App.l e Matrici I

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8 Applicazioni lineari e matrici

Siano B e B 0 due basi rispettivamente negli spazi vettoriali V e W di dimensioni


n ed m, e sia f : V → W un’applicazione lineare. Allora se denotiamo con B =
{v1 , . . . , vn } e B 0 = {w1 , . . . , wm } si ha
m
X
f (vj ) = aij wi , j = 1, . . . , n.
i=1

Si viene quindi a creare una tabella di elementi di K dati da aij ; diciamo che tale
tabella è una matrice con m righe e n colonne, od anche una matrice di tipo m × n.
La matrice A = (aij ) rappresenta rispetto alle basi B e B 0 l’applicazione lineare
f , e la scriveremo anche come
 
a11 . . . a1n
A =  ... ... ... .
am1 . . . amn

In particolare si ha che se X denota il vettore colonna delle coordinate di v nella


base B e Y rappresenta il vettore riga delle coordinate di f (v) rispetto alla base
B 0 allora
Y = AX
dove il prodotto è eseguito riga per colonna, ovvero
      
y1 a11 . . . a1n x1 a11 x1 + · · · + a1n xn
 ...  =  ... ... ...  ...  =  ... .
ym am1 . . . amn xn am1 x1 + · · · + amn xn

Esempio. Sia f : R2 → R3 l’applicazione lineare definita da f (x, y) = (0, y −


x, x + 2y). Sia B = {(1, 2), (1, 0)} e sia B 0 = {(1, 0, 1), (0, 1, 0), (0, 0, 1)}. Allora
dal momento che

f (1, 2) = (0, 1, 0) + 5(0, 0, 1), f (1, 0) = −(0, 1, 0) + (0, 0, 1)

si ha che la matrice che rappresenta f rispetto alle basi B e B 0 è data da


 
0 0
 1 −1  .
5 1

Il vettore generico (x, y) ha coordinate (y/2, x − y/2) rispetto alla base B e dunque
le coordinate di f (x, y) rispetto alla base B 0 sono date dal vettore riga
   
0 0   0
 1 −1  y/2
=  y − x .
x − y/2
5 1 2y + x

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Dunque si deve avere f (x, y) = (y − x)(0, 1, 0) + (2y + x)(0, 0, 1) = (0, y − x, 2y + x)
che di fatto coincide con l’espressione di f .

Le operazioni tra applicazioni lineari si trasportano dunque sulle matrici costruite


fissando le due basi negli spazi vettoriali dati.
1) Se f, g : V → W sono due applicazioni lineari con matrici A e B rispetto alle
basi B e B 0 date, allora l’applicazione f ± g si rappresenta con la matrice
A ± B data da
   
a11 . . . a1n b11 . . . b1n
A ± B =  ... ... ...  ±  ... ... ...  =
am1 . . . amn bm1 . . . bmn
 
a11 ± b11 . . . a1n ± b1n
 ... ... ... .
am1 ± bm1 . . . amn ± bmn

2) Se f : V → W e g : Im(f ) → Z sono due applicazioni lineari rappresentate


dalle matrici A e A0 rispetto alle basi B di V , B 0 di W e B 00 di Z allora la
matrice che rappresenta l’applicazione lineare g ◦ f rispetto alle basi B e B 00
è data dal prodotto righe per colonne A0 A, ovvero da
  
b11 . . . b1m a11 . . . a1n
 ... ... ...  ... ... ...  =
bp1 . . . bpm am1 . . . amn
 
b11 a11 + · · · + b1m am1 . . . b11 a1n + · · · + b1m amn
 ... ... ... .
bp1 a11 + · · · + bpm am1 . . . bp1 a1n + · · · + bpm amn
Osserviamo che il prodotto righe per colonne della matrice A0 di tipo p × m
e la matrice A di tipo m × n si può effettuare solamente dal momento che
il numero di colonne di A0 coincide con il numero di righe di A; la matrice
A0 A viene ad essere una matrice di tipo p × n.
Una delle proprietà più importanti delle applicazioni lineari è l’invertibilità: come
si trasporta questa proprietà sulla matrice che rappresenta l’applicazione lineare
rispetto a due basi fissate? Una matrice A di tipo n × n è invertibile se e solo se
esiste una matrice di tipo n × n denotata con A−1 tale per cui si abbia
AA−1 = A−1 A = I
essendo I la matrice identica n × n, ovvero la matrice data da
 
1 0 ... 0
 0 1 ... 0 
I=  ... ... ... ... .

0 0 ... 1

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Per costruzione l’invertibilità di un’applicazione lineare equivale all’invertibilità
della matrice che la rappresenta rispetto ad una base arbitrariamente fissata. Se
f : V → W è biiettiva e B e B 0 sono due basi qualsiasi di V e W rispettivamente,
allora la matrice C che rappresenta f −1 è l’inversa della matrice A che rappresenta
f . Infatti si ha f −1 ◦ f = f ◦ f −1 = Id da cui CA = AC = I e quindi C = A−1 .
Più precisamente si ha il seguente Teorema.

Teorema. Sia f : V → W un’applicazione lineare tra spazi vettoriali della stessa


dimensione. Allora f è biiettiva se e solo se la matrice che rappresenta f rispetto
a due basi qualsiasi B e B 0 arbitrariamente fissate è invertibile.

Dimostrazione. Se f è biiettiva allora esiste f −1 : W → V rappresentata da C


tale per cui CA = AC = I e dunque A è invertibile.
Viceversa se A−1 è l’inversa di A allora A−1 rappresenta un’applicazione lin-
eare g : W → V rispetto alle basi B 0 e B. Ma allora si ha g ◦ f = f ◦ g = Id per
cui g = f −1 e quindi f è biiettiva.

Occorre a questo punto un test da applicare ad una matrice quadrata A che ci


consenta di dire se la matrice in questione è invertibile o no; tale studio porta
alla nozione più importante di tutta l’algebra delle matrici, che è la nozione di
determinante. Definiamo il determinante per ricorsione: se A = (a) è una matrice
di tipo 1 × 1, allora A è costituita da un solo elemento e per definizione det A = a.
Sia A una matrice di tipo 2 × 2 data da
 
a11 a12
A= .
a21 a22

Allora poniamo det A = a11 a22 − a12 a21 . Si procede ora per ricorsione; se
 
a11 . . . a1n
A=  ... ... ... 
an1 . . . ann

definiamo Cij = (−1)i+j det(Mij ) dove Mij è la matrice ottenuta da A eliminando


la i-esima riga e la j-esima colonna. Le sottomatrici quadrate Mij estratte da A si
dicono anche minori estratti da A. Si dimostra che fissando i o j rispettivamente
i valori
Ci1 + · · · + Cin , C1j + · · · + Cnj
sono tutti uguali, e per definizione sono pari a det A.

Esempio. Sia data la matrice


 
0 −2 3
A =  1 6 −3  .
1 1 0

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Allora si ha sviluppando lungo la prima riga:
     
2 6 −3 3 1 −3 4 1 6
det A = 0(−1) det − 2(−1) det + 3(−1) det =
1 0 1 0 1 1

= 6 − 15 = −9.
Data una matrice A di tipo m × n denotiamo con At la matrice di tipo n × m
ottenuta da A scambiando le righe con le colonne; At viene anche detta la matrice
trasposta di A. Finalmente si ha la seguente Proposizione, la cui dimostrazione,
che non facciamo, procede solo per conto diretto.

Proposizione. Sia A una matrice di tipo n × n; allora la matrice inversa di


A è data dalla matrice  t
Cij
.
det A
In particolare A è invertibile se e solo se det A 6= 0. In tal caso diciamo anche che
la matrice A è non singolare.

Esempio. Sia f : R2 → R2 l’applicazione lineare definita, rispetto alla base cano-


niche di R2 , dalla matrice  
1 0
A= .
−3 1
Allora dal momento che det A = 1 6= 0 si ha che f è biiettiva.

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