Testo Sulle Lavorazioni Per Asportazione PDF
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PROCESSI DI LAVORAZIONE
PER ASPORTAZIONE DI TRUCIOLO
Tecniche numeriche di
simulazione e ottimizzazione
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da questo copyright potrà essere riprodotto in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta
dell’Editore.
Printed in Italy
Prodotto da
Lecce Città Universitaria
73100 - Lecce, Italy
sito: www.officinecantelmo.it
mail: [email protected]
ISBN XXXXXXXXXXXXXXXXXX
4
Indice
Indice
Prefazione
Introduzione
Capitolo I
Il processo di Taglio dei materiali metallici
Antonio Zompì, Raffaello Levi (Tecnologia Meccanica, Lavorazioni ad aspor-
tazione di truciolo, UTET Libreria, 2003) pag. 17
1.1. Introduzione, pag. 17- 1.2. Meccanica del taglio dei metalli, pag. 17- 1.3. La
deformazione media del truciolo, pag. 25- 1.4. Velocità di taglio, di flusso e di
scorrimento, pag. 29- 1.5. La velocità di deformazione nel taglio, pag. 30- 1.6.
Le forze agenti nel sistema utensile – truciolo – pezzo, pag. 32- 1.7. Condizioni
di taglio obliquo, pag. 37- 1.8. Pressione di taglio e pressione specifica di ta-
glio, pag. 41- 1.9. Lavoro assorbito nel taglio, pag. 45- 1.10 Effetti termici nel
taglio, pag. 48- Bibliografia, pag. 53.
Capitolo II
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Alessandro Spagnolo pag. 55
2.1. Introduzione, pag. 55- 2.2. Il Controllo Numerico, pag. 57- 2.3. I Linguaggi
di programmazione, pag. 62- 2.4. Macchine utensili a controllo numerico: clas-
sificazione, pag. 68- 2.5. Programmazione delle macchine a controllo nume-
rico, pag. 77- 2.6. Integrazione CAD-CAM, pag. 95- 2.7. Lo standard STEP-NC
per le lavorazioni NC, pag. 102- 2.8. Caratteristiche dello STEP-NC, pag. 104-
2.9 I WorkingSteps, pag. 108- 2.10 Integrazione CAD\CAM e NC attraverso lo
STEP-NC, pag. 109- 2.11 Norma ISO 10303-238, pag. 112- Bibliografia, pag. 117.
Capitolo III
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/
processo.
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Barbara Manisi e Emilia Mariano
pag. 119
3.1. Introduzione, pag. 119- 3.2. Applicazione delle tecniche di calcolo ad ele-
menti finiti, pag. 120- 3.3. Computational Modelling utilizzando il metodo
FEM, pag. 123- 3.4. La Simulazione, pag. 129- 3.5. Definizione delle Equazioni
per la Risoluzione dei Problemi Fisici con il Metodo degli Elementi Finiti, pag.
132- 3.6. Esempi applicativi: approccio implicito, pag. 143- 3.7. Esempi appli-
cativi: approccio esplicito, pag. 148- Bibliografia, pag. 151.
5
Indice
Capitolo IV
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asporta-
zione di truciolo
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Antonio De Vitis pag. 153
Appendice I
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi pag. 283.
1.1. Realizzazione di una staffa di ancoraggio, pag. 283- 1.2. Realizzazione di
una manicotto con due guide per perni, pag. 296.
Appendice II
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per aspor-
tazione di truciolo pag. 313.
6
Indice
2.1. La simulazione dei percorsi utensili: vantaggi, pag. 313- 2.2. Definizione
di un ambiente di simulazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo,
pag. 317- 2.3. Esempio di modellazione di un ambiente di simulazione, pag.
319- 2.4. Dalla progettazione all’utilizzo delle macchine utensili a controllo
numerico, pag. 326.
Appendice III
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio pag. 331.
3.1. Tornitura 3D: caratterizzazione plastica del materiale, pag. 331- 3.2. Fora-
tura 3D: caratterizzazione Plastica del materiale, pag. 337- 3.3. CRITICITÀ, pag.
334.
Appendice IV
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile pag. 343.
4.1 Introduzione, pag. 343- 4.2 Relazioni tra i parametri di taglio e i tre algorit-
mi di ottimizzazione di OPTIPATH, pag. 345- 4.3 Piano sperimentale, pag. 347-
4.4 Simulazione delle prove con VERICUT, pag. 349- 4.5 Lavorazioni ottimiz-
zate col metodo del volume rimosso costante e col metodo dello spessore di
truciolo costante, pag. 352- 4.6 Rugosimetro, pag. 354- 4.7 Risultati, pag. 355.
Appendice V
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per a-sportazione di truciolo
pag. 361.
5.1. Introduzione, pag. 361- 5.2. Ottimizzazione dei parametri di taglio nella
tornitura di superleghe di nichel, pag. 361.
7
Antonio Del Prete, Alfredo Anglani
8
PROCESSI DI LAVORAZIONE PER ASPORTAZIONE DI TRUCIOLO
tecniche numeriche di simulazione e ottimizzazione
Prefazione
9
Antonio Del Prete, Alfredo Anglani
questo testo ovvero: le tecniche numeriche di simulazione e gli algoritmi di ot-
timizzazione, è ovvio che anche in questo caso la letteratura tecnico scientifica
sull’argomento è vastissima con tantissimi riferimenti di eccellenza. Proprio
per questo motivo si è cercato di fornire i necessari contributi nei capitoli che
costituiscono questo testo rimandando il lettore a testi specifici per i necessari
approfondimenti.
Nel caso particolare rappresentato dalle tecnologie di lavorazione per
asportazione di truciolo i contesti simulativi di riferimento sono due: quello
del processo di taglio che è possibile grazie all’utilizzo di tecniche numeriche
ad elementi finiti (CAE) e quello del percorso di taglio che è possibile grazie
all’utilizzo di tecniche di simulazione dei percorsi utensile.
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PROCESSI DI LAVORAZIONE PER ASPORTAZIONE DI TRUCIOLO
tecniche numeriche di simulazione e ottimizzazione
Introduzione
CAPITOLO I
Il processo di Taglio dei materiali metallici
Antonio Zompì, Raffaello Levi (Tecnologia Meccanica, Lavorazioni ad asporta-
zione di truciolo, UTET Libreria, 2003)
Capitolo II
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei
percorsi utensile
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Alessandro Spagnolo
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Antonio Del Prete, Alfredo Anglani
vamente al funzionamento delle macchine utensili a controllo numerico (CN)
che, nella loro versione più evoluta prevedono un controllo computerizzato
dell’azione di processo (CNC) ed all’applicazione dei sistemi CAD/CAM per
passare dalle specifiche di prodotto a quelle di processo.
Al fine di ottenere la massima efficacia, la metodologia correntemente ap-
plicata prevede l’integrazione CAD/CAM/CNC.
La fase di progettazione prevede l’utilizzo di strumenti CAD (Computer Ai-
ded Design) che permettono di realizzare il “modello fisico virtuale 3D” del
pezzo; in ambiente CAM (Computer Aided Manufacturing) il modello 3D im-
portato dal CAD, contenente le sole informazioni geometriche, arricchito con
le necessarie informazioni tecnologiche (utensile/i utilizzato/i nelle varie fasi
di lavorazione e relativi parametri tecnologici di taglio) dà vita al CLF (cutter
location file) che contiene la traiettoria utensile calcolata per asportare i so-
vrametalli di lavorazione e conferire al pezzo le caratteristiche dimensionali e
di qualità superficiale progettate per il finito.
Un successivo post-processor specifico per ogni CNC, traduce il CLF nel
Part Program da inviare alla macchina operatrice a CN. In questo capitolo,
dopo aver illustrato il metodo del Controllo Numerico, vengono fornite le ne-
cessarie conoscenze del Linguaggio di Programmazione per poi passare all’in-
tegrazione CAD-CAM in generale e nello specifico sulle nuove tendenze che
prevedono l’utilizzo del formato STEP-NC.
Capitolo III
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo
sviluppo prodotto/processo
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Barbara Manisi ed Emilia Mariano
L’analisi ad elementi finiti (Finite Element Analysis, FEA) ha, negli ultimi de-
cenni, acquisito una enorme popolarità e diffusione ed è attualmente un fatto-
re di elevata importanza per lo sviluppo di nuove soluzioni Prodotto/Processo.
Soluzioni numeriche particolarmente complesse sono ora possibili in modo
routinario grazie all’utilizzo del FEA. Essa presenta comunque alcuni svantaggi
derivanti dal fatto di non essere in grado di fornire indicazioni attendibili su
come varia la risposta in termini di sollecitazioni di una determinata soluzio-
ne al variare ad esempio delle caratteristiche del materiale costitutivo o del-
le caratteristiche geometriche della soluzione presa in considerazione. Forse,
sarebbe più opportuno affermare che, allo stato attuale, la soluzione offerta
ai problemi molto complessi dal FEA è di valido supporto ai progettisti che
vogliono investigare soluzioni innovative e più performanti per confronto con
gli standard di riferimento. In questo capitolo vengono descritte le principali
fasi che contraddistinguono l’applicazione del metodo di calcolo ad elementi
finiti quali: la discretizzazione del design di interesse, la sua caratterizzazione
in termini di materiale costitutivo e condizioni al contorno che caratterizzano
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PROCESSI DI LAVORAZIONE PER ASPORTAZIONE DI TRUCIOLO
tecniche numeriche di simulazione e ottimizzazione
il caso di studio. Successivamente si forniscono alcune indispensabili nozioni
in merito ai metodi di calcolo tradizionalmente utilizzati nella gran parte delle
applicazioni industriali, ovvero: il metodo implicito e quello esplicito. Il capito-
lo si conclude riportando alcuni esempi di applicazione del metodo numerico:
analisi lineare statica, analisi di crash ed analisi di stampaggio di lamiere piane.
Capitolo IV
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni
per asportazione di truciolo
A. Del Prete, A. Anglani con la collaborazione di Antonio De Vitis
Capitolo V
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di
manufacturing
A. Del Prete, A. Anglani e con la collaborazione di Francesco Anglani
13
Antonio Del Prete, Alfredo Anglani
studio e alla realizzazione di algoritmi numerici di ottimizzazione, al fine di
creare piattaforme informatiche in grado di trasformare i codici di simulazione
in efficienti strumenti non solo di verifica ma anche di progettazione. Le pro-
blematiche più importanti che si affrontano nello sviluppo di questi applicativi
affinché il loro uso sia conveniente in ambito industriale, si riscontrano soprat-
tutto nella difficoltà di riuscire a determinare in maniera univoca gli obiettivi
da raggiungere durante la progettazione e la quantità di differenti configura-
zioni che è necessario calcolare per ottenere risultati soddisfacenti. Nel capi-
tolo sono trattate le principali tecniche numeriche di ottimizzazione utilizzate
nell’ambito del contesto tecnologico di interesse ed alcuni esempi applicativi
delle metodologie presentate.
Appendice I
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
In questa sezione gli autori hanno ritenuto opportuno riportare alcune te-
stimonianze della generazione di part program partendo da modello CAD.
Appendice II
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavora-
zioni per asportazione di truciolo
In questa sezione vengono illustrate le modalità di applicazione delle tecniche
di simulazione dei percorsi utensile nelle diverse fasi della loro definizione ed utiliz-
zo. Vengono illustrati i passi operativi della applicazione di queste tecniche quali: la
modellazione della macchina utensile, la modellazione del controllo della macchi-
na utensile e la modellazione del semilavorato di partenza.
Appendice III
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
Facendo seguito a quanto illustrato nel Capitolo IV in questa sezione si ri-
portano alcuni esempi di applicazione della tecnica degli elementi finiti al caso
specifico dato dalla simulazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
al fine di meglio comprendere quanto precedentemente illustrato sugli aspetti
teorici di questo specifico argomento.
Appendice IV
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
14
PROCESSI DI LAVORAZIONE PER ASPORTAZIONE DI TRUCIOLO
tecniche numeriche di simulazione e ottimizzazione
Appendice V
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per
asportazione di truciolo
15
Capitolo I
1.1 Introduzione
17
CapitoloI
Figura 1.1: Modello di formazione del truciolo in condizioni di taglio libero e ortogonale.
18
Il processo di taglio dei materiali metallici
19
CapitoloI
del materiale.
Esso dipende, oltre che dal materiale in lavorazione, dalla temperatura rag-
giunta nella zona di taglio, dalla velocità di deformazione e dalla struttura cri-
stallina del materiale conseguente a precedenti trattamenti termici o processi
di lavorazione subìti.
20
Il processo di taglio dei materiali metallici
Figura 1.3: Modelli di formazione del truciolo convessa, concava, piana e a zona di de-
formazione con superfici limite piane e parallele.
21
CapitoloI
22
Il processo di taglio dei materiali metallici
23
CapitoloI
Figura 1.5: Distribuzione qualitativa della tensione normale e della tensione tangenziale sull'inter-
faccia utensile-truciolo e distorsione del materiale costituente il truciolo, dovuta a deformazione
plastica per scorrimento.
24
Il processo di taglio dei materiali metallici
25
CapitoloI
la forma del quadrilatero i’j’x’z’ (Figura 1.7); la forma e le dimensioni del qua-
drilatero deformato dipendono dai valori dell’angolo di scorrimento.
Un elemento caratteristico utile per lo studio della deformazione del tru-
ciolo è il fattore di ricalcamento rc , definito dal rapporto fra l’altezza del tru-
ciolo indeformato h e l’altezza del truciolo già formato hc.
h
rc = Eq. 1.1
hc
Si dimostra che:
sinφ
rc = Eq. 1.2
cos(φ − γ)
Figura 1.7: La deformazione angolare γs (o di taglio) nella formazione del truciolo e sua variazione
in funzione dell'angolo di scorrimento Ф e dell’angolo di spoglia frontale γ.
26
Il processo di taglio dei materiali metallici
Eq. 1.4 s
0
d
Da cui si ricava:
sin 2 cos 2
cos 1 cos 2
Eq. 1.6
2
E quindi:
Eq. 1.7
4 2
s cot tan 2
Eq. 1.8
4 4
sin
sin 4 1
rc
Eq. 1.9
cos
cos
4
27
CapitoloI
Siccome si ha pure:
cos
tan
1 Eq. 1.11
sin
rc
Sostituendo si ha:
2
1 1 1 1
2
1
sin sin 2 sin sin cos
2 2
sin cos
s
rc
rc cos rc sin
rc
rc rc
rc
cos cos 1 1
cos cos
rc rc
2
1 1
2
1 1
sin 2 sin sin cos
2 2
sin cos 2
rc rc rc rc
Eq.1.12
cos 1 1
cos cos
rc rc
2
1
1
r 1
s c
rc Eq. 1.13
1 rc
rc
28
Il processo di taglio dei materiali metallici
Figura 1.8: Velocità di taglio vt, di scorrimento vs e di flusso vf durante la formazione del truciolo.
Eq. 1.14
vt vs
Da cui si ricava: sin90 sin 90
vs cos
Eq. 1.15
vt cos
Ed ancora:
vt vf
Eq. 1.16
sin90 sin
29
CapitoloI
Ovvero:
vf sin
vt cos Eq. 1.17
vt bh v f bc hc
Eq. 1.18
vf h
rc Eq. 1.19
vt hc
Eq. 1.20
Eq. 1.21
30
Il processo di taglio dei materiali metallici
v v cos
s s t
Eq. 1.23
X X cos
Esercizio
Determinare la velocità di deformazione γs in una lavorazione di tornitura
eseguita con una velocità di taglio di 60 m/min, impiegando un utensile con
angolo di spoglia frontale γ = 10° ed essendo noti lo spessore del truciolo inde-
formato h=0,2 ed il fattore di ricalcamento
rc=0,5
Dalle relazioni ricavate in precedenza, si ha:
rc cos 0,5 cos10
tan 0,539
1 rc sin 1 0,5sen10
arctan0,539 28,33
Inoltre:
m mm
v t 60 10 3
min s
Ed assumendo
l
10 , si ottiene infine:
X
vt cos l l cos sin cos10 sin28,33
s vt 10310 2,5 103 s 1
X cos l DX cos h cos18,33 0,2
31
CapitoloI
La stima delle forze scambiate fra utensile e pezzo e delle potenze assorbi-
te nel taglio è utile per diversi scopi, quali:
a) Il dimensionamento di motori elettrici ed organi di trasmissione delle
macchine utensili.
b) La progettazione della struttura e dei componenti meccanici delle mac-
chine utensili, in particolare per quanto riguarda rigidezze statiche e dinami-
che.
c) Il corretto dimensionamento degli utensili.
32
Il processo di taglio dei materiali metallici
Figura 1.9: Forze agenti sul sistema utensile – truciolo – pezzo in condizioni di taglio ortogonale
Eq. 1.24
tan Eq. 1.24
Eq.
Eq. 1.24
1.24 Con
tan ipotesi, le due componenti della forza risultante R potranno
questa
tan modo seguente:
Eq. 1.25
esprimersi nel F R sin
Eq.
Eq. 1.25
1.25 F R sin
F R sin Forza tangente al petto dell’utensile Eq. 1.25
Eq. 1.26 N R cos
Eq.
Eq. 1.26
1.26 N R cos
N R cos
Forza normale al petto dell’utensile Eq. 1.26
Eq. FAlla
Eq. 1.27 R trasmessa
Rforza
cosrisultante
Ft R cos
al truciolo ed al pezzo,
dall’utensile
Eq. 1.27
1.27 F t R
quest’ultimo
t cos
oppone in condizioni di equilibrio una forza risultante di reazio-
ne uguale e contraria R’.
Eq. laEq.
1.28
di reazione FR’n può
sin scomposta
Ressere
Eq. 1.28
1.28 FAnche
F n
R sin
R sin
forza secondo alcune dire-
zioni preferenziali in particolare, essa può essere scomposta secondo la di-
n
33
CapitoloI
Figura 1.10: Scomposizione della risultante R delle forze di taglio e sue componenti (cerchio di
Merchant)
Eq. 1.29 Fs R cos Forza sul piano di scorrimento Eq. 1.29
Eq. 1.31 Fs s As
A
Eq. 1.32 A
Eq. 1.29 Fs R cos
Il processo di taglio dei materiali metallici
Data l’areaEq.
della1.31
Eq. sezione delF
1.32 s s Aindeformato
Atruciolo A=p*a=b*h, dalla figura
s
s
sin
3.12 si ricava che l’area As è espressa dalla relazione:
A
Eq. 1.32
A s
Eq. 1.32
sin
E quindi
A
Eq. 1.33 F s s
Eq. 1.33
sin
A
AEq. 1.33
Analogamente,
Fs s normale di compressione che agisce
detta σs la tensione
sinA
Eq. 1.33 s di Eq.
Fs piano
sul 1.34
scorrimento, si ha: N s s
sin sin
A
Eq. 1.34
A Ns s Eq. 1.34
Eq. 1.34 Ns s Fs
sin 1
Eq.
sin 1.35 dall’equazione
ricavare AsR:s
R (1.29) la forza risultante A s
Si può quindi
cos cos sin
Fs 1
FEq. 1.35 A R 1 As s 1 A s
Eq. 1.35 R s
cos A cos sin
cos cos sin cos
s s s
Eq. 1.35
E dalle eq. (1.25) e (1.26) si ricavano la forza di taglio Ft e la forza normale Fn:
cos
cos
Eq. 1.36
Eq. 1.36 F R
Ft cos
R cos
AA s Eq. 1.36
sin
sin cos
cos
t s
sin
sin
Eq. 1.37
Eq. 1.37 F R
Fnn sin
R sin
AA ss sin cos F tan
Ftt tan Eq. 1.37
sin cos
Nel testo:
Nel testo:
;;
35
F
F
Eq. 1.38
Eq. 1.38 tan
tan N
N
CapitoloI
Figura 1.11: Possibili configurazioni della condizione di taglio libero ed ortogonale in tornitura:
utensile largo con avanzamento radiale a), utensile a coltello con avanzamento longitudinale b)
36
Il processo di taglio dei materiali metallici
Eq. 1.36
Prendendo in considerazione cos
Ft R cosper giro
dell’utensile
A s
condizione di taglio, detto a l’a-
la seconda
vanzamento in direzione dell’asse del tubo, la sezione del
truciolo indeformato è data da a •s, e
sinA=cos lo
spessore del truciolo indeformato
coincide con l’avanzamento a.
sin F è perpendicolare al piano del di-
Inoltre, la direzione della componente
Eq. 1.37 R sin ladirezione
Fn mentre A sdel componentet F è coincidente
Ft tan con
la direzione
segno, sin cos n
dell’avanzamento.
F
Eq. 1.38 tan
Eq. 1.38
N
Le componenti Ft ed Fn vengono misurate con l’impiego di un dinamome-
tro da tornio a due componenti. Si possono poi esprimere le forze F ed N in
funzione di Ft ed Fn con l’ausilio del cerchio di Merchant (Figura 1.10) si ottiene:
scorrimento: N FF t cos
t Fsinsin
n t FFntan
t
n
37
CapitoloI
relativa fra utensile e pezzo è tale per cui il tagliente è perpendicolare alla
direzione del moto di taglio ed il truciolo, che si muove mantenendosi a con-
tatto col petto dell’utensile, fluisce secondo la direzione del moto di flusso che
giace sul petto dell’utensile ed è perpendicolare al tagliente.
Fissato un sistema di riferimento cartesiano con origine nel punto O e con
asse X coincidente con la direzione della velocità di taglio, si osserva che tutto
il processo di taglio si produce su un piano che è ortogonale al tagliente e
contiene l’asse X e la direzione del moto di flusso; inoltre, l’angolo γ, formato
fra la direzione del flusso e l’asse z, rappresenta l’angolo di spoglia frontale
dell’utensile (Figura 1.12).
38
Il processo di taglio dei materiali metallici
L’angolo che la direzione f del moto di flusso forma con la direzione della
retta n che giace sul petto dell’utensile ed è perpendicolare al tagliente è detto
angolo di flusso del truciolo αf; con sufficiente approssimazione, il suo valore
può assumersi pari all’angolo di inclinazione λ (αf ≈ γr).
In condizioni di taglio obliquo, l’angolo di spoglia frontale è l’angolo for-
mato, sul piano π, dalla direzione f della velocità del flusso e dalla direzione
della retta OK che giace su π ed è normale alla direzione x della velocità di
taglio (figura 1.12).
Questo angolo viene detto angolo di spoglia frontale reale γr; esso può
essere espresso in funzione di γ, che è un angolo direttamente misurabile sul
tagliente, e dell’angolo di flusso αf e dall’angolo di inclinazione λ.
Il legame funzionale fra questi angoli, secondo Stabler, è dato da:
Eq.
Eq. 1.42
1.42 sin sin sin cos cos sin
sin rr sin sin ff cos cos ff sin
Eq. 1.42
Ponendo αf=λ, l’equazione precedente diventa:
Eq. 1.43
Eq. 1.43 sin r sin
sin
2
cos 2 sin
sin 2 cos 2 sin Eq. 1.43
r
Nel testo:
Nel testo: Nel
0caso
0
limite di λ=0° (condizione di taglio ortogonale), si ottiene eviden-
temente γ = γ .
r
Le condizioni di obliquo
taglio
cos
cos rr
(λ≠0°) producono effetti positivi sulla forma
Eq.
Eq. 1.44
1.44 t A s
delFtruciolo.
Ft A s sin cos r
Infatti, si sin
è già che
detto
cos r positivi ed elevati dell’angolo di spoglia
valori
frontale γ consentono, a parità di tutte le altre condizioni di taglio, una di-
minuzione della forza di taglio Ft; ma l’aumento di γ è limitato dai requisiti di
resistenza meccanica del tagliente.
Dall’eq. (1.43) è possibile osservare che, per un dato valore dell’angolo di
spoglia frontale geometrico γ, un aumento dell’angolo di inclinazione λ com-
porta un aumento dell’angolo di spoglia frontale reale γr , senza alcuna inci-
denza sulle condizioni di resistenza del tagliente.
L’inclinazione del tagliente rispetto alle direzioni del moto di taglio dà ori-
gine ad una risultante delle forze di taglio con tre componenti (taglio obliquo
o tridimensionale).
La Figura 1.13 riporta la vista in pianta ed in sezione di un utensile monota-
Eq. 1.42
gliente, sin rprincipale
il cui tagliente
sin presenta
sin f un cosangolo
cosdiattacco
f sin χ
≠ 90°.
La forza di taglio Ft, che si suppone applicata nel punto P, è perpendicolare
alEq.
piano
1.43della vista, forza
sinla r sin cos
normale
2 Fn 2è sin
perpendicolare ad Ft e forma un an-
golo αf con la direzione normale al tagliente principale in P.
La forza di taglio e la forza normale sono espresse dell’eq. (1.44) e (1.45),
Nel testo:
ponendo il valore dell’angolo
0 di spoglia frontale reale γr in luogo dell’angolo
geometrico γ:
cos
Eq.
1.44 Ft A s r
Eq. 1.44
sin cos r
39
CapitoloI
sin r
Eq. 1.45 Fn A s
Ft tan r Eq. 1.45
sin cos r
Eq. 1.48
R F2 F2 F2 Eq. 1.48
t a r
Figura 1.13: Forze di taglio in condizioni di taglio tridimensionale; componenti della forza normale
agente sull'utensile e sistema di forze presenti nel sistema utensile-pezzo.
40
Il processo di taglio dei materiali metallici
Il calcolo delle equazioni di taglio mediante le eq. 1.36 e 1.37 richiede che
sia noto il valore della tensione tangenzialeNel testo: s f s , s , T
di scorrimento
Non disponendo di un’espressione analitica per τs, si può stimarla per via
sperimentale.
L’equazione 1.40 consente infatti di determinare
Ft
Eq. 1.48il valorekdis τs misurando le
forze di taglio Ft ed Fn con l’impiego di un dinamometro, calcolando A β median-
te l’equazione 1.39, ed essendo note tutte le condizioni di taglio (γ, φ, A, vt).
Se pure il parametro velocità di taglio nonEq. compare
1.49nell’eq.A1.40
pail suo
bhvalore
deve essere definito poiché ad esso sono correlate la temperatura nella zona
di taglio e conseguentemente la resistenza alla deformazione.
Per esprimere la resistenza alla deformazione di un materiale inFcondizioni
Eq. 1.50
di taglio ci si riferisce spesso, per motivi pratici, alla pressionesdi
K 0 tagliot
41
CapitoloI
I valori della pressione di taglio ks misurati sono pertanto validi solo per le
condizioni adottate in fase di sperimentazione.
Per quanto concerne la dipendenza di ks dall’area della sezione del truciolo
indeformato A, si può ammettere con buona approssimazione che ks sia indi-
pendente dalla larghezza del truciolo b, purché sia h « b. Si osserva invece una
marcata dipendenza di ks dallo spessore del truciolo indeformato h; in parti-
colare, si osserva che ks, diminuisce con legge esponenziale al crescere di h.
Secondo Kronenberg, si ha:
Eq. 1.51 k k hz
s s0
Eq. 1.51
Eq. 1.54 W Ft vt
Figura 1.14: Dipendenza della pressione di taglio dallo spessore del truciolo indefor-
mato h.
Figura 1.15: Dipendenza del rapporto Ft/b dallo spessore del truciolo indeformato h
Figura 1.16: Dipendenza della pressione specifica di taglio ks0 dalla velocità di taglio vt
43
CapitoloI
Eq. 1.53
k s 0 k s 0v 1m / mm vt m
t
Eq. 1.53
Eq. 1.54 W Ft vt
44
Il processo di taglio dei materiali metallici
Eq. 1.55
W Fv F
Eq. 1.56 ut t
t t
t
ks Eq. 1.56
Z Av t A
Wt W f F v Fv t
Eq. 1.57 ut s s 45
Z Z Av t
CapitoloI
Tabella 1.1: Valori indicativi del lavoro specifico di taglio per alcuni materiali metallici, in rela-
zione alla durezza.
Materiale Durezza Lavoro Specifico
di Taglio
HB HRC [J/mm3]
Acciai 85 ÷ 200 1.4
35 ÷ 40 1.6
40 ÷ 50 1.9
50 ÷ 55 2.4
55 ÷ 58 4.0
Acciai Inossidabili 135 ÷ 275 1.4
30 ÷ 45 1.6
Ghise 110 ÷ 190 0.8
190 ÷ 320 1.6
Leghe di titanio 250 ÷ 375 1.4
Superleghe 200 ÷ 360 3.0
Leghe di Alluminio 30 ÷ 150 0.35
Leghe di Magnesio 40 ÷ 90 0.22
Rame 80 HRB 1.2
Leghe di Rame 80 ÷ 100 HRB 1.2
Leghe di Zinco 0.22
Eq.Il lavoro
1.55 specifico
Wt di
taglio
Ws W risulta quindi pari alla pressione di taglio ks e rappre-
f Fs v s Fv f
senta l’energia totale assorbita per asportare un volume di truciolo unitario; se ks è
data in [GPa],ut è espresso in [J/mm3].
WalcuniFtvalori
vt indicativi
F
Eq.La1.56
tabella 3.1 riporta
u t t definiti
diversi materiali metallici
del lavoro specifico di taglio per
t klas loro durezza.
mediante
Z Av t A
Per il lavoro specifico di taglio, come per l’eq. (1.55), si può scrivere:
f W W F v Fv t
Eq.
1.57 ut t s s Eq. 1.57
Z Z Av t
E secondo la teoria di Merchant si ottiene:
cos sin
Eq. 1.58 ut
s
Eq. 1.58
cos sin cos
Ft 625
cos 0.90 ; 25.6 ;
R 693
125
Il processo di taglio dei materiali metallici
Esercizio
Nel taglio dei metalli si osservano come è noto vistosi effetti termici; spes-
so il truciolo assume i tipici colori tempra, quando non arriva addirittura al
color rosso, l’utensile si arroventa ed anche la superficie lavorata raggiunge
temperature superiori, seppur di poco, di quella ambiente.
In definitiva quasi tutta la potenza assorbita dal taglio viene trasformata in
calore.
Questo si sviluppa entro un volume assai ridotto, dando pertanto luogo a
notevoli aumenti di temperatura, i quali influenzano sia resistenza meccanica
ed usura dell’utensile, che accuratezza di lavorazione per effetto delle defor-
mazioni termiche, oltre ad imporre l’adozione di adeguate protezioni contro
48
Il processo di taglio dei materiali metallici
gli infortuni.
La potenza meccanica trasformata in calore, con buona approssimazione
pari alla potenza di taglio Wt = Ft vt, viene suddivisa nei contributi, elencati in
ordine di importanza, della zona di deformazione primaria (di scorrimento) in
cui il sovrametallo viene deformato plasticamente e trasformato in truciolo,
della zona di deformazione secondaria in cui il truciolo scorre con attrito sul
petto dell’utensile, ed infine della zona di deformazione terziaria in cui il dorso
dell’utensile striscia sulla superficie lavorata, dato che in condizioni operative
esso non può considerarsi mai perfettamente affilato.
Nella zona di scorrimento, secondo l’analisi di Merchant, la potenza dissi-
pata nel processo di deformazione plastica viene trasformata in calore che va
in gran parte ad aumentare la temperatura del truciolo, il quale attraversa la
zona stessa con una portata volumetrica pari a Z = A vt.
L’aumento medio di temperatura del truciolo, in condizioni adiabatiche,
risulta proporzionale all’energia specifica ws assorbita nell’unità di tempo ed
inversamente proporzionale a massa volumica ρ e calore specifico cs del ma-
teriale lavorato.
Tale risultato sembrerebbe a prima vista anomalo, dato che l’espressione
ottenuta per ∆T non contiene la velocità di taglio vt; si deve però osservare che
il truciolo (come la superficie lavorata) dà luogo ad un trasporto di massa con
velocità proporzionale a vt, per cui in definitiva, alle velocità di taglio medie
o elevate, per le quali si è prossimi alle condizioni adiabatiche, è ragionevole
attendersi che ∆Tm tenda a stabilizzarsi.
Diversa è la situazione per la zona di deformazione secondaria, dove la po-
tenza dissipata soprattutto nell’attrito fra truciolo e petto dell’utensile è in parte
smaltita come aumento di temperatura del truciolo, ed in parte va ad aumentare
la temperatura del petto dell’utensile, che però, essendo stazionario rispetto alle
fonti di calore, può smaltirlo solo per conduzione ed irraggiamento.
Dato che la potenza Wf è approssimativamente proporzionale alla velocità
(τs non è indipendente da vt), la temperatura sul petto dell’utensile deve cre-
scere con questa, sia pure in modo non lineare, in quanto i gradienti di tem-
peratura devono crescere consentendo la trasmissione di un flusso termico
crescente.
Il modello semplificato a piano di scorrimento non consente di trattare
analiticamente il caso della zona di deformazione terziaria (contatto con stri-
sciamento dell’utensile con la superficie lavorata), dove, finché l’utensile non è
piuttosto usurato sul dorso, viene dissipata in attrito una piccola parte dell’e-
nergia spesa nel taglio; in più la portata di massa interessata è assai rilevante,
salvo il caso di pezzo a parete sottile, per cui l’aumento di temperatura della
superficie lavorata tende a stabilizzarsi indipendentemente dalla velocità su
livelli alquanto inferiori a quelli del truciolo, ed anche il dorso dell’utensile as-
sume di norma temperature sostanzialmente inferiori a quelle del petto.
Queste indicazioni sono puntualmente confermate dai risultati delle classi-
che ricerche sperimentali di Schmidt che mostrano come, raggiunto il regime
49
s cos
Eq. 1.58 ut
CapitoloI cos sin cos
adiabatico, le temperature medie del truciolo e della superficie lavorata siano
stazionarie e sostanzialmente indipendenti dalla velocità di taglio, di cui inve-
Eq. inEsercizio
ce è funzione monotona crescente la temperatura corrispondenza delrcpetto
h / hc 0.52
dell’utensile (Figura 1.18).
Ft 625
cos
R 693
36 ;
Ws Fs v s
us
Z Av t
R cos
Figura 1.18: Andamento della temperatura del pezzo, dell'utensile e del truciolo
us
della
in funzione cos
693 c
velocità di taglio (Schmidt 1950)
A cos
50
Il processo di taglio dei materiali metallici
Figura 1.19: Tipico andamento delle isoterme nella zona di taglio (Vieregge 1953)
La ripartizione percentuale del calore tra truciolo (Q), utensile (Q’) e pez-
zo (Q’’) è stata analizzata per via calorimetrica nelle lavorazioni di fresatura
e foratura da Schmidt, che ha ottenuto a bassa velocità valori non lontani
da 50/25/25, tendenti per velocità medio alte a valori dell’ordine di 80/10/10
(Figura 1.20).
Possiamo concludere che in normali condizioni di lavorazione i quattro
quinti circa del calore prodotto vengano evacuati con il truciolo, che occorrerà
allontanare dagli elementi strutturali della macchina utensile per limitarne le
dilatazioni termiche.
In lavorazioni di precisione il fluido lubro-refrigerante, raffreddato se ne-
cessario sotto controllo termostatico nella vasca di raccolta, viene anche uti-
lizzato per mantenere sotto controllo temperatura e dimensioni di pezzo e
macchina, oltre che per facilitare la formazione e l’evacuazione del truciolo.
Alle elevate velocità di taglio tipiche degli utensili moderni, in metallo duro
51
CapitoloI
Figura 1.20: Tipica ripartizione dell'energia termica del sistema utensile-truciolo-pezzo in funzione della velocità di
taglio, ottenuta con misure calorimetriche (Schmidt 1950)
Figura 1.21 Temperatura sul petto a) e sul dorso b) in una operazione di tornitura su acciaio ese-
guita con inserto in metallo duro, per tre diverse velocità di taglio (Chao & Trigger 1955)
52
Il processo di taglio dei materiali metallici
Bibliografia
Antonio Zompì, Raffaello Levi, Tecnologia Meccanica, Lavorazioni ad asportazione di tru-
ciolo, UTET Libreria, 2003;
Marco Santochi, Francesco Giusti, Tecnologia Meccanica e Studi di fabbricazione, seconda
edizione, Casa Editrice Ambrosiana.
53
Capitolo II
2.1 Introduzione
55
Capitolo II
posta i comandi meccanici della macchina.
Questo comporta un rendimento e una qualità delle produzioni stretta-
mente dipendenti dall’errore umano e dai parametri tecnologici della macchi-
na.
Nelle Macchine CNC il rendimento viene aumentato, poiché si riducono i
tempi di set-up e i tempi di lavorazione. Contemporaneamente la non dipen-
denza dal fattore umano determina il miglioramento della qualità del prodot-
to, il miglioramento della produttività, la riduzione degli errori e la riduzione
dei costi di manodopera.
Ancora prima di definire le modalità ed i criteri utili alla simulazione dei
percorsi utensile è opportuno richiamare alcuni concetti fondamentali relati-
vamente al funzionamento delle macchine utensili a controllo numerico (CN)
che nella loro versione più evoluta prevedono un controllo computerizzato
dell’azione di processo (CNC) ed all’applicazione dei sistemi CAD/CAM per
passare dalle specifiche di prodotto a quelle di processo.
Di fatto, allo stato attuale, la metodologia applicata prevede l’integrazione
CAD/CAM/CNC. Da diversi anni il sistema Produzione, spinto da una concor-
renza a livello globale, si orienta sempre più verso un’economia di mercato
dove: qualità, diversificazione del prodotto, riduzione del tempo di immissione
sul mercato e aumento del tempo di vita del prodotto sono diventati fattori
determinanti.
Uno dei fattori strategici alla base di questa rivoluzione è la flessibilità,
che riguarda sia i mezzi di fabbricazione sia le tecniche organizzative e ge-
stionali, che conferiscono all’azienda la capacità di adattarsi rapidamente ed
efficacemente a repentine variazioni della domanda e delle caratteristiche del
prodotto.
La flessibilità dei mezzi di fabbricazione è il frutto di notevoli progressi
dell’elettronica e dell’informatica e della loro applicazione al mondo della pro-
duzione; i sistemi CAD-CAM sono un esempio di questa rivoluzione nel mon-
do dell’industria meccanica.
Infatti, la fase di progettazione prevede l’utilizzo di strumenti CAD (Compu-
ter Aided Design) che permettono di realizzare il “modello fisico virtuale 3D”
del pezzo; in ambiente CAM (Computer Aided Manufacturing) il modello 3D
importato dal CAD, contenente le sole informazioni geometriche, arricchito
con le necessarie informazioni tecnologiche (utensile/i utilizzato/i nelle varie
fasi di lavorazione e relativi parametri tecnologici di taglio) dà vita al CLF (Cut-
ter Location File) che contiene la traiettoria utensile calcolata per asportare i
sovrametalli di lavorazione e conferire al pezzo le caratteristiche dimensionali
e la qualità superficiale richieste al prodotto finito.
Un successivo post-processor specifico per ogni CNC, traduce il CLF nel
Part Program eseguibile dalla macchina operatrice a CN.
La stesura del ciclo di fabbricazione richiede i seguenti passi:
1. Analisi critica del disegno di progetto e valutazione dei dati progettuali:
• Dimensioni, dalle quali dipende la scelta della macchina operatrice;
56
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
• Tolleranze dimensionali e di forma, che influenzano la scelta degli uten-
sili, dei processi tecnologici ed il posizionamento del pezzo durante la
lavorazione;
• Materiale e qualità superficiale che influenzano la scelta dei parametri di
taglio.
2) Scelta dei processi di lavorazione e della sequenza delle fasi;
3) Scelta degli utensili;
4) Scelta dei parametri di taglio (velocità di taglio, avanzamento e profondità
di passata) nei limiti tecnologici ammissibili;
5) Scelta delle macchine utensili che realizzeranno il prodotto finito.
57
Capitolo II
una fresatrice, Figura 2.1, in modo da far seguire all’utensile traiettorie prede-
terminate su tre assi senza l’intervento dell’operatore: dando inizio a quello
che è definito il Numerical Control (NC).
58
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
L'utensile comandato dal CN poteva eseguire lavorazioni con movimento
punto a punto e descrivere soltanto traiettorie rettilinee parallele alle direzioni
degli assi.
Queste lavorazioni erano forature, maschiature, alesature. Erano precluse
le lavorazioni in continuo lungo traiettorie curve od oblique rispetto agli assi,
che si potevano fare solo se si approssimava la traiettoria ad una linea spez-
zata a gradini.
Le macchine infatti avevano un solo motore che comandava alternativa-
mente gli spostamenti degli assi.
Il CN ha avuto una iniziale diffusione sia per il costo limitato, sia perché
adattabile a macchine utensili preesistenti data la logica con cui era realizzato
(retro-fitting).
L’introduzione dei circuiti interpolatori e di un motore per ogni asse ha
consentito di ampliare la gamma di lavorazioni eseguibili con il CN grazie alla
capacità di tracciare curve nel piano e nello spazio in quanto era possibile co-
ordinare i movimenti degli assi a velocità differenti.
La necessità di maggiori prestazioni per la lavorazione di superfici com-
plesse (stampi, settore aerospaziale) ha portato alla introduzione dei calcola-
tori sulle macchine CN che si caratterizzano ora come macchine CNC (a Con-
trollo Numerico Computerizzato) introdotte a partire dal 1970.
II calcolatore è in grado di effettuare calcoli senza l’intervento dell’opera-
tore sulla base dei dati di input trascritti sul part-program (esecuzione di una
circonferenza date le coordinate del centro, del punto di inizio movimento e
di fine movimento, ricalcolo della traiettoria per effetto della compensazione
del raggio dell’utensile).
II CNC è fornito di memoria flessibile, ampliabile, in grado di variare la sua
capacita facendo uso di logiche non cablate che possono essere facilmente
elaborate e modificate dall'operatore.
Con questa evoluzione del CN, applicata alle macchine utensili, è possibile
controllare l’esecuzione della lavorazione in tutte le sue fasi e coordinare tutte
le parti in moto della macchina, i servizi (cambio pallet, immissione di refrige-
rante ecc.) in funzione del programma ad essa fornito.
La tecnologia del controllo numerico è sostanzialmente un metodo per
controllare automaticamente, con elevata precisione e ripetibilità i moti dell’u-
tensile e della tavola porta pezzo sulla base di un programma scritto in lin-
guaggio opportuno.
Tale programma, nel semplice CN, deve essere scritto dal pro-grammatore
dopo una serie di calcoli geometrici su un computer esterno, nel CNC è l’uni-
ta di governo a controllare completamente il funzionamento della macchina,
leggendo un file che le viene inviato.
II CNC può operare correzioni di azionamento in base ai segnali ricevuti
dalle parti macchina comandate (assi, mandrino ecc.), memorizzazione di cicli
fissi ecc. (Figura 2.2).
59
Capitolo II
60
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
I riferimenti di velocità e/o coppia vengono inviati agli azionamenti che
alimentano opportunamente i motori per la rotazione del mandrino e/o lo
spostamento dell’utensile o del pezzo secondo gli assi x, y, z; quindi un sistema
di misura rileva la posizione e la invia al controllore il quale dopo un confronto
con quella programmata può correggere la propria richiesta.
Il sistema opera sotto il controllo della CPU (Central Processing Unit) che
esegue le istruzioni del programma presenti nella memoria.
Nella CPU sono contenute l’unità di controllo e l’unità logico aritmetica
ALU (Arithmetic Logic Unit).
La prima coordina l’entrata e l’uscita delle informazioni, estrae dalla memo-
ria le istruzioni relative al lavoro da eseguire, le analizza e trasferisce i dati di
calcolo alla ALU che effettua i calcoli relativi alle velocità di spostamento delle
slitte, calcola le traiettorie dell’utensile, ecc.
Alla CPU è collegato il PLC (Programmable Logic Control: Controllo a Logi-
ca Programmabile) che comanda direttamente gli azionamenti degli assi e dei
servizi della macchina utensile. Altri elementi di un CNC sono le memorie e le
periferiche (video terminale, stampante).
La memoria centrale serve per immagazzinare tutte le informazioni di mo-
vimento, di lavoro e dei relativi servizi della macchina; ad essa accedono la
CPU e le unità I/O.
Essa è costituita da moduli RAM (Random Access Memory - memorizza
le istruzioni relative a: programmi di lavorazione, cicli fissi e sottoprogrammi,
utensili, ecc.) e ROM (Read Only Memory – memorizza origini e dati macchina
che non possono essere modificati: corsa massima degli assi, programmi di
calcolo, ecc.), Figura 2.3.
Figura 2.3: Architettura di un controllo numerico computerizzato, costituito dalla Unità Centrale di Elabora-
zione (UCE) e dalle Unità Periferiche; A) immissione dati e procedure: B) uscita dati elaborati: C) memorie au-
siliarie o di massa. La macchina utensile viene comandata dal PLC collegato con l’Unità Centrale di Processo.
61
Capitolo II
è presente anche una memoria tampone che agisce sul blocco programma
successivo a quello in esecuzione effettuandone la lettura in modo che, ter-
minata l’esecuzione del blocco precedente, si riversano istantaneamente, nella
memoria di lavoro del calcolatore, i dati del blocco appena letto senza dover
attendere il tempo necessario alla lettura (Figura 2.4).
Il vantaggio pratico di questa prestazione consiste nell'evitare che l’uten-
sile, nel passaggio da un blocco al successivo, si arresti per qualche istante,
marcando il pezzo in lavorazione e producendo una finitura superficiale di-
scontinua.
Figura 2.4: La memoria tampone evita l’arresto dell’utensile e determina una migliore finitura
superficiale del pezzo in lavorazione
62
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
le lavorazioni di fresatura, è stato successivamente applicato a moduli per tor-
nio e superfici sculturate.
Oltre alla definizione geometrica del percorso utensile, essa contiene tutte
le funzioni atte all’azionamento e al controllo di ogni parte della macchina.
Si pone tra il linguaggio ISO e la programmazione direttamente da CAD. Si
basa su 4 tipi di specifiche fondamentali:
- specifiche di identificazione;
- specifiche geometriche;
- specifiche di movimento;
- specifiche ausiliarie.
63
Capitolo II
In Figura 2.7:
• la superficie di lavoro è quella su cui agisce il tagliente;
• la superficie guida è quella lungo la quale si muove il tagliente;
• la superficie di controllo è quella da raggiungere per completare il movimento.
Figura 2.7: Definizione dello spazio di lavoro per un utensile su una superficie
64
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
In Figura 2.8, le istruzioni di movimento più comuni nella pro-grammazio-
ne in linguaggio APT. Nella stessa figura è riportato un esempio di istruzioni di
movimento in APT. L’utensile dovrà muoversi fino alla linea L1 e fino alla Part
Surface (PS: superficie da lavorare) mantenendosi tangente alla circonferenza
C1, con:
65
Capitolo II
Le specifiche ausiliarie sono indicazioni da dare al post processor per indi-
viduare utensili, lavorazioni, tolleranze, inizio e fine percorso.
Le principali sono:
• MACHIN/ seguito dal nome della lavorazione (individua il tipo di lavorazio-
ne da effettuare);
• COOLNT/ attiva e disattiva il raffreddamento;
• FEDRAT/ seguita dal valore della velocità di avanzamento;
• SPINDL/ seguito dal numero di giri;
• TOOLNO/ seguito dal numero dell’utensile selezionato;
• CUTTER/ seguito dal valore del raggio di compensazione;
• INTOL/ o OUTTOL/ seguiti dal valore di tolleranza (Figura 2.10, approssi-
mazione di un percorso curvilineo tramite una spezzata rettilinea);
• END (fine del programma).
66
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
Questi due inconvenienti incidono sulla precisione del profilo e sulla fi-
nitura del pezzo. Con l’interpolatore NURBS invece la variazione del vettore
velocità è continua e la lavorazione ne risente positivamente.
67
Capitolo II
Il controllo numerico e le macchine utensili che lo utilizzano permettono di:
• Incrementare la produttività dovuta alla quasi totale eliminazione dei tempi
morti di attesa tra un’operazione e l’altra;
• Riduzione dei costi anche di manodopera;
• Realizzare lavorazioni difficili o impossibili da realizzare con tecnologie tra-
dizionali;
• Aumentare la ripetibilità delle lavorazioni;
• Riduzione degli scarti a causa della sicurezza dei posizionamenti e dei mo-
vimenti degli utensili.
I vantaggi che si ottengono sono:
• Riduzione dei tempi di settaggio macchina;
• Flessibilità, permette un rapido cambio della lavorazione con la sostituzio-
ne del programma;
• Incremento di accuratezza e uniformità della produzione;
• Minor necessità di movimentazione manuale della produzione;
• Miglioramento del controllo della produzione e della qualità della stessa.
D’altra parte gli svantaggi di cui bisogna tener conto nel loro utilizzo sono:
• Alto costo iniziale dell’investimento;
• Manutenzione non solo meccanica ma anche elettrica ed elettronica di so-
lito effettuabile solo dalla ditta produttrice della macchina;
• Maggior costo operativo per unità di tempo di produzione;
• Necessità di preparazione all’utilizzo del personale.
68
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
rispetto al pezzo:
• Asse Z: sempre coincidente o parallelo con l’asse del mandrino, positivo
allontanandosi dal pezzo;
• Asse X: positivo se rivolto a destra guardando dal mandrino verso il pezzo;
• Asse Y: è perpendicolare al piano definito degli assi X e Y ed il suo verso
positivo è definito dalla regola della mano destra.
69
Capitolo II
assumere l’inclinazione voluta rispetto all’asse del mandrino) con queste
prerogative è l’utensile a seguire la conformazione spaziale del pezzo, Fi-
gura 2.15;
70
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
71
Capitolo II
macchina".
Con questa operazione, gli assi si spostano su un punto definito dal co-
struttore della macchina, e il CNC sincronizza la relativa posizione assumendo
le quote definite dal costruttore per quel punto, riferite allo zero macchina.
La posizione di R è riferita al punto di riferimento di zero macchina (M)
che rappresenta l’origine del sistema di riferimento della macchina rispetto al
quale è definita la corsa degli assi.
Lo zero pezzo (W od OP) individua il punto del pezzo rispetto al quale
sono stati determinati i punti del percorso utensile e viene scelto in base alla
conformazione del pezzo da lavorare.
La distanza tra M e W viene registrata nelle tabelle spostamento origine
per consentire al controllo di effettuare gli offset necessari all’esecuzione di
un percorso.
Definiti i sistemi di riferimento macchina e pezzo (Figura 2.17), le coordi-
nate di ogni punto P del percorso utensile (con coordinate XW, YW, ZW, rispetto
al punto W), e quindi con percorso programmato rispetto all’origine pezzo W
(di coordinate ΔX, ΔY, ΔZ, rispetto al punto M), saranno traslate dal controllo
numerico, per ogni asse, della distanza intercorrente tra i punti M e W in modo
da riferirle al sistema della macchina.
Gi assi saranno mossi verso il punto di coordinate (Xp, Yp, Zp) all’interno del
volume di lavoro della macchina.
La distanza tra M e W sono fornite al controllo dall’operatore alla macchina
tramite la compilazione di tabelle definite di “spostamento dell’origine” e che
vengono attivate con uno specifico comando nel part-program fornito alla
macchina.
.
Figura 2.17: Relazione tra Zero Macchina e Zero Pezzo, a) Tornitura; b) Fresatura
Anche per l’utensile sono definiti dei punti di riferimento necessari a for-
nire i valori della lunghezza dello stesso utensile e quindi a compensarne le
variazioni.
72
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
Tali punti sono:
73
Capitolo II
74
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
Il TCP (Tool Center Point), (Figura 2.22) rappresenta il punto dell’utensile
che si posiziona sui punti del percorso utensile durante la lavorazione. La sua
scelta durante la programmazione del percorso e la corretta definizione dei
correttori ( Figura 2.23) atti a consentirne il controllo da parte del CNC, è fon-
damentale ai fini di una lavorazione che non dia luogo a scarti o a imperfezioni
del pezzo che richiederebbero costosi interventi di ripristino.
75
Capitolo II
76
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
• lineare – Usata per generare traiettorie rettilinee. Il programmatore
deve specificare i punti iniziale e finale e la velocità di avanzamento. Il
modulo interpolatore calcola i punti intermedi e le velocità di avanza-
mento su ciascun asse per ottenere quella specificata;
• circolare – Usata per generare traiettorie circolari. Il programmatore
definisce le coordinate dei punti estremi dell'arco di cerchio e del cen-
tro, ovvero le coordinate di tre punti per i quali passa l'arco di cerchio,
e la velocità di avanzamento. La traiettoria generata è costituita da una
serie di segmenti calcolati dal modulo interpolatore che provvede an-
che al calcolo delle velocità di avanzamento su ciascun asse.
Il piano sul quale si trova l'arco da generare deve essere definito da due
assi del sistema:
77
Capitolo II
Nelle macchine a CNC, l’operatore inserisce un programma contenente tut-
te le informazioni geometriche e tecnologiche necessarie alla lavorazione e
l’unità di governo, leggendo il programma, esegue la lavorazione.
Il programma riporta le istruzioni scritte in un linguaggio comprensibile
dalla macchina. Il linguaggio può essere:
• Di basso livello quando l’operatore è chiamato a definire completa-
mente, a partire dal disegno esecutivo del pezzo da realizzare, tutti gli
elementi del ciclo di lavoro eseguendo manualmente i calcoli per la
definizione delle quote, delle velocità, degli avanzamenti e di tutti gli
altri elementi interessanti le scelte operative;
• Di alto livello, quando con delle semplici e singole istruzioni si specifica
un’intera sequenza di operazioni. Il linguaggio più completo e diffuso
è l’APT adatto per la programmazione di macchine fino a cinque assi.
78
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
79
Capitolo II
Ogni blocco rappresenta un’operazione macchina ed è composto da istru-
zioni particolari che definiscono funzioni oppure ordini di movimento.
Ogni funzione è indicata con una lettera e con il valore numerico della
funzione.
Alcune istruzioni possono essere di tipo modale, cioè rimangono attive dopo
essere state programmate fino a quando non vengono cancellate o sostituite,
altre invece hanno efficacia solo all’interno del blocco in cui sono programmate
(auto-cancellanti).
Ciò evita di dover ripetere molte istruzioni, il comando di accensione man-
drino, ed esempio, è un comando modale perché il mandrino, una volta acce-
so, resta in moto fino all'esecuzione del relativo comando di arresto.
Immessi i dati, il CNC gestisce i comandi per la movimentazione degli assi,
per le rotazioni del mandrino, per tutti i comandi ausiliari e allo stesso tempo
controlla, attraverso l’utilizzo di sensori, le operazioni effettuando un confron-
to fra i movimenti reali e quelli previsti dal programma, provvedendo ad una
correzione laddove non ci fosse corrispondenza tra i dati.
Per definire una traiettoria occorrono informazioni di tipo geometrico (di-
mensioni del pezzo, tipologia di percorso utensile, identificazione punti di
riferimento), informazioni di tipo tecnologico (utensili impiegati, velocità di
taglio e di avanzamento) e informazioni di macchina (rotazione del mandrino,
presenza del lubrificante, ecc).
La ISO 6983 dà i fondamenti per la programmazione (Figura 2.27):
• Programma: si può definire un programma come una collezione ordinata
di blocchi. L'ordine è quello di esecuzione. Il controllo leggerà tutto il pro-
gramma e lo interpreterà un blocco alla volta, dal blocco di inizio fino al blocco
di fine programma. A meno di specifiche istruzioni di salto o di interruzione, la
lettura dei blocchi procede in successione;
• Blocco: il blocco è un'insieme di funzioni che saranno interpretate "tutte
insieme", cioè in relazione tra loro. Il blocco viene spesso identificato come la
"riga" di programma; questo non è del tutto corretto potendo un blocco occu-
pare più righe sul video. La posizione delle funzioni all'interno del blocco, nei
controlli più moderni è, con alcune eccezioni, libera; il controllo al momento
dell'elaborazione del blocco determina la priorità nell'esecuzione dei singoli
comandi che, anche se letti tutti insieme, vengono eseguiti separatamente. Ad
esempio nel caso si sia programmato contemporaneamente il movimento di
uno o più assi e l'accensione del mandrino, il CNC provvederà normalmente
ad accendere il mandrino prima di muovere gli assi;
• Funzione: la funzione è in pratica un comando, costituito da una lettera
e da un numero che ne costituisce il valore.
La programmazione EIA/ISO è una programmazione ad indirizzo con for-
mato alfanumerico. Ciascuna parola di un blocco è formata da un carattere
alfabetico detto "indirizzo" e da un numero che indica un valore o un codice
di funzione.
80
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
81
Capitolo II
In Figura 2.30 uno stesso percorso viene programmato in assoluto ed in
incrementale.
82
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
Nella programmazione incrementale non sempre è possibile tenere conto
del carattere modale delle istruzioni di movimento. Infatti, in presenza di un
tratto di percorso parallelo ad un asse nella programmazione assoluta non è
necessario specificare il valore numerico della coordinata che non varia men-
tre nella programmazione incrementale ciò genera un errore di programma-
zione che porta l’utensile verso il punto C’ di Figura 2.31.
• G00: il posizionamento è il movimento dell’utensile dalla posizione in
cui si trova a quella che deve raggiungere per iniziare la lavorazione.
Con tale istruzione il posizionamento avviene con velocità di rapido
senza contatto dell’utensile con il pezzo in quanto l’elevata velocità
provocherebbe danni alla macchina, all’utensile e al pezzo in lavora-
zione. Per poter essere eseguito è necessario fornire le coordinate del
punto finale, Figura 2.32;
83
Capitolo II
84
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
L’attivazione della rotazione del mandrino è indispensabile per consentire
l’asportazione di truciolo.
– dai punti di inizio e fine percorso, (Figura 2.35) ai quali occorre associare;
– o le coordinate del centro individuate con gli indirizzi I, J, e K rispettivamen-
te rispetto all’asse X, Y,e Z, Figura 2.35b;
– o il raggio, Figura 2.35c;
– o l’estensione angolare del percorso, Figura 2.35d.
85
Capitolo II
• traiettoria dell’utensile;
• quota del disegno.
86
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
La compensazione raggio utensile consente di programmare direttamente
utilizzando le quote del disegno. Tale istruzione agevola la programmazione in
quanto l’operatore può programmare il percorso sul profilo del pezzo.
Sarà il controllo numerico ad effettuare una traslazione del percorso di
entità pari al raggio dell’utensile.
Tale istruzione è utile nelle lavorazioni di contornitura in cui il centro della
fresa si discosta di una distanza pari al raggio dell’utensile dal bordo stesso.
Per un utensile di fresatura il punto che dovrà occupare le posizioni del
percorso di lavorazione è un punto posto sull’asse della fresa, mentre per il
tornio è la punta o il centro del raggio di raccordo della punta.
L’istruzione G40 disattiva la compensazione del raggio utensile, Figura 2.38.
• G17\G18\G19 – Impostano il piano di lavorazione (XY, ZX,YZ rispetti-
vamente, Figura 2.39)
87
Capitolo II
88
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
• G81\…\G89 – Cicli fissi: sono sequenze di lavorazioni scritte perma-
nentemente nella memoria del controllo che riducono i tempi di pro-
grammazione del ciclo e l’estensione del programma. Nel ciclo sono
programmati tutti i movimenti dell’utensile in entrata, eventuale sosta
sul fondo, inversione di rotazione e uscita. Oltre alla funzione di attiva-
zione ed alla dimensione dell’utensile vanno inserite:
- coordinate del punto di inizio lavorazione;
- distanza di sicurezza fra utensile e pezzo;
- incremento di passata e numero di passate;
- velocità di rotazione e velocità di avanzamento dell’utensile;
- profondità massima di lavorazione.
Permettono di eseguire:
- G81 - Foratura e centratura di fori (entrata a velocità di lavoro, uscita in
rapido), Figura 2.41;
- G82 - Foratura con sosta sul fondo, per fori ciechi non profondi e lamature
(entrata a velocità di lavoro, sosta temporizzata con l’istruzione G4, uscita
in rapido), Figura 2.42;
- G83 - Foratura profonda e scarico trucioli (entrata a velocità di lavoro, sosta
temporizzata, uscita in rapido fino alla quota di ingresso per scarico trucioli
ripetuta ad ogni passo fino al raggiungimento della profondità voluta), Fi-
gura 2.43;
89
Capitolo II
- G84 - Maschiatura, (entrata a velocità di lavoro, sosta temporizzata, inver-
sione rotazione utensile, estrazione a velocità di lavoro, inversione rotazio-
ne utensile), Figura 2.44;
- G85 - Alesatura, (entrata e uscita a velocità di lavoro, sosta temporizzata),
Figura 2.45;
- G86 - Barenatura, per allargare fori cilindrici (entrata e uscita a velocità di
lavoro, sosta temporizzata), Figura 2.46;
- G80 - Annullamento cicli fissi.
90
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
91
Capitolo II
92
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
- M06, cambio utensile;
- M08, immissione lubro-refrigerante nella zona di lavoro;
- M09, arresto immissione lubro-refrigerante.
Una rapida panoramica delle istruzioni ISO comuni a tutti i controlli nume-
rici è esposta nelle Figura 2.47 e Figura 2.48.
In Figura 2.49 si riporta una sintesi dei codici Iso comuni ai controlli.
93
Capitolo II
Le caratteristiche desiderabili nella produzione meccanica:
• Produttività – ovvero la capacità di lavorare molti pezzi in un dato
periodo;
• Flessibilità – ovvero la capacità di adattarsi rapidamente a variazioni
della tipologia del pezzo da produrre;
sono garantite dalle macchine utensili a controllo numerico grazie:
• alla riduzione dei tempi morti;
• alla capacità di realizzare ogni tipo di lavorazione.
Il CNC è vantaggioso per:
• realizzazione di pezzi di forma complessa soprattutto per lavorazioni
con archi di cerchio;
• esecuzione di pezzi con tolleranze ristrette;
• lavorazioni con elevata velocità di taglio;
• operazioni ripetitive soprattutto se di breve durata, come ad esempio
la realizzazione di una griglia di fori di ugual diametro e poco profondi;
• realizzazione di pezzi simili tra loro ottenibili dallo stesso programma
mediante semplici modifiche.
94
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
2.6 Integrazione CAD-CAM
95
Capitolo II
• definizione delle geometrie: creazione o richiamo di un modello di lavo-
razione, composto generalmente da due file: uno contenente informazioni
relative al grezzo da lavorare; uno contenente le informazioni geometriche
relative al pezzo finito. La definizione delle geometrie viene realizzata in am-
biente CAD, mediante software più o meno flessibili che consentono di ge-
nerare tutte le informazioni necessarie per il loro utilizzo in ambiente CAM;
• definizione tecnologica: è la prima fase effettuata in ambiente CAM. I dati
grafici vengono trasformati in dati tecnologici; vengono inserite le informa-
zioni relative agli assi; si impostano lavorazioni elementari o complete sulla
geometria; si realizzano i sottoprogrammi di lavorazione; si crea un databa-
se contenente le tipologie degli utensili, le loro caratteristiche, i parametri
di taglio;
• definizione parametri ciclo: viene definita la sequenza delle operazioni, si
selezionano le lavorazioni per tipo e per utensile;
• verifica del ciclo di lavorazione: viene simulato il percorso utensile sia
complessivamente, sia per le singole operazioni. In tal modo è possibile in-
tervenire per eliminare gli errori prima dell’esecuzione delle lavorazioni alle
macchine utensili;
• modifica del ciclo di lavorazione: è possibile effettuare modifiche alla ge-
ometria e ai parametri tecnologici, recuperando le informazioni esistenti;
• generazione del cutter location file (CLF): l’insieme dei dati geometrici
e tecnologici relativi al percorso degli utensili vengono immessi nel Cut-
ter Location File, in formato APT (Automatically Programmed Tools – Pro-
grammazione Automatica degli Utensili) con la visualizzazione di una ta-
bella contenente gli utensili adoperati e il relativo foglio di lavorazione. La
generazione viene effettuata verificando e risolvendo eventuali aspetti di
conflittualità geometrica (Figura 2.51).
96
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
97
Capitolo II
ma di riferimento e ai cinematismi della macchina scegliendo, in caso
di ambiguità, la soluzione migliore o più opportuna;
• verificare che non vengano superati i limiti tecnici (es.: corse, velocità,
etc.);
• definire il metodo e la modalità di utilizzo della macchina stessa, con-
sentendo, ad esempio, il rispetto delle funzioni di default, la gestione
delle posizioni di cambio utensile, dei correttori o del bloccaggio assi e,
laddove fosse necessario, controllare i movimenti in rapido e di lavoro,
oltre che i movimenti di approccio e di svincolo dell’utensile dal pezzo;
• richiamare le macro-istruzioni CAM in una serie di istruzioni eseguibili
dal CN (es.: AZERUT: istruzione per l’azzeramento dell’utensile attivo);
• consentire la gestione di tutti gli accessori della macchina (es.: lunetta,
contropunta, assi ausiliari, pallet, etc);
• controllare il rispetto di tutte le procedure.
98
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
La maggior parte dei softwares CAD/CAM presenti sul mercato consento-
no, attraverso dei pacchetti applicativi integrati, la realizzazione e la gestione
dei files necessari e dedicati al post processing, senza far ricorso a ulteriori
strumenti informatici “esterni” di traduzione del cutter location file (APT) in
formato ISO, Figura 2.53.
99
Capitolo II
precedentemente analizzate, si ricavano le dimensioni del grezzo di
partenza dal quale, attraverso le varie lavorazioni, si giungerà al pezzo
finito. In questa fase è necessario evitare che vi sia un eccesso di ma-
teriale non necessario ai fini della lavorazione, poiché questo compor-
terebbe un aumento di costi sia nella produzione sia nei tempi di la-
vorazione. Il grezzo per le lavorazioni per asportazione di truciolo può
avere anche geometria complessa in quanto può derivare da precedenti
processi tecnologici (fonderia, stampaggio a freddo, estrusione, etc.);
• analisi dei piazzamenti e dei sistemi di bloccaggio: in questa fase si
definiscono i posizionamenti (piazzamenti) che il grezzo o il semilavo-
rato dovrà avere nella macchina e i sistemi da adottare per il bloccag-
gio in modo che non vi siano interferenze con le lavorazioni da effet-
tuare. Questa analisi viene fatta in base alle caratteristiche fisiche della
macchina utensile, in seguito alla scelta delle lavorazioni da eseguire e
delle precedenze tra esse. Il numero di piazzamenti da adottare deve
essere il minore possibile poiché i cambiamenti di posizione determi-
nano un aumento dei tempi di produzione dovuti alla movimentazione
del pezzo e alla necessità di impostare nuovamente tutti i parametri
della macchina. Inoltre, in caso di movimentazione manuale, è più pro-
babile che si verifichino errori durante il riposizionamento con conse-
guenti errori in fase di realizzazione;
• scelta degli utensili: una volta stabilite le operazioni da eseguire si
scelgono gli utensili da impiegare. La scelta tiene conto della lavo-
razione, del materiale e del grado di finitura che si vuole ottenere. In
seguito, tramite opportune tabelle e opportune formule di calcolo, si
stabiliscono i parametri di taglio delle varie lavorazioni;
• scelta di origini e punti di riferimento: è una fase importantissima per-
ché l’individuazione di questi punti garantisce la corretta esecuzione
del part program;
• utilizzo del software CAM: una volta definiti tutti i passaggi si effet-
tua la programmazione in ambiente CAM. L’utilizzo di tali strumenti
consente di valutare differenti strategie di taglio per ogni tipo di la-
vorazione da effettuare e tramite i processi di simulazione e di verifica
permette di scegliere la strategia di taglio migliore per confronto con
quelli che sono gli obiettivi della lavorazione;
• utilizzo software di ottimizzazione e verifica: dopo la simulazione in
ambiente CAM si passa all’utilizzo di software di ottimizzazione e ve-
rifica. Tali software permettono di ottimizzare il percorso utensile sulla
base di parametri quali lo spessore del truciolo, il volume di materiale
rimosso, la velocità di taglio. Effettuata l’ottimizzazione, tali software
consentono di simulare in modo dettagliato la lavorazione in quanto
100
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
sono in grado di valutare la presenza di collisioni o interferenze tra
utensile e pezzo, difetti nel lavorato, eccessi o mancanze di materiale
e quantificare i vantaggi, in termini di tempi di esecuzione, apportati
dalla ottimizzazione del part program.
101
Capitolo II
2.7 Lo standard STEP-NC per le lavorazioni NC
102
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
103
Capitolo II
Di conseguenza lo standard internazionale prevalente di scambio di dati è
la norma ISO 10303, standard per lo scambio dei dati di modello del prodotto
(STEP).
Le parti di STEP implementate in sistemi software sono chiamate protocolli
di applicazione (AP). STEP AP238 è "l’applicativo per i controllori numerici e
computerizzati" e definisce l’interfaccia fra sistemi CAM e sistemi CNC. AP238,
o più comunemente STEP-NC (I-SO 14649), è uno standard per lo scambio di
dati di produzione globale. STEP-NC offre accurate e complete definizioni di
dati dalla progettazione alla realizzazione attraverso qualsiasi macchina uten-
sile.
Lo scopo dello STEP è dare una rappresentazione esplicita e completa dei
dati del prodotto riguardanti il suo intero ciclo di vita (dalla progettazione
alla realizzazione con eventuali miglioramenti). Negli odierni ambienti in cui
vengono elaborati i dati di produzione CAD/CAM/CAE si opera con dati molto
differenti, con scarse integrazioni ed una sostanziale ridondanza dei dati.
Di conseguenza, tutti o una parte dei dati CAD originali, vengono ricreati
da sistema a sistema in modo da mantenere le informazioni del progetto. A
questo bisogna aggiungere che i sistemi CAD continuano ad avere difficoltà
nel riconoscere o manipolare altri formati non generati per lo stesso sistema
CAD specifico ovvero in formato nativo.
104
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
piattaforme informatiche differenti, che altrimenti sarebbero incompatibili. Lo
STEP-NC determina uno standard che definisce come le informazioni sulle
lavorazioni CNC possano essere aggiunte nel modello di prodotto STEP, e rea-
lizza un part program CNC come una serie di operazioni di taglio stabilite sulla
base delle caratteristiche geometriche del pezzo.
Le caratteristiche supportate includono: fori, tasche, scanalature e volumi de-
finiti attraverso superfici 3D, genericamente definite “features”. Ogni operazione
contribuisce alla lavorazione di una “feature” determinando: il volume di materiale
da rimuovere, le tolleranze, il tipo di utensile richiesto ed alcune caratteristiche di
base come il tipo di operazione da effettuare (sgrossatura, finitura, foro).
Le operazioni sono ordinate in un work plan che converte i blocchi nel
pezzo finale. Il work plan può essere arricchito di informazioni di dettaglio ed
includere operazioni condizionali che dipendono dal risultato della verifica di
alcune operazioni; può anche essere diviso in sotto piani da eseguire contem-
poraneamente su macchine che hanno teste di taglio multiple.
STEP-NC definisce un nuovo protocollo di applicazione chiamato AP-238. Tale
AP è costruito sulle stesse basi degli altri Application Protocol STEP, quindi può
condividere i dati con questi protocolli.
Nella Figura 2.56 è rappresentato uno scenario in cui un dato sistema CAD
realizza un AP–203 (protocollo applicativo che serve a scambiare informazioni
geometriche) e lo invia ad un sistema CAM per la conversione nell’ AP–238
che, successivamente, sarà trasferito ad un CNC per la lavorazione.
Il sistema CAM non ha più bisogno di ridefinire la geometria fatta dal siste-
ma CAD perché i due AP condividono gli stessi dati, infatti il CAM aggiunge le
informazioni di processo ai dati CAD affinché il CNC abbia gli input necessari
per realizzare il pezzo. Rispetto ai tradizionali sistemi CAD/CAM il processo
viene notevolmente velocizzato.
Una caratteristica fondamentale dello STEP-NC e dei programmi che usano
l’AP-238 è la non dipendenza dal tipo di macchina o più in generale dall’azien-
da in cui questa è installata.
Se una macchina ha delle caratteristiche di base (assi, grandezza della ta-
vola, etc) e per eseguire una lavorazione necessita di un part program, scritto
in G code, con delle istruzioni specifiche per quella macchina allora un “com-
pilatore” STEP-NC sarà in grado di convertire il part program in una sequenza
di movimenti utensile per quella macchina e per qualsiasi altra macchina, di
qualsiasi altra azienda nel mondo, che si voglia utilizzare per eseguire quella
specifica lavorazione.
105
Capitolo II
106
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
differenzia lo STEP dagli altri standard è che non è sviluppato dagli sviluppa-
tori e venditori degli applicativi software tradizionalmente utilizzati, ma dagli
utilizzatori: standard guidati dagli utenti sono orientati ai risultati, standard
guidati dai venditori sono orientati alla tecnologia.
Lo STEP è progettato per resistere ai cambiamenti presenti nelle tecnologie
e può essere usato per archiviare per lunghi periodi i dati dei prodotti, dando
più rilevanza ai risultati che alla tecnologia. Riassumendo, si può affermare che
lo STEP-NC è uno standard mondiale sviluppato dall’ISO per estendere lo STEP
in modo che possa definire dati per le macchine NC.
è un nuovo modello di trasferimento dati tra sistemi CAD/CAM e macchine
CNC che sostituisce l’ISO 6983. STEP-NC permetterà ai sistemi CNC di diven-
tare più intelligenti.
Oggi, questi sistemi sono limitati poiché non ricevono alcuna informazione
sul prodotto e sul processo. Con STEP-NC potranno ricevere molte più infor-
mazioni.
Nel breve periodo questo cambiamento renderà i sistemi CNC più semplici
e più sicuri da utilizzare. Nel lungo periodo vi potranno essere cambiamenti
più drastici perché molte nuove applicazioni saranno consentite dalle nuove
informazioni.
Il principio fondamentale del nuovo modello di dati è la programmazione
in termini di caratteristiche di lavorazione (fori, tasche, superfici) invece di una
diretta codifica delle sequenze dei movimenti degli assi e delle funzioni degli
utensili.
107
Capitolo II
di ridurre il tempo che impiegano per preparare i dati per i loro fornitori di
ben il 75 per cento, se saranno in grado di condividere perfettamente i dati di
progettazione e di produzione nel loro database.
STEP-NC riduce il tempo di lavorazione per i lotti di produzione medio-
piccoli del 50 per cento poiché è in grado di ottimizzare la velocità di taglio e
l’avanzamento con pochi interventi da parte di programmatori o di operatori
macchina.
Questo fattore rende più agevole e sicuro l’uso di programmi ad alta velo-
cità e di macchine a cinque assi.
2.9 I WorkingSteps
108
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
109
Capitolo II
codici di movimento dell’utensile (G1, G2, G3) e istruzioni legate alle caratteri-
stiche della specifica macchina, un part program in formato STEP-NC contiene
una serie di operazioni cui sono attribuite le lavorazioni delle cosiddette “fea-
tures” (fori, tasche, etc.), Figura 2.59.
Lo STEP-NC definisce un part program come una serie di operazioni che
rimuovono materiale definito dalle features geometriche che si vogliono ot-
tenere a valle della lavorazione che si sta progettando. Le features supportate
includono in generale volumi definiti da superfici 3D.
Ogni operazione contribuisce alla lavorazione di una feature attraverso la
definizione del materiale che deve essere rimosso, la tolleranza, il tipo di uten-
sile richiesto e alcune caratteristiche di base come il fatto di definire se si tratta
di un’operazione di sgrossatura o finitura.
Figura 2.59: Confronto tra sistema CAD\CAM tradizionale e sistema CAD\CAM che adotta lo STEP-NC
110
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
Un sistema integrato CAD\CAM dovrà fornire in uscita le features di lavo-
razione, la sequenza di operazioni, il percorso e le informazioni utensile nel
formato STEP-NC, che verranno tradotti in movimento dei propri assi da una
qualsiasi macchina a controllo numerico.
111
Capitolo II
Per cui un eventuale modifica a valle del processo produttivo verrà auto-
maticamente riversata nel database STEP-NC e da qui ai livelli a monte della
catena di processo, Figura 2.62.
112
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
delle comunicazioni tra le diverse fasi del processo di produzione, e di minimizzare
i “loop” all’interno del processo.
L’obbiettivo è di fornire un meccanismo consolidato in grado di descrivere i
prodotti durante il loro ciclo di vita; cosa che è già stata in gran parte realizzata
con l’approccio strategico alla gestione delle informazioni cioè il PLM - Product
Lifecycle Management, ma che potrà essere migliorata attraverso l’integrazione tra
CAD\CAM e NC secondo il nuovo approccio STEP-NC descritto nella norma ISO
10303.
La norma ISO 10303 (conosciuta come STEP, acronimo per l’ International
STandard for the Exchange of Product Model Data = standard Internazionale per
lo scambio dei dati del Modello Prodotto) definisce uno standard internazionale
per la rappresentazione e lo scambio delle informazioni di prodotto, con l’utilizzo
di avanzati sistemi informatici a supporto del ciclo di produzione.
Lo STEP è uno standard dell’ ISO che consiste in una serie di protocolli applicati-
vi (APs), ciascuno pubblicato separatamente, che provvedono ad una rappresenta-
zione elettronica neutrale non ambigua, di dati e comunicazione di licenza tra CAD,
CAM, CAE, ed i sistemi di PDM (Product Data Management = Gestione di dati di
Prodotto), Figura 2.63.
Anche la configurazione di file di dati usa l’estensione STP.
STEP descrive come rappresentare e scambiare informazioni digitali di Prodot-
to. Sono svariati i sistemi in progettazione ed in produzione sono usati per maneg-
giare dati tecnici di Prodotto.
Ogni sistema ha il proprio formato dati ciò comporta un dispendio notevole di
risorse per la conversione dei dati da un formato all’altro nonché per la gestione di
questi formati con una elevata probabilità di incorrere in errori.
Nel corso degli anni sono state proposte molte soluzioni. La più efficace è stata
quella dello standard per lo scambio di dati. I primi tentativi furono di carattere na-
zionale e si concentrarono sullo scambio di dati geometrici (SET in Francia, VDAFS
in Germania e Initial Graphics Exchange Specification – IGES – negli Stati Uniti).
In un secondo tempo fu compiuto uno sforzo collettivo con l'Organizzazione di
Standard Internazionale (ISO) atto a produrre uno Standard Internazionale per tutti
gli aspetti dei dati tecnici di Prodotto e fu chiamato STEP.
Alla fine degli anni 90, un team costituito da membri europei, coreani e giap-
ponesi ha iniziato a sviluppare un nuovo linguaggio di programmazione CNC 3D
chiamato STEP-NC.
Figura 2.63: Ambienti di sviluppo Prodotto\Processo che possono comunicare in formato STEP
113
Capitolo II
STEP
Part 201 Explicit Drafting
Part 202 Associative Drafting
Part 203 Configuration Controlled Design
Part 204 Mechanical Design Using Boundary Representation
Part 205 Mechanical Design Using Surface Representation
Part 206 Mechanical Design Using Wireframe Representation
Part 207 Sheet Metal Dies and Blocks
Part 208 Life Cycle Product Change Process
Part 209 Design Through Analysis of Composite and Metallic Structures
Part 210 Electronic Printed Circuit Assembly, Design and Manufacturing
Part 211 Electronics Test Diagnostics and Remanufacture
Part 212 Electrotechnical Plants
Part 213 Numerical Control Process Plans for Machined Parts
Part 214 Core Data for Automotive Mechanical Design Processes
Part 215 Ship Arrangement
114
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
STEP
Part 216 Ship Molded Forms
Part 217 Ship Piping
Part 218 Ship Structures
Part 219 Dimensional Inspection Process Planning for CMMs
Part 220 Printed Circuit Assembly Manufacturing Planning
Part 221 Functional Data and Schematic Representation for Process Plans
Part 222 Design Engineering to Manufacturing for Composite Structures
Part 223 Exchange of Design and Manufacturing DPD for Com-posites
Part 224 Mechanical Product Definition for Process Planning
Part 225 Structural Building Elements Using Explicit Shape Rep
Part 226 Shipbuilding Mechanical Systems
Part 227 Plant Spatial Configuration
Part 228 Building Services
Part 229 Design and Manufacturing Information for Forged Parts
Part 230 Building Structure frame steelwork
Part 231 Process Engineering Data
Part 232 Technical Data Packaging
Part 233 Systems Engineering Data Representation
Part 234 Ship Operational logs, records and messages
Part 235 Materials Information for products
Part 236 Furniture product and project
Part 237 Computational Fluid Dynamic
Part 238 Integrated CNC Machining
Part 239 Product Life Cycle Support
Part 240 Process Planning
115
Capitolo II
ro essere scambiati tra sistemi che usavano uno standard neutrale. Nonostan-
te ciò, nel 1997 Ford, Allied Signal e STEP Tools, Inc. documentarono i primi
successi nello scambio di dati geometrici 3D usando il formato STEP.
Questa capacità di base fu dimostrata in un progetto pilota (chiamato Ae-
roSTEP) sviluppato da Boeing ed i suoi fornitori di motori aeronautici.
116
Le macchine utensili a controllo numerico e la generazione dei percorsi utensile
per eseguire le lavorazioni.
Di seguito si riporta, a titolo di esempio, un elenco di alcune delle classi d’in-
formazioni definite in questa norma:
• Manufacturing feature: è il contenitore delle informazioni che identifica
le features di lavorazione. Queste informazioni rappresentano il volume di
materiale rimosso durante una lavorazione o quello risultante da una serie
di operazioni;
• Toolpath: specifica le informazioni sul moto di taglio e sulla traiettoria
dell’utensile che devono essere trasferite al controllo numerico per poter
comandare il movimento dell’utensile sulla macchina;
• Process data for milling: contiene le informazioni da trasferire al control-
lo numerico riguardo le operazioni di fresatura e foratura, con rispettivi
parametri di taglio e strategie di percorso;
• Cutting tools for milling: specifica le informazioni necessarie riguardo
agli utensili specifici per la fresatura e la foratura;
• Process data for turning: contiene le informazioni da trasferire al con-
trollo numerico riguardo le operazioni di tornitura, con rispettivi parametri
di taglio e strategie di percorso;
• Geometric dimensioning and tolerancing: costituisce il contenitore del-
le informazioni da trasferire al controllo numerico riguardo le tolleranze
geometriche e dimensionali, nonché il campo di variazione ammesso per
gli scopi della lavorazione. Inoltre, specifica le informazioni necessarie per
descrivere le tolleranze geometriche (perpendicolarità, parallelismo ecc.).
Ognuno di questi contenitori di informazioni (UoF) presenta al suo interno un
insieme di oggetti, chiamati “Application Objects” (AO), ciascuno dei quali, a sua
volta, costituisce un’entità precisa da trasmettere al controllo numerico.
Per esempio, l’UoF Manufacturing Feature ingloba al suo interno l’AO “feature
di lavorazione”. Ciascun application object è definito attraverso una sequenza di
stringhe di codice scritti in linguaggio EXPRESS.
Queste informazioni sono contenute nel nuovo modello di part program nel
formato STEP-NC e quindi tradotte in operazioni (workingstep) dal controllo della
macchina utensile.
Esempi di application objects definiti per questa classe di dati possono essere
entità geometriche quali: le tasche e i fori.
Bibliografia
Marco Santochi, Francesco Giusti, Tecnologia Meccanica e Studi di fabbricazione,
seconda edizione, Casa Editrice Ambrosiana
Xun Xu, Andrew Y.C.Nee, Advanced Design and Manufacturing Based on STEP,
Springer-Verlag London Limited 2009
Norma ISO 10303-238
117
Capitolo III
3.1 Introduzione
L’analisi a elementi finiti (Finite Element Analysis, FEA) ha, negli ultimi de-
cenni, acquisito un’enorme popolarità e diffusione ed è attualmente un fattore
di elevata importanza per lo sviluppo di nuove soluzioni Prodotto/Processo.
Soluzioni numeriche particolarmente complesse sono ora possibili in modo
routinario grazie all’utilizzo della FEA.
Essa presenta, comunque, alcuni svantaggi derivanti dal fatto di non essere
in grado di fornire indicazioni attendibili su come varia la risposta in termini
di sollecitazioni di una determinata soluzione al variare ad esempio delle ca-
ratteristiche del materiale costitutivo o delle caratteristiche geometriche della
soluzione presa in considerazione.
Sarebbe, quindi, più opportuno affermare che, allo stato attuale, la solu-
zione offerta ai problemi molto complessi dalla FEA, è di valido supporto ai
progettisti che vogliono investigare soluzioni innovative e più performanti per
confronto con gli standard di riferimento.
Nella pratica, un’analisi ad elementi finiti è costituita da tre fasi principali:
Kijuj = fi Eq.3.1
119
Capitolo III
120
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
121
Capitolo III
∑F x = F1 + F2 = 0 Eq. 3.2
quindi:
Inoltre, essendo:
∆L u2 − u1
ex = = Eq. 3.4
L L
σ x = Ee x
Eq. 3.5
−F
σ x ( grid1) = 1
Eq. 3.6
A
−F
σ x ( grid 2) = 2
Eq. 3.7
A
Dalle Eqq. 3.4 e 3.6, si può ricavare F1:
E
A
EA
Eq. 3.8
− F1 = σ x A = Ee x A = (u 2 − u1 )
L
quindi:
E
A
EA E
A
EA Eq. 3.9
−F = u − 1 u 2 1
L L
Come già detto, i metodi FEM sono stati inizialmente utilizzati per l’analisi degli
stati tensionali, allo stato attuale molti altri problemi fisici possono essere risolti
122
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
123
Capitolo III
124
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
vista estetico, hanno un ruolo quasi trascurabile sulle performance del sistema
che si sta simulando. Questi dettagli possono essere quindi eliminati, ignorati o
semplificati, con opportune verifiche poiché la semplificazione in alcuni casi può
portare ad una significativa differenza nei risultati ottenuti (Figura 3.3).
125
Capitolo III
3.3.2 Meshing
126
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
maniera pressoché automatica domini 2D e 3D. Pertanto, questa tecnica di
modellazione è comunemente resa disponibile in quasi tutti gli applicativi
di pre-processing.
Lo svantaggio derivante dall’utilizzo della tecnica di discretizzazione
con elementi triangolari è rappresentato dal fatto che l’accuratezza dei ri-
sultati, resi disponibili con questo metodo, è più bassa di quella offerta da
soluzioni calcolate nel caso di discretizzazioni realizzate con elementi qua-
drangolari. è però altrettanto noto il fatto che l’ottenimento di discretizza-
zioni mediante elementi quadrangolari richiede un maggior impegno da
parte dell’analista. Alcuni esempi di modelli FEM sono riportati nelle figure
che seguono, ossia Figura 3.4, Figura 3.5, Figura 3.6 e Figura 3.7.
127
Capitolo III
128
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
3.4 La Simulazione
129
Capitolo III
130
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
3.4.3 Visualizzazione
131
Capitolo III
3.5 Definizione delle Equazioni per la Risoluzione dei Problemi Fisici con
il Metodo degli Elementi Finiti
Come illustrato nel paragrafo 3.3, la risoluzione dei problemi fisici, avviene
in due passi fondamentali:
- la formulazione matematica del problema,
- la risoluzione numerica del modello matematico.
Il primo passo, attraverso l’uso di bilanci di quantità di moto, di energia, o
di altre grandezze, porta alla formulazione di un certo numero di equazioni,
spesso differenziali, che legano le variabili coinvolte nel problema.
Il secondo passo, con l’utilizzo di metodi numerici, porta alla stima delle
caratteristiche del processo.
Mentre l’ottenimento delle equazioni che governano il problema non è, per
la maggior parte dei casi, eccessivamente difficoltoso, la loro soluzione attra-
verso metodi analitici è spesso impossibile. In questi casi si rendono necessari,
come illustrato nel paragrafo 3.3, metodi approssimati tra cui: il metodo alle
differenze finite e i metodi variazionali.
Il metodo alle differenze finite porta alla risoluzione delle equazioni alge-
briche attraverso la sostituzione dei termini differenziali con delle differenze.
Con i metodi variazionali, l’equazione differenziale è posta in una forma
equivalente ad un integrale pesato e si assume che la soluzione approssimata,
su un dominio Ω, sia una combinazione lineare di funzioni di approssimazione
Фj, scelte in modo appropriato, e di coefficienti indeterminati cj ( ).
I coefficienti cj sono scelti in modo che la formulazione integrale equi-
valente all’equazione differenziale sia soddisfatta. Lo svantaggio dei metodi
variazionali consiste nella difficoltà di costruire le funzioni di approssimazione
su un dominio arbitrario.
Il metodo agli elementi finiti supera gli svantaggi dei metodi variazionali
tradizionali, poiché fornisce una procedura sistematica per ricavare le funzioni
di approssimazione in sottoregioni del dominio.
Questo metodo è caratterizzato da tre passi fondamentali:
- un dominio comunque complesso viene rappresentato come un insieme di
sottodomini, geometricamente semplici, chiamati elementi finiti,
- su ogni sottodominio vengono ricavate le funzioni di approssimazione, uti-
lizzando la semplice idea che ogni funzione continua possa essere rappre-
sentata da una combinazione lineare di polinomi algebrici,
- le relazioni algebriche tra i coefficienti indeterminati si ricavano dal soddi-
132
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
Ω
∫ wRdx = 0 Eq. 3.12
133
Capitolo III
• Formulazione di Lagrange;
• Formulazione di Eulero
• Formulazione arbitraria Lagrange-Eulero
134
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
135
Capitolo III
136
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
137
Capitolo III
x(t + ∆t ) = x(t ) + ∆t ⋅ f ( x, t ) Eq. 3.26
Note le condizioni iniziali x(t0) si può ricavare x(t) in forma discreta. Nell’al-
goritmo di calcolo “esplicito” l’equazione di moto:
Man + Cvn + Kd n = Fnext Eq. 3.29
dove:
M = matrice di massa della struttura;
C = matrice di smorzamento della struttura;
K = matrice di rigidezza della struttura;
= vettore dei carichi esterni applicati alla struttura;
an = vettore delle accelerazioni allo step n;
vn = vettore delle velocità allo step n;
dn = vettore degli spostamenti allo step n;
L’Eq. 3.29 può essere riscritta ponendo:
Fnint = Cvn + Kd n Eq. 3.30
Man = Fnext + Fnint
Eq. 3.31
138
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
(il metodo viene chiamato “esplicito” proprio perché ogni nuovo incremento
necessita la sola conoscenza dei parametri relativi all’incremento precedente):
an (∆tn +1 + ∆tn −1 )
Vn +1 = Vn +1 + Eq. 3.34
2
d n +1 = d n −1 + Vn +1∆t n +1 Eq. 3.35
Dove:
Le è la dimensione minima caratteristica dell’elemento finito;
Cd: è la velocità di propagazione del suono nel materiale.
Il tempo totale dell’analisi dipende in maggior misura dalla più piccola di-
mensione del più piccolo elemento finito presente nel modello, piuttosto che
dal numero di gradi di libertà del modello stesso.
Il vantaggio principale dell’utilizzo del metodo di calcolo “esplicito” è dovu-
to al fatto che, pur essendo gli incrementi di tempo molto più piccoli rispetto
a quelli del metodo “implicito” (solitamente gli incrementi utilizzati con il me-
todo “esplicito” sono da 100 a 1000 volte inferiori rispetto a quelli utilizzati nel
metodo “implicito”), si ha un elevato risparmio di tempo di calcolo.
In generale, i vantaggi principali dell’utilizzo di un metodo di calcolo “espli-
cito” piuttosto che “implicito” possono essere riassunti nei seguenti punti:
1. Maggiore velocità di calcolo, soprattutto con modelli caratterizzati da un
elevato numero di gradi di libertà.
2. Assenza di problemi di calcolo legati alla convergenza verso una soluzione
corretta in presenza di forti non linearità (spesso con l’utilizzo del metodo
“implicito”, in presenza di elevate non linearità sia geometriche sia nel com-
portamento del materiale, il calcolo si blocca oppure il solutore impiega
tempi di calcolo eccessivi prima di arrivare ad una soluzione).
3. Attenzione alla valutazione della correttezza della soluzione.
4. Possibilità di superare più agevolmente la non linearità, propria dei proble-
mi di contatto, rispetto al metodo “implicito”.
139
Capitolo III
m m(2 xn − xn −1 )
2 + k xn +1 = Fn +1 − Eq. 3.42
∆t (∆t )2
Che può essere risolta dallo spostamento sconosciuto al tempo tn-1:
140
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
∂f
xi( n ) = xi( n −1) + Eq. 3.43
∂xi
Le altre variabili sono ottenute in seguito utilizzando equazioni di sostitu-
zione. Quest’approccio d’integrazione è indipendente dal valore di Δt e quindi
incondizionatamente stabile.
Il passo di tempo, Δt, in un’analisi implicita sarà da 100 fino a 1000 volte
maggiore di quello utilizzato in un’analisi esplicita.
In generale, l’incremento di tempo in un’analisi esplicita è piccolo, e ap-
prossimazioni per spostamenti piccoli sono giustificate nel corso di un incre-
mento. Questo non e valido in un’analisi implicita. Per risolvere il sistema di
equazioni nel metodo implicito bisogna fare iterazioni e imporre condizioni di
convergenza, non necessarie nel metodo esplicito.
Con il metodo di calcolo “implicito” è possibile definire un incremento di
tempo fisso oppure adottare una procedura automatica che consente di au-
mentare o diminuire l’incremento di tempo al verificarsi dei problemi di con-
vergenza durante il calcolo.
Il contatto tra i corpi viene schematizzato tramite elementi di contatto a
cui è possibile assegnare una rigidezza, uno smorzamento e un coefficiente di
attrito che il codice di calcolo assegna alle superfici che entrano in contatto.
Spesso con solutori “impliciti” si riscontrano problemi di non convergenza
ad una soluzione finita e di tempi di calcolo elevati anche con modelli aventi
un basso numero di gradi di libertà.
Questo problema si evidenzia maggiormente nel caso in cui il materiale dei
corpi che impattano ha comportamento non lineare, come nel caso del metal
forming per il materiale rappresentativo della lamiera di cui si sta studiando il
processo di formatura.
Nell’algoritmo di calcolo “implicito” (utilizzando ad esempio il modello di
Newmark per l’integrazione rispetto al tempo) se lo step temporale attuale è
n, la stima dell’equazione di moto al tempo n+1 è riportata nell’equazione.
Man, +1 + Cvn, +1 + Kd n, +1 = Fnext
+1 Eq. 3.44
dove:
M = matrice di massa della struttura
C = matrice di smorzamento della struttura
K = matrice di rigidezza della struttura
= vettore dei carichi esterni applicati alla struttura (allo step n+1)
a’n+1 = stima delle accelerazioni allo step n+1
v’n+1 = stima delle velocità allo step n+1
d’n+1 = stima degli spostamenti allo step n+1
141
Capitolo III
La stima degli spostamenti e delle velocità allo step n+1 viene formulata
come segue (Δt è lo step temporale):
Dove β e γ sono delle costanti e d*n e v*n sono, rispettivamente, i valori de-
gli spostamenti e delle velocità calcolati allo step temporale precedente (sup-
ponendo che le condizioni iniziali siano note che risulta essere una condizione
necessaria per risolvere il problema).
Se si sostituiscono le Eq. 3.45 e 3.46 nella Eq. 3.44 si ottiene:
n +1 n + K (d n* + βan, +1∆t 2 ) = Fnext
Ma , + C (v* + γan, +1∆t ) +1 Eq. 3.47
Ponendo M* e Fnresidual
+1 Fnext
=come diC
+1 −
*
d n*
vseguito:
n + K
Fnresidual
+1 = Fnext * *
+1 − Cvn + Kd n
Eq. 3.49
* 2
M = [ M + Cγ∆t + Kβ∆t
] Eq. 3.50
Dalla Eq. 3.51 si può ricavare la stima dell’accelerazione allo step n+1:
an, +1 = M *−1Fnresidual
+1 Eq. 3.52
142
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
143
Capitolo III
Figura 3.14. Stato tensionale indotto dalle condizioni al contorno definite come in Figura 3.13
(tensioni di Von Mises [MPa])
Uno dei problemi più difficili da trattare quando si ha a che fare con lavo-
razioni per deformazione plastica di lamiere piane consiste nella valutazione
del ritorno elastico (springback).
Nel momento in cui l’imbutito viene rilasciato da matrice e punzone, gli
stati tensionali accumulati durante la fase di stampaggio si assestano fino ad
auto equilibrarsi e, a livello macroscopico, si possono verificare delle defor-
mazioni indesiderate che, nella maggior parte dei casi, tendono a riportare
la lamiera verso una configurazione lontana da quella nominale, desiderata.
L’intensità con cui si manifesta il fenomeno del ritorno elastico dipende forte-
mente dal materiale di cui è costituito il componente.
La modellazione del processo di stampaggio tramite simulazione ad ele-
menti finiti è ormai una pratica ben consolidata. Essa si rende particolarmente
delicata qualora si desideri modellare anche il fenomeno del ritorno elastico,
in quanto, la corretta impostazione dell’analisi, che dovrà prevedere una fase
esplicita per l’imbutitura seguita da una implicita per il ritorno elastico, richie-
144
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
de una certa dose di esperienza e una buona competenza nel campo dell’ana-
lisi ad elementi finiti.
I dati necessari per completare il set-up dell’analisi di ritorno elastico riguar-
dano il materiale di partenza e la sua caratterizzazione attraverso i parametri
richiesti dal software (ad esempio modulo di Young e di Poisson, oltre che den-
sità e curva true stress-vs true strain per il materiale costitutivo); lo spessore
della lamiera nominale (in quanto la lamiera ha comunque una sua distribuzione
degli spessori dovuta alla prima operazione di imbutitura) e la storia di carico.
Generalmente l’algoritmo d’integrazione per il calcolo del ritorno elastico è
di tipo implicito. Al termine della simulazione di stampaggio (generalmente di
tipo esplicito) si eliminano i tools e si permette alla lamiera di rilasciare le proprie
tensioni residue fino a che esse siano completamente bilanciate. Trattandosi di
una ricerca dello stato di equilibrio, questa fase viene gestita tramite un calcolo
implicito. Per ottenere la convergenza della soluzione per il problema posto
è anche necessaria l’imposizione di una serie di vincoli nodali che vadano ad
impedire i moti di corpo rigido del componente secondo quanto riportato in
Figura 3.15.
Figura 3.15. Vincoli per i moti di corpo rigido per l’analisi di ritorno elastico
145
Capitolo III
Figura 3.16. Esempio di componente imbutito prima (mesh) e dopo (in grigio) il ritorno elastico
146
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
Al fine di meglio dettagliare l’analisi è utile riportare delle sezioni significa-
tive che riportino lo stato di fine imbutitura e quello relativo alla configurazio-
ne di equilibrio del ritorno elastico (Figura 3.16 ).
In queste sezioni viene poi valutata l’entità del ritorno elastico nei punti di
interesse, come ad esempio nell’immagine riportata in Figura 3.19.
In generale i punti d’interesse si trovano in corrispondenza di raggi di raccordo
o variazioni di curvatura della geometria del pezzo.
Nell’esempio considerato il massimo ritorno elastico si trova in corrispon-
denza del raggio matrice ed è pari a 0.51 mm.
Figura 19. Dettaglio scostamenti posizione iniziale (prima del ritorno elastico, mesh) e di equilibrio
(dopo il ritorno elastico, in grigio)
147
Capitolo III
Figura 3.21.
Condizioni di prova
148
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
Figura 3.23. Diagrammi della forza di reazione sulla barriera (kN), dell’energia interna as-
sorbita e dell’energia cinetica del modello [J]
149
Capitolo III
Figura 3.24. Modello FE degli utensili e della lamiera per l’analisi dell’imbutitura
Figura 3.25. Esempio di componente ottenuto per imbutitura e valutazione delle risposte fornite
150
Il metodo degli elementi finiti e la sua applicazione per lo sviluppo prodotto/processo
Figura 3.26. Esempio di componente ottenuto per imbutitura e valutazione delle risposte
fornite con una variazione della forza di tenuta (x0.1) del premilamiera rispetto al caso riportato
in Figura 3.25
Bibliografia
O.C. Zienkiewicz, R.L. Taylor, The Finite Element Method: The Basis, Fifth Edition,
Butterworth and Heinemann Editors.
151
Capitolo IV
4.1 Introduzione
Figura 4.1: Range di strain rate tipici per differenti tipi di processi produttivi.
153
Capitolo IV
Di seguito saranno presentati i metodi sperimentali ai quali si fa ricorso per
determinare le proprietà meccaniche dei materiali in campo plastico attraver-
so l’utilizzo di opportune equazioni costitutive del materiale.
154
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.3: Schema del layout sperimentale per l’esecuzione di un machining test.
155
Capitolo IV
5) Analisi inversa attraverso l’utilizzo di tecniche FEA: questa metodologia
sfrutta il calcolo FEM in combinazione con test sperimentali di taglio orto-
gonale per ottenere dati sulle proprietà meccaniche del materiale in campo
plastico [Kuman, 1997; Ozel, 2000]. Kumar [Kumar, 1997] ha sviluppato una
metodologia per la determinazione delle proprietà del materiale in campo
plastico basata sulla ricerca iterativa dei parametri da utilizzare per carat-
terizzare il comportamento del materiale all’interno del modello FEM. Una
volta raggiunto un livello di predizione numerica delle forze di taglio quan-
to più possibile coincidente con i valori rilevati nei test sperimentali, i valori
delle proprietà del materiale in campo plastico sono automaticamente de-
terminate. L’utilizzo intensivo dei metodi basati sull’analisi inversa tramite
l’utilizzo della FEA è limitato da due principali problematiche: il metodo
non fornisce una soluzione univoca del problema ed inoltre i risultati sono
fortemente influenzati dal tipo di codice FEM utilizzato.
156
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
dove:
T*=(T-Troom)/(Tmelt-Troom)
Troom: temperatura ambiente
Tmelt: temperatura di fusione
A, B, C, n ed m sono delle costanti da determinare sperimentalmente.
Johnson & Cook [Johnson, 1983] hanno stabilito una equazione costitutiva,
equazione 4.2, in una forma semplice. Questa equazione consiste di cinque
coefficienti costanti, per rappresentare il comportamento del materiale ad alte
percentuali di deformazione. L’equazione è stata largamente utilizzata per ma-
teriali ferrosi e non ferrosi, e soprattutto per dati di flusso di tensione in prove
di SHPB. Non è considerato un range elastico fino alla deformazione plastica
generalmente dominante in formatura ad alte percentuali di deformazione.
Questa equazione è relativamente semplice, essa è valida solo per alcune serie
di strain rate e temperature.
Dove C0, C1, C2, C3, C4, e C5 sono costanti da determinare sperimentalmente
T= temperatura assoluta,
Zerilli & Armstrong [Zerilli, 1987] stabilirono una legge costitutiva basata
sulle dislocazioni, il cui comportamento è descritto da due equazioni basate
sul tipo di struttura cristallina del materiale. Per materiali con struttura cristalli-
na cubica a corpo centrato (CCC), lo strain hardening è modellato indipenden-
temente dall’influenza della temperatura e dello strain rate.
Per materiali con struttura cristallina cubica a facce centrate (CFC), gli effetti
del thermal softening e dello strain rate hardening inducono un aumento delle
tensioni in campo plastico all’aumentare dell’incrudimento del materiale. Que-
sto modello fu proposto per la prima volta da [Zerilli, 1987] per rappresentare
il comportamento in campo plastico delle leghe metalliche più comunemente
utilizzate.
157
Capitolo IV
Macgregor’s Equation
e
Tmod = T (1 − v ln( ))
e 0
Eq. 4.5
σ = C (T mod)e n (T mod)
dove:
Tmod=Velocità di variazione della temperatura
ν= costante strain rate factor
έ0=strain rate di riferimento
n= strain hardening in funzione di Tmod
Macgregor [Macgregor, 1946] correlava gli effetti dello strain rate e della
temperature in un unico termine, chiamato velocità di variazione della tempe-
ratura (Tmod). Questo termine rappresenta l’effetto inverso della temperatura e
dello strain rate sulle tensioni in campo plastico, a causa del fatto che esse de-
crescono all’aumentare della temperatura e con la diminuzione della strain rate.
L’Equazione di Macgregor è stata applicata per acciai a basso e medio te-
nore di carbonio [Oxley, 1989] e leghe di alluminio [Kristyanto, 2002]. Le fun-
zioni della velocità di variazione della temperatura possono essere esponen-
ziali o polinomiali.
Oltre alle quattro equazioni costitutive precedentemente illustrate, alle volte si
preferisce descrivere il fenomeno della deformazione in campo plastico attraverso
l’uso di più leggi, ognuna delle quali viene applicata in un determinato range di
strain rate e temperatura. Ad esempio Treppman [Treppman, 2001] ha proposto
una modellazione del campo plastico di un acciaio AISI 1045 attraverso un set di
tre equazioni: Power Law Equation per bassi strain rate e temperature, un’altra
Power Law Equation per strain rate e temperature nel range intermedio di interes-
se, caratterizzata dalla presenza di valori dei coefficienti differenti rispetto a quelli
utilizzati per valori bassi di strain rate e temperature. Infine una legge di tipo Swift-
Linear Damping Equation per alti valori di strain rate e Temperature.
Considerevoli sforzi sperimentali e calcoli sono necessari per ottenere i nume-
rosi coefficienti per le equazioni. Tutte le equazioni costitutive sopradescritte sono
ricavate a partire da curve di stress-strain ottenute attraverso test sperimentali.
Variazioni chimico-fisiche dei materiali causate da effetti di inclusioni e/o tratta-
menti termici richiedono un intero nuovo set di esperimenti per ottenere le nuove
curve di stress-strain del materiale. In aggiunta, durante le lavorazioni le proprietà
del materiale vengono modificate; tali alterazioni microstrutturali sono causate
dagli stati deformativi indotti sul materiale dalle ripetute passate dell’utensile sul
pezzo in lavorazione. L’ambito della ricerca di modelli costitutivi che riproducano
in modo accurato i fenomeni fisici che avvengono durante il processo di taglio
costituisce un tema di ricerca in continua evoluzione.
158
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
4.4 Sviluppo ed applicazione della FEA (Finite Element Analysis) nella simu-
lazione dei processi di asportazione di truciolo
Le tecniche di analisi agli elementi finiti (FEA) sono state introdotte per
la prima volta nel 1960 e sono largamente utilizzate nella progettazione dei
processi di formatura. Sulla base dei successi della simulazione FEM di pro-
cessi massivi, a partire dagli anni '80 molti ricercatori hanno sviluppato codici
FEM per l’analisi di processi di taglio [Usui, 1982; Iwata, 1984; Strenkowski,
1985]. Usui e Shirakashi [Usui, 1982] hanno assunto l’utensile infinitamente
rigido e il pezzo elastoplastico ed hanno definito un criterio di separazione
degli elementi di mesh del pezzo sottoposti all’azione del tagliente, basato
sul grado di penetrazione degli elementi dell’inserto all’interno degli ele-
menti del pezzo. Iwata [Iwata, 1984] utilizza una caratterizzazione rigido-
plastica del modello e un criterio di frattura duttile per la separazione dei
nodi; il modello numerico non teneva in conto gli effetti della temperatura
di processo.
Stenkowski [Stenkowski, 1985] ha utilizzato il codice implicito NIKE-2D®
e per la separazione degli elementi di mesh ha assunto un criterio di frattura
basato sul raggiungimento di un prefissato limite di deformazione in un pia-
no predefinito in prossimità del bordo tagliente dell’inserto.
A partire dagli anni '90 sono stati introdotti metodi per il remeshing auto-
matico. Questi metodi sono basati su procedure che determinano la distor-
sione della mesh, individuano le condizioni di contatto tra mesh e bordo ta-
gliente, aggiungono dove occorre, nodi e quindi elementi di mesh ed infine
interpolano i dati relativi a tensioni e deformazioni dalla vecchia alla nuova
mesh. Marusich [Marusich, 1995] sviluppa un modello FEM basato su formu-
lazione lagrangiana dinamica che sfrutta elementi quadratici triangolari a sei
nodi. Da questa base è stato sviluppato il codice esplicito TWS – AdvantEd-
geTM. A partire dagli anni '90 è stato sviluppato un codice SFTC – DEFORMTM
che utilizza una formulazione degli elementi quadrilateri a 4 nodi basata
sulla formulazione Lagrangiana statica.
Attualmente questi due codici sono stati ulteriormente sviluppati e sono
largamente utilizzati in ambito industriale e di ricerca. Alcuni ricercatori ri-
tengono che i ripetuti remeshing tipici dei codici che sfruttano la formula-
zione Lagrangiana degli elementi siano causa di eccesiva perdita di informa-
zione e quindi di scarsa precisione nei risultati ottenuti in questo modo. Per
tale ragione sono stati proposti modelli che sfruttano formulazioni di tipo
ALE (Arbitrary Lagrangian Eulerian) per simulare la condizione di steady state
[Joyot, 1998; Movahhedy, 2000].
Per l’impostazione di modelli basati su tale formulazione vengono utiliz-
zati codici general purpose, come MSC Marc, ABAQUS Explicit ed LS-DYNA
che, a dispetto di un set-up di simulazione meno intuitivo, consentono di
realizzare simulazioni con un elevato grado di controllo nella selezione della
formulazione degli elementi, nella generazione della mesh, nella definizione
159
Capitolo IV
dei contatti, delle condizioni a contorno e nella scelta dell’algoritmo di cal-
colo del solutore.
L’applicazione dei modelli FEM ai processi di taglio può essere in prima
approssimazione suddivisa in cinque principali ambiti di ricerca:
1) Progettazione dei profili degli inserti;
2) Usura utensili;
3) Rivestimento utensili;
4) Forma del truciolo;
5) Integrità superficiale (tensioni residue).
160
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
grandi deformazioni degli elementi della mesh.
4.5.4. Mesh Adaptivity
161
Capitolo IV
Riassumendo le varie fasi del calcolo per l’intero modello numerico si pos-
sono schematizzare come segue:
• L’analisi numerica dei fenomeni di metal flow sono basati sull’idea che
il materiale segue il percorso di minima resistenza;
• Il volume del materiale è suddiviso in piccole aree usando nodi ed
elementi;
• Il comportamento di ogni singolo elemento è basato sulle curve stress-
162
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
strain del materiale;
• Il comportamento dell’intero workpiece è calcolato in base al compor-
tamento d’assieme di ogni singolo elemento;
• Alla fine del calcolo, la forma del workpiece è aggiornata e il calcolo
ripetuto;
• Ad ogni step, gli eventuali contatti con altri oggetti sono controllati e
modificati.
∫
V
∫
S
∫
δπ = ( σ δedV ) + ( Fiδui dS ) + ( K eV δedV ) = 0
V
Eq. 4.6
dove:
δπ = ( ∫ σ
δedV ) + ( ∫ Fiδui dS K ∫deformazione
) + (di
lavoro eV δedV ) = 0plastica;
V S V
π = ( ∫ σ δedV ) + (
∫ Fiδui dS ) + ( K ∫ eV δlavoro
edV ) =delle
0 forze esterne (attriti);
V S V
V ) + ( ∫ Fiδui dS ) + (
K ∫ eV δedV ) = 0 variazione in volume, moltiplicato per
S
V una costante di penalty K.
163
Capitolo IV
Figura 4.5: Schema di calcolo delle forze esterne ed interne di un elemento in un singolo step.
164
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.7: Equazione generalizzata della funzione di forma per elementi monodimensionali.
Figura 4.8: Matrice di rigidezza globale risolta in funzione delle velocità nodali.
165
Capitolo IV
4.7. Analisi dei fenomeni termici associati ai processi di taglio dei mate-
riali metallici
166
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
PEZZO IN LAVORAZIONE
• Caratteristiche termiche del materiale:
- Conduttività termica [W/mK]
- Capacità termica [J/kg K]
- Emissività
• Coefficiente di scambio termico con l’ambiente
UTENSILE
• Consente la generazione della mesh per il tool, necessaria al calcolo
dei fenomeni termici che avvengono nell’utensile. La mesh non viene
definita in simulazioni che richiedono il calcolo del solo stato deforma-
tivo, in quanto l’utensile viene caratterizzato con un comportamento
infinitamente rigido quindi non deformabile.
• Caratteristiche termiche del materiale:
- Conduttività termica [W/mK]
- Capacità termica [J/kg K]
- Emissività
• Coefficiente di scambio termico con l’ambiente
167
Capitolo IV
In Figura 4.11 sono visibili alcuni modelli approssimati2D utilizzati per simulare
operazioni di tornitura e fresatura.
Figura 4.12: Forma del truciolo, tempo di calcolo e valore della forza di taglio al variare della di-
mensione degli elementi di mesh utilizzati.
168
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
del truciolo e forze di taglio, ma a discapito del tempo di calcolo. L’accu-
ratezza nel calcolo delle grandezze di interesse, come detto, aumenta al cre-
scere del numero degli elementi fino a raggiungere un numero critico oltre il
quale non si ha più convenienza ad infittire ulteriormente la mesh del modello
poiché si hanno incrementi trascurabili in termini di accuratezza e per contro i
tempi di calcolo enormemente dilatati.
Le variabili (deformazioni, temperature, tensioni, etc.) vengono calcolate
nel punto centrale dell’elemento; questo causa nei casi di regioni con elevati
gradienti per step delle grandezze in esame errori rilevanti, la cui entità può
essere ridotta utilizzando mesh più fitte, Figura 4.13.
Figura 4.13: Diminuzione dell'errore di calcolo al crescere della densità di mesh, in zone ad elevato
gradiente
169
Capitolo IV
Ad ogni remeshing viene generata una nuova mesh; le informazioni con-
tenute nella vecchia mesh vengono interpolate nella nuova mesh, questa pro-
cedura comporta inevitabilmente l’introduzione di un errore di interpolazione
nel trasferimento dell’informazione.
Gli strumenti di calcolo fanno ricorso al re-meshing e dispongono di al-
goritmi che permettono di controllare l’avvio e la frequenza di remeshing nel
workpiece, appena l’oggetto master (Tool) penetra nello slave (workpiece) per
una dimensione uguale a quella specificata come Interference depth, Figura
4.15.
170
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.17: algoritmo di meshing a cui è stato assegnato un Boundary Curvature con peso pari a 1.
171
Capitolo IV
Figura 4.18: algoritmo di meshing basato sullo Strain Distribution con peso pari a 1 e secondo la
logica del gradiente di deformazione.
Figura 4.19: algoritmo di meshing basato sullo Strain Distribution con peso pari a 1 e secondo la
logica dell’entità della deformazione.
172
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.20: algoritmo di meshing a cui è stato assegnato uno Strain Rate Distribution con peso
pari ad 1.
• Temperature Distribution: posiziona mesh fitte nelle aree che pre-
sentano elevati gradienti di temperatura.
173
Capitolo IV
Per simulazioni del processo di asportazione di truciolo è consigliabile de-
finire gli elementi della mesh attraverso delle finestre di selezione. Questa mo-
dalità di generazione della mesh iniziale permette di definire con precisione
la dimensione degli elementi nelle differenti zone del pezzo in lavorazione. In
Figura 4.22 ad esempio è visibile una dimensione di 0.005 mm agli elementi
della mesh nella zona di contatto tra utensile e pezzo.
174
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
175
Capitolo IV
Figura 4.25: Esempio di set up delle condizioni a contorno assegnate al pezzo in lavo-
razione.
176
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
5.1.3. Modalità di controllo della simulazione
177
Capitolo IV
Dove:
x = lunghezza della passata,
V = velocità di taglio,
Δt = time step
NOTE
Sparse Solver
Algoritmo di calcolo che permette di eseguire in modo efficiente calcoli su matrici
sparse, cioè popolate prevalentemente di zeri, tipiche di sistemi scarsamente accoppiati,
molto usate in campo ingegneristico per risolvere problemi altamente non lineari.
I dati contenuti nelle matrici sparse sono facilmente comprimibili e questa compres-
sione permette una significativa diminuzione della memoria necessaria per il calcolo. Per
memorizzare e manipolare grandi matrici sparse è necessario utilizzare idonei algoritmi
e strutture dei dati.
Metodo di Newton-Raphson
Il metodo di Newton-Raphson è utilizzato per il calcolo approssimato di una soluzio-
ne di un'equazione della forma f(x)=0. Di seguito viene brevemente descritta la logica di
ricerca iterativa della soluzione.
178
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
aggiornata del modello, Ka e ua sono utilizzate per calcolare le forze in-
terne del modello, Ia
4. La differenza tra le forze totali applicate, P, e Ia è chiamata forza residua:
Ra= P - Ia
5. Se Ra è molto piccola (all’interno del limite di tolleranza) per tutti i gradi
di libertà del modello, esso è in equilibrio
6. Se l’iterazione non porta la soluzione a convergenza (accettabile), l’al-
goritmo esegue una nuova iterazione per trovare una soluzione conver-
gente
7. La tangente di rigidezza basata sulla configurazione aggiornata (Ka) ed
Ra sono utilizzati per calcolare la nuova correzione dello spostamento,
cb , (Figura 4.29)
8. Il nuovo residuo Rb viene confrontato con la tolleranza per verificare se
la nuova soluzione, ub è convergente.
9. Questa procedura viene iterata finché le forze residue rientrano all’inter-
no dei limiti di tolleranza.
179
Capitolo IV
5.1.4. Materiali
180
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
La caratterizzazione rigido-plastica del materiale, Figura 4.31, può fornire infor-
mazioni solo su deformazione, carichi agenti sugli utensili e temperature di taglio.
Se l’obiettivo della simulazione numerica è quello di avere informazioni
utili sulle tensioni residue superficiali derivanti dal processo di asportazione
di truciolo, è indispensabile utilizzare una caratterizzazione elasto-plastica del
materiale, Figura 4.32.
• Proprietà elastiche.
• Proprietà termiche.
• Proprietà plastiche.
Per simulazioni accurate sarebbe ideale determinare le proprietà del ma-
teriale nei range di deformazione, strain-rate e temperature realmente riscon-
trate nell’operazione di asportazione di truciolo esaminata, cioè è necessario
181
Capitolo IV
disporre di dati descrittivi del comportamento del materiale ad elevati livelli di
deformazione (3-5), strain rate (103 -105 s-1) e le proprietà elastiche e termiche
del materiale nel range di temperatura (20-1000°C) con rateo di incremento
della temperatura dell’ordine dei centinaia di gradi al secondo.
Il materiale può essere caratterizzato mediante dati a disposizione dell’o-
peratore o sfruttando la libreria materiali interna del software, che contiene la
caratterizzazione appropriata per la simulazione di processi di metal cutting,
di molte leghe di uso industriale.
182
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
183
Capitolo IV
La procedura di calcolo del solutore prevede l’individuazione del punto di
intersezione tra la curva di deformazione plastica e quella elastica, Figura 4.36.
Nei casi in cui la curva di plasticità non è definita per bassi valori di strain, il
solutore può in alcuni casi non trovare il punto di intersezione delle due curve
ed è costretto ad estrapolare il valore dell’intersezione, questo causa difficoltà
nella convergenza del calcolo, Figura 4.37.
Figura 4.37: Estrapolazione del punto di intersezione della curva plastica ed elastica del
materiale.
184
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
materiale, attraverso un’interpolazione logaritmica o lineare, Figura 4.38.
( )
α
e e
σ = A + Be n 1 + C ln D − ET *m ( ) Eq.4.7
e0 e0
(T − Troom )
T* =
(Tmelt − Troom ) D = D0 exp[k (T − Troom ]
β
con: e
dove:
T: temperatura istantanea
185
Capitolo IV
Tmelt: temperatura di fusione
e
: rapporto di strain rate effettivo per ε0=1 s-1
e0
L’assegnazione delle proprietà del materiale viene effettuata anche per gli
utensili. Come specificato nel sotto paragrafo 5.1.1, all’utensile viene assegna-
ta una caratterizzazione infinitamente rigida del materiale, ne consegue che
l’associazione del materiale al modello FEM è necessaria solo per la definizione
delle proprietà termiche del materiale di cui è costituito l’utensile, mentre è
possibile trascurare la definizione delle proprietà elastiche e plastiche.
Nei codici numerici dedicati alla simulazione dei processi di taglio, sono
in genere implementati dei criteri di danneggiamento. Essi sono in genere
funzione di:
• strain
• strain rate history
• temperature history
• stress
186
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.39: Finestra di selezione e definizione del criterio di danneggiamento e assegnazione del
valore critico di rottura per il materiale.
187
Capitolo IV
La creazione dei contatti tra i componenti del modello, permette di definire
il meccanismo di interazione tra i vari oggetti nel corso della simulazione. Nel
caso di una simulazione di taglio è fondamentale definire oltre al contatto
pezzo in lavorazione-utensile, anche il contatto pezzo-pezzo per evitare che la
simulazione si interrompa nel momento in cui il truciolo ripiegandosi vada a
toccare la superficie del pezzo in lavorazione, Figura 4.41.
188
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
189
Capitolo IV
Il modello consigliato di default per simulazioni di metal cutting è il con-
stant shear con valori consigliati in assenza di dati sperimentali compresi nel
range [0.7; 0.9].
190
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
191
Capitolo IV
Il passo operativo successivo al completamento del set-up del modello
numerico consiste nella generazione del file di input per il solutore. In questo
file sono contenuti tutti i dati necessari per l’esecuzione della simulazione.
Prima della generazione del database è necessario effettuare, un controllo del
set-up del modello creato, Figura 4.46. Il software verifica che il modello sia
stato correttamente impostato e nel caso rilevi errori o assenza di informazio-
ni necessarie alla corretta esecuzione della simulazione, segnala le anomalie
registrate. I messaggi di avviso possono essere di due tipi:
• Data error: indicazione che la voce segnalata non è stata correttamente
impostata e tale errore di set-up deve essere corretto prima della ge-
nerazione del database.
• Data warning: indicazione di un comando settato in modo non coerente
con l’impostazione consigliata dal codice, ma che in ogni caso non infi-
cia la generazione del database.
192
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
2. Creazione delle nuove condizioni a contorno, Figura 4.48:
a) vincolare il pezzo in lavorazione nella direzione X e Y.
b) definire le superfici che scambiano calore con l’ambiente.
4.11. Analisi dei risultati ottenuti da una simulazione del processo di ta-
glio
193
Capitolo IV
tal forming, denominato “effective o Von Mises strain” e definito come
segue:
e= (e1 − e 2 )2 − (e 2 − e 3 )2 − (e 3 − e1 )2
1
σ = (σ 1 − σ 2 )2 − (σ 2 − σ 3 )2 − (σ 3 − σ 1 )2
2
Dove: σ1, σ2 e σ3 sono le tensioni principali.
• Velocity: velocità nodali.
• Temperature: nel workpiece e nell’utensile.
Stati tensionali e deformativi della parte lavorata; contour plot delle variabili
di output: stress, strain, temperatura, strain rate (Figura 4.50, Figura 4.51,
Figura 4.52 e Figura 4.53).
Figura 4.50: Mappa di Stress (MPa). Figura 4.51: Mappa di temperatura (°C).
194
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.52: Mappa di Strain (%). Figura 4.53: Mappa di Strain rate (s-1).
Figura 4.54: Vector plot degli spostamenti no- Figura 4.55: Vector plot delle velocità nodali
dali (mm). (mm/sec).
195
Capitolo IV
Point tracking: per vedere il movimento di un punto materiale d’interesse fissato
dall’operatore e riportare su di un apposito grafico le variabili di tale punto al pro-
gredire della simulazione, Figura 4.56.
Figura 4.56: Evoluzione della temperatura del punto P1 nel corso della simulazione.
196
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 4.59: Andamento delle tensioni residue di lavorazione, negli strati superficiali del pezzo in
lavorazione.
197
Capitolo IV
4.12. Tensioni residue superficiali – correlazione numerico-sperimentale
Figura 4.60: Dominio di modellazione Plane Strain e modello FEM 2D di taglio ortogonale.
198
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
199
Capitolo IV
Tale osservazione è confortata anche dall’analisi delle micrografie realiz-
zate al SEM, Figura 4.64; le quali evidenziano come sia proprio tale parte di
truciolo a contatto con la superficie lavorata, ad essere soggetta a fenomeni di
sfibramento e deformazione plastica, che hanno massima influenza sullo stato
tensionale residuo del pezzo lavorato.
Figura 4.65: Schema geometrico per la definizione dei DOC equivalenti selezionati per l'analisi di
sensitività.
In particolare sono stati selezionati i DOC relativi agli spessori del truciolo
in corrispondenza di 6°, 8° e 11° rispetto all’asse normale al piano xz e perpen-
dicolare all’asse passante per il centro dell’inserto (Figura 65).
I valori di relative DOC ricavati sono indicati in Tabella 4.2:
200
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
201
Capitolo IV
Tabella 4.3: Risultati dell’analisi di sensitività.
202
Modellazione e simulazione ad elementi finiti delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Bibliografia
203
Capitolo V
5.1. Introduzione
5.2.1 Premessa
L'ottimizzazione può essere vista come la ricerca del massimo o del minimo
di una data funzione. Un punto x che corrisponde al minimo di una funzione f(x),
205
Capitolo V
Figura 5.1, è lo stesso per il quale la funzione -f(x) assume valore massimo, si può
quindi affermare che dal punto di vista matematico non vi è alcuna differenza nella
massimizzazione o minimizzazione di una funzione a meno del suo segno.
Figura 5.1: Il punto x di minimo per f(x) è lo stesso per il quale -f(x) è massima.
Figura 5.2: Esempio di funzione con massimo assoluto (A1) e massimo relativo (A2).
206
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
x1
x
un vettore X = 2 che massimizza f(x) Eq. 5.1
x
n
soggetto ai vincoli gj(X)<0 j=1,2,.,m; lj(X)=0 j=1,2,...,p Eq.5.2
x1
x2
un vettore X =
che massimizza fj(X)
x
n
con j=1,2,.,q Eq. 5.3
207
Capitolo V
208
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
f ( X ) = α 1 f1 ( X ) + α 2 f 2 ( X ) Eq. 5.4
dove α1 e α2 sono due valori costanti che determinano l'importanza di un obiet-
tivo rispetto l'altro. In genere questa metodologia non è la più adatta per risol-
vere problemi di ottimizzazione multi obiettivo, per questo motivo si sono svi-
luppati nuovi algoritmi il cui elemento base è ottimizzare contemporaneamente
le funzioni obiettivo, senza far uso di un funzionale che riduca il problema da
multi a mono-obiettivo.
5.2.5. Vincoli
Figura 5.3: Funzione obiettivo in presenza di tre vincoli g1(X), g2(X), g3(X).
In Figura 5.3 viene mostrato come si presenta uno spazio a due variabili
209
Capitolo V
con la presenza di tre vincoli g1(X), g2(X), g3(X). Si può notare come il pun-
to di massimo trovato dall'ottimizzazione sia diverso, causa la presenza dei
vincoli, dal punto di massimo della funzione presa singolarmente, che ha il
punto di massimo nella regione di soluzioni non ammissibile per il vincolo
g3(X). Quest'esempio dimostra come l'utilizzo dei vincoli vada a modificare il
risultato finale del processo di ottimizzazione.
∂f
i=1,2,....,n Eq. 5.5
∂xi
Step3):
∂f
xi( n ) = xi( n −1) + i=1,2,....n Eq. 5.6
∂xi
Step 4): ritorno allo step2 fino a quando ∇f ≤ e con ε piccolo a piacere.
210
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
zione trovata sarà il massimo topologicamente più vicino al punto di partenza, che
non necessariamente corrisponde al massimo assoluto della funzione in esame.
Figura 5.4: Esempio di algoritmo di ottimizzazione locale: il punto di partenza (P1) conduce
ad un massimo assoluto (M1) mentre un differente punto di partenza (P2) conduce ad un massi-
mo relativo (M2).
Figura 5.5: Esempio di due algoritmi di ottimizzazione; si può notare come la soluzione finale
dell'algoritmo di destra sia più vicina al massimo reale della funzione della soluzione trovata dall'al-
tro algoritmo (sinistra).
211
Capitolo V
5.2.7. Parametrizzazione
212
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
5.3.1. Premessa
213
Capitolo V
Figura 5.7: La direzione di massimizzazione di una funzione è una linea curva (direzioni d1, d2, d3)
in quanto il gradiente è una proprietà locale.
214
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
re mediamente più veloce nella ricerca del massimo della funzione stessa. Il
problema è che questi metodi, essendo il gradiente una proprietà locale della
funzione hanno la caratteristica di essere poco robusti.
∂f f (x m + ∆xi u i ) − f (x m ) Eq.5.8
≅
∂xi ∆xi
x m
∂f f (x m + ∆xi u i ) − f (x m − ∆xi u i )
≅ i=1,2,....,n Eq.5.9
∂xi xm
2∆xi
215
Capitolo V
Figura 5.8: Il gradiente della funzione non è definito nel punto Xm.
∂2 f ∂2 f
∂x1∂x1 ∂x1∂x n
Matrice Hessiana[H] =
2
∂ f ∂2 f
∂x ∂x ∂x n ∂x n
n 1
216
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
∂2 f ∂2 f
Matrice simmetrica↔ =
∂xi ∂x j ∂x j ∂xi
1 0 0
0 1
| A − λI |= 0 sono positivi ( I = matrice identità).
1 0
0 0 1
COROLLARIO 1
COROLLARIO 2
Verifica dallo studio del segno del determinante non negativo della matrice
Hessiana nel punto critico e dallo studio del segno della derivata seconda fxx.
- Se Det H(x0,y0)>0 e f'xx>0 allora il punto (x0,y0) è un punto di minimo;
- Se Det H(x0,y0)>0 e f'xx<0 allora il punto (x0,y0) è un punto di massimo;
- Se Det H(x0,y0)<0 e il (x0,y0) è un punto di sella della funzione.
217
Capitolo V
* *
X i +1 = X i + λi S i + λi ∇f i
Step4: Test del nuovo punto Xi+1: se è il valore ottimo fermare il processo, altrimenti
continuare le iterazioni allo step 2.
Criterio di convergenza
f ( X i +1 ) − f ( X i )
≤ e1 Eq. 5.10
f ( X i +1 )
∂f
≤ e 2 i = 1,2,...., n
Eq. 5.11
∂xi
- Quando la variazione del vettore delle variabili di progetto è piccola tra due
successive iterazioni:
X i +1 − X i ≤ e 3 Eq. 5.12
Metodo di velocizzazione della convergenza
218
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
∂f n ∂f n −1
min λ(
*
i ⋅ k ; λ max )
s
e
∂ x
⋅
∂x
≥0
i i
λin = n n −1
Eq. 5.14
λ* se ∂f ⋅ ∂f ≤0
i
∂xi ∂xi
Con questo metodo si cerca di sfruttare la proprietà locale del gradiente al fine
di ottenere un incremento in velocità di convergenza. Se la direzione del gradiente
si mantiene costante, il parametro λ viene incrementato di un fattore k, in questo
modo l'incremento delle variabili viene maggiorato, con la conseguenza che il
numero di iterazioni per andare a convergenza viene generalmente ridotto.
dove [ ] [ ]
J = J x è la matrice delle derivate parziali seconde (hessiano)
i i
calcolate nel punto Xi. Mettendo a zero le derivate prime:
∂f ( X )
= 0 i = 1,2,...., n
Eq. 5.16
∂xi
si ottiene:
∇ i + 1 = ∇f i + [J i ]( X Xi )= 0 Eq. 5.17
X i +1 = X i + [J i ] ∇f i
−1
Eq. 5.18
Questo metodo utilizza l'hessiano della funzione obiettivo e per questo
motivo viene detto del secondo ordine. Se la funzione è una forma quadratica
nelle variabili d'ingresso, basta un'unica iterazione per ottenere il massimo
della funzione. Tale considerazione rende evidente l'estrema rapidità di con-
219
Capitolo V
vergenza di questo algoritmo; se invece, come avviene nella maggior parte dei
casi, la funzione da ottimizzare non è assimilabile ad una forma quadratica, per
andare in convergenza è necessario adoperare un metodo iterativo, usando
per esempio la formula seguente (ricavata dal metodo di Cauchy):
X i +1 = X i + λ*i S i = X i + λ*i [J i ] ∇f i
−1
Eq. 5.19
Nell’equazione 5.19 λ*i , è lo step ottimale lungo la direzione
Si = [J i ] ∇f i
−1
Questo metodo è uno sviluppo del metodo di Newton e parte dalla for-
mula iterativa:
X i +1 = X i + [J i ] ∇f ( X i )
−1
Eq. 5.20
Il BFGS viene considerato uno dei migliori algoritmi che fanno uso del gra-
220
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
221
Capitolo V
L'idea base del metodo del simplesso (SIMPLEX) è la valutazione della fun-
zione obiettivo negli n+1 vertici del simplesso e di conseguenza muovere ite-
rativamente il simplesso verso il valore di massimo assoluto della funzione
in esame. Molto importante è la generazione del primo simplesso, infatti la
buona riuscita dell'ottimizzazione dipende notevolmente dalla posizione dei
vertici del simplesso nel dominio di definizione della funzione. Ci sono varie
metodologie per la sua creazione, la più semplice è la creazione random dei
vertici, in questo modo si cerca di dare la più ampia possibilità di movimento
al simplesso durante la fase di ottimizzazione. Nel secondo caso viene co-
struito un simplesso regolare di dimensione a (in due dimensioni corrisponde
a un triangolo equilatero), le cui formule da adoperare l’equazione 5.24 ed
equazione 5.25.
dove p =
n
a
2
( )
n +1 + n 1 ; q =
a
n 2
( )
n +1 1 Eq. 5.25
222
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Riflessione
1 n +1
X0 = ∑ Xi
n i = l ,i ≠ h
Eq. 5.28
e α >0 è il coefficiente di riflessione definito come:
Xr − X0
α
α = Eq.5.29
Xh − X0
Espansione
223
Capitolo V
X − X0
γ= e
Eq. 5.31
Xr − X0
Contrazione
X X0
γ = e
Eq. 5.32
Xh X0
Eq. 5.33
224
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Con questa modalità d'azione ci si svincola dal problema della non robu-
stezza degli algoritmi che dipendono dalla definizione di una configurazione
di partenza, ottenendo robustezza generalmente maggiore.
Il limite di questa modalità è una bassa accuratezza nel trovare il valore
esatto del massimo della funzione. Questa mancanza si nota anche da come il
processo iterativo viene concluso, equazione 5.33. Infatti non si trova un unico
punto, ma n+1 e normalmente si prende come valore finale quello per cui la
funzione obiettivo assume valore più elevato.
225
Capitolo V
Nel diagramma a blocchi in Fig. 5.12, sono evidenziati i flussi input/output tra il
GA e solver esterni durante la fase di ottimizzazione.
Figura 5.12:
Flow chart dei flussi
input/output in fase
di ottimizzazione.
226
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Figura 5.13: Selezione della prima popolazione all'interno dello spazio di design.
Per far questo è essenziale la selezione, infatti preso di volta in volta un in-
dividuo, a questo dovrà essere associato un altro scelto tra i migliori in modo
che, grazie al crossover, gli individui così creati siano migliori dei precedenti.
Selection
Selezione a roulette: è stato il primo metodo ad essere usato per la sele-
zione.
Ad ogni individuo viene data una certa percentuale di selezione, percen-
tuale ovviamente correlata con il valore della f assunto dall’individuo stesso.
Maggiore è questo valore, maggiore è la percentuale.
L’estrazione casuale di un numero nell’intervallo [0,1] indicherà un indivi-
duo appartenente all’intervallo di percentuale a lui competente. Ovviamen-
227
Capitolo V
Crossover classico
Questo tipo di crossover è ispirato, ovviamente in maniera semplificata,
alla riproduzione del DNA. Una caratteristica fondamentale dell'algoritmo ge-
netico di prima generazione è la traduzione in codice binario dei valori delle
variabili che costituiscono un individuo. Per far questo innanzitutto bisogna
trasformare il valore della variabile reale in intero, cioè:
i i
(x a ) max
con xi [ai , bi] e max = 2nbit-1 Eq. 5.34
X i = INT
bi ai
n-bit è il numero intero scelto a piacere (generalmente 6, 8, 10) ed il suo si-
gnificato è quello dei bit riservati per ogni variabile. Successivamente basterà
effettuare una semplice trasformazione da base 10 a base 2. Iterando questo
procedimento per tutte le n variabili caratteristiche dell'individuo, quest'ulti-
mo si presenterà nella seguente forma ( n=2 ; nbit = 6):
1 0 0 1 0 0 1 1 0 1 0 0
228
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
È molto facile notare che i due nuovi individui (figli) sono una ricombina-
zione dei due individui di partenza (genitori). In essi sono rimaste sicuramente
alcune caratteristiche degli individui dai quali sono stati generati, però, grazie
alla ricombinazione nascono nuovi tratti caratterizzanti che produrranno un
diverso valore della funzione. Successivamente sarà la selezione a stabilire l'u-
tilità dei nuovi tratti (elementi di stringa) dei nuovi individui.
A questo metodo è stato quasi universalmente preferito il crossover a due
punti di rottura, rilevatosi generalmente più efficace. L'unica differenza da
quello ad un punto di rottura sta nel fatto che in questo caso i punti da sce-
gliere per la rottura dell'individuo sono due (Figura 5.15).
Il motivo per il quale questo tipo di crossover funziona meglio è che grazie
ai due punti di rottura del DNA viene provocata una maggiore possibilità di
esplorare nuove zone del dominio di esistenza della funzione.
Come si nota in Figura 5.15, nella formazione dei due nuovi individui non
c'è assolutamente nessuna direzione di evoluzione, cioè nel crossover classico
la nascita di individui ottimi viene affidata semplicemente alla concatenazione
di eventi e di conseguenza se due genitori non sono buoni (cioè non hanno
valore della f elevato) molto probabilmente anche i due figli non saranno buo-
ni.
A questo punto l'algoritmo potrebbe quindi convergere verso un massimo
non assoluto e quindi verso una convergenza prematura. Per ovviare a ciò è
stato introdotto l'operatore mutazione.
Crossover direzionale
Come già visto, un'altra metodologia di ottimizzazione è quella basata sul
metodo del gradiente.
229
Capitolo V
Questo metodo, pur essendo molto più efficace per velocità di convergen-
za e accuratezza, ha limiti in termini di robustezza della soluzione ottimale.
Si è quindi cercato di fondere le due metodologie di ottimizzazione: usare
l'algoritmo genetico come base di calcolo, grazie alla sua robustezza e com-
pletarlo ricercando una direzione di incremento della direzione (assimilabile
ad un metodo del gradiente).
Per far ciò è stato sviluppato il crossover direzionale che fonde in un solo
operatore i due approcci. Il modello operativo è il seguente:
Individuo 1: [x11,x12,..., x1n] valore della funzione f1
Individuo 2: [x21,x22,..., x2n] valore della funzione f2
Individuo 3: [x31,x32,..., x3n] valore della funzione f3
con xijϵ [0, xmax] il nuovo individuo, ricombinazione dei due precedenti, sarà:
[ ]
sk , tk ∈ 0,1
con
NOTA:
La funzione SIGN consente di ottenere tre risultati diversi in base al segno della
cifra indicata.
Un numero positivo restituirebbe 1, un numero negativo -1 e un numero nullo
(0 - zero) restituirebbe per l'appunto 0. Vediamo tre esempi:
La scelta degli individui sui quali eseguire il crossover viene fatta all'interno
della generazione corrente.
Questa modifica porta ad una convergenza migliore rispetto ad altri me-
todi di crossover. Il motivo risiede nel fatto che gli individui sono selezionati
dalla generazione corrente sfruttando di conseguenza meglio i valori della
funzione obiettivo.
230
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Come si può vedere in Figura 5.16, si hanno due direzioni per l'evoluzione,
una dell'individuo centrale, quello contrassegnato dal numero 1, verso l'indi-
viduo 2, ed un'altra sempre dall'individuo 1 verso l'individuo 3. L'evoluzione
degli individui è così individuata delle due direzioni, attraverso l'equazione
5.36. I numeri random s e t danno il valore del contributo delle due dire-
zioni all'evoluzione, è molto importante che questi numeri siano calcolati in
maniera random per il fatto di evitare convergenze premature, dando così la
possibilità di una più ampia esplorazione del dominio. Il verso della direzione
è il tratto fondamentale del crossover direzionale. Inserendo nell'equazione il
segno delle differenze dei valori assunti delle funzioni gli individui selezionati,
la nuova variabile così creata avrà un valore che si sposterà presumibilmente
nella direzione di incremento della funzione obiettivo.
Mutation
231
Capitolo V
Elitism
Una porzione dei migliori parenti viene copiata direttamente nella nuova
generazione. L’elitarismo migliora notevolmente le prestazioni del GA, perché
previene la perdita della migliore soluzione già trovata.
232
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Copying
La copia random nella nuova generazione di alcuni tra i che non hanno
fornito una soluzione buona nella popolazione precedente è importante al
fine di mantenere lo spazio di ricerca sempre aperto.
L'algoritmo genetico multi obiettivo
Figura 5.18: Es. di problema multi obiettivo; scelta tra velocità di calcolo e costo della macchina.
233
Capitolo V
riuscire a tenere separati i vari obiettivi, cercando quindi tutte le soluzioni ot-
timali. Per rispondere a tali esigenze sono stati sviluppati gli algoritmi genetici
multi obiettivo, che in moltissimi casi si rivelano notevolmente più performanti
rispetto ai metodi classici di ottimizzazione. Il mono obiettivo è un caso par-
ticolare dell’ottimizzazione multi obiettivo, il viceversa non è vero. I problemi
di ottimizzazione multi obiettivo sono rappresentabili matematicamente nel
seguente modo:
Eq. 5.37
soggetto ai vincoli di uguaglianza e disuguaglianza
()
hi x = 0 i = 1,2,....., p Eq. 5.39
Nel caso mono obiettivo lo scopo della selezione è quello di cercare all'in-
terno di tutta la popolazione gli individui migliori in maniera da utilizzare il
loro codice genetico per cercare soluzioni migliori. Nel caso multi obiettivo, lo
scopo della selezione rimane lo stesso, però ci si trova di fronte alla difficoltà
di classificare gli individui in base al valore della loro funzione. In tal caso, in-
fatti, quasi sempre un individuo ha nei confronti di un altro alcuni valori della
funzione maggiori ed altri minori. In questo caso la definizione di predomi-
nanza di un individuo rispetto ad un altro non sarebbe possibile, se si vuole
mantenere separati i valori delle funzioni. A questo punto ci viene in aiuto la
definizione di dominanza secondo Pareto grazie alla quale si riesce a definire
se un individuo è migliore di un altro:
data: F : Rn→Rm
dati l'individuo A=(xa1,xa2,..., xan) e l'individuo B=(xb1,xb2,..., xbn)
B sarà dominato da A (secondo Pareto) se:
234
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
( )
A > B ⇔ ∀i Fi ( A) ≥ Fi (B ) ∩ (∃j Fi ( A) > Fi (B )) Eq. 5.40
Si può notare come questa nuova definizione può essere facilmente im-
plementata ed aggiunta alle selezioni prima esaminate, mentre nelle selezioni
precedenti per trovare l'individuo migliore bastava andare a vedere il valore
della funzione e controllare che quello fosse il migliore, adesso basterà sem-
plicemente applicare la definizione di dominanza secondo Pareto (equazione
5.40), [Horn, 1993; Poloni 1995]. In Figura 5.20 viene rappresentata la situazio-
ne nel caso a due obiettivi. In questo caso, si possono facilmente individuare
tutte le possibili situazioni che si possono trovare in un caso di ottimizzazione
multi obiettivo. Esaminando gli individui A,B,C,D questi si possono classificare
secondo Pareto. L'individuo A sarà dominante nei confronti di C, avendo tutti e
due i valori degli obiettivi maggiori, la stessa cosa per l'individuo B che domina
quello D. In questi casi la scelta durante la selezione cadrebbe sugli individui A
e B. Si può anche notare che l'individuo A non domina l'individuo D in quanto
l'individuo A, ha valore maggiore della funzione per il secondo obiettivo (obj2)
mentre per il primo obiettivo (obj1) il massimo è assunto dall'individuo D.
Figura 5.19:
Es. di dominanza
secondo Pareto.
Figura 5.20:
Piano degli obiettivi
di 4 individui (caso a
2 obiettivi).
235
Capitolo V
Per il crossover classico, ad uno o più punti di rottura, non occorre fare
nessuna modifica per trasportarlo nel caso multi obiettivo, infatti scelti gli in-
dividui da incrociare, con la selezione secondo Pareto, il meccanismo d'azione
sarà il medesimo, in quanto in questo tipo di crossover i valori degli obiettivi
non hanno direttamente importanza. Il crossover classico è stato utilizzato in
molte ottimizzazioni multi obiettivo con ottimi risultati [Belegundo, 1994].
236
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Figura 5.21: Direzione di evoluzione con crossover direzionale classico multi obiettivo.
237
Capitolo V
k
fit ( X ) = F ( X ) Fmin
∑s
n =1
n
Eq. 5.44
n( X ) − min
dove sn = e con la condizione che se sn<0 , allora sn=0.
g max − g min
Si vede che la penalizzazione della funzione è progressiva all'interno del
limite dei vincoli, dando di conseguenza la possibilità di trovare soluzioni
ottime anche tra quelle che rompono i vincoli, però all'interno di un limite
prefissato. La trattazione dei vincoli in questa maniera può essere facilmente
implementata in tutti gli algoritmi visti precedentemente, facendo attenzione
al fatto che la funzione da massimizzare non è più in tal caso la F, ma la fit, che
ha in sé i valori dei vincoli.
238
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Questo processo continua finché tutti gli elementi della popolazione attua-
le non sono classificati. Di questi solo quelli con una classificazione alta (non
dominati) sopravvivono alla generazione della nuova popolazione. Il processo
si itera per massimizzare il fronte di Pareto del problema in esame (Figura
5.22).
Figura 5.22:
Meccanismo Nondominated
Pareto Ranking.
239
Capitolo V
240
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
del subset) e l’altro no, quello non dominato vince e sopravvive. Se entrambi
gli individui sono o non dominati o dominati, il risultato del torneo viene de-
ciso attraverso un processo di fitness sharing.
A tutti gli individui non dominati viene assegnato ranking 1, mentre gli
altri individui con ranking maggiori, vengono via via penalizzati, in termini di
presenza nelle generazioni successive.
241
Capitolo V
242
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
243
Capitolo V
244
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Il primo punto è stato analizzato nei capitoli precedenti, mentre per agire
sul punto 2) è necessario costruire un modello approssimato della funzione
obiettivo (Superfici di risposta).
L'implementazione di superfici di risposta richiede la conoscenza della fun-
zione in relativamente pochi punti dello spazio e permette di estrapolarne
il valore in tutti gli altri punti ottenendo così benefici notevoli in termini di
tempo poiché il processo di ottimizzazione non richiede continue e ripetute
chiamate al solver, ma si appoggia alla superficie di risposta per cercare di
massimizzare la funzione obiettivo (Figura 5.26).
245
Capitolo V
– Multi lineare: Metodo base caratterizzato dalla necessità di avere una gri-
glia regolare cartesiana.
– Serie di Taylor: La costruzione di una superficie di risposta mediante svilup-
po in serie avviene rappresentando la funzione di interesse come una serie
di Taylor troncata generalmente al primo termine.
– k-nearest: Sfrutta il concetto di distanza tra punti nello spazio di definizione
delle variabili.
– Reti neurali: Sfrutta il principio dell’apprendimento per creare un modello
matematico di una funzione. Non necessita del calcolo delle derivate, ma
semplicemente di un set d’addestramento che puo’ essere aggiornato ite-
rativamente.
– Kriging: Metodo che ha origine dallo studio statistico sulla minimizzazione
della varianza sul valore della funzione da estrapolare. La base della me-
todologia sta nel creare una funzione dipendente dalla distanza del punto
di cui si vuole estrapolare il valore, con gli n punti più vicini (k-nearest).
L’utilità maggiore del metodo di Kriging sta nel fatto che si può riuscire a
determinare (in modo statistico) l’errore nell’estrapolazione (Kriging attivo).
In questo modo si può riuscire a determinare in maniera più appropriata il
DOE iniziale per la creazione della superficie di risposta. Infatti i punti del
DOE da calcolare saranno quelli dove la superficie di risposta ha l’errore
maggiore in estrapolazione.
- Gaussianprocesses: Metodo statistico, valuta la distribuzione condizionata
per il punto da estrapolare xN+1 dato il set D={xn+1, tn}n=1,2...,N di punti noti. Si
utilizza il concetto di Processo Gaussiano, inteso come collezione di variabili
t avente una distribuzione del tipo indicato nell'equazione 5.46.
1 1
P(t | C , {xn }) = exp − (t − µ )T C −1 (t − µ )
Eq. 5.46
Z 2
Bisogna ricordare che ogni caso studiato può essere affrontate da qualun-
que dei metodi proposti; la scelta di utilizzare un metodo rispetto ad un altro
è presa in base a valutazioni eseguite circa i seguenti elementi:
– difficoltà nel settare i parametri (setting);
– tempi di calcolo;
– accuratezza dei risultati.
Come già detto l’uso delle superfici di risposta è vantaggioso soprattutto
per diminuire i tempi di calcolo in caso di ottimizzazioni complesse. Alcu-
246
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Le superfici di risposta costituiscono la base per analisi di Robust Design, cioè della
metodologia che si occupa di trovare soluzioni del problema analizzato, che non siano
solo massimizzate rispetto alle funzioni obiettivo, ma che risultino il più possibile in-
sensibili alle fluttuazioni stocastiche dei parametri tipici del problema esaminato (Fig.
5.27).
Figura 5.27: Esempio di Robust Design del fronte di Pareto di un processo di ottimizzazione.
Kriging Method
Tale metodo è stato sviluppato dall'ingegnere minerario Sud Africano
D.G.Krige nel 1951. Il kriging, fornisce sia una previsione che un errore stan-
dard della previsione nei punti non campionati. Ciò permette di costruire una
mappa dei valori previsti e del livello di incertezza di tali valori.
Kriging ordinario
Nel kriging ordinario si va a stimare il valore vero della funzione, che è
incognito, attraverso una combinazione lineare pesata dei punti campionati. I
pesi dipendono da tali punti, quindi variano se viene usato un diverso insieme
di punti campionati.
247
Capitolo V
Kriging adattativo
Il kriging, oltre a fornire in un punto il valore estrapolato della funzione, associa
a questo anche la deviazione standard. Tanto più la deviazione standard è elevata
tanto più alta è l'incertezza dell'estrapolazione in tale punto (Figura 5.28).
Figura 5.28: Punto di errore massimo della superficie di risposta. L'algoritmo adattativo in tal punto
eseguirà un campionamento della funzione reale.
5.7.1. Introduzione
248
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
249
Capitolo V
- soglia
- h : R→R funzione di attivazione con
250
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Ciascun nodo (neurone) di una rete neurale può essere visto come una
funzione primitiva capace di trasformare i vari input in un ben definito ou-
tput. Differenti modelli di rete neurale differiranno quindi tra loro per il tipo di
funzione primitiva usata per il tipo di interconnessioni tra nodo e nodo, e per
l'algoritmo usato per trovare i pesi delle interconnessioni.
Figura 5.34:
Esempio di struttura di
una rete neurale.
251
Capitolo V
Come si vede la rete neurale trova il valore della funzione Φ valutata nel
punto (x,y,z). I nodi sono formati dalle funzioni primitive f1, f2, f3, f4 che si ricom-
binano per produrre il valore di Φ. La funzione viene chiamata funzione di rete.
Differenti valori dei pesi w1, w2, ...,wn producono differenti valori per la fun-
zione di rete.
Gli elementi caratteristici di ogni rete sono:
- Struttura dei nodi.
- Topologia della rete.
- L'algoritmo di apprendimento usato per trovare i pesi della rete.
252
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
s = 1 Eq. 5.48
c
1 + e −cx
253
Capitolo V
254
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
w ( ∇E = ∂E , ∂E ,, ∂E ) Eq. 5.50
∂w1 ∂w2 ∂wt
Il vettore n-dimensionale degli input o=(o1, ....., on) viene trasformato nel
(1)
vettore oi=(o1, ...., on, 1). L'eccitazione net j del j-esimo nodo del piano interno
255
Capitolo V
è uguale a:
Eq. 5.51
n +1
(1)
net =∑w o
(1)
j ij i
i =1
o
(1)
(
(1)
j = s net j ) Eq. 5.52
Allo stesso modo l'attivazione del piano di output net (j1) è:
k +1 Eq. 5.53
( 2)
net
j = ∑w o
( 2 ) (1)
ij j
i =1
e quindi l'output finale, valore della funzione F in posizione j, sarà:
Eq. 5.54
o
( 2)
j (
= s net (j 2 ) )
Iterando questo procedimento per tutti gli m output è possibile definire
l'errore per l'addestramento del modello i nella seguente maniera:
E
1 m ( 2)
= ∑i =1 oi − t i
2
(
2
) Eq. 5.55
Ovviamente E>0 e quindi bisognerà modificare il valore dei pesi.
Per far ciò sono necessari i seguenti passi.
( 2) ( 2)
∂E ∂E ∂o j ∂net j
=
∂wij( 2 ) ∂o (j2 ) ∂net (j2 ) ∂wij( 2 )
( ) ( )
= o (j2 ) − t j oi( 2 ) 1 − o (j2 ) oi(1) Eq. 5.56
ponendo
( ) (
o (j2) − t j oi( 2) 1 − o (j2) = δ (j 2)
) Eq. 5.57
si ottiene infine:
∂E
= oi(1)δ (j 2 ) Eq. 5.58
∂wij( 2 )
256
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
si ricava:
( )
m
∂E
(1)
∂wij
= o i δ (1)
j
...e con δ (1)
j = o (1)
j 1 − o (i )
j ∑
q =1
w(jq2 )δ q( 2 ) Eq. 5.60
Cioè la correzione del k-esimo peso alla iterazione i-esima dipende anche
dalla correzione all'iterazione precedente. Il vantaggio di ciò è evidente, in
questo modo si riesce a far saltare al peso dei micro avvallamenti della fun-
zione errore che se non ci fosse l'inerzia causata dall'iterazione precedente,
potrebbero causare dei seri problemi per la ricerca del minimo assoluto.
257
Capitolo V
QSFestesa : f net , Θi = ( ) 1
Eq. 5.63
i
1 + exp neti2 − Θi , X
(( ))
2
X = wi , 0 + ∑ j =1 wi , j x j
n
Dove: neti = Wi
258
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
gradiente della funzione errore anche per le connessioni θi,j. L'aumento di ve-
locità di convergenza verrebbe quindi quasi totalmente annullato dalla mag-
giore quantità di calcoli necessari. Si è quindi pensato di limitare l'uso della
soglia dinamica all'ultimo piano della rete, cioè in corrispondenza del piano
più importante per il conseguimento di buoni risultati nell'approssimazione.
Come già detto, uno dei problemi più importanti nell'utilizzo, degli algo-
ritmi che sfruttano il gradiente della funzione obiettivo, sta proprio nel calcolo
del gradiente che molte volte può diventare oneroso in termini di tempo se la
funzione obiettivo è definita a molte variabili.
Per questo motivo è stata implementata una metodologia basata sulle reti
neurali, che può essere d'aiuto nel calcolo del gradiente.
Normalmente il calcolo della derivata parziale avviene mediante differenze
finite:
∂y k +1 k +1
=
2 net ( 2)
y y − 1 ( )∑
w (j2 ) qi , j + 2ϑ ( 2 ) y 1 − y ( )∑ z (j2) qi , j Eq. 5.65
∂xi j =1 j =1
dove:
(
qi , j = 2net (j1) wi(,1j) o (j1) o (j1) − 1) Eq. 5.66
Con l'acronimo MCDM (oppure MCDA dova A sta per Aid) viene indicata
un'intera serie di strumenti evoluti allo scopo di permettere al Decision Maker
(colui che è tenuto a produrre delle scelte) di risolvere, in modo coerente e
complesso, problemi decisionali caratterizzati da svariati attributi spesso con-
traddittori, tenendo conto di essi e del loro grado di importanza.
Il primo fattore a cui bisogna prestare attenzione quando si trattano questo
tipo di problemi è che non esiste, in generale, alcuna decisione (soluzione o
azione) che sia simultaneamente la migliore da tutti i punti di vista; perciò la
parola “ottimizzazione” non trova cittadinanza in questo contesto: in contrasto
con le altre tecniche della ricerca operativa, i metodi “multicriteria” non ricer-
cano la soluzione “oggettivamente migliore”.
Gli ingredienti base di ogni metodo MCDA sono molto semplici: un set
finito o infinito di azioni (dette anche alternative, soluzioni, etc.) descritte da
un numero finito di criteri o attributi che abbiano importanza relativa anche
diversa e, ovviamente, almeno un decisore.
Dati questi elementi base si può ottenere un aiuto nella scelta della solu-
zione ottimale attraverso strumenti del tipo: classifica, ordinamento, score o
simili. Un problema MCDA può comprendere l'utilizzo di attributi sia quanti-
tativi che qualitativi e i metodi devono permettere di poter trattare indistin-
tamente questi tipi di dati. Generalmente studiando un problema con n alter-
native e k attributi si fa riferimento ad una matrice detta matrice decisionale
così composta:
Attributi
Prove alternative
y1 y2 ….. yk
1
m12 m1n
m 1 m2 n Eq. 5.67
M = {mil }nxn = 21
mn1 mn 2 1
nella quale mil rappresenta l’importanza relativa di ai rispetto ad al tenendo
conto di ogni attributo yj(j=1,….,k). Nonostante gli input e gli output sopra
elencati siano pressappoco comuni all'interno del campo del multicriteria de-
cision-aid, è stata sviluppata una vasta varietà di metodi, ognuno dei quali ha
proprie caratteristiche ed è quindi diversamente utile a seconda della parti-
colare esigenza. Gli specialisti in materia hanno preso l'abitudine di dividere i
metodi in tre grandi famiglie:
1. multiple attribute utility theory (MAUT),
261
Capitolo V
262
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
soluzioni trovate. Ad esempio per problemi nei quali sono presenti un elevato
numero di variabili di progetto, vincoli e funzioni obiettivo risulta estremamente
difficoltoso eseguire analisi di ottimizzazione con un numero così alto di variabili
di progetto, oltre che naturalmente oneroso dal punto di vista computazionale.
A questo si aggiunge che molti algoritmi non riescono a gestire in modo effi-
cace sistemi di tali dimensioni, specialmente se il problema deve essere esplora-
to da zero, senza cioè nessuna condizione nota a priori. Per tali tipi di problema-
tiche è possibile eseguire un DOE che permetta di inquadrare le dimensioni del
design space o una regione locale del design space vicina alla configurazione
iniziale e di identificare attraverso un processo di screening le variabili critiche
per l'intero processo.
Queste variabili critiche, quelle cioè che hanno la maggiore influenza sulla
variabilità delle funzioni obiettivo del problema in esame, definiscono un subset
dell'insieme originale delle variabili di progetto. Una volta ridotto il numero di
variabili, l'ottimizzazione diviene più agevole (Figura 5.38).
5.9.1. Introduzione
263
Capitolo V
bricazione tra i più importanti nelle applicazioni meccaniche oltre che essere
ampiamente utilizzato. Lo studio del processo di taglio dei metalli si focalizza
principalmente su: attrezzature, materiale del grezzo e settaggio dei parametri
di macchina che influenzano l’efficienza del processo e le caratteristiche di qua-
lità del prodotto finito. I processi di asportazione di truciolo sono caratterizzati
da una forte domanda di incremento della produttività che non comprometta
l’alta qualità del prodotto (qualità superficiale, tolleranze strette, certificazione
del processo e del prodotto). Per venire incontro a tale necessità sono oramai
ampiamente utilizzati, in ambito industriale, strumenti di simulazione virtuale
Computer Aided Manufacturing (CAM) in grado di velocizzare la progettazione
del processo attraverso la generazione automatica di un part-program a partire
dai modelli del grezzo, del finito e utensili caratterizzati in termini di geometria
e parametri tecnologici (velocità di taglio, velocità di avanzamento e profondità
di taglio, ecc.). I software CAM generano una validazione del Cutter Location File
(CLF), cioè del file che contiene le istruzioni per la definizione del part-program
prima della fase di post-processing.
Questo tipo di simulazione permette di avere una verifica parziale della la-
vorazione reale, poiché è totalmente disgiunta della cinematica della macchi-
na utensile e dal suo controllo numerico. Ogni movimento dell’utensile deve
essere controllato cinematicamente durante la prima esecuzione, l’operatore
deve eseguire una lavorazione passo-passo, impedendo i movimenti in rapido
previsti nel part-program.
La simulazione virtuale della lavorazione mediante macchina utensile è
una tecnologia oramai matura che permette di superare tale limitazione dei
software CAM. Gli strumenti di simulazione virtuale del processo di taglio fi-
nora illustrati sebbene siano di grosso aiuto per una corretta realizzazione del
part-program di lavorazione non forniscono nessuna informazione circa la fisica
del processo di taglio. Le più comuni strategie usate per preservare la qualità
superficiale dei pezzi lavorati prevedono l’utilizzo di parametri di processo con-
servativi. Con queste condizioni l’accuratezza dell’operazione, dipendente dai
parametri selezionati, può essere verificata solo durante l’esecuzione della prima
prova fisica di esecuzione. Durante questa fase è necessario verificare l’accura-
tezza del part-program in termini di percorso e dei parametri tecnologici pia-
nificati (velocità di taglio, velocità di avanzamento, ingaggio locale tra utensile
e pezzo). Di solito è essenziale eseguire un'accorta ispezione del part-program
in esecuzione sulla macchina con conseguenti frequenti operazioni di editing a
bordo macchina dello stesso. Molti studi, hanno dimostrato che le scelte otti-
mali relative alla tipologia dell’utensile ed ai parametri di taglio vengono fatte in
meno della metà dei casi e soltanto in circa un terzo dei casi analizzati gli utensili
sono utilizzati sfruttando completamente la loro durata potenziale. Questa ana-
lisi rende evidente la necessità di incrementare la conoscenza dei fenomeni fisici
di microscala che regolano il processo di taglio, l’aumento della conoscenza può
portare alla disponibilità di strumenti decisionali che permettano la selezione
di utensili da taglio e di condizioni ottimali per le prestazioni e l'economia del
264
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Figura 5.39: Flusso logico tradizionale di generazione e verifica del percorso utensile.
Figura 5.40: Flusso logico della verifica del percorso utensile con ottimizzazione cinematica.
265
Capitolo V
Velocità di avanzamento:
266
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
267
Capitolo V
268
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
269
Capitolo V
Figura 5.44: Evoluzione nel tempo delle forze di taglio e di repulsione nel modello FEM 2D.
Figura 5.45: Punti di rilevamento della temperatura sul tagliente nella condizione di steady-state
termico nel modello FEM.
270
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
τ =m k Eq. 5.71
Tabella 5.3: Valori delle costanti dell'equazione di Johnson & Cook utilizzata
[Uhulmann, 2007].
Variabile A B C n m
271
Capitolo V
Figura 5.46: Distribuzione nel design space dei punti di controllo e definizione dell'errore medio.
Tabella 5.4: Confronto tra gli errori medi % rilevati per le diverse tecniche di RSM
utilizzate e per ognuna delle grandezze analizzate.
272
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
variare delle condizioni di taglio si riflette nella difficoltà con cui le superfici
approssimate riescono a predire il valore della grandezza, fatto questo eviden-
ziato da un errore medio dell'ordine del 10%, mentre risultati previsionali mi-
gliorano nel caso delle forze di taglio per le quali si ha un errore medio totale
dell'ordine del 3% (Tabella 4).
Figura 5.47: Confrontro tra RSM del 2° e 3° ordine generate per le grandezze analizzate
273
Capitolo V
274
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
275
Capitolo V
Variabili:
• 100 ≤ Vt≤ 230[mm/sec]
• 0.04 ≤ az ≤ 0.25 [mm/dente-giro]
Vincoli di Ottimizzazione:
• Max temperatura di taglio ammissibile Tmax= 600°C
• Max forza di taglio ammissibile Fx= 1000 N
• Max forza di repulsione ammissibile Fy = 550 N
Va
az = [mm\dente-giro] Eq. 5.73
S z
S π D [mm\s] Eq. 5.74
Vt =
60
276
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Figura 5.53: Iterazioni eseguite dall'algoritmo ASA per la ricerca della soluzione ottimale.
277
Capitolo V
278
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
Figura 5.55: Schema della procedura utilizzata per l'ottimizzazione dell'intero PP relativo all'ope-
razione di fresatura analizzata.
279
Capitolo V
Figura 5.56: Report finale: grafici relativi a cambi utensili e numero di inserti necessari al comple-
tamento dell’intera lavorazione.
280
Metodi di ottimizzazione numerica applicati ai processi di manufacturing
281
Appendice I
Bibliografia
282
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Appendice I
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
283
Appendice I
4 FORI Φ8 FILETTATURA M 8
FORO Φ12 FINITURA SUPERFICIALE MEDIA
(Ra=3,2 μm)
SUPERFICIE INFERIORE PIASTRA
284
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Per il foro che si trova nella parte superiore, invece, si prevede di realizzare
una foratura con una finitura superficiale media. Anche per la superficie inferiore
si prevede una finitura superficiale media dato che deve essere accoppiata con
una superficie piana. Tutte le altre superfici, non essendo funzionali, possono
essere lavorate prevedendo una rugosità superficiale bassa, giacché non devo-
no essere accoppiate. Si è scelta come superficie di riferimento la zona inferiore
della piastra, indicandola come DATUM A, cui è assegnata una tolleranza di
planarità; le tolleranze geometriche inserite fanno riferimento ad essa.
Per il foro di diametro 12 mm è inoltre prevista una tolleranza di cilindricità,
data la funzione di accoppiamento a cui è deputato. La staffa presenta delle
dimensioni abbastanza ridotte e deve subire delle lavorazioni per asportazione
di truciolo volte a ottenere la forma richiesta. Il pezzo è realizzato in alluminio,
materiale caratterizzato da buona lavorabilità alle macchine utensile.
Il materiale è una lega della serie 2000 (Al2011), che contiene una percentua-
le di rame intorno al 5-6%, con percentuali inferiori di silicio, ferro, zinco, piom-
bo e bismuto. Essa è indicata in particolare per lavorazioni su macchine utensili
per la finezza dei trucioli e la bassa resistenza al taglio.
Figura 1.3:
Modello macchina CNC con
cui eseguire la simulazione
285
Appendice I
Si riportano di ogni piazzamento le fasi del ciclo per ciascuna delle quali
sono specificati i parametri di lavorazione, il percorso e la simulazione dello
stesso effettuata con il software VERICUT che consente di effettuare la simula-
zione del part-program di una lavorazione per asportazione di truciolo tramite
la modellazione della cinematica della macchina utensile, gestita da un emula-
tore del controllo numerico reale e del magazzino utensili.
286
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
PIAZZAMENTO 1
Figura 1.5: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 1, grezzo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita attrezzatura di fissaggio
Sovrame-
tallo 4 mm
N°. Passate 1
sgrossatura
Sfacciatura
piano 1 Profondità
3 mm
di passata
N°. Passate 1
finitura
Profondità
1 mm
di passata
Velocità di
1120
avanza-
mm/min
mento F
Velocità
rotazione
mandrino S
287
Appendice I
Sovrame-
tallo 4 mm
N°. Passate 2
Contornitura
piastra di Profondità
2 mm
ancoraggio di passata
Altezza da 7,5 mm
contornire
N°. Passate 4 mm
Profondità
2 mm
di passata
Velocità di 900
avanza- mm/min
mento F
Velocità
4500 rpm
rotazione
mandrino S
PIAZZAMENTO 2
Figura 1.6: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 2, grezzo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita attrezzatura di fissaggio
288
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
tallo 21 mm
N°. Passate 7
Esecuzione
Tasca Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
avanza- 2250
mento F mm/min
Velocità
rotazione 5000 rpm
mandrino S
Sovrame-
tallo 3.75 mm
N°. Passate 2
Spianatura
faccia Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
avanza- 2250
mento F mm/min
Velocità
rotazione 5000 rpm
mandrino S
289
Appendice I
Sovrame-
tallo 18.75 mm
N°. Passate 7
Definizione
piano 6 Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
avanza- 2250
mento F mm/min
Velocità
rotazione 5000 rpm
mandrino S
Sovrame-
tallo 18.75 mm
N°. Passate 7
Contornitura
Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
avanza- 2250
mento F mm\min
Velocità
rotazione 5000 rpm
mandrino S
290
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
tallo 13.25 mm
N°. Passate 5
Contornitura
cilindro 4 Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
avanza- 2250
mento F mm\min
Velocità
rotazione 5000 rpm
mandrino S
Sovrame-
tallo 17 mm
Esecuzione
raccordo N°. Passate 6
Profondità
di passata 3 mm
Velocità di
380
avanza-
mm\min
mento F
Velocità
rotazione 2500 rpm
mandrino S
291
Appendice I
Sovrame-
tallo 2 mm
N°. Passate 1
Spianatura
piano 3 Profondità
di passata 2 mm
Velocità di
avanza- 450
mento F mm\min
Velocità
rotazione 1000 rpm
mandrino S
PIAZZAMENTO 3
Figura 1.7: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 3, grezzo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita attrezzatura di fissaggio
292
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
tallo 2 mm
N°. Passate 1
Centrinatura
foro ɸ12 Profondità
di passata 2 mm
Velocità di
avanza- 40
mento F mm\min
Velocità
rotazione 2000 rpm
mandrino S
Sovrame-
tallo 39 mm
Esecuzione
foro ɸ12
N°. Passate 39
Profondità
1 mm
di passata
Velocità di 40
avanza-
mm\min
mento F
Velocità
rotazione 2000 rpm
mandrino S
293
Appendice I
PIAZZAMENTO 4
Figura 1.8: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 4, grez-zo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita at-trezzatura di fissaggio
Sovrame-
tallo 2 mm
N°. Passate 1
Centrinatura
4 fori Profondità
filettati ɸ8 di passata 2 mm
Velocità di 40
avanza- mm\min
mento F
Velocità
rotazione 2000 rpm
mandrino S
294
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
tallo 10.5 mm
Foratura
4 fori
filettati ɸ8
N°. Passate 3
Profondità
3.5 mm
di passata
Velocità di 40
avanza-
mm\min
mento F
Velocità
rotazione 2000 rpm
mandrino S
Sovrame-
tallo
Masciatore
4 fori M8
N°. Passate
Profondità
di passata
Velocità di 625
avanza-
mm\min
mento F
Velocità
rotazione 500 rpm
mandrino S
295
Appendice I
296
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Il materiale è un acciaio al carbonio AISI 1050 che presenta una buona re-
sistenza a corrosione e elevata lavorabilità alle macchine utensili.
Le caratteristiche meccaniche sono:
- Tensione di rottura a Trazione: 636 MPa
- Tensione di snervamento: 365 MPa
- Durezza: 187 HB
- Allungamento percentuale: 23.7 %
- Densità: 8 g/cm3 a 25°C
- Modulo di elasticità: 190.000 N/mm2
297
Appendice I
PIAZZAMENTO 1
Figura 1.12: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 1, grezzo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita attrezzatura di fissaggio
298
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
tallo 3 mm
N°. Passate 1
sgrossatura
Sfacciatura
piano 1 Profondità
2 mm
di passata
N°. Passate 1
finitura
Profondità
1 mm
di passata
Velocità di
680
avanza-
mm\min
mento F
Velocità
rotazione 3500 rpm
mandrino S
Contornitura
N°. Passate 13
sgrossatura
Profondità 3 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 802
mento F mm\min
299
Appendice I
Sovrame-
7 mm
tallo
Lavorazione
tasca 3
N°. Passate 2
sgrossatura
Profondità 3.5 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 1118
mento F mm\min
300
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
10 mm
tallo
Esecuzione
raccordo 4
N°. Passate 4
sgrossatura
Profondità 2.5 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 700
mento F mm\min
301
Appendice I
Sovrame-
10 mm
tallo
Lavorazione
tasca 3
N°. Passate 4
sgrossatura
Profondità 2.5 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 1118
mento F mm\min
302
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
35 mm
tallo
Lavorazione
asole 5
N°. Passate 12
sgrossatura
Profondità
di passata 3 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 400
mento F mm\min
303
Appendice I
PIAZZAMENTO 2
Figura 1.13: Simulazione della lavorazione del piazzamento N° 2, grezzo posizionato sulla tavola
della macchina utensile tramite apposita attrezzatura di fissaggio
Sovrame-
3 mm
tallo
Sfacciatura
piano 6 N°. Passate 1
sgrossatura
Profondità 3 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 680
mento F mm\min
Velocità
rotazione 3500 rpm
mandrino S
304
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Sovrame-
3 mm
tallo
Centrinatura
foro 7
N°. Passate 1
sgrossatura
Profondità
di passata 3 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 400
mento F mm\min
305
Appendice I
Sovrame-
62 mm
tallo
Esecuzione
foro 7
N°. Passate 1
sgrossatura
Profondità
di passata 62 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 512
mento F mm\min
306
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
Fresa ad
Utensile
inserti ɸ50
Sovrame-
62 mm
tallo
Allargatura
foro 7
N°. Passate 1
sgrossatura
Profondità
di passata 62 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 92
mento F mm\min
307
Appendice I
Fresa a
Utensile
contorno
ɸ25
Sovrame-
52 mm
tallo
Contornitura
cilindro
N°. Passate 18
sgrossatura
Profondità
di passata 3 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 802
mento F mm\min
308
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
LAVORAZIO- PARAMETRI
PARAMETRI PERCORSO
NE 12 UTENSILE
Fresa a
Utensile
contorno
ɸ25
Sovrame-
52 mm
tallo
Contornitura
cilindro
N°. Passate 18
sgrossatura
Profondità
di passata 3 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 802
mento F mm\min
309
Appendice I
Contornitura
cilindro N°. Passate 16
sgrossatura
Profondità 3 mm
di passata
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 890
mento F mm\min
Velocità
rotazione 1000 rpm
mandrino S
310
Dal CAD al Part Program: esempi applicativi
LAVORAZIO- PARAMETRI
PARAMETRI PERCORSO
NE 14 UTENSILE
Fresa ad
Utensile
inserti ɸ40
Sovrame-
5 mm
tallo
Spianatur
piano 9
N°. Passate 2
sgrossatura
Profondità
di passata 2.5 mm
N°. Passate
finitura
Profondità
di passata
Velocità di
avanza- 1700
mento F mm\min
311
Appendice II
313
Appendice II
314
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
che dovranno rendere fisico ciò che fino all’avvio dell’esecuzione del part-
program è virtuale.
Questo comporta la necessità che l’ambiente di simulazione sia in grado
di modellare tutto quanto è utilizzato nelle lavorazioni per asportazione di
truciolo:
• il controllo numerico della macchina utensile in grado di interpretare il
part-program da simulare;
• modello virtuale della macchina rappresentativo della sua cinematica e
delle interazioni tra gli assi posseduti;
• modello del grezzo da lavorare;
• modello del pezzo finito da utilizzare una volta effettuata la simulazione
del percorso utensile per verificare la rispondenza del modello lavorato
con il modello di progetto;
• modellazione delle attrezzature di fissaggio del pezzo grezzo di cui si
deve simulare la lavorazione in modo da verificare l’eventuale presenza
di collisioni con la macchina e\o l’utensile;
• modellazione degli utensili utilizzati sia come parte tagliente (inserti,
denti) sia come parte non tagliente (portautensili, prolunghe, adattato-
ri, teste angolari);
• part-program;
• eventuali sottoprogrammi da richiamare durante la lavorazione.
315
Appendice II
Figura 2.1: CICLO 3D e flusso dei dati nell’ambiente tra l’ambiente CAD\CAM e l’ambiente inte-
grato di simulazione
Figura 2.2: Riduzione dei tempi di produzione grazie ad un ambiente integrato di simulazione
316
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 2.3: Ricostruzione della cinematica di una macchina utensile CNC a 5 assi
317
Appendice II
La macchina appena descritta ha quindi tre assi lineari e due rotanti sulla
tavola porta-pezzo.
Figura 2.4:
Configurazioni a quattro e cinque assi
Figura 2.5:
Fresatrici a cinque e
quattro assi, tornio
verticale con traversa
orizzontale (asse W)
318
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
319
Appendice II
320
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
321
Appendice II
322
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
323
Appendice II
324
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
325
Appendice II
326
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
327
Appendice II
Figura 2.14: a), b) Simulazione dell’asportazione di truciolo come intersezione tra le geometrie
dell’utensile e del grezzo con un numero maggiore e minore di step intermedi lungo il percorso;
c) utilizzo di una superficie “swept”
328
Modellazione e simulazione dei percorsi utensile delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 2.15: a) Sezione trasversale dell’utensile, b) in verde i punti della curva “grazing”, c) curva
di grazing
329
la curva viene ottenuta tramite interpolazione lineare tra i punti terminali della
curva “swept” e dei punti di intersezione dell’utensile con il grezzo, Figura 2.16.
Figura 2.16: Discontinuità delle superfici “swept” a causa di una traiettoria discontinua
Appendice III
1.1.1 Modello FE
WORKPIECE
• Mesh iniziale costituita da 150.000 elementi,
• Dimensione media elementi nella parte superficiale del pezzo 0.08 mm,
• Dimensione media elementi nella zona di ingaggio utensile-workpiece,
0.018 mm (Figura 3.1).
331
Appendice III
INSERTO
• Mesh costituita da 30.000 elementi,
• Dimensione media degli elementi nella zona di ingaggio utensile-
workpiece 0.1 mm,
• Size ratio 12, all’esterno della zona d’ingaggio.
Figura 3.2:
Mappa delle
temperature
sull'inserto in
fase di taglio.
332
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
Figura 3.4: Valori istantanei della componente Y della forza scambiata tra utensile e pezzo in fase
di taglio.
333
Appendice III
Figura 3.5: Valori istantanei della componente Z della forza scambiata tra utensile e pezzo in fase
di taglio.
Figura 3.6: Valori istantanei della componente X della forza scambiata tra utensile e pezzo in fase
di taglio.
1.1.3. Modello FE
PEZZO IN LAVORAZIONE
• Mesh iniziale costituita da 100.000 elementi,
• Dimensione media elementi nella zona di ingaggio utensile-workpiece,
0.05 mm (Figura 3.7).
334
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
INSERTO
• Mesh costituita da 20.000 elementi,
• Dimensione media degli elementi nella zona di ingaggio utensile-
workpiece 0.1 mm,
• Size ratio 12, all’esterno della zona d’ingaggio.
335
Appendice III
336
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
Figura 3.11: Andamento puntuale delle componenti della forza scambiata tra utensile e pezzo in
fase di taglio.
337
Appendice III
• Presenza di lubro-refrigerante;
• Parametri di processo:
1.1.5. Modello FE
WORKPIECE
INSERTO
338
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
•
339
Appendice III
1.1.2.5 Distribuzione delle temperature in fase di taglio
340
Esempi di simulazione ad elementi finiti dei processi di taglio
Figura 3.17: Andamento puntuale delle componenti della forza scambiata tra utensile e pezzo in
fase di taglio.
3.3. CRITICITÀ
# Tempi di calcolo medi, relativi a lunghezze di taglio lineare di circa 2mm per tor-
nitura e fresatura. Profondità di taglio in direzione Z (asse punta forante) di circa 1 mm
per la foratura.
Workstation utilizzata nelle simulazioni:
CPU: Intel Core 2 6420 – 2.13 GHz ; RAM:2 GB
341
342
Appendice IV
4.1 Introduzione
343
Appendice IV
Figura 4.1: Impostazione del criterio di ottimizzazione a Volume Rimosso costante e del criterio a
Spessore di Truciolo costante
344
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
345
Appendice IV
Q = p ∙ dr ∙ Va
Spessore medio del truciolo: lo spessore istantaneo del truciolo (s) in una
generica posizione θ compresa tra zero e φ (angolo di impegno della fresa)
(Figura 4.3):
346
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
si ha: cosφ=1-(2dr)/D
347
Appendice IV
Le prove sono state eseguite con una fresa piatta con un diametro di 16
mm, altezza di 93 mm, in acciaio avente l’8% di cobalto e con quattro taglienti
alti 35 mm, (Figura 4.4)
Lo scopo delle lavorazioni è la realizzazione di due contorni identici indicati
rispettivamente con le lettere A e B, il primo con una profondità di passata p =
1 mm, nel secondo p = 2 mm. Ogni prova è stata ripetuta cinque volte.
I part – program utilizzati nelle prove descritte sono stati successivamente
ottimizzati con il metodo del volume rimosso costante e con il metodo dello
spessore di truciolo costante.
Infine è stata misurata la qualità della finitura superficiale delle superfici
lavorate di ogni singolo pezzo con l’ausilio di un rugosimetro Perthometer
Concept (Figura 4.5), tramite il movimento orizzontale della sonda, alla cui
estremità libera è presente uno stilo verticale che scorre sulla superficie di
misura.
I blocchi di cui si è rilevata la rugosità sono posizionati sulla tavola, fissa,
dello strumento.
Un software di controllo gestisce l’unità traslatrice di misura e registra, tra-
mite grafici e profili, i valori di rugosità misurati. La risoluzione dello strumento
e dell’ordine di 10-3 μm (l’unità di misura della rugosità è il μm).
348
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
Figura 4.6: Vista dall’alto del contorno lavorato e della disposizione delle lavorazioni lungo il pe-
rimetro del blocco
Come è possibile notare (Figura 4.6) l’impegno radiale della fresa aumen-
ta progressivamente, infatti si parte da un impegno pari a due millimetri sul
primo lato ed aumenta di due millimetri sul lato successivo fino ad avere, sul
quarto ed ultimo lato la fresa impegnata per metà del suo diametro.
349
Appendice IV
Figura 4.7: Definizione delle dimensioni del modello del Grezzo all’interno di Vericut e suo posi-
zionamento nel volume di lavoro
• Della libreria utensili, contenente tutti gli utensili usati nelle prove. Per
costruire la libreria è necessario definire la geometria (diametro, altez-
za, altezza del tagliente e diametro del gambo), ed altre caratteristiche
dell’utensile (punto di riferimento, orientazione e numero di denti). Nella
fase successiva di ottimizzazione l’utente, per ogni utensile, definisce un
record di ottimizzazione in cui vengono descritte le caratteristiche della
lavorazione (velocità di avanzamento, numero di giri del mandrino, pro-
fondità di passata) eseguita dall’utensile considerato ed il tipo di algorit-
mo scelto per rendere più efficiente la prova (Figura 4.8).
350
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
Benchman VMC 4000 tramite il software di gestione della stessa macchina. Il file
di testo ottenuto è stato importato in Vericut.
Dopo aver inserito tutti i dati necessari occorre, prima di iniziare la simula-
zione, specificare la posizione dello zero pezzo rispetto alla posizione dello zero
macchina tramite una tabella che consente di definire l’origine della lavorazione
simulando il comportamento della istruzione G54 (Figura 4.9, Figura 4.10).
Figura 4.10: Posizione dello Zero Pezzo rispetto allo Zero Macchina
351
Appendice IV
4.5 Lavorazioni ottimizzate col metodo del volume rimosso costante e col
metodo dello spessore di truciolo costante
352
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
353
Appendice IV
4.6 Rugosimetro
• Tastatore;
• Unità traslatrice;
• Stativo;
• Tavola di posizionamento.
354
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
4.7 Risultati
355
Appendice IV
Feed = 1180 mm/min;
n = 2950 rpm.
Figura 4.16: Confronto tra part-program: a) Non Ottimizzato, b) Ottimizzato con il criterio a Volu-
me di Truciolo Costante, c) Ottimizzato con il criterio a Spessore di Truciolo Costante
Figura 4.17: Impostazione degli algoritmi di ottimizzazione: a) Ottimizzato con il criterio a Volume
di Truciolo Costante, b) Ottimizzato con il criterio a Spessore di Truciolo Costante
356
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
Tabella 4.1: Valori della rugosità media aritmetica (Ra) per il part-program
non ottimizzato
Ra [μm]
REPLICA LATO 1 LATO 2 LATO 3 LATO 4
1 0,62 0,88 1,46 1,65
2 0,62 0,72 1,06 1,33
3 0,68 0,99 1,29 1,58
Valore Medio 0,64 0,86 1,27 1,52
Tabella 4.2: Valori della rugosità media aritmetica (Ra) per il part – program
ottimizzato con il criterio dello Spessore di Truciolo Costante
Ra [μm]
REPLICA LATO 1 LATO 2 LATO 3 LATO 4
1 3,94 2,94 2,25 1,36
2 3,80 2,68 2,08 1,66
3 4,04 2,85 1,78 1,42
Valore Medio 3,93 2,82 2,04 1,48
Va = az • n • z
357
Appendice IV
Ra∝Va2
Tabella 4.3: Valori della rugosità media aritmetica (Ra) per il part-program
ottimizzato con il criterio del Volume di Truciolo Costante
Ra [μm]
REPLICA LATO 1 LATO 2 LATO 3 LATO 4
1 2,73 2,25 2,90 3,09
2 2,62 2,73 2,42 2,86
3 2,54 3,31 3,49 2,19
Valore Medio 2,63 2,76 2,94 2,71
Figura 4.18:
Confronto dei tem-
pi di esecuzione dei
tre part-program
358
Ottimizzazione cinematica del percorso utensile
359
Appendice V
5.1. Introduzione
361
Appendice V
362
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
l’ottimizzazione dei processi di taglio, al fine di aumentare la produttività ri-
ducendo i costi. Alcune di queste metodologie si basano su ottimizzazione
di singolo-passo [Wang, 2002; Kirov, 2002], nelle quali i parametri ottimizzati
sono l’avanzamento e la velocità di taglio. Questa approccio è finalizzato a
definire la condizione di lavoro per la quale si è nella configurazione che con-
sente di asportare il massimo materiale possibile in un'unica passata. Un'altra
tipologia di approccio di ottimizzazione della lavorazione è definita, multi-
passo [Ahmad, 2001; Sonmez, 1998; Onwubo-lu, 2002; Saravanan, 2003]. Nelle
operazioni multi-passo, i parametri ottimizzati sono: la profondità di passata o
il numero di passate, la velocità di taglio e l’avanzamento.
Molti ricercatori, per determinare le relazioni esistenti tra i vari parametri
utilizzano le tecniche numeriche legate alla creazione di superfici di risposta
del sistema di lavorazione. Le RSM sono una collezione di procedure statisti-
che e matematiche utili per la modellazione e l’analisi di problemi nei quali la
“response” del sistema analizzato è influenzata da molte variabili e l’obiettivo
è di ottimizzare questa response [Horng, 2008]. I metodi tradizionali per la
risoluzione dei problemi di ottimizzazione includevano la programmazione di-
namica e la ricerca casuale, mentre i moderni metodi euristici includono le ben
note tecniche: Artificial Neural Network [Cus, 2006; Zuperl, 2003], Lagrangian
Relaxation Approaches [Daskin, 1995], Simulated Anneling [Pandey, 1995] e
Algoritmi Genetici [Cus, 2003; Amiolemhen, 2004].
In questo articolo viene proposto un metodo di ottimizzazione basato
sull’integrazione di superfici di risposta con un algoritmo genetico. Il processo
analizzato è basato sulla metodologia di ottimizzazione a singolo passo, ma
può essere facilmente adattato anche per affrontare problemi di ottimizzazio-
ni di tipo multi-passo. Nel dettaglio il caso di studio prevede, l’analisi e l’otti-
mizzazione della velocità di taglio e dell’avanzamento, avendo come vincolo
di ottimizzazione la dimensione del labbro di usura.
363
Appendice V
364
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 5.2: (A) Geometria del componente utilizzato nell’attività sperimentale; (B) Sezione del compo-
nente con indicazione dei settori di lavorazione.
Figura 5.3:
Geometria dell'inserto in SiAlON
365
Appendice V
I ceramici SiAlON sono stati molto studiati per le loro promettenti proprie-
tà, come le elevate proprietà meccaniche. Fin dal 1976 il SiAlON è stato usato
come materiale da utensile con successi in molte applicazioni. Il componente
di base del materiale è costituito da nitruro di silicio con aggiunta di ossido
di alluminio. È una fase di soluzione solida che si ottiene durante il processo
di sinterizzazione del nitruro di silicio. La fase α si scioglie nella fase liquida e
si ha precipitazione di fase β con simultanea sostituzione di Al e O rispettiva-
mente al posto di Si e N. Variando la quantità dei componenti di partenza si
può regolare il grado di sostituzione. Il SiAlON possiede elevate proprietà in
termini di:
Figura 5.4: Flusso logico della procedura messa a punto per l'ottimizzazione.
366
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
367
Appendice V
mio di quarto grado presenti solo i termini puri del terzo e del quarto ordine.
Questa soluzione, se da un lato non consente di avere sensibilità tra le corre-
lazioni tra variabili di ordine superiore al quarto, presenta però il vantaggio di
ridurre la quantità di dati necessari per la costruzione dei modelli descrittivi
del processo.
Eq. 5.1
368
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Figura 5.7: Superfici di risposta ottenute sulla base dei dati sperimentali.
Per valutare la qualità dei meta modelli messi a punto attraverso la creazione
delle superfici di risposta è stata eseguita un'analisi dell'errore medio per le gran-
dezze d'interesse analizzate nello studio. Per ogni superficie di risposta generata
è stato calcolato l'errore medio cioè la media della somma delle differenze tra i
valori rilevati sperimentalmente nei punti di campionamento ed i valori predetti
dalla superficie di risposta negli stessi punti. Questo indice permette di avere un
369
Appendice V
Figura 5.8: Definizione dell'errore tra valori previsti dal meta modello e valori rilevati sperimen-
talmente.
Sono stati confrontati i valori del VBmax predetti dalle RSM con quelli otte-
nuti sperimentalmente da 8 prove appositamente eseguite in punti del design
space non monitorati dal DOE (punti di controllo) (Figura 5.8). I risultati hanno
evidenziato per la superficie di risposta sviluppata, un errore medio di previ-
sione stimato nell’ordine del 13%.
5.2.7. Ottimizzazione
370
Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Variabili:
Vincoli di Ottimizzazione:
Funzione Obiettivo:
Una volta definiti i parametri di lavoro ottimali per ogni settore di lavora-
zione, questi sono stati utilizzati per la definizione di un part program ottimiz-
zato (Figura 5.10).
Figura 5.10:
Schema logico
dell'ottimizzazione
dei parametri di
processo e loro
riscrittura nel part-
program.
371
Appendice V
Figura 5.11: Confronto tra tempi di esecuzione della lavorazione (in minuti).
Figura 5.12: Esempio di usura rilevata negli inserti che hanno lavorato sulle cartelle.
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Esempi applicativi di ottimizzazione delle lavorazioni per asportazione di truciolo
Valori di usura molto più bassi rispetto a quelli stimati in fase di ottimizza-
zione, su tutte le corone circolari (Figura 5.13).
Figura 5.13: Esempio di usura rilevata sugli inserti che hanno lavorato sulle corone circolari.
Questi risultati indicano che è possibile utilizzare lo stesso inserto per ese-
guire contemporaneamente più lavorazioni di corone esterne, questo per-
metterà di ottenere un duplice risultato: un'ulteriore riduzione del tempo di
lavorazione in conseguenza della riduzione di fermi macchina necessari per la
sostituzione degli inserti e un risparmio economico derivante dalla riduzione
del numero di inserti necessari per il completamento della lavorazione.
5.2.10. Conclusioni
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