Feet Patting
Feet Patting
Feet Patting
“La nascita del Lindy Hop è un chiaro esempio di come la vicenda del jazz
proceda attraverso l’intreccio di danza e musica”1. Questa frase di Stefano Zenni,
presente nel testo Storia del Jazz, una prospettiva globale e riferita in particolare
al periodo dello swing, ha attirato la mia attenzione e risvegliato la mia curiosità.
Sono una danzatrice professionista e qualsiasi riferimento all’arte tersicorea mi
affascina. È stato quindi per me naturale e spontaneo avvertire l’esigenza di
capire quale fosse la natura del rapporto tra jazz e danza e approfondirne le
caratteristiche e le evoluzioni storiche e stilistiche.
È noto a tutti che quasi tutto il jazz prodotto prima dell’epoca bebop fosse in
qualche modo musica di consumo, e in quanto tale pensata, suonata e incisa per
l’intrattenimento e il divertimento dei giovani occidentali. È altrettanto chiaro che
gran parte dell’industria dell’intrattenimento giovanile, come succede anche ora,
per quanto forse in maniera meno esclusiva, era legato all’universo della danza,
espressione di naturale socializzazione in contesti di festa e di divertimento.
Tuttavia, il pensiero che i ballerini avessero anch’essi contribuito in qualche modo
all’evoluzione della musica jazz non era scontato e, soprattutto, non era qualcosa
a cui i manuali di storia del jazz che avevo letto avessero dedicato un’attenzione
particolare. Persino Zenni, che in quella sua frase rivela l’importanza della danza
come elemento di sviluppo della musica jazz, non ne approfondisce il legame per
più di un paio di pagine. La danza è un’arte estremamente effimera che, per
quanto esistano elaborati sistemi di notazione, non si scrive, se non raramente.
Inoltre non si incide e, anche quando filmata, perde gran parte del proprio
fascino e del proprio significato. Forse per questo è molto difficile parlare di
danza senza praticarla o esperirla direttamente. Eppure, se davvero questo
legame tra musica e danza è stato così importante, mi sembrava doveroso dare
voce anche a questo tipo di esperienza e uno spazio a tutti quei ballerini che,
anno dopo anno, hanno consumato le suole delle loro scarpe nella ricerca del
passo perfetto per la musica che stavano ascoltando e forse, perché no, del
suono perfetto per il movimento che avevano in testa.
La mia ricerca non vuole essere un trattato esaustivo sulle danze americane, né
1
Stefano Zenni, Storia del Jazz, una prospettiva globale. Ed. Stampa alternativa / Nuovi equilibri, 2012
2
ha la pretesa di esaurire la questione del rapporto tra danza e jazz in epoca
swing, ma è un approfondimento sulle caratteristiche delle danze d’oltreoceano
e sugli elementi che agli inizi degli anni Trenta hanno condotto la musica jazz a
evolvere verso precise strade e a rispondere a esigenze altrettanto precise,
quelle dei ballerini di Lindy Hop.
Introduzione
2
Alberto e Corrado Barbieri: http://www.jazznellastoria.it/coseswing.html
3
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback
1968 (T.d.A.)
3
nell'evoluzione dei diversi stili. Negli anni, infatti, le diverse danze vernacolari
americane, dopo aver sostituito all’inizio del XX secolo quelle di derivazione
europea, si sono susseguite e sostituite l’una con l’altra: dal il Fox Trot al
Charleston e poi allo Jitterbug, o Lindy Hop, dal Twist al Rock'n'Roll, in un
processo che continua tutt’ora attraverso la continua l’evoluzione delle danze
che appartengono alla cultura Hip Hop.
Sembra che la direzione di questa evoluzione progressiva negli stili si sia mossa
verso il riconoscimento, prima, e il lento recupero, poi, di ritmi, atteggiamenti
ed elementi propri delle danze afroamericane che, dall’Africa sono stati importati
e reinterpretati nei Caraibi e, successivamente, trasformati nel nuovo continente.
Essi sono rimasti vivi per decenni e tutt'ora fanno parte dell'incredibile
patrimonio delle danze americane. Ad esempio, proprio il movimento swingante
del Twist, che deriva da tradizioni africane, è stato codificato in una danza diffusa
intorno al 1913, chiamata Ballin' the Jack e, dopo essere diventata Twist
cinquant'anni più tardi, fa oggi parte del vocabolario espressivo della House
Dance, in cui è conosciuto con il nome di Jack in The Box, e della danza Hip Hop,
in cui viene chiamato bounce. Ecco quindi che, come nella musica, anche nella
danza, lo swing del movimento ritorna come vero elemento caratteristico delle
danze popolari americane.
Per comprendere meglio come questa peculiare qualità si sia creata e da quali
tipi di tradizioni provenga è utile aprire uno spazio alla storia di queste danze.
Ciò ci permetterà anche di analizzare come i differenti elementi espressivi e
culturali legati al movimento danzato si siano rapportati alla musica, che
evolveva in maniera parallela e sincronica.
Un'analisi delle danze presenti sul continente americano tra la fine del XIX e
l'inizio del XX secolo, a cui hanno dato il via studiosi come Dafora e Holder,
mostra una predominanza di danze di origine inglese ed europea, come la
Square Dance. Tuttavia, danze nate all'interno dei gruppi di schiavi, come il
celebre Cakewalk di New Orleans, il Mambo o lo Shimmy, furono
immediatamente identificate da questi studiosi come evoluzioni di danze e
4
movimenti propri della tradizione africana. Peraltro, molti di questi balli, come lo
Shake e il Charleston, nonchè lo stesso Mambo, avevano già subìto una
trasformazione nei Caraibi, a Cuba e a Trinidad4, anche se lì erano conosciute
con nomi differenti. Persino il celeberrimo Lindy Hop deriva dalla Shango Dance,
una danza tribale che si ritrova all'interno della cultura Yoruba in Nigeria.
È estremamente complesso e allo stesso tempo riduttivo cercare di delineare
brevemente gli elementi che possano descrivere le danze africane. Del resto, lo
stesso aggettivo “africano” risulta generico e impedisce di comprendere la
straordinaria ricchezza del panorama espressivo proprio di questo continente, le
cui etnie autoctone hanno sviluppato nei secoli forme di musica e ballo
assolutamente peculiari. Ciononostante, cercheremo di individuare i tratti che
possono avvicinare tra loro queste stesse forme e di comprendere in cosa esse
differiscono da quelle europee.
La prima tra le caratteristiche principali delle danze africane è che non conosce
il contatto tra corpi dei ballerini. Questa è una differenza sostanziale con le danze
di tradizione europea, che, essendo spesso danze di coppia, prevedono invece
tradizionalmente il contatto tra due partner.
Un secondo elemento proprio della danza africana riguarda una sostanziale
mancanza di movimenti rigidamente codificati: essendo essa un "elemento
fondamentale di espressione estetica"5, estemporanea e individuale, sembra che
non ci sia un limite all'utilizzo di movimenti che, partendo dalla semplice
camminata, coinvolgono salti, skip, rotazioni di bacino, giri e cadute al suolo,
movimenti rapidi di spalle, braccia e mani.
Un terzo elemento è determinato dal rapporto tra coralità del gruppo, che in
molte danze, come il Ring Shout, chiamato anche Circle Dance, sfrutta il
movimento di rotazione antioraria di tutti i danzatori, e l'individualità del
ballerino solista, che per un attimo prende spazio all'interno del cerchio o di
4
Si veda Stefano Zenni, Storia del Jazz, una prospettiva globale. Ed. Stampa alternativa / Nuovi equilibri, 2012. All’inizio
del volume è riportata una mappa che descrive la migrazione degli schiavi dall’Africa al nuovo continente in cui si
chiarisce come in massima parte essi venissero concentrati nelle isole dei Caraibi e solo in un secondo momento, trasferiti
nelle coste statunitensi. Inoltre, dopo la rivolta degli schivi di Haiti del 1804, che allora era la colonia maggiormente
popolata da schiavi, molti di loro riuscirono a raggiungere Cuba e poi a New Orleans, portando sul territorio americano
una cultura in cui elementi provenienti da diverse tradizioni africane si erano già miscelati tra loro e avevano a loro volta
incontrato la cultura francese e spagnola.
5
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback,
1968 (T.d.A.)
5
fronte al resto del pubblico e si lascia andare a un 'improvvisazione
estemporanea.
Altre caratteristiche proprie delle danze africane ci aiutano a identificare la loro
effettiva influenza sulla cultura americana. In primo luogo, poiché in Africa si
balla a piedi nudi sulla terra, le danze africane tendono a eliminare gli elementi,
tipici per esempio delle danze di origine irlandese, in cui il suono delle scarpe su
un pavimento di legno è di primaria importanza. In secondo luogo, questi balli
sono spesso eseguiti mantenendo una posizione piuttosto rilassata del corpo che
si piega liberamente a livello di articolazioni quali ginocchia, gomiti e bacino.
L'usanza di irrigidire il corpo, mantenere una posizione eretta e preoccuparsi
dell'estetica delle linee del corpo è infatti una caratteristica principalmente
Europea. Inoltre le danze africane generalmente imitano i movimenti di alcuni
animali, da cui traggono ispirazione.
The Old Plantation, opera d'arte popolare realizzata su acquerello che riproduce una scena di musiche e danze tra un
gruppo di schiavi. Fine del XVIII sec, Carolina del Sud
6
Ibid.
7
Ibid.
8
Ibid.
7
Nel XIX secolo, il livello di segregazione nella città era molto basso e francesi,
creoli e spagnoli convivevano in maniera pacifica con gli schiavi africani. I creoli
tendevano ad esprimere i caratteri della cultura europea, mentre gli schiavi
avevano abbastanza spazio e libertà per praticare le danze del proprio continente
di origine. Così, mentre i creoli inviavano i propri figli a Parigi perché imparassero
le danze di corte, i loro corrispettivi schiavi si divertivano con le danze africane
all'interno delle piantagioni attorno a New Orleans e a Congo Square, nel cuore
della città. La prima descrizione di queste manifestazioni risale al 1853 e utilizza
già il termine shuffle per descrivere il movimento del piede che percuote il
terreno prima con la punta e poi col tallone e che diventerà prima un passo
fondamentale della tap dance e dello swing, e in seguito della House Dance: “il
piede cercava uno spazio più ampio della sua stessa lunghezza salendo e
scendendo ruotando all'interno e all'esterno tocca prima la punta e poi il tallone
sempre più velocemente”9. Le danze tipiche degli schiavi di New Orleans erano
per esempio la Calinda, la Bamboula, la Chacta, la Juba, la Congo, la Voodoo,
tutte conosciute già nei Caraibi.
Ciò che colpì da subito i gli osservatori occidentali era la libertà in cui gli arti si
muovevano e la dissociazione che avveniva tra le diverse articolazioni del corpo.
Il senso di forza, vitalità e sensualità era molto evidente e questo provocò un
certo scalpore tra i gli occidentali, abituati fino a quel momento a una maggiore
compostezza nel corpo dei ballerini. Allo stesso modo, però, gli schiavi erano
affascinati dalle quadriglie e da altri balli derivati dalla tradizione nobiliare delle
principali città europee e si lasciavano inspirare dalla forma, dal rigore e
dall'ordine proprio di questi stili di danza. Gradualmente e, in particolare nella
prima metà del XIX secolo, sì può notare un avvicinamento tra le danze creole
ed europee e quelle africane, dovuto anche al fatto che era possibile condividere
concretamente spazi e contesti tra membri appartenenti a razze diverse. La
situazione peggiorò nella seconda metà del secolo, quando il concetto di
segregazione si fece più consistente e concreto anche a New Orleans. Diventò
sempre più difficile per gli schiavi frequentare gli stessi ambienti frequentati dai
bianchi e viceversa: lo stesso codice di separazione che stava prendendo piede
in tutto il Sud degli Stati Uniti coinvolse presto anche New Orleans e i quartieri
9
Ibid.
8
abitati dagli inglesi protestanti, nella parte sud della città, vennero
completamente preclusi agli schiavi, relegati nei quartieri uptown. L'incontro tra
cultura africana e cultura europea subì un rallentamento, che tuttavia non ne
impedì lo sviluppo, per quanto meno forte e meno visibile: l'influenza reciproca
tra le differenti culture era ormai un processo inevitabile e il fascino che veniva
nutrito nei confronti delle altre etnie persisteva, talvolta espresso attraverso
l'imitazione caricaturale, la satira e la comicità. Leigh Whipper, un attore di New
York, ricorda addirittura che a cavallo alla fine del XIX secolo gli schiavi
ricevevano privilegi speciali se erano ritenuti dei buoni ballerini. La sua balia
racconta: “noi schiavi osservavamo le feste dei bianchi dove gli invitati ballavano
un minuetto seguito da una marcia, con le signore e signori che procedevano
schiena contro schiena in direzione di diverse e poi li incontravano braccio a
braccio marciando verso il centro insieme. Anche noi lo facevamo, ma eravamo
soliti prenderli in giro. Ogni tanto i bianchi se ne rendevano conto ma sembrava
che ciò lì divertisse. Io credo che loro pensassero che noi non fossimo in grado
di danzare meglio di così.”10 L'utilizzo dell'elemento della satira, già tipico delle
forme espressive di molte culture africane, era quindi molto presente ed era un
mezzo attraverso il quale scaricare la tensione dovuta alle continue repressioni
e umiliazioni subite. I padroni bianchi, infatti, non avrebbero mai potuto punire
gli schiavi per questa grottesca imitazione delle proprie danze perché questa
sarebbe stata l'inaccettabile conferma di avere effettivamente riconosciuto se
stessi nella danza dei propri schiavi. Questo è un meccanismo complesso, che è
stato successivamente racchiuso nel termine signifying.
Naturalmente queste grottesche imitazioni, di cui la più celebre resta forse il
fenomeno del Cakewalk, erano già una trasformazione della forma di danza
originale europea, e non solo dal punto di vista dell’espressione fisica e
dell’interpretazione. Per esempio, a livello ritmico, gli schiavi tendevano a
eseguire in 4/4 figure originariamente pensate in 6/8. Inoltre, introducevano
passaggi solistici e break improvvisati di cui la forma tradizionale europea era
completamente scevra11.
Questo processo di dialogo tra elementi originariamente appartenenti a universi
10
Ibid.
11
Come già visto in precedenza, la presenza del solista e dell'elemento improvvisativo è uno degli elementi tipici delle
danze africane.
9
culturali diversi crea un sincretismo espressivo di cui un altro importante
esempio è lo Juba, che viene sviluppato a Cuba e che utilizza “passi e figure della
corte di Versailles combinate con i movimenti del bacino proprio del Congo” 12. I
ballerini creavano un cerchio ed eseguivano diversi passi muovendosi sulla sua
circonferenza. Il risultato è una danza di gruppo continua, quasi coreografata,
che combina pattern di botta e risposta tra danza, canto e body percussion e,
ovviamente, momenti improvvisativi tipici delle danze africane. Patting Juba
diventa una routine speciale di ritmi con mani, piedi, ginocchia e fianchi che
accompagnano la cadenza ritmica del corpo, una funzione che in Africa sarebbe
stata tradizionalmente eseguita dalle percussioni.
Un’ altra esperienza europea assorbita all’interno di quella afroamericana è
quella dello Jig, uno stile di derivazione irlandese in cui il piede veniva utilizzato
come strumento ritmico e percosso al suolo. Lo Jig divenne presto un termine
che identificava anche la danza degli schiavi africani e venne sviluppato nelle
piantagioni anche attraverso dei veri e propri momenti di competizione tra i
ballerini, prima di essere introdotto anch'esso nei minstrel show. Nel descrivere
uno di questi contest, un ex schiavo di nome James Smith racconta: “il mio
padrone aveva una piccola piattaforma costruita apposta per i contest di Jig. Gli
uomini di colore arrivavano da ovunque per vedere chi era il migliore. C'era una
grande folla e venivano scommesse soldi sul vincitore punto i ballerini ballavano
sempre più veloce e la folla urlava e li incitava.”13 Questa forma di danza, che si
basava essenzialmente su un footwork14 ritmico, diventa la base per lo sviluppo
della tap dance che, a sua volta, influenzerà il jazz fino all’epoca del bebop,
fornendo ispirazione per l’evoluzione di figure ritmiche sempre più complesse. 15
A livello ritmico, ciò che di più interessante succede in questo periodo è che
musicisti iniziano a spostare l’accento sul secondo tempo di ogni battuta,
passando gradualmente da un’interpretazione ritmica cosiddetta square,
quadrata, più legata alla tradizione delle marce europee, a una sincopata, più
12
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback,
1968 (T.d.A.)
13
Ibid.
14
Con questo termine, si indica nella danza ciò che riguarda il movimento dei piedi e le diverse tecniche utilizzate in
particolare per muovere, anche in maniera virtuosistica, la parte bassa delle gambe.
15
Secondo Marshall e Stearns, batteristi del calibro di Kenny Clarke, Art Blakey e Max Roach, hanno sviluppato il loro
linguaggio a contatto con i ballerini di tap dance all’inizio della loro carriera.
10
tipica del jazz.
Anche il Ring Shout ha avuto una funzione fondamentale nel mantenere alcuni
elementi tipici delle danze africane all'interno dell’espressione culturale e
corporea nel nuovo continente. È una danza che si sviluppa nel contesto della
confessione battista, in cui l'utilizzo delle percussioni e ovviamente della danza
era stato impedito per motivi di decoro. Il Ring Shout però prevede, così come
il Patting Juba l'utilizzo del clap16 e dello stomp17 al posto delle percussioni e
passi come lo shuffle in cui le gambe non si incrociano: "poiché i Battisti
definivano il danzare come un incrocio di gambe, il Ring Shout era considerato
accettabile”.18 Il Ring Shout ha avuto moltissima fortuna, a tal punto che, nata
come danza religiosa ha comunque contribuito allo sviluppo di molte forme
sviluppate nel contesto dei minstrel show, in cui era probabilmente utilizzata
come numero di chiusura ed eseguito dall'intera compagnia che cantava e
ballava. Anche la danza Eagle Rock deriva da un contesto religioso, ed è dedicata
a una chiesa di Kansas City, la Eagle Rock Baptist Church, in cui si danzava
spesso durante servizi religiosi dopo la guerra civile. Essa è un esempio di come,
durante il periodo della nascita delle prime forme di jazz, si possano ritrovare
numerosissime testimonianze di quanto la danza sia stata sin da subito un
elemento di fondamentale sviluppo ed espressione della musica afroamericana.
Il cornettista Charlie Love, ad esempio, ricorda la Eagle Rock si danzava
specificamente sulla musica di Buddy Bolden.19
Allo stesso tempo, i ballerini bianchi avevano capito che alcuni elementi della
danza afroamericana, così come era interpretata dagli schiavi, stavano
diventando particolarmente affascinanti per il pubblico. Per questo motivo,
iniziarono proprio in quegli anni a recitare con il viso dipinto di nero, in modo da
poter assumere più liberamente lo stile, l'atteggiamento e la qualità di
movimento propri dei loro colleghi di origine africana. Entro la metà del XIX
secolo, ballerini bianchi con la faccia pitturata di nero che imitavano gli schiavi
accompagnati da banjo, tamburi e battiti di mani erano al lavoro per creare un
16
Il battere insieme le mani tra loro.
17
Il percuotere il piede per terra con energia.
18
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback,
1968 (T.d.A.)
19
Da un’intervista, New Orleans, 1959.In Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall
Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback, 1968
11
nuovo stile.
Tutte le danze di questo periodo erano eseguite in tempo binario, esattamente
come la musica, e la complessità ritmica che si stava sviluppando nella musica
jazz, stava gradualmente evolvendo anche nella danza. Con l'andare del tempo
e con l'evoluzione dei diversi stili, le danze americane, esattamente come la
musica jazz, hanno abbracciato anche la complessità ritmica tipica della cultura
musicale africana. Passi e sequenze in 6/4, o addirittura in 5/4, venivano
eseguite su brani in 2/4 o 4/4, creando combinazioni poliritmiche
particolarmente complesse e sofisticate.
A cavallo tra gli anni Dieci e gli anni Venti, nei contesti rurali si assisteva alla
rivoluzione del blues, che, con il tempo, sostituì le danze più rapide legate al
contesto della fiddle music: “probabilmente fu il ballo a trasformare la ballata in
blues: i rapidi balli di gruppo stavano cedendo il tempo allo slow drag20, balli in
coppia a un ritmo più lento”21. Qualche anno più tardi, nei grossi centri urbani,
in particolare a New York, si assisterà all’avvento del Charleston, reso celebre
dalla fortunata rivista Runnin’ Wild, prodotta nel 1923 da Miller e Lyles, gli stessi
produttori di Shuffle Along. La danza, scatenata e irriverente per i costumi
dell’epoca, divenne presto un simbolo di ribellione e libertà in particolare per le
ragazze, le flapper girls, che lo ballavano senza pudore, in gonna e capelli corti,
fino all’alba. Il Charleston, il cui nome deriva proprio dal titolo di uno dei brani
più celebri di Runnin’ Wild, chiamato Charleston, South Carolina, composto da
James P. Johnson, si trasformò presto in una delle icone dei roaring Twenties.
Alcuni musicologi, come Mervyn Cook, sostengono che questa danza abbia
indirizzato il percorso della musica jazz verso i successivi sviluppi: “la popolarità
crescente di danze come il Charleston fecero nascere l’esigenza di uno stile di
jazz più dinamico in cui l’andamento da marcia lasciò spazio a un incedere più
impetuoso e brillante”22
20
Un celebre esempio di Slow Drag è osservabile nel breve film Saint louis Blues, che vede come protaginista Bessie
Smith. Alla fine del film, l’attore e tap dancer Jimmy Mordecai invita a ballare la celebre cantante.
https://www.youtube.com/watch?v=TAIWkANToPA
21
Stefano Zenni, Storia del Jazz, una prospettiva globale. Ed. Stampa alternativa / Nuovi equilibri, 2012
22
Frankie Manning, Cynthia R. Millman, Frankie Manning: Ambassador of Lindy Hop. Ed. Temple University Press,
2007
12
Il Lindy Hop e la rivoluzione musicale dello Swing
A cavallo tra gli anni Venti e Trenta, a New York City avviene una rivoluzione
musicale da cui nasce un genere nuovo, ufficialmente registrato nel 1932, ma
già suonato dal 1929. Si tratta dello swing. La danza a cui questo nuovo stile si
accompagna, che velocemente si impone nelle sale da ballo della Grande Mela
sullo Shimmy, sul Charleston e sul Fox Trot, viene chiamata Lindy Hop o
Jitterbug, e dominerà la scena delle danze sociali americane e non solo per più
di un decennio. Questa nuovo stile, che contiene numerosi elementi propri della
cultura afroamericana, è caratterizzato da movimenti vigorosi ed energici e
un'alta complessità ritmica.
Un'analisi delle registrazioni dei primi esempi di musica swing risulta purtroppo
difficile a causa della depressione che aveva duramente colpito gli Stati Uniti
proprio dal 1929, ma le sue caratteristiche possono essere identificate in quattro
elementi principali: la preferenza della scansione ritmica in 4/4, l'utilizzo del
pizzicato sul contrabbasso, l'uso del riff come elemento di composizione e
sviluppo dei brani e la sempre maggior importanza assegnata alla batteria.
Questi elementi si combinano gradualmente nel corso degli anni Trenta per dare
vita ad un nuovo risultato ritmico e timbrico.
La rivoluzione fu possibile grazie diversi fattori, primo tra tutti quello legato a
una più alta qualità delle registrazioni a partire dalla metà degli anni Venti, senza
la quale sarebbe stato impossibile rendere il timbro dei cordofoni e della batteria
al completo. Anche il diffondersi della radio permise una trasmissione su larga
scala e in tempo reale della nuova cultura musicale, in particolare da ciò che
succedeva al Savoy Ballroom, club di Harlem che fu la culla di questa esperienza
artistica. Infine, il successo del Savoy ispirò l'apertura di un incredibile numero
di locali e sale da ballo, in New York City ma non solo, che dettero effettivamente
spazio a compositori e musicisti di sperimentare le nuove possibilità espressive.
C'è però anche un altro elemento che contribuì in maniera sostanziale allo
sviluppo dello swing. Si tratta della stretta relazione creata tra musicisti e
ballerini. Secondo lo storico Howard Spring, nel suo saggio Swing and The Lindy
Hop: Dance, Venue, Media and Tradition, “in particolare la risposta dei musicisti
13
alla domanda estetica e commerciale dei ballerini è il risultato dei cambiamenti
avvenuti nelle danze sociali.”23 Poiché la sussistenza dei musicisti jazz dipendeva
dal successo che la loro musica poteva avere sul pubblico delle sale da ballo in
cui lavoravano, essi avevano tutto l'interesse a sviluppare elementi musicali che
potessero meglio sposarsi con le esigenze della nuova danza. Per quanto spesso
sottovalutata dagli storici del jazz, come già detto negli Stati Uniti la relazione
tra danza e musica è sempre stata molto forte e il Lindy Hop non è il primo stile
che si diffonde in maniera così globale. Esso era stato infatti già preceduto dal
Turkey Trot negli Anni Dieci, dal Texas Tommy e dal Ballin' The Jack, di cui
abbiamo già parlato in precedenza, e, successivamente, dal Black Bottom, dallo
Shimmy e dal già citato Charleston, che durante gli anni Venti arrivarono anche
in Europa.
Il termine Lindy Hop fu introdotto ufficialmente nel 1928 dal ballerino Shorty
Snowden in occasione di una maratona di danza in un locale chiamato Manhattan
Casino: “stavo eseguendo i miei passi regolari proprio come avevamo sempre
fatto al Savoy forse solo un po' più veloce, ma ovviamente la maggior parte delle
persone non avevano mai visto niente del genere … era qualcosa di nuovo per
loro ed ero sicuro che avrei vinto facendo qualsiasi cosa mi viene mi venisse in
mente.”24 Probabilmente in effetti Snowden stava eseguendo alcuni passi provati
già al Savoy all'interno del corner, un angolo così chiamato perché era riservato
ai migliori lindyhoppers. La maratona del Manhattan Casino venne seguita da
molti giornali e in particolare dal New York Amsterdam News, che seguì l’intero
evento: i ballerini avrebbero ballato per nove giorni di fila con una pausa di 15
minuti ogni ora. Snowden vinse la competizione e il relativo premio di cinquemila
dollari. Questo gli rese possibile diventare uno dei ballerini più famosi di Lindy
Hop.
Il primo riferimento al nuovo stile di danza, che risale dunque al 192825, è quindi
antecedente ai cambiamenti in ambito musicale. “Questo suggerisce, almeno
all'inizio, che fu la danza a porre le basi per il cambiamento avvenuto in ambito
23
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
24
Ibid.
25
Il talentuoso ballerino Shorty George Snowden, in un’intervista rilasciata a seguito della vittoria della celebre maratona
del Manhattan Casino coniò questo termine, che descriveva una danza creata in onore della trasvolata atlantica (il salto,
in inglese hop) del pilota Charles Lindbergh, detto Lindy.
14
musicale.” 26 Una volta messo in atto, il processo continuò a basarsi su una
reciproca influenza tra musicisti e ballerini.
Il contesto culturale in seno a cui questo scambio avvenne, era particolarmente
variegato: il Savoy, culla dello swing e del Lindy Hop, era un club che accoglieva
un pubblico eterogeneo: afroamericani danzavano con l'élite bianca, borghesi e
operai condividevano la stessa pista da ballo: si trattava quindi di uno spazio in
cui non solo culture diverse, ma anche diverse classi sociali potevano comunicare
e influenzarsi reciprocamente. Il Lindy Hop si diffuse in particolare al Savoy
perché era un locale molto a contatto con la comunità locale e soprattutto era
integrato a livello razziale e quindi “provvedeva una linea di trasmissione tra la
comunità nera è quella bianca.”27 Inoltre era locale accessibile a livello finanziario
ma era allo stesso tempo lussuoso ed elegante e, nonostante, avesse aperto
durante gli anni del proibizionismo, era completamente libero da collegamenti
con attività illegali e con la mafia e quindi era considerato da tutti un luogo
rispettabile in cui passare le proprie serate.
Il nuovo stile di musica che accompagnava i ballerini di Lindy Hop aveva avuto
alcuni precedenti negli Anni Venti, per esempio l’utilizzo in alcuni brani del ritmo
in 4/4, del pizzicato del contrabbasso e della chitarra, dell'intero set di batteria
e di alcuni elementi armonici come i riff 28. Tra gli Anni Venti e gli Anni Trenta,
questi esempi diventano sempre più frequenti e si può assistere a una
progressiva transizione verso il più classico swing, così come noi lo conosciamo
oggi. Ciò che invece venne sempre meno utilizzato fu la scansione binaria del
ritmo e l'utilizzo del bassotuba e del banjo nella sezione ritmica.
Le differenze tra lo stile nuovo e quello vecchio possono essere ricondotte
all'ascolto di due differenti versioni di King Porter Stomp di Fletcher Henderson.
La prima versione è del 1928 contiene alcuni riff e il tempo è in 4/4, ma è
strutturata su elementi ritmici, timbrici e armonici tipici della musica degli anni
Venti tra cui, per esempio, proprio l'utilizzo del banjo e del bassotuba. La seconda
26
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
27
Ibid.
28
Ne è un esempio l’incisione del brano I can’t give you anything but love di Louis Armstrong del 1928, che già porta i
semi di alcune caratteristiche dello swing, come una struttura lineare e un andamento del brano senza interruzioni, che
potesse accompagnare il ballo. Si rimanda per l’analisi del brano al testo di Claudio Sessa Improvviso singolare. Un secolo
di jazz. Ed Il Saggiatore, 2015
15
versione, che è del 1932, mostra quanto lo stile musicale sia cambiato in quattro
anni. La sezione ritmica comprende un contrabbasso, suonato in pizzicato, e una
chitarra. La batteria è senza dubbio più presente e più ricca, ed è caratterizzata
dall'uso delle spazzole, nonché da una presenza maggiore di fill e accenti. Anche
i riff sono più presenti in questa seconda versione e vengono utilizzati per
precedere i diversi soli all'interno del brano. “il risultato è una performance con
più spinta e propulsione in avanti una performance che è meglio indicata per
danzare il Lindy Hop”.29
Il Lindy Hop è lo stile di danza che porta al culmine il l'energia del movimento,
un processo che già aveva preso inizi con il Charleston. “Questa danza, che
divenne molto popolare a New York dopo essere apparso nello spettacolo
Running Wild del 1923 segna l'inizio di questo processo”. 30 Gilbert Seldes
descrive il Charleston nel New Republic come “una danza che usa l'intero corpo
molto più che i passi convenzionali del Fox Trot e dell’One Step … aggiunge i
movimenti dei fianchi, delle cosce e del bacino. La cosa eccitante è l'uso
individuale del corpo nella sua interezza, anche della testa, che partecipa nel
movimento facendone diventare una danza “barbarica”. La danza è frenetica e
voluttuosa “.31 Il Lindy Hop si impone da subito come un’evoluzione estrema di
questa danza energetica in cui tutto il corpo risponde al movimento in maniera
libera e non controllata ed è questa sua caratteristica di vigore che la rende così
diffusa tra i giovani. In un film del 1928 dal titolo After Seben 32 si possono
individuare le differenze tra i precedenti Charleston e Cakewalk e il successivo
Lindy Hop. In una scena del film vengono presentate tre coppie di ballerini,
l’ultima delle quali è guidata dal celebre ballerino Shorty Snowden, colui che
coniò il termine Lindy Hop. Le tre coppie danzano sul brano Sweet Sue suonato
dalla band di Chick Webb. È evidente, osservando le immagini, la carica
propulsiva ed espressiva propria della più recente delle tre danze. Ciò dipende
dal fatto che le danze precedenti erano ballate dividendo la battuta di 4/4 in due
uguali metà da 2/4 ciascuna, quindi eseguendo un passo ogni due pulsazioni
29
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
30
Ibid.
31
Gilbert Sheldes “Shake your feet” come riportato da Spring. (T.d.A.)
32
Copyright Paramount, 1929
16
oppure un solo passo più lento sulle prime due pulsazioni all'inizio della battuta,
seguito da due passi più veloci, cosa che in particolare era propria del Fox Trot.
Nel Lindy Hop, invece, come è evidente anche dalla scena di questo film, i
ballerini tendono a marcare tutti e quattro gli accenti della battuta: di fatto
questo accelera il movimento dei piedi e di conseguenza la dinamicità della danza.
Inoltre, “i ballerini rimbalzano su tutti e quattro i tempi della battura durante la
loro routine, anche quando i loro piedi non si muovono in quattro. Il loro
movimento sui quattro tempi, dato dai piedi o dal rimbalzo (o da entrambi)
produce un continuo senso ritmico in 4/4.”33
I jazzisti che lavoravano al Savoy Ballroom e nelle altre sale da ballo del Paese
erano al servizio dei danzatori, e quindi iniziarono anch'essi a accentare tutte e
quattro le pulsazioni della battuta: “poiché i musicisti hot si guadagnavano da
vivere suonando per i ballerini, non è una sorpresa che risposero alla nuova
33
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
17
danza con un incremento nell'uso del ritmi di 4/4 nella musica che suonavano”35,
dato che erano perfettamente consapevoli che utilizzare i giusti elementi stilistici,
musicali ed espressivi per accompagnare e spronare i ballerini era un
prerequisito indispensabile al loro successo.
Dicky Wells quel ricorda: “nella sala da ballo non sei molto consapevole e fai
moltissime cose sullo strumento che non faresti in un concerto, cose molto più
rilassate. E il ballerino, sai che cosa gli piacerà …deve essere qualcosa che si
costruisce attorno a lui e ai suoi passi... Quando riesci a interpretare il ritmo in
maniera giusta loro ti chiedono Suonalo ancora! Può non sembrare facile avere
due o tremila persone davanti a te in un concerto e immaginare ciò che gli può
piacere, che cosa funziona e cosa no. Ma quando le persone sono sulla pista da
ballo, lo sai cosa gli piace… Tommy Dorsey per esempio mi diceva che poteva
capire se un pezzo avrebbe venduto bene quando aveva successo sul
dancefloor.”36
Alcuni musicisti ricordano come fosse importante seguire il suono dei piedi dei
danzatori: “quando venivi a una serata di danza potevi sentire i piedi sul
dancefloor. Tutti stavano sul tempo potevi sentire il rumore dei piedi insieme alla
musica. E questo era un elemento fondamentale dello swing.” 37 Considerando
che una sala da ballo come il Savoy conteneva in media cinquemila persone ogni
sera, si può solo immaginare l'effetto che poteva avere per i musicisti il suono di
10.000 piedi che battevano il 4/4!
Un’eco di quanto i musicisti fossero consapevoli di essere al servizio dei danzatori
lo si ritrova anche in un celebre romanzo che appartiene alla tradizione letteraria
del nostro continente. Si tratta de Il Lupo della steppa di Herman Hesse, in cui
il sassofonista Pablo, parlando con Harry Haller, il protagonista dell’opera, spiega:
"Io sono un musicante, non sono un erudito … nella musica non si tratta di aver
ragione, di aver buon gusto e cultura e che so io... Si tratta di far della musica,
signor Haller, di suonare, possibilmente bene e molto e intensamente. Ecco qua,
signore. Se ho in mente tutte le opere di Bach e Haydn e ne so dire le cose più
intelligenti, non ho fatto ancora nulla per nessuno. Ma se piglio il mio saxofono
e suono uno shimmy insinuante, lo shimmy potrà essere buono o cattivo, ma
35
Ibid.
36
Ibid.
37
Ibid.
18
certo piacerà alla gente, entrerà loro nelle gambe e nel sangue. Questo conta...
noi musicanti dobbiamo fare la parte nostra, dobbiamo compiere il nostro dovere:
noi dobbiamo suonare ciò che la gente desidera di volta in volta e dobbiamo
cercar di suonare possibilmente bene e con sentimento. 38
Rispetto alle caratteristiche musicali dello swing, e quindi della musica che
accompagnava il Lindy Hop possiamo identificare alcuni elementi peculiari che
sono strettamente legati al nuovo genere di danza.
Il primo è sicuramente quello che riguarda il passaggio dall'utilizzo del bassotuba
al contrabbasso pizzicato. La musica degli anni Venti era per lo più suonata in
ritmo binario e accompagnata dal bassotuba, che si occupava
dell’accompagnamento nelle note più gravi. Nel 1932, però, il 4/4 era già
diventato il ritmo più tipico del jazz del periodo.
così come la preferenza dell’uso del contrabbasso. La diffusione di questo
strumento si deve in particolare a contrabbassisti che arrivavano da New Orleans:
“la continuità del movimento del Lindy Hop fu senza dubbio stimolata o almeno
facilitata dallo stile dei bassisti di New Orleans in giro per il paese. Le orchestre
newyorkesi attive a Chicago e (soprattutto) a New York suonavano regolarmente
in due, secondo la vecchia sensibilità del ragtime. Furono i bassisti di New
Orleans… a portare a New York il senso del 4/4 swing.”39 Per quanto questo dato
possa sembrare strano, in realtà si deve pensare che negli anni Dieci a New
Orleans la linea del basso era proprio affidata a questo cordofono, che è stato
poi sostituito dal bassotuba per delle esigenze legate alla tecnologia di
registrazione. In quel periodo, infatti, il contrabbasso non poteva essere
registrato in maniera adeguata e venne quindi sostituito con il bassotuba. Le
evoluzioni in campo tecnologico, già dal 1925 consentono invece la
reintroduzione progressiva del contrabbasso pizzicato che quindi viene poi
riproposto a New York all'inizio cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta: “il
ritmo in quattro quarti e le caratteristiche timbriche del contrabbasso esaltavano
il Lindy Hop in maniera migliore che ritmi in due quarti suonati con il
bassotuba.”40
38
Herman Hesse, Il lupo della steppa, 1927, Ed. Mondadori
39
Stefano Zenni, Storia del Jazz, una prospettiva globale. Ed. Stampa alternativa / Nuovi equilibri, 2012
40
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
19
Ciò è dovuto non solo al fatto, già più volte specificato, che il Lindy Hop si ballava
in 4/4 e quindi era più facile da eseguire su una musica che fosse anch’essa in
4/4, ma anche perché il gradiente di attacco del contrabbasso è più breve di
quello del bassotuba e ciò dona alla musica una propulsione e un'energia
maggiori, nonché una cadenza ritmica molto più netta e marcata.
Anche l'utilizzo dei riff fu centrale allo sviluppo del Lindy Hop da un lato e dello
swing dall'altro. Questo elemento armonico, di cui Benny Carter fu uno degli
ideatori, successivamente seguito da Duke Ellington e Fletcher Henderson, aveva
la funzione di produrre un elemento energico all'interno dei brani. Un esempio
del loro utilizzo può essere sentito in Sweetie Dear, brano registrato nel 1932
dai New Orleans Footwarmers, una band di sei elementi che annoverava per
esempio di Samuel Bechet al clarinetto. Il brano è inizialmente suonato nello
stile degli anni Venti, ma nella seconda parte, grazie all'utilizzo dei riff, si
trasforma in un brano in perfetto stile anni Trenta. “Il Lindy Hop è una danza
acrobatica, fluida e continua, quindi richiede strutture musicali lineari: il riff –
una breve frase ripetuta – è lo strumento perfetto per accumulare energia
ripetizione dopo ripetizione.”41 Ciò è per esempio evidente in una scena del film
Hellzapoppin',42 del 1941, una delle più belle testimonianze di Lindy Hop a noi
pervenute43. Nel film, alcuni operai trovano dietro le quinte di un teatro alcuni
strumenti musicali e iniziano a suonare. All’improvviso appaiono otto ballerini
che, alternandosi coppia dopo coppia, si lanciano in un Lindy Hop scatenato e
frenetico, per poi concludere con una coreografia strutturata che li vede
protagonisti insieme. La coreografia è stata create dall’incredibile Frank Manning,
icona del nuovo stile di danza e celebre soprattutto per aver contribuito alla sua
evoluzione inserendo gli air step nelle sue routine, ovvero combinazioni di passi
acrobatici davvero stupefacenti.
Originariamente, la scrittura coreografica era stata composta su Jumpin' At The
Woodside di Count Basie: “Per Hellzapoppin', ho iniziato dall’introduzione di
Jumpin' at the Woodside e lavorato per sedici battute alla volta, coreografando
sia i soli che le sezioni di gruppo passo dopo passo. Basie alloggiava al Woodside
Hotel sulla 142sima strada quando suonava al Savoy, e alcune delle jam session
41
Stefano Zenni, Storia del Jazz, una prospettiva globale. Ed. Stampa alternativa / Nuovi equilibri, 2012
42
Copyright Universal, 1948
43
https://youtu.be/VdWgHtTau48
20
che vi si tenevano hanno ispirato questo brano.”44
Qui è evidente come i danzatori non si limitino più a marcare i quattro tempi
principali di ogni battuta, ma ricerchino gli ottavi, stringendo sempre di più la
distanza tra un movimento e l’altro. Rispondono con creatività ai fill della batteria
e ai lanci dei vari soli musicali, e le coppie si alternano tra loro esattamente come
fanno gli strumentisti alle loro spalle. Il tutto è fluidamente appoggiato alla
struttura del pezzo che è stata una delle sigle finali dell’orchestra di Basie e tipico
esempio di un brano costruito attraverso i riff.
44
Frankie Manning, Cynthia R. Millman, Frankie Manning: Ambassador of Lindy Hop. Ed. Temple University Press,
2007
21
fill tra una sezione e l’altra di un brano. Negli anni Trenta fu invece Chick Webb
a lasciare maggiore spazio di espressione a questi musicisti “rinforzando dei
punti di enfasi nei suoi arrangiamenti, usando fill elaborati e creando entrate per
le sezioni strumentali o per i solisti.”46 È il batterista Gene Krupa che nel film A
qualcuno piace caldo del 1939 richiama la folla attorno a sé con un lunghissimo
e sfrenato assolo che dà inizio alle danze senza bisogno del resto della ritmica,
che si aggiunge solo in seguito.47
Lo stesso stretto rapporto tra batteria e coreografia lo si ritrova anche in una
scena del film Killer Diller49, che è del 1948 e annnovera sempre Frankie Manning
tra i ballerini.50 Qui i passi dei quattro danzatori, che eseguono una coreografia
ben strutturata sulla scena di un teatro, riproducono quasi esattamente i colpi
della batteria e, quando non lo fanno, visto che ballano con le claquettes,
rispondono ad essa inserendosi con impeto e fluidità all’interno dell’andamento
ritmico del brano.
Anche l’evoluzione del solismo strumentale aggiunse un ulteriore stimolo ai
danzatori e molto spesso questi comunicavano con i musicisti proprio
rispondendo attraverso la danza ai loro lick infuocati, talvolta creando dei veri e
propri momenti di competizione che non fecero altro che aumentare il livello
tecnico di entrambe le parti serata dopo serata. Marshall e Stearns, per esempio,
riportano un ricordo del ballerino Leon James che battagliava spesso con un
giovane Dizzy Gillespie allora arruolato nelle file dell’orchestra di Teddy Hill, al
Minton's Playhouse di New York e al Savoy.51
Il dialogo tra l’universo della musica e quello della danza è continuato in maniera
proficua fino a quando, con l’avvento del bebop, divenne sempre più difficile per
i ballerini interpretare la complessità ritmica del nuovo stile musicale.
46
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
47
https://www.youtube.com/watch?v=i2E4jeMvVVY
49
Copyright All American, 1948
50
https://www.youtube.com/watch?v=eLRYRvnyP1w
51
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback,
1968 (T.d.A.)
22
Conclusioni
Questa breve analisi del rapporto tra musica e danza all’interno dl del jazz, e in
particolare dello swing, mi ha permesso di rivalutare l’ampiezza dell’apporto di
materiale e di stimoli da parte dei ballerini. Durante i suoi ultimi anni
nell’orchestra di Count Basie, Lester Young si lamentava del fatto che suonare
per i ballerini fosse meglio, che fosse importante ascoltare il loro ritmo mentre
si suonava52. È certamente vero che i musicisti di jazz fossero attenti a suonare
ciò che pensavano potesse funzionare per il loro pubblico poiché da ciò dipendeva
il loro presente e il loro futuro. Tuttavia credo che le fonti a sostegno
dell’importanza della danza nell’esperienza musicale non siano poche e che
quindi, senza voler necessariamente ricorrere a superficiali generalizzazioni, né
avere la pretesa di stabilire una gerarchia tra danza e musica, che sia necessario
parlare di un feedback continuo e reciproco tra questi due universi. Come ricorda
Frankie Manning in un’intervista, i ballerini cercavano senza sosta di imitare gli
strumentisti e questi rubavano i passi ai ballerini trasferendoli sul loro
strumento.53 E ancora, il trombettista Bill Dillard afferma che “i ballerini hanno
ispirato i musicisti a creare assoli che compensassero ciò che essi stavano
facendo.”54
Senza dubbio, come anche afferma Spring, l’influenza della danza sulla musica
jazz è e deve ancora essere oggetto di ricerche e analisi e “dibattito è ancora in
corso.”55
52
Jazz Dance: The Story Of American Vernacular Dance Jean Stearns, Marshall Stearns, Ed. Da Capo Press Paparback,
1968 (T.d.A.)
53
Frankie Manning nel documentario Swingin’ At The Savoy, BBC Radio 2, il cui audio si trova all’indirizzo
https://www.youtube.com/watch?v=ireSheTSJ9I&t=146s
54
Howard Spring, American Music vol. 15, No. 2 Swing and the Lindy Hop: Dance, Venue, Media, and Tradition, Ed.
University of Illinois Press, 1997 (T.d.A.)
55
Ibid.
23
Bibliografia
Videografia
24
6. Frankie Manning And The Congeroos 1948
https://www.youtube.com/watch?v=eLRYRvnyP1w
25