Nessun Nome Pirandello

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L.

Pirandello, Nessun nome, da Uno, nessuno e centomila (1925)

Nessun nome. Nessun ricordo oggi del nome di jeri; del nome d’oggi, domani. Se il nome è la
cosa; se un nome è in noi il concetto d’ogni cosa posta fuori di noi; e senza nome non si ha il
concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e non definita ; ebbene, questo che portai
tra gli uomini ciascuno lo incida, epigrafe funeraria, sulla fronte di quella immagine con cui gli
apparvi, e la lasci in pace e non ne parli più. Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un nome.
Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E
non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro trèmulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero,
nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.
L’ospizio sorge in campagna, in un luogo amenissimo. Io esco ogni mattina, all’alba, perché ora
voglio serbare lo spirito così, fresco d’alba, con tutte le cose come appena si scoprono, che
sanno ancora del crudo della notte, prima che il sole ne secchi il respiro umido e le abbagli. […]
E l’aria è nuova. E tutto, attimo per attimo, è com’è, che s’avviva per apparire. Volto subito gli
occhi per non vedere più nulla fermarsi nella sua apparenza e morire. Così soltanto io posso
vivere, ormai. Rinascere attimo per attimo. Impedire che il pensiero si metta in me di nuovo a
lavorare, e dentro mi rifaccia il vuoto delle vane costruzioni.
La città è lontana. Me ne giunge, a volte, nella calma del vespro, il suono delle campane. Ma ora
quelle campane le odo non più dentro di me, ma fuori, per sé sonare, che forse ne fremono di
gioia nella loro cavità ronzante, in un bel cielo azzurro pieno di sole caldo tra lo stridio delle
rondini o nel vento nuvoloso, pesanti e così alte sui campanili aerei. Pensare alla morte, pregare.
C’è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane. Io non l’ho più questo
bisogno; perché muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più
in me, ma in ogni cosa fuori.

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