Ovidio y La Larga Noche de Medea
Ovidio y La Larga Noche de Medea
Ovidio y La Larga Noche de Medea
Title:
Ovidio modello di "Lunga notte di Medea" di Corrado Alvaro
Journal Issue:
Carte Italiane, 2(2-3)
Author:
Venuti, Marinella Lizza, Università di Pisa
Publication Date:
2007
Publication Info:
Carte Italiane, Department of Italian, UCLA, UC Los Angeles
Permalink:
http://escholarship.org/uc/item/85w7f642
Keywords:
Italian literature; Italian theater; Classical literature; 1900-1999; Novecento; Alvaro, Corrado;
Lunga notte di Medea; Ovid; Heroides; drama; dramma; tragedy; tragedia; myth; mito; Medea
Università di Pisa
significa invece scegliere uno dei pochi autori per cui il legame con la
cultura classica non era dovuto solo agli anni della formazione e dello
studio, ma era ben più radicale; infatti attraverso il rapporto con la sua
Calabria, un tempo Magna Grecia, Alvaro si sentiva legato
parte della
direttamente al mondo classico.' Molto spazio è stato già dedicato
all'influenza dei modelli greci sulle opere di Alvaro e, in particolare,
l'influenza del modello di Euripide per Lunjia notte di Medea è già stata
Pai'lom e Medea, una riflessione dell'autore sulla genesi e la tematica del suo
dramma. Luima notte di Medea Ri scritta per Tatiana Pavlova, che la portò in
scena,come regista e protagonista, nel luglio 1949 a Milano e nel marzo
1950 a Roma. Successivamente, dopo la morte di Alvaro, avvenuta nel
1956, Luu<^a notte di Medea fu portata in scena nel 1967 dal regista Mau-
rizio Scaparro e nuovamente nel 1 98 1 dal regista Werner Schroeter.
ed è assai rilevante, visto che potremmo far derivare il titolo del dramma
Lun^a notte di Medea direttamente da questo verso di Ovidio, pronun-
ciato dalla protagonista: "acta est per lacrimas nox mihi quanta fuit;"^
tricolon "exul inops comtempta," già ricordato sopra, con cui, in Ovidio,
si apre la lettera di Medea a Giasone.
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giore di quella dei morti, "perché ai morti il cuore non duole :"'^ tutto il
dolore di Medea appare perciò causato dalla pena d'amore per Giasone.
In questo Medea non è diversa dai comuni mortali, anzi la nutrice dice
che "somiglia a tutte le povere donne."'"
ciò che gli altri personaggi della tragedia dicono della protagonista;
in Ovidio possiamo prendere in considerazione Hewides,Vl, la lettera
l'intensità del suo odio verso la rivale Ipsipile afferma che con Medea
sarebbe stata a sua volta una "Medea" ("Medeae Medea forem"'''). Un
eco di questa espressione tanto incisiva può essere rintracciato nel primo
tempo di Lunga notte di Medea, quando le ancelle e la nutrice affermano
che Medea non può essere altro che "vendicativa, [...] superba, [...]
pericolosa, [...] prodigiosa, [...] malvagia e infida"'^ e sentenziano "Tu
non puoi essere altro che Medea. La misteriosa straniera.""'
Greci non sono più civili dei barbari, ma solo più cinici, calcolatori e
spietati nella lotta per raggiungere i propri scopi. Giasone non ha amato
Medea, ma è stato attratto da lei solo perché dominandola avrebbe rap-
presentato "la ferocia schernita, e la barbarie umiliata."''
Ovidio introduce alcvuie importanti affmità tra Medea e Ipsipile
nelle due lettere che rivolgono a Giasone: entrambe sperano che Gia-
sone sia colpito dal pensiero dei figli."" Questo elemento è ripreso e
sviluppato da Alvaro, che ne fa una prova della crudeltà dei Greci verso
la barbara:
Creonte,-^ ed è ribadito da Alvaro fin dalla parte iniziale della sua opera,
quando Medea, pensando a Giasone e alla figlia di Creonte, dice: "Lui
le parla. Come parlava con me. [...] Gli stessi gesti, le stesse parole, gli
due personaggi per cui la fama diventa una condanna: Medea non può
non essere vista con sospetto, come una pericolosa fattucchiera; Giasone
non può non essere un eroe e un re. Per Giasone, come però vedremo
più avanti, la prigione della fama significherà l'impossibilità di vivere
non regnare. [...] Non tutti possono passare umili nella vita.
Nelle Heividcs, Ipsipile usa l'amore che Giasone ha per la sua gloria
come argomento per convincerlo a non scegliere Medea: nei primi versi
afferma infatti di aver saputo dalla fama dei prodigi avvenuti durante
la conquista del vello d'oro, ma insinua sottilmente di avere anche
saputo che per compiere queste imprese non fu necessario l'intervento
compiuti insieme:
si parla della fiaccola nuziale ("Heus, ubi pacta fides? ubi conubialia
iura/ faxque sub arsuros dignior ire rogos?""*^); per Medea del fuoco
della passione ("Nec notis ignibus arsi,/ ardet ut ad magnos pinea taeda
deos"^^). Nella lettera di Medea, Ovidio collega l'amore per Giasone ai
poteri magici della donna: se perde Giasone, la maga perde anche i suoi
cuivis quam niihi cura mea est."^**); in Alvaro, la Nutrice dice di Medea
che "Certo, ella può tanto. Ma non per sé.""
VI. Conclusione
Abbiamo visto che il confronto con Ovidio permette di comprendere
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66 MARINELLi UZZ.'ll-ENUTI
due testi, possiamo notare che la ripresa del modello di Ovidio in Alvaro
non si concretizza solo nella caratterizzare generale dei personaggi prin-
cipali, ma si esplica anche in precisi e frequenti richiami testuali, spesso
Questa lettura che Alvaro propone del mito di Medea, unita alla
Note
p.44.
Cornido Alvaro. Zurigo: ADAG, 19H3. Per l'analisi della Medea di Euripide, eh. G.
5. Ivi. XII, 1.
11. Ovidio, op. cit.,VI, pp. 97-98: "Hanc potes amplecti thalamoque
15. Corrado, Lun^a notte di Medea, I tempo, scena Vili, pp. 39-40.
16. Ivi. p. 40.
17. Ovidio, op. cit., XII, 94: "Sic cito sum verbis capta puella tuis."
18. Ivi, Xll, 133-134: "Ut culpent alii, tibi me laudare necesse est, / prò
20. Ovidio, op. cit., VI, 121-124: "Nunc edam peperi. gratare ambobus,
hison /dulce mihi gravidae fecerat auctor onus/ felix in numero quoque sum
prolemque gemellam/ pignora Lucina bina favente dedi";XII, 189:"Si tibi sum
vilis, communis respice natos."
22. Ovidio, op. cit., VI, 65, Ipsipile parla di "Falsa [...] ora"; XII, 74,
25. Ovidio, op. cit., XII, 27: "Hoc illic Medea fui, nova nupta quod hic
est."
28. Ovidio, op. cit., VI, ll-16:"Cur mihi fama prior quam littera nuntia
venit:/ isse sacros Martis sub iuga panda boves,/ seminibus iactis segetes adolesse
virorum/ inque necem dextra non eguisse tua,/ pervigilem spolium pecudis
servasse draconem,/ rapta tamen forti veliera fulva manu?"
29. Ivi,VI, 101-102.
30. Corrado, Lun<ia notte di Medea, scena VI, p. 33. Alvaro più avanti
parvero a tutti imprese straordinarie, fino a ieri. Ma se questi sono i miei delitti,
33. Ivi, VI, 23, dice Ipsipiie: "Credula res amor est." Ivi, XII, 33-35, dice
Medea: "Tunc ego te vidi, tunc coepi scire, quid esses;/ illa fuit mentis prima
artesque relinquunt."