Manuale Disegno Impianti Chimici Preview
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Manuale Disegno Impianti Chimici Preview
Cacciatore
Manuale
di disegno
di impianti
chimici
per tecnologie chimiche industriali
edizione
2010
ALFONSO CACCIATORE
Manuale di disegno
di impianti chimici
PER TECNOLOGIE CHIMICHE INDUSTRIALI
I temi e i disegni relativi agli anni dal 1997 in poi, sono a cura di Mariano Calatozzolo
Lopera conforme alle Norme e Avvertenze tecniche per la compilazione dei libri di testo
emanate dal Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca.
I processi di progettazione, produzione e commercializzazione della Casa Editrice sono
effettuati secondo la norma UNI EN ISO 9001:2000 (Vision 2000).
LEditore mette a disposizione degli studenti non vedenti, ipovedenti, disabili motori o con disturbi
specifici di apprendimento i file pdf in cui sono memorizzate le pagine di questo libro. Il formato
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nonch per eventuali involontarie omissioni e inesattezze nella citazione delle fonti dei brani,
illustrazioni e fotografie riprodotti nel presente volume.
Ristampe
5 4 3 2 1 0
PRESENTAZIONE
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3.1 La rappresentazione grafica dei processi chimici
Come in tutti i settori industriali, anche in quello chimico esiste il problema di registrare e
comunicare il maggior numero di informazioni possibili attraverso rappresentazioni grafiche.
Il modo in cui vengono fatte le varie rappresentazioni e i disegni utilizzati sono anchessi
oggetto delle norme UNICHIM e si differenziano tra loro a seconda degli obiettivi per i quali sono
stati tracciati.
Di tali rappresentazioni daremo nella parte seconda degli esempi illustrativi, riguardanti gli
apparecchi e le operazioni chimiche, oggetto di studio del programma di impianti chimici; altri
esempi verranno forniti nella parte terza, inerente lo svolgimento di alcuni temi ministeriali,
oggetto delle prove di esame di maturit.
Qui di seguito elenchiamo le varie rappresentazioni, specificandone sinteticamente gli obiettivi.
DIAGRAMMA A BLOCCHI
Questo schema mette in evidenza la successione degli apparecchi che costituiscono limpian-
to, cio le caselle dello schema precedente vengono disaggregate in operazioni pi elementari
alle quali corrispondono precise apparecchiature rappresentate con simboli raccomandati dalle
UNICHIM (ad esempio simboli per scambiatori, riportati nella tavola IX). I collegamenti tra le
varie caselle vengono sostituiti da quelli che nellimpianto sono le tubazioni. In questo schema
non vano indicati gli organi di intercettazione o regolazione, gli strumenti di misura e di control-
lo, le linee delle tubazioni dei cicli sussidiari riguardanti i servizi.
Come il diagramma a blocchi, lo schema semplificato pu essere, a volte, quantificato.
SCHEMA DI PROCESSO
Questo schema, come specificano le norme UNICHIM, ha lo scopo principale di far compren-
dere con immediatezza le caratteristiche proprie di un processo industriale. Nella versione pi
completa e in accordo con le norme UNICHIM, tale schema contiene:
le apparecchiature principali;
le linee di processo (non quelle secondarie, di avviamento, svuotamento, ecc.);
la strumentazione pi significativa del processo;
il bilancio dei materiali, che preferibile riportare su foglio allegato;
gli indici di stato fisico (temperatura, pressione) nei punti principali;
eventuale indicazione sulla elevazione minima delle apparecchiature per il loro funziona-
mento;
eventuali annotazioni utili per la fase di montaggio.
Per quanto concerne simbologia e siglatura si rimanda alle norme UNICHIM. Comunque i par-
ticolari delle apparecchiature, quali i setti, i diaframmi, ecc., possono essere riportati qualora si
ritenga utile porli in evidenza ai fini della comprensione della funzionalit dellimpianto.
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SCHEMA DI MARCIA
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5.1 I componenti di un anello di regolazione
In ogni processo o, in particolare, in ogni situazione di controllo bisogna tener conto dei seguenti
fattori:
a) variabile controllata e/o misurata: la grandezza di cui si vuole conoscere la misura e che
si vuole mantenere ad un valore prescritto, detto di set-point;
b) variabile controllante o manipolata: la grandezza da cui dipende la controllata e su cui si
agisce per controllarla;
c) variabili indipendenti o disturbi: sono quei fattori sui cui non agisce lanello di regolazione
e che influenzano la controllata. Linevitabile presenza dei disturbi tra le principali cause
della necessit di ricorrere al controllo automatico.
Le variabili indipendenti e controllanti sono considerate, logicamente e non fisicamente, in
ingresso al processo, le controllate sono considerate in uscita.
Un esempio potr chiarire quanto ora si detto.
Supponiamo che in un serbatoio D (Fig. 1/I) giunga una sostanza liquida con portata F1 e che
la stessa possa essere scaricata per mezzo della valvola V. In tale serbatoio si vuole mantenere il
livello constante H. evidente che bisogner agire sulla valvola V, scaricando una portata F2 in
modo che il livello del liquido nel serbatoio si possa mantenere al valore prefissato H.
Fig. 1/I
Set point
Regolatore
Fig. 2/I
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Le funzioni dei componenti essenziali di tale anello sono le seguenti.
Strumenti di misura. Sono apparati che consentono di rilevare il valore della variabile control-
lata. Possono essere o indicatori, cio a lettura (nel qual caso il valore viene rilevato dallopera-
tore), o registratori (in tal caso il valore della variabile viene opportunamente registrato) o con-
temporaneamente indicatori-registratori.
Nello strumento di misura, oltre al sensore che rileva la grandezza da misurare, generalmente
presente un dispositivo, detto trasduttore, che ha il compito di convertire il segnale prodotto dal sen-
sore in uno di natura pi facilmente trasferibile ed utilizzabile (p.e. da pressione a corrente elettrica,
da analogico a digitale, ecc.).
STRUMENTI DI MISURA
Come si detto, sono quelle apparecchiature che permettono di misurare le variabili che si
vogliono tenere sotto controllo.
Comunque i misuratori delle principali variabili di un processo sono i misuratori di portate, di
temperature, di pressione e di livello.
Fra i principali apparecchi misuratori di portata di pratico impiego si hanno: i contatori a tur-
bina (usati per piccole portate 0,03575m3/h); i contatori a mulinello (per portate da 3,5 a
300 m3/h e pressioni massime di 12 bar) e i contatori volumetrici. Per i fluidi passanti, sotto pressio-
ne, in tubazioni sono usati contatori con organi di strozzamento, quali il venturimetro e i boccagli.
I pi comuni misuratori di temperatura sono: i termometri a dilatazione dei fluidi (aria,
azoto, idrogeno per basse temperature; alcool etilico, toluolo, mercurio per temperature da
-100 C a oltre 500 C); termometri termoelettrici (termocoppie per temperature da -200 C a
+2000 C) e a resistenza elettrica, il cui campo dimpiego varia in relazione al materiale costituen-
te la resistenza elettrica (per esempio il platino agisce nellintorno da -190 C a 650 C ed il nichel
nellintervallo -50 C +200 C).
Dei misuratori di pressione sono comunemente impiegati manometri ad U (per pressioni
non elevate e per la misura del grado di vuoto); manometri a molla tipo Bourdon (per pressioni
anche elevate).
I misuratori di livello praticamente impiegati si basano tutti su principi molto semplici. Il
livello da misurare solitamente quello dei liquidi nei serbatoi.
In Fig. 3/l sono rappresentati i principali tipi di misuratori a livello.
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Fig. 3/l.
Precisamente nel caso a) si vede un indicatore a galleggiante, il cui funzionamento non richie-
de spiegazioni; nel caso b) si ha un indicatore a tubo di vetro, costituito da un tubo metallico con
finestre di vetro resistente, collegato col serbatoio per mezzo di valvole che permettono di esclu-
derlo, se necessario; nel caso c) un tipo a gorgogliamento. In esso da A viene insufflata aria nel
fondo del serbatoio, dalla misura h della pressione dellaria, necessaria perch questa gorgogli,
si risale allaltezza H del liquido nel serbatoio.
Diaframma Entrata
Aria
Corpo
ORGANI DI REGOLAZIONE
Gli organi di regolazione rappresentano lelemento finale della regolazione. Tra i pi usati di
questi organi nella regolazione pneumatica si hanno le valvole a diaframma, cio valvole capa-
ci di far assumere al loro otturatore una posizione proporzionale alla pressione dellaria che ad
esse arriva dal regolatore.
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Una valvola a diaframma essenzialmente costituita dal servomotore e dal corpo di val-
vola. Il servomotore riceve laria compressa di comando proveniente dal regolatore.
tale aria che agendo sulla superficie del diaframma (membrana elastica di gomma) genera
una forza contrastata dalla molla. La forza risultante provoca lo spostamento dello stelo della val-
vola. Nel corpo di valvola, lotturatore, per lo spostamento dello stelo, varia la sezione di passag-
gio del fluido e quindi la portata.
La valvola pneumatica, rappresentata in Fig. 4/I, avente il diaframma sopra la molla, detta
ad aria chiude: lo stelo si abbassa e lotturatore interrompe il flusso dellaumentare della pres-
sione dellaria.
Quella rappresentata in Fig. 5/I, avente il diaframma sotto la molla detta ad aria apre: la
valvola rimane chiusa in mancanza di aria.
La scelta tra un sistema e laltro in relazione alle condizioni di sicurezza richieste nel caso in
cui nella valvola non giunga pi laria. Infatti per azione della molla nel primo caso la valvola
rimarr totalmente aperta e nel secondo caso tutta chiusa.
Le valvole pneumatiche non richiedono molta manutenzione; comunque, poich il loro fun-
zionamento condizionato dallaria compressa, per evitare una mancanza di regolazione, sintro-
duce un by-pass in grado di permettere la regolazione manuale, al posto di quella automatica.
Dal serbatoio D viene prelevato un liquido per mezzo della pompa centrifuga G. La regolazio-
ne della portata si ha sulla mandata e il by-pass, come si detto nel paragrafo 6.1, permette la
eventuale regolazione manuale. Il rubinetto a maschio, posto sullaspirazione della pompa G,
verr azionato, nel caso di interruzione del flusso, susseguentemente alla valvola posta sulla
mandata, in modo che la pompa rimanga piena di liquido e risulti poi pi facile il successivo
innescamento.
Fig. 6/I.
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Controllo della portata di una pompa a stantuffo (Fig. 7/I)
Il liquido dal serbatoio D prelevato dalla pompa G. Un aumento di portata, rispetto a quella
prefissata, comporta la chiusura della valvola a membrana, per cui una determinata quantit di
liquido ritorna sullaspirazione della pompa. Il sistema quindi con by-pass sullaspirazione.
Fig. 7/I.
Nei precedenti esempi di anelli di regolazione (Fig. 6/I e 7/I), la variabile controllata e la control-
lante coincidono in quanto corrispondono sempre alla stessa portata detta, perci, autoregolata.
Fig. 8/I.
Il controllo di una temperatura si pu effettuare agendo sulla portata del fluido riscaldante o
refrigerante, oppure agendo sulla superficie dello scambiatore, variando ad esempio il livello del
liquido in esso contenuto. Allo scopo occorrer modificare la portata di scarico del liquido da
riscaldare o da raffreddare, se la sua portata dingresso costante.
Il primo sistema quello pi comune ed quello applicato in Fig. 8/I.
Supponiamo che il riscaldamento si faccia con vapore saturo, che cede il suo calore latente e
viene scaricato come condensa.
Se il fluido da riscaldare deve essere portato alla temperatura prefissata ed indicata dal misu-
ratore TI, questo collegato con la valvola dingresso del vapore, la cui variazione della portata
determiner il riscaldamento alla temperatura prefissata; in figura previsto anche il by-pass per
eventuale interruzione del meccanismo.
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PARTE TERZA
Indirizzo: CHIMICO
CORSO DI ORDINAMENTO
TEMA DI TECNOLOGIE CHIMICHE INDUSTRIALI,
PRINCIPI DI AUTOMAZIONE
E DI ORGANIZZAZIONE INDUSTRIALE
Sessione ordinaria 2005
Il candidato realizzi il disegno dello schema descritto nel primo quesito e, a sua scelta,
risponda a due degli altri tre proposti.
1. In un reattore discontinuo ben agitato (well stirred tank reactor) un liquido reagisce con un
gas grazie ad un catalizzatore allo stato solido, finemente suddiviso, disperso nella massa
liquida.
Il liquido, gi miscelato con il catalizzatore, viene introdotto nel reattore durante la prepara-
zione della reazione. Successivamente il reattore viene portato alla temperatura di reazione
con un circuito di riscaldamento alimentato da vapor dacqua.
Infine il gas gorgoglia nel liquido durante tutto il tempo di svolgimento della reazione stessa.
Un agitatore rotante mantiene in sospensione il catalizzatore oltre a favorire la dispersione
delle bolle di gas nel liquido.
La reazione, esotermica, viene condotta a pressione superiore a quella atmosferica ed
mantenuta a temperatura costante con un circuito di refrigerazione alimentato con acqua. Il
prodotto che si forma rimane liquido alla temperatura di esercizio della reazione. Al termine
di essa il contenuto del reattore viene inviato alla filtrazione (filtro pressa) per separare e
recuperare il catalizzatore. Il prodotto liquido procede verso altre lavorazioni senza essere
refrigerato.
Il candidato, tenendo presente le caratteristiche delloperazione proposta, disegni lo schema
dellimpianto, completo delle apparecchiature accessorie (pompe, valvole, serbatoi, ecc.), e
delle regolazioni automatiche principali, seguendo per quanto possibile la normativa UNI-
CHIM.
2. Il prodotto organico uscente dal fondo di una colonna di rettifica continua viene refrigerato
prima di essere inviato allo stoccaggio.
I dati sono i seguenti:
a) La portata di liquido L = 0,45 kg/s
b) Il suo calore specifico Cps = 2,3 kJ/(kg C)
c) La sua temperatura iniziale Ti = 115 C
d) La sua temperatura finale Tf = 35 C
e) La temperatura iniziale dellacqua di raffreddamento Tai = 21 C
f) La temperatura finale dellacqua Taf = 85 C
g) Il calore specifico dellacqua Cpa = 4,18 kJ/(kg C)
h) Il coefficiente globale di scambio termico Utot = 1,5 kW/(m2 C)
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Con questi dati il candidato calcoli larea dello scambiatore di calore idoneo allo scopo e la
portata di acqua refrigerante. Il candidato pu, se lo ritiene opportuno, ipotizzare un utilizzo
del calore recuperato modificando, a suo giudizio, alcuni dei dati del problema proposto.
3. Il candidato descriva, a sua libera scelta, gli aspetti biochimici di un processo fermentativo a
lui noto evidenziando gli aspetti impiantistici di tale processo ed i problemi relativi allo smal-
timento dei suoi sottoprodotti.
4. Lidrogeno come fonte di energia in un imminente futuro. Il candidato, in base alle conoscen-
ze acquisite nel corso degli studi, illustri i metodi attualmente impiegabili per la produzione
di tale elemento, con particolare riguardo al problema delle emissioni dei gas serra.
Quesito n. 1
Richiede di tracciare lo schema di processo di un impianto discontinuo di idrogenazione
catalitica, con recupero del catalizzatore per filtrazione.
Non richiesta una relazione esplicativa dello schema. In questa sede la si allega comunque
per una migliore comprensione e come guida per la discussione dellelaborato in sede di colloquio.
In base a quanto indicato dal tema si sono effettuate le scelte seguenti:
Si dotato lo schema di un serbatoio (D3) di miscelazione del catalizzatore con parte dello
stesso liquido da idrogenare, per introdurre nel reattore il catalizzatore gi disperso nella
massa liquida. Si anche previsto un serpentino di riscaldamento per favorire la dispersione
del catalizzatore.
Si previsto un compressore (P1) per lidrogeno, nellipotesi che questultimo non fosse
disponibile ad adeguata pressione (ma non sbagliato presupporre che il gas sia fornito gi
ad adeguata pressione).
Si dotato il reattore (R1) di un serpentino di scambio in cui fluisce vapore per il riscalda-
mento e acqua per il raffreddamento. Si scelto un serpentino per il miglior coefficiente di
scambio e per il pi agevole dimensionamento della superficie di scambio, ma la camicia
sarebbe stata comunque accettabile.
Poich le miscele idrogeno-ossigeno possono esplodere facilmente, si dotato il reattore
(R1) di un eiettore per evacuare laria prima dellimmissione dellidrogeno. In alternativa si
potrebbe adottare una bonifica con gas inerte (azoto). Sempre per motivi di sicurezza, si
dotato il reattore di disco di rottura e di valvola di sicurezza, dotazione obbligatoria essendo
sede di una reazione esotermica condotta in pressione con un gas altamente infiammabile.
Cos pure sar presente un rompifiamma (non riportato nello schema) sulla linea di spurgo.
Tutti gli effluenti gassosi sono inviati in torcia (ci non esclude precedenti trattamenti di
abbattimento).
Per non appesantire lo schema oltre le proprie finalit didattiche, la regolazione automatica
stata limitata sostanzialmente alle fasi continue. Sono state inserite delle valvole a comando
manuale (HV) per il controllo delle sequenze operative tipiche di un processo discontinuo.
Per gestire totalmente in automatico il processo bisognerebbe prevedere dei PLC (controllori
a logica programmabile) o un sistema computerizzato.
227
Lo schema riportato a pag. 234. Trattandosi di un processo discontinuo, il funzionamento
scandito dalla successione delle fasi operative.
Idrogenazione
Carico dellidrogeno. Fermato leiettore J1, si mette in marcia il compressore P1 e lidrogeno
comincia a fluire in R1 e la reazione ha inizio. Il compressore carica il serbatoio polmone D1, il
controllo di pressione PIC1, di tipo on-off, agisce sul motore del compressore. Da D1 il gas va al
reattore, la cui pressione controllata dallanello PIC2.
Controllo dalla temperatura. Essendo la reazione esotermica, al suo procedere il sistema di
controllo ferma lafflusso di vapore ed attiva quello dellacqua di raffreddamento.
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Quesito n. 2
Conviene impostare il bilancio di calore sulluguaglianza:
Q ceduto = Q acquistato + perdite
Si trascurano le perdite, anche perch non citate dal tema. Dai dati possibile calcolare diret-
tamente il calore ceduto dal prodotto di coda. Da questo, poi, possibile calcolare la portata
dellacqua di raffreddamento e larea di scambio, nellordine che si vuole.
Il tema chiede anche di ipotizzare possibili recuperi termici. Trattandosi del prodotto di coda
di una colonna di distillazione, un tipico recupero termico sarebbe sicuramente lutilizzo per il
preriscaldamento dellalimentazione della stessa colonna di distillazione.
Q 82,8 kW
Fa = = = 0,310 kg / s
Cpa (Tia Tfa) 4,18 (kJ / kg C) . (85 21) (C)
Q 82,8 kW
A = = = 2,63 m2
Utot . T 1,5 (kW / m2 C) . 21C
229
Quesito n. 3
Tra i diversi processi fermentativi che possono essere oggetto di studio si sceglie di svilup-
pare la produzione di un antibiotico, la penicillina G.
La produzione di penicillina G riveste particolare importanza non solo per la sua attivit farma-
cologica ma anche perch ormai diventata unimportante materia prima per la produzione di
diversi tipi di penicilline e cefalosporine semisintetiche che permettono di superare il continuo insor-
gere della resistenza nei ceppi batterici responsabili delle patologie che si vogliono combattere.
Le penicilline naturali sono prodotte da diverse specie fungine, soprattutto del genere
Penicillium e Aspergillus, e differiscono tra loro per la struttura della catena laterale (v. tab.). Per
la penicillina G sono stati selezionati da tempo ceppi di Penicillium Chrysogenum con cui si rie-
scono ad ottenere concentrazioni di alcune decine di grammi per litro.
Penicillina G
Isopenicillina N
Aspetti biochimici
La penicillina un metabolita secondario, la cui formazione non collegata direttamente alla
crescita del fungo. Comincia a formarsi alla fine della fase di crescita illimitata (log fase) e prose-
gue in quella stazionaria (idiofase). Ne derivano esigenze colturali diverse per la fase iniziale, in
cui si deve favorire la crescita del fungo, e per quella finale in cui si vuole massimizzare la produ-
zione dello specifico antibiotico.
Tipicamente, la base per il terreno di coltura costituita dalle acque di macerazione del mais
(corn steep liquor), ricco di amminoacidi, sali minerali, vitamine e con un buon contenuto di zuc-
cheri. Altri componenti importanti sono olio o farina di soia e di pesce, lattosio, glucosio, amidi e
acido fenilacetico, il precursore della catena laterale.
La formazione della penicillina inibita dalla presenza di glucosio (repressione da catabolita)
e in pratica non ha luogo finch c un eccesso di fonti di carbonio. Quindi il dosaggio iniziale del
glucosio fatto in modo da assicurare la crescita voluta. Nella fase di produzione dellantibiotico
comunque necessario assicurare una fonte di carbonio. Un tempo si utilizzava il lattosio (disac-
caride galattosio-glucosio), aggiunto fin dallinizio, dato che anche per questa sostanza vale la
repressione catabolica, per cui nel brodo si idrolizza molto lentamente. Attualmente, grazie
anche al miglioramento dei sistemi di controllo, si preferiscono piccole aggiunte (fed-batch), per-
fettamente dosate, del pi economico glucosio.
La biosintesi della penicillina comincia dallacido -L-amminoadipico, che ritroviamo nella
catena laterale dellisopenicillina N. Questo composto anche un intermedio della biosintesi
della lisina, la cui formazione regolata da un controllo enzimatico in retroazione (feedback),
cio la presenza del prodotto, la lisina, inibisce la via biosintetica. Quindi si deve evitare la pre-
senza di lisina nel brodo di coltura.
Lacido -L-amminoadipico forma prima un dipeptide con la L-cisteina e, poi, con la L-valina
un tripeptide che ciclizza a dare la isopenicillina N. Segue la transacilazione per la presenza nel
brodo di coltura dellacido fenilacetico e si arriva alla penicillina G.
La produzione della penicillina non continua a tempo indeterminato. Anche la sua biosintesi
regolata in retroazione: man mano che si accumula nel brodo aumenta linibizione alla sua sin-
tesi. In pratica, la fase produttiva dura alcuni giorni.
230
Aspetti impiantistici
Lo schema a blocchi del processo pro-
duttivo riportato nella figura accanto. Terreno
Dopo la fermentazione si separa la
biomassa e inizia il recupero della penicil-
lina che deve tener conto delle caratteristi-
che della sostanza ( un acido carbossilico Inoculo
di media forza). Per poterla estrarre dalla Fermentazione
Aria
fase acquosa, si acidifica per spostare
lequilibrio verso la forma indissociata,
ma si deve raffreddare a bassa temperatu-
Biomassa
ra perch la penicillina non stabile in Filtrazione
ambiente acido. Per lo stesso motivo si
usano degli estrattori centrifughi ad alta
efficienza per minimizzare la permanenza
a basso pH. Dopo lestrazione si tratta con Raffreddamento
una base acquosa e, aggiustando il pH, si
fa precipitare. Segue la separazione ed il Acido
lavaggio del precipitato cristallino che poi
viene essiccato. Solvente Brodo esausto
Estrazione
Smaltimento sottoprodotti
Estratto
Il tema parla di sottoprodotti, non di
reflui, quindi, in questo caso, ci si pu Base acquosa
Precipitazione
limitare al trattamento della biomassa,
escludendo il trattamento delle acque
reflue.
La biomassa, in questo caso il micelio Lavaggio Acque madri
Centrifugazione
fungino, il principale sottoprodotto di
molti processi di fermentazione, anzi, in
alcuni processi il prodotto principale.
Per sua stessa natura, ha un buon conte-
nuto di sostanze bioattive, quali proteine, Essiccamento
vitamine, ormoni, rendendolo, p.e., un
integratore di valore per lalimentazione
animale.
In questo caso, la presenza di penicilli- Penicillina G
na nel micelio, ne rende impossibile luti- sale sodico
lizzo e difficile lo smaltimento.
Schema a blocchi per la produzione di penicillina
I trattamenti biologici tradizionali non
sono applicabili per lattivit antibiotica
propria della penicillina.
Possibili trattamenti possono essere di tipo chimico-fisico o biologico. I trattamenti chimico-
fisici prevedono lacidificazione seguita dallessiccamento ad alta temperatura per provocare la
decomposizione della penicillina; comportano per un certo dispendio energetico. I trattamenti
biologici, pi recenti, utilizzano ceppi di microrganismi resistenti allantibiotico, p.e. di lattoba-
cilli. La resistenza insorge quando il microrganismo acquista la capacit di sintetizzare la -latta-
masi, un enzima in grado di idrolizzare lanello -lattamico nella molecola della penicillina. Si
opera in anaerobiosi, addizionando il micelio di carboidrati come fonte di carbonio. Avviene
una fermentazione lattica e si ottiene un prodotto privo di penicillina, non maleodorante ed ido-
neo sia ad essere utilizzato come integratore o fertilizzante, sia ad essere smaltito con i metodi
tradizionali.
231
Quesito n. 4
Lidrogeno (H2) non presente sulla Terra, se non in quantit del tutto trascurabili, quindi
non pu essere una fonte energetica. Riveste attualmente particolare interesse, invece, come
vettore energetico, in quanto per combustione produce soltanto acqua. Al contrario i combustibi-
li fossili producono sostanze inquinanti, come ossidi dazoto e biossido di zolfo, ed anidride car-
bonica (biossido di carbonio), tipico gas serra.
Lidrogeno pu essere utilizzato in motori a combustione, sottostando alle tipiche limitazioni
della trasformazione del calore in lavoro (2 principio della termodinamica), oppure nelle fuel
cell, le celle a combustibile, in cui lenergia chimica viene trasformata in energia elettrica. In
condizioni di reversibilit, il lavoro utile della cella dato dalla variazione di energia libera di
Gibbs della reazione: Lu = -G.
La produzione dellidrogeno attualmente utilizza prevalentemente fonti fossili, come gas natu-
rale, frazioni petrolifere, carbone. Con tecniche simili si possono utilizzare materie prime ottenute
da fonti rinnovabili, come quelle vegetali e derivate. Pu ottenersi anche per elettrolisi dellacqua,
spostando cos il problema sulla produzione di energia elettrica, ottenuta, a sua volta, sia da fonti
fossili (centrali termoelettriche), sia da fonti rinnovabili (centrali idroelettriche, eoliche, solari, foto-
voltaiche, ecc.). In questo caso la conversione energia elettrica idrogeno fuel cell energia
elettrica, che non certo a rendimento unitario, presenterebbe solo il vantaggio della mobilit.
Produzione da carbone
il vecchio metodo utilizzato per produrre il gas di citt (il gas dacqua), bruciando carbone
coke in difetto daria ed in presenza di vapor dacqua. Si ottiene una miscela contenente H2 e altri
gas, secondo le reazioni:
C(s) + H2O(g) CO(g) + H2(g) ; endotermica, favorita ad alta T
Per attuare la reazione parte del carbone viene bruciato, con prevalente formazione di CO
C(s) + 1/2O2(g) CO(g) ; esotermica, sempre favorita
Cos per si introduce un certo quantitativo dazoto, che abbassa il potere calorifico del gas.
Inoltre, anche possibile convertire il CO in CO2, ottenendo altro idrogeno:
CO(g) + H2O(g) CO2(g) + H2(g) ; esotermica, favorita a bassa T
Ci utile quanto si voglia eliminare un componente fortemente tossico come il CO o anche
quando si voglia aumentare il tenore di idrogeno, dato che la CO2 pu essere facilmente allonta-
nata per assorbimento con soluzioni alcaline. Utilizzando ossigeno invece di aria o con altri
accorgimenti possibile evitare la presenza dellazoto.
Il processo, con opportuni accorgimenti, pu essere adattato ad altre materie prime, come
biomasse o combustibili derivati da rifiuti.
232
Il dry reforming di recente sviluppo, rispetto allo steam reforming, utilizza meno acqua,
richiede meno calore dallesterno e la CO2 prodotta in eccesso ad alta purezza, quindi adatta
per essere utilizzata in modo da diminuire lemissione di gas serra, in accordo con il protocollo
di Kyoto.
Produzione da etanolo
Le tecnologie di reforming e ossidazione parziale si possono applicare anche frazioni petroli-
fere leggere e anche a composti come letanolo. Questultimo caso riveste particolare interesse,
potendosi ottenere letanolo da fonti rinnovabili (fermentazione alcolica), per cui la CO2 prodotta
non contribuisce allincremento dei gas serra in quanto il carbonio in essa contenuto deriva da
fotosintesi. In particolare lo steam reforming delletanolo decorre secondo la reazione:
CH3CH2OH(g) + 3H2O(g) 2CO2(g) + 6H2(g) ; endotermica, favorita ad alta T
Poich per spostare del tutto a destra la reazione si usa un eccesso dacqua, si pu notare
come in questo caso non sia necessario ricorrere a dispendiose distillazioni delle soluzioni diluite
ottenute usualmente per fermentazione.
In ogni caso bisogna notare che sono gi operative fuel cell che possono funzionare con
soluzioni acquose di metanolo o etanolo, che eviterebbero il ricorso allidrogeno e le rilevanti
problematiche legate alla sua manipolazione.
Bioidrogeno
Nella fotosintesi, lenergia associata alla radiazione solare viene utilizzata per organicare la
CO2 a glucosio, cio per ridurla mentre lossigeno dellacqua ossidato ad O2. Alcune microal-
ghe, in assenza di ossigeno, invece della CO2 riducono lidrogeno dellacqua ad H2. Sono allo
studio particolari specie mutate che producono idrogeno anche in presenza di O2, dato che basta
il poco ossigeno prodotto dalla fotosintesi a ristabilire il normale ciclo di organicazione del car-
bonio.
233
234