Diritto Del Lavoro
Diritto Del Lavoro
Diritto Del Lavoro
DIRITTO DEL
LAVORO
Prof. RICCARDO SALOMONE
2022-2023
1 LEZIONE- 27/09/2022
Modalità d’esame:
Frequentanti fino a settembre dell’anno prossimo (2023)
Il corso è in due parti:
1 BLOCCO: da oggi- fine mese ottobre
2 BLOCCO: inizio mese novembre- inizio dicembre (con annessi seminari)
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DIRITTO DEL LAVORO
Questi due aspetti riguardano l’articolazione del nostro corso. Nella prima fase, guarderemo il diritto
del lavoro secondo una prospettiva più collettiva. Nel secondo blocco, guarderemo lo stesso
fenomeno più in una prospettiva singolare
Analizzandolo sotto una prospettiva più interna, il c.d. taylor fordista”, è il modello con cui è iniziato il
diritto del lavoro, nella misura in cui da questo momento in poi è iniziato a cambiare il sistema del
lavoro.
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DIRITTO DEL LAVORO
Il lavoro è rischioso. Quando guardiamo questo ramo del diritto, dobbiamo tenere sempre questa
consapevolezza.
Il lavoro presuppone la persona, ma il diritto del lavoro si correla all’impresa e al profitto. L’idea di
base è quella del plus valore: le persone vengono pagate per il lavoro che fanno, ma l’azienda
guadagna molto di più.
Il diritto del lavoro è la commistione di più valori: persona- profitto-impresa. Qualche volta nella
storia, ciò ha causato conflitto. Ad esempio, il primo sindacato nel settore meccanico degli USA è lo
UAW, dove i lavoratori aspiravano a più soldi e più diritti. Infatti il problema del diritto del lavoro è
soprattutto quello dei soldi ed è di queste situazioni di cui tale diritto si occupa.
La regolamentazione del lavoro, porta ad una serie di aspetti legati alle caratteristiche dei soggetti.
Una delle questioni più recenti, riguarda proprio i più giovani rispetto alle persone più anziane
(stipendio, tasso di disoccupazione …).
Dunque il problema del lavoro nel tempo e nella storia assume connotazioni differenti a seconda delle
caratteristiche delle persone e della loro collocazione nella società nel corso della storia. Nel lavoro
queste differenze emergono con molta forza.
C’è una parte del diritto del lavoro che però attiene anche all’altra parte della medaglia:
gli imprenditori, il lavoro autonomo, capacità di creare lavoro.
Oppure ancora, c’è la dimensione della piccola impresa: questa è un’impresa che allo stesso tempo
si basa sull’idea personale. Spesso, nel nostro paese, sono costituite da una sola persona cioè
l’imprenditore che è l’unico a lavorarci dentro. Dunque nei fatti fanno sia da imprenditore che da
lavoratore.
Non possiamo negarci che il mondo è in continuo sviluppo: bisogna ricordare le persone che lavorano
per i servizi digitali e informatici. Relativamente a questi come devono essere le regole? Le stesse?
Bisogna ricordare poi le c.d. catene globali del lavoro. Si tratta di legami essenzialmente economici
che passano per luoghi differenti del mondo, collegandoli (ex: porti).
Da questo capiamo come il diritto del lavoro oltre a studiare il diritto nazionale, deve saperlo collocare
nell’ambito di processi che sono globali (produzione cinese e il legame con l’Europa).
2 LEZIONE- 28/09/2022
Come anticipato ieri, il diritto del lavoro è una materia conflittuale, che può creare contrapposizioni a
differenza di altre più univoche. Non a caso è proprio il compito del diritto quello di trovare un punto
di equilibrio.
Del diritto del lavoro, esiste una dimensione collettiva e una individuale: due modi di vedere la stessa
vicenda storica:
Modo collettivo: più interessato alle persone come insieme
Modo individuale: volto ad analizzare la relazione che si installa tra chi lavora e chi da lavoro.
Si tratta di una relazione che nel nostro ordinamento assume la forma di contratto, dunque
una relazione negoziale.
Possiamo prendere come punto di partenza la Costituzione nell'ottica del diritto del lavoro.
La nostra costituzione, oltre ad avere vari titoli, ha in partenza dei principi fondamentali, ovvero cose
considerate più significative di altre.
COSTITUZIONE
Pochi ordinamenti giuridici hanno questa formula. Cosa significa che esiste un fondamento e che
questo fondamento è proprio sul lavoro?
Il lavoro è il fondamento della Repubblica e in qualche modo da senso a tutta la parte che comincia
con l'art.1 ed è contenuta nei principi generali. Se si leggono questi principi nell'ottica del diritto del
lavoro, molte delle formule utilizzate sono piegate in senso giuslavoristico.
Art. 3 → "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese."
Art. 4 → "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o
una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società."
Comma 1
è molto impegnativa questa affermazione. Dentro questa formulazione possiamo leggere per un verso
l'idea che tutti debbano lavorare, debbano essere messi nella condizione di lavorare. Ciò tuttavia non
è mai avvenuto: una certa percentuale di disoccupazione è fisiologica.
Quella norma potrebbe anche significare mettere tutte le persone in condizioni di lavorare, costruendo
un sistema di formazione stabile e strutturato. In quest'ottica non significa che lo stato deve
costringere ed imporre, assumere direttamente le persone: se il mercato non funziona, lo stato non
può fare altro.
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DIRITTO DEL LAVORO
Un'altra lettura sostiene che se il mercato non funziona, lo stato deve costruire delle regole e dei
congegni che siano di fato suppletive del lavoro che non c'è. Nella lettura più estrema, si porta a
costituire un reddito di base universale per tutti. È una struttura che consente di lavorare se il mercato
funziona e di essere protetti se il mercato non funziona. Impone certamente un onere significativo in
termini di risorse economiche.
Il nostro paese conosce degli istituti che sono qualcosa di ibrido tra il lavoro vero e l'assistenza
economica: una delle forme più note è quella dei lavori socialmente utili (LSU), sono un modello nel
quale le persone non vengono assunte direttamente, c'è l'erogazione di una somma in cambio del
fatto che queste persone vengano fatte lavorare in progetti di utilità collettiva (supporto in alcune
attività di musei, strade etc).
Dov'è il confine?
Comma 2:
tu hai un diritto (1° comma) ma hai anche un dovere (2° comma). Essendo cittadino, devi fare
qualcosa, devi fare un'attività che concorra al progresso della società.
La seconda parte dell'art.4 è più complicata della prima, perché significa che non c'è spazio per chi
non vuole lavorare, per chi è inattivo. Il mondo è invece composto da un sacco di persone che non
lavorano e che non hanno la spinta a lavorare. C'è un fenomeno molto complesso da indagare anche
in termini numerici, quello dei neet (15-24 anni), ovvero persone molto giovani che né lavorano, né
studiano né si formano. Raccoglie tutti quei casi di giovani che rimangono inattivi. Nei paesi del Nord
Europa, dove esiste questo tipo di problemi, ci sono degli operatori che vanno a prendere queste
persone. Su queste situazioni il diritto non può far niente, può aiutare, creare un sistema ma alla fine
non è una questione giuridica, non attiene direttamente alle norme.
È come se fosse un'espansione dell'art.1. Tutela il potenziale umano, ovvero quella serie di
competenze che l'essere umano si porta dietro. Uno dei compiti della repubblica è non solo dare
lavoro, ma anche tutelare la formazione. Si nota nel nostro tempo quanto sia importante formare le
persone per tutto il resto della vita, perché ci sono competenze che tra 10 anni non serviranno più,
cambiano le modalità di relazione fra le persone e le persone che lavorano. Il tema della formazione è
quindi un tema centrale, perché permette alle persone di mantenere una loro base ma di apprendere
anche cose nuove durante tutta la loro vita lavorativa, non solo prima di iniziare a lavorare ma anche
durante.
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DIRITTO DEL LAVORO
Gli artt. 36-37-38 sono norme che hanno una forte carica non solo di principio, ma anche di
dettaglio, entrano nella relazione di lavoro in modo pesante: è questa la connotazione sociale del
nostro ordinamento.
Art. 36
"Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni
caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi."
Comma 3 → la Costituzione è preoccupata non solo del lavoro, ma anche del non lavoro, del riposo,
è preoccupata del benessere delle persone che lavorano, è una dimensione esistenziale. Un principio
come quello fissato nel terzo comma dice qualcosa sul programma costituzionale teso a garantire e
tutelare le persone in quanto persone che lavorano.
C'è un'imposizione dall'esterno di un obbligo in capo ad una parte: il lavoratore ha diritto a ferie
annuali retribuite. È una limitazione alla libertà negoziale.
Comma 2 → l'orario di lavoro è stabilito dalla legge, la quantità di lavoro al giorno è infatti un
problema di benessere. Questo principio che stabilisce la riserva di legge per la durata del lavoro è un
principio in tutela ad una tendenza storica del capitale, ovvero sfruttare il lavoro per realizzare
maggiore profitto.
Comma 1 → è un comma molto denso in termini di principi espressi. È un principio deflagrante
rispetto alla concezione di matrice liberale, rispetto a un modello che il codice civile ha, questa norma
rompe quello schema.
La retribuzione serve ad assicurare l'esistenza: è l'unica norma della Costituzione in cui viene citata
l'esistenza, la dimensione esistenziale (concetto poco giuridico).
Il lavoro non è una merce, non si compra e non si vende: questa è la base di ciò che emerge ad un
certo punto nella storia, la costituzione dell'OIL ha questo come principio di fondo, anche se noi
parliamo di "mercato del lavoro" perché c'è chi lo cerca e chi lo offre.
Soprattutto in una fase tecnologica come quella in cui viviamo, ci sono molte imprese che cercano
persone, ma queste non sono adatte ai loro bisogni a livello di professionalità e attitudine o desiderio
di lavorare: es. ho tanti laureati in lettere e tanti posti per avvocato.
Bisogna capire quanto questo è legato ad un certo modo di vedere il lavoro: il lavoro non è una
merce, questo lo dice la Costituzione. Ciò che è il prezzo del lavoro è la retribuzione. La retribuzione
serve all'esistenza. L'esistenza è qualificata dagli ultimi due elementi di questo primo comma come
libera e dignitosa; i due profili stanno insieme, la libertà ex art.3 Cost. e la dignità, elemento di
socialità.
Retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro → questo pezzo di principio
costituzionale entra nel rapporto obbligatorio, non si può scambiare il lavoro a qualsiasi prezzo, il
rapporto tra lavoro e retribuzione deve essere proporzionato per qualità e quantità. Quindi si da
un'indicazione molto forte alle parti contraenti.
La retribuzione serve ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa → se il rapporto
è obbligatorio, di scambio, i terzi non sono coinvolti. L'accordo negoziale presuppone due parti o più
parti, ma è comunque sempre bilaterale, il contratto obbliga le parti, non coinvolge terzi. La
Costituzione dice invece che la retribuzione serve alla persona che lavora e alla sua famiglia, cioè
allarga lo scambio: emerge ancora una volta la concezione sociale alla base del compromesso
costituzionale. Chi lavora, lavora per sé e per le persone che colorano la sua esistenza. Lavorare ed
essere pagati non si esaurisce nello scambio individuale ma si proietta in modo più ampio.
Art. 37
"La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al
lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il
diritto alla parità di retribuzione."
È una norma che sposta il focus su due soggetti diversi dal lavoratore maschile: donne e bambini.
Comma 1 → è una norma di principio, stabilisce l'idea della parità di mansioni, di lavoro, ma è anche
una norma che entra nella dimensione di socialità: "le condizioni devono essere tali da assicurare alla
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DIRITTO DEL LAVORO
madre e al bambino una speciale adeguata protezione ". Si capisce come la tutela della Costituzione
sia proiettata ad un terzo soggetto che non è parte della dimensione lavorativa, ovvero il bambino: le
regole del lavoro proteggono la donna anche in relazione al suo essere madre. Pertanto nascono tutte
le norme successive che proteggono i momenti della maternità: non solo il momento in cui il lavoro è
sospeso, ma proteggono anche una fase più o meno ampia, ovvero prima del parto e dopo il parto
con particolari garanzie (permessi etc), che sospendono il rapporto lavorativo rispetto alla sua
fisiologica evoluzione, proteggendo la persona che non lavora ma cura un altro interesse meritevole di
protezione. Come per altre norme, vi è
poi uno scollamento tra il principio ex art.37 e la realtà: esistono infatti molti casi di dimissioni forzate,
ovvero imprese che costringono le lavoratrici alle dimissioni in coincidenza con la nascita di un
bambino, perché è chiaro che una persona che è proiettata alla cura di un figlio forse ha qualche
giorno in cui non riesce ad essere così reattiva come una persona che non ha quel pensiero, non
riesce a seguire l'iter ordinario del lavoro. È chiaro che la Costituzione ha qui una visione un po'
passata: immagina che ci sia l'uomo che lavora e la donna che sì lavora, ma assolve alla sua funzione
animale. Il mondo di oggi proietta una dimensione più ampia, di obblighi reciproci: da un po' di tempo
esiste la stessa protezione per il padre che si sostituisce alla madre o la supporta nella cura del
bambino.
Il secondo e terzo comma riguardano il lavoro dei minori. È un tema molto delicato, perché il lavoro
minorile è tematica molto scivolosa che all'origine del processo di accumulazione capitalista aveva
una diffusione amplissima, moltissimi minori lavoravano di lavori durissimi. Oggi è una percentuale
molto bassa, però resta un problema di integrità fisica e psichica e si pone in relazione al problema
dell'istruzione.
Tuttavia, spesso il lavoro è un modo per togliere i minori da situazioni molto drastiche.
Art. 38
"Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento
e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in
caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera."
È la norma che protegge, a livello di principio, l'idea della debolezza, dello svantaggio, protegge
quindi persone in condizioni di debolezza lavorativa, legata al lavoro.
Comma 1 → è una norma che non riguarda direttamente il lavoro, ma è costruita in relazione al
lavoro. Chi è inabile al lavoro e non ha i mezzi per vivere (coerenza con l'art.1 e 4) deve essere
mantenuto. Questa è la dimensione sociale della Costituzione, riguarda la preoccupazione dello stato
democratico per le persone che non possono mantenersi con il proprio lavoro. Qui il primo comma
spiega tutta la dimensione dell'assistenza pubblica che lo stato e la sua organizzazione (regioni,
comuni) svolge sul territorio.
La formula utilizzata dall'art.38 è inabili, non si fa un ragionamento di non aver voglia o di non trovare
occasioni, ma si fa un ragionamento in riferimento alla dimensione soggettiva.
Comma 2 → si proietta in modo più netto sul lavoro. Guarda alle persone che lavorano: se tu per
qualche ragione estemporanea non puoi lavorare, se questa ragione non dipende da te ma da un fatto
esterno, allora lo stato deve aiutarti. Anche questa è una visione tipicamente sociale.
Sono situazioni che riguardano:
- Infortunio: per infortunio la Costituzione intende infortunio sul lavoro, il lavoro è protetto
proprio perché è un bene esistenziale nella sua dimensione di rischio che ha. Da qui nasce
tutto il sistema della protezione dagli infortuni, in particolare un sistema chiamato in Italia
INAIL, ovvero un istituto nazionale che protegge e assicura i rischi sul lavoro. Non è quindi
direttamente l'impresa o il datore di lavoro che paga, ma è un meccanismo assicurativo
governato dallo stato. Pertanto, il sistema di lavoro non è solo basato su una relazione
negoziale lavoro - retribuzione, ma nei casi di infortunio viene compensato da strumenti di
indennità per lo più costruiti da un intervento pubblico.
- Malattia → è un po' la stessa cosa dell'infortunio, ma è trattata giuridicamente diversamente.
La malattia è lo stato patologico a cui tutti bene o male siamo soggetti. È quindi una
situazione che ha bisogno di protezione, ha un effetto rilevante sulla retribuzione ma anche
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DIRITTO DEL LAVORO
per l'impresa è un problema. L'art.38 prevede una forma di tutela per la malattia che
normalmente è retribuita attraverso un sistema governato da contratti collettivi.
Il periodo di comporto è il periodo di congelamento massimo di un rapporto di lavoro: quando
sono malato io conservo il mio posto di lavoro a meno che la mia malattia non duri 20 mesi.
Nei 20 mesi io mantengo il mio posto di lavoro, se passano più di 20 mesi il datore di lavoro
può recedere dal rapporto.
- Invalidità e vecchiaia → sono altre ipotesi, simili a quelle della malattia, ma l'una non
prevedibile (l'invalidità) e l'altra prevedibile e inevitabile (vecchiaia). L'invalidità e la vecchiaia
sono ciò che ha dato vita concretamente al nostro sistema pensionistico: lo Stato attraverso
un sistema chiamato INPS paga le persone che non lavorano più, ma che hanno lavorato o le
persone invalide attraverso un meccanismo che oggi raccoglie soldi dalle persone che
lavorano per pagare le persone che sono in pensione (cd. contributi previdenziali). Quindi il
lavoro serve anche a sostenere le persone che non lavorano più.
- Disoccupazione involontaria → è la situazione nella quale si trova chi, pur volendo lavorare,
non riesce ad ottenere il lavoro, perché il lavoro non c'è.
Come è stata tutelata la disoccupazione involontaria nel nostro paese? Con varie regole che si
sono evolute nel tempo. Oggi il sistema è generale, cioè guarda tutte le persone disoccupate,
in passato il sistema era molto diviso per settori produttivi, cioè esistevano delle forme di
sostegno della disoccupazione involontaria divisi per categorie (es. edili - cassa edile). Oggi
esiste un unico istituto che si chiama NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego).
Questo sistema è fatto in modo che chi perde il lavoro o non lo trova, nel momento in cui si
dichiara disponibile a lavorare, può ricevere questa erogazione economica. Questo sussidio
presuppone il lavoro, cioè viene erogato solo a chi ha lavorato prima, è anche questo un
sistema costruito sulla contribuzione, ovvero sui soldi che ho pagato mentre lavoravo. È cosa
diversa dal sistema che si fonda sull'idea di un reddito di base, di un reddito di cittadinanza:
in questo sistema invece l'erogazione economica non è legata all'aver lavorato.
Il diritto del lavoro nasce dal basso, come reazione alla rivoluzione industriale, al modo di creare-
sviluppare le imprese che nei regni dell’UK, USA, caratterizzano una fase dello sviluppo economico.
I sindacati non sono altro che unioni/coalizione/gruppo/collettività di persone che decidono di
mettersi assieme per tutelare i propri interessi legati al lavoro, senza una struttura giuridica alla base.
Progressivamente assumerà una struttura giuridica, ma non è un elemento necessario.
Ovviamente per avere condizioni migliori, l’arma che si inventano è lo sciopero. Qualcuno aveva
pensato idee differenti, come la distruzione delle macchine.
Il movimento sindacale nasce in Europa, in alcuni casi prima dei partiti politici, come in UK. In Italia
avviene diversamente: prima nascono i partiti, poi vennero i grandi sindacati. Se i partiti politici
variano nel corso della storia, i sindacati sono radicati nel tempo: CGL, CISL, UIL, i tre più grandi
sindacati attuali hanno le stesse caratteristiche delle origini.
Questo pezzo è il modo in cui le organizzazioni collettive delle persone che lavorano (=sindacati), si
proiettano nella sfera economica, nelle relazioni su scala locale come globale, nella politica… . Il
diritto sindacale, la dinamica di questi attori è più o meno nazionale e globale e le risposte ovviamente
dell’ordinamento sono diverse caso a caso
Diritto sindacale: pezzo di ordinamento giuridico che riguarda la dimensione collettiva dei rapporti di
lavoro.
Analizziamo oggi le disposizioni artt 39 e 40: ATTORI COLLETTIVI, cioè diritto del lavoro nella sua
dimensione collettiva.
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DIRITTO DEL LAVORO
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o
centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a
base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione
dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti
alle categorie alle quali il contratto si riferisce."
Analisi art.39
L'art.39 è chiaramente separabile in due:
Primo comma
Commi 2-3-4: sono inattuati, non sono mai stati applicati.
Gli altri tre commi sono conseguenza del primo e sono due prospettive che possono tenersi distinte.
Il primo principio ha trovato notevole applicazione pratica ed è alla base di ragionamenti sia in termini
di norme che di giurisprudenza.
I commi 2,3,4 non hanno mai trovato applicazione, sono inattuati perché nessuno ha mai voluto
attuarli, nessuno degli interpreti, nemmeno i sindacati hanno voluto attuare questa parte di
Costituzione.
Il secondo comma stabilisce una riserva di legge: ci sarebbe dovuta essere una legge che avrebbe
dovuto avere come obiettivo quello di registrare i sindacati presso uffici locali e nazionali. C'è una
formulazione negativa "non può essere imposto altro obbligo se non " utile a tracciare una linea tra ciò
che c'era stato prima e ciò che ci sarebbe dovuto essere dopo, da un sistema di controllo penetrante
sui sindacati che andava ben oltre la registrazione, che controllava le persone, i contenuti e le finalità
dei sindacati ad un sistema che chiede solo la registrazione, utile a tenere traccia dei sindacati.
C'era appunto una legge degli anni '20 che diceva che i sindacalisti dovevano essere persone dalla
"provata fede pubblica" e che il sindacato dovesse avere "un'ideologia consonante a quella dello
Stato nazionale". Non erano appunto particolarmente apprezzati i dissidenti e le forme di protesta.
Terzo comma: l'unica condizione che l'ordinamento stabilisce è la democraticità dello statuto.
Nonostante la rassicurazione di questo principio, subito dopo la Costituzione emerge un fronte di
opinione pubblica da cui emerge l'idea che è meglio che non ci sia alcun controllo, rimanga un
principio di libertà secondo cui il sindacato non venga controllato da nessun punto di vista.
Quarto comma: definisce la personalità giuridica per i sindacati registrati. I soggetti non sono più
associazioni non riconosciute ma diventano soggetti di diritto. Questa idea tuttavia non si è mai
realizzata, pertanto i sindacati non hanno mai ottenuto la personalità giuridica, nel nostro paese i
sindacati, anche quando tendono insieme milioni di persone (CIGIL, CISL e UIL) sono associazioni
non riconosciute, non hanno personalità giuridica.
Situazione attuale
1. Inattuazione costituzionale
2. Grande contrasto tra la forza di questi attori nel nostro scenario, forza data dai fatti e dalla
materialità delle situazioni, e tra la carenza di regole giuridiche di base
È rimasta la formula del primo comma che ha efficacia piena. La parola importante è libertà, ma c'è
un'altra parola che qualifica la libertà in partenza, ovvero "organizzazione". Questo vuol dire che in
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DIRITTO DEL LAVORO
questa libertà di forme e soggetti ci sono dentro strutture sindacali molto forti con strutture
diversamente articolate, sindacati che hanno una pluricategorialità o una monocategorialità.
Per quanto inattuata, l'interprete è condizionato da questa disciplina, non può esservi altra legge
fuorché questa.
Tutto il mondo sindacale è più comprensibile se lo si pensa come fenomeno extragiuridico, fattuale,
prima che giuridico.
L'art.39 ha una struttura chiaramente identificata su due parti che corrispondono anche a due diversi
spazi di azioni delle regole:
Prima parte primo comma: principio di libertà sindacale. Nella testa del costituente era legato
ai commi successivi, ma in realtà ha avuto vita propria.
Seconda parte secondo, terzo, quarto comma che stabiliscono un controllo interno al
sindacato, controllo che non si è mai realizzato.
Pertanto, non si è mai realizzato l'effetto che questa norma voleva, ovvero la personalità giuridica per
i sindacati. Il nostro sistema sindacale è quindi un sistema che si muove fuori dalle coordinate
dell'art.39 secondo comma ed è pertanto definito come "sistema sindacale di fatto" (per distinguerlo
da quello di diritto).
Proprio perché non è riconosciuta, è lasciata all'informalità.
È stato un grande punto di distinzione fra il nostro ordinamento e gli altri europei. Viviamo quindi una
stagione di inattuazione costituzionale.
Pertanto, il diritto sindacale è un diritto "senza norme": questo vuol dire studiare un settore rilevante in
cui non ci sono norme intese come norme di diritto positivo.
In realtà ci sono regole, ma queste non sono legislative.
Questo principio costituzionale ha avuto una grande vita anche nelle aule giudiziarie, è una norma di
principio che è stata fatta vivere direttamente dai giudici.
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DIRITTO DEL LAVORO
Questa formula è il frutto di quello che accadeva nella realtà dei processi sindacali e soprattutto c'era
stata une legge sindacale degli anni '20 che aveva cercato di fare la stessa cosa. Prima della
Costituzione in Italia esisteva una legge che attribuiva ai sindacati il potere di concludere contratti
collettivi validi per tutti. Tuttavia, quella legge non rispettava il primo comma dell'art.39, non garantiva
la libertà dei sindacati, ma presupponeva un solo sindacato registrato (ovvero quello che aveva
consonanza con il regime stesso).
Quando il costituente scrive questa norma ripropone sostanzialmente il modello di prima (sindacati
registrati, contratti erga omnes etc), ma d'altra parte cerca di favorire la libertà sindacale, la pluralità e
la democraticità. Tuttavia, non si è mai trovata la consonanza tra queste due visioni.
Oggi il contratto collettivo, giuridicamente parlando nel nostro ordinamento, non ha efficacia erga
omnes, ma ha efficacia fra le parti.
Se una grande impresa decide di firmare un contratto con alcuni sindacati e non con altri (es. caso
Fiat), quel contratto vale per alcuni e non per tutti, pertanto si producono dei problemi enormi di
governo delle relazioni.
L'assenza di questa legge scarica sulla realtà problemi che vengono risolti in via giudiziale o con
soluzioni interpretative.
Una delle ragioni per cui l’art 39.4 non è stato attuato è che non vogliono che si misuri ugualmente la
loro consistenza, capacità di avere iscritti in termini giuridici, non sono d’accordo sui meccanismi per
rilevare questa consistenza. Come si pesa la forza sindacale? Su questo non si sono mai espressi e
non hanno mai dato attuazione a tale articolo. Questa diversità è il motivo per cui l’accordo non è mai
stato trovato.
Dunque la costituzione all’art 39 fotografa il sindacato in due parti, laddove la seconda prevede un
meccanismo complesso mai reso operativo. I sindacati sono sempre rimasti attivi come associazioni
riconosciute
Art. 40 → "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano."
Lo sciopero per la nostra costituzione è un diritto. L’organizzazione sindacale è libera (art 39), l’art 40
completa la spiegazione dell’art 39. A questo l’art 40 aggiunge che l’esercizio del diritto è
regolamentato dalle leggi:
ad oggi non esiste alcuna legge che regolamenta lo sciopero ad eccezione di una del 1990 che tratta
dello sciopero nel servizio pubblico. Ci troveremo ad affrontare un diritto senza norme, il che significa
che l’interprete trova le regole dalla prassi e dalla casistica. Le sentenze si basano dunque sui principi
piuttosto che da norme di dettaglio (norme di legge).
La formulazione dell’art 41 è la medesima dell’art 39: l’organizzazione sindacale è libera cosi come
l’iniziativa economica è libera.
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DIRITTO DEL LAVORO
L’impresa sa che troverà persone che lavorano. Questa cosa non è sempre stata vera: in alcuni casi
si crea una situazione opposta legata ad una difficoltà di reperire manodopera. Questo esempio di
oggi è quello che mette in discussione il tema del rapporto di forza: l’imprenditore in alcuni casi è in
difficoltà e dunque si rafforza il potere delle persone a discapito dei periodi precedenti in cui la
questione era opposta.
Articolo 25
1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e
della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure
mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia,
invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze
indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel
matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.
Anche qui la prospettiva è individuale, ma l’idea di un potere pubblico che interviene per proteggere le
situazioni legate alla non realizzazione lavorativa (discoccupazione).
DIRITTO DELL’ UE
Guardiamo al TUE e TFUE, con lenti giuslavoriste.
Articolo 3 TUE
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DIRITTO DEL LAVORO
1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere
interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate
per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione
della criminalità e la lotta contro quest'ultima.
3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa,
basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia
sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso
sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa
promuove il progresso scientifico e tecnologico.
L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione
sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.
Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.
Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo
sviluppo del patrimonio culturale europeo
Il costituente europeo vuole creare un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, ma anche
mirata alla piena occupazione e al progresso sociale:
Piena occupazione= situazione nella quale la domanda e l’offerta sono in equilibrio perfetto.
Tutte le persone che cercano lavoro lo trovano
Articolo 46 TFUE
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa
consultazione del Comitato economico e sociale stabiliscono, mediante direttive o regolamenti, le
misure necessarie per attuare la libera circolazione dei lavoratori, quale è definita dall'articolo 45, in
particolare:
a) assicurando una stretta collaborazione tra le amministrazioni nazionali del lavoro;
b) eliminando quelle procedure e pratiche amministrative, come anche i termini per l'accesso agli
impieghi disponibili, contemplati dalla legislazione interna ovvero da accordi conclusi in prece denza
tra gli Stati membri, il cui mantenimento sarebbe di ostacolo alla liberalizzazione dei movimenti dei
lavoratori;
c) abolendo tutti i termini e le altre restrizioni previste dalle legislazioni interne ovvero da accordi
conclusi in precedenza tra gli Stati membri, che impongano ai lavoratori degli altri Stati membri, in
ordine alla libera scelta di un lavoro, condizioni diverse da quelle stabilite per i lavoratori nazionali;
d) istituendo meccanismi idonei a mettere in contatto le offerte e le domande di lavoro e a facilitarne
l'equilibrio a condizioni che evitino di compromettere gravemente il tenore di vita e il livello
dell'occupazione nelle diverse regioni e industrie.
Uno degli obiettivi dell’UE è sempre stato la libera circolazione delle persone. In tal caso, più
precisamente, è libera circolazione delle persone che lavorano. In che modo? Lavorando sulle
restrizioni, cioè quelle situazioni che rendono più complesso il passaggio di una persona da uno stato
all’altro.
Il par 2, spiega quanto sia difficile tale realizzazione. Dal “tengono conto della diversità della prassi”,
emerge che la prassi, le azioni dei sindacati, il modo in cui si negozia possono essere diversissime e
l’UE è consapevole di questa diversità. Già a livello di trattato, riconosce che è necessario bilanciare
L’UE con ciò che accade nei singoli stati nazionali. Nelle relazioni di lavoro c’è grandissima diversità:
l’Italia non ha applicazione dell’art 39 (ultima parte) a differenza della Germania, Spagna e Francia.
Dunque l’UE ha una competenza che è molto limitata da questa diversità e la esercita in spazi molto
ristretti.
La questione del salario minimo: in Italia si è discusso dell’approvazione del salario minimo. In
Germania questa legge esiste. In Italia non c’è una legge che dica ciò. Può UE intervenire? Sembra
che ci sia una direttiva dell’UE volta a fissare dei salari minimi comuni tra i vari stati. Questa direttiva
interviene nelle maglie della competenza degli stati membri dicendo che chi ha una prassi omologa
non è toccato dalla direttiva. Dunque la competenza dell’UE che è radicata da queste norme viene
esercitata con molta cautela dovuta soprattutto alla gelosia degli stati membri.
Articolo 152 TFUE
L'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità
dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia.
Il vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione contribuisce al dialogo sociale.
Qui compare il ruolo dei sindacati, cioè le parti sociali a livello europeo. Questi sono gli attori
collettivi. L’UE tiene conto della diversità dei sistemi nazionali, pur promovendo questo ruolo. Infatti
facilita il ruolo pur nel rispetto della loro autonomia . MA cosa vuol dire autonomia collettiva?
AUTONOMIA COLLETTIVA
Ciò che accade a partire dagli anni ’50 (all’indomani dell’approvazione della nostra Costituzione) fino
ad oggi è che sia l’iniziativa economica che la libertà di organizzazione sindacale si esprimono al loro
massimo.
I sindacati tornato a vivere dopo l’emanazione della nostra carta costituzionale perché riacquistano
quella libertà che gli era stata tolta con il regime e allo stesso tempo cambiano le modalità e si
moltiplicano quelle strategie di azione, e in generale vi è una grande spinta che si basa sull’idea di
autonomia collettiva e cioè nel nostro ordinamento il mix di:
riconoscimento di libertà (art 39)
il modello delle associazione non riconosciute
l’idea base dell’autonomia privata per cui io posso scegliere il contratto che mi pare,
individuare ciò che il codice civile mi propone oppure creare qualcos’altro purché sia
meritevole di tutela, posso dunque usare il diritto privato come meglio ritengo purché quello
che faccio sia coerente con i valori fondanti dell’ordinamento
14
DIRITTO DEL LAVORO
Come vedete lo statuto sindacale può determinare qualsiasi cosa riguardi il sindacato.
Nel settore di lavoro questa autonomia privata si converte in autonomia collettiva, più precisamente
un’autonomia privata collettiva ed è questa su cui si fonda il sindacato: I sindacati possono fare
quello che vogliono, perché la costituzione promuove questa libertà. Il codice civile da forme molto
varie ad associazioni, contratti ecc. ma alla base si ha sempre l’autonomia (di poter scegliere
associazione contratto e modello che più desideriamo).
La differenza che sussiste tra questa autonomia e quella dei singoli, è che si tratta di una libertà che
si spiega sul piano collettivo e non individuale.
Dobbiamo correggere l’affermazione del diritto sindacale senza norme, essendo si senza norme
attuative della costituzione, ma di fatto si elabora e vive nelle norme e nei principi del diritto civile e
privato.
Negli anni ‘50 ‘60 e ‘70 iniziano ad esserci molti sindacati a diversi livelli (locale, nazionale e
sovranazionale) che produce esiti e contratti, che chiamiamo contratti collettivi avendo uno sviluppo
collettivo.
Il diritto sindacale si basa su queste regole molto semplici e basilari. Per noi le regole di base tenute
nel codice, possono essere utilizzate come regole tipiche del nostro mondo.
Prima ancora che andare nella prassi dei contratti che vengono conclusi, poniamoci il problema di
come i sindacati nascono e producono: il sindacato è in Italia associazione non riconosciuta, dunque
possiamo prendere le disposizioni del codice civile relativo alle associazioni non riconosciute e vedere
cos’è un sindacato. Inoltre possiamo vedere gli atti dispositivi interni, ad esempio il regolamento-
statuto, cioè ciò che regola la vita dello statuto.
Molto spesso accade in Italia che i sindacati non siano un’entità unica ma che poi si uniscono
attraverso meccanismi di raccordo, definiti sulla base della volontà degli associati. Sono associazioni
di associazioni, pur mantenendo la propria individualità: da una parte troviamo una logica territoriale
(ci sono tante CGL nel territorio nazionale, relative alla provincia o regione) e poi una nazionale che le
tiene tutte assieme. Poi allo stesso tempo la CGL tanto quella locale, quanto quella nazionale
rappresenta l’insieme delle federazione che si occupano di diversi settori produttivi.
Il sindacato italiano ha subito la forma di confederazione dando vita ad articolazioni diverse con
milioni di persone che vi lavorano.
Oltre ai sindacati (tre menzionati), possono svilupparsi in diversi modi di organizzazione es. essere
mono settoriali (sindacati autonomi che legano solo quel tipo di professione).
Per far questo non c’è un registro e quindi possiamo andare a cercare e basarci su quello che
troviamo
Il sindacato svolge il compito di riunire in una struttura privatistica tanti soggetti in luoghi e contesti
molto diversi. Oggi aggiungeremo discorsi riguardo:
Modello del sindacato
Realtà – prassi (in particolar modo fino al 1970, data che segna il cambiamento di come
guardare al diritto sindacale).
Negli anni ’50 i giuristi italiani non si meravigliano così tanto perché conoscono il codice civile.
Questo particolare esercizio di autonomia, autonomia privata collettiva, è tipica dei sindacati:
operazione interpretativa volta:
giustificare il fatto che dopo la costituzione si è ripristinata la libertà (art 39 cost). dunque la
liberà si è radicata nella realtà
i giuristi si accorgono che il modello scritto nella costituzione (39.2-39.3-39.4 e art 40) non è
stato attuato. È chiaro che i primi a non volere dar attuazione al modello costituzionale qui
citato sono gli stessi sindacati. Dunque quest’autonomia va bene a tutti ed è questa che si
concretizza
I giuristi usano il codice civile, l’idea dell’autonomia privata, applicandolo al mondo sindacale perché
hanno bisogno di giustificare un bisogno giuridico che non è quello declinato in modo astratto in
costituzione.
15
DIRITTO DEL LAVORO
Tra questi giuristi il più importante è stato Gino Giugni, un giurista del lavoro che ha vissuto nella
prima parte del ‘900, nonché ministro del lavoro e autore del manuale. A lui si deve la teoria del
“ORDINAMENTO INTERSINDACALE”: la costituzione garantisce libertà, le leggi non vengono emanate,
il fenomeno sindacale va da solo, produce molte regole e questa cosa assomiglia alla costruzione di
un ordinamento autonomo, cioè un sistema di regole fatta di attori (sindacati), atti (contratti)
controversie (scioperi), che vive all’interno dello Stato, di regole sue, inteloquisce con lo stato ma è
addirittura autonomo. È talmente forte che possiamo chiamarlo “ordinamento intersindacale”.
Tale teoria consente a tutti gli interpreti-attori politici-giudici-dottrina di lasciare andare questo
mondo utilizzano il diritto privato e rafforzando l’idea che in un ordinamento democratico i sindacati
possono agire autonomamente e dare vita ad un sistema, utilizzare proprie regole che è l’insieme di
tutte queste situazioni.
I sindacati sono attori non solo nella negoziazione economica, ma anche soggetti protagonisti della
vita politica oltre che sociale. Dunque possiamo dire, come Giugni teorizzò che questi protagonisti
hanno dato vita ad un ordinamento, cioè un cerchio piccolo che vive all’interno dell’ordinamento dello
stato. Noi studiamo l’ordinamento intersindacale, cioè ordinamento che riguarda il rapporto con il
mondo del lavoro, delle istituzioni ecc.
Ciò avviene in Italia e in molti altri paesi europei, dove i sindacati svolgono un ruolo essenziale come
rappresentanza delle persone che lavorano. In Germania esiste un istituto molto legato all’idea che i
sindacati siano addirittura membri dei board(=organi decisionali delle grandi imprese). In Italia questo
è avvenuto solo in parte, i sindacati non hanno questo potere. Questo vale anche per altri paesi come
USA.
Ad un certo punto, in Europa, avviene una cosa che cambierà la storia europea e Italiana, cioè la
grande rivolta degli anni ’60. Questa dinamica è una reazione della componente studentesca
universitaria ad un certo modello di società. Presto questa reazione si allarga anche alle fabbriche:
molte imprese attraversano un’ondata di protesta. Si lamenta un vero e proprio cambiamento reale,
più di quanto era stato scritto nei trattati post II WWW. In Italia, come in altri paesi, la pressione a dare
ulteriori spinte alle condizioni di lavoro diventa fortissimo. Non è più inerente alle sole fabbriche, ma
trasversalmente lega gli studenti con gli operai.
Sale la protesta fino a quando il nostro Parlamento si convince che è tempo di scrivere una legge che
rafforzi il soggetto (sindacati) nei luoghi di lavoro. in poche parole quello che viene chiesto è di
proteggere, garantire, rafforzare il ruolo del sindacato dentro alle fabbriche e luoghi di lavoro. Avviene
quindi una cosa un po’ strana, cioè che l’art 39-40 rimangono lì, dunque nessuna legge regola lo
sciopero come fenomeno collettivo e l’azione dei sindacati. Ma una legge viene scritta con l’idea di
dare al sindacato, senza definirlo- regolarlo, maggiore ruolo e potere nelle fabbriche. In un certo
modo la legge di cui ora parleremo da per presupposto il fenomeno sindacale, non ci definisce cos’è,
non dice come funziona il sindacato, contratto collettivo …, ma da per esistente e scontato
nell’ordinamento italiano tutto questo. Dandolo per scontato ne rafforza le prerogative.
Questa legge è lo STATUTO DEI LAVORATORI (300/20 MAGGIO 1970). Fu approvata come grande
conquista da parte del movimento studentesco e sindacale, oggi vigente, la più importante legge in
materia di lavoro e alcuni dicono in assoluto del dopo guerra. Non è una legge sui sindacati, sullo
sciopero e sui contratti collettivi, ma ne rafforza il ruolo senza regolarlo o specificare chi è
protagonista.
Venne scritta da una commissione tecnica, approvata poi dal Parlamento, commissione presieduta da
Gino Giugni. È una legge che segna un buon dialogo tra dottrina e Parlamento.
LEGGE n300/1970
Titolo: "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività
sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento". Ci sono alcune parole che tornano, in
particolare possiamo dire che la legge 300 ha due componenti:
1. prima anima: INDIVIDUALE legata al singolo Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori
2. seconda anima: COLLETTIVA della libertà sindacale e dell'attività sindacale, nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento
Per certi versi possiamo dire che questa legge porta più avanti il principio di libertà sancito dall’art
39.1 Cost. ora vedremo in che termini e attraverso quali norme. Non possiamo dire che questa legge
attua l’art 39 seconda parte (39.2-39.3-39.4). Nel 1970 il legislatore voleva dare una risposta ai
bisogni delle persone che lavoravano in termini di maggiore dignità e l’idea alla base dei movimenti
studenteschi che bisognava rimettere la persona al centro dell’interesse speculativo, soprattutto alle
16
DIRITTO DEL LAVORO
persone in classi sociali inferiori. Ma, questa legge guarda al sindacato e crea per questo delle
garanzie e spazi di azione presidiati, non più solo liberi (39.1 cost).
Cosa accade con l’art 14 della legge 300? Viene riconosciuto con un provvedimento legislativo, quello
che era già contenuto all’art 39.1 con riferimento ai luoghi di lavoro. Qual è il diritto protetto dalla
costituzione? Cosa significa? Ciascuno dentro i luoghi di lavoro ha diritto di costituire- aderire a-
svolgere attività sindacale. Sono 3 cose diverse, consequenziali ma che non si sovrappongono l’una
all’altra. Questo è come dire portare il concetto della libertà generale verso una dimensione più
concreta. Nel 1970 c’è bisogno di farlo, perché ci sono fabbriche in cui questo non avveniva. Infatti,
uno degli slogan che si affermò, fu con lo statuto dei lavoratori, “la costituzione entra nelle
fabbriche”: non è più una proclamazione astratta di libertà, ma diventa agibile concretamente.
Questa è la prima norma che parla di discriminazione. È vietato discriminare. Questa discriminazione,
nella concezione del legislatore del 1970 è discriminazione per legislazioni statali. Le altre forme di
discriminazione vengono riconosciute in tempi successivi.
Spiegazione co1:
si vieta la discriminazione prevedendo anche la nullità di qualsiasi elemento che sia unilaterale (atto)
che bilaterale (patto): È nullo qualsiasi patto od atto diretto a.
Viene tutelata dunque la libertà sindacale sia in positivo che in negativo.
L'art.15 lettera a) è particolare rispetto ad altri ordinamenti perché alle origini del fenomeno sindacale
nel Regno Unito c'è un meccanismo che ancora oggi in UK è legittimo, definito come " union shop
closed shop" cioè il meccanismo di restrizione dell'occupazione al fatto di essere affiliato ad un
sindacato: se io voglio un lavoro devo iscrivermi ad un certo sindacato. Questa tecnica si chiama
union shop, è uno strumento che serve a rafforzare il sindacato. L'idea di base è creare un legame
sindacale al momento di attivare un rapporto lavorativo. Nel nostro ordinamento questo tipo di pratica
è vietata.
La lettera b) entra ancora di più nella relazione contrattuale, perché vengono trattati atti tipici del
rapporto di lavoro. Infine nell’ultimo inciso, attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno
sciopero, dove vediamo che parla dello sciopero non dandovi una definizione, ma in termini di
protezione della persona .
Questa norma sposta sul piano collettivo, quello che l’art 15 tratta relativamente al piano individuale.
Dice che l’imprenditore non può trattare meglio alcuni di altri, per ragioni sindacali. Ad esempio non
posso dire che solo a chi è iscritto al sindacato giallo concederò un aumento , perché se facessi ciò
farei un trattamento economico collettivo discriminatorio, volando l’art 16. Non sappiamo se sussista
una parità di trattamento, ma ai sensi dell’art 16 sappiamo che c’è un divieto di trattamento diverso
delle persone piuttosto che altre.
Lo sciopero non consente all’imprenditore di discriminare rispetto al tipo di rapporto lavorativo, mai
portando al licenziamento ma sospendendo l’obbligo retributivo.
Art 17;
È fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con
mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
Questa norma interviene a tracciare un confine tra i sindacati che sono veramente dalla parte delle
persone che lavorano e quei sindacati che in realtà ammiccano all’imprenditore, cioè che dialogano
sotto banco per un interesse non genuino con l’imprenditore stesso. In questo modo indebolisce la
posizione del sindacato come oppositore negoziale. Così l'art.17 stabilisce un divieto di "sindacalismo
di comodo ", ovvero una repulsione del nostro ordinamento per le forme di falso conflitto, cioè per le
situazioni nelle quali la polarizzazione di interessi e obiettivi è falsa, non genuina, è come se
l'ordinamento qui proteggesse per via indiretta il valore del sindacato, impedendo che vi possano
essere forme di sindacati falsi, per es. sostenuti dall'imprenditore (= un sindacato sostenuto
dall'imprenditore non agisce negli interessi delle persone che lavorano).
La norma impedisce il sostegno indiretto al sindacato, per sporcare il gioco del conflitto.
Art 18:
Questa norma tutela il licenziamento attraverso la “reintegrazione”, regola che impone al datore di
lavoro che abbia licenziato una persona senza giusta causa di reintegrarla. Tale norma, sta qui perché
nella versione del parlamento era riferita solo ai lavoratori sindacalisti. Era coerente con le norme
appena viste, cioè chi era qualificato come sindacalista. Nell’approvazione della legge, l’art 18 fu
esteso a tutti i dipendenti. Non la guarderemo questa norma ora, ma nella seconda parte del corso,
perché non riguarda direttamente i sindacati ma i dipendenti.
Come si può vedere a noi interessano le norme 14-15-16 proteggendo il sindacato come entità e i
singoli come soggetti che vi aderiscono.
Il TIT III è legato all’ attività sindacale : tali disposizioni dalle libertà vanno all’attività, cioè ciò che i
sindacati concretamente fanno nei luoghi di lavoro.
6 LEZIONE- 5/09/2022
ANALISI TIT III LEGGE 300/1970 , legato all’attività del sindacato. Modo con cui il sindacato fa il suo
lavoro all’interno delle aziende
ART 19
Si tratta di una disposizione difficile in parte abrogata da un referendum popolare del 1945. Oltre a
questa abrogazione che riguarda la lettera A e una parte della lettera B, su questa norma vi sono state
molteplici decisioni della Corte Costituzionale alcune delle quali hanno dichiarato una parziale
illegittimità. Tale norma funziona da transizione tra il mondo del tit II e il mondo del tit III.
Guardando le disposizioni successive, sono elencati una serie di diritti e situazioni che sono quelle
che noi concretamente chiamiamo diritti sindacali, cioè connotano l’attività di sindacato nei luoghi di
lavoro. In poche parole i diritti che corrispondono al fare sindacato: come si raccolgono i soldi, come
si organizza un’assemblea … . Si tratta di diritti molto pragmatici che servono a consolidare l’attività
del sindacato dentro i luoghi di lavoro.
18
DIRITTO DEL LAVORO
Analisi art.20
Art. 20. (Assemblea)
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario
di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta
la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette,
singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con
ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle
convocazioni, comunicate al datore di lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato
che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale. Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di
assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
Il primo comma fissa un diritto molto importante, ovvero il diritto di riunirsi in assemblea, anzi questo
diritto nel limite di 10 ore all'anno può svolgersi durante l'orario di lavoro ed è retribuita.
I contratti collettivi hanno anche la funzione di migliorare le condizioni di lavoro rispetto ai minimi di
legge. Dunque, l’avanzamento della contrattazione spesso è anche rispetto a ciò che la legge
stabilisce in termini molto semplici: ip la legge stabilisce che l’orario minimo di lavoro è 8h; la
contrattazione abbassa questo limite ottenendo condizioni migliorative abbassandolo a 6.30h .
L’istituto che guardiamo è quello dell’assemblea, ma qui fissiamo la possibilità dei contratti collettivi
di migliorare la legge, da cui deduciamo anche che i contratti collettivi non possono peggiorare la
legge.
Rispetto a ciò, sussistono delle eccezioni per cui i contratti collettivi peggiorano le legge.
Al terzo comma dell'art.20 c'è un altro aspetto importante del collegamento, ovvero qualcuno
dall'esterno può partecipare all'assemblea sindacale e l'unico onere per il sindacato è avvertire il
datore di lavoro che però non può impedirlo.
Analisi art. 21
Analisi art. 22
Regola per cui chi è sindacalista, cioè referente del sindacato, ha diritto di non essere trasferito
altrove senza che vi sia il consenso del sindacato stesso. Lo statuto fa ciò per proteggere il sindacato
nella sua attività.
Analisi art.23
19
DIRITTO DEL LAVORO
Il sindacalista dell'RSA gode di un trattamento privilegiato, per es. dal punto di vista dei
permessi.
Analisi art.24
Vi sono permessi ulteriori non retribuiti ulteriori rispetto a quelli dell'art.23
Chi è dirigente del sindacato ha diritto a particolari permessi: viene pagato (alcuni sono retribuiti altri
non) per fare il sindacalista, per esempio per partecipare ad un’altra riunione di altri sindacati a cui il
signor X appartiene
Riassumendo:
si tratta di cose diverse, ma tutte legate a cosa fa il sindacato nelle grandi fabbriche, dando per
scontato che il sindacato esista.
ART 19
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità
produttiva, nell'ambito:
a) LETTERA ABROGATA DAL D.P.R. 28 LUGLIO 1995, N. 312 A SEGUITO DI REFERENDUM
POPOLARE.
b) delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità
produttiva. ((25))
Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di
coordinamento. (16)
20
DIRITTO DEL LAVORO
La parola rappresentanza possiamo leggerla con lenti privatistiche. Perché rappresentanza? Perché
identifica una parte che rappresenta gli altri che vi aderiscono. La formula è al plurale perché questa
facoltà si può esercitare da parte di molti ed è esattamente coincidente con il predetto esempio:
sindacato giallo, verde, nero; ciascuno di essi può costituire una RSA.
Dentro ogni unità produttiva possono esserci più RSA.
Il legislatore poi dice che possono costituirsi nell’ambito di:
- LETTERA A) delle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale:.
La Legge 300, nella sua versione originaria, voleva agganciare le RSA alle
confederazioni storicamente più importanti, e con la formula "maggiormente
identificativi" identificava quei soggetti che a livello nazionale erano riconosciuti da
tutti, era un rinvio al sistema sindacale di fatto che gli estensori della legge 300
volevano per realizzare quel legame con l'ordinamento intersindacale basato sull'idea
che quella cellula debba essere agganciata nell'ambito, ad un sindacato forte che c'è
fuori, ossia CGL CISL UIL. Tu puoi fare la tua RSA, ma devi agganciarti ad un
soggetto sindacale che sta fuori, è forte ed è riconosciuto.
La parola chiave ora è rappresentatività che è diverso dalla rappresentanza:
o Rappresentanza :che è una disposizione civilistica che qualifica
contrattualmente.
o Essere rappresentativo significa un modello, un riferimento della maggior parte
di soggetti. La rappresentatività si basa a qualcosa che è fattuale e pratico.
Rappresentatività richiama il fatto che i sindacati nascono dal basso,
ma il legislatore così facendo aspira a creare un compromesso
trovando una corrispondenza nei 3 sindacati rappresentativi sul piano
nazionale.
- LETTERA B) che nel testo originario era un'alternativa, un oppure. Oggi, unica lettera
rimasta, possono essere costituite RSA nell'ambito delle associazioni sindacali che
siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva, ciò
significa che ancora oggi c'è qualcosa che aggancia la cellula all'esterno, ovvero al
sindacato che è riuscito ad ottenere una negoziazione collettiva che viene applicata
all'interno del luogo di lavoro.
Dunque, L'art.19 vuole comunque tenere la costituzione di rappresentanze sindacali
all'interno dell'azienda, ma legando questa unità ad un sindacato già riconosciuto,
firmatario di contratti collettivi, negozialmente attivo.
A cosa serve costruire una RSA? Ad avere il monopolio dei diritti successivi scritti negli articoli
successivi
Assemblea: chi è che la indice? Dalle RSA. Dunque il diritto dell’assemblea è dei lavoratori,
ma il potere di indirle è della RSA.
Referendum: chi è che lo indice? Unanimità delle RSA
…
Il modello è sostenere il sindacato con diritti diversi e concreti, ma in particolar modo le RSA, e i
dirigenti delle stesse, cioè soggetti che fanno da ponte tra l’interno delle aziende e l’esterno tramite
l’art 19
Giugni, con una metafora, dice che bisogna immaginare una specie di altipiano:
o Il TIT II assegna a TUTTI alcune prerogative
o Parti più concrete solo ad ALCUNI, selezionati sulla base dell’art 19
7 LEZIONE- 7/10/2022
21
DIRITTO DEL LAVORO
delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in
essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte
sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al
datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in
funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il
decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti,
opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza
immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di
procedura civile. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla
sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
Rappresenta una norma processuale, dunque non ha una connotazione sostanziale, dal grande valore
pratico. Consente al sindacato di agire in giudizio per tutelare i propri interessi. È dunque un’azione
giudiziale. Ha un grande spazio applicativo LA PROVA INTERMEDIA HA A CHE FARE CON L’ART28
Spiegazione comma1:
cominciamo dagli elementi processuali:
1. Giudice: qual è quello che viene chiamato in causa? il pretore del luogo ove è posto in essere
il comportamento denunziato . Tale norma assegna la competenza. Questa specificazione
consente di capire che così come la legge 300 tutela il sindacato nei luoghi di lavoro
(fabbrica), la norma dell’art 28 radica la competenza in quel determinato luogo.
2. Tipo di giudice: pretore. Ad oggi, nell’ordinamento giudiziario, i pretori hanno cambiato nome
in tribunali. Il pretore era il giudice di primo grado, monocratico, civile.
3. Tempistica e modalità : nei due giorni successivi. L’art 28 è un’azione di tipo immediato,
serve ad ottenere una risposta rapida. Tecnicamente assomiglia alle azioni cautelari, cioè
serve come immediata risposta in termini di aiuto. Assunte sommarie informazioni: Di solito
non assume informazioni, di solito il processo si esaurisce in una lunga istruttoria. Questo
caso rappresenta l’eccezione in cui il giudice decide velocemente
4. È un procedimento in cui il giudice consente il contraddittorio : convocate le parti
Dunque il giudice è chiamato in causa subito, con tempistiche brevi, perché c’è un bene prezioso in
gioco, però è sempre consentito il contraddittorio, cioè una previa chiamata delle parti.
Nei fatti è uno dei procedimenti in cui la tempistica di risposta è anche in pochi giorni.
5. Legittimato attivo: su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi
abbiano interesse.
Ci poniamo il dubbio se possano essere comprese le RSA e la risposta è no
Dunque chi non è legittimato attivo ai sensi dell’art 28 ? Il singolo prestatore di lavoro.
o La legittimazione attiva dev’essere appoggiata ad un soggetto che abbia almeno una
rilevanza nazionale.
o L’organismo locale è l’organismo che ha una radice territoriale, non basta la sola
presenza in azienda (ex: CGL del Trentino, che sta in Trentino e si aggancia alla CGL
nazionale) . La RSA (rappresentanza sindacale aziendale) NON è un organismo locale.
6. Legittimato passivo: Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti
22
DIRITTO DEL LAVORO
L’art 19 è una norma costruita sull’idea che qualcuno possa dare vita ad organismi, che hanno la
caratteristica di essere:
R= rappresentanze
S= sindacali
A= aziendali
La versione originaria della legge 300 assegnava questa possibilità sulla base dei due criteri:
a) : criterio di tipo storico, che si legava al concetto di rappresentatività, dunque non
civilistico ma storico legato all’ordinamento intersindacale
b) : un criterio legato più alla pratica, cioè all’aver concluso un contratto collettivo.
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DIRITTO DEL LAVORO
Un anno essenziale è il 1995, poiché viene indetto un referendum popolare, che si articola in due
quesiti:
1. quesito n1: proponeva al popolo sovrano la ABROGAZIONE della legge 300/1970, con
riferimento all’art 19.1 dunque eliminazione dei due criteri: a) e b)
2. quesito n2 : proponeva una ABROGAZIONE SELETTIVA, cioè soltanto di alcune parole dell’art
19.1. In particolare proponeva di eliminare la lett a) e una parte della lettera b).
In quell’occasione il referendum raggiunse il quorum solo in relazione al q2.
Dunque la normativa attuale vede la versione amputata in relazione all’esito dell’abrogazione parziale
dell’art 19 della L1970
Vediamo ora il testo dell’art 19 per come oggi vige in relazione del referendum abrogativo del 1995 :
le RSA possono essere costruite per iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle
associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva.
Possono costruire RSA che si agganciano ad associazioni sindacali che risultino firmatarie di contratti
collettivi applicati all’azienda. È rimasto il criterio pragmatico che non fa più rilievo ad un dato storico,
ma di sola negoziazione fattuale.
Ora leggeremo le principali decisioni della Corte costituzionale volte proprio a collocare l’art 19 nel
sistema attuale.
- Quali sono i procedimenti di fonte cui il giudice si trova di fronte questi casi
(sindacato- datore di lavoro)? casi di art 28 (condotta antisindacale)
Gli incidenti di costituzionalità, le pronunce della Corte costituzionale sono frutto di vicende che
nascono nell’ambito 28: lì il giudice si trova di fronte a questioni di applicazione dell’art. 19 e quindi
può porsi il problema della sua legittimità costituzionale.
Perché la questione dell’art 19 è giunta molte volte di fronte alla Corte Costituzionale?
Perchè è una norma discussa e discutibile e che ha prodotto molto contenzioso, giungendo nel ’95 al
referendum abrogativo
Vediamo il contenzioso che è giunto di fronte alla Corte costituzionale sull’art 19, dividendolo in:
PRECEDENTE AL ’95, che riguarda l’art 19 vecchia formulazione
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DIRITTO DEL LAVORO
Qualche giudice comune (11 nella precisione) dunque dubita della legittimità costituzionale dell’art 19
e del 28 in relazione alle disposizioni costituzionali precedentemente elencate.
Guardiamo meglio da dove parte il giudice costituzionale per discutere il caso concreto:
Nel corso del procedimento vertente tra il FUNTEL (Sindacato italiano autonomo lavoratori telefonici di I
categoria) e la SIP ed avente ad oggetto la mancata concessione dei permessi nonché la denegata messa a
disposizione dei locali di cui agli artt. 23 e 27 della legge 20 maggio 1970
Da dove nasce la questione?
La questione nasce dalla mancata possibilità di godere dei benefici dell’art 23-27 (tit III) /legge 300
da parte di un sindacato che non è (dalla lettura data dalle parti) beneficiario delle prerogative del tit
III in quanto non può costruire RSA.
Probabilmente questa questione nasce nel 28:
o quel datore di lavoro non mi da i permessi e il locale per svolgere attività sindacale
o io faccio ricorso ex art 28 dicendo che è lesa la mia libertà sindacale
o il datore risponde no: non sei legittimato ad avere locali perché non hai- puoi costruire
una RSA
o il giudice dubita della legittimità costituzionale dell’art 19
è chiaro come l’art 28 sia intrecciato con l’art 19: la questione di legittimità nasce in
procedimento in cui si discute l’attribuzione del diritto sindacale
vediamo ora come la Corte costituzionale salva la norma
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DIRITTO DEL LAVORO
La questione è questa:
- può una legge dare il potere di costituire RSA ai sindacati maggiormente
rappresentativi e non a tutti?
- Può una legge dare questa potere ai sindacati maggiormente rappresentativi e non a
quelli che siano in maggioranza in azienda?
Ex: noi siamo azienda e diamo vita a diverse cellule aziendali: gialla, verde, rossa e nera. La
maggior parte di noi sceglie la verde (130 su 150), 10 la rossa, 10 la gialla e 10 la nera. Però la
gialla, la rossa e la nera si agganciano alla CGL, CISL, UIL; la verde a nessuna. In questa
situazione noi avremo una norma (art 19) che da la possibilità di costruire RSA soltanto ad
associazioni che aderiscono alle confederazioni maggiormente rappresentative. Dunque la
verde, pur avendo la maggioranza degli iscritti, non può avere RSA.
L’effetto dell’art 19 presuppone una base sull’azienda e un aggancio all’esterno
rappresentativo.
Questo sistema è costituzionalmente legittimo? Viola l’art 3 (uguaglianza) e 19 (libertà
sindacale) Cost?
b. Compatibilità dell’art 28 con art 3: si dubita che crei una disparità di trattamento, con efficacia
molto forte, che abbia un effetto di immediata esecutività, che dia il potere solo agli organismi locali,
che dia il potere a soggetti privi di personalità giuridica, che attribuisca una tutela allo sciopero
prima della sua regolamentazione.
Tutte queste questioni sollevate dai giudici in prima applicazione della legge 300, sono
dati che noi abbiamo trattato come specialità del diritto sindacale: come associazioni
non riconosciute, come soggetti per cui il fenomeno giuridico è dato come
presupposto. I giudici di fronte a ciò sono perplessi: prevalgono i dubbi di
costituzionalità sull’ applicabilità pratica di questa disciplina
La corte dice che questo modello serve a garantire affidabilità : a far si che il sindacato giallo,
rosso, nero, con l’aggancio alle 3 confederazioni sia più affidabile e credibile. mentre il sindacato verde,
seppur abbia la maggioranza, non ha l’aggancio fuori e rischia di essere un gruppetto isolato poco
affidabile.
È un modello selettivo: la razionalità della legge 300, sta nella sua funzionalità di selezionare
solo soggetti affidabili.
Dall’ultima frase si capisce come questo criterio sia volto a tutelare indirettamente anche
l’operosità aziendale e quindi l’imprenditore e le persone che lavorano in relazione agli
interessi collettivi degli stessi lavoratori: è dunque la sola disciplina che garantisce il modello
economico, cioè interesse collettivo delle persone che lavorano.
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DIRITTO DEL LAVORO
lavoro, occupazioni, serrate, licenziamenti ecc., tendano spontaneamente sempre più a condursi entro
l'ambito del diritto dello Stato e siano composte e regolate dinanzi agli organi giurisdizionali di questo.
Questo punto serve alla Corte costituzionale per dire che il 28 è uno strumento di
giurisdizionalizzazione del conflitto. Cioè sposta in tribunale ciò che prima avveniva soltanto
fuori.
La normativa prevista dall'art. 28 non ha soltanto il fine immediato di realizzare una pronta difesa dei
lavoratori, ma s'inquadra in un disegno assai più vasto d'interesse generale diretto ad evitare, mediante
un procedimento sommario ed un provvedimento provvisorio, conflitti di lavoro, lacerazioni e scontri fra
lavoratori e datori di lavoro che possano dar luogo ad agitazioni, a scioperi o comunque ad interruzioni
di attività lavorativa, le quali turbino l'attività aziendale.
Con la sentenza del ’74 l’art 19 è legittimo perché ha una razionalità, una selettività, evita scontri,
evita che i soggetti non affidabili possano turbare l’andamento economico. Allo stesso modo l’art 28
giurisdizionalizza il conflitto.
Al di là delle osservazioni più ampie, la preoccupazione della corte è tenere un ordinamento in ordine.
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DIRITTO DEL LAVORO
guardano i soggetti (attore e convenuto), ci si accorge che riguarda sindacati non confederati ma
privati o di imprenditori. Si capisce come la portata della norma è ampia e di conseguenza la
discussione su questa.
La decisione dell’ 88 richiama quella del ’74. Dice la corte: il criterio della lett a) dell’art 19
“maggiormente rappresentativi” in realtà è un criterio aperto, non è bloccato su soli alcuni soggetti,
ma secondo l’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale vi sono degli indici sintomatici che servono a
dire se il sindacato sia maggiorante rappresentativo oppure no.
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DIRITTO DEL LAVORO
Ecco, di fatto, sono criteri molto pragmatici che in quegli anni cominciano a far capire meglio il
concetto di rappresentatività. Andando però nel nocciolo della questione, l’ambiguità rimane
giungendo poi al concetto di referendum abrogativo.
SENTENZA 30/1990
Due ordinanze del tribunale di Como. Il giudizio di legittimità costituzionale è ancora sull’art 19.
Cosa accade nei casi di fronte ai quali si trova il pretore di Como? Accade che ad un certo punto, il
datore di lavoro X, quando ha di fronte il sindacato giallo, verde, rosso e nero, dopo aver constatato
che solo quello giallo, rosso e nero avessero RSA costituite ai sensi dell’art 19 in quanto aderiscono a
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DIRITTO DEL LAVORO
CGL, CISL, UIL, si trova di fronte al sindacato verde e si domanda il perché di non estendergli gli
stessi diritti. Chi glielo impedisce? Io datore di lavoro X, riconosco ai dirigenti sindacali, alle RSA
verdi, in via pattizia (sulla base di un accordo) il diritto ad avere le stesse cose che hanno i gialli, rossi
e neri. Posso o non posso farlo? Posso concedere in via pattizia le stesse cose che gli altri hanno in
base al criterio legale? Nell’interpretazione di questo giudice, ci si pone il problema se questa scelta
finisca per entrare in conflitto con l’altra norma della legge 300 che prevede il divieto di sostenere
finanziariamente il sindacato, costituendo un sindacato di comodo. Se io concedo al sindacato verde
gli stessi diritti e prerogative che il sindacato giallo, rosso e nero possono avere in base alla legge
300 sto dicendo che quello verde è il mio favorito, mettendo in difficoltà gli altri, perché sto
scavalcando la prerogativa che loro hanno ex lege.
Ci troviamo di fronte ad una norma che non fotografa più la realtà precedente ancora compatibile con
la costituzione.
Secondo la Corte costituzionale questi soggetti collettivi (che hanno diritto a queste garanzie ulteriori)
sono protetti in relazione alla loro effettiva rappresentatività.
Dal ’74 al ’90, le cose sono cambiate: la corte insiste meno sull’idea della conflittualità, ma continua a
dirci che la legge 300 deve avere un ordine: ha una componente generale (libertà) e una componente
promozionale (seconda parte- selezione di soggetti in funzione della loro più significativa presenza
nel contesto sociale ed economico).
A pensarci, questa cosa avviene pure oggi: il bisogno di selezionare nel mondo degli interessi
collettivi sicuri per l’ordinamento, da quelli che non lo sono.
Prendiamo atto che questa è la conclusione della Corte costituzionale nel 1990. Però la corte cerca di
salvare l’ordinamento e allo stesso tempo si pone come giudice che fissa una linea di demarcazione
tra ciò che è coerente con i valori dell’ordinamento e ciò che non lo è. A pensarci è ciò che accade
negli anni successivi, nell’ambito del conflitto sociale.
Conflitto in alcuni settori: sindacati autonomi e categorie imprenditoriali v. poteri dello stato
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DIRITTO DEL LAVORO
In questi giorni c’è un caso ItalPizza v. un sindacato autonomo Sicobas: questa vicenda ha prodotto una casistica molto nuova
perché un giudice penale sta perseguendo delle ipotesi di reato commesse da persone che aderiscono/ avevano agito
nell’ambito di scioperi promossi da questo sindacato autonomo. Allo stesso tempo, nell’indagare e rinviare a giudizio questi
soggetti, ha coinvolto il sindacato accusandolo e ha consentito all’impresa di costituirsi parte civile. Nel processo penale ci
troveremo di fronte ad un caso molto particolare in cui un sindacato viene perseguito con ipotesi di reato piuttosto palesanti
per quello che ha fatto. Dall’altra parte ci troviamo un imprenditore che si costituisce in giudizio parte civile, dunque un
soggetto cui andranno svariati milioni di risarcimento in caso di condanna. In queste situazioni, molto estreme, c’è il problema
di una linea di demarcazione tra ciò che è legittimo (protetto dall’art 3 e 39 della Cost) e ciò che è illegittimo (cioè che diventa
potenzialmente dannoso per lo stato). Qui la corte costituzionale ci dice che l’art 19 ha una razionalità volta ad individuare
questa linea: il fatto che solo alcuni sindacati possano costituire RSA serve ad avere un ordinato conflitto sociale. Non tutti,
perché bisogna che vi siano alcuni qualificati come maggiormente rappresentativi .
LEZIONE 9: 12/10/2022
Dopo il referendum del ’95, la corte ha avuto allo stesso modo (come già prima del ’95) diverse
occasioni per pronunciarsi sulla nuova formulazione e sulla sua compatibilità con i principi
costituzionali. Questa legislazione per la sua crucialità è al centro della scena: questo è ovvio per il
diritto sindacale, che ricordiamo, si occupa di dare ordine al conflitto sociale. Ed è chiaro che in
ambito in cui il conflitto sociale esiste in relazione ai rapporti di lavoro, il ruolo della corte è
preponderante.
Questi problemi sono oggetto di dibattito/contesa politica-sociale e alla luce delle vicende di oggi, la
linea di confine tra ciò che è costituzionalmente legittimo e ciò che non lo è, è difficile da individuare.
Non a caso alla fine, l’art 19 è questo: è la scelta di fare della libertà sindacale/attività sindacale nei
luoghi di lavoro, dare più libertà possibile e al contempo fissare delle regole di selezione degli agenti
sociali in generale, cioè fare in modo che questa libertà si canalizzi in dinamiche costruttive e non
distruttive.
SENT 244/1996
Il procedimento prende vita da due ordinanze: Pretore di Latina e Pretore di Milano. Siamo nel 27
novembre del 1995 e 16 gennaio del 1996: all’indomani dell’amputazione della norma 19 all’esito del
referendum del ’95.
Le parti che agiscono sono alcuni sindacati autonomi e aziende di una certa rilevanza (27 novembre:
azienda Fiat). Da ciò si evince come il problema dei sindacati nelle unità produttive, è emergente ed
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DIRITTO DEL LAVORO
impatta su uno dei più grandi soggetti economici del paese. Questo lo vedremo in particolare in uno
dei casi che prenderemo in analisi più, dove vedremo che ancora oggi questo tema risulta centrale
per il Paese: il diritto sindacale impatta su aree-zone-contesti che rappresentano punte di valore per
l’economia dell’intero paese.
Nel merito il giudice rimettente osserva che con le sentenze nn. 54 del 1974, 334 del 1988 e 30 del 1990 questa
Corte aveva riconosciuto l'aderenza ai richiamati principi costituzionali dell'art. 19 nella formulazione originaria
che prevedeva, con ponderato equilibrio, due indici alternativi di rappresentatività (lett a) e b). […] Col nuovo
testo questo modello ritenuto conforme alla Costituzione è venuto meno, restando come unico requisito per il
riconoscimento della rappresentatività lo strumento negoziale, allargato alla contrattazione aziendale, così che il
riconoscimento della rappresentanza sindacale aziendale dipenderebbe eslcusivamente dal c.d. potere di
accreditamento del datore di lavoro.
Le osservazioni del giudice ricorrente sono in merito all’art 19: egli sostiene che
- Prima del ’95: l’art 19 aveva il suo equilibrio confermato dalle 3 sentenze richiamate.
- Dopo il ’95: questo equilibrio non sussiste più, perché fa riferimento alla firma di un contratto
collettivo (art 19 nuovo testo: RSA possono essere costruite (…) nell’ambito di associazioni
sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi nell’unità produttiva).
Si ricordi che in seguito al referendum, l’art 19 prevede che l’aggancio non è più relativo a ciò che sta
fuori, ma al fatto che il soggetto che costituisce RSA si agganci ad un’associazione sindacale che
abbia firmato un contratto applicato in azienda: è un aggancio che preesiste e che si concretizza
nell’essere relativo ad un contratto collettivo. Ex: Il sindacato verde può costruire RSA se si aggancia ad un
soggetto sindacale che però abbia firmato un contratto che in quest’azienda è già applicato.
In merito a ciò, il giudice sostiene che con questo nuovo sistema il potere di scegliere l’RSA sia
dipendente dal potere di accreditamento del datore di lavoro. Quest’osservazione deriva dal fatto che
poiché si presuppone un contratto collettivo (che potenzialmente potrebbe essere stato firmato il
precedente anno) di fatto è il datore di lavoro a scegliere a chi dare le prerogative ex tit III, perché in
qualche modo se il datore di lavoro accredita un certo sindacato, se firma con lui un contratto
collettivo, dopo tutti quelli che si agganciano a quel soggetto possono firmare RSA. in tal modo si
andrebbe a derogare il principio di libertà sostituendolo con potere di accreditamento, un modello
certamente incostituzionale.
La corte risponde:
Parte in diritto
3.1 Nel merito la questione non è fondata
La corte ritiene che i dubbi di legittimità costituzionale avanzati da questi giudici non siano fondati e
dunque la norma del ’95 regge in quanto
Secondo l'art. 19, pur nella versione risultante dalla prova referendaria, la rappresentatività del sindacato non
deriva da un riconoscimento del datore di lavoro, espresso in forma pattizia, ma è una qualità giuridica attribuita
dalla legge alle associazioni sindacali che abbiano stipulato contratti collettivi (nazionali, locali o aziendali)
applicati nell'unità produttiva. L'esigenza di oggettività del criterio legale di selezione comporta
un'interpretazione rigorosa della fattispecie dell'art. 19, tale da far coincidere il criterio con la capacità del
sindacato di imporsi al datore di lavoro,
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DIRITTO DEL LAVORO
L’art 19 è legittimo solo se lo interpretiamo come norma che serve a selezionare la gente che ha un
effettivo potere di accreditamento.
Non è perciò sufficiente la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una
partecipazione attiva al processo di formazione del contratto; nemmeno è sufficiente la stipulazione di un
contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro,
almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale,
di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva.
Come necessario requisito per costruire l’RSA, il sindacato che ha concluso il contratto collettivo,
dev’essere un vero sindacato e che ha negoziato un vero contratto:
il sindacato verde in questa fabbrica ha 100 iscritti, ma alla fine in realtà si associa solo al contratto collettivo che
hanno sottoscritto i sindacati gialli, rossi neri. Questi sono meno, ma siccome contano l’adesione alla CGL, CISL,
UIL, in realtà guidano il processo negoziale. Dunque i verdi non contano nulla.
è inoltre necessario..
L'art. 19 "valorizza l'effettività dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione alla formazione della
normativa contrattuale collettiva" (sentenza n. 492 del 1995) quale indicatore di rappresentatività già
apprezzato dalla sentenza n. 54 del 1974 come "non attribuibile arbitrariamente o artificialmente, ma sempre
direttamente conseguibile e realizzabile da ogni associazione sindacale in base a propri atti concreti e
oggettivamente accertabili dal giudice".
Così interpretata, in conformità della sua ratio, la norma impugnata non contrasta con nessuno dei parametri
costituzionali richiamati. Non viola l'art. 39 Cost. perché le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unità
produttive, in quanto sopravanzano la garanzia costituzionale della libertà sindacale, ben possono essere
riservate a certi sindacati identificati mediante criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalità; non
viola l'art. 3 Cost. perché, una volta riconosciuto il potere discrezionale del legislatore di selezionare i
beneficiari di quelle norme, le associazioni sindacali rappresentate nelle aziende vengono differenziate in base a
(ragionevoli) criteri prestabiliti dalla legge, di guisa che la possibilità di dimostrare la propria rappresentatività
per altre vie diventa irrilevante ai fini del principio di eguaglianza.
Cosa fa la corte? Fornisce una sentenza interpretativa di rigetto. La questione non è fondata, ma devi
interpretarla così. L’interpretazione è: per poter dire che il criterio selettivo sia la firma di un contratto
devo guardare l’effettività (vero contratto e vero sindacato), cioè che con forza ottiene
riconoscimento. Se è l’inverso, ossia è il datore di lavoro a selezionare, la norma non regge, perché la
norma serve a dare attuazione all’art 39 (libertà) e allo stesso modo deve avere una razionalità
rispetto al parametro dell’art 3. Perché i verdi possono avere qualcosa in più? Perché sono un vero sindacato,
credibile, che si appoggia ad un soggetto che stipula contratti collettivi.
Quindi la legittimità costituzionale della norma cui discutiamo è ricostruita dalla corte sulla base di un
criterio pragmatico e di effettività, che si lega ad un dato di raccordo con l’ordinamento
intersindacale.
Come faccio a dire che i verdi sono forti? Da ciò che fanno: dal fatto che concludono molti contratti,
fanno molti scioperi, migliorano effettivamente le condizioni di lavoro delle persone. Ciò non è astratto
(a priori) ma concreto.
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DIRITTO DEL LAVORO
Siamo nel 1996 con questa sentenza, interpretativa di rigetto, la corte dice che interpreta l’art 19 in
modo che sia, nonostante tutto, conforme a costituzione. La corte aspira a tenere l’ordinamento
compatto e sua continuità, richiamando anche decisioni precedenti.
ORDINANZA 345/1996
Guardiamo all’ordinanza attraverso il decisum della corte: MANIFESTA INFONDATEZZA
E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 2, 3 e 39 Cost., la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19, l. 20 maggio 1970 n. 300
Il contenzioso nasce da due ordinanze distanti pochi mesi (Pretore di Brindisi e Pretore di Latina) che
sollevano la questione di legittimità costituzionale, a cui la corte risponde con ordinanza e non
sentenza.
I due argomenti con cui la corte pone un freno alla questione sono:
1. che palesemente inconsistente è il nuovo argomento […] perché La tutela costituzionale dell'autonomia
collettiva garantisce la libertà di decisione del sindacato in ordine alla stipulazione di un contratto
collettivo con un certo contenuto, e dunque garantisce il sindacato contro comportamenti dell'altra parte
o di terzi, in particolare del potere politico, diretti a interferire nel processo di formazione della sua
volontà, turbandone la libera esplicazione.
La corte dunque porta la dinamica sindacale nella logica contrattuale: può essere che il sindacato
concluda un contratto collettivo perché lo reputa il male minore? Può essere che lo concluda con
l’aumento di 1 centesimo al posto di 3 come ha annunciato all’inizio dello sciopero? Certamente.
Come ogni contraente calcola il rapporto con il beneficio con una serie di parametri, ferma restando
la reale natura del sindacato connotata dalla libertà. Alla fine si, per comprare casa mia volevo spendere
100 però quella che voglio sta a 120, alla fine sono disposta ad acquistarla a 120 .
E così dice la corte. Il sindacato può perseguire interesse, un obiettivo, può essere condizionato da
altri elementi ma questo non significa che non sia sindacato, dunque l’argomento dell’effettività è
validissimo. Può esservi un condizionamento, ma ciò non vuol dire che vi sia una violazione del
principio di spinta volontaristica.
2. parimenti infondato è l'argomento con cui la seconda ordinanza evoca il parametro dell'art. 2 della
Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell'individuo non solo nei confronti dei poteri pubblici,
ma anche nei confronti delle autorità private preposte al governo delle formazioni sociali in cui si svolge
la sua personalità. Un sindacato, quale quello ipotizzato dal pretore di Latina, disposto a sottoscrivere
un cattivo contratto per i suoi rappresentati pur di ritagliarsi una porzione di potere in azienda, non lede
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DIRITTO DEL LAVORO
alcun diritto inviolabile dei suoi iscritti, ma semplicemente non tutela come dovrebbe i loro interessi
configurandosi o come un sindacato sfuggito al controllo degli associati, cioè non più rispettoso del
precetto costituzionale di democraticità interna, o, al limite, come un sindacato di comodo vietato
dall'art. 16 dello statuto.
Risponde la corte: rigetta l’argomento di un pretore che sostiene che con il nuovo art 19 si verrebbe a
creare un sistema in cui i sindacati sarebbero spinti a concludere contratti collettivi con il fine di avere
l’agevolezza sindacale cui al tit III. Se fosse così, o quel sindacato non sarebbe un buon sindacato,
oppure sarebbe un sindacato di comodo, ma questo non incide sulla legittimità del criterio selettivo
cui l’art 19. Il sindacato verde che decidesse di associarsi ad un soggetto e questo concludesse contratti
collettivi a ribasso, dannosi per i suoi rappresentati, pur di avere la legittimazione a costruire RSA, dice la corte,
non sarebbe un buon sindacato
In poche parole la corte cerca di ritagliare uno spazio applicativo basato sul principio di effettività e
una nuova formulazione dell’art 19. Anche questa ordinanza (1996) va nella stessa direzione: è più
sbrigativa e secca volta a salvare l’art 19 sulla base di un’interpretazione adeguartici, che tenga conto
dei principi fondamentali letti nell’ottica della scelta legislativa derivante dal referendum popolare del
1995.
SENT 231/2013
Contenzioso che nasce da un 28, dentro alla fabbrica Fiat. Tale vicenda ha avuto un grande eco-
mediatica, poichè arriva dopo un periodo piuttosto lungo in cui dentro la Fiat si discuteva del rinnovo
del contratto collettivo.
Come avviene il rinnovo del contratto collettivo? Avviene ogni tot nelle grandi aziende
Si parte da una base
Le parti presentano piattaforme rivendicative, di solito i sindacati rivendicano un aumento
salariale, ore di riposo …
Imprenditore dice qualcosa si ma non tutto
Dentro la FIAT ci sono alcuni grandi sindacati, in particolare le tre grandi federazioni che aderiscono
alle 3 grandi confederazioni: FIOM che aderisce alla CGL, che ha storicamente da quando la FIAT
esiste ha i suoi stabilimenti e le sue RSA; FIM che aderisce alla CISL; UILM che aderisce alla UIL.
Qual è il problema dal punto di vista della norma che stiamo analizzando? Dopo la firma di questo
contratto collettivo, in fabbrica viene indetto un referendum in cui viene chiesto ai lavoratori di
esprimersi in modo difforme rispetto le apparenze sindacali: il referendum da come esito
l’approvazione del contratto, con una maggioranza di lavoratori che rientra nella media (ipotizziamo
del 52%)
Qual è il punto su cui si crea il problema e contenzioso? Passa qualche settimana e la FIOM torna in
azienda e chiede le sue RSA, i suoi rappresentanti, suoi locali e permessi, come aveva sempre fatto e
rivendicato dal 1970 in poi. Si ricordi però che la FIOM aveva convinto motti lavoratori che il contratto
non stipulato non andava bene , e a tale rivendicazione la FIAT risponde con l’art 19/L 300 1970:
(RSA Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni
unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di
lavoro applicati nell'unità produttiva).
» La FIOM non ha firmato il contratto collettivo, dunque la FIAT risponde e non le concede le RSA.
» La FIOM agisce ex 28 e riconosce che qui c’è un problema
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DIRITTO DEL LAVORO
Qual è l’argomento che viene speso a sostegno della FIOM? Che comunque è una federazione forte e
la scelta di non firmare è dettata proprio dalla natura intrinseca del sindacato cioè l’essere libero da
condizionamenti.
Il giudice che si trova nel processo ex 28 ritiene che vi sia un problema: l’art 19 non consente ad un
sindacato che sembra forte come la FIOM di avere RSA. La norma non è compatibile con la
Costituzione. La corte si trova in questa difficile situazione perché questo caso non si era posto
ancora in termini espliciti.
La corte per la prima volta risponde con una sentenza manipolativa di accoglimento: accoglie la
questione, dichiara illegittimo l’art 19 solo in relazione ad una mancanza nella parte in cui non
prevede. Dunque dice che è legittimo solo se prevede e, in questo caso, poiché non lo prevede è
illegittimo. Però l’aggiunta non si vede perché la corte manipola in funzione dei parametri che
vengono evocati. Se noi prendiamo l’art 19- testo vigente- la modifica non la vediamo: non c’è
differenza e permane il medesimo testo del referendum del ’95. All’apparenza la manipolativa-
additiva, lavora solo sul significato addizionando esclusivamente la parola FIRMATARIE.
La corte stravolge il senso letterale dell’art 19 ed estende la capacità di costituire RSA non solo ai
firmatari ma anche non firmatari purché abbiano partecipato alla negoziazione. è proprio il caso della
FIOM che era seduta al tavolo ma non ha firmato.
Nel merito la questione è fondata. L’articolo 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori è stato
ripetutamente sottoposto all’esame di questa Corte.
Le prime pronunce hanno riguardato la versione originaria di detto articolo, anteriore al referendum del 1995,
ossia quella per la quale «Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei
lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che
siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva».
I dubbi di legittimità costituzionale investivano, in quel contesto, la mancata attribuzione ad ogni associazione
sindacale esistente nel luogo di lavoro della possibilità di costituire rappresentanze sindacali aziendali.
Nell’affermare la razionalità del disegno statutario, con i due livelli di protezione accordata alle organizzazioni
sindacali (libertà di associazione, da un lato, e selezione dei soggetti collettivi fondata sul principio della loro
effettiva rappresentatività, dall’altro), la Corte si è soffermata anche sul criterio della “maggiore
rappresentatività”, che pur conducendo a privilegiare le confederazioni “storiche”, non precludeva
rappresentanze aziendali nell’ambito delle associazioni sindacali non affiliate alle confederazioni maggiormente
rappresentative, purché si dimostrassero capaci di esprimere, attraverso la firma di contratti collettivi nazionali
o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva, un grado di rappresentatività idoneo a tradursi in effettivo
potere contrattuale a livello extra-aziendale (sentenze n. 334 del 1988 e n. 54 del 1974).
Le pronunzie di questa Corte, nel quinquennio successivo al referendum – sentenza n. 244 del 1996, ordinanze n.
345 del 1996, n. 148 del 1997 e n. 76 del 1998 – hanno fornito indicazioni, per quanto in concreto sottoposto al
suo esame, solo con riguardo al primo dei due sottolineati punti critici.
36
DIRITTO DEL LAVORO
La corte dichiara la preventiva legittimità della norma, segue poi al 6.2 un’altra fase nella quale ha
analizzato la norma fino al 1995 (referendum ). Al 6.4 le pronunce della corte hanno fornito indicazioni
per alcuni problemi che la norma sollevava. In particolare, dice la corte che dopo il referendum
c’erano due problematiche:
1. Norma che rischia di essere sbilanciata in eccesso
2. Norma che rischiava di essere sbilanciata in difetto
In merito alla prima problematica la corte mediante le sentenze che abbiamo analizzato prima
corregge l’ipotesi per la quale il sindacato fosse meramente adesivo. Per essere legittima, dice la
corte, la norma deve fotografare un sindacato che è veramente tale: ci vuole un vero sindacato che
abbia concluso un vero sindacato collettivo. Non basta aver negoziato un aspetto secondario.
Con riguardo al secondo problema si intende il non riuscire da parte della norma a fotografare
situazioni in cui un sindacato vero, forte, capace di negoziare, tuttavia non firmava un contratto
collettivo. Dunque, adesso, questo profilo viene alla luce.
OCCORRE DUNQUE: rileggere l’art19 in modo da riallinearne il contenuto precettivo alla ratio che lo
sottende.
La sentenza additiva serve a collegare il contenuto precettivo (ciò che la norma esprime, non solo
limitata al significato letterale) alla sua ratio. Cioè legare il testo alla ragione per cui quella norma è
stata scritta.
Qual è la ragione? La ragione è promuovere il sindacato che è capace di essere un attore del mondo
sindacale, che è forte e rappresentativo. Promuovere significa dare a quel soggetto qualcosa in più,
questa è la ratio della legge 300: garantire libertà a tutti, assegnare a qualcuno qualche prerogativa in
più, perché questi alcuni sono quelli che hanno poca rappresentatività (TIT II e TIT III) .
La corte dice che se io interpreto alla lettera, lascio fuori dalla tutela soggetti che sono coerenti
rispetto alla ratio che rimarrebbero fuori se io interpretassi in senso meramente letterale la norma.
In un certo modo, la corte lega la sua decisione anche all’art 28, chiudendo il cerchio.
37
DIRITTO DEL LAVORO
Analizzeremo l’esito del 28/L.300, che si conclude con un decreto con il quale il giudice scioglie i
nodi proposti dalle parti decidendo la controversia.
RDC 236/2012
n.cronologico: 2187
Dopo aver valutato le tempistiche, l’avvocato guarda chi ha vinto o perso → dopo aver
illustrato il perché (c.d. PQM (=per questi motivi.), il giudice decide (c.d. decisum). Per
definizione procedurale, il giudice è tenuto a decidere, non può astenersi.
1. Nel decisum il giudice dice “visto l’art 28/L 70 ogni altra domanda ed eccezione dichiara
l’antisindacalità della condotta”:
Da questo capiamo che ha vinto la causa il soggetto che ha agito in giudizio, cioè il
organismo nazionale dell’associazione locale (il sindacato).
Si comincia già a capire che le decisioni del giudice nei casi del 28 parte prima di tutto
nell’accertamento, che assume le forme di dichiarazione di antisindacalità della condotta.
Seguendo la fattispecie astratta, è stato dunque posto in essere un comportamento diretti a
limitare o il diritto di sciopero- libertà/attività sindacale .
Calandoci nella fattispecie pratica, EGO (datore di lavoro) ha posto in essere una condotta
antisindacale consistente (che è la concretizzazione della condotta antistindacale, lesiva di
uno dei tre beni tutelati dal 28) nell’indisponibilità nel trattare ( antistindacalità della condotta)
con la ricorrente in relazione alla disciplina dei rapporti di lavoro in particolare nell’orario .
19.28
38
DIRITTO DEL LAVORO
- il legittimato attivo: FLC CGL → federazione lavoratori della conoscenza CGL; dunque ha agito
in giudizio l’organismo periferico ragionevolmente provinciale. Questa FLC è una federazione
che aderisce alla CGL e tutela i lavoratori della conoscenza.
- legittima passivo: EGO – datore di lavoro
In questo processo emerge anche un terzo soggetto: regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che
viene definita dall’intestazione come interveniente .
Nel processo civile è prevista l’ipotesi in cui qualcuno come terzo, partecipi nel giudizio intervenendo
nel giudizio: tecnicamente intervento adesivo
Perché la regione FVG può avere interesse in questo caso? Evidentemente perché è un caso rilevante
e si tratta di un’azienda che ha sede a Trieste la regione ha un interesse da mostrare
A livello procedurale, non è scontato che l’interveniente abbia diritto a rimanere nel processo e non è
nemmeno un elemento indispensabile: questo è un esempio di una situazione molto al limite.
Normalmente nel 28 l’interveniente non c’è, perché sono questioni che riguardano il datore di lavoro e
il sindacato, ma evidentemente questa è una questione più grossa
- DECISUM :
decreto di 30 pagine, dunque parecchio complesso. In accoglimento del ricorso accerta la
condotta antisindacale di […] consistita nel non avere […] per effetto ordina a STA di far
cessare la condotta antisindacale e di astenersi nel futuro per reiterarla
39
DIRITTO DEL LAVORO
anche qui, il giudice segue lo schema fissato dalla fattispecie astratta che si articola in:
Dichiarazione di antistindacalità
Ordine cessazione della condotta
Condanna a 17.40 Qui la condanna alle spese per 9000 euro e in parte c’è una
compensazione: qui dobbiamo capire bene come il giudice abbia deciso in ordine alla
definizione delle spese
1685/2021
Caso relativo all’applicazione di un 28
245/2020
Caso relativo all’applicazione di un 28
- INTESTAZIONE: TRIB Firenze v. deliveroo (22.11)
- TEMPISTICA:
Data deposito del ricorso non c’è, ma sono fatti avvenuti tra il 15 settembre e ottobre 2020.
Data decisione: 9 febbraio 2021
- DECISUM:
il giudice rigetta il ricorso, il che significa che non ha ritenuto che in questo caso vi fosse
antisindacalità. Il perché è probabilmente definito nella motivazione.
Al punto 2), notiamo che il giudice compensa integralmente le spese tra le parti: cioè deroga
alla regola generale che prevederebbe che le spese seguono la soccombenza.
“l’assoluta novità ed estrema opinabilità …” : è interessante vedere un giudice che dice che le
questioni sono opinabili; sono opinabili per definizione se c’è una causa e in teoria il giudice
dovrebbe essere quello che le rende non opinabili. Altrettanto interessante è vedere che il giudice
dice che sono questioni complesse, per definizione sono complesse visto che postulano l’intervento
di un soggetto qualificato come il giudice.
Più sensata è la novità della questione, che conduce solitamente i giudici ad essere più cauti nel
commisurare le spese: sotto traccia c’è l’idea che il ricorrente possa essere considerato meno in
grado di pagare spese in ordine ad una controversia che comunque ha perso.
40
DIRITTO DEL LAVORO
In questo caso, la parte dove il giudice spiega il perché di questa scelta sta sopra il PQM, dunque il
provvedimento appare formalmente più semplice.
- Legittimato attivo:
Ad agire qui sono diverse organizzazioni interne alla CGL, cioè diverse associazioni sindacali
di categoria aderenti alla confederazione CGL. Sono organismi locali che agiscono
probabilmente attraverso l’organismo provinciale
2867/2008
Capiamo che si tratta di una vicenda che riguarda un sindacato sanitario, un ospedale (come datore
di lavoro) e un sindacato che agisce come interveniente
Rispetto ai casi precedenti che erano più legati ad imprese del settore privato, questo ci dice che il 28
è utilizzabile e utilizzato anche in relazione alle amministrazione pubbliche.
Trib di Torino
Provvedimento ex 28
- TEMPISTICHE
DATA di DEPOSITO : non prevista
In tal caso ci dice che c’è stata una lettera nel 13 luglio 2010, data probabilmente da cui
decorre la vicenda, dunque il deposito sarà sicuramente a posteriori
In questo 28 c’è un elemento processuale interessante: il giudice, dopo aver individuato le parti
ricorrente- convenuta, dice “letti gli atti, sentiti i procuratori, all’udienza dell’8 ottobre 2010, a
scioglimento della riserva assunta alla medesima udienza ”: questa indicazione ci svela che il 28 non è
un tipo di procedimento che si svolge in audita altera parte, bensì un procedimento che presuppone
l’instaurazione del contraddittorio (sentite le parti e assunte sommarie informazioni)
o Legge gli atti perché ragionevolmente le parti li depositano
o Allo stesso tempo svolge un’udienza, che il 28 qualifica con “nei due giorni successivi
…”
In questo caso il giudice anziché decidere nell’udienza (8 ottobre) decide di riservarsi, cioè ascolta le
parti ma si riserva qualche giorno per decidere: infatti se l’udienza dell’8 ottobre, il provvedimento è
del 13 ottobre.
Per regola dovrebbe decidere il giorno stesso dell’udienza, ma quando la situazione è complessa si
prende qualche giorno e scioglie la riserva.
41
DIRITTO DEL LAVORO
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DIRITTO DEL LAVORO
“Letti gli atti, sentiti i procuratori, all’udienza dell’8 ottobre …” c’è stato un contraddittorio, il giudice
ha sentito le parti, si è riservato per decidere.
I 28 da un punto di vista della loro struttura interna sono piuttosto vari ma sono tutti sempre
provvedimenti abbastanza informali- spesso non abbiamo neanche una netta divisione fra parte in
fatto e parte in diritto.
se mai io vi ponessi nella posizione dei giudici cercate di fare un provvedimento che abbia una sua coerenza , una sua
struttura, riepilogate i fatti, poi andate sull’argomentazione giuridica.
- Parte in fatto
La casistica è molto complessa, nella misura in cui la FIAT come fabbrica multinazionale, ha molti
stabilimenti anche in nazioni diverse.
La vicenda riguarda una possibile dislocazione della produzione in un altro paese, in termini pratici la
FIAT sta cercando di distribuire la produzione di automobili su più paesi. Ponendosi nei panni dei
lavoratori, qualora si decidesse -ad esempio- che la produzione delle panda dall’Italia viene spostata
in Polonia, risulta più facile immaginare che le persone che lavorano non si spostano dal paese di
provenienza e di conseguenza le probabilità di perdere il lavoro risultano nettamente più alte.
Il sindacato FIOM , è molto preoccupato delle scelte FIAT anche se lo scenario è circoscritto ad un
singolo lavoratore qualificato iscritto alla FIOM
- un lavoratore iscritto alla FIOM e da questa designato Esperto avendo quest’ultimo: “nella giornata di
lunedì 21 luglio 2010… attraverso l’indirizzo di posta elettronica aziendale … assegnato per ragioni di
servizio … invia(to) ad oltre 40 lavoratori … una mail con la quale, sotto l’oggetto “LETTERA
LAVORATORI TICHY” affermava tra l’altro che “l’azienda gioca con la vita delle persone,
RICATTANDO i colleghi di Pomigliano […] solo un’organizzazione sindacale ha avuto il coraggio di
dire no a questo scempio che il sig. Marchionne propone… aver bisogno di lavorare non equivale a
dover fare gli schiavi” E, nell’esortare i destinatari della comunicazione a contattare i colleghi di
Pomigliano al fine di “sensibilizzarli”, diffondeva un testo asseritamente proveniente dai lavoratori
nello stabilimento polacco di Tichy, nel quale vi era l’incitamento conclusivo “a resistere e a sabotare
l’azienda che ci aveva dissanguato per anni e ora ci sputa addosso”.
Quindi questo lavoratore che lavora nello stabilimento di Torino scrive una mail invitando 40 persone
dello stabilimento di Torino a contattare i colleghi di Pomigliano in qualche modo solidarizzando con
loro, allegando una lettera proveniente dallo stabilimento polacco FIAT nella quale vi era un invito a
resistere e a sabotare l’azienda.
- “Tale iniziativa da parte di questo lavoratore, che è contraria alla politica aziendale che prevede
l’utilizzo della posta aziendale solo per mere ragioni di servizio, si pone in grave contrasto con le
disposizioni di legge per il contenuto del messaggio che inviato al di fuori di ogni contesto sindacale e
di esercizio di critica assume la sola funzione di gettare discredito sulla nostra società e su chi ne
rappresenta il vertice”
questo è ciò che la FIAT asserisce cioè che non è esplicazione del principio di libertà sindacale ma è
un abuso di uno strumento di lavoro, quale la posta aziendale.
La FIAT per queste ragioni licenzia il dipendente, quindi qual è la condotta antisindacale che la FIOM
chiede al giudice di accettare e rimuovere? Proprio il licenziamento del lavoratore.
Il licenziamento è un istituto giuridico che rappresenta l’estinzione del rapporto di lavoro. è un
atto unilaterale recettizio che pone una disciplina in una speciale parte del codice civile.
qui il licenziamento viene in considerazione non in quanto tale ma come manifestazione di
condotta antisindacale.
Ci sono condotte che sono o monooffensive, perché toccano solo l’interesse del sindacato, e
plurioffensive, come questa (ipotesi del licenziamento) perché offendono l’interesse del singolo e del
sindacato.
Da qui in avanti il giudice allarga di più lo sguardo e allora vediamo che la mail inviata dal lavoratore
viene esaminata integralmente dal giudice. Emerge la regola procedurale per cui il giudice analizza le
prove portate da entrambe le parti per procedere ad un congruo giudizio
43
DIRITTO DEL LAVORO
Avendo queste informazioni, il giudice dice “ai fini della decisione vale considerare” passa alla sua
decisione
Altro aspetto interessante è che i contratti collettivi non sono noti come una legge, non sono
pubblicati in gazzetta ufficiale: se voi al giudice non gli portate il contratto collettivo, non potete
pretendere che il giudice lo conosca e non è nemmeno tenuto a farlo perché non è una norma di
legge. è un atto di autonomia che sta nella disponibilità delle parti.
Tale caso conferma quanto appena detto, perché al giudice vengono portati alcuni accordi. Uno in
particolare. che il giudice richiama subito:
l’accordo del 5.8.1971 che regola uno degli aspetti che possono essere considerati utili ai fini
di questa decisione, quell’accordo ha istituito la figura dell’esperto (che è proprio il ruolo che
riveste l’operaio licenziato) , “gli esperti” dicono le parti “usufruiscono del monte ore dei
permessi retribuiti spettanti alle organizzazioni sindacali, in ogni caso agli esperti non spettano
i diritti e le tutele previsti dalla legge 300 del 1970 in tema dirigenti delle rappresentanze
sindacali aziendali”.
L’accordo 18.3.1996 prevede che in rappresentanza dei lavoratori possono partecipare ai
Comitati, indifferentemente, gli Esperti o RSU
La cosa importante per noi, è comprendere che dentro questa azienda sulla base dei
due accordi del 1971 e del 1996, vi è un esperto che non è un RSA ma comunque ha
natura sindacale. Questa indicazione è precisata dal passaggio successivo in cui il
giudice dice che nell’accordo del 1996 è stato concordato un sistema di relazioni
sindacali articolato a livello di gruppo, di settore e di unità produttiva e per vari ambiti è
stato previsto che in rappresentanza dei lavoratori al tavolo, possano partecipare gli
esperti o le RSU.
Il giudice sta analizzando gli atti negoziali prodotti dalle parti e accordi, accorgendosi
anche che l’esperto, in base a questo accordo, è paragonato ad un rappresentante
sindacale.
Vediamo ora che il giudice incomincia a trarre qualche conclusione, “dunque alla figura dell’esperto è
demandata un’attività di stretta collaborazione con le organizzazioni sindacali di appartenenza e con le
RSU tant’è che il numero di tali esperti corrisponde al numero di RSU elette..” quello che conclude il
giudice alla luce di questa analisi dei testi negoziali che si sono conseguiti dall’inizio deli anni ‘60 al
2010 è che l’esperto è qualcosa di speciale, non è un lavoratore comune, ha senz’altro un’attività
sindacale qualificata che svolge in collaborazione con l’RSA.
Il giudice continua aggiungendo qualche altro elemento che ci può essere utile per collocare meglio
questa vicenda dentro al contesto aziendale, “ è documentato che il codice di condotta nelle linee guida
della società convenuta peraltro note al lavoratore licenziato impongono ai dipendenti , amministratori e
manager l’uso dei beni aziendali per ragioni di servizio ivi compresi la posta elettronica e l’accesso ad
internet” questo per dire che l’utilizzo di quella mail per quello scopo non è corrispondente a quello
previsto dalle linee guida della FIAT , “ma è altresì incontroverso che tale profilo è residuale ai fini della
decisione, avendo l’azienda applicato il licenziamento in ragione del contenuto della mail del dipendente e
non tanto per l’uso abusivo della posta elettronica” quindi il giudice dice che la FIAT ha licenziato per il
contenuto violento non per l’uso abusivo della posta elettronica.
Il giudice poi ripropone i passaggi più delicati della lettera del dipendente e dice “una qualunque
valutazione del dato letterale non può prescindere dal significato dalle parole usate, in sintesi può essere
riassunto nell’affermazione attribuita ai lavoratori dello stabilimento polacco, in tale lettera si esorta i
lavoratori italiani a non accettare le condizioni dell’azienda come avvenuto nello stabilimento polacco, la
circostanza che l’azienda dubiti della provenienza da tale lettera non rileva ai fini della valutazione” qui
scopriamo che la FIAT ha messo in discussione la veridicità della lettera dei lavoratori polacchi, ma
questo non rileva ai fini della decisione.
“Viene dunque da considerare che il linguaggio del testo originale è in primo luogo quello colorito tipico
della dialettica sindacale” questa è una cosa importante “ sicchè al fine di valutare se questo contenga
elementi di offensività che lo pongono oltre tale ambito ,occorre innanzitutto rilevare che se il significato
delle parole è quello ad esse letteralmente attribuibile, come per certi aspetti assume l’azienda, ciò non vale
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DIRITTO DEL LAVORO
ad escludere che occorra altresì indagare il significato figurato che queste assumono nel comune
linguaggio”
Il giudice sta dicendo in poche parole un conto è dire queste parole in strada un conto è dirle nella
dialettica sindacale, sta contestualizzando le parole dell’operaio.
Il punto più delicato è nella parola sabotare che ha destato preoccupazione anche in relazione a successive
condotte illecite poste in essere a danno della società, in particolare con riferimento alla diffusione di
volantini distribuiti in FIAT che incitano a condotte violente verso i vertici FIAT”
anche questo episodio è oggetto d’indagine (penale).
il giudice propone alcune espressioni contenute nella mail oggetto di contestazione, in particolare
l’incitamento conclusivo “resistere e sabotare l’azienda”. Il linguaggio del testo è quello colorito tipico
della dialettica politico-sindacale, sicché occorre considerare che non hanno lo stesso significato
letterale attribuitogli dal linguaggio comune. È necessario analizzare le stesse parole all’interno della
dialettica politico-sindacale:
o scempio: occorre rimandare al significato figurato e, quindi, l’espressione che ha nel
contesto;
o ricatto: sinonimo di margine ristretto di negoziazione, non una soggezione ad una
condotta illecita dell’azienda volta ad acquisire un illecito vantaggio;
o sabotare: esortazione a contrastare la politica aziendale sul piano della lotta sindacale
in atto.
In considerazione a questa espressione vi è da tenere conto che vi sono stati dei volantini, così come
degli striscioni, che vanno a contenere delle gravi minacce esplicite a soggetti, a dirigenti, ben
identificati e che sono già oggetto di indagine a livello penale. Il giudice, a tal proposito, prende in
considerazione tali volantini per comprendere il significato della parola “sabotare”, ma li scarta come
prova di un significato contrario a quello anzidetto in quanto destinataria delle stesse minacce è
anche la FIOM, parte ricorrente in processo. Inoltre, non vi è prova alcuna che vi sia un collegamento
tra la divulgazione della lettera da parte del sindacalista e i successivi atti illeciti svolti con la
distribuzione di volantini contenenti gravi ed esplicite minacce
Abbiamo un atro riepilogo dei fatto: gli episodi dedotti documentano una situazione di obbiettiva rilevanza
ma che non introduce ulteriori elementi di indagine ai fine di questo accertamento.
“in breve dalla lettura dell’intero documento il significato della parola sabotare appare coerente con quello
figurato che indica un’attività volta a contrastare la politica aziendale sul piano del confronto sindacale a
seguito di una situazione tesa” quindi al fine di questa analisi il giudice dice che sabotare significa
contrastare la politica aziendale e dunque quel fatto comincia a diventare rilevante nell’ottica
dell’antisindacalità.
“appare quindi corretto concludere che la terminologia usata nella mail non risulta di per sé lesiva della
reputazione altrui e neppure in contrasto con disposizioni imperative, quanto piuttosto espressione di una
forte critica sindacale, sia pure manifestata in forme clamorose e dure” e dunque il giudice ha concluso
Al PQM: “pertanto visto l’art 28 il giudice dichiara antisindacale la condotta tenuta dalla società
convenuta, dispone la cessazione immediata di tale comportamento e la reintegrazione del lavoratore nel
suo posto” quindi alla fine il giudice stringe al massimo i passaggi argomentativi e accerta la condotta
antisindacale applicando quanto previsto dal 28.
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DIRITTO DEL LAVORO
Ricorrente: 3 sindacati che agiscono: FIOM CGIL Provincia di Trieste, FIM CISL Provincia di
Trieste, UILM UIL Provincia di Trieste.
Ciascuno di loro è legittimato attivo secondo la disciplina del 28 in quanto tutti e 3 sono
organismi locali di associazioni nazionali, per la precisione sono l’articolazione territoriale delle
federazioni che aderiscono alla confederazione del settore metalmeccanico, corrispondenti
alle 3 grandi associazioni sindacali che sono, in Italia, maggiormente rappresentative.
Resistente: Wartsila Italia SPA, impresa del settore metalmeccanico
Interveniente: Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
Il giudice esclude la regione dal provvedimento dicendo che non c’è una legittimazione a stare nel
processo, in quanto ritiene che non abbia un interesse da far valere in processo.
I sindacati hanno chiesto al giudice un intervento perché l’azienda stava per cessare l’attività presso il
sito collocato in provincia di Trieste con esubero di 451 persone. Tale procedura, però, era stata
avviata senza che l’azienda adempiesse agli obblighi di informazione a cui la stessa era tenuta in
ragione di quanto previsto dalla contrattazione collettiva di settore e in ragione di quanto previsto dalla
contrattazione collettiva aziendale. L’azienda, inoltre, non aveva dato, nella comunicazione, alcuna
informazione riguardo alle ragioni economico-finanziarie e tecnico-organizzative della chiusura, né
aveva indicato il termine entro il quale la procedura si sarebbe conclusa: i sindacati non erano stati
messi nella condizione di avere nessuna informazione.
Questo è importante perché il sindacato, anche nell’ipotesi estrema di chiusura dello stabilimento,
può agire come interlocutore, può cercare di limitare l’impatto, ad esempio proponendo di mantenere
nello stabilimento una parte di produzione per licenziare il minor numero di dipendenti possibili:
insomma una funzione di mediazione importante quanto più la scelta dell’imprenditore è impattante
sul territorio e sull’unità produttiva. Ma in questo caso il dialogo tra imprenditore e sindacati non è
avvenuto.
In base all’art. 41 della Costituzione il datore di lavoro ha libertà di iniziativa economica,
lasciando così libero l’imprenditore di collocare l’attività produttiva dove vuole e allo stesso
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DIRITTO DEL LAVORO
modo può cessare l’attività produttiva in ogni momento per poterla, eventualmente, spostare.
Questo imprenditore decide di chiudere lo stabilimento in Italia nella piena libertà di iniziativa
economica, ma l’art. 9 Sez. I del CCNL Industria Metalmeccanica impone al datore di lavoro di
informare preventivamente i sindacati delle proprie scelte aziendali e, quindi, anche
dell’eventuale cessazione dell’attività.
Il giudice comincia la sua analisi andando a vedere i contratti collettivi vigenti all’interno del sito
produttivo.
Il ricorso proposto dai sindacati va ad evidenziare due profili di potenziale antisindacalità:
1. Si lamenta che l’azienda non abbia informato preventivamente i sindacati con riguardo agli
andamenti della produzione, suscettibili di ricadute sui livelli occupazionali e che non abbia
informato preventivamente i sindacati con riguardo alla decisione di chiudere il sito produttivo
in questione, limitandosi alla presentazione della comunicazione di avvio di procedura ex art.1
L.234/2021;
2. I ricorrenti contestano che la comunicazione di avvio della procedura ex art.1 L. 234/2021 sia
conforme a legge, essendo l’informazione aziendale sulle ragioni economiche, finanziare,
tecniche o organizzative della chiusura talmente generica da impedire ai sindacati di
partecipare con piena consapevolezza agli incontri con il datore di lavoro.
Solo quando l’azienda avvia la procedura ex L. 234/2021 (procedura prevista per i casi di
delocalizzazione, ovvero quei casi in cui una azienda decide di andarsene dall’Italia) ne dà
comunicazione ai sindacati, ma anche in quel caso le informazioni fornite sono state talmente
generiche e povere che non hanno consentito di partecipare con piena consapevolezza agli incontri.
Poi, quindi, nella fase finale vi sono stati degli incontri, ma i sindacati non avevano le informazioni
basilari per poter dialogare e ragionare su possibili alternative a tutela dei lavoratori.
Dunque, qui possiamo vedere che il ruolo del sindacato non è solo un ruolo in astratto, ma se il
sindacato è messo nelle condizioni di avere tutte le informazioni principali che riguardano le scelte
aziendali può decidere di assumere le sue determinazioni in piena libertà: organizzare uno sciopero,
organizzare un’assemblea, discutere con i vertici imprenditoriali di quali strategie alternative potessero
essere possibili, ma tutto ciò presuppone la reale possibilità di dialogo.
Il CCNL Industria Metalmeccanica all’art. 9 prevede che siano fornite informazioni annualmente sia di
tipo generico che informazioni specifiche, ad esempio il sindacato ha diritto a sapere come stia
andando l’azienda, ad essere informato sul bilancio dell’azienda, sulle scelte imprenditoriali, sulle
previsioni dell’attività produttiva, sull’ampliamento dell’attività produttiva o di spostamento, quindi
sulle scelte strategiche dell’azienda. Tale norma specifica anche che l’imprenditore deve fornire ai
indicati anche informazioni sull’eventuale rischio: il sindacato deve essere messo nella condizione di
sapere prima che si è in esubero di dipendenti rispetto alle esigenze dell’unità produttiva per una serie
di motivi, come, ad esempio, il fatto che il settore è a rischio.
Il contratto collettivo svolge una funzione essenziale per declinare questi diritti di informazione: sono
tanto diritti di rango alto (bilancio, scelte strategiche), quanto diritti legati alle persone che sono
dipendenti di quella struttura (le ricadute occupazionali di eventuali situazioni di difficoltà e le
eventuali situazioni di contrasto che l’azienda abbia ipotizzato).
Il sindacato, dunque, svolge anche la funzione di andare in contro alle scelte aziendali, non
necessariamente in contrasto con esse: anche se come funzione principale ha quella di rivendicare
condizioni migliori, ma, di fronte a situazioni come questa, si cerca di aiutare anche l’azienda, di
andare in contro all’azienda agendo spontaneamente anche sul versante negoziale, sia attraverso la
contrattazione, sia attraverso lo sciopero.
Discutendo, prima, in sede collegiale degli interessi collettivi in gioco decide sulla base di questi e,
poi, si propone come interlocutore credibile al datore di lavoro.
Es: quante persone sono a rischio di perdere il lavoro? Quante persone sono verso la pensione? Se 50 persone vanno in
pensione l’anno prossimo il problema si riduce: aspettiamo giugno e si pone meno l’impatto di questi 50 licenziamenti; sarà
aperto un altro stabilimento nel veronese: qualcuno vuole andare a vivere a Verona e lavorare lì? Magari ci sono 10 persone che
hanno la famiglia residente a Verona e, quindi, decidono di trasferirsi lì: gli incentivi al trasferimento volontario potrebbero
alleviare il problema.
Successivamente, il giudice, prende in considerazione gli accordi integrativi aziendali che vanno,
appunto, ad integrare, rafforzare e precisare il CCNL per quel determinato sito produttivo e solo per
quello.
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DIRITTO DEL LAVORO
All’art. 4 si uno di questi si ritiene importante rafforzare il SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI, ovvero
la parte obbligatoria dei contratti collettivi messa in un circuito più ampio: tutto quel sistema di
rapporti, che storicamente hanno caratterizzato il settore industriale, che caratterizzano il dialogo fra
gli attori, non sempre in termini di condivisione, ma anche in termini di conflitto.
Le relazioni industriali sono caratterizzate da reciproca autonomia, ma vi sono dei punti, dei profili,
degli istituti di contatto che servono a realizzare quello che definiamo l’ordinamento intersindacale,
ovvero quell’insieme di rapporti che danno vita ad un sistema a sé stante, con leggi frutto di
autonomia privata collettiva.
All’intero di questa unità produttiva gli accordi integrativi avevano previsto tanti momenti di
coinvolgimento, tante forme di condivisione, addirittura dei “tavoli di lavoro comuni”: in quell’azienda,
che è una multinazionale, si discuteva attraverso delle forme di raccordo su singole tematiche.
Una prima conclusione che il giudice formula sta nel fatto che leggendo l’art. 9 del CCNL si vede che
sono le organizzazioni sindacali a dover richiedere le informazioni al datore di lavoro, ma andando a
prendere in considerazione anche la normativa integrativa è il datore di lavoro a dover fornire le
informazioni durante i tavoli di lavoro che si svolgono periodicamente in confronto con il sindacato
stesso.
A fronte di ciò che abbiamo appena detto il giudice viene a sottolineare la mancata informazione ai
sindacati delle condizioni problematiche in cui l’azienda versava e la tardiva e sommaria informazione
con riguardo all’avvio della procedura ex art. 1 L. 234/2021, ponendo di fronte ad un fatto compiuto i
sindacati ed impedendogli di svolgere la propria funzione istituzionale: coinvolgere il sindacato serve
ad avere un possibile alleato per trovare soluzioni ed avere più strade possibili, ma questo datore di
lavoro ha negato il ruolo istituzionale del sindacato stesso di formulare un parere ed ottenere un
motivato riscontro in modo da ricercare un accordo sulle determinazioni aziendali, da mantenere il
conflitto fisiologico.
Quanto alla carenza di interesse da parte del resistente nell’agire eccepita da parte della ricorrente, si
rileva l’irrilevanza nel caso di specie, in quanto la Cassazione 2003 stessa ha chiarito come nel caso
di lesione diretta di prerogative sindacali poste a tutela di interessi collettivi, non vi è necessità di
alcun intento lesivo, ma solo l’oggettiva lesione delle stesse, per quanto non intenzionale: non
importa vedere se l’imprenditore ha un intento di ledere i beni protetti, se vuole far male al sindacato
ledendo libertà sindacale, attività sindacale o diritto di sciopero, perché quando la lesione tocca le
prerogative sindacali, e quindi la tutela di interessi collettivi come nel caso di norme di parte
obbligatoria, quello che conta è la lesione oggettiva di queste prerogative, non l’intento. Interessa,
dunque, solo valutare oggettivamente che il contratto collettivo imponesse obblighi di informazione
preventiva e che tali obblighi non siano stati adempiuti: OGGETTIVAZIONE DELLA CONDOTTA
ANTISINDACALE.
Per concludere il giudice mette sul piano un altro elemento, ovvero l’attualità della condotta: bisogna
guardare anche se il comportamento è ancora attuale nella sua potenzialità lesiva. Il 28 presuppone
una lesione dei beni che sia attuale perché serve a risolvere un problema presente e ripristinare la
fisiologia del conflitto. Deve, perciò, esistere attualmente l’antisindacalità del comportamento perché
altrimenti la funzione del 28 viene meno.
Es: l’imprenditore non concede all’RSA di fare l’assemblea e, perciò, agiscono ex 28. Una volta presentato il ricorso il datore di
lavoro concedere l’assemblea: non vi è più attualità della condotta in quanto il diritto di assemblea è stato, poi, concesso.
L’interpretazione giudiziale è tendenzialmente estesa a coprire anche situazioni nelle quali magari
l’attualità non c’è, o sembra non esserci, ma c’è qualcosa che serve al giudice per capire che il
problema comunque persiste (una restrizione, un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale,
una situazione di incertezza, la portata intimidatoria di un comportamento).
Es: il giudice deve andare a vedere se sia successo altre volte che il datore di lavoro non abbia concesso l’assemblea finché
non hanno agito ex 28 i sindacati; il giudice deve vedere se dietro alla concessione dell’assemblea vi fosse una minaccia o un
comportamento intimidatorio da parte del datore di lavoro.
48
DIRITTO DEL LAVORO
Non è il singolo di atto a rilevare e la sua perdita di rilevanza, ma piuttosto una valutazione su quanto
quel comportamento da porsi come restrizione o ostacolo all’esercizio dell’attività sindacale.
Secondo la Cassazione, è una valutazione che si spinge più in là della valutazione tecnica dell’aver
concesso un diritto, una prerogativa, ma una valutazione che si spinge a verificare in modo lasco il
concetto di attualità: è attuale anche un qualcosa che sembra essersi esaurito, ma per il contesto, le
circostanze e le modalità tende a produrre qualche effetto durevole.
I sindacati volevano sicuramente ottenere la consultazione, il rispetto del contrato collettivo e del loro
ruolo, ma soprattutto in questo caso volevano ottenere, ed hanno ottenuto, di rallentare, di paralizzare
la scelta della multinazionale che spesso, come tutte le multinazionali, ne fa una questione di tempi e
di costi. La multinazionale ha interesse a chiudere il sito produttivo in Italia, ma se un provvedimento
come questo impone all’azienda di tornare indietro e quindi impedisce di andare verso la soluzione
finale, la stessa multinazionale prende un’altra strada, forse chiudendo un altro sito produttivo.
La grande vittoria dei sindacati ora, dunque, non è tanto la rivendicazione ad avere le informazioni
preventive, ma di aver rallentato in modo significativo una vicenda che si sarebbe chiusa in tempi
strettissimi.
Dopo la parte di motivazione, di argomentazione (P.Q.M.) il giudice accoglie il ricorso dei sindacati e
accerta l’antisindacalità della condotta: accerta che la fattispecie concreta sia corrispondente a quella
astratta.
Di fatto il giudice condanna il datore di lavoro a rimuovere la condotta omissiva, cioè non aver
adempiuto agli obblighi previsti dal contratto collettivo (di informazione preventiva che il sindacato
aveva in qualità di soggetto destinatario di questa condizione):
- Accertamento di antisindacalità della condotta di Wartsila
- Per effetto, ordine di cessazione a Wartsila della condotta : ripristino dello status quo ante.
- Ordina di astenersi nel futuro di reiterarla
- Ordina alla resistente di revocare la comunicazione di avvio della procedura ex art 1 comma 227 L.
234/2021 e di adempiere agli obblighi di informazione preventiva previsti dall’art 9 Sez Prima del
CCNL Industria Metalmeccanica (Cioè dal contratto collettivo) dall’accordo integrativo aziendale del
13.04.2016 e dal successivo verbale di accordo 09.05.2018, avviando il confronto con le associazioni
ricorrenti
Infine, il giudice condanna l’imprenditore a risarcire il danno a ciascuna delle legittimate attive per
una somma di €50.000 l’una e condanna a pubblicare a proprie spese il provvedimento per
estratto (intestazione e conclusioni) sui principali quotidiani nazionali. Quest’ultimo tipo di
provvedimento serve a dare maggiore conoscibilità alla decisione del giudice: di solito tale
condanna corrisponde ad una scelta di parte e, dunque, probabilmente sarà stato il sindacato a
chiedere che il giudice infliggesse anche a questo tipo di sanzione.
In poche parole, dice che tutto ciò che ha fatto a posteriori deve essere portato alla situazione
precedente, non perché non potesse farlo, ma perché prima devi dare la informazioni al sindacato
che è titolare di un diritto contrattuale che tu hai violato (tipica funzione di proceduralizzazione dei
poteri dell’imprenditore). Se il contratto collettivo obbliga ad un’informazione preventiva, il datore di
lavoro deve dare l’informazione preventiva
Questo caso ci consente di capire come il 28 sia molto flessibile, che si adatta alle situazioni
concrete.
È da sottolineare che tale ordine imposto dal giudice non viene dato per illegittimità della procedura,
in quanto è nelle piene facoltà e nella piena libertà dell’azienda il poter cessare l’attività o spostare la
sede produttiva in un altro sito, ma viene imposto tale ordine a causa del mancato adempimento
dell’azienda degli obblighi di informazione preventiva presenti all’interno del CCNL e dei contratti
integrativi vigenti nell’unità produttiva.
CONTRATTO COLLETTIVO
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DIRITTO DEL LAVORO
Il CCNL Industria Metalmeccanica è il contratto collettivo nazionale di lavoro, ovvero quel contratto
che i sindacati, a livello nazionale, hanno concluso per tutelare le persone che operano in quel
settore.
ha alla base un atto di autonomia collettiva, frutto dell’accordo tra imprenditori e sindacati.
Tale tipologia di contratto è regolata dalle norme del codice civile, in particolare dalle norme sui
contratti.
È anche una tipologia di contratto che dovrebbe essere regolata dalla Costituzione (art. 39
seconda parte), ma sappiamo che questa parte di norma non è attuata e che, perciò, il
contratto collettivo è frutto dell’autonomia privata collettiva e, quindi, un atto negoziale.
Il CCNL Industria Metalmeccanica è uno dei tanti possibili contratti collettivi che esistono, ma è
importante perché regola i rapporti di lavoro all’interno delle industrie metalmeccaniche, il quale
settore è quello che traina l’economia nazionale: è un contratto che regola a livello nazionale tutti i
casi che appartengono al mondo produttivo metalmeccanico.
I due riferimenti normativi successivi sono contratti collettivi relativi a quella determinata azienda: si
parla di contratto integrativo aziendale e verbale di accordo.
La questione su cui il giudice si pronuncia è la violazione da parte dell’azienda (datore di lavoro) degli
impegni assunti mediante la contrattazione collettiva consistenti nell’obbligo di informazione
preventiva:
L’impresa aveva assunto degli impegni contrattuali volti a comunicare preventivamente al sindacato le
decisioni, le prospettive, le scelte dell’azienda (questo tipo di impegno talvolta è molto importante per
il sindacato, in quanto può sapere con anticipo qualora il datore di lavoro voglia cessare l’attività)
In questo caso il 28 seve a sanzionare una condotta omissiva (il non aver fatto qualcosa) e tale
condotta diventa rilevante perché era un impegno contrattuale collettivo: il contratto ha forza di legge
tra le parti e perciò il datore di lavoro avrebbe dovuto, informare delle scelte aziendali i sindacati per
mantenere fede al contratto
Il 28, perciò, serve anche come applicazione dei contratti collettivi: come strumento che il sindacato
ha a disposizione per far si che il datore di lavoro mantenga gli impegni presi.
La dinamica per cui l’imprenditore non può andarsene senza prima aver informato i sindacati
si chiama proceduralizzazione del potere dell’imprenditore: l’imprenditore, di base, è libero,
ma se si è vincolato ad un contratto, ad un procedimento, deve mantenere quegli obblighi.
PRECISAZIONE
Il contratto collettivo ha al suo interno tutte le clausole che le parti vogliono, a patto che non sia in
contrasto con norme imperative o con principi costituzionali.
I contratti collettivi nazionali hanno un’articolazione molto ampia e sono spesso l’insieme di centinaia
di norme, di pattuizioni, di aspetti che riguardano la regolamentazione dei rapporti di lavoro, ma anche
dei diritti che i sindacalisti pattuiscono con il datore di lavoro in ordine allo svolgimento dell’attività
sindacale.
Se volessimo tracciare delle linee di demarcazione di contenuti, dovremmo operare una grande
suddivisione in due parti:
I. Norme, delle clausole, pattuizioni che corrispondono alla regolamentazione dei rapporti di
lavoro (giorno di risposo, quanto guadagnano i dipendenti, orari di lavoro..): regole di parte
normativa, ovvero quella parte del contratto collettivo dedicata a normare i rapporti di lavoro;
II. Norme che regolano il modo con cui i sindacati parlano con l’imprenditore e, dunque, che
attendono, non ai rapporti di lavoro, bensì alle relazioni sindacali (es: l’esperto è un lavoratore
che in azienda svolge le funzioni di controllo sindacale, non è un RSA, ma nemmeno un
dipendete qualunque): regole di parte obbligatoria, ovvero quella parte che tratta delle
relazioni sindacali.
La distinzione tra parte obbligatoria e parte normativa è fondamentale in quanto ci consente di capire
che il contratto collettivo ha dei contenuti variabili, ma in buona misura è uno strumento che serve per
regolare, da una parte, i rapporti di lavoro dei singoli e, dall’altra, i rapporti tra l’organizzazione
sindacale che firma il contratto e i datori di lavoro.
Tale distinzione è importante anche per una ragione legata sicuramente ai ricorsi ex 28: è chiaro che il
28 tutela interessi collettivi, quei beni protetti dagli artt. 39,40 cost., libertà sindacale, attività
sindacale e diritto di sciopero. La giurisprudenza che si dedica ai 28 adotta tale distinzione anche a
livello pratico per la risoluzione delle controversie, per dare valore al contratto collettivo in quanto tale
o dare valore al ruolo del sindacato.
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DIRITTO DEL LAVORO
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DIRITTO DEL LAVORO
Capiamo che si tratta di una vicenda che riguarda un sindacato sanitario, un ospedale (come datore
di lavoro) e un sindacato che agisce come interveniente
Rispetto ai casi precedenti che erano più legati ad imprese del settore privato, questo ci dice che il 28
è utilizzabile e utilizzato anche in relazione alle amministrazioni pubbliche.
Ricordiamo che il 28 non è uno strumento che spetta alle RSA e a disposizione delle sole
confederazioni maggiormente rappresentative, ma presuppone come termine di legittimazione che è
l’organismo locale dell’associazione nazionale. → è necessaria un’articolazione locale però è
presupposta un’associazione che abbia almeno una rilevanza nazionale
Vicenda In fatto
Vicenda che nasce a seguito di una persona morta in quell’ospedale: la persona viene ricoverata,
operata da un’equipe medico-sanitaria e qualche giorno dopo l’operazione muore. Il problema non è
in sé la morte della persona, ma è che dagli atti successivi risulterà che la persona in questione è
stata operata in modo scorretto. Quindi c’è un problema di grave errore medico, secondo una
prospettiva penalistica parleremo di colpa medica. La questione per il diritto sindacale non è questa,
ma ciò che avviene dopo: un medico, parte di quell’equipe che aveva operato la persona, viene
licenziato. Questo medico è iscritto ed è attivo sindacalmente nell’ambito di questa associazione. Ci
troviamo a guardare una vicenda che per certi aspetti è simile a quella del tribunale di Torino: si
discute nella possibile antisindacalità di un comportamento che è consistito nel licenziamento del
dipendente.
Se volessimo già trarre qualche conclusione, ci troveremo in una situazione plurioffensiva (posizione
del medico licenziato- posizione del sindacato che ha un interesse suo, nella misura in cui la persona
licenziata faceva parte del sindacato).
- PQM
Il giudice respinge il ricorso e compensa le spese del procedimento
+ Compensazione delle spese come deroga alla regola generale
Si ricordi la formulazione processuale: respingere il ricorso presuppone che l’atto introduttivo
delle parti è un ricorso, infatti il 28 recita “su ricorso delle …”
Con il ricorso sopra indicato l'organizzazione sindacale ricorrente esponeva che, a seguito del decesso di
una paziente, avvenuto in data 27/09/2007 dopo un intervento di nefrouretectomia sinistra poi rivelatosi non
necessario, l'Azienda Ospedaliera di Bologna aveva dato corso a procedure disciplinari a carico di alcuni
sanitari coinvolti, a vario titolo, nella vicenda, in costanza e parallelamente alle indagini avviate dalla
Procura della Repubblica di Bologna su medesimo episodio:·
Quando una persona decede a seguito di colpa medica c’è un’azione penale e sarà compito della
procura della Repubblica attivare un procedimento per capire se sussiste una responsabilità penale a
causa di quel decesso. Questa vicenda corre parallela alla analoga procedura che il datore di lavoro
apre internamente, che chiama disciplinare e capiamo essere indirizzata verso l’equipe, volta ad
accertare chi è responsabile: anestesista, medico , chi ha preparato l’operazione … .
Questa responsabilità è di tipo disciplinare , in altri termini è la responsabilità di chi ha operato come
persona al lavoro relativamente al corretto adempimento della prestazione. Ciò che fa il datore di
lavoro è verificare se c’è responsabilità, se qualcuno ha operato non correttamente … .
Ex: io potrei essere un medico assolutamente preparato, fare l’operazione, questa va male e la
persona potrebbe morire. È abbastanza grave che se non ho commesso errori gravi ho adempiuto alla
prestazione di lavoro
Uno dei suddetti procedimenti disciplinari, precisamente quello attivato nei confronti del dott. Giuseppe
Corrado, si era concluso con il recesso dal rapporto di lavoro da parte dell'Azienda, e ciò in violazione
dell'art. 19 del CCNL 03/11/2005 che, secondo l'organizzazione sindacale ricorrente, prevede l'obbligo di
sospensione del procedimento disciplinare, qualora per i medesimi fatti sia pendente procedimento
penale, stante la pregiudizialità del procedimento penale rispetto al procedimento disciplinare.
Qui entra in gioco la dimensione giuslavoristica: c’è un contratto collettivo che si applica a questi
dipendenti, nel quale c’è una norma all’art 19 che dice che quando una persona è accusata in sede
penale, quella cosa può essere contestata anche sul piano del rapporto di lavoro ma è necessario
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DIRITTO DEL LAVORO
aspettare l’esito del processo penale (pregiudizialità): il contratto collettivo dice che prima di prendere
conseguenze lavorative verifica che il giudice abbia concluso il processo penale.
Dunque la regola della pregiudizialità:
1. Accertamento penale
2. Eventuale conseguenza sul piano disciplinare
Questo perché vuole evitare che a fronte di una situazione magari incerta. È una regola negoziale,
non è scritta nella legge ma nel contratto collettivo.
La ricorrente affermava che la violazione della normativa convenzionale, per le circostanze e le modalità in
cui era stata attuata nel caso di specie, assumeva il valore di un attacco diretto all'ordine contrattuale e
quindi alla stessa posizione dei sindacati che tale disciplina avevano contribuito a porre in essere; chiedeva
che, accertato e dichiarato il comportamento antisindacale posto in essere dall 'Azienda Ospedaliera-
Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi in relazione alla mancata sospensione del
procedimento disciplinare a carico del dott. Giuseppe Corrado, si ordinasse alia predetta Azienda
l'immediata cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti prodotti.
L’antisindacalità accusata è il fatto che qui l’azienda ospedaliera ha violato quanto disposto dal
contratto collettivo (licenziando un medico)
Tale norma che pone una pregiudizialità nel rapporto tra procedimento disciplinare e penale è
di parte obbligatoria o normativa? Normativa perché incide nel rapporto di lavoro, volta a dare
garanzia che le persone che lavorano non perdano posto perché accusate di un reato.
La violazione del contratto collettivo è idonea ad integrare la condotta antisindacale così statuita
all’art 28/300? Dipende. In questo caso non è antisindacale, dunque violare una clausola di parte
NORMATIVA può condurre un giudice a dire che non c’è antisindacalità.
Il giudice parla di sistematicità e ripetitività: ciò che conta qui non è tanto la violazione in sé del
contratto collettivo, ma come è stato violato,
Dunque, la parte normativa non è rilevante per i sindacati perché rileva nel rapporto lavorativo, però
se io comincio a violarlo ripetutamente, allora per il contesto-modo e quantità con cui sto violando il
rapporto contrattuale in realtà sto mettendo in discussione il ruolo del sindacato nella sua funzione di
attore negoziale. È questa la linea che il giudice traccia appoggiandosi ad una giurisprudenza
consolidata.
Per riepilogare:
Violazione di norma di parte obbligatoria in sé è ricondotta all’antisindacalità
Violazione di norma di norma contrattuale parte normativa può essere ricondotta ad
antisindacalità ma dev’essere supportata da elementi ulteriori: sistematicità, ripetitività,
circostanze, modalità … . altrimenti. di per sé violare il contratto collettivo nella parte
normativa non è antisindacale.
Atteso che l'art. 19 del CCNL 03/11/2005 (effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro) rientra
indiscutibilmente nella parte normativa del contratto collettivo, in quanto attiene esclusivamente alla
disciplina del rapporto di lavoro e non riguarda in alcun modo le relazioni sindacali, va osservato che dagli
atti e dalla stessa prospettazione di parte ricorrente non emerge alcun comportamento dell 'Azienda
Ospedaliera idoneo ad impedire o limitare la libertà sindacale, né risulta l'intento di sovvertire l'ordine
negoziale o di mettere in discussione il ruolo del sindacato o la sua posizione
Il giudice dice che prende atto che nessuno (né ricorrente né resistente) gli ha detto che c’era stata
una lesione dei beni del sindacato, dunque non c’era antisindacalità.
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DIRITTO DEL LAVORO
Invero, non è contestato quanto si legge alla pag. 2 della memoria di costituzione, e cioè che nei confronti
della maggior parte dei professionisti coinvolti nella vicenda sono stati attivati procedimenti disciplinari,
successivamente sospesi in quanto gli elementi emersi risultavano attinenti esclusivamente ad aspetti
professionali, oggetto di speculare indagine da parte dell'Autorità giudiziaria. Al contrario, nel caso del
dott. Giuseppe Corrado, l'Azienda Ospedaliera, dimostrando di volere correttamente differenziare le
posizioni e le responsabilità dei singoli, ha ritenuto di dover portare a termine l'iter disciplinare e di
adottare il provvedimenti di recesso
Cosa è accaduto? Che l’azienda ha aperto tanti procedimenti quanti erano i membri dell’equipe e per
gli altri ha sospeso il procedimento applicando la norma dell’art 19 contratto collettivo. Solo per quel
medico il contratto collettivo è stato violato, per il motivo che l’azienda ha capito che la persona in
questione- unica rispetto le altre- ha fatto qualcosa in più, cioè:
“la condotta del dirigente è consistita in alterazioni della cartella clinica della paziente e nelle pressioni
esercitate sul personale infermieristico per indurlo a fornire una versione dei falli coerente con il contenuto
apparente della cartella”
È accaduto che la paziente in questione è morta per un’operazione che non andava fatta, ma quel
medico lì ha cercato di modificare la cartella clinica e incitando gli altri, in particolare infermieri a
fornire una versione diversa rispetto a quella che ordinariamente era stata fornita dagli stessi .
Art 28.3.
“Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del
decreto alle parti opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide
con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e
seguenti del codice di procedura civile. “
Una cosa ci interessa sapere: entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti è ammesso
un appello che prende il nome di opposizione, dunque tecnicamente ci si oppone al decreto e lo si fa
di nuovo davanti al tribunale.
Qui il 28 ha però una strumentazione processuale molto particolare anche in appello: si fa davanti allo
stesso giudice con termine molto stretto.
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DIRITTO DEL LAVORO
15 agosto 2008
Alla cortese attenzione del sindacato CIMO-ASMD/ gentile segretario
ricevo il decreto del tribunale di Bologna depositato in data 15 agosto per il quale siamo in termini per
impugnare (l’art 28/L.300/1970 prevede in 15 gg dal deposito il termine per l’opposizione).
Il decreto appare-mi sembra mal motivato-ben motivato-in linea con la giurisprudenza prevalente-
competo-non completo-scarno – MOLTO SINTETICO, forse in ragione della situazione considerata.
Lo stesso è anche in linea con la giurisprudenza in materia- RELATIVA AI CASI DI CONDOTTA
ANTISINDACALE, (se adottiamo la via “a” salvo due profili che vedremo in seguito). Vi sono peraltro
nell’argomentazione del giudice alcuni elementi di debolezza.
a. Alla luce degli elementi che ho a disposizione vedrei gli estremi per proporre un ricorso in
opposizione/per impugnare … perché?
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DIRITTO DEL LAVORO
b. Vedo possibilità di impugnazione se e solo se il sindacato porterà alla mia attenzione elementi
ulteriori/nuovi/al momento non noti … questi elementi sono?
c. Dati gli elementi che ho a disposizione, comunque non c’è lo spazio per impugnare il decreto
(spieghiamo il perché) … perché a) b) c)
A. Gli elementi sui quali baserei il ricorso sono: scrivi le cose a punti, con elenco puntato 1) 2) 3)
1. Il giudice/ il Tribunale di Bologna ha dato eccessivo valore al profilo dell’intento lesivo del
datore di lavoro. Sappiamo invece che la giurisprudenza di cassazione tende a non
considerare tale aspetto (l’intento) ai fini della valutazione dell’antisindacalità/ tende a
considerare l’intento come non rilevante.
2. Gli elementi di prova sono ancora pochi / non vi è stata un’indagine sulla ripetitività e
sistematicità del comportamento dell’azienda
3. Ecc …
Formula finale: Resto a disposizione per ogni eventuale approfondimento e per prendere in
carico l’eventuale difesa/ per dare seguito agli atti per dare seguito all’opposizione / per
tutelare gli interessi del sindacato.
Formula finale:
Ci tengo a ribadire che le possibilità di impugnazione non necessariamente porteranno ad
esito favorevole, ma che comunque porteranno ad una valutazione dei fatti più equilibrata e
un’argomentazione più solida.
resto a disposizione per ogni eventuale approfondimento e di sapere se questi nuovi elementi
sono effettivamente nella disponibilità del sindacato/ mi sarebbe indispensabile avere
contezza di queste informazioni entro e non oltre il prossimo venerdì ed eventualmente sono
disponibile ad intraprendere l’azione in giudizio.
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