Altrove 14 2008
Altrove 14 2008
Altrove 14 2008
A l trove
Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza
› ALTROVE (annuario) è l’organo
ufficiale della SISSC. Pubblica
lavori riguardanti l’antropologia,
.
la botanica, l’etnologia, la farma-
e
cologia, la neurologia, la
psicologia e la storia delle reli-
gioni e della scienza, con
particolare attenzione al campo
specifico in cui opera la Società
ro v
tl
Italiana per lo Studio degli Stati di
Coscienza.
A
AVVERTENZE
PER I COLLABORATORI
[9] …
Vincenzo Ampolo
Divinità e sostanze psicoattive
nell’antica Religione della Luce
Manuel Villaescusa
Efectos subjectivos a corto palzo de tomas
de ayahuasca en contexto occidental urbano
A
Indice
[10] … Fiorenzo Tassotti
Ipnosi e poesia. Ricerca delle componenti ipnotiche
in una poesia di Giovanni Pascoli
[11] … Gilberto Camilla e Fulvio Gosso
Allucinogeni e Cristianesimo: nuove acquisizioni
[12] … Fulvio Gosso
Amanita muscaria: note e bibliografia
[13] … Massimo Centini
Erba sardonica. Appunti di una ricerca
[14] … Maurizio Nocera
Elogio alla transe
[15] … Camillo Duc
Sintomi visivi nell’intossicazione mescalinica
Dopo tredici anni di collaborazione Il nuovo Altrove va proprio in que-
la SISSC e Nautilus (che ha editato sta direzione, con l’augurio di com-
Altrove per 13 numeri) hanno valu- piere una “nuova serie”, un nuovo
tato che il “matrimonio” era ormai ciclo di 13 numeri, a impegnarci in
stanco e senza prospettive future, un’altra “nuova sfida”. Non sappia-
decidendo così di proseguire ognu- mo chi ci sarà, ma qualcuno sicura-
Nota redazionale
A
Rivista hanno avuto problemi orga-
nizzativi, di comunicazione e di
visibilità che si sono visti e sentiti. I
motivi sono tanti, dalla situazione
sociale e politica che si sta imbarba-
ltrove
Addio, Albert
A
2008 è stato un anno particolarmente doloroso per tutti coloro che si
il occupano – anche solo per curiosità – di stati di coscienza: sono infat-
ti morti due personaggi unici, due “grandi vecchi” che hanno fatto, uno la
storia della chimica del Novecento, l’altro ha rivoluzionato l’antropologia e
l’etnologia, facendole uscire dalle Accademie per riportarle alla loro natu-
rale dimensione: la strada. Sto parlando, come molti avranno capito, di
Gilberto Camilla
Albert Hofmann e di Georges Lapassade. Chi scrive è stato toccato in
maniera personale, poiché ha avuto la fortuna e l’onore di avere con i due
legami di amicizia che trascendevano gli interessi professionali.
Albert Hofmann è mancato alle ore 9 di martedì 29 aprile per arresto car-
diaco. Aveva 102 anni, e da pochi mesi aveva perso la moglie Anita, dolce
compagna di vita e di avventure.
Ci eravamo sentiti telefonicamente l’ultima volta a febbraio, quando gli
comunicai che la SISSC, in collaborazione con l’ASL e il SERT aveva in pro-
getto un convegno internazionale sulle psicoterapie a indirizzo psichedeli-
co, chiedendogli di presenziare l’evento con un suo saluto in video. Mi
rispose con voce non più ferma come un tempo che non era sicuro di avere
ancora la forza per farlo, ma che ne sarebbe stato felice; mi manifestò tutto
il suo entusiasmo per l’iniziativa, orgoglioso di esser stato in qualche modo
il “padre” della rivoluzione psicofarmacologica della seconda metà del
Novecento. Non a caso nell’ottobre del 2007 è stato inserito al primo posto
della classifica dei 100 Geni Viventi, a pari merito con l’inventore del World
Wide Web, Tim Berners-Lee.
Il Convegno saltò per motivi che non sto qui a discutere, e così anche
del video non se ne fece nulla.
Con la sua scomparsa viene a mancare una delle figure più illuminanti
del “secolo breve”, ma anche, e soprattutto, un amico personale col quale
era bello passeggiare nei boschi che circondavano il suo “paradiso terrestre”
di Rittimatte o chiacchierare davanti a un buon bicchiere di vino. Ma è
anche la fine di un’epoca, di un epoca che pur con tutte le sue contraddi-
zioni e i suoi lati oscuri, rimane una delle più “rivoluzionarie” della storia
dell’Umanità.
Ricorderò sempre come si “cementò” il nostro rapporto. Dopo la pre-
Addio, Albert
[6] Il mio unico rammarico è quello di non esser riuscito a farmi raccontare la
vera storia dell’LSD, forse ben diversa da quella ufficiale. Quando gli facevo
notare le incongruenze e le palesi contraddizioni della versione che tutti
conoscono, Albert sempre mi sorrideva sardonico, dicendomi che tutti i miti
presentano palesi contraddizioni, ma non per questo sono inattendibili…
E io gli dicevo che non potevo credere che una sostanza (la dietilamide
dell’acido lisergico, appunto) sintetizzata nel 1938 all’interno di una ricer-
ca sugli alcaloidi ergotici (che già si conoscevano come psicoattivi) fosse
giudicata “senza interesse farmacologico” e abbandonata in un “cassetto”.
Per poi, nel 1943 – in pieno conflitto bellico – essere risintetizzata non si sa
per quale motivo. E men che mai potevo credere che nei laboratori chimi-
ci svizzeri nel 1943 si lavorasse senza guanti protettivi, come doveva fare
Hofmann, se “casualmente” venne a contatto con la sostanza, con tutto quel
che la storia ci ha raccontato. Cosa realmente successe negli anni che vanno
dal 1938 al 1943, quando la Sandoz diede notizia al mondo scientifico della
scoperta degli effetti psicoattivi dell’LSD? Cosa successe dal 1943 (l’anno
della mitica pedalata in bicicletta) al 1949 quando apparve il primo artico-
lo sull’uso terapeutico della sostanza (G. Condrau, “Klinische Erfahrungen
an Geisteskranken mit LSD-25”, Acta Psychiat. Neurol. Scand. n. 24)?
Quando gli facevo notare tutte queste incongruenze e questi “vuoti
temporali”, Albert mi sorrideva e cercava di cambiar discorso. solo una
volta, molto seriamente, mi disse: «L’LSD non fu scoperto per caso, per lo
meno non nel senso che diamo a questa parola. Sapevamo cosa cercare. La
“vera” verità sull’LSD si saprà solo quando io non ci sarò più».
Non so se questo accadrà, ma in fondo non me ne importa molto.
Credo che Albert se ne sia andato anche lui con un rimpianto: quello di
non aver realizzato il suo sogno di una Eleusi contemporanea in un
«mondo migliore senza più guerre e catastrofi ambientali, abitato da uomi-
ni più felici». Già… Eleusi. Il mio personale addio ad Albert è con le stesse
Hoffman 6 Lapassade
parole di un altro suo amico italiano, Massimo De Feo, che così ha scritto
su Il Manifesto del 1 maggio 2008:
«Ci piace immaginare che a riceverlo nell’aldilà troverà un comitato
d’accoglienza composto da un nutrito manipolo di “drogati” come
Eraclito, Pindaro, Euripide, Eschilo, Platone, Aristotele, Plutarco, Cicerone,
tutti iniziati ai Misteri eleusini».
[7]
Georges Lapassade
alla menta...
A
Lapassade se n’è andato, buon viaggio caro amico. In que-
Georges sti anni ho visto spesso e frequentato Lapassade, anche
perché li ho passati prevalentemente a Paris 8, la “sua” università. Georges
abitava nella sua villetta di fronte a Paris 8, aveva ancora il suo ufficio nell’e-
dificio dell’università, di cui era professore benemerito. Era un tesoro,
ancora prima dell’essere un tipo di genio piuttosto riservato, nonostante la
Giorgio De Martino
notorietà dei suoi scritti, casa sua era un porto sicuro per studenti senza
documenti che riuscivano a riciclarsi studiando a Paris 8, trovando diplomi
e ruoli. E insieme agli studenti anche un grosso pastore tedesco che abbaiava
costantemente, simpatico, invadente, rompiballe. Aveva 84 anni compiuti da
poco e un sacco di amici ed estimatori che non lo dimenticheranno, com-
preso me che diedi un esame di psicologia, nel 1981, usando il suo famoso
“Saggio sulla Transe” edito da Feltrinelli nel 1980, a cura del mio omonimo
Gianni De Martino. Ma divago… fortunatamente ho fatto in tempo a dar-
gli un bacio e a salutarlo. Era ricoverato, qualche settimana fa, nell’ospedale
d’Estrée de Stains, non lontano da Paris 8, ed ero corso a vedere come stava.
Anche perché Georges sapeva benissimo che se ne stava andando. Ma mi resi
conto, stando lì con lui, che non era la morte il vero problema, bensì il fatto
di non essere più indipendente, dover essere accudito… In altre parole gli
giravano le palle, non era tipo da stare fermo, tantomeno stare con le mani in
mano. Ero felice di vedere questa bella persona che aveva vissuto così tanto
e lasciato tante tracce intelligenti, risvegliato a conoscenze sopite tante per-
sone (che lo amavano), ero infelice nel vederlo lì come un legume
ospedalizzato, sempre alle prese con la sua dialisi – che durava da anni –
senza poter fare nulla, o quasi. Infatti gli chiesi se aveva qualche desiderio
particolare e lui mi disse: “sì, vorrei una granatina alla menta…”. Ok.
L’ospedale, peraltro impeccabile, periferia parigina, sembrava uscito da un
racconto di Dino Buzzati, attorno il nulla e anche meno. Il giorno dopo
trovo un supermercato e scovo anche uno sciroppo di menta senza zucchero,
e vado a trovarlo. Faccio in tempo a preparargli un bicchiere di “grenadine”
bloccando l’infermiere simpatico che se lo stava portando a fare un’intermi-
nabile sessione di quattro ore di dialisi. Direi proprio che se l’é goduta la
grenadine alla menta, mentre io, buffo ripensarci adesso, mi sentivo fiero
della mia piccola impresa a base di sciroppo dietetico.
[9]
Georges Lapassade
e Gilberto Camilla
al Centro Sociale “Livello 57”
di Bologna, 1998
sera del 30 luglio scorso mi è giunta la notizia della morte di Georges
La
Uno dei miei più importanti
Lapassade. Non lo vedevo da qualche anno, e di recente, proprio in
occasione di un seminario sull’analisi istituzionale in cui speravo di incon-
trarlo, mi avevano detto che le sue condizioni di salute si erano aggravate.
Lapassade è stato, con Luciano Parinetto, uno dei miei migliori “cattivi mae-
stri”, e di questo gliene sono grata, perché da lui ho acquisito alcuni
strumenti necessari per l’interpretazione e la critica dell’esistente, nonché
per l’azione politica.
“cattivi maestri”
A
sieri, contraddizioni, luoghi, storie, culture.
Quello che segue è il capitolo introduttivo, con qualche modifica, della
mia tesi di laurea, discussa nel novembre del 1992; una sorta di sintetica bio-
grafia politica e intellettuale di Georges Lapassade, al cui pensiero facevo
esplicito riferimento nell’intero lavoro di ricerca che si intitolava L’utopia nel
corpo – Neotenia e società nell’opera di Georges Lapassade. Alla discussione
Nicoletta Poidimani
psicologa, Milano
della mia tesi Georges era presente come secondo correlatore (relatore era
Luciano Parinetto e proprio in quell’occasione ebbero modo di incontrarsi
di persona) e furono giorni incredibili, stravolgenti quanto stimolanti –
sembrava di avere in casa un tornado! Ed è a quella sua incredibile e conta-
giosa vitalità che va il mio affettuoso pensiero.
Tracce biografiche
Georges Lapassade – Agrégé de Philosophie e Docteur d’État (Es-lettres) – è
un poliedrico intellettuale occitano che attualmente insegna Analisi
Istituzionale ed Etnografia all’Università Paris VIII di Saint Denis.
La sua opera si presenta come sintesi e sviluppo degli aspetti più libertari
delle teorie e delle relative pratiche innovative che già dagli anni ’40 in
Francia avevano messo in discussione la gestione burocratica del potere,
attuata attraverso la forma-istituzione.
Prima di entrare nello specifico della sua eclettica attività e per meglio com-
prenderla ci sembra necessario porre quale spartiacque teorico la Critica
della ragione dialettica di Sartre, il cui primo tomo, pubblicato nel 1960,
ampliò l’orizzonte dell’intervento pratico in ambito istituzionale.
Fino a quel momento, infatti, le esperienze erano state limitate a gruppi
specifici quali, per esempio, il gruppo di psicoterapia istituzionale che,
all’interno dell’ospedale psichiatrico di St. Alban, fece, nel 1947, il primo
tentativo di innovazione psichiatrica a partire dalla critica del carattere
disumano di quell’istituzione e dei rapporti repressivi e desocializzanti
che in essa si stabilivano.
Georges Lapassade
all’Università….
La pratica del T.Group si diffuse in Francia a partire dal 1955 e Lapassade
Uno dei miei più importanti
le dedicò un saggio, pubblicato nel 1959 nel Bulletin de Psychologie, dal titolo
“Fonction pedagogique du T.Group”. Questa funzione pedagogica veniva
qui presentata come il necessario superamento della pedagogia libertaria
sostenuta dai maestri di Amburgo, che permettesse di abbandonare la logica
amburghese del ‘laissez-faire’ per sostituirla con la pratica del ‘laissez-être’.
In questo saggio Lapassade, coniugando l’educazione negativa di
Rousseau con la non-direttività teorizzata da Rogers, proponeva la figura di
“cattivi maestri”
un educatore non direttivo che, più che negare le norme, ne facilitasse l’indi-
viduazione da parte del gruppo.
In tal modo l’alternativa proposta da Lapassade alla pedagogia autorita-
ria permetteva di mantenere aperta ogni possibiltà di evoluzione del gruppo
riconoscendo i momenti di disordine totale quale smascheramento della
coesione burocratico-istituzionale sotto cui è celata la parola sociale.
L’incontro di questa posizione di Lapassade con la teoria sartriana degli
insiemi pratici diede luogo alla politicizzazione della non-direttività: l’analisi
istituzionale e la pedagogia istituzionale – tese entrambe a ricercare l’incon-
scio del gruppo nelle sue istituzioni e ad agire attraverso esse per operare un
cambiamento radicale – assunsero, così, una funzione politica. L’una si estese
dall’analisi dei piccoli gruppi a quella delle organizzazioni e delle istituzioni –
luoghi di riproduzione delle contraddizioni sociali – e alla funzione in esse
svolta dalla burocrazia (sia negli stati capitalisti che in quelli socialisti) e dalla
divisione in classi; l’altra prese la direzione dell’autogestione pedagogica, una
pratica in grado di analizzare, contrapponendo all’istituito l’istituente, i con-
dizionamenti determinati dalla violenza istituzionale.
[12] Questo percorso di crescita teorica di Lapassade, che ebbe luogo nella
prima metà degli anni ’60, lo vide impegnato in diversi ambiti fra i quali
anche l’incontro che si tenne nel ’62 a Royaumont in occasione del bicente-
nario dell’Emilio e del Contratto sociale. In quell’occasione Lapassade, che
avrebbe dovuto animare dei gruppi d’incontro in qualità di psicosociologo,
ebbe modo di assistere alla nascita spontanea di modifiche al programma a
partire dall’assemblea generale, modifiche che misero in luce l’importanza
dell’istituzione-dibattito come possibile luogo d’analisi. Fu proprio questo
fatto a determinare la divergenza con la pratica che si era sviluppata a Bethel:
mentre nei seminari americani il compito della programmazione e della
gestione continuava a spettare allo staff nonostante le innovazioni intro-
dotte, da Royaumont invece emerse l’importanza della partecipazione
diretta anche nella creazione delle istituzioni interne quali, appunto, l’istitu-
zione-dibattito (autoformazione).
Molto importanti furono anche, nel 1963, l’incontro con René Lourau –
che stava facendo delle esperienze di autogestione nel collegio di Air-sur-
Adour dove insegnava – e la conoscenza con Tosquelles, il medico esule che
praticava la psicoterapia istituzionale.
In quegli anni, inoltre, la destalinizzazione e il rapporto Kruscev veni-
vano dibattuti negli ambiti intellettuali e studenteschi attraverso la critica
della società burocratizzata; proprio per tale ragione il congresso dell’UNEF,
il sindacato degli studenti universitari francesi, nel 1963 si occupò sia di
autogestione che di critica della burocrazia.
Nel frattempo si andava sviluppando lo psicodramma e il suo fondatore,
Moreno, si era recato a Parigi lasciando tracce profonde della sua teoria che
ritroveremo anche nelle opere di Lapassade, in particolare nell’ Entrée dans
la vie (1963; tradotto da Sergio De La Pierre con il titolo Il mito dell’adulto.
Saggio sull’incompiutezza dell’uomo per Guaraldi nel 1971).
Quando, nel ’64 il GTE (Gruppo di Tecniche Educative), nato dalla cor-
Georges in Marocco
improvvisate sul campo, riflessioni su quel vero e proprio enigma che è l’
“istituzione” e feconde rimesse in causa, rintracciabili in una miriade di
articoli e numerosi libri, circa quaranta, tradotti in varie lingue. A partire
dal suo primo libro L’ Entrée dans la vie, il saggio sull’incompiutezza del-
l’uomo del 1963, un libro profetico che svelava il “mito dell’adulto” e anti-
cipava l’irruzione sulla scena sociale e politica del “desiderio dissidente”
(1969-2000)
(come poi dirà Elvio Fachinelli, l’autore della Mente estatica, analizzando la
breve e intransigente stagione della fiammata di speranze e delusioni anta-
goniste). L’essenziale della tesi di Lapassade è che la maturità è una masche-
ra. E questo è quel che sanno tutti gli amanti, gli innamorati e specialmen-
te gli adolescenti nell’ora delle scelte decisive. Se il destino dei giovani è la
rivolta, è perché la prospettiva della maturità, nella società nichilista della
A
soddisfazione ottimale dei bisogni, è percepita al costo di una rinuncia al
desiderio. La loro rivolta è un rifiuto d’“integrarsi” passando per lo stam-
pino della normalizzazione. La reale maturità consisterebbe infatti nella
consapevolezza della propria incompiutezza e nell’assumerla. Da qui il
rifiuto della “follia della normalità” e l’ interesse del “professore della tran-
se” per i fenomeni di passaggio, apparentemente marginali o rifiutati, come
scrittore e ricercatore, Milano
Gianni De Martino
la transe, appunto, la “dissociazione adolescente”, la cosiddetta devianza e
le sottoculture e controculture giovanili.
Lapassade convocava biologia, psicologia, filosofia per mostrare che il
piccolo d’uomo è segnato fin dalla nascita dalla sua incompiutezza e che la
pretesa maturità dell’età adulta non è mai completa. E così l’autore del
Mito dell’adulto (come da noi in Italia fu intitolato L’Entré dans la vie, usci-
to nel 1971 per Guaraldi) si lavorava lavorando. Affermava, al seguito di
Bolk, Freud, Marx e Nietzsche, che l’intera vita è il continuo tentativo di
nascere a se stessi, un processo che ci porterà a una nascita piena quando
moriremo. Era l’annuncio della morte della Cultura (borghese) e l’emer-
genza di un desiderio e di uno strano bisogno di sconvolgimento non più
dissimulato o congelato nei corpi e nelle istituzioni.
I corpi sottratti alla Famiglia, al Partito, all’Oratorio dilagavano ovun-
que, come un inconscio sociale portatore della ricchezza corrosiva della
vita. Vivere, solo vivere fuori dai coglioni di Padri, Madri, Professori, Preti,
Poliziotti, Sociologi, insomma “dissociarsi” e vivere fuori dal grigiore dei
cosiddetti “adulti” e dei guardiani del terreno dei bisogni, allora sembrava
non esistere altro sogno più bello e più crudele di questo. Nello stesso
tempo, però, Lapassade non aveva i capelli lunghi, e anche se indossava
maglioni esistenzialisti e andava in facoltà a Vincennes senza cravatta gua-
Georges Lapassade
con Gianni De Martino
all’ingresso di Sidna Bilal,
Essaouira (estate 1994)
dagnandosi la fama di un outsider restava pur sempre un professore uni-
versitario che agiva dentro l’istituzione universitaria cercando di cambiar-
la. Cosa che mandava in transe i situazionisti, giovani intellettuali all’inse-
guimento di un marxismo eretico, affettivo, una specie d’irriducibile sete di
distruzione diretta criticamente contro ogni forma di organizzazione poli-
tica “all’Ovest come all’Est” e tutti quelli che cercavano di cambiarle: i capi,
i burocrati, i tecnocrati, i dirigenti sindacali, gli urbanisti, i direttori, i leni-
nisti, gli artisti, i castristi, i surrealisti, i provo, i professori, compreso
[20] lettere: “Ca Branle! Lachez les pèdales!”. E come articolo di apertura: “I
nostri amanti di Berberia”.
Nel frattempo, in quell’estate del 1969, Georges era venuto in Marocco
per vedere un amico, Julian Beck, il fondatore con Judith Malina del Living
Theater. Si conoscevano da tempo, si erano poi incontrati a Grenade e Beck
gli aveva proposto di raggiungerlo in macchina a Essaouira dove doveva
passare l’estate con parte del suo gruppo in piena crisi (“La Cultura
Borghese”, aveva proclamato Beck tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi
dei Sessanta, “è il nostro Palazzo dell’Oppressione. Evadere. Arte come
azione!”. E ora, nell’estate del 1969, si lamentava dicendo a Georges e a
chiunque volesse ascoltarlo: “Siamo diventati troppo famosi”. Lo diceva
mentre accarezzava un gatto sulle ginocchia a casa di Ottmani, un giovane
intellettuale del posto. Da qualche parte, in cantina, debbo avere anche una
sua foto di quel periodo). Essaouira era una piccola città marginale, calma,
tranquilla, dove vivevo da due anni in una casa in Rue Youssef ben Tachfine
presa in affitto da Lalla Sadia. Erano due stanze sulla terrazza bianca di
calce, sotto un cielo di panni stesi ad asciugare e il sovrastante minareto,
tozzo, quadrangolare. Cinque volte al giorno il muezzin prima tossiva un
po’ poi gracchiava da un altoparlante l’invito alla preghiera, seguito dall’ab-
baiare dei cani del quartiere. E il cielo era scipito e blu, come forse sono
tutti i cieli in cui vige una religione di Stato. Al piano di sotto c’era il bor-
dello di Sadia, animato dalle danzatrici dette skirat e frequentato solo di
notte dai notabili del paese e anche dal muezzin che potevo scorgere dalla
mia terrazza rasentare i muri con molta circospezione, il cappuccio della
gellaba calato sugli occhi e in mano una bottiglia di vino accuratamente
avvolta nella carta di giornale.
Era il periodo hippies, avevo vent’anni, a Milano nel 1967 avevo partecipa-
to alla redazione di “Mondo Beat” e mi ero beccato un foglio di via duran-
te l’irruzione della polizia al campeggio di via Ripamonti, un tentativo di
a Jim ?’. E così di seguito, si fa il giro. Paco prende il suo guembrì, una spe-
cie di chitarra a tre corda con sul manico dei sistri tintinnanti, e fa cenno ai
suonatori di qerqaba, dei crotali di ferro. Cerca di condurci così fuori dal
tempo… Un’aura magica si forma. Il tempo cambia e cambia anche lo spa-
zio, che sembra come prodotto da una sottile ascensione…”. Paco diceva di
non credere ai ginn, che i “veri” ginn o m’louk sono il potere, e sarà all’ori-
(1969-2000)
gine del gruppo pop marocchino “Nass el Giwane”. Quando Georges arrivò
a Essaouira fu il “tornado”. Niente vacanze, finite le vacanze. Ci mise tutti
al lavoro. Georges aveva scoperto l’esistenza dei Ghnaua, una confraternita
di neri che praticava la transe e i riti di possessione che lui aveva già inco-
minciato a studiare in Tunisia, poi in Senegal, con la differenza, diceva, che
a Tunisi questa cultura era disprezzata, mentre a Essaouira era al centro
della cultura popolare. Nel 1969 uscì il celebre articolo di Lapassade su
“Lamalif ” intitolato “Essaouira, ville à vendre”. Era la scritta lasciata dai
giovani ebrei che lasciavano Essaouira con le loro famiglie per raggiungere
Israele o il Canada, dopo la guerra dei sei giorni. Ed era anche l’emblema
[22] di un porto una volta fiorente e ora in piena decadenza, gremito di giova-
ni disoccupati.
Fu solo nel 1975, che, grazie a Boujemaâ Lakhdar e ad alcuni suoi stu-
denti, Georges potè assistere a una cerimonia ghnaua completa. Il rituale si
compone infatti di due parti: la prima musicale, accessibile a tutti, la secon-
da, dopo l’incensazione dello spazio rituale, con vere e proprie possessioni
terapeutiche. A impedire l’ingresso era il fatto che in Marocco, a differenza
della Tunisia laica di Bourghiba, le moschee sono proibite ai non-musul-
mani. Ora, poiché il rito ghnaua, che contiene elementi africani e marabu-
tici del sufismo popolare, ha a che fare con l’islam, c’erano non poche dif-
ficoltà per entrare in una zaouia (santuario) o a casa dei musulmani che
praticavano il rituale per motivi terapeutici. Anche l’ostacolo etnico in
etnografia e altrove fu oggetto delle indagini di Georges Lapassade.
Specialmente dopo la prima guerra del Golfo, e poi con l’11 settembre,
quando la tanto celebrata “convivialità” del Marocco fu messa a dura prova
dall’irruzione sulla scena mondiale del terrorismo che si proclamava, a
gran voce, di matrice islamica.
Da allora, dalla scoperta di questo piccolo porto nell’estate del 1969,
fino a quando la malattia non glielo ha impedito, Georges tornava ogni
anno a Essaouira e nella regione, contribuendo al riconoscimento di un
patrimonio culturale ormai diventato una risorsa, anche turistica, della
regione. Ormai la celebrità dei Ghnaua, sia pure folklorizzati, è tale, che
tutti conoscono Essaouira. I testi di Georges Lapassade sul Marocco dal
1969 al 1998 sono stati raccolti in un libro intitolato Regards sur Essaouira
(Marrakech, Traces du présent, 2000). Vi hanno contribuito Jean-Francois
Robinet e Frédéric Damgaard, e per il loro lavoro d’archivio e il loro con-
tributo Abdelkader Mana e Abdelkabir Namir, ricercatori marocchini ini-
ziati da Lapassade ai metodi etnografici di ricerca in scienze dell’educazio-
ne e scienze sociali. L’ultimo libro sulla cultura di Essaouira, un diario sulle
tracce della confraternita dei Regraga, D’un marabout l’autre (Atlanta
[23]
Riferimenti bibliografici
Benachir, Bouazza,
Négritudes du Maroc et du Maghreb. Servitude, cultures à possession et ransthérapie,
préface de G. Lapassade, L’Harmattan Paris 2001.
Lapassade, Georges, «Essaouira, ville à vendre», in Lamalif, n° 33, Casablanca 1969.
Lapassade, Georges, Gens de l’ombre, Transes et Possessions, Anthropos, Paris 1982.
Lapassade, Georges, L’ethnosociologie, Paris: Méridiens-Klincksieck,1993.
Lapassade, Georges, «Notes sur l’histoire de Mogador»,
in Traces du Présent, n. 2-3, Marrakech 1994.
Lapassade, Georges, «Les Gnaoua d’Essaouira, thérapeutes de la différence»,
in Africultures, Paris: L’Harmattan, octobre1998.
Lapassade, Georges, Sabba negro, Moizzi, Milano 1978.
Lapassade, Georges, Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe, Urra-Apogeo,
1997/2008.
nella nostra epoca, tuttora vengono spesso a farci visita,
Perché, in cui pressoché
ovunque nel mondo si offrono alla
e ora anche i nipoti. Allegre e nume-
rose sono state le feste in famiglia
puro complementare
vista ben poche cose piacevoli, qual- finora celebrate sul Rittimatte;
cuno scrive un libriccino in lode del accade sovente, poi, di ricevere visite
contemplare? Ogni giorno i massme- di amici, anch’essi amanti di questo
dia parlano di guerre, catastrofi. posto meraviglioso.
disagi, povertà, inquinamento; e da
lungo tempo ormai persino nel Quasi ogni giorno ci concediamo
nostro Paese le cose non vanno più una breve passeggiata risalendo il
troppo bene. Ma la colpa di questa lieve pendio che conduce alla panca
Elogio del
sventura è l’uomo stesso. E a lui, sotto adiacente l’entrata del bosco. Sulla
la sua responsabilità, che è stata con- destra il viottolo è fiancheggiato da
segnata la creazione con tutta una rada macchia di svariati arbusti,
l’abbondanza che vi è racchiusa. tra cui susini selvatici, noccioli,
La ove le mani dell’uomo non l’ab- biancospini, rose selvatiche, berrette
biano devastata, la natura ci offre da preti e tanti altri ancora. A sini-
tuttora la sua magnificenza e i suoi stra lo sguardo corre libero sopra la
tesori. E per questo che, qualora sia piccola vallata del novello Birsig
loro concessa la possibilità, le per- situato sull’ampia dorsale boschiva
A
sone tendono sempre più a del Challhöhe.
trasferirsi dalle città per andare a A due passi dietro la panca si trova
vivere in campagna. una pietra di confine, con lo stemma
Con questo scritto vorrei esprimere di Berna su un lato e una vistosa F
la mia gratitudine per il privilegio di sull’altro. Di qui, verso ovest, il con-
vivere in un ambiente agreste e per fine franco-svizzero risale il bosco
Baden, 11.1.1906 – Burg, 28.4.2008
Albert Hofmann
[26]
Albert Hofmann
in serrata conversazione con Luciana Sala
i boschi tutt’intorno di un’incante- senza della neve. Ogni tanto si
vole luce gialla e rossa. Ma anche si vedono barcollare i tassi sotto la luce
intromette una certa malinconia, dei Iampioni della strada, quando,
quando i colchici annunciano la fine verso sera, fan ritorno alle loro tane.
del tempo della fioritura. E soprattutto d’inverno che si offre
Per l’ultima volta cuciniamo ai ferri allo sguardo meravigliato la ricca
sul camino esterno alla casa e varietà del mondo degli uccelli,
ceniamo all’aperto sotto il porticato. quando gruppi variopinti di cincial-
A
The Magical Dinners
In ancient Rome and elsewhere throughout the vast Empire, from Asia
Minor and northern Africa to the British Isle, starting sometime around the
turning of what would come to known as the Christian era and lasting until
the triumph of the Church Dominant, groups of twenty to thirty men gath-
ered in windowless vaulted sacred chambers, usually subterranean,
Carl A.P. Ruck
Filologo, Università di Boston (USA)
spotted with white. The god’s name actually denoted this special cap: it is the
Greek mitra, a band of cloth often wrapped as a turban, and cognate with the
that civilized Europe
English mitre, the crown worn by bishops, but descriptive of its shape as two
pieces “joined together” as by a miter box, similarly derived, which produces
the joining for cabinetry. The root occurs in German mit and English with
for “together.” This was the basic meaning of Mithras’ name as the joiner or
Intercessory, the Go-Between. He was the ally of the supreme god Ahura
Mazda, the lord of the realm of Light in the eternal battle with Ahriman, who
presided over the otherwise equally balanced forces of Darkness. The
Phrygian cap as the bonnet rouge or liberty cap was adopted by the extrem-
ists in the French Revolution, probably not without its Mithraic meaning as
emblematic of the Enlightenment and liberation.
And just as Mithras was the friend and ally of the Lord of Light, the initiates
were programmed with him as their intercessory guide through seven stages
of transcendence to stand finally on the rim of the universe among the signs
of the zodiac in the Empyrean, on a personal Odyssey, similar to the impas-
sioned Fanfare to the Dawn of Richard Strauss’s symphonic poem inspired
by Nietzsche’s poetic parable of Zarathustra, which was used in Stanley
Kubrick’s 1968 film 2001: A Space Odyssey. The Classic description of such a
mystical journey occurs in Cicero’s “Dream of Scipio,” his substitute for
[34] Plato’s myth of Er in his Republic There they could view the entire pattern of
the Universe, an experience that was expressed in the prevalent Roman
philosophical system known as Stoicism. It was an experience induced by the
visionary sacrament of the religion.
Mithras slaughtered a bull and shared a banquet upon its flesh with the Sun,
while Perseus is known for decapitating the Gorgon Medusa while picking a
mushroom. Both invariably accomplish their task using a pruning hook, an
unlikely weapon for a warrior, unless the foe is botanical, which is, in fact, the
case. Both the Gorgon head and the Bull of Heaven are metaphors for the
same visionary plant, traceable back to the Iranian-Hindu psychoactive
Soma-haoma sacrament. Although various surrogates were often employed,
the original, which perpetuates the ancient metaphoric complex, was
Amanita muscaria, the fly-agaric mushroom. A frequent substitute for it was
a toxin derived from another fungus, Claviceps purpurea or ergot, which in
Mithraism apparently went by the descriptive metaphor of ass’s ears.
Similarly, the metaphor of the cap is so naturally suggestive that the botani-
cal term for the mushroom’s top is pileus and it commonly figures in folklore
and fairytales, such as Little Red Riding Hood, called “Little red-cap” in
German. Altaic shamans consider their caps an essential aspect of their craft,
which they perform with the Amanita since it is there they believe that their
powers are concentrated. As early as the French Revolution, the psychoactive
Psilocybe semilanceata (or “half-spear”) mushroom was commonly called
“liberty cap” because of its resemblance to the Phrygian cap. It is common
for easily available varieties with more accessible properties to be substituted
for the original sacrament; thus the Psilocybe resembles the bonnet rouge,
but obviously lacks its distinctive red color.
Mithraism became one of the dominant religions of the Roman Empire,
alongside the Mysteries of Isis and Christianity. Although derived from the
Zoroastrianism of the Achaemenid monarchs of the Persian Empire, it had
assimilated many additional elements as it passed through the Middle East,
Banqueting Halls
The distinctive archaeological remains of the cult throughout Europe are the
banqueting halls called Mithraea. One would have to be extremely naïve not [35]
to recognize that they were not suitable for ordinary dining, but intended for
magical food. The rectangular or oblong chambers typically measured only
about twenty-five by seventy feet, and were divided by a broad aisle, on
either side of which was a wide raised stone platform, not so much for sit-
ting, but to be spread with pallets for reclining, while the members witnessed
the various pageantries enacted in the narrow central space, the rituals that
programmed them for the ascending grades of initiation, the “set and set-
ting” for the Mystery. Although other elements of Mithraic ritual may have
varied over the long history of the religion in its different locales, the cultic
meal was always essential and the design of the Mithraea invariably was
intended to accommodate it. This is the most obvious way that the Soma-
haoma rite reached the West. Surprisingly, this has been the feature usually
least noticed by scholars.
Before proceeding, however, let us make it abundantly clear that the
Mithraea were kept intentionally small; when the membership exceeded
their modest capacity, rather than enlarge the chamber, additional halls were
often constructed in the near vicinity. And although the Eucharist meal was
mythically represented as a slaughtered bull, it is inconceivable that such a
menacing and dangerous creature could be butchered in so confined a space.
Nor could the attendant flood of blood not but have made the chamber
entirely intolerable, especially since there were no provisions for draining it
away nor cleansing the chamber. The bull sacrament, which is depicted as a
loaf of bread and a drink served in a bull’s horn, is obviously a metaphor for
the actual food of the Eucharist meal, like the transubstantiated bread and
Mithraism: the drug cult
wine of the Christian communion, the Blood and Body of their Lord.
The central two myths of the religion were commonly displayed at the altar
that civilized Europe
end of the Mithraea, often on opposite sides of a stone slab that was pivoted
so that either could be viewed when appropriate for the ceremony. These
were the Slaughter of the Bull or Tauroctony, and the Banquet of Mithras
with his Father, the Sun. In the grades of initiation, these were the
Heliodromos or Sun-Charioteer and the Pater, the highest rank. The five
lower grades serve only as attendants at the banquet. These were, in ascend-
ing order, the Raven, the Male-Bride, the Soldier, the Lion, and the Persian.
[36] head. Only the cult members would ever have seen depictions within the
chamber and such an interpretation of the scene would have been imparted
to them as an element in their indoctrination. In fact, some Mithraea
included a separate adjacent subterranean schoolroom. Two torchbearers
always flank Mithras and the slaughtered, Cautes in front and Cautopates
behind, the former with his torch pointed downward and the latter upward.
They form a Trinity with the god as other aspects of his persona, and they
always also stand on a single foot with legs crossed and wear the red cap. As
the bull dies, its wild fungal botanical identity is transmuted into a cultivated
plant, as sheaves of grain sprout from its tail. Thus the ass’s ears of ergot,
which mediates the dichotomy, may actually have served as a surrogate for
the haoma sacrament. A similar transmutation always occurs with Gorgon
turning into the cultivated olive tree. The tauroctony is often witnessed by
the Sun ascending and the Moon descending, and beneath the bull, a scor-
pion grabs its genitals and a dog and a serpent lap up the blood from the
wound. This blood was the source of all drugs.
The bull slaughter and the divine banquet are the two opposites of the
Mystery. In slaughtering the bull, Mithras is essentially offering himself as vic-
tim for the final banquet of redemption, much as Christ was the Passover
lamb for the Last Supper. Someone wrote on the wall of the Santa Prisca
Mithraeum:“You have saved us with the eternal blood poured.”Another writ-
ing declares: “Born at dawn on this twelfth day before the first of December.”
The Raven’s Sin
The seven stages of the initiation programmed the initiate for this experi-
ence of redemptive rebirth. This human life was seen as a kind of death, the
sinful incarnation of the fiery spirit in the wetness of matter. The aspiration
was to be released back to the Empyrean. Thus every Mithraeum had a nat-
ural source of water, often a subterranean flowing spring, channeled into a
baptismal fount. The water attracted the thirsting spirits into the intoxicated
The second grade elevated the initiate to the rank of Nymphus or Male-
Bride. This involved an element of ritual transvestitism. He wore a bridal
veil, which hid his face, so that the grade was also called the Hidden-One. Or
he was actually dressed in female attire. And depicted as a woman. He
acquired the planet Venus, the love goddess, as his patron and he was mar-
ried to the Pater. At each stage, he was also acquiring an aspect of the god.
Thus, the Persians called Mithras Aphrodite or Venus. The union of Mercury
and Venus produced Hermaphroditus, the hermaphrodite.
The emblem for this grade was the crescent diadem of the goddess, the bridal
torch to light his way to the nuptial chamber, and an oil lamp. The crescent is
like a cup, and the candidate was said to pour out the cup of his heart upon
Mithras.
It would be difficult to avoid the conclusion that the scenario for this stage
involved sexual hazing. Initiation rituals characteristically involve acts that
in other contexts might seem humiliating or embarrassing. The implied
male homosexuality was seen as intensifying male bonding and is symbolic
of the cult’s rejection of women members and their polluting role in sexual
procreation, similar to the sin of the Raven. In Catholicism, the brotherhood
Mitra 2.
Mitra uccide il toro primordiale.
Mitra 1. Ai suoi lati Caute e Cautopate
Interno del Mitreo (II secolo),
di S. Clemente, Roma Museo Nazionale Romano
The Soldier of Mithras
The third grade was the Soldier or Miles, corresponding to the Catholic
Confirmation. He was branded on the forehead, as emblematic of the spiri-
tual fire that springs from the forehead of Mithras. He was either nude or
dressed as a warrior, and offered a wreath or crown on the point of a sword,
which he placed on his head and then pushed off, saying: “Mithras is my
Crown; my Crown rest with my god.” In doing this, he acknowledged that his
mosaic is a fire shovel, the lightning bolt of his planetary patron Jupiter, and
a sistrum, an Egyptian rattle in the shape of cow horns used in ecstatic ritu-
that civilized Europe
The Persian
At the fifth degree, the candidate became a Persian, Perses. His role was to take
charge of the sacrament presented to him by Leo. He received the title of
Keeper of the Fruits. He also earned the pruning hook and a scythe (or plow)
as his emblem, and he was placed under the patronage of Luna, the moon.
The pruning hook and the scythe suggest the complementary nature of the
pruned and harvested fruits, the bull or mushroom and the sheaf of grain or
ergot growing from its tail. And Mithras is sometimes seen harvesting grain
with the scythe instead of pruning the bull. In the Ostia mosaic, in addition to
the hook and the scythe, the moon is depicted as a crescent encircling a star.
[40] The days of the lunar month could be indicated by the position of this lunar
crescent as it revolved around the central polar star, and the Perses position
depicted with the crescent in the past meridian phase (noon to three o’clock)
indicates the waxing moon, maturity and ripeness, the approaching death of
the material body and the emergence of the spiritual self, invisible like the
new moon.
He does not, however, acquire the Persian cap with its connotations of
ecstatic rapture at this stage. That is reserved for the final degree of the
Father, who celebrates the Eucharistic banquet with the Sun-Charioteer, the
degree next beneath him.
Honeydew
Starting with Leo, the candidates were no longer ritually purified with bap-
tismal water, but with honey. Their hands were washed with it and some was
placed in their mouths, for water is antithetical to fire, whereas the golden
honey nourished the fiery spiritual nature. Honey implied inspiration. The
Muses fed it to prophets and poets and their clairvoyant words flowed from
them like honey.
Moreover, when the bull was slaughtered, its blood and semen sought refuge
in the sun. From there it cooled and descended to the moon, the nocturnal
light that shone without the heat of the blazing solar disk. The moon was the
gateway down back to earth. This was pathway followed by the fiery spirits as
they came down for the watery Incarnation.
Luna is often depicted as a goddess wearing the lunar crescent made to
resemble cow horns, whereas the Sun was commonly a bull. The transfer of
the bull’s semen from the taurine Sol to the bovine Luna obviously implies
the Hieros Gamos. In alchemy, this was the Sacred Marriage that announced
the completion of the process, the hermaphroditic Conjunction of the two
supreme planets as the lunar Diana-Artemis and the solar Apollo.
The Nativity
In order to understand the final two stages of the initiation, the Sun-
Charioteer and the Pater, we must look at the myth of the god’s Nativity.
Although there was a version where like Christ he had a virgin mother, the
more miraculous birth was like Christ’s bursting from His tomb at the
Resurrection. Mithras was born from a rock, thrust upwards and liberated,
with a white torso, holding the pruning hook or a dagger to cut himself free,
and already wearing his red speckled Phrygian cap, amidst a burst of flames
or with a torch in hand. The initiates could expect the same miraculous
experience as they were lifted upwards out of the confining egg-like subter-
ranean chamber towards the fiery celestial Empyrean, for this rock of the
Nativity was also called a “Cave,” and the rock-birth was often depicted as
occurring in such a cavernous chamber. This strange birth is well attested
both in dipinti and art.
Needless to say, the birth scenario is similar to the fruiting of the fly-agaric.
Both the god and the visionary experience of the initiates are descriptive of
the state of consubstantiality with the sacrament. Thus, a statue portrays
him with naked torso as the stipe between the severed shells of the egg, sur-
rounded by the signs of the zodiac as its starry markings. Similarly,
sometimes it is not a rock from which he emerges, but a pinecone, as if he
Mithraism: the drug cult
were the fruit of the mushroom’s host tree. Or sometimes he and his two
torchbearers wearing their Phrygian caps are depicted actually fruiting on
that civilized Europe
the boughs of the tree. Because of it dependence upon its host, the Amanita
is commonly called the tree-mushroom.
Lion. It is the Mithras of the Apocalypse standing at the End of Time, after
his ascension in the chariot of Sol who had ushered in the renewal of the
that civilized Europe
world through his sacrificial Conflagratio, breathing a blast of fire at the altar
and with the disembodied eye on his chest.
There is a great variety in the depictions of this God of Eternal Time, some-
times identifying him with the solar Apollo, sometimes in more horrific
manifestations, with composite attributes of a lion, a deer, the three-headed
dog Cerberus, the goat of Pan, the thunderbolt, fire, the magician’s wand,
wings, a serpent. Sometimes multiple lion heads adorn his body, or the
Eucharistic krater, or he has a multiplicity of disembodied eyes. The lion
head may be fitted to allow an actual fire to blaze from its open mouth. In
one depiction, he is seen in a cavernous niche bordered by the signs of the
zodiac, apparently for the Age of Aries, with the Ram just above his head, the
bull of Taurus to its left and the two fish of the next Age of Pisces are clock-
wise to the right.
He may hold one or more Keys that unlock the heavens against his chest or
head, or a double-knobbed staff or the scepter of Zeus or the torch of the
Heliodromos or the fire shovel of Leo. The thunderbolt may appear between
the Keys on his chest. The god may stand between pinecones or on the
Cosmic Globe, marked by the crossing of the two celestial orbits, the heliacal
[44] elliptic and the zodiac, with dots to indicate the constellations. The
Eucharistic bread loaves are marked with a Greek chi or x, indicating these
transecting orbits, easily mistaken for the initial letter of Christ’s name.
Mithras holds the rhyton drinking horn. Another chamber in the Ostia
Mithraeum, apparently intended for the higher grades of initiation, begins
with the seven planetary gates, with the Sword of the Accord dangling above
that civilized Europe
the central entrance. Beyond, the edges of the reclining ledges display the
zodiacal creatures.
Since this was a Banquet upon the flesh of the Bull of the Tauroctony, the
scene depicted often shows the sacred food, not as bread, but “bull” meat, lit-
tle round pieces of it skewered for roasting on a spit. An altar from the
Poetovio Mithraeum portrays Mithras and Sol enacting the Banquet, with
the “meat” skewered not upon a spit, but on the Sword of the Accord; the two
are clasping hands in the gesture of the iunctio dextrarum jointly holding the
sword over a fire altar, but obviously not roasting the meat since their hands,
and not the meat, are on top of the fire, while a raven perches on the sword’s
point pecking at the bits of sacred Food to identify it.
These “bull” bits are the Eucharistic Raven’s Bread, sometimes even served to
the banqueters on a skewer held in the bird’s beak. Its secret fungal identity
was obvious to those who knew the Mystery, as revealed in the decoration of
the altar from the Poetovio Mithraeum. Its sides depict the (baptismal)
water miracle, matched on the other side by the sword, quiver of arrows, and
bow. The frontal scene of this votive altar proves that collocation of items is
[46]
Peganum harmala
not coincidental. Here the raven, with a star above his head, is perched upon
the bow of the water miracle, resting atop the Phrygian cap, which itself sits
upon the hilt of the sword of the Banquet Accord. The chi emblem of the
Eucharistic bread could be replaced, as here, by the markings of the solar
wheel as a star, itself another common metaphor for the mushroom viewed
from its gilled under cap.
A
zione, formata da pastori nomadi di mata e pertanto “fondata” per opera
razza bianca, disseminata in nume- di Zaratustra, lo Zoroastro delle
rose tribù stanziate inizialmente a fonti greco-latine.
nord dell’Hinducusch, si mosse in Quello che per la tradizione indiana
successive ondate, occupando nuovi furono i Veda, per la Persia fu
territori e consolidando il proprio l’Avesta, il libro sacro dei Persiani.
psicologo e spiscoterapeuta, casarano (LE)
Vincenzo Amplo
L’efedra,
[57]
Preparazione: la bollitura
per ottenere la bevanda sacra.
Efectos subjetivos a corto plazo
en contexto occidental urbano
A
Antecedentes históricos
La ayahuasca es una poción vegetal psicoactiva empleada por los indígenas
amazónicos con fines curativos, adivinatorios y espirituales. El uso de
ayahuasca ha sido investigado exhaustivamente entre las poblaciones nati-
vas de la cuenca amazónica. Pruebas arqueológicas muestran la existencia
del uso ritual de ayahuasca por los indígenas amazónicos desde hace más
psicologo, Madrid
Manuel Villaescusa
Objetivos de la investigación
El objetivo es identificar y comprender posibles aspectos psicoterapéuticos a
corto plazo que puedan beneficiar a los occidentales europeos que toman
de Tomas De Ayahuasca
[60] bajo no estudio los fenómenos que suceden durante la sesión ni los
contenidos de la experiencia visionaria por la que atraviesan los participan-
tes, sino el impacto de esta experiencia en la vida cotidiana de los sujetos.
Procedimiento
Entrevisté a los 25 participantes preguntándoles “¿Qué efectos has notado, si
has notado alguno, durante la semana posterior a la sesión?”, con el objeto de
invitar a producir narrativas que describiesen la experiencia del sujeto en los
días siguientes a la ingestión de ayahuasca.
La liana Banisteriopsis caapi,
ingrediente dell’ayahuasca,
contiene beta-carboline.
Estrategia analítica
Una elección que se presenta a todo investigador es entre una metodología
cuantitativa, por ejemplo tests o cuestionarios, en los que el investigador
recoge pocos datos sobre un gran número de personas, buscando una validez
más amplia de sus conclusiones, y una metodología cualitativa, como entrevis-
tas en profundidad, recogiendo muchos datos sobre un número reducido de [61]
personas con la intención de capturar la riqueza y complejidad del fenómeno
investigado (Uzzell, 1995). En el caso de esta investigación sobre los aspectos
terapéuticos de las tomas de ayahuasca en contexto occidental urbano, mi opi-
nión es que una metodología cuantitativa habría corrido el riesgo de no captar
los complejos aspectos subjetivos de este fenómeno. Una metodología cualita-
tiva en cambio permite considerar la riqueza de la particular visión del mundo
de los participantes. He usado en este trabajo las modalidades de entrevista y
análisis del Análisis Temático, desarrolladas por G. y W.F. Rosenthal en el con-
texto de metodologías de investigación interaccionistas y fenomenológicas
(Wengraf, 2001). El Análisis Temático es un ejemplo de diseño de entrevista
semi-estructurada basado en una sola pregunta inicial, dirigida a producir una
narrativa autobiográfica. Un enfoque narrativo ofrece la ventaja de captar la
vida de los sujetos así como ellos mismos la viven, sin imponer una estructura
que les es ajena. Es una metodología de investigación que incluye datos en vez
de excluirlos, y evita la tendencia al reduccionismo. También refleja la práctica
y los valores de la psicoterapia, como por ejemplo el respeto de la riqueza y la
unicidad de la experiencia individual. Un enfoque cualitativo ofrece la posibi-
lidad de considerar la dimensión espiritual de la experiencia humana, ya que
es única para cada individuo y es difícilmente medida o explicada usando un
modelo causa/efecto.
Epistemología
Adoptando un enfoque constructivista, procesé los datos obtenidos a través
de las entrevistas no simplemente como una descripción de los hechos sino
Efectos subjetivos a corto plazo
ves, uno saliendo de varios años de adicción a opiáceos y los otros dos
sufriendo depresión, ansiedad e insomnio. A parte de estos tres casos, las
motivaciones que llevaron a los sujetos a participar en estas sesiones perte-
de Tomas De Ayahuasca
Psichotria viridis 2:
Le foglie della Psichotria viridis, altro ingrdiente base del-
l’ayahuasca, contengono triptamine allucinogene
Resultados
Los resultados del Análisis Temático se pueden dividir en 8 grandes temas:
aspectos físicos y sensoriales, aspectos emocionales, aspectos cognitivos,
relaciones interpersonales, estados cumbre, reintegración a la realidad coti-
diana, desarrollo inteligencia emocional y procesos de cambio. Cada tema
principal contiene varios sub-temas que serán analizados a continuación.
1) Aspectos físicos y sensoriales
Sueño:
Un sujeto reportó una mayor necesidad de dormir. Otro sujeto comentó que
durmió muy bien y dejó de necesitar somníferos esa semana. Durante el
de Tomas De Ayahuasca
Efectos negativos
No hubo mención de consecuencias negativas en la relación con los demás
por parte de los participantes.
de Tomas De Ayahuasca
5) Estados cumbre
Los participantes mencionaron experimentar durante los días siguientes
estados cumbre (Maslow, 1968)caracterizados por una sensación de armo-
nía y unidad con el entorno:“Durante esta semana he disfrutado en ciertos
momentos de estados de mucha armonía, con esa sensación en el cuerpo que te
permite darte cuenta de que el cuerpo no es lo que te separa de todo lo que te
rodea, sino lo que te une.”
Estos estados cumbre permiten una relación óptima con el entorno, mante-
niendo un estado de serenidad, dicha, optimismo y lucidez:“Durante la
semana me he sentido en paz. Por primera vez, la experiencia me ha congratu-
lado con el mundo de forma rotunda. La alegría ha sido impresionante, el
optimismo, la claridad a la hora de analizar mis propias conductas.”
La integración de este especial estado de conciencia favorecido por la
ayahuasca en la vida cotidiana es el tema del siguiente apartado.
6) Reintegración a la realidad cotidiana
[70] En el discurso de los participantes abundaban referencias al proceso de rein-
tegración a la realidad cotidiana después de la experiencia visionaria. Los
temas dominantes en este apartado son la disipación del estado elevado de
conciencia y la necesidad del trabajo continuado para integrar la experiencia
en el día a día.
Disipación del estado
La mayoría de los participantes experimentan en los días siguientes a la
sesión una pérdida progresiva del estado de conciencia alcanzado durante el
ritual de ayahuasca:
“Por lo demás bien: afectuosa con mi familia y amigos, un poco vaga hoy en el
trabajo, con sueño, hambre de chocolate y esa sensación familiar de pena de
verse forzado a aterrizar y perder la sabiduría”
Esa pérdida del estado de conciencia se atribuye a la vuelta a viejos patrones
de conducta, a menudo fuente de estrés: “Básicamente decir que en los días
siguientes parecía estar especialmente sereno y centrado en lo que hiciera y a la
vez en mí mismo, al menos hasta que unos días después tuve unos días muy aje-
treados con poco dormir y mucho café y “perdí” ese estado.”
Esto plantea la necesidad de aprender maneras de mantener este estado a lo
largo del tiempo.
Necesidad de trabajo continuado para integrar la experiencia
Algunos participantes opinan que la experiencia con ayahuasca no garantiza
una mejoría por sí misma, sino que hay que realizar un trabajo cotidiano:
“Yo respecto al impacto de la experiencia en mi vida pues más o menos lo espe-
rable, al principio sorprende un poco todo por comparación con la experiencia,
pero tampoco es razonable esperar luego que las cosas o uno mismo mejore
automáticamente, se trata de un elemento más que ha de integrarse en un tra-
bajo más estable y cotidiano.”
[71]
Ayahuasquero:
Un guaritore tradizionale amazzonico nel corso di una seduta con
ayahuasca (foto di Massimiliano Calmieri)
7) Desarrollo de recursos
Aunque el estado elevado de conciencia tienda a disiparse en los días poste-
riores a la sesión, los participantes mencionan el haber aprendido y
descubierto en ellos mismos recursos y habilidades que les sirven para afron-
Efectos subjetivos a corto plazo
una nueva etapa. Disculpa mi excesivo entusiasmo en este momento pero des-
pués de una temporada dura es un placer volver a sentirse bien.”
Esta superación de crisis viene acompañada de una remisión de los síntomas
de Tomas De Ayahuasca
que afectaban a alguno de los sujetos, en este caso ataques de angustia: “La
repercusión en mi vida diaria de momento ha sido notable, desde hace dos
meses he dejado las pastillas para dormir y puedo descansar sin que me invada
la marea de pensamientos de angustia.”
Resolución de adicciones
Es común entre los participantes plantearse durante la sesión y en los días
siguientes a ella el tema de las adicciones. La intención terapéutica del ritual
y los efectos psicoactivos de la poción hacen que las personas se enfrenten a
sus hábitos malsanos y deseen erradicarlos o al menos reducirlos.
Frecuentemente estos aspectos negativos de la vida del individuo se simboli-
zan en el vómito, representando éste una liberación de esos contenidos:
“Luego está lo de los vicios, tabaco, alcohol y porros principalmente. Cuando
estaba vomitando pensaba que una gran parte del mal que salía por mi boca se
debía a la adicción a estas sustancias. Y me prometí dejarlo entonces. Y aun-
que empecé bien, y he reducido el consumo, siento decirte que no he conseguido
dejar ninguna del todo. Y es una pena, porque me considero esclavo de ellas, y
[74] odio las dependencias, pero bueno, creo que todo se andará.”
Aumento de la conciencia
Uno de los denominadores comunes de los grandes temas que emergen del
discurso de los participantes es el haber experimentado un aumento de la
conciencia: de los sentidos, del entorno, del propio cuerpo, de las propias
emociones y de los propios procesos cognitivos. El aumento de la conciencia
es considerado como una herramienta terapéutica fundamental por los nue-
vos modelos de psicoterapia que están marcando las tendencias en la
psicología contemporánea. Un ejemplo de ello es la terapia cognitiva basada
sobre la conciencia (mindfulness based cognitive therapy, MBCP) de Jon
Kabatt-Zinn, que emplea el entrenamiento y desarrollo de la atención cons-
ciente (mindfulness) al tratamiento de varias patologías psíquicas, entre ellas
la depresión y los casos límite (Kabatt-Zinn, 2005). Este tipo de psicoterapia
se inspira en las técnicas milenarias de ejercitar la conciencia desarrolladas
por las distintas corrientes del budismo, especialmente las técnicas de medi-
tación Vipassana propias del budismo Theravada. La práctica de estas
disciplinas permite una mayor percepción y comprensión de los propios
procesos emocionales y cognitivos, lo que abre un camino para la resolución
de las patologías psíquicas. Desarrollando la actitud de testigo de la propia
actividad mental, el sujeto pasa de sufrir pasivamente las emociones negati-
vas y pensamientos destructivos característicos de las neurosis a observar
con ecuanimidad estos pensamientos y emociones, desidentificándose y
estableciendo una saludable distancia entre éstos y su conciencia. El desarro-
llo de la atención consciente en la experiencia presente también ayuda a
superar el sufrimiento psíquico asociado al rumiar lamentaciones sobre el
pasado y al preocuparse con angustia ante el futuro, un recurso que está a la
Conclusiones
Es interesante observar como los participantes describen cambios y mejorías
al cabo de una o dos sesiones de ayahuasca, cuando obtener ese tipo de cam-
[77]
altri poemi epici storici come per sono state trovate delle donne che
in una poesia di Giovanni Pascoli
A
epici che sono giunti fino a noi sal- tramite canzoni, sono noti gli icaros
vandosi dalle angherie naturali del degli ayahuasqueros dell’Amazzonia,
tempo e dai disastri politico-reli- le canzoni dei medicine-man delle
giosi. Già nella fase più antica della tribù pellerossa, le canzoni del
civiltà ellenica la poesia era una delle peyote, etc. La choreia degli antichi
componenti della choreia detta una e elleni era danza, musica e canto, era
psichiatra, Nis (Serbia)
Fiorenzo Tassotti
trina perché caratterizzata dalle tre una forma che risale ai tempi
componenti della musica, del canto (d’oro1) delle popolazioni paleoliti-
Nota 1.
Pare che dal passaggio dalla fase paleolitica (cacciatori e raccoglitori) a quella agri-
cola, vi sia stato, sotto molti aspetti uno scadere della qualità dell’essere umano.
Dagli scheletri dei paleolitici risulta che questi avevano un fisico paragonabile a
quello dei nostri decatleti, con il passaggio alla fase agricola la statura media si è
abbassata di 15 centimetri. I paleolitici erano cacciatori impareggiabili, avevano un
ampio controllo sul territorio, compresa anche la conoscenza delle proprietà medi-
cinali delle piante, hanno lasciato dei manufatti incredibilmente lavorati, imprese
quasi impossibili con i mezzi a loro disposizione e hanno lasciato le incomprensibili
pitture rupestri che hanno fatto si che uno storico dell’arte come lo Hauser le dichia
asse di gran lunga (artisticamente e qualitativamente) superiori alle forme di arte
geometrica che hanno caratterizzato la fase successiva delle (cosiddette) grandi
civiltà: egizi, sumeri eccetera. La differenza nella percezione del tempo è evidente da
molte immagini nelle pitture rupestri,che sono come istantanee fotografiche, l’es-
sere umano paleolitico viveva in una dimensione hic-et-nunc che era ed è
sconosciuta all’uomo agricolo delle grandi civiltà e a noi stessi esseri umani odierni
che – nonostante la tecnologia – abbiamo una percezione del tempo di tipo ‘agri-
colo’. È questa percezione del tempo che ci permette di vivere in un’illusione, e
scotomizzare la presenza della morte come se non esistesse, e non c’è bisogno di sco-
modare Heidegger e molti altri filosofi prima di lui, per capire come la percezione
della morte, come la sua presenza (reale) in ogni hic-et-nunc sia l’unico fatto(re) che
ci puo’ portare fuori da uno stato di sogno che è in realtà alienazione.
che e delle loro religioni sciamani- La poesia, in quanto canto, è nella
che. Anche nella antica Grecia la sua struttura basale il luogo dell’in-
choreia non era una importazione tersezione di due iperspazi,
dall’oriente (più sviluppato), ma una l’iperspazio analogico del ritmo, e
forma autoctona dove la cetra e gli l’iperspazio del linguaggio allusorio
strumenti a percussione avevano lo e semantico, del linguaggio ‘che
scopo di dare il ritmo, prima della dice’, ma che nella poesia non ha più
introduzione dell’aulos, del flauto di una funzione puramente dichiara-
L’intersezione dei due iperspazi crea natura. Un fiore, una foglia, un cri-
in una poesia di Giovanni Pascoli
tori del gruppo di Palo Alto7. in una morte dell’ego… gli ultimi a par-
comunicazione ‘reale’ non si parla larne sono stati gli psichedelici,
solo DI qualcosa, spesso questa è Stanislav Grof per esempio, e non
una componente secondaria che ha per niente poi è seguito l’ostracismo
più a che fare con QUELLO di cui si (e per fortuna che non siamo più ai
parla (metadichirativamente8). tempi dei roghi). Infatti queste com-
Infatti è spesso l’aspetto relazionale ponenti relazionali sono legate a
della comunicazione, cioè il definire componenti coattive che fanno si
i reciproci rapporti tra i due parlanti che il soggetto interpreti (emozio-
a essere preponderante: per esempio nalmente) la propria esperienza
chi deve essere ‘up’ e chi deve essere rapportandola, filtrandola attraverso
‘down’. I ricercatori del gruppo di un sè che viene percepito come cen-
Palo Alto avevano dichiarato che una tro del mondo. È per questo che da
comunicazione è tanto più patolo- 2500 anni ci sono filosofi che par-
gica (!!!) quanto più sono dominanti lano di ‘pensiero oggettivo’, ‘occhio di
gli aspetti relazionali della comuni- Dio’ o con altre espressioni analoghe
cazione su quelli dichiarativi9. per significare uno stato di libera-
Queste componenti relazionali zione (dall’alienazione).
[84] rimangono ‘seminascoste’ durante la Anche nel linguaggio reale ci sono
comunicazione e si esprimono tra- delle componenti ipnotiche, e poeti-
mite messaggi analogici (tono di che, in realtà gli ipnotisti (come
voce gestualità, postura eccetera) che Milton Erickson) e i poeti fanno uso
ricordano le componenti analogiche della loro competenza di parlanti
Nota 7. Nota 9.
Noti anche come psicologi sistemici. Freud avrebbe parlato di narcisismo,
anche se, in ottemperanza alla sua
Nota 8. natura – sostanzialmente – un po’
Metadichiarativamente dichiara di reazionaria, non era arrivato a con-
parlare del tempo, gli interessa di più clusioni tanto radicali, in quanto per
in realtà parlare di se stesso, il tempo lui il narcisismo era una componente
è solo un pretesto quindi manda una necessaria dello psichismo umano,
serie di messaggi paralleli (linguag- ovvero: dato che il mondo come è, è
gio multidimensionale) alla figura anche come deve essere, usiamo la
dell’altro riflessa nel proprio spec- scienza per dire perché il mondo deve
chio, allo stesso modo l’altro fa la essere così, e non per capire come è,
stessa cosa così che ognuno vive cercando di capire come potrebbe
all’interno del proprio sogno, dove la essere altrimenti. Ai suoi tempi
realtà ‘oggettiva’ è difficilmente e Feyerabend non era ancora nato.
raramente chiamata in causa e si può
quasi dire che è una invenzione che si
trova nei libri di logica.
nativi, anche se la loro esperienza va Lungi da me, se è successo comunque
molto oltre il campo che caratte- non lo ho fatto apposta. Il troppo
rizza la medietà dei loro simili in sapere comunque è un errore.
quanto il loro uso di queste abilità Dopo questa (lunga) introduzione
comunicative diventa finalizzato e passiamo all’analisi (parziale) di
intenzionale. Se si pensa alla tecnica alcuni testi poetici nei quali secondo
delle disseminazione, e che era noi sono particolarmente evidenti le
intenzionalmente usata da Erickson componenti ipnotiche.
)
›
Bibliografia
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passato circa un anno e mezzo maschili, posti lì forse per il diverti-
E
'
dalla pubblicazione di
Allucinogeni e Cristianesimo.
mento dell’artista.
Senza nulla togliere all’importanza
Allucinogeni e Cristianesimo
Evidenze nell’arte sacra. della scoperta crediamo franca-
Il libro ha avuto un discreto suc- mente che i nostri funghi “pesino” di
cesso pur limitato agli ambiti che in più, anzi non è da escludere che
qualche modo già sono interessati a pesino talmente dall’aver “spaven-
questo genere di cose. A tutt’oggi la tato” a tal punto, nell’Italia papalina
Nuove Acquisizioni
pubblicazione è ancora disponibile è possibile, da rendere necessario un
presso quasi tutte le più importanti totale oscuramento che comprende
case di vendita online e ciò ci sembra anche un assordante silenzio di
significativo, considerato che la tutti, e sono molti, gli esperti in
maggior parte delle migliaia di libri materia.
che si editano ogni anno in Italia, Ciò non di meno noi proseguiamo
scompaiono dal mercato dopo due in questa ricerca presentando qui in
o tre mesi. anteprima alcune nuove acquisi-
Ciò che ci sorprende, anzi non ci zioni raccolte strada facendo,
sorprende affatto, è il totale e radi- dell’Exultet Roll eravamo già a
cale silenzio mediatico (con conoscenza ma lo abbiamo escluso
l’eccezione degli amici del come dubbio, ci ha aperto gli occhi
A
Manifesto) con cui il libro ha dovuto Mark Hoffman, un ricercatore che si
fare i conti. Sappiamo bene dei occupa di enteogeni, il quale ha giu-
limiti e delle difficoltà della piccola stamente rilevato la presenza di una
Editoria, degli ostacoli soffocanti cui mandragora insieme all’elemento
è sottoposta e ancora meglio cono- fungino; un albero del Bene e del
sciamo i nostri limiti, non siamo Male che è senz’altro una Psilocybe Vicepresidente SISSC, Torino
Fulvio Gosso
Direttore scientifico Altrove, Torino
Gilberto Camilla
ricercatori “ufficiali” o universitari, semilanceata, a terra vi sono altri,
non abbiamo sponsor di nessun più modesti, possibili motivi fun-
genere e di nessun colore, cionono- gini. Del tutto nuova invece è la
stante, crediamo legittimamente, si raffigurazione presente ai Santi
pensava che l’originalità un tantino Quattro Coronati, una raffigura-
dirompente circa la testimonianza zione che in quel contesto
(fatti non opinioni) della presenza particolare è ricca di possibili impli-
di iconografia fungina allucinogena cazioni tutte da capire.
nell’arte sacra cristiana, fosse tale da Non meno spettacolari sono gli
“infrangere” i limiti di cui sopra. affreschi della chiesetta di San
Per il momento non è andata così. Cristoforo segnalatoci da Ruck e
Chi scrive ricorda due paginoni cen- assai interessanti sono i “motivi
trali de «la Repubblica», di tre o pastorali” psilocibinici che abbiamo
quattro anni fa, con un articolo di trovato nella chiesa piemontese di
Adriano Sofri, il quale aveva sco- Sant’Antonio di Ranverso.
perto un affresco, non ricordiamo
quale, con una folta raffigurazione di
presunte ghiande, ma che sembra-
vano, molto più verosimilmente,
una folta raffigurazione di membri
Exultet Roll
Allucinogeni e Cristianesimo
Si tratta di una miniature inglese del 1072; in essa Adamo ed Eva collocati tra
una Psilocybe e una Mandragora come giustamente rileva Mark Hoffman,
davvero notevole questo Exultet miniato a Montecassino (Add. 30337-BL).
[92] Il termine Exultet corrisponde alla prima parola del canto liturgico che dal-
l’alto del pulpito veniva intonato dal diacono nel corso della cerimonia della
notte del Sabato Santo. Tale canto, denominato praechonium paschale, aveva
la funzione di annunciare alla comunità dei fedeli il mistero della
Resurrezione e celebrare il rito dell’ offerta del cero pasquale. Per esteso lo
stesso termine è passato a indicare anche i rotoli sui quali il testo dell’ inno è
stato più volte trascritto e illustrato tra X e XIV secolo, secondo una prassi
attestata pressoché quasi esclusivamente nell’ Italia meridionale.
«I test di descialbo nell’aula gotica, già programmati nel 1989, furono ese-
guiti nel 1996. E furono giornate memorabili – continua la Draghi –
L’ambiente si presentava coperto da una tempera azzurro lilla con finti
marmi dipinti nella parte inferiore, per circa 830 metri quadrati di superfi-
cie. Nella prima fase di descialbo c’è stata subito la sorpresa: a ogni tassello
corrispondeva uno strato di pittura. E che pittura! Che colori! Qualcosa di
inaspettatamente grandioso. Lentamente iniziavano ad affiorare dalla mura-
tura i dipinti che decoravano le pareti dell’aula. Quello che ne è emerso è uno
sbalorditivo apparato scenografico, dove la virtuosistica invenzione narra-
tiva si sposa con una esuberante vitalità cromatica. È un’enciclopedia di
soluzioni figurative, che insistono sulle personificazioni allegoriche, ma che
attingono a piene mani dall’aneddotica della vita quotidiana, dove spiccano
scenette rurali e pastorali di un impressionante realismo, come quelle, tanto
per fare un esempio, di animali scuoiati e appesi. La decorazione si snoda
Allucinogeni e Cristianesimo
(1240-1250 circa).
Aula gotica del Celio, Roma
E tra i “motivi fitomorfi”, fuori dalle bordure, spicca a nostro modesto parere
(è il caso del bellissimo Cristo che risorge fra i simboli della passione, ancora di
Jacquerio e che copre la parete destra del presbiterio). Perché proprio i “fun-
ghi” sono “nascosti” nella Sacrestia, luogo che evidentemente non era
accessibile a tutti i fedeli? Forse anche qui per “nascondere” e “mostrare”, per-
ché solo chi già sapeva poteva rendersi conto del significato degli affreschi,
mentre a tutti gli altri gli affreschi potevano passare del tutto inosservati?
[96] preso prigioniero e portato a Siena, dove continuò a lavorare come pittore.
La successione cronologica delle storie, secondo la tradizione iconografica
bizantina, ha inizio dalla formella in alto a destra per poi proseguire verso
sinistra.
La quarta formella, al centro, si riferisce al miracolo del toro di cui parla la
Leggenda Aurea: il proprietario di un toro sfuggito dal gregge in cima al
monte Gargano, trovatolo finalmente all’ingresso di una caverna e preso dal-
l’ira e dal dispetto, gli lancia una freccia avvelenata, la quale però torna
indietro e lo colpisce. Il seguito della vicenda è narrato nella formella che
segue in basso a destra, dove viene raffigurata l’apparizione di San Michele
che spiega come tutto sia accaduto per suo volere e che il luogo indicato dal
toro deve essere consacrato al suo culto. Interessante il particolare dell’al-
bero-fungo che ci appare come un
totem protettore della caverna.
Il toro inoltre ci rimanda alla tradi-
zione indoiranica del sacrificio del
Soma/Haoma, simbolismo che molta
importanza ebbe poi nel Mitraismo
San Michele
Museo di Arte Sacra di San Casciano,
(Val di Pesa)
(per esempio si veda l’articolo di Carl Ruck su questo numero).
Oltre alle nuove acquisizioni aggiungiamo alcune considerazioni su quelli
che potremmo chiamare “indizi di consumo”, cui avevamo accennato nel
libro senza precisare meglio, anche perché sono in effetti assai labili. Il primo
riguarda Meister Eckhart, personaggio complesso di cui sono state date let-
ture di “destra” e di “sinistra” cui non vorremmo aggiungere quella di un
Eckhart “psichedelico”.
Tuttavia alcuni suoi scritti che suonano visionari, e non risulta che costui
[99]
Bibliografia
A
(Dikov, 1971; Dunn, 1973; Stecchi,
Le ipotesi sulla natura sciamanica e 1984; Festi, 1985; Saar 1991; Schurr
visionaria della stragrande maggio- 1995), accanto alle prime testimo-
ranza dei siti, soprattutto nel campo nianze dei viaggiatori della seconda
Fulvio Gosso
Vicepresidente SISSC, Torino
Amanita muscaria
metà del 18° sec. vi è anche un con- sia esistito nelle pratiche religiose e
tributo italiano assai “datato”, (Pico, rituali primitive.
1788), ricordiamo inoltre l’esistenza Ricordiamo infine il possibile uso di
di due cortometraggi antropologici, amanita nella tradizione buddista
(1999, Song of Mukhomor di (Hajicek-Dobberstein, 1995) sulla
[101]
Amanita muscaria
Botanica micologica Medicina e Psichiatria
Appartengono ovviamente a questa Mai abbastanza si dovranno sottoli-
disciplina la maggior parte delle neare le vere “chicche” bibliografiche
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A
questo articolo: la s’accabadòra, figura Domandiamoci: vi sono relazioni
particolarmente misteriosa e inquie- tra l’erba sardonica e il riso aggetti-
tante della tradizione popolare della vato nello stesso modo?
Sardegna1. Già alcuni autori antichi ponevano in
Gaio Giulio Solino (seconda metà rilievo che l’espressione “ridere sar-
III secolo) e Pausania Periegeta donicamente” nascesse dal fatto che
etnologo e studioso di Tradizioni Popolari, Torino
Massimo Centini
Nota 6.
Nota 4. D. Turchi, Lo sciamanesimo in
Plinio, Historia naturalis, XXV, CIX. Sardegna, Roma 2001, pag. 165.
ammantata di sacro e la cui attività Tra le fonti più datate abbiamo
rientrava nel “percorso” simbolico quella di Alberto La Marmora
vita-morte senza attriti condiviso (Voyage en Sardigne de 1819 a 1825,
dalla comunità. ou description statistique, phisique et
Anche se l’intervento della s’acca- politique, Parigi 1826): che, pur
Appunti da una ricerca
badòra non era limitato alle persone chiarendo che la pratica era conside-
anziane, ma orientato verso gli ago- rata un falso da molti intellettuali
nizzanti in genere senza distinzione isolani, specificava: “Io però non
L’erba sardonica.
Ricostruzione dell’assistenza
a un moribondo steso
sul caratteristico tapinu ‘e mortu
(Museo di Arte Tessile di Samugheo)
Tappeti funebri sardi
nei quali era posto
il corpo del defunto
(Museo di Arte Tessile
di Samugheo)
Geronticidio
) )
›
›
Domus de janas
(tomba litica preistorica)
›
.
a Georges Lapassade
per questi anni di studio
e di passione antropologica
Elogio alla transe
A
ralmente elaborato» (cfr. Stati ogni tempo, emblematicamente rap-
modificati e transe, Sensibili alle presentato dal caso di Maria di
foglie, Roma 1993, p. 15). Nardò (studiata dall’antropologo
La transe, quindi, così come noi Ernesto De Martino e dall’etnomusi-
scientificamente la conosciamo, così cologo Diego Carpitella).
come tutti i “transiti”, che nella vita Qui, nello specifico, mi preme osser-
scrittore e studioso di Tradizioni popolari
Maurizio Nocera
)
tarantismo, Lecce
› a partire dai classici
corpo e la mia mente si sono sdop- mantello rosso/ lotta con un’aspide/
piati, sentivo la presenza delle un bull terrier con un’ape/ un ice-
persone intorno, ma un’altra parte berg/ con un decrepito viandante./
di me ha cominciato veramente a c’è da chiedersi se la realtà/ sono gli
dormire (io da tutta una vita, anche occhi/ il naturale il tangibile/
sola nel mio letto, faccio una grande oppure lo sgambetto l’alcol/ il per-
fatica ad addormentarmi. Dopo dono impossibile» (cfr. Forse ci
pochi minuti ho cercato di sve- siamo, Centro culturale Pensionante
gliarmi e non ci riuscivo e de’ Saraceni Lecce 1983, p. 19).
finalmente, dopo più o meno cinque
minuti, con uno sforzo terribile Infine un’ultimo esempio, per me
sono riuscita lentamente a sollevare quello più emblematico, e che somi-
la mia schiena per mettermi seduta. glia molto all’esempio citato da
Alla mia sinistra c’era il foglio che Georges Lapassade in Stati modificati
dovevo leggere, una piccola torcia e e transe, a proposito di Paul Valery e
gli occhiali. Molto lentamente, non del suo poema Cimitero marino, è il
riuscivo a essere più veloce, ho preso caso di Dino Campana e della sua
il foglio, ho acceso la torcia e mi scrittura “dissociata”. Egli “crea”la sua
sono messa gli occhiali. opera in un continuo stato di estasi.
non avevo ancora la voce». «Nel viola della notte odo canzoni
bronzee. La cella è bianca, il giaciglio
È questa una situazione tipica di è bianco. La cella è bianca, piena di
uno stato estatico. Altro esempio di un torrente di voci che muoiono
estasi indotta al fine della produ- nelle angeliche cune, delle voci
zione di un testo poetico è quello del angeliche bronzee è piena la cella
poeta magliese Salvatore Toma, la bianca. Silenzio: il viola della notte:
cui scrittura in versi è stata effettuata in rabeschi dalle sbarre bianche il
sempre dentro al vortice di trava- blu del sonno. Penso ad Anika: stelle
gliati momenti. Le sue immagini deserte sui monti nevosi: strade
visionarie non provenivano – come bianche deserte: poi chiese di
qualcuno ha scritto – esclusiva- marmo bianche: nelle strade Anika
mente da un suo particolarissimo canta: un buffo dall’occhio infernale
mondo onirico, che pure aveva; la guida, che grida. Ora il paese tra le
piuttosto, invece, da uno stato di montagne. Io al parapetto del cimi-
estasi indotta. È lo stesso poeta che tero davanti alla stazione che guardo
lo descrive in una sua lucida lirica: il cammino nero delle macchine, su,
giù. Non è ancora notte; silenzio
«Delirio/ Non succede mica tutti i occhiuto di fuoco: le macchine
giorni/ di aprire la porta di casa/ e mangiano rimangiano il nero silen-
zio nel cammino della notte. Un mente pensa – quando ha deciso di
treno: si sgonfia arriva in silenzio, è pensare – ciò che il corpo deve scri-
fermo: la porpora del treno morde vere?». Perché sostanzialmente esso si
la notte: dal parapetto del cimitero libera da un qualcosa che lo opprime
le occhiaie rosse che si gonfiano scrivendo, liberando quella “zona
nella notte: poi tutto, mi pare, si d’ombra” che sta dentro a ognuno di
muta in rombo: Da un finestrino in noi. La scrittura (ma anche l’arte pit-
fuga io? io ch’alzo le braccia nella torica, scultorea, e ogni espressione
storico
a cura di
Gilberto Camilla e Fulvio Gosso
nell’intossicazione mescalinica
Peyotl: «La plante mica particolare. Lo stesso autore
qui fait les yeux émerveillés»1. precisa poi che il cloridrato di
In base alle interessanti descrizioni Mescalina, ad una dose compresa tra
sull’azione di questo vegetale, il cui 2 e 8 ctg. produce una sensazione di
uso è assai diffuso presso alcune accasciamento alle membra, rallen-
tribù indiane dei Messico, l’ele- tamento del polso e cefalea leggera;
Sintomi visibili
mento predominante ed essenziale senso di nausea e di pienezza allo
non sembra essere rappresentato stomaco, oltre ai sintomi precedenti,
dalle allucinazioni visive le quali, se si raggiunge la dose di 10 ctg.;
secondo le asserzioni di molti speri- effetti più marcati e apparizione di
mentatori, dominano invece il visioni colorate superando la dose di
quadro dell’ebbrezza mescalinica. 15 ctg.
L’apparente contrasto poggia su È però il caso di attribuire a queste
delle ragioni comprensibili se si cifre un valore relativo, tenendo
tiene conto, fra l’altro, della possibile conto cioè della suscettibilità indi-
diversità di azione tra la droga origi- viduale assai variabile, special-
naria, ingerita dagli Indigeni per lo mente per quanto riguarda i sinto-
più senza manipolazioni, sotto la mi psicosensoriali, come risulta
forma naturale di “mescal-buttons”, dalle affermazioni di molti, conva-
A
e la Mescalina che rappresenta uno lidate anche dall’esito di alcune
solo degli alcaloidi del Peyotl. mie esperienze.
Emerge d’altra parte dalle ricerche Gli studiosi sono comunque con-
di Heffter2 come ad ogni alcaloide cordi nel riconoscere lo scarso
contenuto nella pianta corrisponda potere tossico del Peyotl e di questo
parere è pure Soldi3 che si è recente-
molte leghe senza provare né fame effetto marcato sulle aree visive e
né sete”. Lo stesso autore dice che gli psicovisive del cervello.
indigeni possono trascorrere otto Landry8 esalta le proprietà della
giorni consecutivi senza dormire né droga, alla quale attribuisce “l’atti-
giorno né notte e senza sentirsi stan- vità della stricnina, l’azione sedativa
chi, ingerendo ogni 4 o 5 ore un della morfina ed il potere tonico
decilitro di infuso di Peyotl fermen- della china”. Peraltro, malgrado tutti
tato colla prolungata esposizione al i suoi vantati pregi e le sue proprietà
sole. È attribuito a Lewin5 il merito effettivamente singolari, la
di avere per primo richiamato l’at- Mescalina non è ancora entrata nel
tenzione degli studiosi sulle novero dei medicamenti di uso cor-
proprietà farmacologiche della rente e bisogna ammettere che, fino
Mescalina e sulle sue possibili appli- ad oggi per lo meno, costituisca più
cazioni terapeutiche nell’uomo di un danno che un vantaggio dal
razza bianca. Se ne sono poi occu- punto di vista sociale, essendo l’a-
pati Prentiss e Morgan6 i quali ne gente di una reale narcomania, sia
consigliano l’uso in certe forme pure fra le meno nocive. Heffter ebbe
Nota 11.
WAEBER, Petersburger medizinische Nota 13.
Wochenschrift, n. 2, pag. 17, 1912. CRITCHLEY, op. cit., da Lorenzini.
AUTO-ESPERIENZA
Alle ore 15,45 ingerisco 25 ctg. di Mescalina e continuo ad attendere alle mie
consuete occupazioni.
Ore 16,30.
Non avverto sensazioni abnormi di alcun genere. Oggettivamente noto leg- [133]
gera midriasi e rallentamento del polso (67 pulsazioni al m in confronto alle
76 abituali).
Ore 17.
Provo una vaga sensazione di nausea e non noto alcun accenno a visioni
colorate, neppure ad occhi chiusi. Le ripetute prove alle quali mi sottopongo
non rivelano alcuna modificazione del visus né del campo visivo.
Ho poi la precisa sensazione che la percezione dei colori si mantenga normale
e che non sia acuita la capacità di apprezzamento della variazione della illu-
minazione.
Deluso per questi risultati negativi che ritengo legati alla dose troppo piccola
di Mescalina ingerita, ne assorbo per via orale altri 10 ctg.
Ore 17,45.
Persiste un lieve ed appena apprezzabile senso di nausea. Cammino per un
quarto d’ora all’aperto e noto che la deambulazione è normale; ho anzi l’im-
pressione di sentirmi le gambe più leggere.
Ore 18,30
Incomincio ad avvertire un evidente senso di freddo, una vaga irritazione
generale ed una lieve stanchezza. Supponendo che si tratti dell’inizio della
fase interessante dell’esperienza mi adagio su di una poltrona dalla quale
posso osservare costantemente una tavola ottometrica situata a 5 metri di
distanza e faccio chiamare un collega il quale possa rilevare eventuali sintomi
nell’intossicazione mescalinica
oggettivi e coadiuvarmi nella interpretazione di quelli soggettivi che potes-
sero manifestarsi.
Ore 19,30
La leggera nausea è scomparsa ma persiste ed è anzi più accentuata la sensa-
zione di freddo. Ho poi l’impressione che la coscienza mi venga meno, come
se fossi in preda ad uno stato sub–vertiginoso, e che l’ideazione sia notevol-
Sintomi visibili
Ore 19.
Il ritmo cardiaco è rallentato: pulsazioni al m 78 (prima dell’esperienza 86).
Midriasi discreta, pupille reagenti alla luce. Accusa un forte senso di peso allo
stomaco e dichiara di percepire i colori con tinte più armoniose e vivaci. Esce
nell’intossicazione mescalinica
di casa e non nota disturbi nella deambulazione. Avverte però una sensa-
zione paragonabile a quella che si prova guardando da un finestrino di un
treno in moto ed ha l’impressione che il senso della profondità e della
distanza sia alterato.
Ore 21.
Sottopongo il soggetto alle diverse prove (determinazione del visus, campi-
Sintomi visibili
Ore 10,45.
Polso 87, conati di vomito, nausea, tremori fibrillari, senso di leggerezza alle
gambe.
Ore 11,45.
Assorbe altri 5 ctg. di mescalina. Viva sensibilità ai colori.
Ore 12 40.
Polso 90. Senso di relativo benessere che contrasta coi sintomi di intossica-
zione: tremore generale, brividi ecc. Alcuni oggetti appaiono leggermente
deformati. I disegni della tappezzeria sembrano rilevati e mobili.
Ore 14.
Polso 108. Vampe di calore al viso. Insiste nell’affermare che il piede sinistro
gli sembra notevolmente più piccolo del destro. La coscienza è perfettamente
integra. Le diverse prove sulle varie funzioni oculari non rivelano nulla di
particolare.
Ore 15. [137]
Si sente fisicamente grande e potente ma si rende conto che le gambe gli tre-
mano. Crede che l’intensità di luce sia oscillante ed ha l’impressione che a
ondate le pareti si allontanino e le dimensioni degli oggetti osservati si modi-
fichino. La sintomatologia si va gradatamente attenuando ed il soggetto
ritorna assolutamente normale verso le ore 18.
ESPERIENZE SUCCESSIVE
Riguardano 4 soggetti emmetropi e 5 ametropi ai quali ho somministrato
dosi di Mescalina variabili da 15 a 45 ctg. La stessa quantità di droga ha pro-
vocato in taluni un aumento, in altri una diminuzione delle pulsazioni
cardiache. Nessun individuo ha avuto delle nitide visioni allucinatorie este-
riorizzate ma piuttosto delle illusioni del genere di quelle descritte nelle
precedenti esperienze e qualche scialba visione colorata ad occhi chiusi. Ho
cercato con particolare cura di mettere in evidenza eventuali modificazioni
delle diverse funzioni oculari ma le prove all’uopo eseguite non hanno
approdato a concreti risultati.
facile interpretazione. Il supporre
Considerazioni
nell’intossicazione mescalinica
poi, come dice Zàdor, che la scom-
Ho esposto le prime esperienze parsa della miopia sia riferibile al
secondo l’ordine cronologico in cui ripristino della capacità d’accomo-
furono eseguite, omettendo poi la dazione del cristallino, contrasta
descrizione delle successive che non evidentemente colle leggi ottiche e
avrebbe costituito se non una arida e fisiologiche in base alle quali una
Sintomi visibili
A
neurofisiologia degli stati di coscienza
stati di coscienza e psicoterapia
estasi religiose
2 La gestione della Redazione Scientifica della Rivista ALTROVE.
3 La pubblicazione di un bollettino interno, il Bollettino d’Informazione SISSC, che
costituisce un modesto ma efficace strumento di circolazione di idee, proposte, opi-
nioni, informazioni in genere.
4 L’organizzazione o la partecipazione a stages, manifestazioni, seminari e analoghe
iniziative.
[141]
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enteogenico, e una sotto forma di libro vero e proprio, che consenta ad Autori ita-
liani e stranieri di esprimere e diffondere il proprio pensiero.
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