Arthur Schopenhauer

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Leonardo Resciniti

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Arthur Schopenhauer (1788-1860)


Uno dei filosofi che si scontra più duramente con l’hegelismo, ottenendo però ben poco successo,
condizione che vivrà fino a dopo il 1848, anno dei moti in Europa, in seguito ai quali si tornerà a
considerare la natura irrazionale delle cose.
Grazie ad un padre benestante compie molti viaggi di studio per l’Europa durante la giovinezza, e si
iscrive all’Università di Gottinga per continuare a dedicarsi agli studi; studia medicina e filosofia.
Frequenta anche la città di Berlino e segue, senza soddisfazione, i corsi di Fichte, Schleiermacher e
Schulze; ritiene l’idealismo una filosofia non seria. Ottiene il dottorato a Jena nel 1813 con una tesi dal
titolo Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente.
Negli anni successivi, grazie ad alcuni scritti pubblicati e al salotto della madre, conosce Johann Goethe,
Friedrich Majer e Wieland, i quali avranno grande influenza sul suo pensiero. Si trasferisce a Dresda e
compone Il mondo come volontà e rappresentazione, per poi viaggiare in Italia e nel 1820 ottenere la
libera docenza universitaria. Insegna all’Università di Berlino dove tiene le sue lezioni negli stessi giorni
e agli stessi orari di Hegel, “il gran ciarlatano”, in segno di polemica, ma ottiene scarso successo fra gli
studenti.
Nel 1851 pubblica una raccolta di riflessioni e aforismi dal titolo Parerga e Paralipomena (frammenti e
temi tralasciati), che lo porta al successo tanto desiderato. Muore nel 1860.
Opere principali: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, Il mondo come volontà e
rappresentazione, I due problemi fondamentali dell’etica, Parerga e Paralipomena.

 Punti di riferimento culturali e filosofici


I riferimenti culturali e filosofici necessari per comprendere la filosofia di Schopenhauer al meglio sono
esposti da lui stesso nel Proemio del Mondo come volontà e rappresentazione.
Kantismo
Per Schopenhauer Kant è il più grande filosofo mai esistito, e gli è enormemente debitore, nonostante
molte delle sue idee vengano più o meno profondamente rielaborate.
L’idea kantiana su cui si fonda la riflessione schopenhaueriana è quella delle categorie, che sono gli
elementi necessari per la conoscenza e riguardano la collocazione dei fenomeni nello spazio, nel
tempo e nel rapporto di causalità. Esse costituiscono per Schopenhauer il “principium individuationis”,
ovvero ciò che permette di riconoscere il singolo come entità diversa e distinta di una più ampia
totalità (l’uomo come parte della pluralità della specie umana).
Platonismo
Anche Platone è considerato uno dei grandissimi della filosofia, viene definito “divino” in alcuni passaggi
del Proemio, e Schopenhauer consiglia di conoscere le sue opere e il suo pensiero per comprendere il
messaggio della II e III parte del Mondo, in cui si riconoscono le influenze della dottrina delle idee.
Orientalismo
Filosofia a cui Schopenhauer si avvicina grazie a Friedrich Majer, è una forma di nichilismo non
distruttivo in cui il raggiungimento della tranquillità e pace interiore (Nirvana) è dato dalla scoperta del
nulla delle cose. Le opere da cui Schopenhauer prende ispirazione sono i Veda e le Upanishad, scritti
sapienziali in sanscrito risalenti rispettivamente al XX e al IX secolo a.C.
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 Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente


È la tesi di dottorato di Schopenhauer, scritta nel 1813 a Jena. In quest’opera la riflessione prende le
mosse dalle categorie kantiane per arrivare al riconoscimento di un principio di ragione sufficiente
ovvero, secondo la terminologia di Leibniz, un principio che stabilisce che nulla può esistere o accadere
senza una ragione sufficiente perché sia così e in nessun altro modo. Questo principio rende possibile
individuare cause o condizioni che spiegano un evento.

o Rielaborazione del kantismo: in questa dissertazione i principi del kantismo a cui


Schopenhauer fa riferimento per fondare la propria riflessione vengono rielaborati.
Intuizione ed Intelletto
Secondo Kant i sensi, attraverso la collocazione dell’esperienza nello spazio e nel tempo, forniscono
intuizioni che poi sono rielaborate attivamente dall’intelletto attraverso le categorie. Per
Schopenhauer invece intelletto ed intuizione sono entrambi passivi e ricettivi, in quanto anche
l’intelletto in realtà si limita a categorizzare i dati senza un processo attivo di costruzione mentale o
riflessione.
Alla luce di questa considerazione per Schopenhauer le categorie a priori di sensibilità e intelletto si
trovano sullo stesso piano.
Riduzione delle categorie
Secondo Schopenhauer delle 12 categorie kantiane è una soltanto quella attraverso cui il soggetto
interpreta il mondo: la causalità. Lo schema conoscitivo umano si basa quindi sui principi a priori di
spazio, tempo e causalità.
Schopenhauer distingue nel mondo quattro classi di oggetti rispetto ai quali la categoria della causa si
articola in diverse modalità:
o Oggetti del mondo fisico: la causalità è evidente nei loro mutamenti, dati appunto dalla
relazione di causa-effetto.
o Concetti: i concetti formano i giudizi, e il contenuto e la veridicità di un giudizio dipendono dal
contenuto e dalla veridicità delle premesse a partire dalle quali esso è formulato, la causalità è
evidente quindi nel rapporto premesse-conseguenze.
o Enti matematici: le condizioni entro cui ci è permesso intuire (e conoscere) gli enti matematici
sono date dalle loro caratteristiche, in quanto da un ente primitivo è possibile costruirne uno
più complesso, la causalità è evidente quindi nel rapporto proprietà-intuizione.
o Istinti della volontà: sono la base delle scelte operate dagli uomini, sono le cause delle azioni in
quanto la volontà è principio dell’agire, la causalità è evidente quindi nel rapporto volontà-
azione.
Ognuna di queste modalità, o “radici”, da cui il titolo dell’opera, (fisica, logica, matematica, morale)
presenta una diversa articolazione della relazione causale, e può quindi essere ricondotta ad essa che
diventa quindi il principio attraverso cui è possibile spiegare il Mondo.
Data anche la necessità del nesso causale esso si configura come principio di ragion sufficiente, che può
essere quindi spiegato come il principio che garantisce sempre l’esistenza di una causa precisa in grado
di spiegare completamente un evento.
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 Il mondo come volontà e rappresentazione


Opera più importante di Schopenhauer, composta a Dresda e pubblicata nel 1819. È divisa in 4 parti che
esprimono però un unico pensiero organico ed omogeneo, fondato sulle stesse premesse logiche.

o I parte, il Fenomeno: nella prima parte dell’opera Schopenhauer espone la sua teoria della
conoscenza, partendo dalle nozioni della filosofia kantiana per ridefinire il concetto di fenomeno
e, di conseguenza, spiegare la “rappresentazione”, in tedesco Vorstellung.
Fenomeno
Secondo Schopenhauer la realtà in sé delle cose non è conoscibile, lo è soltanto il fenomeno, ovvero la
manifestazione delle cose in sé al soggetto, che le coglie ed è in grado di conoscerle scientificamente; il
Mondo si costituisce quindi di soli fenomeni, che vengono colti da ognuno in maniera differente, ed è
perciò un insieme di molteplici realtà individuali collocate dal soggetto secondo i criteri di spazio,
tempo e causalità. Il termine “fenomeno” acquisisce un significato negativo nella filosofia
schopenhaueriana, in quanto indica qualcosa che distorce la vera realtà.
Rappresentazione
La singola realtà vissuta dal soggetto è come fosse un sogno, una rappresentazione “personale”
determinata e costruita da esso e prodotta interamente dalla sua mente; la rappresentazione, in
quanto apparenza, non è detto che sia effettivamente legata ad una verità extramentale esistente.
Quest’ultima affermazione assume toni solipsistici, che però Schopenhauer non vuole che vengano
attribuiti alla sua filosofia, nonostante il concetto di rappresentazione abbia implicite conseguenze
solipsistiche. Per Schopenhauer il solipsismo è «un problema psichiatrico e non filosofico», qualcosa
che «è stato usato in filosofia non altrimenti che come sofisma scettico».

o II parte, il Noumeno: dopo aver definito il fenomeno e il suo carattere soggettivo ed


ingannevole, Schopenhauer si impegna nella definizione della Verità, del principio metafisico
fondante della realtà; il noumeno non è più un limite per la conoscenza umana, ma è ciò che
permette di dare stabilità e un carattere “universale” alle diverse rappresentazioni, poiché si
basano su di esso.
La Volontà come essenza
Il Mondo è rappresentazione, fenomeno, ma a differenza di Kant e di Platone, grandi maestri, per
Schopenhauer dietro ad esso non vi è una realtà extramentale come il Noumeno o l’Iperuranio, bensì
squarciando il Velo di Maya che ricopre tutte le cose, ci si rende conto che la loro essenza è il Nulla, e
che dietro di esse non vi è altro che uno specchio che riflette la nostra immagine; per vivere
serenamente è necessario rendersi conto dell’inganno del Velo di Maya (negli scritti indiani
identificabile con la dottrina del tat tvam asi), poiché qualcuno realmente in sé non cederebbe mai ad
alcun inganno.
Non esiste alcuna verità fisica, l’unica verità è raggiungibile abbandonando la rappresentazione,
vivendo il corpo “dall’interno” in modo da acquisire coscienza delle sue esigenze, dei suoi bisogni e
delle sue tensioni. Attraverso questa “intuizione interiore” immediata è possibile comprendere che
l’essenza umana non è altro che Volontà (in tedesco Wille), precisamente volontà di vivere, ovvero una
potente spinta irrazionale all’azione, priva di qualunque finalità in quanto forza primordiale.
Volontà e Desiderio
La Volontà, o voluntas, è l’essenza di tutti gli uomini e più in generale di tutte le cose esistenti, in
quanto nulla, nemmeno le piante o l’acqua dei fiumi e delle cascate, permane in modo stabile in uno
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stato di equilibrio, ma tende sempre verso qualcos’altro, aspira a qualcos’altro. Questo elemento di
tensione negli uomini è dato dal desiderio.
La spinta del desiderio non è mai soddisfatta, si desidera sempre, e questo stato di mancanza e
insoddisfazione porta gli uomini a soffrire e a provare dolore perennemente, tranne nei momenti in cui
il desiderio è soddisfatto e quindi provoca noia; per Schopenhauer «il pendolo della vita oscilla fra il
dolore e la noia».
Rapporto fra Volontà e Rappresentazione
o Nell’individuo: la volontà è la causa di tutte le azioni umane, anche se esse sono in conflitto con
l’istinto razionale, poiché la tensione verso il desiderio è estremamente forte. Agli occhi
dell’uomo il desiderio nasconde l’essenza delle cose, proprio come il Velo di Maya nasconde la
realtà.
o Nel Mondo: sono due facce della stessa medaglia, il mondo si dà al soggetto sia come volontà
sia come rappresentazione, in quanto il soggetto conoscente ha doppia natura. È in grado di
individuare l’essenza delle cose nella volontà di vivere ed è capace di rappresentare i rapporti
fra i fenomeni attraverso il principio di individuazione.
Ogni azione del corpo è oggettivazione e manifestazione fenomenica della Volontà, e appartiene
perciò al mondo delle rappresentazioni.
La Rappresentazione stessa è oggettivazione della Volontà e non effetto di essa, poiché la categoria
della causalità e quindi la relazione causa-effetto è valida solo nel mondo della rappresentazione; la
Volontà è unica, unitaria e indistinta, e si oggettiva nelle forme generali delle cose, le idee, che sono
anch’esse esterne allo spazio e al tempo e costituiscono il “primo” principio di individuazione. Dalle idee
derivano poi le manifestazioni fenomeniche, che sono il risultato delle funzioni conoscitive del
soggetto.
Lo scopo della vita
La vita non ha uno scopo, è totalmente assente ogni tipo di struttura teleologica.
La vita è sofferenza, perpetuare la vita equivale a perpetuare la sofferenza; il matrimonio unisce due
infelicità per generarne una terza; non è altro che un’apparente ancora nella solitudine e nel dolore, in
quanto nessuno realmente felice sentirebbe il bisogno di legarsi profondamente ad un’altra persona.
L’amore è il “grande inganno” perpetrato dal “Genio della Specie”, che illude gli uomini di soddisfare i
propri desideri e la propria volontà quando in realtà essi non stanno facendo altro che porre i
presupposti della loro stessa infelicità.
L’unica via per uscire dalla sofferenza e dall’infelicità è estinguerne ed estirparne la radice: il desiderio.
L’obiettivo della filosofia di Schopenhauer è la conversione della voluntas in noluntas.
L’atto del suicidio, che potrebbe sembrare una soluzione per porre fine all’infelicità perenne degli
uomini non è altro che un’affermazione della volontà di vivere: chi si toglie la vita cede, sopraffatto
dall’insoddisfazione derivante dal suo desiderare, e rinuncia soltanto a vivere ma non a voler vivere.
Voluntas e Noluntas
Sopprimere la volontà in “volontà che non desidera”, da cui il termine noluntas, volontà che nega sé
stessa, contrapposto a voluntas, è l’obiettivo della filosofia schopenhaueriana; la noluntas è una volontà
non orientata all’azione, che trasforma il motivo (la spinta verso l’oggetto del desiderio) in quietivo
(qualcosa che sospende la volontà di vivere).
Compiendo questo passo si raggiunge una condizione di “beatitudine” simile a quella del Nirvana
buddhista: non si desidera nulla perché si accetta serenamente la propria condizione; si combatte il
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tormento dell’esistenza attraverso una “terapia intellettuale”.


Per compiere questo passo è necessario indagare la storia naturale dell’umanità, ovvero come essa ha
vissuto nel tempo ed è arrivata alla condizione del presente; questa riflessione evidenzia nell’ottica di
Schopenhauer l’inadeguatezza della filosofia idealistica, che celebra ed esalta l’ordine e la razionalità
quando tutto è governato da una spinta ad agire irrazionale che deve essere dominata.
La conversione in noluntas permette quindi di arrivare a controllare gli impulsi, di eliminare la causa
dell’insoddisfazione e di risolvere il conflitto fra volontà e ragione interno al soggetto.
La liberazione dalla volontà di vivere si articola in tre passaggi.

o III parte, Arte ed Esperienza Estetica: per Schopenhauer l’arte è in grado di dare sollievo
dagli affanni dell’esistenza, la contemplazione dell’arte infatti sospende la frenesia della
Volontà e permette una temporanea liberazione dal desiderio e dalla sofferenza.
Arte
La funzione liberatoria dell’arte è ad essa conferita dall’artista, il genio in grado di analizzare la realtà e
riprodurla nelle sue vere forme: l’artista riproduce le idee, non soggette al divenire.
Questo carattere universale, conferito all’arte già da Schelling (secondo cui in essa oggetto e soggetto
trovano corrispondenza) permette a tutti gli uomini di vivere l’esperienza estetica, che diventa un
mezzo per sviluppare consapevolezza della condizione dell’umanità: le rappresentazioni artistiche
ritraggono la realtà sub specie aeternitatis, ovvero evidenziano l’immutabilità del dramma della vita
nella Storia. Il soggetto che vive l’esperienza estetica è un soggetto conoscitivo “puro”, ovvero libero
dagli istinti della volontà, dal dolore e che non analizza il mondo attraverso il principium
individuationis bensì ne ha una percezione più ampia e oggettiva.
Gerarchia delle arti
Secondo Schopenhauer vi è una gerarchia fra i diversi tipi di arte:
o Architettura: connessa alle forze materiali inorganiche.
o Pittura: idee del mondo vegetale, animale e umano
o Scultura: idee del mondo vegetale, animale e umano
o Poesia: idee del mondo umano; la forma di poesia più alta è la tragedia, che rappresenta la
condizione di conflitto causata dalla Volontà.
o Musica: non si limita a raffigurare le idee ma esprime direttamente la Volontà e il desiderio, in
quanto anch’essa riempie un vuoto ma soltanto temporaneamente.
quanto più è elevata l’idea, tanto più è elevato il tipo di arte corrispondente.

o IV parte, Morale e Ascesi: l’esperienza estetica è soltanto una liberazione temporanea dalla
volontà, e per questo motivo Schopenhauer ricerca soluzioni durature e definitive in campo
etico; queste sono trattate, oltre che nel Mondo, in un’opera dal titolo I due problemi
fondamentali dell’etica.
Libero arbitrio
Per Schopenhauer non esiste il libero arbitrio, tutto risponde a delle norme e delle leggi fortemente
deterministiche: ognuno reagisce agli avvenimenti della propria rappresentazione in modo
predeterminato, in quanto esso è condizionato dalle modalità con cui la rappresentazione viene
prodotta dalle funzioni conoscitive del soggetto. Inoltre, l’esistenza del libero arbitrio viene negata in
quanto ciò che può sembrare una scelta libera è in realtà il risultato di uno scontro fra impulsi e
tensioni, fra le quali prevale sempre la Volontà, irrazionale e potente.
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Si può solo percepire la libertà, propria della volontà, poiché si avverte il senso di responsabilità delle
proprie azioni, alle quali però non ci si può opporre nonostante il dissidio fra volontà e ragione.
Morale
Schopenhauer critica la nozione dell’imperativo categorico kantiano, criticando il presupposto di un
agente razionale autonomo; non è la ragione a guidare l’etica. Nonostante ciò, dalla Critica della ragion
pratica kantiana Schopenhauer riprende un concetto che ben si sposa con la sua filosofia: l’in sé delle
cose è la volontà. Tutto ciò che è volontà è vano, e quindi non esiste vero appagamento senza
liberazione.
Si deve superare l’egoismo, considerando l’uomo come un frammento parziale dell’umanità; la
corretta prospettiva etica si assume quando si riconosce che tutti gli uomini hanno un’unica e unitaria
radice, sono parte di un unico atto della Volontà. Con la coscienza di ciò ciascuno finisce per portare su
di sé il dolore di tutti; nasce quindi compassione fra gli uomini, che riconoscono l’universale crudeltà
della vita e del Destino. Oltre alla compassione, che fa sentire sulle spalle di ogni uomo il peso dei mali
commessi, nasce anche il sentimento di giustizia, che porta il soggetto ad astenersi dal provocare
dolore agli altri.
In questa parte del Mondo come volontà e rappresentazione Schopenhauer indica come morale corretta
un insieme di precetti in accordo con la visione cristiana, della quale ammira e condivide alcuni ideali
come: tratta il prossimo come te stesso, astieniti dalla violenza, impegnati per diminuire la sofferenza
nel mondo, sii compassionevole.
Secondo Schopenhauer, chi sperimenta veramente la miseria della condizione umana rifugge la
Volontà, e desidera estinguere il desiderio.
Ascesi
È il passo finale della liberazione dalla volontà di vivere; è una negazione serena che avviene come
superamento delle pulsioni.
Per raggiungere questa condizione è necessario rafforzare la ragione contro le passioni, in accordo con
la concezione buddhista secondo cui è necessario eliminare il desiderio per eliminare il dolore.
Schopenhauer riprende pratiche orientali e cristiane medievali di ascesi come la mortificazione del
corpo, per condurre attraverso esse alla sofferenza e al dominio razionale di essa (ciò che il corpo e la
volontà richiedono viene negato dalla ragione). Superata questa fase, l’uomo avrà finalmente
controllato totalmente la volontà di vivere, annullandola; la “beatitudine” schopenhaueriana è felice
accettazione, senza altri desideri, della propria condizione, è il raggiungimento della tranquillità
interiore. In questa visione sono presenti dei rimandi alla concezione spinoziana della beatitudine.
Il problema principale della filosofia di Schopenhauer è come la volontà giunga a rinnegare sé stessa;
essendo però esistiti nella Storia degli uomini (santi e asceti) che hanno soppresso in loro la volontà di
vivere, allora è probabile che nella natura irrazionale della Volontà schopenhaueriana siano insiti
dissidi e lacerazioni che talvolta conducono alla negazione di essa.

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