Arthur Schopenhauer
Arthur Schopenhauer
Arthur Schopenhauer
5^SB
o I parte, il Fenomeno: nella prima parte dell’opera Schopenhauer espone la sua teoria della
conoscenza, partendo dalle nozioni della filosofia kantiana per ridefinire il concetto di fenomeno
e, di conseguenza, spiegare la “rappresentazione”, in tedesco Vorstellung.
Fenomeno
Secondo Schopenhauer la realtà in sé delle cose non è conoscibile, lo è soltanto il fenomeno, ovvero la
manifestazione delle cose in sé al soggetto, che le coglie ed è in grado di conoscerle scientificamente; il
Mondo si costituisce quindi di soli fenomeni, che vengono colti da ognuno in maniera differente, ed è
perciò un insieme di molteplici realtà individuali collocate dal soggetto secondo i criteri di spazio,
tempo e causalità. Il termine “fenomeno” acquisisce un significato negativo nella filosofia
schopenhaueriana, in quanto indica qualcosa che distorce la vera realtà.
Rappresentazione
La singola realtà vissuta dal soggetto è come fosse un sogno, una rappresentazione “personale”
determinata e costruita da esso e prodotta interamente dalla sua mente; la rappresentazione, in
quanto apparenza, non è detto che sia effettivamente legata ad una verità extramentale esistente.
Quest’ultima affermazione assume toni solipsistici, che però Schopenhauer non vuole che vengano
attribuiti alla sua filosofia, nonostante il concetto di rappresentazione abbia implicite conseguenze
solipsistiche. Per Schopenhauer il solipsismo è «un problema psichiatrico e non filosofico», qualcosa
che «è stato usato in filosofia non altrimenti che come sofisma scettico».
stato di equilibrio, ma tende sempre verso qualcos’altro, aspira a qualcos’altro. Questo elemento di
tensione negli uomini è dato dal desiderio.
La spinta del desiderio non è mai soddisfatta, si desidera sempre, e questo stato di mancanza e
insoddisfazione porta gli uomini a soffrire e a provare dolore perennemente, tranne nei momenti in cui
il desiderio è soddisfatto e quindi provoca noia; per Schopenhauer «il pendolo della vita oscilla fra il
dolore e la noia».
Rapporto fra Volontà e Rappresentazione
o Nell’individuo: la volontà è la causa di tutte le azioni umane, anche se esse sono in conflitto con
l’istinto razionale, poiché la tensione verso il desiderio è estremamente forte. Agli occhi
dell’uomo il desiderio nasconde l’essenza delle cose, proprio come il Velo di Maya nasconde la
realtà.
o Nel Mondo: sono due facce della stessa medaglia, il mondo si dà al soggetto sia come volontà
sia come rappresentazione, in quanto il soggetto conoscente ha doppia natura. È in grado di
individuare l’essenza delle cose nella volontà di vivere ed è capace di rappresentare i rapporti
fra i fenomeni attraverso il principio di individuazione.
Ogni azione del corpo è oggettivazione e manifestazione fenomenica della Volontà, e appartiene
perciò al mondo delle rappresentazioni.
La Rappresentazione stessa è oggettivazione della Volontà e non effetto di essa, poiché la categoria
della causalità e quindi la relazione causa-effetto è valida solo nel mondo della rappresentazione; la
Volontà è unica, unitaria e indistinta, e si oggettiva nelle forme generali delle cose, le idee, che sono
anch’esse esterne allo spazio e al tempo e costituiscono il “primo” principio di individuazione. Dalle idee
derivano poi le manifestazioni fenomeniche, che sono il risultato delle funzioni conoscitive del
soggetto.
Lo scopo della vita
La vita non ha uno scopo, è totalmente assente ogni tipo di struttura teleologica.
La vita è sofferenza, perpetuare la vita equivale a perpetuare la sofferenza; il matrimonio unisce due
infelicità per generarne una terza; non è altro che un’apparente ancora nella solitudine e nel dolore, in
quanto nessuno realmente felice sentirebbe il bisogno di legarsi profondamente ad un’altra persona.
L’amore è il “grande inganno” perpetrato dal “Genio della Specie”, che illude gli uomini di soddisfare i
propri desideri e la propria volontà quando in realtà essi non stanno facendo altro che porre i
presupposti della loro stessa infelicità.
L’unica via per uscire dalla sofferenza e dall’infelicità è estinguerne ed estirparne la radice: il desiderio.
L’obiettivo della filosofia di Schopenhauer è la conversione della voluntas in noluntas.
L’atto del suicidio, che potrebbe sembrare una soluzione per porre fine all’infelicità perenne degli
uomini non è altro che un’affermazione della volontà di vivere: chi si toglie la vita cede, sopraffatto
dall’insoddisfazione derivante dal suo desiderare, e rinuncia soltanto a vivere ma non a voler vivere.
Voluntas e Noluntas
Sopprimere la volontà in “volontà che non desidera”, da cui il termine noluntas, volontà che nega sé
stessa, contrapposto a voluntas, è l’obiettivo della filosofia schopenhaueriana; la noluntas è una volontà
non orientata all’azione, che trasforma il motivo (la spinta verso l’oggetto del desiderio) in quietivo
(qualcosa che sospende la volontà di vivere).
Compiendo questo passo si raggiunge una condizione di “beatitudine” simile a quella del Nirvana
buddhista: non si desidera nulla perché si accetta serenamente la propria condizione; si combatte il
Leonardo Resciniti
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o III parte, Arte ed Esperienza Estetica: per Schopenhauer l’arte è in grado di dare sollievo
dagli affanni dell’esistenza, la contemplazione dell’arte infatti sospende la frenesia della
Volontà e permette una temporanea liberazione dal desiderio e dalla sofferenza.
Arte
La funzione liberatoria dell’arte è ad essa conferita dall’artista, il genio in grado di analizzare la realtà e
riprodurla nelle sue vere forme: l’artista riproduce le idee, non soggette al divenire.
Questo carattere universale, conferito all’arte già da Schelling (secondo cui in essa oggetto e soggetto
trovano corrispondenza) permette a tutti gli uomini di vivere l’esperienza estetica, che diventa un
mezzo per sviluppare consapevolezza della condizione dell’umanità: le rappresentazioni artistiche
ritraggono la realtà sub specie aeternitatis, ovvero evidenziano l’immutabilità del dramma della vita
nella Storia. Il soggetto che vive l’esperienza estetica è un soggetto conoscitivo “puro”, ovvero libero
dagli istinti della volontà, dal dolore e che non analizza il mondo attraverso il principium
individuationis bensì ne ha una percezione più ampia e oggettiva.
Gerarchia delle arti
Secondo Schopenhauer vi è una gerarchia fra i diversi tipi di arte:
o Architettura: connessa alle forze materiali inorganiche.
o Pittura: idee del mondo vegetale, animale e umano
o Scultura: idee del mondo vegetale, animale e umano
o Poesia: idee del mondo umano; la forma di poesia più alta è la tragedia, che rappresenta la
condizione di conflitto causata dalla Volontà.
o Musica: non si limita a raffigurare le idee ma esprime direttamente la Volontà e il desiderio, in
quanto anch’essa riempie un vuoto ma soltanto temporaneamente.
quanto più è elevata l’idea, tanto più è elevato il tipo di arte corrispondente.
o IV parte, Morale e Ascesi: l’esperienza estetica è soltanto una liberazione temporanea dalla
volontà, e per questo motivo Schopenhauer ricerca soluzioni durature e definitive in campo
etico; queste sono trattate, oltre che nel Mondo, in un’opera dal titolo I due problemi
fondamentali dell’etica.
Libero arbitrio
Per Schopenhauer non esiste il libero arbitrio, tutto risponde a delle norme e delle leggi fortemente
deterministiche: ognuno reagisce agli avvenimenti della propria rappresentazione in modo
predeterminato, in quanto esso è condizionato dalle modalità con cui la rappresentazione viene
prodotta dalle funzioni conoscitive del soggetto. Inoltre, l’esistenza del libero arbitrio viene negata in
quanto ciò che può sembrare una scelta libera è in realtà il risultato di uno scontro fra impulsi e
tensioni, fra le quali prevale sempre la Volontà, irrazionale e potente.
Leonardo Resciniti
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Si può solo percepire la libertà, propria della volontà, poiché si avverte il senso di responsabilità delle
proprie azioni, alle quali però non ci si può opporre nonostante il dissidio fra volontà e ragione.
Morale
Schopenhauer critica la nozione dell’imperativo categorico kantiano, criticando il presupposto di un
agente razionale autonomo; non è la ragione a guidare l’etica. Nonostante ciò, dalla Critica della ragion
pratica kantiana Schopenhauer riprende un concetto che ben si sposa con la sua filosofia: l’in sé delle
cose è la volontà. Tutto ciò che è volontà è vano, e quindi non esiste vero appagamento senza
liberazione.
Si deve superare l’egoismo, considerando l’uomo come un frammento parziale dell’umanità; la
corretta prospettiva etica si assume quando si riconosce che tutti gli uomini hanno un’unica e unitaria
radice, sono parte di un unico atto della Volontà. Con la coscienza di ciò ciascuno finisce per portare su
di sé il dolore di tutti; nasce quindi compassione fra gli uomini, che riconoscono l’universale crudeltà
della vita e del Destino. Oltre alla compassione, che fa sentire sulle spalle di ogni uomo il peso dei mali
commessi, nasce anche il sentimento di giustizia, che porta il soggetto ad astenersi dal provocare
dolore agli altri.
In questa parte del Mondo come volontà e rappresentazione Schopenhauer indica come morale corretta
un insieme di precetti in accordo con la visione cristiana, della quale ammira e condivide alcuni ideali
come: tratta il prossimo come te stesso, astieniti dalla violenza, impegnati per diminuire la sofferenza
nel mondo, sii compassionevole.
Secondo Schopenhauer, chi sperimenta veramente la miseria della condizione umana rifugge la
Volontà, e desidera estinguere il desiderio.
Ascesi
È il passo finale della liberazione dalla volontà di vivere; è una negazione serena che avviene come
superamento delle pulsioni.
Per raggiungere questa condizione è necessario rafforzare la ragione contro le passioni, in accordo con
la concezione buddhista secondo cui è necessario eliminare il desiderio per eliminare il dolore.
Schopenhauer riprende pratiche orientali e cristiane medievali di ascesi come la mortificazione del
corpo, per condurre attraverso esse alla sofferenza e al dominio razionale di essa (ciò che il corpo e la
volontà richiedono viene negato dalla ragione). Superata questa fase, l’uomo avrà finalmente
controllato totalmente la volontà di vivere, annullandola; la “beatitudine” schopenhaueriana è felice
accettazione, senza altri desideri, della propria condizione, è il raggiungimento della tranquillità
interiore. In questa visione sono presenti dei rimandi alla concezione spinoziana della beatitudine.
Il problema principale della filosofia di Schopenhauer è come la volontà giunga a rinnegare sé stessa;
essendo però esistiti nella Storia degli uomini (santi e asceti) che hanno soppresso in loro la volontà di
vivere, allora è probabile che nella natura irrazionale della Volontà schopenhaueriana siano insiti
dissidi e lacerazioni che talvolta conducono alla negazione di essa.