Metodo Di Basso Continuo, Completo PDF

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L.Bourmayan e J.

Frisch

Metodo

per apprendere la pratica del

Basso Continuo
al Clavicembalo

(versione italiana a cura di Francesco Baroni)


Parma, Ottobre 2001
2

Tavola delle Materie

Introduzione p. 3

Preliminari
1. I gradi della scala p. 5
2. Gli intervalli p. 6
3. Gli accordi p. 7
4. Il moto delle voci p. 8

Prima Parte: Quinte e Seste


1. L’accordo perfetto e le regole del basso continuo p. 10
2. L’accordo di sesta p. 17
3. Due cadenze d’uso comune p. 23
4. La piccola sesta e la falsa quinta p. 28
5. L’accordo di quinta e sesta o grande sesta p. 35
6. Il ritardo della sesta p. 38
7. L’accordo di quarta e sesta o quarta consonante p. 43
8. Osservazioni sulla notazione cifrata p. 47

Seconda Parte: Settime e None


1. L’accordo di settima p. 50
2. Ancora sulle settime p. 56
3. La seconda e il tritono p. 61
4. Piccole seste p. 67
5. La regola dell’ottava p. 71
6. L’accordo di nona p. 72

Terza Parte: Accordi straordinari


1. L’accordo di settima diminuita p. 79
2. I rivolti della settima diminuita p. 82
3. Gli accordi di settima superflua p. 87
4. L’accordo di quinta aumentata p. 91
5. Ritardi p. 95
6. Ritardi del basso e accordi sulle note di passaggio p. 100
7. Numerica dei monodisti italiani p. 104

Quarta Parte: Accompagnamento


1. Funzioni e regole dell’accompagnamento p. 105
2. Numero delle voci p. 106
3. Note di passaggio e movimenti melodici p. 107
4. Abbellimenti e arpeggi p. 111
5. Qualche osservazione per finire p. 113

Piccola Bibliografia p. 114


3

Introduzione
Questo metodo pratico di b.c. è destinato a coloro che desiderano accompagnare la musica
dei secoli XVII e XVIII così come dovrebbe essere e cioè realizzando da soli il basso numerato. Il
principale ostacolo da vincere è la lettura della numerazione, e l’acquisizione del meccanismo della
realizzazione. In altre parole, per ben accompagnare, è necessario:
- leggere e suonare il basso a tempo
- leggere i numeri e realizzare gli accordi indicati concatenandoli correttamente gli uni agli
altri
- realizzare nello stile appropriato
In questo metodo, diamo il primo punto come già acquisito e ci occuperemo assai poco del
terzo. Migliori maestri di noi (tanto antichi che moderni) hanno trattato di questioni di stile, e la
piccola bibliografia alla fine del libro è sufficiente ad indicarvi le principali opere su questo
soggetto. Il proposito di questo libro è essenzialmente il 2° punto: il meccanismo del passaggio dai
numeri agli accordi corrispondenti sulla tastiera.
Per acquisirlo non si renderanno necessari troppi sforzi. Anzitutto, il numero degli accordi da
imparare è molto limitato: poco più di una ventina. Poi, nell’epoca che a noi interessa, il b.c. è fatto
essenzialmente di formule convenzionali messe di seguito, il cui numero non è infinito, e alle quali
non è troppo difficile abituarsi appena si avrà qualche familiarità con questa musica. Si può
paragonare questo a una lingua dove la sintassi sarà rigida e il vocabolario ristretto.
Saremo più precisi. Consideriamo un accordo, per es. una nona. Se si percorre la musica
dell’epoca, ci si accorge che non si troverà che pochi modi di usare questo accordo di nona.
Sicuramente, ci sono casi eccezionali, ma si può rimandare lo studio a più tardi. Così, dopo che vi
sarete familiarizzati con l’accordo di nona in qualche caso tipico, sarete pressoché certi di non
inciampare su questo accordo decifrando un accompagnamento.
E’ a partire da questa osservazione che è stato costruito questo nostro metodo. I diversi accordi
sono divisi in 3 gruppi: i più semplici nella prima parte, le settime e le none nella seconda, e gli
accordi “straordinari” nella terza. Ad ogni nuovo accordo è dedicato un intero capitolo, contenente
abbastanza esercizi per abituarsi bene (è per questo che abbiamo voluto che questo libro fosse così
grosso). Per ogni accordo, abbiamo preso dalla letteratura musicale dell’epoca le situazioni dove si
presenta, o più precisamente: prima che arrivi un altro accordo, e poi da quale movimento del basso
(se ci si incaglia su un accordo, è perché non lo si è concatenato al precedente!). Con i
concatenamenti più usati, abbiamo costituito delle frasi di basso, spesso molto corte, e, per
facilitarvi, abbiamo trasportato queste frasi nelle tonalità più correnti, senza pretendere che lo
sappiate fare da soli, salvo che per le scale e cadenze più banali. Ogni esercizio è fatto in questo
modo. Alla fine di ciascun capitolo abbiamo messo anche qualche vero basso, tratto da brani di
diversi autori, e contenente i nuovi accordi assieme a quelli che si sono studiati precedentemente.
Pensiamo che seguendo questo metodo sarete in grado in qualche modo di realizzare
correttamente il basso di qualsiasi brano non troppo difficile.
Confessiamo, per terminare questa introduzione, che il metodo che segue non è una novità: nel
XVIII sec., J.F.Dandrieu ha pubblicato un metodo d’accompagnamento fondato su questi principi, e
che consiste in 21 “tavole”, ciascuna composta da una frase musicale (una per tipo di accordo) in
Do maggiore, trasportato di seguito nei toni vicini. Abbiamo noi stessi molto utilizzato quest’opera,
così come altre dell’epoca, senza citare gli autori (D’Anglebert, Saint-Lambert, Corrette,
Ph.E.Bach, Mattheson, ecc.), ma senza mai disconoscere ciò che dobbiamo loro.
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Come utilizzare questo metodo


Non abbiate fretta. Prendete un tempo comodo. Acquisterete velocità insensibilmente, tanto
che non ve ne dovrete preoccupare. Occupatevi piuttosto di rimanere rilassati.
Lasciate le vostre mani sulla tastiera e le vostre dita sui tasti: un dito sollevato non sa più
dov’è, e infatti non fa più nessuna parte. In particolare, lasciate ogni accordo abbassato fin tanto che
non sapete esattamente, o state per fare, il seguente, in modo che le vostre mani sappiano sempre
dove si trovino prima d’andare altrove: è con il senso del tatto che dovete cercare sulla tastiera.
Quale che sia la tentazione, non guardate mai le vostre mani.
Se vi incaglierete su un accordo N (è ciò che succederà spesso!) è perché non l’avete mai
concatenato all’accordo M precedente. Rifate qualche volta il concatenamento M-N, lentamente,
cercando la posizione delle vostre mani sulla tastiera, e soprattutto ascoltando il concatenamento M-
N. Riprendete allora la frase dall’inizio, e vedrete che non vi incaglierete più sull’accordo N.
Quando cominciate un nuovo esercizio, non preoccupatevi di rispettare la misura. Prendete,
dopo ogni accordo, il tempo necessario per trovare il seguente, e per ben ascoltare il
concatenamento dei 2 accordi. Riprendete più volte la frase, senza misura, e provate i
concatenamenti difficili. Riprovate, suonando lentamente, ma a tempo. Poi passate alla frase
seguente. Non abbandonate mai un esercizio prima di essere in grado di suonarlo a tempo (ma senza
fretta).
Ogni esercizio è formato da una frase in una tonalità semplice (generalmente Do maggiore o
La minore), trasportate di seguito 3 o 4 volte. Se avete sbagliato un trasporto risuonate 2 o 3 volte la
precedente, poi ritornate a quella che vi contrariava: essa non vi resisterà più senza dubbio.
Se l’orecchio ha il ruolo essenziale, il linguaggio lo è altrettanto: sarete più veloci se
prenderete l’abitudine di pronunciare ad alta voce i nomi delle note degli accordi che suonate. Non
importa quale nota del basso, unita a non importa quale cifra, dovete essere capaci di enunciare
immediatamente, senza nemmeno aver bisogno di riflettere, le note dell’accordo corrispondente. Per

esempio, bisogna che il segno crei nella vostra mente il riflesso Si-Re-Fa-La.

In modo che possiate realizzare facilmente l’accordo sulla tastiera. Così, in ogni capitolo, quando
incontrate un nuovo accordo, enunciate le note che suonate ogni volta che incontrate questo nuovo
accordo, almeno nei primi esercizi del capitolo.
Se un esercizio vi viene male, sorpassatelo, e ritornatevi quando sarete qualche pagina
lontano, vi sembrerà più facile. Non è necessario fare tutti gli esercizi di un capitolo per cominciare
il seguente.
Alla fine di ciascun capitolo, ci sono 3 o 4 cadenze che contengono il nuovo accordo
studiato nel capitolo. Dovete imparare a memoria queste cadenze e trasportarle in tutti i toni. E’ un
modo molto efficace per imparare un nuovo accordo (soprattutto se si dicono i nomi delle note).
Passati i primi 2 esercizi del capitolo, potete studiare tutte di seguito le cadenze della fine; gli altri
esercizi del capitolo saranno più facili.
Ogni capitolo è corredato da “veri” bassi da realizzare, tratti da sonate, suites, arie, etc… di
diversi autori. Non è necessario aver visto tutti gli esercizi del capitolo per realizzare questi esempi.
Quando ne affrontate uno cominciate col realizzare contentandovi di mettere gli accordi indicati
senza commettere troppi errori, e di suonare a tempo. Li riprenderete in seguito cercando di rendere
la vostra realizzazione più interessante (abbellimenti, note di passaggio, arpeggi, etc.). Guardate alla
fine del libro per questo argomento, quando sarà ora.
Da quando avrete visto la settima e i suoi rivolti, potrete realizzare numerosi bassi semplici.
Così, da quel momento, provate ad accompagnare realmente strumenti solisti (non dovrete che
lasciar perdere gli accordi che non conoscete ancora, quando li incontrate).
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La prima qualità d’un accompagnatore è di suonare a tempo. Passato il primo contatto con i
nuovi accordi, pensate senza posa a suonare a tempo, liberi di non andare mai troppo veloci, o lo
stesso, quando realizzate, a mai suonare tutti gli accordi indicati. Non c’è cosa peggiore, per un
flautista o un cantante, che tirarsi dietro un accompagnatore ritardatario, dal ritmo molle e incerto.
E’ meglio suonare senza accompagnamento del tutto!
La realizzazione (che fornirete bene o male all’inizio) non ha che un ruolo secondario in un
brano di musica: essa non serve che a riempire l’intervallo tra basso e canto. In un
accompagnamento è il basso stesso la parte principale. Cominciate a ben ritmare e ben articolare il
basso sia dai più difficili esercizi che dalle più banali cadenze: è l’essenziale.

Preliminari
Il contenuto di questi preliminari consiste in principi probabilmente già conosciuti dal
lettore. Ne faremo dei brevi ricordi ai quali potrete riferirvi se ne avrete bisogno durante la lettura.

1. I gradi della scala.


1.1 Data una tonalità, ogni nota della scala porta un nome e un numero relativo a detta tonalità,
come ricorda la seguente tavola:

1.2 Nel modo maggiore, la scala contiene le stesse note sia salendo che discendendo. Ma non è
lo stesso per il modo minore: il sesto e il settimo grado non sono fissati, secondo l’usanza
antica.

In effetti, il gusto antico non ammette l’intervallo melodico di seconda aumentata, che si
trova tra il sesto e il settimo grado della scala minore. Per esempio, una melodia non
contiene mai delle seconde aumentate nella musica francese dei secoli XVII e XVIII, e voi
non ne dovrete mettere nelle vostre realizzazioni. (Ben inteso, se questo intervallo è vietato
orizzontalmente, è ammesso verticalmente: un accordo può contenere una seconda
aumentata).
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2. Gli intervalli.
2.1 Tavola degli intervalli compresi tra l’unisono e l’ottava (gli intervalli più grandi dell’ottava
si riconducono a quelli della tavola).

2.2. Gli intervalli si dividono in due categorie: i consonanti e i dissonanti. Vediamo come li ha
divisi M. de Saint-Lambert (1707)

Intervalli consonanti Intervalli dissonanti

Unisono e Ottava Seconda e Settima (di tutte le specie)

Terza e Sesta (maggiore e minore) Tutti gli intervalli aumentati o


diminuiti,
Quinta e Quarta giuste per es.: quinta diminuita, tritono, ecc.
(rifiutate prima di M. de Saint-Lambert)
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3. Gli accordi.

3.1 Un accordo si compone di:


- il basso (nota più grave dell’accordo)
- l’armonia (formata dalle altre note dell’accordo)
Nel basso continuo, il basso è scritto per esteso sulla parte, e per ogni accordo, l’armonia è
indicata sopra o sotto la parte con segni convenzionali (numeri e alterazioni).

3.2 Prendiamo un esempio. L’accordo di settima di dominante (che affronteremo nella seconda
parte di questo libro) si compone, oltre al basso, della sua terza maggiore, della sua quinta
giusta e della sua settima minore. L’esempio (a) mostra questo accordo sul basso Sol. La sua
armonia è quindi formata dalle note Si, Re e Fa. Ma quando si realizza questo accordo si
possono mettere ciascuna delle note dell’armonia all’ottava che si vuole: gli esempi (a’), (a’’)
e (a’’’) sono tutti accordi di settima di dominante sul basso Sol; le note della loro armonia
sono sempre Si, Re e Fa, e formano con il basso sempre gli stessi intervalli (a ottave
diverse). Si dice che (a), (a’), (a’’) e (a’’’) sono differenti posizioni dell’accordo di settima di
dominante su Sol. Nel basso continuo, si può realizzare ciascun accordo nella posizione che
si vuole, l’importante è rispettare le regole del concatenamento degli accordi che vedremo di
seguito. Là risiede la libertà dell’accompagnatore.

3.3 Consideriamo ora gli accordi (a), (b) e (c). Gli accordi (b) e (c) non sono della stessa natura
di (a), perché gli intervalli che costituiscono le loro armonie non sono gli stessi di (a).
Tuttavia, gli accordi (b) e (c) sono formati dalle stesse note di (a), ma il loro basso non è
quello di (a): esso è tratto dall’armonia di (a). Si dice che (b) e (c) sono dei rivolti di (a). Non
confondete dunque mai le posizioni di un accordo, e i rivolti di questo accordo, i quali sono
degli accordi differenti, ma, possiamo dire, della stessa famiglia.

3.4 Quando più accordi consecutivi sono rivolti gli uni degli altri, si dice che l’armonia non
cambia. Così, dall’esempio qui di seguito, l’armonia non cambia mai nei tre passaggi segnati
dalle legature:
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4. Il moto delle voci


4.1 Si dice che il movimento delle voci, o melodia, è in moto congiunto se l’intervallo che
separa due suoni consecutivi non supera la seconda (ricordiamo che la seconda aumentata è
vietata in una melodia nel gusto antico). Se l’intervallo di due suoni consecutivi è più grande
della seconda, quindi dalla terza in avanti, si dice che è in moto disgiunto.

Quando la melodia passa da una nota alla stessa nota alterata (per es. Do-Do# o Sib-Si), si
dice che si muove con un movimento cromatico.

4.2 Si dice che due voci sovrapposte si muovono in moto retto se entrambe salgono o scendono
insieme. Se in più l’intervallo fra le due voci non cambia, si dice che si muovono in moto
parallelo. Al contrario, si dice che si muovono in moto contrario se una sale e l’altra scende.
Si parla di moto obliquo quando una delle due resta ferma.

4.3 Quando una voce fa sentire una nota, e immediatamente dopo, un’altra voce fa sentire la
stessa nota alterata, si dice che è una falsa relazione.

Da evitare quando si accompagna (a meno che si trovi in certi bassi continui, scritta dal
compositore stesso).
4.4 Due voci sovrapposte non devono far sentire due quinte giuste consecutive, ne due ottave
consecutive:

Di queste quinte e di queste ottave non sono ammesse dal gusto dei secoli XVII e XVIII, che
ha eretto questa prescrizione come regola fondamentale dell’armonia.
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4.5 Lo stesso il gusto dell’epoca non autorizzava volentieri due voci sovrapposte che procedono
per moto retto (nascoste) ad un intervallo di quinta giusta o d’ottava, salvo eccezioni, come
le seguenti principali (nel tono di Do maggiore):

4.6 Quando si hanno più di due voci sovrapposte, si devono evitare i movimenti di quinta e
d’ottava paralleli fra tutte le parti. Quanto alle quinte ed ottave nascoste, è fra il basso e il
soprano che si devono evitare: fra le due voci intermedie, o fra una voce interna e il basso, si
ammettono più volentieri le quinte e le ottave nascoste.
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PRIMA PARTE - Quinte e Seste

1.L’accordo perfetto e le regole del basso continuo.

1.1 L’accordo di quinta, o accordo perfetto, contiene oltre al basso, la sua terza e la sua quinta
giusta. A seconda che la terza sia maggiore o minore, l’accordo perfetto sarà maggiore o
minore. Ecco diverse posizioni dell’accordo perfetto maggiore sul Do. Subito a quattro voci
poi più pieno.

In generale, l’accordo perfetto non è cifrato. Potrebbe esserlo però con un 3 o con un 5 o un
8, oppure di 53 o 83; comunque può accadere che lo si segni per designare uno o l’altro degli
intervalli che lo compongono.
1.2 Applicate gli accordi perfetti seguenti, a quattro voci, nelle loro differenti posizioni, sul
modello qui sopra. Di seguito, riempiteli maggiormente arpeggiando. Lasciate un piccolo
silenzio quando cambiate accordo, per non urtare l’orecchio con il cambiamento brutale di
tonalità. Farete bene di dire ad alta voce le note che suonate. Non guardate mai la tastiera.

1.3 Ecco come si cifra un accordo perfetto quando ha delle alterazioni: Se la quinta ha bisogno
di un # o b, si cifra #5 o 5#, b5 o 5b, se è la terza, si mette solamente # o b. In una
numerazione, un # o un b da soli indicano sempre la terza. Attenzione, nella numerazione,
un’alterazione accidentale non ha valore che là dove si trova, e non per il resto della misura.

1.4 Suonate i modelli qui sotto che vi mostrano un concatenamento di accordi perfetti, il basso
procede per seconda, terza, quarta, etc. la realizzazione è a quattro voci; la mano sinistra
suona il basso e la destra prende le altre tre voci: tenore, alto e soprano. E’ così che dovete
realizzare gli esercizi, almeno all’istante. Ricordate che in questa realizzazione, la mano
destra si sposta pochissimo: quando due accordi hanno una nota in comune, questa nota è
ripetuta alla stessa altezza, dalla stessa voce. Ricordate anche che le voci superiori si
muovono in generale per movimento contrario a quello del basso. Provate ora a copiare
questo esempio, riproducendo le stesse posizioni, per fare l’esercizio qui sotto.
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1.5

Riprendete di seguito questo esercizio nelle altre due posizioni presentate qui sotto. Stesse
regole di prima: movimento minimo, movimento contrario.

Attenzione: l’armatura assegna le note indicate dalla numerazione come quelle che sono
segnate sul rigo. Se avete capito, continuate l’esercizio nelle tre posizioni che avete studiato.
12

Utilizzate quello che avete appreso per realizzare senza modelli il vostro primo basso cifrato.
Come sopra: economia di movimento, e movimento contrario.
1.6

1.7

1.8 Per realizzare correttamente un basso continuo, non è sufficiente suonare esattamente gli
accordi segnati dalla numerazione. Bisogna in più che i detti accordi si trovino concatenati
correttamente gli uni agli altri. Per questo, ci sono delle regole che i musicisti dell’epoca
seguivano senza mai trasgredirle, e che voi dovete sforzarvi di rispettare costantemente.

Prima regola: Economia di movimento.


Bisogna evitare di spostare le mani più del necessario: due accordi consecutivi dovranno
essere vicini l’uno all’altro il più possibile. In altri termini, ciascuna delle voci che
accompagnano devono avere il movimento più congiunto possibile. Se due accordi hanno
delle note in comune, bisogna farle intendere alla stessa altezza, e non ad intervallo d’ottava.
Questo si chiama legare l’armonia. Questa prima regola è facile da rispettare (a condizione
di conoscere gli accordi in tutte le loro posizioni): suonare è più semplice se la mano si
sposta meno.

Seconda regola: Movimento contrario.


Questa regola è il complemento naturale della prima: far muovere le voci piuttosto in
movimento contrario che in movimento retto aiuta a non spostare troppo la mano evitando
salti intempestivi. Inoltre, è questo movimento contrario che dona interesse alla
combinazione delle diverse parti.
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Ecco le due regole che dovrete avere costantemente in mente quando realizzerete un basso
continuo. E’ applicandole che vi riguarderete dai concatenamenti vietati menzionati nei
preliminari. Ricordiamole:
-Evitare le quinte giuste consecutive fra due voci, anche le quinte dirette, salvo le eccezioni
segnalate nei preliminari;
-Evitare le ottave consecutive fra due voci, anche le ottave dirette, salvo eccezioni (ibid.)
In generale, un errore di quinta salta alle orecchie (soprattutto fra le voci estreme), mentre
errori d’ottava disturbano sovente meno. E’ dunque più difficile evitare i secondi che i
primi. Così, agli inizi, non dategli troppa importanza. L’abitudine aiuta, le vostre orecchie si
eserciteranno e voi potrete allora essere più rigidi su questo punto. D’altronde,
l’accompagnamento, (soprattutto a prima vista) si può permettere certe licenze che la
composizione non autorizza. Per adesso dunque, preoccupatevi di applicare le due regole,
evitando gli errori seguenti.

1.9

1.10

Quando due note dello stesso nome si seguono al basso senza cambiamento d’armonia, non
si riscrive la cifra sulla seconda.
1.11
14

1.12

1.13

Negli esercizi seguenti, non bisogna suonare un accordo per ogni nota del basso, ma
solamente un accordo ogni tempo, oppure ancora meno, su ogni tempo forte della battuta. In
un basso continuo, non si mettono accordi sulle note di passaggio, e quelle note, non sono
affatto cifrate. Si mettono solamente sulle note importanti. Sta all’accompagnatore saper
distinguere quali di quelle. All’inizio dell’esercizio seguente, le piccole frecce indicano dove
bisogna mettere gli accordi.
15

1.14

L’esercizio seguente è un basso tratto da una toccata di Sweelinck. Cominciate suonando la


mano sinistra sola, per ben fraseggiarla. In una basso continuo, la mano destra non ha che un
ruolo secondario. Si sono messe delle piccole frecce là dove Sweelinck ha inserito degli
accordi, dove osserverete la regola ritmica: la mano destra si accontenta di mettere l’accordo
in battere.
1.15

Nell’esercizio seguente, un accordo per ogni tempo, salvo là dove ci sono dei tratti, durante i
quali si deve semplicemente tenere l’accordo precedente.
16

1.16

L’esercizio seguente è cromatico. Conservate tenute, senza ribatterle, le note comuni a due
accordi consecutivi.
1.17

1.18 Nella musica antica, le tonalità con quattro diesis o quattro bemolli si incontrano raramente,
e questo è un vantaggio, pressoché per tutto. Però, certe formule, e in particolare le cadenze,
ritornano così frequentemente in questa musica che è necessario renderle familiari in tutte le
posizioni e in tutti i toni, eccetto i meno abituali. Costringetevi dunque a questo esercizio un
po’ noioso, ma indispensabile. Imparate a memoria le cadenze seguenti, suonatele in tutti i
toni.
17
17

2.L’accordo di sesta

2.1 L’accordo di sesta si compone della terza e della sesta. La terza può essere maggiore o
minore, e così la sesta. Questo accordo si segna con 6; eccezionalmente troverete la doppia
cifra 63. Un’alterazione messa a fianco del 6 indica che bisogna alterare la sesta dell’accordo,
6#, #6, b6, 6 .
Una alterazione messa sotto al 6 ha effetto ben inteso sulla terza dell’accordo: 6 6 6
#, b, ♮.

Come per l’accordo perfetto si può raddoppiare in un accordo di sesta ciascuno dei tre suoni
che lo compongono. A quattro voci, si chiama sesta semplice un accordo di sesta dove il
basso è stato raddoppiato, e sesta doppia un accordo di sesta dove la sesta o la terza sono
raddoppiate. Questa distinzione sparisce superando le quattro voci (si raddoppia tutto), e
meno di quattro voci (non si raddoppia niente).

Esercitatevi suonando gli accordi seguenti a quattro voci, subito nella versione sesta
semplice, poi nella versione sesta doppia.

Avrete senza dubbio osservato che la sesta doppia suona più piena della sesta semplice. In
un accompagnamento, preferite dunque la sesta doppia quando bisogna mettere l’accordo in
battere, per esempio su un tempo forte, e riservate la sesta semplice, più piatta, ai tempi
deboli, dove non è di particolare interesse.
18

2.2

Una linea sotto una nota o sotto un gruppo di note serve a precisare che sono note di
passaggio, e che l’armonia precedente deve essere conservata di seguito. Si utilizza quando
ci possono essere dei dubbi: per note che sono evidentemente di passaggio, non ci si dà la
pena di metterla.
2.3

2.4
19

2.5 Suonate l’esempio seguente, imparatelo a memoria, poi trasportatelo in tutti i toni. Quando
affronterete una tonalità nuova, cominciate a suonare il basso, poi aggiungete l’armonia.

Questa formula molto corrente è utilizzata nell’esercizio seguente.


2.6

2.7 Lo sapete, bisogna in generale preferire i movimenti contrari ai movimenti paralleli. Però,
due voci parallele sono molto gradite quando si muovono per terze o seste, particolarmente
nelle scale. In un accompagnamento di questo genere, è spesso meglio passare a tre voci, o
solamente a due se il tempo è veloce (es. 1 e 2 qui sotto). Se volete suonare a quattro voci
una scala di seste, potete o alternare seste semplici a seste doppie (es. 4), o suonare seste
semplici a condizione di essere nella buona posizione (es. 5, il tenore fa da rinforzo del
basso, utile negli accompagnamenti orchestrali). Altrimenti, attenzione agli errori di quinta!

Non ci sono altre possibilità che queste. Provate un po’ per convincervene.
20

2.8

2.9

2.10
21

2.11

2.12 Suonate in tutte le tonalità le seguenti cadenze:

Bisogna evitare di spostare troppo la mano destra in un accompagnamento, ma ci si può


trovare nella necessità di farlo, o perché la mano destra sale pericolosamente in alto, o
perché le due mani si trovano troppo vicine una all’altra. (Con l’abitudine, imparerete a non
mettervi in queste situazioni troppo pericolose). Quando dovete spostare molto la mano
destra, fatelo preferibilmente:
- o dopo una cadenza, o all’inizio di una nuova frase,
- o nel corso di una frase, quando l’armonia rimane ferma.
23

3. Due cadenze d’uso comune

3.1

Suonando questi due esempi sul vostro clavicembalo, avrete riconosciuto in quello di destra
una delle maniere più abituali d’armonizzare la fine di una frase, cioè una cadenza.
Osservate ciò che distingue i due esempi. Nel primo, si è messo tutto di seguito sul basso Sol
l’accordo perfetto Sol-Si-Re. Nel secondo, la terza Si di questo accordo perfetto non viene di
seguito: la si ritarda ripetendo il Do che la precede.
Così, invece di suonare tutto di seguito la terza Si dell’accordo perfetto Sol-Si-Re, si suona
la quarta Do del basso Sol, prima della terza Si che ci si aspetta.
Questa figura molto tipica si chiama ritardo della terza dalla quarta, e si cifra 4 3 ( detto fra
parentesi, ecco un caso dove un accordo perfetto si cifra con 3, e non con 5 o niente del
tutto). Quando la terza è alterata, si cifra 4 # o 4b o 4 , secondo il bisogno. Se è la quinta,
per esempio.

Osservate le tre posizioni possibili del ritardo: al soprano, al tenore o al contralto in una
realizzazione a tre voci. Esercitatevi in queste tre posizioni.

3.2
24

3.3

Se dovrete assolutamente spostare la vostra mano destra nell’esercizio seguente, fatelo nella
seconda nera della battuta, cioè dove l’armonia non cambia.
3.4

3.5 Confrontate i due esempi seguenti. Nel secondo, non si concatena direttamente l’accordo
perfetto sulla dominante Sol con l’accordo perfetto sulla finale Do, ma si fa sentire fra le due
la settima Fa che arricchisce l’accordo Sol-Si-Re rendendolo dissonante, e che discende
irresistibilmente verso la terza Mi dell’accordo perfetto sulla finale Do. Questa figura si cifra
8 7 o 5 7, e sovente, si mette solo il 7, perché 8 e 5 indicano un accordo perfetto.
25

3.6

3.7

3.8

3.9 Le due figure 4-3 e 8-7 si combinano per formare la figura seguente e cifrata 4-7.

5 7
Troverete così per indicare la stessa figura delle numerazioni più complete come 4 3
oppure 84 73 , o ancora, se ci sono alterazioni, 4 7# oppure #54 #7# oppure 4 b7 oppure 4
# 7
secondo i bisogni.
26

Le quinte parallele che noterete in questi esempi non infrangono affatto le regole delle
quinte, che riguarda solamente le quinte giuste. Dopo una quinta, giusta o diminuita, potete
far seguire per moto retto una quinta diminuita (ma non una quinta giusta).

3.10

3.11
27

Per le note ribattute non si mettono linee o cifre finché l’armonia non cambia.
3.12

3.13 Suonate le seguenti cadenze in tutti i toni maggiori e minori, variando le posizioni:
28

4.La piccola sesta e la falsa quinta

4.1 Suonate gli esempi qui di seguito, e confrontate i due accordi di sesta sul Re (secondo grado
del tono di Do maggiore). Il primo non contiene che le note dell’accordo di sesta su Re,
avente per terza Fa e per sesta Si. Il secondo contiene in più la quarta Sol, e sicuramente,
suona in modo più ricco del primo. Si chiama piccola sesta o sesta maggiore questo accordo
composto dalla 6a maggiore e la 3a minore, accompagnati dalla 4a giusta.

Questo accordo si cifra 6 o #6 o x6 o +6 o 6x.


Troverete anche le cifre più complicate: 6 o 6 o #6
4 4 4
3 3 3

La notazione #6 può alle volte sorprendere: certi autori la impiegano sia quando la sesta non
ha bisogno d’alterazione, per evidenziare che la sesta è maggiore, e che l’accordo voluto è
una piccola sesta. La piccola sesta si trova sul secondo grado del tono (Re nel tono di Do).
La sesta si trova alle volte sul settimo grado (sensibile), è per questo che oggi si chiama 6a
sensibile l’accordo di piccola sesta. In generale, la sesta dell’accordo tende a salire verso la
tonica come la terza tende a scendere verso la mediante, come negli esercizi precedenti.

4.2 Esercitatevi in questo accordo nelle differenti posizioni, subito a 4 voci ad accordi secchi poi
riempiendo maggiormente e arpeggiando.
29

4.3

4.4
30

Attenzione: vedrete spesso la piccola sesta cifrata semplicemente 6, come un semplice


accordo di sesta. Sul secondo grado, dovete abituarvi ad aggiungere la quarta se volete far
ben suonare l’accordo.
4.5

Inversamente, al di fuori del secondo grado, una numerazione come 6, x6 o #6 indica


solamente che la sesta dovrà essere alterata, ma non significa un accordo di piccola sesta.
Fate attenzione nell’esercizio seguente. Se aggiungete una quarta impertinente, non
mancherete d’intendere quali sono le peggiori e vi correggerete.

4.6
31

4.7 Come sapete, l’accordo perfetto si compone della terza e della quinta giusta. L’accordo di
quinta falsa, si compone della terza minore, e della quinta diminuita (o falsa quinta),
accompagnato dalla sesta minore, che arricchisce l’accordo. E’ cifrato 5, b5, 5b e alle volte
anche .

Questo accordo si ritrova più sovente sul settimo grado, cioè sulla sensibile del tono (ad
esempio, in Do, sul Si al basso). Se ne vede la ragione: in una data tonalità, la quinta del
settimo grado è sempre una falsa quinta. In generale, la falsa quinta di questo accordo tende
a scendere, come negli esempi precedenti.

4.8 Esercitatevi nell’accordo di falsa quinta nelle differenti posizioni, subito a 4 voci, accordi
secchi, poi riempiendo maggiormente e arpeggiando.

4.9

4.10
32

4.11

4.12

Attenzione: quando accompagnerete, riscontrerete per l’accordo di quinta diminuita altre


numerazioni di 5 o 5b. Certi autori considerano questo accordo come una sesta più ricca, e
cifrano 65 o solamente 6. Altri, quando l’armatura lo permette, non precisano che la quinta è
diminuita e mettono semplicemente un 5 o niente del tutto. Sul settimo grado, bisogna
tuttavia che riconosciate l’accordo di falsa quinta, e che questa armonia vi venga
naturalmente sotto le dita. Provatelo negli esercizi seguenti:

4.13
33

4.14

4.15

4.16
34

4.17

Suonate subito questa scala di Do a tre voci, cioè senza tenere conto delle note segnate con
x, e trasportate in tutti i toni (provate a cominciare dai più vicini a Do maggiore). Poi,
ricominciate se volete a 4 voci, aggiungendo le note segnate con x.

Suonate così in tutti i toni e in tutte le posizioni, le seguenti cadenze.


35

5.L’accordo di quinta e sesta o grande sesta

5.1 Come indica il nome, l’accordo di quinta e sesta, o grande sesta, è una combinazione degli
accordi di quinta e sesta. Oltre al basso, si compone della terza, della quinta giusta e della
sesta. Si cifra 65 .

Ben inteso, ognuna delle 3 note (terza, quinta, sesta) che compone l’accordo può ricevere
un’alterazione, da cui le numerazioni come: 6 6 6
5 5 5b
b, #, e altre ancora.
Come già detto in precedenza, certi autori impiegano la numerazione 65, 6b5 o anche 65 per
segnare l’accordo di quinta diminuita, che differisce dalla grande sesta nel fatto che la sua
quinta è diminuita anziché giusta.

Questo accordo si trova sovente sul quarto grado, e la sua quinta tende a scendere come
mostrano gli esempi precedenti.
5.2 Esercitatevi in questo accordo, subito a 4 voci nelle tre posizioni, poi riempite maggiormente
e arpeggiando, questo nelle differenti tonalità, sul 4° grado.

5.3
36

5.4

5.5

Nell’esercizio seguente, le quinte diminuite e le piccole seste non sono precisate.


5.6
37

5.7

5.8

Suonate, imparatelo a memoria, poi trasportate in tutti i toni.

Idem; se volete, provate ad aggiungere una quarta voce.

Suonate, così in tutti i toni, e studiando le diverse posizioni possibili, le cadenze seguenti:

Ricordate che in tutti gli esempi che avete visto, la quinta degli accordi di grande sesta si
trova già nell’accordo precedente, alla stessa altezza e nella stessa voce. Avrete senza
dubbio fatto tutto naturalmente lo stesso realizzando gli esercizi di questo capitolo.
38

6.Il ritardo della sesta.

6.1 Come la figura 4 3 (ritardo della terza) consiste nel ritardare un po’ la terza di un accordo
perfetto toccando la nota subito sopra (la quarta), la figura 7 6 (ritardo della sesta) consiste
nel ritardare la sesta di un accordo di sesta facendo sentire la nota subito sopra, cioè la
settima. Non bisogna considerare 7 6 come un accordo di settima seguito da un accordo di
sesta, ma come un accordo di sesta dove la sesta si fa un po’ attendere.

Questi ritardi 7 6 sono più facili da realizzare a tre voci che a quattro. In realtà, sarete
spesso portati, nella pratica, ad accompagnare spesso a tre voci (talvolta anche a due)
quando dovrete suonare tutto dolcemente. Fate dunque gli esercizi qui di seguito a tre voci
solamente. Fate in modo che le vostre orecchie siano sempre un po’ più avanti delle vostre
mani, per riconoscere in tempo i ritardi 7 6, e fate in modo che il ritardo (nota indicata con la
cifra 7) si trovi già nell’accordo precedente (vedi esercizio di seguito).

6.2
39

6.3

Non dimenticate mai di preparare i ritardi 7 6, cioè di mettere la nota indicata dalla cifra 7
nell’accordo precedente, alla stessa altezza e nella stessa voce.

6.4

Nell’esercizio seguente, fate il moto contrario nelle prime due battute. Alle frecce potrete
cambiare posizione. Aggiungete una quarta voce la dove vi sarà utile.
6.5
40

6.6 Ora, che vi siete abituati al ritardo 7 6, a tre voci, vediamolo a quattro. Nell’esempio di
seguito, tre posizioni del ritardo della sesta semplice (accordo di sesta dove si raddoppia il
basso). Il ritardo si trova al soprano, poi al contralto, poi al tenore. I due ultimi esempi
riguardano la sesta doppia (si raddoppia sia la terza, sia la sesta dell’accordo). Nella pratica,
sono i più difficili, soprattutto l’ultimo. Così, esercitatevi soprattutto nei primi tre, più
semplici e più usati.

Ecco tre realizzazioni della stessa progressione di seste ritardate. A quattro voci, non si può
fare altro che raddoppiare o il basso, o la terza nel ritardo di 7 6.

6.7

Per i ritardi di sesta ascendenti dell’esercizio seguente, utilizzare questo modello (da C.Ph.E.
Bach)
41

6.8

6.9

6.10
42

6.11 Suonate il modello qui di seguito (è la posizione più difficile dei ritardi di sesta), imparatelo
a memoria, poi trasportate in tutti i toni.

Studiate ugualmente le seguenti cadenze in tutte le posizioni, e trasportate in tutti i toni.


43

7.L’accordo di quarta e sesta o quarta consonante

7.1 L’accordo di quarta e sesta, o quarta consonante, si compone della quarta e della sesta. In
generale, si raddoppia il basso. E’ cifrato 64 .

Gli accordi di quarta e sesta sono il secondo rivolto dell’accordo perfetto. Provate un po’ le
diverse posizioni dell’accordo a tre, quattro o più voci.

7.2
44

7.3

7.4

Nell’esercizio seguente, la figura 4 # 2 # non è che un abbellimento (puramente melodico)


sul ritardo 4 #.
7.5
45

Nell’esercizio seguente, troverete 6 per indicare #6. Lo stesso, si può incontrare 5 per
indicare #5.
7.6

Nell’esercizio seguente, le quinte diminuite non sono segnate con 5. Sta a voi riconoscerle.
7.7
46

7.8

7.9 Suonate in tutti i toni e in tutte le posizioni le seguenti cadenze.


47

8.Osservazioni sulla notazione cifrata

8.1 Varietà delle notazioni. Avrete senza dubbio notato, durante i vostri primi tentativi di
realizzazione, che la notazione cifrata non è sempre completamente precisa, e che per
indicare, su un basso dato, una certa armonia, non esiste un solo modo di cifrare.
Una considerazione, su queste diversità di notazione. Dopo che i musicisti hanno cominciato
ad utilizzare la notazione cifrata (in Italia, agli inizi del XVII° secolo) fino alla nostra epoca,
la notazione si è evidentemente evoluta, come si sono evolute tutte le notazioni nell’arco di
tre secoli. D’altra parte, le scuole musicali dei differenti paesi d’Europa hanno evoluto
questa notazione in differenti direzioni. Aggiungete a questo almeno fino al XVIII° secolo,
le idee sull’armonia non erano ne fissate ne universali. Ogni autore aveva i suoi, e adottava
il suo sistema personale di notazione cifrata. Insomma, dovrete ben accettare queste
diversità delle notazioni antiche (alle quali bisogna anche aggiungere le notazioni moderne,
che si trovano in certe edizioni odierne dove alle volte si crede di dover ringiovanire le
edizioni originali).

8.2 Note non numerate. Di norma, l’assenza della numerazione su una nota di basso indica
l’accordo perfetto. Ma ci sono due sorti di eccezioni. Una, non si cifrano le note di
passaggio, sulle quali si conserva l’armonia precedente e si evita spesso di mettere un tratto
sotto queste note. L’accompagnatore dovrà usare dunque il suo senso ritmico o armonico per
scoprire quali note deve passare senza cambiare l’armonia.
In secondo luogo, gli autori spesso cifrano i loro bassi più o meno incompleti: quando una
certa progressione del basso rende secondo loro, obbligatorio quella successione armonica,
non si danno la pena di cifrarlo. D’altronde, in origine la notazione cifrata è stata inventata
dagli organisti che l’utilizzavano in chiesa: notavano qualche cifra dove temevano di
sbagliare quando accompagnavano. Non si deve dunque leggere un basso cifrato nota per
nota, ma servirsi del contesto per mettere le armonie a proposito. Considerate per esempio il
basso qui di seguito. Sul Mi, mettereste un accordo perfetto (cambiando dunque l’armonia)
oppure un accordo di sesta (conservando dunque l’armonia e considerare il Mi come nota di
passaggio)?

La risposta dipende dal contesto, dal tempo, e anche dall’autore. In una canzona di
Frescobaldi, ci sarà probabilmente un accordo perfetto, mentre invece no in un’aria di
Rameau. Così, dovrete sempre leggere un basso cifrato in funzione del contesto.

8.3 Notazione relativa e notazione assoluta. Infine c’è un’altra causa d’ambiguità nella
notazione cifrata. Questa notazione risulta in effetti dall’unione di due sistemi differenti.
Di norma, si deve leggere la cifratura in maniera relativa: la cifra 6 sotto la nota Do indica
un accordo di sesta, dunque Mi e La; ma è l’armatura che indica se il Mi dovrà essere
naturale o bemolle, e se anche il La dovrà essere alterato: con due bemolli in chiave, il 6
sotto al Do indica Mi bemolle e La naturale. Così, questa notazione 6 è relativa, in ciò che il
suo significato dipende dall’armatura.
Ma esistono anche notazioni assolute, dove il significato non dipende del tutto. Per esempio,
la cifra 5 è assoluta: indica sempre un accordo di quinta diminuita, a seconda dell’armatura e
del contesto.
Così, per designare sul basso Si l’accordo formato dalle note Si-Fa-Sol-Re, un autore può
utilizzare la notazione assoluta 5: questa è un’armonia di quinta diminuita. Se l’armatura è
vuota, si può così mettere 5 o niente del tutto: che significherà “quinta”, quindi indicherà la
nota Fa; il Fa è naturale perché l’armatura è vuota, quindi questa quinta è una quinta
48

diminuita, dunque l’accompagnatore dovrà suonare un accordo di quinta diminuita sul Si: è
una notazione relativa. Ma l’autore può ancora cifrare il suo accordo con 65, a causa del Fa e
del Sol, o anche 6 se considera che il contesto indica il bisogno di accompagnare l’accordo
di sesta Si-Re-Sol con la quinta diminuita Fa. Potrà anche mettere la cifra sorprendente 5b
per indicare che considerando il 5 nel senso assoluto di quinta giusta (che qui richiederebbe
Fa#), induce a credere che le persone sensibili non metteranno un Fa b in questo caso.
La conclusione di tutto questo è che occorre abituarsi, con la pratica, a leggere in funzione
del contesto. L’assiduità all’accompagnamento lo disporrà molto velocemente, e vi
accorgerete che una volta trascorso l’iniziale apprendistato degli accordi, le armonie vi
verranno facilmente a mente e sotto le dita, perché, in un brano di musica, sono spesso le più
semplici e naturali.

8.4 Notazioni antiche delle alterazioni accidentali. Diremo per semplificare che la notazione
antica non usa il bequadro. Per alzare la nota di un semitono in rapporto all’armatura, si
metteva un diesis, e per abbassarla di un semitono, sempre in rapporto all’armatura, un
bemolle. L’alterazione vale solamente dove si trova, e non si mantiene per il resto della
battuta. Così, l’antico sistema di notazione degli accidenti è di natura relativa, è per questo
motivo che è così comodo per il trasporto.

Nel passaggio al moderno sistema, quello antico è rimasto a lungo per la numerazione,
quando il nuovo era già utilizzato per il rigo. Nella seconda parte di questo libro,
contrariamente alla prima, sarà adottata la notazione antica.
A poco a poco, (semplificando) il valore dell’accidente si è esteso, fino a tutta la battuta,
almeno in prossimità del posto in cui si trova (questo è assai impreciso). Si farà allora un
segno per indicare che un accidente precedente non ha più valore, e che farà ritornare alla
situazione “normale”, cioè quella dell’armatura di chiave. Si utilizza il bequadro per indicare
che l’alterazione precedente non ha più valore:

Si utilizza anche il # e il b per indicare che un’alterazione non ha più valore:

Per leggere questo genere di notazione, bisogna tener conto del contesto e utilizzare il
proprio senso della tonalità. E’ in questi casi che si esita…
Il sistema moderno da valore all’accidente per tutta la durata della battuta, a partire dal posto
in cui si trova. E’ una convenzione pratica. Ahimè, l’uso moderno (adottato da certi autori
del XVIII° secolo) da al bequadro un significato non relativo (sopprimere l’accidente e
ristabilire il potere dell’armatura) ma assoluto: una nota naturale, quale che sia l’armatura.
Ciò è spiacevole per le trasposizioni, anche se ha altri vantaggi.
Per la numerazione, la convenzione antica è rimasta: una alterazione alla numerica ha valore
solo dove si trova. Ma il bequadro mantiene, anche alla numerica, un valore assoluto (nota
indicata dal numero naturale, quale che sia l’armatura).
8.5 La numerica delle pause. Si incontra spesso, nei bassi numerati, dei numeri messi sulle
pause del basso. Per realizzare l’accordo indicato dal numero, bisogna prendere come basso
49

di riferimento o la nota del basso precedente la pausa, o quella che segue. In generale, il
contesto indica quale delle due bisogna scegliere.
C.Ph.Bach da la seguente regola: se la pausa è lunga, il numero si riferisce alla nota
precedente; se è corta, alla nota seguente. Questa non è una regola totalmente precisa: un po’
d’abitudine è indispensabile.
50

SECONDA PARTE - Settime e None

1.L’accordo di settima

1.1 L’accordo di settima si compone della terza, della quinta e della settima.
Si cifra con 7 7 7 7
3 5 5
3.
In questo accordo, la quinta non è necessaria. Quando si mette la terza e la settima, si dice
“piccola settima” al contrario della “grande settima” che è l’accordo completo. La
numerazione 75 impone sicuramente la grande settima, ma 7 o 73 non vuole necessariamente
dire piccola settima: sta all’accompagnatore il giudicarlo. Quando si realizza a tre voci si fa
volentieri la piccola settima; in altre parole, è la quinta che viene soppressa. Al contrario,
quando si vuole riempire l’accordo, si raddoppiano le note consonanti.

1.2 Suonate ogni accordo di settima riportati qui di seguito nelle prime quattro posizioni

dell’esempio (la grande settima, a 4 voci), lasciando una breve pausa quando cambiate
armonia; in seguito, riprendeteli riempiendoli (vedi gli ultimi esempi). Poi riprendeteli tutti
dalla posizione (a), poi (b), etc… Verrete infine alla piccola settima, subito a tre voci, poi a
quattro.

Ricordatevi che all’inizio vi aiuterà molto dire ad alta voce il nome delle note: bisogna che
la “settima sul Fa” evochi immediatamente per voi: “Fa, La, Do, Mi”, senza che abbiate
bisogno di pensare.
51

1.3

L’esercizio qui di seguito non è che una successione di cadenze che conoscete già, ma con,
in più, una settima sulla dominante.

1.4

Osservate che nelle cadenze, la dissonanza nata dalla settima è risolta (o, come si diceva
all’epoca, salvata) discendendo di un grado sulla terza dell’accordo perfetto. Quanto alla
terza dell’accordo di settima, che si trova ad essere la sensibile della tonalità, sale verso la
tonica.
52

1.5

Qui di seguito due realizzazioni di una formula molto frequente: una successione di settime
su un basso che procede per salti di quinta e di quarta. Osservate che la terza di un accordo
di settima diventa la settima dell’accordo seguente, tanto che la settima del primo scende
verso la terza del secondo. C’è un’alternanza di grandi e piccole settime (obbligatorie per
evitare gli errori di quinta).

Su questi modelli, fate gli esercizi seguenti a tre, poi a quattro voci.
1.6
53

1.7

Se riuscirete a suonare ben a tempo e senza difficoltà di accordi, ripetete gli esercizi
ispirandovi all’esempio qui di seguito per abbellire l’accompagnamento.
54

1.8

1.9 Suonate, imparate a memoria, poi trasportate in tutti i toni:

Idem per questo modello.


55

Suonate così le cadenze qui sotto in tutti i toni e tutte le posizioni.


56

2.Ancora sulle settime

2.1 Ci sono due tipi di settime. Da una parte la settima di dominante, composta dalla terza
maggiore, dalla quinta giusta e dalla settima minore. E’ quella che si incontra più spesso
nelle cadenze, sulla dominante (primo esempio)
Dall’altra parte, tutte le altre settime, chiamate settime di specie, che si distinguono secondo
la natura della loro terza, della loro quinta e della loro settima (esempio seguente).

Bisogna che abbiate benne nell’orecchio l’armonia della settima di dominante.

Trasportate la cadenza qui di seguito in tutti i toni e tutte le posizioni. Poi, suonate a caso
delle note basse sulla tastiera, e metteteci sopra l’armonia di settima di dominante.

2.2 Nei primi tre esempi qui sotto, la nota dissonante (in occorrenza, la settima) si trova già
nell’armonia precedente, alla stessa altezza e nella stessa voce. Si dice che la dissonanza è
preparata. Nei tre esempi successivi, la settima non è preparata, ma arriva per moto contrario
al basso. Ecco le regole che dovrete ricordare per le settime:
quando l’armonia precedente lo permette (è quasi sempre il caso nelle settime di specie),
dovrete preparare la settima.
In mancanza, dovrete far arrivare la settima per moto contrario del basso.
Nei casi urgenti, potrete attaccare una settima di dominante senza precauzioni particolari.
57

2.3 Infine, la settima è una dissonanza che bisogna salvare (o risolvere). La voce che la fa
sentire deve ritornare in consonanza con il basso. Nel caso di una settima, questo si fa
generalmente discendendo (come negli esempi precedenti), raramente rimanendo fermi sulla

nota (come in questo esempio) , mai salendo.

2.4

Cominciate a fare l’esercizio seguente a tre voci. Nella prima battuta, andate per moto
contrario.
2.5
58

Una fermata prolungata del basso su una nota (come nell’esercizio precedente) si chiama
Pedale o „point d’orgue“. Negli esercizi seguenti, alterazioni all’antica.

2.6

2.7

L’accordo di settima e quinta diminuita (terza minore, quinta diminuita e settima minore) è
una settima di specie che contiene due dissonanze: la settima, che risolve discendendo, e la
quinta diminuita, che si salva anch’essa discendendo, come sapete.

Ben inteso, bisogna preparare la settima, o farla arrivare per moto contrario; la quinta
diminuita, non esige invece alcuna speciale precauzione. L’accordo può essere numerato,
secondo i casi, 75 o 75b o 75
59

2.8

2.9

2.10
60

2.11

2.12

2.13 Suonate in tutti i toni che potete le seguenti cadenze:


61

3.La seconda e il tritono

3.1 L’accordo di tritono si compone della quarta aumentata (o tritono) accompagnata dalla
seconda e dalla sesta. Come mostra l’esempio qui di seguito, questo accordo è tutto naturale
sul quarto grado (per esempio, in Do, sul basso Fa). E’ la che si incontra più frequentemente,
in generale, il basso scende dal quarto verso il terzo grado, si salva quindi la dissonanza
causata dal tritono (che si trova sulla sensibile) salendo verso la tonica.

Il modo più usato di numerare questo accordo è d’indicare solamente la quarta aumentata,
cioè 4+, x4, 4, #4 o 4#.
Troverete anche delle numerazioni più complete come: 4+ #4 6 6
2 , 2, 4+ x4
2, 2.

L’importante è che nella numerazione sia segnalata la quarta aumentata. Ma ahimè, non è
sempre così. Incontrerete così anche la numerazione 6 6 4
4 4, 2
2,
se l’armatura di chiave fa si che la quarta si trovi ad essere aumentata (notazione relativa).
Ma, in questo caso, il 4 non sarà mai solo (altrimenti, si potrebbe confondere con l’accordo
di quarta del ritardo 4-3).

Nell’esercizio che segue, non dimenticate di salvare il tritono salendo.


62

3.2

3.3

3.4
63

3.5

3.6

3.7 L’accordo di seconda si compone della seconda, della quarta giusta e della sesta.
Si cifra: 6 4 2.
4 2
2
La sesta e la seconda potranno essere maggiori o minori, ma la quarta è giusta (è ciò che
distingue i diversi accordi di seconda dall’accordo di tritono). L’accordo di seconda si trova
più spesso sul primo grado, come nell’esempio seguente.

Negli accordi di seconda (e anche di tritono) si raddoppia volentieri la seconda quando si


vuole riempirlo. A questo riguardo, alla fine del capitolo seguente troverete qualche
spiegazione teorica sui rivolti degli accordi di settima.
64

3.8

3.9

3.10
65

3.11

3.12 Suonate, imparate a memoria, trasportate in tutti i toni maggiori.

3.13
66

3.14

3.15 Suonate in tutti i toni e in tutte le posizioni, le due cadenze seguenti.


67

4.Piccole seste

4.1 Conoscete già l’accordo di piccola sesta (b1) che, sul secondo grado dei toni maggiori e
minori, arricchisce l’accordo di sesta (b) accompagnandolo con la quarta. Come sapete,
questo accordo può essere numerato semplicemente 6 o 6 (la quarta è sottintesa, o ad
libitum). La sua numerazione completa è 6
4
3
Gli esempi (a1) e (c1) vi mostrano altri accordi di sesta arricchiti dalla quarta (giusta o
aumentata) che si ritrovano più di frequente sul sesto grado del tono, sia nel modo maggiore
(a1), sia nel modo minore (c1). Questi accordi, talvolta qualificati come delle piccole seste, si
compongono della terza, della quarta giusta o aumentata e della sesta, e si cifrano 6 6 4 4
4 4 3 3
3 3

Attenzione: un accordo segnato 4, 4# o 4+ non indica mai una piccola sesta (del tipo 6
4
3)

ma un accordo di tritono (del tipo 6


4
2).
Se lo farete coscientemente, potrete anche, sul sesto grado, realizzare una piccola sesta su un
accordo segnato semplicemente 6.

4.2
68

4.3

Negli esercizi seguenti, i 4 indicano sia le quarte giuste, sia i tritono, in relazione
all’armatura (notazione relativa).
4.4

4.5

4.6
69

4.7

4.8 L’esercizio precedente contiene tutti gli accordi che avete imparato in questa seconda parte,
e che sono tutti dei rivolti dei diversi accordi di settima. Eccone una tavola completa. Senza
essere sicuri di impararla, è bene prenderne coscienza; può aiutarvi a meglio afferrare le
successioni delle armonie negli accompagnamenti.

Settima 7 1° Rivolto 6 2° Rivolto 6 3° Rivolto 6


5 5 4 4
3 3 3 2
Settima di Falsa Piccola Tritono
dominante Quinta Sesta

Settima e Grande Piccola Seconda


Falsa quinta Sesta Sesta

Settima
Grande Piccola Seconda
Minore
Sesta Sesta

Settima Piccola
Grande
Maggiore Sesta Seconda
Sesta
70

4.9 Suonate in tutti i toni e in tutte le posizioni, le seguenti cadenze:

Nota sugli accordi di settima e loro rivolti.


Nel capitolo sugli accordi di settima, si è visto che in un certo accordo:
la settima deve essere preparata (salvo eccezioni) e risolta;
quando si vuole riempire l’accordo, si può raddoppiare le note consonanti (basso, terza,
quinta), ma mai le dissonanze (settima).
Nel primo rivolto 6
5
3
(grande sesta o quinta diminuita), è la quinta che sostituisce la dissonanza.
E’ questa dunque che deve essere preparata (salvo eccezioni) e risolta, e quando si vuole
riempire l’accordo, è questa che non bisogna raddoppiare.

Nel secondo rivolto 6


4
3
(il “piccolo accordo”) la dissonanza è nella terza. Bisogna quindi preparare e risolvere
questa terza, e non raddoppiarla.

Nel terzo rivolto 6


4
2
la dissonanza è al basso. Il compositore si è dunque preoccupato di prepararla e di risolverla.
Quanto all’interprete, deve pensare a non raddoppiare questo basso se vuole riempire un
accordo di seconda o di tritono.
71

5.La regola dell’ottava

Alla metà del XVIII° secolo, si chiamava regola dell’ottava la maniera considerata come naturale di
accompagnare la scala maggiore o minore, ascendendo e discendendo. Ecco uno scritto di Michel
Corrette tratto da Le Maitre de Clavecin (1753):
“Non bisogna passare troppo leggermente lo studio della regola dell’Ottava. E’ questa che vi
servirà di guida; in poche parole, è la Bussola dell’accompagnatore, che deve sempre sapere in
quale tono e su quale grado del tono si trova, e l’accordo che gli appartiene, senza che faccia
naufragio”.

Dovete impararla a memoria, in tutti i toni e in tutte le posizioni come qui di seguito
72

6.L’accordo di nona
6.1 L’accordo di nona si compone della terza, della quinta giusta e della nona. Si numera
abitualmente con 9.

Non confondete l’accordo di nona con quello di seconda (in quanto tra gli intervalli di nona
e di seconda non c’è che una differenza d’ottava). In un primo tempo, l’accordo di nona non
ha niente a che vedere con l’accordo di seconda; in seguito, nell’accordo di nona, sarà
impossibile mettere la nona a distanza di seconda dal basso.
Come la settima, la nona è un accordo dissonante dove la dissonanza (la nona)
dovrà essere condotta con precauzione, vale a dire:
prepararla se possibile (se la nota che costituisce la nona si trova già nell’accordo
precedente, la nona sarà suonata alla stessa altezza, e dalla stessa voce)
al contrario, conducete la nona per moto contrario al basso.
dovrà essere salvata discendendo.
Attenzione dunque agli accordi di nona: l’intervallo di nona è grande. Se le vostre due mani
sono troppo chiuse, non potrete preparare il vostro accordo di nona: bisogna leggere con un
po’ d’anticipo.
Come la settima (piccola settima), si può, volendo, sopprimere la quinta dell’accordo di
nona, lasciando solo la terza e la nona. Volendo, al contrario, riempire l’accordo, si
raddoppiano le note consonanti, e non la nona.

Il caso più semplice di nona è quello del ritardo 9 8 (simile a 7 6 e a 4 3), che bisogna
considerare come un accordo perfetto dove si ritarda l’ottava.
73

6.2

6.3

6.4
74

6.5

6.6

6.7

Nell’esercizio seguente, andate per moto contrario nel concatenamento 9 7 5, e utilizzate una
piccola settima.
75

6.8

Come abbiamo detto, quasi tutti gli autori segnano la nona con la cifra 9. C’è però
un’eccezione che bisogna assolutamente conoscere: François Couperin. Questo autore non
riconosce l’intervallo di nona e si rifiuta di utilizzare la cifra 9. Non utilizza meno
frequentemente l’accordo di nona, che segna con 3 5 5
2 2 3
2
(ma sicuramente, mai 2 solamente, che indicherebbe un accordo di seconda). Non bisogna
lasciarsi prendere da questa maniera eccezionale di numerare. Ecco, per esercitarvi, qualche
numerazione alla Couperin.
6.9
76

6.10

6.11 Suonate, imparate a memoria, trasportate in tutti i toni.

6.12 La grande nona, o accordo di nona e settima, è l’accordo che aggiunge al basso la sua terza,
la quinta, la settima e la nona. Tale accordo si cifra 97, o talvolta 9
7
5
La grande nona è molto ricca (cinque suoni), tanto che spesso si toglie la sua quinta per
alleggerirla (certo, non con la numerazione 9
7
5),
o anche la sua terza e la sua quinta, se si accompagna a tre voci, o quando non si vuole fare
troppo rumore.
77

Ben inteso, none e settime dovranno essere preparate, e salvate discendendo.

Il caso più frequente di utilizzazione della grande nona è il doppio ritardo 97- 86: nell’accordo
di sesta semplice, bisogna ritardare la sesta e l’ottava.
6.13

6.14

Nell’esercizio seguente, la grande nona è segnata 3 come fa Couperin, che utilizza anche i
7
2
numeri 7 2 7 7
2 7 2 5
3 3 5 2
.
78

6.15

6.16

6.17 Suonate in tutti i toni le seguenti cadenze


79

TERZA PARTE – Accordi straordinari


1. L’accordo di settima diminuita.

1.1 L’accordo di settima diminuita aggiunge al basso la sua terza minore, la quinta diminuita e
la settima diminuita. Si numera come gli altri accordi di settima, cioè 7 o 75, queste cifre
sono munite di alterazioni appropriate. Si utilizza così per segnare le notazioni assolute 7 o
7b (in certe notazioni tarde, il b indica che la settima è diminuita, senza tener conto
dell’armatura).

Questo accordo contiene due dissonanze: la quinta diminuita, che deve essere salvata
discendendo, e la settima diminuita che si salva sia discendendo (a , c), sia restando fermi
(b), sia ancora, eccezionalmente, per moto cromatico (d). In cambio, l’accordo di settima
diminuita non richiede alcuna preparazione.
Si trova più frequentemente sulla sensibile del tono.

1.2

1.3
80

1.4

1.5

1.6
81

1.7

1.8

1.9 Suonate in tutti i toni e in tutte le posizioni le seguenti cadenze:


82

2. I rivolti della settima diminuita.

2.1 Dopo la settima diminuita, ecco tutti insieme i suoi tre rivolti, che, su uno strumento a
temperamento equabile, suonano come la settima diminuita, ma che, certamente, ognuno ha
la sua funzione e sua propria notazione.

Settima diminuita I° Rivolto 2° Rivolto 3° Rivolto


Sesta maggiore Tritono Seconda
e Falsa quinta e Terza minore eccedente

In notazione assoluta, questi accordi si possono cifrare


7 o 7b 6 o 6# 4 o 4+ o 4# 2 o 2# o 2x
5 5b b b b

In notazione relativa, si mettono le alterazioni convenienti alla cifratura


7 o 7 o 7 6 o 6 4 o 6 4 o 6
5 5 5 5 3 4 2 4
3 3 3 2

Questi accordi si incontrano in minore, su


7° grado (sensibile) 2° grado 4° grado 6° grado

Questi quattro accordi sono dissonanti, e le loro dissonanze sono dovute a degli intervalli
aumentati (4 e 2 ) o diminuiti (5 o 7). Di norma generale, gli intervalli aumentati o diminuiti,
non hanno bisogno di preparazione. Così, ne la settima diminuita ne i suoi tre rivolti non
devono essere preparati.
Al contrario, queste dissonanze devono essere salvate: 7 o 5 discendendo, 2+ e 4+ salendo.
Gli esercizi che seguono non superano che il primo rivolto. Cominciate a studiare da soli, sul
secondo grado di qualche tonalità minore semplice, le diverse posizioni dell’accordo di sesta
maggiore e falsa quinta, poi passate agli esercizi.
83

2.2

2.3

2.4

Gli esercizi seguenti portano sui due primi rivolti dell’accordo di settima diminuita. Sul
quarto grado delle prime tonalità minori, cercate subito le diverse posizioni dell’accordo di
tritono e di terza minore.
2.5
84

2.6

2.7

2.8
85

2.9 Studiate infine, sul sesto grado delle principali tonalità minori, le diverse posizioni
dell’accordo di seconda eccedente, poi passate agli esercizi qui di seguito.

2.10

Suonate l’esercizio seguente lentamente, procedendo fin che è possibile per moto contrario,
e riempiendo i vostri accordi sempre di più, fino all’accordo di settima diminuita.
2.11
86

2.12

2.13 (Tralasciate l’esercizio seguente se vi sembra troppo difficile).

L’accordo di settima diminuita e suoi rivolti si riscontrano frequentemente nei passaggi


cromatici. Lavorate attentamente (e lentamente) l’esercizio qui di seguito, che riassume tutto
quello che bisogna sapere su questi accordi. Pensate a legare l’armonia.
2.14
87

3. Gli accordi di settima superflua.

3.1 L’accordo di settima superflua, si compone, altre al basso, della seconda, della quarta giusta
e della settima … maggiore, accompagnate sia dalla quinta giusta (accordo di settima
superflua propriamente detto), sia dalla sesta minore (accordo di settima superflua e sesta
minore).

Nel primo caso, si cifra #7 ox7 o 7; nel secondo, #7b6 o x7b6 o 7b6. Si tratta di notazioni
assolute: anche in Do maggiore, l’accordo di settima superflua su Do si cifra #7, benché il Si
di questo accordo sia naturale. Troverete anche, per ognuno di questi accordi, notazioni
relative come 7 7#
4 6
2 2.

Notate come il nome di questi accordi sia un po’ ingannevole: da una parte, la settima è
maggiore (non è un intervallo di settima aumentata), dall’altra, non sono accordi di settima
(un accordo di settima è del tipo 7
5
3

e non 7 7
5 6
4 4
2 2

A dispetto dell’apparenza, questi accordi molto dissonanti sono tuttavia di uso molto
semplice: si trovano sempre sulla tonica e, salvo rare eccezioni, si risolvono sull’accordo
perfetto, come negli esempi qui di seguito.
88

3.2 Suonate in tutti i toni e in tutte le posizioni, le cadenze seguenti.

3.3

3.4

3.5
89

3.6

3.7

3.8
90

Per disperarvi, un esercizio difficile, dove la settima superflua non risolve sull’accordo
perfetto (cadenza evitata).
3.9
91

4. L’accordo di quinta aumentata.

4.1 A dispetto del suo nome, l’accordo di quinta superflua è un accordo di nona, dove la quinta è
aumentata. Si compone quindi, quando è completo, della terza (maggiore), della quinta
aumentata, della settima (maggiore) e della nona. La numerazione assoluta è un 5 munito di
un segno di aumentazione, cioè 5+ o +5 o x5, 5x, #5, 5#.

Molto sovente, la numerazione è più completa: 7 9 9


#5 x5 7
5+
Essendo questo accordo molto ricco, lo si alleggerisce eliminando la sua terza, la sua settima
o la sua…nona. (se la numerazione non l’impone).
Per François Couperin mai 9, ma sicuramente: 2 3 3
7 7 #5
#5 2 7
#5 2

Si ritrova poco l’accordo di quinta superflua all’infuori del modo minore, sul terzo grado del
tono(mediante), o è utilizzato come ritardo della sesta, come negli esempi precedenti. In
questo caso, la quinta superflua sale verso la sesta, la settima scende , e la nona scende verso
l’ottava. Di queste tre dissonanze, le due ultime (7 e 9) devono essere preparate, ma non la
prima (#5), che è un intervallo aumentato. Questo ritardo x5-6 si trova spesso nella musica
francese, nelle parti di maggiore tensione del brano. In questo caso, è bene riempire
l’accordo di x5, e attenuare la sua risoluzione.

4.2
92

4.3

4.4

4.5 Osservazione. Le numerazioni 2+, 4+, 5+, 6, 7, 9 sono rigorosamente equivalenti alle
notazioni #2, #4, #5, #6, #7, #9 o x2, x4, x5, x6, x7, x9. Sta a voi sapere, in funzione del
contesto, se il segno d’alterazione ha un valore assoluto (indicante un intervallo aumentato),
o relativo (nota indicata dal numero e dall’armatura alzata di un semitono). Lo stesso per la
serie b2, b4, b5, b6, b7, b9. Troverete anche, in certe edizioni, 5 e 7 al posto di b5 e b7,
come notazioni relative.
93

4.6 L’esercizio seguente è numerato alla Couperin.

4.7

4.8
94

4.9 Farete mal volentieri quest’ultimo esercizio: non è più difficile di certi bassi di J.S.Bach.

4.10 Cadenze da suonare in tutti i toni


95

5. Ritardi.

5.1 Conoscete già quasi tutti i ritardi abituali: 4-3, 7-6, 5+-6, 9-8. Avete visto ugualmente i
doppi ritardi: 6 5 e anche i tripli +7 8
4 3 4 5
2 3
Osservate che quando una dissonanza è un ritardo, deve essere sempre preparata: è nella
natura stessa del ritardo.

Il doppio ritardo 9 8, numerato anche 9 6,


7 6 7
è molto semplice da realizzare a tre voci: si suonano le cifre indicate. A quattro voci,
bisogna aggiungere la terza, come negli esempi precedenti.
5.2

5.3
96

5.4

L’accordo numerato 9 potrebbe essere numerato 11 o 11,


4 9
come ha fatto M.A.Charpentier. Ma, scrisse un suo contemporaneo: “non è in questo che
bisogna imitarlo”, e il suo esempio non fu seguito.
Questo accordo, chiamato accordo di undicesima, si compone della quinta, della nona e
della quarta (undicesima). Si cifra generalmente 9 Couperin mette 4
4 2
5
La sua principale utilizzazione è il doppio ritardo 9 8
4 3
come mostrano gli esempi seguenti: la nona scende all’ottava, e la quarta alla terza. In
questo caso, le due dissonanze 9 e 4 sono sempre preparate.

5.5 Suonate, imparate a memoria, poi trasportate.

5.6
97

5.7

5.8

5.9 Nei due esercizi seguenti, notazione alla Couperin.

5.10
98

5.11 Una variante della tipica cadenza 4 7 dove si mette senza interruzione la settima
3

5.12

5.13
99

5.14 Ritardo dell’ottava in un accordo di sesta semplice. Si cifra 9 8 oppure 9 8.


6 -- 6

La posizione migliore è quella dove la nona è al soprano. Bisogna ben inteso preparare la
nona. Ma per trovare facilmente l’accordo 9, è all’accordo di sesta che bisogna pensare.
6

5.15

5.16

5.17 Suonate in tutti i toni, dopo imparate a memoria le seguenti cadenze.


100

6. Ritardi del basso e accordi sulle note di passaggio.

6.1 La seconda battuta dell’esempio seguente non è che una variante della prima: sul secondo
tempo, l’accordo di sesta sul Si non ha più il suo vero basso Si: il Do del primo tempo si
prolunga un po’ sul secondo tempo e prende il posto del Si che dovrebbe esserci. Questo si
chiama ritardo del basso.

La numerazione 5 non designa dunque un nuovo accordo, ma solamente un


2 accordo di sesta dove il basso è ritardato dalla nota superiore.
Lo stesso, nella terza battuta, la fioritura ha spostato il Si sul tempo forte del 2° movimento
verso il tempo debole, dove c’è ancora il 5 , numerato su una nota di passaggio
2 (molto frequente in J.S.Bach).

6.2

6.3
101

6.4 Il ritardo del basso sotto un accordo di quinta diminuita si cifra 5


4
2

e non, come si può pensare 9 che designa sempre il ritardo di 8


4, . 3.

6.5

6.6 Altro ritardo del basso (frequente in J.S.Bach in particolare): il ritardo del basso sull’accordo
perfetto. Si cifra 7
4
2
E’ presente qui di seguito come accordo su la nota di passaggio Re, rimpiazzando un Do.
102

6.7

Esistono altri accordi di quinta e di sesta, dove si può ritardare il basso, e che danno luogo a
delle numerazioni non abituali. Ma si possono riscontrare solo dei casi eccezionali, dei quali
noi non parleremo. Ecco, per finire, qualche esercizio su quelli che abbiamo visto.
6.8

6.9
103

6.10

6.11

6.12 Imparate a memoria, poi suonate in tutti i toni le cadenze seguenti.


104

7.La numerica dei monodisti italiani.

7.1 E’ in Italia, nel XVII° secolo, che nasce il basso continuo. Il secolo precedente è quello della
polifonia. La musica polifonica, che persiste nel XVII° secolo, si può suonare senza
accompagnamento. L’armonia di un madrigale a cinque voci, per esempio è già completa, e
l’accompagnamento non può che raddoppiare le voci.
In opposizione a questo stile, i monodisti si mettono a scrivere dei recitativi che, per
produrre il loro effetto, hanno bisogno di essere sostenuti da un basso e da una armonia,
altrimenti detto, da un basso continuo. I primi monodisti (Caccini, Peri, Cavalieri, …)
utilizzano generalmente un’armonia molto semplice: accordi perfetti e loro rivolti, ritardi
4-3, 7-6, e 9-8. L’interesse dei loro recitativi risiede nel modo che la linea melodica mette in
valore la declamazione del testo, ben più che nell’armonia che gioca un ruolo –necessario
ma secondario- di sostegno.

7.2 Il sistema di numerazione dei primi monodisti, caduto rapidamente in disuso, sconcerta alle
prime esperienze. Consiste nel cifrare l’altezza reale delle note caratteristiche dell’accordo,
al posto di indicare queste note nell’ottava vicina, come si fece in seguito. Così, il ritardo di
4-3 era numerato 11-10 se l’autore lo voleva all’ottava superiore, oppure 18-17 se lo voleva
due ottave sopra il basso. Per ritrovare la numerazione abituale, bisogna togliere 7 o 14 alle
cifre che indicano intervalli superiori all’ottava. Per abituarsi, le due prime figure da
ricordare sono:
- il ritardo 4-3 all’ottava, cifrato 11-10.
- il ritardo 7-6 all’ottava, cifrato 14-13.

7.3 I bassi agli inizi del XVII° secolo sono spesso numerati in modo molto incompleto,
omettendo spesso di segnalare le alterazioni e gli accordi di sesta. Inoltre, si trovano
raramente due numeri sovrapposti come 64, 65 o 73. Per esempio la cifra 4 o la cifra 11 indica
sia l’accordo di quarta del ritardo 4-3, sia la quarta consonante 64. In particolare, su una nota
di basso tenuta, 4 o 11 scritti dopo un accordo perfetto significano quasi sempre 64. Così, la
tipica figura 53 64 54 53 è in generale cifrata 3-4-4-3 o 10-11-11-10, oppure 3-4-3 o 10-11-10.

Arrivati a questo punto, se siete in grado di realizzare a prima vista un semplice basso
numerato mettendo gli accordi segnati senza troppo esitare e concatenandoli gli uni agli altri
senza errori troppo clamorosi, lo scopo di questo libro sarà stato raggiunto.
Per acquisire a partire da questa base una lettura spedita, non vi rimane che “realizzare”
finché potrete, sia accompagnando uno strumento solista, sia da soli: un basso di
Frescobaldi, di Bach o di Couperin sono abbastanza belli anche da soli per darvi piacere,
anche senza il solista.
Evidentemente, è solamente mantenendo ciò che avete acquisito del meccanismo degli
accordi che può cominciare il vero studio (e il vero piacere) dell’accompagnamento, dove
gli accordi formano il materiale che vi rimane per fare della musica.
Come abbiamo annunciato all’inizio, non ci preoccuperemo di questo, che nell’ultima parte
di questo libro, con qualche indicazione molto sommaria, rinviando il lettore, per uno studio
più approfondito delle possibilità espressive e dei diversi stili di accompagnamento, ai
trattati che figurano nella bibliografia, e ai quali questo libro non pretende tutt’al più che di
servire da introduzione.
105

QUARTA PARTE – Accompagnamento


“Se chiedessero di scegliere tra l’accompagnamento, e le Pièces, per portare l’uno, o l’altro alla
perfezione, so che l’amor proprio, mi farebbe preferire le Pièces, all’accompagnamento. Ammetto
che niente è più dilettevole di questo; e noi siamo legati più alle altre che ad essere un buon
accompagnatore: Ma, quale ingiustizia! E’ l’ultimo che appare nei concerti. L’accompagnamento
del clavicembalo, in queste occasioni, non è considerato che come le fondamenta di un edificio che
però sostiene tutto; e quindi non se ne parla quasi mai: invece chi eccelle nelle Pièces gode solo
dell’attenzione, e dei plausi dei suoi uditori.”
François Couperin

1.Funzioni e regole dell’accompagnamento.

1.1 In un brano di musica d’insieme del XVII° e XVIII° secolo, le parti obbligate (basso e
canto) hanno significato di per se stesse, senza che niente più sia necessario alla
comprensione del brano. Per esempio, si può benissimo suonare una sonata di Haendel per
flauto e b.c. con un flauto come solista e un violoncello per il basso, senza nient’altro
aggiungere. Così eseguita, la sonata sarà perfettamente comprensibile.
Per il clavicembalista che accompagna, è dunque il basso stesso che è fondamentale, e deve
prima di tutto scegliere ciò che concerne la sua articolazione, il ritmo, le note importanti, e le
relazioni con il canto (o i canti). In particolare, se il continuo è completo (clavicembalo e
uno strumento melodico come violoncello, viola da gamba o fagotto), bisogna subito
preoccuparsi che la linea del basso sia suonata esattamente nello stesso modo dai due
strumenti.

1.2 Una volta messo a piombo la coppia basso-canto, la funzione armonica del continuo è di
riempire l’intervallo fra le due.
In altre parole, la realizzazione dell’armonia indicata dai numeri deve rimanere fra il basso e
il canto, e non oltrepassare il canto stesso (altrimenti non meriterebbe più il suo nome).
Questa regola potrebbe essere difficile da rispettare quando il basso sale troppo in alto o
quando il canto scende troppo in basso, e talvolta si è obbligati a fare accordi incompleti se
non si vuole oltrepassare il canto. Così A.Forqueray, nella prefazione del suo Livre de Viole:
“si avrà la bontà di fare attenzione quando bisogna ravvicinare l’accompagnamento del
clavicembalo il più vicino possibile al basso, affinché non si trovi troppo alto rispetto alla
parte della viola”.
Fin quando è possibile quindi, la realizzazione dell’armonia dovrà rimanere in un registro
medio; diremo, per essere più precisi, che il soprano della mano destra si mantiene in
generale nell’intervallo Do1-Do2 e può, se necessario, andare da Sol1 a Fa2.
Va da sé non solamente l’accompagnamento non dovrà oltrepassare il canto, ma ancora che
–salvo eccezioni- non lo dovrà raddoppiare.

1.3 Rispetto al violino o all’oboe, il clavicembalo non è uno strumento melodico. A voler fare il
violino, il clavicembalo farebbe pensare alla rana della favola che voleva diventare grossa
come il bue. Al contrario, tutte le qualità proprie del clavicembalo: brillantezza, precisione,
pulizia dell’attacco e debole tenuta dei suoni, possono essere utilizzate per realizzare un
accompagnamento ricco ed espressivo per il volume sonoro, la pienezza dell’armonia, la
solidità e la flessibilità del ritmo, ed eventualmente per una certa varietà polifonica.
106

1.4 In somma, la funzione dell’accompagnamento è di valorizzare il basso e il canto.


Malgrado questo non lo aiuti, il clavicembalista non deve valorizzare se stesso. Si potrà,
volendo, comparare il ruolo dell’accompagnamento nella musica d’insieme a quello del
comprimario di un protagonista nel teatro classico: il comprimario, con le sue risposte, da al
protagonista il modo di esprimere i suoi sentimenti, ma senza prendere lui stesso una parte
diretta all’azione. Così il clavicembalista, se ha dell’immaginazione, deve metterla al
servizio del canto senza voler rivaleggiare con esso e nemmeno prenderne il posto.

1.5 Il lettore troverà probabilmente un po’ illusorio questo aspetto secondario


dell’accompagnamento, e questi consigli di discrezione che vi abbiamo dato così
ampliamente (non salite troppo in alto, non lasciatevi andare troppo alla vostra
immaginazione, non date fastidio al solista,…). Qualsiasi cosa sia, l’accompagnamento offre
al clavicembalista infinite possibilità di mettere in opera il suo gusto, la sua sensibilità, la
sua immaginazione, e anche…la sua tecnica. Indicheremo brevemente, nelle pagine
seguenti, quali modi possono essere utilizzati per rendere l’accompagnamento tanto
espressivo come dovrebbe essere.

2.Numero delle voci.

2.1 Inizialmente, avete realizzato gli esercizi dei capitolo precedenti a quattro voci suonando il
basso con la mano sinistra, e le altre tre voci con la mano destra. Quando si realizza a quattro
voci, è bene sapere ugualmente prendere due voci per ciascuna mano, se il basso non è
troppo veloce. Questo permette per esempio, quando il basso e il canto sono lontani l’uno
dall’altro, di realizzare gli accordi a “parti late” e così riempire bene l’intervallo fra i due. Se
volete, riprendete qualche esercizio dei capitoli precedenti.

2.2 Infatti, quando si accompagna al clavicembalo la musica da camera, si realizza molto


frequentemente non a quattro ma a tre voci, specialmente quando si tratta di un brano veloce
o “légèr”, o quando non si vuole suonare troppo forte. Non bisogna affatto esitare, in certi
casi, ad accompagnare a due voci.
Da una parte, l’accompagnamento a tre o due voci offre più facilità che a quattro: meno
difficoltà tecniche, e meno rischi di errori di quinta ed ottava. Ma questo genere
d’accompagnamento ha le sue proprie difficoltà. La principale e, per ogni armonia, di
scegliere le note migliori quando non si può farle tutte perché non si ha il numero di voci che
servirebbe. Così se l’accordo non è completo (tenuto conto del canto), bisogna che ci siano
le note essenziali dell’armonia. D’altra parte, meno voci si hanno, più la loro melodia sarà
percepibile individualmente. Bisogna quindi (in particolare se si mette solo una voce tra il
basso e il canto) che si faccia maggiore attenzione.

2.3 Per esercitarsi all’accompagnamento a tre o a due voci, è preferibile prendere brani a un
canto e b.c. stampati in partitura, cioè con il basso e il canto su due pentagrammi uno sopra
l’altro, in modo che si possa leggere il canto nello stesso tempo che si realizza il basso
107

numerato, sia a tre voci, sia a due, completando l’armonia che hanno già basso e soprano.
Abbiamo già detto: l’accompagnamento non deve raddoppiare il canto (anche a quattro
voci). Quando si realizza una partitura, leggere il canto senza suonarlo, ma completare
l’armonia che forma con il basso, è un esercizio molto difficile agli inizi.

2.4 Se si accompagna spesso con meno di tre voci, bisogna talvolta metterne di più –cinque o
più ancora- per certi brani o certi passaggi che richiedono molto suono e un’armonia molto
ricca. In questo caso, non si può più generalmente evitare le quinte e le ottave successive;
bisogna allora pensare alla correzione del soprano della mano destra con il basso e il canto,
le voci intermedie sono meno importanti.

2.5 Il clavicembalo è uno strumento poco melodico, dove i suoni si spengono rapidamente, si
può facilmente, nel corso di un brano, aggiungere o eliminare delle voci secondo che si
voglia più suono o, al contrario, che lo si voglia addolcire. La continuità delle voci e meno
importanza al clavicembalo di quella che non ha, per esempio, sull’organo. Questo, in un
certo senso, è un vantaggio di cui ci si può approfittare: è facile, al clavicembalo, suonare
più o meno forte mettendo più o meno note, ed è un procedimento che bisogna utilizzare
abbondantemente per accompagnare in maniera espressiva.

3.Note di passaggio e movimenti melodici.

3.1 L’accompagnatore ha la libertà, per sottolineare questo o quel movimento del basso o del
canto, di mettere fra i tempi che portano le armonie tutte le note di passaggio che vuole,
purché la linea melodica così creata sia giustificata dal discorso del basso e del canto, e
certamente, che non urti l’armonia.
Per avere dell’immaginazione al momento opportuno, è utile possedere tutto un repertorio di
formule melodiche che riempiano i diversi intervalli salendo e discendendo, in un tempo o
più, in un ritmo binario o ternario.
Ecco qualche esempio, riempiendo un intervallo di seconda maggiore (do-re), in uno o due
tempi, in semicrome o in terzine.

Provate a trovare altri movimenti melodici, più vari possibili –particolarmente al ritmo- per
andare in uno, due o tre tempi da do a re. Di seguito, fate lo stesso per gli altri intervalli
ascendenti fino all’ottava, poi per gli intervalli discendenti.
108

3.2 Le note di passaggio hanno ruoli diversi nell’accompagnamento. Ecco qualcuno dei più
importanti:
- Evitare la monotonia ritmica e addolcire il carattere troppo marcato o troppo pesante di certi
accordi molto semplici.
( T.Albinoni: Sonata per violino e b.c. op.10 n.6 in La minore, 2° tempo Allegro batt.15-16;
realizzazione dell’epoca di H.N.Gerber con correzioni di J.S.Bach)

- Sottolineare un frammento di canto sia raddoppiandolo in terza o in sesta, sia


accompagnandolo in moto contrario.
(G.F.Haendel: Sonata per flauto e b.c. “Hallenser” n.3 in Si minore, 3° tempo batt.1-2;
realizzazione di F.Baroni)

- Riempire una pausa o una nota tenuta del canto.


(J.M.Leclair: Sonata per violino o flauto e b.c. n.5 dal “Second Livre de sonates…1728”,
1° tempo batt. 8-11; realizzazione di F.Baroni)

- Nei brani bipartiti con ritornello, si può introdurre un passaggio per condurre alla seconda
parte o alla ripresa di ogni parte. Nell’allemanda, per esempio vedete qui di seguito l’inizio e
la fine della prima parte e l’inizio della seconda,

(inizio della prima parte)


109

(fine della prima e inizio della seconda parte)

si può per esempio introdurre così la ripresa:

Per introdurre la seconda parte, ecco alcuni esempi di passaggi, uno per la mano destra e
l’altro per la sinistra:

E’ sempre utile avere numerose formule di questo genere a disposizione per non mancare
d’immaginazione al momento giusto. Cominciate, partendo da qualcuno di questi esempi, ad
inventarne altri. Ben inteso, se è il canto ad effettuare queste introduzioni (scritte o
improvvisate), non bisogna recargli fastidio.

3.3 Infine, in certi casi; le note di passaggio e i movimenti melodici hanno il ruolo di stabilire un
dialogo con il canto. Benché la funzione melodica, in generale, non sia spettante al continuo
nella musica d’insieme, certi brani richiedono nell’accompagnamento delle risposte in
imitazione ai motivi del canto. L’arte di realizzarli a prima vista –e a proposito- non si
acquista che grazie a una lunga pratica, ma da’ così all’accompagnatore uno dei suoi più
grandi piaceri.
110

3.4 (G.F.Haendel: Sonata per oboe e b.c. in Do minore, II° tempo, Allegro)

Questi esempi, dove il basso continuo non è stato realizzato, mostrano semplicemente
qualche possibilità d’imitazione, fra le altre. Osservate che alle battute 7 e 8, l’imitazione
proposta alla mano destra rende l’armonia più ricca che quella indicata dalla numerica (la
quale, d’altronde, è abitualmente incompleta, come spesso in Haendel).
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4.Abbellimenti e arpeggi.

4.1 Per arricchire le linee melodiche o sottolineare le note importanti, l’accompagnatore può
utilizzare tutte le risorse degli abbellimenti che abbondano nella musica per clavicembalo.
Tutte i tipi di ornamenti possono servire: mordenti (pincés), trilli (tremblements),
appoggiature (ports de voix, coulés), suspension, etc…Sono ben conosciuti da qualsiasi
clavicembalista, così ci dispenserete dall’elencarli. Due osservazioni a questo proposito: fate
attenzione allo stile del brano che suonate (non si abbellisce una canzona di Frescobaldi
come la musica francese del XVIII° secolo); evitate, qui come dovunque, di disturbare il
canto.

4.2 Gli accordi possono essere resi espressivi in diversi modi. Con il numero delle note che si
mettono: si può realizzare un accordo con solamente due note, e al contrario mettendo sette
o otto note se lo si vuole più ricco. Si può arpeggiare l’accordo in un’infinità di maniere, sia
lentamente per addolcirlo, sia seccamente per marcarlo, salendo o discendendo, o anche
raddoppiandolo.

4.3 Si può arricchire un accordo con note estranee, che si passano nell’arpeggio senza tenerle: si
dicono coulés, cheutes o “mordenti”.

(J.Ph.Rameau: Sarabande in La maggiore da “Nouvelle


Suites de Pièces de Clavecin” , circa 1728, batt. 4)
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Mentre quando si tengono le note estranee in dissonanza si dicono “acciaccature”:

(J.H.D’Anglebert: Prelude dalla IIa Suite in Sol minore)

(F.Gasparini: “L’Armonico pratico al Cimbalo” Cap. IX)

4.4 In certi casi, si può anche spezzare gli accordi e trasformarli in batteries, rapide in un brano
brillante, o lente in un brano affettuoso.

oppure

oppure

Si può talvolta ottenere un buon effetto realizzando in genere degli arpeggi alla mano
sinistra, come nell’esempio seguente, dove il basso in origine è scritto in quarti, ma
trasformato poi in semicrome.
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5. Qualche osservazione per finire.


5.1 Per mettere in risalto il canto, bisogna talvolta trattenersi, qual che sia il piacere che si prova,
nel realizzare completamente certi accordi. Così, in un accordo di settima o di nona, se la
settima o la nona si trova già nella parte del canto, bisogna lasciargliela. Generalmente,
l’accompagnamento non deve raddoppiare il canto. Ma bisogna avere un’attenzione
particolare alle note del canto che sono specialmente importanti o espressive (generalmente
quelle dissonanti). Meglio non metterle nell’armonia, il canto sarà più espressivo.
5.2 Quando si trova in un basso numerato la parola “tasto solo”, significa che non bisogna
mettere alcuna armonia e suonare solamente il basso. Si ricomincia a mettere gli accordi
quando si trovano di nuovo i numeri. Questo tasto solo si trova spesso sui pedali (points
d’orgue) di dominante, “per lasciare al violino la libertà di trattare le dissonanze con arte”,
dice Corrette che aggiunge: “si vede che se l’accompagnatore pensa di fare degli accordi
mentre il violino è nell’entusiasmo, non solamente lo disturba, ma genera solo confusione”.
5.3 Abbiamo già detto, la maniera di accompagnare dipende dal brano che si suona e dagli
strumenti che si accompagnano. Con un flauto, sono sufficienti spesso due voci, ma qualche
nota di passaggio o un abbellimento ben messo avranno spesso buon effetto. Al contrario, se
accompagnate tutta un’orchestra, gli abbellimenti o note di passaggio non si sentiranno
assolutamente, e non serviranno che a confondere l’insieme: meglio in questo caso limitarsi
a dei semplici accordi chiaramente ritmati. Bisogna anche adattarsi allo strumento di cui si
dispone: a seconda che il clavicembalo sia più o meno sonoro, o impennato più o meno
duramente, ci si può permettere un accompagnamento più o meno ricco.
5.4 Queste brevi indicazioni rimangono sicuramente molto insufficienti per chiarire l’arte
dell’accompagnamento. Speriamo che il lettore, arrivato alla fine di questo libro, si trovi in
grado di apprenderlo. Per questo, l’utilità di un maestro, se si ha la possibilità di averne uno,
non ha bisogno di spiegazioni. Si può anche imparare molto ai concerti, ascoltando
attentamente come è realizzato l’accompagnamento (quando è ben fatto). Una volta passato
il periodo del primo apprendistato, può essere istruttivo leggere un po’ i trattati antichi o
moderni su questo argomento. Però, l’arte dell’accompagnamento si apprende male dai libri:
bisogna fare da sé stessi. Da una parte realizzare, dall’altra studiare dettagliatamente i brani
che si vuol mettere a punto. Bisogna anche fare in modo, se si può trovare l’occasione, di
accompagnare degli strumenti o degli insiemi differenti quanto possibile.
5.5 Agli autori non resta che augurare agli amatori che hanno avuto il coraggio di utilizzare
questo libro molto piacere ad accompagnare, a scapito, come diceva François Couperin, di
molti plausi.
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Piccola bibliografia.
Tre opere moderne.
Nella seconda, troverete una bibliografia completa sul basso continuo.
- F.T.Arnold “The Art of Accompaniment from a Thorough-Bass” (Dover)
Benchè sia datato 1931, quest’opera molto importante e molto completa rimane
incontestabilmente il trattato di riferimento su questo argomento.
- P.Williams “Figured Bass Accompaniment” (University Press, Edimburgh)
Trattato d’accompagnamento più recente dell’Arnold, meno erudito e meno difficile da
leggere, con numerosi esempi commentati da realizzazioni nei differenti stili musicali.
- H.Keller “Schule des Generalbass“ (Bärenreiter)
Trattato storico e metodo d’apprendimento della lettura, questa opera classica contiene degli
esercizi di realizzazione e degli esempi d’accompagnamento.

Qualche opera antica.


La maggior parte dei trattati segnalati qui sono stati ristampati ai nostri giorni in fac-simile:

- M.de Saint-Lambert “Nouveau traité de l’accompagnament du Clavecin” Paris, 1707.


- J.F.Dandrieu «Principes de l’Accompagnament du Clavecin » Paris, 1718.
- M.Corrette « Le Maître de clavecin pour l’accompagnament” Paris, 1753.
- M.Pætorius « Syntagma Musicum III », Wolfenbütel, 1619.
- J.Mattheson « Groβe Generalaβ Schule” Hamburg, 1731.
- C.Ph.E.Bach „Versuch uber die Wahre Art das Clavier zu spielen“ Berlin, 1762.
- F.Gasparini „L’Armonico Pratico al Cimbalo“ Venezia, 1708.
- F.Geminiani “The Art of Accompaniment” London, 1756.

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