dei componenti, in particolar modo per la grossa fanaleria
(fanali posteriori). Lo stabilimento è dotato di moderne e sicure camere di metallizzazione, le
quali sono installate in camere in sovrappressione per evitare l’ingresso di polvere.
All’interno della camera di metallizzazione vengono posizionati i grezzi su delle aste, dette
bilancelle, le quali hanno libertà di ruotare intorno al centro della camera. All’interno della
stessa viene innanzitutto creato il vuoto, a cui segue il processo di solubilizzazione
dell’alluminio che infine, per gravità, si deposita sui vari grezzi che ruotano all’interno della
camera.
Per i fanali posteriori che hanno diverse funzioni ed un grosso impatto estetico sul veicolo,
vengono controllati da macchine automatiche le diverse funzionalità e la tenuta dei pezzi
saldati. Si ha infine ad End of line un controllo estetico del fanale a cura degli operatori.
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Fig. 8. Assembly lines
Tutto il sistema Olsa è orientato a soddisfare le specifiche tecniche e qualitative richieste dai
clienti. E’ per questo motivo che il reparto qualità risulta essere presente ed attivo in tutte le
fasi del processo: dalla progettazione e sviluppo del prodotto, fino all’industrializzazione;
dalla creazione delle prime produzioni di avviamento, fino alle attività after sales. Tutto
questo attraverso una continua collaborazione e condivisione di iniziative con i clienti ed i
fornitori.
L’azienda, grazie anche alla sua ampia gamma di prodotti small lighting può vantare un
grosso numero di clienti, tra i quali figurano tutte le principali case automobilistiche del
mondo.
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Olsa considera fondamentale la comunicazione tra l’azienda ed il cliente al fine di assicurarne
una relazione positiva. Eventuali parti difettose vengono mandate indietro dal cliente e gestite
dal sito produttivo, il quale tramite accurate analisi svolte e dirette dai Quality Engineers ed i
Process Engineers riesce a comunicare un feedback su quanto accaduto, fornendo indicazioni
aggiuntive circa eventuali miglioramenti processuali che evitino il riverificarsi della
problematica contestata.
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2 IL WORLD CLASS MANUFACTURING
2.1 Introduzione
WCM nasce con una joint venture tra Fiat e migliori esperti europei e giapponesi con
l'obiettivo di portare gli standard di produzione a standard mondiali riconosciuti.
Fiat ha iniziato l’implementazione WCM nel 2005, al fine di superare la crisi. FIAT ha
iniziato l’attuazione del modello WCM come FAPS (Fiat Auto Production System),
inizialmente a partire da due impianti pilota Tychy (PO) e Melfi (IT) e nel 2006 si estende ad
altri plant di Fiat Group Automobiles. Ora WCM è estesa a fornitori al fine di creare un
sistema adeguato di circolazione e stessa produzione dall'inizio alla fine.
WCM è un sistema strutturato ed integrato di produzione che circonda quasi tutti i possibili
aspetti della produzione, dalla sicurezza all'ambiente, dalla manutenzione alla logistica e
qualità. Il primo e principale scopo di questo sistema è quello di migliorare continuamente la
produzione e progressivamente eliminare gli sprechi assicurandosi la qualità e la massima
flessibilità in risposta alle esigenze dei clienti, coinvolgendo e motivando persone che
lavorano nei plants. Principi WCM si applicano a tutti gli aspetti di organizzazione del plant,
dal sistema di qualità per la manutenzione al controllo dei costi di logistica, in un'ottica di
miglioramento continuo.
Il coinvolgimento delle persone è uno dei capisaldi della WCM e nel 2010 il 50% dei
lavoratori blu e bianchi negli stabilimenti del gruppo in Italia hanno partecipato al programma
e oltre 1 milione di suggerimenti dei dipendenti sono stati ricevuti in tutto il mondo.
L’applicazione delle metodologie del World Class Manufacturing è stata estesa anche al di là
della zona di produzione. Iniziative analoghe sono, infatti, anche state sviluppate per la
logistica e processi amministrativi con l'obiettivo di raggiungere un approccio integrato tra le
diverse aree di attività.
Alla fine del 2010, 130 siti sono stati coinvolti nel programma, che rappresentano oltre il 95%
della base di costo di produzione del Gruppo Fiat ante scissione. Di questi siti, 18 hanno
raggiunto il livello bronzo e 9 il livello argento.
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Il raggiungimento di ogni livello di performance (bronzo, argento, oro o di classe mondiale)
è certificata attraverso audit esterni condotti da gruppi di supervisione di rappresentanti
dell'Associazione WCM. Questo sistema di controllo consente un continuo benchmarking
interno tra la realtà del gruppo e facilita un costruttivo scambio di esperienze e di soluzioni
applicate tra i membri dell'associazione WCM.
Il World Class Manufacturing è guidato dai costi, tutte le attività sono provenienti
dal pilastro Cost Deployment esclusi i servizi di sicurezza in quanto la sicurezza e la salute
non hanno prezzo.
Il World Class Manufacturing si concentra sul posto di lavoro, qualità del prodotto e di
processo, la manutenzione del capitale e il sistema logistico della società.
Il WCM usa Total Industrial Engineering, Total Quality control, Total Productive
maintenance e i metodi Just In Time per risolvere il problema nelle zone suddette. L'obiettivo
di queste attività è quello di aumentare la produttività, migliorare la qualità, massimizzando
l'efficienza tecnica e di fornire un livello di servizio efficiente ai clienti.
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Gli obiettivi del World Class Manufacturing sono di raggiungere i seguenti zeri:
1. Rifiuti Zero
2. Zero Difetti
3. Zero Guasti
4. Zero Stock
Ci sono sette strumenti base che sono utilizzati dal WCM nella costruzione dei miglioramenti.
Questi strumenti sono utilizzati da tutti i pilastri in quanto forniscono una linea guida nella
soluzione dei problemi e nel miglioramento costante.
1. Priorità
2. Impiego di obiettivi
3. Descrizione del problema con schizzi
4. Descrizione Problema
5. Analisi causa radice
6. Descrizione fenomeno
7. TWTTP
2.3.1 Priorità
La priorità è uno degli strumenti fondamentali utilizzati in WCM. Tutti i pilastri del WCM
lavorano su un'area modello di priorità in base alla quantità di perdite generate.
Uno studio dettagliato è condotto per scoprire le perdite generate nei vari processi e quindi di
trovare i problemi più importanti, di seguito sono riportati gli strumenti più comuni utilizzati
per raggiungere questo obiettivo:
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5. Matrice QA
6. Mappa fermate macchine
7. Matrice di sicurezza
8. Value stream map
La misurazione dei risultati rispetto agli obiettivi e ai traguardi, aiuta a identificare dove sta
il problema. È importante non confondere obiettivi con mezzi.
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2.3.3 Descrizione del problema con disegni
La descrizione del problema con schizzi è un'altra filosofia di base sulla base del fatto che è
più facile per gli umani capire quando un concetto viene spiegato visivamente piuttosto che
teoricamente.
Ne consegue un flusso logico durante il processo. Questo è un approccio utilizzato per gestire
un fenomeno di perdita come difetto, guasto, anomalia ecc.
Fig. 14. Le 5 G
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2.3.5 Analisi della causa radice
L'analisi delle cause utilizza gli strumenti del 5 perché e 4M per identificare la vera causa del
problema. In logica Lean è importante trovare la causa principale del problema in quanto
contribuisce a eliminare completamente il problema. Abbiamo già discusso questi strumenti
nel capitolo precedente.
Questo strumento aiuta a descrivere i fenomeni con attenzione osservando ciò che sta
accadendo dietro il problema. OPL (One Point Lesson) e SOP (Standard Operating
Procedure) sono i principali strumenti utilizzati per spiegare visivamente i fenomeni.
2.3.7 Il “modo” per insegnare alla gente (TWTTP - the way to teach people)
Questo strumento consente di trovare i problemi legati principalmente agli errori umani.
Gli errori umani si verificano dove:
A CAUSA DI:
Al fine di eliminare gli errori umani, è importante lavorare in parallelo su due lati diversi:
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2. Introdurre controllo visivo per evitare errori umani ovunque ci sia un rischio di creare
errore.
• Safety (SAF)
• Cost Deployment (CD)
• Focus Improvement (FI)
• Autonomous Activities
• Autonomous Maintanance (AM)
• Workplace Organization (WO)
• Professional Maintanance (PM)
• Quality Control (QC)
• Logistics and Customer Service (LOG)
• Early Equipment/Product Management (EEM/EPM)
• People Development (PD)
• Environment (ENV)
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Fig. 15. I pilastri del WCM
Per quanto ognuno dei dieci pilastri si occupi di una ben chiara funzione aziendale,
il sistema WCM garantisce che l’approccio a qualsiasi problema deve seguire i così detti 7
Steps:
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Fig. 16. I 7 steps
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I sette step tipici della sicurezza sono riportati nella figura seguente:
Il Cost Deployment è una metodologia che definisce un sistema scientifico di riduzione costi
basato sulla cooperazione tra le risorse della produzione e le finanze.
Il pilastro del CD si trova in una posizione leggermente superiore rispetto a tutti gli altri
pilastri, in quanto è quello che stabilisce la priorità, ovvero analizza tutte le principali perdite
dello stabilimento, e ne indica di fatto quelle che, essendo più gravose, devono essere per
prima attaccate.
Il pilastro garantisce di identificare una correlazione tra i fattori costi, ovvero i processi che
hanno generato un costo e tutte le tipologia di problemi o perdite; non solo la valutazione del
costo, ma il beneficio che una eventuale azione può portare all’intero sistema produttivo è
anch’esso compito del Cost deployment: affinché una qualsiasi azione abbia un effetto
soddisfacente, non deve soltanto infatti portare alla semplice riduzione del costo, il quale
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valutato in valore assoluto può anche non essere un indice che permette paragoni tra prodotti
e/o volumi differenti, piuttosto si va ad analizzare il rapporto B/C ovvero beneficio/costo.
Molto importante anche e soprattutto in questo pilastro seguire i relativi 7 steps come mostrati
in figura:
Ogni Step è basato sul risultato del precedente, per questo motivo è molto importante
realizzare tutte le matrici nell’ordine presentato e facendo attenzione a tutti i particolari.
Le matrici sono dei file, realizzati su un foglio di calcolo elettronico, nella quale vengono
registrati e salvati tutta una serie di dati, i quali saranno successivamente presi ad analisi. Le
matrici del cost deployment permettono di:
1. Identificare le perdite
2. Trovare la relazione tra la causa causale e risultante
3. Trasformare le perdite identificate in un costo
4. Scegliere il metodo migliore per attaccare le perdite
5. Stimare il costo per il miglioramento e la quantità di riduzione costi che comporta
6. Stimare un piano di miglioramento e creare le basi per il budget dell’anno seguente
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2.4.3 Focus Improvement Pillar (FI)
L’approccio del Focus Improvement è focalizzato nel risolvere i problemi i quali presentano
un tempo di risoluzione breve con un alto beneficio in termini di riduzione dei costi, riducendo
sensibilmente le perdite di uno stabilimento. Il FI utilizza tecniche, strumenti e specifici
metodi per risolvere i problemi in relazione con la complessità della problematica da
eliminare. Attraverso l’applicazione degli strumenti del FI, si crea un enorme database di
know-how all’interno dell’impresa che viene per l’appunto utilizzato per attaccare le aree più
critiche ottenendo il massimo vantaggio: il target è quindi comune a quello del Cost
Deployment ed inoltre si va ad attuare il ripristino delle condizioni standard o eventualmente
una innovazione.
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2.4.4 Autonomous Activities Pillar: Autonomous Maintenance (AM)
Autonomous Activities è il quarto pilastro del WCM ed è a sua volta diviso all’interno di due
sotto pilastri chiamati Autonomous Maintenance (AM) ed il Work Place Organization (WO);
il primo lavora per mantenere le macchine alle condizioni standard, mentre il WO pillar
distribuisce la forza lavoro sulle linee di assemblaggio.
Per fare ciò, il pilastro ha la necessità di sensibilizzare e coinvolgere tutti gli addetti macchina
al reparto produzione, dando loro una responsabilità aggiuntiva di gestione e manutenzione
dei macchinari e di tutta l’attrezzeria: in altre parole, l’obiettivo renderli capaci di essere
autonomi per mantenere le condizioni base di una macchina.
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• la pulizia iniziale
• eliminazione delle sorgenti di sporco e delle aree di difficile accesso
• definizione e applicazione di cicli efficaci e sostenibili di pulizia, ispezione,
lubrificazione e serraggio
• miglioramento delle modalità di ispezione, attraverso lo sviluppo delle competenze
degli addetti
• focalizzare le attività degli addetti anche verso il controllo della qualità del prodotto
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Fig. 22. Analisi Muri
Il MURA invece si focalizza sulla ripetitività delle azioni. Determinati movimenti, che da
tempo devono avvenire in maniera periodica, possono essere agevolati da una migliore
disposizione del work place.
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Fig. 23. Analisi Mura
Il MUDA invece analizza tutte le azioni che non portano valore aggiunto, ovvero tutte quelle
operazioni che, se eliminate, non comporterebbero alcuna mancanza sul prodotto finale.
Si procede dunque con l’analisi di tutti i movimenti dell’operatore, ognuno dei quali può
essere catalogato come un Value Added (VAA), Semi Value Added (SVA) e Non Value
Added (NVAA).
Al fine di ridurre il tempo ciclo, massimizzare la produzione senza intaccare la qualità del
processo, il WO si adopera per eliminare tutti i NVAA.
Una delle attività principali del pilastro è quella di pianificare la manutenzione in maniera
tale che questa avvenga prima ancora che un eventuale problema si verifichi, riducendo di
fatto i rischi per lo stabilimento. Si ha ovvero un approccio preventivo a qualunque tipologia
di rischio che deve portare a raggiungere il livello di Zero Breakdowns.
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Contestualmente si affianca agli operatori in linea i quali sono impegnati, come abbiamo già
visto, nella Manutenzione Autonoma: il confronto tra i manutentori è fondamentale per
accrescere il know how sui macchinari e sulle attrezzature che vengono utilizzate e garantire,
nello stesso momento, che le attività previste dal calendario di manutenzione autonoma
vengano rispettate.
Il primo Step riguarda l’analisi di tutti i problemi avvenuti sulla macchina in modo da
eliminarli e prevenirli: bisogna infatti calcolare il così detto MTBF Mean Time Beetween
Failures che mi fornisce informazioni circa la frequenza con la quale si verificano dei
problemi.
Contestualmente bisogna creare il Machine Ledger che permette di sapere quale è il layout
della macchina, di sapere quali sono tutti i componenti della macchina e quali sono i parametri
funzionali e qualitativi entro i quali essi risultano conformi.
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Fig. 24. Modulo EWO
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Fig. 25. Esempio calendario di manutenzione professionale
Il pilastro Controllo Qualità, il quale sarà ampiamente approfondito nel capitolo successivo,
è quello che coinvolge il maggior numero di persone: tutti, a partire dal Plant Manager fino
all’operatore in linea, devono essere coinvolti per garantire una produzione di qualità. Oltre
a questa “visione verticale” sul coinvolgimento delle persone, bisogna inserire anche la
“visione orizzontale” ovvero anche i commercialisti, gli acquisti, la progettazione di prodotto
e l’industrializzazione devono essere orientati verso la qualità.
E’ necessario dunque analizzare tutti quelli che sono i problemi dello stabilimento,
classificarli ed, una volta schematizzati tramite diagramma di Pareto, attaccarli per indice di
priorità utilizzando i diversi strumenti di analisi che verranno successivamente presentati.
Nello stesso momento definisce le condizioni operative che assicurano la qualità desiderata.
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• una crescita della soddisfazione del cliente
• una riduzione significativa di difetti, scarti e rilavorazioni
• una diffusione delle competenze di problem solving
• un aumento delle proposte di miglioramento della qualità del prodotto e del processo
Il pilastro della Logistica si occupa di organizzare al meglio il flusso del materiale con lo
scopo di eliminare perdite ed inefficienze e migliorare il livello di servizio al cliente. Bisogna
dunque, unitamente alle informazioni che arrivano dal reparto acquisti, produzione e vendita,
realizzare le condizioni affinché il flusso logistico sia quanto più possibile sincronizzato tra
le diverse aree dello stabilimento: si parla di creare le condizioni di flusso teso con i fornitori
ed all’interno dell’impianto di produzione.
L’obiettivo del pilastro della Logistica è quello di ridurre lo stock, il lead time e migliorare il
servizio verso i clienti con uno sguardo sempre vivo a quelli che sono i costi aziendali.
Anche il pilastro della logistica ha 7 Step da seguire per ottenere gli obiettivi preannunciati.
Il primo approccio prevede la re-ingegnerizzazione delle linee di assemblaggio per soddisfare
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le richieste del cliente; questa attività deve essere fatta affiancandosi ai pilastri del Work place
Organization ed Early Equipment Management (il quale sarà presentato più avanti) in modo
da modificare una linea di assemblaggio già esistente, oppure valutare l’investimento per una
realizzazione di una nuova linea. Alla fine di questo lavoro ci si aspetta di avere un flusso
continuo di materiale che possa ridurre il buffer.
A questo segue una modifica di quella che è l’intera logistica interna, quindi la creazione di
un nuovo flusso di materiale all’interno dello stabilimento. I principi che vengono utilizzati
sono i noti JIT, JIS o produzione a Kanban a cui si affianca il Visual Management, aspetto
fondamentale per una azienda nella quale il WCM è radicato all’interno.
I miglioramenti così ottenuti grazie a tutta l’attività svolta all’interno dell’impianto devono
essere finalizzati ad un miglioramento della logistica esterna, ovvero si va ad aumentare il
livello di servizio fornito al cliente: in questa maniera, grazie ai cambiamenti operati
all’interno dell’azienda, si raggiunge l’obiettivo di soddisfare il cliente nelle sue richieste.
Il pillar Early Equipment Management lavora per mettere in funzione un nuovo impianto nei
tempi stabiliti, ottimizzando i costi e garantendo le richieste qualitative.
• gestione dei dati scambiati tra il Cost Deployment ed il Cost Engineering per garantire
il corretto bilancio tra costi e benefici
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• migliorare l’efficienza del prodotto e dell’ingegneria di processo
• garantire la soddisfazione del cliente
I 7 step sono:
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• STEP 6 – TRIAL PRODUCTION: viene verificata la nuova linea durante la fase di
prova in termini di qualità, affidabilità, operabilità e definisce i calendari e procedure
da seguire
• STEP 7 – INITIAL FLOW: monitoraggio della fase di lancio del prodotto (ramp up
evolution legato all’efficienza della line
Per prima cosa si raccolgono tutte le informazioni, interne ed esterne, per preparare la fase di
planning. Generalmente il tipo di informazioni che interessano sono di tre categorie:
l’evoluzione legislativa nel paese nella quale si vuole realizzare il nuovo prodotto, una analisi
delle scelte fatte dai competitors sui nuovi modelli ed una analisi più generale sulle condizioni
di mercato attualmente in vigore; a seguire si effettua una prima Design Review.
Successivamente bisogna definire quelli che sono i macro obiettivi sotto tutti i punti di vista:
commerciale, economico, funzionale e qualitativo. Una volta stabilito il target, se ne valuta
la fattibilità e quindi si effettua una seconda Design Review.
Segue dunque la definizione del progetto, facendo inoltre una prima valutazione sulle
decisioni make or buy, ovvero su quali operazioni devono essere effettuate dallo stabilimento
e quali invece bisogna affidarle a fornitori esterni. Per scegliere i fornitori, è necessario avere
una loro classificazione in termini di rispetto delle richieste di qualità, costo e tempi. Le scelte
operate portano ad avere una terza revisione del progetto (DR).
Gli Step successivi prevedono la realizzazione effettiva del progetto, nella quale, insieme alla
supervisione del cliente, si cerca di raggiungere tutti i target precedentemente scelti con
continue revisioni del progetto iniziale.
Nel momento in cui si raggiungono nei tempi e nelle modalità previste tutti gli obiettivi, può
avviarsi la SOP (Start of Production), l’ultimo step.
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• Cicli di manutenzione preventiva definita in fase di progettazione economicamente
sostenibile
• Setup con un veloce inizio del flusso di produzione
• Un alto livello di qualità sul prodotto
I 7 step dell’EPM sono analoghi agli step dell’EEM, nei capitoli seguenti andremo poi ad
analizzarli più nel dettaglio.
Lo scopo principale del People Development pillar è quello di identificare ed eliminare i gap
di conoscenza e competenza, supportando tutti gli altri pilastri nello sviluppo delle
competenze stesse.
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Nella fase reattiva, il People development si focalizza sulla priorità identificate dalla
Sicurezza, dal Cost Deployment, dalla qualità, dal WO e dalla manutenzione autonoma.
Dopo, nella fase preventiva, il PD analizza le differenze tra le competenze richieste e quelle
attuali di tutti i dipendenti ed infine, nella fase proattiva, assicura attraverso un sistema
strutturato di addestramento che ogni impiegato abbia le corrette competenze ed abilità per la
sua postazione di lavoro.
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2.4.11 Environment Pillar (ENV)
Prima di tutto quindi bisogna focalizzarsi sul rispetto delle leggi locali, nazionali ed
internazionali e le normative che riguardano l’ambiente. Si deve garantire velocemente
l’integrazione nello stabilimento di una nuova normativa o di una modifica su una già
esistente, assicurandosi che i cambiamenti si diffondano e siano noti a tutte le persone
coinvolte.
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Fig. 31. Piramide ambientale
Per ogni tipologia di problema ambientale si utilizza una adeguata contromisura, come
possono essere i Visual Aid o i Visual Standard.
Avvengono di continuo degli audit interni per verificare l’impatto della fabbrica verso
l’ambiente circostante, alla quale seguono eventuali miglioramenti tecnici sugli impianti
oppure una più adeguata formazione ed addestramento del personale.
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3 EARLY EQUIPMENT/PRODUCT MANAGEMENT
In questo capitolo andrò a descrivere cosa si intende per EEM (gestione anticipata delle
attrezzature), mettendo in risalto l’importanza che ha assunto nell’industria e spiegando gli
obiettivi, i parametri che la caratterizzano e infine i risultati attesi.
A cosa serve?
L’EEM è utile a mettere in funzione i nuovi impianti nei tempi definiti, con uno start up molto
rapido e molto stabile, inoltre serve a progettarli facilmente manutenibili e ispezionabili.
L’EEM può essere integrato nell’ambito del processo di sviluppo prodotto tramite specifiche
design review.
La definizione dei capitolati di offerta e fornitura sono coerenti con le esigenze
dell’utilizzatore (conduzione, manutenzione, ispezione, ecc…).
Inoltre vi è un’importante relazione con i fornitori al fine di rendere ottimale il binomio uomo-
macchina.
Se il lavoro è stato svolto nel migliore dei modi, allora, ci aspettiamo che i costi di vita
dell’impianto siano contenuti, con un miglioramento dell’affidabilità, manutenibilità,
accessibilità, ispezionabilità, pulizia e rumorosità.
Oltre a ciò, in fase di progettazione vengono definiti opportuni cicli di manutenzione
preventiva in collaborazione con il pilastro PM/AM, ovviamente il tutto deve essere
economicamente sostenibile.
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Gli impianti progettati dovranno avere un set-up e un vertical start up rapidi garantendo
sempre una elevata qualità del prodotto (QA design).
Nello specifico le macchine nell’EEM vengono progettate con una logica che si chiama
DREAM, che sta per:
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3.2 Front loading (caricamento frontale)
Il risultato dell'applicazione del front loading (caricamento frontale) corretto è che il picco
della curva dei problemi riscontrati in ciascuna fase si sposta all'indietro da un progetto
all'altro.
La curva del design cambia a sinistra mentre il team EEM passa attraverso nuovi progetti.
Significa passare da un approccio reattivo a un approccio proattivo. Di conseguenza, la
maggior parte delle modifiche al design viene apportata durante i passaggi 2 e 3.
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Fig. 34. Approccio dei vari step
L'approccio EEM consente di anticipare i problemi nelle prime fasi di progettazione, è quindi
necessario un tempo più breve per ottenere le prestazioni desiderate (qui in termini di OEE).
Si può notare dai grafici come le curve dell’OEE (overall equipment effectivess/efficienza
totale impianto), con un approccio senza EEM (Fig. 35 sinistra) e con (Fig. 35 destra) cambino
al risolvere dei problemi prima dell’avviamento della produzione SOP (start of production),
inoltre questo incide sul vertical start up che risulta fortemente crescente.
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Fig. 35. OEE trend senza e con EEM
Un punto molto importante è evitare modifiche nelle fasi successive perché le modifiche
apportate nelle fasi iniziali sono più economiche. Inoltre, le opportunità di miglioramento (ad
esempio, problemi di produttività e qualità) diminuiscono nel tempo. Il momento migliore
per fare il maggior miglioramento al prezzo più basso è la fase iniziale.
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3.5 Maintenance Prevention information (MPinfo)
Queste MPinfo vengono inserite nel più ampio contesto delle LL (lesson learned) che
vengono redatte dopo aver risolto problemi che si sono verificati nel plant. Le LL tengono in
considerazione tutte le soluzioni in termini di attrezzature o design del particolare che possono
essere estese su nuovi progetti affinché il medesimo problema non si verifichi più in futuro.
ID LL Card Plant Department Compiler Pilastro ID tool of origin Process / Equipment Data
PROBLEM A SOLUZIONE
Cooling fan not inspectable by hand because it is in an hard to reach point Flap are put on the fan to inspect visually
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Le lesson learned sono un modo per tutti i leader di pilastro per comunicare una
modifica/miglioramento a l’EEM, ma anche con tutto il plant, e tenere quindi traccia di quello
che si è svolto per la risoluzione di un problema; il tutto è raccolto in un database facilmente
accessibile.
All’interno delle LL vi è una sezione che permette di suggerire una domanda da inserire nelle
design review DR future (strumenti utili per un controllo generale in ogni step dell’EEM), in
modo da non commettere in futuro lo stesso errore e quindi eseguire un controllo a monte.
Una Design Review (DR) è utilizzata alla fine di ogni step, per cui un design è valutato
rispetto ai suoi requisiti, al fine di verificare i risultati delle attività precedenti e identificare i
problemi prima di impegnarsi in ulteriori lavori.
Un altro esempio di trasmissione di informazioni nel plant da considerare sono le OPL (one
point lesson) e le SOP (standard operating procedure), che sono degli strumenti in grado di
trasmettere formazione in modo rapido, semplice ed essenziale.
45
Fig. 39. Esempio OPL
• Affidabilità
• Manutenibilità
46
• Operabilità
• Sicurezza/ambiente
• Qualità
• Costi
Le MPinfo fanno parte dei sistemi di gestione dell’EEM. A lui si sommano le check list, le
design review, i design tools.
Invece per quanto riguarda i sistemi informativi l’EEM ha feedback sia per quanto riguarda i
miglioramenti delle attività, tenuti sotto controllo tramite degli indici chiamati KAI (key
activity indicators) e sia tramite degli indici legati alla performances, chiamati KPI (key
performance indicators).
47
Fig. 42. Il sistema EEM
48
Fig. 44. Feedback delle performances del macchinario
49
Per quanto riguarda le principali funzioni coinvolte in produzione e manutenzione (sviluppo
AM-Autonomous Maintenance) abbiamo già dato qualche informazione nel paragrafo 3.1.4,
in maniera molto generale, dove veniva analizzato il sistema di trasmissione di informazioni
all’interno del plant tra i vari pilastri tramite le MPinfo.
Non andremo nel dettaglio di questi 4 step, ma di seguito andremo ad analizzare ogni step del
pilastro EEM passando dal processo di pianificazione iniziale, fino ad arrivare all’avviamento
della produzione vera a propria del prodotto.
50
3.6.1 Step 1: Planning
In questo primo step di pianificazione ci aspettiamo che vengano sviluppati i seguenti punti:
51
3.6.1.1 Definizione del team di lavoro
Durante la definizione della squadra, è necessario considerare l'attuale livello tecnico e di
competenze trasversali di ciascun membro e confrontarlo con il livello richiesto necessario
per portare a termine il progetto. Eventuali lacune devono essere riempite con una formazione
specifica.
All'inizio di ogni fase, il gruppo di progetto dovrebbe essere aggiornato con nuovi membri
che porteranno nuove conoscenze e competenze necessarie per svolgere nuove attività.
La collaborazione con il pilastro del PD è fondamentale lungo i 7 passaggi.
Le capacità di ogni componente del team di lavoro vengono quantificate tramite le radar chart
che sono strumenti utili all’analisi delle competenze dell’individuo stesso.
Qui viene analizzato l’aspetto reattivo, preventivo e proattivo dell’individuo a cui viene dato
un grado di conoscenza dell’argomento in questione che va dall’1 al 5.
1. nessuna conoscenza
2. conoscenza
3. comprensione
52
4. applicazione
5. insegnante
53
Fig. 49. Requisiti cliente
In accordo con la domanda del cliente è possibile settare il ritmo della produzione, più
comunemente chiamato takt time.
Il takt time è definito come il rapporto del tempo netto disponibile al lavoro (tempo lavoro
per periodo) e la domanda del cliente (unità richieste per periodo).
Questo introduce flessibilità nel design della linea: considera un certo grado di incertezza
dovuto a diverse cause come la variazione del volume, variabilità dell'operazione, affidabilità
della macchina, ecc.
54
Fig. 51. Flessibilità Takt time
55
Fig. 52. Esempi benchmark
Il tutto è legato al vertical start up come si può vedere dalla seguente tabella.
Spesso si utilizzano software per la gestione delle attività come Gantt project.
56
Fig. 54. Gantt project
57
Possiamo notare in questo esempio come i target cambino dal 2017 al 2018, avendo una
situazione nettamente migliore con un vertical start up di 2 settimane, un’efficienza OEE del
90%, con un FTQ (first time quality) del 98%, quindi una percentuale altissima per l’inizio
del ciclo produttivo e con un LCC (life cycle cost) ridotto.
58
STEP 1 - PLANNING
Per la compilazione delle varie check list e delle design review vi è cooperazione tra tutti i
pilastri del WCM.
59
In questa seconda fase di basic design la progettazione inizia dall'analisi della qualità, del
layout, dell’alimentazione per il progetto e/o attrezzatura considerata. In questa seconda fase
svilupperemo:
Tutti i pilastri qui entrano in gioco cooperando e svolgendo ognuno un compito ben preciso,
cercando di farlo nel migliore dei modi al fine di arrivare all’obiettivo prefissato.
60
3.6.2.2 Raccolta e revisione dell’informazione nel plant
61
• Design sulla sicurezza (safety design): viene analizzata una risk map, cioè un’analisi
dei rischi.
62
Fig. 63. Esempio QA matrix
63
Fig. 65. Esempio PFEP
Infine viene anche definito il tipo di packaging, di seguito un esempio di una scheda
di imballo.
64
Fig. 67. Esempio scheda di imballo
65
• AM design (autonomous maintenance – manutenzione autonoma): vengono stabilite
quelle che sono le zone di lavoro contaminate da olio, plastica, viti, altre piccole parti
ecc.
66
3.6.2.3 Valutazione LCC
L'approccio tradizionale utilizzato per scegliere tra diverse attrezzature era principalmente
basato sul costo iniziale dell'investimento. L'approccio WCM richiede un metodo diverso: le
attrezzature devono essere economiche non solo in termini di investimenti iniziali (costi di
approvvigionamento, fabbricazione, ecc.) Ma anche in termini di costi di gestione che
l'azienda dovrà affrontare durante l'intero ciclo di vita della macchina.
Il Life Cycle Cost (LCC) è utilizzato per realizzare questo scopo. Il calcolo richiede una forte
relazione tra reparto acquisti, produzione e fornitore.
Almeno l'80% del costo delle attrezzature è determinato nelle prime tre fasi; questo è il motivo
per cui LCC dovrebbe essere valutato già in questi primi step.
67
Gli obiettivi e le restrizioni che la gestione pone sulla progettazione di LCC, le caratteristiche
delle attrezzature richieste e la missione di progettazione stabilita determineranno quando si
applicano i seguenti tre approcci di progettazione LCC:
Possono esserci delle strategie per ridurre i costi iniziali IC (initial cost) relazionate al layout,
all’alimentazione e a problemi di qualità.
68
LCC dovrebbe essere continuamente monitorato durante i 7 step dell’EEM al fine di garantire
un processo decisionale ottimale e per registrare l'impatto delle modifiche del design in
termini di risparmio IC e RC.
69
Fig. 75. Scelta fornitore
70
3.6.3 Step 3: Detailed design
Allo stesso tempo, è possibile generare nuovi MPInfo, riguardanti vari MP design. Lo scopo
addizionale è quello di co-progettare le attrezzature con la collaborazione dei fornitori.
71
Fig. 77. MP design
Tutti i pilastri del WCM cooperano con lo scopo di sviluppare le MP relative alla
progettazione.
Questo approccio consente di fornire postazioni di lavoro più sicure, in grado di proteggere
da infortuni e facilitare il primo soccorso, inoltre va a ridurre il senso di affaticamento,
evitando così, un deterioramento dell'ambiente di lavoro.
Inizialmente viene fatta un’analisi preventiva in termini di valutazione e predizione dei rischi
andando anche a utilizzare le attività kaizen (attività di miglioramento continuo). Dopo ciò
vengono applicate le MPinfo che si conoscono che si vanno a unire con le MPinfo generali e
il ciclo PDCA (plan-do-check-act, pianificare-fare-controllare-implementare).
72
Fig. 78. Esempio attività kaizen
73
Fig. 80. Esempio valutazione rischio
Lo studio della qualità è basato sull'esperienza precedente per prodotti simili ed è realizzato
al fine di identificare potenziali cause di difetti. X Matrix, QA Matrix, Root Cause analysis,
PFMEA e QA Network sono utilizzati in questa fase in modo da poter individuare possibili
guasti, effetti correlati e soluzioni di miglioramento.
74
La comunicazione tra EEM e logistica è molto importante al fine di minimizzare e
semplificare dei percorsi logistici per l'asservimento dei materiali e dei prodotti finiti, con un
utilizzo ottimale dello spazio e con un asservimento dal lato esterno della linea.
75
Fig. 84. Esempio imballaggio
Sicuramente in questa fase è utile anche il pilastro QC- Quality Control per verificare che il
tutto sia eseguito in un ottimale condizione.
Inoltre la linea deve essere facile da asservire, il movimento del materiale al suo interno deve
essere minimo e infine il punto di partenza deve esser separato con il punto di fine EOL- End
Of Line.
76
Fig. 85. Golden zone
77
Fig. 87. Layout linea
Per flessibilità nella progettazione della linea di produzione si intende che sulla stessa linea
si possono produrre prodotti differenti.
78
Spesso il banco di lavoro è predisposto per accogliere diversi tipi di posaggi, realizzati per
assemblare appunto prodotti differenti, il cambio tra un posaggio e l’altro è fatto in modo
rapido al fine di ottimizzare i tempi.
Per migliorare l’affidabilità viene fatta un’analisi preventiva dei problemi utilizzando il
machine ledger, che è un programma di manutenzione professionale delle macchine utilizzate
all’interno del plant, anche le PFMEA di cui abbiamo già parlato precedentemente oppure
utilizzando moduli EWO – Emergency Work Order che consente agli operatori di segnalare
79
qualsiasi tipo di problema sulla macchina e quindi risolverlo. Utilizzando, ovviamente, le
MPinfo questi benchmark favoriscono il miglioramento continuo di tutto l’impianto.
Con questo sistema il tempo dedicato alle pulizie si è ridotto abbastanza, passando da un
tempo medio di 7 min a 3 min.
80
Fig. 91. Miglioramenti effettuati
Difetti, possibili guasti e parametri dovrebbero essere facili e sicuri da rilevare e ispezionare
e questo va messo in conto nella fase di progettazione.
81
Molto importante la progettazione legata tra EEM e ENV, il pilastro che si occupa della salute
ambientale dell’intero stabilimento.
All’interno del pilastro Environment è stato sviluppato uno specifico sub-pilastro Energy per
incrementare la capacità di individuare e realizzare iniziative che permettano di ridurre gli
sprechi e migliorare l’uso dell’energia.
82
3.6.3.2 Design review DR3
Anche qui, come il primo e secondo step, viene effettuata una design review sul terzo step.
Avendo tutte queste informazioni viene aggiornata la tabella delle KAI (key activity
indicators).
In questo quarto step si andranno ad analizzare le attività svolte per fabbricare le attrezzature,
con l’ausilio dei vari fornitori, utili alla realizzazione del prodotto finale.
Nel quarto step ovviamente vi è un’espansione del team di lavoro, qui entrano ancora più in
gioco i vari fornitori delle attrezzature e il personale AM e PM, dopo che è stato formato per
lavorare, stabilendo anche dei calendari AM, PM per la manutenzione (definizione finale del
machine ledger).
83
Sulle attrezzature viene eseguito un controllo intermedio presso il fornitore al fine di
verificare che il progetto stia procedendo nel migliore dei modi.
Dopo di ciò si incomincia a preparare il sito dove poi andranno installate le macchine,
verificandone lo spazio disponibile, e dopo di che si incomincia a fare un primo debug delle
attrezzature.
84
Come ogni fine step si riesegue una valutazione dell’LCC, che per il nostro pilastro è
fondamentale in quanto tiene in considerazione tutti i vari costi, che vanno dal primo
investimento fino alla conclusione dell’ultimo step, e per tenere sotto controllo tutto il
processo dello step 4, certamente verrà fatta una DR4, cioè una design review dove come al
solito al suo interno vi saranno MPinfo, problemi trovati e risolti, compilazione delle varie
check-list e dell’attività di front loading.
Avendo tutte queste informazioni, poi, viene aggiornata la tabella delle KAI (key activity
indicators).
85
3.6.5 Step 5: Installation
In questa fase dell’EEM si continua con l’espansione del team di lavoro andando a collaborare
con i colleghi della manutenzione sia professionale che autonoma, formandoli, andando a
definire ulteriormente il machine ledger e il calendario AM.
86
Dopo aver verificato che nel plant ci sia spazio (step 4) si procede con l’installazione
dell’attrezzatura e, successivamente, si fa un check della corretta funzionalità al livello
meccanico, pneumatico, elettrico, ecc.
Alla fine dello step si esegue una valutazione dell’LCC, che per il nostro pilastro è, come
abbiamo già detto in precedenza, fondamentale, in quanto tiene in considerazione tutti i vari
costi, iniziali e in fase d’opera, successivamente viene finalizzata poi la DR5, la design review
che racchiude al suo interno le MPinfo, problemi trovati e risolti, compilazione delle varie
check-list e dell’attività di front loading.
Queste, poi, vengono inserite nella tabella delle KAI (key activity indicators) per avere sotto
controllo la situazione step by step.
87
3.6.6 Step 6: Trial production
Questo sesto step di “trial production”, cioè di prova di produzione, consente di confermare
il layout in officina e testare le condizioni progettate nelle fasi precedenti, in termini di
parametri di qualità, parametri macchina, ergonomia e così via…
Inoltre in questa fase si prosegue sempre con il periodo di training per il personale coinvolto
(operatori di produzione, di manutenzione, ecc.).
88
Questo passaggio, inoltre, consente di testare la nuova linea durante la fase di prova, in termini
di qualità, affidabilità, sicurezza, operabilità e definire calendari e procedure da seguire.
Da questo punto in poi si tengono in considerazione anche i KPI- Key Perfomance Index,
definendo i vari obiettivi da conseguire, dove analizzarli e ovviamente quale pilastro
all’interno dell’attività di monitoraggio è coinvolto.
89
Alla fine del sesto step di trial production viene eseguita la solita design review DR6 dove
vengono monitorate le varie attività, compilazione delle check list, MPInfo, i vari problemi
di produzione, il life cycle cost LCC che dovrebbe essere minore o uguale a quello verificato
nello step precedente, infine si aggiorna la solita tabella relativa alle varie attività KAI.
Nell’ultimo step, initial flow, ovvero della produzione vera e propria, il pilastro EEM esegue
un controllo specifico sui target stabiliti nello step precedente e si spera che il tutto stia
andando come previsto.
Molto importante è l’FTQ- First Quality Time come sempre, per avere un riscontro positivo
sulle parti buone prodotte nei primi cicli di lavorazione (%).
Si tiene anche sotto controllo in quanto tempo, in termini di settimane, si raggiunge il vertical
start-up, che va normalmente dalle 2 alle 4 settimane, in forte relazione anche con l’OLE –
evaluation of overall line effectiveness, che è un indice di performance che monitora
l’efficacia della line di produzione.
90
Fig. 106. Monitoraggio KPI
91
Alla fine dello step viene eseguita l’ultima design review DR7 che da un quadro completo di
quello che effettivamente si è fatto durante i vari step di questo pilastro, mettendo in luce le
differenze e le attività svolte durante l’intero processo.
Di seguito un esempio completo di una design review con la relativa tabella legata alle attività:
Si può notare come nello step 3 e nello step 4 siano stati rilevati dei problemi e come questi
siano andati diminuendo fino ad essere quasi assenti alla fine dell’ultimo step.
Quello che ci aspettiamo nell’ultimo step è, che l’LCC sia diminuito rispetto a quello
monitorato nello step 1.
92
Fig. 109. Riduzione LCC
Dopo l’ultimo step ovviamente si tiene sotto controllo tutta la produzione, in particolar modo
sia la qualità dei prodotti, sia i vari KPI, verificando il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Come tutti i vari pilastri del world class manufacturing, anche l’early equipment management
ha il suo cost deployment.
Il suo scopo generale è la ricerca continua di opportunità per ridurre i costi di sviluppo delle
apparecchiature. CD EEM parte dall'individuare i principali sprechi e perdite nel progetto
attuale di EEM, traccia i costi nei 7 passaggi di EEM e guida l'introduzione del miglioramento
e delle soluzioni, in un nuovo progetto.
93
Il cost deployment dell’EEM è strutturato in 7 step:
94
• step 3: elaborazione della matrice B (risultati-causali)
95
• step 5: elaborazione della matrice D (perdite-soluzioni)
• step 7: beneficio sui costi e determinazione dei progetti che rimangono per l’anno
successivo.
96
3.7 Early Product Management
L’early product management fa parte dello stesso pilastro dell’EEM, solo che l’EEM si
occupa della progettazione per la prevenzione della manutenzione e l’EPM progetta per
l’efficienza dello sviluppo del prodotto, cioè sviluppa il prodotto con un coinvolgimento
organizzato del manufacturing nella fase di pre-development.
• l’EEM è focalizzato sugli impianti e sulla loro ottimizzazione organizzando per questo
specifiche DR – design review all’interno del processo di progettazione degli impianti;
• l’EPM è focalizzato sul contributo che il manufacturing può dare, sin dalle prime fasi
del processo di sviluppo del prodotto, in termini di informazioni di valore aggiunto per
il cliente sul prodotto stesso.
97
principi. Vengono successivamente identificate tutte le informazioni che permettono di creare
KPI – key performance index significativi per monitorare e rendere efficiente lo sviluppo del
prodotto/processo. Infine dopo aver reperito le informazioni e organizzato la comunicazione,
condivisione dei dati e della conoscenza, vengono implementate metodologie specifiche che
permettono di ottenere valore aggiunto sul processo di sviluppo del prodotto.
Si sono quindi sviluppati 7 step che permettessero una miglior integrazione dei dati
provenienti dal manufacturing (lesson learned, cost deployment) come input per rendere
efficace ed efficiente il processo di sviluppo del prodotto.
Non andremo nel dettaglio come abbiamo fatto per i 7 step EEM, ma si parlerà dei 7 step
EEM in linea molto generale in quanto nello stabilimento OLSA il concetto di EPM è ancora
lontano.
98
o vengono identificate le risorse che comporranno il team di lavoro
o condivisione della finalità e degli obiettivi del progetto
o si prende visione dei passi operativi
o pianificazione di massima del progetto pilota
o individuazione delle responsabilità delle risorse del progetto pilota
• Step 1: identificazione delle informazioni da rilevare.
o Costi materiali e di trasformazione
o Costi del prodotto in esercizio
o Difettosità cliente interno ed esterno
o Soluzioni adottate
o Alternative di progetto scartate
o Soluzioni della concorrenza
o Tempistiche
o Standard di processo e di prodotto
o Modifiche del prodotto in esercizio
• Step 2: modalità di reperibilità delle informazioni.
o Dal cost deployment di stabilimento e cost engineering nello sviluppo del
prodotto
o Struttura dei dati
o Costi in garanzia
o Quality tracking
o Processo di analisi concorrenza
• Step 3: organizzazione knowledge management.
o Sistema di raccolta delle informazioni
o Definizione delle skill relative allo sviluppo del prodotto
o Condivisione delle informazioni
• Step 4: criteri e metodi di utilizzo dei dati su nuovo progetto.
o Definizione dei KPI di valutazione del processo relativi ai tempi e costi
o Utilizzo del project management per la gestione del progetto
o Gestione delle DR di progetto
o Analisi dei dati mediante FMEA, check list di supporto
99
• Step 5: verifica del valore aggiunto generato.
o Monitoraggio KPI
o Valutazioni alternative di processo
o Cost&value management
o Individuazione ed eliminazione di sprechi nel prodotto/processo
• Step 6: mantenimento ed alimentazione dei database.
o Individuazione strumenti
o Definizione delle regole per l’alimentazione
o Attribuzione responsabilità risorse
• Step 7: standardizzazione ed estensione ad altri progetti.
o Stesura piano di estensione secondo il PM-Project Management
o Implementazione della logica EPM ai nuovi progetti
Nel contesto del processo di sviluppo è da considerare lo scenario competitivo dove sono da
considerare i vari prezzi sul mercato, ovvero dei vari competitor, inoltre bisogna garantire una
buona qualità del prodotto che deve essere in moda con i tempi in senso di innovazione, da
considerare anche il time to market, ovvero il tempo che intercorre tra l’ideazione del prodotto
fino alla sua completa commercializzazione.
Per creare prodotti di successo le aziende devono capire chi hanno di fronte, cioè capire il
target, il mercato e quindi i competitors.
100
Un altro aspetto da considerare è il concurrent engineer che, per definizione, è un approccio
sistematico all’integrazione e parallelizzazione dei processi di progettazione, manufacturing
e servizi correlati.
L’obiettivo è che i progettisti, fin dall’inizio del processo di sviluppo del prodotto, considerino
tutti gli elementi presenti partendo dalla fase di concept in poi, includendo qualità, costi,
programmazione dei tempi e richieste cliente; per capire cosa vuole il cliente viene eseguito
un business plan che include la ricetta per lo sviluppo del nuovo prodotto, ovvero, obiettivi
da conseguire, tempi di realizzazione e le risorse necessarie (umane, finanziarie,
tecnologiche). Il business plan inoltre consente di verificare la fattibilità del progetto, chiarire
eventuali dubbi e permette la condivisone della strategia da seguire.
Concludiamo dicendo che tra ricerca e invenzione vi è una certa discontinuità, mentre
parlando dell’innovazione tutto sommato è parzialmente prevedibile in quanto è legata al
business.
Tutto quello detto fino ad adesso sono solamente delle piccole nozioni dell’EPM nella fase di
sviluppo del nuovo prodotto, non andremo oltre in quanto come già detto prima l’Early
Product Management in OLSA ancora non è stato implementato al 100%.
101
4 IMPLEMENTAZIONE DELL’EEM/EPM NEL PLANT
OLSA
102
4.1 Step 1: Planning
Come prima fase di pianificazione si è stabilito il team di lavoro che poi andrà a lavorare
lungo i 7 step dell’EEM/EPM; è stato considerato il livello tecnico e le loro competenze ed è
stato confrontato con il livello necessario per portare a termine il progetto.
Per dare una quantificazione del livello sono state redatte delle radar chart dove al suo interno
sono inserite i vari aspetti reattivi, preventivi e proattivi e per ciascuno viene dato un grado
di conoscenza che va dall’1 al 5.
103
È stato alla fine redatta una radar chart del team funzionale:
TEAM
1 Target
36 2
35 5 3
34 5 4 Current
33 4 5
32 4 6
Start
3
31 3 7
30
2 8
2
29 1 9
1
28 0 10
27 11
26 12
25 13
24 14
23 15
22 16
21 17
20 18
19
104
Mettendo in relazione i vari progetti all’interno del plant, siamo arrivati alla conclusione che
il nostro miglior progetto è quello dell’F39, che sarebbe nel mondo comune il fanale
posteriore del BMW X2, con una classificazione AA (non è stato preso il progetto relativo ad
A7 in quanto mancava di esperienza rispetto a progetti passati).
È stato redatto anche un piano delle attività con le tempistiche relative sia alla stima del
progresso e sia alla vita del progetto stesso, con l’ausilio di un software il cui nome è Gantt
project.
105
Fig. 125. Pianificazione delle attività
Qui sono state evidenziate le aree di lavoro all’interno del plant, in marrone l’area di
stampaggio, in giallo il reparto di metallizzazione e in verde il reparto di assemblaggio.
Successivamente sono stati stabiliti i vari target tramite i KPI – key performance index,
ovvero degli indici di performance che valutano il successo di un’attività.
Sono stati messi a confronto i KPI di un progetto passato, in questo caso dell’F60, che sarebbe
il fanale posteriore della MINI, con il progetto F39.
106
Fig. 127. Targets
Si può notare come i dati del 2018 siano nettamente migliori rispetto a quelli del progetto
passato del 2017.
Indice anche di confronto è stato LCC- Life Cycle Cost che per motivi di privacy non verrà
mostrato compilato, ma illustreremo solo un modulo generico.
Qui vengono messi in relazione sia i costi iniziali che i costi durante la fase di produzione,
chiamati rispettivamente initial cost e running cost, come già spiegato nel capitolo precedente,
in aggiunta ci sono anche dei costi di dismissione che in questo caso sono pari a 0 perché le
107
attrezzature specifiche sono del cliente, e quelle generiche vengono utilizzate per altri progetti
senza costi di set up.
Parlando del fanale posteriore F39 è composto da due parti, una parte fissa, che chiameremo
F39 T1, e una parte mobile F39 T2.
Nella fase, quindi, di pianificazione delle attività, avremo 2 flow chart differenti. Il processo
incomincia con l’acquisizione delle materie prime da parte del magazzino, passa dal reparto
di stampaggio, poi metallizzazione e arriva nell’area di assemblaggio dove poi il fanale, ormai
assemblato, viene collaudato e confezionato pronto per la spedizione al cliente.
108
Di seguito i 2 esplosi del fanale con le varie parti divise per make, che produciamo noi, e buy
che acquistiamo da fornitori esterni.
109
A seguire abbiamo verificato la fattibilità del progetto andando ad analizzare i vari reparti
dello stabilimento.
Inizialmente è stato analizzato il reparto dello stampaggio con un prospetto futuristico fino al
2020, si è visto che la quantità di progetti all’interno del plant porta ad acquistare un’altra
pressa con annesso LCC in comparazione con una pressa già installata nello stabilimento, per
permettere così una produzione più tranquilla con una pianificazione non troppo complicata.
Nel reparto di metallizzazione questo nuovo inserimento di progetto non porta nessun tipo di
problema, pertanto il progetto è fattibile al 100%.
110
Sulla fattibilità del progetto abbiamo detto che serve installare una nuova pressa, quindi
necessitiamo di più spazio all’interno dell’area di lavoro.
Non avendo molto spazio disponibile, si è deciso tramite un opportuno piano di investimento
di costruire un nuovo edificio, che attualmente è diventato il nuovo magazzino.
111
Avendo adesso spazio a sufficienza si è deciso anche di rendere più efficiente il passaggio dei
componenti dal reparto di stampaggio alla metallizzazione acquistando anche un
trasportatore.
Per concludere lo step 1, come da prassi, vengono tirate le somme di quello che si è fatto con
una design review DR (vedere teoria per ulteriori informazioni nel capitolo 3).
Nel secondo step del pilastro relativo al design basico delle attrezzature, utilizzate poi per
ottenere il prodotto finale, è stato allargato il team di lavoro che adesso è più operativo rispetto
a prima coinvolgendo i colleghi del pilastro AM-PM, inoltre si è deciso dove posizionare la
linea di produzione all’interno del plant con la sua risk map, grazie alla cooperazione con il
pilastro SAF.
112
Fig. 137. Posizionamento linea F39 T1-T2
Qui grazie all’aiuto del pilastro WO – workplace organization vengono definite le attività
operazionali da eseguire sulla linea, organizzando al meglio, ovviamente, anche la postazione
di lavoro. Di seguito un lesson learned, ovvero una lezione che abbiamo imparato in un
progetto passato e implementato per la nuova postazione di lavoro, avendo cosi la possibilità
di lavorare sulla stessa postazione prodotti differenti con un cambio versione in tempi di set
up ristretti.
113
Fig. 139. Lesson learned postazione di lavoro
Il pilastro AM – autonomous maintenace stabilisce quali sono le principali fonti di sporco tra
cui olio, plastica, viti e altre piccole parti, inoltre grazie all’utilizzo del machine ledger da
parte del pilastro PM – professional maintenance si tiene sotto controllo la manutenzione dei
macchinari.
È stato rieseguito un controllo sul LCC – life cycle cost che nel primo step teneva sotto
controllo principalmente l’investimento iniziale mentre qui è molto importante tenere sotto
controllo anche i costi di gestione delle attrezzature durante il loro ciclo di vita.
Successivamente, dopo aver valutato attentamente le offerte sulle attrezzature si è scelto il
miglior fornitore in grado di fornirci attrezzature di ottima qualità con un prezzo contenuto.
114
Fig. 140. Scelta fornitore
Anche se El-sy non è conveniente da un punto di vista di costo iniziale, il suo totale è inferiore
rispetto ai suoi concorrenti, perciò è lui la nostra scelta.
Per concludere questo secondo step è stata eseguita una design review DR2, tenendo sotto
controllo i problemi identificati e poi subito risolti e le varie check list compilate, illustrando
in blu, in questo caso, le domande per ogni check list.
115
Fig. 141. DR2
In questo terzo step viene stabilito nel dettaglio il design professionale delle attrezzature.
Rispetto alla teoria vista nel capitolo precedente andremo a illustrare cosa è stato migliorato
all’interno dello stabilimento, in particolare sulla linea che si occupa della produzione
dell’F39.
116
Per il safety design grazie alla collaborazione del pilastro dedicato, le postazioni di lavoro
sono più sicure, certamente la modifica apportata all’attrezzatura (è stata inserita una
manopola in grado di modificare l’inclinazione del banco di asservimento alla postazione, in
modo da avvicinare nella golden zone, area ottimale di lavoro, i materiali utili poi per
l’assemblaggio del prodotto finito) è stata studiata anche con il fornitore, in questo caso
LIPRO, e ovviamente la prassi è compilare una LL che poi diverrà utile anche per progetti
futuri e lo stabilimento.
Lo studio della qualità del design è basata sull’esperienza su prodotti simili precedentemente
lavorati nello stabilimento e ha il compito di identificare potenziali cause, difetti e soluzioni,
e il tutto è tracciato nel loro database grazie all’uso di una serie di matrici (X matrix,
QA matrix, ecc.)
In questo caso sulla linea sono stati installati dei sensori per il controllo della versione
dell’opal e nel collaudo finale del fanale (OP 30 E OP 50), si aggiunge anche l’accurato
settaggio dei parametri di pre-riscaldamento della saldatrice (OP 40) e una facilitazione
nell’assemblaggio della lampadina all’inerno del fanale (OP 50).
117
Fig. 144. QC design
Sempre nel campo del quality che è un requisito importante per noi e per il cliente, è stato
inserito durante tutta la fase di assemblaggio un sistema di tracciabilità. All’inizio della linea
viene inserita un’etichetta con data di produzione, la versione e il part number, durante la fase
di assemblaggio vi è un bar code che legge l’etichetta precedentemente inserita e alla EOL -
end of line (fine della linea), l’etichetta viene letta e se il collaudo finale è idoneo, allora viene
stampata un’altra etichetta cliente e tramite il RAD avviene registrazione del prodotto finito.
118
Nel campo del design relativo all’affidabilità e mautenibilità (reliability e maintainability)
l’obiettivo è quello di evitare che le attrezzature si deteriorino e quindi che con il tempo non
siano più funzionali.
Di seguito una LL dove mostra che sono stati inseriti dei “segnali di funzionamento” davanti
alle prese d’aria dei macchinari, che ci indica se effettivamente è in funzione o meno solo
dandoci un colpo d’occhio.
Maintenance Prevention Information
Step individuazione Cod Scheda MPInfo
Impatto sul progetto Impatto economico Stabilimento Unità Operativa Compilatore Telefono Data
Anomalia stab unità anno n° MPInfo
Autonomous Maintainability Perdita MdO diretta Moncalieri Stampaggio Capaldo 62312 25/03/16 Operation 1 1 16 AM0001
Pilastro Modello Ute Linea/Pressa/Impianto Gruppo Componente Descrizione Disegno / Matematiche Costruttore
PROBLEM A SOLUZIONE
Domanda EEM: E' stato studiato il sitema per la gestione a vista del funzionamento delle ventole di raffreddamento del quadro elettrico? Step nel quale porsi la domanda: 3
Approva MPInfo
Attibuzione Manufacturing Engineering Applicabilità Allegati
Beneficio con nome standard
[ore] Presse Metallizzazione Assemblaggio
Dipartimento: PRESS 1 2
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Fig. 147. AM design
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Infine per quanto riguarda l’ultimo punto da sviluppare, cioè quello relativo alla flessibilità
della linea, significa che sulla stessa linea di produzione si possono assemblare prodotti
differenti, questo è dovuto anche a una buona progettazione del banco di lavoro che è in grado
di adattarsi. Nel nostro caso sulla stessa linea di produzione dell’F39 viene anche assemblato
il prodotto F60, in quanto le operazioni di assemblaggio sono molto simili.
Per concludere il terzo step viene eseguita la solita design review DR3, tenendo sempre sotto
controllo i vari problemi riscontrati e poi risolti, e le varie check list. Si può notare come le
domande in questa fase e i problemi trovati siano in quantità maggiore rispetto ai primi 2 step,
questo ci fa capire la difficoltà del design della linea.
Il quarto step è relativo alla fabbricazione delle attrezzature, con un coinvolgimento attivo da
parte dei fornitori fino alla realizzazione del prodotto finale.
Inoltre vi è una forte cooperazione con i pilastri AM e PM, per la manutenzione sia autonoma
che professionale, ovviamente dopo che questi sono stati formati sul campo; infine si
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aggiunge un check intermedio per analizzare al meglio l’andamento del progetto di
realizzazione delle attrezzature presso il fornitore.
Di seguito una foto del banco di lavoro utilizzato sulla linea di produzione con le sue varie
parti, da notare la parte centrale che ospiterà i vari posaggi, utili per assemblare poi, il nostro
prodotto F39, e nel nostro caso anche F60 con un cambio posaggio in tempi molto ristretti,
circa 1 minuto.
Per la nuova linea si è deciso di installare un nuovo forno, per fare ciò prima è stato necessario
un’analisi a livello economico, e qui entra in gioco il nostro LCC, in verde gli investimenti
iniziali (IC – initial cost), in blu i costi di gestione (RC - running cost) e in rosso il totale dato
dalla somma dei 2.
Di seguito i 2 diagrammi bridge relativi ai 2 LCC dove si può notare il netto risparmio tra uno
e l’altro:
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Fig. 151. Bridge forno vecchia linea
A differenza del vecchio forno qui sono state implementate delle migliorie messe in luce
grazie alla compilazione di una check list relativa proprio ai forni dello stabilimento.
Le migliorie implementate sono:
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• tracciabilità migliorata grazie all’ausilio di un data logger e di un pannello esterno
uomo-macchina
• implementazione di un fan utile per il controllo della temperatura
• staff ridotto da 2 a 1 persona
• isolamento migliorato, utile alla riduzione di energia e quindi un minor costo di
gestione
• controllo sulla temperatura di raffreddamento, adesso intorno ai 23 °C, prima invece
sui 37 °C, utile a ridurre lo shock termico
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Fig. 154. Skill matrix F39 T2
Per quanto riguarda la manutenzione dei macchinari viene fornito un manuale operativo con
tutti gli schemi elettrici relativi ai macchinari sulla linea di produzione.
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Fig. 156. Banco di collaudo
Come già detto prima, è stato costruito un nuovo edificio utilizzato per il magazzino, questo
ha permesso di fare spazio all’interno dell’area di assemblaggio, dando vita a una nuova linea
di produzione.
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Ormai, come da prassi, è stata effettuata alla fine dello step una design review DR4, con
l’ausilio di tutti gli altri pilastri, e si può notare, come nello step precedente, un numero
cospicuo di domande implementate nelle varie check list, inoltre si può notare come i
problemi riscontrati siano in quantità maggiore rispetto agli altri step, questo sottolinea il fatto
che non è facilissimo gestire tutte le attività del caso.
Questo quinto step si occupa dell’installazione dei macchinari all’interno dello stabilimento,
dopo aver verificato che ci sia spazio (step 4), e inoltre si continua a collaborare e formare lo
staff dei pilastri AM e PM, aumentandone cosi le loro competenze, oltre tutto si stabilisce
anche il machine ledger e un calendario AM.
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Fig. 159. Layout vecchio dello stabilimento
Da sottolineare anche che il percorso logistico dei materiali per l’asservimento delle linee è
stato completamente riprogettato, questo grazie alla collaborazione con il pilastro LCS –
Logistics.
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Fig. 161. Attività AM e PM e fonti di sporco sulla linea
Una volta stabilito ciò che è stato detto in precedenza si può concludere lo step con la design
review numero 5. Qui viene evidenziato che anche questo step è particolarmente
problematico, ma siamo stati in grado di risolvere i vari problemi riscontrati.
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4.6 Step 6: Trial production
Questa fase si occupa, come da titolo, della prova di produzione, testando le condizioni
progettate nelle fasi precedenti in termini di qualità di produzione, parametri macchina,
ergonomia, sicurezza, affidabilità, operabilità, inoltre si continua con il periodo di training
per il personale coinvolto tra operatori di produzione e di manutenzione.
Qui andiamo ad entrare in un modo più operativo su tutta la fase di produzione, analizzando
problemi, soluzioni e migliorie affinché si raggiunga l’obiettivo prefissato.
Una miglioria, seppur banale, che ha permesso di ridurre i tempi di assemblaggio (tempo
ciclo), con un costo maggiore, ma non tanto da essere influente, è stato inserire dei cablaggi
disposti in maniera ordinata anziché gettati in un contenitore. Il tutto inserito in una LL utile
per tutto lo stabilimento.
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Tra i vari problemi riscontrati di piccola entità ce ne sono stati alcuni che effettivamente hanno
portato, dopo la loro risoluzione, a un risparmio significativo.
Le problematiche sono state identificate tutte nell’area assemblaggio, ma per risolverle siamo
partiti dal reparto di stampaggio, dove si è notato che sul prodotto (bezel), dopo la
metallizzazione si vedeva una macchia nera intorno al punto di iniezione con conseguente
scarto del pezzo; inizialmente si è pensato di prendere una persona a grattare la parte del punto
di iniezione prima della metallizzazione per risolvere il problema, successivamente si è
pensato di cambiare il punto di iniezione del processo stampo con l’inserimento anche di una
materozza ausiliaria nel punto centrale del pezzo (costo totale di 3.000 €), questo ha portato
a risolvere il problema definitivamente avendo un benefit considerevole, circa 40.000 €, in
quanto con questo, abbiamo eliminato il passaggio di sfregamento della parte problematica e
quindi del personale, avendo cosi un Benefit/costi pari a 13.33 (più alto è questo rapporto
meglio è).
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Sempre in fase di metallizzazione si è notato come sul bezel, corpo del nostro fanale F39, si
identificavano delle linee/graffi portando così allo scarto del pezzo, inizialmente per risolvere
si è lavorato il pezzo manualmente, dopo invece è stato cambiato il concetto e il materiale
RIM della maschera del corpo, portando uno scarto medio dal 50% a uno scarto medio del
10%. Il costo dell’investimento è di 57.100 € per la costruzione del prototipo, il mold, il kit
di maschere e servizi, avendo un B/C pari a 4.26, non altissimo ma un buon risultato. Questo
successivamente è diventato il nuovo standard a livello aziendale.
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Un altro problema è stato riscontrato durante la fase di assemblaggio dove l’opal/lente non
attaccava bene con il bezel, inizialmente il tutto era fatto manualmente, ma molti pezzi si
rompevano, inoltre l’ergonomia dell’operazione non era ottimale, e questo portava allo scarto
del pezzo e quindi anche una gran perdita di tempo; si è pensato allora, di creare uno strumento
che facilitasse questo passaggio. Il costo del tool di aiuto è di 4.900 €, il benefit è di 96.000 €
circa, avendo cosi un B/C pari a 19.5, davvero ottimo, inoltre lo scarto è passato dal 50% a
0%, quindi abbiamo risolto completamente il problema.
Come per tutti gli altri step è il momento di fare la design review DR6, analizzando come al
solito i vari problemi, soluzioni e le varie check list, con l’aiuto di tutti i pilastri.
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Fig. 168. DR6
In questo ultimo step che si occupa della produzione vera e propria del prodotto il pilastro
esegue anche un controllo specifico sui target stabiliti.
Si tiene sotto controllo il tempo di produzione del prodotto assicurandoci di raggiungere il
vertical start-up in tempi brevi, con una efficienza e qualità elevata.
Si tengono sotto controllo anche i KPI - key perfomance index e si comparano con i target
prefissati in precedenza, in aggiunta, vi è anche la compilazione delle varie check list di
controllo.
Ovviamente la formazione del personale, sia per i colleghi dell’assemblaggio e sia per i
colleghi della manutenzione, continua con l’inserimento delle SOP – standard operating
procedure sulla linea, di seguito qualche esempio illustrativo:
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Fig. 169. SOP F39 T1
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Procedura Operativa Standard (SOP - Standard Operating Procedure) Stabilimento: MONCALIERI
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Fig. 173. Check list benestare
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Fig. 175. Target
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Infine viene eseguita l’ultima design review DR7 per concludere questi 7 step, avendo così
un quadro completo sui problemi riscontrati lungo il cammino, inoltre viene anche eseguito
nuovamente l’LCC che risulta essere inferiore rispetto a quello iniziale, in quanto il costo di
produzione è sceso in % rispetto al valore iniziale di vendita, portando un netto risparmio.
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CONCLUSIONI
Nel nostro stabilimento, quindi, è molto importante, come abbiamo visto, tenere sotto
controllo il lavoro tramite check list che ammontano a ben 13, con al loro interno 1226
domande, in continuo aumento in quanto ogni giorno vengono proposte nuove domande in
base ai problemi riscontrati durante il processo di produzione o di costruzione delle
attrezzature; molto importanti sono anche le varie SOP – standard operating procedure (36) e
le LL – lesson learned (127) utili per diffondere il sapere tra i vari operatori. Queste sono
consultabili in qualsiasi momento grazie al database aziendale.
MFE-123-CHL Grippers
MFE-074-CHL gasket
MFE-071-CHL Riveting
MFE-033-CHL Dima
MFE-013-CHL US Welding
MFE-011-CHL InjectionTOOLS
0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220
Concludendo possiamo dire che il lavoro sullo sviluppo delle nuove attrezzature è riuscito,
come illustrato nel capitolo 4 i problemi riscontrati durante la fase di trial production, cioè
nello step 6, ci hanno permesso di risparmiare un bel po' di soldi, questo perché siamo stati in
grado di anticipare e modificare, prima dell’inizio della produzione del prodotto (step 7),
anche se l’obiettivo EEM prevede che questi problemi siano risolti in step precedenti al 6.
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Molto importante anche il fatto che l’LCC finale, sia del prodotto che delle attrezzature, sia
risultato inferiore rispetto a quello inziale, portando un risparmio significativo nelle finanze
aziendali, quindi possiamo dire che anche questo obiettivo è stato centrato.
Altro obiettivo era quello di avere un vertical start-up rapido, e grazie a una buona
pianificazione e a una buona progettazione, ci hanno permesso di raggiungerlo in sole
2 settimane, con un elevato OEE – overall equipment effectivess, intorno al 94%, altro
obiettivo EEM, quindi con un alto grado di efficienza.
Il tutto è stato messo in funzione nei tempi stabiliti (SOP-start of production), in linea anche
con gli altri obiettivi aziendali, rendendo le attrezzature di linea facili da pulire, da ispezionare
e manutenibili, facilitando così il lavoro ai colleghi del PM e AM della manutenzione.
Ovviamente tutti questi risultati positivi sono stati ottenuti grazie a una buona collaborazione
dello staff di tutto il plant, partendo sin dalle prime fasi della pianificazione, fino ad arrivare
alla realizzazione del prodotto da consegnare poi, al cliente finale.
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BIBLIOGRAFIA
142
• www.magnetimarelli.com
• http://webtv.confindustria.vicenza.it/CD EEM
143
RINGRAZIAMENTI
Mi sembra doveroso alla fine di questo capitolo della mia vita ringraziare chi ha contribuito
alla realizzazione di questo lavoro di tesi.
Vorrei ringraziare per primo il mio relatore Maurizio Schenone che con i suoi utili consigli
ha contribuito alla realizzazione ottimale della tesi, dimostrandosi sempre disponibile.
Un grande grazie va al mio tutor aziendale Eugenio Esposito che in questo percorso è stato
una colonna portante, mi ha dato la possibilità di crescere professionalmente all’interno di un
contesto lavorativo, supportandomi sin dal primo giorno di stage fino alla conclusione di
questa tesi; grazie soprattutto per la pazienza dimostrata nonostante il carico lavorativo non
indifferente.
Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia, anche se le parole non basterebbero, a mio
padre che è davvero il mio eroe, spero un giorno di essere almeno la metà che adesso è lui, il
supporto morale costante, giornaliero, le varie chiamate e videochiamate, i vari racconti
calcistici, sei il numero 1; ovviamente al fianco di un grande uomo c’è sempre una grande
donna, mia madre, beh che dire…la mamma è sempre la mamma, nonostante la mia età per
lei sarò sempre il suo bambino, senza di lei adesso non sarei quel che sono, di solito non
esterno mai i miei sentimenti ma, volevo dirti, TI VOGLIO TANTO BENE, quindi, se il mio
cuore è colmo di gioia e amore lo devo a voi, i MIEI genitori, avete reso possibile tutto questo
e spero che siate orgogliosi di me e spero di continuare a darvi grandi soddisfazioni; a
completare la famiglia c’è la mia sorellina, la piccolina della casa, per modo di dire, la mia
ballerina professionista, sempre presente nei momenti difficili, sei e sarai sempre uno dei miei
punti di riferimento nella vita, anche se non rispondi mai al telefono.
Un enorme grazie va alla mia dottoressa di fiducia, Angela, che nonostante la distanza e le
numerose difficoltà, è riuscita a sopportarmi e supportarmi in qualsiasi circostanza, anche nel
mio periodo erasmus, dovrebbero farti una statua!!!; la tua gentilezza, la tua disponibilità, la
tua intelligenza, la tua bellezza, il tuo sorriso in grado di illuminare il mondo, ovviamente
anche tu hai i tuoi periodi “no” di un acidume indescrivibile, insopportabili, ma tu sei tutto
questo, UNICA; quindi ancora grazie, io non so dove porterà la mia strada, ma sicuramente
cammino meglio quando la mia mano stringe la tua.
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Amicizia, una parola sottovalutata sotto certi aspetti, ma credo che nella vita bisogna averla
per rendere tutto un po' più gioioso e allegro, quindi, ultimi, ma non per importanza, i miei
amici, un sostegno non indifferente, un grazie va a loro per far parte ogni giorno della mia
vita, un sentimento di rispetto, sincerità, fiducia, stima e disponibilità reciproca ci lega, vi
voglio bene.
GRAZIE A TUTTI!
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