Romagnoli, Il Manoscritto Del Seicento
Romagnoli, Il Manoscritto Del Seicento
Romagnoli, Il Manoscritto Del Seicento
I MATERIALI
Il manoscritto musicale seicentesco è cartaceo, come tutti gli altri libri del periodo.
Lo studio della carta ci fa comprendere diversi elementi. Può essere fatta risalire a
tipologie specifiche legate ad ambienti ben definiti, può essere classificata in base alla
presenza e alla qualità di filigrane e vergelle, si presenta aria per spessore e colore, e
anche dal punto di vista economico può rientrare, tra i ben di consumo più ricorrenti
o tra quelli di lusso. Dà quindi indicazioni sulla provenienza geografica e sulla
datazione dei manoscritti, sula destinazione. Le cartiere italiane generalmente erano
molto apprezzate e la carta italiana, filigranata, fine e leggermente ruvida, era
utilizzata volentieri per ogni genere di manoscritto Al momento siamo in grado di
operare distinzioni di carattere generale tra carte di diversa provenienza.
Mancano ancora strumenti di lavoro sulle filigrane ad esempio.
Gli inchiostri e i mezzi scrittori sono più o meno uniformi in tutta Europa e le penne
utilizzate erano penne flessibili di volatili e gli inchiostri avevano gradazioni diverse
dal bruno al nero, difficilmente in altri colori.
Interventi successivi alla stesura, correzioni e indicazioni per l'esecuzione o le riprese
possono anche essere inseriti a matita.
I FORMATI
I manoscritti possono avere formati diversi a seconda della destinazione dei manufatti
e dei repertori che accoglievano. Formati medio-grandi sono più adatti ad accogliere
partiture, quelli molto piccoli non vengono impiegati, data al scarsa garanzia di
leggibilità. Sono invece preferiti per la stampa dei libretti. Alcune abitudini si
radicavano su base territoriale: L'Italia sviluppa una predilezione per i formati
oblunghi soprattutto per la musica vocale, teatrale e da camera. L'in folio oblungo
diviene lo standard per le partiture operistiche, abitudine esportata anche a livello
europeo, con alcune eccezioni che preferisce l'in folio dritto e grande. Sempre
oblungo, tipico dell'epoca e dell'area italiana ' il formato carta d'ariette (100 x 200
mm); un formato piccolo che sarà abbandonato nel secolo successivo. Veniva
utilizzato per le ariette, cioè per gli estratti da opere o per le raccolte domestiche di
cantate e arie. Lo ritroviamo nelle grandi collezioni degli aristocratici appassionati di
musica. Negli ultimi anni del Seicento tuttavia anche la produzione cantantistica si
rivolge sempre più spesso a formati oblunghi ma più ampi. La scelta è condizionata
anche dagli organici: la cantata solistica si adatta alla carta d'ariette certamente
meglio delle cantate con strumenti, anche se ovviamente vi furono diverse eccezioni.
La musica strumentale, che principalmente circola in stampa, preferisce anche in
versione manoscritta il formato dritto, così come quella sacra. Si tramandano
principalmente in parti staccate.
LA FASCICOLATURA
I manoscritti musicali presentano una grande varietà di fascicolazione, dipendente
dalla funzione e dalla genesi dei volumi. Non è infrequente il caso dei libri composti
a posteriori da fascicoli nati indipendentemente, in cui è naturale non riscontrare
regolarità. Era nella norma per certe produzioni , come quello cantantistico, in cui la
produzione dei compositori avveniva per le singole occasioni su singoli fascicoli ce
in seguito, a volte post mortem, si raccoglievano in volume Libri di questo genere
risultano fortemente compositi, variabili a carta, filigrane , dimensioni dei fogli. In
alcuni casi possono essere in tutto o buona parte autografi, anche se privi di
attribuzione perché pensati per uso privato
Troviamo anche volumi compositi da ogni punto di vista, compreso quello
“concettuale”, che imporrebbe almeno un fil rouge alla miscellanea: capita di trovare
fogli sparsi seicenteschi rilegati decenni dopo assieme a fascicoli settecenteschi,
anche per far ordine in casa del possessore.
Anche manoscritti analogici più omogenei per contenuto e fattura presentano una
fascicolatura irregolare, che tende a rispettare la consistenza spaziale dei singoli
numeri copiati. Si tratta di un indicatore relativo al sistema di copiatura e produzione
del libro: compilando le antologie, che venivano copiate da diversi antigrafi, si
lavorava per numeri, magari in parallelo. Troviamo casi in cui è riscontrabile la
presenza di più an, sempre da professionisti, all'interno della stessa antologia. Se non
si può parlare di una coincidenza assoluta fascicolo= numero, non si procede però a
cavalo di due fascicoli se non rimanendo nello stesso numero; l'inizio di un numero
diverso coincide sempre con l'inizio di un nuovo fascicolo e se dal precedente avanza
spazio e si taglia la carta oppure si lascia vuota.
I manoscritti d'opera potevano pure essere organizzati a “numeri chiusi”. Questo è un
aspetto molto più valutabile per la produzione dopo il Settecento Il periodo
precedente ha molte più copie fatte a scopo di lettura o archivistico piuttosto che
materiali prodotti da compositori in vista dell'esecuzione. Anche nel Seicento la
stesura della partitura operistica avviene per numeri chiusi corrispondenti a fascicoli
o gruppi di fascicoli, non per fora omogenei, che circolavano anche separatamente
prima della conclusione del lavoro, per permettere una diffusione più rapida che
dovevano aver accesso alla musica prima dell'inizio delle prove vere e proprie. Vi
sono di tue tipi di manoscritti, partiture e parti staccate, in questo periodo. Le parti
staccate possono essere a corredo delle prime oppure testimoni autonomi a sé stanti.
Mentre la partiture possono presentarsi sotto forma di veri e propri volumi (libri), le
parti staccate sono sempre fascicoli indipendenti, quando anche fossero rilegati. E'
quid un materiale fortemente eterogeneo Rispetto al periodo precedente scompare
l'abitudine di notare le single voci separatamente ma sulla stessa pagina, salvo casi
come i libri corali.
Le partiture assumono generalmente l'aspetto moderno. Vi è però una particolarità, la
partitura a libro aperto, in uso soprattutto nel repertorio per strumento da tasto a
scopo di studio e occasionalmente nei manoscritti operistici o simili.
LE LEGATURE
La qualità della legatura è un indicatore prezioso per lo studio del manoscritto
musicale seicentesco. Se prevale la funzione d'uso del materiale , questa è assente o
poco impegnativa; negli esemplari da collezione è invece un elemento curato che
contribuisce a dare un'uniformità estetica ricercata dai committenti Nel Seicento si
usano la pelle, la pergamena o la carta per le rilegature, variamente decorate e
corredate anche da legacci per mantenere chiuso il libro. Anche il taglio dei volumi
può essere decorato per impreziosirlo ulteriormente.
IL PROCESSO PRODUTTIVO
Non esiste letteratura specifica per il processo produttivo del manoscritto musicale,
essa avveniva con diverse modalità. In questo secolo vi fu un incremento della
produzione privata ad uso proprio. I compositori possono ora produrre i propri
manoscritti, in forma di stesura private come in bella copia per l'esecuzione o per
cavarne parti staccate o ulteriori copie. Le copisterie professionali continuavano ad
operare. I committenti stessi si affidavano alle stesse botteghe; in qualche caso le
copisterie lavoravano a stretto contatto con i teatri; anche lo sfruttamento dei diritti
sulle partiture prodotte . Faucalt in questo periodo ad esempio vendeva copie a
stampa ma anche manoscritte delle opere di Lully. I copisti però potevano essere
attivi anche tra i privati. Essi provvedevano alle immediate necessità dei committenti,
che in genere erano quelle di approntare rapidamente le copie per poter eseguire i
pezzi di musica appena composti dai loro maestri o portati con so da musicisti di
passaggio. Anche le cappelle ecclesiastiche in genere producevano il materiale in
proprio: potevano servirsi di copisti ad hoc o musicisti maestri di cappella.
Il Seicento quindi , ma anche i secoli successivi, ha quindi differenti processi
produttivi Si può realizzare perpetuando il sistema professionale dei secoli
precedenti, o per circuiti totalmente privati, o seguendo un percorso misto, in cui ad
esempio la fase di rilegatura, a volte molto posteriore rispetto alla creazione del
manufatto, era affidata a una bottega professionale ma coronava un iter per nulla
finalizzato, originariamente, alla produzione di un libro.