Diritto Penale
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Diritto Penale
PENALE
martedì 30 marzo 2021 18:49
“La storia della pena è in continua evoluzione” -Rudolf Von Jhering. Nel corso dei secoli il sistema delle sanzioni penali ha progressivamente attenuato la
sua durezza.
Che cosa legittima il ricorso dello Stato all’arma della pena? Quali sono i presupposti e quali gli scopi che giustificano l’ inflizione deliberata ad un essere
umano di un male terribile come la privazione della libertà personale? La risposta offerta dalle teoria della pena che si pos sono ricondurre a tre filoni
fondamentali
• Teoria retributiva: la pena statuale si legittima per compensare il male che un uomo ha inflitto ad un altro uomo o alla soci età. Disinteressata agli
effetti della pena la teoria viene per questo designata come assoluta: svincolata cioè dalla considerazione di un qualsivogli a fine da raggiungere. Kant
es. il popoli che vive in un’isola. Secondo la logica della teoria redistributiva si punisce perché è giusto non perché la pe na sia utile in vista di
qualsivoglia finalità
• Teoria generalpreventiva: pena messo per orientare le scelte di comportamento della generalità dei suoi destinatari, fa leva su gli effetti di
intimidazione correlati al contenuto afflittivo della pena. L’effetto di prevenzione generale viene perseguito inoltre attrav erso l’azione pedagogica della
norma penale: si confida che con il tempo la collettività crei una spontanea adesione ai valori espressi dalla legge penale. L’effetto di orientamento
culturale dovrebbe sostituirsi all'obbedienza dettata dal timore della pena
• Teoria specialpreventiva: pena come strumento a prevenire che l'autore di un reato commetta in futuro altri reati. Questa fun zione può essere assolta
in tre forme
○ Risocializzazione cioè dell’aiuto del condannato a inserirsi o reinserirsi nella società nel rispetto della legge
○ Intimidazione rispetto alle persone per le quali la pena non può essere strumento di risocializzazione
○ neutralizzazione quanto il destinatario della pena non appaia suscettibile ne di risocializzazione ne di intimidazione, l’uni co obiettivo è di renderlo
inoffensivo
Non esiste una teoria della pena che si imponga come vincente per la sua superiore razionalità: la legittimazione della pena varia a seconda del tipo di
Stato in cui si pone il problema
• Stato teocratico legittimarsi sulla falsariga della giustizia divina come retribuzione del male immanente al reato
• Stato totalitario pena ha il compito di ottenere a qualsiasi prezzo la fedeltà alla legge e si reprime ogni reato come sintom o di ribellione
Nel nostro ordinamento bisogna muovere dai lineamenti dello Stato descritto dalla Costituzione italiana. La risposta cercata procedendo ad un esame
separato dei singoli poteri dello Stato perché concorrono tutti all’esercizio della potestà punitiva
• Potere legislativo compete il compito di selezionare i comportamenti penalmente rilevanti e minacciare le pene ai trasgressor i
• Potere giudiziario accertare la violazione e infliggere le pene adeguate al caso concreto
• Potere esecutivo curare l’esecuzione delle pene inflitte dal giudice
PREMESSA
Struttura del reato è sottoposta a condizionamento da parte del tipo di Stato: sia nella forma sia nei contenuti, il reato è un’entità giuridica storicamente
condizionata
IL FALLITO ATTACCO DALLA SCUOLA POITIVA AL DIRITTO PENALE DEL FATTO: IL REATO COME SINTOMO DI PERICOLOSITA' INDIVIDUALE
Mentre la dottrina prevalente concepisce il reato come offesa ad un bene giuridico, un filone dottrinale (la c.d. Scuola posi tiva) mutua e traduce in schemi
giuridici un nuovo indirizzo criminologico. Il fenomeno criminale avrebbe le proprie radici nell’”uomo delinquente”: la lotta alla criminalità dovrebbe rivolgersi
non tanto contro il reato quanto contro il reo. L’idea che la pena debba essere utilizzata per difendere la società da persone pericolose e che la sua durata
debba essere “assolutamente o relativamente indeterminata e cioè venir meno solo col cessare della pericolosità”.
In primo piano nel diritto penale dovrebbero essere posti tipi di persone socialmente pericolose: la pena potrebbe essere app licata anche in presenza di
qualsiasi sintomo di pericolosità individuale. Al limite il codice penale potrebbe ridursi a un solo articolo “ogni uomo soci almente pericoloso va reso innocuo
nell’interesse della collettività”.
I risvolti illiberali sono evidenti: si affidano al giudice poteri incontrollabili autorizzando il giudice a protrarre sostan zialmente ad libitum la privazione della
libertà. Proprio per la marcata connotazione illiberale la concezione sistemica del reato viene attaccata da chi contesta la visione complessiva del diritto
penale propugnata dalla Scuola positiva
B) PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA
Il ricorso alla pena da parte del legislatore si legittima soltanto in relazione ad offese recate colpevolmente: ad offese ci oè che siano personalmente
rimproverabilità al loro autore. Principio dotato di rango costituzionale e che è strettamente correlato alle funzioni della pena
• A quella generalpreventiva perché essendo il fini della comminatoria legale delle pane quello di orientare le scelte di compo rtamento dei consociati,
gli effetti motivanti casi perseguiti possono essere raggiunti solo se il fatto vietato è frutto di una libera scelta dell’ag ente (no senso se fuori dalla suo
sfera di controllo)
• Alla funzione specialpreventiva perché la rieducazione del condannato “postula almeno la colpa dell'agente in relazione agli elementi più significativi
della fattispecie tipica”
ACCESSORIETA' E AUTONOMIA
I rapporti tra diritto penale e gli altri rami dell'ordinamento
• Vi sono norme incriminatrici in rapporto di accessorietà con gli altri rami dell'ordinamento: disciplinano materie in parte g ià giuridicamente preformate
dal diritto civile o amministrativo, alle cui regole il giudice penale dovrà fare riferimento: applicare quelle regole giurid iche extra-penali
• Altre norme incriminatrici sono invece caratterizzate da autonomia, in primo luogo come autonomia del significato da attribui re a un dato termine pur
presente in altri rami. La legge stabilisce che cosa significa “agli effetti della legge penale”; non di rado in via di inter pretazione che si piega e si adatta
il significato del termine alle esigenze di tutela di beni giuridici che informano una data norma incriminatrice: emblematica è la nozione di “possesso”
do una cosa mobile all’interno dell'appropriazione indebita che ha spazi più ampi rispetto alla nozione di diritto civile.
L'autonomia anche sotto altri aspetti. Se ne amplia in via interpretativa il raggio di azione reperimento fatti che non trove rebbero tutela in altri rami
dell'ordinamento. Più frequentemente l’autonomia del diritto penale si afferma di fronte all’invalidità civilistica di un neg ozio, che non si ripercuote sulla
configurabilità del reato consistente nella stipulazione di quel negozio, purché siano presenti tutti i requisiti di validità eccettuato quello per cui il fatto
costituisce reato
REGOLE PROBATORIE
La prova della sussistenza degli elementi costitutivi di un reato è governata da regole di giudizio il cui significato è univ oco: l’onere di provarli incombe
sull’accusa. Regola di rango costituzionale ad imporlo presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva (art. 27 co. 2 Cost.).
Il codice di procedura penale fissa le regole probatoria sulla cui base, in esito al giudizio, va pronunciata la sentenza di assoluzione: non solo quando vi è
una prova che “il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla le gge come reato ovvero il reato è
stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione” ma anche in situazioni di dubbio: “manca, è insuff iciente o è contraddittoria la
prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato commesso da persona non imputabile”. L’in dubio pro
reo vale per tutti gli elementi dalla cui assenza o presenza dipende l’affermazione della responsabilità , comprese le cause di g iustificazione e di non
punibilità.
In base all’art. 533 co. 1 c.p.p. una sentenza di condanna deve essere pronunciata solo quando l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole
dubbio.
All’incredibile atrocità del sistema sanzionatorio settecentesco il pensiero Illuministico reagì in due direzioni: invocando limiti alla potestà punitiva dello
Stato, a cominciare dal principio di legalità cioè della riserva alla riserva alla legge per mettere al sicuro il cittadino dagli arbitri del potere esecutivo e
giudiziario, e chiedendo pene più miti.
Le esigenze di garanzia del principio di legalità sono tuttora irrinunciabili.
Il monopolio del potere legislativo nella scelta dei fatti da punire e delle relative sanzioni è frutto del pensiero Illuministico, in particolare si deve a
Montesquieu l’affermazione del primato della legge in materia penale; Beccaria evidenzia inoltre il principio di precisione della legge penale; Feuerbach
infine conia la formula “nullum crimen, nulla poena sine lege” individuando due ulteriori corollari della riserva di legge: il divieto di analogia e il principio di
determinatezza (provato nel processo).
Anche dopo l’avvento del fascismo si consente la riaffermazione del principio di legalità nel codice penale, sancita dall’art. 1 cp “nessuno può essere punito
per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, ne con pene che non siano da essa stabilite” esteso anche alle misure di
sicurezza di cui all’art. 199 cp “nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla leggi e fuori dai casi dalla
legge stessa provveduto”. L’art. 14 prel. divieto di analogia “le leggi penali.. non si applicano oltre i casi e i tempi in essa considerati”.
La Costituzione recepisce il principio di legalità all’art. 25 co. 3 “nessuno può essere punito se non in forza di una legge” mentre il co. 3 “nessuno può
essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.” . Ha così forza vincolante anche nei confronti del legislatore:
• Riserva tendenzialmente assoluta di legge formale
• Principio di precisione
• Principio di determinatezza: non incriminare fatti insuscettibili di essere provati nel processo
• Principio di tassatività: divieto analogia
Matrice politico-istituzionale, scaturisce dai principi dello Stato liberale di diritto in particolare dall'idea che compete al Parlamento la potestà punitiva
essendo il potere esecutivo espressione della sola maggioranza e il potere giudiziario privo di investitura da parte dei cittadini. Con l'affermarsi dello Stato
democratico il Parlamento diventa espressione della volontà dell’intero popolo:; assicurare una più forte legittimazione politica
DIRITTO UE
Fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona non vi era alcun dubbio sul fatto che nessuno dei trattati istitutivi attribuisce in forma espressa la potestà di
creare norme incriminatrici: tutelare direttamente gli interessi comunitari soltanto con sanzioni amministrative. L’unione nondimeno poteva imporre al
legislatore l’obbligo di emanare norme penali a tutela di determinati interessi.
Per ciò che concerneva il primo pilastro aveva evitato di imporre agli Stati obblighi di criminalizzazione espliciti; ma l'esistenza era comunque stata fermata
più volte dalla Corte di Giustizia nel quadro di procedimento per infrazione avviati contro gli Stati membri. Es. attraverso lo strumento della direttiva la
richiesta di apprestare una tutela “adeguata” ovvero “efficace, proporzionate e dissuasiva” e tale standard a giudizio della Corte raggiunto in concreto solo
CONSUETUDINE
Il principio di riserva di legge preclude la creazione di norma incriminatrice da parte della consuetudine (consuetudine incriminatrice). Non vi è spazio
neppure per la consuetudine integratrice e cioè per il rinvio della legge alla consuetudine per l'individuazione di un elemento di reato
• La responsabilità nei reati commissivi mediante omissione non possono essere ricompresi gli obblighi di fonte consuetudinaria: la loro congenita
imprecisione dilaterebbe in modo incontrollabile l’arbitrio del giudice nell'individuazione dei presupposti in presenza dei quali sorge l'obbligo di
impedire un evento penalmente rilevante. La consuetudine non può essere neppure fonte di regole di diligenza, prudenza, perizia, la cui inosservanza
integra la colpa
Il principio di gerarchia impedisce poi che possa produrre l'abrogazione di norme legislative incriminatrici (consuetudine abrogatrice) (art. 15 prel. solo da
leggi posteriori).
Le norme consuetudinarie possono invece essere fonte di cause di giustificazione (consuetudine scriminante) in quanto oggetto della riserva di legge sono
soltanto le norme incriminate, ciò però a condizione che sia richiamata da una norma di legge (art. 8 prel.)
CORTE COSTITUZIONALE
La riserva di legge non preclude il controllo di costituzionalità delle norme incriminatrici quando ne derivi un effetto in bonam partem: cioè quello di eliminare
una figura di reato, di ridurre il campo di applicazione ovvero di mitigare le sanzioni previste dalla legge; ne preclude il controllo di una legge di
depenalizzazione che abbia irragionevolmente mantiene in vita fatti omogenei a quelli trasformati in illeciti amministrativi
La riserva di legge esclude che la corte costituzionale possa produrre un effetto malam partem: possa cioè ampliare comportamenti penalmente rilevanti o
inasprire le sanzioni; esclude altresì che sindacando la legittimità di nome che aboliscono un reato o lo trasformano in illecito amministrativo, faccia rivivere
la figura del reato
• L’unica ipotesi può sindacare una norma che abbia abilito un reato che rappresenti l'attuazione di un obbligo costituzionale espresso di incriminazione
La Corte Costituzionale ritiene di poter sindacare la legittimità delle norme penali di favore, dichiarando l'incostituzionalità per quelle norme che apprestano
un trattamento più favorevole con le tecniche più disparate. questo perché ha sottolineato che le norme di favore non sono una zona franca sottratta al
controllo di legittimità
• Sentenza guida è quella che ha dichiarato l’illegittimità per manifesta irragionevolezza di una legge del 2004, che modifica la precedente disciplina
generale dei reati di falso elettorale, isolava come ipotesi speciali due figure di reato, declassandole dall’originario rango di delitti puniti con grande
severità a bagatelle contravvenzioni sanzionate con la sola ammenda
Va d'altra parte sottolineato che il sindacato di legittimità costituzionale su norme di favore in può essere veicolo attraverso il quale la Corte sostituisca le
proprie valutazioni politico-criminali a quelle espresse dal legislatore
Per mettere al sicuro il cittadino dagli arbitri del potere giudiziario si impone al legislatore un triplice ordine di obblighi
• Lo vincola a formulare le norme nella forma più chiara possibile → principio di precisione
• Incriminare solo fatti suscettibili ad essere provati nel processo → principio di determinatezza
• A imporre al giudice il divieto di estensione analogica → principio di tassatività
IL PRINCIPIO DI PRECISIONE
FONDAMENTO
Evitare che il giudice assuma un ruolo creativo: i confini tra lecito e illecito devono essere posti in via generale ed astratta dal legislatore, e al giudice
compete colo l’applicazione della legge. Il principio di precisione è garanzia per la libertà e la sicurezza del cittadino il quale solo in “leggi precise e chiare”
può “trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato”
Il rispetto del principio di precisione è indispensabile anche per assicurare una serie di esigenze proprie del sistema penale.
• Perché la minaccia legislativa della pena operi come strumento di prevenzione generale, cioè intimidazione dei potenziali autori del reato: il cittadino
deve sapere
• Inoltre leggi imprecise non consentono di muovere all’agente un rimprovero di colpevolezza: la Corte Costituzionale ha ritenuto che si possa invocare
a propria scusa l’erronea interpretazione della legge penale provocato dalla “assoluta oscurità del testo legislativo”
• Assicurano all’imputato il pieno esercizio del diritto di difesa: individuare l’oggetto dell’accusa e quindi di fornire elementi di prova a sua discolpa
NELLA GIURISPRUDENZA
La costante giurisprudenza della Corte Costituzionale individua il principio di precisione tra le componenti del principio di legalità, come espressione dello
sbarramento che la riserva di legge frappone agli interventi del potere giudiziario. Tale enunciazione viene richiamata in una recente pronuncia relativa
all’art. 612 bis cp (delitto di atti persecutori) nella quale si evidenzia il nesso tra il principio di precisione e di determinare: la corte afferma che, nel vagliare la
conformità di una norma incriminatrice al principio di legalità, si tratta di “accertare, da una parte, la intelligibilità del precetto in base alla sua formulazione
linguistica e, dall'altra, la verificabilità del fatto, descritto dalla norma incriminatrice, nella realtà dei comportamenti sociali”. Peraltro la Corte per lungo tempo
ha sistematicamente rigettato le censure di imprecisione mosse dai giudici di merito nei confronti di questa o di quella norma incriminatrice. A partire dagli
anni Ottanta ha iniziato a valorizzare il principio di precisione non solo sul piano delle enunciazioni di principio, ma anche dichiarando costituzionalmente
illegittime talune norme sottoposte al suo sindacato. Il principio viene talora valorizzato anche come criterio interpretativo delle norme penali, che impone al
giudice di optare tra i diversi possibili significati della norma per quello che meglio soddisfa le esigenze di precisione. In questo senso, ad esempio, in un
primo tempo la Corte ha salvato la norma incriminatrice dell’art. 9 co. 2 l. 1423/56 (in tema di misure di prevenzione, Codice antimafia), la quale si punisce
l’inosservanza delle prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale e dunque, dall’altra, l’inosservanza della prescrizione di
“vivere onestamente” → “vivere onestamente” appare di per sé generica e suscettibile di assumere una molteplicità di significati. Tuttavia se collocata nel contesto di
tutte le altre prescrizioni previste dal menzionato art. 5 e se si considera che è elemento di una fattispecie integrante un reato proprio assume un contenuto più preciso
IL PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA
Esigenza, già dagli Illuministi, che le norme penali descrivono fatti suscettibili di essere accertati e provati nel processo; Corte Costituzionale “l’onere di
formulare ipotesi che esprimano fattispecie corrispondenti alla realtà”
La Corte Costituzionale, nella prima sentenza di accoglimento fondata sull’art. 25 co. 2 Cost., ha dichiarato illegittima la norma incriminatrice del plagio, che
puniva “chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”; “non si conoscono ne sono accertabili i modi
con i quali si può effettuare l’azione psichica del plagio ne come è raggiungibile il totale stato di soggezione che qualifica questo reato… ipotesi non
verificabile nella sua effettuazione e nel suo risultato non essendo individuabili ne accertabili le attività che potrebbero concretamente esplicarsi per ridurre
una persona in totale stato di soggezione”. Per contro la corte nel rigettare una questione di legittimità relativa al delitto di atti persecutori ha ravvisato che
non contrasti con il principio di determinatezza: reiterate minacce e molestie che comportino eventi quali un perdurante stato d’ansia o di paura ovvero un
fondato timore per la propria incolumità o del prossimo congiunto ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita integrano “comportamenti effettivamente
riscontrabili nella realtà”
PRINCIPIO DI TASSATIVITÀ
Il divieto di analogia opera soltanto in malam partem; il divieto di analogia non si estende alle norme che escludono o attenuano la responsabilità (analogia
in bonam partem). Ricorso incontro a tre limiti:
• La norma non deve già ricomprendere il caso in esame, neppure se interpretata estensivamente
• La lacuna individuata dall'interprete non deve essere intenzionale cioè frutto di una precisa scelta del legislatore
• La norma favorevole non deve avere carattere eccezionale
La riserva di legge abbraccia non soltanto i reati ma anche le relative sanzioni, nel senso che la legge deve prevedere il tipo, i contenuti e la misura delle
pene.
Vincola innanzitutto il giudice: l’art. 1 cp dispone che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge,
ne con pene che non siano da essa stabilite”. La Corte di Cassazione controllando il rispetto del principio di legalità ha in effetti annullato pronunce di
condanna a pene diverse da quelle previste dalla legge
• Protagonista Silvio Berlusconi nella sent. 35729/2013 ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Milano la sentenza di merito che, nel pronunciare
condanna a 4 anni di reclusione per frode fiscale, aveva disposta la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. La Corte ha ritenuto
che la disciplina applicabile fosse un’altra che prevede “l’interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a 3
anni”
Il principio vincola anche il legislatore disponendo che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge” indica che devono trovare la loro fonte nella
legge. La Corte Costituzionale ha attribuito carattere assoluto alla riserva di legge in materia di pene. Peraltro il rigore con cui ha interpretato il principio di
legalità la Corte sembra eccessivo, giacche nulla autorizza a ritenere che la riserva di legge in materia di sanzioni abbia carattere più rigoroso che in
materia di reati: a nostro avviso si tratta dunque di riserva tendenzialmente assoluta.
La legge deve determinare il tipo delle pene applicabili dal giudice per ciascuna figura di reato: ciò può avvenire sia nella stessa norma incriminatrice asia
attraverso clausole generali.
La legge deve inoltre determinare con precisione il contenuto delle sanzioni penali. Sembra pertanto dubbia, ad es. la legittimità costituzionale della
disciplina dell’affidamento in prova al servizio sociale, una misura alternativa alla detenzione.
La legge deve infine determinare la misura delle sanzioni penali. Il più elevato grado di precisione verrebbe assicurato da un sistema di pene fisse. Vi sono
peraltro nella Costituzione alcuni principi che richiedono l'individuazione della pena da parte del giudice, in antitesi ad un rigida e invariabile
predeterminazione. Il punto di equilibrio predeterminazione legale, per ogni figura di reato, di una cornice di pena, cioè un minimo ed un massimo
Serie di corollari
• Il principio di legalità si oppone alla previsione di pene indeterminate nel massimo, verrebbe lasciata all’arbitrio del singolo giudice
• La Cornice edittale deve essere individuata con precisione
• La cornice edittale non deve essere troppo ampia, impongono al giudice di farsi legislatore del caso concreto formulando propri autonomi giudizi di
disvalore sulla stessa figura astratta di reato
• Esige che la legge detto criteri vincolanti per il giudice nella comunicazione della pena, prendendo posizione sui fini della pena cui deve ispirarsi il
giudice nella commisurazione
Le misure di sicurezza sono sanzioni (personali o patrimoniali) applicabili in aggiunta alla pena nei confronti di soggetti imputabili o semimputabili, ovvero in
luogo della pena nei confronti di soggetti incapaci di intendere e di volere. Al pari delle pene soggiacciono al principio di legalità ed è vietata al giudice
l'applicazione di misure diverse da quelle stabilite dalla legge e per i casi non preveduti dalla legge
• Il giudice di merito non può disporre una misura di sicurezza tipica: ciò che si verifica ogniqualvolta una misura presenti, nella durata o nei contenuti,
caratteri difformi dal modello legale
Anche per le misure di sicurezza il principio di legalità è stato innalzato al rango di principio costituzionale art. 25 co. 3 cp. ne deriva che il legislatore
ordinario non può delegare a fonti subordinate ne può dettare una disciplina imprecisa o indeterminata.
Il primo presupposto è la commissione di un fatto preveduto dalla legge come reato o come “quasi reato”: deve essere la legge a prevedere espressamente
l'applicabilità della misura di sicurezza
Il secondo presupposto è la pericolosità sociale dell’agente cioè la probabilità che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La disciplina
vigente non sembra peraltro compatibile con il principio di precisione. Per soddisfare il principio di precisione il giudizio di pericolosità dovrebbe essere
riferito alla futura commissione non di qualsivoglia reato, bensì di ben determinate classi di reati; la legge dovrebbe inoltre individuare una serie di elementi
effettivamente sintomatici della pericolosità sociale e non limitarsi ad un generico richiamo ai caratteri dettati dall’art. 133 cp per la commisurazione della
pena; infine la legge dovrebbe consentire il ricorso alla perizia sulla personalità dell’imputato già nel momento in cui il giudice ordina la sottoposizione a una
misura di sicurezza
La riserva di legge esige inoltre che il legislatore individui il tipo di misura di sicurezza applicabile dal giudice. Del tutto insignificante appare l’impegno del
legislatore nella individuazione dei contenuti di misure di sicurezza: sia delle misure personali detentive, sia di quelle non detentive
• Misure di sicurezza personali non detentive l’art. 228 co. 2 cp ad es. dispone che “alla persona in stato di libertà vigilata” siano “ imposte dal giudice
prescrizioni idonee ad evitare situazioni di nuovi reati”; nella formulazione così vaga lascia valutazioni al singolo giudice
A differenza di quanto detto per le pene, la riserva di legge tollera di per sé misure di sicurezza indeterminate nel massimo, trattandosi di un carattere
connaturato a tale sanzione, in ragione della sua dipendenza della pericolosità sociale dell’agente, cioè da uno stato personale che non è dato stabilire a
priori. Va peraltro segnalato che, limitatamente alle misure di sicurezza detentive, il legislatore ha di recente scelto di ancorare la durata massima della
misura la minimo edittale della pena detentiva
La fedeltà del giudice alla legge è incarnata dal divieto di analogia in malam partem che vieta al giudice di ricondurre sotto la norma casi non riconducibili a
nessuno dei suoi possibili significati letterali. La lettera è però soltanto il limite esterno; entro questo limite interpretazione sistematica denominata
“interpretazione conforme alla Costituzione” che comporta l’adozione di una serie di criteri selettivi dei fatti penalmente rilevanti
• Il principio di offensività
• Principio di colpevolezza
• Principio di precisione
• Obbligo di interpretazione conforme alla normativa europea
Le restanti regole che presiedono all'attività interpretativa
• Armonizzare i contenuti con gli obblighi internazionali: particolare rilevo interpretazione conforme alla CEDU
• Interpretazione sistematica delle norma con altre disposizioni di legge ordinaria, interpretazione a fortiori (= a maggior ragione) che impone di chiarire i
LIMITI TEMPORALI
In uno Stato liberale di diritto il cittadino deve poter sapere, prima di agire, se dal suo comportamento potrà derivare una responsabilità penale e quali
siano le eventuali sanzioni: solo a queste condizioni può compiere libere scelte d'azione. Se invece il giudice o il legislatore potessero disporre ex post il
cittadino sarebbe alla mercé dello Stato. Ecco perché i fondatori dei principi dello Stato liberale di diritto hanno introdotto il principio di irretroattività delle
norme penali sfavorevoli all’agente.
Il rispetto del principio di irretroattività delle norme che contengono nuove incriminazioni è imposto al giudice dall’art. 2 co. 1 cp “nessuno può essere
punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”. L’art. 2 co. 4 co vieta inoltre di applicare retroattivamente
una legge successiva sfavorevole al reo: “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni
sono più favorevoli al reo”. Principio di rango costituzionale art. 25 co. 2 Cost. “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso”. Duplice ratio
• Mira a garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze. Garantirgli certezza di libere scelte d’azione sia per
consentirgli poi di compiere scelte difensive sulla base di ragionevoli ipotesi circa i concreti scenari sanzionatori a cui potrebbe andare incontro in
caso di condanna
• Garanzia dell’individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo
Enunciato anche in svariate fonti sovranazionali: ha pertanto ragno costituzionale anche attraverso l'intermediazione dell’art. 118 co. 1 Cost. A norma
dell’art. 7 CEDU “nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il
diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.”;
nonché l’art. 49 della Carta di Nizza.
Decisive ripercussioni sulla configurazione e sul funzionale nto del sistema penale
• Strumento di prevenzione generale: se infatti il fine della comminatoria della pena risiede nella intimidazione, l’effetto motivante così perseguito può
essere raggiunto solo se il comportamento vietato viene fissato nella legge prima del fatto
• Principio di irretroattività impone al legislatore di includere fra i presupposti dell'applicazione della pena la colpevolezza dell’agente
Il principio di irretroattività della legge opera anche al di fuori della materia penale, vincolando il giudice. L’art. 11 prel. stabilisce che “la legge non dispone
che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Tuttavia non essendo coperta da garanzia costituzionale non impedisce di emanare leggi con efficacia
retroattiva ove sussista una ragionevole “causa giustificante”. La garanzia della irretroattività, accordata dall’art. 25 co. 2 Cost, è stata estesa dalla Corte
costituzionale anche alle disposizioni che inaspriscono le sanzioni amministrative. Nella prospettiva del diritto internazionale (art. 117 co. 1 Cost.) artt. 6 e
7 CEDU si ricava che tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale. Dal principio di
irretroattività delle sanzioni amministrative ha tenuto conto anche il legislatore, in occasione di recenti interventi di depenalizzazione; sanzioni
amministrative per gli illeciti depenalizzati si applichino anche ai fatti pregressi ma non può essere irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di
importo superiore al massimo della pena originariamente comminata per il reato
Si configura una nuova incriminazione quando la legge individua una figura di reato integralmente nuove (es. art. 615 bis cp incriminato ex novo il fatto di
“chiunque, mediante l’uso strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata”; perimetro nuova
classe di comportamenti in aggiunta a quelli già contemplati nella norma che puniva la violenza di domicilio art. 614 cp). Una nuova incriminazione può
essere altresì il risultato dell'ampliamento di figure di reato preesistenti: si da interventi su disposizioni di carattere speciale, sia da interventi su disposizioni
della parte generale
Ci si domanda se il principio operi non già di un modifica normativa bensì un mutamento dell'intercettazione giurisprudenziale-. Il problema è da tempo
presente nella giurisprudenza di altri Paesi. Nella giurisprudenza italiana il problema è emerso recentemente: la Corte di Cassazione ha affermato il
principio secondo cui non è consentita l’applicazione retroattiva dell'interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato non
era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa → coerente con l’esigenza di conoscibilità della legge penale che discente
dal principio di colepevolezza. La soluzione richiama la giurisprudenza della Corte EDU che ha individuato nella conoscibilità della legge penale e nella prevedibilità della
decisione giudiziaria due corollari del principio di irretroattività sancito dall’art. 7 CEDU.
Non solo alle leggi che prevedano nuove incriminazioni, man anche a quelle che comportino un trattamento penale più severo per un fatto già preveduto
come reato: non possono essere applicate retroattivamente leggi che prevedano pene principali, pene accessorie e effetti penali della condanna più
severi. In generali non può trovare applicazione retroattiva una legge che modifichi in senso sfavorevole al reo la disciplina di istituti che in vario modo
incidono sul trattamento penale: ad esempio, le circostanze del reato, la sospensione condizionale della pena, le pene sostitutive delle pene detentive e le
misure alternative alla detenzione. Per stabilire se sia più sfavorevole il giudice deve effettuare un giudizio in concreto confrontando i risultati che
deriverebbero dall'applicazione. Per analogo procedimento invece 0 per l'individuazione della legge più favorevole all’agente
L’art. 25 co. 3 Cost. enuncia il principio di legalità ma non il principio di irretroattività; inoltre l’art. 200 cp co. 1 e 2 stabilisce che “e misure di sicurezza
sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica
la legge in vigore al tempo della esecuzione”. A nostro avviso gli spazi per l'applicazione retroattiva della disciplina relativa alle misure di sicurezza sono
assai circoscritti: l’art. 200 cp deve essere letto in modo restrittivo. L’art. 200 cp disciplini ipotesi in cui il fatto fosse previsto come reato già al tempo della
sua commissione e la legge del tempo prevedesse l’applicabilità di una misura di sicurezza ma una legge successiva abbia disciplinato diversamente le
modalità di esecuzione della misura. In questo caso impone al giudice di cognizione di applicare la legge in vigore al momento; se poi la legge in vigore al
momento dell’esecuzione è ancora diversa, il giudice di esecuzione dovrà applicare la nuova legge.
Dall'interpretazione dell’art. 200 cp discendono due corollari
• Non può essere applicata una misura di sicurezza a chi abbia commesso un fatto che, al momento della sua realizzazione, non era preveduto dalla
legge come reato. L’esigenza che la legge preveda il fatto come reato è uno dei normali presupposti per l’applicazione delle norme di sicurezza
• Una misura di sicurezza prevista da una legge posteriore non può trovare applicazione nel caso in cui la legge del tempo in cui il soggetto ha agito
configurasse il fatto come reato, ma non prevedesse l’applicabilità della misura. Il giudice non potrà applicare la misura di sicurezza a chi abbia agito
prima dell’entrata in vigore della legge che ha previsto la misura.
In assenza di una copertura costituzionale questa regola potrebbe peraltro essere derogata in forma espressa dal legislatore, il quale contestualmente alla
previsione della misura di sicurezza potrebbe stabilire che la misura si applichi retroattivamente. Possibilità non illimitata. C'è il rischio che il legislatore
operi una “frode di etichetta” qualificando come misura di sicurezza una sanzione che abbia i connotati sostanziali di una pena: in questi casi ancorché
qualificata come misura di sicurezza si opporrebbe al principio di irretroattività. Proprio alla luce degli artt. 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost. un recente
orientamento giurisprudenziale ha escluso l’applicazione retroattiva di alcune ipotesi speciali di confisca, dopo averne affermato la sostanziale natura di
pene e non già di misure di sicurezza. La Corte Costituzionale e le Sezioni Unite della Cassazione hanno del pari qualificato come pena, escludendone
l’applicazione retroattiva, della confisca obbligatoria del veicolo conseguente alla condanna per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza. Si è a talk
senso sottolineato, tra l’altro, che il veicolo guidato dal contravventore non è una cosa intrinsecamente pericolosa, riconducibile alle ordinarie ipotesi di
confisca e che la natura essenzialmente sanzionatoria e non già preventiva della confisca di cui si tratta è confermata dalla circostanza che la misura è
applicabile anche quando il veicolo dovesse risultare incidentato e quindi temporaneamente inutilizzabile e dunque privo di pericolosità oggettiva
Non sono ricomprese nel divieto di retroattività le norme che regolano il processo penali perché tali norme non interferiscono con le libere scelte d'azione
del cittadino. Per la materia processuale opera il principio tempus regit actum il quale gli atti processuali già compiuti conservano la loro validità anche
dopo un mutamento della disciplina legislativa mentre gli atti da compiere sono immediatamente disciplinati dalla nuova legge processuali.
In alcuni casi è pacifica l’appartenenza di una determinata disciplina alla materia processuale e quindi la riconducibilità al principio tempus regit actum: es.
disciplina delle impugnazioni. Altre volte l’appartenenza di una norma al diritto processuale penale o al diritto penale sostanziale è invece controversa con
la conseguenza che per una serie di istituti che si collocano ai confini tra i due settori dell’ordinamento si pone il problema se siano o meno interessati dal
divieto di retroattività; per risolvere bisogna far capo alla funzione assegnata dalla Costituzione al principio di irretroattività.
Problematica è l’efficacia nel tempo di una legge che allunghi la durata del tempo necessario per la prescrizione del reato. Occorre distinguere se il tempo
si già decorso o meno. Nel primo caso un’applicazione retroattiva va senz’altro esclusa; per contro prima che sia maturata potrebbe trovare applicazione
retroattiva e non urterebbe il principio di irretroattività: la ratio e quella di soddisfare l’aspettativa del cittadino di sapere preventivamente di quale misura
potrà essere punito e non già di quanto tempo dovrà stare nascosto dopo aver commesso il fatto. Confermata dalla giurisprudenza della Corte EDU e in
gran parte della Corte di Giustizia, non è invece condivisa dalla Corte di Cassazione che, invocano la natura sostanziale della prescrizione del reato, ha
escluso la possibilità di applicare retroattivamente una disposizione che ha previsto il raddoppio del termine di prescrizione del delitto di maltrattamenti
contro familiari e conviventi. Anche la Corte Costituzionale ha inquadrato come istituto sostanziale coperto dalla garanzia del principio di legalità. Nella
vicenda all’esame in rilievo “l'estensione del potere punitivo pubblico oltre il limite temporale previsto al tempo del fatto” non già in conseguenza di una
modifica normativa, bensì per effetto della sopra citata sent. Taricco della Corte di Giustizia, che chiedeva al giudice penale, in materia di gravi frodi a
danno degli interessi finanziari dell’UE, di disapplicare il termine di durata massima della prescrizione, in presenza di atti interruttivi. Ciò comporterebbe,
secondo la Corte, un vulnus al principio di legalità ex art. 25 co. 2 Cost. atteso che “la disposizione scritta con cui si decide quali fatti punire, con quale
pena, e, nel caso… a giudizio, entro quale limite temporale, [deve permettere] una precisazione sufficientemente chiara e immediata del relativo valore
precettivo”. La Corte di Giustizia ha affermato che compete al singolo ordinamento nazionale stabilire se l'istituto della prescrizione del reato abbia natura
sostanziale o processuale. Successivamente, in occasione di ulteriori riforme, mirando in vario modo ad aumentare il tempo necessario per la
prescrizione, si è sottoposto il problema dell'applicabilità retroattiva della nuova disciplina. Peraltro la soluzione opposta sarebbe legittima perché non
contraria alla ratio del principio dell'irretroattività. Il problema della retroattività di modifiche in malam partem della disciplina della prescrizione del reato si è
riproposto in giurisprudenza a fronte della sospensione del corso della prescrizione disposta per alcuni mesi nei procedimenti in corso all’ambito
dell’emergenza COVID-19 → questione posta alla Corte Costituzionale
Problematico è stabilire se il principio operi in relazione alle modifiche peggiorative per il condannato in materia di esecuzione della pena. Emblematico il
caso di restrizioni all’accesso alle misure alternative alla detenzione. Invocando la natura processuale di tale disciplina, la prevalente giurisprudenza ha in
passato ritenuto applicabile il principio tempus regit actum. Bisogna guardare alla funzione assegnata dalla Costituzione al principio di irretroattività: in
primo luogo quella di garantire al cittadino la previa conoscibilità della pena alla quale può andare incontro; deve invece ritenersi che modifiche normative
tali da incidere sulla qualità della pena ricadano nell’ambito del divieto di retroattività. La questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale, chiamata a
pronunciarsi in merito all’applicabilità retroattiva delle restrizioni all’accesso alle misure alternative introdotte dalla legge “spazza corrotti” per alcuni delitti
contro la P.A.
• Es. all’esito di una sentenza di patteggiamento debba scontare 3 anni di reclusione per il delitto di corruzione. prima della riforma l’esecuzione della
pena doveva essere sospesa per consentire all’interessato di chiedere dallo stato di libertà l’applicazione di una misura alternativa. Per effetto della
riforma non può invece fruire della sospensione dell'esecuzione della pena e potrà chiedere l’applicazione di una misura alternativa dal carcere,
sottoposta peraltro a gravose condizioni previste dall’art. 4 bis co. 1 ord. penit., che ruotano intorno alla collaborazione con la giustizia.
La nuova disciplina, come interpretata dalla prevalente giurisprudenza, è costituzionalmente illegittima; l’applicazione retroattiva di una disciplina che
comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale è incompatibile con i principi di legalità e
irretroattività della pena. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non riguarda le sole misure alternative alla detenzione ma si estende alla liberazione
condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna. Gli interventi in malam partem non integrano
mere modifiche delle modalità esecutive della pena ma comportano l’applicazione di una pena che è sostanzialmente un aliud rispetto a quella stabilita al
momento del fatto. Il problema dell’applicabilità retroattiva di disposizioni relative all'esecuzione della pena va risolto distinguendo tra modifiche che
determinano una trasformazione della natura della pena e modifiche che riguardano le sole modalità esecutive e non fanno venir meno la sostanziale
dimensione intramutaria della pena stessa
Le ipotesi in cui sopravvenga una legge penale più favorevole sono regolate dall’art. 2 co. 2-4 cp, principio di retroattività della legge più favorevole, che
riguarda
• La legge che abolisce il reato
• La legge che modifica la disciplina del reato e le disposizioni concernenti il tipo e la misura della pena
Art. 2 co. 2 cp “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata una condanna, ne
cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. La norma sopravvenuta che abolisce l’incriminazione si applica retroattivamente anche a fatti commessi prima
della sua entrata in vigore; se non è stata pronunciata condanna deve essere prosciolto; se vi è stata condanna definitiva ne cessa l’esecuzione e ogni
effetto penale. Il principio trova inoltre applicazione nelle ipotesi di successione di leggi penali modificative della disciplina del reato. Secondo l’art. 2 co. 4
cp “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo(5), salvo
che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”: anche la legge sopravvenuta che modifica in senso favorevole all’agente la disciplina di un reato si
applica retroattivamente a condizione però che non sia ancora passata in giudicato. Art. 2 co. 3 cp “Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge
posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria”.
• Trova applicazione anche durante il periodo di vacatio legis
La Corte Costituzionale ha escluso che il principio di retroattività della norma penale più favorevole trovi copertura costituzionale nell’art. 25 co. 2 Cost..
Nondimeno benché non trovi enunciazione espressa nella Costituzione è coperto da garanzia costituzionale.
• Discende anzitutto dal principi odi eguaglianza ex art. 3 Cost. che vieta qualsiasi discriminazione irragionevole tra situazioni eguali: vincola il
legislatore ordinario. Peraltro l’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole non è senza limiti: “solo a condizione che quella nuova
valutazione non contrasti essa stessa con precetti della Costituzione”. Una volta dichiarata costituzionalmente illegittima la norma penale più
favorevole sarà perciò inapplicabile per i fatti pregressi. Al principio della legge sopravvenuta più favorevole il legislatore può derogare a condizione
però che la deroga sia sorretta da ragionevoli motivi: necessità di preservare interessi contrapposti di analogo rilievo e sia comunque conforme al
canone costituzionale di eguaglianza/ragionevolezza
▪ una deroga di carattere generale al principio di retroattività è prevista dall’art. 2 co. 5 cp in relazione alle leggi eccezionali e temporanee.
Ulteriore deroga generale è inoltre prevista dall’art. 2 co. 4 cp che individua in presenza di una sentenza di una condanna passata in
giudicato (art. 648 cp) un limite invalicabile all’applicazione retroattiva della disciplina sopravvenuta più favorevole al reo → Corte
Costituzionale “esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti ormai esauriti”
• Art. 117 co. 1 Cost. che vincola agli obblighi internazionali, in particolare all’art. 7 CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Secondo la Corte EDU nella sentenza Scoppola del 2009 tale disposizione convenzionale, che stabilisce il divieto di applicazione retroattiva della
legge penale, riconosce altresì implicitamente il principio di retroattività della legge più mite e delle “disposizioni che definiscono i reati e le pene che
li reprimono” succedutesi dal momento della commissione del fatto a quello della sentenza definitiva. Ciò non toglie che il principio resti
derogabile escludendo che possa travolgere il giudicato
▪ Precludeva l’applicazione retroattiva di una legge. A seguito della sentenza Scoppola la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale della disposizione contrastante con l’art. 7 CEDU dopo aver affermato che “costituendo l’art. 7 della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo, rispetto all’art. 117 co. 1 Cost., una norma interposta, la sua violazione, riscontrata dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo… comporta l’illegittimità costituzionale della norma impugnata”
Il principio di retroattività è stato di recente esteso dalla Corte Costituzionale alle sanzione amministrative “punitive”, ovvero alle sanzioni formalmente
amministrative, ma ascrivibili sostanzialmente alla materia penale secondo i criteri elaborati dalla Corte EDU → coerente con il principio costituzionale di
eguaglianza-ragionevolezza art. 3 Cost.. “E’ ciò salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di contro interessi di rango costituzionale, …, al cui metro debbano essere
Sia nel caso in cui venga integralmente soppressa una figura di reato (abolizione integrale) sia nel caso in cui vengano ridefiniti i contorni così da
restingerene l’area applicativa (abolizione parziale). L’abolizione esprime una scelta politico-criminale del legislatore; ciò riconosciuto anche dalla corte
Costituzionale richiamando la riserva di legge art. 25 co. 2 Cost. per la quale non può dipendere che da un atto di volontà del legislatore. Il legislatore
abolisce un reato quando ritiene non più meritevole o bisognosa di repressione penale una classe di fatti in precedenza inclusi nel catalogo dei reati. Per
stabilire se sia avvenuta una abolitio criminis bisogna guardare alla figura del reato procedendo al confronto strutturale tra le fattispecie prime e dopo
l’intervento della nuova legge. La funzione della fattispecie legale è duplice: strumento di selezione dei fatti penalmente rilevanti ed altresì strumento di de-
selezione dei fatti stessi.
Esempio di abolizione integrale di una figura di reato è l’istigazione all’aborto, estromesso da fatto penalmente rilevante con la legge n. 194/78. E’ peraltro
indifferente che l’abolizione del reato comporti la liceizzazione del fatto ovvero il suo trasferimento nel catalogo degli illeciti amministrativi. Quanto alla
depenalizzazione si può pensare alla guida in stato di ebbrezza con il tasso alcolemico superiore a 0.5 e inferiore a 0.98 grammi*litro trasformato da
contravvenzione in illecito amministrativo. Quanto alla nuova classe di illeciti civili sottoposti a sanzione pecuniaria esempio è l'ingiuria, configurata come
reato (art. 594 cp) prima del 2016 e ora punita con sanzione pecuniaria civile da 100 a 8000€
• I termini “abolizione del reato” e “depenalizzazione” vengono talora usati come sinonimi, ma non ogni abolizione comporta una depenalizzazione
La legge abolitrice del reato può essere una legge c.d. intermedia, che, intervenuta dopo la commissione del reato, risulti poi abrogata al momento del
giudizio: ai sensi dell’art. 2 co. 2 cp è sufficiente che il fatto non costituisca reato secondo “una” legge posteriore
Un’abolizione del reato può derivare anche dalle restrizione dell’area applicativa di una incriminazione preesistente (abolizione parziale del reato). Il
legislatore fa venir meno la rilevanza penale di una sola parte delle classi di fatti in precedenza riconducibili. Ciò si verifica allorché la figura di reato
risultante dalla modifica normativa è speciale rispetto a quella precedente, mentre gli altri fatti non riconducibili sono oggetto di parziale abolitio criminis e
perciò non costituiscono più reato. L’abolitio criminis parziale può conseguire
• A interventi su disposizioni di parte speciale: all’abrogazione di una norma incriminatrice e alla contestuale introduzione di un’altra norma
incriminatrice. Il caso-guida è rappresentato, in materia di reati societari, dalla riforma del falso in bilancio che (come emerso da un confronto
strutturale tra le due fattispecie legali in successione temporale) aveva sostituito l’originaria figura delittuosa di cui all’art. 2621 cc con due figure
contravvenzionali dall’ambito di applicazione più circoscritto. Introducendo le nuove fattispecie, il legislatore del 2002 aveva ritagliato, all’interno
dell’area coperta dalla norma incriminatrice abrogata, un settore al quale, senza soluzione di continuità, seguitava a conferire rilevanza penale.
L’abolitio criminis era limitata alle false comunicazioni sociali che si collocavano sotto delle soglie di punibilità, ovvero che non presentavano ulteriori
elementi specializzanti previsti dalle riformulate incriminazioni
• Un ulteriore abolitio criminis può altresì conseguire a interventi su disposizioni della parte generale. Sarebbe questo il caso di un’ipotetica
ridefinizione in senso restrittivo del concetto di “colpa” e di una modifica dell’art. 43 cp che limitasse la colpa ai soli casi di colpa grave
La formale abrogazione della norma incriminatrice non sempre comporta l’abolizione del reato. Può accadere (abrogatio sine abolitione) che le classi di
fatti in precedenza riconducibili alla nuova norma incriminatrice abrogata conservino rilevanza penale in quanto riconducibili a un’altra norma incriminatrice
• Già prevista e divenuta applicabile solo dopo e per effetto della modifica legislativa
• Introdotta contestualmente alla modifica legislativa stessa
Si verifica allorché la figura del reato soppressa è speciale rispetto ad una fattispecie generale già vigente o introdotta contestualmente alla sua
soppressione: da luogo ad una successione di leggi meramente modificativa della disciplina di fatti che continuano ad essere previsti come reato.
L’art. 2 co. 2 cp “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano
l'esecuzione e gli effetti penali” attribuisce una retroattività illimitata all'abolizione del reato, travolto anche il giudicato. Restano ferme invece le obbligazioni
civili nascenti dal reato. Un recente orientamento giurisprudenziale ha parificato all’abolitio criminis l’incompatibilità tra una norma incriminatrice e una
norma di fonte UE dotata di efficacia diretta
• La Corte Costituzionale ha escluso che la disciplina della revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato (art. 673 cpp) possa essere
estesa alla diversa ipotesi in cui la perdita di rilevanza penale del fatto consegua a un mutato orientamento della giurisprudenza. Da ultimo la Corte
Costituzionale ha ribadito che l'abolitio criminis è “cosa diversa dallo sviluppo della giurisprudenza, essenzialmente di legittimità, che approdi all’esito
(simile) di ritenere che una determinata condotta non costituisca reato… L'attività interpretativa del giudice… rimane pur sempre un’attività
dichiarativa, non assimilabile alla successione della legge penale nel tempo”
E’ controverso se l’abolizione del reato possa essere la conseguenza di modifiche che non riguardano (direttamente) la norma incriminatrice bensì una
norma giuridica o extragiuridica in vario modo richiamata dalla norma incriminatrice. La soluzione al problema dipende a seconda che la norma richiamata
integri o no la norma incriminatrice: solo nel primo caso si può parlare propriamente di successione di norme integratrici
Qualora la norma incriminatrice faccia riferimento ad un’altra norma attraverso un elemento normativo della fattispecie, la norma richiamata non integra la
norma incriminatrice perché non contribuisce a descrivere la figura astratta del reato e esprimere la scelta politico-criminale in essa racchiusa: la modifica
non si ripercuote sulla fisionomia del reato e sul giudizio di disvalore e non da quindi vita ad abolizione del reato. Es. disposizione incriminatrice della
contraffazione di monete (art. 453 n. 1 cp) che attraverso la formula “aventi corso legale nello Stato” richiama norme extra penali; l'emanazione di una
norma che determini la cessazione del corso legale di una determinata moneta non comporta una parziale abolizione del reato perché la scelta politico-
criminale di reprimere la contraffazione di monete e il disvalore della figura astratta del reato rimane immutata, non vengono in alcun modo intaccati dalle
vicende normativa che determinano l’entrata e la fuoriuscita di una data moneta dalla circolazione dello Stato. Chi abbia contraffatto banconote che
avevano corso legale al momento della contraffazione dovrà essere condannato anche se quelle banconote abbaino successivamente perduto corso
legale. La stessa conclusione si impone in tema di calunnia, se il fatto oggetto di falsa incolpazione non è più preveduto dalla legge come reato non si
verifica alcuna parziale abolizione del delitto: la fisonomia non viene in alcun modo intaccata, come d’altra parte immutati restano tanto la scelta politico-
criminale di punire le false incolpazioni di reato, quanto il relativo giudizio di disvalore. Per ragioni del tutto analoghe a quelle suddette, non si verifica
infine alcuna abolitio criminis anche nell’ipotesi della modifica di norme extragiuridiche richiamate dalla legge penale attraverso elementi normativi
extragiuridici
Sono invece vere e proprie norme integratrici della norma penale le norme definitorie, cioè le norme (penali ed extrapenali) attraverso le quali il legislatore
chiarisce il significato di termini usati in una o più disposizioni incriminatrici, concorrendo ad individuare il contenuto del precetto penale: pertanto una
modifica della norme definitoria, che restringa, da vita ad una parziale abolizione del reato, con efficacia retroattiva nei confronti dei reati commessi prima
della modifica
Vere e proprie norme integratrici sono poi le norme che “colorano” il precetto delle c.d. norme penali in bianco, che hanno diritto di essere nell'ordinamento
entro i limiti segnati dalla riserva di legge tendenziale assoluta cioè nei limiti della mera integrazione tecnica da parte del potere esecutivo. Ad. es.
l’eliminazione di una sostanza da un elenco di stupefacenti contenuto in un decreto ministeriale determinerà una parziale abolizione dei reati in materia di
stupefacenti
• Un fenomeno di integrazione si verifica infine anche quando una norma di disposizione legislativa commini una sanzione penale per la violazione di
un precetto contenuto in un’altra disposizione legislativa. Ne segue che l'abrogazione della disposizione contenente il precetto, o una sua
riformulazione tale da ridurre l'estensione, comporterà una parziale o totale abolizione del reato, riconducibile alla disciplina art. 2 co. 2 cp
Una legge posteriore può mantenere inalterata la fisionomia astratta del reato: la modificazione può riguardare soltanto la disciplina del reato/di una classe
di fatti che l'ordinamento continua a configurare come reato. Si tratta innanzitutto di appurare se la disciplina della nuova legge sia più favorevole o meno
DISTINZIONE TRA ABOLIZIONE DEL REATO E SUCCESSIONE DI NORME MODIFICATIVE DELLA DISCIPLINA: ALCUNI CASI PROBLEMATICI
Non sempre sia agevole stabilire se ci si trovi in presenza di una abolitio criminis e di una nuova incriminazione, ovvero di una successione di leggi
modificative della disciplina.
Una prima ipotesi è quella dell’abrogazione di una norma incriminatrice con contestuale introduzione di un’altra norma incriminatrice, nella medesima o in
una diversa disposizione di legge. Caso-guida riforma dei reati societari attuata nel 2002, dall’abrogazione della norma incriminatrice delle false
comunicazioni sociali, che configurava fattispecie delittuosa, e della contestuale introduzione, in sostituzione, di due norme incriminatrici
Una seconda ipotesi è quella dell’abrogazione di una norma incriminatrice che, finché era vigente, escludeva l’applicabilità di un’altra norma incriminatrice,
che continua ad essere presente nell’ordinamento. Es. il caso, rispetto all’omicidio doloso (art. 575 cp), della abrogazione, da parte della legge 442/81,
della norma incriminatrice dell’omicidio per causa d’onore (art. 587 cp)
Problematico stabilire se vi sia o meno continuità normativa, cioè perdurante rilevanza penale del fatto antecedentemente commesso: in caso di risposta
affermativa si escluderà l’abolitio criminis e il fatto sarà punito con le disposizioni più favorevoli; viceversa troverà applicazione la disciplina dell’abolitio
criminis. Problemi risolti secondo il già considerato criterio di accertamento dell’abolitio criminis cioè procedendo al confronto strutturale tra le fattispecie
legali prima e dopo l’intervento normativo. La risposta è nel senso dell’abolitio criminis e della nuova incriminazione non solo quando i fatti astrattamente
configurati nelle due norme siano del tutti eterogenei, ma anche quando abbiano in comune taluni elementi costitutivi, mentre altri elementi (anche solo
uno) sono diversi. Se invece le fattispecie astratte in successione temporale sono omogenee, perché in rapporto di specialità, l’abolitio criminis:
• Deve essere senz’altro esclusa, se la nuova fattispecie è generale, in quanto comprende in sé tutte le classi di fatti in passato riconducibili alla
fattispecie speciale
• E’ invece parziale e limitata alle classi di fatti non riconducibili alla nuova fattispecie, se questa è speciale
ULTRATTIVITÀ DELLE LEGGI ECCEZIONALI E DELLE LEGGI TEMPORANEE (ART. 2 CO. 5 CP)
Il principio di retroattività della legge penale più favorevole non opera per le leggi eccezionali e per le leggi temporanee. L’art. 2 co. 5 cp stabilisce che “Se
si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti” cioè con le disposizioni dei co. 2-4. Le leggi
eccezionali e temporanee secondo una formula in uso nella dottrina e giurisprudenza, hanno carattere della ultrattività cioè continuano ad essere
applicabili anche dopo la loro abrogazione da parte di una legge più favorevole
• Per legge eccezionale si intende la legge emanata per fronteggiare situazioni oggettive di carattere straordinario, la cui disciplina è dunque legata a
tali situazioni di fatto. Col ritorno alla normalità il legislatore potrà abolire il reato previsto dalla legge eccezionale, oppure mitigarne il trattamento
sanzionatorio, ma non come espressione di una diversa valutazione politico-criminale dei fatti previsti dalla legge eccezionale, bensì perché è venuta
meno la situazione di fatto che aveva dato origine a quella disciplina. Del tutto coerente la scelta di considerare la disciplina sopravvenuta non
applicabile ai fatti commessi in vigore della legge.
• Ragioni analoghe presiedono alla scelta legislativa di escludere che abbiano efficacia retroattiva le leggi abolitive o modificatrici in senso favorevole
di una legge temporanee, cioè di una legge che contenga la predeterminazione espressa del periodo di tempo in cui avrà vigore
Un decreto-legge convertito in legge che contenga una nuova incriminazione o un trattamento più severo non può avere efficacia retroattiva: art. 25 co. 2
Cost e art. 2 co. 1 cp.
Decreti-legge decaduti o non convertito in legge, ove contengano l'abolizione del reato o una disciplina penale più favorevole all’agente. Dalla
Costituzione: art. 77 co. 3 dispone che i decreti non convertiti perdono efficacia sin dall'inizio, ciò impedisce che si possa delineare ipotesi di una
successione di leggi penali. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’ultimo co. dell’art. 2 cp nella parte in cui rendeva
applicabile ai decreti-legge decaduti o non convertito con emendamenti l’intera disciplina della successione di leggi penali al reo; ha voluto evitare che il
Governo mirasse a sottrarre in tutto o in parte alla la responsabilità penale chi avesse precedentemente commesso uno o più reati.
Necessario distinguere a seconda che si tratti di fatti commessi prima dell'emanazione del decreto-legge non convertito (fatti pregressi) ovvero di fatti
commessi dopo l'emanazione e prima dello spirare del termine per la conversione (fatti concomitanti)
• Per i fatti pregressi l'abolizione del reato o la disciplina più favorevole prevista dal decreto-legge non convertito non avrà effetto
• Per i fatti concomitanti, il principio di irretroattività impone di applicare la disciplina più favorevole contenuta nel decreto-legge non convertito, con la
conseguenza che se il decreto prevedeva l’abolizione del reato l’agente non sarà punibile; se invece prevedeva una disciplina in concreto più
favorevole il giudice dovrà applicare tale → logica principio di irretroattività: vero che la mancata conversione fa continuare gli effetti della norma meno
favorevole, tuttavia quella legge non poteva essere conosciuta dall’agente e quindi non poteva svolgere nei suoi confronti una funzione di orientamento
La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge penale non è riconducibile alla disciplina della successione di leggi penali. Gli effetti della
dichiarazione di illegittimità costituzionale sono regolati dall’art. 136 Cost. e dall’art. 30 co. 3 l 87/53, dai quali si ricava che a partire dal giorno successivo
alla pubblicazione della decisione nessun giudice potrà applicare la legge dichiarata incostituzionale a fatti che si siano verificati in qualsiasi tempo. divieto
per il giudice dell’esecuzione di continuare ad applicare la legge penale dichiarata incostituzionale che sia alla base di una sentenza di condanna passata
in giudicato: art. 30 co. 4 l. 87/53 “quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne
cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali”; art. 673 co. 1 cp il giudice dell’esecuzione deve revocare la sentenza di condanna o il decreto penale.
La giurisprudenza ha precisato che l’ambito di applicazione della disciplina prevista dall’art. 30 non solo allorché venga dichiarata l’illegittimità
costituzionale di una norma incriminatrice ma anche illegittimità di una circostanza aggravante o di disposizioni relative al trattamento sanzionatorio →
rideterminare la pena inflitta in applicazione della disposizione illegittima.
L’ambito di applicazione della disciplina prevista dall’art. 30 co. 4 l. 87/53 è stato ulteriormente precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 43/2017:
ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, sollevata per contrasto con gli artt. 3, 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost.
Problema comune all’intera disciplina della successione di leggi penali è l'individuazione del tempo in cui è stato commesso il fatto: si pone sia ai fini
dell’applicazione retroattiva delle norme che aboliscono un reato, sia ai fini dell'individuazione della legge applicabile in caso di successione di norme
modificative della disciplina. In assenza di una disposizione legislativa che affronti espressamente questo problema, la soluzione più persuasiva sembra
quella che individua il tempo del reato commesso per i reati commissivi nel momento dell’azione o dell’ultima azione, per i reati omissivi nel momento in
cui andava compiuta l’azione doverosa (teoria della condotta). Discenda dalla funzione generalpreventiva delle norme incriminatrici: nel momento in cui si
agisce, o omette, l’agente si sottrae all’azione motivante e deterrente della norme incriminatrice. La legge non può orientare il comportamento del suo
destinatario quando si verifica , magari dopo un lungo intervallo temporale, l’evento richiesto dalla norma incriminatrice: va respinta quindi la c.d. teoria
dell’evento.
Nei reati permanenti il reato si considera commesso nel momento in cui il soggetto compie l’ultimo atto con cui volontariamente mantiene la situazione
antigiuridica. Alla stessa conclusione per i reati abituali, come i maltrattamenti contro familiari e conviventi o gli atti persecutori, il tempo è quello in cui si
realizza l’ultima condotta che integra il fatto di reato
LIMITI SPAZIALI
Tendenziale adesione al principio di universalità, la legge italiana è infatti applicabile a tutti i fatti da essa previsti come reato dunque da chiunque e contro
chiunque commessi, ad eccezione di una ristretta gamma di reati (per lo più di limitata gravità)
• Quanto ai fatti commessi all’estero la legge pone talora ostacoli di natura processuale alla perseguibilità del reato, richiedendo la presenza
dell’autore nel territorio dello Stato dopo la commissione del reato, la richiesta del Ministro della giustizia, l'istanza o la querela della persona offesa
ovvero la mancata estradizione dell’autore
Si applica ai reati commessi nel territorio italiano ed è indifferente che l’autore sia un cittadino o uno straniero: art. 6 co. 1 cp “chiunque commette un reato
nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana”
La nozione di “territorio dello Stato” è fornita dall’art. 4 co. 2 cp “agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica”,
individuato nei confini politici, “e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato”
• Suolo dello Stato
• Acque interne
• Lido del mare
• Sottosuolo (fino alla concreta utilizzabilità e raggiungibilità)
• Spazio aereo nazionale (spazio atmosferico)
• Mare territoriale (12 miglia)
Secondo l’art. 4 co. 2 ult. pt. cp sono considerati inoltre territorio dello stato “le navi e gli aeromobili, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo
il diritto internazionale, di una legge territoriale straniera”. In base al diritto internazionale, è illimitata l'estensione della legge penale italiana per le navi e
aeromobili militari mentre per quelli civili l'assoggettamento è limitato e quindi escluso
• La vittima del reato sia persona diversa da membri dell’equipaggio
• Il fatto turbi la tranquillità dello Stato estero
• Sia stato richiesto intervento dell’autorità locale
“Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi
verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione” (art. 6 co. 2 cp). Estendere, con finzione giuridica, l’applicabilità della legge penale
italiana: basta che un “frammento” del reato si sia verificato in Italia per attrarre l’intero reato sotto la disciplina penale italiana.
Quanto all’azione, la legge impone che si tenga conto soltanto di comportamenti tipici cioè di comportamenti che siano riconducibili al tipo di azione
descritto dalla norma incriminatrice. Nessuna difficoltà per i reati a forma vincolata cioè nei reati nei quali la legge esige che l’azione sia compiuta con
determinate modalità: tipica è l’azione che corrisponde allo specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice. Quanto ai reati a
forma libera, cioè i reati nei quali la legge attribuisce rilevanza a qualsiasi comportamento umano che abbia causato un determinato evento, solo
apparentemente l’azione tipica non è individuata dal legislatore. Nei reati dolosi a forma libera l’azione tipica si individua in funzione del mezzo impiegato
in concreto dall’agente: tipica è l'attività che consiste nell’uso del mezzo impiegato dall’agente. Nei reati colposi a forma libera tipica sarta ogni azione che
abbia colposamente creato il pericolo concretizzatosi nell’evento
Quanto ai reati la cui condotta consiste in un’omissione, il reato si considera commesso nel territorio dello Stato se ivi doveva essere realizzata l’azione
doverosa che è stato omessa
Nei reati di evento, sia commissivi che omissivi quando nel territorio dello Stato si sia verificato l’evento descritto nella norma incriminatrice
Per i reati abituali il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando ivi è stato compiuto anche uno solo degli atti la cui reiterazione integra
reato. quanto ai reati permanenti l'applicabilità è assicurata dal compimento in Italia anche di una sola parte del fatto.
Il codice penale italiano non detta nessuna regola per i casi in cui il reato venga commesso in territorio estero, mentre in Italia siano compiute condotte di
partecipazione materiale o morale: contribuito causalmente alla realizzazione del fatto. Prevale l'opinione che considera sufficiente a fondare l'applicazione
la commissione nel territorio di una qualsiasi condotta di partecipazione, ritenendola parte integrante della fattispecie concorsuale.
La tendenziale universalità massima manifestazione nei confronti di una vasta gamma di reati commessi integralmente all'estero dal cittadino o dallo
straniero, che offendono beni di preminente rilievo: rispetto a questi reati l'applicazione della legge penale italiana è di regola incondizionata, non
subordinata ad alcuna condizione di procedibilità.
Reati espressamente menzionati nei nn. 1-4 art. 7 cp: offendono preminenti interessi dello Stato
• Delitti contro la personalità dello Stato italiano: artt. 241-313 cp
• Delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto: art. 467 cp
• Delitti di falsità di monete: artt. 453-461, 464 e 466 cp
• Delitti commessi dai pubblici ufficiali a servizio dello Stato, con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alle loro funzioni
Art. 7 n. 5 pt. I cp aggiunge “ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge… stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana” → numero
indeterminato di ipotesi di reato; pt. II ogni reato per il quale “speciali… convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana”
Applicabilità non incondizionata: forma della richiesta del Ministro della giustizia nonché alla scelta discrezionale della persona offesa, nella forma della
querela ove si tratti di reati perseguibile a querela di parte (art. 8 co. 2 cp)
La nozione di delitto politico, comprensiva sia del delitto oggettivamente politico sia di quello soggettivamente, è fornita dal terzo comma dell’art. 8 cp: “agli
effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E’ altresì
considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici”
Delitto oggettivamente politico
• Quello che offende le componenti essenziali dello Stato: tali delitti sono in gran parte ricompresi tra i delitti contro la personalità interna e
internazionale dello Stato e perseguibili quindi anche senza richiesta del Ministro.
• Sono poi i delitti che offendono un diritto politico del cittadino, in quanto non ricompresi nei delitti contro la personalità dello Stato: es. alcune ipotesi
di reato previste dalle leggi elettorali che offendono lo specifico diritto politico al voto
Non sono oggettivamente politici i delitti che offendono il funzionamento degli apparati dello Stato: non rientrano delitti come la corruzione (artt. 318 ss cp),
la concussione (art. 317 cp), la violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (art. 338 cp), la calunnia
(art. 368 cp), la falsa testimonianza (art. 372 cp) etc.
• La Corte di Cassazione “la qualificazione di un delitto come politico data dall’art. 8 cp va letta alla luce dell’art. 10 Cost., secondo il quale
l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale, tra le quali si pone in particolare la Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che obbliga al rispetto di alcuni diritti fondamentali nei confronti di ogni persona sottoposta alla loro
giurisdizione”
Quanto al diritto soggettivamente politico si tratta di ipotesi di reato comune alla cui commissione l'agente è stato ideologicamente motivato dall'obiettivo di
incidere sulle componenti essenziali dello Stato, sulla struttura dei singoli poteri statuali o sui rapporti tra Stato e cittadino. Politico è anche un delitto
comune determinato “solo in parte da motivi politici”, qualificato da un movente di natura politica, nel senso che l’agente sia stato determinato, in tutto o in
parte, a delinquere al fine di incidere sull’esistenza, costituzione e funzionamento dello Stato ovvero favorire o contrastare idee o tendenze politiche
proprie dello Stato, o anche offendere un diritto politico del cittadino, si che non è sufficiente ad escludere la natura politica del delitto comune la
circostanza che esso sia stato commesso per motivi in parte o non prevalentemente politici.
L’art. 9 cp in applicazione del principio di universalità dispone l'assoggettamento alla legge penale italiana dei delitti comuni punibili con pena detentiva
commessi dal cittadino all’estero: perseguibilità serie di condizioni
Quando delitto punito con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo di 3 anni, l'applicabilità della legge italiana è subordinata alla condizione
che dopo la commissione sia presente nel territorio dello Stato
Per i delitti puniti con la reclusione inferiore al minimo di 3 anni è applicabile a condizione che sia stata proposta la querela; se si tratta di delitti perseguibili
d'ufficio che offendono un bene giuridico individuale pertinente a un cittadino italiano, deve essere proposta istanza di procedimento da parte della
persona offesa, ovvero deve essere avanzata richiesta dal ministro della giustizia; se delitti perseguibili d'ufficio che offendono beni collettivi, istituzionali o
diffusi perseguibilità subordinata alla richiesta del Ministro. L’istanza della persona offesa o la richiesta del Ministro non sono richieste per i delitti di
corruzione e per il delitto di traffico di influenze illecite. Anche per i delitti puniti con la reclusione inferiore al minimo di 3 anni la perseguibilità è subordinata
alla presenza del cittadino nel territorio dello Stato dopo la commissione, a maggior ragione deve ritenersi per i delitti meno gravi.
Delitto che offende un bene pertinente all’UE, a uno Stato estero ovvero a un cittadino straniero l'applicabilità è subordinata
• Alla presenza del cittadino nel territorio dello Stato
• Alla querela o istanza della persona offesa
• Richiesta del Ministro della giustizia
• Alla non concessione da parte del Governo dell'estrazione ovvero alla non accettazione dell'estradizione
Pur in assenza di un’espressa indicazione legislativa deve ritenersi che l'assoggettamento alla legge penale italiana di reati comuni commessi all’estero
sia sottoposto all'ulteriore condizione della doppia incriminazione del fatto e cioè della previsione del fatto come reato sia secondo la legge italiana che
dello stato straniero
La massima espansione del principio di universalità si realizza con la previsione dell'art. 10 cp che assoggetta alla legge i delitti comuni commessi dallo
straniero all’estero, entro limiti e condizioni diverse a seconda che offenda lo Stato o un cittadino, ovvero le Comunità europee, uno Stato estero o uno
straniero.
A danno dello Stato o del cittadino italiano abbraccia tutti i delitti puniti con la reclusione non inferiore nel minimo a un anno. l'esercizio dell’azione penale
subordinato
• Presenza dell’agente nel territorio dello Stato
• Proposizione della querela
• Per i delitti perseguibili d’ufficio proposta di istanza di procedimento ad opera della persona offesa, ovvero richiesta del Ministro della giustizia
• Se delitti perseguibili d’ufficio a danno dello Stato richiesta del Ministro
Più ristretto è l’ambito di applicabilità per i delitti a danno delle Comunità europee, di uno Stato o di uno straniero: deve trattarsi di delitti puniti con la
reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni
• Presenza dell'agente nel territorio dello Stato
• Richiesta del Ministro della giustizia
• La non concessione dell’estrazione ovvero la non accettazione dell’estrazione da parte del Governo
La richiesta del Ministro non è necessaria quando si tratta di alcune ipotesi di corruzione e di altri delitti contro la P.A.
Per tutti i delitti comuni commessi all’estero dallo straniero è subordinata all’ulteriore condizione della doppia incriminazione del fatto
Un corollario della tendenziale universalità della legge italiana è la riserva della giurisdizione italiana su tutti i fatti assoggettati alla nostra legislazione
penale ai sensi degli artt. 6-10 cp. La riserva è piena e incondizionata per i reati commessi nel territorio dello Stato: l’art. 11 cp “nel caso indicato nell’art. 6,
il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all'estero”. Per i delitti commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero il
rinnovamento del giudizio in Italia è invece subordinato alla richiesta del Ministro.
Principio ne bis in idem non opera nei rapporti internazionali. Attualmente peraltro il processo di integrazione europea determina la tendenza al
riconoscimento del principio nell’Unione: elevato a principio fondamentale nell’art. 50 Carta di Nizza “nessuno può essere perseguito o condannato per un
reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge” → condizione sentenza
definitiva
Tendenziale irrilevanza delle sentenze penali straniere. La possibilità di riconoscimento è circoscritta a taluni aspetti della sentenza: per stabilire la recidiva
o un effetto penale della condanna, per dichiarare l’abitualità, la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere; per applicare una pena accessoria;.
per applicare una misura di sicurezza personale. Può produrre inoltre taluni effetti di diritto civile; riconoscimento ai fini delle restituzioni o del risarcimento
del danno, inoltre può avere “altri effetti civili” (es. indegnità a succedere art. 463 cc).
I Paesi membri del Consiglio d’Europa hanno stipulato una serie di convenzioni finalizzata alla lotta alla criminalità che hanno ampliato la portata del
riconoscimento delle sentenze penali straniere. Può essere data esecuzione in Italia alle pene principale inflitte da un giudice straniero; inoltre può
ESTRADIZIONE
Più antica e vitale forma di cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità. Procedimento attraverso il quale uno Stato consegna ad un altro una
persona che si trova nel suo territorio affinché, nello Stato richiedente, sia sottoposto a giudizio (estrazione processuale) o all’esecuzione di una pena già
inflittagli (estrazione esecutiva). Si parla inoltre di estradizione attiva ed estrazione passiva a seconda del punto di vista dello stato che richiede e concede.
L’art. 13 co. 1 cp si limita ad enumerare le fonti individuandole nella legge italiana, nelle convenzioni e negli usi internazionali. A norma dell’art. 696 cp
prevalgono peraltro le norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato italiano e le norme di diritto internazionale generale: si applicano in
luogo al diritto interno. Al diritto interno ruolo residuale. I limiti invalicabili sono posti da norme di rango costituzionale “l'estradizione del cittadino può
essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali” (art. 26 co. 1 Cost.) ovvero art. 13 co. 4 cp “non è ammessa
l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali”.
Condizione per l’estrazione è la doppia incriminazione: sussistere al momento della decisione e non al momento della commissione; irrilevante la diversa
qualificazione, gli elementi richiesti ovvero che le pene. E’ invece irrilevante che il reato sia sottoposta a condizione di procedibilità non previste nello Stato
richiedente: le condizioni decidono non già all'opportunità di infliggere una pena bensì opportunità di instaurare un procedimento diretto ad accertare la
responsabilità penale
Un'ulteriore condizione principio di specialità dell’estrazione. Divieto per lo Stato che ottiene l’estradizione di sottoporre l’estradato a restrizione della libertà
personale a qualsiasi titolo per fatti anteriori o diversi da quello (o quelli) per il quale l'estradizione è stata concessa → impedire richieste fraudolente. Viene
meno
• Stato richiedente richiesto ed ottenuto una estradizione suppletiva
• Estradato si sia volontariamente trattenuto nel territorio dello Stato per almeno 45 giorni dopo la sua definitiva liberazione
• Estradato, dopo aver lasciato il territorio dello Stato al quale era stato consegnato, vi abbia fatto volontariamente ritorno
• Estradato abbia manifestato il consenso ad essere processato per un reato anteriore e diverso
La disciplina è governata dal principio di sussidiarietà e del ne bis in idem
• Non può essere concessa se per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona dalla quale è domandata l'estradizione è in corso un
procedimento penale nello Stato italiano
• Impedita se è stata pronunciata sentenza irrevocabile per lo stesso fatto
La costituzione prevede alcuni limiti personali
• Cittadino estradabile per i reati comuni soltanto ove “espressamente previsto nelle convenzioni internazionali”
• Vitata per il cittadino e lo straniero per reati politici. Norme di rango costituzionale o attuative di convenzioni consentono però eccezionalmente
l’estrazione per alcuni reati commessi per motivi politici: es. l. cost. 1/67 consentito per i delitti di genocidio
Un ulteriore divieto di estradizione allorché vi sia motivo di temere atti persecutori o discriminatori, ovvero la violazione di un diritto fondamentale della
persona. Art. 698 cpp dispone “. Non può essere concessa l'estradizione per un reato politico né quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il
condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di
condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti
fondamentali della persona”. Quanto in particolare agli stranieri extracomunitari e agli apolidi con la l. che nel 2017 ha introdotto il delitto di tortura non è
ammessa “l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura”
Infine vietata l'estradizione da parte dell’Italia per reati per i quali l’ordinamento dello Stato richiedente preveda la pena di morte art. 698 co. 2 cpp “Se il
fatto per il quale è domandata l'estradizione è punito con la pena di morte secondo la legge dello Stato estero, l'estradizione può essere concessa solo
quando l'autorità giudiziaria accerti che è stata adottata una decisione irrevocabile che irroga una pena diversa dalla pena di morte o, se questa è stata
inflitta, è stata commutata in una pena diversa, comunque nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1”.
il divieto di estradizione per i casi in cui esista un “rischio serio” che sia sottoposto alla pena di morte, tortura o altre pene a trattamenti inumani o
degradanti art. 19 co. 2 Carta dei diritto fondamentali dell’UE (Carta di Nizza). analoga indicazione anche tratta dall’art. 3 CEDU (“nessuno può essere
sottoposto a tortura o trattamenti inumani o degradanti”); pronunciata più volte la Corte EDU il diritto a non essere estradato o espulso verso uno Stato
dove sarebbe esposta a un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di un diritto assoluto, non bilanciabile con alcun
interesse eventualmente confliggente
• Problema della concedibilità dell’estrazione sottoposto a pena detentiva perpetua e per la quale non vi è meccanismo di revisione della condanna
che offra la possibilità concreta di liberazione decorso un periodo minimo di detenzione → art. 3 CEDU si oppone all'estradizione in tale eventualità
Nell’ambito dell’UE lo strumento della cooperazione non è più quello dell'estrazione ma è diventato quello del mandato d’arresto europeo. Espressione del
principio della libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale: ogni Stato si impegna a dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario
emesso da un altro Stato membro per l’arresto o la consegna di una persona ricercata ai fini dell'esercizio dell’azione penale ovvero ai fini dell'esecuzione
di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale.
Quali tratti salienti
• Collaborazione diretta tra le autorità giudiziarie dei Paesi dell’Ue con esclusione di qualsiasi intervento da parte di organi politici
• Eliminazione del requisito della doppia incriminazione per un’ampia gamma di reati di gravità medio-alta; peralto non si da luogo alla consegna del
cittadino italiano se per il fatto per il quale è stato emesso il mandato d’arresto non è preveduto come reato dalla legge italiana e il cittadino ignorava
senza colpa che quel fatto costituisca reato per la legge straniera
○ Per i reati non ricompresi nell'elenco dell’art. 8 co. q l. 69/20005 permane il requisito della doppia incriminazione
La consegna della persona viene rifiutata in una serie di casi previsti dall’art. 18 l. 69/2005: tra questi spicca il caso in cui il provvedimento sia stato
emesso per un reato politico. Tuttavia non può essere rifiutata la consegna per i delitti di genocidio, oppure di reato di terrorismo. ulteriore rifiuto principio
ne bis in idem “occorre aver riguardo al criterio dell’identità sostanziale dei fatti oggetto dei relativi procedimenti, indipendentemente dall’eventuale diversa
qualificazione giuridica attribuita all’episodio dalle autorità dello Stato richiedente”
LIMITI PERSONALI
Soggetto sono eccezionalmente sottratte all'applicabilità della legge penale italiana. L’art. 3 co. 1 cp “la legge penale italiana obbliga tutti coloro che,
cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale” → immunità. In
Innanzitutto il Presidente della repubblica. L’art. 90 Cost. dispone “il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle
sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. Immunità funzionale di diritto sostanziale, che ha natura di causa di
giustificazione. Non è assoluta poiché può rispondere per reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione commessi nell’esercizio delle sue funzioni,
giudice competente la Corte Costituzionale
• Il reato di attentato alla Costituzione è quello previsto dall’art. 283 cp: commissione, con atti violenti, di un fatto diretto e idoneo a mutare la
Costituzione dello Stato o la forma di governo
• Sotto alto tradimento delitto contro la personalità dello Stato richiamati dall’art. 77 cpmp (attentati contro l'integrità, l’indipendenza o l’unità dello
Stato, attentato contro gli organi costituzionali) nonché delitti contro la personalità dello Stato (come es. la guerra civile o la rivelazione di segreti di
Stato)
Tra le immunità processuali si inquadra l’art. 96 Cost. a proposito dei reati commessi dal PdC o dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni (reati
ministeriali). Sulla nozione di reati ministeriale la Corte sottolinea che non agisce nell'esercizio delle funzioni il ministro che commetta un fatto di
concussione in qualità di segretario di un partito politico o di frequentatore di una minorenne. Nella giurisprudenza di legittimità a proposito di
un’affermazione diffamatoria resa da un ministro nel corso di una trasmissione televisiva, dalla quale si è esclusa la riconducibilità all’esercizio delle
funzioni ministeriali. Originariamente competente era la Corte Costituzionale: dopo la riforma del 1989 magistratura ordinaria; il giudizio è subordinato
all'autorizzazione a procederà da parte della Camera di appartenenza del ministro (Senato nel caso non membri del Parlamento). L’autorizzazione può
essere negata a maggioranza assoluta dei componenti se “reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse
dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni del Governo”. Corte
Costituzionale carattere non assoluto dell'insindacabilità della delibera parlamentare che rifiuti l'autorizzazione a procedere: tale apprezzamento è
insindacabile solo se congruamente motivato; controverso se vi siano reati in relazione ai quali il Parlamento sia comunque tenuto a concedere
l'autorizzazione a procedere, con la possibilità per il giudice penale, in caso di diniego, di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte
Costituzionale.
Per i membri del parlamento immunità funzionale di diritto sostanziale circoscritta alla “opinioni espresse” e ai “voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”
(art. 68 co. 1 Cost). Si tratta di una causa di giustificazione che rende leciti i fatti penalmente rilevanti commessi nell’ambito degli atti tipici del mandato
parlamentare. La Corte Costituzionale ha anche sottolineato che non si può invocare l'immunità quando le affermazioni offensive del parlamentare non
siano contenute in un atto a lui personalmente riconducibile, bensì ad atti compiuti da altri parlamentari. Anche limitata immunità processuale penale: nei
loro confronti può essere iniziato un procedimento penale, ma il compimento di taluni atti processuali, nonché l’adozione di misure restrittive della libertà
personale, necessita dell'autorizzazione da parte della Camera di appartenenza. il parlamentare può tuttavia essere privato della libertà in una sentenza
definitiva di condanna e nei casi di arresto obbligatorio in flagranza. Immunità processuale riguarda tutti i comportamenti del parlamentare, anche
svincolati da qualsiasi nesso funzionale → immunità extrafunzionale.
Consiglieri regionali immunità di diritto sostanziale analoga a quella parlamentare: art. 122 co. 4 Cost. “i consiglieri regionali non possono essere chiamati
a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni” → causa di giustificazione. Non godono di immunità processuale.
Anche i giudici della Corte Costituzionale fruiscono di immunità funzionale di diritto sostanziale “per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro
funzioni” → causa di giustificazione volta ad escludere ogni forma di responsabilità penale ed extra-penale. Limitatamente alla durata della carica godono di immunità
processuale extrafunzionale: senza autorizzazione della Corte non solo non possono essere privati della libertà personale ma non possono neppure essere sottoposti a
procedimento penale. Improcedibilità comporta che non possono neppure essere disposte intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ne il sequestro di
corrispondenza
Componenti del consiglio Superiore della Magistratura “non sono punibili per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l’oggetto
della discussione”. Immunità funzionale di diritto sostanziale. Sono esonerati soltanto dalla responsabilità penale (non sono punibili) e non anche dalla
responsabilità civile e amministrativa → non causa di giustificazione ma di una causa di esclusione della punibilità
Immunità assoluta compete al Sommo Pontefice, immunità di diritto processuale extrafunzionale e piena immunità processuale in tutti i rami
dell’ordinamento. Natura di causa di personale esclusione della punibilità. Analoga immunità persone fisiche che operano in qualità di organi degli enti
centrali della Chiesa Cattolica
Anche il Capo di Stato estero, i suoi familiari e il suo seguito, quando si trovino in tempo di pace in territorio italiano, godono di un'immunità assoluta di
diritto sostanziale e processuale, penale ed extra penale, anche gli atti compiuti al di fuori dell’esercizio delle funzioni. Immunità di diritto sostanziale sia
agli effetti penali sia extra-penali i capi e i membri dei governi stranieri, componenti delle missioni speciali e i rappresentanti di Stati esteri in conferenze
internazionali e in organizzazioni intergovernative: solo per gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni. Gli agenti diplomatici stranieri immunità di
giurisdizione penale, civile ed amministrativa dello Stato italiano anche per gli atti compiuti al di fuori dell'esercizio delle loro funzioni; i membri del
personale tecnico amministrativo della missione diplomatica sono esentati dalla giurisdizione penale dello Stato italiano, mentre l’esenzione dalla
giurisdizione civile e amministrativa è circoscritta agli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni. I funzionari e gli impiegati consolari stranieri immunità
funzionale di diritto sostanziale, penale e extra-penale, immunità ha natura di causa personale di non punibilità; per gli atti compiuti al di fuori dell'esercizio
delle funzioni i funzionari non possono essere arrestati, ne assoggettati a custodia cautelare in carcere, a meno che non si tratti di crimine grave (punito
non inferiore nel massimo a 5 anni). La fonte di queste immunità risiede nelle norme consuetudinarie di diritto internazionale; la ratio è quella di non
turbare i rapporti tra stati, ovvero di non ostacolare l'attività di organismi internazionali nel territorio dello Stato. Non si tratta di cause di giustificazione
bensì di cause personali di esclusione delle punibilità: non si estendono a chi abbia eventualmente partecipato e inoltre si potrà reagire per legittima difesa
nei confronti del fatto illecito posto in essere da questi soggetti immuni.
I membri del parlamento europeo godono di un’immunità funzionale penale ed extra-penale, per le opinioni e i voti espressi nell'esercizio delle loro
funzioni. per la durata delle sessioni dell’Assemblea godono anche di immunità processuale extrafunzionale
Taluni funzionari di organismi internazionali quando si trovino nel territorio italiano godono di immunità extrafunzionale
Gli appartenenti alle forze armate di uno Stato estero che in tempo di pace si trovino sul territorio sono soggetti alla sola legge dello Stato di appartenenza,
quando reati commessi in servizio. Disciplina speciale per gli appartenenti alle forze armate dei Paesi partecipanti alla NATO di stanza in Italia. La
giurisdizione esclusiva dello Stato di origine per i fatti non punibili in base alla legge italiana e la corrispondente giurisdizione esclusiva dello Stato italiano
per i fatti non punibili secondo la legge dello Stato di origine. I restanti fatti previsti come reato da entrambe le leggi sono sottoposti alla giurisdizione
concorrente, con attribuzione di sfere di giurisdizione prioritarie a ciascuno di essi modificabili a seguito di rinuncia dalla priorità
• Giurisdizione Stato di appartenenza per i reati che attentato alla sicurezza di quello Stato, che offendono esclusivamente la persona o la proprietà di
un membro delle forze armate dello Stato di appartenenza, del personale civile, del loro coniuge o dei figli a carico, nonché per i reati “risultati da
ogni atto o negligenza compiuti nell'esercizio del servizio”
• Per ogni altro reato commesso nel territorio italiano è prioritaria la giurisdizione italiana
Accento al diritto penale classico esiste un corpus normativo autonomo: diritto penale internazionale nei quali non trovano applicazione limiti spaziali,
Un fatto costituisce reato solo quando la legge gli ricollega una pena: solo in base ad un criterio nominalistico che i reati si identificano e si distinguono dalle
altre categorie di illeciti. Il legislatore trova nella Costituzione limiti e direttive di fondo per le sue scelte di incrimi nazione ma si tratta sempre di scelte
largamente discrezionali.
Non tutte le sanzioni penali assolvono peraltro alla funzione di identificare i reati. tale compito è affidato alle sole pene principale, vale a dire: ergastolo,
reclusione, multa, arresto e ammenda (art. 17 cp); inoltre per i reati militari la reclusione militare (art. 22 cpmp)
Non rappresentano criterio di identificazione dei reati le pene accessorie, le misure di sicurezza, le sanzioni sostitutive d elle pene detentive brevi.
• Le pene accessorie accedono alla condanna ad una pena principale: la funzione di identificazione del reato è già assolta dall a pena principale; le
accessorie sono conseguenza solo di alcune condanne e di regola non sono previste nelle norme incriminatrici dei singoli reat i bensì in disposizioni di
carattere generale
• Le misure di sicurezza “possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge
come reato” (art. 202 co. 1 cp). L'applicazione presuppone dunque, oltre alla pericolosità sociale dell'agente, la commission e di un fatto che già deve
essere identificato come reato. In casi eccezionali “per un fatto non preveduto dalla legge come reato”: previsione ribadisce la palese incapacità delle
misure di sicurezza di concorrere ad identificare i reati
• Le pene sostitutive delle pene detentive brevi non possono identificare i reati proprio in quanto “sostitutive”: presuppongon o l'inflizione di una pena
principale e solo in via eventuale applicate dal giudice in sostituzione della pena detentiva
Nota distintiva il criterio formale della specie delle pene comminate, art. 39 cp “I reati si distinguono in delitti e contra vvenzioni, secondo la diversa specie
delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice”. Come già accade per l’identificazione dei reati, anche la bi partizione in delitti e
contravvenzioni si fonda propriamente sulle sole pene principali
• Delitto: ergastolo, reclusione o multa
• Contravvenzione: arresto e ammenda
La rilevanza riguarda la diversa disciplina sotto molteplici profili, tra i quali spiccano l’elemento soggettivo del reato, i l tentativo e la recidiva
• L’elemento soggettivo di regola richiesto per i delitti è il dolo, salvi i casi espressamente rilevanza alla colpa e alla pre meditazione (art. 42 co. 2 cp). Le
contravvenzioni di regola possono essere commesse sia con dolo sia per colpa (art. 42 co. 4 cp); eccezionalmente previsti cas i che debbano
necessariamente essere con dolo o colpa
• Il tentativo è di regola configurabile solo per i delitti (“chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto
tentato”: art. 56 cp). Eccezionalmente in una legge speciale possono comparire contravvenzioni rilevanti anche nella forma de l tentativo: es. “chiunque
espatri o tenti di espatriare senza essere munito di passaporto”
• La recidiva interessa oggi soltanto gli autori di delitti. Art. 99 co. 1 cp l’aumento della pena previsto per la recidiva può applicarsi soltanto a “chi, dopo
essere stato condannato per delitto non colposo, ne commette un altro”: commette cioè un altro delitto non colposo. La portat a della restrizione è
duplice
○ Chi condannato per una contravvenzione non potrà essere considerato recidivo quando commetta un nuovo reato di qualsiasi natu ra
○ Chi condannato per delitto, anche se delitto doloso, non potrà essere considerato recidivo qualora successivamente commetta u na
contravvenzione
• Terreno del diritto sostanziale: l’applicabilità della legge penale italiana solo quando il reato sia stato commesso all’este ro per soli delitti e non
contravvenzioni; le pene principali; le cause di estinzione del reato; le cause di estinzione della pena; le circostanze
• Significative differenze nella disciplina processuale. Mentre i delitti sono perseguibili d’ufficio salvo che la legge preved a espressamente la procedibilità
a querela, per le contravvenzioni si procede sempre d’ufficio. Per le contravvenzioni non possono essere disposte misure caut elari personali coercitive,
quali la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari, ne misure c.d. precautelari quali l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza di reato e il
fermo di indiziato di delitto. inoltre le intercettazioni telefoniche non possono essere ammesse per le contravvenzioni. Dive rsa infine è la riduzione della
pena prevista per il giudizio abbreviato “metà se su procede per una contravvenzione e di un terzo se si procede per un delit to”
La specie delle pene principali rappresenta il criterio per distinguere il reato dall’illecito civile. Quando un fatto costit uisce illecito civile, ma non è al contempo
sanzionato con una delle pene principali: non costituisce reato. Uno stesso fatto può peraltro costituire sia un reato sia un illecito civile: anche al fine di
attenuare le reazioni delle vittime dei reati, estende l’area del danno risarcibile al danno “non patrimoniale”, apprestando a tale scopo due tipi di sanzioni
civili: “il risarcimento” (art. 185 cp) e la pubblicazione della sentenza di condanna (art. 186 cp); ulteriore sanzione civil e da reato è quella delle restituzioni
(art. 185 co. 1 cp). L’azione civile può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato a recato danno ovvero dai suoi successori
universali
Illecito civile che interessa un ristretto gruppo di fattispecie in precedenza configurate come reato accomunate dalla perseg uibilità per querela. Per tutte
queste figure di illecito, in luogo alla sanzione penale (a condizione abbia agito con dolo) si prevede una sanzione pecuniar ia → cornici edittali l’una da 100 a
8000 € l’altra 200 a 120000€. Il carattere punitivo della nuova sanzione è evidenziato dai criteri di commisurazione dettati dall’art. 5 d.lgs. 7/2006 “gravità della violazione,
reiterazione dell’illecito, arricchimento del soggetto responsabile, opera svolta dall'agente per l’eliminazione o attenuazio ne delle conseguenze dell’illecito, personalità
dell'agente, condizioni economiche dell’agente”. La sanzione pecuniaria civile non esclude il risarcimento del danno a benefi cio della persona offesa: la sanzione irrogata
solo a condizione che venga accordato risarcimento del danno, autorità competente è il giudice civile e la disciplina process uale è quella civile.
Per una limitata gamma di reati la legge prevede sanzioni civili di carattere punitivo accessorie rispetto alle sanzioni pena li: designate come riparazione
pecuniaria che consisti nel pagamento di una somma di denaro a favore della persona offesa dal reato, che si cumulano con la reclusione o con la multa e
l’eventuale risarcimento del danno. In rapporto con la diffamazione commessa col mezzo della stampa “la persona offesa può ch iedere, oltre al risarcimento
dei danni ai sensi dell’art. 185 cp, una somma a titolo di riparazione… determinata in relazione alla gravità dell’offesa e a lla diffusione dello stampato”.
Ulteriore ipotesi delitti contro la P.A., con la sentenza di condanna “è sempre ordinato il pagamento di una somma equivalent e al prezzo o al profitto del
reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’inc aricato di un pubblico servizio,
restando impregiudicato il risarcimento del danno”
Anche nei rapporti con l’illecito amministrativo, l’unico criterio per identificare i reati è offerto dal nome delle pene pri ncipali.
Diversi ordini di ragioni richiamano l’attenzione del penalista sull’illecito amministrativo
• Da tempo affianca nell'ordinamento l’illecito penale, repressione offese a beni giuridici selezionate in base a principi di p roporzione e sussidiarietà: il
ricorso alla sanzione amministrativa è un importante e collaudato strumento di deflazione del sistema penale a disposizione d el legislatore. Il
legislatore si avvale ampiamente sia prevedendo illecito ab origine amministrativo sia operando periodici interventi di depenalizzazione (la più recente
d.lgs. 8/2016)
• La previsione di illeciti amministrativi è l’unica via che può percorrere il legislatore regionale per la tutela sanzionatori a di beni giuridici
• Lo schema della responsabilità amministrativa è stato adottato dal legislatore italiano, con gli opportuni adeguamenti alle p eculiarità di tali destinatari,
per configurare una responsabilità da reato a carico degli enti, dotati o no di personalità giuridica
• Ha recentemente osservato la Corte Costituzionale che “l’impatto della sanzione amministrativa sui diritti fondamentali della persona non può essere
“MATERIA PENALE” “DOPPIO BINARIO SANZIONATORIO” E DIVIETO DI BIS IN IDEM EX. ATT. 4 PROT. 7 CEDU
Le sanzioni amministrative , sia le sanzioni pecuniarie, hanno natura punitiva con finalità di prevenzione generale e special e. In relazione alle sanzioni
amministrative anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo elaborato una nozione autonoma di “materia penale”, una nozione cioè che non considera
decisiva la formale qualificazione dell’illecito nell’ordinamento di questo o quel Paese del Consiglio d’Europa ma da rilievo alla natura sostanziale dell’illecito
e della relativa sanzione (sent. Engel) → importa stabilire se la disposizione sanzionatoria si rivolga alla generalità dei consociati, e non ad una cerchia limitata d i
destinatari; se persegua uno scopo repressivo preventivo o meramente risarcitorio; se abbia una connotazione afflittiva. La C orte di Strasburgo ha da tempo sottratto le
sanzioni amministrative punitive nella materia penale così da estendere a tali le garanzie previste dalla CEDU per le pene: p rincipi del giusto processo, principi di legalità e
irretroattività e nonché il diritto di non essere giudicato o punito più volte. Quanto alla Corte Costituzionale la sua giuri sprudenza riconduce le sanzioni amministrative
all’art. 25 co. 2 Cost.; ciò non significa che tutte le garanzie della sanzione penale debbano considerarsi estese alle sanzi oni amministrative: “l’attrazione di una sanzione
amministrativa nell’ambito della materia penale… trascina… con se tutte e soltanto le garanzie previste dalle pertinenti disp osizioni della Costituzione, come elaborate
dalla Corte di Strasburgo. Nel margine di apprezzamento di cui gode ciascuno Stato aderente la definizione dell'ambito di app licazione di ulteriori tutele predisposte dal
diritto nazionale… Ciò corrisponde alla natura della Convenzione europea e del sistema di garanzie da essa approntato, volto a garantire una soglia minima di tutela, in
funzione sussidiaria alle garanzie assicurate dalle Costituzioni nazionali… La giurisprudenza europea ha natura penale deve e ssere assistito dalle garanzie che la stessa ha
elaborato per la “materia penale”; mentre solo ciò che penale per l'ordinamento nazionale beneficia degli ulteriori presidi r invenibili nella legislazione interna”.
Art. 649 cpp l’imputato prosciolto o condannato in via definitiva non può essere sottoposto a procedimento penale per il mede simo fatto. problema se operi
anche nei rapporti tra sanzione penale e amministrativa. Tra le garanzie della CEDU per la materia penale rientra il diritto di non essere giudicato o punito
più di una volta ex art. 4 Prot. 7 CEDU; in proposito si registrano svariate pronunce giurisprudenziali, in Italia e a Strasb urgo, nelle quali si vaglia l’operatività
del principio ne bis in idem nei rapporti tra sanzione penale e amministrativa. Mentre il legislatore italiano due procedimenti autonomi, la Corte Edu,
pronunciandosi su un ricorso presentato da cittadini italiani che definitivamente e sanzionati in via amministrativa lamentav ano la perdurante sottoposizione
a processo penale per i medesimi fatti, ha ritenuto che tale assetto normativo integri violazione del diritto ne bis in idem: ciò alla stregua dei criteri “Engel” e
soprattutto in considerazione del loro grado di afflittività ì, alle sanzioni di cui all’art. 187 ter T.u.f. va riconosciuto un carattere sostanzialmente penale.
Un analogo problema concerna i rapporti tra sanzioni penali e sanzioni amministrative in materia tributaria. La Corte Edu in un primo tempo ha affermato
principi ampiamente coincidenti con quelli enunciati nella sentenza sopra citata italiana (Grand Stevens) in materia di abusi di mercato: in una sentenza
relativa alla Finlandia ha ritenuto sussistente ai sensi dell’art. 4 Prot. 7 il divieto di un giudizio penale per violazioni della normativa tributaria già sanzionate
in via definitiva. Successivamente in una sentenza relativa alla Norvegia, sempre in tema di cumulo tra pene e sovrattasse pe r illeciti tributari, ha
ridimensionato il principio, non sarebbe violato se
• La risposta sanzionatoria complessiva non risulti sproporzionata per eccesso
• Esiste una connessione sostanziale e cronologica sufficientemente stretta tra procedimento penale e procedimento amministrati vo: necessario che i
due procedimenti siano, se non contemporanei, almeno vicini nel tempo e che nella determinazione della sanziona applicata nel secondo si tenga
conto di quella già irrogata nel primo.
A opposte conclusione è pervenuta da ultimo la Corte Edu nella sentenza relativa all'Irlanda: ravvisato violazione del princi pio rilevando l’assenza nei casi di
specie del requisito di una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” tra i due procedimenti.
Il problema del ne bis in idem in rapporto alle sanzioni penali e sanzioni amministrative si pone anche in relazione all’art. 50 della Carta dei diritti
fondamentali dell’UE che sancisce “il diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato”. La Corte di Gi ustizia UE si è dapprima in sent.
Svezia ha affermato la diretta applicabilità dell’art. 50, salvo demandate al giudice dello stato membro il compito di stabil ire se la sanzione pecuniaria
amministrativa in questione avesse natura sostanzialmente penale alla luce dei criteri Engel. Di recente con tre sentenze ha fatto propria la logica che ha
ispirato la Corte Edu nella sent. contro la Norvegia, fissato i limiti entro i quali può considerarsi il divieto ne bis in idem previsto dall’art. 50 Carta di Nizza.
Fondamentalmente il ruolo del principio di proporzione, le sanzioni irrogate non può andare oltre lo stretto necessario; altr esì garantito un coordinamento fra
i due procedimenti. Sempre in relazione all’Italia, si registra una pronuncia della Corte di Giustizia che ha affrontato il p eculiare problema dell’operatività del
ne bis in idem nei casi in cui la sanzione amministrativa per violazioni tributarie e una sanzione penale si rivolgono l’una nei confronti d i una persona
giuridica e l’altra nei confronti della persona fisica del legale rappresentante dell’ente: l’art. 50 presuppone che le due s anzioni si rivolgono nei confronti della
stessa persona, escluso una violazione del principio se una persona fisica e l’altra giuridica. La soluzione adottata dalla C orte di Giustizia fatta propria dalla
Cassazione.
I principi enunciati a livello sovranazionale sono recepiti dalla giurisprudenza nazionale. Es. in tema di danneggiamento agg ravato la Cassazione ha
affermato che il principio ne bis in idem, come enunciato dall’art. 649 cpp, non opera allorché le due procedure “risultino complementari, in quanto dirette al
soddisfacimento di finalità sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale integrata, che si prevedibi le e, in concreto, complessivamente
proporzionata al disvalore del fatto”. Anche in tema di manipolazione di mercato “non sussiste la violazione del principio ne bis in idem nel caso in cui le
sanzioni penale e amministrativa complessivamente irrogate rispettino il principio di proporzionalità”
Un tentativo di soluzione dei problemi generati dal doppio binario è stato operato dal legislatore “quando per lo stesso fatt o è stata applicata, a carico del
reo, dell’autore della violazione o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 187 septies ovvero una sanzione penale o una sanzione
amministrativa dipendente da reato:
• l’autorità giudiziaria o la CONSOB tengono conto, al momento dell’irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle mis ure punitive già irrogate
• L’esenzione della pena pecuniaria, della pena pecuniaria dipendente da reato ovvero della sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte
eccedente quella riscossa, rispettivamente, dall’autorità amministrativa o da quella giudiziaria”
Il codice penale e le altre leggi penali prevedono e puniscono non già il reato, bensì una molteplicità di reati: non punisco no genericamente chiunque compie
una malefatta, bensì in modo specifico chi commette un omicidio, un furto, un’appropriazione indebita etc. L'individuazione d i un numero chiuso di specifiche
figure di reato rappresenta l’espressione di uno stadio evoluto del diritto penale
• Si realizza “la prima autolimitazione della potestà punitiva statuale” assicurazione scritta per il cittadino in base alla quale verrà punito soltanto ove ne
ricorrano i presupposti legali e soltanto entro i limiti stabiliti dalla legge
• L'individuazione delle singole figure di reato è un processo in continuo svolgimento che rispecchi una molteplicità di fenomeni.
L'evoluzione del diritto penale non si è esaurita nella formulazione sempre più ricca e dettagliata tipologia di reati, elenc ati e raggruppati nella parte speciale.
La dottrina ha altresì proceduto ad astrarre dai singoli reati commessi elementi comuni, che hanno formato oggetto di elabora zione concettuale nella parte
generale delle codificazioni. Si tratta di concetti generali perché fissano una volta per tutte alcuni elementi comuni alla t otalità o a una parte dei tipi di reato
descritti nella parte speciale; sono concetti astratti perché dipendono contenutisticamente dai singoli reati ai quali debbon o essere di volta in volta accostati
per acquistare rilevanza giuridica
Il numero dei concetti generali va oltre però quello dei concetti delineati nella parte generale del codice. La dottrina giur idica può e deve elaborare ulteriori
concetti generali ed astratti per venire incontro alle esigenze didattiche e sistematiche proprie di ogni opera di scienza; i n secondo luogo per fornire alla
quotidiana prassi giudiziaria gli strumenti per una corretta e uniforme applicazione della legge
L’esigenza di analizzare separatamente gli elementi strutturali di ogni reato è oggi avvertita dalla totalità della dottrina. E’ ben vero che ciascun elemento del
reato è presupposto indispensabile per l'applicazione della pena nel caso concreto. Da questo punto di vista, meramente forma le, sono sullo stesso piano.
La funzione assolta da ciascun elemento nelle struttura del reato è differenziata. Una serie di elementi hanno la funzione di descrivere un fatto, cioè una
specifica offesa al bene giuridico; altri decidono se e quando il fatto è antigiuridico, cioè disapprovato dall’ordinamento; altri le condizioni in presenza delle
quali il fatto antigiuridico è colpevole, cioè è personalmente rimproverabile a chi lo ha realizzato; altri infine riflettono eventuali valutazioni del legislatore in
ordine alla punibilità del fatto antigiuridico e colpevole, cioè all’opportunità di applicare la pena nel caso concreto.
Il reato risulta perciò composto da una serie di elementi: il reato è un fatto umano, antigiuridico, colpevole, punibile. Non si può rinunciare ad analizzare e
scomporre il reato in una pluralità di elementi, se non si vuole al contempo rinunciare a una razionale comprensione delle fu nzioni che essi esplicano e se si
vuole assicurare la certezza del diritto.
Innanzitutto accertare se è stato commesso il fatto e solo successivamente domandarsi se l’autore del fatto ha agito con colp a o dolo era imputabile e quindi
responsabile? O in primo luogo valutare la propria attenzione dell’autore e solo successivamente accertare che le sue intenzi oni o la sua disattenzione si
siano tradotte nel fatto costitutivo.
L’alternativa tra primato del fatto o primato dell’autore nell’analisi del reato (primato oggettivo o primato soggettivo) non può essere risolta se non ricordando
che la preferenza dovrà essere accordata a quello schema di analisi che meglio rispecchia la struttura del reato in un dato o rdinamento. Optare per
oggettivistico o soggettivistico a seconda che il legislatore abbia collocato il fatto o l'autore al centro della struttura d el reato. La Costituzione modello di reato
che fa perno sul fatto (art. 25 co. 2) assegnando alla colpevolezza, ruolo di individuare le condizioni che consentono di rim proverato il fatto all’autore, un
ruolo successivo.
Il vincolo imposto dalla Costituzione opera altresì nei confronti dell’interprete. Muovere dall'individuazione del fatto incr iminato riservando ad uno stadio
successivo l’accertamento della personale responsabilità di chi ha commesso il fatto
IL FATTO
Il fatto è l'insieme degli elementi oggetti che individuano e caratterizzano ogni singolo reato come specifica forma di offes a a uno o più beni giuridici.
Compongono il fatto tutti e solo quegli elementi oggettivi che concorrono a descrivere quella forma di offesa: la condotta, c ioè azione o omissione; i
presupposti della condotta, cioè le situazioni (di fatto o di diritto) che debbono preesistere o coesistere con la condotta; l’evento o gli eventi, cioè gli
accadimenti temporalmente e spazialmente separati dalla condotta e da questa causati; il rapporto di causalità tra condotta e d evento; l’oggetto materiale,
cioè la persona o la cosa sulla quale incide l’azione o l’omissione; le qualità o le relazioni giuridiche o di fatto richiest e per il soggetto attivo del reato
c.d. reati propri, cioè i reati che possono essere commessi soltanto da soggetti qualificati; l’offesa al bene giuridico protetto dalla norma incrimi natrice, nella
forma del danno o in quella del pericolo (cioè la probabilità del verificarsi di una lesione: es. il pericolo di incolumità p ubblica)
• Non tutti gli elementi compaiono in ogni fatto di reato: mentre la condotta e l’offesa in qualsiasi fatto di reato, gli altri in talune figure di reato; vi sono
reati soltanto da un’azione o da un'omissione dannosa o pericolosa (reati di mera condotta) mentre nei reati di evento il fatto consta di una condotta di
uno o di più eventi e di un rapporto di causalità che collega la condotta all’evento o agli eventi.
Gli elementi costitutivi del fatto sono di regola espressamente previsti dalla norma incriminatrice; talora sono invece sotti ntesi tacitamente richiesta dalla
norma per la configurazione del fatto.
Nella grande maggioranza dei casi gli elementi sono individuati dal legislatore come elementi positivi, cioè la cui presenza nel caso concreto è necessaria
per la sussistenza della fatto. Talora però l’assenza di una qualche situazione di fatto o giuridica: elementi negativi del f atto; es. procurato aborto “chiunque
cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna” (art. 593 ter cp); in molte norme incriminatrici la condotta è penalmente rilevante se
compiuta senza un provvedimento autorizzativo della pubblica autorità: “in assenza del permesso”. Si riflette sul piano del d olo (che esige la colpevolezza
dell’assenza del consenso, dell’approvazione, dell’autorizzazione etc) e sul piano della colpa (che si configura solo quando, ad es., l’assenza del permesso
di costruite fosse conoscibile con la dovuta diligenza).
Per individuare gli elementi di fatto può fare uso sia di concetti descrittivi che normativi
• Descrittivi usa termini che fanno riferimento, descrivendoli, a oggetti della realtà fisica o psichica, suscettibili di essere accertati con i sensi o comunque
attraverso l'esperienza
• Normativo, concetto che fa riferimento ad una norma o ad un insieme di norme giuridiche: quell’elemento del reato può essere compreso soltanto sotto
il presupposto logico della norma richiamata. Nel delitto di bigamia vengono individuati attraverso concetti normativi sai la condotta (“contrae un
matrimonio avente effetti civili”) sia il è presupposto della condotta consistente nell’essere legato da un “matrimonio avente effetti civili”.
La distinzione rileva, oltre che in relazione al principio costituzionale di precisione, nella materia della successione dell e leggi penali e in tema di dolo e
ANTIGIURIDICITÀ
Rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico. Non si configura quando anche solo una norma, in qu alsiasi luogo dell'ordinamento,
facoltizza o rende doverosa la realizzazione del fatto. Cause di giustificazione all'insieme delle facoltà e dei doveri deriv anti dalle norme che autorizzano o
impongono la realizzazione di un fatto penalmente rilevante
• Nel codice di procedura penale il testimone debba dire il vero alle domande rivolte (art. 198 cpp): può comportare narri fatti lesivi dell’altrui reputazione
integrando il reato di diffamazione
Se il fatto è commesso in assenza di ogni causa di giustificazione è antigiuridico e costituirà reato se concorrono gli altri estremi del reato; se in presenza
invece è lecito in qualsiasi luogo dell'ordinamento → “efficacia universale” delle cause di giustificazione
COLPEVOLEZZA
La colpevolezza dell’agente è l'insieme dei requisiti dai quali dipende la possibilità di muovere all’agente un rimprovero pe r aver commesso il fatto
antigiuridico. I requisiti
• Dolo, colpa ovvero dolo misto a colpa
• Assenza di scusanti, ovvero normalità delle circostanze concomitanti alla commissione del fatto
• Conoscenza o conoscibilità della legge penale violata
• Capacità di intendere e di volere
Tutti i requisiti sui quali si fonda la colpevolezza dell’agente vanno riferiti e strettamente collegati al singolo fatto ant igiuridico da lui commesso
• Il dolo è la rappresentazione e volizione di tutti gli estremi del fatto antigiuridico
• La colpa consiste nella negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di norme giuridiche preventive e deve abbracciare tutti gli elementi del fatto
antigiuridico
• Il dolo misto a colpa rappresentazione e volizione di taluni elementi del fatto e nella realizzazione per colpa di altri elementi
○ Omicidio preterintenzionale (art. 584 cp) l’agente deve aver compiuto scientificamente e volontariamente atti diretti a percuotere o ledere un
uomo, causandone per colpa la morte
• In assenza di scusanti, cioè di circostanze anormali tali, nella valutazione legislativa, da influenzare in modo irresistibile la volontà dell’agente o le sue
capacità psicofisiche e da rendere perciò inesigibile un comportamento diverso da quello tenuto nel caso concreto
• La conoscenza o la conoscibilità della legge penale violata comporta che sapesse, o potesse sapere usando la dovuta diligenza, che il fatto
antigiuridico da lui commesso era represso da una norma incriminatrice
○ La Corte Costituzionale non colpevole colui che avendo ricevuto “assicurazioni erronee” sulla irrilevanza penale del fatto da parte degli organi
amministrativi competenti a vigilare sull’osservanza delle norme, ovvero nel caso di precedenti carie assoluzioni dell’agente per fatti dello stesso
tipo perché ritenuti penalmente irrilevanti, o ancora nel caso di “non colpevole carenza di socializzazione dell’agente”
• Non era imputabile: imputabile colui che sia capace di intendere, cioè di rendersi conto del significato dei propri atti, sia di volere, cioè di inibire o
attivare i propri impulsi
LA PUNIBILITÀ
Insieme delle eventuali condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondano o escludono l’opportunità di punirlo.
Controverso se la punibilità debba essere collocata tra gli elementi del reato ovvero se appartenga ad un diverso e ulteriore capitolo del diritto penale: se il
nome di reato debba attribuirsi solo a un fatto antigiuridico colpevole e punibile o se invece solo i primi tre elementi, sal vo prendere atto che
l'assoggettamento a pena dell’autore passa attraverso un successivo, ed autonomo, accertamento che ha per oggetto la punibili tà. E’ la stessa fisionomia
del reato a reclamare una sistematica che collochi la punibilità tra gli elementi del reato: il reato in astratto è individua to dalla comminatoria legale di una
pena; del pari si potrà parlare di reato in concerto solo in presenza di un fatto antigiuridico, colpevole e punibile. Tra un fatto antigiuridico e colpevole e la
relativa sanzione vi è uno spazio riservato ad ulteriori scelte politico -criminali sull’opportunità di un effettiva punizione, che il legislatore può compiere
direttamente, ovvero indirettamente, attribuendo il relativo potere al giudice. Corte Costituzionale “Non in tutti i “fatti m eritevoli di pena” è rinvenibile anche un
“esigenza effettiva di pena”: la punibilità del reato può (allora) essere subordinata ad elementi di varia natura, nei quali si cristallizza una valutazione di
opportunità politica, estranea al contenuto dell'offesa e dipendente dal modo con cui è apprezzata la sua rilevanza in concre to per l’ordinamento. Tali
elementi condizionati fungono , in pratica da “filtro selettivo” nel ricorso alla sanzione criminale per i fatti pur “meritev oli di pena””
Le scelte del legislatore sull’opportunità di punire un fatto antigiuridico e colpevole possono esprimersi nell’individuazion e di un duplice ordine di condizioni
• Condizioni che fondano la punibilità: “condizioni obiettive di punibilità” (art. 44 cp), non contribuiscono in alcun modo a descrivere l’offesa al bene
giuridico tutelato dalla norma ma esprimono solo valutazioni di opportunità in ordine alla inflizione della pena: es. sorpresa in flagranza
• Condizioni (o cause) che escludono la punibilità: “cause di esclusione della punibilità”
○ situazioni contestuali alla commissione del fatto che attengono alla posizione personale dell'agente o ai suoi rapporti con la vittima (cause
personali concomitanti di non punibilità)
○ Comportamenti dell'agente susseguenti alla commissione di un fatto antigiuridico e colpevole (cause personali sopravvenute di non punibilità):
es. ritrattazione false informazioni date al P.M.
○ Ineriscono all'entità dell’offesa (cause oggettive di esclusione della punibilità)
○ Fatti, naturali o giuridici, successivi alla commissione del fatto antigiuridico e colpevole, che o sono del tutto indipendenti da comportamenti
dell'agente o non si esauriscono in tale (cause di estinzione del reato): es. morte del reo, prescrizione del reato, amnistia propria
Talvolta il legislatore rimette al giudice il compito di valutare l'opportunità di un'effettiva punizione. E’ il caso, es., o blazione nelle contravvenzioni punite con
pene alternative: la non punibilità del contravventore, che chiede tempestivamente di pagare una somma corrispondente alla me tà del massimo
dell’ammenda prevista dalla legge per la contravvenzione commessa, è subordinata alla valutazione discrezionale del giudice i n ordine alla gravità del fatto.
E’ il caso, inoltre, della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: accertare in concreto se l'offesa s ia così tenure da rendere inopportuna
l’inflizione della pena
L'ordine nel quale sono disposti gli elementi del reato è un ordine logico che ha un fondamento normativo
• Art. 530 cpp, in relazione alla sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, individua formule accessorie corrispondenti a ciascun elemento della
sistematica quadripartita: il fatto non sussiste; il fatto commesso in presenza di una causa di giustificazione; il fatto non costituisce reato, il fatto è stato
commesso in presenza di una causa personale di non punibilità
• Art. 129 co. 1 cpp impone l’immediato proscioglimento in ogni stato e grado del processo quando il giudice riconosce che il fatto non sussiste ovvero
che il fatto non costituisce reato
Questo ordine logico e normativo soddisfa un interesse del cittadino, ha un preciso interesse nella formula di prosciogliment o: per l’imputato non è
indifferente essere assolto ad esempio perché il fatto non sussiste o perché non era presente una causa di non punibilità. L’ avvocato penalista, che
sostenga la tesi della non configurabilità del reato per difetto di questo o di quell'elemento , dovrà chiedere la formula as solutoria corrispondente. Il giudice
non potrà escludere la responsabilità argomentando in base alla presenza di una causa di giustificazione, quando non sussista nessun fatto penalmente
rilevante…. La Corte di Cassazione ha affermato che “ai fini dell’applicazione della esatta formula di assoluzione, il giudic e deve innanzitutto stabilire se il
fatto sussiste nei suoi elementi obiettivi e, solo nel caso di accertamento affermativo, può scendere all’esame degli altri e lementi da cui è condizionata la
sussistenza del reato”
La sistematica garantisce sia all’analisi teorica, sia alla prassi giudiziaria completezza, razionalità e verificabilità
L’AZIONE
Al centro di ogni fatto commissivo penalmente rilevante compare un’azione umana, L’indefettibile presenza di un’azione in ogn i figura di reato è
strettamente correlata dalla fisionomia del diritto penale italiano, che reprime gli attacchi dell’uomo all'integrità dei ben i giuridici e non la mera volontà di
offendere un bene che non si sia tradotta in un’attività esteriore. L’unica nota concettuale dell’azione che accomuna tutti i reati commissivi è il carattere di
attività esteriore: per meglio individuare la fisionomia della azioni penalmente rilevanti è indispensabile esaminare ogni si ngola norma incriminatrice
In presenza di determinate situazioni di fatto o giuridiche, che devono preesistere all’azione o ne devono accompagnare l’ese cuzione.
• Talora in assenza di un dato presupposto non è neppure possibile la realizzazione dell’azione tipica. Altre volte, in assenza del presupposto, lazione è
possibile ma è lecita
L’EVENTO
Il verificarsi di un evento, cioè di un accadimento temporalmente e spazialmente separato dall’azione e che da questa deve es sere causato: il nome di
evento spetta soltanto a quella o a quelle conseguenze dell’azione che sono espressamente o tacitamente previste dalla norma incriminatrice, e che anche
alle eventuali e ulteriori conseguenze, non prese in considerazione dalla singola norma
L’evento può consistere, tra l’altro: in una modificazione della realtà fisica (es. la malattia nel corpo o nella mente); in una modificazione della realtà
psichica (es. errore indotto all'agente attraverso artifici o raggiri nella truffa); in un'alterazione della realtà economico -giuridica (es. il danno e il profitto nella
truffa); in un comportamento umano (es. il fare, tollerare o omettere al quale è costretta la vittima nella violenza privata
Tra l’azione e l’evento deve sussistere un rapporto di causalità, art. 40 co. 1 cp “nessuno può essere punito per un fatto pr eveduto dalla legge come reato,
se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”. Il problema cruciale è cosa sia
necessario per poter affermare che un dato evento è conseguenza di una data azione → art. 41 cp serie di regole, varie teorie
Teorie della causalità
• L'azione A è causa dell’evento B, se può dirsi che senza A, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, l'evento B non si sarebbe
verificato → teoria condizionalistica
• L'azione A è causa dell’evento B, quando senza l’azione A l’evento B non si sarebbe verificato e inoltre l'evento B rappresenta una conseguenza
prevedibile (o normale) dell’azione A → teoria della causalità adeguata
• L’azione A è causa dell’evento B, quando senza l’azione A l’evento B non si sarebbe verificato e inoltre il verificarsi dell’evento -B non è dovuto al
concorso di fattori eccezionali → teoria della causalità umana
TEORIA CONDIZIONALISTICA
Rispecchia il senso comune. Muove dalla premessa che ogni evento è la conseguenza di molti fattori causali, che sono tutti egualmente necessari perché
l’evento si verifichi: giuridicamente rilevante come causa dell’evento è ogni azione che non può essere eliminata mentalmente senza che l’evento in
concreto venga meno, “giudizio controfattuale”
Piena applicazione anche in due gruppi di casi discussi in dottrina
• Primo caso causalità ipotetica. Sussiste il rapporto di causalità nel caso del medico che pratichi una iniezione mortale al malato terminale per
alleviargli le sofferenze, dal momento che si tratta di una persona che comunque sarebbe morta qualche tempo dopo? La risposta è affermativa.
L’evento che rappresenta il punto di riferimento del rapporto di causalità non è l’evento astratto descritto dalla norma incriminatrice, bensì l’evento
concreto, cioè individuato attraverso tutte le modalità della sua verificazione, comprese fra l’altro le modalità spazio-temporali. Il rapporto di causalità
L’OGGETTO MATERIALE
In alcune figure di reato l’azione o l’evento devono incidere su una persona o su una cosa: oggetto materiale del reato
• persona: delitti di omicidio o di lesioni personali è un uomo, espressione comprensiva di entrambi i sessi; delitti oggetto solo la donna o un minore di
14 o 16 ani o persona con particolari qualità giuridiche
• Cose: si può pensare alla cosa mobile altrui nel furto (art. 624 cp); cosa mobile o immobile altri nel danneggiamento (art. 635 cp); ai sistemi informatici
o telematici (art. 635 bis cp) e alla frode informatica (art. 640 ter cp); gli atti pubblici nella falsità materiale o ideologica commessa dal pubblico ufficiale
in atti pubblici (artt. 476 e 479 cp) etc
Per la maggior parte possono essere commessi da chiunque: reato comune; vi sono reati possono essere commessi solo da chi possegga determinate
qualità o si trovi in determinate relazioni con altre persone: reato proprio. Delle qualità o le relazioni richiesti per il s oggetto attivo nel reato proprio dipende
la fisionomia stessa del fatto come offesa ad un bene giuridico: si tratta cioè di una posizione del soggetto che riflette un particolare rapporto con il bene
giuridico, il quale può essere attaccato direttamente solo da chi appartenga a una cerchia determinata di soggetti. Questa appartenenza ha uno spiccato
rilievo nell’ambito del concorso di persone; da un lato il soggetto privo della qualifica (estraneo) che ha agevolato o istigato la persona qualificata (intraneo)
alla commissione del reato può concorrere oggettivamente in questo reato, perché ha contribuito all’offesa del bene giuridico tutelato dalla norma: si potrà
avere un concorso doloso all’offesa che caratterizza il reato proprio solo se l'agevolazione o l'istigatore sia a conoscenza di tutti gli elementi del fatto, a
cominciare dalla qualità del soggetto attivo.
Quanto alla natura delle qualità o delle relazioni del soggetto attivo che entrano a comporta il fatto dei reati propri può trattarsi si di qualità o relazioni di
fatto, sia di qualità o relazioni giuridiche → Es. di qualità o relazioni di fatto, si pensi all’aborto auto procuratosi dalla donna oltre i 90 giorni senza osservare le
condizioni fissate dalla legge, punito meno severamente rispetto all'aborto che nelle stese condizioni venga procurato da terzi. Numerose sono le ipotesi in cui la legge
richiede qualità o relazioni giuridiche in capo al soggetto attivo per la sussistenza del fatto di reato: es. il fatto costitutivo di un delitto di abuso d’ufficio (art. 323 cp) può
essere realizzato soltanto in presenza delle qualità di pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, i soli soggetti che possono arricchirsi indebitamente o
possono prevaricare il cittadino agendo in conflitto di interessi o violando le regole dell’attività amministrativa
Offesa al bene o ai beni tutelati, che può assumere la forma della lesione o del pericolo per l'integrità del bene o dei beni . L’offesa riguardi un solo bene
giuridico si parla di reato monoffensivo: es. furto (art. 624 cp) o omicidio (art. 575 cp), che riguardano l’uno il patrimonio e l’altro la vita umana sola. Se
l’offesa riguarda più beni si parla di reato plurioffensivo: es. rapina (art. 628 cp) o estorsione (art. 629 cp) che coinvolgono sia il patrimonio che la persona,
o ancora la calunnia (art. 368 cp) che offende sia l’amministrazione della giustizia, l’onere e la libertà individuale. Con la formula persona offesa del reato
(artt. 90 ss cpp) titolare del bene giuridico o dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice: vittima del reato; la persona offesa non coincide
necessariamente con il danneggiato da reato, cioè il soggetto che ha subito un danno patrimoniale e non e ha diritto al risar cimento. Tale diritto può essere
fatto valere nel processo civile, ovvero attraverso la costituzione di parte civile nel processo penale
L’OFFESA COME ELEMENTO ESPRESSO O COME ELEMENTO SOTTINTESO DAL FATTO DI REATO
Diversi sono i modi in cui l’offesa al bene giuridico affiora nella fattispecie legale: a volte in modo espresso altre in modo sottinteso. In alcune ipotesi l’offesa
al bene protetto è un elemento espresso del fatto di reato, in quanto esplicitamente menzionato nella norma incriminatrice. I n altre ipotesi, all’interno del
modello di reato, la legge individua un elemento costitutivo che rappresenta l’equivalente fenomenico dell’offesa al bene giu ridico: anche in questi casi
l’offesa si può considerare elemento costitutivo espresso del fatto di reato. Altre volte l’offesa al bene giuridico non compare nella lettera della norma
incriminatrice ne direttamente (attraverso la sua menzione espressa) ne indirettamente (attraverso un elemento che rappresent a l’equivalente fenomenico
dell’offesa); in molte di queste ipotesi va fatta emergere in via interpretativa, trattandosi di un elemento sottinteso del f atto di reato. La norma incriminatrice,
pur non menzionando espressamente l’offesa ne un evento che rappresenti l’equivalente fenomenico, viete una condotta in quant o crea il pericolo del
verificarsi di un evento offensivo. In queste ipotesi l'elemento dell’offesa al bene giuridico assume un ruolo particolarmente rilevante nella ricostruzione degli
esatti contorni del fatto di reato. Anche la Corte di Cassazione ha più volte sottolineato che la mancanza dell’offesa è cosa diversa dalla sua particolare
tenuità: “l’art 131 bis cp ed il principio di offensività in concreto operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato per fezionato in tutti i suoi
elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi irrilevante ai fini della punibilità, ed attendono, il secondo, al caso in
cui l’offesa manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa sussistenza del reato”
L’OMISSIONE
Reati caratterizzati dall’omissione delle azioni imposte da quei comandi per proteggere i beni giuridici. Penalmente rilevant e soltanto il mancato
compimento di azioni imposte da comandi contenuti in norme giuridiche; obblighi etico-sociali rilevano soltanto se ribaditi da norme giuridiche
I REATI OMISSIVI
Due sottogruppi: reati omissivi propri (o di mera omissione) e reati omissivi impropri (o commissivi mediante omissione). Sono reati omissivi propri quelli
con cui il legislatore reprime il mancato compimento di un'azione giuridicamente doverosa indipendentemente dal verificarsi o meno di un evento come
conseguenza; tali reati direttamente configurati da singole norme incriminatrici, che descrivono sia l’azione doveroso la cui omissione è penalmente
rilevante, sia i presupposti in presenza dei quali sorge l’obbligo giuridico di agire
• Es. omissione di soccorso (art. 593 cp) due ipotesi: co. 1 omettere di dare immediato avviso all’autorità il cui presupposto è l’aver trovato
abbandonato o smarrito fanciullo minore di 10 anni persona incapace di provvedere a se stessa; co. 2 omettere di prestare assistenza o darne avviso
all'autorità cui presupposto è trovare un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero persona ferita o altrimenti in pericolo. Es. omessa denuncia
di reato da parte del pubblico ufficiale (art. 361 co. 1 cp); omissione di atti d’ufficio (art. 328 co. 2 cp); omesso versamento dell’IVA. In tutte queste
ipotesi le eventuali conseguenze del mancato compimento sono irrilevanti ai fini della sussistenza del fatto di reato: semmai aggravanti
L’obbligo giuridico di agire presuppone il potere materiale di compiere l’azione doverosa. Anche la Corte Costituzionale nella sent. relativa al reato di
inosservanza dell’ordine di allontanamento da parte dello straniero extracomunitario, si è richiamata al principio di impossi bilità materiale per escludere la
rilevanza penale dell'inottemperanza all’ordine determinata dalla totale indisponibilità di risorse economiche.
Nei reati omissivi propri è presente l’offesa al bene tutelato, come elemento sottinteso del fatto. Es. nell’omissione di soccorso a persona ferita l’offesa
consiste nel mantenimento di una preesiste situazione di pericolo per la vita o l'integrità fisica; non configurerà reato se Tizio non presta assistenza allorché
altri abbia già provveduto
Sono reati omissivi impropri il mancato compimento di un’azione giuridicamente doverosa imposta per impedire il verificarsi di un evento: l’evento è
elemento costitutivo del fatto. Il dovere giuridico ha estensione più ampia rispetto a quella dei reati omissivi propri, includendo anche l’impedimento
dell’evento. Es. bambino in una piscina pericolo di affogare, il bagnino e l’amico (esperto nuotatore) rimangono inerti: il bagnino risponderà per omicidio
(reato omissivo improprio), mentre l’amico omissione di soccorso (reato omissivo proprio) aggravata ai sensi dell’art. 593 co. 3 cp. . Anche l’obbligo di
impedire l’evento presuppone il relativo potere materiale: il padre che ha l’obbligo di impedire eventi dannosi e pericolosi per la vita o integrità fisica del
figlio minore, se non sa nuotare non risponderà.
La loro previsione è il risultato del combinarsi di una disposizione di parte generale (art. 40 co. 2 cp) e di norme incriminatrici di parte speciale che vietano
un evento la causazione di un evento: l’art. 40 co. 2 cp dispone “non impedire che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”
Reati di mera condotta quando il fatto si esaurisce nel compimento di una o più azioni (reati di mera azione) ovvero nel mancato compimento di un'azione
doverosa (reati di mera omissione o reati omissivi propri): irrilevante consegua il verificarsi di uno o più eventi tali non sono elementi costitutivi del fatto
• Es. falsità materiale in atto pubblico (art. 476 co.1 cp); omissione di soccorso a minore di 10 anni (art. 593 co. 1 cp)
Reati di evento consta non solo di un’azione o omissione ma anche di uno o più eventi, conseguenza dell’azione (reati commiss ivi di evento) o
dell’omissione (reati omissivi impropri o commissivi mediante omissione)
• Morte dell’uomo, causata o non impedita da chi aveva l’obbligo giuridico di impedirla, è elemento costituivo dei delitti di omicidio (art. 575 ss cp)
La distinzione rileva sotto svariati profili
• Solo nei reati evento sorge il problema del nesso di causalità
• Solo le norme incriminatrici di reati evento, combinate con l’art. 40 co. 2 cp, possono dar vita a reati omissivi impropri
• Solo nei reati evento può trovare applicazione la disciplina del recesso attivo dal delitto tentato
• Nei reati di mera azione o omissione la legge italiana è applicabile se la condotta è stata realizzata., anche solo in parte, sul territorio dello Stato
• Nei reati evento applicabile la legge italiana anche se la condotta integralmente realizzata in territorio straniero ma l’evento si è verificato nel territorio
dello Stato
Un reato si dice consumato quando nel caso concreto si sono verificati tutti gli estremi del fatto descritto dalla norma incriminatrice; finché il reato non è
giunto a consumazione eventuali estremi di un tentativo
Reati istantanei i reati nei quali è irrilevante che la situazione antigiuridica creata dall'agente si protragga nel tempo: d elitto di furto, ad esempio, si
esaurisce nel momento dell’impossessamento della cosa mobile altrui ed irrilevante che l’agente la conservi e costituisca. Reati permanenti nei quali il
protrarsi nel tempo della situazione antigiuridica creata dalla condotta è rilevante, nel senso che il reato è perfetto nel m omento in cui si realizza la condotta
ed eventualmente si verifica l’evento, ma il reato non si esaurisce finché perdura la situazione giuridica; perdurare della c ondotta volontaria del reo. Mentre
nei reati istantanei tutto ciò che segue è irrilevante, nei reati permanenti la consumazione continua: fase consumativa del r eato
• Es. sequestro di persona (art. 605 cp)
Il reato permanente disciplina peculiare
• Il termine di prescrizione decorre “da giorno in cui è cessata la permanenza”
• La legittima difesa è possibile per tutto il tempo in cui perdura la situazione antigiuridica
• Il concorso di persone può avvenire anche dopo l’inizio della fase consumativa
• Legge del tempo del commesso reato è sia quella vigente all'inizio, sia quella entrata in vigore nel corso della fase consumativa
• Applicabilità della legge italiana anche quando la fase consumativa iniziata all’estero e poi proseguita in territorio
• Lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza
• La competenza per territorio spetta al giudice del luogo nel quale ha avuto inizio la consumazione
REATI ABITUALI
Reato il cui fatto esige la ripetizione di una serie di azioni od omissioni: singolo atto non integra la figura legale del re ato in questione
• Delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 cp) atti che devono avere carattere usuale e ripetitivo. Quando poi i singoli atti integrano
autonomi e diversi tipi di reato, di regola si applicherà la sola norma sui maltrattamenti; mentre si ritiene di prevalenza che le lesioni dolose vanno
punite come reati concorrenti con il delitto di maltrattamenti. Altro es. delitto di atti persecutori (art. 612 bis cp)
Ai fini della successione di leggi penali è la legge in vigore nel momento in cui è stato compiuto l’ultimo degli atti che integrano il fatto costitutivo del reato;
ai fini dell'applicabilità della legge penale italiana considera commesso nel territorio dello Stato anche quando uno solo de gli atti; concorso di persone solo
se il partecipe abbia contribuito causalmente alla realizzazione del numero minimo di condotte necessario alla per l’integrazione del fatto costitutivo del
reato abituale; il termine prescrizionale nel silenzio dell’art. 158 cp dal complimenti dell’ultimo atto antigiuridico
Elemento costituivo il compimento di una pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone. Assoggettata a pena tutt i i soggetti che intervengono nel
reato: reati necessariamente plurisoggettivi in senso stretto (o propri) → es. bigamia (art. 556 cp), associazione a delinquere (art. 416 cp), rissa (art. 588 cp). Altre
volte assoggetta a pena soltanto alcune condotte che costituiscono il fatto di reato: reati necessariamente plurisoggettivi in senso ampio (o impropri)
• Es. estorsione (art. 629 cp) vittima faccia o ometta qualcosa. La vittima assume la veste di concorrente, sia pure non punibile, perché, a differenza di
quanto accade nella grande maggioranza dei reati, la vittima in qualche modo collabora alla realizzazione del reato. Altre volte l’impunità deriva dalla
scarsa rilevanza di una delle condotte richieste dalla norma incriminatrice. Altre volte ancora l'impunità riflette scelte politico-criminali del legislatore
NOZIONE DI ANTIGIURIDICITÀ
L’antigiuridicità è il concetto con il quale si esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto tipico e l’intero ordinamento giuridico
LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
Un fatto può essere antigiuridico o lecito: è antigiuridico, se è in contraddizione con l’intero ordinamento; è lecito, se an che solo una norma dell’ordinamento
lo facoltizza o lo impone. Norma in qualsiasi luogo dell’ordinamento per soddisfare le più diverse necessità
• Es. cp norma che prevede che un fatto penalmente rilevate possa essere commesso da chi eserciti la facoltà della legittima difesa (art. 52 cp). Il diritto
bellico impone al cittadino chiamato alle armi in periodo di guerra di difendere la patria: nell'adempimento potrà accadere l’uccisone di altri uomini
configurando il fatto dell’omicidio doloso (art. 575 cp)
Conflitto solo apparente: l'unità dell'ordinamento giuridico impone di risolvere il conflitto, è inammissibile che uno stesso fatto considerato come lecito e
illecito allo stesso tempo → prevalenza alla norma che facoltizza o impone la realizzazione del fatto
• Art. 52 cp “non è punibile chi ha commesso il fatto” per legittima difesa
Cause di giustificazione del fatto si designa l’insieme delle facoltà o dei doveri derivanti dalle norme, situate in ogni luo go dell'ordinamento, che
autorizzazione o impongono la realizzazione di questo o quel fatto penalmente rilevante
• Art. 530 cpp stabilisce che il giudice deve pronunciare “sentenza di assoluzione” non solo quando “il fatto non sussiste” ma anche quando, pur
sussistendo il fatto, vi è però “la prova che è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione”. Quando alle misure cautelari “nessuna
misura può essere applicata in presenza di una causa di giustificazione o non punibilità”. Infine l’arresto in flagranza l’art. 385 cpp vieta l’applicazione
I DIRITTI DISPONIBILI
L’individuazione dei diritti disponibili solo nell’ambito dei diritti individuazioni: indisponibili gli interessi dello Stato e di ogni altro ente pubblico (es. peculato
art. 314 cp) nonché gli interessi della famiglia e quelli che fanno capo alla collettività nel suo insieme. I codice penale d el 1930 considerava integralmente
indisponibile il diritto alla vita: l. 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di tratt amento” rilevanza scriminante alla
volontà espressa dal paziente di rifiutare trattamenti sanitari
• Centro di un acceso dibattito il caso in cui una persona pienamente capace di autodeterminarsi esprima il rifiuto di un trattamento sanitario: diritto di
autodeterminazione terapeutica (art. 32 co. 2 Cost.) in combinato con art. 13 Cost, che impedisce al medico e all'infermiere di procedere al trattamento
disposto con la forza la resistenza del paziente, delitto di violenza privata e lesioni personali dolose. La giurisprudenza ha riconosciuto già prima della l.
219/2012 che ciascun uomo ha un diritto a non curarsi e addirittura un diritto a lasciarsi morire, alla sola condizione che il rifiuto delle cure non
esponga a pericolo la salute o la vita di altri
I principi affermati dalla giurisprudenza in materia di rifiuto di trattamenti sanitati ampiamente recepiti dalla l. 219/2019 , in materia di consenso informato e di
disposizioni anticipate di trattamento. L’art. 1 co. 5 ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare qualsiasi accerta mento diagnostico o trattamento
sanitario. rimane fermo che il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente attraverso terapia del dolore. Il medico il quale si attenga alla
volontà non incorre in alcuna responsabilità: non risponde per omicidio consenziente.
Il legislatore ha apposto alcuni limiti al carattere indisponibile del bene della vita
• Corte d’Assise di Milano questione di legittimità costituzionale della disposizione che punisce l’aiuto al suicidio (art. 580 cp) nel procedimento contro
Marco Cappato per aver agevolato il suicidio di Fabiano Antoniano (Dj Fabo). La Corte Costituzionale, con ord. 207/2018, risposta solo interlocutoria;
non può essere ritenuta incompatibile è posto che la finalità perseguita “proteggere il soggetto da decisioni in suo danno: non ritendo di colpire
direttamente l’interessato la legge crea attorno a lui una cintura protettiva, inibendo terzi a cooperare in qualsiasi modo”. occorre d’altra parte
considerare ipotesi
○ Affetto da patologia irreversibile
○ Fonte di sofferenze fisiche e psichiche
○ Tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale
○ Capace di prendere decisioni libere
○ Unica via d’uscita
“il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce… per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie… oltre che dei principi di
ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive”. Rilevando che la materia necessiti di scelte legislative, la Corte ha
optato per rinvio a giudizio a data fissa con sospensione del processo. Il monito è rimasto in accolto e quindi con sent. 242/2019 ha dichiarato
incostituzionale parzialmente la norma incriminatrice, limitatamente alle ipotesi sopra citate.
Sono disponibili in via di principio di diritti patrimoniali, a meno che non soddisfi anche interesse pubblico; disponibili a nche i vari diritti personalissimi: la
libertà personale incontra un limite, inoperante nei confronti del delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (art. 600 cp). L'integrità fisica è
illimitatamente disponibile quando l’atto sia funzionale alla salvaguardia della salute; invece disponibile entro limiti fiss ati dall’art. 5 cc se l’atto va a
svantaggio del disponente, sia in ordine di limiti quantitativi che qualitativi
• Limite diminuzione permanente dell’integrità fisica non sarà superato quando il consenso riguardi l’asportazione di parti auto riproducibili, mentre
superato per organi non auto riproducibili anche se doppi
○ Al divieto derogato varie leggi che hanno consentito ad una serie di condizioni, finalizzate a garantire la spontaneità en la non vendita del
consenso, la liceità della donazione di alcuni organi
• Quanto ai limiti qualitativi, irrilevante il consenso al prelievo di sangue in cambio di denaro
L'ESERCIZIO DI UN DIRITTO
B) IL DIRITTO DI SCIOPERO
Diritto di sciopero (art. 40 cp) progressiva eliminazione delle molte norme penali previste dal Codice Rocco che configuravan o diritto come delitto,
conservando rilevanza penale soltanto per lo “sciopero per fini non contrattuali” (art. 503 cp) e “coazione alla pubblica aut orità mediante sciopero” (art. 504
cp)
LA LEGITTIMA DIFESA
B) LA PROPORZIONE
La difesa deve essere “proporzionata all’offesa”: valutazione comparativa tra il bene dell'aggredito esposto a pericolo e il bene dell’aggressore sacrificato,
può ledere anche un bene di rango superiore sempreché il divario non sia eccessivo. Per la valutazione si fa riferimento a va lutazioni etico-sociali dei beni in
conflitto, eventualmente rispecchiate dalla Costituzione
• Respinta la tesi la proporzione tra difesa e offesa andrebbe accertata tenendo conto dei mezzi a disposizione dell’aggredito, l’uso del mezzo meno
lesivo sarebbe sempre proporzionato
I presupposti e i limiti dell’uso legittimo dei mezzi di coercizione fisica trovano nell’art. 53 cp disciplina, tre ipotesi
• Sia necessario per respingere una violenza o vincere una resistenza all’autorità
• Sia necessaria per impedire la consumazione di una serie di gravissimi delitti
• Le ulteriori ipotesi in cui è consentito un uso più largo delle armi o degli altri mezzi di coazione fisica
L’USO DELLE ARMI PER RESPINGERE UNA VIOLENZA O VINCERE UNA RESISTENZA ALL’AUTORITÀ: AUTONOMIA E FONDAMENTO DELLA
CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
L’art. 53 co. 1 pt. I cp “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale c he, al fine di adempiere un dovere del
proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dal la necessità di respingere una
violenza o di vincere una resistenza all'Autorità”. Facendo salve le disposizioni contenute ai precedenti due articoli, occup a uno spazio autonomo rispetto sia
alla legittima difesa, sia l'adempimento di un dovere. Si tratta di legittima difesa se l’agente della forza pubblica faccia sì uso delle armi o di altro mezzo di
coazione fisica ma lo faccia per difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Si tratter à invece di adempimento di un dovere
quando l’uso delle armi rappresenti una modalità dell'adempimento. Lo spazio autonomo dell’uso legittimo della armi è quello cui la “forza pubblica” fa uso
“costretta dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorità”. Quanto al fondamento si trat ta di una manifestazione radicale
della visione dei rapporti individuo-autorità che è propria di uno Stato autoritario: coercizione dello Stato può esercitarsi anche attraverso l'uso delle armi o di
altri mezzi di coazione fisica
I SOGGETTI LEGITTIMATI ALL’USO DELLE ARMI
Legittimari non tutti i pubblici ufficiali ma soltanto quelli tra i cui doveri istituzionali rientra l’uso della coercizione fisica diretta con armi o con altri mezzi: forza
pubblica, ufficiali e agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della guardia di Finanza; non rientrano gli a genti della polizia municipale ne le
guardie giurate: nei loro confronti art. 53 co. 2 cp beneficiare di una causa di giustificazione in quanto prestino assistenz a alla forza pubblica non di loro
iniziativa ma sulla base di una legale richiesta. La legge richiede che il pubblico ufficiale agisca “al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio”:
raggiungere lo scopo per il quale è concesso e avvenga entro i limiti in cui il pubblico ufficiale esercita le sue funzioni; irrilevanti le motivazioni personali
PRESUPPOSTI DELL’USO DELLE ARMI: NECESSITÀ, PROPORZIONE, VIOLENZA O RESISTENZA ALL’AUTORITÀ
• Necessità ciò comporta
○ Non consentito quando può respingere con mezzi diversi dall’uso di qualsivoglia mezzo di coazione fisica
○ Tra i diversi mezzi di coazione scegliere il meno lesivo
• Proporzionato, stabilire caso per caso se l'interesse pubblico sia prevalente all’interesse individuale sacrificato → sia in Costituzione: principio di
imparzialità art. 97 (tener conto di tutti gli interessi) sia il carattere di diritto fondamentale alla vita e all’integrità fisica; sia dall'interpretazione conforme a CEDU
• Deve essere in atto una violenza o una resistenza nei confronti dell’Autorità
○ Violenza: per impedire o ostacolare l'attività pubblico faccia uso di qualsiasi forma di energia fisica che cada sulle persone ovvero sulle cose
○ Resistenza: sole ipotesi di resistenza c.d. attiva cioè non si limita all’inerte impedimento fisico dell’attività pubblica ne consiste nel mero
allontanamento dal luogo in cui la pubblica autorità abbia intimato di fermarsi. Questa lettura della formula resistenza e imposta da considerazioni
sistematiche: l’art. 53 co. 3 cp rinvia ad altre leggi per l'individuazione di ulteriori ipotesi nelle quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro
mezzo di coazione fisica; in tali norme speciali il legislatore ha voluto dare rilievo alla resistenza passiva o alla fuga quali presupposti per l’uso
legittimo delle armi lo ha detto espressamente
LO STATO DI NECESSITÀ
I PRESUPPOSTI DELL’AZIONE DI SALVATAGGIO ART. 54 CO. 1 E 2: A) IL PERICOLO ATTUALE E NON VOLONTARIAMENTE CAUSATO
La nozione di pericolo coincide con quella della legittima difesa. La fonte può risiedere sia in un accadimento naturale sia in un comportamento dell’uomo.
Quanto all'attualità danno imminente, danno è già in atto ma ancora non esaurito (pericolo perdurante). Ulteriore limite il p ericolo non sia stato
volontariamente causato, es. esclusa ipotesi in cui il pericolo sia stato creato intenzionalmente o previsto ed accettato com e conseguenza certa o
seriamente possibile dalla propria condotta. La lettera non autorizza invece l’esclusione dall’ambito della esimente i casi i n cui il pericolo sia stato creato
colposamente
• Tuttavia l'orientamento prevalente considera la formula volontariamente come sinonimo di colpevolmente
LA COSTITUZIONE
Perché possa parlarsi di “stato di necessità” il soggetto deve essere costretto dalla necessità di commettere il fatto penalm ente rilevante. Il significato da
attribuirsi alla formula “costruzione” ha un peso decisivo ai fini del problema dell'inquadramento
• Una prima lettura dentate soltanto l’oggettiva impossibilità di salvare il bene in pericolo senza sacrificare il bene di un terzo innocente
• L’esclusione o quanto meno con una resitiziojen della libertà di agire, ciò presuppone la consapevolezza del pericolo e un effettivo turbamento
psicologico in chi commette il fatto
La prima lettura, ponendo in risalto un mero bilanciamento, inquadrare lo stato di necessità tra le cause di giustificazione; la seconda lettura inquadrare tra le
scusanti, cioè tra le ipotesi nelle quali la ragione della non punizione sta nell’assenza di colpevolezza di chi abbia agito sotto l'influenza di un pressione
psicologica che rendeva inesigibile un comportamento rispettoso della legge penale. A sostegno della seconda lettura diversi argomenti
• Stato di necessità sono caratterizzati da un’effettiva pressione psicologica, chiamata addirittura istinto di conservazione
• Solo attraverso una lettura del requisito della costituzione che dia risalto al turbamento motivazionale dell’agente si evita di ricondurre allo stato di
necessità una serie di casi che nessuno considererebbe immeritevoli di pena: il medico che, per salvare la vita di un paziente bisognoso di un
immediato trapianto di rene, asportato un rene da un altro paziente senza il suo consenso
• Terzo argomento può ricavare dal tenore dell’art. 54 co. 3 cp; pacifico che l’ipotesi dello “stato di necessità determinato dalla minaccia altrui” integri
una scusante. La natura dello stato di necessità determinato dall’altrui minaccia è la stessa dell’ipotesi generale di stato di necessità disciplinata dal
primo comma: cambia soltanto la fonte del pericolo.- In tutti i casi si tratta dunque di una scusante e quindi il giudice dovrà sempre accertare che
l’autore del fatto abbia subito un effettivo turbamento motivazionale.
Da questa ricostruzione deriva un’importante conseguenza in tema di “soccorso di necessità” cioè nei casi in cui l’agente com metta un fatto penalmente
rilevante per salvare “altri” dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Potrà essere scusato il soccorso del terzo solo in quanto la rappresentazione
del pericolo che incombeva su di lui abbia prodotto un effettivo turbamento del processo motivazionale dell’agente. Dall’inqu adramento dello stato di
Occorre che la commissione del fatto antigiuridico possa essere personalmente rimproverata all’autore: colpevolezza e nel lin guaggio costituzionale
responsabilità personale (art. 27 co. 1 Cost.). Con la formula si designa l’insieme dei requisiti dai quali dipende la possib ilità di muovere all’agente un
rimprovero per aver commesso il fatto antigiuridico
• Dolo, colpa ovvero dolo misto a colpa
• Assenza di scusanti
• Conoscenza o conoscibilità della legge penale violata
• Capacità di intendere e di volere
Sul finire degli anni ‘80 la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha segnato una svolta storica: riconosciuto espressame nte che la responsabilità
personale è sinonimo di responsabilità per un fatto proprio colpevole. Nella sent. 364/88 ha portato una serie di argomenti a sostengo della
costituzionalizzazione del principio di colpevolezza: decisivo peraltro l’inquadramento del principio di personalità della re sponsabilità penale nell'intero
sistema costituzionale
• In primo luogo l’esigenza di interpretare l’espressione responsabilità personale alla luce della funzione rieducativa assegnata alla pena
• Il collegamento tra il principio di personalità della responsabilità penale e i principi di legalità e irretroattività della legge penale: “fondare la
responsabilità penale su congrui elementi subiettivi” “il soggetto deve poter trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato… Il principio
di colpevolezza è pertanto indispensabile… anche per garantire al privato la certezza di libere scelte d’azione…. Il principio di colpevolezza…
costituisce il secondo aspetto del principio, garantistico, di legalità, vigente in ogni Stato di diritto”
Il principio di colpevolezza riflette uno stadio avanzato dalla civiltà giuridica. Si contrappone alla responsabilità oggetti va, responsabilità per un fatto proprio
ma realizzato senza dolo o colpa; alla responsabilità penale di chi abbia commesso il fatto volontariamente o colposamente, m a ignorando senza colpa
l'illiceità penale del fatto; alla responsabilità penale di chi abbia agito in situazioni anormali, tali da rendere inesigibi le un comportamento diverso da quello
tenuto, ovvero all’incapace di intendere e di volere. Nel 1988 due corollari
• Dichiarato l’art. 5 cp “costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza
inevitabile”; oggi vige regola “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale dovuta da colpa”
• Il principio ispiratore della responsabilità oggettiva “contrasta con il principio costituzionale di personalità della responsabilità penale”: “perché l’art. 27
primo comma Cost. sia pienamente rispettato…, è indispensabile che tutti e ciascuno degli elemento che concorrono a contrassegnare il disvalore
della fattispecie siano oggettivamente collegati all’agente, siano, cioè, investiti dal dolo o dalla colpa.
La Corte Costituzionale, dopo il 1988, non ha invece avuto occasione di pronunciarsi sulla rilevanza scusante che deve essere attribuita a talune circostanze
anormali concomitanti all’azione. Quanto alla capacità di intendere e di volere di recente ha dato atto del carattere controv erso del suo inquadramento
“come mero presupposto del giudizio di colpevolezza o come elemento costitutivo di tale categoria dogmatica”: nel dichiarare costituzionale illegittimo il
divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva aggravata, la C orte ha comunque fatto leva sul
principio di colpevolezza.
Nella nostra Costituzione la responsabilità personale (responsabilità colpevole) è responsabilità per il fatto commesso (art. 25 co. 2 Cost.): tutti i criteri sui
quali si fonda la colpevolezza dell’agente vanno riferiti e strettamente collegati al singolo fatto da lui commesso
• Si porrebbe pertanto in contrasto con la Costituzione il legislatore se, nel configurare talune, o tutti i criteri che fondano e graduano la colpevolezza, si
riferisse non già al fatto nel momento della commissione bensì al complesso dei comportamenti antecedenti al fatto o addirittura al carattere
dell’agente
Il criterio di attribuzione della responsabilità di regola richiesto dal l'agitatore per i delitti è il dolo, mentre la colpa rileva solo in via di eccezione espressa (art.
42 co. 2 cp). diversa di regola per le contravvenzioni dove è indifferente la commissione sia con dolo o colpa: basta cioè la colpa; solo eccezionalmente
contravvenzioni necessariamente dolose. A queste ipotesi eccezionali fa riferimento l’art. 43 co. 2 cp “La distinzione tra re ato doloso e reato colposo,
stabilita da questo articolo per i delitti(4), si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge pe nale faccia dipendere da tale distinzione
un qualsiasi effetto giuridico” Non solo i casi in cui il dolo ovvero la colpa sono richiesti in astratto per la configurazio ne di una data contravvenzione, man
anche in ogni altro caso in cui l'accertamento che in concreto una data contravvenzione è stata commessa dolosamente o colpos amente possa produrre un
qualsiasi effetto giuridico. inoltre l'accertamento in concreto che una data contravvenzione sia stata commessa dolosamente o colposamente rileva ai fini
della commisurazione della pena
IL DOLO
NOZIONE
Forma più grave di responsabilità penale. Per l’esistenza del dolo si richiede duplice coefficiente psicologico: la rappresen tazione e la volizione del fatto
antigiuridico (art. 43 cp). Inoltre l’art. 47 cp esclude il dolo per difetto di rappresentazione del fatto, quando per una fa lsa rappresentazione della realtà
l’agente è caduto in un errore sul fatto che sostituisce il reato. L’art. 59 co. 4 co esclude il dolo allorché l’agente, pur rappresentandosi la realizzazione del
fatto, non si renda conto del suo carattere antigiuridico perché ritiene di agire in presenza di una causa di giustificazione
LA COLPA
NOZIONE
Responsabilità assai meno grave: emblematica la sanzione per l’omicidio, dolosamente (art. 575 cp) la pena minima di 21 anni per colpa (art. 589 co. 1)
pena massima di 5 anni. Un criterio di attribuzione della responsabilità che ha una struttura del tutto diversa, nitidamente dalla definizione legislativa: art. 43
co 1 cp “è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a caus a di negligenza o imprudenza o
imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” requisito negativo e positivo
• Il primo è l’assenza di dolo: l’eventuale previsione dell’evento solo per invocare l'ipotesi della colpa di previsione, circostanza aggravante
• Carattere positivo: “negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” .
Giudizio interamente normativo cioè sul contrasto tra la condotta concreta dell’agente e il modello di condotta imposto da re gole di diligenza, prudenza o
perizia. La colpa consistere in
• Negligenza: omesso compimento di azione doverosa
• Imprudenza: violazione di un divieto assoluto di agire o divieto di agire con particolari modalità
• Imperizia: carenza di cognizioni o di abilità esecutive nello svolgimento di attività tecniche o professionali
Tratto comune finalità preventiva o cautelare: la finalità di evitare che dalla condotta dell’agente possono derivare eventi dannosi o pericolosi prevedibili; tale
finalità deve avere carattere esclusivo
LA CONDOTTA COLPOSA
Nei reati colposi di evento il dovere di diligenza, prudenza o perizia ha un duplice contenuto, vincolate al momento in cui i nizia o si continua ad agire
• Riconoscere il pericolo: può e deve essere ottenuto dall’agente con i senti, con gli strumenti apprestati dalla tecnica per potenziare i sensi, attraverso
IL PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO
Molte attività pericolose vengono svolte da una pluralità di persone, ora nella forma di collaborazione necessaria, ora nella forma di attività individuali che
possono intersecarsi reciprocamente. Opera il c.d. principio di affidamento: ciascuno degli agenti può confidare che il compo rtamento dell’altro sia conforme
alle regole di diligenza, prudenza e perizia. Il fondamento: chi svolge una determinata attività garantisce obiettivamente di essere in grado di agire come il
modello di agente che svolge la stessa attività, cosicché gli altri conosciuto possono regolare il loro comportamento contand o sul fatto che chi svolge
quell'attività si uniformerà al suo doveroso standard di diligenza
• La conferma dell’inquadramento del principio di affidamento entro i criteri che presiedono all'individuazione delle regole di diligenza è offerta dal
incontrastata estensione del principio a tutti i fattori che concorrono all'individuazione di quelle regole. Si pensi all’età
In materia di circolazione stradale la prevalente giurisprudenza enuncia un principio opposto a quello dell’affidamento: “il conducente deve essere in grado di
padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente pre vedibili” sino ad affermare
“l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della preved ibilità”
Limiti principio di affidamento
• Un primo limite all’operatività del principio di affidamento è che le circostanze del caso concreto lasciano riconoscere la seria possibilità di un altrui
comportamento colposamente pericoloso. Limite discente dai criteri che fondano i doveri di diligenza: vanno sempre commisurati alla condotta che,
nelle circostanze del caso concreto, avrebbe tenuto il modello di agente
• Ai sensi dell’art. 40 co. 2 cp l’agente abbia l’obbligo giuridico di impedire eventi lesivi dell’altrui vita o integrità fisica, il cui rispetto comporta, come
dovere di diligenza, il controllo e la vigilanza dell’altrui operato: non potrà infatti fare affidamento sul corretto comportamento altrui quando la diligenza
da rispettare gli imponeva proprio di controllare che quel comportamento non fosse pericolosamente colposo
○ La portata del dovere di controllo può essere più o meno penetrante e più o meno estesa la culpa in vigilando del garante: emblematica l'attività
medico-chirurgica
Il principio di affidamento opera anche rispetto ai reati dolosi commessi da altri: siano anche autorizzati a confidare che n on agiranno dolosamente. Il
principio di affidamento ha anzi una portata ben più ampia, per duplice ragione
• Solo in via d’eccezione sono previsti delitti di “agevolazione colposa di un fatto doloso” contenuti nel codice penale comune e nei codici penali militari
di pace e di guerra. In queste ipotesi eccezionali non ha alcun rilievo l’affidamento che altri non agiranno dolosamente: rimproverata sulla base della
colpa per non aver previsto quel che astrattamente era prevedibile; ratio in base alla rango dei beni in gioco
• In astratto è senz’altro prevedibile che coltelli, martelli, accette etc., quando vengano venduti a terzi potranno essere utilizzati come strumenti per
commettere omicidi dolosi; ma nessuno si sogna di proibire la vendita di quegli strumento solo perché astrattamente prevedibile che si è offerta ad altri
l'occasione per commettere delitti dolosi. Deve perciò sottostare a condizioni più stringenti l'esclusione dell’affidamento e quindi la configurabilità per
colpa. Un'autonoma responsabilità per colpa, sia al dolo che alla colpa, nell’aver favorito con la propria condotta l'altrui riconoscibile inclinazione o
propensione a commettere un fatto doloso, in presenza di indizi concreti che rendano riconoscibile quella inclinazione o propensione
ASSENZA DI SCUSANTI
NOZIONE DI SCUSANTE
Un compiuto rimprovero di colpevolezza non può muoversi in presenza di scusanti, cioè dio circostanze anormali che, nella val utazione legislativa, hanno
influito irresistibilmente sulla volontà o sulle capacità psicofisiche
NOZIONE E DISCIPLINA
Il principio di colpevolezza richiede altresì che l’agente sapesse o almeno potesse sapere che quel fatto era previsto come r eato dalla legge.
• Per lungo tempo corollario art. 5 cp non si potesse invocare come scusa l’ignoranza della legge penale
Nella sent. 1988 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma all’art. 5 cp ove non esclude inescusab ilità dell'ignoranza penale per
ignoranza inevitabile. Scusato chi ignori o chi ne dia un'interpretazione erronea; non invece chi versi in una situazione di dubbio sull'esistenza o sui
contenuti: dovrebbe astenersi dall’azione
OGGETTO DELL’ERRORE
L’oggetto della ignoranza o della conoscenza errata può essere la rilevanza penale del fatto commesso dall’agente: ignora che quel fatto è penalmente
rilevante, ignorando l’esistenza della norma o avendo erroneamente interpretato la portato. L'ignoranza o l’errata conoscenza può riguardare inoltre
l’antigiuridicità del fatto: ritenere lecito il fatto da lui realizzato o supponga esista una norma che lo autorizza o lo imp one, oppure che norma che prevede
una causa di giustificazione abbia limiti più ampi
CRITERI PER STABILIRE SE L’IGNORANZA O L’ERRORE SULLA LEGGE PENALE SIANO O NO DOVUTI A COLPA
Nella sent. 364/1988 la Corte ha considerato non colpevole chi ignori di commettere un fatto vietato dalla norma incriminatri ce avendo ricevuto assicurazioni
erronee sulla liceità del fatto da parte degli organi amministrativi competenti a vigilare sull’osservanza delle norme, ovver o nei casi di precedenti assoluzioni
dell’agente per fatti dello stesso tipo perché ritenuti penalmente rilevanti, oppure nel caso in cui il testo legislativo sia assolutamente oscuro o nel caso di
“non colpevole carenza di socializzazione dell’agente”.
La Cassazione a lungo restia a riconoscere il carattere incolpevole a situazioni di ignoranza o errore sulla legge penale (co ndanna cittadino albanese per
violazione arresti domiciliari per recarsi ad udienza per la quale ha ricevuto decreto di citazione). Recenti pronunce però n el verso contrario
• Caso analogo al cittadino albanese riconosciuto il carattere incolpevole
• Esercizio abusivo della professione (art. 348 cp): circoncisione rituale di un neonato realizzata dalla madre nigeriana in concorso con connazionale
• Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale da parte di un cittadino italiano di lingua slovena
• Detenzione abusiva di armi (art. 697 co. 1 co)imputato, aveva ereditato dal padre, non aveva indicato le munizioni in suo possesso, errore indotto da
parte del comando dei carabinieri che escludevano l’obbligo di denuncia inferiore al limite di 200 munizioni
NOZIONE
Ulteriore condizione perché si possa erre oggetto di rimprovero personale è che l’autore fosse imputabile, cioè capace di int endere e di volere: capace di
comprendere il significato sociale e le conseguenze dei propri atti (capacità di intendere) nonché di autodeterminarsi libera mente (capacità di volere)
• La capacità di intendere e volere deve sussistere al momento del fatto e valutata in relazione al singolo fatto concreto, potendo sussistere un
imputabilità settoriale
“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso non era imputab ile” “è imputabile chi ha la
capacità di intendere e di volere” (art. 85 cp); serie di situazioni
• Vizio di mente
• Cronica intossicazione da alcool o da stupefacenti
• Sordomutismo
• Età < 14 anni presunzione assoluta
• Età 14-18 accertamento al caso concreto
Elenco non tassativo: si può fare diretta applicazione della regola generale art. 85 cp.
Serie di deroghe: in alcuni casi finto l’esistenza della imputabilità in capo a soggetti incapaci di intendere e volere; in a ltri casi ha spostato all’indietro rispetto
alla commissione del fatto il momento in cui deve essere presente la capacità; escluso che gli stati emotivi e passionali pos sano assumere rilievo
VIZIO DI MENTE
Art. 88 cp “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escl udere la capacità d'intendere o di
volere” + art. 89 cp “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare gra ndemente, senza escluderla, la
SORDOMUTISMO
Art. 96 cp “Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua inferm ità, la capacità d'intendere o
di volere. Se la capacità d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena è diminuita.”; ogni forma di sordomutismo, congenito o
acquisito, esulano invece il solo mutismo o la sola sordità che potranno avere rilievo ex artt. 88 -89 cp.
Accertare caso per caso se il sordomuto sia capace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto. Qualora e sclusa prosciolto per difetto di
imputabilità; attuazione di pena dei casi di capacità notevolmente scemata.
Potrà essere sottoposto a misure di sicurezza rispettivamente ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, assegnazione a u na casa di cura e di custodia o
libertà vigilata
MINORE ETÀ
• Compimento di 18 anni: imputabile
• < 14 sempre non imputabile (art. 97 cp): presunzione assoluta
○ Presentata proposta di legge per abbassamento ai 12 anni
• Tra i 14 e 18 anni (art. 98 co. 1 cp): accertamento caso per caso compiuto in concreto, in relazione alle caratteristiche cognitive e volitive di quel
singolo agente al momento della commissione del fatto, tenendo conto anche del tipo di reato commesso.
Criteri accertamento: la disciplina del processo penale minorile impone al P.M. e al giudice di formare il convincimento anch e sulla base di elementi relativi
alle condizioni personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne
• Se decorso troppo tempo tra la commissione del fatto e l'accertamento, sentenza di assoluzione per difetto di imputabilità
Trattamento sanzionatorio
• < di 14 anni non imputabile, se riconosciuto socialmente pericoloso misure di sicurezza: libertà vigilata o, per i reati di particolare gravità, riformatorio
giudiziario
• Età tra 14 e 18 riconosciuto imputabile inflitta pena per il reato da lui commesso diminuita nella misura massima di un terzo. Le pena della reclusione o
dell'arresto eseguite in istituti penali per minorenni (fino al compimento dei 25 anni). Le stesse misure di sicurezza applicabili ai < di 14 anni sia che
ritenuto imputabile (dopo esecuzione della pena) che non imputabile
NOZIONE E FONDAMENTO
Non sempre la commissione di un fatto antigiuridico e colpevole giustifica l'applicazione della pena, accertare se opportuno applicare le pene, verificare la
punibilità : l'insieme delle eventuali condizioni, interne ed esterne rispetto al fatto antigiuridico e colpevole, che fondan o o escludono l'opportunità di punirlo.
Ragioni per rendere inopportuna
• Ragioni politico-criminali in senso stretto (es. desistenza volontaria, art. 56 co. 3 cp)
• Ragioni politiche di clemenza
• Ragioni di politica internazionale
• Ragioni di salvaguardia dell'unità della famiglia
Le scelte del legislatore possono esprimersi nella individuazione di un duplice ordine di condizioni
• Condizioni che fondano la punibilità
• Condizioni (o cause) che escludono la punibilità
Fondano condizioni obiettive di punibilità (art. 44 cp): non contribuiscono in alcun modo a descrivere l’offesa al bene giuri dico tutelato dalla norma ma
esprimono solo valutazioni di opportunità in ordine alla inflizione della pena. Il numero molto limitato
• Sorpresa in flagranza in una serie di reati
○ Possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio (art. 260 cp)
○ Possesso ingiustificato di chiavi alternato o grimaldelli (art. 707 cp)
○ Partecipazione a giuochi d’azzardo (art. 720 cp)
• Reati di bancarotta prefallimentare: la legge reprime l'offesa realizzata dall’imprenditore disponendo dei propri beni in modo da intaccare la garanzia
patrimoniale sulla quale i creditori hanno diritto ovvero violando gli obblighi di documentazione contabile. L’una e l’altra forma di offesa punibili solo se
interviene, come condizione obiettiva di punibilità, la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore; ciò per mere ragioni di opportunità: un diffuso
sindacato potrebbe portare al tracollo di un'impresa ancora in vita con esiti negativi per l’economia
Le condizioni obiettive di punibilità sono svincolate dal dolo e dalla colpa: operano anche se l'agente non si è rappresentat o ne ha voluto l'accadimento che
integra la condizione ed anche se l'agente non se lo poteva rappresentare ne lo poteva evitare (art. 44 cp)
DISCIPLINA COMUNE
Le valutazioni politico-criminali alla base delle cause personali di non punibilità si riferiscono all’opportunità di non punire la singola persona che ha
realizzato il fatto antigiuridico e colpevole: carattere personale, ciò a conseguenze sul terreno del concorso di persone (art. 119 cp. 1 cp)
Da accertarsi in concreto, la legge affianca criteri ulteriori che attribuiscono spazio all’interno della causa di esclusione della punibilità anche ad altre
componenti soggettive
• Tenuità dell’offesa diverso rispetto a mancanza dell’offesa
Al criterio della tenuità del fatto si affianca quello della occasionalità del comportamento, mentre nella seconda entrano in scena anche il grado di
colpevolezza e il pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, studio, famiglia o salute della persona sottoposta ad
indagini o dell’imputato
L'istituto di più ampia portata art. 131 bis cp “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” introdotta co n l. 28/2015. L’ambito applicativo è
individuato con riferimento alle pene edittali: deve trattarsi di un reato (consumato o tentato) per il quale è prevista la p ena detentiva non superiore nel
massimo a 5 anni, ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena. Ai fini del rispetto del limite dei cinque a nni di pena detentiva non rilevano
le circostanze, ad eccezione di quelle autonome e di quelle a effetto speciale
• Nella prassi non di rado che, di fronte ad offesa particolarmente esigua, risulti inapplicabile l’art. 131 bis cp per la presenza di circostanza aggravante
NOZIONE E TIPOLOGIA
Accanto alle cause personali e alle cause oggettive di non punibilità, ulteriori cause di esclusione “cause di estinzione del reato”. Prendono vita in modo del
tutto indipendente da comportamenti dell’agente o che comunque non si esauriscono in tale: accadimenti naturali o vicende giu ridiche che interventi dopo
la commissione ma prima della condanna definitiva comportano l'inapplicabilità di qualsiasi sanzione penale. Le uniche sanzioni che si possono applicare
sono le misure di sicurezza patrimoniale che deve essere disposta anche se non è stata pronunciata sentenza di condanna: confisca obbligatoria di cose
intrinsecamente criminose. L’effetto estintivo riguarda le sole sanzioni penali: restano ferme le obbligazioni civili da reat o. All’interno di tale categoria
• Morte del reo e amnistia
• Prescrizione del reato
• Oblazione
• Perdono giudiziale
• Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato
Anche
• Remissione della querela
Anche in alcune disposizioni di parte speciale: es. delitto di bigamia (art. 556 co. 3 cp) il reato è estinto se è dichiarato nullo il matrimonio contratto
precedentemente dal bigamo ovvero se è anulato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia
AMNISTIA PROPRIA
L’amnistia propria (art. 151 co. 1 pt. 1 cp), cioè l'amnistia che interviene prima della sentenza definitiva di condanna, con siste in un provvedimento generale
di clemenza ispirato a ragioni di opportunità politica, ma successivamente degenerato nella prassi in strumento periodico di sfoltimento delle carceri per i
reati di piccola entità. A partire dal 1992 riacquistato il carattere di eccezionalità: legge a maggioranza dei ⅔.
Le figure di reato interessate dall’amnistia vengono di regola individuate dalla legge con riferimento al massimo della pena edittale (pena detentiva non
superiore nel massimo a 4 anni). Il provvedimento non si applica ai recidivi, quando si tratti di recidiva aggravata o reiter ata ex. art. 99 co. 2-5 cp, né ai
delinquenti abituali, professionali o per tendenza (artt. 102 ss. cp).
Quanto ai limiti temporali l’art. 79 co. 3 Cost. prevede che non a reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge: rimane la
possibilità al legislatore ordinario di fissare un limite temporale più arretrato
OBLAZIONE
Consiste nel pagamento di una somma di denaro corrispondente a un terzo del massimo dell’ammenda stabilita dalle legge per la contravvenzione (art.
162 cp oblazione ordinaria) ovvero alla metà del massimo quando contravvenzione punita alternativamente con l’arresto o con l'aumento (art. 162 bis cp
oblazione speciale): il pagamento estingue il reato. Campo applicativo limitato alle contravvenzioni: alle sole punite in ast ratto o che il giudice punirebbe nel
caso concreto con pena dell’ammenda (non per le contravvenzioni congiunte arresto e ammenda).
• Ai fini dell’oblazione ordinaria l’applicabilità della sola ammenda deve essere prevista dalla legge e non può discendere dal riconoscimento di una
circostanza attenuante speciale
La ratio dell'istituto
• Opportunità di alleggerire i carichi di lavoro gravanti sul giudice penale in relazione ai reati di modesta gravità (procedimento penale si esaurisce di
regola prima dell'apertura del dibattimento)
• opportunità di ordine economico-fiscale
• Limitatamente all’oblazione speciale, opportunità politico-criminale: subordinando l'applicazione dell'istituto all'eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose del fatto, incentivo a reintegrare il bene giuridico o i beni offesi dal reato
A fronte di un'istanza di oblazione ordinaria tempestivamente proposta dall’imputato, prima dell'apertura del dibattimento ov vero prima del decreto di
condanna, obbligo di ammetterlo ad oblazione . Sempreché l'accoglimento non sia precluso o dai precedenti dell’agente o dal p ermanere di conseguenze
dannose o pericolose del fatto eliminabili dall’agente
Due eccezioni alla disciplina generale dell’oblazione
IL PERDONO GIUDIZIALE
DISCIPLINA COMUNE
Le cause di estinzione del reato hanno in comune quella che convenzionalmente viene designata come “autonomia” o “specificità” del loro campo di
applicazione: sia in relazione ai reati ai quali la causa di estinzione è applicabile sia alle persone che ne possono beneficiare
• L’art. 170 stabilisce che “quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato”. Co. 2 dispone che
la causa estintiva di un reato che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato non si estende a quest’ultimo. CO. 3 alla
circostanza aggravante prevista per chi commette un reato per eseguirne od occultarne un altro: l'estinzione di uno dei due reati non esclude
l’applicabilità dell'aggravante. Alla stessa logica art. 151 co. 2 cp in tema di amnistia e di concorso di reati: “nel concorso di più reati, l’amnistia si
applica ai singoli reati per i quali è conceduta”
• L’art. 182 cp “l'estinzione del reato… ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce”, a meno che la legge non disponga
diversamente. Di regola quindi le cause di estinzione operano soltanto rispetto al singolo concorrente al quale si riferisce la causa estintiva
L’ordine nel quale sono disposti gli elementi del reato è un ordine vincolante per il giudice anche nel caso in cui sia presente una causa di estinzione del
reato. In base all’art. 129 co. 2 cpp la prova evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, oppure che il fatto non è antigiuridico,
ovvero non è colpevole, impone il proscioglimento per l’una o l’altra di queste ragioni e non per la presenza di una causa di estinzione del reato. Soddisfatto
interesse del cittadino. Il carattere diverso e “infamante” di quest’ultima ipotesi di proscioglimento spiega perché la Corte Costituzionale abbia fatto
discendere dal diritto alla difesa (art. 24 Cost.) il principio in base al quale l’imputato può rinunciare all’intervenuta pr escrizione o amnistia così da
consentirgli la difesa nel merito e quindi l’eventuale conseguimento di un proscioglimento che elimini ogni ombra di dubbio s ull’operato
“Qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liber amente, alla risoluzione delle
questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale”. La giustizia riparativa propone un approccio al reato com plementare alla pena volto ad offrire
risposte adeguate ai bisogni di giustizia di tutti i protagonisti della vicenda penale: soprattutto la vittima. In sintesi: l a giustizia riparativa guarda alla condotta
criminosa come una “condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, che può provocare alle vittime privazioni, sofferenze, dolo re e persino la morte e che
richiede, da parte del reo, l’attivazione di forme di riparazione del danno provocato”. Non rappresenta un'alternativa alle t eoria della pena. Finalità
• Prevenzione generale: far tacere o ridurre la domanda di punizione che si leva dalla vittima e dalla comunità nei confronti dell’autore del reato
• Prevenzione special: “l’idea di un soggetto che partecipa in modo attivo e responsabile alla costruzione del proprio progetto di reinserimento sociale”
Fulcro è la mediazione, come momento di incontro e dialogo tra autore e vittima: frutto di libera scelta di tutti i soggetti coinvolti
Nel diritto positivo l'istituto è la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. Il giudice “impartire p rescrizioni dirette a riparare le
conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa”. Inoltre in tema di esecuzione del le pena nei confronti dei
minorenni “l’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime del
reato”. Elementi di giustizia riparativa possono accorgersi anche nell’ambito della competenza penale del giudice di pace, che impegna il giudice, quando
reato perseguibile con querela, a promuovere la conciliazione tra le parti.
Rivendica un'attuazione più piena e coerente, che vada oltre gli spunti isolati che abbiamo segnalato. Prospettive? Proposta di inserire nella legge
sull'ordinamento penitenziario all’art. 15 bis cp
• In qualsiasi fase dell'esecuzione, i condannati o gli internati per tutti i tipi di reato, possono accedere ai programmi di giustizia riparativa attraverso le
strutture pubbliche o private presenti sul territorio
• Ai programmi di giustizia riparativa i condannati e gli internati, previa adeguata informazione, accedono su base volontaria
• Le dichiarazioni rese e le discussioni effettuare nell’ambito del programma sono confidenziali e possono essere divulgate esclusivamente con
l’accordo
• Ai fini della concessione dei benefici penitenziari non si tiene conto della mancata effettuazione o dell’esito negativo dei programmi
Da ultimo l. 103/2017 (l. Orlando) indicava i principi direttivi a cui si doveva attenere il Governo la “previsione di attivi tà di giustizia riparativa e delle sue
relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale in ambito intramurario sia nell'esecuzione de lle misure alternative”: punto
ignorato nei d.lgs. in attuazione alla delega stesso
Rispondere penalmente soltanto chi realizza un reato consumato cioè chi compie un fatto concreto nel quale sono presenti tutt i gli estremi di un dato reato.
Per punirlo c’è bisogno di una norma che estenda la responsabilità anche a chi tenti di riuscirci: art. 56 cp nuove figure de littuose che sono “forme di
manifestazione” meno gravi dei delitti - tentativo
Compiere una seconda scelta di fondo: stabilire, preliminarmente, quali fra gli atti compiuti dall’agente, se idonei, possono rilevare ai fini del tentativo, ossia
individuare un momento dell’inter criminis, a partire dal quale può configurarsi il tentativo di un determinato delitto. In passato il codice penale del 1889
individuava questo momento tracciando espressamente uno spartiacque tra atti preparatori e atti esecutivi: solo i secondi ril evare ai fini del tentativo. Il
legislatore del 1930 atti punibili a titolo di tentativo già nella fase degli atti preparatori: ispirata a considerazioni pol itiche, sembrava assurdo che non si
potesse rispondere di tentato omicidio perché non si era cominciata l’esecuzione, chi munito di fucile di precisione si dispo neva a prendere la mira la
vittima. Ora art. 56 co. 1 cp gli atti debbono essere “diretti in modo non equivoco a commetter un delitto”, nonché art. 115 cp la normale irrilevanza penale
di atti preparatori che abbiano per oggetto la commissione di un reato che poi non venga commesso
TENTATIVO
L'INIZIO DELL’ATTIVITÀ PUNIBILE: ATTI UNIVOCI COME SINONIMO DI ATTI ESECUTIVI (ARTT. 56 CP E 115 CP)
Un duplice ordine di argomenti a favore della rilevanza dei soli atti esecutivi: atti tipici, che corrispondono almeno in par te allo specifico modello di
comportamento descritto nella norma incriminatrice di parte speciale; irrilevanti quindi atti preparatori ossi atti che abbia no un carattere strumentale rispetto
alla realizzazione, non ancora iniziata, di una figura di reato
• Tenore letterale dell’art. 56 cp attività punibile coincide con l'inizio dell'esecuzione. Il requisito univocità degli atti esprime una caratteristica oggettiva
della condotta: atti devono di per sé rilevare che l'agente ha iniziato a commettere un determinato delitto; uscire dall’equivoco di ed essere diretti
verso un determinato delitto solo gli atti che rappresentino l'inizio di esecuzione di quel determinato delitto
• Conferma nel disposto art. 115 cp considera non punibili sia l’accordo sia l’istigazione che poi non venga commesso
Individuare l'inizio di esecuzione nei reati a forma vincolata: esecutivi sono gli atti che corrispondono allo specifico mode llo di comportamento descritto
nella norma incriminatrice
• Truffa (art. 640 cp) atto preparatorio la predisposizione di documenti falsi, inizio esecuzione rappresenti almeno l’inizio dell’artificio o di un raggiro;
Bigamia (art. 556 cp) esecutivo “contrarre un matrimonio avente effetti civili”, atti preparatori le pubblicazioni nuziali; furto (art. 624 cp) esecuto varie
forme in cui si può sottrarre una cosa mobile da chi la detiene, atto preparatorio accostarsi alla persona
Reati a forma libera, l’azione tipica si individua in funzione del mezzo impiegato in concreto dall’agente: esecutiva l'attiv ità che consiste nell’uso del mezzo
impiegato dall’agente
• Omicidio doloso (art. 575 cp) realizzato con le più diverse azioni: se Tizio decide di provocare la morte di Caio per mezzo di un veleno, attività tipica
riempie la bevanda di Caio con il veleno
Diversa lettura, in chiave non oggettiva ma soggettiva, del requisito dell'univocità: esprimerebbe l’esigenza di provare la p resenza del dolo in capo
all’agente. Oggi nessun seguito perché incompatibile con il tenore letterale della legge, che ancora gli atti il requisito de ll'univocità. Tale requisito del tutto
pleonastico perché l’esigenza della prova del dolo è imposta già delle regole generali del processo
L’irrilevanza degli atti preparatori non sempre = irrilevanza penale. L’art. 115 cp prevede applicazione di misure di sicurez za in caso di accordo e alcuni
casi di istigazione; eccezionalmente l'ordinamento prevede come reati a se stanti una molteplicità di atti preparatori di alt ri reati. Nel quadro del concorso di
persone fa salva la possibilità che la legge preveda come autonome figure di reato talune forme di accordo e istigazione: es. in relazione alla cospirazione
politica mediante accordo (art. 304 cp), alla istigazione alla corruzione (art. 322 cp), alla istigazione a delinquere (art. 414 cp) etc.. Il legislatore non è però
libero di configurare gli atti preparatori come reati a se stanti, solo in via di eccezione con un duplice banco di prova di legittimità costituzionale
• Beni indispensabili per l'integrità delle istituzioni e la sopravvivenza stessa della società
• Solo atti tipicamente pericolosi per quei beni di altissimo rango: il principio di proporzione subordina la legittimità sia al rango del bene, sia alla gravità
dell'offesa da reprimere, quanto meno grave è l’offesa tanto più elevato il rango
• Es. fabbricazione di filigrane (art. 461 cp), detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete o di carta filigranata (art. 461 cp),
contraffazione di carta filigranata (art. 460 cp) e detenzione di monete falsificate (art. 453 cp); detenzione illegale e porto di armi da guerra o di armi
comuni da sparo; in materia di stupefacenti. Aspiranti rapinatori c'è vengono bloccati dalla polizia mentre si accingono ad entrare in banca, non
rispondere di tentata rapina non = impunita: porto d’armi da guerra da parte di più persone massimo di 13 anni e 4 mesi di reclusione (stessa pena
per tentata rapina)
Non tollerano che la soglia di punibilità sia ulteriormente spostata all'indietro: tali reati non ammettono dunque il tentati vo.
La Corte Costituzionale “Atti… diretti in modo non equivoco a commettere un delitto possono essere esclusivamente atti esecut ivi, in quanto.... soltanto
dall'inizio di esecuzione di una fattispecie delittuosa può dedurre la direzione univoca dell’atto stesso a provocare proprio il risultato criminoso”. La
Cassazione si è talora espressa per la rilevanza dei soli atti esecutivi
• Sent. Musso (2010): atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto esclusivamente atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche
solo in minima parte alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o a forma vincolata; sent. Cristello (2008): ai fini della
configurabilità necessario il passaggio della condotta della fase preparatoria a quella esecutiva
In coerenza con questo orientamento le Sezioni Unite hanno affermato che la mera offerta di vendita di semi dalla cui pianta sono ricavabili stupefacenti si
configura come atto preparatorio non punibile perché non diretto in modo univoco alla consumazione di un determinato reato. T uttavia maggioritario nella
giurisprudenza di legittimità l’orientamento che ritiene configurabile il tentativo anche di atti meramente preparatori, a co ndizione che rilevano che il delitto
sta per essere commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili → atti preparatori immediatamente precedenti a quelli esecutivi
• Sent. Borromeo (2019), Gentile (2017), Gravina e Colombo (2016) “non solo atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili
come preparatori… l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di
eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo”
Ulteriore filone giurisprudenziale nettamente posizione contro la perdurante rilevanza distinzione tra atti preparatori ed es ecutivi: considera decisivo, ai fini
della univocità, gli atti che siano “oggettivamente rilevatori, per il contesto nel quale si inseriscono e per la loro natura ed assenza, secondo le norme di
esperienza e l'id quod plerumque accidit, del fine del perseguito dall’agente”
Accertato atti rappresentino l'inizio dell’esecuzione, ulteriore indagine: art. 56 co. 1 cp “idonei a commettere” il delitto, cioè creato la probabilità della
consumazione del reato e quindi la messa in pericolo del bene tutelato
• Altri ordinamenti non richiedono l’idoneità, es. Germania
Talora la giurisprudenza ricostruisce l’idoneità degli atti in termini non di probabilità bensì in mera possibilità di consum azione del reato.
Struttura del giudizio di idoneità
• Necessario termine di relazione la consumazione del delitto. Nei reati che si esauriscono in un’azione o in più azioni l’idoneità rapportata al
completamento dell’azione o azioni richieste dalla legge per la consumazione
○ Evasione (art. 385 cp) se taluno viene sorpreso mentre inizia a scavalcare il muro che cinge il cortile, domandare e gli atti compiuti fino a quel
momento rendevano probabile il completamento dell’azione e quindi la consumazione del reato
Neri reati evento l’idoneità valutata in relazione al verificarsi dell’evento o degli eventi
○ Omicidio doloso (art. 575 cp) si tratta di valutare la probabilità che l’atto di spianare l’arma contro la vittima sia seguito non solo dal
completamento dell’azione ma anche dalla serie causale innescata dall’azione
• Il giudizio va formulato ex ante secondo lo schema della prognosi postuma: al momento dell'inizio dell’esecuzione del delitto
“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto [tentato] se non l’ha commesso con dolo” (art. 42 co. 2 cp).
Oggetto del dolo nel tentativo è la realizzazione del corrispondere delitto consumato: non c’è differenza tra delitto tentato e consumato. controverso è se la
coincidenza riguardi anche le forme del dolo: se cioè tutte le forme del dolo che rilevano possano egualmente rilevare in rel azione al delitto tentato. Si
discute sulla compatibilità del dolo eventuale con la struttura del tentativo; il quesito risolto in senso affermativo: è in questo senso pronunciate le sezioni
Unite; la soluzione negativa accolta invece dalla prevalente giurisprudenza e si fonda sull’assunto che il requisito dell'uni vocità degli atti sia incompatibile
con lo stato di dubbio caratteristico del dolo eventuale. A più riprese sottolineato che l'uno vita è requisito oggettivo deg li atti, che esprime l’esigenza
dell'inizio dell’esecuzione e non riguarda la sfera del dolo: non far leva su tale requisito per desumere l'incompatibilità t ra tentativo e dolo eventuale.
Rispondere di tentato omicidio a titolo di dolo eventuale chi, fuggendo dal luogo in cui ha commesso una rapina, spari in dir ezione degli inseguitori per farli
desistere: spari non al fine di uccidere ma al fine di sottrarsi alla cattura, accettando però l'eventualità che una pallotto la raggiunga ed uccida.
Ciò che l’agente deve voler realizzare, per la sussistenza del dolo di tentativo, è un fatto concreto che integri un modello di fatto descritto da una norma
incriminatrice di parte speciale. Che cosa succede se l’agente realizza un fatto concreto che non corrisponde ad un modello l egale di reato, supponendo
erroneamente che costituisca un reato? reato putativo per errore; l’art. 49 co. 1 cp stabilisce che “non è punibile chi comme tte un fatto non costituente
reato, nella posizione erronea che esso costituisca reato”
• In ordinamenti, come quello tedesco, nei quali il fondamento della punizione del tentativo è la volontà di commettere un reato, si punisce a titolo di
tentativo il reato putativo per errore di fatto
LA DESISTENZA VOLONTARIA
“Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costi tuiscano per sé un reato diverso”
art. 56 co. 3 cp. Presuppone che già sia stato integrato un fatto antigiuridico e colpevole di tentato e l'effetto della desi stenza volontaria è quello di renderlo
non punibile: può residuare una responsabilità di altro tipo se gli atti integrano un reato diverso
Due requisiti
• Condotta di desistenza, nei reati commissivi non completare l’azione esecutiva iniziata ma non ancora portata a termine; nei reati omissivi (propri e
impropri) compiere l’azione doverosa inizialmente omessa quando ancora vi è la possibilità di un adempimento tempestivo
• Desistenza volontaria “potrei continuare ma non voglio” non “vorrei continuare ma non posso”: presuppone soggettiva convinzione dell’agente di
poter completare l'attività esecutiva iniziata;
○ Non sussiste dunque quando coazione esterna che impone di abbandonare l'attività
○ Ne non vi sia comunque la possibilità di completare con successo l'attività delittuosa iniziata;
○ Del pari non volontaria la desistenza da attività di estorsione allorché “l’uso di telecamere installate in prossimità dell’esercizio commerciale in
danno del cui titolare doveva essere realizzata l'estorsione, rendeva estremamente rischioso il proseguimento”;
○ Non volontaria si allontani avendo constatato che il registratore di cassa vuoto
○ Non violenza sessuale dopo aver percosso, immobilizzato e spogliato la vittima, caccia per le minacce di urlare, ovvero la vittima nell’androne di
un palazzo e di averle tappato la bocca ma intimorito che aveva conversato telefonicamente con altra persona
○ Ne adescare un minorenne per poi allontanarsi quando il ragazzo minacciato di chiamare la polizia
○ Si volontaria “liberamente allontanato da un’abitazione rurale dopo averne forzato la porta d'ingresso, rovistando al suo interno e mettendo tutto
soqquadro, senza peraltro apportare nulla” (Cass.)
Volontarietà non significa necessita di pentimento e nemmeno necessità di abbandono definitivo del proposito criminoso: anche da calcoli utilitaristici
RECESSO ATTIVO
Nei reati di evento la legge da rilievo comportamento tenuto dopo aver completato l’azione o omissione: volontario impediment o dell’evento; non esclude la
punibilità ma attenuazione della pena diminuita fino ad un terzo della metà (art. 54 co. 4 cp) → natura di circostanza attenuante. Dopo aver avuto l’effetto di
impedire il verificarsi dell’evento, se non ci è riuscito reato consumato; non è necessario che l’impedimento dell’evento avvenga ad opera esclusiva dell’agente:
realizzarsi con l’aiuto di terzi. Quanto alla volontarietà termini uguali alla desistenza
DELITTI DI ATTENTATO
Presenza della parola “attentato” ovvero di formule come “chiunque attenta a...” “chiunque commette un fatto diretto a...” et c. Es. Attentati contro l'integrità,
l'indipendenza e l'unità dello Stato (art. 241 cp) attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 cp), attenta to contro la Costituzione dello Stato
(art. 283 cp), attentati alla sicurezza dei trasporti (art. 432 cp) o alla guerra civile (art. 286 cp). Alla base esigenza di punizione più severa; in alcune ipotesi
il reato non può sussistere che nello stadio del tentativo, poiché il raggiungimento del fine cui è diretta la volontà dell’a gente assicurerebbe al colpevole
completa impunità. Secondo un orientamento prevalente i delitti di attentato presentano entrambi i requisiti strutturali del tentativo: inizio dell'esecuzione e
idoneità degli atti esecutivi. Altre volte la giurisprudenza ribadisce che nei delitti di attentato devono essere presenti si a l'univocità degli atti, lettura
dell'univocità svincolata dall'inizio dell’esecuzione. A proposito del requisito dell’idoneità (nell’art. 241 cp solo a segui to della riforma del 2006) non
compariva nella formulazione originaria di questa disposizione; ciò nondimeno la giurisprudenza ha sempre richiesto la sua su ssistenza in concreto. I delitti
di attentato non ammettono il tentativo: tentativo è già sufficiente per la consumazione, quindi irrilevanti penalmente gli a tti preparatori dei delitti di attentato
a meno che non siano eccezionalmente previsti come reati a se stanti
Le norme sul concorso di persone duplice funzione, che si attua in due fasi successive
• In primo luogo viene in considerazione la loro funzione incriminatrice: in un ordinamento reato dal principio di legalità talune norme sul concorso
hanno la funzione di dare rilevanza a comportamenti atipici, estendendo la responsabilità a chi non realizza in prima persona ma concorre alla
commissione
• Altre norme sul concorso adempiono la funzione di disciplina del trattamento sanzionatorio, individuano la misura della pena per ciascuno dei
concorrenti
A. PLURALITÀ DI PERSONE
Deve aggiungersi almeno un’altra persona a quelle la cui condotta è già richiesta dalla struttura della norma incriminatrice. Nel novero dei concorrenti
rientrano anche le persone non imputabili o non punibili per effetto di una causa personale di esclusione della punibilità. L’irrilevanza della imputabilità e
punibilità per la sussistenza del concorso di persone discende dalle disposizioni agli artt. 111 e 112 cp che prevedono talun e circostanze aggravanti nei
confronti di chi ha determinato a commettere il fatto persone non imputabili o non punibili
CONCORSO MORALE
Chi con comportamenti esteriori fa nascere in altri il proposito di commettere il fatto che poi viene commesso ovvero rafforz are un proposito già esistente
• in dottrina si designa come determinatore chi fa nascere e istigatore chi si limita a rafforzare. ciò non trova fondamento nel linguaggio legislativo,
delitto di istigazione a suicidio (art. 580 cp) abbaia “chi determina altri al suicidio” sia la condotta di “chi rafforza”
Nesso causale duplice passaggio:
• Istigazione deve nascere o rafforzare in capo all'istigato il proposito di commettere un determinato reato
• Tale reato effettivamente poi commesso
Art. 115 cp se l’istigazione non viene accolta manca il primo momento del rapporto di causalità psicologica; difetta il secon do momento se la persona ha
accolto l’istigazione ,ma non passata all’esecuzione del reato.
L'influenza causale dell’istigazione va accertata in concreto secondo lo schema condicio sine qua non: escludere la configurabilità se l’autore fosse già
fermamente risoluto a commettere il reato.
La mera presenza sul luogo del reato non integra alcune forma di concorso morale, a meno che non sia accompagnata da una chia ra manifestazione
esteriore di adesione al comportamento delittuoso e l’autore ne abbia tratto motivo di rafforzamento del suo proposito ovvero di assicurazione
Fuori dei limiti del concorso morale, perché difetta di contributo causale, la connivenza cioè la consapevolezza che altri st ia per commettere o
commettendo un reato senza impedirlo: porta delinearsi un concorso nel reato soltanto nella forma del reato omissivo
• La Cassazione ha affermato che “anche la sola presenza fisica del partecipe in una associazione di tipo mafioso alla consumazione di un delitto-fine”
“laddove non sia meramente accidentale, ma intenzione e corredata dalla perpetrazione del reato, non è qualificabile come mera connivenza non
punibile, ma integra una forma di cooperazione morale” rafforzamento del proposito
Rientra senz'altro nello schema l'accordo, comune decisione di commettere un reato. Acne nell’ipotesi di accordo, l’art. 115 cp, deve seguire la
commissione del reato
La responsabilità del partecipe dipende anche dalla presenza del dolo: oggetto del dolo sia il fatto principale realizzato da ll’autore, sia il contributo causale
recato dalla condotta atipica. L’istigatore deve essersi rappresentato e aver voluto influenzare le scelte. Del pari il conco rrente materiale deve essere
rappresentato e aver voluto fornire aiuto all’autore. Ciò che deve rappresentarsi e volere è l’apporto di un contributo causa le alla realizzazione, da parte di
altri, di un fatto di reato consumato.
Sufficiente che il concorrente si rappresenti un fatto concreto conforme a quello descritto dalla norma incriminatrice: irril evante che il partecipe conosca le
concrete modalità con cui l’autore eseguita il reato
• Quanto all’identità della vittima, il dolo del partecipe sussiste anche se viene commesso il fatto in danno di una persona diversa da quella che il
partecipe voleva offendere. Questa soluzione generale disciplina del dolo, e in particolare disciplina dell’errore sulla persona dell’offeso (art. 60 cp).
Se invece l’autore decide, per sua autonoma scelta, di uccidere una persona diversa da quella di cui era stata commissionata la morte, il mandate
non risponde di conosco in omicidio perché la scelta autonoma dell’autore ha spezzare il legame causale con la condotta del mandate
Ai fini del dolo del concorso non è necessario un previo accordo, ne è necessaria una consapevolezza reciproca dell’altrui at tività: sufficiente il dolo di
partecipazione in capo al concorrente atipico, mentre l’autore può ignorare l’altrui contributo materiale alla realizzazione del fatto. L'eventualità che l’autore
e il partecipe abbiano raggiunto un accordo prima della commissione del reato, irrilevante ai fini della sussistenza del dolo , rileverà soltanto ai fini della
commisurazione della pena: esecuzione di un programma caratteri di particolare gravità sul piano oggettivo
L’agente provocatore è chi istighi taluno a commettere un reato, volevo far scoprire e assicurare alla giustizia la persona p rima che il reato giunga a
consumazione. L'impunità dell’agente provocatore, la ragione è l’assenza del dolo di partecipazione in capo. Quanto al sogget to provocato, che abbia
commesso il reato oggetto della provocazione, due soluzioni
• Impunità per ragioni processuali: inutilizzabili le prove che siano state acquisite con tattiche poliziesche fraudolente
• Punizione attenuata, ricorrendo alle attenuanti generiche ex. art. 62 bis cp quando la provocazione abbia condizionato in modo rilevante la libertà di
autodeterminazione del soggetto provocato
Diverso infiltrato compiendo fatti di reato per acquistare elementi di prova. L’impunita non fondata sull'assenza del dolo di consumazione bensì sulla liceità
dei fatti di reato commessi nell’adempimento di un dovere. L’art. 91 l. 146/2006 Delina per determinare categorie ufficiale e di agenti di polizia giudiziaria,
nonché per i loro ausiliari o per le persone interpose, una causa di giustificazione che riguarda chi, nel corso di specifich e operazioni di polizia commetta
fatti di reato, ovvero ritari od ometta il compimento di arresti, fermi o sequestri, ovvero l’esecuzione di misure cautelari o di pene detentive: la scriminante è
configurabile solo in relazione all’acquisizione di prove relative ad attività illecite già in corso, e non anche alla determ inazione di taluno a commettere nuovi
reati. Un importante ampliamento nella sfera dei reati che è consentito commettere dall’infiltrato l. 3/2019 esteso alla corr uzione e altri delitti contro la P.A..
analoga disciplina in materia di operazioni sotto copertura l. 269/98 art. 14 delitti di prostituzione e pornografia minorile e di iniziative turistiche volte allo
sfruttamento della prostituzione minorile
Difficile stabilire se ci si trovi in presenza di un agente sotto-copertura o di un agente provocatore. Rilievo in relazione alla responsabilità del provocato,
affrontato dalla Corte EDU, per lo più in materia di traffico di stupefacenti nonché di corruzione e di altri reati contro la P.A.. Caso guida Teixeira de Castro
c. Portogallo 1998 , ipotesi di provocazione allorché si accerti che il reato non sarebbe stato commesso in assenza dell’impu lso recato dall’agente di
polizia.
Se il fatto concreto realizzato dall’autore integra una figura di reato diversa da quella che il partecipe voleva contribuire a realizzare, la
disciplina imporrebbe di escludere la responsabilità. Art. 116 cp “Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche
questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione”. a titolo di dolo un fatto di reato che egli non ha voluto ma contribuito alla
sua realizzazione.
Responsabilità oggettiva armonizzata con il principio di colpevolezza, rimprovero di colpa alla realizzazione del reato diver so: circostanze concrete erano
tali che un uomo ragionevole avrebbe previsto che si sarebbe realizzato quel diverso reato.
Ancora problemi di legittimità sotto il profilo dei rapporti tra misura della pena e grado di colpevolezza: punisce con la pe na prevista per un delitto doloso
una persona alla quale può essere mosso soltanto un rimprovero di colpa. Temperata dalla previsione di una circostanza attenu ante per l’ipotesi in cui il
reato commesso sia più grave di quello voluto dal partecipe (art. 116 co. 2 cp)
“Estraneo” in un reato proprio, reato che può essere commesso soltanto da chi possegga determinate qualità o si trovi in dete rminate relazioni con altre
persone.
“Estraneo” deve contribuire causalmente alla realizzazione del fatto costitutivo, concorso materiale o morale. Si discute se possa essere l’estraneo a
commettere il fatto tipico, relegando l'internato al ruolo di mero partecipe → soluzione affermativa accolta dalla prevalente giurisprudenza. A nostro avviso l'autore
di un reato proprio può essere soltanto l'interno: lo impone il principio di legalità. Secondo una parte della giurisprudenza e della dottrina all’interno della categoria del
reato proprio andrebbe operata una distinzione tra i reati propri “esclusivi” (o di mano propria) e i reati propri “non esclusivi”: i contorni di tali categoria sono peraltro
incerti
Il dolo del partecipe esige la consapevolezza e la volontà di contribuire alla realizzazione del fatto costitutivo del reato proprio e quindi esige anche la
consapevolezza della qualità rivestita dall'interno, elemento costitutivo del fatto di reato proprio. L’art. 117 cp introduce una deroga, le sole ipotesi in cui la
qualità dell’autore determini un mutamento del titolo del reato: la deroga riguarda le ipotesi in cui, accanto alla figura de l reato proprio, esista una
corrispondente figura di reato comune (peculato art. 314 cp e appropriazione indebita art. 646 cp). Nei casi di mutamento del titolo di reato non è
necessario che l’estraneo conosca la qualifica soggettiva dell'interno (art. 117 cp). Sì accolta una responsabilità a titolo di dolo ad un soggetto che ha agito
senza dolo, nemmeno richiesta versasse in colpa: responsabilità oggettiva; peraltro rimodellata come responsabilità per colpa , solo a condizione che la
mancata rappresentazione della qualifica soggettiva sia stata determinata da colpa. Di recente la Cassazione ha riconosciuto che “l’unica interpretazione
conforme al principio costituzionale di colpevolezza è quella che richiede… in relazione all’... art. 117 cp, l’emergere di u na responsabilità per colpa in
concreto, ancorata ad una violazione di regole cautelari di condotta e ad un coefficiente di prevedibilità -evitabilità, del rischio connesso al difetto di
conoscenza… della qualifica soggettiva di cui l'interno è portatore in ambito concorsuale ”. Vale anche per l’art. 117 cp qua nto si è osservato a proposito
dell’art. 116 cp in relazione al rapporto tra misura della pena e grado della colpevolezza: si punisce con la pena prevista p er un delitto doloso una persona
alla quale può essere mosso soltanto un rimprovero di colpa. Non è sufficiente a ricomporre questa sproporzione la previsione della possibilità per il
giudice di diminuire la pena nei confronti del soggetto non qualificato, qualora il reato proprio sia più grave di quello com une
E’ pacifico che possa configurarsi il concorso di persone in un reato necessariamente plurisoggettivo: art. 110 cp dare rilev anza anche alla condotta atipica
di chi istiga o agevola la commissione
• Es. concorso in bigamia (art. 556 cp); concorso in rissa (art. 588 cp)
Quanto ai reati necessariamente plurisoggettivi impropri o in senso ampio (pluralità di condotte da parte di una pluralità di persone, assoggettando a pena
soltanto alcune delle condotte) la funzione dell’art. 110 cp può esplicarsi soltanto nei confronti di chi contribuisca alla r ealizzazione del fatto di reato
tenendo una condotta atipica, cioè diversa da quella descritta dalla norma incriminatrice e dunque non punibile. Es. rilevazi one di segreti d’ufficio (art. 326
cp) pubblico funzionario che rileva la notizia coperta da segreto e della ulteriore condotta di chi ne prende cognizione; solo la prima è sanzionata; il vuoto
repressivo di chi riceve non può essere colamento dalla norma del concorso di persone, abbraccia solo le condotte atipiche, m a porta esplicarsi in chi ad
es. istighi a rivelare
Più complesso configurabilità reati associativi (banda armata art. 306 cp, associazione per delinquere art. 416 cp, associazi one di tipo mafioso art. 416 bis
cp). Taluno nega, tutt’al più la sola condotta atipica rilevante potrebbe essere compiuto attività di istigazione; tesi non p ersuade: chi occasionalmente
apporti un contributo al mantenimento o al rafforzamento delle capacità operative non opera come partecipe dell’associazione, ma senz’altro agevola
l'esistenza dell’associazione realizzato a pieno gli estremi oggettivi di un concorso di persone nel reato: concorso esterno nel reato associativo → la
costante giurisprudenza ammette
• Oggetto sent. Corte EDU (Contrada c. Italia) che ha negato la possibilità di punire a titolo di concorso esterno fati realizzati prima della sent. DEmitry.
Replicando alla sent. Contrada, la Cassazione ha escluso che il concorso esterno sia un reato di creazione giurisprudenziale
Integrato anche sotto il profilo del dolo se chi occasionalmente contribuisce a mantenere in vita o rafforzare l’associazione si rende conto ed è a
conoscenza delle finalità alle quali l'associazione è rivolta.
La configurabilità è avvalorata dalle norme che prevedono reati a se stanti l’assistenza ai partecipi della banda armata (art . 307 cp) e l’assistenza agli
associati di un’associazione per delinquere o di un’associazione di tipo mafioso (art. 418 cp). Queste due figure delittuose, consistenti nel dare rifugio e nel
fornire vitto agli associati, si applicano, per espressa previsione, “fuori dai casi del concorso nel reato”: ciò significa c he dare rifugio o fornire vitto a un
associato può anche integrate concorso nel reato associativo. L'aiuto all’associato verrà punito con autonoma pena prevista d agli artt. 307 e 418 cp a
meno che l'associato abbia un ruolo e peso da comportare che l’aiuto sia diretto in realtà non solo al singolo ma alla stessa associazione
• Il problema della configurabilità in relazione all’operato di alcune categorie di professionisti (avvocati, magistrati, imprenditori): “l’avvocato che si
trasformi in un “consigliori” della cosca, assicurando un’assistenza tecnico-legale finalizzata a suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenta
della legge” → concorso esterno da parte dell’avvocato
Nel confermare la configurabilità del concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa, le Sezioni Unite hanno precisato quale sia la differenza tra
concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in reato aggravato ai sensi dell’art. 416 bis cp “quel che caratterizza i l concorrente esterno rispetto
all’autore dell’illecito aggravato è che solo il primo ha un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo… che gli consente di cogliere l’assoluta funzionalità
del proprio intervento, ancorché unico, alla sopravvivenza o vitalità del gruppo”. Nel reato circostanziato invece “l’utilità dell’intervento può essere anche
valutata astrattamente solo da uno degli agenti, senza estensione ai comportamenti del gruppo” “del tutto estemporanea e fung ibile rispetto all’attività
delinquenziale programmata e, soprattutto, non necessariamente produttiva di effetti di concreta agevolazione”
Sussistere una posizione di garanzia cioè sussistere l’obbligo giuridico di impedire la commissione del reato da parte di alt ri: in assenza non c’è
partecipazione bensì mera connivenza o irrilevante adesione morale. L’obbligo può riferirsi a qualsiasi tipo di reato
• Es. reato commissivo di mera condotta: furto (art. 624 cp)non viene impedito dalla guardia giurata, violenza sessuale (art. 609 bis cp) a danno del
minore non viene impedita dal genitore non presente sul luogo ma consapevole; frode in pubbliche forniture (art. 356 cp) funzionario violi obbligo di
verifica e controllo
• Es. reato commissivo di evento: omicidio doloso (art. 575 cp) padre non impedisce l’uccisione del figlio minore; bancarotta societari, componenti del
collegio sindacale che omettano il controllo doveroso sull’operato degli amministratori che hanno cagionato il dissesto; disturbo delle occupazione o
del riposo delle perone (art. 659 cp)
• Es. reato omissivo proprio: l’amministratore di diritto (e mero prestanome) di una società, in quanto gravato da obblighi di vigilanza e controllo ex art.
2932 cc, risponda a titolo di concorso omissivo con l'amministratore di fatto per non aver impedito l’omessa presentazione della dichiarazione ai fini
delle imposte dirette o dell’IVA
• Es. reato omissivo improprio: disastro ferroviario (art. 430 cp) chi ometta deliberatamente di azionare lo scambio al sopraggiungere; disastro evitato
da altro dipendente delle ferrovie con compiti di sorveglianza e poteri di intervento
IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Il legislatore del 1930 disposto che la pena per ciascun concorrente vada individuata all’interno della cornice edittale prev ista per il reato in concorso.
Nell’art. 110 cp “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita” . Ciò non significa che tutti i
concorrenti dovranno essere puniti in concreto con la stessa pena, ma graduata all'interno della stessa cornice edittale, con to dei criteri di commisurazione
ex. art. 133 cp (modalità, intensità del dolo, capacità di delinquere). La premeditazione di una pena in astratta più elevata per l'autore rispetto al partecipe
farebbe spesso violenza alla realtà delle cose.
Una volta determinata la pena-base per il singolo, il giudice deve procedere se ne caso concreto siano presenti circostanze del reato
• Tra le aggravanti, artt. 111 e 112 cp contemplano alcune ipotesi in cui il concorrente ha avuto un ruolo di spicco nella preparazione o nell'esecuzione;
concorrente ha sfruttato posizione di supremazia ovvero un’altrui situazione di debolezza; ipotesi concorse nel reato cinque o più persone = maggiore
probabilità di riuscita
• Tra le attenuanti ipotesi speculari alle aggravanti
○ Determinato da soggetto nei suoi confronti un autorità, direzione o vigilanza
○ Età compresa tra 14-18 e capacità di intendere e volere
○ Stato di infermità o deficienza psichica
○ Minima importanza nella preparazione o esecuzione (art. 114 co. 1 cp): ruolo marginale poteva essere sostituito
▪ Ipotesi scarsamente applicata in giurisprudenza
Problema della comunicabilità o meno delle circostanze ai diversi concorrenti. Art. 118 cp “le circostanze che aggravano o di minuiscono le pene
concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colp evole sono valutate soltanto riguardo
alla persona cui si riferiscono”. Peraltro secondo un orientamento giurisprudenziale l'aggravante si estende al concorrente q uando l’elemento interno
proprio di uno degli autori sia stato conosciuto anche al concorrente e sia peraltro oggetto di dolo diretto; le Sezioni Unit e l'aggravante agevolatrice
dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416 bis co. 1 “si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale sco po, sia consapevole della finalità
agevolatrice perseguita dal compartecipe”. Quanto alle circostanze non disciplinate dall’art. 118 cp si comunicano ai concorr enti alle condizioni fissate in
via generale dall’art. 59 cp: attenuanti a favore di tutti; aggravanti fossero conosciute ovvero ignorate per colpa ovvero ri tenute inesistenti per errore
determinato da colpa. L’attenuante del recesso attivo delitto tentato (art. 56 co. 4 cp) risulta applicabile a tutti i concor renti anche a chi non ha dato un
volontario contribuito all'impedimento dell’evento
• Soluzione peculiare Sezioni Unite circostanza attenuante del risarcimento del danno
Se l'autore desiste volontariamente non sarà punibile in forza di una causa di non punibilità , carattere personale. In assen za di una disciplina espressa si
discute condizioni di necessità per integrare una desistenza volontaria da parte del partecipe
• Orientamento rigoroso: il partecipe debba tenere una condotta successiva a quella di partecipazione che impedisca la consumazione del reato,
paralizzando l'attività di tutti i concorrenti → richiede troppo
• La responsabilità del partecipe presuppone che la sua condotta atipica abbia contribuito causalmente alla realizzazione del fatto principale, ne segue
che per la configurazione della desistenza sarà sufficiente che il partecipe abbia neutralizzato gli effetti della sua azione: l'eventuale successiva
condotta autonoma sarà priva di ogni collegamento causale → orientamento consolidato dalla giurisprudenza
L'impedimento del reato ad opera del partecipe necessario per integrare un recesso attivo: es. dopo sparo porta ferito in osp edale = attenuante
Altresì configurarsi in relazione ad un delitto colposo: art. 113 cp “Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone,
ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso. La pena è aumentata per chi ha determinato altri a coo perare nel delitto, quando
concorrono le condizioni stabilite nell'articolo 111 e nei numeri 3 e 4 dell'articolo 112.”
La funzione incriminatrice riguarda i delitti colposi di evento a forma vincolata e i delitti di mera condotta; non i delitti colposi di eventi a forma libera, nei
quali è la stessa norma incriminatrice di parte speciale che attribuisce rilevanza a qualsiasi comportamento umano.
• Delitti colposi di evento a forma vincolata: es. art. 452 co. 1 cp punisce chi cagiona per colpa un’epidemia (art. 438 co. 1 cp), questa norma abbraccia
la sola condotta di chi per colpa diffonde germi patogeni mentre non ricomprende la condotta di chi abbia agevolato colposamente l'attività; solo in
forza dell’art. 113 co. 1 cp questa condotta acquista rilevanza
• Delitti colposi di mera condotta: es. artt. 452 co. 2 e 442 cp, che incriminano commercio di sostanze alimentari adulterate o contraffatte, integra tale
reato chi pone in commercio cose delle quali ignori per colpa che siano state corrotte in modo pericoloso per la salute; al di fuori la condotta del
commerciante all’ingrosso che per negligenza, imperizia ha fornito al dettagliante una partita di profiteroles andati a male - solo con art. 113 co. 1 cp
punibile
• Estranei i delitti colposi di evento a forma libera: es. omicidio colposo (art. 589 cp) risponde ai sensi della normai incriminatrice di parte speciale,
senza l’art. 113 co. 1 cp. La giurisprudenza è peraltro orientata in applicazione dell’art. 113 cp all'omicidio e alle lesioni personali , in particolare in
materia di circolazione stradale, di responsabilità medico-chirurgica e di sicurezza del lavoro
Altri elementi strutturali comuni al concorso nel delitto doloso
• Pluralità di persone
• Realizzazione di un fatto di reato (necessariamente reato consumato, non configurabile tentativo nei delitti colposi)
• contributo causale alla condotta atipica alla realizzazione del fatto
Peculiare invece il carattere colposo della condotta di partecipazione, come violazione di una regola di diligenza, prudenza o perizia. La giurisprudenza in
via di principio “non è necessaria la consapevolezza della natura colposa dell’altrui condotta”, sufficiente la consapevolezz a di cooperare con altri. La
responsabilità del partecipe non dipende dal carattere colposo o meno del fatto realizzato dall’autore.
Trattamento sanzionatorio trovano applicazioni le circostanze aggravanti previste dagli artt. 111 e 112 co. 1 nn. 3 e 4 cp. A i sensi dell’art. 114 co. 1 cp può
trovare applicazione la circostanza attenuante del contributo di minima importanza
Nelle contravvenzioni è pacifico che la disciplina dell’art. 110 cp si applichi anche alle contravvenzioni necessariamente do lose, nonché a quelle che in
concreto vengono commesse con dolo. Parte della dottrina dubita della possibilità di configurare un concorso colposo nelle co ntravvenzioni colpose,
argomentando con il tenore letterale dell’art. 113 cp, nel quale fa riferimento alla comparazione nel solo delitto colposo. A ltra parte della dottrina, con
prevalente giurisprudenza, l’art. 113 cp era norma necessaria per dare rilievo al concorso colposo nei delitti colposi, posto che la responsabilità per colpa
per i delitti, ai sensi dell’art. 42 co. 2 cp, esige una previsione espressa: non bisogno per le contravvenzioni che, in base all’art. 42 co. 4 cp, possano
essere indifferentemente realizzate con dolo o colpa
LE DUE IPOTESI DI CONCORSO APPARENTE DI NORME: UNITÀ’ E PLURALITÀ DI FATTI CONCRETI PENALMENTE RILEVANTI
Due gruppi
• Unico fatto concreto sia riconducibile ad una pluralità di norme incriminatrici, una sola delle quali applicabile
• Più fatti concreti cronologicamente separati, ciascuno dei quali riconducibile ad una norma incriminatrice
UNICO FATTO CONCRETO: A) LA SPECIALITÀ COME PRIMO CRITERIO PER INDIVIDUARE UN CONCORSO APPARENTE DI NORME
Primo gruppo di ipotesi criterio di specialità “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regola no la stessa materia, la legge o
la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito ” (art. 15 cp). SI ha un concorso
apparente di norme e al fatto concreto è applicabile la sola norma speciale. Accade non di rado tra le ipotesi espressamente o tacitamente ricomprese in
una norma incriminatrice il legislatore ne isoli alcune che andrà applicata in luogo a quella prevista dalla norma generale p erché è quella che meglio
aderisce al peculiare disvalore oggettivo e soggettivo di quelle ipotesi → graficamente rapporto logico-formale tra le norme: cerchi concentrici. In assenza della
norma speciale, tutti i casi realistici disciplinati dalla norma generale poiché in essa già ricompresi. Una norma è speciale rispetto ad un’altra quando descrive un fatto
che presenta tutti gli elementi del fatto contemplato dalla generale e inoltre uno o più elementi specializzanti
Specializzante può essere
• Un elemento che specifica: specialità per specificazione
• Un elemento che aggiunge: specialità per aggiunta
L'elemento specializzante può rilevare, oltre che come elemento costitutivo, anche come circostanza di un dato reato. Il legi slatore ritaglia una porzione
della norma generale non per elevarsi ad autonoma figura di reato ma per farne oggetto di un trattamento sanzionatorio più o meno rigoroso di quello
previsto dalla figura semplice.
Se il legislatore non avesse previsto questa o quella ipotesi speciale di reato o di circostanza, ovvero cessasse di prenderl a, troverebbe applicazione la
norma generale. (oltraggio a pubblico ufficiale, art. 341 cp, ingiuria 594 cp)
Una più ampia nozione di legge speciale viene proposta da una parte della dottrina che riferisce il principio enunciato nell’ art. 15 cp anche alle ipotesi di
specialità c.d. in concreto ovvero a quelle di specialità c.d. reciproca (o bilaterale)
• Specialità in concreto rapporto tra norma che, pur descrivendo modelli legali di reato tra i quali non intercorre un rapporto strutturale di specialità,
comprendono entrambe un medesimo fatto concreto in ragione delle particolari modalità con le quali quel fatto è stato realizzato: es. dalla
falsificazione di un atto pubblico che venda in concreto utilizzato come mezzo per commettere una truffa. Tale criterio si espone ad obiezioni radicali:
“non ha senso far dipendere da un fatto concreto l’instaurarsi di un rapporto di genere a specie tra norme”
• Altrettanto fallace ipotesi di c.d. specialità reciproca: due norme descrivono fatti di reato che, accecano ad un nucleo di elementi comuni, presentano
elementi speciali ed elementi generali rispetto ai corrispondenti elementi dell’altra. Es. violenza privata (art. 610 cp) e della violenza o minaccia per
costringere a commettere un reato (art. 611 cp): la prima norma è speciale perché richiede l'effettiva coartazione del soggetto passivo, mentre per
l’art. 611 cp è sufficiente al fine di costringere con l’uso della minaccia o della violenza → risulta pressoché impossibile individuare un criterio plausibile per
stabilire quale sia la norma speciale che deve prevalere sull’altra
La giurisprudenza configura un concorso di reato allorché tra le relative norme incriminatrici intercorra un rapporto di spec ialità reciproca
In senso opposto a quelli ora enunciati, mirando a restringere l’area del concorso apparente di norme a vantaggio del concors o di reati, orientamento di
parte della giurisprudenza che interpreta la formula “stessa materia” nell’art. 15 cp come sinonimo di “stesso bene giuridico ”, limitando così il campo di
applicazione del criterio di specialità alle sole ipotesi tuteli lo stesso bene giuridico protetto dalla norma generale. Obbi ettare che la formula “stessa
materia” non evoca minimamente l’idea di identico bene giuridico tutelato, piuttosto ad indicare l’esigenza che uno stesso fa tto sia riconducibile sia alla
norma generale sia alla norma speciale, in secondo luogo nessuna ragione di tipo logico si oppone che si consideri norma spec iale una norma che tutela
anche un bene giuridico diverso: norma incriminatrice del peculato (art. 314 cp) si considera speciale rispetto a norma di ap propriazione indebita (art. 646
cp), pur essendo a tutela sia di beni patrimoniali facenti capo alla P.A. sia del buon andamento e imparzialità della stessa, esaurisce il disvalore
dell'appropriazione indebita. Un’altra parte della giurisprudenza della Cassazione, contro l'interpretazione della formula “s tessa materia” come comprensiva
dell’identità del bene giuridico tutelato richiedendo soltanto un “confronto strutturale tra le fattispecie astratte, mediant e la comparazione degli elementi
costitutivi che concorrono a definire le fattispecie stesse”
Enunciano la regola secondo la quale se tra le due norme intercorre un rapporto strutturale di specialità, la norma speciale prevale, possibilità di eccezioni:
la legge “stabilisca altrimenti”. Non ribaltamento della soluzione che rende applicabile in via esclusiva la norma speciale o ssia renderla inapplicabile; alla
regola della prevalenza derogare significa applicabilità di entrambe le norme concorrenti: concorso formale di reati: Le sanz ioni possono, secondo alcune
clausole, cumularsi
Il principio di specialità non esaurisce le ipotesi di concorso apparente di norme penali: ulteriori ipotesi possono individu arsi attraverso il principio di
sussidiarietà. Quando un unico fatto concreto sia riconducibili a due o più norme incriminatrici applicabile una soltanto del le norme concorrenti, anche nei
casi in cui fra le norme sussista un rapporto di rango: la norma di minor rango, come norma sussidiaria, cede il passo alla p rincipale. Una norma sussidiaria
rispetto ad un’altra (principale) quando quest’ultima tutela, accanto al bene giuridico protetto dalla prima norma, uno o più beni ovvero reprime un grado di
offesa più grave allo stesso bene.
Clausole del tipo “qualora il fatto non costituisca un reato più grave” “se il fatto non è preveduto come più grave reato da altra disposizione”: clausole
siffatte connotano espressamente la norma come sussidiaria
• Taluno distrugga un documento concernente la sicurezza dello Stato, particolare custodito presso un pubblico ufficio. Il fatto concreto è riconducibile
all’art. 351 cp, che per la violazione della pubblica custodia di cose punisce da uno a 5 anni, sia alla previsione dell'art. 255 cp, punisce la
soppressione di documenti concernenti la sicurezza dello Stato con la reclusione non inferiore a 8 anni
• Chi provochi un incendio dando fuoco ad un edificio adibito ad azienda industriale: estremi sabotaggio ex arto. 508 co. 2 cp e di incendio ex. art. 423
cp, due delitti puniti con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e da 3 a 7 anni
Anche quando una norma contenga in sé una clausola del tipo “fuori dal caso indicato nell’art. x” “fuori dei casi di concorso nel reato x”
Quelle clausole non sono espressione di “incerti criteri di opportunità” bensì “obbediscono ad un criterio di sistema” dando rilievo ad un principio di portata
generale, in grado di operare non solo nei casi di sussidiarietà espressa ma anche in casi di sussidiarietà tacita
• Ipotesi di sussidiarietà tacita: due norme incriminatrici, riconducibile al fatto concreto, di pongano tra loro in rapporto di rango, stadio di offesa più
intensa allo stesso bene giuridico
○ Es. delitto di strage (art. 422 cp) e una serie di norme che configurano altri delitti contro la pubblica incolumità, come incendio (art. 423 cp),
inondazione, frana o valanga (art. 426 cp), naufragio, sommersione o disastro aviatorio (art. 428 cp) etc.
La sussidiarietà, in forma espressa o tacita, può delinearsi anche fra norme incriminatrici che descrivano stadi diversi di o ffesa allo stesso bene giuridico,
come nei rapporti tra reati di pericolo concreto e corrispondenti reati di danno. Es. persona preposta al controllo di un pas saggio a livello, il quale omette
per colpa di abbassate le sbarre, creando pericolo di un disastro ferroviario; si verifica: il fatto è riconducibile sia a de litto di pericolo colposo di disastro
ferroviario ex art. 450 co. 1 cp sia delitto di disastro ferroviario colposo ex art. 449 co. 2 cp → applicazione solo la seconda: esprime un grado più intenso di
offesa al bene
• Non si delinea un rapporto di sussidiarietà tacita tran norme che incriminano la mancata adozione di misure cautelari. Si profilerà un concorso formale
Ulteriore criterio della consunzione. A nostro avviso spazio autonomo nel quadro del concorso apparente di norme: i casi in c ui la commissione di un reato
è strettamente funzionale ad un altro e più grave reato. L’idea sta alla base della disciplina del reato complesso art. 84 cp “Le disposizioni degli articoli
precedenti [relative al concorso di reati] non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circo stanze aggravanti di un solo
reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato”. Questa norma potrebbe apparire una pleonastica applicazione del prin cipio di specialità. La norma
all’art. 84 cp cessa però di essere superflua se la si interpreta come enunciazione espressa del principio di consunzione, ci oè idea che la commissione di
un reato che sia strettamente funzionale ad un altro e più grave reato comporta l’assorbimento del primo reato nel reato più grave
Interpretazione restrittiva di quelle figure astratte di reato, integrato il reato complesso in quanto nel singolo fatto conc reto sia presente il nesso strumentale
e funzionale che è alla base dell’unificazione legislativa di quali reati
• Es. il danneggiamento con violenza alla persona ex art. 625 co. 1 cp è integrato, con estromissione del delitto di percosse ex art. 581 cp, nel caso in
cui le percosse siano funzionali a distruggere arredi e suppellettili del locale
• Es. furto in abitazione è integrato, con estromissione furto semplice e violazione di domicilio, solo nei casi in cui l’agente fin dal momento in cui si
introduce nell'abitazione agisce allo scopo di rubare
• Es. rapina aggravata dal sequestro di persona integrata nei soli casi in cui la privazione della libertà personale sia limitata al tempo necessario alla
consumazione della rapina e ne rappresenti mezzo immediato e diretto di esecuzione
• La giurisprudenza esclude la consumazione del sequestro di persona (art. 605 cp) nella rapina aggravata quando la privazione della libertà
personale venga protratta oltra il tempo necessario per la consumazione del delitto
• La Cassazione ha escluso l’assorbimento della minaccia nella violenza sessuale in un’ipotesi in cui le frasi erano state pronunciate al fine di indurre la
vittima a ristabilire la relazione sentimentale e la condotta intimidatoria aveva quindi valenza, almeno in parte, autonoma
Trova altresì applicazione quando, pur in assenza di una figura astratta di reato complesso, la commissione sia in concreto s trettamente funzionale alla
commissione di un altro e più grave reato: reato eventualmente complesso
• Es. delitto di simulazione di reato (art. 367 cp) deve considerarsi assorbito nel delitto di calunnia (art. 368 cp) quando la simulazione sia diretta
unicamente , fin dall’origine, a rendere più attendibile la falsa incolpazione. Per contro, vi sarà concorso di reati quanto i due fatti siano espressione di
attività indipendenti e distinte. La Cassazione ha escluso l'assorbimento della simulazione di reato nel delitto di autocalunnia in caso in cui l’agente
aveva simulato le tracce di un furto allo scopo di far conseguire al presunto derubato un indennizzo da parte dell'istituto assicuratore e solo
successivamente, perché sorpreso dalla polizia, si era auto incolpato dell’immaginario furto
• Del pari la Cassazione ricondotto all’art. 84 cp, applicando solo la norma che prevede il furto aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento, un caso di
prelievo di banconote presso uno sportello bancomat realizzato mediante una carta falsa: funzionale alla realizzazione di un furto con quelle modalità,
la Corte ha escluso applicare anche la norma uso di un documento informatico falso (artt. 489 e 491 bis cp)
• Nessuno si sognerebbe di ravvisare un concorso fra i delitti di omicidio colposo (art. 575 cp) e di danneggiamento (art. 635 co. 1 cp): provochi la
morte e laceri il vestito indossato
Un unico dato concreto riconducibile sotto due o più norme incriminatrici l'alternativa che si profila è quella dell’applicab ilità di tutte le norme incriminatrice.
Più fatti concreti cronologicamente separati, ciascuno dei quali integra gli estremi di una figura di reato. Escludere il con corso (materiale) e propendere per
il concorso apparente di norme non di rado è lo stesso legislatore, sancendo l'applicabilità della norma o delle norme violat e con fatti concreti
cronologicamente antecedenti (antefatto non punibile) ora inapplicabilità posteriori (postfatto non punibile)
Previsioni espresse di un antefatto non punibile possono
• Es., individuarsi nella sfera della falsità di monete: art. 461 cp è punito fabbrica filigrane; a norma art. 460 cp è punito chi contraffà carta filigranata; se
poi adopera la carta per contraffare monete, reato più grave ex. art. 453 n. 1 cp → concorso apparente
La logica sottostante a queste ipotesi espresse di antefatto non punibile è quella della sussidiarietà
Ipotesi tacite di antefatto non punibile, ispirata al principio di sussidiarietà, stadio anteriore e meno grave di offesa al medesimo bene ovvero dell’offesa ad
un bene meno importante ricompreso nel bene offeso dal fatto susseguente → dottrina: progressione criminosa
• Tizio prima percuote Caio (art. 581 cp) e poi lo ferisce procurandogli una malattia di durata superiore a 20 gg, risponderà soltanto di lesioni ex art.
582 co. 1 cp, esclusa applicazione delle persone.
Ulteriori ipotesi tacite di antefatto non punibile possono individuarsi secondo una logica di consunzione, in quando la commi ssione di un reato sia
strettamente funzionale alla commissione di un secondo e più grave reato, conseguente assorbimento
• Reato di furto (art. 624 cp) e quello di soppressione, distruzione e occultamento di atti pubblici veri (art. 490 cp), qualora contestualità cronologica tra
sottrazione e distruzione e il fine unico dell’agente fosse quello di eliminare un documento: la sottrazione deve essere considerata come antefatto non
punibile
Previsioni espresse di postfatto non punibile nei casi in cui il legislatore sancisce la punibilità di questo o quel fatto “f uori dai casi di concorso”
• Es. favoreggiamento personale (art. 378 cp) e favoreggiamento reale (art. 379 cp) si applicano “fuori dai casi di concorso” nel reato antecedente. Se
taluno commette un determinato delitto e successivamente aiuta un complice a sottrarsi alle investigazioni o alle ricerche, risponderà soltanto del
primo delitto mentre la condotta di favore fante personale assumerà il ruolo di postfatto non punibile
• Ricettazione (art. 648 cp) applicabile “fuori dai casi di concorso” nel reato antecedente: se taluno realizza, come autore o partecipe, un furto, truffa o
estrazione o corruzione etc. e successivamente occulta il denaro, risponderà solo del primo
Altre volte il legislatore sancisce la punibilità “fuori dai casi previsto dagli articoli precedenti o dall’articolo preceden te” a condizione che l’agente non sia
stato autore o partecipe alla realizzazione del fatto o dei fatti preveduto in quell’articolo o da quegli articoli
• Es. falsità in monete: a norma art. 455 cp è punito chi spende o mette altrimenti in circolazione monete falsificate “fuori dai casi preveduti dai due
articoli precedenti”, non sia stato autore o partecipe alla falsificazione, non abbia introdotto la moneta falsa nel territorio dello Stato in concreto con
l’autore della falsificazione
Alla base logica di consunzione: la repressione del fatto antecedente esaurisce il disvalore complessivo, posto che il fatto successivo rappresenta un
normale sviluppo della condotta precedente attraverso il quale l’agente consegue i vantaggi perseguiti attraverso il primo fatto ovvero ne mette al sicuro i
risultati
Tacitamente le riserve “fuori dei casi di concorso nel reato” antecedente o “fuori dai casi preveduti nell’articolo o negli a rticoli precedenti”, che comportano
la non punibilità del reato susseguente. rappresenta un normale sviluppo della condotta precedente
• Es. autore di un furto sia adeguatamente punito attraverso la sanzione prevista per il solo reato anche se successivamente vende la cosa sottratta o
la distrugge: non applicabili la norma appropriazione indebita (art. 646 cp) ne danneggiamento (art. 635 co. 2 n. 1 cp)
Saranno invece punibili quando non si limiti a consolidare l’offesa già prodotta ma offenda un’ulteriore bene giuridico
• Es. truffa (art. 640 cp) rubato un dipinto lo abbia veduto ad altri, inducendo in errore l’acquirente attraverso false documentazioni → furto e truffa
Una sola disposizione di legge preveda una serie di fatti ai quali si ricollega la stessa pena
• art. 635 cp descrivendo il delitto di danneggiamento “chiunque distrugge, disperde, deteriore o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui”
Prevede un unico reato, realizzabile con diverse modalità considerate equivalenti (norma a più fattispecie o norma mista alte rnativa), ovvero una pluralità di
reati (disposizioni a più norme o norma mista cumulativa). Cassazione “le norme a più fattispecie descrivono una pluralità di condotte fungibile, con le quali
può essere integrata in via alternativa un’unica norma incriminatrice… Al contrario, le disposizioni a più norme contengono t ante norme incriminatrici
quante sono le fattispecie legislativamente previste; ciò in quanto le diverse condotte, lungi dall’essere tra loro equipolle nti ed alternative, non
rappresentano semplicemente una diversa manifestazione modale della medesima fattispecie criminosa, beni costituiscono differ enti elementi di altrettanti
reati” “Nel primo caso, l'eventuale realizzazione congiunta di più condotte lascia intatto il carattere unitario del reato; n el secondo caso, invece, la
IL CONCORSO DI REATI
Di concorso di reati si porta parlarsi solo quando si sciolga l'alternativa “unità -pluralità di reati” a favore del secondo termine
• La figura di reato esiga il compimento di più azioni, vita ad un unico reato: es. furto (art. 624 cp) si richiede la sottrazione di cosa mobile altrui e
impossessamento.
• Di reati con più azioni può parlarsi a proposito dei reati abituali, che esigono la reiterazione (es. delitto di maltrattamenti, art. 572 cp)
• Vi sono inoltre figure legali di reato che non devono, ma possono essere integrate attraverso una pluralità di atti: in presenza di un unico reato (Es.
partecipazione ad una rissa (art. 588 cp) sia che l’agente compia un solo atto di colluttazione fisica sia che compia una serie di atti violenti).
• Ancora possono essere integrati più atti i reati permanenti (es. sequestro di persona, art. 605 cp).
• Un unico reato si ha infine nel caso in cui più azioni, ciascuna integrante il modello legale di un medesimo reato, vengano poste in essere
contestualmente (immediatamente l’una dopo l’altra) e con un’unica persona offesa (es. furto in abitazione, art. 624 bis co. 1 cp; reato di oltraggio a
pubblico ufficiale, art. 341 bis cp; reato di percosse, art, 581 cp). Per contro pluralità di reati quando manchi o il requisito della contestualità delle
azioni o il requisito dell’unicità della persona
Reati commessi “con una sola azione od omissione” ovvero con più azioni od omissioni: nel primo caso concorso formale di reat i (art. 81 cp. 1 cp), nel
secondo caso concorso materiale di reati (art. 71 ss cp). Conseguenze sul piano del trattamento sanzionatorio: più mite è il concorso formale di reati, per il
quale è previsto il c.d. cumulo giuridico ossia la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata sino al tri plo; più severo nel concorso
materiale di reati secondo lo schema del cumulo materiale ossia le pene previste per ogni singolo reato sommate. La scelta co mpiuta dal legislatore sulla
base di considerazioni schiettamente politico-criminali
La commissione di più reati “con una sola azione od omissione” integra, art. 81 co. 1 cp, un concorso formale di reati
• Omogeneo: unica azione viola più volte la stessa norma incriminatrice
• Eterogeneo: unica zione viola due o più norma incriminatrici
Unica azione può constare anche di una pluralità di atti: ciò che consente di parlare di unica azione è l’unicità del contest o spazio-temporale
Concorso formale omogeneo, criterio fondamentale è quello della molteplicità dello offese al bene giuridico tutelato
• Es. se il conducente cagiona per colpa la morte o lesioni di più conducenti e/o passeggeri di altri veicoli, realizzerà un concorso formale di reati di
omicidio stradale (art. 589 bis co. 8 cp) o di lesioni personali stradali (art. 590 bis co. 8 cp)
• Più rapine (art. 628 cp) se la sottrazione è l’impossessamento con minaccia vengono commessi nei confronti di più persone all’interno di un esercizio
pubblico
• Pluralità di calunnie (art. 368 cp) se con un’unica denuncia di incolpa di un reato più persone innocenti
Ciò che caratterizza il concorso formale eterogeneo è un’unica azione con la quale un soggetto integra due o più distinte fig ure di reato
• Violenza sessuale ai danni della figli: concorso formale tra il delitto di violenza sessuale (art. 609 bis cp) e il delitto di incesto (art. 564 cp)
• Agente di polizia costringe una prostituta: concorso formale di reati di concussione (art. 317 cp) e quello di sfruttamento della protezione ;concussione
(art. 317 cp) e violenza sessuale mediante abuso di autorità (art. 609 bis co. 1 cp)
• Sequestro di persona (art. 605 cp) in concorso con il delitto di lesioni personali (art. 582 cp)
L’ipotesi del concorso formale di reati omissivi: da una sola omissione si integra più volte lo stesso reato o si integrano p iù reati diversi. Il presupposto
comune è l’unicità del contesto spazio-temporale
• Quanto ai reati omissivi impropri,
○ Es. concorso formale omogeneo di omicidi colposi mediante omissione (artt. 40 e 589 co. 3 cp) se il datore di lavoro ha colposamente omesso
di predisporre misure di sicurezza che se attuate impedito a due operai di casere comportando lesioni gravissime, sfociate in tempi diversi nella
morte
○ Es. concorso formale eterogeneo fra il delitto di incendio colposo mediante omissione (art. 449 cp) e quello di omicidio colposo (art. 589 cp)
incendio sviluppatosi in un deposito di carburanti che sia sfociato nella morte di un operaio: risponderà di due reati il posto che abbia omesso
per incuria di eseguire i controlli doverosi sul funzionamento di apparati antincendio che avrebbero impedito l’incendio e la morte
• Reati omissivi propri
○ Concorso formale omogeneo, es., delitti di omissione di soccorso (art. 593 co. 1 e 2 cp)
○ Es. concorso formale eterogeneo tra delitto di omissione di soccorso e delitto di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art.
361 cp: poliziotto persona gravemente ferita, omette di prestare soccorso e di riferire ai superiori l’accaduto)
B) IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Il cumulo giuridico delle pene, individuano fra i reati il più grave aumentando fino al triplo. Minor severità, art. 81 co. 3 cp “la pena non può essere superiore
a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti” cioè quella che sarebbe applicabile dal cumulo materiale
L'individuazione della violazione più grave, controverso se in concreto o in astratto
• Primo orientamento, prevalente in giurisprudenza e accolto dalle Sezioni Unite, sarebbe quel reato per il quale la legge prevede il massimo di pena
più elevato e nel caso di eguaglianza quello per il quale la legge prevede il minimo più elevato
• Altro orientamento, prevalente in dottrina, il giudice, alla luce di tutte le circostanze, infliggerebbe la pena più elevata
Di per sé la formula legislativa soffre di alto grado di ambiguità tale da esposti a seri dubbi di illegittimità per contrast o con principi odi legalità. Sul piano
sistematico argomento a favore della determinazione in concreto la norma che stabilisce che “si considera violazione più grav e quella per la quale è stata
inflitta la pena più grave”; almeno per la fase dell'esecuzione della pena, il legislatore prende espressa posizione a favore della determinazione in concreto
Il giudice deve procedere all'aumento indicando un quantum di pena per ciascuno dei reati meno gravi (reati- satellite). Di regola l’aumento minimo di pena
da operarsi da parte del giudice per le pene detentive è di almeno un giorno e di un euro per le pene pecuniarie (art. 134 cp ); in via di eccezione art. 81 co.
4 cp, prevede un minimo più elevato per le ipotesi in cui i reati in concorso formale siano stati commessi da un soggetto al quale è stata applicata recidiva
reiterata (art. 99 co. 4 cp): non inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Il limite minimo opera an che nei casi in cui il giudice,
nell’ambito del bilanciamento delle circostanza ex. art. 69 cp, consideri la recidiva equivalente rispetto alle attenuanti. L ’aumento contenuto entro un doppio
limite massimo
• La pena non può superare né il triplo della pena-base
• Né in ogni caso l'ammontare della pena che verrebbe applicata se si procedesse al cumulo materiale
Problema sia applicabile anche in caso di concorso fra reati puniti con pene eterogenee, pene diverse o per specie (reclusion e/arresto, multa/ammendo) o
per genere (detentive/pecuniaria)
Pluralità di azioni o di omissioni: esistenza di una cesura temporale tra le plurime violazioni della stessa norma (concorso materiale omogeneo) o tra le
violazioni di diverse disposizioni di legge (concorso materiale eterogeneo)
• Concorso materiale di reati commissivi, es. aver commesso un furto nell’abitazione di Caio, senza riuscire a svuotarla del tutto, il giorno successivo
penetra di nuovo nell'appartamento completando la razzia (concorso materiale di reati di furto in abitazione: art. 624 bis co. 1 cp); due tentativi di
omicidio (artt. 56 e 575 cp)
• Concorso materiale di reati omissivi, es, datore di lavoro omette per colpa di riparare un disposto di sicurezza cagiona lesioni personali gravi ad un
operaio; seguita a violare il suo dovere di garanzia, nei giorni successivi altri operai feriti e anche incidente mortale → concorso materiale tra delitti di
lesioni colpose mediante omissione (art. 590 co. 3 cp) e di omicidio colposo mediante omissione (art. 589 co. 2 cp); concorso materiale tra tentativo di disastro
ferroviario e disastro ferroviario doloso (art. 430 cp), se in giorni diversi; reati di omissione di atti d’ufficio (art. 328 co. 2 cp)
B) TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Cumulo materiale delle pene, temperato artt. 78 ss cp dalla fissazione di limiti massimi per ciascuna specie di pena (30 anni per la reclusione, 6 anni per
arresto etc.): in ogni caso la pena complessiva non può essere superiore al quintuplo della pena più grave tra quelle concorr enti.
• Pene della stessa specie la somma aritmetica delle pene stabilite per ciascun reato
• Pene di diversa specie o di genere diverso, si applicano tutte distintamente per intero: pene detentive di specie diverse concorrenti fra loro non si
applicano però per intero se la durata complessiva supererebbe i 30 anni (art. 78 co. 2 cp)
Rispetto dei limiti sia nel caso di una sola sentenza o decreto (art. 71 cpp) sia nel caso dopo una prima condanna venga giud icata e condannata per un
altro reato anteriore o posteriore (art. 80 pt. I cp) sia si debbano eseguire più sentenze o più decreto di condanna
IL REATO CONTINUATO
NOZIONE
Art. 81 co. 2 cp “con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi pi ù violazioni della stessa o di
diverse disposizioni di legge”: pluralità di reati unificati dal medesimo disegna criminoso. L'elemento unificante fonda il p iù mite trattamento sanzionatorio
rispetto alle restanti ipotesi di concorso materiale di reati: cumulo giuridico come nel concorso formale di reati
NOZIONE
Modificazione della pena, aggravando o attenuando la: non elementi costitutivi del reato bensì circostanze del reato cioè elementi che stanno intorno
Caratterizzano per un triplice ordine di requisiti
• Non sono elementi costitutivi del reato (artt. 61 e 62 cp)
• La figura del reato circostanziato, cioè del reato commesso in presenza di una circostanza è speciale alla figura del reato semplice
• L’effetto è l’aggravamento o l’attenuazione della pena. Di regola si opera sulla quantità di pena che il giudice applicherebbe al colpevole, qualora non
concorre la circostanza che fa aumentare o diminuire (art. 63 co. 1 cp)
CRITERI DISCRETIVI
Sull'intera compito di individuare i criteri discretivi tra gli elementi costitutivi e le circostanze
Circostanza del reato può parlarsi solo in presenza di un rapporto di specialità con la figura del reato semplice: condizione necessaria ma non sufficiente
per inquadrare una circostanza.
• Un primo criterio formale è offerto dal espressa qualificazione di un elemento come circostanza del reato operata dal legislatore nella rubrica o nel
testo di una data disposizione
○ Nel caso in cui la rubrica di una disposizione parli di “circostanza” mentre scriva ipotesi che non sono speciali rispetto ad un dato reato
semplice, ci si troverà in presenza di un’autonoma figura di reato, difettando la condizione necessaria
• Talora l'espressa qualificazione si accompagna un ulteriore dato formale, rappresentato dal riferimento alla disciplina del giudizio di bilanciamento
delle circostanze , operato al fine di apportare una deroga
• Ancora, parla univocamente ne senso della natura di circostanza, la presenza di formule quali “la pena è aumentata” o “la pena è diminuita”, non
accompagnate da ulteriori indicazioni. Disposizioni di questo tenore (es. art. 593 co. 3 pt. I cp, in base al quale se dall'omissione di soccorso deriva
una lesione personale “la pena è aumentata”) devono necessariamente essere correlate dagli artt. 64 e 64 cpp, che disciplinano l’aumento o la
diminuzione → uniche in grado di stabilire la misura salvando le clausole dalla illegittimità costituzionale per violazione del principio di legalità
• Un criterio formale che parla in senso opposto è offerto dalla presenza di un apposito nomen iuris nella rubrica della norma.
○ Riferimento alla deformazione e allo sfregio del viso, già contemplati come lesioni personali gravissime sotto la rubrica “circostanze aggravanti”
nell’art. 583 co. 2 n. 4 cp e nel 2019 configurati con il nomen iuris di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti
nell’art. 583 quinquies c
○ Art. 640 bis “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”: per figura autonoma di reato parlano sia il nomen iuris, sia la
collocazione in un articolo del cp distinto da quello che descrive la tariffa comune (art. 640 cp) ove sono presenti due circostanze speciali
espressamente qualificate dal co. 3 come circostanze
• Un ulteriore criterio formale in grado di orientare verso l'individuazione di un’autonoma figura di reato può essere offerto dalla presenza della clausola
“salvo che il fatto costituisca più grave reato”
○ Art. 73 co. 5 T.u. stup. relativo al fatto di lieve entità in materia di stupefacenti ha introdotto clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca
più grave reato”: tale disposizione cessa di configurare un'attenuante per integrare una figura di reato autonomo
○ Immigrazione clandestina le Sezioni Unite, pur a fronte della clausola, hanno attribuito decisivo rilievo al criterio strutturale di specialità e hanno
optato per la natura circostanziale
LA DISCIPLINA VIGENTE
l. 19/90
• Ferma la irrilevanza delle circostanze aggravanti e attenuanti erroneamente supposte
• Ferma la rilevanza oggettiva delle circostanze attenuanti
• Mutata la disciplina delle circostanze aggravanti: almeno rimprovero di colpa
In base al suo tenore letterale l'attuale art. 59 c. 2 cp si presta anche ad una diversa lettura: le aggravanti dovrebbero essere conosciute quando si tratta di
delitto doloso, conoscibili con la dovuta diligenza quando reato colposo. Questa costringerebbe l’ambito applicativo delle aggravanti non ha trovato eco
nella giurisprudenza, per la quale la conoscibilità è condizione necessaria e sufficiente sia in relazione ai reati dolosi e colposi. Vi sono alcune aggravanti
che rilevano solo se conosciuti dall’agente
• Es. aggravante del c.d. nesso ontologico o consequenziale cioè “l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per
conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato” (art. 61 n. 2 cp). Del pari aggravanti “aver
adoperato sevizie” (art. 61 n. 4 cp) implica un consapevole uso di questa o di quella modalità di esecuzione del reato
Se è presente una sola circostanza aggravante o attenuante l’art. 63 co. 1 “l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di essa, che il giudice
applicherebbe al colpevole, qualora non concorre la circostanza che la fa aumentare o diminuire”. Giudizio bifasico
1. Quantifica la pena per il reato semplice: art. 133 cp
2. Aumento o diminuzione conseguente alla circostanza
Le due fasi dovranno emergere dalla sentenza.
All’interno del procedimento bifasico il problema dei rapporti tra circostanze del reato e criteri di commisurazione della pena in senso stretto. Le circostanze
attribuiscono una particolare rilevanza a connotazioni del reato o della personalità del suo autore già di per sé riconducibili a questo o quel criterio di
commisurazione della pena ex art. 133 cp. Ne consegue che la circostanza, in ragione del rapporto di specialità che intercorre con il corrispondente criterio
di commisurazione della pena, mette “fuori gioco” tale criterio: applicato solo per aspetti diversi da quelli isolati dal legislatore e assunti ad oggetto della
circostanza. Il giudice non potrà fare una doppia valutazione dello stesso elemento, sia nella determinazione della pena-base, sia ai fini dell’aumento o
diminuzione di quella pena. soluzione condivisa solo da parte della giurisprudenza; non di rado la Cassazione ha affermato che “legittimante lo stesso
elemento può essere rivalutato in vista di una diversa finalità”
Nel caso in cui la norma di legge non specifichi la misura dell’aumento o della diminuzione della pena, aumentata o diminuita fino a un terzo (circostanza a
efficacia comune). Al fine di determinare in concreto la misura dell’aumento o della diminuzione il giudice deve scomporre la fattispecie astratta della
circostanza in una scala continua di sotto fattispecie, individuando una serie di ipotesi tutte riconducibili a quella circostanza, graduate secondo la loro
Più circostanze tutte aggravanti o tutte ottenuti, per ciascuna previsto un aumento o una diminuzione fino ad un terzo. Serie di limiti artt. 66 e 67 cp
• Concorso omogeneo di circostanze alcune delle quali ad efficacia speciale (art. 63 co. 3 cp e co. 4 e 5). co. 3 non fa espresso riferimento a tutte e tre
le classi di circostanze che abbiano inquadrato tra le circostanze ad efficacia speciale, bensì le sole circostanze autonome e quelle ad effetto
speciale. L'opinione più accreditata ritiene tuttavia riferibile anche alle circostanze indipendenti → in definitiva tutte le circostanze a effetto speciale
• Una circostanza a efficacia speciale concorra con una o più circostanze a efficacia comune il giudice applicherà per prima la circostanza a efficaci
speciale. Sulla pena così determinata successivamente aumento o diminuzione fino a un terzo per la circostanza comune
• Più circostanze a efficacia speciale, tutte aggravanti o attenuanti, principio di sussidiarietà: aggravanti soltanto la pena stabilita per la circostanza più
grave; attenti soltanto la pena meno grave. Non assorbimento totale, facoltà di aumentare fino a un terzo la pena così determinata
Due ipotesi
• Una data circostanza è in rapporto di specialità rispetto ad un’altra
○ Es. materia di stupefacenti, la Cassazione la circostanza attenuante di essersi “adoperato per evitare che l'attività delittuosa si è portata a
conseguenze ulteriori” è speciale rispetto all’attenute comune “adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le
conseguenze”
Applicare solo la circostanze speciale
• Non sussistendo tra le due norme un rapporto di specialità, una circostanza aggravante o attutente “comprende in se” un'altra aggravante o
attenuante
○ Es. aggravante art. 577 co. 1 n. 1 cp (contro ascendente o discendente) e quella art. 61 n. 11 cp (con abuso di relazioni domestiche o con
abuso di relazioni di coabitazione): tra le due non sussiste rapporto di specialità ma è possibile che l’agente commetta un parricidio sfruttando in
concreto le relazioni domestiche o di coabitazione → la seconda circostanza è in concreto strettamente funzionale all'uccisione dell'ascendente o
discendente: l’aggravante art. 577 cp “circostanza eventualmente compressa”
Si applica soltanto la circostanza che importa il maggior aumento di pena o soltanto la circostanza che riporta la maggiore diminuzione di pena
Art. 61 aggravanti comuni ad efficacia comune, umano fino a un terzo. Elenco di 15 (originariamente 11)
1. L'avere agito per motivi abietti o futili
“Motivo” causa psichica della condotta, impulso che induce il soggetto ad agire od omettere di agire. Abietto appare turpe, ignobile, spregevole; futile
del tutto sproporzionato.
Circostanza soggettiva concernente i motivi a delinquere
2. L'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo
ovvero la impunità di un altro reato
○ La prima reato viene posto in essere come mezzo per la commissione di un successivo reato: aggravante teleologica indifferente che il reato-
fine sia stato solo tentato o che sia intervenuta una causa di non punibilità, di estinzione o improcedibilità
○ La seconda è integrata allorché il reato viene commesso con lo scopo di occultare un altro: aggravante consequenziale presuppone la
commissione del reato ma anche se il reato presupposto sia estinto
○ La terza un reato come mezzo per conseguire o per assicurare a sé o ad altri il profitto, prezzo o impunita di un altro reato: aggravante
consequenziale *
Controverso quadro del reato continuato: si propende per soluzione affermativa
○ Carattere soggettivo concerne i motivi a delinquere
1. L'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento
Colpa cosciente, circostanza applicabile ai soli delitti; nelle contravvenzioni tenere conto “grado di colpa” per la commisurazione della pena.
Applicabile anche ai casi di eccesso colposo nelle cause di giustificazione. Inoltre ipotesi di erronea supposizione di commettere il fatto in presenza di
una causa di giustificazione.
Circostanza soggettiva concernente il grado della colpa
2. L'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone
○ “sevizia” sofferenza fisica inferta alla vittima che non è necessaria per la commissione del reato
○ “crudeltà” inflitte alla vittima o ad un terzo u n a sofferenza morale, rivelatrice della mancanza di umanità, sofferenza non necessaria per la
commissione del reato
Carattere soggettivo. in presenza di tale aggravante non è applicabile la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis cp)
3. L'aver Approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa
“Minorata difesa” situazioni legate a fattori ambientali o personali, per effetto delle quali la vittima non può adeguatamente difendersi ne essersi
difesa. Non è necessario abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata ma sufficiente sia stata ostacolata
○ Tra le circostanze di tempo: pubblica calamità, interruzione della energia elettrica o' aver agito nottetempo, agito in zona isolata o semideserta
○ Luogo: es. l’assenza di tutti gli abitanti di un palazzo a ferragosto
○ Persona: particolare inferiorità della vittima, oppure capacità fisiche o di persuasione dell'autore eccezionalità; vittima di un furto fosse
impegnata a sorvegliare ed accudire un disabile; riferimento all’età
In presenza di tale circostanza non applicabile causa di non punibilità art. 131 bis cp
1. L'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o
di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato
Alcune situazioni di fatto che possono stare a fondamento della dichiarazione di latitanza art. 296 cpp: non applicabile all’evaso ancorché
quest’ultimo sia equiparato al latitante; neppure chi sottoposto a arresti domiciliari, il divieto di espatrio o l’obbligo di dimora → eventuali lacune colmate
dal legislatore
Sottrarsi volontariamente, agente a conoscenza di essere ricercato
2. L'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla
persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità
Tre gruppi di delitti (non contravvenzioni)
○ Delitti contro il patrimonio
○ Delitti determinati da motivi di lucro
○ Delitti che comunque offendono il patrimonio: contorni controversi: certamene reati plurioffensivo che offendono anche bene patrimoniale,
anche i reati nei quali l’offesa al patrimonio non è sempre presente ma può esserlo nel caso concreto, in quanto sviluppo potenziale
La “rilevante gravità” del danno patrimoniale valutata criterio oggettivo, offerto dal valore intrinseco della cosa. Criterio soggettivo, condizioni
economiche della vittima, solo in via sussidiaria.
Circa il momento decisivo il momento consumativo del reato, non rilevano vicende intervenute successivamente.
Nel reato continuato è controverso se l’entità del danno debba essere valutata in relazione ad ogni singolo reato o al complesso
○ Nel primo senso le Sezioni Unite
○ La giurisprudenza prevalente ritiene applicabile anche al delitto tentato, nel caso in cui se fosse giunto a consumazione prodotto danno
patrimoniale di rilevante gravità
3. L'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso
Presuppone la commissione di qualsivoglia delitto, doloso o colposo, consumato o tentato, e consiste in una condotta successiva
4. L'aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità
di ministro di un culto
Necessario l’abuso di poteri o la violazione dei doveri inerenti a quella qualifica: uso dei propri poteri per finalità diverse da quelle per le quali gli sono
stati conferiti.
Tra la commissione e l’abuso o la violazione dei doveri esistere almeno un nesso occasionale, resa possibile o quanto meno agevolata dalle
attribuzioni. Sia l'abuso che la violazione realizzato consapevolmente
La circostanza aggravante non è applicabile ai quei reati nei quali l'abuso o la violazione elemento costitutivo del fatto: es. delitto di concussione (art.
317 cp)
5. L'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto
cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa
dell'adempimento delle funzioni o del servizio
non ricompresi i capi di uno Stato esterno né la generalità dei funzionari di tale Stato.
Necessario che venga commesso o in un momento in cui la vittima sta esercitando le proprie funzioni ovvero in un momento diverso ma per una
LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI PREVISTE NELLA PARTE SPECIALE DEL CODICE PENALE
Sono tutte ad effetto speciale (non partecipano al giudizio bilanciamento: i relativi aumenti di pena sono sempre applicati):
• Art 270 cp: per reati commessi per finalità di terrorismo o di versione dell’ordine democratico, la pena è aumentata della metà, salvo che
la circostanza sia 3elemento costitutivo del reato.
• Art 604 ter cpp: per reati punibili con pena diversa da ergastolo commessi per finalità di discriminazioni o di odio etnico, nazionale, razziale, religioso,
la pena è aumentata fino alla metà.
• Aggravante ambientale: reato viene commesso allo scopo di eseguirne uno o più ambientale.
L’art. 62 bis co. 1 cp “altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini
dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo
62”. Si tratta di circostanze ad efficacia comune
Contenuto il legislatore rinuncia totalmente ad individuarlo: circostanze diverse da quelle previste dall’art. 62 cp che il giudice ritenga tali da giustificare una
diminuzione della pena. Duplice limite
• Il giudice non potrà tener conto di situazioni che già integrano attenute tipica: circostanza comune ex art. 62 cp, sia attenuante speciale
• Non attenuanti generiche situazioni che siano incompatibili con il tenore della norma che prevede una circostanza attenuante tipica
NOZIONE
La recidiva “circostanze inerenti alla persona del colpevole” (art. 70 cp).
Commissione di un delitto non colposo dopo che il soggetto è stato condannato con sentenza definitiva per un precedente delitto non colposo (art. 99 co. 1
cp). È’ necessario che la commissione del primo delitto sia stata accertata con sentenza di condanna passata in giudicato e si deve essere formato prima
della commissione del nuovo delitto. Non è necessario che alla condanna sia seguita esecuzione della pena. Richiedendo che il soggetto sia stato
condannato l’art. 99 cp da rilievo anche:
• Sentenze in applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cpp
• Condanne riportate all’estero, se riconosciute in Italia ex art. 12 cp
• Per le quali intervenuta causa di estinzione della pena
• Sia seguito alla sospensione della pena
Fanno eccezione le cause di estinzione della pena che estinguono anche gli effetti penali
Denotare sia una maggiore colpevolezza (insensibile all'ammonimento derivante dalla precedente condanna), sia accentuata capacità a delinquere
• Altre colture la Cassazione considera invece sufficiente la presenza di uno solo dei due presupposti, talora individuato in via esclusiva accentuata
capacità a delinquere: non si verifica quando il nuovo delitto tragga origine da situazioni contingenti ed eccezionali, ovvero dopo un lungo intervallo di
tempo, o natura radicalmente diversa
E’ necessario, in deroga alla disciplina generale dell’imputazione delle aggravanti (art. 59 co. 2 cp), che l’agente sia a conoscenza di quella condanna
L'accertamento del secondo elemento della recidiva è affidato alla discrezionalità del giudice: facoltatività della recidiva. Il potere discrezionale ha carattere
giuridicamente vincolato, dovendo esercitare secondo i criteri precedentemente enunciati, che si desumono non da un’indicazione espressa della legge
bensì dal fondamento stesso dell'istituto: si legittima in ragione sia della maggiore colpevolezza che connota il nuovo delitto sia dalla maggiore capacità dei
delinquere dell’agente. Sezioni Unite “compito del giudice… verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riproveolezza e
pericolosità, tenendo conto… della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, delle qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle
condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile
paramento individualizzate significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale
dell’esistenza di precedenti penali”
NATURA GIURIDICA
Circostanza del reato: aggravante soggettiva, aggravante inerente alla persona del colpevole. Partecipa al giudizio di bilanciamento, art. 69 co. 4 cp ove
d’altra parte si prevede un regime speciale per la recidiva reiterata ex art. 99 co. 4 cp: giudizio di bilanciamento ma non può soccombere alle attenti
concorrenti, prevalente o al più equivalente.
Comporta un aumento della pena superiore ad un terzo, circostanze ad effetto speciale
FORME
1. Recidiva semplice (art. 99 co. 1 cp) dopo aver riportato condanna per un delitto non colposo l’agente ne commette un altro, di qualsiasi specie e
gravità, a oltre 5 anni dalla condanna precedente. Qualora nel caso concreto si ravvisi il secondo requisito, sulla pena che infliggerebbe per il reato
semplice operare aumento di un terzo
2. Recidiva aggravata (art. 99 co. 2 cp) tre ipotesi
1. Nuovo delitto non colposo è della stessa indole del precedente (recidiva specifica)
2. Nuovo delitto non colposo commesso nei 5 anni dalla condanna precedente (recidiva infraquinquennale)
3. Nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae
volontariamente all’esecuzione della pena
Recidiva aggravato se ricorre una sola delle circostanze: in tal caso pena da un terzo fino alla metà. Recidiva pluriaggravata: aumentata nella misura
fissa della metà
Quanto alla prima ipotesi di recidiva monoaggravata (recidiva specifica) art. 101 cp “non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge,
ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li
costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni”.
Tra i reati della stessa indole è controversa l'individuazione che, previsti da disposizioni diverse, presentano caratteri fondamentali comuni (reato
omogenei), caratteri che la legge ricollega ad elementi sia oggettivi (natura dei fatti) sia soggettivi (i motivi che li hanno determinati)
○ Elementi oggettivi, Cassazione “considerarsi omogenei per comunanza di caratteri fondamentali quando siano simili le circostanze oggettive
nelle quali si sono realizzati, quando le circostanza di tempo e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che
rendono evidente l’inclinazione verso una identica tipologia criminosa ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le
modalità di aggressione degli altri diritti rivelano una propensione verso la medesima tecnica delittuosa”. Talora la dottrina e giurisprudenza
valorizzano l’identità o affinità del bene giuridico quale criterio per l'individuazione dei reati della stessa indole per “caratteri fondamentali
comuni”.
○ Elementi soggettivi valorizza l’identità dei motivi come criterio sufficiente a individuare reati della stessa indole, come nei rapporti tra spaccio di
stupefacenti e furto in abitazione
A proposito delle ipotesi di recidiva monoaggravata sub c) l’aggravante trova fondamento non si è lasciato ammonite ne dalla precedente condanna ne
dall’esecuzione della pena
1. Recidiva reiterata qualora già recidivo commetta un nuovo delitto non colposo (art. 99 co. 4 cp). Presupposto precedente condanna con la quale il
EFFETTI ULTERIORI
Svariate conseguenze sanzionatorie ulteriori, tra gli effetti penali della condanna. A condizione che il giudice abbia ritenuto sussistente la recidiva. Le
Sezioni Unite hanno stabilito che., qualora il giudice escluso la recidiva, non è in concreto sintomo di un accentuata riprovevolezza e pericolosità, così
come non va operato l’aumento di pena, nemmeno si producono gli effetti ulteriori che la legge collega alla recidiva. tuttavia filone giurisprudenziale
minoritario secondo il quale la recidiva doveva considerarsi implicitamente riconosciuta qualora i precedenti penali dell’imputato fossero stati invocati a
fondamento del diniego delle attenuanti generiche. Le Sezioni Unite “la valorizzazione dei precedenti penali dell’imputato per la negazione delle attenuanti
germaniche non implica il riconoscimento della recidiva in assenza di aumento della pena…; in tal caso la recidiva non rileva ai fini del calcolo dei termini di
prescrizione del reato”. Va sottolineato che la recidiva produce gli effetti diversi dall'aumento di pena nel caso in cui risulti soccombente o equivalente
all’esito del giudizio di bilanciamento, rispetto a concorrenti attenuto in elimini in cui lo consente l’art. 69 co. 4 cp.
• Non può fruire di detenzione domiciliare prevista dall’art. 47 ter co. 1 ord. penit, a favore di colui che ”al momento dell'inizio dell'esecuzione della
pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto settant'anni di età”. Effetti conseguono alla recidiva aggravata e reiterata non si applicano: amnistia,
indulto e la pressione della pena; mentre la prescrizione del reato, la liberazione condizionale e la riabilitazione condizioni più restrittive di quelle
ordinaria.
• Diritto sostanziale recidivo reiterato trattamento meno favorevole nel quadro delle patenti generiche, concorso di circostanze, concorso formale di
reati e del reato continuato.
• Diritto processuale penale recidivo reiterato escluso dal patteggiamento allargato
• Diritto penitenziario, art. 58 quater co. 7 bis ord, penit. L’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà non
possono essere concessi più di una volta; inoltre condizioni restrittive per i permessi-premio
Statuto penale di estrema e spesso irragionevole severità: nella prassi recidici soprattutto tossicodipendenti, autori di spaccio e/o piccoli reati contro il
patrimonio. Ultimamente parzialmente attenuato con l. 94/2013 eliminato alcuni effetti penali della recidiva reiterata introdotti nel 2005: l'esclusione dalla
sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva e talune condizioni restrittive per l’accesso alla detenzione domiciliare e alla semilibertà
Il legislatore italiano ha scelto di limitare la responsabilità, non si applica a tutti gli enti in maniera indiscriminata, e s. gli enti pubblici non economici e gli enti
pubblici non economici non sono destinatari della normativa; ciò perché potrebbe portare alla paralizzazione delle attività d ello Stato e quindi ciò andrebbe
a ricadere sui cittadini. Altri enti pubblici, come enti pubblici economici (che operano sul mercato) oppure le società di di ritto privato controllate dalla
pubblica amministrazione rientrano nell’ambito di applicazione: si fa bilancio costi-benefici → preferibile avere sanzione anche con effetti di overspilling nei
confronti dei cittadini piuttosto che garantire una tutela assoluta
Quando?
• Il MOG adottato prima della commissione del reato esclude la responsabilità dell’impresa
○ Reato commesso da apicale bisogna dimostrare
▪ Adozione ed efficace attuazione del MOG prima della commissione del reato
▪ OdV (Organismo di Vigilanza), dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, era operativo
▪ Esclusione fraudolenta del MOG: poiché rappresenta la volontà dell'ente all'esterno
→ possibile per l’azienda andare esente da responsabilità pur a fronte di un reato presupposto commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente
○ Reato commesso da un sottoposto solo a fronte dell’adozione ed efficace attuazione del MOG
Distinzione tra apicale e sottoposto → L’apicale (per la teoria dell'immedesimazione organica) è colui che manifesta all’esterno la volontà dell’ente, il MOG
(secondo la ricostruzione fatta) manifesta la volontà dell’ente all’esterno, sostanzialmente si ha una divergenza tra due volontà dell’ente espresse attraverso
l’apicale e attraverso il MOG; prevale alla responsabilità dell’ente manifestata all’interno del MOG e quindi in conseguenza non risponderà l’ente perché quella era
la volontà di prevenire la commissione del reato, nel caso in cui l’apicale eluda fraudolentemente il modello → la violazione fraudolenta va a rompere e scindere la
volontà personale e soggettiva dell’apicale con riferimento alla volontà dell’ente. Da un punto di vista pratico/concreto l’elusione fraudolenta è un elemento
difficile da dimostrare
• Il MOG adottato dopo la commissione del reato, ma prima: apertura del dibattimento o (dopo il 2019) prima della conclusione n el caso di reati contro
la P.A., può ridurre le conseguenze sanzionatorie dell’impresa
○ Riduzione della sanzione pecuniaria
▪ Da ⅓ a ½ adozione ed efficace attuazione MOG idoneo O risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato (o attivazione in tal senso)
▪ Da ½ a ⅔ adozione ed efficace attuazione MOG idoneo E risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato (o attivazione in tal senso)
○ Esclusione della sanzione interdittiva se risarcimento integrale del danno ed eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (o
attivazione in tal senso) + adozione ed efficace attuazione MOG idoneo + consegna/messa a disposizione del profitto conseguito ai fini della
confisca
Il MOG è un elemento essenziale all’interno della normativa, di qui l’interesse di molte imprese (soprattutto a seguito dell' introduzione dei reati colposi) a
dotarsi dei modelli, possibile non solo prevenire il rischio ma anche per evitare responsabilità con conseguenze importante
Elementi essenziali
• Valutazione dei rischi e individuazione delle procedure finalizzate a ridurli/eliminarli
• Sistema di controlli
○ Sull’idoneità del modello
○ Sull'efficace attuazione
• Sistema disciplinare interno
Organismo di Vigilanza
Organismo per gestire il rischio della commissione di reati E’ dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Ha la funzione di vigilare sul funzionamento
e l’osservanza del modello e di curare il suo aggiornamento.
• Idoneità del sistema organizzativo avendo a riferimento il contesto esterno (normativo o interno, decisione di riorganizzare azienda).
• Valutazione di efficacia e attuazione: non deve rimanere sulla carta, il OdV deve verificare che le procedure siano poste rea lmente in essere.
Consulente dell'azienda, funzione di stimolo per l’azienda; l'interesse perché l’azienda non ricada in responsabilità è inter esse diffuso nella società (non
solo per gli apicali e per la proprietà), il fatto che ci sia tale organismo che verifichi e sollevi determinate problematich e è una funzione molto utile di
supporto all’azienda intesa nel suo insieme → si rapporta all’interno dell’azienda con tutte le funzioni. funzione di controllo ma anche propositiva. Tuttavia non ha
poteri impeditivi ne di intervento diretto (es. modifica del MOG), ma deve avvisare le problematiche per far si che vi sia un eventuale adeguamento del MOG → mai
ritenuto responsabile perché non ha poteri di garanzia.
formazione: organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Il dato normativo abbastanza chiaro (art . 6 lettera b)
• Autonomi poteri di iniziativa e controllo
• Negli enti di piccole dimensioni i compiti possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.
• Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione p ossono svolgere le funzioni
dell'organismo di vigilanza
Ci potrebbe sempre essere una sovrapposizione tra controllore e controllato
Deve essere indipendente e autonomo, collegiale (interni + esterni) o monocratico (solitamente esterno). assegnato budget per eventuali controlli anche
con il ricorso di agenti esterni
Perché?
L’azione ed efficace di un MOG idoneo può: escludere la responsabilità in capo all’impresa o limitarne le conseguenze sanzion atorie, anche qualora il
reato sia stato commesso
→ Non si applica al gruppo di società, perché sono economicamente rilevanti ma non giuridicamente rilevanti (hanno comunque una certa autonomia). Per poter
applicare la responsabilità bisogna verificare in capo a tutte le società appratenti al gruppo dei vari elementi essenziali caso per caso
Bisogna verificare che vi siano dei rapporti giuridici, degli accordi, perché si possa affermare che vi sia un gruppo si società