Appunti e Riassunto
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Appunti e Riassunto
Nelle pagine critiche di Debussy compaiono alcuni temi ricorrenti, come: la polemica nei
confronti delle istituzioni musicali come i Conservatori, delle musiche troppo costruite e
lontane dalla natura, di Wagner e del wagnerismo, come pure l’incompatibilità con i
musicisti troppo accademici mondani, nonché verso il Prix de Rome (nonostante lo abbia
ricevuto due volte). Però, sono presenti anche altri temi presentati dalla mano
dell’immaginario Signor Croche nei suoi scritti, espressi però non esplicitamente, ma tra le
righe del discorso, sicuramente non meno importanti, che portano all’interno della sua
personalità di musicista e danno la misura della rivoluzione portata dalla sua musica.
Il Signor Croche, nella sua presentazione, afferma che:”La musica è una somma di forze
sparse e se ne fa invece una canzone speculativa! Preferisco poche note del flauto del
pastore egizio; collabora al paesaggio e sente delle armonie che i vostri trattati ignorano. I
musicisti ascoltano soltanto la musica scritta da abili mani; mai quella che è scritta nella
natura”, conclude poi:”Bisogna cercare la disciplina nella libertà e non nelle formule di una
filosofia divenuta buona solamente per i deboli, senza ascoltare i consigli di nessuno se non
del vento che passa e che ci racconta la storia del mondo”. E’ chiaro che il vento è una
metafora sotto cui traspare una concezione del tempo musicale diversa da quella che
aveva dominato fin qui nella musica occidentale. La sinfonia si eleva a simbolo di quel
Esiste un’estetica di Strawinskij? Quali sono i testi da cui ricavarla? Questi quesiti nascono
quando ci si propone di tracciare un ipotetico pensiero istetico di un musicista come
Strawinskij.
A volte ci ritrova davanti a scritti sistematici, o a volte annotazioni prive di rigore, le quali
però aiutano a far luce sul pensiero dell’artista. Prima di Strawinskij troviamo molti esempi
nella storia: da Beethoven a Schumann, arrivando a Berlioz e Schönberg. Negli scritti di
questi musicisti, che sono legati tra loro solamente per la comune esigenza di dare
chiarimenti alle loro opere musicali, il problema che sorge per il critico è stabilire in quale
modo l’opera musicale possa mettersi in relazione con gli scritti estetici o filosofici.
Nel caso di Strawinskij il problema è rilevante, in quanto è frequente il caso di scritti che
sembrano contraddire l’opera.
Il testo da cui partire per delineare un pensiero estetico strawinskiano è la Poétique
musicale, che raccoglie le sette lezioni tenute ad Harvard nel 1940. Le idee esposte in
questo testo è possibile ritrovarle già nelle Cronache della mia vita del 1935, inoltre
verranno poi riprese con qualche correzione nei Colloqui con Robert Craft. Queste
riflessioni sono contemporanee al culmine del periodo neoclassico e non può sfuggire un
rapporto tra la poetica di Strawinskij e le sue più famose opere neoclassiche. Questa
lettura storica della sua estetica come testimonianza del suo operare artistico potrebbe
essere riduttiva e sarebbe sicuramente rifiutata dallo stesso Strawinskij, il quale aspirava
ed esporre verità valide su un piano filosofico generale. E’ importante esaminare il suo
pensiero estetico cercando di separarlo dalla sua attività di musicista.
Strawinskij stesso, con alcune affermazioni, ha dato corpo ad una banalizzazione del
formalismo (formalismo: rivalutazione della forma, o meglio dei valori formali, rispetto al
contenuto, operata in letteratura e nelle arti) e del suo pensiero. Molte volte, si trova in
citato, a riassumere la sua estetica, un estratto dalle Cronache della mia vita:
“Io considero la musica, a causa della sua essenza impotente a esprimere alcunché: un
sentimento, un’attitiduine, uno stato psicologico, un fenomeno naturale, ecc…
L’espressione non è mai stata propria della musica. Se sembra esprimere qualcosa, si tratta
di un’illusione e non di realtà. E’ semplicemente un elemento addizionale (l’espressione) che
le abbiamo imposto, e che per abitudine e incoscienza, abbiamo finito per confondere con
la sua essenza”.
Se l’estetica di Strawinskij fosse riassumibile in queste parole sarebbe visibilmente povera
concettualmente; ma il suo formalismo è in realtà più complesso ed affonda le sue radici in
una tradizione di pensiero estetico e filosofico che proseguirà oltre la Poétique musicale.
I due punti centrali di Strawinskij, strettamente connessi tra loro, si riferiscono:
1) Alla concezione poetica dell’arte, arte come fare, costruire, come confronto con il
materiale e come sfida alle sue leggi ed esigenze;
2) Alla concezione della costruzione musicale come organizzazione del tempo, come
tentativo di far stabilire un ordine tra l’uomo ed il tempo.
Gli ideali di un’ipotetica arte in cui musica e parola siano armonicamente unite, in realtà
hanno sempre fallito, e le teorie a cui hanno ambito i teorizzatori di una Gesamtkunstwerk
(opera d’arte totale) sono rimaste solamente verbali: in questo senso o la musica ingloba le
parole riducendole a suono (fonema), o la parole ingloba la musica riducendola ad
accompagnamento. Eppure il mito di un’unione non ha mai smesso di affascinare poeti e
soprattutto musicisti.
Sarebbe sbagliato voler indicare come dovrebbe avvenire quest’incontro, su quali basi di
perfezione ideale dovrebbe reggersi l’unione; l’incontro trova a modo suo un equilibrio al
di fuori dei canoni indicati: così musica e poesia s’incontrano nella storia secondo modelli
che, nonostante la loro provvisorietà, riescono a reggere dando risultati positivi. E’
interessante come tutta la storia della musica da Platone (427/428 a.C – 348/347) in poi,
sia piena di teorizzatori e riformatori del rapporto squilibrato musica-poesia. Questo non è
certo un problema accademico o problema d’altri tempi; se da Wagner a tanti musicisti del
XXsecolo, si è continuato a cercare di ridefinire il problema, significa almeno che la
questione è ancora aperta, e che forse sia destinata a rimanerlo per sempre. Ma i continui
sforzi dei riformatori dimostrano anche che, se è impossibile e inutile fissare su un piano
teorico i termini dell’incontro tra due stritture così eterogenee, tuttavia queste due arti
nelle loro trasformazioni storiche si affrontano continuamente sotto aspetti diversi, anche
se il nocciolo del problema rimane immutato, dimostra che una qualche relazione ci deve
essere tra i due linguaggi.
Sarebbe possibile affermare che: a nuova musica si coviene nuova letteratura; a nuovo
linguaggio musicale nasce nuovo linguaggio poetico. Sicuramente un testo barocco del
Tasso esige una musica diversa dal testo liturgico della messa. Ma si obietterebbe dicendo
che anche Strawinskij ha musicato la messa. Da questo è possibile capire come siano
ambigui i rapporti musica-letteratura.
Studiando Schönberg (1874-1951) musicista, non si può dimenticare che è stato anche un
saggista, uno scrittore, un pittore ed un teorico della musica. Ricostruire la sua personalità
ideologica non sarebbe difficile in base ai suoi numerosi scritti, e nel ricostruire la sua
biografia intellettuale si è facilitati dalla lettura dei numerosi documenti che ci sono
pervenuti. Il problema però sorge nel capire se questa sua biografia coincida con la sua
musica; quindi il vero problema sta nello stabilire quale tipo di interpretazione della sua
musica possa fornire indicazioni e conferme della sua personalità ideologica.
E’ nota la svolta radicale nella sua personalità a partire dal primo dopoguerra (1° Guerra
Mondiale). L’episodio accaduto a Mattsee (Austria), un paesino in cui ha subito il primo
attacco antisemita nel 1921, gli venne chiesto di presentare il certificato di battesimo, in
quando gli ebrei non erano ospiti graditi. Ciò l’aveva profondamente segnato, e
probabilmente proprio da cui era partita la sua faticosa strada di recupero delle sue radici
ebraiche, perdute dopo la conversione al protestantesimo nel 1898. Il fatto che in quegli
stessi anni inventi la dodecafonia, il nuovo metodo di composizione con dodici suoni, e che
a partire da quegli anni la maggior parte delle sue composizioni rivelino esplicitamente uno
strato etico ebraico, può produrre stupore.
Nelle sue composizioni è impossibile dividere il tessuto musicale dai testi musicati: la
maggior parte delle sue composizioni dopo gli anni Venti sono vocali e su testi composti da
lui stesso. La prima grande composizione di ispirazione ebraica di Schönberg è Moses un
Aron, opera di grande complessità musicale e ideologica. In quest’opera, è impossibile
separare il libretto dalla musica senza perdere la sostanza dell’opera stessa. Il tessuto
musicale è strettamente legato al progetto religioso ed ideologico. Il contrasto Mosé e
Aronne, i personaggi chiave dell’opera, rappresenta l’impossibilità di conciliare la purezza e
durezza del messaggio monoteistico con le esigenze del popolo e il bisogno di dar corpo a
tale idea, ovvero l’idea monoteistica nella sua purezza. Mosé, che rappresenta l’amore per
l’idea monoteistica, e Aronne, che rappresenta l’amore per il popolo, non trovano alcuna
possibilità di conciliazione nell’opera di Schönberg.
Questo contrasto, che rappresenta il motivo centrale dell’opera, si manifesta soprattutto
nel diverso stile di canto di Mosé e Aronne: il primo canta nello stile dello Sprechgesang o
Sprechstimme (Sprechgesang: canto parlato), con il suo monotono cadenzare, mentre il
secondo canta con voce tenorile in uno stile operistico tradizionale. Lo stile di canto di
Mosé ricorda in quale modo la cantillazione biblica; come nel canto sinagogale la musica e
la melodia non devono coprire la parola ma, anzi, devono sottolinearla e completarla nel
Esistono miti antichi, che hanno attraversato secoli e che sopravvivono, anche se in forme
nuove ma sempre riconoscibili nella loro sostanza concettuale. L’antico mito pitagorico
della musica delle sfere o, come è stato chiamato nel Medioevo, della musica mundana, ha
attraversato i millenni, continuando ad innestarsi fino alla musica contemporanea. L’idea
che esiste una musica prodotta dal moto delle sfere celesti, idea che in Occidente ha preso
le mosse dalla scuola pitagorica, trae origine probabilmente dal pensiero orientale; ma vi è
un denominatore comune per tutti i musicisti e pensatori che si richiamano a questa idea.
Tutte le ideologie musicali di carattere mistico che attribuiscono alla musica poteri che
vanno oltre i comuni mezzi di cui si avvale l’uomo per esprimersi, sono imparentate con
l’ideologia della musica delle sfere o della musica mundana. Il pensiero musicale potrebbe
essere diviso in 2 grandi filoni: da una parte l’idea che la musica detiene il potere di
imitiare, di esprimere emozioni o sentimenti; dall’altra l’idea che la musica abbia potesi
sovrumani, che vanno quindi al di là dei comuni mezzi d’espressione umana. Queste due
grandi correnti ideologiche, si sono divise il campo nel corso dei secoli e non è difficile
notare la loro influenza nella storia della musica. Ma le due ideologie potrebbero anche
mescolarsi, rendendo ovviamente più difficile la loro individuabilità; si potrebbe ad
esempio ricordare Beethoven e la tendenza astrattiva delle ultime opere del cosiddetto
terzo stile così lontano dal modo d’intendere e praticare ciò che comunemente si chiama
l’espressività della musica. L’idea della musica come astrazione, come immagine di un
ordine dell’universo altrimenti inaccessibile all’uomo, come espressione del linguaggio più
elevato, intraducibile perché parla una lingua che non ha referenti in questo mondo, è
comune a molti pensatori romantici; ma non si deve pensare che con il pensiero romantico
del XIX secolo il mito della musica delle sfere sia scomparso. In realtà il mito della musica
delle sfere sopravvive anche nel XX secolo; ovviamente la terminologia è cambiata e si può
ravvisare anche una continua nascita di dottrine di musiche che, in realtà riprendono il
concetto che ne sta alla base, l’idea cioè che la musica ha a che fare con una realtà
sovrumana, che rispecchia nel suo microcosmo un ordine del macrocosmo, musica che ha,
quindi, a che fare con le vibrazioni del cosmo con cui si trova in perfetta sinfonia e di cui
aspria a riprodurne i ritmi. Non sono pochi i musicisti del Novecento che si rifanno
implicitamente, ma anche esplicitamente, a queste dottrine: ovviamente cambia il
linguaggio, la terminologia, ma la sostanza concettuale rimane identica, quindi la musica
ha una sostanza sovrumana, che innalza l’uomo al di sopra della sua natura. A ciò è
possibile arrivare, ad esempio, con il calcolo matematico. Un musicista, Giacinto Scelsi
(1905 – 1988), esprime molto accuratamente questa prospettiva pitagorica, non solo nella
sua musica, ma anche nei suoi brevi scritti. Egli afferma:
“Ecco come si deve ascoltare un suono (…). Ribattendo a lungo una nota essa diventa
grande così grande che si sente sempre più armonia, ed essa vi si ingrandisce all’interno, il