Genesi Della Massoneria - Giorgio Amico
Genesi Della Massoneria - Giorgio Amico
Genesi Della Massoneria - Giorgio Amico
Il presente lavoro intende a grandi linee ricostruire, sulla base dei lavori del Prof. Douglas
Knoop, gli elementi centrali dell'Arte muratoria nell'Inghilterra dal XIII al XVI secolo. Ma
ciò rende necessario chiarire preliminarmente tre punti e precisamente che cosa intendiamo
per Arte, perché trattiamo dell'Inghilterra e infine chi fosse il Prof. Douglas Knoop (1883-
1948).
I primi due punti richiedono poche parole: per Arte intendiamo la tipica Associazione di
mestiere medievale (Craft nell'accezione inglese) raggruppante tutti coloro a vario titolo
esercitanti un mestiere o una professione. Ci interessa l'Inghilterra perché è in questo Paese
che nel 1717 ha avuto origine la Libera Muratoria moderna o “speculativa” e sono dunque
quelle le radici che vanno scavate.
I primi tentativi di scrivere una storia della Massoneria risalgono al XIV secolo e
precisamente al Poema Regius e al Manoscritto Cooke in cui vengono fatte risalire le
origini delle associazioni di mestiere (Craft) dei Liberi Muratori al regno di Atelstano (925-
40). Una ricostruzione del tutto mitica secondo gli storici contemporanei che considerano
del pari del tutto leggendaria la ricostruzione fatta dal reverendo James Anderson nelle sue
Costituzioni del 1723 che retrodata le origini della Libera Muratoria all'antichità più remota.
Ad Anderson fece riferimento, a partire da William Prescott (1742-1818) quella che è stata
definita la “scuola mitica” della storiografia massonica che si soffermò soprattutto su una
del tutto immaginaria discendenza della Libera Muratoria da Re Salomone e dai costruttori
del Tempio di Gerusalemme.
Solo verso la metà del XIX secolo videro la luce i primi studi pionieristici di quella che
verrà poi definita la “scuola autentica o verificata” di cui J.G. Findel, R.F. Gould e A.G.
Mackey sono i rappresentanti più conosciuti in Italia. Primo esponente di questa nuova
corrente è il tedesco Georg Moss (1787-1854) che mise alla base della sua Storia della
Massoneria in Inghilterra, Irlanda e Scozia (1847) il concetto che potevano essere presi in
considerazione solo i dati verificati, rinunciando ad ogni ipotesi fondata
sull'immaginazione.
Non trattiamo qui della reazione degli esponenti della scuola “tradizionale”, rifacentesi in
larga parte all'opera e ai canoni interpretativi di René Guénon. Farlo ci porterebbe fuori dai
limiti di questo lavoro. Ci limitiamo in questa sede a dire che tale reazione ci fu e fu di non
poco interesse.
Premesso quanto sopra, vediamo ora di definire meglio chi fossero e come operassero i
Massoni inglesi del Medioevo.
Un'industria che occupava nei periodi di maggiore attività migliaia di persone. A questo
proposito basta un esempio: nel 1377 il solo cantiere di Beaumaris Castle, il principale
castello del Galles, ritenuto il più importante esempio di architettura militare medievale
britannica, impiegava 400 muratori, 30 fabbri, e carpentieri, 1000 operai non qualificati e
200 carrettieri. Nello stesso anno la popolazione di Londra, non contava più di 35 mila
abitanti, di cui circa un terzo erano maschi in età da lavoro. Dunque, nel 1377, un solo
cantiere, seppure di una costruzione di primario interesse strategico come Beaumaris Castle,
impiegava un numero di lavoratori pari al 14% dell'intera forza lavoro maschile della
capitale del regno.
Un'industria che viveva quasi totalmente sulla costruzione di grandi opere in pietra per
conto della Corona e della Chiesa, considerato che, analogamente a gran parte dell'Europa
medievale, la quasi totalità delle abitazioni private anche nelle città erano in legno.
Un'industria che operava sotto la protezione della Corona e della Chiesa, le sole realtà che
disponevano del denaro e dell'autorità necessarie per progettare e realizzare lavori di tale
entità e durata. Il già citato Beaumaris Castle, iniziato nel 1295 non era ancora pienamente
terminato allo scoppio della guerra civile del XVII secolo.
In questi lavori la Monarchia aveva un vantaggio sulla Chiesa: poteva fissare per legge il
prezzo dei materiali necessari e della forza lavoro, non dipendendo dunque dal mercato e/o
dalla libera contrattazione, e sempre per legge coscrivere e dunque obbligare i lavoratori
(qualificati e no) a impiegarsi nei cantieri reali. Entrambe, Chiesa e Stato, disponevano di un
corpo di funzionari (ecclesiastici e laici) in grado di dirigere per cultura ed esperienza lavori
di tale entità.
La Monarchia regnava in nome (e per conto) di Dio. Da qui la munificenza con cui i sovrani
si dedicavano alle opere pie, con generose donazioni alle fondazioni religiose esistenti, ma
anche facendosi direttamente carico della costruzione di grandi e splendidi edifici (cattedrali
e abbazie), o alla loro manutenzione (anche questo un impegno costante ed oneroso).
Costruire grandi chiese o abbazie era il principale modo, oltre che di guadagnarsi meriti per
l' Aldilà, di ottenere il consenso popolare. E in questo i grandi cantieri delle cattedrali
medievali non erano poi molto diversi dai nostri lavori di pubblica utilità.
In conclusione, un'industria che potremmo con termine attuale definire “di Stato”, pari per
impiego di risorse finanziarie umane solo all'altra grande impresa pubblica medievale,
quella della guerra.
Un'industria che è possibile conoscere nei dettagli grazie a un'imponente mole di materiali
conservati negli archivi pubblici e relativi a oltre 1500 resoconti di cantieri, ai registri delle
cattedrali e di molti altri documenti. Fu proprio il carattere “pubblico” dei lavori effettuati a
determinare questo accumulo di documenti, preziosissimi oggi per gli storici. Le spese
andavano rendicontate con estrema cura, trattandosi di denaro regio. Settimanalmente o
mensilmente su questi registri veniva così annotato il numero e spesso il nome dei lavoratori
impiegati, le loro paghe, i passaggi di qualifica, i carichi di lavoro, il costo degli attrezzi e
dei materiali, le spese di trasporto, ecc. Ne emerge un quadro vivo e dettagliato
dell'organizzazione del lavoro e dei cantieri, anche se ovviamente non mancano punti oscuri
o di incerta interpretazione.
Il fatto che fino al XVI secolo la quasi totalità degli edifici privati e anche pubblici (come i
teatri in cui in epoca elisabettiana Shakespeare rappresentava le sue opere) fossero in legno
(o al più in legno e mattoni), fa si che il numero di massoni qualificati impegnati a tempo
pieno nelle città fosse estremamente ridotto. Soprattutto nei primi secoli dopo l'Anno Mille
la gran parte degli appartenenti all'Arte erano, come i frati e i menestrelli, dei girovaghi,
costantemente in viaggio da un cantiere all'altro alla ricerca, volontaria o obbligata dai
decreti reali, di lavoro.
Esistevano grandi cave, ma la gran parte della produzione proveniva da cave di piccole o
medie dimensioni che richiedevano ridotti capitali d'impianto e che nel caso dei cantieri
religiosi erano spesso di proprietà degli ordini monastici stesse e delle Abbazie.
Il lavoro di estrazione era faticoso e svolto con tecniche ancora rudimentali (solo nel XVII
secolo iniziarono ad essere introdotte pompe ad acqua). Le condizioni in cui si svolgeva
erano insalubri. La silicosi era, come oggi, ma in proporzioni estremamente più vaste e
gravi, la malattia professionale dei cavatori. La carriera professionale dei liberi muratori
iniziava di lì.
L'autorità reale operava per decreti. Quando si doveva aprire un cantiere, il Tesoro reale
impartiva allo sceriffo della contea in cui dovevano svolgersi i lavori dettagliate istruzioni
in merito alla raccolta dei fondi, dei materiali e della manodopera. Lo sceriffo era così
autorizzato a imporre tasse e a reclutare, anche forzatamente, gli operai necessari.
La direzione tecnica dei lavori spettava al “King's Master Mason”, un misto di Architetto-
Ingegnere-Capo cantiere, anch'egli di nomina regia. I suoi compiti tuttavia avevano anche
risvolti amministrativi in quanto egli doveva verificare le competenze tecniche degli operai
assunti, pagare i salari (differenziati per mansioni, capacità e carichi di lavoro), concedere i
passaggi di qualifica (documentati nei registri dagli aumenti di salario. Un uso rimasto nel
lessico della moderna massoneria azzurra che chiama così il passaggio da un grado all'altro).
Sappiamo che questi “Architetti” (il termine è approssimativo, non esistendo oggi un
equivalente preciso di tale figura professionale) provenivano dai ranghi muratori. Per gli
storici lo ritengono un dato certo. Infatti, il nome di alcuni di questi Maestri risulta censito
più volte nei registri dei cantieri, prima accompagnato dalla qualifica di operaio, poi di
assistente ai lavori, infine di Maestro. Si trattava dunque di operai particolarmente
qualificati che avevano servito per un certo periodo come aiutanti di un Maestro,
impratichendosi nella geometria e nel disegno, fino a diventare a loro volta capi cantiere.
Resta ancora oscuro come venissero scelti, come fossero formati teoricamente e se ci fosse
qualche forma di regolamentazione di questi cambiamenti di status professionale. Molto
probabilmente ogni caso era un caso a se. Ma, considerato come il sapere in quest'epoca
fosse quasi esclusivamente patrimonio degli ecclesiastici, si può ipotizzare un ruolo attivo
dei monaci delle abbazie o dei canonici delle cattedrali in tale opera di formazione. E
questo, sia detto per inciso, apre interessanti prospettive in merito ai rapporti delle Arti
muratorie con gli Ordini monastico-guerrieri, Templari e Ospitalieri di San Giovanni in
primis.
“Fu nelle logge annesse alle cattedrali e alle abbazie – scrive Knoop nel suo “The Mediaeval
Mason” - che si accumularono le esperienze e le tecniche che trasformarono rozzi lavoratori
in qualificati costruttori capaci di produrre i più splendidi esempi di abilità artigianale del
Medioevo”.
Prima competenza richiesta, oltre la capacità (indubbiamente rara anche allora) di saper
gestire efficacemente numeri non disprezzabili di uomini di provenienza, formazione e
capacità diverse, era l'abilità nel calcolare con precisione il numero degli operai e la quantità
e il tipo di materiali necessari, al fine di evitare sprechi di risorse e/o nei tempi programmati
di esecuzione dell'opera. Particolare cura veniva posta allo stato delle vie di comunicazione,
alla lontananza dalle cave o dai porti, perché, vista la situazione dell'epoca, i ritardi nei
lavori (o gli aumenti di costo in corso d'opera) dipendevano il più delle volte proprio
dall'inefficienza dei trasporti.
Non molto diversa era l'organizzazione dei lavori nelle costruzioni gestite direttamente dalla
Chiesa. In questo caso l'amministratore era chiamato Custos fabbricae o Custos ecclesiae.
Dai numerosi contratti giunti fino a noi risulta che un Maestro massone veniva ingaggiato
annualmente, ma talvolta anche per più anni e in casi eccezionali a vita. Riceveva uno
stipendio annuale e spesso un alloggio dove vivere con la propria famiglia. Il suo era un
lavoro a tempo pieno , aveva uno o più assistenti che potevano diventare suoi successori.
Poteva sovrintendere contemporaneamente a più cantieri (cosa non infrequente a partire dal
XIV secolo); in tal caso riceveva una indennità di carica annuale aggiunta ad ogni giornata
di lavoro effettivamente prestata nei cantieri. Il suo peso professionale variava secondo
l'importanza dei lavori e il numero degli uomini impiegati in essi. Egli doveva comunque
possedere la capacità di predisporre piani di lavoro. A lui toccava ricercare gli operai,
valutarne le capacità e procedere poi all'assunzione. Solo lui possedeva l'autorità di
licenziare quei lavoratori che si fossero rivelati inadatti. Un'ordinanza del 1345 relativa al
cantiere della cattedrale di York stabilisce con chiarezza che solo al “Master of masons”
spetta il potere di assumere, promuovere o licenziare. Nessun altro può interferire nel lavoro
degli operai.
Considerata la durata, talvolta plurisecolare, dei lavori di costruzione di grandi opere come
cattedrali, ponti e castelli il numero dei lavoratori impiegati poteva variare anche di molto a
causa di guerre, pestilenze, mancanza di risorse finanziarie o scarsità di manodopera
qualificata. I lavori non venivano però mai interrotti, il cantiere restava aperto e gestito
stabilmente da un gruppo relativamente ridotto di operai qualificati che poteva essere
espanso o contratto a seconda delle necessità. Fu questo, ad esempio, il caso dell'Abbazia di
Westminster.
Ma come funzionava un cantiere? La prima cosa da fare, una volta selezionato il sito, era
trovare la fonte di approvvigionamento del materiale, in primo luogo delle pietre e poi del
legname necessario alla costruzione delle impalcature, dei ponteggi e dei rivestimenti.
Considerato il costo elevato dei trasporti, se appena possibile, si aprivano cave nelle
vicinanze. In questo caso gli operai impiegati nella costruzione potevano lavorare
all'estrazione e al taglio delle pietre, anche se di norma le due attività erano separate. La
selezione delle pietre, soprattutto se acquistate altrove, spettava al Master mason che si
recava a visitare la cava (o, se vicina, sovrintendeva anche ai lavori di escavazione). Una
volta scelte, le pietre venivano marcate e trasportate in cantiere dove venivano lavorate
secondo le esigenze della costruzione. Si trattava dunque di veri e propri materiali
semilavorati, pietre squadrate con estrema perizia secondo misure rigorosamente definite,
che venivano poi ulteriormente lavorate o ornate. Poiché il lavoro di estrazione e taglio delle
pietre era costoso, si procedeva spesso al recupero di pietre di seconda mano già utilizzate in
opere precedenti, talvolta anche in modo non proprio legale, tanto da comportare nei casi
più gravi (come a Londra nel 1310 e a York nel 1344 dove erano stati smantellati tratti delle
mura cittadine per portarne via le pietre) l'intervento del potere regio.
Il lavoro era concentrato nei mesi più favorevoli, ridotto e spesso sospeso in inverno. Le
paghe dunque variavano col passare delle stagioni: più alte in estate, più basse in inverno
(da novembre a febbraio). Era vietato lavorare di notte, ma se per cause di forza maggiore
accadeva, erano previste indennità. L'orario andava dal sorgere del sole a mezz'ora prima del
tramonto con una pausa di un'ora per il pranzo, di mezz'ora per dormire e di un'altra
mezz'ora per bere. In tutto, dunque, circa 8 ore e mezzo in inverno e 10 ore e mezzo in
estate.
La maggior parte dei muratori era pagata a giornata e in denaro anche se c'erano talvolta
benefits in natura (alloggio, cibo, birra). Esistevano poi una specie di straordinari, legati al
protrarsi dell'orario per motivi eccezionali, premi di produzione relativi al rispetto o al
miglioramento dei tempi di costruzione oltre che alla qualità della produzione e una sorta di
cottimi legati alla quantità del lavoro svolto. Aspetti salariali che per Knoop testimoniano
della complessità e della modernità di quella organizzazione del lavoro e che ricordano
molto il moderno lavoro in fabbrica. Non mancavano neppure le ferie, cioè il diritto per i
lavoratori di vedersi pagata la giornata anche in mancanza di prestazione d'opera nel caso di
particolari festività religiose o di ricorrenze della corporazione.
Gli operai, provenienti in larga parte da località spesso anche molto lontane dal cantiere,
venivano alloggiati in appositi edifici, chiamati mansiones, domos o anche hospicium
lathomorum. Nelle spese di gestione del cantiere veniva anche conteggiata l'assunzione di
personale addetto alla fornitura dei pasti. Il lavoro di preparazione delle pietre veniva svolto
in locali chiusi chiamati logge (logia).
La loggia era un luogo di lavoro coperto, costruito solitamente in legno, pensato per
proteggere i muratori dalle intemperie. Mediamente una loggia ospitava dai 15 ai 20
lavoratori. In loggia si consumano i pasti durante la giornata e ci si riposava nelle pause
previste dai contratti di lavoro; vi venivano conservati gli attrezzi e i progetti. Nei registri
della Fabbrica di York è conservata una lista degli oggetti presenti in loggia nell'anno 1399:
60 asce di pietra, 1 maglietto grande, 96 ceselli in acciaio, 24 maglietti, 1 compasso, 2
tavole da tracciare, 1 piccola ascia, 1 sega a mano, 1 badile, 1 carriola, 2 secchi, 1 carretto a
4 ruote e 2 più piccoli. Non ci sono squadre, livelle o fili a piombo che si pensa dunque
fossero di proprietà dei singoli.
La loggia era retta da regole che disciplinavano l'operare dei muratori. Assenze ingiustificate
o ritardi sul lavoro venivano punite con trattenute sul salario. Nei casi più gravi si procedeva
al licenziamento immediato del lavoratore che aveva mancato ai suoi doveri.
I primi sono coloro capaci di lavorare un tipo di pietra (la cosiddetta pietra libera)
particolarmente pregiata e versatile, gli altri coloro capaci solo di lavorare grossolanamente
la pietra grezza. Gli studi pioneristici di Knoop e Jones hanno dimostrato che quel termine
“liberi” associato a muratori non deriva, come fino ad allora si era pensato, da un qualche
tipo di franchigia rispetto agli obblighi feudali (tanto è vero che anche i “liberi muratori”
erano, se necessario, comandati al lavoro nei cantieri regi), ma dal tipo di pietra lavorata e
dunque dalla particolare qualità del lavoro che erano in grado di produrre. Tesi confermata
da tutti gli studi apparsi da allora ad oggi.
I liberi muratori erano dunque i membri dell'arte capaci di squadrare perfettamente la pietra,
di lavorarla con maglietto e scalpello a produrre quei meravigliosi capitelli e quelle statue
che ornano i chiostri delle abbazie e le facciate delle cattedrali, come gli ornamenti che
alleggeriscono e slanciano le pareti e le finestre e i rosoni finemente intarsiati in un gioco di
ricami di pietra.
Quanto al Cooke (pubblicato nel 1861 a cura di Matthew Cooke) si tratta di un testo in prosa
di 960 righe, contiene una parte normativa composta di sette articoli e nove punti preceduta
da una narrazione mitica delle origini della Massoneria che servì da canovaccio al pastore
Anderson per le sue costituzioni del 1723.
Arrivati a questo punto, viene spontaneo chiedersi: ma allora che fondamento hanno i
rituali, i miti come quello di Hiram, il carattere iniziatico dell'Istituzione che la rende unica
fra le associazioni dell'Occidente degli ultimi quattro secoli?
Non abbiamo risposte a queste domande, ma ci riconosciamo in quello che ha scritto Jean-
Pierre Schnetzler, uno degli esponenti di quella scuola tradizionale che si rifà all'opera di
Guénon:
“Certo, rituali, insegnamenti simbolici, resoconti di riunioni, ecc, brillano per la loro
assenza. Ma per definizione, l'autentico segreto iniziatico, ovvero la trasformazione
spirituale dell'iniziato, non può essere oggetto di un documento storico. Non si può dunque
concludere altro da questa assenza che la disciplina dell'arcano è stata rispettata. A rigore,
l'assenza di documenti non dimostra altro che l'assenza di documenti. I misteri sono stati
celebrati a Eleusi per duemila anni, ma ciononostante i veri segreti non sono mai stati
divulgati. Anche se i curiosi non sono mai mancati”.
Il periodo compreso fra la seconda metà del '400 e la fine del '600 fu caratterizzato da
profondi cambiamenti economici, culturali e politici. La scoperta dell'America con l'aprirsi
delle rotte atlantiche e la Riforma protestante con la rottura dell'unità religiosa e culturale
dell'Occidente trasformarono il mondo tanto da segnare per convenzione l'inizio di una
nuova fase della storia umana. Lentamente moriva il mondo medievale e nasceva il mondo
moderno. L'Europa ne uscì radicalmente trasformata e l'Inghilterra non fu da meno.
Per quanto attiene all'industria delle costruzioni i mutamenti furono radicali e incisero in
profondità sulla vita stessa dell' Arte muratoria che iniziò un declino destinato ad arrestarsi
solo agli inizi del XVIII secolo con la nascita a Londra della Gran Loggia d'Inghilterra e di
quella Massoneria speculativa destinata a prendere il posto della libera muratoria medievale
e a diffondersi nell'arco di pochi decenni in tutto il mondo, acquisendo così quel carattere di
universalità che da allora la contraddistingue.
La Riforma
La Riforma segnò la fine dell'epoca della costruzione di grandiosi edifici religiosi, la fase
delle cattedrali gotiche e delle grandi abbazie. Con il protestantesimo l'accento si spostò da
una religiosità rivolta verso l'esterno e il fare ad una visione più intima e personale
focalizzata sulla fede. A una religiosità popolare incentrata su riti di massa che richiedevano
grandi spazi si sostituì una pratica “privata” basata fondamentalmente sul rapporto diretto
del singolo con il mistero del divino. Il rito fu ridotto all'essenziale, sparì il culto dei santi, la
credenza nel Purgatorio, le processioni. Gli ordini religiosi furono spazzati via, le Abbazie e
i conventi demoliti.
La Chiesa che, assieme alla Monarchia, era stato il princiale committente dell'industria delle
costruzioni sparì quasi totalmente dalla scena. Quanto alla Corona, essa riorientò le sue
priorità. Occorreva sfruttare le enormi potenzialità offerte dalle nuove rotte e dai nuovi
continenti. La grandezza dell'Inghilterra non sarebbe più stata simboleggiata dai suoi castelli
e dalle sue cattedrali, ma dalle sue navi e dai suoi porti. La monarchia abbandonò la
costruzione di edifici religiosi e si dedicò a finanziare la costruzione di cantieri navali e porti
e di una rete stradale adeguata a far circolare le merci in partenza o in arrivo. Il
rafforzamento dell'identità nazionale diventò fattore centrale della costruzione del consenso
e dell'egemonia, al posto delle opere di religione. La monarchia si affrancava dalla Chiesa.
Iniziò un processo di forte differenziazione sociale all'interno del Mestiere, solo una
minoranza ristretta avendo il capitale necessario per mettersi in proprio. Il ruolo di Maestro
non fu più dovuto solo al merito acquisito in una vita di perfezionamento professionale, ma
sempre più legato alla disponibilità di capitale e dunque il ruolo tese a farsi ereditario. Le
nozioni tecniche ( i segreti dell'Arte) furono ancora più gelosamente custoditi che nel
passato e trasmessi ad una platea sempre più ristretta di aspiranti.
Un periodo caratterizzato da una forte crescita dei prezzi, conseguenza diretta dell'arrivo
dall'America di grandi quantità d'argento e d'oro. Un processo inflattivo comportante la
riduzione del potere d'acquisto dei salari e dunque il peggioramento delle condizioni di vita
dei lavoratori e delle loro famiglie.
Dunque nel corso del XVI secolo mentre i salari raddoppiano i prezzi quasi quintuplicano
con il risultato che a parità di lavoro il salario giornaliero reale in termini di potere
d'acquisto di beni di prima necessità di un muratore (mason) inglese dell'inizio del '600 era
pari a circa la metà di quanto guadagnato un secolo prima. Una tendenza al ribasso che
proseguirà per tutto il XVII secolo e poi nel Settecento.
In questo contesto il Master mason, figura centrale nella industria medievale delle
costruzioni, nel XVI secolo perde rapidamente di importanza. Eppure l'arte di costruire si
raffina. I progetti e i disegni delle costruzioni scarsissimi fino ad allora si moltiplicano, ma
non sono più opera dei maestri massoni, ma di una nuova figura, estranea all'Arte che
prefigura quelle dell'ingegnere e dell'architetto moderno.
Fu un periodo anche di profondo fermento intellettuale. Sono i secoli in cui di fatto nasce la
scienza moderna. Centrale nei dibattiti è il tema della religione, della coesistenza pacifica di
fedi diverse. L'Europa e l'Inghilterra non hanno ancora superato il trauma della Riforma.
Nel 1627 appare la Nuova Atlantide, opera postuma di Francesco Bacone (1561-1626) in
cui viene esaltato l'ideale di una società utopica, guidata da una Collegio di illuminati (che
fra loro si chiamano fratelli) definita la “Casa di Salomone o Collegio delle Opere dei sei
giorni”, capace di vivere come un grande laboratorio scientifico dedito alla ricerca delle
leggi della natura per poterle poi usare al fine del progresso e del benessere universale
superando le divisioni sociali, politiche e religiose che insanguinavano l'Europa e presto
anche l'Inghilterra.
Biblioteche intere sono state dedicate ai possibili, per alcuni studiosi indiscutibili per altri
del tutto fantastici, rapporti fra Massoneria e Rosa Croce. Per molti fu proprio l'ingresso
nelle Logge dei membri di questo “Collegio invisibile” a determinare il passaggio dalla
massoneria operativa a quella speculativa. La questione è aperta e non possiamo
occuparcene qui. Resta il fatto, singolare, della poesia “Muses Threnodie” di un certo Henry
Adamson, pubblicata a Edimburgo nel 1638. Il poemetto è letterariamente insignificante ma
contiene due versi che hanno fatto scorrere fiumi di inchiostro e che recitano:
La critica storica più recente tende ad escludere una filiazione diretta della Massoneria dai
Rosa Croce, qualunque cosa essi realmente fossero (e anche su questo il dibattito è
apertissimo), mentre è concorde nel ritenere che gran parte delle idee e dei valori che
sostanzieranno a partire dal 1717 l'Istituzione libero-muratoria abbiano la loro origine
proprio in questi fermenti e aspirazioni ad un futuro più civile e giusto, capace di andare
oltre la barbarie delle guerre di religione e di definire le linee portanti di un progetto di
società incentrato sui pilastri della tolleranza e della fratellanza.
Un secolo di sangue che sta alla base della lucida riflessione di John Locke (1632-1704) e
dei suoi scritti, ancora oggi attualissimi, sulla tolleranza. Idee riprese nel 1717 dai padri
fondatori della Gran Loggia d'Inghilterra in modo tanto convinto da far ipotizzare
l'appartenenza del filosofo alla Massoneria. Una tesi fortemente dibattuta agli inizi del
secolo scorso, ma oggi abbandonata.
I “Massoni Accettati”
Ma come avviene in concreto la fusione di queste nuove idee con la vecchia Arte muratoria
ormai in pieno declino? Qui la storia si fa complessa anche per la scarsità e talvolta
l'oscurità dei dati disponibili. Di certo sappiamo che nel corso del Seicento diventa sempre
più grande il numero dei Massoni cosiddetti “Accettati”, di quei fratelli, cioè, ricevuti nella
Corporazione anche in mancanza delle caratteristiche professionali richieste dagli statuti.
Mentre cala il numero delle Logge e diminuisce a causa dei processi economici e sociali già
evidenziati il numero degli “Operativi”, entrano nella Craft esponenti della borghesia e
della nobiltà, militari, scienziati, artisti e letterati. In una parola, il meglio della società
inglese di allora.
Ad essere precisi non si tratta in sé di una novità. Già nel Medioevo non era infrequente la
presenza di non operativi nella corporazione. Membri del clero ne fecero parte come
cappellani a causa del carattere religioso delle associazioni di mestiere che operavano anche
come confraternite. Dalle Costituzioni Gotiche (come vengono chiamati gli statuti medievali
rimasti) veniamo poi a sapere che in particolari occasioni alle riunioni dei Maestri
costruttori partecipavano anche rappresentanze delle autorità civili. In entrambi i casi però
non si trattava di una vera ammissione e gli esterni non venivano messi a parte dei segreti
dell'Arte.
Ora, invece, si tratta di un'ammissione piena, anche se, soprattutto nei primi decenni, i nuovi
ammessi restano a parte della vita della corporazione e questo proprio per il loro essere non
operativi e dunque non coinvolti nella gestione quotidiana delle attività.
La prima accettazione di un non operativo di cui resti documentazione risale all'anno 1600,
quando un nobile scozzese, Sir John Boswell di Auchinlech fu ricevuto presso la loggia
Mary's Chapel di Edinburgo. Ma è a partire dal secondo decennio del secolo che il
fenomeno prende dimensioni così consistenti da sorprendere anche i contemporanei. Farsi
Massoni diventa nelle classi elevate una vera e propria moda, come annota il Dottor Robert
Plot nel suo libro sulla storia dello Staffordshire pubblicato nel 1686: “Tutte le persone di
più alto rango amavano farsi membri di questa associazione ormai sparsa in tutta
l'Inghilterra, essendo ormai di moda farsi iniziare”.
Un'ulteriore conferma dell'ampiezza di questo fenomeno ci viene dai Libri contabili della
Compagnia dei Muratori della Città di Londra. Da tali libri risulta che negli anni 1620 e
1621, alcune persone (e dunque non casi eccezionali), registrate come Accepted Masons,
hanno versato somme per la loro Acceptance (accettazione) nelle casse della Compagnia. I
dati non sono del tutto chiari, ma sembrano indicare che la quota di partecipazione fosse
doppia per i Massoni non di mestiere.
Fra i primi non operativi “accettati” nella Massoneria spicca la figura di Elias Ashmole
(1617-1692), uno dei maggiori scienziati del XVII secolo, ma anche studioso di arti occulte,
di magia, di alchimia e di astrologia, ricevuto il 16 ottobre 1646 nella Loggia di Warrington
nel Lancashire e ritenuto da molti studiosi un membro influente della società rosacruciana.
A differenza della Scozia, dove i non operativi entrano a pieno titolo nelle Logge esistenti,
in Inghilterra non sembra che i nuovi ammessi abbiano fatto realmente parte di logge
operative. Essi diventano quello che oggi diremmo dei membri onorari, partecipano ai lavori
di logge occasionali in occasione di nuove accettazioni o a strutture semipermanenti
consistenti principalmente di non operativi. Secondo Knoop e Jones sia queste Logge
occasionali che quelle semipermanenti sembrerebbero essere state organizzate proprio allo
scopo di ammettere Massoni Accettati.
Samuel Prichard nel suo libro Masonry Dissected – opera fortunatissima pubblicata a
Londra nel 1730 e di cui uscirono ben venti ristampe e traduzioni in tedesco nel 1736 e in
francese nel 1737 - li definisce “Gentleman Masons”, un appellativo che ricorda molto da
vicino i Gentleman Architects di due secoli prima. E in effetti l'ambiente sociale da cui
provenivano era lo stesso e simile era il modo di vivere e la concezione del mondo.
Nel corso del secolo il numero degli Accettati aumentò costantemente, mentre
parallelamente diminuiva quello degli autentici maestri d'opera. Per sopravvivere le logge si
aprirono sempre più agli Accettati. Ne è dimostrazione la decisione assunta nel 1703 dalla
Loggia Saint Paul che mostra quanto la Massoneria si fosse ormai trasformata: “I privilegi
della Massoneria non saranno ormai più riservati solamente agli operai costruttori, ma,
dato che questo avveniva già, saranno estesi a tutte le persone che vorranno prendervi
parte, ammesso che siano debitamente presentate, che la loro ammissione sia autorizzata e
che esse siano iniziate in maniera regolare”.
Non esiste a tutt'oggi una spiegazione esaustiva del fenomeno. Resta difficile capire perchè
tanti personaggi influenti raggiungessero le Logge. I documenti esistenti ricordano la data
dell'ingresso nella Craft e (anche se non sempre) il nome dei nuovi membri, ma non
riportano le ragioni dell'adesione. In effetti queste possono essere state molte e moto diverse
fra loro , come peraltro ancora accade oggi.
Prima di tutto la curiosità. Molti aderivano alla ricerca di un sapere segreto. Molti,
considerando autentiche le storie mitiche dell'Arte premesse agli Statuti Gotici, pensavano
di trovare nella Massoneria i segreti degli antichi misteri egiziani, ebraici, greci, romani e
druidici. E non si trattava certo di ingenui o di sognatori. Il dottor William Stuckeley (1687-
1765), ecclesiastico anglicano, precursore della moderna archeologia e biografo di Newton,
dichiarò nella sua autobiografia che proprio la curiosità lo aveva indotto a farsi iniziare ai
misteri della Massoneria , pensando che questi fossero ciò che restava dei misteri
dell'antichità.
Un'altra attrattiva può essere stato il fascino del simbolismo e dei riti , anche se nulla si
conosce sui lavori delle logge operative e molti studiosi ritengano che il simbolismo,
almeno quello dei riti ancora oggi praticati, sia stato introdotto solo a partire dal XVII
secolo e proprio dagli Accettati.
Di certo riti e simboli, rigorosamente celati ai profani, esistevano e lo ricaviamo proprio dai
cenni che ne danno nelle loro opere Robert Plot (a cui abbiamo già accennato) e John
Aubrey (1626-1697) scrittore, antiquario e filosofo.
Il resoconto presente nel libro di Plot, Naural History of Staffordshire (1686), sebbene
scritto da un osservatore che sembra non essere stato massone, è il più accurato che fra tutti
quelli rimasti. Secondo Plot l'uso di ammettere uomini nella “Società dei Liberi Muratori”
si era diffuso in tutta l'inghilterra, ma sopratutto nello Staffordshire. Egli riferisce di un
grosso volume che contiene storia e regole della Massoneria. “Quando uno è ammesso
nella Società – scrive - si tiene una riunione chiamata loggia a cui debbono partecipare
almeno 5 o 6 degli anziani dell'ordine. L'ammissione principalmente consiste nella
comunicazione di certi segni segreti che permettono di riconoscersi fra di loro”.
Questo resoconto è rafforzato da un passo della Storia naturale dello Wiltshire di John
Aubrey, un'opera composta nel 1686, ma pubblicata solo nel 1847. Annota Aubrey: “Essi si
riconoscono fra di loro per certi segni e parole. Essi hanno diverse logge nel paese per le
loro riunioni. E se uno di loro cade in disgrazia, la Fratellanza si adopera a sostenerlo. Il
modo della loro adozione è molto formale e coperto di segretezza”.
Segretezza che alimentava però anche i sospetti e le calunnie, tanto che già nel 1698 appare
a Londra un opuscolo che mette in guardia contro i pericoli per la società e per lo Stato
rappresentati dalla Massoneria.
Questo ultimo dato ci permette anche considerazioni di altro genere. Con gli Accettati
entrano anche nella Massoneria, fino ad allora fedelissima alla Chiesa e alla Corona, le lotte
e gli intrighi della politica. Come abbiamo visto, l'Inghilterra del XVII secolo è travagliata
dall'aspra contesa fra sovrano e Parlamento prima e successivamente fra gli Stuart cattolici e
gli Orange protestanti. Una contesa che ora inizia a toccare anche le logge, grazie anche al
fatto della mancanza di un'autorità centrale dotata di poteri normativi e di controllo.
Secondo un'attendibile ricostruzione la creazione agli inizi del secolo XVIII di una Gran
Loggia di Inghilterra composta solo di logge non operative ( o “speculative”, come
verranno chiamate con termine più tardo) risponde proprio alla necessità di porre fine a
questo stato di cose e di strappare il controllo delle logge agli stuardisti, edificando una
massoneria protestante e fedele alla Corona. Rendeva possibile tale impresa l'esistenza in
Londra di una serie di logge ormai composte solo di non operativi. Furono quattro di queste
logge, qualcuno sostiene erette ad hoc per l'occasione, che si fusero il 24 giugno 1717, festa
di san Giovanni, per dare vita alla Gran Loggia di Inghilterra.
Conclusioni
Bibliografia essenziale
Vittoria Feola, Origini e sviluppi della Massoneria in età moderna, Bastogi, 1999
Margaret C. Jacob, I newtoniani e la rivoluzione inglese, Feltrinelli, 1980
Douglas Knoop-G.P. Jones, The Genesis of Freemasonry, Q.C. Correspondence Circle, 1978
Douglas Knoop-G.P. Jones, The Mediaeval Mason
http://socserv.mcmaster.ca/econ/ugcm/3ll3/knoop/MediaevalMason.pdf
Paul Naudon, Le origini della Massoneria, Atanòr, 2008
Luigi Sessa, La Massoneria. L'antico mistero delle origini, Bastogi, 1997
David Stevenson, The Origins of Free-Masonry. Scotland Century 1590-1710, Cambridge
University Press, 1998
Francis A. Yates, L'illuminismo dei Rosa Croce, Einaudi, 1976