Economia Degli Intermediari Finanziari

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<ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI

I 12 principi della finanza moderna


1. Principio del comportamento utilitaristico: la gente fa i propri interessi

2. Principio delle due facce della medaglia: ogni operazione finanziaria ha sempre almeno due controparti

3. Principio della segnalazione: i comportamenti trasmettono informazioni

4. Principio comportamentale: quando nessun modello funziona guarda a cosa fanno gli altri

5. Principio delle buone idee: extra-profitti sono possibili solo attraverso l’innovazione

6. Principio del vantaggio comparato: la competenza crea valore

7. Principio delle opzioni: le opzioni hanno sempre un valore

8. Principio del beneficio marginale: le decisioni finanziarie si basano su benefici marginali

9. Principio del trade-off tra rischio e rendimento

10. Principio della diversificazione: è quasi gratis

11. Principio dell’efficienza dei mercati finanziari

12. Principio del valore temporale del denaro

Introduzione ai mercati finanziari


CAPITOLO 1 – PERCHE’ STUDIARE LE ISITUZIONI E I MERCATI FINANZIARI?

Il sistema finanziario è l’insieme:

• delle istituzioni finanziarie: ovvero quelle istituzioni che producono e offrono servizi finanziari e
garantiscono il funzionamento dei mercati finanziari

• dei mercati finanziari

• degli strumenti finanziari che presiedono alla soddisfazione delle esigenze degli operatori
economici.

Le banche e altre istituzioni finanziarie:

• trasferiscono i fondi dagli operatori in surplus a quelli in deficit, che ne hanno bisogno per investire

• svolgono un ruolo essenziale volto al miglioramento dell’efficienza dell’economia

Senza di esse, nei mercati non sarebbe possibile trasferire fondi dai risparmiatori a chi ha opportunità
produttive di investimento. Un funzionamento efficace dei mercati finanziari è un elemento chiave per una
buona crescita economica e un eventuale malfunzionamento potrebbe impedire ad un paese di uscire dalla
povertà. Ciò che avviene nei mercati finanziari ha effetto sul benessere personale, sul comportamento delle
aziende e dei consumatori, sull’andamento dell’economia.

Il sistema finanziario è complesso e comprende molti tipi di istituzioni di natura privata (banche,
assicurazioni, società finanziarie) che devono sottostare a una regolazione pubblica. Gli intermediari
finanziari sono coloro prendono a prestito i fondi dai risparmiatori e li concedono ad altri. Quando il

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sistema finanziario “si inceppa” e produce una crisi finanziaria, le società finanziarie falliscono e l’intera
economia subisce un grave danno.

Le banche (anche casse di risparmio e banche di credito cooperativo) sono imprese autorizzate all’esercizio
dell’attività bancaria che consiste nella raccolta del risparmio e nell’esercizio del credito. Sono i principali
intermediari finanziari nell’economia europea, quelli con cui l’utente medio interagisce con maggiore
frequenza.

L’innovazione finanziaria: consiste nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi finanziari, può essere
un’importante forza propulsiva per rendere il sistema finanziario più efficace; ma può avere anche un lato
oscuro, conducendo a crisi devastanti (come quella del 2007-2009).

L’istituzione più importante di ogni sistema finanziario è la Banca Centrale Europea (BCE): è l’organismo di
natura pubblica responsabile delle decisioni e dell’implementazione della politica monetaria. Negli Stati
Uniti è la Federal Reserve System (Fed).

La politica monetaria riguarda la gestione dei tassi di interesse e della moneta (offerta di moneta). L’offerta
di moneta: è tutto ciò che viene generalmente accettato in quanto pagamento di beni e servizi o rimborso
di prestiti.

I mercati finanziari rappresentano un meccanismo alternativo di trasferimento delle risorse dagli operatori
in surplus a quelli in deficit. Le attività dei mercati finanziari influiscono direttamente:

• sul benessere dei singoli


• sul comportamento delle aziende
• sull’efficienza dell’economia

Sono tre i mercati che richiedono particolare attenzione:

1. Mercato obbligazionario (mercato del debito), che determina i tassi di interesse →


Uno strumento finanziario (o titolo): rappresenta un diritto sui redditi futuri dell’emittente o sulle
sue attività. Una obbligazione (bond): è un titolo di debito che contiene la promessa di pagamenti
periodici per un determinato lasso di tempo. Il mercato del debito o mercato azionario: consente
alle società e agli Stati di finanze mediante prestiti la loro attività e perché su tale mercato si
determinano i tassi di interesse.

Il tasso di interesse (interest rate): rappresenta il costo del credito o la remunerazione corrisposta a
fronte del prestito di fondi; viene espresso in percentuale. I tassi di interesse sono importanti:

a. a livello di finanza di una famiglia → tassi elevati possono costituire un deterrente


all’acquisto di una casa o un’auto, perché il costo del finanziamento viene reputato
eccessivo
b. Rappresentano uno stimolo al risparmio → dal momento che l’investimento di una
parte dei propri redditi sotto forma di risparmio frutterà interessi elevati
c. I tassi di interesse hanno effetto sulle condizioni dell’economia nel suo complesso,
poiché incidono sulla volontà dei consumatori di spendere o di risparmiare

2. Mercato azionario, che ha un effetto decisivo sulla ricchezza delle persone e sulle decisioni di
investimento aziendale →
Un’azione ordinaria (common stock) o azione (stock): è uno strumento finanziario che rappresenta
una quota di proprietà di una società, un diritto sui suoi redditi e sul patrimonio. Il mercato
azionario → è dove vengono scambiati i diritti sui redditi delle società (quote azionarie) ed è il
mercato finanziario cui generalmente si fa riferimento
3. Mercato dei cambi, perché le fluttuazioni nei tassi di cambio hanno conseguenze profonde per

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l’economia → I fondi da trasferire da una nazione all’altra devono essere convertiti dalla valuta del
paese d’origine a quella del paese di destinazione. Il mercato dei cambi (o mercato valutario) →
determina il tasso di cambio, vale a dire il prezzo di una valuta nazionale espressa in quella di un
altro paese.

È necessario comprendere come la politica monetaria venga gestita dalle banche centrali, in Europa e
altrove, poiché essa ha effetto:

• sui tassi di interesse


• sull’inflazione
• sui cicli economici, che a loro volta hanno un impatto significativo sui mercati e sulle istituzioni
finanziarie

CAPITOLO 2 – SISTEMA FINANZIARIO: UNO SGUARDO D’INSIEME

Il sistema finanziario è formato da 4 componenti:

• contratti: attività finanziarie (Contratto assicurativo, contratti e strumenti derivati)


• luoghi: mercati finanziari (virtuali o fisici)
• le istituzioni finanziarie o gli intermediari finanziari (chi vuole assumere la parte passiva del
contratto per trovare la parte attiva del contratto) aiutano la domanda e l’offerta a trovarsi. Si può
sostituire ad una delle due parti (Intermediazione fra il compratore e il venditore)
• Regolamentazione → attività di mediazione (in un caso) o intermediazione (nell’altro), in sicurezza.

È un’infrastruttura che non si vede, rete fatta di contratti, mercati dove i fondi vengono impiegati. Funzioni
che svolge il sistema finanziario:

1) Funzione di intermediazione → ci sono degli operatori che si specializzano nel produrre risparmio
e degli operatori che si specializzano a dare al risparmio occasione di un investimento produttivo
per far ammontare una ricchezza. Consente a chi ha risparmio che non sa come impiegare, di
impiegarlo in modo produttivo pur non essendo un imprenditore; e lo dà a qualcuno che lo rende
fruttifero: sottoscrivendo dei titoli annessi dall’impresa o dallo Stato, oppure li do a qualcuno
(intermediario finanziario) che diventa per me il mio debitore e ci penserà poi lui a trovare gli
imprenditori meritevoli, sottoscrivere azioni, stipulare contratti di indebitamento.
2) Funzione monetaria → non la svolgono tutti gli intermediari finanziari, ma solo quelli monetari.
Intermediario che ha la capacità di raccogliere fondi, stipulare la parte passiva dei contratti utilizzati
come mezzi di pagamento (banconote, moneta spiccia). Es. banche, sistema delle casse postali,
istituti di moneta elettronica e gli istituiti di pagamento (moneta di tipo elettronico che possono
essere utilizzata al posto delle banconote, circolante).
3) Trasmissione della politica monetaria → la rete di rapporti fra credito e debito che si creano fra i
vari attori del sistema economico (famiglie, imprese, amministrazione pubblica e settore estero)
mette bene in comunicazione questi soggetti, diventa anche la rete di comunicazione più comoda
per le autorità di politica monetaria (per la banca centrale). Anche la Banca Centrale ha bisogno di
far arrivare gli impulsi di politica monetaria a tutti gli operatori di mercato e agli intermediari
finanziari. Comunica attraverso il sistema finanziario.
4) Funzione di contratti di gestione e copertura rischi →
• Rischi puri: rischio relativo ad eventi che causano solo perdite (rischi assicurativi). Sinistri.
Intermediario finanziario specializzato: compagnia di assicurazione. C’è solo una parte
negativa
• Rischi speculativi o finanziari: c’è anche una parte positiva. Titoli di debito, titoli di stato.
Eventi o danni che possono produrre perdite ma anche guadagni. Ci sono degli strumenti
(detti derivati) che liberano da questo rischio, polizze assicurative e trasferiscono il rischio
ad un intermediario finanziario.

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La funzione primaria dei sistemi finanziari è quella di convogliare i fondi dai risparmiatori che ne hanno in
eccesso alle unità in deficit che ne hanno necessità.

Circuito diretto

Coloro che danno a prestito fondi vengono chiamati unità di surplus o creditori (famiglie, a volte imprese e
amministrazioni pubbliche), mentre chi usa i prestiti per finanziare la propria spesa sono chiamati unità in
deficit o debitori (imprese e pubblica amministrazione, a volte famiglie e soggetti che devono finanziare
l’acquisto di automobili, abitazioni, …).

Le risorse finanziarie si muovono dai datori ai prenditori tramite due possibili circuiti e la canalizzazione
diretta delle risorse finanziarie è fondamentale perché le persone che risparmiano non sono le stesse che
hanno a disposizione opportunità di investimento vantaggiose (gli imprenditori), quindi permettono di
trasferire le risorse dai soggetti che non hanno opportunità d’investimento produttivo a quelli che ce
l’hanno, in sostanza i mercati finanziari realizzano un’efficiente allocazione del capitale.

Gli strumenti finanziari sono attività o crediti per chi li sottoscrive o acquista, ma passività o debiti per il
soggetto o l’imprenditore che li emette.

I settori istituzionali:

1. Famiglie → presentano risparmi superiori alle spese per investimenti e per consumi (unità in
surplus). Fonti delle risorse finanziarie: risparmio e indebitamento (usati per acquisto di beni reali)
2. Imprese non finanziarie → producono beni e servizi, effettuando regolarmente investimenti (unità
in deficit). Fonti delle risorse finanziarie: autofinanziamento e indebitamento tramite emissione di
obbligazioni ad esempio; vengono impiegate in investimenti per la produzione di beni e servizi
3. Settore pubblico → ha generalmente un saldo finanziario negativo (spese > entrate), è un’unità in
deficit
4. Settore estero → operatori non residenti che realizzano operazioni

Per ogni settore istituzionale:

• SALDO FINANZIARIO (SF) = RISPARMIO (S) – INVESTIMENTI (I)


• RISPARMIO (S) + PASSIVITÀ FINANZIARIE (PF) = INVESTIMENTI (I) + ATTIVITÀ FINANZIARIE (AF)

La somma dei saldi dei vari settori istituzionale deve essere nulla e il saldo dei settori nazionali coincide con
il saldo del settore estero a segni invertiti.

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Circuito indiretto

Il circuito indiretto coinvolge un intermediario finanziario che si trova tra datori e prenditori di fondi,
prendendo a prestito risorse dalle unità in surplus e utilizzandole per concedere finanziamenti alle unità in
deficit. Una banca potrebbe acquistare fondi emettendo passività sotto forma di depositi a risparmio e
sottoscritte dal pubblico dei risparmiatori (es. dalle famiglie) per poi impiegarle in acquisto di altre attività
finanziarie, quindi ci sarà un trasferimento di risorse finanziarie dal pubblico dei risparmiatori a un’impresa
grazie all’intermediario finanziario. L’intermediario svolge quindi un’attività di intermediazione finanziaria,
e sono una delle fonti di finanziamento più importante per le imprese. Per comprendere l’importanza degli
intermediari e dei circuiti indiretti si devono comprendere i costi di transazione e l’importanza delle
informazioni in questo mercato.

Fra il circuito diretto e quello indiretto si trova un ulteriore livello in quanto gli intermediari finanziari
detengono attività finanziare emesse da altri intermediari finanziari.

Securitization (cartolarizzazione): il processo di trasformazione di attività finanziarie illiquide (prestiti e


mutui) in titoli negoziabili.

I mercati finanziari sono fondamentali per realizzare un’efficiente allocazione del capitale (ricchezza
finanziaria o fisica, impiegata per produrre nuova ricchezza) che contribuisce ad accrescere la produzione e
l’efficienza nell’intera economia. I mercati finanziari che funzionano bene accrescono direttamente il
benessere dei consumatori, consentendo loro di programmare meglio gli acquisti. La canalizzazione dei
fondi:

- Migliora il benessere economico di tutti nella società


- Permette che le risorse finanziarie si spostino da chi non ha opportunità d’investimento produttivo
a chi le possiede
- Contribuisce all’aumento dell’efficienza economica
- Avvantaggia direttamente i consumatori permettendo loro di fare spese anche senza disponibilità
immediate

STRUTTURA DEI MERCATI FINANZIARI

1. Mercato dei titoli di debito e mercato dei titoli azionari


Lo strumento di debito emesso più comune è l’obbligazione con cui il prenditore di fondi si
impegna a rendere importi fissi a intervalli regolari fino ad una data di scadenza a cui
corrisponderà l’ultimo pagamento. La scadenza indica il numero di anni che mancano
all’estinzione dello strumento di debito (a breve termine se < 1 anno, a medio termine se 1
anno< scadenza <10 anni, a lungo termine se > 10 anni). Un altro modo di raccogliere fondi è
l’emissione di azioni (diritti su una quota dell’utile netto e su una quota delle attività di
un’impresa, quindi detenendo azioni si è proprietari di una parte delle società e di
conseguenza si ha diritto di voto) che corrispondono pagamenti periodici (dividendi) ai loro
titolari e non hanno scadenza.
2. Mercati creditizi e mobiliari
Nei mercati creditizi si negoziano strumenti non trasferibili come, ad esempio, il mutuo o il
deposito bancario e sono caratterizzati da personalizzazione (es: data di scadenza, modalità di
rimborso, tipologia di tasso, garanzia, …), più uno strumento è personalizzato più è difficile il
trasferimento. Nei mercati mobiliari (circuito diretto) si negoziano strumenti trasferibili come
azioni e obbligazioni.
3. Mercati primari e secondari
Un mercato primario è un mercato finanziario dove vengono collocati i titoli di nuova
emissione, quindi vengono “pubblicati” obbligazioni e azioni che poi verranno vendute. Nel
mercato secondario, invece, vengono venduti/acquistati titoli già in circolazione. La banca di

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investimento si occupa di garantire che i titoli emessi dalla società non rimangano invenduti
nel mercato primario e li ricolloca al pubblico.
Gli intermediari finanziari operano come agenti degli investitori e agevolano l’incontro tra
compratori e venditori di titoli: i dealer facilitano gli incontri tra i due acquistando dai venditori
e vendendo ai compratori, i broker mettono in contatto potenziali acquirenti e venditori di
titoli. Un’impresa riceve denaro solo quando i titoli vengono acquistati sul mercato primario.
Più elevato sarà il prezzo dei titoli nel mercato secondario, più alto sarà il pagamento che
l’impresa emittente riceverà per i nuovi titoli nel mercato primario, quindi tanto maggiore sarà
la quantità di risorse finanziarie che potrà ottenere.
4. Mercati regolamentati e mercati over-the-counter
I mercati secondari possono essere organizzati come borse valori dove gli acquirenti e i
venditori di titoli (agenti o broker) si incontrano in una sede, fisica o virtuale, per effettuare gli
scambi (borsa di NY, Londra e Milano ad esempio). Il principale mercato italiano è gestito da
Borsa Italiana SPA che gestisce i mercati italiani azionari. Il principale indice del mercato
azionario italiano è il FTSE MIB che è composto dalle 40 maggiori società negoziate su MTA
(mercato telematico azionario) e raccoglie l’80% della capitalizzazione di mercato interna.
Inoltre, il mercato secondario può essere organizzato in OTC (over the counter), dove
operatori in diverse sedi hanno scorte di titoli da acquistare e vendere a chiunque accetti i loro
prezzi. Questa tipologia si sceglie se si negoziano strumenti finanziari con alto grado di
personalizzazione. Il mercato OTC è molto competitivo e non troppo diverso dalla borsa valori,
ma sull’OTC avvengono scambi di certificati di deposito negoziabili, di accettazioni bancarie, di
swap e di valute.
5. Mercato monetario e mercato dei capitali
Nel mercato monetario sono negoziati titoli di debito a breve termine (scambiati con molta
frequenza, quindi tendono a essere più liquidi), mentre in quello dei capitali quelli a scadenza
più lunga e titoli di capitali. I titoli a breve termine sono caratterizzati da variazioni dei prezzi
più contenute rispetto ai titoli a lungo termine, caratteristica che li rende investimenti più
sicuri.
6. Mercato obbligazionario internazionale, eurobbligazioni ed eurovalute
Gli strumenti tradizionali nel mercato internazionale sono le obbligazioni estere, vendute
all’estero nella valuta del rispettivo paese e sono importanti poiché ad esempio una quota
significativa delle ferrovie degli USA sono state costruite grazie alla vendita di obbligazioni
estere agli inglesi.
Un’innovazione sono le eurobbligazioni (eurobond), espresse in una valuta diversa da quella
del paese di emissione. Una variante è rappresentata dalle eurovalute (eurocurrency) cioè
denaro che viene depositato in banche fuori dal paese di origine, e quella più importante è
l’eurodollaro, cioè dollari USA depositati in banche estere fuori dagli USA o in filiali estere di
banche statunitensi; questi depositi fruttano interessi e sono assimilati alle eurobbligazioni a
breve termine.

Costi di transazione

I costi di transazione sono rappresentati dal tempo e dal denaro spesi per effettuare un’operazione
finanziaria. Se non ci si affidasse agli intermediari sarebbe molto più dispendioso fare prestiti (es. il
muratore ti chiede un prestito di 1000 e devi stipulare il contratto dove dici a quale interesse ti torneranno
ma per fare il contratto devi spendere 500 euro quindi non ne vale la pena), infatti gli intermediari riescono
ad abbassare notevolmente i costi di transazione e, anche grazie alla loro dimensione, riescono a servirsi
delle economie di scala (diminuire i costi di transazione per ogni euro che si ottiene via via che la scala
dell’operazione finanziaria aumenta). Grazie ai bassi costi di transazione gli intermediari possono offrire
alcuni servizi di liquidità che agevolano l’esecuzione delle transazioni dei loro clienti quindi le banche
offrono ai depositanti dei conti correnti per effettuare pagamenti sicuri a basso costo.

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Ridistribuzione del rischio

Bassi costi di transazione riducono l’esposizione degli investitori al rischio (incertezza sui rendimenti
realizzati) e permettono agli intermediari di svolgere la redistribuzione del rischio a costi contenuti così da
avere un profitto dal margine tra i rendimenti percepiti sulle attività rischiose e il costo della raccolta
tramite l’emissione di strumenti meno rischiosi. La redistribuzione del rischio (o trasformazione delle
attività finanziarie) viene svolta dagli intermediari che emettono e vendono strumenti finanziari con profili
di rischio coerenti con le preferenze della clientela per poi usare le risorse ottenute acquistando altre
attività che possono avere rischio maggiore. Gli intermediari spingono a diversificare gli investimenti in una
combinazione (portafoglio) di attività, poiché i rendimenti non si muovono sempre allo stesso modo e così
si riduce il rischio complessivo.

Asimmetria informativa: selezione avversa e azzardo morale

Un soggetto che partecipa allo scambio finanziario non sempre dispone di adeguate informazioni sulla
controparte, tale situazione viene identificata come asimmetria informativa e può generare problemi prima
e dopo la transazione. La selezione avversa è il problema che si genera prima della transazione e si
manifesta quando i prenditori di fondi che hanno maggiore probabilità di insolvenza sono gli stessi che
premono di più per averlo e hanno quindi più probabilità di ottenerlo ma dato che potrebbero essere
erogati più prestiti rischiosi i datori potrebbero decidere di non concedere nessun finanziamento. L’azzardo
morale si genera dopo la transazione, cioè il rischio che il prenditore di fondi possa compiere azioni che
accrescono la probabilità di insolvenza e a causa di questo i datori potrebbero decidere di non concedere il
finanziamento.

La presenza di intermediari fa sì che i piccoli risparmiatori possano destinare i loro fondi a investimenti
finanziari prestandoli a intermediari di fiducia o concedendo prestiti, o acquistando titoli come azioni o
obbligazioni. Gli intermediari aumentano l’efficienza di un sistema economico poiché rafforzano la funzione
dei sistemi finanziari di trasferimento delle risorse dalle unità in surplus a quelli che hanno carenza di fondi
ma hanno opportunità di investimenti produttivi.

Economie di scopo e conflitto di interessi

Gli intermediari, fornendo diversi servizi finanziari ai propri clienti, conseguono economie di scopo
(economie di raggio d’azione), quindi abbassano il costo della produzione di informazioni per ogni servizio
applicando un’unica fonte informativa. Una banca di investimento può valutare il grado di rischio associato
a una società nel momento in cui concede il prestito, aiutando così la banca a decidere se sarà opportuno
vendere le obbligazioni al pubblico. Può sorgere un problema di conflitto di interessi (soprattutto quando
un intermediario eroga più servizi), quindi un problema di azzardo morale in quanto un individuo o
un’istituzione ha molteplici interessi e deve scegliere tra obiettivi contrastanti. Maggiori servizi in conflitto
incentivano l’occultamento delle informazioni, che a sua volta aumenta l’asimmetria informativa,
impedendo ai mercati di allocare gli investimenti nel modo più produttivo possibile e peggiorando
l’efficienza degli intermediari e dell’economia.

TIPOLOGIE DI INTERMEDIARI FINANZIARI

• INTERMEDIARI CREDITIZI
1. Banche → raccolgono fondi tramite l’emissione di depositi in conto corrente, depositi a
risparmio (liberi e vincolati), certificati di depositi e obbligazioni; impiegano i fondi concedendo
prestiti alle imprese o agli individui per acquistare titoli di stato e obbligazioni. Svolgono anche
attività di intermediazione mobiliare. (due riforme che fanno diventare le banche popolari delle
spa se hanno attivo > 8mld e si deve appartenere a un gruppo bancario cooperativo per
mantenere l’autorizzazione a esercitare l’attività in forma di BCC)

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2. Altri intermediari creditizi → intermediari che svolgono attività creditizia ma si finanziano con
emissione di azioni e obbligazioni (società di credito al consumatore, factoring e leasing)
• INTERMEDIARI ASSICURATIVI
1. Imprese di assicurazione vita → assicurano le persone offrendo prestazioni monetarie tramite
unico pagamento o con pagamenti periodici al verificarsi di eventi sulla vita (morte o
sopravvivenza). I fondi si ottengono tramite premi che gli assicurati pagano dopo la
sottoscrizione del contratto (polizza) e vengono momentaneamente investiti in obbligazioni
emesse da imprese, titoli di stato o azioni
2. Imprese di assicurazione danni → assicurano i titolari contro eventi che possono colpire le
persone, le cose o il patrimonio. La copertura è di circa un anno, quindi investono in attività più
liquide come obbligazioni e titoli di stato
3. Fondi pensione → realizzano il piano pensionistico tramite i contributi versati dal lavoratore
che verranno riversati quando il soggetto andrà in pensione
• INTERMEDIARI MOBILIARI
1. SIM (soc. di intermediazione mobiliare) e banche di investimento → si occupano di
compravendita (in proprio o per conto di terzi), collocamento, ordini di acquisto o di vendita sul
mercato alla gestione di portafogli di valori mobiliari, consulenza in operazioni straordinarie
delle imprese
2. SGR (soc. di gestione del risparmio) → raccolgono le risorse dei risparmiatori o di imprese per
investire in portafogli diversificati con la costituzione, promozione e gestione di patrimoni di
fondi comuni di investimento o di società di investimento a capitale variabile (SICAV, investono
il patrimonio con l’offerta delle loro azioni). Il fondo comune di investimento viene gestito dalla
SGR ed è il patrimonio autonomo da investire in base alla politica che si adotta e suddiviso in
quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti.
SGR, SICAV e SICAF sono gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e sono gli
unici a svolgere attività di gestione collettiva del risparmio. Assicurazioni, fondi comuni di
investimento, fondi pensione, SICAV e SICAF sono investitori istituzionali (intermediari che in
modo sistematico e specializzato investono i risparmi per conto di terzi).
3. Hedge fund → fondi di investimento che non hanno vincoli predefiniti per l’oggetto di
investimento, max 200 partecipanti e sottoscrizione minima di 500.000€, si specializzano in
diversi tipi di attività come azioni, obbligazioni, valute estere e altri.

Regolamentazione del sistema finanziario

Gli obiettivi della regolamentazione sono l’aumento delle informazioni a disposizione degli investitori e
assicurare la stabilità degli intermediari finanziari. Le autorità che regolano il settore finanziario sono: Banca
d’Italia, CONSOB, IVASS, COVIP e AGCM.

La regolamentazione può ridurre problemi di azzardo morale e selezione avversa nei mercati finanziari così
da aumentarne l’efficienza aumentando la quantità di informazioni disponibili per gli investitori.
L’asimmetria informativa potrebbe far collassare gli intermediari finanziari poiché i prestatori di fondi non
sono sempre in grado di valutare se l’intermediario sia in grado di portare a termine l’impegno preso e nel
caso in cui avessero dubbi sulla solidità e stabilità del sistema finanziario, potrebbero ritirare i propri fondi
da tutte le istituzioni, solide o meno, generando il panico finanziario che causerebbe perdite e
danneggerebbe l’economia. Sono quindi previsti diversi tipi di interventi per la regolamentazione:

• Restrizioni all’entrata → si deve avere un’autorizzazione dall’autorità per diventare intermediari


(regole su forma societaria, capitale minimo, requisiti di onorabilità e professionalità)
• Informazione → bilanci redatti e messi a disposizione del pubblico e soggetti a revisione periodica
• Controllo e contenimento dei rischi → limitazione sui rischi e sulle attività su cui investire

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• Assicurazione sui depositi → fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) garantisce a fornire le
risorse per il perseguimento delle finalità del fondo ed è obbligatorio iscriversi
• Limiti alla concorrenza → si sostiene che eccessiva concorrenza favorisca fallimenti
• Restrizioni sui tassi d’interesse → la concorrenza è stata attenuata con la limitazione sul
pagamento di interessi sui depositi

La regolamentazione del settore finanziario è simile nei vari paesi ed è migliorata negli anni, richiedendo
alle società che emettono titoli di dare maggiori informazioni possibili sulle loro attività e passività, su costi
e ricavi, sull’andamento delle quotazioni delle loro azioni e proibendo l’insider trading. La stabilità degli
intermediari è garantita, quindi, dalla previsione di sistemi di autorizzazione allo svolgimento dell’attività,
da un monitoraggio costante dell’equilibrio finanziario, economico e patrimoniale. In ogni caso sussistono
delle differenze tra i vari sistemi di regolamentazione.

I principali testi normativi di leggi:

1. Testo unico bancario: si occupa delle intermediazioni creditizie (banche e società finanziarie che si
specializzano nel dare il credito alle imprese e alle famiglie)
2. Testo unico della finanza o delle leggi in materia di intermediazione finanziaria: si occupa del
circuito diretto (emittenti, degli strumenti finanziari, delle imprese di investimento, della gestione
del risparmio, della gestione del funzionamento della borsa, delle regole che devono seguire gli
emittenti e gli intermediari finanziari che operano sui mercati mobiliari)
3. Codice delle assicurazioni

CAPITOLO 12 – I TASSI DI INTERESSE E IL LORO RUOLO NELLA VALUTAZIONE

Il valore della moneta nel tempo

Il sistema finanziario trasporta nel tempo e nello spazio il risparmio. La moneta ha un valore diverso nel
tempo. Il prezzo della moneta (tasso d’interesse) → rendimento/costo che dev’essere riconosciuto/pagato
di una certa somma di denaro per spostare avanti/indietro nel tempo delle determinate somme di denaro.

Il tasso d’interesse → reddito da capitale che si ottiene finanziando terzi con i propri risparmi. È un
incentivo a risparmiare (dal punto di vista economico): differire nel tempo il consumo del reddito. Se il
tasso d’interesse è positivo ho un incentivo a risparmiare, se è zero o negativo non ho nessun incentivo a
risparmiare. È una misura convenzionale, in base percentuale, espressa in base annua, misura
standardizzata che si può applicare a qualunque capitale.

Il tasso d’interesse:

- incentivo a differire il consumo nel tempo, cioè a risparmiare e investire

- misura convenzionale dei frutti di un impiego di denaro, espresso in percentuale del capitale
iniziale, su base annua

Tasso d’interesse nominale o cedolare → misura del reddito atteso non completa (di nome ma non di fatto
perché calcolata al netto dell’inflazione). Rappresenta solo il prezzo del denaro, per calcolare gli interessi
dovuti e ciò che ci spettano su un capitale iniziale. Indicatore convenzionale per calcolare gli interessi annui.
(numero dato dal problema)

Tasso d’interesse o rendimento effettivo → tiene conto di tutte le possibili forme di rendimento sul
capitale investito. (es. premio di rimborso) (da calcolare)

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Un indicatore sintetico che misura quanto si prevede di incassare/pagare complessivamente su base annua
ogni 100€ investiti/ricevuti la cui quantificazione richiede di conoscere la durata dell’operazione, la
tempistica dei pagamenti (se ci sono pagamenti intermedi, date esatte) quindi le date di valuta (2 giorni
successivi dalla data di pagamento) e le modalità di calcolo: scelta di una delle due possibili leggi di
capitalizzazione, semplice o composta.

I tassi d’interesse e di rendimento sono due cose diverse e sono uguali SOLO nel momento in cui io
aggiungo un ulteriore attributo: effettivo o nominale:

1. Tasso d’interesse nominale: misura solo l’importo degli interessi in rapporto al capitale investito

2. Tasso d’interesse effettivo: è effettivamente il rendimento complessivo che noi otteniamo, si


differenzia dal nominale ogni volta che ci sono altre tipologie di reddito di capitale che l’investitore
ottiene.

La differenza è che il tasso d’interesse è un rendimento atteso (ex ante), una previsione; mentre
rendimento (o return) è il tasso di rendimento realizzato (ex post). Sono due cose profondamente diverse. Il
tasso di rendimento atteso (ex ante) è una previsione; a posteriori questa previsione risulterà quasi mai
realizzata. Mi serve per prendere una decisione razionale oggi, che riguarda però un’operazione che si
sviluppa nel futuro e che è un’azione incerta. Il rendimento ex post (che conosco solo alla fine, alla
scadenza dell’investimento) è il vero rendimento dell’operazione, cioè quello realizzato. I rendimenti
realizzati (cioè ex post) e attesi (cioè ex ante) coincidono solo in casi eccezionali.

Capitalizzazione semplice e composta: quella semplice non prevede la ricapitalizzazione degli interessi
mentre nella composta gli interessi vengono aggiunti a mano a mano nel capitale e generano altri interessi
credo.

TRES (Tasso di rendimento effettivo a scadenza) → è il tasso di rendimento previsto se inizio un certo
investimento in un dato strumento finanziario (un dato strumento di debito a scadenza) e questa
previsione è valida nel caso in cui si porti fino alla naturale scadenza l’investimento.

Tasso d’interesse effettivo → misurano in ciascun anno i titoli di debito. Tiene conto di tutte le tipologie di
reddito di capitale.

Possibili tipologie di operazioni

Ci possono essere delle semplificazioni, cioè dei casi in cui il tasso effettivo atteso e il tasso effettivo
realizzato coincidono. Ci sono delle strutture finanziarie nelle quali il rendimento realizzato e atteso sono
uguali. Le operazioni che godono di questa particolarità hanno una struttura molto semplice, i gradi di
libertà sono assenti e quindi c’è meno incertezza. Ci sono circostanze nelle quali il tasso nominale annuo (i)
a posteriori risulta uguale a r, cioè al tasso effettivo annuo; saranno uguali quando nelle operazioni ci sono
solo interessi e non interessi su interessi e così via.

Operazioni di prestito dal punto di vista del debitore:

Due soli flussi di Cassa (FdC) → due soli movimenti monetari: uno al tempo zero (meno) e uno alla scadenza
dell’operazione (incasso). Avremo due somme: una che esce (con segno meno, al tempo zero) ed una che si
incassa (dal punto di vista dell’investitore alla scadenza. Per il debitore è il contrario: flusso di cassa in
entrata (+) e un meno che si verificherà alla data di scadenza delle operazioni.

1. Un solo flusso di cassa futuro


• Prestito semplice→ il creditore fornisce al mutuatario una quantità di fondi che gli devono
essere rimborsati alla data di scadenza ad un dato tasso di interesse (es. 100 +I)

10
• Prestito a sconto (Titolo a sconto, obbligazione senza cedola o zero-coupon bond) → si presta
l’ammontare scontato, ad esempio a scadenza mi paghi 100 e quindi io ti presto meno di 100.
Gli interessi sono impliciti nella differenza tra il valore nominale e l’ammontare che oggi viene
dato in prestito. Viene acquistato a prezzo inferiore del valore nominale ma alla scadenza è
previsto il suo rimborso. Non garantisce alcun pagamento di interesse. Esempi di titolo a sconto
sono i BOT (buoni ordinari del tesoro) e i titoli senza cedola a lungo termine

Sono operazioni che sono diffuse per scadenze molto brevi, soprattutto nel mercato
monetario, cioè quel mercato dove si stipulano operazioni di durata massima pari a 12 mesi.

2. Molteplici flussi di cassa futuri


• Prestito a rata costante → il mutuatario deve rendere i fondi periodicamente per un certo
numero di anni (o mesi). L’ammortamento del prestito tramite rata costante si chiama
ammortamento francese. Ti do 100 e tu a cadenze regolari mi paghi e mi rimborsi un po’ alla
volta il capitale (es. 1 euro al mese per 10 anni, il totale fa 120 quindi si deve capire quanto vale
il tasso di interesse). È diffuso nelle banche e nel mercato creditizio, quindi è più probabile che
abbiano durata pluriennale.
• Prestito “bullet” (Obbligazione con cedola) tipico dei mercati obbligazionari, quando si
emettono titoli negoziabili è la forma tecnica più diffusa. Una volta che viene dato il prestito,
questo viene rimborsato il totale in un’unica soluzione a scadenza e ci sono pagamenti periodici
di soli interessi (se ti do 100 e tu a scadenza mi rendi 100 nel mezzo ci sono pagamenti
periodici, nel caso dei titoli di debito annuali o semestrali, costanti di soli interessi; se il tasso di
interesse nominale (o cedolare) è pari al 10%, allora ci saranno 10 pagamenti annuali pari al
10% del prestito). Questo strumento assicura al proprietario il pagamento di una cedola ogni
anno fino alla data di scadenza quando verrà rimborsato un certo importo finale (valore
nominale o par value). L’obbligazione con cedola ha tre informazioni, cioè la società che l’ha
emessa, la data di scadenza e il tasso cedolare o nominale (l’importo del pagamento annuale
della cedola espresso come percentuale del valore nominale dell’obbligazione). Esempi di
obbligazione con cedola sono titoli di stato come i Buoni del tesoro poliennali (BTP) e le
obbligazioni societarie.

Valore futuro di un singolo importo

Avendo un valore nominale (PV) pari a mille e un tasso di interesse pari al 10%, alla fine del primo periodo
(anno per semplicità):

• FV = 1000 + 100 = 1000 (1+r) = 1000

Alla fine del secondo periodo/anno:

a. Se reinvesto gli interessi (capitalizzazione composta perché gli interessi vengono lasciati dentro la
capitalizzazione) nel secondo anno avrò 1000 di partenza, 100 del primo anno di interessi, 100 del
secondo anno di interessi e 10 che sono gli interessi sugli interessi che ho reinvestito per un totale
di 1210:
FV = 1.100 + 110 = 1.000 + 100 + 100 + 10 = 1210
Non avrò quindi un tasso di interesse del 20% ma del 21% per effetto della capitalizzazione
composta.
𝐹𝑉1 = 1000(1 + 𝑟)2
b. Se non si reinvestono gli interessi (capitalizzazione semplice):
FV = 1.000 + 100 + 100 = 1.200
𝐹𝑉2 = 1000(1 + 𝑟 ∗ 2)
L’uso della capitalizzazione semplice è previso solo nel mercato monetario, dove prevalgono

11
prestiti semplici e a sconto.

Generalizzando:

1. 𝐹𝑉𝑛 = 1000(1 + 𝑟)𝑛 → capitalizzazione composta


2. F𝑉𝑛 = 1000(1 + 𝑟 ∗ 𝑛) → capitalizzazione semplice

ESEMPIO:

Quanto valgono fra 6 anni 10.000€ investiti oggi?

i = tasso di interesse o rendimento annuo

n = numero di volte che quel periodo sta in un anno

• Se i = r = 8% annuo con capitalizzazione annuale:


𝐹𝑉 = 𝑃𝑉(1 + 𝑟)𝑛 = 10.000(1 + 0,08)6 = 10.000(1,586874)
• Se r = 12%
𝐹𝑉 = 𝑃𝑉(1 + 𝑟)𝑛 = 10.000(1 + 0,12)6 = 10.000(1,973823)
• Se r = 16%
𝐹𝑉 = 𝑃𝑉(1 + 𝑟)𝑛 = 10.000(1 + 0,16)6 = 10.000(2,436396)
La crescita non è lineare, infatti se il tasso di interesse raddoppia il nostro investimento non darà il doppio
ma un valore poco maggiore del doppio. All’aumentare del tasso sul debito, più r aumenta più aumenta il
valore del capitale che mi sarà rimborsato alla scadenza costituito dalla somma di capitale iniziale più
interessi in proporzione alla durata del rapporto.

• Se i = 16% con capitalizzazione semestrale?


Avremo i = 16% e avendo una capitalizzazione semestrale avrò due pagamenti annuali, quindi
m=2 così che il tasso r = 16%/2 = 8% per un totale di 12 pagamenti in 6 anni.
𝐹𝑉 = 𝑃𝑉(1 + 𝑟)𝑛 = 10.000(1 + 0,08)12 = 10.000(2,518170)
Essendo il pagamento più frequente percepirò più interessi perché è più veloce la crescita del
capitale finale per il debitore (cosa negativa) e del credito per il creditore/datore di fondi (cosa
positiva).

Al crescere dei tassi d’interesse cresce il valore futuro. E il valore futuro cresce tanto più frequente è la
parità di tassi di periodo la capitalizzazione degli interessi.

Valore attuale

Il valore attuale (PV) ci dice che un euro pagato tra un anno avrà meno valore di un euro pagato oggi poiché
se lo depositassimo oggi tra un anno lo riceveremmo con gli interessi.

Questo indica che 1 euro tra dieci anni non ha lo stesso valore di 1 euro di oggi perché si potrebbe investire
e avere un importo maggiore tra 10 anni. Il valore attuale ci permette di confrontare il valore di due

12
strumenti i cui flussi di cassa hanno tempistiche diverse, infatti, basandoci sul rendimento annuale degli
strumenti finanziari li riusciamo a confrontare agevolmente.

Esempio: quanto valgono oggi 10.000€ incassati tra 6 anni?

- Se i = r = 8% annuo con capitalizzazione annuale:


𝐹𝑉𝑛 10.000
𝑃𝑉 = 𝑛 = = 10.000(0,630170) = 6.301,70
(1 + 𝑟) (1 + 0,08)6
- Se r = 12%
𝐹𝑉𝑛 10.000
𝑃𝑉 = 𝑛 = = 10.000(0,506631) = 5.066,31
(1 + 𝑟) (1 + 0,12)6
- Se r = 16%
𝐹𝑉𝑛 10.000
𝑃𝑉 = = = 10.000(0,410442) = 4.104,42
(1 + 𝑟)𝑛 (1 + 0,16)6
- Se i = 16% con capitalizzazione semestrale?
Avremo i = 16%, m = 2 → r = 16%/2 = 8%, n = 12
𝐹𝑉𝑛 10.000
𝑃𝑉 = 𝑛 = = 10.000(0,397114) = 3.971,14
(1 + 𝑟) (1 + 0,08)12
Ogni volta che il tasso sale il valore attuale scende, maggiore è il tasso di rendimento minore è il valore
attuale. Questi cambiamenti e rapporti non lineari tra le variabili sono sempre frutto del processo di
capitalizzazione composta.

L’effetto dell’incremento di r → La relazione che c’è fra il tasso di rendimento o tasso di interesse, e il
valore attuale da una parte e il valore futuro dall’altra è nel primo caso una relazione di segno inverso (più il
tasso aumenta, più cala il valore attuale), mentre relativamente al valore futuro è il contrario (il tasso
aumenta più aumenta il valore futuro del capitale inizialmente investito).

Se moltiplico o elevo a potenza, r aumenta ed inevitabilmente il risultato sarà superiore. Se invece divido
per quel numero o per quella potenza, allora ci sarà un effetto negativo. Identici incrementi del tasso di
interesse (+4% da 8 a 12; +4% da 12 a 16) hanno degli effetti (se uso la legge di capitalizzazione composta)
che sono diversi, non c’è una relazione lineare. Un identico aumento del tasso +4% e +4% genera un
incremento inferiore, c’è una decelerazione.

Per i valori futuri accade il contrario, infatti un identico aumento del tasso +4% e +4% genera un
incremento superiore, c’è un’accelerazione.

Ci sono 3 funzioni diverse che si differenziano per il tasso d’interesse:

1. Più il tasso è alto, più a parità di durata la crescita è superiore. Più il tasso da pagare è alto, più il
debito cresce. Il debito cresce tanto più è lunga l’operazione di finanziamento.
2. Più è alto il tasso di rendimento (tasso di attualizzazione) del capitale a scadenza, minore è il
capitale equivalente al tempo zero.
3. Più aumenta il tasso, più cala anche se con una velocità decrescente il valore attuale, più tempo
devo attendere, minore è il valore attuale della somma che incasserò in futuro a quella data
scadenza.

Ricapitolando

• La relazione tra FV/PV e r è non lineare come pure quella tra FV/PV ed n

• r = rendimento di periodo (non necessariamente un anno) (da 1 a 50 anni)


• m = numero di periodi di capitalizzazione in un anno
• i = tasso nominale annuo semplice con 𝑟 = 𝑖⁄𝑚
• n = numero di periodi alla scadenza dell’operazione

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• PV = valore attuale, corrente
• FV = valore futuro

Se la capitalizzazione è infrannuale, il rendimento annuo effettivo differisce da i ed è pari a:


𝑖 𝑚
𝑟(𝑒𝑓𝑓) = (1 + 𝑚) − 1 → detto anche rendimento annuo equivalente composto

PV di una rendita periodica posticipata

Quando i flussi sono costanti e tutti uguali, si ripetono n volte, vengono chiamati rendite periodiche,
inoltre, se l’importo si incassa alla fine di ciascun periodo dell’anno n si chiama rendita posticipata.

Se gli importi/flussi di cassa nel futuro sono n>1, tutti di uguale importo PMT si può sfruttare la proprietà
additiva del PV:
𝑛 𝑛
𝑃𝑀𝑇 1
𝑃𝑉 = ∑ 𝑗
= 𝑃𝑀𝑇 ∑
(1 + 𝑟) (1 + 𝑟)𝑗
𝑗=1 𝑗=1

PMT si può portare fuori dalla sommatoria poiché la rendita è costante. La serie è geometrica e converge a
un valore finito.

(𝟏+𝒓)𝒏 −𝟏 𝑟
Inoltre: 𝑷𝑽 = 𝑷𝑴𝑻 [ 𝒓(𝟏+𝒓)𝒏 ] da cui si ricava: 𝑃𝑀𝑇 = 𝑃𝑉 [ 1 ] poiché ad esempio nel caso in cui
1 − (1+𝑟)𝑛

una famiglia volesse aprire un mutuo sarà più utile conoscere il valore della rata che dovrà andare a pagare
piuttosto che il valore attuale. PV nell’ultima equazione è l’importo del prestito che la banca mi concede. Se
si ipotizza di avere un mutuo da 100.000 a 10 anni con rate mensili (tot. 120) con tasso mensile di 0,1%
quindi pari all’1,2% annuo, quale rata mi consente di estinguere il mutuo? È sopportabile per il mio
stipendio? Serve a questo l’ultima equazione. Posso chiedermi anche quale sia il valore di r, conoscendo gli
altri dati e il valore del tasso r è il tasso di rendimento effettivo ex ante (atteso). Quando ho un prestito
non semplice si parla di una rendita periodica posticipata.

Ad esempio PMT ANNUALI

Ci sono tanti flussi di cassa periodici costanti. La durata della rendita è di 6 periodi, alla fine di ognuno dei
quali si incassano 10.000€. Qual è il valore attuale della rendita?

1
1−((1+𝑟)𝑛 )
L’importo va attualizzato, posto: 𝑃𝑉 = 𝑃𝑀𝑇 [ ] che diventa:
𝑟

14
1
1−( )
(1 + 0,08)6
𝑃𝑉 = 10.000 [ ] = 10.000(4,622880) = 46.228,80
0,08

Se i PMT sono trimestrali?

- i = 8% → r = 8% / 4 = 2% quindi il tasso effettivo annuo sarà più alto dell’8% per via degli interessi
sugli interessi
- n = 6*4 = 24 trimestri
1
1−( )
(1 + 0,02)24
𝑃𝑉 = 10.000 [ ] = 10.000(18,13926) = 189.139,26
0,02

Rendita perpetua

È una rendita che non prevede una scadenza finale.

• n→∞
1
1−(1+𝑟)𝑛 1
• Si può dimostrare che lim ( )=𝑟
𝑛→∞ 𝑟

Quindi in generale:
𝑃𝑀𝑇
𝑃𝑉𝑝𝑒𝑟𝑝 =
𝑟
Se dopo n pagamenti (PMT) tutti uguali (gli interessi), al tempo n (scadenza dell’operazione) incassiamo
un’ulteriore somma VN (rimborso del capitale o FV), allora:
1
1−( ) 𝐹𝑉
(1 + 𝑟)𝑛
𝑃𝑉 = 𝑃𝑀𝑇 [ ]+
𝑟 (1 + 𝑟)𝑛

Quindi abbiamo il prezzo di un titolo di debito che rimborsa il capitale in un’unica soluzione. Se si volesse
risolvere l’equazione rispetto a r sarebbe molto difficile.

RIEPILOGO DEI TASSI O RENDIMENTI:

• Tasso «nominale» o «cedolare»: i → Tasso di interesse utilizzato per calcolare gli interessi periodici
(PMT)

• Tasso «richiesto»: r → Tasso che viene utilizzato per scontare i flussi di cassa futuri (in entrata per
chi investe, in uscita per chi si indebita)

1. Tasso di interesse opportuno: dato il rischio dell’operazione (rischio che riguarda il merito
di credito della controparte, ma anche la liquidità dell’operazione e la scadenza, ovvero la
durata dell’operazione). Tasso di interesse che dovrebbe essere corrisposto all’investitore
su un investimento con quelle caratteristiche, utilizzato per calcolare PV

2. Il tasso richiesto: è un dato di mercato, dato esogeno che noi conosciamo, e che troviamo
da qualche parte (una banca dati, un report, un quotidiano finanziario, un sito internet).
Qual è al variare della scadenza il rendimento richiesto dal mercato.

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• Tasso «atteso» (o effettivo ex ante): E(r) → Risolto ricorrendo a tecniche interattive di calcolo
(equazione a sinistra del segno dell’uguale un prezzo noto che viene preso da qualche parte: un
report, un quotidiano finanziario; a destra il valore attuale) Se la durata programmata
dell’investimento o finanziamento coincide con la scadenza contrattuale, se l’operazione è
un’operazione a 10 anni, e io immagino di portarla fino alla sua ultima scadenza (ultimo giorno del
10 anno allora sto calcolando il tasso atteso o rendimento effettivo ex ante alla scadenza).
Calcolato anche immaginando di non attendere alla scadenza dell’operazione, immaginando di
rivenderlo sul suo mercato secondario. Se chiudo l’investimento, non alla scadenza, ma dopo 1
anno o 2, quello che normalmente non so è a quali condizione potrò rivendere sul mercato questo
titolo a qualcun altro che subentra a me nell’operazione e la porta avanti fino alla sua naturale
scadenza o fa un altro pezzettino. È un tasso di interesse che l’investitore si attende di ottenere se
acquista il titolo al corrente prezzo di mercato, incassa gli interessi periodici e lo rivende alla fine
della durata programmata dell’operazione t.
Versione a consuntivo del rendimento effettivo. Il rendimento effettivo può essere ex ante (tasso
atteso), o calcolato ad investimento concluso (prima della naturale scadenza o alla naturale
scadenza).

• Tasso «realizzato» (o effettivo ex post): ṝ Tasso effettivamente ottenuto a consuntivo, cioè


considerando gli interessi e il prezzo di vendita effettivamente incassati dopo t periodi

Esempio (posizione dell’investitore): due anni fa avete sborsato 890 euro per un titolo che oggi ne vale
925, paga 100€ l’anno di interessi, si pensa di poterlo rivendere tra 4 anni a 960 euro (valore nominale
1000).

o Tasso nominale (o cedolare): 100/1000 = 0,10 ovvero 10%


- Attualmente il rendimento richiesto è l’11,25% costante, quanto dovrebbe valere il titolo?
o Tasso di rendimento richiesto: 11,25%
o PV =?
- Chi acquista oggi il titolo, a 925, pensando di poterlo rivendere a 960 tra quattro anni, quale
rendimento si aspetta di ottenere?
o E (r)
- Se voi lo rivendeste a 925, dopo soli due anni, quanto avrebbe reso l’investimento?
o r?

Quindi:

• Prezzo se rendimento richiesto 11,25% → quanto vale PV se r = 11,25%?


o PMT = 100, FV = 960, t = 4, i = 11,25
o PV = -935,31
Essendo P = 925 < 935,31 = PV → titolo sottovalutato → comprare

• Rendimento atteso se prezzo 925


o Quanto vale E(r) se P = 925?
PV = -925 (dato che siamo investitori PV va con segno negativo perché è il prezzo che
sborsiamo oggi), PMT = 100, FV = 960, t = 4
i = 11,61
Quindi E(r) > r, quando P < PV e viceversa
11,61 è maggiore del rendimento richiesto dal mercato (11,25). Dunque, posso concludere
che ogni volta il prezzo che io stimo PV è maggiore (superiore) del prezzo di mercato del
titolo (ogni volta che il titolo è sottovalutato) vuol dire che il rendimento atteso è maggiore
del rendimento richiesto.

Se il titolo è sottovalutato va comprato, oppure se il rendimento atteso è superiore al rendimento

16
richiesto mi aspetto di guadagnare più di quanto il mercato chiede come tasso minimo di
rendimento su quell’operazione allora vuol dire che quell’operazione è buona e crea valore quel
titolo va acquistato. Due letture analoghe, una rispetto al valore e una rispetto al rendimento.

• Rendimento realizzato se si vende oggi a 925


o Quanto vale r se rivendete oggi a 925 avendo acquistato due anni prima a 890?
PV = -890, PMT = 100, FV = 925, t = 2
r = 13,08

Qual è il rendimento atteso sui 6 anni?

Acquisto titolo (PV) = - 890


Importo della rendita (PMT) = 100
Valore di uscita dell’investimento (FV) = 960
t= 6

Rendimento atteso = 12,20% (I)

COME MISURARE I TASSI DI INTERESSE

Per calcolare i tassi di interesse il metodo più importante è il rendimento a scadenza (YTM, yield to
maturity) che rappresenta il tasso che uguaglia la somma dei valori attuali dei flussi di cassa prodotti da
uno strumento di debito al suo valore odierno. Si eguaglia il valore corrente dello strumento di debito al
valore attuale di tutti i suoi flussi di cassa futuri. Il “rendimento (effettivo) a scadenza” o yield to maturity
(YTM) è un rendimento “atteso” cioè una misura di rendimento ex ante; “ciò che l’obbligazione frutta”
realmente – non viene detto chiaramente – è il rendimento “realizzato”, una misura ex post (a
investimento concluso). Rendimento atteso e realizzato raramente coincidono: è l’effetto del rischio
finanziario (le cose quasi mai vanno come te le aspetti).

Per i titoli obbligazionari con cedola, in Italia, si è soliti parlare, oltre che di rendimento a scadenza, di tasso
di rendimento effettivo a scadenza (TRES).

L’applicazione di questo principio rivela che i prezzi delle obbligazioni e i tassi di interesse sono
inversamente proporzionali:

Tasso di interesse aumenta → prezzo dell’obbligazione diminuisce

Tasso di interesse diminuisce → prezzo dell’obbligazione aumenta

Il TRES si basa su due ipotesi importanti:

1) il mantenimento del titolo fino a scadenza e, di conseguenza, il suo rimborso al valore nominale
2) il reinvestimento dei flussi intermedi (le cedole) a un tasso che è costante, pari al TRES e
determinato al momento iniziale dell’investimento. Il TRES utilizza la legge di capitalizzazione
composta.

Da quanto detto risulta chiaro come il TRES rappresenti una misura ex ante: può essere cioè calcolato al
momento iniziale dell’investimento tenendo buone le ipotesi 1 e 2. Il tasso di rendimento effettivo del
titolo (tassi d’interesse di mercato) sono aggiunti costanti da qui fino alla fine del mio investimento.

Che relazione esiste tra il TRES e il prezzo di un’obbligazione?

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Prezzo dell’obbligazione € Tasso cedolare Tasso di rendimento effettivo
o nominale annuo % a scadenza %
1.200 10 7,13
1.100 10 8,48
1.000 10 10,00
900 10 11,75
800 10 13,81

N = 10
PMT = 10% di 1000 = 100
FV= 1.000
PV= -1.200
I=? 7,13% → rendimento effettivo a scadenza

Cambio solo PV= -1.100


I = 8,48%

PV= -1.000
I = 10%

PV= -900
I= 11,75

PV= -800
I= 13,81

Si può concludere che:

1. Quando il prezzo dell’obbligazione con cedola corrisponde al suo valore nominale, il TRES equivale al
tasso cedolare
2. Il prezzo di un’obbligazione con cedola e il TRES sono negativamente correlati: se il rendimento a
scadenza aumenta, il prezzo dell’obbligazione diminuisce e viceversa
3. Il TRES è superiore al tasso cedolare quando il prezzo dell’obbligazione è inferiore al suo valore
nominale

Il concetto di spread indica una differenza tra due grandezze, ad esempio tra i rendimenti effettivi a
scadenza di due titoli di Stato quali l’Italia e la Germania. Se si dicesse che lo spread è salito a 300 punti
base significherebbe dire che siccome prestare soldi all’Italia è più rischioso rispetto alla Germania, sul
mercato il TRES richiesto da chi investe su titoli di Stato italiani è del 3,00% superiore rispetto a quello sui
titoli tedeschi.

Differenza fra tassi di interesse reali e nominali

Va fatta una distinzione tra tasso di interesse nominale (non considera l’inflazione) e il tasso di interesse
reale, cioè quello che tiene conto delle variazioni previste nel livello dei prezzi, così da riflettere più
esattamente l’effettivo costo di un prestito. Può essere fatta un’ulteriore distinzione tra il tasso di interesse
reale ex ante, poiché è aggiustato per le variazioni attese dei prezzi ed è il più importante nelle decisioni
economiche ed è quello a cui fanno riferimento gli economisti quando si parla di tasso di interesse reale, e il
tasso di interesse reale ex post, che stabilisce il guadagno di un creditore in termini reali a posteriori
(variazioni effettive dei prezzi). I tassi nominali e i tassi reali si muovono insieme, normalmente quello
nominale è più alto del tasso reale (perché a questo è già sottratta l’inflazione); il che vuol dire che il tasso
nominale copre almeno in parte dal rischio monetario (dal rischio di svalutazione del risparmio investito in

18
attività finanziarie a causa dell’inflazione, cioè dell’aumento dei prezzi). Ci sono momenti in cui le due curve
si sovrappongono, momenti in cui il rendimento reale tocca, supera quello nominale. Ci sono dei periodi nei
quali l’inflazione non è positiva, diventa deflazione. Il tasso reale è superiore al tasso nominale perché se i
prezzi calano, io aggiungo qualcosa e il rendimento reale risulta superiore al rendimento nominale. I tassi
reali non sono osservabili, sono calcolabili ex ante o ex post.

L’equazione di Fisher ci dice che il tasso di interesse nominale i è uguale al tasso di interesse reale ir più il
tasso di inflazione previsto.

𝑖 = 𝑖𝑟 + 𝜋 𝑒

Quando il tasso di interesse reale è basso o negativo, ci sono notevoli incentivi nel prendere in prestito e
pochi motivi per prestare. Il tasso di interesse reale è un indicatore migliore delle ragioni che portano a
prendere in prestito o prestare.

Differenza tra tassi di interesse e rendimenti

Il rendimento di un titolo fornisce un’indicazione di quanto sia conveniente detenerlo per un certo periodo
di tempo e può risultare profondamente diverso dal rendimento a scadenza misurato ex ante.

La redditività di un’obbligazione o di qualunque altro titolo posseduto per un determinato periodo di


tempo è misurata esattamente dal rendimento o più precisamente dal tasso di rendimento.

Il tasso di rendimento si compone di:

• Flussi relativi alla componente per interessi (cedole, proventi che derivano da investimento di
cedole)
• Flussi relativi alla componente per capitale (prezzo di rimborso, ciò che si ottiene smobilizzando il
titolo prima della scadenza → prezzo di vendita stabilito dal mercato)
Individuiamo quindi componenti il cui prezzo è certo (cedole periodiche sui titoli a tasso fisso e allo scarto
di emissione) o aleatorio (relative al reinvestimento dei flussi periodici e al prezzo di vendita).

Il rendimento di un’obbligazione può differire dal suo tasso di interesse, poiché non possiamo incorporare
nei nostri calcoli le variabili aleatorie poiché saranno computabili solo ex post. Di conseguenza si può dire
che il rendimento a scadenza presenta dei limiti, come il fatto che si potrebbe usare solo se il periodo di
detenzione del titolo coincidesse con la durata residua del titolo e che i tassi di interesse non variassero nel
corso del tempo (impossibile).

Quindi, vendendo il titolo prima della scadenza si ottiene un valore pari al prezzo di mercato, il cui effetto
può essere positivo o negativo e si riflette nel rendimento ma non nel tasso di interesse in base a cui sono
calcolate le cedole.

Il rendimento di un’obbligazione posseduta dal tempo t, al tempo t+1 può essere espresso:
C + P(t+1) − Pt
𝑅=
Pt

19
Inizialmente ci sono diverse scadenze ma con lo stesso rendimento effettivo a scadenza (10%) stesso prezzo
iniziale e stesso interesse annuo (10% perché il prezzo iniziale 1.000 è identico al valore di rimborso o
nominale 1.000). Nella colonna 4 si pone sia passato un anno quindi la vita residua è di 29 anni. Quando il
tasso d’interesse di mercato passa dal 10% al 20%, il tasso d’interesse di mercato non è più il 10%, allora il
prezzo iniziale è 1.000; ma diventa il 20%, cioè raddoppia.

Se ho un titolo semplice che prevede solo due flussi di cassa, e attendo la scadenza del mio investimento,
allora non ci sarà nessuna incertezza sul prezzo di smobilizzo (sul valore di smobilizzo del titolo); perché il
titolo giunge alla sua naturale scadenza e la mia controparte è tenuta a rimborsarmi esattamente 1.000. Se
ho un titolo in cui la durata residua non coincide, è più lunga della durata programmata del mio
investimento (se disinvesto anticipatamente un titolo di 30 anni, lo disinvesto quando ha 29 anni di vita
residua e nel frattempo i tassi d’interesse sono aumentati) allora accade che il prezzo non sarà quello
inizialmente atteso (1.000). Se i tassi d’interesse passano dal 10% al 20% cambiano i prezzi (tabella 4).

Il rendimento su un’obbligazione equivale al tasso di rendimento immediato più il tasso di capital gain,
quindi un’obbligazione di cui conosciamo il rendimento corrente, il rendimento a scadenza può differire
poiché non tiene in considerazione il capital gain/loss. Si possono fare delle considerazioni generali:

1. L’unica obbligazione dove il rendimento realizzato è uguale a quello a scadenza iniziale è quella per
cui la vita residua coincide con il periodo per cui deteniamo il titolo
2. Un aumento dei tassi di interesse è associato a una diminuzione dei prezzi dell’obbligazione con
una perdita in conto capitale sulle obbligazioni dove la vita residua è maggiore del periodo che
teniamo il titolo (effetto prezzo)
3. Più è distante la scadenza di un’obbligazione, maggiore è la variazione di prezzo associata al
cambiamento del tasso di interesse
4. Più è distante la scadenza di un’obbligazione, più è basso il rendimento che si ottiene come
conseguenza dell’incremento del tasso di interesse
5. Se un’obbligazione ha tasso di interesse cedolare appetibile, il suo rendimento può risultare
negativo se i tassi di interesse si alzano
Un aumento dei tassi di interesse comporta una perdita in conto capitale e se la perdita fosse rilevante
l’obbligazione sarebbe un cattivo investimento. Se anche si tenesse l’obbligazione fino alla fine sarebbe un
cattivo investimento perché se si fossero depositati i soldi in banca si potrebbero acquistare le obbligazioni
a un prezzo inferiore.

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I prezzi delle obbligazioni a lungo termine:

1. subiscono fluttuazioni notevoli al variare dei tassi di interesse


2. sono soggetti al rischio di tasso di interesse

I guadagni o le perdite in conto capitale che ne derivano possono essere notevoli, e questo è il motivo per il
quale le obbligazioni a lungo termine non vengono considerate sicure dal punto di vista del rendimento. Le
obbligazioni la cui vita residua è più breve dell’holding period sono soggette anche al rischio di
reinvestimento. Il rischio di reinvestimento è legato al fatto che i frutti ottenuti dal titolo devono essere
reinvestiti a un tasso di interesse futuro e incerto. Probabilmente si intendeva sostenere una delle seguenti
due tesi: se il titolo ha la cedola e 1) scade prima della durata desiderata dell’investimento detta anche
holding period, corro il rischio di reinvestimento perché non so oggi a quale tasso potrò reinvestire (per un
anno tra un anno); al contrario, 2) se il titolo scade dopo, quanto più la durata residua si avvicina all’holding
period, tanto meno rischiosa è l’operazione.

Scadenza e instabilità dei rendimenti delle obbligazioni: il rischio di tasso di interesse

I prezzi e i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono più volatili di quelli delle obbligazioni a più
breve termine. Le variazioni di tassi di interesse rendono gli investimenti in obbligazioni a lunga scadenza
abbastanza rischiosi perché il loro prezzo cambia in modo sensibile in risposta a una modifica dei tassi,
definiamo quindi il rischio di tasso di interesse, cioè il rischio legato alla variazione di prezzo delle attività
detenute in portafoglio in risposta a cambiamenti dei tassi di interesse di mercato.

Rischio di reinvestimento

Se l’holding period è più lungo della vita residua dell’obbligazione l’investitore è esposto al rischio di
reinvestimento perché il ricavato dell’obbligazione a breve scadenza deve essere reinvestito a un tasso di
interesse futuro incerto.

Duration

È il tempo di vita medio di un flusso di pagamenti sui titoli di debito. La durata media finanziaria
rappresenta una media delle scadenze, ponderata con il valore attuale dei relativi cash flow.
𝐹𝐶𝑡
∑𝑛𝑡=1 𝑡 ∗
(1 + 𝑖)𝑡
𝐷𝑈𝑅 =
𝑃
Dove:

DUR = duration

t = scadenza del pagamento

FCt = cash flow = pagamento (interesse più capitale) al tempo t

i = tasso di interesse di mercato (il TRES sostituisce il tasso di mercato i)

n = anni mancanti alla scadenza del titolo

La duration è un indicatore completo che considera congiuntamente tutte le caratteristiche importanti del
titolo, vale a dire tutte le sue scadenze e l’entità dei flussi. La vita residua e la duration, nel caso di un titolo
senza cedola, coincidono. La duration esprime un risultato valutabile in termini di tempo (unità temporale
per misurare i periodi relativi alle scadenze dei flussi).

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Quando il tasso di interesse è più alto, i pagamenti futuri sono scontati in misura maggiore e diventano
meno importanti in termini di valore attuale relativo al valore attuale totale di tutti i pagamenti, il cui peso
relativo si abbassa.

Le proprietà della duration:

1. A parità di ogni altra condizione, quanto maggiore è la vita residua di un’obbligazione, tanto
maggiore è la sua duration
2. A parità di ogni altra condizione, la duration è inversamente correlata con il livello delle cedole
3. A parità di ogni altra condizione, la duration è inversamente correlata con il tasso di interesse di
mercato
4. La duration è additiva: quella di un portafoglio di titoli è la media ponderata delle duration dei
diversi titoli, con ponderazioni che riflettono la proporzione di ciascun titolo sul totale del
portafoglio

Ad esempio, 10 titoli a sconto che hanno un valore nominale di 100 per dieci anni, e poi un 11esimo titolo a
sconto che vale 1.000 € fra 10 anni di cui posso calcolare il valore attuale corrente, se conosco il tasso di
rendimento richiesto dal mercato. (11 diversi titoli, se li metto insieme fanno un titolo con cedola del 10%
annuo di durata residua di 10 anni). La durata media finanziaria la calcolo: facendo una media delle
scadenze di ciascuno di questi tioli elementari che compongono il titolo con cedola del 10% annuo con
scadenza decennale. Faccio una media ponderata: ogni scadenza (1,2,3,4,5,6,7,8,9,10) viene moltiplicata
per un peso e ciascuno di questi rappresenta l’importanza di ciascuno di questi flussi rispetto al valore
totale dei flussi di cassa, cioè al prezzo del titolo, al valore attuale complessivo del titolo (che è la
sommatoria dei valori attuali al tasso di rendimento effettivo corrente di oggi di ciascuno di questi flussi).

Più un’obbligazione, un titolo, ha durata residua lunga (es. 30 anni), maggiore sarà anche la sua durata
media finanziaria. Cioè i titoli che hanno una scadenza più lunga, hanno anche una durata media finanziaria
più lunga, ma non vale per gli altri parametri: il livello del tasso cedolare o nominale e il valore del tasso di
attualizzazione (tasso di rendimento effettivo a scadenza).

Duration modificata

La duration fornisce una buona approssimazione di quanto si modifichi il prezzo dei titoli a fronte di una
determinata variazione nei tassi di interesse (soprattutto quando le variazioni dei tassi di interesse sono
minime). Ciò viene indicato dalla seguente formula:
∆𝑖
%∆𝑃 ≈ −𝐷𝑈𝑅 ×
1+𝑖
dove %∆𝑃 indica la variazione percentuale nel prezzo del titolo in conto capitale dal periodo di t a t+1. Il
𝐷𝑈𝑅
termine è detto duration modificata effettiva. Il segno negativo davanti alla duration indica la relazione
1+𝑖
negativa tra prezzo e tasso di interesse. Quindi, tanto più è elevata la duration dei titoli, tanto più è grande
la variazione percentuale nel valore del mercato del titolo per una determinata variazione nei tassi di
interesse → maggiore è la duration maggiore è il rischio legato al tasso di interesse.

CAPITOLO 16 – LE BANCHE CENTRALI

Le banche centrali, cioè le autorità responsabili della politica monetaria, sono gli attori più importanti nei
sistemi finanziari poiché le loro azioni influenzano i mercati finanziari, la produzione aggregata e
l’inflazione. La più antica, la Banca di Svezia, fu fondata nel 1668 per prestare denaro al governo svedese. Le
banche centrali che vennero fondate successivamente compravano il debito pubblico e garantivano la

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sicurezza dei pagamenti internazionali senza contanti per aumentare l’efficienza del commercio
internazionale. Negli USA la concentrazione del potere in una sola banca centrale non era ben vista, ma
dopo le frequenti crisi bancarie venne fondata la FED, che distribuiva il potere su 12 Federal Reserve
regionali sparse nei vari stati. Negli ultimi due secoli le funzioni delle BC si sono evolute fino alla regolazione
del valore della moneta nazionale, finanziare il governo e agire come prestatore di ultima istanza per le
banche che sono in crisi di liquidità o in crisi a causa del deterioramento del credito. Ogni BC ha una diversa
composizione azionaria che comprende istituzioni governative, banche, privati, …

Variazioni nelle funzioni e nelle strutture delle BC

Le banche centrali tendenzialmente hanno molte caratteristiche e obiettivi comuni ma ci sono differenze
nella struttura e negli strumenti di policy adottati. Le circostanze di ogni nazione hanno portato a diverse
funzioni e strutture per ogni banca.

La BCE, l’Eurosistema e il Sistema Europeo delle BC

Il 1° gennaio ’99 è stato introdotto l’euro come moneta unica e sono state trasferite le competenze di
politica monetaria alla BCE, segnando così la tappa principale per l’integrazione economica europea e della
creazione dell’UE. I punti cruciali dell’integrazione vertevano su stabilità dei prezzi, solidità della finanza
pubblica, tasso di cambio stabile e tassi di interesse a medio-lungo termine bassi e stabili. La BCE nasce il 1°
gennaio ’98 per gestire i diversi aspetti transitori relativi alla nascita dell’Eurozona; rappresenta il soggetto
fondamentale del sistema di central bancking europeo. Tutti i paesi dell’Eurozona mantengono le proprie
BC e i propri sistemi bancari ma le regole dell’Eurosistema (formato da BCE e BC dei vari paesi aderenti
all’euro) sono determinate dalla BCE. Dato che non tutti i paesi UE hanno adottato l’euro è stato istituito il
Sistema europeo delle BC (SEBC) che comprende tutti gli stati UE. Il capitale sociale della BCE è delle BC dei
27 stati membri UE (i paesi al di fuori dell’euro hanno solo il 3,5%), lo stato patrimoniale dalle BC aderenti
all’euro e le quote di partecipazione più alte appartengono alla Germania, Francia, Italia e Spagna.

Organi decisionali della BCE

I tre principali organi decisionali sono:

1. Consiglio direttivo → si riunisce a Francoforte ogni due settimane, prende le decisioni principali in
termine monetari, ha la responsabilità di formulare la politica monetaria, è composto da presidente
e vicepresidente della BCE, quattro membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle 19 BCN
(hanno diritto di voto a rotazione mensile). Possono partecipare alle riunioni membri non
appartenenti al consiglio ma non hanno diritto di voto. L’obiettivo del consiglio è assicurare la
stabilità dei prezzi dell’eurozona.
2. Comitato esecutivo → è responsabile per le operazioni finanziarie quotidiane e per la gestione
della BCE e dell’Eurosistema, attua le decisioni del consiglio direttivo dando istruzioni alle BCN. È
composto da sei membri nominati dal Consiglio Europeo (presidente e vicepresidente BCE e
quattro membri che non rappresentano stati o istituzioni che vengono scelti su raccomandazioni e
consultazioni del Parlamento Europeo).
3. Consiglio generale → composto da presidente e vicepresidente BCE e dai governatori BC dell’UE.
L’obiettivo è incoraggiare la cooperazione fra le BCN degli stati UE, raccoglie informazioni
statistiche per la BCE, standardizza procedure contabili, redige il rapporto annuale della BCE. È un
organo transitorio che verrà sciolto quando tutti gli stati UE adotteranno l’euro.

Conduzione della politica monetaria all’interno della BCE

Gli scopi della BCE:

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1. Mantenere la stabilità dei prezzi nelle economie della UE (più importante, la BCE punta a
mantenere il tasso di inflazione a medio termine al massimo al 2%)
2. Supportare le politiche economiche delle nazioni dell’Eurozona
3. Assicurare economie di mercato aperte e indipendenti

Le politiche fiscali, invece, forniscono stimoli macroeconomici.

Il Consiglio direttivo della BCE controlla la politica monetaria e decide i tassi di interesse:

• Tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale (MRO, Main Refinancing Operations),


l’interesse che le banche corrispondono alla BCE quando prendono a prestito per una settimana.
Indica l’orientamento della politica monetaria
• Tasso sui depositi presso la banca centrale, cioè l’interesse che le banche
percepiscono/corrispondono sui loro depositi overnight presso la BCE. Sono stati introdotte
politiche di tassi di interesse negativi sui depositi bancari overnight (NIRP, Negative Interest Rate
Policy) per contrastare il rallentamento dell’economia
• Tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale, tasso che le banche devono pagare se
prendono a prestito overnight dalla BCE. È superiore al tasso sulle operazioni di rifinanziamento
principale

Gli strumenti convenzionali di politica monetaria:

- Operazioni sul mercato aperto (OMA)


- Canali finanziari permanenti per fornire o assorbire liquidità
- Riserve obbligatorie minime per gli istituti di credito

Le politiche non convenzionali: sono state introdotte a seguito della crisi del 2008 quando la politica
monetaria era diventata inefficace. La prima prevede l’assistenza di liquidità di emergenza (ELA, Emergency
Liquidity Assistance) che fornisce liquidità e prestiti in casi eccezionali a banche solventi e istituzioni
finanziarie alle prese con problemi temporanei di liquidità. Dal 2015 è stato introdotto il quantitative
easing in base al quale le BC che comprano obbligazioni sovrane e altre attività finanziarie per aumentare la
massa monetaria e stimolare l’economia (è il programma ampliato di acquisto attività, APP, Asset Purchase
Programme, che comprende acquisti di titoli del settore pubblico, obbligazioni societarie e titoli derivanti
da cartolarizzazioni garantite).

L’APP si affianca alle operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (TLTRO, Targeted longer-term
refinancing operations) che forniscono finanziamenti alle banche per periodi fino a quattro anni per ridurre
il costo del credito, comprimere i rendimenti delle attività finanziarie a tutte le scadenze e quindi
incentivare la crescita del credito bancario.

Inizialmente, prima dell’APP, era previsto il programma di acquisto sul mercato secondario di titoli di debito
pubblici dell’area euro SMP, che sono terminati con l’annuncio delle operazioni monetarie definitive (OMT);
con le OMT si puntava a salvaguardare la liquidità dei titoli pubblici di un paese in difficoltà e la BCE
avrebbe acquistato tali titoli sul mercato secondario senza limiti prefissati a condizione che il paese aderisse
a un programma di assistenza finanziaria.

Sono tutti strumenti temporanei che puntano a fornire liquidità e ridurre la pressione sui tassi di interesse;
verranno rimossi gradualmente.

Le operazioni di rifinanziamento temporanee sono svolte su iniziativa della BCE e effettuate dalle BCN
tramite aste standard.

Meccanismi di vigilanza e risoluzione unica

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Il Meccanismo di vigilanza unico (SSM) realizza un sistema europeo di vigilanza delle banche dell’area
dell’euro che comprende la BCE e le autorità di vigilanza nazionali. La vigilanza sulle banche europee con un
attivo superiore a 30mld o che rappresentano il 20% del PIL di un paese, è affidata a SSM.

Il Meccanismo di risoluzione unico ha l’obiettivo di un’efficiente risoluzione delle banche in dissesto


nell’intento di minimizzare i costi per i contribuenti e l’economia reale.

Federal Reserve

È una delle banche più grandi e influenti del mondo, è sottoposta a vigilanza da parte del Congresso (la sua
legislazione è definita dal Congresso e può essere modificata in qualsiasi momento) ma prende le decisioni
in modo indipendente dal governo degli USA. La FED supervisiona e regola le istituzioni finanziarie del
paese e fa da banchiere. Le 12 banche della FED generano i loro ricavi grazie ai servizi forniti alle banche
affiliate e agli interessi guadagnati sui titoli di stato, sulla valuta straniera e sui prestiti alle istituzioni
finanziarie. Il sistema della FED è formato da:

1. Il Board of Governors della Federal Reserve (FRB) che ha la responsabilità regolatoria e di


supervisione delle banche affiliate
2. Il Federal Open Market Committee (FOMC) che ha 12 membri (sette del Board, il presidente della
FED di NY e i presidenti di altre 4 regioni) e si riuniscono 8 volte l’anno per decidere tassi di
interesse e politica monetaria. Le loro decisioni si basano sul Green, Blue e Beige Books che sono le
previsioni dello staff dell’FRB sull’economia americana, l’analisi della politica monetaria e le
discussioni delle condizioni economiche a livello regionale preparate dalle 12 FED.
3. Le 12 FED hanno sede nelle principali città
4. Le banche private americane socie
5. Il Federal Advisory Council

Differenze tra BCE e FED

Sono entrambe entità che raggruppano un certo numero di banche centrali regionali, sono istituzioni
indipendenti con una struttura decentralizzata che usa strumenti monetari di base come i requisiti di
riserva legale, i tassi di interesse e le operazioni sul mercato tramite aste, e sono indipendenti dalle
decisioni politiche.

Hanno mandati e obiettivi diversi e adottano metodi diversi per raggiungerli. L’obiettivo della FED è
mantenere la stabilità dei prezzi e quindi supportare gli obiettivi macroeconomici (crescita e occupazione),
ma ignora gli effetti temporanei delle variazioni dei prezzi in quanto attribuisce alla disoccupazione
carattere prioritario. Inoltre, la BCE ha meno potere rispetto al Board nel sistema della FED e le operazioni
monetarie dell’Eurosistema sono condotte dalle BCN e non centralizzate come nella FED.

Banche centrali e indipendenza

Maggiore è l’indipendenza della banca centrale, maggiormente sarà efficace la sua politica monetaria. Ci
deve essere indipendenza dall’obiettivo, per far sì che non ci sia influenza della politica nel definire gli
obiettivi di politica monetaria, e indipendenza dello strumento, cioè la capacità di utilizzare liberamente gli
strumenti di politica monetaria per perseguire i suoi obiettivi. Il grado di indipendenza dipende in gran
parte dalle preferenze e dalle circostanze di ogni nazione.

Motivi a favore dell’indipendenza:

1. Ciclo economico politico → ci potrebbero essere degli impulsi inflazionistici che si concentrano a
seguito delle pressioni politiche per aumentare la produzione a breve termine prima delle elezioni,
per finanziare la spesa pubblica, per abbassare la disoccupazione e i tassi di interesse (si creerebbe
instabilità macroeconomica e fasi di boom seguite dallo scoppio della bolla)

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2. Il pubblico diffida dalla politica soprattutto per la mancata esperienza di conduzione di politica
monetaria
3. Spesso c’è disaccordo tra i responsabili delle politiche in merito a decisioni impopolari

Motivi contro l’indipendenza:

1. La stabilità macroeconomica può essere raggiunta più facilmente se la politica monetaria è


coordinata con quella fiscale
2. Gli oppositori dell’indipendenza sostengono che le BC non sono immuni dalle pressioni politiche →
la teoria del comportamento burocratico dice che l’obiettivo di una burocrazia è massimizzare il
benessere quindi la BC può perseguire obiettivi di suo esclusivo beneficio per aumentare il suo
potere e il suo prestigio a scapito dell’interesse pubblico

L’indipendenza della BCE e delle BCN è uno status costituzionale e quindi ha una tutela rafforzata. Le varie
forme di indipendenza:

• Istituzionale → art. 108 trattato di Maastricht, BCE e BCN e i membri degli organi decisionali non
possono ricevere istruzioni dalle varie istituzioni, le quali a loro volta si impegnano a non
influenzarle
• Personale → tutela nella definizione del periodo di incarico (5 anni rinnovabile per governatori
BCN, 8 anni e non rinnovabile per i membri comitato esecutivo BCE)
• Funzionale e operativa → dotazione delle risorse e dei poteri necessari per conseguire l’obiettivo
della stabilità dei prezzi
• Finanziaria e organizzativa → autosufficienza dal punto di vista finanziario ed economico e di
autonomia istituzionale e organizzativa

L’indipendenza della BCE si legittima in quanto è chiamata a rispondere alle istituzioni democratiche e ai
cittadini degli atti compiuti nell’assolvimento del proprio mandato. La BC è spesso responsabile nei
confronti del proprio parlamento e deve essere trasparente sulle attività pubblicando i verbali delle riunioni
e comunicando le politiche al pubblico. La Banca d’Inghilterra è tra le più indipendenti al mondo.

CAPITOLO 18 – MERCATI FINANZIARI E TASSI DI INTERESSE

Determinanti della domanda di attività

Un’attività è un bene che incorpora un valore, e può essere di tipo finanziario (strumenti finanziari) o reale
(terreni, immobili, macchinari, …). Per decidere se comprare un’attività, comprarne una piuttosto di
un’altra si deve valutare:

• Ricchezza, quindi le risorse totali del soggetto


Quando la ricchezza cresce si hanno a disposizione maggiori risorse e quindi la domanda di
attività aumenta. Quindi, a parità di ogni altra condizione, un incremento della ricchezza
comporta un aumento della domanda di attività.
• Rendimento atteso, confrontandolo rispetto a quello di un’altra attività
Detto anche expected return, è la media ponderata di tutti i rendimenti possibili:
𝑅𝑒 = 𝑝1 𝑅1 + 𝑝2 𝑅2 + ⋯ + 𝑝𝑛 𝑅𝑛

Se, ad esempio, il rendimento atteso delle obbligazioni Eni aumentasse rispetto ai rendimenti
attesi delle attività alternative, a parità di ogni altra condizione, sarebbe meglio acquistarle e la
quantità domandata aumenterebbe. Può avvenire quando il rendimento atteso di Eni aumenta
mentre quelli di attività alternative rimangono invariati, oppure quando il rendimento delle
attività alternative diminuisce rispetto a quello di Eni. A parità di ogni altra condizione,
l’aumento del rendimento atteso di un’attività, rispetto a quello delle attività alternative,
incrementa la quantità domandata di quell’attività.

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• Rischio, confrontandolo con altre attività.
Si calcola tramite la deviazione standard, previo calcolo del rendimento atteso.
σ = √𝑝1 (𝑅1 − 𝑅𝑒 )2 + ⋯ + 𝑝𝑛 (𝑅𝑛 − 𝑅𝑒 )2
Più è elevata la deviazione standard, maggiore è il rischio di un’attività, a parità di rendimento
un soggetto avverso al rischio sceglierà l’attività con una deviazione standard più bassa. A
parità di ogni altra condizione, se il rischio dell’attività aumenta in relazione a quello delle
attività alternative, la domanda per quell’attività diminuisce. Diversificare le proprie attività
riduce il rischio dell’investitore.
• Liquidità, rispetto ad altre attività, cioè quanto rapidamente e a basso costo può essere convertita
in moneta un’attività. Una casa non è un’attività liquida in quanto potrebbe essere difficile trovare
in tempi ristretti un acquirente che accetti il prezzo di vendita, invece, i BTP e i BOT, cioè titoli di
Stato vengono venduti in un mercato pieno di compratori quindi sia i tempi che i costi di
transazione per la vendita vengono abbattuti. A parità di ogni altra condizione, quanto più
un’attività è liquida rispetto ad altre, tanto più sarà considerata desiderabile e maggiore sarà la
sua domanda.

La teoria del portafoglio è in grado di indicare la quantità di un’attività che gli individui preferiscono
detenere nel loro portafoglio. Serve per studiare l’evoluzione della domanda (da una parte) e dell’offerta
(dall’altra) delle attività finanziarie. Per ricavare dall’incrocio della curva di domanda e della curva di offerta
un prezzo di equilibrio e vedere come si modifica nel tempo. A parità di altre condizioni, la domanda di
un’attività:

1. È positivamente legata alla ricchezza


2. È positivamente legata al suo rendimento atteso rispetto a quello di altre attività
3. È negativamente legata al rischio associato al suo rendimento rispetto a quello di altre attività
4. È positivamente legata alla sua liquidità rispetto a quella di altre attività

Domanda e offerta nel mercato obbligazionario

La curva della domanda mostra il rapporto tra quantità richiesta e il prezzo quando tutte le altre variabili
sono costanti. L’inclinazione è negativa rispetto al prezzo, se quest’ultimo scende la quantità domandata di
un certo bene scende, se il prezzo sale, sale anche la quantità domandata. La curva dell’offerta mostra il
rapporto tra quantità offerta e prezzo a parità delle altre variabili economiche (l’inclinazione è positiva).

Il punto C rappresenta l’equilibrio che consente di realizzare e massimizzare il quantitativo di fondi


scambiabili. In corrispondenza di un aumento della ricchezza, per ciascun livello di prezzo delle obbligazioni,
ovvero di corrispondente tasso di rendimento effettivo, si richiedano più obbligazioni. Ci aspettiamo una
traslazione della funzione di domanda verso destra. Per ciascun livello di tasso di rendimento atteso ci sarà
un maggiore quantitativo domandato.

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L’analisi della domanda e dell’offerta di obbligazioni costituisce la rappresentazione di come si determinano
i tassi di interesse. Essa predice che i tassi di interesse cambieranno quando vi è:

- Una variazione della domanda


- Variazione dell’offerta

La variazione della domanda avviene a seguito di cambiamenti:

1. della ricchezza: aumenta la ricchezza, aumenta la domanda di obbligazione


2. dei rendimenti attesi: aumento dei rendimenti attesi, aumento la domanda di obbligazioni.
3. del rischio: inteso come eventualità di non rientrare in possesso del capitale alla scadenza.
Aumento del rischio, cala la domanda di obbligazione.
4. della liquidità: aumenta la liquidità, aumenta a parità di tasso d’interesse ex ante la quantità di
obbligazioni domandate

La variazione dell’offerta avviene a seguito di cambiamenti di 3 variabili che affiancate al tasso d’interesse
effettivo ex ante, spiegano il comportamento degli offerenti di obbligazioni (imprenditori netti di fondi) sul
mercato del debito:

1. della redditività attesa delle opportunità di investimento in attività reali


2. del costo effettivo del debito (inflazione): se c’è un aumento dell’inflazione il costo effettivo del
debito (costo reale) si riduce. È più conveniente fare provvista di fondi nel mercato obbligazionario.
3. delle attività del settore pubblico (bilancio settore pubblico)

Rischio: un incremento del rischio di titoli obbligazionari provoca una diminuzione della domanda di
obbligazioni e la curva si sposta verso sinistra. Un incremento del rischio di attività alternative provoca
l’aumento della domanda di obbligazioni e lo spostamento verso destra della curva di domanda.

Liquidità: l’incremento della liquidità delle obbligazioni aumenta la loro domanda, la cui curva si sposta a
destra. L'aumento di liquidità di attività alternative riduce la domanda di obbligazioni e la curva si sposta a
sinistra.

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Redditività attesa degli investimenti reali:
in una fase di crescita positiva l’offerta di
obbligazioni aumenta e la curva si sposta a
destra; in recessione con meno
opportunità di investimento la curva si
sposta a sinistra

Inflazione attesa: se aumenta l’inflazione


aumenta l’offerta e la curva va a destra;
una diminuzione sposta la curva di offerta
a sinistra

Bilancio del settore pubblico: disavanzi


pubblici consistenti aumentano l’offerta di
obbligazioni e la curva va a destra e
viceversa.

Se c’è un aumento dell’inflazione attesa in misura superiore alle aspettative, è una cattiva notizia per
l’investitore: perché il rendimento delle obbligazioni rispetto ad altre attività reali diminuisce. La domanda
si sposta da destra verso sinistra. È diventato meno conveniente comprare obbligazioni emesse da altri,
perché una parte del rendimento effettivo nominale superiore alle mie aspettative, viene erosa
dall’inflazione. L'offerta si sposta da sinistra verso destra. L’equilibrio passa dal punto 1 al punto 2 con una
diminuzione del prezzo di equilibrio e un aumento del tasso di interesse nominale. Può accadere che
l’inflazione superi il rendimento. In periodo di cattiva congiuntura accade che l’inflazione possa superare il
livello dei tassi nominali. Quando l’inflazione sale, i tassi d’interesse tendono a salire (EFFETTO FISHER).
Quando l’inflazione scende, i tassi d’interesse nominali tendono a scendere.

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In una fase di crescita dell’economia ci sono buone occasioni di investimenti di tipo reale. Crescono i ricavi e
quindi i profitti, causando una maggiore richiesta di fondi a titolo di debito sul mercato obbligazionario. La
funzione di offerta si sposta verso destra, quindi a parità di prezzo cioè a parità di tassi di interesse c’è
maggiore propensione a emettere obbligazioni. La funzione di domanda si sposta verso destra poiché ci sarà
maggiore propensione a sottoscrivere titoli obbligazionari. Ci sarà quindi un nuovo equilibrio nel punto 2
poiché empiricamente la funzione di offerta si è spostata più di quella della domanda, così da avere un
aumento delle quantità di equilibrio.

Un’inflazione negativa (recessione) farà aumentare la domanda di obbligazioni perché il rendimento di


attività reali diminuisce e aumenta il rendimento atteso delle obbligazioni che sposta la curva di domanda
verso destra. L’offerta si sposterà a sinistra perché cresce il costo del debito effettivo; la mancanza di
opportunità di investimento fa aumentare il prezzo delle obbligazioni e un calo dei tassi di interesse. Tassi
di interesse molto bassi possono essere sintomo di reali difficoltà economiche, con bassa crescita e
inflazione troppo bassa.

CAPITOLO 20 – MERCATI MONETARI

Definizione dei mercati

I mercati finanziari possono essere classificati in base a diversi criteri. In base alla funzione economica
svolta si distinguono:

- mercati primari: dove si realizzano le nuove emissioni di titoli. Forniscono risorse finanziarie agli
emittenti ed esprimono il prezzo degli strumenti di nuova emissione
- mercati secondari: dove vengono scambiati titoli già emessi. Pur non fornendo nuove risorse,
assolvono a due importanti funzioni: assicurare la liquidità agli investitori e consentire la valutazione
nel continuo dei titoli.

In base alla tipologia di operatori abbiamo:

- mercati retail: possono accedervi tutti gli investitori privati


- mercati all’ingrosso: possono accedervi solo operatori professionali autorizzati che trattano grandi
quantitativi

In base alla tipologia di strumenti negoziati:


- mercati monetari: dove gli strumenti negoziati sono tipicamente a breve termine
- mercati dei capitali: a loro volta classificabili in mercato obbligazionario e azionario
- mercato dei cambi: dove gli strumenti negoziati sono le valute
- mercati degli strumenti derivati: dove gli strumenti negoziati sono forward, future, opzioni e swap.

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Il mercato monetario fa parte del mercato secondario e riguarda le negoziazioni di strumenti finanziari
tipicamente a breve termine (durata massima 1 anno). Nei mercati monetari sono gli operatori stessi a
definire i tassi di interesse.

L’espressione mercato monetario non è appropriata, in quanto la moneta non viene scambiata nei mercati
monetari. Gli strumenti finanziari che vi sono trattati, a breve termine e altamente liquidi, si avvicinano
però al concetto di moneta. I mercati monetari hanno tre caratteristiche principali:

1. Importi unitari molto elevati → gran parte delle transazioni si riferisce a valori unitari molto elevati
generalmente superiori a 1 mln di euro, perciò ci riferiamo ai mercati monetari come mercati
all’ingrosso
2. Rischio di insolvenza ridotto
3. Scadenza max. 1 anno → essendo così a breve termine sono altamente liquidi e facilmente
negoziabili sul mercato secondario (sono strumenti molto flessibili)

Scopo dei mercati monetari

Il settore bancario ha la funzione di ridurre il problema di asimmetria informativa tra i datori e i prenditori
di risorse e può realizzare profitti dalle economie di scala generate dall’offerta di questo servizio. Sono però
soggette a maggiori regolamentazioni e costi rispetto ai mercati monetari. Nelle situazioni in cui il problema
di asimmetria informativa non è particolarmente rilevante, i mercati monetari presentano condizioni più
favorevoli in termini di costo nel fornire fondi a breve termine per i prenditori e sono un ottimo strumento
per le imprese e gli intermediari che vogliano allocare liquidità temporaneamente in eccesso → no
rendimenti elevati ma sicuramente migliori di depositi bancari

È importante tenere presente che un’eccedenza di disponibilità liquide (surplus di moneta o riserve di
liquidità) rappresenta un costo per un investitore, in quanto non frutta interessi. Un mercato monetario
efficiente consente di ridurre al minimo la detenzione di surplus di moneta e fornisce gli strumenti idonei
per investire la liquidità in eccesso e ridurne il costo opportunità.

Chi partecipa ai mercati monetari?

Gli attori dei mercati monetari sono:

- Dipartimento del Tesoro: il Tesoro italiano emette i BOT (buoni ordinari del tesoro)
- Banca Centrale Europea: acquista e vende titoli di Stato regolando le riserve di liquidità
- Banche: acquistano titoli di Stato e vendono certificati di deposito/effettuano prestiti a breve termine
- Altre istituzioni finanziarie (società di intermediazione mobiliare, di gestione del risparmio, compagnie
di assicurazione, fondi pensione): operano sia come negoziatori che in proprio come dealer, i fondi
comuni di investimento permettono ai piccoli risparmiatori di affacciarsi su questo tipo di mercato
- Imprese
- Privati: acquistano quote di fondi comuni di investimento

Strumenti del mercato monetario

I titoli di Stato a breve termine includono:

• Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) in Italia: titolo a sconto sul valore nominale, non stacca cedole ed è
costituito dallo scarto di emissione (differenza tra valore nominale e prezzo d’acquisto/emissione). Il
taglio minimo è di 1000 euro. Le scadenze possibili sono 3 (tre, sei e dodici mesi). Quelle utilizzate
sono 2 soltanto: scadenza annuale (Bot annuale all’emissione o a 12 mesi) la scadenza è espressa in
giorni di calendario civile (365-366), scadenza semestrale (durata espressa in giorni di calendario
civile). Esistono Bot che non hanno scadenze convenzionali, che si chiamano bot flessibili: possono
avere delle durate dell’emissione nè di tre, né di sei, né di dodici mesi (utilizzati molto raramente).

31
Il mercato all’ingrosso dei BOT è profondo (presenza di molti ordini di acquisto e vendita a prezzi
prossimi tra loro) e liquido (se i titoli possono essere acquistati e venduti rapidamente con bassi costi
di transazione). Il procedimento di vendita di BOT prevede un’asta competitiva a cadenza quindicinale
con la quale il Tesoro colloca le nuove emissioni.
• Treasury Bill (Stati Uniti): hanno più scadenze rispetto ai BOT e il taglio minimo è di 100 dollari.
• Depositi interbancari: sono fondi a breve termine trasferiti (prestati o presi a prestito) tra
intermediari finanziari. Nel mercato interbancario le transazioni avvengono unicamente tra questi
ultimi e la finalità dei depositi interbancari è consentire alle banche di gestire i quotidiani squilibri di
liquidità che caratterizzano la loro attività. Il mercato interbancario si basa su transazioni attraverso
cui si può ottenere un rendimento per la liquidità più alto rispetto a quello dei depositi presso la BCE e
ci si può finanziare a così più bassi rispetto al tasso di rifinanziamento marginale della stessa BCE.

L’e-MID è il mercato elettronico multilaterale dei depositi interbancari che opera sotto la supervisione
della Banca d’Italia e della Consob. Le transazioni elettroniche hanno aumentato l’efficienza e la
liquidità del mercato interbancario e hanno esteso le negoziazioni a dollaro e sterlina. L’e-MID
consente di monitorare i tassi offerti al mercato in tempo reale (trading più rapido).
N.B. e-Mid ha cessato l’attività a fine 2019, ad aprile è stato lanciato il nuovo MTS Depo.

Mercato interbancario USA: i federal fund


I fed fund sono fondi a breve termine (generalmente 1 gg) prestati e presi a prestito tra banche. Ogni
banca americana deve conservare una percentuale di depositi (livello minimo di riserva obbligatoria)
presso la Federal Reserve, su cui viene corrisposto un tasso di interesse che nel 2018 era del 2,20%. I
fed fund sono investimenti overnight in forme non garantite--> una banca che si ritrova con un
surplus di liquidità il giorno x, può decidere di prestare i fondi alle banche in deficit che offrono i tassi
migliori. Il giorno successivo l’operazione si conclude con un rimborso.
Il tasso dei fed fund dipende dall’offerta e dalla domanda ed è conosciuto come tasso effettivo
definito nel “Federal Reserve Bulletin” (tasso medio ponderato delle transazioni sulla piazza di NY). La
Fed non può stabilire i tassi ma li può influenzare: comprando titoli aumenta l’ammontare di moneta
nel sistema finanziario che viene depositato proprio presso la Fed. Le riserve di liquidità aumentano --
> maggiore offerta di riserve = minori tassi di interesse. Se invece vendesse titoli, i tassi
aumenterebbero.

• Pronti contro termine (PCT) o “repo”: si stipulano contemporaneamente due contratti di


compravendita di segno opposto, aventi per oggetto una stessa quantità e tipologia di titoli. Un
operatore si impegna a vendere (venditore a pronti) una determinata quantità di titoli e un altro
operatore (acquirente a pronti), con la promessa di riacquisirli a un prezzo e a una data futura
prestabiliti. Esistono anche i pct inversi che prevedono un acquisto con promessa di rivendita ad un
determinato prezzo. Sono essenzialmente dei prestiti a breve termine con garanzia (collateral).
• Certificati di deposito: è un titolo emesso da una banca, che documenta un deposito e specifica il
tasso di interesse (fisso o variabile) e la data di scadenza. Poiché viene indicata una data di scadenza,
un CD è considerato un titolo a termine; hanno generalmente una scadenza che va da 1 a 4 mesi.
• Commercial paper: sono effetti (pagherò) non garantiti, emessi dalle imprese, con scadenza massima
a 270 giorni. Poiché questi titoli non sono garantiti, solo le società più grandi e più solvibili li
emettono. Il tasso di interesse che viene offerto riflette naturalmente il livello di rischio
dell’emittente.
• Accettazioni bancarie: è una cambiale tratta con la quale il traente ordina alla banca di pagare per
suo conto al venditore (esponente) una determinata somma a una scadenza futura. Nel momento in
cui la banca appone la propria firma per accettazione, diviene l’obbligato principale e in tal modo
risulta negoziabile. Le accettazioni bancarie vengono usate per finanziare le merci che devono essere

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trasferite dal venditore al compratore, soprattutto quando il primo non conosce la solvibilità della sua
controparte.
• Eurovalute: il mercato degli eurodollari ha continuato a crescere rapidamente, soprattutto perché i
depositanti spesso ricevono un tasso di rendimento più elevato su un deposito in dollari nel mercato
degli eurodollari. Gli eurodollari (fondi in dollari depositati in banche al di fuori degli Stati Uniti)
costituiscono un’alternativa ai fondi federali e ai depositi interbancari, tant’è che le banche di tutto il
mondo effettuano compravendite overnight su questo mercato (in particolare quello londinese). Il
tasso pagato per l’acquisto è il LIBID, mentre i fondi vengono offerti al tasso LIBOR. Poiché sono molte
le banche che partecipano a tale mercato, esso è estremamente competitivo: lo scarto fra il tasso
LIBID e il tasso LIBOR eccede raramente lo 0,125%. I depositi in eurodollari sono vincolati (non
possono essere ritirati prima che sia trascorso un determinato periodo di tempo). La scadenza
comune è di 24 ore. LIBOR overnight e il tasso del mercato interbancario tendono a essere molto
vicini, in quanto sono sostituti perfetti.

Mercato primario dei BOT

Nelle aste competitive i potenziali sottoscrittori competono proponendo le proprie condizioni di prezzo.
L’asta si basa sui rendimenti desiderati presentati dagli operatori --> più il rendimento è basso più è facile
ottenere i titoli (relazione inversa tra tasso e prezzo) perché si è disposti a pagare il prezzo più alto. Accade
quindi spesso che gli operatori non riescano ad ottenere tutti i titoli desiderati o che non ne ottengano
affatto. È possibile formulare fino a 5 proposte di rendimento (5 tassi annuali semplici), diverse tra loro per
almeno un millesimo di punto percentuale. L’asta prevede dei meccanismi di tutela sia degli offerenti che
dei prenditori tramite la fissazione di tassi di interesse minimi (di salvaguardia) e massimi (di esclusione),
basati su una media ponderata di tutti i tassi presentati--> impediscono le richieste speculative. Ogni
operatore viene servito al tasso medio delle sue offerte che sono andate a segno, non esiste un tasso
uguale per tutti --> ogni operatore paga un prezzo diversificato. Per avere un riferimento univoco si calcola
il rendimento medio dell’asta.

Mercato secondario dei BOT

Una volta emessi sul mercato primario i BOT sono negoziati su due principali mercati secondari: il MOT
(Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato) per scambi retail e su MTS (Mercato Telematico
dei Titoli di Stato) per scambi all’ingrosso. Il MOT è gestito da Borsa Italiana S.p.A. e vengono negoziati
anche titoli di stato a medio-lungo termine e obbligazioni non convertibili. A differenza del mercato
primario dove le proposte vengono effettuate in termini di rendimenti, in quello secondario le negoziazioni
avvengono sulla base di proposte recanti dei prezzi.

Rendimenti dei BOT

Rendimento medio ponderato: rendimento


medio dei titoli che sono stati emessi (titoli
effettivamente aggiudicati). Viene calcolato
con riferimento a 360 gg (base annua)

Rendimento lordo composto: utilizza la


capitalizzazione composta. Se la durata del
titolo è un anno, i rendimenti medio e lordo
coincidono. Se il BOT ha scadenza trimestrale
o semestrale allora il rendimento composto è
più alto rispetto a quello semplice (medio).

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Prezzo medio ponderato: espresso in funzione di 100 euro, è una percentuale del valore nominale
che consente di avere, dopo un anno, un rendimento pari a quello medio ponderato
Rapporto di copertura: rappresenta l’eccesso di domanda (importo richiesto/importo offerto)
Rendimento di esclusione: tasso sopra il quale eventuali offerte sono state rimosse
• Rendimento minimo accettabile: tasso al di sotto del quale le offerte vengono rifiutate --> si offrono i
titoli all’offerente per il tasso minimo accettabile nel caso avesse proposto per sbaglio un tasso
inferiore
• Codice ISIN: codice “fiscale”, che individua una specifica emissione.
• Tranche: Sono rate di titoli. 1° (relativa alla prima rata e relativa all’offerta al pubblico) e 2° (relativa
ad una seconda rata che viene collocata contemporaneamente alla prima e che è riservata agli
specialisti in titoli di stato. È un premio costituito da un ammontare ulteriore di titoli).
• Specialisti in titoli di stato: sono quelli che aiutano il tesoro nel collocamento sul mercato primario
dei titoli di nuova emissione.
• Durata GG.: Durata calcolata in giorni nel calendario civile (364 gg) compresi tra la data di emissione e
quella di scadenza
• Data emissione e data asta: in questo caso non coincidono. La data asta si tiene a metà o fine mese
circa, ma l’emissione dei titoli viene due giorni dopo.

N.B = gli importi sono in miliardi di euro

Come si calcolano i rendimenti?

Capitalizzazione semplice:

• 𝐹𝑉𝑛 = 𝑃𝑉 (1 + 𝑟 × 𝑛)
𝐹𝑉 1
𝑟𝑠 = ( 𝑃𝑉𝑛 – 1) × 𝑛

I titoli a breve termine della durata di un anno non fruttano interessi ed il rendimento che calcoliamo
misura l’aumento del valore del titolo. Il rendimento di un investimento viene determinato calcolando
l’aumento nel valore dei titoli durante il loro periodo di possesso e dividendolo per il prezzo di acquisto. Nei
Buoni ordinari del Tesoro, FV è noto e pari a 100. Il risultato è poi trasformato in rendimento annuale.

Capitalizzazione composta:

• 𝐹𝑉𝑛 = 𝑃𝑉(1 + 𝑟)𝑛

1
𝐹𝑉 𝐺𝐺.𝐸𝐹𝐹
𝑇𝑅𝐸𝑆 ≡ 𝑟𝑐 = ( 𝑃𝑉𝑛)𝑛 -1, dove 𝑛 = 360
che indica il calendario civile, per evitare scadenze dei
BOT in giorni non lavorativi.

Esistono BOT con scadenza trimestrale o semestrale che quindi fruttano gli interessi. Per calcolarne il
rendimento annuale utilizziamo la formula che include la capitalizzazione composta.

CAPITOLO 21 – MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Scopo del mercato dei capitali

Le imprese che emettono titoli sul mercato dei capitali e gli investitori che li acquistano hanno motivazioni
molto diverse da coloro che operano nei mercati monetari. Se i tassi d’interesse aumentassero, la società
potrebbe trovarsi a non avere i flussi di cassa o il reddito necessari per supportare l’impianto, perché
quando i titoli a breve termine scadono, dovranno essere emessi nuovamente a un tasso di interessi più
elevato.

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Partecipanti al mercato dei capitali

I principali emittenti sono: Stati sovrani, enti territoriali e le imprese. Lo stato può emettere solo
obbligazioni. Le imprese emettono sia obbligazioni che azioni. La distribuzione del capitale di un’impresa tra
il debito e il capitale azionario determina la sua struttura finanziaria. Le società possono decidere di
accedere al mercato dei capitali in quanto non hanno risorse sufficienti per finanziare le loro opportunità di
investimento, oppure perché desiderano conservare il loro capitale per cautelarsi da necessità inattese.

I maggiori acquirenti di titoli sul mercato dei capitali sono le famiglie, che spesso depositano i propri
risparmi presso le istituzioni finanziarie, le quali utilizzano questi fondi per acquistare strumenti sul mercato
dei capitali come obbligazioni o azioni.

Scambi nel mercato di capitali

Così come per il mercato monetario anche quello di capitali si divide in primario e secondario. Nel caso di
collocamento iniziale di titoli da parte di una società, l’emissione è chiamata IPO (Initial Public Offering).
Tutte le emissioni di nuove azioni e obbligazioni sono semplicemente transazioni del mercato primario. Il
mercato secondario è il luogo in cui vengono eseguiti gli scambi dei titoli già in circolazione; esso svolge un
ruolo molto importante, perché la maggioranza degli investitori intende vendere le obbligazioni a lungo
termine prima della scadenza.

Tipi di obbligazioni

Le obbligazioni sono titoli che rappresentano un debito per l’emittente nei confronti dell’investitore:
impegnano l’emittente a corrispondere un importo specificato a una determinata data, generalmente con
pagamenti di interessi periodici. Le obbligazioni a medio-lungo termine trattate nel mercato dei capitali
includono i titoli di Stato:

• in Italia i CTZ (Certificati del Tesoro Zero-coupon)


• i CCT (Certificati di Credito del Tesoro)
• i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) nominali e reali e i titoli degli altri emittenti
• le obbligazioni degli enti pubblici territoriali
• le obbligazioni societarie (corporate bond)

Titoli di Stato

Vengono emessi dal Dipartimento del Tesoro e si differenziano tra loro per due motivi: scadenza e struttura
cedolare (presenza o meno delle cedole e forma di indicizzazione). Generalmente i titoli di stato sono a
bassissimo rischio di insolvenza perché lo stato può coniare banconote per pagare i propri debiti. Oltre ai
BOT che abbiamo visto nel mercato monetario, qui abbiamo 3 diversi tipi di titoli di stato:

• CTZ (Certificati del Tesoro Zero-Coupon): titoli a tasso fisso con durata 24 mesi. Sono emessi allo
sconto (sotto la pari) e non producono cedole. Il rendimento è dato dallo scarto tra il prezzo di
emissione e quello di rimborso (alla pari). Attualmente l’aliquota sui CTZ si attesta al 12,5% e viene
applicata sullo scarto di emissione al momento del rimborso. L’emissione prevede un’asta mentre le
negoziazioni sul mercato secondario si realizzano al prezzo tel quel, ossia il prezzo di negoziazione
comprensivo del rateo di interesse maturato (parte di un reddito o di una spesa ancora in corso di
maturazione, che si ritiene debba essere attribuita al periodo di tempo preso in esame dal bilancio).

• CCT (Certificati di Credito del Tesoro): titoli indicizzati quindi a tasso variabile con durata
all’emissione che va dai 3 ai 7 anni. Si compongono di una prima cedola fissa il cui importo è noto al
momento dell’emissione, alla quale seguono cedole semestrali posticipate ed indicizzate al
rendimento lordo dei BOT a 6 mesi più uno spread (EURIBOR 6m+ 0,55-1,85%), eventuale scarto di
emissione. I CCT possono essere emessi sia sotto, sia alla pari, la quotazione è al corso secco (non
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include il rateo di interesse maturato), il rimborso in unica soluzione a scadenza avviene alla pari.
L’aliquota è al 12,5%, applicata sulle cedole e sullo scarto di emissione al momento del rimborso.

*EURIBOR = tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche
europee.
I CCT in circolazione oggi sono detti CCTeu sono gli unici che saranno emessi nel 2020 sono indicizzati
al tasso Euribor a 6 mesi. Il “corso secco” è il prezzo di mercato di un titolo con cedola: quando viene
compravenduto sul mercato secondario, il titolo passa di mano al prezzo tel quel, che si ottiene
sommando al corso secco il “rateo di cedola” maturato alla data di valuta della compravendita.

• BTP (Buoni del Tesoro Poliennali): titoli a tasso fisso con cedola fissa (BTP nominali) semestrale
stabilita al momento dell’emissione con durata pari a 3, 5, 10, 15, 30 anni. Interesse pagabile
semestralmente in via posticipata, rimborso in unica scadenza a valore nominale. Il collocamento può
avvenire sia sotto, sia alla pari. La negoziazione sul mercato secondario avviene al corso secco.
Esistono anche i BTP€i (BTP reali) che prevedono che le cedole semestrali e il capitale a scadenza
siano corretti per tenere conto dell’inflazione europea. Hanno durata di 5, 10, 15 e 30 anni. Il capitale
viene rivalutato semestralmente.

- BTP Italia: durata di 4, 6, 8 anni con cedole reali semestrali rivalutate e premio “fedeltà” a scadenza
per coloro che acquistano i titoli durante i gg di collocamento e li detengono fino a scadenza (valore di
4 per mille lordo sul valore nominale dell’investimento). Collocamento diretto sul MOT, prezzo alla
pari e tasso cedolare reale annuo fissato al termine del periodo di collocamento. Rimborso in unica
soluzione a scadenza.
- BTP Futura: durata di 8, 10 anni; cedole semestrali con meccanismo step-up a rendimenti crescenti e
premio fedeltà (premio “fedeltà" che ha un valore compreso tra l’1% e il 3% lordo sul valore nominale
dell’investimento, sulla base della media del tasso di crescita annuo del PIL nominale dell’Italia
registrato dall’ISTAT nel periodo di vita del titolo). Collocamento diretto sul MOT, prezzo alla pari e
tasso cedolare reale annuo fissato al termine del periodo di collocamento. Rimborso alla pari in unica
soluzione a scadenza.
- BTP Green: durata da 10 a 30 anni; cedole fisse semestrali ed eventuale scarto di emissione.
Prevedono un’asta marginale e rimborso in unica soluzione a scadenza.

Titoli di Stato indicizzati all’inflazione

Le obbligazioni indicizzate all’inflazione hanno tassi di interesse che non variano nel corso della vita
contrattuale per cui offrono opportunità di investimento con un profilo di rischio molto basso.
L’ammontare del capitale su cui si calcolano gli interessi varia in funzione dell’indice dei prezzi al consumo.
Il titolo sarà rimborsato per l’ammontare che sarà il più alto tra il valore nominale all’emissione e il valore
corretto per l’inflazione. Il Btp€i garantisce un interesse costante in termini reali, ovvero in termini di
potere di acquisto, fissato al momento dell’emissione (il cosiddetto tasso annuo cedolare reale). L’importo
variabile delle cedole semestrali è calcolato moltiplicando il tasso annuo di interesse cedolare reale, diviso
due, per il capitale nominale rivalutato alla data di pagamento della cedola.

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Tassi di interesse sui titoli di Stato

I titoli di Stato hanno tassi di interesse relativamente bassi, in quanto presentano rischio di insolvenza nullo
o comunque relativamente contenuto.

Nella prima figura vediamo come il tasso delle obbligazioni di lungo termine si mantenga sopra quello
dell’inflazione offrendo un tasso di rendimento reale positivo e sopra al tasso dei titoli del mercato
monetario, in considerazione del suo rischio.

Nella seconda figura vengono messi a confronto il rendimento dei BTP a 10 anni e quello dei BOT a 6 mesi.
Per la maggior parte del tempo il tasso di rendimento sui titoli a breve termine è inferiore a quello sui BTP a
10 anni. I tassi a breve termine sono più variabili, perché maggiormente influenzati dal tasso di inflazione
corrente.

Coupon stripping

L’operazione di coupon stripping consiste nel dividere le componenti cedolari dal valore di rimborso di un
titolo con cedole. Negli Stati Uniti vengono chiamati STRIPS (Separate Trading of Registered and Principal
Security). La componente di rimborso a scadenza (senza cedole) si chiama mantello, mentre ogni singola
cedola che forma un titolo a sconto a sé stante viene detta STRIP. L'operazione di coupon stripping
consente di ottenere una serie di titoli zero coupon da ciascun titolo di Stato, tanti quante sono le cedole
del titolo originario.

Gli STRIPS vengono chiamati anche titoli senza cedola: perché l’unica volta in cui un investitore riceve
pagamenti lungo la loro durata è alla scadenza. L’operazione di stripping modifica le caratteristiche del
titolo originario, offrendo ai potenziali investitori nuove opportunità.

I vantaggi che offre sono:


- rendimenti certi (se mantenuti fino a scadenza permettono di ottenere un rendimento predeterminabile)
- flessibilità in termini di miglioramento delle possibili scadenze
- semplicità per gli investitori che non devono gestire flussi intermedi

Gli svantaggi sono:


- aumento del rischio (a parità di condizioni un titolo a sconto presenta una durata finanziaria pari alla sua
vita residua e risulta più esposto a una variazione dei tassi di interessi di mercato)
- liquidità minore (il mercato non è un mercato liquido, a causa del basso volume di negoziazione).

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Meccanismi di collocamento dei titoli di Stato italiani e delle obbligazioni

Oltre al caso di private placement dove è l’azienda a contattare i potenziali investitori, le modalità di
collocamento sono in generale tre:

1. Collocamento a fermo, tipicamente per obbligazioni societarie e bancarie. L’emittente comunica al


mercato le condizioni in termini sia di volume sia di prezzo dei titoli. Ha un lasso temporale ridotto.
L’emittente corre il rischio di aver valutato male l’appetibilità dell’obbligazione.

Se la domanda di titoli è più alta dell’offerta, l’emittente perde la possibilità di collocarli a un prezzo più
elevato e viceversa, se la domanda è bassa il rischio è quello di non collocare tutti i titoli.

2. Collocamento a rubinetto, utilizzato per i buoni postali e i certificati di deposito bancari.


L’emittente fissa solo il prezzo dei titoli ma non la quantità. Ha un lasso temporale ampio. Non c’è
incertezza sul costo del finanziamento, bensì sul volume di risorse che si otterranno. I rischi sono
inferiori.
3. Collocamento attraverso asta (nella forma di asta marginale oppure competitiva), utilizzato per i
titoli di Stato. È il meccanismo utilizzato in Italia per il collocamento iniziale dei titoli di Stato. Le
due tipologie previste sono:
- l’asta marginale (usata per BTP, CCT e CTZ)
- l’asta competitiva (per il collocamento dei BOT).
L’asta prevede in generale che vengano fissati i volumi dell’emissione ma non il prezzo, il quale scaturisce
dall’interazione fra l’offerta e le proposte in termini di volume e prezzo fatte nella fase di richiesta degli
intermediari che partecipano all’asta.

Mostra il caso di un’asta marginale per il collocamento di 1.000 milioni di euro di BTP, ipotizzando per
semplicità che ci siano solo quattro partecipanti. Durante la fase di richiesta questi fanno pervenire le loro
proposte, le quali sono ordinate in modo da privilegiare le offerte a prezzi più alti, dando priorità a coloro
che sono disposti ad accettare rendimenti inferiori. L’elemento distintivo di questa tipologia di asta risiede
nel fatto che il prezzo di aggiudicazione è unico per tutti i partecipanti, ed è pari al prezzo dell’ultima offerta
soddisfatta, quindi il più basso. Il prezzo di aggiudicazione comune sarà più basso di quello che alcuni
partecipanti erano disposti a pagare.

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Obbligazioni degli enti pubblici → titoli a medio-lungo termine emessi da enti locali. Troviamo i BOC, BOP e
BOR. I fondi ottenuti vengono utilizzati per finanziare opere pubbliche. Il rendimento effettivo al momento
dell’emissione non può essere superiore al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata emessi nel
mese precedente, maggiorati di un punto percentuale.

Obbligazioni societarie (corporate bond)

Sono titoli emessi da imprese private e in Italia i principali emittenti sono le banche. Se una società ha
bisogno di capitali a lungo termine, può indebitarsi ed emettere obbligazioni. Attraverso l’emissione di
prestiti obbligazionari, l’emittente reperisce risorse finanziarie stabili, da rimborsare nel medio-lungo
termine, in assenza di un particolare vincolo delle risorse acquisite.

Il contratto obbligazionario stabilisce i diritti e le facoltà del creditore e gli obblighi del debitore.

La rischiosità varia notevolmente da un’emissione all’altra, perché il rischio di insolvenza dipende dalle
condizioni economiche e patrimoniali dell’azienda, che sono influenzate da un certo numero di variabili.

Se le obbligazioni sono negoziabili in un mercato regolamentato (borsa) o in un sistema multilaterale di


negoziazione (MTF), non sono previsti limiti dimensionali all’emissione; se non lo sono, il limite è il doppio
dei mezzi propri. Questo limite può essere superato anche se le obbligazioni non sono negoziabili a patto
che siano sottoscritte da investitori professionali che si impegnino a non cederle al di fuori di tale circuito.

Clausole restrittive: patto accessorio ad un contratto obbligazionario o creditizio con cui il debitore si
impegna a tenere comportamenti correlati alla garanzia della restituzione della somma erogata (controllo
del quoziente di bilancio, fornitura di informazioni ai finanziatori, clausole di divieto di disinvestimento in
specifici settori merceologici).

Tipi di obbligazioni societarie

• Obbligazioni a tasso fisso e variabile: In caso di obbligazioni a tasso fisso (straight bond): le cedole
erogate nel corso della vita del prestito sono del medesimo ammontare. Il tasso prefissato può essere
lo stesso per tutta la durata del prestito, oppure può subire variazioni in aumento o diminuzione
(rispettivamente obbligazioni step up e obbligazioni step down) nel corso della vita del prestito.
Il tasso variabile (o floating rate bond): le cedole variano nel corso della vita del prestito e sono
calcolate sulla base di un parametro di indicizzazione, in altre parole di una variabile supplementare
esterna cui si rapporta la variabilità dei flussi originati a titolo di interesse, che può essere di natura
monetaria, finanziaria, valutaria e reale.

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Obbligazioni innovative (drop lock): combina un tasso fisso e uno variabile. Sono titoli emessi inizialmente a
tasso variabile; tale tasso si trasforma automaticamente in un tasso fisso qualora il meccanismo di
indicizzazione porti il tasso di interesse nominale al di sotto di una soglia prestabilita (trigger rate).

• Obbligazioni garantite (covered bond): hanno un’affidabilità rafforzata da una garanzia implicita.
Qualora l’azienda non riesca ad assolvere ai pagamenti previsti, i possessori delle obbligazioni
ipotecarie hanno la possibilità di mettere in liquidazione la proprietà per essere pagati. Poiché questi
titoli hanno proprietà specifiche impegnate come garanzia, sono meno rischiosi di obbligazioni non
garantite e avranno un tasso più basso.
- obbligazioni ipotecarie

• Obbligazioni non garantite (unsecured bond): obbligazioni a lungo termine supportate soltanto dalla
solvibilità generale dell’emittente. Nessuna garanzia specifica viene impegnata per rimborsare il
debito: in caso di insolvenza, i possessori devono adire le vie legali richiedendo la confisca delle
attività dell’azienda debitrice. La garanzia è stata impegnata a favore di altri creditori e non a
disposizione dei possessori di queste obbligazioni ordinarie. In caso di insolvenza hanno una bassa
priorità di rimborso, hanno un tasso di interesse più elevato.
- obbligazioni a lungo termine supportate solo dalla solvibilità generale dell’emittente (senior bonds)
- obbligazioni subordinate (junior bonds)

• Obbligazioni convertibili: obbligazioni che possono essere convertite, a discrezione del possessore, in
un certo numero di azioni ordinarie ed il tasso di conversione sarà tale per cui il prezzo delle azioni
dovrà aumentare notevolmente prima che questa possa avvenire in modo conveniente. Sono possibili
due tipi di conversioni:
- diretta: obbligazioni convertite in azioni della società emittente
- indiretta: obbligazioni convertite in azioni di altre società diverse da quella emittente

Vantaggi: priorità di rimborso a valore nominale del prestito convertibile rispetto al capitale (azioni) in
caso di fallimento; rischio minore rispetto alle azioni dette di “compendio” (se l’azione subisce un
forte ribasso la converto di nuovo in obbligazione).

Svantaggi: quando i mercati azionario e obbligazionario scendono contemporaneamente, il titolare


non può godere della conversione e si ritrova con un’obbligazione il cui rendimento è inferiore
rispetto a quello garantito dalle obbligazioni ordinarie.

• Obbligazioni cum warrant: simile alle obbligazioni convertibili ma permette di sottoscrivere due
strumenti → l’obbligazione tradizionale e un warrant che consente all’investitore di sottoscrivere in
tempi, modi e condizioni prestabilite titoli azionari dell’impresa emittente (azioni a condizioni
prefissate). Il warrant può essere alienato e negoziato separatamente e spesso ha scadenza diversa
rispetto all’obbligazione.

• Obbligazioni callable: prevedono una clausola detta “diritto di rimborso anticipato” che autorizza
l’emittente a costringere il possessore delle obbligazioni “richiamabili” ad accettarne il rimborso.
Prevede un intervallo tra il momento in cui l’obbligazione viene emessa inizialmente e quello in cui
può essere richiamata. Possono prevedere il fondo di ammortamento, condizione per cui la società è
tenuta ad accantonare ogni anno una parte dell’obbligazione emessa (riduce il rischio di insolvenza).

• Obbligazioni subordinate: titoli in cui il pagamento delle cedole ed il rimborso del capitale, in caso di
particolari difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla soddisfazione degli altri creditori non
subordinati. Esistono varie tipologie di subordinazione: Lower Tier 2, Tier 3, Upper Tier 2, Tier 1.

• Obbligazioni strutturate: presentano un’indicizzazione di interessi e rimborso all’andamento dei


prezzi di azioni o indici, oppure sono caratterizzate da particolari opzioni a favore dell’emittente o del

40
sottoscrittore.
- Le obbligazioni reverse floater: sono titoli generalmente a lungo termine che corrispondono cedole
iniziali piuttosto elevate rispetto ai tassi correnti di mercato; decorso un certo numero di cedole, il
tasso di interesse da fisso si trasforma in variabile. L’indicizzazione è inversa rispetto al parametro di
riferimento, poiché ottenuta come differenza fra un livello massimo di tasso prefissato e il parametro
di riferimento.
- Le obbligazioni index-equity linked: si distinguono per la peculiarità del parametro di indicizzazione,
che è rappresentato da un indice azionario (index linked) oppure da un’azione o un paniere di azioni
(equity-linked). Consentono all’investitore di partecipare alla rivalutazione di un paniere o di un
indice, cui si contrappone però una remunerazione a titolo di interesse inferiore ai livelli medi
presenti sul mercato.

Rating delle obbligazioni

Le obbligazioni vengono
valutate in base al loro rischio
di insolvenza. Sopra le
BBB/Baa abbiamo le
cosiddette investment-grade,
ossia quelle meritevoli di
investimento. Al di sotto
abbiamo le obbligazioni
spazzatura (junk-bond). Le
junk-bond sono considerate
speculative.

41
Garanzie finanziarie delle obbligazioni

Gli emittenti di titoli finanziariamente più deboli acquistano spesso garanzie finanziarie (fornite dalle più
grandi e note compagnie di assicurazione) per ridurre il rischio delle loro obbligazioni. Una garanzia
finanziaria assicura che il prestatore (ossia l’acquirente dell’obbligazione) sarà ripagato sia del capitale, sia
dell’interesse in caso di insolvenza dell’emittente. La valutazione del credito dell’assicuratore sia sostituisce
a quella del credito dell’emittente.

Le modalità di quotazione

• Prezzo in percentuale del valore nominale


- Alla pari (P=100), sotto la pari (P<100), sopra la pari (P>100)
I titoli come BTP Italia vengono collocati alla pari, ossia pago il titolo 100 euro per un uguale valore
di rimborso. Quando i titoli quotano sotto 100, si dice che quotano sotto la pari, quindi pago 99
euro per avere 100 alla scadenza. Quando quotano sopra 100, ossia sopra la pari, pago più di 100
per ottenere un rimborso di 100 euro.
- Se PE < 100, disaggio (scarto di emissione) = 100 – PE
Il prezzo di emissione (primo prezzo di mercato), quando è inferiore a 100 abbiamo uno scarto di
emissione

• I titoli zero coupon quotano al corso tel quel (TQ), quelli con cedola al corso secco (CS) --> sono due
prezzi di mercato diversi. Il CS si riferisce solo al valore di rimborso alla scadenza, il TQ è il prezzo che
include gli interessi già maturati ma non ancora incassati. TQ = CS + rateo cedolare

• Il rateo cedolare (e quello di disaggio o disaggio maturato) viene calcolato in capitalizzazione semplice
utilizzando la convenzione Giorni effettivi/Giorni effettivi

42
51
rateo * = cedola semestrale x GG. RATEO/GG. SEM. = 1.75 × = 0.48505
184

BTP 1.3.2030 3,50%

A: data di inizio maturazione cedola (3,50% annuale lordo): 01.03.20


B: data di valuta = t (data di negoziazione: 17.04.20) + 2: 21.04.20 (possesso del titolo)
C: data di fine maturazione cedola: 01.09.20

*Il rateo di cedola viene calcolato utilizzando la capitalizzazione semplice e l’anno civile (convenzione cosiddetta giorni effettivi/giorni effettivi): la
cedola semestrale, pari alla metà di quella annuale, va divisa per la durata in giorni del semestre della cedola in corso di maturazione e poi
moltiplicata per il numero di giorni compresi tra la data di inizio maturazione della cedola in corso (esclusa) e quella di valuta della successiva
compravendita (compresa).

Esempio

Calcolo del TRES (vedi appunti) e pag. 283

Obbligazioni convertibili e premio a sconto (vedi es. 21.1 e 21.2)

CAPITOLO 22 – MERCATO AZIONARIO

Il mercato azionario fa parte del mercato dei capitali. Un’azione è un titolo rappresentativo della
partecipazione al capitale di una società (è quindi rappresentativa di quote del capitale sociale). Questo

43
mercato è fondamentale perché permette alle imprese di autofinanziarsi senza alcun obbligo di restituzione
nei confronti degli azionisti. Gli investitori possono ottenere rendimenti in due modi: tramite l’aumento del
prezzo delle azioni o tramite i dividendi pagati dalla società. Il mercato azionario è più rischioso
dell’obbligazionario per tre motivi:

- gli obbligazionisti hanno priorità nei pagamenti, anche quando la società è in crisi
- i rendimenti sono meno sicuri perché i dividendi sono variabili
- gli incrementi di prezzo delle azioni non sono garantiti

Tuttavia, le azioni permettono di realizzare guadagni molto più elevati, non hanno scadenza e garantiscono
agli azionisti diritti patrimoniali e amministrativi --> gli azionisti si dicono residual claimant, ossia godono del
diritto di ottenere tutte le attività e redditi che rimangono dopo che ogni altro creditore è stato soddisfatto.

Tipologie di azioni

Si distingue tra azioni ordinarie e azioni privilegiate.

- Azioni ordinarie (common stock): quota di proprietà della società emittente. Gli azionisti godono di
diritto di voto pieno in tutte le assemblee ma la remunerazione è incerta (dipende dal risultato
economico della gestione) e il rimborso è subordinato alla remunerazione delle altre categorie di
azionisti.

- Azioni privilegiate (preferred stock): gode di prelazione nel riparto degli utili e nel rimborso di
capitale. Garantisce un dividendo minimo statutario (% del valore nominale) che è pari o superiore
a quello delle azioni ordinarie. I dividendi hanno anche carattere cumulativo: se gli utili di un
determinato anno non sono sufficienti per il raggiungimento della % stabilita, la parte mancante
viene riportata a nuovo nell’anno successivo. Siccome i dividendi sono relativamente fissi, il prezzo
delle azioni è abbastanza stabile. Queste azioni forniscono privilegi patrimoniali ma diminuiscono
quelli amministrativi (limitazione del diritto di voto).

azioni di risparmio: titolo che corrisponde il diritto a dividendi maggiorati ma che pregiudica tutti i
diritti decisionali

Mercato azionario

l mercato azionario è il luogo (non necessariamente fisico) dove sono negoziati i titoli azionari.
Generalmente si usa distinguere il mercato primario e secondario.

- Sul mercato primario: sono collocate le azioni di nuova emissione. Le imprese emittenti raccolgono nuove
risorse finanziarie

- Sul mercato secondario: sono negoziati i titoli già in circolazione. Quando si verifica una transazione lo
scambio di risorse finanziarie avviene fra due investitori, senza alcun coinvolgimento dell’emittente.

Tradizionalmente, si distinguono:
• i mercati organizzati o regolamentati (borse)
• i mercati OTC (Over-The-Counter): mercati non regolamentati dove da una parte c’è l’investitore e
dall’altro l’intermediario che compra dal proprio portafoglio all’investitore privato.

In seguito all’adozione della Direttiva MiFID II e del Regolamento MiFIR, sono previste tre principali
tipologie di trading venue:
• i mercati regolamentati in senso stretto (pubblici)

44
• le strutture di negoziazione elettroniche come MTF (Multilateral Trading Facility) e OTF (Organized
Trading Facility)

I mercati regolamentati fanno capo a Borsa Italiana e si dicono tali per il possesso alcuni requisiti:

- le condizioni di funzionamento per quanto riguarda le modalità di negoziazione, fissazione prezzi,


regolazione scambi

- regole di ammissione degli emittenti e degli strumenti finanziari alla quotazione e alle negoziazioni

- regole di trasparenza e tutela degli investitori

- approvazione da parte della CONSOB del regolamento deliberato dalla società di gestione

Borsa Italiana contempla al suo interno due mercati regolamentati:


- MTA (Mercato Telematico Azionario), di gran lunga il mercato più importante, che si articola in diversi
segmenti con relativi indici (fra cui FTSE MIB e FTSE Italia STAR). Vi sono quotate attualmente 240 società,
per una capitalizzazione complessiva di circa 460 miliardi di euro (erano 638 miliardi a fine anno, -28%)
- MIV (Mercato telematico degli Investment Vehicles), dedicato alle azioni e agli strumenti emessi dai
cosiddetti “veicoli di investimento”

e due MTF:
- Borsa Italiana Equity MTF dotato di due segmenti: Global Equity Market (90 società) e After Hours
- AIM Italia, rivolto alle società di dimensioni minori e caratterizzate da un alto potenziale di crescita (130
società)

Segmento: pezzo del mercato dove ci sono azioni di società che condividono fra loro delle caratteristiche,
che possono essere dimensione o appartenenza ad un certo settore.

Quanti segmenti ci sono in Italia nel mercato azionario? 1 e si chiama STAR ed ha un suo indice di
riferimento. Segmenti Titoli ad Alti Requisiti. Le azioni di MTA sono suddivise in tre segmenti (Blue Chip,
Star e Standard) con i relativi indici, tra i quali:
• FTSE MIB (40 società)
• FTSE Italia STAR (76 società)
• FTSE Italia All Share (sostanzialmente tutte le società quotate)  indice globale, calcolato con tutte le
azioni quotate

Processo di negoziazione

Sul mercato MTA le negoziazioni avvengono per via telematica e hanno luogo prevalentemente per conto
terzi, tramite intermediari finanziari. Utilizza un sistema misto per quanto riguarda la frequenza delle
negoziazioni: l’asta a chiamata e la negoziazione continua. L’asta viene utilizzata nella prima ora di
apertura del mercato (definizione del prezzo di apertura), successivamente si passa alla negoziazione per
poi finire con un’asta di chiusura. Il mercato MTA è order driven → compratori e venditori si incontrano
senza l’interposizione di un intermediario e dall’incrocio delle proposte si forma il prezzo.

prezzo ufficiale: calcolato quotidianamente come media aritmetica di tutti i prezzi effettivamente stipulati
nel corso della giornata, ponderati con le quantità relative a ogni scambio.

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prezzo di riferimento: calcolato al termine della seduta come prezzo medio ponderato dell’ultimo 10% di
scambi che hanno avuto luogo nell’asta di chiusura, se non è rilevabile il prezzo di chiusura il prezzo di
riferimento è quello medio degli ultimi scambi avvenuti in un intervallo temporale fissato da Borsa Italiana
s.p.a.

Mercati OTC

Gli over-the-counter sono mercati telematici meno regolamentati, più flessibili e che garantiscono liquidità
anche ai titoli di piccole società. A differenza del MTA sono quote driven: i dealer acquistano per il loro
magazzino quando gli investitori desiderano vendere e vendono dal “magazzino” quando questi desiderano
acquistare. Il ricavo che i dealer ottengono è dato dalla differenza tra il prezzo ask (al quale vendono) e
quello bid (al quale comprano). Non opera tramite aste ma attraverso una rete elettronica dove vengono
esposte le quotazioni bid-ask dei market maker. Il mercato OTC più importante è il NASDAQ dove vengono
negoziati circa 3.000 titoli ogni giorno.

Calcolo del valore delle azioni ordinarie

Il valore delle azioni è stimato sulla base del valore attuale dei dividendi che ci si aspetta che la società
distribuirà nel futuro. Non è facile prevedere con sufficiente precisione a quanto ammonteranno questi
dividendi, e ciò introduce numerosi errori nel processo di valutazione. Per sviluppare la teoria della
valutazione delle azioni sono stati sviluppati diversi modelli:

• modello di valutazione uniperiodale: è un solo periodo, un anno. Compriamo un’azione al tempo zero e la
rivendiamo al tempo uno. (valore attuale)

• modello di valutazione generalizzato: prende il modello di valutazione uniperiodale e lo moltiplica per N


(che è il numero degli anni o dei periodi).

• modello di Gordon: che parte dal presupposto che i dividendi cresceranno in futuro a un tasso costante.

• Modello di valutazione del PE (Price/Earnings): numero relativo, rapporto prezzo/utile. Numero di volte.

Il metodo per valutare un’azione ordinaria non è, in teoria, diverso da quello per valutare un titolo di
debito: si tratta di determinarne i flussi di cassa futuri e di attualizzarli a un fattore di sconto appropriato.

Modello di valutazione uniperiodale

Il modello di valutazione uniperiodale è il più semplice per calcolare il prezzo corrente delle azioni: esso
consiste nel sommare il dividendo che ci si attende verrà corrisposto alla fine del primo periodo (per
esempio, 1 anno) al prezzo di vendita presunto delle azioni alla fine dello stesso periodo:

𝐷𝑖𝑣1 𝑃1
𝑃0 = +
(1 + 𝑘𝑒 ) (1 + 𝑘𝑒 )

P0 = prezzo corrente. Valore corrente delle azioni. Lo zero si riferisce al periodo 0, ossia il
presente
P1 =prezzo dell’azione fra un anno, ovvero il prezzo di vendita presunto dalle azioni
k e = Tasso di rendimento richiesto su capitale azionario (sempre numero percentuale) e=
equity, capitale di rischio
Div1 = dividendo corrisposto alla fine del primo anno

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Qual è il prezzo di un’azione con un dividendo atteso di 0,16 euro e un prezzo di vendita previsto fra un
anno pari a 60 euro, supponendo che il rendimento richiesto sia del 12%?

0,16€ 60€
𝑃0 = + = 0,14€ + 53,57€ = 53,71€
1 + 0,12 1 + 0,12

Poiché secondo l’esempio, il titolo oggi è venduto a €51, decideremo di acquistarlo.

Modello di valutazione generalizzato

Il modello di valutazione uniperiodale dei dividendi può essere esteso per un numero qualsiasi di periodi. La
formula generalizzata è:

Per conoscere 𝑃0 ossia il valore corrente, dovrei prima calcolare il valore atteso in un dato momento futuro
𝑃𝑛 . Tuttavia, se 𝑃𝑛 è molto lontano nel tempo non influenzerà il valore corrente se non di pochissimo.
Possiamo quindi trascurarlo e servirci del modello di valutazione generalizzato dei dividendi, che non
considera il prezzo di vendita finale:

𝐷𝑡
𝑃0 = ∑
(1 + 𝑘𝑒 )𝑡
𝑡=1

Esiste un modello semplificato di questa formula, quello di Gordon.

Modello di Gordon

Il modello di Gordon ipotizza che i dividendi crescano a un tasso costante g. Ovvero:

𝐷0 × (1 + 𝑔) 𝐷1
𝑃0 = =
𝑘𝑒 − 𝑔 𝑘𝑒 − 𝑔

Il modello di Gordon è utile per ottenere il valore di un’azione, ammesso che si ritengano plausibili le
seguenti ipotesi:

- i dividendi continuino a crescere a un tasso costante per sempre


- il tasso di crescita sia inferiore al rendimento richiesto sul capitale di rischio, ossia ke

Modello di valutazione del PE (Price/Earnings)

Il multiplo PE è una misura utilizzata per osservare quanto il mercato è disposto a pagare un’unità degli utili
di un’azienda. Un PE elevato ha due interpretazioni:

- se è superiore alla media può significare che il mercato si aspetta in futuro incremento degli utili, in quel
caso il PE ritornerebbe a livelli normali

- un PE elevato può indicare che il mercato ritiene che gli utili della società siano caratterizzati da un basso
fattore di rischio.

Il multiplo di PE può essere usato per stimare il valore dell’azione di una determinata società:

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𝑃
×𝐸= 𝑃
𝐸

Il valore di un’azione può essere determinato moltiplicando il multiplo PES medio di settore per gli utili per
azione previsti (Ee) per la nostra società. Il prezzo teorico dell’azione (PT) si ottiene quindi:

𝑃𝑇 = 𝑃𝐸 𝑠 × 𝐸 𝑒

Indici del mercato azionario

Un indice di mercato è il valore composto di un gruppo di titoli negoziati in un determinato mercato. Le


fluttuazioni di un indice di mercato offrono agli investitori informazioni utili sull’andamento di un ampio
range di titoli. L’indice azionario più antico e famoso a livello internazionale è il DJIA, che è basato sulle
performance delle azioni di 30 grandi società industriali quotate sul NYSE.

Normativa del mercato azionario

Tutte le principali borse mondiali sono regolate e sottoposte al controllo di un organo di vigilanza. In Italia
tale compito è svolto dalla CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), la cui attività si
articola su diverse modalità e poteri di intervento:

• Regolamentazione: ha competenze in merito alla prestazione dei servizi di investimento da parte degli
intermediari, agli obblighi informativi della società quotate e alle offerte al pubblico di strumenti finanziari.

• Autorizzazione: i suoi poteri riguardano la pubblicazione dei prospetti e dei documenti relativi alle
“offerte pubbliche” e l’istituzione di nuovi mercati regolamentati

• Vigilanza: ha per oggetto le società di gestione dei mercati regolamentati, il funzionamento ordinato e
trasparente delle negoziazioni, la chiarezza e la correttezza di comportamento degli intermediari finanziari.

• Controllo: alle informazioni fornite al mercato delle società quotate e da chi promuove offerte al pubblico
di strumenti finanziari

• Monitoraggio: le possibili anomalie nell’andamento delle negoziazioni soprattutto in relazione


all’eventuale abuso di informazioni privilegiate (insider trading) e all’aggiotaggio.

Le grandi aree di intervento della CONSOB

• Sollecitazione dell’investimento: ogni offerta o messaggio promozionale che siano rivolti al pubblico al
fine della vendita o della sottoscrizione di prodotti finanziari

• Obblighi di trasparenza degli emittenti di strumenti finanziari quotati: si distinguono a seconda che
riguardino la trasparenza dell’attività societaria (eventi rilevanti nell’attività dell’emittente, operazioni
straordinarie, eventi di carattere periodico), oppure la trasparenza della proprietà azionaria.

• Mercati regolamentati e soggetti che li gestiscono: riguardano l’autorizzazione dei mercati e la vigilanza
sulle loro società di gestione

CAPITOLO 3 – PERCHÉ ESISTONO LE ISTITUZIONI FINANZIARIE?

48
Vi sono otto fenomeni di base che spiegano la struttura finanziaria di un’economia. In particolare, i primi
quattro pongono in risalto la rilevanza degli intermediari finanziari e la scarsa importanza relativa dei
mercati dei titoli negoziabili nel processo di finanziamento delle imprese.

1. Le azioni non sono la principale fonte di finanziamento esterno per le aziende. È la forma di
finanziamento più cara per la società emittente.

2. L’emissione di debito negoziabile (obbligazioni) e di titoli rappresentativi di capitale proprio (azioni) non
costituiscono la fonte primaria di finanziamento delle aziende

3. Il circuito indiretto, in cui le aziende si finanziano tramite l’intervento di intermediari finanziari, è di


gran lunga più rilevante del circuito diretto, in cui il finanziamento avviene tramite l’emissione di
strumenti sui mercati finanziari e prendendo direttamente a prestito dai datori di fondi

4. Gli intermediari finanziari, e in particolare le banche, rappresentano per le aziende la principale fonte
di approvvigionamento di fondi esterni (nei paesi in via di sviluppo le banche svolgono un ruolo ancora
più rilevante)

5. Il sistema finanziario è uno dei settori più rigidamente regolamentati dell’intera economia

6. Soltanto le aziende grandi e affermate hanno facile accesso ai mercati mobiliari per finanziare la
propria attività

7. La presenza di una garanzia (collateral) reale o personale è una caratteristica molto diffusa nei prestiti
bancari, sia per le famiglie sia per le aziende (i prestiti concessi tramite carta di credito non sono
garantiti)

8. I titoli di debito sono documenti giuridici (contratti), in genere molto complessi, provvisti di clausole
restrittive che pongono notevoli limitazioni alle attività che il debitore può intraprendere

Costi di transazione

Gli elevati costi di transazione pongono tre limiti principali:

- acquisto di un numero limitato di azioni


- intermediari finanziari non interessati nel concludere le transazioni date le modeste dimensioni di
investimento
- impossibilità di diversificare il portafoglio

Una soluzione al problema è quella di riunire insieme i fondi di molti investitori (es. fondo comune di
investimento) e beneficiare delle economie di scala --> i costi di transazione per unità di investimento si
riducono all’aumentare della dimensione dell’operazione, mentre i costi totali aumentano in modo irrisorio.

Il rendimento al netto dei più bassi costi di transazione è potenzialmente più elevato rispetto a quello che il
singolo potrebbe guadagnare investendo individualmente. Le economie di scala permettono inoltre una
maggiore diversificazione del portafoglio.

Asimmetria informativa

Si verifica quando una delle parti coinvolte non ha a disposizione informazioni sufficienti sull’altra. Ciò
conduce a due problemi:

- selezione avversa: precede la firma del contratto e significa che a richiedere più attivamente prestiti
sono soggetti maggiormente a rischio. I datori di fondi potrebbero quindi decidere di astenersi dal

49
prestare i fondi.

- azzardo morale: segue la firma del contratto e significa che il creditore corre il rischio che il
debitore intraprenda attività indesiderabili che rendono meno probabile il rimborso.

L’analisi dei problemi generati dall’asimmetria informativa prende il nome di teoria dell’agenzia.

Mercato dei bidoni

Il “problema dei bidoni” di Akerlof spiega come il prezzo pagato da un individuo con scarse informazioni
rifletta inevitabilmente la qualità media dei titoli presenti sul mercato, in un punto qualsiasi tra il prezzo
basso di un titolo scadente e un prezzo alto di un titolo di qualità. Ciò spiega perché il mercato dei titoli
negoziabili non sia per le aziende la migliore fonte di approvvigionamento di fondi.

Strumenti per risolvere la selezione avversa

In assenza di asimmetria informativa, il problema dei “bidoni” non si manifesta. Tra gli strumenti che
contribuiscono a ridurre questo problema vi sono:

• Elaborazione e la vendita privata delle informazioni --> le agenzie di rating sono agenzie private che
raccolgono, elaborano e vendono informazioni sulle posizioni di bilancio e sulle attività delle aziende che
emettono titoli sui mercati finanziari. Vi è però un problema nel sistema privato di raccolta delle
informazioni: il free riding (si verifica quando un investitore utilizza informazioni che altri hanno acquistato
a pagamento replicando gli stessi investimenti) in questo modo il prezzo di azioni sottovalutate si alza e
sarà sempre più difficile acquistare azioni. Inoltre, diviene inutile il ruolo delle agenzie private nel produrre
informazioni.

• Legislazione finalizzata ad aumentare la disponibilità di esse all’interno dei mercati finanziari: i governi
potrebbero divulgare informazioni riguardanti le aziende in modo gratuito (opzione non sempre sostenibile
politicamente) oppure si possono regolamentare i mercati finanziari in modo tale da obbligare le aziende a
divulgare informazioni riguardo la propria situazione economica, finanziaria e patrimoniale (alcuni enti
governativi richiedono revisioni contabili indipendenti).

• Intermediazione finanziaria: le banche, specializzate nella raccolta ed elaborazione di informazioni sulle


aziende che hanno bisogno di finanziamenti, sono in grado di selezionare le imprese che richiedono fondi in
base al loro grado di insolvenza. La differenza tra tasso attivo sui prestiti e tasso passivo sui depositi
rappresenta il profitto richiesto dalla banca per la produzione di informazioni sulle aziende. Il problema del
free riding viene così minimizzato grazie alla concessione di prestiti privati anziché acquistando titoli (in un
mercato aperto a molti investitori). Gli altri investitori, non conoscendo i termini del contratto, non
potranno comportarsi da free rider e utilizzare le info prodotte dalla banca a loro vantaggio.

Nei paesi in via di sviluppo le informazioni sulle aziende sono ancora più difficili da reperire, motivo per cui
viene lasciato maggiore spazio agli intermediari finanziari (banche) --> se le info divengono più facili da
reperire il ruolo delle banche invece si ridimensiona.

ipotesi dell’ordine di scelta: più una società è grande e affermata maggiore è la possibilità che emetta titoli
per ottenere fondi (ci sono più info disponibili)

• le garanzie: riducono le perdite del creditore in caso di insolvenza del debitore e quindi riducono gli effetti
della selezione avversa.

• il capitale netto: visto come una garanzia.

50
Come l’azzardo morale influenza la scelta tra contratti di debito e contratti azionari

I contratti azionari sono soggetti ad un tipo di azzardo morale detto principal-agent problem. I principal
sono gli azionisti che possiedono la maggior parte del capitale proprio, gli agent sono i manager che
detengono il controllo dell’azienda. Quando vi è questa separazione gli agent possono fare in modo di
massimizzare i propri interessi anziché quelli degli azionisti. L’azzardo morale si presenta perché chi gestisce
l’azienda detiene maggiori informazioni rispetto all’azionista (asimmetria informativa).

Strumenti per risolvere il problema principal-agent

1. monitoraggio: produzione di informazioni basata sul monitoraggio delle attività dell’azienda. È


costoso in termini di tempo e denaro (costly state verification). Alcuni azionisti potrebbero
approfittare dell’attività di monitoraggio svolta da altri e non eseguire alcun controllo (non viene
risolto il problema dell’azzardo morale).
2. regolamentazione pubblica
3. intermediazione finanziaria: società di venture capital raccoglie risorse dai propri soci e le utilizza
per finanziare la crescita di nuove aziende ricevendone una quota di capitale. Mantiene una stretta
vigilanza sulle attività aziendali e investe in titoli non negoziabili sul mercato secondario
4. contratti di debito: prevede che il debitore corrisponda al creditore importi fissi a scadenze
predefinite, indipendentemente dagli utili. Non ci si deve quindi preoccupare di monitorare
l’andamento aziendale (il controllo avviene solo in caso di insolvenza).

Come l’azzardo morale influenza i mercati del debito

I contratti di debito sono comunque soggetti al rischio di azzardo morale (il debitore può intraprendere
azioni molto rischiose diverse da quelle concordate e anche se andassero a buon fine il creditore non
otterrebbe alcun guadagno oltre al rendimento fisso).

Strumenti per risolvere i problemi legati all’azzardo morale

- Capitale netto: Se elevato attenua il problema dell’azzardo morale perché rende il contratto di
debito incentive-compatibile, cioè mette sullo stesso piano gli incentivi del debitore e quelli del
creditore. Quanto più grande sarà il capitale netto del debitore, tanto maggiore sarà il suo incentivo
a comportarsi nel modo in cui il creditore prevede e desidera, per cui minore sarà l’azzardo morale
insito nel contratto di debito.

- L’applicazione e il monitoraggio delle clausole restrittive (restrictive covenant): possono essere


volte a eliminare i comportamenti sgraditi o a promuovere quelli desiderabili. Ne esistono 4 tipi:

1) Clausole per scoraggiare comportamenti indesiderabili: alcune indicano che il prestito può essere usato
solo per finanziare attività specifiche (l’acquisto di attrezzature o forniture particolari); altre limitano le
attività rischiose che il debitore può intraprendere (l’acquisto di altre aziende)

2) Clausole per incoraggiare comportamenti desiderabili: imporre al debitore di intraprendere attività ben
accette, che rendano più probabile il rimborso del prestito. Possono riguardare il rispetto di alcuni livelli
minimi come quello di capitalizzazione o di coefficienti come il rapporto EBITDA/interessi passivi.

3) Clausole che impegnano a mantenere alto il valore della garanzia: richiedere al debitore di mantenere
in buono stato il bene fornito come garanzia, assicurandosi che rimanga in suo possesso.

4) Clausole che impegnano a fornire informazioni: richiedono all’azienda che ha ricevuto un prestito di
fornire periodicamente informazioni sulle proprie attività.

51
Il ricorso agli intermediari finanziari: che riescono ad evitare il problema del free-riding, in quanto
concedono prestiti privati (non negoziabili) e godono di tutti i benefici del controllo e del rispetto delle
clausole.

Conflitto di interessi

Il conflitto di interessi sorge quando i fornitori di servizi finanziari o i loro dipendenti servono interessi
multipli e sono incentivati a distorcere od occultare le informazioni necessarie per il funzionamento
efficiente dei sistemi finanziari. Occorre occuparsi del conflitto di interessi poiché può ridurre
considerevolmente la quantità e la qualità delle informazioni, impedendo ai sistemi finanziari di allocare i
fondi alle parti che possiedono le opportunità di investimento più produttive.

I servizi finanziari che presentano il maggiore potenziale di conflitto di interessi sono:


• l’underwriting (sottoscrizione) e la ricerca nelle banche di investimento (investment bank)
• l’auditing e la consulenza nelle società di revisione contabile:
• la valutazione del merito di credito e la consulenza nelle agenzie di rating

Per fronteggiare il conflitto di interessi, in Europa è stata introdotta la direttiva MiFID (Market in Financial
Instruments Directive) --> viene prevista l'istituzione, all'interno di ciascuna impresa di investimento, di una
funzione, detta di compliance, dedicata al controllo degli adempimenti degli obblighi di correttezza e
trasparenza. Tale funzione deve essere indipendente, disporre di risorse e strutture adeguate e deve avere
accesso a tutte le attività dell'intermediario. La compliance, oltre alle funzioni di controllo, si occupa anche
di specificare i compiti dei vari soggetti, di garantire l'adeguatezza delle comunicazioni interne e di
conservare le registrazioni delle attività svolte.

52
CAPITOLO 5 – PERCHÉ SI VERIFICANO LE CRISI FINANZIARI E PERCHÉ SONO COSÌ DANNOSE PER
L’ECONOMIA?

Crisi finanziaria: grave perturbazione dei mercati finanziari caratterizzata da forti cali dei prezzi delle attività
finanziarie e dal fallimento di molte istituzioni finanziarie (incluse le banche). Nascono da problemi di
asimmetria informativa che vengono spesso descritti come frizione finanziarie. I creditori hanno più
difficoltà ad accertare la capacità di credito dei prenditori di fondi e per questo motivo richiedono tassi di
interesse più alti --> ciò conduce ad uno spread creditizio

Una crisi finanziaria si verifica quindi quando i flussi informativi subiscono una forte perturbazione e sia le
frizioni finanziarie sia gli spread creditizi aumentano bruscamente.

Come conseguenza di una crisi finanziaria:


• le frizioni finanziarie e gli spread creditizi aumentano bruscamente
• i sistemi non riescono a canalizzare i fondi verso operatori che dispongono di opportunità di investimento
produttivo
• l’intera attività economica subisce una forte contrazione

Dinamica delle crisi finanziarie nelle economie avanzate

Prima fase: avvio della crisi finanziaria

Le crisi finanziarie possono iniziare in due modi:

1. Boom and bust: rapida ascesa e susseguente crollo dell’erogazione del credito e dei prezzi delle
attività
2. Incremento dell’incertezza causato da fallimenti di importanti istituzioni finanziarie

Come conseguenza si verifica:


• aumento dei problemi di selezione avversa e di azzardo morale
• stretta creditizia
• declino dell’attività economica

Espansione e contrazione dell’erogazione del credito

Una crisi finanziaria spesso nasce quando un’economia introduce nuove tipologie di prestiti o di altri
prodotti finanziari, avviando un processo di innovazione finanziaria, oppure quando i paesi danno inizio alla
liberalizzazione finanziaria, cioè all’eliminazione delle restrizioni sugli intermediari e sui mercati finanziari.

La liberalizzazione finanziaria:
- nel lungo periodo: promuove lo sviluppo economico e stimola la corretta gestione di un sistema
finanziario capace di allocare efficientemente il capitale
- nel breve periodo: può spingere le istituzioni finanziarie verso una veloce espansione dell’erogazione del
credito  credit boom

I credit boom finiscono per superare le abilità delle istituzioni finanziarie nel vagliare e monitorare il rischio
di credito. Le safety net governative invece, incrementano gli incentivi di azzardo morale delle banche ad
assumersi questi livelli di rischio. Le banche cedono quindi prestiti rischiosi a tassi elevati. Le perdite sui
prestiti iniziano ad aumentare e il valore dei prestiti cala relativamente alle passività, riducendo il capitale
netto di banche e altre istituzioni.

Le banche procedono ad una diminuzione dei prestiti ai loro debitori --> deleveraging

53
Le banche diventano più rischiose inducendo i creditori a non concedere più fondi: si verifica una stretta
creditizia (credit freeze). Il credit boom si trasforma in credit crunch.

Boom and bust dei prezzi delle attività

Bolla finanziaria: allontanamento al rialzo dei prezzi delle attività dai loro valori economici fondamentali
(valori basati su aspettative realistiche circa i flussi futuri di reddito).
Le bolle finanziarie sono spesso innescate dai credit boom, nei quali il notevole incremento del credito
viene utilizzato per finanziare acquisti di attività che ne fanno aumentare i prezzi.

Quando le bolle scoppiano e i prezzi delle attività si riavvicinano ai loro fondamentali, i prezzi azionari e
immobiliari crollano e le società si trovano con il loro capitale netto diminuito, insieme al valore delle
garanzie reali che sono in grado di offrire ai creditori. Una tipica circostanza con il problema dell’azzardo
morale: la posta in gioco è minore, perché hanno meno “skin in the game”, e dunque è più probabile che
effettuino investimenti particolarmente rischiosi.

Le istituzioni finanziarie inaspriscono gli standard per la concessione di credito. Il crollo dei prezzi comporta
anche una riduzione del valore delle istituzioni finanziarie.

Seconda fase: crisi bancaria

Dopo che alcune istituzioni finanziarie diventano insolventi e dichiarano fallimento, spesso si genera il
panico bancario. I depositanti, non essendo in grado di valutare la qualità del portafoglio prestiti delle
banche, decidono di ritirare in massa i propri fondi (corsa agli sportelli) --> le banche saranno costrette a
liquidare le proprie attività per raccogliere i fondi necessari (vendita forzosa o fire sale). Meno sono le
banche sul mercato maggiore sarà il problema della selezione avversa e dell’azzardo morale.

Negli USA dal 1933 sono state introdotte le assicurazioni sui depositi, in modo tale da evitare il verificarsi di
ulteriori panici bancari.

Quando le autorità pubbliche e private impongono l’uscita dal mercato delle imprese insolventi, l’incertezza
nei mercati finanziari si riduce, i mercati azionari recuperano terreno e i bilanci aziendali migliorano. Le
frizioni finanziarie diminuiscono e la crisi si attenua. Nel momento in cui i sistemi finanziari tornano a
funzionare bene, ha il via un processo di ripresa economica.

Terza fase: deflazione del debito

La terza fase consiste in un forte ed imprevisto calo del livello dei prezzi che comporta un ulteriore
deterioramento del capitale netto delle aziende. Aumenta il valore delle passività delle imprese indebitate
in termini reali (incremento del grado di indebitamento) ma non il valore reale delle loro attività --> il
capitale netto in termini reali diminuisce. I prestiti e l’attività economica subiscono un ridimensionamento e
un rallentamento per un lungo periodo di tempo.

La madre di tutte le crisi finanziarie: la Grande depressione


La più significativa crisi finanziaria della storia statunitense, che ha condotto alla Grande depressione, si è
sviluppata seguendo varie fasi:
• crollo del mercato azionario dovuto a eccessive speculazioni
• panico bancario
• peggioramento dei problemi di asimmetria informativa
• deflazione del debito

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La crisi finanziaria globale del 2007-09

Tre fattori principali da analizzare: innovazione finanziaria, problemi di agenzia, ruolo dell’asimmetria
informativa.

- innovazione finanziaria nei mercati dei mutui ipotecari: dopo il 2000, i progressi informatici e le
metodologie di data mining permisero una migliore valutazione del rischio di credito per una nuova
classe di mutui rischiosi (prima del 2000 solo i prenditori cosiddetti prime potevano ottenere mutui
residenziali). Nacquero dei nuovi mutui ipotecari (mutui subprime): prevedevano l’inserimento di
piccoli pacchetti di prestiti (i mutui) all’interno di titoli di debito standardizzati → cartolarizzazione
(trasformazione di strumenti finanziari da non trasferibili a trasferibili/liquidi). Vennero concessi a
prenditori mediocri e fu possibile trasferire questi pacchetti tra intermediari finanziari.

L’ingegneria finanziaria portò alla creazione dei CDO (Collateralized Debt Obligation): prodotto di
credito strutturato, derivati dai flussi di cassa delle attività sottostanti. Sono acquistati dalle SPV
(società veicolo) che poi separano i flussi di pagamento in un certo numero di livelli di rischio
crescenti definiti tranche, rivendendoli. Il problema dei CDO sta nel fatto che rendono veramente
difficoltoso valutare i flussi di cassa e stabilire chi sia il concreto possessore di tali attività.
- problemi di agenzia nei mercati di mutui ipotecari: si creò il problema del principal-agent --> gli
originator dei mutui (quelli che raccolgono crediti sul mercato e li rivendono alle SPV) una volta
incassata la loro commissione non si preoccupano del fatto che chi ha preso a prestito i fondi
effettui realmente i pagamenti sul mutuo. Così gli investitori iniziarono ad acquistare case con la
speranza che i prezzi delle abitazioni salissero, sapendo che tramite questi contratti avrebbero
potuto “svignarsela” dal pagare il proprio debito. Anche le banche, che guadagnavano ingenti
commissioni, avevano scarsi incentivi ad assicurarsi che i detentori finali dei titoli venissero
rimborsati.
- asimmetria informativa: le agenzie di rating valutavano i CDO e offrivano consulenza sul modo di
strutturarli. Soggette a conflitti di interesse, anch’esse avevano scarsi incentivi ad assicurarsi che i
rating fossero accurati e veritieri.

La crisi finanziaria ebbe effetti sul mercato edilizio, sui bilanci delle istituzioni finanziarie, il sistema bancario
“ombra” (scambi che consentono forme di finanziamento alternative a quelle ottenute tramite gli enti
creditizi e quindi al di fuori della supervisione delle autorità) e i mercati globali.

Boom and bust dei prezzi delle abitazioni


• incoraggiato dai politici per la democratizzazione del credito
• boom dei prezzi delle abitazioni dovuto anche dai bassi tassi di interesse (politica monetaria della Fed)
• aumento dei mutui subprime (ulteriore abbassamento degli standard per l’ottenimento), bolla
finanziaria

Bolle finanziarie

Le crisi finanziarie spesso si verificano successivamente a bolle dei prezzi degli asset.
Queste bolle generalmente attraversano tre fasi distinte:
- una liberalizzazione finanziaria genera un’espansione del credito, accompagnata da un aumento dei prezzi
di asset quali immobili e azioni. I prezzi salgono mentre la bolla si gonfia - la bolla scoppia e i prezzi crollano
- si verificano il fallimento di molte imprese e altri agenti che hanno acceso prestiti per acquistare asset a
prezzi inflazionati. Può seguirne una crisi bancaria, che causa problemi in settori dell’economia reale.

CAPITOLO 6 – BANCHE: FONDAMENTI DELL’ATTIVITÀ E DELLA GESTIONE

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Il ruolo operativo delle banche è l’esercizio di attività bancaria, cioè l’attività sistematica che consiste
nell’erogazione di prestiti e nella raccolta di depositi tra il pubblico da parte di un’impresa (TUB, 1993). I
depositi raccolti sono passività impiegate per finanziare i prestiti, cioè attività illiquide. Inoltre,
considerando che il “pubblico” non dispone di abbastanza informazioni circa la solvibilità della banca,
quindi è necessaria una regolamentazione per tutelare i depositanti. La banca svolge quindi attività di
intermediazione creditizia.

La banca si interpone tra datori e prenditori di fondi, stipulando due contratti distinti, strutturati sulla base
delle specifiche esigenze delle controparti. Il TUB prevede anche l’esercizio dell’attività finanziaria, tra cui
intermediazione mobiliare, negoziazione per conto terzi, varie attività di servizio. Le operazioni da cui ricava
commissioni sono:

1. Servizi di pagamento → collegati al deposito in conto corrente, o creazione della carta di credito
2. Servizi di intermediazione mobiliare → negoziazione di strumenti finanziari per conto degli
investitori
3. Servizi di custodia e amministrazione titoli → funzione di custodia e impegno di avvertire il
depositario dei titoli riguardo eventi collegati ai titoli
4. Servizio di cassetta di sicurezza → la banca custodisce beni della clientela di natura reale o
finanziaria
5. Concessione di crediti di firma → la banca garantisce le obbligazioni monetarie e non, dei propri
clienti nei confronti di terzi
6. Consulenza alle imprese

Le quattro aree di attività delle banche:

- Raccolta di risparmio
- Attività di credito
- Servizi finanziari e di intermediazione mobiliare
- Investimenti in partecipazioni (può avere partecipazioni di minoranza in imprese non finanziarie)

L’esercizio di attività finanziarie può essere a opera anche di altri intermediari, quali:

• Società di leasing e di factoring per l’esercizio della funzione creditizia


• Società di intermediazione mobiliare per la negoziazione in conto proprio, per conto terzi e la
gestione patrimoniale individuale
• Società di gestione del risparmio per la gestione patrimoniale individuale
• Società finanziarie per l’offerta di strumenti di pagamento e per il funzionamento del sistema dei
pagamenti
• Banche di investimento per l’assunzione di partecipazione nel capitale di imprese industriali e
commerciali

Funzioni e aree di attività

Il ruolo primario delle banche è l’allocazione delle risorse nel sistema economico che avviene in tre aree:

1. Trasformazione di attività/passività tramite la trasformazione di scadenze (vengono erogati


prestiti a lungo termine finanziati con depositi a breve), dimensioni (raccolgono più risorse per fare
prestiti maggiori) e liquidità (emettono passività liquide e detengono attività illiquide)
2. Selezione ex ante e controllo ex post (screening e monitoring per evitare problemi di selezione
avversa e azzardo morale)
3. BOH

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Per ridurre l’incertezza la banca realizza l’attività di trasformazione e gestione dei rischi, tramite la
diversificazione delle attività di portafoglio e tramite strumenti per il trasferimento dei rischi tra operatori
economici e finanziari.

Funzione creditizia e rischio di credito

La banca corre il rischio di credito esercitando l’attività creditizia, cioè che i flussi di cassa attesi dai prestiti
concessi non vengano corrisposti. È collegato alle perdite subite dalla banca a seguito dell’insolvenza del
debitore (rischio di insolvenza) o al deterioramento del suo merito di credito (rischio di migrazione) e
possono determinare l’insolvenza della banca. Vengono seguite procedure e sistemi di gestione del rischio
di credito tramite:

1. Screening e monitoring riguardo il rischio di credito della singola posizione


2. Valutazione del rischio di credito del portafoglio e la diversificazione riguardo all’intero portafoglio
prestiti

Screening

Ci si serve di alcuni modelli per misurare il rischio di insolvenza dei singoli prenditori:

1. Modelli di natura quali – quantitativa (expert systems) → basati su giudizio ed esperienza


individuali dell’analista specializzato. La procedura si articola in:
• Analisi delle qualità personali del richiedente mediante il ricorso a informazioni esterne
fornite da Centrale Rischi della Banca d’Italia, della SIA e della SIC
• Verifica degli aspetti formali della documentazione raccolta
• Analisi di tipo qualitativo, relative a politiche aziendali e strategie dell’impresa
• Analisi di tipo quantitativo tramite tecniche consuntive basate sugli indici di bilancio e sui
flussi finanziari e su analisi previsionali
• Valutazione di sintesi e formulazione di un rating interno

2. Modelli di credit scoring → modelli automatizzati di tipo matematico – statistico che attribuiscono
al richiedente un punteggio (score) espressione del merito di credito, a cui è possibile associare una
determinata probabilità di insolvenza (default) e una stima della perdita potenziale. Sono impiegati
per la valutazione del rischio del credito dei mutui su immobili, …

Un tipico modello si basa sull’analisi discriminante lineare (modello di Altman per le grandi
imprese):

𝒛𝒊 = 𝟏, 𝟐𝒙(𝒊,𝟏) + 𝟏, 𝟒𝒙(𝒊,𝟐) + 𝟑, 𝟑𝒙(𝒊,𝟑) + 𝟎, 𝟔𝒙(𝒊,𝟒) + 𝟏, 𝟎𝒙(𝒊,𝟓)

Dove:

𝒙(𝒊,𝟏) = capitale circolante/totale attivo

𝒙(𝒊,𝟐) = utili non distribuiti/totale attivo

𝒙(𝒊,𝟑) = utile ante interessi e imposte (EBIT)/totale attivo

𝒙(𝒊,𝟒) = valore di mercato del patrimonio/valore contabile dei debiti a lungo termine

𝒙(𝒊,𝟓) = fatturato/totale attivo

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Il risultato è il valore di score (z) di ogni imprenditore, che viene confrontato con il valore soglia
1,81, sotto cui si è ritenuti a rischio di insolvenza.

Sono presenti diversi limiti e problemi poiché l’importanza delle variabili indipendenti
potrebbe variare nel tempo e non vengono considerate altre variabili come la reputazione.

3. Modelli fondati sul mercato dei capitali → si osservano gli spread di rendimento tra un titolo
rischioso e un titolo risk free, stimando così la probabilità di default dei prenditori implicita nelle
quotazioni che si formano sul mercato.

Monitoring

Serve a verificare che perdurino le condizioni del merito di credito e si sviluppa con l’introduzione delle
clausole contrattuali (servono ad aumentare la probabilità di rimborso del prestito e a ridurre l’asimmetria
informativa) e della costruzione di una relazione di lunga durata con la clientela (per ridurre i costi di
monitoring).

Diversificazione

Per misurare il rischio di credito del portafoglio prestiti la banca impiega dei modelli tra cui CreditMetrics e
Credit Risk+ per poi impiegare tecniche di diversificazione per ridurre il rischio complessivo del portafogli
prestiti tramite diverse direttrici:

1. Diversificazione per classi di importo dei fidi


2. Diversificazione per settori di appartenenza degli affidati
3. Diversificazione per area geografica
4. Diversificazione per forme tecniche degli affidamenti

Altri rischi

- Rischio di interesse → rischio derivante dalla variabilità dei tassi di interesse di mercato e può
portare a due effetti:
1. Effetto reddito → rischio di una perdita dovuta a una variazione dei tassi e a sua volta può
essere rischio di rifinanziamento (a causa delle variazioni gli interessi che la banca deve
corrispondere sono superiori al ricavo sui prestiti) o rischio di reinvestimento (il ricavo sulle
risorse da reinvestire è minore degli interessi che la banca deve corrispondere)
2. Effetto valore di mercato → a seguito di una variazione dei tassi si verifica una riduzione del PV
dei flussi di cassa attesi da attività e passività della banca.
- Rischio di mercato → è l’incertezza dei ricavi della banca nell’area di investimento e di
negoziazione di valori mobiliari da variazioni inattese dei vari tassi nel mercato. È il rischio associato
alla sola attività di negoziazione (trading) di strumenti finanziari detenuti per brevi periodi che
possono essere facilmente negoziati su mercati organizzati, quindi è l’incertezza sul portafoglio di
negoziazione e non riguarda l’attività di portafoglio su strumenti poco liquidi che hanno orizzonti
temporali medio-lunghi.
- Rischio di liquidità → è il rischio che la banca non sia in grado di pagare in tempo le proprie
passività a causa di grandi prelevamenti dei depositanti, quindi potrebbe essere costretta a
liquidare attività a prezzi sfavorevoli. Se molte banche affrontassero lo stesso problema
simultaneamente, l’unica possibilità sarebbe di vendere rapidamente attività meno liquide a prezzi
inferiori ai valori di mercato (fire sale). Questo problema potrebbe creare un rischio sistemico con
la necessità di interventi in termini di credito di ultima istanza.

58
- Rischio di cambio → rischio che variazioni nei tassi di cambio impattino in modo sfavorevole sul
valore delle attività e passività della banca denominate in valuta diversa dall’euro. Se le attività in
valuta estera sono inferiori alle passività in valuta estera (gap negativo), la banca trae vantaggio dal
deprezzamento della valuta estera, viceversa se si ha un gap positivo la banca trae vantaggio da un
apprezzamento.
- Rischio operativo → è il rischio di perdite derivanti dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di
procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni (non rientra tra i rischi
finanziari). I fattori che determinano il rischio operativo:
1. Malfunzionamento e disfunzioni della tecnologia
2. Errori nella progettazione dei processi interni
3. Risorse umane nei casi di frodi interne, violazioni di leggi e regolamenti interni, incompetenza e
negligenza
4. Eventi esterni come calamità naturali e attività criminali di soggetti esterni

CAPITOLO 7 – SISTEMA BANCARIO ITALIANO

Il sistema italiano è regolato da norme di legge del TUF e del TUB. Le banche possono operare sotto forma
di SPA e come società cooperativa a responsabilità limitata (banche popolari, che se presentano un attivo
superiore a 8 mld diventano SPA, e banche di credito cooperativo). Le differenze tra le due tipologie
riguardano i vincoli alle partecipazioni dei singoli soci al capitale della banca. Nel caso delle SPA un socio
può possedere anche il 100% del capitale con la limitazione di non poter svolgere in parallelo un’attività di
impresa in settori industriali commerciali. Per le banche popolari è previsto che ogni socio possa possedere
al massimo l’1% del capitale così che non possano essere influenzate le decisioni strategiche.

Specializzazione e diversificazione

La banca deve decidere se specializzarsi in un ambito ristretto, che potrebbe portare a processi più
efficienti o se diversificarsi (scelta principale). I motivi della diversificazione:

1. Si cerca di sfruttare l’effetto di portafoglio, optando su due comparti di attività diversi


2. È possibile allargare la gamma di prodotti e servizi per non lasciare la clientela parzialmente
insoddisfatta
3. Si può beneficiare delle economie di scopo e della presenza dei costi congiunti, impiegando fattori
produttivi sottoutilizzati

Modello istituzionale di banca

Ci sono due tipi di modelli:

1. Banca universale → svolge direttamente tutte le attività consentite o la maggior parte di esse. Una
banca è universale se opera in attività di credito, raccolta, servizi e partecipazioni e queste attività
vengono svolte in via diretta, cioè tramite un unico soggetto o società, cioè la banca.
2. Gruppo bancario → alcune attività vengono svolte da società dedicate. Il gruppo bancario presenta
una banca capogruppo che disegna la strategia comune e attua il coordinamento delle diverse
unità, oltre che svolgere l’attività bancaria. Spesso vengono assegnate aree territoriali e compiti
specifici alle diverse banche in termini di prodotti – servizi offerti al mercato.

Dal TUB emerge che:

• Se un soggetto opera nel mercato del credito acquisisce lo status di società finanziaria

59
• Se un soggetto opera sul mercato dei servizi di investimento acquisisce lo status di società di
intermediazione mobiliare (SIM)
• Se un soggetto opera sul mercato dei servizi di gestione collettiva di patrimoni acquisisce lo status
di società di gestione del risparmio (SGR, la gestione dei fondi comuni di investimento deve
effettuarsi attraverso queste società).

Vantaggio del gruppo bancario

C’è maggiore flessibilità operativa nelle diverse attività e si crea una maggiore autonomia direzionale e
imprenditoriale con maggiore libertà nelle politiche retributive e visibilità sul mercato del proprio prodotto
– servizio. Possono essere coinvolti nuovi ed eventuali soci.

Vantaggio della banca universale

È più efficace dal punto di vista delle esigenze di coordinamento strategico delle attività svolte e di
controllo su quest’ultime. Non ci sono costi operativi legati al funzionamento di società distinte.

Concentrazione del sistema bancario in Italia

Il numero di banche è diminuito fortemente, ci sono state fusioni e incorporazioni. L’industria bancaria ha
visto quindi un fenomeno di progressiva concentrazione. Negli ultimi anni sono stati ridotti molti sportelli
per migliorare l’efficienza della struttura distributiva e realizzare un risparmio dei costi.

CAPITOLO 8 – REGOLAMENTAZIONE BANCARIA E FINANZIARIA

Regolamentazione e vigilanza: un quadro d’insieme

L’attività di regolamentazione si concentra su quattro ambiti:


• vigilanza strutturale: norme volte a regolare la struttura del settore finanziario (numero di
operatori, apertura di nuovi sportelli, tutela della concorrenza, controllo operazioni di fusione e
acquisizione)
• vigilanza prudenziale: norme volte a favorire una gestione prudente e sana (livelli minimi di
patrimonio e capitalizzazione, limiti alla concentrazione dei rischi)
• vigilanza informativa: riduce le asimmetrie informative tramite regole contabili standard e norme
sulla trasparenza
• vigilanza protettiva: norme volte a evitare che difficoltà finanziarie possano trasformarsi in crisi
(safety net, prestiti in ultima istanza, monitoraggio)

Regolamentazione e vigilanza in Italia e nell’UE

In Italia il quadro normativo è definito dal TUB (Testo Unico Bancario) secondo il d.lgs. n. 385/93 che ha
sancito il passaggio da vigilanza strutturale a prudenziale. Nel 2012 è nata l’Unione Bancaria Europea (UBE)
con lo scopo di accrescere il livello di stabilità nel sistema bancario europeo e con quello di rafforzare i
meccanismi di trasmissione di politica monetaria.

L’UBE consta di tre pilastri:


1. Meccanismo di vigilanza unico (SSM): sistema europeo di vigilanza bancaria che comprende la BCE
e le autorità di vigilanza nazionali. Le sue finalità sono:
- salvaguardia della sicurezza e solidità del sistema bancario europeo
- accrescimento dell’integrazione e stabilità finanziaria
- vigilanza coerente e omogenea sulle 128 maggiori banche

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Le banche con un totale sull’attivo superiore ai 30 MLD o che rappresentano almeno il 20% del PIL sono
controllate dal SSM, le altre dalle autorità nazionali. Il SSM è attivo dal 2014, è guidato da un Consiglio di
vigilanza e preceduto da una valutazione complessiva delle banche.
2. Meccanismo unico di risoluzione delle crisi (SRM): autorità unica per la soluzione delle crisi che si
occupa di effettuare un’efficiente risoluzione delle banche in dissesto minimizzando i costi per i
contribuenti. Ha istituito due meccanismi di intervento:
- bail-in: messa a carico degli azionisti e creditori delle banche di oneri pari almeno all’8% delle
passività (esclusi i depositanti coperti da assicurazione). In altre parole, delle eventuali perdite della
banca si fanno carico per primi gli azionisti, gli obbligazionisti (prima quelli con obbligazioni più
rischiose e a seguito quelle meno rischiose) e infine i correntisti (quelli con depositi superiori a
100mila €).
- SRF (Fondo unico di risoluzione): fondo istituito a livello sovranazionale, utilizzato quando sono
esaurite le altre opzioni come ad es. il bail-in. Il singolo contributo dovuto da ogni banca sarà
misurato in proporzione alle sue passività (esclusi fondi propri e depositi protetti), è sovvenzionato
dalle banche fino al 5% delle passività.
Il SRM è operativo 2016 e contiene al suo interno un Comitato di risoluzione unico: stabilisce norme e
procedure per la risoluzione delle banche, istituisce meccanismi credibili e attuabili, riduce al minimo i costi
ed evita la distruzione del valore.
3. Schema unico di garanzia dei depositi (SDGS): accordo ancora in fase di sviluppo che dovrà
armonizzare gli schemi di garanzia nazionali. Vi è una garanzia sui depositi fino a 100mila € e una
copertura fino allo 0,8% dei depositi.

Aree di regolamentazione e vigilanza

Esistono nove aree fondamentali di regolamentazione e vigilanza che puntano a ridurre i problemi di
asimmetria informativa.
1. Safety net e assicurazioni sui depositi: rete di sicurezza organizzata dalle autorità per garantire
stabilità al sistema ed evitare corse agli sportelli. Fanno parte di questa rete le assicurazioni sui
depositi (garantiscono la restituzione del capitale ai depositanti anche in caso di insolvenza). In
Italia abbiamo il FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi) e negli USA i FDIC (Federal
Deposit Insurance Corporation). I FITD garantiscono il rimborso fino a 100.000 euro per
depositante in caso di dissesto bancario.

FITD: riconosciuto dalla Banca d’Italia. Le banche Italiane hanno l’obbligo di aderire a un sistema di
garanzia dei depositanti. Tutte le banche italiane fanno parte del FITD tranne quelle di credito
cooperativo che aderiscono al Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo. Il diritto
alla garanzia scatta allorchè le banche vengono poste nello stato di liquidazione coatta
amministrativa --> meccanismo chiamato pay-off method.

I FDIC sostengono le banche in difficoltà ricercando sul mercato potenziali acquirenti disposti ad
accollarsi tutti i debiti e procedono alla fusione/acquisizione finanziando a condizioni agevolate il
potenziale acquirente (purchase and assumption method). In Italia invece, è la Banca d’Italia a
promuovere il salvataggio di banche in crisi secondo questo metodo. Il purchase and assumption
method tutela i depositanti integralmente.

Altre forme di safety net sono i prestiti di ultima istanza e le nazionalizzazioni (il governo diventa
l’azionista di maggioranza dell’istituzione in dissesto).

Le reti di sicurezza possono creare problemi di asimmetria informativa e azzardo morale: l’esistenza
di una copertura assicurativa incentiva l’assunzione di rischi soprattutto da parte di quelle
istituzioni finanziarie che hanno più probabilità di fallire.

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too big to fail: dilemma per cui le autorità sono riluttanti a lasciare che le istituzioni di maggior
rilevanza falliscano comportando gravi perdite ai loro depositanti (essendo maggiormente tutelate,
le grandi banche spesso adottano comportamenti rischiosi e opportunistici).

2. Limiti alle attività detenibili: per limitare i problemi di azzardo morale e tutelare i depositanti
esistono normative stringenti che limitano i rischi e le attività assumibili dalle banche. Promuovono
inoltre la diversificazione ponendo dei vincoli all’ammontare dei prestiti erogati a specifiche
categorie di prenditori.

3. Requisiti di capitale: vengono imposti in modo tale da rendere le banche più prudenti.

Basilea 1: la normativa bancaria in questa materia nasce con il Comitato di Basilea per la Vigilanza
Bancaria e dal cosiddetto Accordo sul capitale: sistema di requisiti patrimoniali finalizzato a indurre
le banche a detenere un ammontare di patrimonio commisurato ai rischi di credito impliciti nei loro
impieghi. Ha introdotto anche l’indice di solvibilità → esprime il rapporto tra il cosiddetto
“patrimonio di vigilanza” e le attività delle banche ponderate per il loro rischio di credito (ha un
valore almeno pari all’8%). Una banca deve idealmente mettere da parte un ammontare di
patrimonio almeno pari all’8% dell’importo del credito ponderato per il livello di rischio del credito
stesso --> può assumersi i rischi che desidera se adeguatamente patrimonializzata.

Problemi Basilea 1:
- non teneva conto del grado di diversificazione del portafoglio prestiti delle banche
- non considerava la vita residua delle esposizioni
- non considerava l’esistenza o meno di forme di protezione del credito reale o personale

arbitraggio regolamentato: strategie derivanti dalla presenza di uno scostamento tra rischio
effettivo e rischio misurato in un’ottica regolamentare. Molte banche con portafogli diversificati e
tecniche evolute nella gestione del rischio, sfruttarono l’inefficienza del sistema di ponderazione (la
ponderazione era uguale per banche anche molto diverse).

Basilea 2
Si fonda su tre pilastri:
1. maggiori vincoli ai requisiti patrimoniali minimi obbligatori delle grandi banche a livello
internazionale in riferimento a rischi di mercato, di credito e operativi. Si basa su due
metodologie di calcolo dei requisiti patrimoniali: l’approccio standard e quello basato su
rating interni (IRB). Il primo prevede rating elaborati da agenzie esterne internazionali
mentre il secondo determina il rischio di credito in relazione ad ogni singola controparte
sulla base di modelli interni certificati dall’autorità di vigilanza.
Basilea 2 assicura una misurazione di una più ampia gamma di rischi e una dotazione patrimoniale
più strettamente commisurata all’effettivo grado di esposizione al rischio di ogni intermediario.

Problemi Basilea 2:
- rating creditizi non affidabili durante la crisi ‘09
- configurazione prociclica: ha inasprito la stretta creditizia post crisi
- non considera un eventuale prosciugamento di liquidità

Basilea 3

Integra due aspetti: adeguatezza patrimoniale e gestione della liquidità (mira a rafforzare le banche
e ridurre le minacce e la trasmissione di crisi). Gli strumenti di intervento comprendono:

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• rafforzamento della qualità e della quantità del patrimonio di vigilanza che le banche
devono detenere (maggiore importanza alla parte di capitale costituita da azioni ordinarie e
utili non distribuiti) --> common equity o core tier 1
• cuscinetto addizionale obbligatorio di patrimonio (capital conservation buffer) pari al 2,5%
• nuovo indice di leva finanziaria complementare ai requisiti patrimoniali basati sull’attivo
ponderato per il rischio
• requisiti prudenziali minimi: liquidity cover ratio e net stable funding ratio
• misure macroprudenziali quali buffer patrimoniali e anticiclici

Basilea 4: revisione di basilea 3

4. Vigilanza finanziaria: autorizzazione e attività ispettiva

La previsione di una vigilanza finanziaria specifica serve a ridurre i fenomeni di selezione avversa e azzardo
morale. Una norma volta a ridurre la selezione avversa è quella in materia di autorizzazione allo
svolgimento di attività bancaria, infatti l’autorizzazione viene rilasciata a condizione che vengano rispettati
dei requisiti come la forma giuridica, la dotazione minima di capitale o il grado di onorabilità degli azionisti.
Tramite ispezioni da parte delle autorità di vigilanza si può ridurre l’azzardo morale.

5. Presidi organizzativi e il sistema di controlli interni

L’azione di controllo si è orientata verso una forma di vigilanza prudenziale per orientare la banca verso una
gestione sana e prudente. Grazie al processo di innovazione finanziaria e tecnologica è possibile assumere
grandi quantità di rischi che l’ispezione non garantisce l’impossibilità di assumere rischi nell’immediato
futuro.

6. Valutazione dei sistemi di risk management

Gli ispettori bancari pongono più attenzione sulla valutazione dell’adeguatezza dei processi di management
della banca con riferimento al controllo dei rischi. Gli elementi per definire il rating del risk management
sono:

1. Qualità dell’attività di indirizzo e di controllo del consiglio di amministrazione e del senior


management
2. L’adeguatezza delle politiche e dei limiti alle attività che presentano rischi significativi
3. La qualità dei sistemi di misura e di controllo dei rischi
4. L’adeguatezza dei controlli interni per prevenire frodi e attività illecite da parte dei dipendenti

Il Risk Appetite Framework (RAF), introdotto nel 2006 con aggiornamento nel 2013, delinea il quadro di
riferimento in materia di rischi e definisce la propensione al rischio, le soglie di tolleranza, i limiti di rischio,
le politiche di governo dei rischi e i processi di riferimento necessari per definirli e attuarli. È importante lo
stress test che stima le perdite nello scenario peggiore, o il calcolo del VAR che misura la dimensione delle
perdite in un portafoglio di trading.

7. Obblighi di trasparenza

Maggiori informazioni pubbliche sui rischi sopportati dall’istituzione finanziaria e sulla qualità del suo
portafoglio possono consentire agli azionisti, ai creditori e ai depositanti di valutarla e controllarla meglio.
Banca d’Italia ha introdotto obblighi di pubblicazione di informazioni riguardanti l’adeguatezza
patrimoniale, l’esposizione ai rischi e le caratteristiche generali dei sistemi preposti all’identificazione, alla

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misurazione e alla gestione di questi rischi. Devono essere inserite sul sito della banca almeno una volta
l’anno. Gli obblighi di trasparenza sono un elemento chiave della regolamentazione finanziaria.

La SEC (Security and Exchange Commission) oltre agli obblighi di trasparenza, favorisce l’efficienza dei
mercati regolamentando le società di brokeraggio, i fondi comuni, le borse e le agenzie di rating creditizio
per assicurare l’affidabilità delle informazioni prodotte e per tutelare gli investitori.

Negli anni sono incrementati gli incentivi a produrre audit accurati riguardo i conti economici e gli stati
patrimoniali delle imprese, istituendo il PCAOB (Public Company Accounting Oversight Board) per
sorvegliare il settore dell’auditing e apportando norme per ridurre i conflitti di interessi nell’industria dei
servizi finanziari.

8. Tutela dei consumatori

La maggiore trasparenza attenua lo squilibrio informativo fra intermediario e cliente, agevola la


comparazione dei prodotti e facilita le scelte consapevoli. Le norme stabiliscono standard minimi di
informazione e chiarezza ma non funziona sempre tutto nel modo migliore. È stato anche introdotto da
Banca d’Italia la figura dell’Arbitro Bancario e Finanziario (ABF), cioè un sistema di risoluzione alternativo al
Giudice ordinario. Le forme di tutela sono quindi la stabilità, che parte dal presupposto che la miglior tutela
sia assicurare che l’intermediario di riferimento sia gestito in modo sano e prudente, e la
correttezza/trasparenza.

9. Limitazioni alla concorrenza

Un eccesso di concorrenza rende il sistema instabile poiché aumenta la probabilità di azzardo morale e
spinge gli operatori più piccoli a uscire dal mercato, ma un mercato poco concorrenziale è inefficiente. Per
questo motivo sono stati imposti limiti alla concorrenza ma potrebbe portare ad un aumento dei costi per i
consumatori e una riduzione dell’efficienza delle istituzioni finanziarie. Inizialmente le autorità diedero
priorità all’obiettivo della stabilità a discapito dell’efficienza del sistema.

10. Vigilanza macroprudenziale e microprudenziale

Prima della crisi finanziaria globale le autorità di regolamentazione adottavano un sistema di vigilanza
microprudenziale, che si basava sulla sicurezza e sullo stato di salute delle singole istituzioni finanziarie. Se il
soddisfacimento di alcuni indici fosse negativo le autorità potrebbero dare inizio ad un’azione correttiva per
costringere l’istituzione finanziaria ad adeguare questi indici oppure a liquidare l’attività stessa.

La crisi del 2008 ha messo in evidenza le debolezze del sistema di vigilanza che allora era frammentato, così
nel 2009 è stato istituito l’ESFS (European System of Financial Supervisors) che divide due livelli di vigilanza
tra macroprudenziale, di competenza dell’ESBR (European System Risk Board) e microprudenziale, di
competenza dell’ESA (European Supervisory Authorities), la quale a sua volta è divisa in tre organi:

• EBA
• EIOPA
• ESMA

Le competenze attribuite riguardano principalmente la definizione vincolante degli standard di vigilanza,


l’autorizzazione e la vigilanza delle istituzioni di livello europeo, la cooperazione con l’ESRB ai fini della
politica macroprudenziale e l’assunzione di un ruolo di coordinamento forte nelle situazioni di crisi.

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Le politiche macroprudenziali possono assumere diverse forme. Prima della crisi era presente la prociclicità
del leverage dove in una fase di boom l’erogazione del credito faceva alzare i prezzi delle attività che
determinava risorse patrimoniali maggiori presso le istituzioni finanziarie così che i prezzi delle attività
crescevano ancora. Per interrompere questo ciclo le politiche macroprudenziali dovrebbero aggiustare i
requisiti al rialzo in una fase boom e al ribasso durante una fase bust.

Crisi bancarie nel mondo

Le similitudini nelle varie crisi finanziarie sono molte e una delle cose in comune è la presenza di un sistema
di safety net governativa, una rete di sicurezza con cui i governi si tengono pronti a salvare le banche in
difficoltà e crea un aumento degli incentivi di azzardo morale all’assunzione di rischi eccessivi da parte delle
banche.

La riforma di regolamentazione e vigilanza negli USA – il Dodd-Frank Act

Gli USA hanno avuto bisogno di una nuova struttura di regolamentazione in grado di rendere meno
probabile il ripetersi di un’altra crisi. Il Dodd-Frank Act si occupa di cinque categorie:

1. Tutela dei consumatori → è stato creato il Consumer Financial Protection Bureau per esaminare e
far rispettare le regolamentazioni inerenti sia a tutte le società che partecipano all’emissione di
prodotti legati ai mutui residenziali e che hanno attività superiori a 10 mld, … Obbliga i prestatori di
fondi ad accertarsi della capacità di rimborsare i mutui imponendo una verifica del reddito, della
storia creditizia e della situazione professionale. Vieta ai broker di ricevere compensi più elevati e
consente agli stati di applicare alle banche leggi più stringenti per la tutela dei consumatori e alza il
livello dell’assicurazione sui depositi a 250.000 dollari
2. Autorità di risoluzione → il governo USA può rilevare le società finanziarie sistemiche, cioè che
rappresentano un rischio per il sistema finanziario complessivo poiché se fallissero creerebbero
danni molto grandi.
3. Regolamentazione del rischio sistemico → è stato istituito il Financial Stability Oversight Council,
che monitora i mercati in riferimento alle bolle dei prezzi delle attività e a un’intensificazione del
rischio sistemico. Deve individuare le società SIFI (istituzioni finanziarie sistematicamente rilevanti)
che dovrebbero avere una regolamentazione supplementare con obblighi più rigidi.
4. Volcker Rule → c’è un limite all’ampiezza del proprietary trading, cioè alla quantità di operazioni di
trading effettuate con strumenti finanziari propri e non realizzate per conto della clientela
5. Derivati → gli strumenti i cui risultati in termine di valore sono collegati a titoli emessi in
precedenza sono strumenti finanziari derivati. Viene imposto che molti prodotti derivati
standardizzati vengano negoziati all’interno di piattaforme borsistiche e compensati attraverso
clearing house per ridurre il rischio di perdite in caso di insolvenza di una controparte coinvolta
nella transazione dei derivati

Too big to fail e regolamentazione futura

Tre approcci diversi per risolvere il problema del too big to fail:

1. Smembrare le SIFI → non far raggiungere tale grandezza a qualsiasi istituzione da poter creare un
collasso, così le autorità di regolamentazione non dovrebbero procedere al salvataggio
2. Innalzare i requisiti patrimoniali minimi obbligatori → avendo maggiore capitale avranno una
protezione maggiore per affrontare situazioni avverse e avranno più da perdere quindi diminuirà
l’azzardo morale
3. Affidarsi al Dodd-Frank Act

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Altri temi per la regolamentazione futura

Il Dodd-Frank Act non considera molti particolari della regolamentazione futura e non si occupa di alcuni
temi:

• Remunerazione nel settore dei servizi finanziari → si sta studiando delle norme per modificare la
remunerazione nell’industria dei servizi finanziari per ridurre il risk taking
• GSE (Government-Sponsored Enterprises) → non si rivolge alle GSE cioè alle società private
promosse dal Congresso. Si potrebbe:
1. Privatizzare le GSE completamente togliendo la sponsorship statale e rimuovendo il sostegno
pubblico rispetto al debito
2. Nazionalizzarle completamente eliminando il loro status giuridico
3. Rafforzare le norme volte a limitare l’ammontare di rischio che si assumono e imponendo loro
standard patrimoniali più elevati
4. Costringerle a ridimensionarsi per non esporre contribuenti a perdite molto grandi e il settore
finanziario a rischi sistemici
• Agenzie di rating del credito
• Pericolo di sovraregolamentazione → una regolamentazione eccessiva potrebbe ostacolare
l’efficienza del sistema finanziario

CAPITOLO 9 – FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO

I fondi comuni di investimento fanno parte degli investitori istituzionali (fondi comuni, assicurazioni, fondi
pensione e gestioni patrimoniali), cioè soggetti che operano nell’ambito della gestione professionale del
risparmio.

Inizialmente i fondi comuni di investimento erano società di investimento che riunivano i fondi degli
investitori con risorse modeste e usavano il denaro per investire in titoli differenti. I fondi comuni
aumentarono dopo il ’40, quando fu resa obbligatoria una maggiore trasparenza delle politiche di
investimento e dei costi per commissioni.

I vantaggi dei fondi comuni di investimento:

1. Intermediazione della liquidità → gli investitori possono convertire rapidamente i loro investimenti
in contanti a basso costo (fondi comuni aperti)
2. Intermediazione dei tagli → i piccoli investitori possono accedere a titoli che non potrebbero
acquistare senza il fondo
3. Diversificazione → si può ridurre il rischio con un portafoglio di titoli diversificati
4. Vantaggi in termini di costi → gli investitori istituzionali hanno commissioni più basse di quelle
degli investitori singoli
5. Competenza professionale → molti investitori preferiscono affidarsi a manager professionisti

L’importo investito in fondi comuni ha subito un ridimensionamento nel periodo 2000 – 2016 con una
piccola ripresa dal 2013, a causa della diminuzione del valore dei portafogli a causa della crisi finanziaria e
della caduta dei titoli e a causa della perdita di attrattività dell’investimento in fondi comuni.

Disciplina e organizzazione dei fondi comuni di investimento

Il TUF costituisce la cornice legislativa di riferimento, poi la CONSOB, Banca d’Italia e il Ministero
dell’economia e delle finanze regolano i requisiti strutturali e operativi dei soggetti finanziari.

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1. Fondi comuni di investimento → insieme alle SICAV e alle SICAF sono qualificati come Organismi di
investimento collettivo del risparmio (OICR) e in base al TUF il fondo è:
• Patrimonio autonomo raccolto tra più investitori per investire sulla base di una politica di
investimento
• Suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti
• Gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dei medesimi
2. Società di gestione del risparmio → gestiscono i fondi e sono le società autorizzate a prestare il
servizio di gestione collettiva del risparmio, che si realizza attraverso:
• Promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e
amministrazione dei rapporti con i partecipanti
• Gestione del patrimonio OICR di propria o altrui istituzione tramite l’investimento

Le SGR, le SICAV e le SICAF sono gli unici soggetti che possono svolgere attività di gestione collettiva
del risparmio. Le SGR possono prestare alcuni servizi di investimento come la gestione di portafogli,
la consulenza in materia di investimenti e la ricezione e trasmissione di ordini.

3. Banca depositaria → custodisce gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide di un fondo


comune di investimento.
• Si accerta della legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo e
la destinazione dei redditi del fondo
• Accerta la correttezza del calcolo del valore delle quote del fondo o lo svolge
• Accerta che nelle operazioni relative al fondo la controprestazione sia rimessa in termini
d’uso
• Esegue le istruzioni impartite dalla SGR se non contrarie alla legge
• La banca depositaria è responsabile nei confronti della SGR e dei partecipanti ai fondi di
ogni pregiudizio

Struttura organizzativa

Ogni fondo ha la stessa struttura alla base, viene istituito e gestito da una SGR che si occupa degli
investimenti e di calcolare il valore della quota. I gestori selezionano i titoli che saranno detenuti dal fondo
e prendono le decisioni di acquisto e vendita. Hanno un ruolo rilevante la banca depositaria, che deve
verificare la legittimità delle operazioni della SGR, e il soggetto che si occupa di distribuire le quote del
fondo presso gli investitori (una banca o una SIM).

Prospetto informativo e regolamento

La CONSOB si occupa della vigilanza dell’operato delle SGR e approva gli prospetti informativi che devono
essere consegnati ai risparmiatori interessati a sottoscrivere un fondo. Banca d’Italia autorizza l’attività
delle SGR, approva il regolamento di gestione dei fondi comuni e vigila sull’operato delle banche
depositarie. Il prospetto informativo si compone di:

1. Parte prima → informazioni generali del fondo e funzioni della banca depositaria e dei soggetti
collocatori, caratteristiche dei singoli fondi, modalità per sottoscriverli, rimborso o passaggio da un
fondo ad un altro, obiettivi di investimenti, strategia, rischi, costi
2. Parte seconda → risultati storici del fondo e confronti

Confronti tra fondi

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1. Chiusi e aperti → un fondo chiuso vende un numero fisso di quote non riscattabili, che vengono
scambiate poi nel mercato. Dopo i 10 anni si ha diritto al rimborso. Per aumentare la raccolta di
capitali si deve lanciare un nuovo fondo. Oggi sono più usati i fondi aperti dove gli investitori
possono contribuire quando vogliono, e sono fondi vincolati al riacquisto in qualsiasi momento
delle quote detenute dagli investitori. Tutte le quote acquistate e vendute nella giornata vengono
scambiate al valore netto delle attività di quel giorno
2. Aperti armonizzati e non armonizzati → i fondi armonizzati seguono regole e criteri comuni
previsti a livello comunitario in materia di limitazione dei rischi e tutela degli investitori. Possono
essere:
• Azionari (almeno il 70% investito in azioni)
• Bilanciati (azioni possono essere dal 10 al 90% del portafoglio)
• Obbligazionari (niente azioni a parte i fondi obb. misti che possono avere max 20% azioni)
• Di liquidità (niente azioni)
• Flessibili (niente vincoli con le azioni)
3. Fondi chiusi mobiliari e immobiliari → i titoli sono nel primo caso mobiliari e nel secondo di
patrimonio immobiliare
4. Fondi a gestione passiva (index fund) → il portafoglio contiene titoli appartenenti a un indice
quindi i titoli vengono tenuti in una porzione tale che i cambiamenti nel valore del fondo
corrispondono a quelli del livello dell’indice. Quindi, sono minimizzate le decisioni di investimento e
i costi operativi
5. Fondi Hedge → i responsabili del fondo cercano anomalie di prezzo fra titoli correlati. Ci sono
formule di limited partnership con minimi di reddito o minimi di patrimonio netto. I costi di
commissione sono alti. Sono fondi speculativi.

Struttura delle commissioni dei fondi comuni di investimento

• Fondi con commissione d’entrata → quando l’intermediario vende quote dei fondi gli spetta una
commissione; se viene addebitata all’acquisto si ha una front – end load, al riscatto una deferred
load. Lo scopo è garantire un compenso agli intermediari di vendita e scoraggiare il riscatto delle
quote dopo un breve periodo
• Fondi senza commissione d’entrata → acquistabili senza intermediari

CAPITOLO 10 – PIANI PENSIONISTICI

Un piano pensionistico consiste nell’investimento di contributi versati durante il periodo lavorativo per
creare un montante che sarà pagato sotto forma di rendita dopo la fine del periodo lavorativo. Le
disponibilità finanziarie dei fondi sono costituite dai contributi degli aderenti e dal reddito prodotto dagli
investimenti stessi.

Il fondo viene promosso da un soggetto che stabilisce le caratteristiche della contribuzione, la tipologia
degli investimenti da effettuare tramite le risorse raccolte e la tipologia di prestazione erogata. Spesso lo
sponsor fa gestire a terzi le risorse del fondo. In Europa sono presenti da più tempo i piani pensionistici
pubblici, rispetto agli USA, inoltre inizialmente erano piani molto più generosi che tendevano a dare una
rendita pari a quella percepita durante la vita lavorativa ma negli ultimi anni questo sistema ha mostrato
quanto sia difficile mantenere finanziariamente queste erogazioni. Si è creato un gap tra contributi versati e
benefici erogati.

Tipi di piani pensionistici

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1. Piani pensionistici a benefici definiti → la prestazione erogata è prefissata e determinata in
funzione della retribuzione del lavoratore al momento dell’entrata in pensione (sistema
previdenziale di tipo retributivo).
𝒑𝒂𝒈𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒂𝒏𝒏𝒖𝒐
= 𝟐% ∗ 𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂 𝒓𝒆𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒖𝒍𝒕𝒊𝒎𝒊 𝟑 𝒂𝒏𝒏𝒊 ∗ 𝒂𝒏𝒏𝒊 𝒅𝒊 𝒔𝒆𝒓𝒗𝒊𝒛𝒊𝒐

Se le risorse bastano il piano si definisce capiente o con copertura piena, se i fondi sono superiori
alle necessità si definisce sovrafinanziato e se sono insufficienti incapiente o con copertura
parziale
2. Piani pensionistici a contribuzione definita → si specifica quanti contributi confluiranno nel fondo
e i benefici dipenderanno dagli investimenti e spesso agli aderenti è permesso specificare come
dovranno essere investiti i fondi dei loro conti. In Italia ne esistono diverse tipologie, vengono
istituiti accordi fra datori di lavoro e lavoratori (i primi versano una percentuale di stipendio
insieme alla percentuale volontaria del lavoratore) o offerti da intermediari finanziari (i contributi
del datore di lavoro vengono versati sotto alcune condizioni). Questa tipologia di piano
pensionistico è in continua espansione
3. Piani pensionistici privati e pubblici → i privati sono promossi da imprese e intermediari finanziari,
si sono diffusi molto soprattutto in USA e UK per la riduzione di quelli pubblici. Entrambi prevedono
una fase di contribuzione e una di erogazione delle prestazioni. In UK prevale l’investimento in
azioni mentre in Italia gli impieghi sono in prevalenza titoli di Stato e titoli obbligazionari societari. I
piani pubblici hanno visto molte riforme che hanno diminuito i benefici erogati

Il sistema pensionistico italiano ha mostrato debolezza già negli anni ’60 per motivi economici e
demografici, poiché dopo il boom del dopoguerra l’economia ha iniziato a rallentare e il tasso di
occupazione a diminuire. La vita media si è allungata, rendendo insostenibile un piano molto generoso. In
Italia esiste la pensione per vecchiaia (prevalente in Europa, dopo i 60 – 65 anni e con un numero minimo di
anni di contributi) e per anzianità (si possono avere le prestazioni da giovani con una contribuzione minima
più protratta); quest’ultima è stata eliminata negli ultimi anni.

Disciplina dei fondi pensione privati

In Italia la prima disciplina è stata introdotta nel ’93 e individuava due tipologie di fondi:
• Chiusi, istituiti tramite accordi collettivi (fra datori di lavoro e lavoratori) e definiscono una serie di
requisiti che il potenziale partecipante al fondo deve avere. Sono associazioni senza scopo di lucro
che hanno organi propri come l’assemblea dei rappresentanti, organi di amministrazione e
controllo, …
• Aperti, istituiti da intermediari finanziari che gestiscono le risorse e fanno erogare le rendite dalle
assicurazioni. L’adesione può avvenire in maniera individuale (se non ci sono requisiti per aderire) o
collettiva (conviene se la collettività è poco numerosa per giustificare i costi per creare un fondo
chiuso)

CAPITOLO 11 – BANCHE DI INVESTIMENTO, BROKER E DEALER, SOCIETÀ DI VENTURE CAPITAL

Banche di investimento

Sono più note come operatori finanziari --> organizzano le operazioni attraverso cui le società si procurano
fondi sul mercato. Svolgono diversi ruoli:

- sottoscrizione iniziale di azioni e obbligazioni (underwriting)

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- originatori delle transazioni nel settore delle fusioni e acquisizioni
- intermediari nell’acquisto e vendita di società
- private banking

Le banche di investimento, a differenza di broker e dealer, derivano i loro profitti dalle commissioni
addebitate ai clienti anziché da quelle provenienti dallo scambio di azioni. La commissione si misura in
percentuale fissa sul volume dell’operazione eseguita (è più bassa per le grandi operazioni).

Origine e struttura delle banche di investimento

Nascono in America con l’importazione di capitale dall’Europa. La separazione tra banche commerciali e
d’investimento avviene dopo il ’29 con la normativa Glass- Steagall Act, ma dal 1999 le banche commerciali
hanno iniziato ad acquisire quelle di investimento.

Banche di investimento in Italia

In Italia prevale il modello di intermediazione creditizia: non esiste una relazione univoca tra attività di
investment banking e una specifica figura istituzionale di intermediario (non vi è un riconoscimento
istituzionale e normativo). Le banche sono abilitate a svolgere direttamente:
- attività di intermediazione mobiliare sia nel mercato primario che secondario
- operazioni di merchant banking (assunzione di partecipazioni azionarie)
- servizi non di credito per le imprese

Le SIM (società di intermediazione mobiliare) svolgono le stesse attività. Le operazioni di investment


banking sono quindi svolte da molteplici intermediari finanziari.

Collocamento e underwriting di azioni e obbligazioni

Una banca di emissione ha il compito di organizzare l’operazione di emissione e di collocamento dei titoli.
Prima del collocamento può sottoscrivere l’emissione (underwriting), acquistando così l’emissione ad un
prezzo predeterminato per poi rivenderla sul mercato. I servizi offerti durante tale processo includono:

Consulenza

I banchieri di investimento, partecipando quotidianamente al mercato, sono in grado di consigliare le


aziende che stanno valutando l’opportunità di procedere a una emissione:

- Spiegazione delle attuali condizioni di mercato per aiutare nella scelta di quale tipo di titoli offrire.
- Assistenza nel determinare il momento in cui dovrebbero essere offerti i titoli, il loro ammontare e il
prezzo di emissione.

Quando un’azienda colloca azioni sul mercato ai fini della quotazione, nel processo chiamato IPO (Initial
Public Offering, “offerta pubblica iniziale”), è molto più difficile determinare quale dovrebbe essere il
prezzo corretto --> i banchieri non vogliono fissare un prezzo troppo alto perché nella maggior parte degli
accordi di underwriting dovranno acquistare l’emissione al prezzo di offerta e poi cercare di rivenderla sul
mercato. Determinare invece il prezzo dei titoli emessi da società già quotate (SEO) è meno complicato.

Preparazione e deposito dei documenti

- Per quotarsi in borsa, un’impresa deve presentare domanda di ammissione alla società di gestione del
mercato (Borsa Italiana SpA, nel caso dell’Italia) e richiedere il nulla osta alla CONSOB. Inoltre, deve
allegare anche la bozza del prospetto informativo in cui sono descritti i termini dell’offerta.

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- Deve nominare una banca d’investimento come “sponsor”, che per almeno un anno dalla data di inizio
delle negoziazioni deve monitorare le operazioni di quotazione e agire da garante.
- CONSOB, compiuti gli accertamenti, concede il nulla osta per la pubblicazione del prospetto
informativo, cioè il principale documento messo a disposizione degli investitori.
- Anche per emettere obbligazioni, un’impresa deve prima darne comunicazione alla CONSOB, allegando
il prospetto.

Le banche di investimento aiutano a preparare la documentazione richiesta dalle autorità di controllo del
mercato. Per una società che vuole quotarsi in borsa serve presentare una domanda di ammissione alla
società di gestione del mercato e ricevere il nulla osta dalla CONSOB.

Underwriting

Una volta avvenuta la pubblicazione del prospetto, seguono tre fasi che hanno per oggetto il marketing
dell’emissione:

1. Il profilo dell’emittente viene presentato al mercato dei potenziali investitori (nel caso di investitori
istituzionali si organizzano appositi eventi detti roadshow). Questa fase è importante sia per
promuovere il collocamento e per ottenere informazioni utili alla configurazione della curva di
domanda e definire il prezzo.
2. Gli investitori forniscono manifestazioni di interesse sotto forma di quantità e prezzi a cui sono
disposti ad investire (procedura bookbuilding) --> si ricava la domanda.
3. La società emittente vende tutto il quantitativo di azioni e obbligazioni alla banca, al prezzo definito
tramite bookbuilding (operazione di underwriting), e quest’ultima fase si concluderà con la
distribuzione dell’emissione al pubblico di investitori.

La banca si assume un rischio notevole facendo da garante alla società: un modo per ridurre questo
rischio è la formazione di un sindacato di collocamento: un gruppo di banche si ripartiscono il compito
e il rischio dell’underwriting e della distribuzione dei titoli.

• Le banche di investimento pubblicizzano le offerte di titoli tramite avvisi di emissione, pubblicati


nei maggiori quotidiani finanziari. Negli Stati Uniti l’annuncio tradizionale è un grande riquadro,
denominato tombstone per la sua forma.

• Tanto più a lungo la banca aspetta per rivendere i titoli tanto maggiore sarà il rischio che un
cambiamento negativo dei prezzi causi perdite → una tecnica per accelerare il collocamento è
sollecitare le offerte di acquisto prima della data in cui è fissato l’underwriting

• Un’alternativa all’underwriting di un’offerta di titoli è il best effort agreement, mediante cui il


banchiere di investimento vende i titoli su base commissionale, senza garanzia per quanto riguarda
il prezzo che la società emittente riceverà. Vende i titoli al prezzo richiesto dal cliente, se non hanno
mercato l’offerta potrà essere annullata.

• Un metodo alternativo, mediante il quale i titoli vengono venduti a un numero limitato di


investitori anziché al pubblico in generale, è denominato collocamento privato. Tale metodo risulta
più comune nella vendita di obbligazioni che in quella di azioni.

In un’operazione di emissione e di collocamento che preveda la funzione di underwriting (cioè di


garanzia), la banca di investimento associa il proprio nome a quello dell’emittente, dà al mercato un
segnale sulla qualità dell’investimento.

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L’obiettivo dell’IPO è l’intero collocamento dell’emissione. Un’emissione interamente sottoscritta è
quella in cui i titoli sono stati tutti prenotati ancor prima della data di emissione. Un’emissione non
interamente sottoscritta non ha venduto tutti i titoli disponibili. L’emissione sovrasottoscritta
(oversuscribed), presenta più offerte di acquisto di quanti siano i titoli disponibili.

Se l’emissione è oversuscribed alla società sorge il dubbio che la banca di investimento abbia comprato
i suoi titoli ad un prezzo troppo basso rispetto all’effettiva domanda, se ciò accade molto
probabilmente non si rivolgerà più alla stessa banca in futuro. Se invece l’emissione non è interamente
sottoscritta, la banca d’investimento dovrà portare il prezzo per azione al di sotto di quello pagato dalla
stessa banca alla società --> la banca perderà ingenti somme di denaro.

Transazioni su società e rami aziendali

Le banche di investimento si occupano della vendita di aziende e delle divisioni aziendali. Il primo passo in
qualsiasi vendita di società sarà la determinazione del valore della società nel suo complesso da parte del
venditore. Questo valore, detratti i debiti, darà poi il valore del capitale azionario. Il banchiere vaglierà il
mercato e la concorrenza e tramite appositi modelli di valutazione stabilirà il valore dell’azienda.
Viene quindi preparato un memorandum confidenziale contenente le informazioni finanziarie dettagliate
necessarie ai futuri compratori per fare un’offerta. Il passo successivo è la redazione della lettera di intenti
da parte di un potenziale compratore, che segnala la volontà di proseguire con l’acquisto; dopodiché inizia
il cosiddetto periodo di due diligence, della durata di 20-40 gg, al termine del quale saranno definiti i
termini dell’accordo definitivo.

Fusioni e acquisizioni

In un’acquisizione, o takeover, una società rileva la proprietà di un’altra acquistandone le azioni. Di norma
questo processo è amichevole, ma quando l’azienda oggetto dell’acquisizione oppone resistenza si parla di
takeover ostile. I banchieri di investimento offrono i loro servizi sia alle aziende acquirenti sia a quelle
target (sebbene non durante una stessa trattativa). Le prime hanno bisogno di consulenza per individuare
società interessanti da acquisire, sollecitando gli azionisti delle stesse società a vendere le loro
partecipazioni (tender offer). Le seconde si avvalgono delle banche per proteggersi da takeover
indesiderati. Il mercato delle fusioni e delle acquisizioni richiede conoscenze e competenze molto
specializzate, in campo sia finanziario sia legale.

Broker e dealer

Operano nei mercati secondari.

- Broker: intermediari puri che fanno da agenti per conto degli investitori nell’acquisto o vendita di titoli
e percepiscono commissioni di negoziazione (negoziazione per conto terzi).
- Dealer: favoriscono gli scambi acquistando e vendendo i titoli a determinati prezzi (negoziazione per
conto proprio), tengono una giacenza di titoli in portafoglio e poi li rivendono guadagnandoci la
differenza (spread). Effettuano quindi attività più rischiose rispetto ai broker i quali non detengono
attività.
In Italia queste attività sono svolte dalle SIM e dalle banche.

Broker

Eseguono tre tipi di transazioni: ordini al meglio, ordini con limite di prezzo e vendite allo scoperto.

- ordine al meglio: acquisto e vendita di titoli al prezzo di mercato corrente. In questo tipo di titoli esiste
il rischio che il prezzo possa cambiare in modo notevole rispetto a quanto investito

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- ordine con limite di prezzo: si acquista specificando il prezzo massimo accettabile e in caso di vendita il
prezzo minimo. Una variante è il cosiddetto stop loss order che si riferisce però ad azioni già possedute
(si indica al broker di vendere le azioni quando raggiungono un determinato prezzo es. se non vogliamo
subire perdite eccessive fissiamo uno stop loss order in modo tale che qualora il prezzo scenda al di
sotto del livello stabilito, il broker venda le azioni immediatamente).
- vendita allo scoperto: richiede che un investitore prenda a prestito le azioni da un intermediario
mobiliare e le venda oggi, con la promessa di restituire le azioni acquistandole in futuro sul mercato.
Questa operazione, chiamata anche short selling, viene attuata quando ci si attende che il prezzo delle
azioni diminuisca in futuro.

es. Apple ha fatto uscire un modello di pc che l’investitore ritiene scadente e pensa che quando il mercato
se ne accorgerà il prezzo delle azioni Apple diminuirà. Allora l’investitore fa prendere a prestito 100 azioni
apple da un altro investitore per venderle al prezzo di mercato corrente. Ad un certo punto l’investitore,
non possedendo le azioni dovrà acquistarle al nuovo prezzo di mercato e restituirle (se effettivamente il
prezzo è diminuito otterrà un guadagno).

Gli ordini al meglio e quelli con limite di prezzo permettono di trarre vantaggio dagli aumenti di prezzo
mentre le vendite allo scoperto sfruttano le diminuzioni di prezzo.

Altri servizi

- margini di credito: prestiti concessi per aiutare gli investitori ad acquistare titoli. La Fed ha fissato al
50% la percentuale del prezzo di acquisto delle azioni che gli intermediari possono prestare.
- CMA (cash management account): pacchetto di servizi finanziari tra cui carte di credito, prestiti,
assegni, investimenti automatici dei ricavi dalla vendita di titoli in un fondo comune (alcuni forniscono
anche servizi ATM e carte di debito).

Possiamo distinguere tra due tipologie di broker:


• I full-service broker sono società di brokeraggio che conducono transazioni per conto dei propri clienti
e forniscono ricerche/consulenza per gli investimenti
• I discount broker si limitano invece a eseguire gli ordini.

Le società di brokeraggio conservano i titoli e forniscono prestiti per acquistarli

Mini-caso: il book degli ordini con limite di prezzo

Il book degli ordini con limite di prezzo potrebbe essere simile al seguente:

Al momento non si ha alcuna transazione, perché non vi sono punti di incontro né prezzi comuni. Lo stock
specialist/la borsa riceve un nuovo ordine al meglio per l’acquisto di 200 azioni. Poi riceve un ordine con
limite di prezzo per la vendita di 300 azioni a 37,12. Infine, arriva un ordine con limite di prezzo per
acquistare 500 azioni a 36,88. Eseguiti gli ordini il book sarà simile al seguente:

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Dealer

Hanno posizioni in titoli da vendere ai clienti che intendono acquistare, e comprano dai clienti che
desiderano vendere. L’investitore vuole sapere se l’investimento è liquido, cioè se potrà essere venduto
rapidamente non appena se ne presenti la necessità.
I market maker (creatori di mercato): sono quelli che si preoccupano di creare un mercato per i titoli in
qualsiasi momento, assicurandosi che un investitore possa sempre vendere o acquistare un titolo.

Disciplina dei servizi di investimento

L’attuale disciplina delle imprese di investimento è contenta nel Testo Unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, TUF, che ha recepito le direttive comunitarie note come MiFID (Markets In
Financial Instruments Directive). I tre principali obiettivi delle MIFID sono:
• completare il processo di creazione di un mercato unico per i servizi di investimento
• rispondere ai cambiamenti e alle innovazioni presenti nei mercati azionari
• proteggere gli investitori rendendo il mercato più competitivo, più esteso e più forte nei confronti degli
abusi e delle frodi.

Servizi di investimento

Non esiste una classificazione, ma è richiesto l’utilizzo di un criterio funzionale. Sono imprese di
investimento i soggetti che svolgono uno o più dei servizi descritti:

- negoziazione per conto proprio (dealer)


- negoziazione per conto terzi (brokeraggio)
- sottoscrizione e/o collocamento: assunzione a fermo con o senza garanzia e sottoscrizione
- gestione di portafogli su base individuale
- ricezione e trasmissione di ordini
- consulenza in materia di investimenti
- gestione di sistemi multilaterali di negoziazione

Il TUF prevede anche una serie di altri servizi accessori: custodia e amministrazione di strumenti finanziari,
locazione di cassette di sicurezza, finanziamenti agli investitori, consulenza alle imprese, analisi e ricerca
finanziaria, organizzazione e costituzione di consorzi di garanzia e collocamento.

Market abuse

Le SIM sono disciplinate dal Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF),
che si riferisce più in generale alle imprese di investimento, ovvero dealer, broker, underwriter, seller,
gestori di patrimoni e consulenti.

La normativa italiana cerca di garantire il corretto funzionamento dei mercati, recependo le direttive
europee e attuando la regolamentazione applicativa di dettaglio. Nel 2005 l’ordinamento italiano ha
adottato la Market Abuse Directive, una normativa che intende combattere i cosiddetti “abusi del

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mercato” nei paesi europei, varando un approccio comune e limitando le attività che potrebbero ostacolare
lo sviluppo di un mercato equo, tra queste abbiamo:

- insider trading: un esponente della società (“insider”) compra o vende azioni in base a info riservate
ottenute all’interno dell’azienda
- improper disclosure: un esponente della società rivela preziose informazioni riservate, interne
all’azienda
- misuse of information: viene sfruttata un’informazione non disponibile al pubblico che potrebbe però
influenzare la decisione degli investitori
- manipulating transaction: vengono dati ordini di acquisto/vendita che forniscono la falsa impressione
di una forte domanda/offerta di uno o più titoli facendo salire/scendere in maniera eccessiva il loro
prezzo
- dissemination: sono divulgate informazioni che generano impressioni false o fuorvianti su un
investimento o un investitore
- distortion and misleading behaviour: sussiste un comportamento che alimenta un’impressione falsa o
fuorviante dell’offerta o della domanda di un investimento, distorcendo l’opinione del mercato

Società di venture capital

Forniscono fondi alle aziende che non sono ancora pronte a vendere i loro titoli nel mercato aperto (fasi di
sviluppo iniziale).
Il venture capital è definito come il denaro fornito alle aziende appena avviate ma che promettono grandi
sviluppi futuri. Negli USA si riferisce ad un’ampia tipologia di investimenti, lungo tutti gli stadi della vita di
un’impresa (tranne buyout), mentre in Europa riguarda prevalentemente le fasi di start-up e sviluppo
iniziale. Si differenzia dal private equity che comprende sia il buyout sia le fasi di crescita e consolidamento
di un’impresa.

I venture capital risolvono il problema dell’asimmetria informativa che spesso accompagna le nuove
imprese in tre modi:
- attenuano la mancanza di informazioni in modo che le imprese possano ricevere fondi, partecipando al
capitale proprio dell’azienda --> la partecipazione non è liquida essendo che le azioni non sono
disponibili al pubblico, quindi le prospettive del venture capital risultano a lungo termine
- i rappresentanti della società di venture capital trovano posto nel c.d.a della società e spesso fanno da
consulenti, assistenti e integrano aziende partecipate
- osservano l’operato del management ed erogano fondi a stadi e solo se si dimostrano progressi

CAPITOLO 14 – IL BILANCIO E ALCUNI PRINCIPI DI GESTIONE DELLE BANCHE

Aspetti generali

Il bilancio è l’insieme dei documenti che ogni azienda deve redigere per rappresentare la propria situazione
patrimoniale, finanziaria ed economica. È composto da:

• Stato patrimoniale → insieme delle attività (usi dei fondi) e delle passività (fonti di fondi per
l’esercizio delle funzioni bancarie) di una banca
• Conto economico → registrati costi e ricavi della gestione
• Prospetto della redditività complessiva
• Prospetto delle variazioni del patrimonio netto
• Rendiconto finanziario
• Nota integrativa
Le finalità del bilancio sono rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti, e costituire un sistema di
informazione economica, patrimoniale e finanziaria per tutte le classi di portatori di interesse nei confronti
della banca, cioè azionisti, manager, creditori, dipendenti, …

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La Banca d’Italia ha predisposto schemi e regole per la compilazione del bilancio che tengono in
considerazione le peculiarità dell’attività bancaria.

Passivo di bilancio

La raccolta di fondi rientra nelle passività. Ci sono diverse tipologie di operazioni, le principali:

1. Raccolta da clientela → è composta da depositi tempo (depositi a risparmio, conti di deposito,


certificati di deposito, operazioni PCT e obbligazioni bancarie; c’è stata una riduzione nel tempo) e
moneta (conto corrente passivo, è un’attività per il depositante ma una passività per la banca in
quanto il depositante può prelevare in qualsiasi momento). Negli USA i depositi a scadenza sono la
fonte primaria di provvista bancaria e si distinguono i depositi vincolati per importo inferiore a 100
mila dollari con un costo di provvista più alto per le banche, mentre quelli con grande importo sono
certificati di deposito (negoziabili come le obbligazioni)
2. Prestiti da banche, intermediari finanziari o banca centrale → le banche hanno bisogno di liquidità
che le rende dipendenti dal monopolio della BC nell’offerta di base monetaria. Le operazioni di
mercato aperto e le operazioni di rifinanziamento marginale immettono liquidità per le banche, poi
ve ne sono di più specifiche come i discount loan che vengono erogate al netto degli interessi.
Anche le operazioni di PCT rientrano in questa categoria
3. Capitale proprio → è equivalente alla differenza tra il totale delle attività e delle passività,
rientrano il capitale sociale, accantonamenti di utili e riserve. Rappresenta la grandezza di
riferimento di molte norme di vigilanza prudenziale; inoltre, costituisce la leva che permette di
acquisire maggiori gradi di libertà nelle scelte gestionali.

Attivo di bilancio

1. Riserve di liquidità → saldi disponibili e denaro in cassa (non frutta interessi). Le riserve della BC si
dividono in obbligatorie, costituite da una percentuale dei depositi bancari che la banca deve
tenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili (riserve secondarie), e riserve
liquide in eccesso o riserve liquide, cioè attività che possono essere utilizzate per impegni di
pagamento
2. Titoli → attività fruttifera, possono essere di Stato, di autorità locali e municipali, e altri.
3. Prestiti → passività per la persona che lo sottoscrive e attività per la banca. Hanno caratteristiche
di liquidità a seconda della finalità. Le categorie di prestito più rilevanti sono verso le imprese e dai
prestiti immobiliari

Meccanismi di funzionamento del bilancio

Le banche ottengono i propri profitti dalla vendita di passività caratterizzate da combinazioni diverse di
liquidità, rischio, dimensioni e rendimento, e impiegano il ricavato nell’acquisto di attività con
caratteristiche differenti, cioè trasformano le attività finanziarie in termini di tasso di interesse, rischio e
scadenza. L’apertura di un conto corrente fa registrare un aumento delle riserve della banca
corrispondente all’incremento nei depositi di conto corrente.

Quando un assegno tratto sul conto di una banca è depositato presso un’altra banca, a quest’ultima
vengono accreditate le riserve pari all’ammontare dell’assegno, mentre la banca su cui l’assegno è tratto
vede le riserve diminuire dello stesso importo, quindi quando una banca riceve un versamento ottiene un
uguale ammontare di riserve, mentre quando registra un prelevamento perde un uguale ammontare di
riserve.

Alcuni principi generali di gestione bancaria

1. Gestione della liquidità → la banca deve avere denaro contante per pagare i correntisti se si
verificassero deflussi nei depositi. Quando una banca possiede un livello elevato di riserve, in caso
di deflusso non deve necessariamente intervenire su altri elementi del proprio stato patrimoniale.

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Se la banca non avesse riserve di liquidità sufficienti, in caso di deflusso si potrebbe procurare
riserve prendendole a prestito da altre banche sul mercato dei fondi interbancari o tramite
accensione di prestiti nei confronti di altre banche, oppure potrebbe cedere parte del portafoglio
titoli così da sostenere i costi di intermediazione di transazione, altrimenti potrebbe prendere a
prestito dalla banca centrale il cui costo per il prestito richiesto corrisponde al tasso di sconto,
oppure come ultima opzione potrebbe diminuire il totale dei propri prestiti per l’ammontare
necessario e depositarlo alla BC. La riduzione dei prestiti è la tecnica più costosa da tutti i punti di
vista. Quando si verifica un deflusso nei depositi, la disponibilità di riserve consente alla banca di
evitare costi derivanti da:
• Prestiti da altre banche o società
• Vendita di titoli
• Prestiti dalla banca centrale
• Revoca o cessione di prestiti in essere
Le riserve rappresentano una garanzia contro i costi associati ai deflussi dei depositi, maggiori sono i costi,
maggiori saranno le riserve che le banche avranno interesse a costituire.

2. Gestione delle attività → si deve mantenere un livello di rischio contenuto, cioè adeguato al
capitale investito e all’attività svolta. Per massimizzare i profitti si devono trovare i rendimenti
migliori su prestiti e titoli, ridurre il rischio e provvedere ad accantonamenti adeguati dal punto di
vista della liquidità. Questi obiettivi vengono svolti dalle banche che:
• Cercano di trovare prenditori di fondi disposti a pagare tassi elevati con un rischio contenuto
• Cercano di acquistare titoli con rendimenti elevati e rischi ridotti, diversificando anche il portafogli
• Gestiscono la liquidità dell’attivo per soddisfare le disposizioni legislative riguardo le riserve
Non è saggio per una banca essere troppo conservativi.

3. Gestione delle passività → in precedenza si dava maggiore attenzione al controllo dell’attivo di


bilancio, ma con l’espansione dei mercati dei prestiti overnight e con lo sviluppo di nuovi strumenti
finanziari come i certificati di deposito si adottò un approccio diverso.
4. Gestione del capitale proprio → il capitale contribuisce a:
• impedire l’insolvenza: maggiore è il capitale, maggiore sarà il cuscinetto nel momento in cui si
facesse un investimento che porterebbe delle perdite
• influisce sul rendimento per gli azionisti: per sapere se la banca viene gestita correttamente gli
azionisti calcolano il ROA (utile netto/totale attivo) che indica la quantità di utile che viene
generata in media per ogni unità di attivo. Gli azionisti guardano anche l’indice ROE (utile
netto/capitale proprio) che è il rendimento che la banca riesce a generare a favore del capitale
proprio.
C’è una relazione diretta tra ROA e ROE ed è determinata dall’EM o Leverage (totale attivo/capitale
proprio). Si ha che ROE = ROA x EM.

Tenendo conto del rendimento sull’attivo (ROA), più ridotto è il capitale proprio, più è elevato il
rendimento per gli azionisti della banca (ROE).

Con un elevato capitale e quindi basso rendimento si può:

1. ridurre il capitale tramite riacquisto delle azioni in circolazione


2. diminuire il capitale tramite pagamento di maggiori dividendi agli azionisti abbassando la
quantità di utili non distribuiti
3. mantenere costante il capitale incrementando le attività della banca con acquisizione di
fondi per investirli in prestiti o acquisto di titoli

Per aumentare il capitale se si fosse a rischio di insolvenza:

1. aumentare il capitale proprio con emissione di azioni


2. incrementarlo riducendo il dividendo degli azionisti

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3. mantenere costante il capitale tramite riduzione delle attività della banca, togliendo prestiti
o vendendo titoli e diminuire quindi le passività

Trade-off tra stabilità e rendimento per gli azionisti

Il capitale rende più sicuro l’investimento riducendo le probabilità di fallimento ma presenta dei costi
poiché quanto più è elevato il capitale, minore è il rendimento. Il manager deve decidere quanti vantaggi
vuole e a che costi (detta terra terra).

Requisiti minimi di capitale

Le banche hanno un capitale proprio anche perché è obbligatorio per norma. (che paragrafo di merda)

Attività fuori bilancio

Includono la negoziazione di strumenti finanziari derivati, operazioni che generano reddito da commissioni,
o operazioni collegate alla cessione di prestiti, basta che non si trovino nello stato patrimoniale.

• Cessione di prestiti → è cresciuta molto l’importanza dei ricavi prodotti dalle operazioni di cessione
di prestiti nell’ambito della cartolarizzazione (securization). È previsto un contratto di vendita del
flusso di cassa derivante da un prestito, eliminandolo dallo stato patrimoniale della banca.
La cartolarizzazione (securization) è una tecnica di finanziamento che prevede lo smobilizzo di strumenti
poco liquidi a fronte di emissione di titoli negoziabili sul mercato. La struttura è abbastanza complessa:

1. Selezione di un portafoglio di attività per produrre flussi di cassa periodici come mutui o
prestiti al consumo
2. Cessione del portafoglio dal titolare originario a una società
3. Emissione da parte della società di titoli con sottostante i mutui acquisti o prestiti di varia
natura acquisti e collocamento sul mercato
• Ricavi da commissioni derivanti da attività fuori bilancio → i ricavi sono percepiti dalle banche a
fronte dell’offerta di servizi specializzati come la garanzia su obbligazioni del cliente che presenta
due tecniche, cioè l’avallo (garanzia della banca a obbligazioni assunte dal cliente nei confronti di
terzi) e la fideiussione (garanzia personale dove la banca si obbliga nei confronti del creditore a
soddisfare l’obbligazione assunta da altri). Un altro tipo di ricavo si può ottenere è l’offerta di
backup credit line la cui operazione più importante è rappresentata dal loan commitment, che
prevede, in cambio di una commissione, che la banca fornisca un prestito su richiesta del cliente
• Attività di trading su derivati e tecniche di gestione dei rischi → le attività di trading sono
pericolose perché mettono a rischio grandi quantità di denaro in modo rapido e disinvolto. Si
potrebbe creare il problema principal – agent. L’agent (trader) è incentivato ad assumere rischi
eccessivi e se il suo operato causasse gravi perdite l’istituzione finanziaria dovrà comunque coprirle.
Per limitare questi problemi i manager devono impostare controlli interni come la separazione tra il
personale delle attività di trading e quelli che si occupano di contabilizzazione e si devono
prevedere limiti massimi per l’ammontare e l’esposizione in termini di rischio per la banca.
Ci sono due approcci per analizzare e valutare i rischi:
o VAR → si sviluppa un modello statistico tramite cui si stabilisce la perdita massima che il
portafogli può sostenere in certo arco temporale
o Stress testing → vengono esaminate le perdite che potrebbe sostenere la banca se si
verificassero combinazioni di eventi negativi

Come misurare le performance della banca

Si analizza il conto economico:

1. Reddito operativo → generato con l’attività corrente della banca e proviene dagli interessi
maturati sulle attività finanziarie (prestiti)
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2. Costi operativi → legati alla gestione caratteristica della banca, una componente dei costi è
rappresentato dagli interessi corrisposti a fronte di passività. Gli interessi passivi variano in base al
tasso corrente al pari di quelli attivi. Altri costi possono essere rappresentati dagli stipendi dei
dipendenti, affitti di immobili, acquisto di auto e apparecchiature, … e gli accantonamenti per
perdite sui prestiti
3. Redditività → reddito operativo – costi operativi = netto operativo, che viene monitorato da
manager, azionisti e organo di controllo della banca poiché indica lo stato di salute della banca

Conto economico delle banche italiane

In Italia il conto economico viene rielaborato in forma scalare per evidenziare risultati parziali che formano
l’utile netto. Il primo dei risultati parziali è il margine di interesse (somma fra interessi attivi, cioè ricavi, e
interessi passivi, cioè costi) in percentuale rappresenta una stima del rendimento dei fondi intermediati. Il
secondo risultato parziale è il margine di intermediazione (somma del margine di interessi e ricavi netti,
cioè attività non creditizie che generano guadagno dalle commissioni piuttosto che dagli interessi). A
seguito dei due risultati si osserva il risultato di gestione (margine di intermediazione – costi operativi) che
misura la performance della gestione ordinaria.

Un altro indicatore è il cost-income ratio che è il rapporto tra costi operativi (cost) e margine di
intermediazione (income) date le risorse disponibili.

Misure delle performance bancarie

Un’unita di misura fondamentale è il ROA che tiene conto delle dimensioni della banca, segnala come
vengono usate le attività per creare profitti aziendali. Gli azionisti tengono conto del ROE.

Un altro indicatore spesso monitorato è il NIM (margine di interesse netto): se l’indice NIM è alto la banca
sarà molto remunerativa e viceversa.

NIM = 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑝𝑖𝑡𝑖 − 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑝𝑎𝑔𝑎𝑡𝑖/(𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑚𝑒𝑑𝑖)

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