La Guardia Medica 2019 PDF
La Guardia Medica 2019 PDF
La Guardia Medica 2019 PDF
Tommasa Maio
Silvestro Scotti
Silvestro Scotti
Tommasa Maio
Roberto Antonicelli
CEFI 19 02 Cod. ......
La GUARDIA
MEDICA
Edizione
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Roberto Antonicelli
Tommasa Maio
Silvestro Scotti
La GUARDIA
MEDICA
2019
Edizione
Per quasi tutti i giovani medici d’oggi la guardia medica è, dopo gli
anni passati all’Università, il primo vero impatto con la malattia.
Un impatto impegnativo, talvolta drammatico date le precarie
condizioni in cui si è costretti ad operare.
Questo volumetto ha la sola pretesa di dare quei consigli pratici, ci
auguriamo utili, nelle particolari situazioni in cui spesso ci si trova
durante questo servizio.
Si è cercato soprattutto di colmare quel vuoto tra la medicina dei
«sacri testi» e quella «vera» che è fatta di persone e non di sindromi,
di pillole e misurini; ma, nel caso specifico, è fatta anche di decisioni
talvolta importanti, da prendere in fretta e soprattutto da soli.
Per questo il libro privilegia in particolare il momento «operativo»,
quando il medico deve decidere come «gestire» il malato, se trattarlo
od ospedalizzarlo, fornendo quelli che nella esperienza degli Autori
sono i criteri per orientarsi nella maniera più corretta possibile in
questa scelta.
© 2019 Momento Medico S.r.l. - Via Terre Risaie, 13 - Zona Ind.le - 84131 Salerno
Tel. 089.3055511 (r.a.) - Fax 089.302450 - E-mail: [email protected]
19T0181-06/19
Prima edizione giugno 1985; Ventinovesima edizione Giugno 2019
Tutti i diritti di traduzione, riproduzione, adattamento parziale o totale con qualsiasi mezzo
(compresi microfilms, copie fotostatiche e xerografiche) sono riservati alla Momento Medico
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Presentazione
I Medici di Continuità Assistenziale rappresentano una parte importante delle
Cure Primarie, poiché offrono assistenza, nei luoghi di vita dei cittadini, per 3/4
dell’arco temporale settimanale.
I dati disponibili testimoniano che, nonostante l’aumento costante della popola-
zione, sempre più rappresentata da anziani, malati cronici, fragili, con conseguenti
bisogni di salute sempre più complessi, viste le deospedalizzazioni precoci, le liste
d’attesa ingovernate in molte realtà, a fronte di una riduzione dei Medici impiegati e
del mancato investimento in prevenzione, si è assistito, nell’ultimo decennio, ad una
significativa evoluzione della nostra capacità assistenziale. Sono ben 10.187.860 le
visite domiciliari effettuate - ovvero assistenza primaria offerta nel luogo di vita del
paziente - mentre diminuisce costantemente il tasso di ricoveri, che si attesta all’1.7%
delle visite, offrendo un contributo significativo al contenimento di quella che appare
essere l’unica urgenza organizzativa oggi percepita: gli accessi in Pronto Soccorso.
Ciò è spesso avvenuto in assenza di interventi che favorissero la crescita di un
sistema storicamente privato di una programmazione che non riguardasse tagli di
fondi e personale e, soprattutto, in assenza della volontà di fornire gli strumenti
idonei ad un servizio sempre più orientato, sulla base dei bisogni espressi dai suoi
stessi utenti, verso la gestione della cronicità e della fragilità.
In numerose regioni si tenta ancora di sopperire alle carenze organizzative della
rete dell’emergenza coinvolgendo i Medici di Continuità Assistenziale in attività di
urgenza, e quindi non pertinenti alla natura del servizio stesso; in alcune regioni la
ricetta dematerializzata non coinvolge le prescrizioni di Continuità Assistenziale; non
tutte le Aziende hanno munito le sedi di strumenti informatici, nonostante una legge
che imponga la trasmissione informatica delle certificazioni di malattia.
Ma accanto a questi antichi ostacoli cominciano a proliferare nuove opportunità.
In molte realtà sono stati avviati progetti innovativi che hanno portato i medici
di CA a lavorare in attività diurne feriali, a fianco dei medici di famiglia nella presa
in carico della cronicità, della prevenzione, a supporto di esperienze di medicina
di iniziativa, prevenzione o in nuovi setting quali le case di riposo, gli hospice, gli
ospedali di comunità. In un numero sempre crescente di Aziende i Medici non solo
sono stati dotati di strumenti informatici per le attività prescrittive e certificative, ma
anche messi in connessione con le reti dei Medici di Famiglia, con accesso alle notizie
anamnestiche dei pazienti e lasciando riscontro in cartella del proprio intervento,
o inserendo nel Sistema informatico regionale l’allegato M, quale valorizzazione di
una professionalità a pari livello degli altri attori.
La nascita di un nuovo assetto della Medicina Generale, nel quale i Medici di Con-
tinuità Assistenziale, grazie all’introduzione del ruolo unico di Medicina Generale e alla
partecipazione a modelli di assistenza fondati sull’integrazione paritaria con i Medici
di Famiglia, vedranno rivalutato il proprio ruolo professionale, è ormai irrinunciabile.
Per contribuire in modo sostanziale ad aumentare l’efficacia della rete assisten-
ziale del territorio, il Medico di Famiglia della notte deve uscire definitivamente dalla
IV
Roberto Antonicelli
Indice
○ Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III
○ Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VI
○ Gli Autori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
○ Il ruolo del Medico di Continuità Assistenziale
nell’organizzazione del sistema di Cure Territoriali. . . . . . . . . . XI
Silvestro Scotti
○○ Cardiologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
Roberto Antonicelli, Daniele Caraceni, Lorenzo Pimpini, Daniele Angioni
○○ Cure palliative. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
Giuliano Bono, Diego Girotto, Alessandro Dabbene, Daniele Angioni
○○ Dermatologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
Alfredo Giacchetti, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Endocrinologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
Gabriele Brandoni, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Gastroenterologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Egiziano Peruzzi, Franco Piersimoni, Manuela Lucioni,
Gianfranco Boccoli, Maria Teresa Gallea
○○ Ginecologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
Valerio Mais, Adele Bartolucci, Margherita Ruocco, Maria Teresa Gallea
○○ Malattie esantematiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
Roberto Antonicelli, Federica Testa
○○ Nefrologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Massimo Melappioni, Roberto Antonicelli, Daniele Angioni
○○ Neurologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
Giuseppe Pelliccioni, Francesco Sagripanti, Tommasa Maio,
Beatrice Gobbi, Lina Falletta
○○ Oculistica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
Stefano Lippera, Nicola Defranco, Edoardo Defranco, Federica Testa
○○ Otorinolaringoiatria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Giuseppe Misiano, Graziano Brozzi, Barbara Rizzi, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Patologia vascolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
Gianfranco Boccoli, Leonardo Chiodi, Sara Galeazzi, Daniele Angioni
○○ Patologie psichiatriche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
Ubaldo Sagripanti, Lina Falletta, Tommasa Maio
○○ Pneumologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
Andrea Recanatini, Leonardo Antonicelli, Roberto Antonicelli,
Maria Chiara Braschi, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Primo intervento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
Stefano Polonara, Roberto Antonicelli, Vincenzo Menditto, Fabio Salvi,
Fabio Lucchetti, Giuseppe Misiano
○○ TAO/DOAc - Terapia con anticoagulanti orali: dalla scelta
del dosaggio alla gestione delle complicanze . . . . . . . . . . . . 176
Giuseppe Misiano, Lazzaro Lenza, Roberto Antonicelli
IX
○○ Uroandrologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
Massimo Melappioni, Roberto Antonicelli, Daniele Angioni
○○ Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini. . . . . . . . . . . 184
Roberto Antonicelli, Tommasa Maio, Federica Testa
COMUNICAZIONE E COUNSELING
○○ La comunicazione tra medico e paziente. . . . . . . . . . . . . . . . 232
Francesco Napoleone, Sergio Marras
APPROFONDIMENTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237
Molte cose sono cambiate dalla fine degli anni ’70 ed in particolare moltissime cose
sono cambiate con l’entrata in vigore del vigente Accordo Collettivo Nazionale (A.C.N.)
per la Medicina Generale (Atto di Intesa repertorio n. 2272 del 23 marzo 2005), rispetto
alla definizione del ruolo di Medico di Continuità Assistenziale.
Nell’arco degli anni che vanno dal ’70 ad oggi, a dispetto di fonti normative che
determinavano una sorta di dicotomia evolutiva del servizio di Guardia Medica nei
servizi di Continuità Assistenziale e di Emergenza Territoriale, non si assisteva ad
una rivalutazione delle fonti contrattuali per la Continuità Assistenziale.
Questo produceva il risultato di aver evoluto il sistema, anche rideterminando le
piante organiche attraverso fenomeni di conversione occupazionale della ex Guardia
Medica nel Sistema di Emergenza 118, ma di aver mantenuto per intero per uno
dei due nuovi Servizi, la Continuità Assistenziale appunto, i compiti della vecchia
contrattualità riferiti alla Guardia Medica.
Il Medico di Continuità Assistenziale rimaneva dunque responsabile di una
copertura assistenziale non ben delimitata nell’ambito del sistema dell’emergenza-
urgenza e quindi legato ad un concetto assistenziale di guardia medica piuttosto
che alla ricerca di un ruolo più propriamente riferito alla continuità di assistenza nei
confronti dei cittadini-pazienti in carico alle Cure Primarie.
Tale situazione ha determinato, nell’arco degli ultimi anni, molte delle difficoltà
operative e di organizzazione del Servizio di Continuità Assistenziale, difficoltà che
trovavano la massima espressione proprio nella partecipazione a processi di assi-
stenza riferiti a fenomenologie di urgenza-emergenza.
Poco, infatti, veniva prodotto nella definizione di protocolli operativi per l’attiva-
zione della Continuità Assistenziale da parte delle Centrali operative del 118 e nulla,
o quasi, sulla definizione di processi di triage, anche telefonico, del medico di Conti-
nuità Assistenziale rispetto alle richieste dell’utenza riferibili alla suddetta area di
urgenza-emergenza e dei consequenziali meccanismi di attivazione del Sistema 118.
Il nuovo A.C.N. per la Medicina Generale, nei limiti imposti dalle Leggi sul decen-
tramento amministrativo e organizzativo della Pubblica Amministrazione che trovano
la massima espressione proprio in quello che concerne la Sanità, prova a definire un
L.E.A. per la Continuità Assistenziale partendo proprio dalle suddette considerazioni
e ricerca i possibili meccanismi per definire un ruolo del Medico di Continuità Assi-
stenziale tracciando i seguenti capisaldi:
XII
Questo è un capitolo anomalo che non troverete mai in nessun testo di medicina, ma per
quanto riguarda la Continuità Assistenziale è di fondamentale importanza ed all’atto pratico
ne converrete con me. Di tutto ciò che farete l’azione più importante consiste nel visitare
sempre il paziente, evitando di cedere alle lusinghe delle diagnosi telefoniche, in assenza
di una corretta procedura di triage e di adeguata conoscenza del paziente.
Generalmente, infatti, il primo contatto con il paziente nel presidio di Continuità Assi
stenziale è telefonico, ed alcune avvertenze sono necessarie per un corretto approccio; se
la chiamata è effettuata da un terzo che non è il paziente in causa, cercate di parlare con
la persona interessata.
Tenete conto che la legge fa carico proprio al Medico di ricevere direttamente le comuni
cazioni telefoniche; potrete farvi così un’idea più reale della gravità della situazione, e lungo
la strada prepararvi mentalmente al modo migliore di affrontarla, soprattutto in assenza di
linee guida nazionali o regionali di appropriatezza nel triage telefonico e nella conseguente
scelta delle modalità di intervento.
A causa del purtroppo costante aumento di episodi di violenza anche nel nostro Paese, è
utile, ove possibile, lasciare indirizzo e telefono del posto in cui vi recate, specie se in zone
isolate o in condizioni meteorologiche avverse.
Un utile accorgimento, sia per accelerare i tempi d’intervento sia per scoraggiare perdi
tempo, è chiedere ai parenti del malato di venire a prendervi o di attendervi in una località
nota (es. davanti a una chiesa, al comune, ecc.). Quando piombate, ignari, in una casa
dove c’è un malato grave o presunto tale e venite assaliti da un coro di parenti vocianti,
ognuno dei quali cerca di dirvi che cosa fare, non abbiate scrupoli a mettere la maggioranza
alla porta, trattenendo con voi solo quelle pochissime persone, di aspetto più calmo, che
potrebbero esservi utili per la raccolta dell’anamnesi.
Se inizialmente non sapete che cosa fare, prendete il polso e la pressione arteriosa al
paziente: due manovre che, al di là di un indiscutibile valore clinico, vi consentiranno di
prendere tempo e riordinare le idee.
Per quanto riguarda l’esame obiettivo, costruitevi un metodo ed applicatelo costantemen
te, poiché solo questo v’impedirà, specie nei momenti di maggiore tensione, di trascurare
qualcosa o di dimenticare importanti manovre semeiotiche.
A questo proposito vale la pena di ricordare che i segni meningei sono da ricercare in
qualsiasi paziente vomiti, abbia febbre o cefalea, che l’addome merita di essere palpato
accuratamente in qualsiasi paziente lamenti anche una modesta dolenzia addominale, e
che la valutazione della pressione è d’obbligo sia nel paziente geriatrico, sia nel soggetto
con cefalea. Le persone che vi chiamano, in linea di massima, non si fidano di voi: non date
perciò un ulteriore colpo alla vostra credibilità spulciando su libretti e prontuari davanti al
malato o ai parenti.
È assolutamente necessario che il Medico di Continuità Assistenziale conosca alla perfe
zione posologia, confezione e modalità d’uso dei pochi farmaci descritti in questo volumetto
e li sappia prescrivere a memoria: non c’è nulla di meno incoraggiante per il malato che
Consigli pratici 3
vedere il Medico improvvisare terapie sull’Informatore Farmaceutico. Quando però non siete
sicuri o vi assale un dubbio, seppure minimo, non rischiate e cercate sul testo, dichiarando
magari di controllare se il farmaco è mutuabile o meno.
Nello stilare la vostra prescrizione siate accurati, specie riguardo alla posologia: se pre
scrivete per esempio un antipiretico “al bisogno”, precisate al malato anche “al massimo
4 volte al dì”, affinché il paziente non ne faccia indigestione.
È importantissimo conoscere l’effetto dei farmaci: se somministrate un farmaco e dopo
un dato tempo non riscontrate l’effetto dovuto, pensate a patologie più rare (per esempio,
il fatto che un potente antinfiammatorio non steroideo non sortisca alcun effetto in una
cefalea, che voi avete diagnosticato di probabile origine artrosica, può farvi pensare ad
una emorragia sub-aracnoidea).
Una piccola precauzione, che a volte può rivestire un’importanza vitale, è gestire livelli
di informazione sul caso con i Servizi di Emergenza-Urgenza attraverso l’uso di protocolli
relazionali che permettono ai Colleghi del Pronto Soccorso cui avete inviato un paziente in
gravi condizioni di preparare le attrezzature, richiedere eventualmente plasma, ecc.; tutto
questo con grande risparmio di tempo e maggiore efficienza.
Ma soprattutto non dimenticate di agire, sempre, con la massima calma; anche se per
qualche momento non sapete cosa fare, fatelo con calma. Infatti, l’arrivo di un Medico che
appare calmo e sicuro di sé, riscuote subito la fiducia del malato e con la sola presenza
riduce la sintomatologia, mentre un Medico affannato e titubante non rende un buon servizio
a nessuno, nemmeno a sé stesso.
Il continuo ripetersi di aggressioni e violenze di ogni genere contro Medici di Continuità Assi
stenziale ci induce, in linea con la filosofia di questo testo, ad inserire questo breve capitolo
ritenendo utile ricordare qualche accorgimento da adottare in situazioni che avvertiamo
come potenzialmente pericolose.
La scarsa sicurezza delle condizioni organizzative oltre che strutturali in cui spesso siamo
chiamati a svolgere la nostra professione, sono la causa principale di questa situazione.
Le ricerche condotte su questo argomento dimostrano che le condizioni di rischio non sono
tanto determinate dalla gestione di pazienti in stato di alterazione quanto da atti volontari
perpetrati da persone “normali” che, grazie alla mancata conoscenza da parte del Medico di
Continuità Assistenziale dei loro dati personali, si sentono protette dall’anonimato. Possono
essere atti occasionali - minacce, aggressioni verbali ma anche fisiche - scatenati dalla
mancata soddisfazione di una richiesta o, in qualche raro caso, azioni premeditate da parte
di particolari soggetti finalizzate al furto di denaro, di oggetti o anche di farmaci.
È importante che in ogni momento del nostro contatto con i pazienti ed i loro familiari
manteniamo la consapevolezza ed il controllo attento dei gesti altrui, dei segnali che possono
preludere all’escalation al fine di poter mettere tempestivamente in atto tutte le più opportune
azioni volte a spezzare la spirale di aggressività. Esistono, infatti, specifiche tecniche, che
gli esperti definiscono di descalation, che migliorano la nostra capacità relazionale nelle
situazioni critiche e possono essere facilmente apprese attraverso corsi ECM ai quali vi
rimandiamo (www.fadmetis.it).
In questi anni abbiamo monitorato attentamente il fenomeno e abbiamo raccolto infor
mazioni sulle caratteristiche e sulle condizioni che sono state descritte da Medici oggetto
di aggressioni per individuare tutti gli elementi (strutturali, relazionali, procedurali, ecc.)
che possono e devono essere modificati per operare con maggiore sicurezza.
Di seguito riportiamo qualche rapida indicazione, nata proprio dall’analisi delle condizioni
presenti in pregressi episodi di aggressioni, che riteniamo possa contribuire ad affrontare
con maggiore consapevolezza il contatto con gli utenti.
Una delle prime cose che vale la pena di ricordare è l’importanza della distanza di sicu
rezza: manteniamo sempre tra noi e gli altri una distanza pari alla lunghezza di un braccio,
a meno che ovviamente non dobbiamo visitare. In questo caso chiediamo al paziente di
appoggiare lontano da noi eventuali oggetti (borse, ombrelli, bastoni, ecc.) che ha portato
con sé ed invitiamo l’eventuale accompagnatore a stare in una posizione a noi visibile, mai
alle nostre spalle. Un’utile precauzione è limitare ad una sola persona la presenza di even
tuali accompagnatori durante la visita. Tale indicazione può opportunamente essere fornita
attraverso l’apposizione di un cartello nella sala d’aspetto e sulla porta dell’ambulatorio
della nostra sede al fine di evitare motivi di conflitto con singoli utenti.
È necessario valutare anche la disposizione del nostro ambulatorio e verificare se la
posizione della scrivania, del lettino o dell’arredo in genere non ostacoli il cammino verso
l’uscita. Mentre visitiamo, ovunque ci troviamo, facciamo sempre in modo che sedie, per
sone, o semplicemente la nostra valigetta, non intralcino una eventuale via di fuga. Altra
utile precauzione è non tenere visibili, né al domicilio né in ambulatorio, oggetti personali
soprattutto se di valore.
Durante le visite domiciliari bisogna portare con sé solo l’essenziale, ma non dimenti
chiamo le nostre chiavi che, impugnate tra le dita della mano, possono diventare un buon
oggetto di difesa per rispondere ad una aggressione.
Quando entriamo in un’abitazione osserviamo la collocazione delle stanze e delle uscite.
La sicurezza personale 5
Anche i farmaci non devono essere visibili (un foglio di plastica autoadesiva stra
tegicamente posizionata sul vetro dell’armadietto della sede o un opuscolo altrettanto
strategicamente posizionato nella valigetta possono essere una soluzione) così come non
devono essere lasciati in vista oggetti potenzialmente pericolosi come forbici, tagliacarte,
bisturi, ecc.
Infine, in casi estremi, può essere di aiuto, mentre ci rechiamo al domicilio, telefonare
direttamente alle forze dell’ordine e fornire preventivamente all’operatore che ci risponderà
i nostri dati, l’indirizzo e la descrizione della situazione che stiamo per affrontare.
Questo ci tranquillizzerà ma, soprattutto in caso di pericolo, la nostra richiesta di aiuto
sarà più rapida non dovendo dilungarci in spiegazioni. Il comportamento violento avviene
spesso secondo una progressione che prevede in sequenza: aggressione verbale, minaccia,
contatto fisico, gesto violento, arma. La conoscenza di questa escalation può aiutare a
riconoscere precocemente il rischio ed interrompere il corso degli eventi.
Il Medico di Continuità Assistenziale, secondo quanto previsto dal nuovo ACN per la
Medicina Generale, è responsabile di uno specifico livello assistenziale indirizzato a tutta
la popolazione in ogni fascia di età e, pertanto, proprio per le caratteristiche del servizio,
anche all’età pediatrica.
È quindi un’evenienza piuttosto frequente trovarsi a dovere visitare un bambino e questo
capitolo cercherà di fornire consigli pratici per l’approccio a questa particolare categoria
di pazienti.
Come per ogni paziente, la visita comincerà con anamnesi ed esame obiettivo, ma l’a
namnesi pediatrica è particolare in quanto non è il bambino, ma un genitore, in genere la
madre, a descrivere i disturbi. Ascoltate attentamente: la madre conosce bene il suo bambino
ed, in genere, interpreta bene i suoi problemi, specie quando è malato. Va tenuto presente,
comunque, che lo stesso bambino, se sufficientemente grande, può fornire informazioni
utili, e quindi valutate l’opportunità di coinvolgerlo con domande mirate e ricche di esempi
pratici (es. ti fa male come una puntura? o come una bruciatura?).
Oltre alla capacità di raccogliere l’anamnesi e di elicitare i segni clinici rilevanti all’esame
obiettivo, è importante interpretarli correttamente (non dimenticate che i reperti variano
nelle diverse età: cuore, polmoni e fegato del neonato danno reperti differenti da quelli che
si avranno a 6 mesi o a 12 anni). Si vedano come esempio la frequenza respiratoria e la
frequenza cardiaca alle varie età.
Il comportamento del bambino (e di conseguenza le difficoltà che voi incontrerete e
il vostro modo di procedere) sarà diverso a seconda dell’età: un lattante starà in genere
tranquillo, un bambino di 2-3 anni potrà opporre resistenza, dimenarsi, strepitare, piangere,
un bambino più grandicello sarà più o meno collaborativo, mentre un bambino vicino all’a
dolescenza avrà una particolare sensibilità legata alla nuova percezione del corpo propria
di questa fase della vita.
Nel lattante le principali informazioni si ricavano dall’osservazione della motilità
spontanea, del comportamento e dalla risposta a stimoli elementari come luce, suoni,
leggere punture: sospetterete una condizione grave sia in un bambino troppo tranquillo,
eccessivamente sonnolento, poco reattivo che in un bambino che presenta una risposta
esagerata a stimoli visivi, acustici, tattili.
I riflessi primitivi, come il riflesso tonico asimmetrico del collo, il riflesso di Moro (o
riflesso di abbraccio), il riflesso di prensione, sono normali nel bambino di pochissimi mesi,
ma assumono significato patologico quando persistono ulteriormente.
Palpate con delicatezza la fontanella bregmatica, ed eventualmente la sutura sagittale
e la fontanella lambdoidea: una fontanella bregmatica tesa, pulsante e una diastasi della
sutura sagittale vi indirizzeranno verso una diagnosi di ipertensione endocranica. Qualche
piccola astuzia, e soprattutto l’esperienza, vi consentiranno comunque di arrivare alla
diagnosi anche nel bambino più strepitante e meno collaborante.
Adottate un atteggiamento tranquillizzante, sorridete, non abbiate fretta: mentre ascoltate
i genitori, lasciate che il bambino si abitui a voi e si convinca che si può fidare. Se piange,
lasciatelo in braccio alla madre, dategli un giocattolo, un giornalino o anche lasciatelo
giocare con lo stetoscopio.
Solo allora chiederete alla madre di iniziare a svestirlo, liberando di volta in volta
dagli indumenti la regione che dovete valutare. Non dimenticate che le vostre mani e lo
strumentario devono essere caldi e andrebbero usate apparecchiature adatte al bambino;
Come visitare i bambini 7
Non dimenticate che il bambino in età scolare presenta spesso un aumento della
frequenza cardiaca nell’inspirazione e una riduzione nell’espirazione. La misurazione della
pressione arteriosa in un bambino richiede pazienza, pratica e soprattutto un bracciale di
dimensioni adeguate.
I linfonodi vanno palpati nelle stazioni laterocervicali, retroauricolari, occipitali, ascellari,
epitrocleari e inguinali. Un modesto aumento di volume nel bambino è fisiologico ed in genere
è una risposta aspecifica a stimoli flogistici.
La palpazione dell’addome, da effettuare a bambino supino, sarà inizialmente delicata,
per approfondirsi, se necessario e se il rilasciamento muscolare lo consente (cercate di di
strarre il bambino e, se soffre il solletico, eseguite la palpazione con la vostra mano poggiata
sopra la sua). Fegato e milza palpabili sono un reperto fisiologico nell’infanzia (fino a 2-3
anni, milza e fegato debordano di 1-2 cm dall’arcata costale).
Non rari i casi in cui una mamma vi racconta che il bambino soffre di prurito anale, even
tualmente accompagnato da diarrea e lesioni da grattamento in zona rettale; in questi casi
non dimenticate di considerare la possibilità di una ossiuriasi, ossia infestazione provocata
dal piccoli nematodi (Enterobius vermicularis) che è relativamente frequente in età infantile.
Solo alla fine della visita eseguirete quelle manovre che possono rendere il bambino non
collaborante perché causa di dolore, come la pressione sul trago (nel sospetto di un’otite
media) e l’esame del cavo orofaringeo e delle tonsille.
Pochi bambini apriranno la bocca alla vostra richiesta (per i più piccoli potrete ricorrere
al trucco di chiudergli brevemente e con delicatezza il naso). Una volta che il bambino avrà
aperto la bocca, applicate l’abbassalingua solo sui due terzi anteriori della lingua, per
evitare di elicitare il riflesso del vomito, e soprattutto siate rapidi.
8 L’esame obiettivo: approccio al caso clinico
Enuresi notturna
Anche se non configura un intervento comunemente legato all’attività di Guardia Medica,
un disturbo relativamente comune nell’infanzia in cui potreste “tangenzialmente” incontrare
è rappresentato dall’enuresi notturna, che consiste nella perdita involontaria e completa di
urina durante il sonno, per periodi prolungati, in un’età (circa 5-6 anni) in cui la maggior
parte dei bambini ha ormai acquisito il controllo degli sfinteri.
Tale disturbo il più delle volte tende a risolversi spontaneamente con la crescita, ma
può comunque essere causa di forte disagio psicologico per il bambino e i familiari. Se,
almeno a livello verbale doveste incontrare tale evenienza non dimenticate di chiedere se il
bambino non è mai riuscito ad acquisire il controllo notturno (enuresi primaria) oppure se
il disturbo compare in un bambino che precedentemente aveva raggiunto il controllo della
vescica per almeno 6 mesi (secondaria).
Non deve essere inoltre esclusa la possibilità di una enuresi “sintomatica” legata a
infezioni urinarie o a diabete infantile. Se il disturbo viene riferito da parte dei genitori
per la prima volta al Medico di Continuità Assistenziale, l’approccio più coerente consiste
nel rassicurarli sulla natura generalmente “benigna” del disturbo e nel consigliar loro di
rivolgersi al Pediatra per gli opportuni approfondimenti diagnostici.
Come visitare gli anziani
⊲ T. Maio ⊲ F. Salvi
Tabella 1. Modalità di esordio nell’anziano di alcune condizioni trattabili (Modificata da: Knight S. 1978;
tratta e modificata da Senin U. “Paziente anziano e paziente geriatrico” EdiSES 2003)
PRESENTAZIONE POSSIBILI CAUSE
Alterazione dello Ipoglicemia, mixedema, iper ed iponatriemia, ematoma subdurale, idrocefalo
stato mentale normoteso, farmaci (ipnotici, tranquillanti, ecc.), deficit di vitamine (B12, folati),
uremia, encefalopatia epatica, febbre, depressione...
Astenia Iponatriemia, ipokaliemia, embolia polmonare, polmonite, sindrome da
malassorbimento, anemia, scompenso cardiaco, depressione…
Depressione Ipo ed ipertiroidismo, ipercalcemia, farmaci (ipnotici, tranquillanti, ecc.)
Sincope/cadute Patologie convulsivanti, ipoglicemia, iponatriemia, ipocalcemia, disturbi
parossistici del ritmo cardiaco, sanguinamento gastrointestinale, embolia
polmonare, ipovolemia…
Quadro clinico Sepsi, endocardite batterica subacuta, scompenso cardiaco, embolia polmonare,
paucisintomatico insufficienza renale, depressione…
La soluzione a tutto questo è chiarire sin dall’inizio che noi non conosciamo il paziente
ed abbiamo la necessità di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili per
offrire una migliore assistenza, evitando duplicazione di farmaci o prescrizioni non adatte.
L’anamnesi geriatrica può inoltre presentare rilevanti difficoltà a causa di deficit uditivi,
visivi e cognitivi che condizionano in maniera rilevante la raccolta dei dati. Di volta in volta,
adatteremo alle condizioni del soggetto, alle caratteristiche della situazione, al setting nel
quale avviene la visita, le modalità di raccolta dei dati.
Per esempio, è utile condurre la visita in un ambiente ben illuminato, avendo cura di
eliminare le possibili fonti di rumore: chiudere le finestre, spegnere la tv, pregare i presenti
di restare in silenzio; parlare con un tono di voce profondo, lentamente, mettendosi di
fronte al paziente in modo che possa guardare il movimento delle nostre labbra; formulare
le richieste in modo semplice, evitando i tecnicismi; porre domande specifiche rispetto a
sintomi potenzialmente importanti. In alcuni casi, può essere necessario scrivere, a lettere
grandi, le domande rivolte lasciando il tempo di leggere, comprendere e rispondere (non è
un quiz a tempo e non è sempre la prima risposta quella che conta!).
È essenziale determinare prima possibile il grado di attendibilità delle informazioni
offerte dal paziente, valutandone le condizioni cognitive con modalità tali da non urtarne
la suscettibilità o determinare una posizione difensiva (es., chiarendo le motivazioni di tale
indagine). In questo caso è opportuno invitare i presenti a non aiutare il paziente a rispondere.
Se il paziente non è attendibile o appare confuso è preferibile raccogliere le informazioni
importanti direttamente dal familiare o caregiver principale (badante).
La sua collaborazione ci permetterà di avere informazioni più complete, oltre che sulla
storia clinica, anche sulle abitudini e sul grado di compliance che potremo attenderci dal
paziente; potrà descriverci l’evoluzione del quadro essendo in grado di riconoscere per
primo variazioni degli abituali disturbi ed assicurerà che vengano attuati i provvedimenti
terapeutici proposti. È però importante evitare che interferisca in modo inappropriato nel
nostro rapporto con il malato e, se le condizioni cognitive del paziente lo consentono, non
bisogna permettere che il familiare diventi il nostro principale interlocutore.
L’anamnesi patologica remota deve riguardare oltre che le patologie note, eventuali
allergie, interventi chirurgici, ricoveri ospedalieri. Sarà utile avere informazioni aggiuntive
quali vaccinazioni, misure preventive adottate ed eventuali indagini diagnostiche che
potrebbero aver determinato effetti collaterali o che possono consentirci di restringere con
ragionevole certezza l’ambito delle diagnosi differenziali.
Come visitare gli anziani 11
Malattie note
Allergie note
Ricoveri ospedalieri
Interventi chirurgici
Vaccinazioni effettuate
Accertamenti sanitari recenti
Misure sanitarie preventive (MOC, mammografia, Pap test, ecc.)
Farmaci assunti, con particolare attenzione all’automedicazione ed ai farmaci da banco
(lassativi, diuretici “al bisogno”)
Abitudini voluttuarie e dieta
Grado di autosufficienza
Condizioni socioeconomiche
Familiare di riferimento
Recenti eventi di vita (lutti, pensionamento, ecc.)
In tal senso, non esitate a chiedere al paziente o ai familiari di mostrarvi il luogo in cui
sono conservati i farmaci ed i farmaci stessi e di indicare quale farmaco viene assunto per
un determinato motivo e quale per un altro motivo. Così facendo, diminuisce il rischio di
omissioni o dimenticanze nella raccolta delle informazioni e si possono individuare improprie
modalità di conservazione ed assunzione dei farmaci.
Molti anziani svuotano le confezioni e conservano le compresse in un unico contenitore
con il rischio di confondere le specialità (es., assunzione di farmaco cardiologico in gocce
a scopo ipnoinducente perché confuso con benzodiazepina/antipsicotico, sempre in gocce,
assunte invece regolarmente “per il cuore”); altri, invece, ricorrono all’automedicazione
usando frequentemente farmaci erroneamente ritenuti innocui poiché abituati ad assumerli
da parecchio tempo o perché acquistabili senza prescrizione medica. È classico il caso dei
lassativi, del paracetamolo o dei FANS. L’assunzione abitudinaria ed incontrollata di antin
fiammatori non steroidei per la terapia sintomatica di banali affezioni osteo-articolari, oltre
ad esporre al rischio di emorragie, essendo associata ai fenomeni fisiologici determinati
dall’età, quali una funzionalità renale ridotta o la disidratazione conseguente al ridotto
senso di sete, può portare ad insufficienza renale acuta. Nella tabella 3 sono riassunti alcuni
frequenti problemi riscontrati in seguito al sovradosaggio o alla interazione di farmaci.
Un esame obiettivo completo ed accurato è un altro passaggio fondamentale nella visita
al paziente anziano. Anche in questo caso, la collaborazione offerta dal paziente stesso ne
rappresenta un elemento limitante importante. Il paziente anziano, specie se affetto da
12 L’esame obiettivo: approccio al caso clinico
Tabella 3.
FARMACI SINTOMI
Diuretici Confusione mentale, ipotensione ortostatica, sincope, iperazotemia,
turbe idro-elettrolitiche
Digitale Sintomi depressivi, disturbi visivi, turbe della coscienza, nausea/vomito
FANS Emorragie gastroenteriche, insufficienza renale, ipertensione
Antiipertensivi Ipotensione ortostatica, turbe idro-elettrolitiche, sincope, insufficienza renale (acuta)
Psicofarmaci Alterazioni extrapiramidali, stato confusionale (agitazione); depressione
Lassativi Stipsi, disidratazione e turbe idro-elettrolitiche
Nella somministrazione o nella prescrizione di qualunque terapia siate sempre molto cauti
e graduali; ricordate in particolare, che l’anziano ha un metabolismo diverso e questo vale
anche per i farmaci. Durante i turni di Continuità Assistenziale, 8 chiamate su 10 si riferi
scono a patologie in cui la categoria dei farmaci analgesici, antinfiammatori, antipiretici fa
la parte del leone: è pertanto bene conoscerne a fondo l’uso, gli effetti ed i limiti.
Analgesici
Per un corretto uso di questa categoria di farmaci, dovete cercare il più possibile di
precisare la sede e l’eziologia del dolore ricordando che, in certi casi, la semplice sedazione
del dolore è controproducente se prima non si è posta una corretta diagnosi (basti pensare
alle conseguenze cui può evolvere una appendicite addormentata farmacologicamente senza
che lo stesso paziente se ne renda conto).
Dovete inoltre cercare, indipendentemente dalla partecipazione emotiva del paziente, di
rendervi conto della reale consistenza del dolore, avvalendovi, per esempio, di scale qualita
tive per la valutazione dello stesso come la NRS (di pratico utilizzo, anche telefonico) o la VAS
(se avete a disposizione il supporto cartaceo). In linea di massima, se il dolore è lieve, si può
ricorrere ad un FANS o al paracetamolo. Nel caso di dolore acuto moderato-grave nell’adulto,
si può ricorrere ad una associazione analgesica per via orale, ad es. paracetamolo/tramadolo
cpr 325/37,5 mg oppure dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg.
Posologia adulti:
• Paracetamolo [supposte da 1000 mg: 1 supp. × 2/die o compresse/compresse effervescenti
(dose max giornaliera 3 g; mantenere fra una dose e l’altra un intervallo di 6-8 ore)].
• Acido acetilsalicilico (ASA) cpr 325 mg × 2-3/die o bustine 500 mg (dose max 2 bust x 3
volte/die) oppure ASA /acido ascorbico cpr 400/240 mg × 2-3/die.
• Ibuprofene 200/400/600 mg q8-12 ore (una dose di 400 mg ha un’efficacia analgesica superiore
a 1 g di paracetamolo).
• Diclofenac 50 mg q8-12 ore oppure 75 mg q12 ore in fase acuta.
• Dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg, da 1 a 3 volte/die, ad intervalli di almeno 8 ore.
• Ketorolac gtt 2% 10 mg q4-6 ore (dose max 40 mg/die). Se non è possibile utilizzare la via
orale (ad es. a causa di vomito), in genere è preferibile:
• Diclofenac (1 f. i.m. 75 mg); in alternativa si usa:
• Ketorolac (1 f. i.m. 10 o 30 mg).
• Tramadolo cpr 100-200 mg/die o formulazione in gtt (20 gtt = 50 mg) 50-100 mg q6 ore (dose
max 400 mg/die, adeguare il dosaggio all’intensità del dolore), effetti collaterali comuni sono
capogiri e nausea (possibile associare antiemetico in profilassi).
Nei casi di dolore grave, incoercibile, somministrare:
• Morfina 1 f. 10 mg s.c.
Antinfiammatori, antipiretici
Il farmaco di prima scelta come antipiretico è il paracetamolo; in genere la sua som
ministrazione è indicata quando la febbre si mantiene sopra i 38°C senza accennare a
diminuzione spontanea.
Per il bambino si raccomanderà ai genitori di:
1. garantire un abbondante apporto di liquidi soprattutto nel bambino piccolo
Analgesici, antinfiammatori, antipiretici 15
2. favorire la dispersione del calore evitando di coprire eccessivamente il piccolo con magliette,
golfini, calzini, coperte, ecc., evitare bagni freddi, piuttosto preferire bagni tiepidi che
permettono dispersione di calore per evaporazione
3. evitare di stroncare rapidamente la febbre, poiché la rapida defervescenza può causare
convulsioni febbrili
4. rassicurare in merito a farmaci sperimentati come il Paracetamolo.
Posologia bambini:
Il paracetamolo per OS generalmente può essere dosato come segue:
- <12 anni 10/15 mg/kg/dose ogni 4-6 ore; >12 anni 500-1000 mg/dose ogni 4-6 ore; <3
mesi dose max 60 mg/kg, >3 mesi dose max 80 mg/kg.
- sciroppo 24 mg di Paracetamolo/ml (5 ml = 120 mg):
7-10 kg di peso ➞ 5 ml/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
11-12 kg di peso ➞ 5 ml q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
13-20 kg di peso ➞ 7,5-10 ml/dose q6 ore (max 6 somministrazioni/die)
21-25 kg di peso ➞ 10 ml/dose q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
26-40 kg di peso ➞ 15-20 ml/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
41-50 kg di peso ➞ 20 ml/dose q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
- gocce (100 mg/ml - 1 gtt = 2,7 mg)
3,2-6 kg - >16-23 gtt/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
- supposte da 125, da 250, da 500 mg
Ibuprofene sciroppo 100 mg/5 ml (2,5 ml = 50 mg):
7-10 kg di peso ➞ 2,5 ml/dose q8 ore
11-15 kg di peso ➞ 5 ml/dose q8 ore
15-20 kg di peso ➞ 7,5 ml/dose q8 ore
20-28 kg di peso ➞ 10 ml/dose q8 ore
28-43 kg di peso ➞ 15 ml/dose q8 ore
Esiste anche la formulazione di 200 mg/5 ml (doppia rispetto alla precedente).
- Metamizolo 500 mg/ml gtt orali:
4 mesi -4 anni ➞ 2-6 gtt fino a 4 volte/die
5-14 anni ➞ 10-15 gtt fino a 4 volte/die
>15 anni e adulti ➞ 20-40 gtt fino a 4 volte die.
Sconsigliato l’uso di cortisonici se la causa non è stata individuata.
L’uso razionale degli antibiotici è un problema chiave, non solo per la Continuità Assistenziale,
ma anche per la medicina ospedaliera ed extraospedaliera in generale. Negli ultimi anni
in Italia il problema dell’antibiotico-resistenza ha raggiunto livelli allarmanti. La terapia
antibiotica deve essere prescritta solo quando strettamente necessaria con scrupolosa
attenzione allo spettro d’azione, alla posologia e alla durata del trattamento. Quando il
trattamento antibiotico non è utile, la comunicazione medico-paziente ha un ruolo fonda
mentale: influenza la percezione del paziente riguardo la necessità di ricorrere ad antibiotici.
Delle infezioni tipiche degli Apparati (es.: cistiti, polmoniti, ecc.) parleremo più diffusa
mente nei rispettivi capitoli. È però necessario sottolineare subito un punto: come già detto,
l’intervento del Medico di Continuità Assistenziale è un intervento indifferibile; il Medico di
Famiglia avrà la possibilità nei giorni seguenti di far eseguire esami e di sorvegliare nel tempo
l’evoluzione della malattia.
Con queste premesse, si converrà che sono piuttosto limitate le situazioni in cui l’introdu
zione di un antibiotico in terapia, 12 ore prima, cambi radicalmente il volto di una patologia.
Nei casi in cui si riterrà opportuno instaurare un trattamento antibiotico ecco un breve
riferimento alle diverse classi di antibiotici con rispettiva posologia (valida per le infezioni
batteriche più comuni):
Cefalosporine, Macrolidi e Penicilline semisintetiche.
Tra le cefalosporine, alcune sono le seguenti:
– Acetossietilcefuroxima (250-500 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (II generazione).
– Cefaclor (250-500 mg cpr 2-3/die, ogni 8-12 ore) (II generazione).
– Cefditoren (200-400 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (III generazione).
– Cefixima (400 mg cpr 1/die o 200 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (III generazione)
Tra i Macrolidi ricordiamo:
– Azitromicina (cpr 500 mg in monosomministrazione giornaliera)
– Claritromicina (formulazione RM 500 mg 1 cpr/die; cpr o bustina 250 mg 2/die, ogni 12 ore).
– Miocamicina (600 mg cpr 2-3 /die, ogni 8-12 ore)
Tra le Penicilline semisintetiche consigliamo:
• Amoxicillina/Ac. Clavulanico (1000 mg cpr 2-3/die, ogni 8-12 ore)
In caso di terapia iniettiva:
• Sulbactam/Ampicillina
f. 500 mg + 1 g: 1 f. i.m. 2/die
In presenza di soggetti che abbiano problemi di deglutizione o che per altri motivi non
riescano ad assumere compresse (ad es. soggetti anziani, politrattati, ecc.) una valida
alternativa è data da:
• Cefaclor (os grat 250 mg/5 ml) oppure
• Cefixima (compresse dispersibili 1 cpr 400 mg/die) oppure
• Claritromicina (250 bust 2/die, ogni 8-12 ore)
Antibiotici 17
Queste due categorie di farmaci, peraltro tra loro diversissime, rappresentano il terzo cardine
(ovviamente in termini quantitativi) delle terapie attuate durante la continuità assistenziale.
Dato il grande numero di specialità disponibili e l’ampiezza delle indicazioni, in questo
breve capitolo ci limiteremo a fornire alcune linee guida per l’utilizzo durante la continuità
assistenziale, cioè in patologie acute, rinviando a testi specifici per le problematiche con-
nesse all’uso cronico.
Antistaminici
L’incremento della frequenza di reazioni allergiche o para-allergiche e la natura squisitamen-
te sintomatica degli antistaminici fanno di questa classe di farmaci uno strumento indispen-
sabile per il Medico di continuità assistenziale.
Gli antistaminici meno recenti sono penalizzati da un effetto sedativo sul sistema nervoso
centrale, che rappresenta un fattore di rischio durante l’attività in cui è richiesta attenzione,
come ad esempio la guida di autoveicoli. È pertanto preferibile l’uso di antistaminici orali
di nuova generazione, che non causano sedazione, come ad esempio Rupatadina 1 cpr da
10 mg/die oppure Desloratadina 1 cpr da 5 mg/die oppure Bilastina (1 cpr da 20 mg/die).
Qualora fosse necessaria notevole rapidità d’azione possono essere impiegati gli
antistaminici di prima generazione, disponibili in formulazioni per via parenterale come
la Clorfenamina (10 mg fiala i.m.); in scheda tecnica non è indicato sotto i 12 anni in
formulazione iniettabile.
La posologia pediatrica di alcuni antistaminici orali è la seguente:
Bilastina:
- Nei bambini di 6-11 anni di età con un peso corporeo di almeno 20 kg: 10 mg di bilastina (4 ml
di soluzione orale 2.5 mg/ml oppure 1 cpr orodispersibile da 10 mg) una volta al giorno;
- Al di sopra dei 12 anni di età è appropriata la somministrazione di bilastina 20 mg una
volta al giorno.
Cetirizina (gtt. 1 gt=0,5 mg):
- 1-2 anni ➞ 5 gtt (2,5 mg) 2 v/die;
- 2-6 anni ➞ 5 gtt 2 v/die oppure 10 gtt/die;
- 6-12 anni ➞ <30 kg 10 gtt/die;
- >30 kg ➞ 20 gtt 1-2 v/die.
Loratadina (sciroppo 5 ml/die nel bambino dai 2 anni di età in poi, fino a
30 kg di peso); sopra i 2 anni e >30 kg 10 ml (dose unica al mattino).
Cortisonici
In questo capitolo ci si limiterà esclusivamente ad alcune osservazioni sull’impiego dei
farmaci steroidei in patologie acute. La necessità di agire energicamente e rapidamente su
una condizione flogistica acuta (es. asma bronchiale, flogosi articolare, ecc.) è l’indicazione
elettiva per il trattamento d’emergenza con corticosteroidi. Abitualmente l’impiego sistemico
di breve durata, anche a dosi molto alte, è sostanzialmente sicuro dal punto di vista clinico.
L’entità della dose deve pertanto essere adeguata a bloccare il processo infiammatorio,
ed anche se il dosaggio è in relazione a molteplici fattori, in linea di massima per un
adulto medio la dose di attacco si aggira intorno a 1-2 cpr di Prednisone (cpr 25 mg) o 1
Antistaminici e cortisonici 19
Il dolore è una delle condizioni più frequentemente osservate nella pratica clinica durante
l’attività della Continuità Assistenziale. Si potrebbe sicuramente affermare che il dolore
è una delle cause più comuni della chiamata al Medico di Guardia ed un suo fedele
compagno di lavoro.
Si può anche affermare che la sua conoscenza rappresenta una delle priorità che il Medico
di Continuità Assistenziale deve possedere sul piano pratico. I quadri maggiormente comuni
sono certamente quelli a carattere acuto e/o ricorrente; comunque, è anche possibile
incontrare quadri di dolore cronico e/o di riacutizzazione algica di condizioni croniche,
come ad esempio quello dell’osteoartrosi.
Il dolore, specie se d’intensità moderata o grave, ha un sicuro impatto negativo sul
benessere e sulla qualità della vita dei nostri pazienti, ed è per questo che è necessario
orientarsi presto e possibilmente bene.
Da un punto di vista clinico è importante valutarne subito: intensità, durata, carat
teristiche e se possibile capirne la causa.
Se sull’intensità si deve tenere ben presente quanto questa sia soggettiva e pertanto
non sempre facilmente quantizzabile, dal punto di vista della durata, il dolore può essere
classificato in alcune principali tipologie:
• Dolore acuto, la cui funzione è quella di “segnalare” la presenza di una lesione tissutale
in corso, o di una alterazione dell’omeostasi; di norma si tratta di un dolore localizzato,
che si risolve con la guarigione della condizione patologica che l’ha provocato.
• Dolore cronico, spesso causato dal persistere dello stimolo dannoso e/o da fenomeni
di auto-mantenimento della stimolazione dolorosa anche dopo la risoluzione della
causa iniziale.
• “Dolore acuto ricorrente”, episodio doloroso acuto della durata di poche ore o giorni,
che rappresenta una riacutizzazione di una patologia cronica sottostante e che si
manifesta con carattere “ricorrente” ad intervalli regolari o irregolari.
In relazione al meccanismo eziopatogenetico, si distinguono le seguenti grandi categorie
di dolore:
• nocicettivo - che origina dall’attivazione diretta dei recettori periferici (nocicettori) e viene
successivamente trasmesso al sistema nervoso centrale (SNC) mediante fibre nervose
specifiche (C e Aδ);
• neuropatico - che origina direttamente dalla disfunzione del sistema nervoso centrale e/o
periferico sensoriale, senza una pregressa attivazione recettoriale;
• misto - con una genesi cui partecipano sia l’infiammazione periferica, sia la sensibi
lizzazione centrale, che viene mantenuta dal rilascio di numerosi mediatori, tra cui le
prostaglandine, e contrastata dalle vie inibitorie discendenti attraverso il rilascio di
serotonina e noradrenalina.
• se il dolore persiste o aumenta, si passa al trattamento con oppioidi “deboli” (ad es.,
codeina o tramadolo) in caso di sintomatologia dolorosa moderata (step 2);
• se il dolore persiste o aumenta malgrado l’utilizzo dei farmaci dello step precedente,
si consiglia l’utilizzo degli oppioidi “forti” (ad es., morfina, fentanyl, ossicodone,
metadone, meperidina) (step 3).
Questo approccio “graduale e progressivo”, tuttavia, presenta delle limitazioni nella
sua applicazione pratica, soprattutto nel dolore acuto, ad eziologia multifattoriale e/o
di intensità moderata-grave sin dal suo esordio o che presenta un rapido incremento
della sua intensità. L’importanza di un adeguato e tempestivo trattamento del dolore
acuto, specie di intensità moderata-grave, non solo è giustificata dalla necessità di
evitare un’inutile sofferenza al paziente, ma è anche avvalorata da evidenze scientifiche
secondo cui il dolore acuto non adeguatamente trattato ha il potenziale di trasformarsi
in dolore cronico.
Gli analgesici più frequentemente utilizzati comprendono il paracetamolo, i FANS e
gli oppioidi.
Ricordate sempre quanto possa essere pericoloso “addormentare” un dolore (dall’ap
pendicite, all’infarto del miocardio) in una situazione dove non avete, con ragionevole
certezza, ipotizzato una causa, e di quanto questo possa ritardare una corretta diagnosi
eziologica che qualche volta può addirittura salvare la vita del paziente.
Pertanto, per la gestione del dolore acuto si può consigliare:
• Nel dolore acuto lieve, paracetamolo (1-3 g/die nell’adulto) o un FANS, ad es.
dexketoprofene (1-3 cpr/die) o diclofenac (1-2 cp/die)
• Nel dolore acuto moderato-grave, una associazione precostituita in dose fissa parace
tamolo/oppioide minore, ad es. paracetamolo/tramadolo 325/37,5 mg 2 cpr/die oppure
FANS/oppioide minore, ad es. dexketoprofene/tramadolo (1 compressa da 25/75 mg,
ripetibile secondo necessità con un intervallo di almeno 8 ore tra le assunzioni, senza
superare la dose giornaliera totale di 3 compresse).
Naturalmente, per ogni forma di dolore acuto, al trattamento sintomatico va associato
il trattamento etiologico della condizione patologica che sta alla base delle manifestazioni
algiche, laddove essa risulti identificabile.
Un approccio analogo appare ragionevole anche nelle forme “ricorrenti” di dolore,
almeno per quanto riguarda il trattamento sintomatico delle fasi algiche acute.
Per quanto riguarda il dolore cronico, il trattamento esula dal compito del Medico di
Continuità Assistenziale, che viene interpellato generalmente nel caso in cui il paziente
presenti uno scompenso della sua situazione di base.
Cardiologia
⊲ R. Antonicelli ⊲ D. Caraceni ⊲ L. Pimpini
Dolore precordiale
È questo uno dei sintomi con cui più di frequente avrete a che fare. Il vostro principale
problema sarà stabilire se vi trovate di fronte ad una patologia cardiaca o extracardiaca.
In questi casi è d’importanza fondamentale una corretta anamnesi.
Dovete chiedere in particolare del dolore:
• tipologia (peso gravativo, bruciore, costrizione, dolore urente, dolore “a pugnalata”);
• sede che può essere:
• - tipica: precordio, area retrosternale, giugulo o epigastrio;
• - atipica: mandibola, dorso, addome, emitorace destro;
• irradiazione (braccio o avambraccio in particolare sn., dorso, collo, mandibola);
• durata (fugace, protratto, costante, intermittente);
• modalità d’insorgenza (se è la prima volta che compare tale sintomatologia, a riposo
o dopo sforzo fisico, tensione emotiva, dopo i pasti, notturno, con esordio graduale o
improvviso);
• modalità di regressione (spontanea, sospensione dell’attività fisica, nitrati sublinguali);
• fattori che influiscono sul dolore (cambiamento di posizione, attività respiratoria,
assunzione di farmaci, ecc.);
• sintomatologia associata (dispnea, sudorazione algida, sindrome vertiginosa, senso di
mancamento, sintomi neurovegetativi come nausea e conati di vomito, ecc.);
• precedenti di cardiopatia ischemica (coronaropatia documentata, infarto miocardico,
angioplastica coronarica, by-pass aorto-coronarico).
Queste poche domande, associate ad un’attenta valutazione dei fattori di rischio car
diovascolari (diabete mellito, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo, familiarità
per patologie cardiovascolari) e ad un accurato esame obiettivo, già vi possono orientare a
supporre l’origine cardiaca o extracardiaca del dolore toracico in maniera sufficientemente
precisa.
In linea generale, nel caso in cui il sintomo principale riferito dal paziente sia rappre
sentato da un dolore toracico retrosternale o precordiale, di tipo oppressivo o costrittivo,
irradiato all’arto superiore sinistro, al dorso, al collo o alla mandibola, associato ad eventuale
dispnea, nausea e sudorazione, magari con caratteristiche cliniche simili ad episodi anginosi
precedenti ed associato ad una anamnesi nota di cardiopatia ischemica, diabete mellito
o altri fattori di rischio cardiovascolare ed al riscontro all’esame obiettivo di un quadro di
edema polmonare acuto o stasi polmonare, di insufficienza mitralica transitoria, di toni
cardiaci aggiunti (III e IV tono), di ipotensione arteriosa, allora l’inquadramento diagnostico
potrà ragionevolmente orientarsi verso una sindrome coronarica acuta, suggerendo il ricorso
immediato al ricovero ospedaliero.
Cardiologia 27
Nel caso in cui, invece, i sintomi ischemici riferiti dal paziente non si associno agli elemen
ti anamnestici precedentemente descritti ed all’esame obiettivo, il dolore risulta accentuato
o riprodotto dalla palpazione sul torace, risulta assai improbabile che ci troviamo di fronte
ad un caso di sindrome coronarica acuta e dunque possiamo ragionevolmente far ricorso
alle cure ed eventuali accertamenti predisposti successivamente dal Medico Curante. Se, in
corso di Continuità Assistenziale, ci si può avvalere dell’ausilio di un tracciato ECG (magari
attraverso le moderne metodiche di Telemedicina), la probabilità di trovarci di fronte ad una
sindrome coronarica acuta sarà ulteriormente suggerita dalla presenza di slivellamento del
tratto ST transitorio o di nuova insorgenza >1 mV, dalla presenza di onde Q significative o
dalla presenza di onde T negative.
Nel caso in cui invece il tracciato ECG mostri un appiattimento o inversione dell’onda
T in derivazioni con R dominante, oppure l’elettrocardiogramma si presenti assolutamente
normale, allora la probabilità di trovarci di fronte ad una coronaropatia appare sostanzial
mente bassa (seppur da non escludere del tutto!).
Distribuzione più
comune del dolore
da ischemia miocardica
Mandibola
Interscapolare
Braccio dx
Epigastrio
Il sospetto diagnostico può essere rafforzato da una storia d’ipertensione arteriosa o, più
raramente, di Sindrome di Marfan o malattie del connettivo, dal rilievo obiettivo di un’asim
metria dei polsi arteriosi (carotide, brachiale o femorale) e della pressione arteriosa (sistolica
>20 mmHg), dalla presenza di soffi patologici a livello cardiaco e/o vascolari: carotideo e/o
periombelicali, soprattutto se il paziente non ne era preventivamente a conoscenza, dalla
presenza di deficit neurologici focali.
Anche l’ipotensione e la sincope possono essere sintomi di accompagnamento.
Nel sospetto di dissezione aortica allertare immediatamente il servizio di emergenza.
Pericardite
Una pericardite acuta si può presentare con diversi segni e sintomi aspecifici e variabili
in base alla eziologia, tuttavia va sospettata quando un paziente riferisce:
• Dolore precordiale persistente, di tipo pleuritico o superficiale, generalmente accentuato
dagli atti respiratori (in particolare inspirazione)
• Attenuazione della sintomatologia dolorosa se il paziente piega il torace in avanti e
accentuato dalla posizione supina
• Presenza di sfregamenti pericardici
• Febbre
• Frequente associazione anamnestica di precedenti affezioni delle vie aeree superiori o
positiva per precedenti episodi pericarditici.
Suggerire il ricovero per accertamenti; nel frattempo si possono somministrare FANS, tipo:
1) Ibuprofene 600-800 mg (da ripetere ogni 8 ore) oppure Indometacina 25-50 mg (da
ripetere ogni 9 ore) (ESC classe I, livello A).
2) In caso di “insuccesso” terapeutico con l’utilizzo di soli FANS è raccomandato l’uso as
sociato di colchicina (ESC classe I, livello A), ma sarà eventualmente un atto terapeutico
a carico del presidio ospedaliero dove il paziente verrà ricoverato.
Costocondrite
In questo caso il dolore è superficiale, di tipo puntorio, può essere accentuato con la
compressione sulle articolazioni condrocostali e con la compressione anteroposteriore della
gabbia toracica. Posta questa diagnosi, sono utili analgesici-antiinfiammatori come Ibu
profene (600 mg 1 bustina x 2), riposo funzionale ed apposizione di ghiaccio a livello locale.
Ernia jatale
• Presenza di dolorabilità epigastrica prevalentemente sottoforma di bruciore retrosternale,
talora associato ad eruttazioni. Il dolore aumenta in clinostatismo o facendo inclinare in
avanti il paziente seduto ed il soggetto riferisce una storia di rigurgiti acidi; in genere
si attenua dopo l’assunzione di farmaci antiacidi ed inibitori di pompa protonica (per la
prescrizione vedi nota AIFA 1 e 48 nel capitolo “Gastroenterologia”):
1. Magnesio idrossido/algeldrato (sciroppo 1 cucch.)
2. Magnesio idrossido/alluminio idrossido/dimeticone (compresse masticabili)
3. Levosulpiride (10-15 gtt ai pasti)
4. Esomeprazolo (20-40 mg 1 cpr) oppure Omeprazolo (20 mg 1 cpr/die) oppure
Pantoprazolo (20 mg 1 cpr/die)
• Dolore alla deglutizione o disturbi della deglutizione durante gli accessi dolorosi devono
farvi supporre possibili patologie a carico dell’esofago.
Cardiologia 31
Tamponamento cardiaco
Questa grave emergenza cardiologica è caratterizzata da:
• Paziente pallido, sudato, sofferente
• Obiettivamente il segno più importante è la riduzione fino alla scomparsa del polso
radiale durante l’inspirazione (polso paradosso); si hanno inoltre tachicardia, dispnea,
grave ipotensione, turgore delle giugulari; i toni cardiaci sono nella maggior parte
dei casi ipofonici. Ricoverate d’urgenza.
ATTENZIONE:
Evitate l’uso di diuretici.
Embolia polmonare
Tale patologia è ampliamente trattata nel capitolo “Pneumologia”.
Sincope
Per sincope s’intende una transitoria perdita completa di coscienza, dovuta ad ipo-
perfusione cerebrale globale, a rapida insorgenza, in genere di breve durata e con risoluzione
spontanea e completa. La sincope può essere neuromediata (vaso-vagale, situazionale, da
ipersensibilità del seno carotideo), da ipotensione ortostatica o legata a cause cardiache,
aritmiche (bradi- o tachiaritmie) o strutturali (stenosi aortica, cardiomiopatia ipertrofica,
tamponamento cardiaco, embolia polmonare).
Quando siete chiamati in queste situazioni di solito il paziente si è risvegliato, prov
vedete ad effettuare la misurazione dei valori di pressione arteriosa e frequenza cardiaca
possibilmente in clino- ed ortostatismo, la valutazione dello stato neurologico e dello stato
di idratazione, cercate inoltre la presenza di soffi sia a livello cardiaco che vascolare caro
tideo. In ogni paziente con sincope è inoltre necessaria, se disponibile, la registrazione di un
elettrocardiogramma (ECG) ed è consigliabile allertare subito il 118 per un possibile ricovero.
Nei casi più lievi, la semplice attuazione o correzione della terapia prescritta, è sufficiente
a risolvere il quadro. Nel caso di malati non trattati o di fronte a scompenso cardiaco grave
che è insorto acutamente e che ha portato ad un edema polmonare acuto, disponete subito il
ricovero. È particolarmente importante riconoscere i principali segni e sintomi che potrebbero
indicare uno scompenso cardiaco in atto:
- dispnea (allo sforzo, ortopnea, parossistica notturna)
- tosse e/o rantoli
- astenia e aumento di peso
32 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
NB: edema polmonare avviene in <3% dei casi mentre lo shock cardiogeno vero e
proprio in <1% dei casi (con esordio rapido generalmente).
La gestione dello scompenso cardiaco acuto in senso stretto richiede una ospedalizza
zione tempestiva. È possibile tuttavia in attesa dell’arrivo del servizio di emergenza attuare
alcune manovre terapeutiche:
1) somministrare O2 (se disponibile) in pazienti con SaO2<90% (ESC classe I, livello C)
2) somministrare diuretici dell’ansa endovena o i.m. (meglio non per OS!) come la furosemide
(ACCF/AHA classe I, livello B) con una dose variabile da 40 a 100 mg a boli intermittenti
o infusione continua (la dose iniziale dovrebbe essere pari o superiore a quella orale
assunta cronicamente nelle 24 h)
3) è possibile usare oppiodi (es. 1/2 fiala di morfina da 5 mg s.c. o i.m.) in particolare
in pazienti molto agitati, con sintomi respiratori importanti, in modo da favorire una
respirazione più fisiologica (ESC classe IIb, livello B)
4) si consiglia di far assumere al paziente posizione seduta per una respirazione più efficace.
Tutte queste misure sono solamente un trattamento iniziale parziale, considerando la
disponibilità generale di farmaci in Continuità Assistenziale e il setting di lavoro.
Arresto cardiaco
Trovandovi di fronte a questa drammatica evenienza, è opportuno agire come ampiamente
descritto nel capitolo “Primo Intervento”.
Cardiologia 33
Crisi ipertensiva
Molti pazienti con ipertensione severa >180/120 sono asintomatici (urgenza ipertensi
va) e non hanno compromissione d’organo. Nell’urgenza ipertensiva è possibile avere una
moderata cefalea di accompagnamento. Tuttavia l’esame obiettivo del paziente con crisi
ipertensiva, anche per valori <180/120 deve escludere la presenza di:
1) traumi o lesioni craniche
2) sintomi neurologici generici (delirio, convulsioni, disturbi della vista ecc) o focali (sug
gestivi per stroke)
3) Nausea e vomito (ipertensione endocranica)
4) Dolore o peso toracico (IMA o dissezione aortica)
5) Dolore acuto al dorso (dissezione aortica)
6) Dispnea (TEPA)
7) Gravidanza (eclampsia/preeclampsia)
8) Uso di sostanze con azione adrenergica (es. cocaina, amfetamina ecc).
Se anche uno solo dei precedenti è presente, il paziente ha una emergenza ipertensiva e
va gestito a livello ospedaliero, nel reparto dedicato di emergenza con monitoraggio costante
della pressione, farmaci e.v. e gestione dei danni d’organo (ACC/AHA classe I, livello B-NR).
Una volta esclusa una emergenza ipertensiva è bene comprendere che trovatisi davanti
ad una urgenza ipertensiva è buona norma ridurre la pressione in modo graduale (non più
del 30% in alcune ore) e non in modo improvviso al fine di evitare possibili eventi cerebro-
cardiovascolari paradossi (UpToDate grado 2C).
Approccio terapuetico:
1) mettere sdraiato a riposo il paziente in una stanza tranquilla (questo approccio può
ridurre la pressione >20/10 mmHg in circa 1/3 degli adulti)
2) se non efficacia quanto al punto 1) procedere con terapia farmacologica
3) utilizzare Captopril (25 mg) se si intende ridurre la pressione gradualmente oppure
Furosemide 20 mg (1-2 fiale e.v. o i.m.) specialmente per “controllare” i valori pressori
di soggetti che presentino una crisi ipertensiva con iniziali segni di scompenso (dispnea,
cardiopalmo, ecc.).
4) potenziare farmaci antipertensivi già in terapia oppure instaurare una nuova terapia
antipertensiva “long acting” se si vuole ridurre la pressione in giorni (es. Amlodipina).
È altresi possibile ridurre la pressione come da strategia 3), osservare l’abbassamento
pressorio e poi somministrare un farmaco long acting come da strategia al punto 4).
Se il paziente non viene inviato in pronto soccorso, in ogni caso è bene raccomandare un
successivo controllo clinico presso il proprio Medico di Medicina Generale.
Ipotensione
Frequenti cause d’ipotensione sono:
a. Lo shock. Questa grave situazione clinica è caratterizzata in genere da:
• ipotensione
• tachicardia
• oliguria
• obnubilamento del sensorio
34 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
• tachipnea
• estremità fredde e marezzate (eccetto nello shock settico, anafilattico e neurogeno ove
le estremità sono calde)
• acidosi metabolica
• iperlattatemia.
Come è noto lo shock può essere legato a diverse cause, in particolare:
• shock cardiogeno (es., gravi deficit di pompa);
• shock settico (gravi infezioni);
• shock ipovolemico (es., gravi emorragie);
• shock anafilattico (es., puntura d’insetti);
• shock neurogeno (es., antipertensivi, assunzione di farmaci a scopo di suicidio, es.
barbiturici).
Naturalmente in tutti questi casi la terapia deve essere eziologica. La vostra principale
preoccupazione deve essere quella di assicurare un ricovero immediato. Nell’attesa del
ricovero, successivamente ad un’attenta valutazione clinica (campi polmonari, toni aggiunti
cardiaci, turgore giugulare, grado di idratazione), potete iniziare a tentare di distinguere
grossolanamente alcune eziologie:
1. Shock ipovolemico: causato generalmente da colpo di calore, vomito, diarrea, emorragia,
ematemesi, ematochezia, rottura aneurisma aortico.
2. Shock cardiogeno (vedi “Scompenso cardiaco acuto”).
3. Shock anafilattico: in questo caso il paziente presenterà ipotensione, stridore inspira
torio, edema cavo orale o al volto, orticaria, storia di recente esposizione ad allergeni
(es. puntura di ape). Questi pazienti devono ricevere tempestivamente adrenalina
(UpToDate grado1A) i.m. (1:1000) sulla faccia medio-laterale della coscia alla dose di
0,3 mg oppure se in possesso di autoiniettori la dose abituale è di 300 mcg, ripetibile
dopo 5-15 minuti. A seguito è anche utile somministrare antistaminici e corticosteroidi
meglio se e.v.
4. Shock settico: caratterizzato da febbre, ipotensione e sospetta sorgente settica.
b. L’uso di farmaci che comportano come effetto collaterale ipotensione posturale.
c. Un insieme di circostanze quali: elevata temperatura ambientale, sudorazione intensa,
scarsa alimentazione per mancanza di appetito (es., grave insufficienza renale), diarrea
profusa, vomito. Per quanto riguarda queste ultime situazioni, nei casi lievi è sufficiente
consigliare al malato riposo ed abbondante idratazione (diagnosi differenziale con shock
ipovolemico).
Vanno inoltre proibite al paziente azioni potenzialmente pericolose come: bagno o
doccia, guida di veicoli, salire su scale, maneggiare recipienti contenenti, per esempio,
acqua bollente.
miche di una certa entità, vomiti o diarree particolarmente profuse o prolungate (a causa
di disturbi elettrolitici), oppure patologie gravi come l’infarto, la rottura di un aneurisma
aortico, l’embolia polmonare, ecc.
È molto importante anche cercare di stabilire se tale sintomatologia si è manifestata acu
tamente, oppure se il paziente ricorda questi sintomi da molto tempo e come viene tollerata.
Il problema del trattamento delle aritmie è uno dei più spinosi nella Continuità Assistenziale.
Tenete presente che tutte le aritmie manifestatesi acutamente, o il peggioramento di
situazioni croniche in fase di compenso funzionale, sono situazioni potenzialmente gravi,
poiché da un momento all’altro il quadro sintomatologico può variare (spesso in peggio). In
generale è buona norma agire come segue:
• chiedere al malato o ai parenti se è già in atto un trattamento con farmaci antiaritmici
ed eventualmente di quale tipo, digitale in particolare;
• valutate la cadenza ritmica (tachicardia) o aritmica (fibrillazione atriale o frequenti
extrasistoli) del polso.
Dal punto di vista pratico, l’evenienza forse più frequente è una crisi di:
a) Fibrillazione atriale.
All’auscultazione il ritmo è completamente irregolare, i toni cardiaci d’intensità va
riabile, il polso periferico completamente aritmico (utile valutare contemporaneamente
polso arterioso ed auscultazione cardiaca). Assai frequenti astenia, cardiopalmo e dispnea
moderata, minzione aumentata e tolleranza allo sforzo ridotta. Non è infrequente riscontrare
precordialgie, lipotimie o senso di obnubilamento. Valutare innanzitutto il tempo di insorgenza
dell’aritmia, ricordando che è possibile inviare il paziente a cardioversione solo se insorta
entro 48 h, il grado di compenso emodinamico mediante un’attenta auscultazione dei campi
polmonari ed una valutazione della presenza o meno di turgore giugulare (alcuni pazienti
si presentano infatti con eventi embolici o scompenso cardiaco). Sebbene una Fibrillazione
Atriale di primo riscontro sia meritevole di maggiore inquadramento ospedaliero, è possibile
dividere le situazioni in 2 grandi gruppi:
1) FA databile <48 h: in questo caso il paziente potrebbe essere candidabile a cardioversione
pertanto è meritevole di invio in ospedale
2) FA non databile oppure databile >48 h: il paziente andrebbe scoagulato per almeno 3
settimane prima della cardioversione (ACC/AHA, ESC classe I livello B).
Altre evenienze:
b) Tachiaritmie (>100 bpm).
Per tachiaritmia si intende ritmo anomalo con frequenza cardiaca >= a 100 bpm. Segni
e sintomi correlati possono essere: shock, ipotensione, scompenso cardiaco, dispnea, dolore
toracico, IMA, palpitazioni e/o obnubilamento dello stato di coscienza.
Non è possibile identifcare il tipo di aritmia senza l’esecuzione di ECG a 12 derivazioni,
pertanto, se non in possesso di strumenti o adeguata formazione, è categorico l’invio in
pronto soccorso.
Un primo atto diagnostico che il Medico di Continuità Assistenziale può mettere in atto
una volta riscontrata una tachiaritmia è valutare la stabilità emodinamica.
c) Bradiaritmie (<60 bpm).
Per bradicardia si intende ritmo anomalo con frequenza cardiaca <60 bpm. Segni e
sintomi correlati possono essere palpitazioni, sincope, dispnea, astenia, intolleranza all’eser
36 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
cizio fisico, malessere generale, oppure il paziente può essere totalmente asintomatico. Altri
sintomi possono invece essere legati a instabilità emodinamica come obnubilamento dello
stato mentale, dolore toracico, scompenso cardiaco acuto, ipotensione. In questa patologia
è fondamentale identificare la causa sottostante. A questo scopo sicuramente può aiutare
la storia clinica (per es. presenza di ICD o pacemakers, anamnesi cardiologica, farmaci
come betabloccanti, calcioantagonisti o digossina) e l’esame obiettivo ma è fondamentale
eseguire l’ECG in tutti i pazienti con bradicardia. Il paziente è comunque sempre meritevole
di gestione ospedaliera.
regolare irregolare
Tachicardia sinusale Fibrillazione atriale
TPSV - Flutter atriale Battiti ectopici multipli
Tachicardia ventricolare
Cardiologia 37
Le cure palliative rappresentano una branca della medicina che dovrebbe essere offerta al
paziente oncologico già a partire dalla diagnosi oppure in presenza di sintomi non gestiti
ottimamente, indipendentemente dalla prognosi. Le cure palliative infatti, benché spesso
erroneamente così identificate, non sono caratteristiche solo del fine vita. Il Medico di Conti
nuità Assistenziale (CA) tuttavia è sempre più frequentemente chiamato ad assistere proprio
i malati terminali (Tabella). Accanto alle poche realtà ove la sua presenza è inserita in una
risposta organizzativa strutturata in cui l’integrazione delle figure professionali coinvolte è
qualificata dalla condivisione dei percorsi assistenziali e da efficaci scambi informativi, in
ancora troppi casi il Medico di C.A. è coinvolto nell’assistenza di questi malati in assenza di
protocolli operativi condivisi, di adeguate informazioni, di possibilità di relazione con gli altri
operatori preordinate. Per questo motivo abbiamo ritenuto utile inserire questo breve capitolo
che si prefigge l’obiettivo di offrire, attraverso la descrizione dei sintomi (in ordine alfabetico)
ed il loro possibile trattamento in un paziente terminale, una sintesi delle problematiche di
più frequente riscontro; si rimanda ai testi specifici per un più esaustivo approfondimento.
Le cure palliative sono l’unica scelta ragionevole nel paziente terminale. Terminale è un
paziente a prognosi infausta, che ha una aspettativa di vita limitata, in cui le cure specifiche
non trovano più indicazione o sono state sospese su richiesta del paziente stesso. L’obiettivo
delle cure palliative è di offrire la migliore qualità di vita.
Nelle cure palliative bisogna mettere in atto i mezzi idonei per togliere o attenuare i
sintomi. Il medico di Continuità Assistenziale viene a conoscenza della terminalità dalla
documentazione disponibile al domicilio del malato, dal racconto dei familiari o della persona
stessa o da informazioni lasciate dai medici curanti. È infrequente, anche se possibile, che
debba essere lui a comunicare lo stadio terminale.
1. Ascite
Può essere causata da carcinosi peritoneale, stasi portale (cirrosi, metastasi epatiche,
fegato da stasi), blocco linfatico sottofrenico, carcinoma ovarico. Se il versamento è molto
Cure palliative 39
scarso e tollerato è possibile non dare terapia. Una combinazione di diuretici permette un
controllo prolungato in buona parte dei pazienti: un possibile schema terapeutico potrebbe
iniziare con spironolattone cpr da 100 mg (fino a massimo 400 mg/die) e aggiungere furo
semide a partire da 25 mg (fino a 160 mg/die).
Se è molto abbondante, il paziente risulta sintomatico e non ha risposto ai diuretici, è
necessario far eseguire una paracentesi in situazione protetta. Ciò determina un sollievo
immediato del paziente, ma di breve durata.
Il dolore e la dispnea vanno controllati con morfina, anche per via orale, iniziando con
5 mg (4 gocce) e aumentando la dose progressivamente del 50%. Se il paziente è già in
trattamento la dose va calcolata (almeno 1/6 della dose giornaliera).
2. Astenia
Cause di astenia diverse dalla malattia di base possono essere metaboliche, farmaci,
depressione, deficit nutrizionale, anemia, infezioni, ipercalcemia, insufficienza d’organo. Non
ha un trattamento nell’urgenza. Un benessere temporaneo potrebbe essere raggiunto con
somministrazione ciclica di glucocorticoidi (es. a partire da 4-8 mg/die di desametasone
per os o via parenterale).
3. Depressione
Non esiste un trattamento di emergenza per la depressione, se non la sedazione con
neurolettici. La relazione medico-paziente è il più importante caposaldo del trattamento.
Una terapia con antidepressivi dovrebbe essere iniziata prima di arrivare ad una situazione
di emergenza.
4. Disfagia
L’ostruzione neoplastica intrinseca o estrinseca può frequentemente beneficiare di una
terapia antiedemigena con glucocorticoidi (es. desametasone a partire da 4 mg/die per os
o parenterale).
5. Disidratazione-anoressia
Ricordare che entrambe, nel caso specifico del malato terminale, non hanno alcuna
finalità terapeutica ed hanno significato solo se percepite soggettivamente come utili e se
migliorano il comfort del paziente. Il medico deve informare i familiari che l’alimentazione
non è assolutamente indispensabile per un malato terminale.
Se si ritiene indicata l’idratazione, e non è possibile per via orale, si ricorre a fleboclisi
di soluzione fisiologica, cui si possono aggiungere eventuali altri farmaci sintomatici, o
alla via sottocutanea (ipodermoclisi: la faccia anteromediale della coscia è la posizione
migliore, a bassi volumi e non superiori a 60-80 ml/ora. Attenzione a non utilizzare a volumi
superiori a 1-1,5 litri/die. Raggiunta questa soglia è saggio cambiare sito di infusione). Nel
contesto di una anoressia è anche ipotizzabile, qualora se ne abbia giovamento in quantità
ma soprattutto in qualità della vita, l’uso di megestrolo 160 mg, che ha come indicazione
la perdita di peso secondaria a neoplasie.
40 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
6. Dispnea
L’ossigenoterapia è efficace solo se c’è ipossia (verificabile con un saturimetro portatile).
Se si sospetta una insufficienza cardiaca somministrate 2 fiale o più di furosemide. In tutti
gli altri casi desametasone ad alti dosaggi (fino a 16 mg). Se la causa della dispnea non è
eliminabile trattare il sintomo con morfina cloridrato 2,5-10 mg per os o 3-5 mg e.v. o s.c.
aumentabili del 25% se paziente già in terapia con morfina) e benzodiazepine. Se l’agitazione
non è ancora controllata vedi paragrafo “Stati Confusionali”.
8. Disturbi urinari
Se si sospetta una causa infettiva sarebbe ideale il controllo con stick urine, in caso
di conferma, non potendo avere un antibiogramma, è ipotizzabile uso di antibiotici (vedi
Capitolo “Nefrologia e Uroandrologia”). È possibile valutare l’uso di un anticolinergico.
Se si manifesta dolore addominale in un portatore di catetere provate a sgonfiare legger
mente il palloncino. È importante accertarsi sempre che non ci sia un’ostruzione (ischuria
paradossa) valutando il globo vescicale sovrapubico, che richiede una cateterizzazione
o, se è già presente il catetere, una sua disostruzione ottenuta grazie ad un lavaggio con
soluzione fisiologica.
Dolori tipo colica si trattano con sintomatici (ad es. FANS) per via iniettiva. Se questi
risultano inefficaci si ricorre alla morfina.
Cure palliative 41
9. Dolore
Gli oppioidi sono il cardine della terapia analgesica.
La terapia del dolore segue una strategia terapeutica antalgica basata sulla scala
analgesica a 3 gradini dell’OMS:
I gradino: FANS/Paracetamolo +- adiuvanti
II gradino: oppiodi deboli +- FANS/Paracetamolo +- adiuvanti
III gradino: oppiodi forti +- FANS/Paracetamolo +- adiuvanti.
Questa scala analgesica rappresenta il gold standard nel trattamento del dolore da
cancro nell’anziano (AIOM D positiva debole). La morfina (III Gradino scala OMS) oltre a
essere l’analgesico migliore, interviene anche sulla dispnea, favorisce la broncodilatazione,
la vasodilatazione periferica, diminuisce la frequenza respiratoria e provoca un rilassamento
generale. Gli oppioidi transdermici non possono essere introdotti in questa fase per la loro
lenta farmacocinetica iniziale (anche 12 ore). Quando non risulta più praticabile la via
orale, la formulazione più usata è la morfina cloridrato in fiale da 10 mg attraverso la via
sottocutanea (AIOM A positiva forte), con opportune pompe di erogazione, o intermittente
ogni 4 ore (posizionare un butterfly o un angio-set).
Se il paziente non è attualmente in terapia con morfina, la dose di partenza suggerita
è di 5-15 mg, la via di somministrazione per os. Se invece il paziente è gia in terapia per
os, la dose va calcolata, secondo le tabelle di conversione 2:1 per la via sottocutanea, 3:1
per la via endovenosa.
Per esempio: se era in trattamento con beneficio usando morfina orale a rilascio prolungato
60 mg × 2, totale 120 mg nelle 24 ore passare a 60 mg per via sottocutanea o a 40 mg
per via endovenosa (dose giornaliera).
Inoltre è molto efficace e sempre più utilizzato per controllare il BTcP da cancro il fentanil
citrato per via transmucosa (oromucosale, sublinguale o intranasale), se lo si ha disponibile
in borsa o se disponibile a casa del paziente.
Ci sono molte resistenze all’uso della morfina. Il messaggio deve essere chiaro: a dosi
adeguate, aumentando la dose gradatamente ogni volta non più del 50%, la morfina è una
terapia sicura ed efficace! Gli effetti avversi della morfina sono la nausea (che può essere
prevenuta con farmaci quali la metoclopramide), la stipsi (ben controllabile anche con
farmaci da banco) e la sedazione.
10. Edemi
Determinano uno stato di ansia nel paziente e nella famiglia. Va considerata la fisio
patologia dell’edema, che in questo testo però non può essere discussa esaurientemente.
L’ipoalbuminemia facilita la formazione di edemi. Si ottiene beneficio col posizionamento
di fasce o calze elastiche.
Furosemide e Spironolattone possono essere di notevole aiuto per periodi temporanei.
Più grave l’edema da ostruzioni che impediscono il ritorno venoso o linfatico, con edemi
asimmetrici: in questi casi sono meno utili i diuretici, vantaggiosi i corticosteroidi per il loro
effetto antiedemigeno. I massaggi sono importanti e hanno sempre un favorevole effetto
psicologico. Evitare, finché possibile, di immobilizzare il paziente in posizione di scarico. In
presenza di edemi duri con cute arrossata a buccia d’arancia, pensare a dermoepidermite
piogenica che necessita di terapia antibiotica. Se l’edema procura dolore il paracetamolo a
dosi analgesiche (1000 mg massimo x 3/die) è una scelta corretta.
11. Emorragia
Emottisi, emorragia rettale, vaginale, lesioni del cavo orale: acido tranexamico (fl e
cpr da 500 mg) fino a 3 g anche per os al dì o anche per uso topico (garza imbevuta per
esempio nel tamponamento di un’epistassi o nella medicazione di una lesione cutanea);
Ematemesi: sospendere i farmaci gastrolesivi, utilizzare sucralfato, H2 antagonisti o
inibitori di pompa orosolubili (tipo lansoprazolo 30 mg orodispersibile). Se il paziente col
lassa, come avviene in alcuni casi di cancro del polmone per improvvisa vomica di sangue,
valutare in base alle aspettative di vita, anche con la famiglia, l’opportunità di ricovero
ospedaliero per trasfusione. Se non è opportuno rianimarlo, sedare con diazepam 10 mg
e.v. e/o morfina cloridrato.
12. Febbre
Spesso accompagna l’ultima fase di un malato terminale per neoplasia. Se si escludono
le infezioni batteriche o virali, micosi, il trattamento è solo sintomatico, per dare sollievo.
• paracetamolo 1000 mg ogni 6 ore (se disponibile 50 ml o 100 ml ogni 6 ore)
• metamizolo (20 gtt 500 mg 4 volte al dì, la dose può essere raddoppiata oppure
utilizzare 1 fl da 1 g im o e.v.)
Consigliare l’idratazione: la febbre e la conseguente disidratazione facilitano la comparsa
di agitazione psicomotoria, che, se non recede con l’abbassamento della temperatura, va
trattata con neurolettici.
Le febbri paraneoplastiche spesso rispondono ai corticosteroidi.
15. Prurito
Sintomo controllabile con l’adeguata gestione del malato, generalmente compito non
della Continuità Assistenziale. Chiamati tuttavia per un prurito generalizzato, somministrare
antistaminici oppure, se in presenza di prurito associato ad ansia o insonnia, è possibile
valutare l’uso di idrossizina per os (25 mg) o prometazina im o e.v. (fl da 50 mg) entrambi
molto sedativi. Il prurito, in particolare se associato a lesioni da graffio sulla cute o infiam
mazione, può giovare dall’utilizzo di cortisonici.
16. Singhiozzo
Potete consigliare di effettuare, nell’attesa del vostro arrivo, le manovre semplici per
interrompere il singhiozzo: valsalva, rebreathing (far respirare in un sacchetto di plastica),
iperestensione del capo.
44 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Di fronte al sintomo refrattario valutare dalla storia clinica le possibili 3 cause e inter
venire con farmaci per via parenterale:
- da lesione cerebrale: clorpromazina 25/50 mg x massimo 3 volte/die. Anche il baclofene
10 mg x 3/die ha dimostrato efficacia in soggetti con lesioni cerebrali e singhiozzo, in
particolare sul paziente con sintomatologia cronica (off-label)
- da compressione del nervo frenico (come nel gozzo, adenopatia, ostruzione cava superiore,
ascite, neoplasie gastriche e esofagee, pericardite e sindrome mediastinica): cortisonici
Attenzione che in soggetti già in terapia con glucocorticoidi, la causa del singhiozzo
potrebbero essere i glucocorticoidi stessi. È descritto un beneficio con un cambiamento
(switch) di molecola.
- da distensione gastrica: metoclopramide (fl da 10 mg fino a 3/die) o levosulpiride;
l’intervento più corretto sarebbe l’applicazione di un sondino naso-gastrico, di solito
non disponibile al letto del malato, e spesso non accettato.
18. Stipsi
Provocata da varie cause, va prevenuta (AIOM C positiva forte) per esempio tramite
l’utilizzo incrementale di derivati della senna.
Una stipsi persistente andrebbe trattata attraverso l’utilizzo di facilitatori dell’alvo come
supposte di glicerina oppure lattulosio.
Come talvolta accade in questi pazienti, la stipsi è però oppiode-indotta di conseguenza
in questi casi, oltre ai classici farmaci, è opportuno valutare l’uso di antagonisti dei recettori
mu periferici degli oppiodi come naloxegol (1 cpr da 15 mg/die) (AIOM B positiva debole).
In presenza di fecaloma, invece, si può sviluppare una ostruzione parziale, che provoca
dolore addominale e talvolta diarrea paradossa. Per coloro che possiedono l’adeguata
formazione, se il paziente è compliante, è possibile tentare una rottura manuale dello
stesso, premedicando con morfinoderivati (in base alla dose giornaliera) e/o diazepam se
il paziente è agitato.
Cure palliative 45
19. Tosse
Terapia causale quando possibile: antibiotici nelle infezioni, broncodilatatori e cortisonici
nell’asma, diuretici nello scompenso cardiaco, cortisonici nella infiltrazione neoplastica.
Levodropropizina (60 mg pari a 20 gocce fino a 3 volte/die o Diidrocodeina 10,25 mg/ml (fi
no a 30 gtt x 4 /die) come sintomatici.
È sempre comunque possibile ricorrere alla morfina.
LA SEDAZIONE PALLIATIVA
In cure palliative va tentato in ogni modo il controllo del sintomo: i dosaggi indicati,
cioè quelli presentati nelle schede tecniche, possono talvolta essere superati, anche
se in modo progressivo. Tuttavia il sintomo può essere refrattario. Un sintomo è
refrattario quando non è più adeguatamente controllabile con una terapia che non
comprometta la coscienza. Di fronte a un sintomo refrattario bisogna decidere di
attuare la sedazione palliativa.
La sedazione palliativa è la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi
farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la
percezione di un sintomo, altrimenti intollerabile per il paziente, nonostante siano
stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo stesso che
risulta, quindi, refrattario.
Non è possibile fornire un dosaggio universale valido per tutti i pazienti, poiché la dose e
il tipo di farmaco dipendono dalla situazione clinica e dai farmaci in terapia al momento
della sedazione, tuttavia si possono dare delle linee guida generiche. Se disponibile
un accesso venoso: soluzione fisiogica + 30 mg morfina (3 fl o più se paziente già in
trattamento con oppioidi) + clorpromazina (1 fl 50 mg) + eventuale induzione rapida
del sonno con 30 mg di midazolam (2 fl da 15 mg) o 20 mg di diazepam (2 fl da 10 mg).
Se non disponibile un accesso venoso la morfina si somministra sc e la clopromazina im.
Il processo decisionale per la sedazione deve coinvolgere la persona, se cosciente, i
familiari e ogni altro operatore sanitario presente.
La sedazione palliativa andrebbe somministrata da un medico che si sia sottoposto
ad un corso di formazione sulla fase finale.
Dermatologia
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Ustioni
La prima cosa da fare è valutare gravità ed ampiezza della superficie ustionata. Nei casi
gravi (ustione complicata da un trauma grave o danno da inalazione, ustione chimica, ustione
elettrica ad alto voltaggio e, in genere nell’adulto, ogni ustione che coinvolga più del 20%
della superficie corporea fatta eccezione per quella solare) la vostra prima preoccupazione
sarà di telefonare al 118 o al numero unico d’emergenze (NUE), presente in quasi tutti gli
Stati dell’Unione Europea, 112 e far organizzare al più presto i soccorsi. Nell’attesa potete:
1) Valutare il dolore ed eventualmente somministrare analgesia al bisogno
2) Lavare le lesioni con soluzione fisiologica 0,9% o con soluzione di Ipoclorito di Sodio o
Clorexidina 0,05%
3) Rimuovere tutto il materiale estraneo ed i lembi di epidermide scollata e necrotica
4) Aprire e svuotare le flittene voluminose (>3 cm) o in sedi articolari, risparmiando, se
possibile, il tetto della bolla che costituisce una utile medicazione biologica
5) Rasare i peli intorno all’area lesa
6) Medicare con garza non aderente (non è necessaria a flittene integre) a cui sovrapporre
per le prime 24-48 ore un impacco di blando antisettico (ipoclorito di sodio/clorexidina
0,05%) eventualmente da far rinnovare a casa o in alternativa una pomata antimicrobica
e garza sterile.
7) In caso di lesioni molto essudanti utilizzare garze asciutte fissate con l’applicazione di
una maglia tubulare a rete o tubigrip, assicurandosi che non sia costrittivo.
8) Sollevare e mettere la parte lesa in scarico per ridurre gli edemi.
bolle integre al di sotto dei 3 cm per il rischio di possibili infezioni, pulire quelle aperte.
Adottare preferibilmente una medicazione chiusa con garze medicate nelle fasi più
essudanti (bagnate), e pomate antibiotiche in quelle successive più asciutte. Utile:
Acido Fusidico crema due applicazioni/die.
II Grado profondo limitato a piccole aree = Eritema intenso, edema e bolle estese. Bruciore
moderato. Guarigione in più di quattro settimane con cicatrici se non si applicano innesti.
La medicazione locale è come la precedente.
III Grado limitato a piccole aree = Escara pallida o bruna. Dolore assente o modesto.
Assente capacità di guarigione in assenza di atti terapeutici. Rimuovere i tessuti necrotici,
medicazioni locali come prima usando pomate antibiotiche (Acido fusidico crema) due
applicazioni/die.
ATTENZIONE: Non applicare mai acqua fredda e non strofinare mai la cute
colpita.
Può essere utile ricordare che le nematocisti chiuse staccate dai tentacoli possono essere
attive ancora per settimane sulle spiagge dove vengono riversate le meduse o parti di
esse dopo una burrasca.
Punture di insetti
Le punture di insetto possono dare reazioni locali o sistemiche, in base al tipo di reazione
dovremo decidere che tipo di terapia applicare.
Nel caso in cui la reazione sia sistemica con anafilassi dovete immediatamente som
ministrare:
- Adrenalina f soluz. 1:1000 alla dose di 0,3-0,5 ml s.c., eventualmente ripetibile; nel
bambino la dose è di 0,01 ml/kg sempre s.c.
- Beta-agonisti
- Corticosteroidi: il prednisone è considerato uno dei farmaci più indicati vista la capacità di
prevenire effetti anafilattici ritardati e di limitare l’anafilassi bifasica (20% di probabiità
di avere un secondo episodio anafilattico all’antigene residuo nelle successive 8-12 h).
È comunque consigliabile ospedalizzare questi pazienti.
In situazioni più lievi (orticaria) può essere sufficiente:
1) Betametasone (f 4 mg: 1-2 f i.v.)
2) Cetirizina (cpr 1 cpr/die)
3) Clorfeniramina (1 f. i.m.).
Se la puntura di un insetto determina invece solo una lesione locale:
1) applicate impacco con ghiaccio; poi
2) Cetirizina (cpr 1 cpr/die);
3) Clobetasone (pomata) 2 volte/die.
Se la reazione locale è imponente (intero arto gonfio, ecc.) associate:
4) Betametasone (cpr 0,5 mg 1 × 2/die; ovvero 0,1-0,2 mg/kg nel bambino). Successiva
mente consigliate un controllo presso un centro allergologico per valutare il rischio di
possibili reazioni gravi in caso di un’altra puntura.
Morsi di ragno
La maggior parte dei ragni velenosi non vive alle nostre latitudini; tuttavia, in alcune zone
dell’Italia sono stati segnalati i cosiddetti ragni “a violino”, il cui colore varia dal giallastro
al marrone scuro e il cui morso può dare origine sia a reazioni locali (dolore variabile da
lieve a molto grave, prurito, comparsa di una bolla che si sviluppa nell’arco di alcuni giorni
e viene seguita dalla formazione di una crosta che, distaccandosi, dà origine a una zona
ulcerata) che sistemiche (febbre, astenia, vomito).
Se si sospetta un morso da ragno velenoso, è consigliabile lavare l’area morsicata con
acqua e sapone e applicare ghiaccio o impacchi freddi sopra la zona interessata dal morso,
per ridurre il dolore. Nei casi più gravi, ospedalizzare il paziente.
Dermatologia 49
Micosi
Per un corretto approccio riveste notevole importanza la sede della lesione:
Micosi al cuoio capelluto: poco frequente, di solito colpisce i bambini con poche chiazze
isolate di alopecia o con pochi capelli spezzati a pochi mm dal foro di uscita dal cuoio
capelluto, che all’interno della chiazza è poco o nulla eritematoso, sormontato da una
desquamazione biancastra che può essere anche abbondante. Somministrate:
- Griseofulvina (20-25 mg/kg/die per 6-8 settimane nei bambini; 1 g/die per 6-8 setti
mane nell’adulto)
- Fluconazolo (5-6 mg/kg/die per 3-6 settimane nei bambini; 200 mg/die per 3 settimane).
Micosi al corpo: poche chiazze isolate circolari eritemato-desquamanti, perfettamente
delimitate in periferia, a tipico andamento centrifugo con apparente risoluzione centrale.
Terapia:
1) Ciclopiroxolamina (crema due volte al dì per 21 gg) oppure Bifonazolo (crema una volta
al dì per 21 gg); qualora la forma sia rapidamente espansiva aggiungete:
2) Itraconazolo (la posologia varia in funzione della parte del corpo interessata).
Dermatite seborroica
Dermatosi frequente, cronica, si presenta con chiazze eritematose a limiti sfumati,
ricoperte da squame giallastre, che tipicamente si localizzano al margine anteriore del
cuoio capelluto, al bordo sopracciliare, ai solchi nasogenieni e nasolabiali e in regione
medio-toracica.
Nella metà dei casi si ha remissione nei mesi estivi.
50 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Psoriasi
La psoriasi si presenta con chiazze eritematose a limiti netti policiclici, ricoperte da
squame biancastre stratificate una sull’altra, localizzate più frequentemente ai gomiti, alle
ginocchia, al tronco e al cuoio capelluto. Caratterizzata da una predisposizione genetica,
trova notevole miglioramento nei mesi estivi. Caratteristica patognomonica, quando pre
sente, è l’insorgenza delle chiazze psoriasiche nei punti in cui la cute si traumatizza (ferite,
escoriazioni, fenomeno di Koebner ecc.). La terapia prevede applicazione di creme a base
di steroidi+derivati vit. D = (Calcipotriolo + Betametasone unguento una applicazione/
die per 3-4 settimane, al centro delle chiazze, cercando di non farla debordare troppo per
evitare fenomeni irritativi –peraltro normali– sulla cute integra circostante). Per le forme
piu estese si rimanda a uno specialista.
Cheratosi attinica
Precancerosi che compare negli anziani nelle zone foto-esposte (volto, cuoio capelluto
specie se alopecico, dorso, mani) con elementi unici o multipli (mai molti), costituiti da
squame secche spesso adese parzialmente ad una cute secca di un tipico colorito roseo
acceso, rugosa. La terapia è appannaggio dello specialista, consistendo nel controllo o
nell’applicazione di creme specifiche (Diclofenac sodico, Imiquimod, Ingenolo mebutato).
B. Lesioni eritemato-desquamative con molte chiazze >10
2) Herpes simplex
Patologia frequente, dovuta alla riattivazione del virus, legata a stress fisici o psichici; si
caratterizza per la comparsa per lo più a livello periorale o genitale (ma è possibile ovunque)
di un’area erimatosa, su cui compaiono vescicole dapprima trasparenti, poi torbide, quindi
giallastre, tipicamente raggruppate a grappolo.
La sintomatologia è modicamente urente e/o pruriginosa e gli episodi si autorisolvono
in 7-10 giorni. Per la terapia dell’infezione primaria ci si avvale di:
- Aciclovir (200 mg, 5 cp/die per 5-10 giorni, adulti e bambini sopra i 6 anni) il più
precocemente possibile per ottenere una riduzione della sintomatologia e della durata
della medesima.
Nel bambino la prima infezione erpetica può comportare gengivostomatite aftosa e segni
sistemici di malattia, tra cui febbre elevata, e rendere opportuno l’impiego di antivirali per
via generale:
- Aciclovir 10 mg/kg/dose × 5 volte al dì × 5 giorni (scir. 1 ml 80 mg; 5 ml 400 mg; quindi
1 ml ogni 8 kg di peso per dose).
Nei casi più gravi, quando il bambino non si alimenta e si disidrata, è indicato il ricovero.
52 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
3) Herpes zoster
Affezione dovuta al virus varicella-zoster, più frequente nell’anziano in seguito a de-
bilitazione psicofisica. Esordisce con alterazioni della sensibilità (parestesie, dolore), che
precedono alle volte di qualche giorno l’insorgenza di eritema con vescicolo-pustole simili
a quelle dell’H. simplex, ma molto più numerose e caratteristicamente disposte lungo il
territorio di innervazione di alcuni nervi, più spesso gli intercostali, con tipica monolateralità.
Il dolore può essere acutissimo e persistere oltre un anno dalla fine della manifestazione
cutanea, che solitamente ha durata di due-tre settimane.
La terapia nel paziente adulto si avvale di:
– Aciclovir (800 mg 1 cpr × 5/die per 7 gg. o
– Brivudina (125 mg 1 volta/die per 7 giorni) in pazienti adulti immunocompetenti.
L’uridina triacetato, un analogo per uso orale dell’uridina, si è dimostrata efficace come antidoto nel trattamento
di urgenza del sovradosaggio di 5-fluorouracile o capecitabina e di pazienti che manifestano tossicità gravi dopo
somministrazione di questi agenti chemioterapici. L’uridina triacetato non è disponibile in commercio, ma qualora se
ne renda necessario l’impiego come antidoto, se ne può fare richiesta all'Azienda Produttrice Wellstat (USA).
oppure
– Famciclovir (250 mg 1 cpr × 3/die per 7 gg.) o
– Valaciclovir (1000 mg 1 cpr × 3/die per 7 gg.) e, se necessario, di antidolorifici;
per il dolore provocato dalla nevrite post-erpetica si possono usare:
1) Amitriptilina (gtt 10 gtt × 2/die), tenendo ben presenti i possibili effetti collaterali;
2) Carbamazepina (cpr 200 mg 1 cpr × 2/die);
3) Gabapentin (cps 300 mg 1 cps × 3/die partendo da 1 cps il primo giorno a salire fino al terzo);
4) Ketorolac (10 mg f i.m.);
5) Pregabalin (cps 150 mg 1 cps × 1-4/die).
4) Impetigine
Si può presentare con vescicolo-pustole su base eritematosa, le quali si rompono con
formazione di croste giallastre o con lesioni bollose, poi squamo-crostose a tendenza
centrifuga, aventi bordo flittenulare. Si localizza più frequentemente alle superfici esposte
(viso, mani, gambe), specie su cute già lesa (ad esempio da eczema). Agente etiologico
può essere lo streptococco beta-emolitico o, più frequentemente, lo stafilococco aureo. È
caratteristica dell’età pediatrica ed è notevolmente contagiosa. Se le lesioni sono limitate,
si può avviare trattamento topico con:
- Mupirocina (crema: 2-3 applicazioni/die esclusivamente sulle lesioni, evitando cioè
scrupolosamente di “spargere” la crema e con essa i germi!).
Dermatologia 53
Prurito
Il prurito può essere diffuso o localizzato e più o meno intenso fino a diventare insop
portabile. Rimandando alle singole dermatiti per i pruriti localizzati da dermopatie, si
espongono alcune elementari linee guida per l’approccio al paziente con prurito diffuso,
che può essere distinto in:
A) Prurito diffuso da dermopatie
Scabbia
È una parassitosi che si manifesta dopo pochi giorni o settimane dal contagio, che avviene
per contatto interumano e colpisce successivamente più membri della medesima famiglia.
Si caratterizza per lesioni papulose, che insorgono alle mani (risparmiano le palme), alle
ascelle, ai fianchi, alla regione pubica, e per strie rossastre, lineari o sinuose, corrispondenti
ai cunicoli scavati dagli acari.
È accompagnata da prurito incoercibile, più intenso la notte, con conseguenti lesioni
da grattamento. Terapia a base di creme alla permetrina 5% 1 applicazione la sera dopo
bagno tiepido su tutta la cute, escluso il volto ed il cuoio capelluto. La crema va lasciata
agire per almeno 8 ore, quindi lavarsi accuratamente. Se le lesioni persistono è possibile
ripetere il trattamento dopo 7 giorni. Dopo ogni trattamento cambiare indumenti intimi
e lenzuola da lavare a +60° o isolarli in sacchi chiusi per 2 settimane. Può essere utile
isolare il materasso con un foglio di cellophane per 2 settimane.
Pediculosi
Parassitosi da acari, che si presentano come piccoli animaletti che si “arrampicano”
sul fusto dei capelli o dei peli del pube e delle ascelle; adese ai capelli e ai peli si repertano
piccole formazioni bianco perlacee (lendini) che rappresentano le uova del parassita.
Il prurito è costante ed intenso. Applicare prodotti a base di:
- Malathion gel per 10’ e poi lavare con shampoo (Malathion shampoo) e pettinare con
pettine a denti stretti per eliminare pidocchi e uova morte. Se necessario ripetere il
trattamento dopo 8 giorni.
Xerosi senile
Diagnosi possibile solo dopo avere escluso altre cause dermatologiche o non. Si determina
per l’eccessiva secchezza della cute, che si realizza nelle persone anziane e trova la sua
massima espressione a livello del dorso e delle gambe, specie sulle creste tibiali, dove si
accompagna tipicamente alla scomparsa dei peli e ad una desquamazione pulverulenta
biancastra. La terapia prevede emolliente e protettivo per il lavaggio e crema a base di urea
e polidocanolo due volte/die.
54 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Orticaria
L’orticaria è caratterizzata dalla presenza di pomfi, lesioni cutanee eritematose o bianche
con alone eritematoso, leggermente rilevate, di forma variabile (rotonde, ovali, arciformi,
anulari), di dimensioni e numero variabile, pruriginose e transitorie, con distribuzione loca-
lizzata, regionale o generalizzata.
Le cause scatenanti dell’orticaria possono essere di varia natura (allergica, fisica, chimica,
ecc.) e spesso sono di difficile individuazione. Non va dimenticato che, oltre all’orticaria acuta
che è la forma più frequente, vi è anche la possibilità di orticaria cronica, cioè con lesioni di
durata superiore alle 6 settimane (circa il 10% dei casi).
Il trattamento dell’orticaria prevede l’utilizzo di farmaci antistaminici, da associarsi in
caso di sintomi più marcati ad uno steroide.
Nei soggetti adulti e negli adolescenti (>12 anni) si possono usare vari antistaminici,
come ad esempio Rupatadina (cpr 10 mg una volta al giorno) oppure Bilastina (1 cpr da
20 mg una volta al giorno).
Nei bambini di 6-11 anni di età con un peso corporeo di almeno 20 kg può essere usata
Bilastina 10 mg (4 ml di soluzione orale 2,5 mg/ml oppure 1 cpr orodispersibile da 10 mg)
una volta al giorno.
Nei soggetti con età inferiore ai 12 anni, può essere usata anche cetirizina (gtt), alla
posologia di:
- 2,5 mg due volte al giorno (5 gocce × 2/die) nei bambini di età compresa tra 2 e 6 anni
- 5 mg due volte al giorno (10 gocce × 2/die) nei bambini di età compresa tra 6 e 12 anni.
È utile indicare al paziente l’opportunità di annotare i cibi ed i farmaci assunti prima
della comparsa dell’episodio di orticaria, poiché tale informazione potrebbe risultare molto
utile, in seguito, allo specialista Dermatologo o Allergologo per diagnosi eziologica.
Nevi traumatizzati
Fonte di notevole ansia per il paziente può essere il traumatismo di un neo, specie
se accompagnato da sanguinamento. In primo luogo consigliate disinfezione con acqua
ossigenata, seguita da applicazione di una pomata antibiotica:
- Acido Fusidico (crema due/tre applicazioni al dì) + una garza protettiva fino alla ricostru
zione dell’integrità della neoformazione o quanto meno alla normalizzazione della cute.
Solo a questo punto sarà utile consultare uno specialista per la valutazione dell’accaduto,
non prima, quando il processo infiammatorio rende impossibile una analisi obiettiva.
Fotodermatiti
Le fotodermatiti rappresentano un vasto gruppo di dermatosi che comprendono quadri
infiammatori e degenerativi diretti o mediati da fattori endo/esogeni. In questo testo
faremo riferimento alle forme che si possono presentare più frequentemente in Continuità
Assistenziale.
Eritema solare
Si presenta con gli stessi aspetti delle ustioni e con un tempo di latenza diverso a se
conda del fototipo dei pazienti che possono quindi manifestare, rigorosamente nelle zone
fotoesposte, da semplici arrossamenti a vere e proprie bolle. Per il trattamento si rimanda
a quello delle ustioni.
Balanopostiti
La balanopostite rappresenta spesso per il paziente causa di forte apprensione che può
indurlo a chiedere l’intervento della continuità assistenziale. Varie sono le forme possibili,
senza addentrarci nelle diagnosi differenziali mi pare utile fornire qualche suggerimento
comportamentale. Fondamentale è l’anamnesi che, deve precisare le abitudini igieniche e
sessuali, l’uso di farmaci (sistemici e topici), la presenza di patologie concomitanti (diabete,
enterocoliti ecc.), la presenza o meno di sintomi. In questi casi non bisogna farsi tentare dal
desiderio di soddisfare la logica richiesta dei pazienti di una terapia immediata tralasciando
i tentativi di comprenderne l’eziologia.
Bisogna ricordarsi che non sempre quando il “pene si arrossa” siamo di fronte ad una
Candidosi, spesso è più utile consigliare dei blandi antisettici come Ipoclorito di sodio (un
cucchiaino da thè in un bicchiere di acqua) o Permanganato di Potassio 1/20.000 e rivedere
a distanza di qualche giorno il paziente poiché molto spesso queste manifestazioni sono
autorisolutive. Terapie specifiche antibatteriche o antimicotiche andrebbero eseguite in un
secondo tempo, meglio se dopo un tampone degli essudati e/o squame.
Dermatologia 57
Tabelle riassuntive
USTIONI
I grado: Mometasone furoato crema o Beclametasone dipropionato crema (o altro cortisonico)
II grado: Superficiale impacco di 30’ con acqua fredda
Ipoclorito di sodio al 5% o altro antisettico
Drenare le bolle più grandi
Garze medicate + Gentamicina crema
Profonda Medicazione locale come sopra
+ Antidolorifici Diclofenac sodico 1 f. i.m
Rimozione meccanica dei tessuti necrotici.
III grado: Medicazione locale come sopra.
Antibiotici locali (Gentamicina crema)
DERMATITI DA CELENTERATI
• Lavare con acqua salata ad una temperatura che vada tra 40 e 45°C
• Inglobare le nematocisti ancora chiuse (si consiglia l’utilizzo di aceto e successivamente schiuma
da barba)
• Passare coltello a piatto o carta di credito per asportarle meccanicamente
• Applicare localmente cortisonici (Mometasone furoato crema) e anestetici locali
(Lidocaina/prilocaina crema)
N.B. nei casi più gravi cortisonici sistemici (Betametasone 4 mg 1 fiala i.m.) e antiistaminici sistemici
(Clorfenamina maleato 1 f i.m.)
LESIONI ERITEMATO-DESQUAMATIVE
<10 chiazze Micosi = Bifonazolo crema 1 volta al dì
Dermatite seborroica = Mometasone furoato crema 1 die
Psoriasi minima = Calcipotriolo crema × 1 die
Cheratosi solari = consulto con specialista
>10 chiazze Pitiriasi rosea di Gibert = Cetirizina - 1 cpr/die se c’è prurito
Psoriasi diffusa = consulto con lo specialista
LESIONI VESCICOLOSE
Eczema
• Da contatto = Mometasone furoato crema × 1 die
• Atopico = Eosina 2% soluzione acquosa + Acido fusidico/betametasone valerato - crema × 2 die se
c’è sovrainfezione.
Poi nella fase secca Mometasone furoato
Herpes simplex = Aciclovir crema × 5 die prima possibile
Impetigine = Claritromicina 500 mg 1 cpr × 2 die oppure Claritromicina RM 1 cpr/die oppure
Amoxicillina/potassio clavulanato 1 g 1 cp × 2 die e Mupirocina crema × 3 die
PRURITO
Diffuso da malattie dermatologiche
• Scabbia = Permetrina crema: 1 appl. la sera per 3 sere consecutive • Xerosi senile = Emollienti
Sospendere per 8 giorni poi ripetere il ciclo completo per altri 3 giorni in bagno e crema
• Pediculosi = Malathion gel + Malathion shampoo × 1 die per quattro • Orticaria =
giorni, da ripetere dopo 8 giorni per due giorni Cetirizina 1 cpr/die
Diffuso da malattie internistiche
• Insuff. renale
• Colestasi • Paraneoplastico
• Policitemia • Distiroidismi
Endocrinologia
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aggiuntivi
Le patologie riguardanti questo sistema di più frequente riscontro per il Medico di Continuità
Assistenziale sono principalmente rappresentate dalle complicanze acute del Diabete e
dalla Crisi tireotossica.
Diabete
Una delle complicanze più frequenti è l’ipoglicemia che, se non opportunamente e
tempestivamente trattata, può portare al coma ipoglicemico.
In talune circostanze lo scompenso glicemico del paziente diabetico è tale da evolvere in
disturbi metabolici severi quali la chetoacidosi diabetica, nel diabete tipo 1, e la sindrome
iperosmolare non chetosica, nel diabete tipo 2.
Tali complicanze acute, per quanto rare, sono temibili perché mettono a repentaglio la
vita del paziente e devono essere affrontate rapidamente e in maniera intensiva in regime
di ricovero ospedaliero. In tutti i casi informarsi sul paziente tramite i parenti è di grande
importanza, vi permette di stabilire se è in trattamento con insulina, antidiabetici orali o
iniettivi, i livelli abituali della glicemia, ecc. Un altro passaggio di grande rilievo diagnostico
è eseguire gli stick per la glicemia, per la glicosuria e la chetonuria; con questi elementi
non vi sarà difficile porre una corretta diagnosi.
L’ipoglicemia è possibile dividerla in tre livelli:
Livello 1: glicemia inferiore a 70 mg/dl;
Livello 2: glicemia inferiore a 55 mg/dl;
Livello 3: valore glicemico non definito, il paziente ha disturbi neurologici severi che
richiedono il ricovero immediato.
Essa è tanto più frequente quanto più il paziente è trattato in maniera intensiva, soprat
tutto nei soggetti in cura con insulina, ma anche con farmaci che stimolano la secrezione
insulinica, in particolare le sulfaniluree. La metformina, per il suo meccanismo d’azione,
non dà ipoglicemie se usata in monoterapia; anche la combinazione metformina ed inibitori
DPP-IV o analoghi del GLP-1 ha un basso rischio di ipoglicemia.
In presenza di un’ipoglicemia bisogna agire subito, come segue:
1. somministrando 15 g di glucosio per os (se il paziente può deglutire), come ad esempio 3
zollette bustine di zucchero sciolte in un bicchiere d’acqua o dando cibi che contengano
glucosio e ricontrollare la glicemia a distanza di 15 minuti; se persiste è necessaria una
nuova somministrazione.
È possibile dare anche carboidrati complessi per evitare che l’ipoglicemia si presenti a
distanza (DynaMed Plus: forte raccomandazione)
2. Glucosata e.v. (possibilmente preceduta da un bolo di una fiala di glucosata al 20%);
3. di grande efficacia, quando disponibile, è la somministrazione di Glucagone.
Crisi ipoglicemiche possono d’altra parte occorrere, specie nel bambino, nei primi tempi
dopo l’esordio di un diabete tipo 1, durante la cosiddetta “luna di miele” (periodo in cui,
subito dopo l’inizio della terapia, si ha una certa transitoria ripresa dell’increzione d’insulina
endogena) oppure quando il bambino abbia ricevuto la sua consueta dose d’insulina ed
abbia poi vomitato il pasto o anche si sia rifiutato di mangiare. Accertata con gli stick la
vostra diagnosi, la somministrazione di bevande zuccherate o di glucosata e.v. è in genere
sufficiente a dominare la crisi.
La chetoacidosi diabetica è tipica ma non esclusiva del bambino e del giovane adulto,
con diabete di tipo 1. Dati anamnestici caratteristici nei giorni e talora nelle settimane pre
cedenti sono: la notevole ingestione di acqua (polidipsia); la poliuria (ad alto peso specifico
con glicosuria; effettuare lo stick); la comparsa di enuresi e, nel bambino più grandicello
e nell’adulto, di nicturia; la perdita di peso, nonostante il fatto che l’appetito possa essere
incrementato. Indipendentemente dallo stato di coscienza, il paziente deve essere ricoverato
senza indugi. Ricordate inoltre che in corso di patologie intercorrenti (infettive o febbrili) il
fabbisogno d’insulina aumenta.
La sindrome iperglicemica non chetosica (iperosmolare) è invece tipica del diabetico di
tipo 2, sia all’esordio sia in occasione di episodi febbrili o in caso di disidratazione.
In tal caso segni e sintomi sono simili a quelli del coma chetoacidosico, ma è assente la
chetonuria. In attesa del ricovero è essenziale reidratare il paziente.
Oltre a provvedere all’opportuna idratazione, nel paziente acuto, ma non critico, i target
glicemici sono una glicemia <140 mg/dl a digiuno e <180 mg/dl in fase post-prandiale.
Se si volesse utilizzare un analogo insulinico rapido (insulina lyspro, aspart, glulisina)
somministrato per via sottocutanea, per calcolare quante unità somministrare è opportuno tener
conto della terapia praticata dal paziente, l’indice di massa corporea del paziente ed eventuali
fattori che possono portare ad un maggior livello di insulino-resistenza (terapia cortisonica
intercorrente, malattie febbrili, ecc, condizioni che generalmente aumentano il fabbisogno di
insulina nel paziente diabetico). Detto ciò, andrà calcolato il “Fattore di correzione”, ovvero
di quanto scende la glicemia di quel determinato soggetto con 1 unità di insulina. Ciò può
essere agevolmente calcolato in un paziente già in terapia insulinica seguendo la regola del
1700: 1700 diviso la dose totale di insulina praticata dal paziente nell’arco delle 24 ore. Ad
esempio: se il soggetto ha un valore di glicemia di 300 mg/dl e riferisce che, normalmente,
al domicilio pratica il seguente schema insulinico: 4 UI di analogo rapido a colazione, 8 UI a
pranzo, 8 UI a cena e 20 UI di analogo “long acting” alla sera, potremo calcolare: 1700: 40=
42,5, cioè in questo paziente 1 unità di insulina riduce la glicemia di 42,5 mg/dl, per cui, per
riportare la glicemia ad un valore di 180 mg/dl, potremo praticare 3 UI di analogo rapido di
insulina per via s.c.
Nel paziente non in terapia insulinica al domicilio, per calcolare il fattore di sensibilità
insulinica potremo utilizzare: 3000/peso corporeo del paziente. Quindi se un paziente con
300 mg/dl di glicemia post-prandiale, non in trattamento con insulina al domicilio, riferisce
di pesare 75 kg: 3000/75= 40, cioè occorrerà praticare 3 UI di analogo rapido per riportare il
suo valore glicemico intorno a 180 mg/dl.
Dopo aver praticato la terapia insulinica s.c. e controllato l’andamento dei valori glicemici
mediante stick per la glicemia, sarà opportuno inviare il paziente al proprio medico di famiglia
per un corretto inquadramento del problema (in caso di primo riscontro di iperglicemia) o per
una rivalutazione della terapia anti-diabetica.
Infine, un quadro di estrema gravità è l’acidosi lattica che necessita ospedalizzazione
immediata. È sospettabile in anziani con insufficienza renale, respiratoria o cardiaca grave
60 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
in terapia con biguanidi. Per quanto riguarda la diagnosi di diabete, ricordiamo che valori di
glicemia a digiuno compresi tra 100 e 126 mg/dl rappresentano una condizione denominata
“alterata glicemia a digiuno”, predisponente allo sviluppo di diabete. La diagnosi di diabete
mellito viene posta in caso di riscontro di valori di glicemia a digiuno superiori a 126 mg/dl,
o di glicemia superiore a 200 mg/dl 2 ore dopo curva di carico orale di glucosio (OGTT), o di
emoglobina glicosilata superiore a 6,5 %, in due diverse determinazioni, in assenza di sintomi
tipici di iperglicemia. In presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo
ponderale), la diagnosi di diabete è posta con il riscontro, anche in una sola occasione di
glicemia casuale ≥200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo).
Tireotossicosi ed ipertiroidismo
Per tireotossicosi si intende l’elevato aumento degli ormoni tiroidei in circolo, può avere
diverse cause: ipertiroidismo, tiroidite subacuta e da eccesso di ormoni tiroidei. Bisogna
stare attenti a non confondere la tireotossicosi (caratterizzata da: palpitazioni, tachicardia,
aritmia cardiaca, agitazione, diarrea, sudorazione) con una crisi di agitazione psicomotoria
endogena o secondaria ad assunzione di droghe o farmaci.
Una corretta anamnesi vi può essere d’aiuto per la giusta diagnosi. Ricercate una pre
gressa storia d’ipertiroidismo (insonnia, perdita di peso, incremento dell’appetito, facilità
al pianto, cardiopalmo).
Dal punto di vista obiettivo: tachicardia, iperreflessia, aumento della pressione diffe
renziale, presenza di gozzo, talvolta esoftalmo. In presenza di questi elementi potete porre
la diagnosi e predisporre per il ricovero. Se però non fossimo di fronte al classico paziente
con ipertiroidismo, sarebbe bene indagare in maniera più approfondita, per escludere le
eventuali altri cause che possono portare alla crisi tireotossica.
Le strategie terapeutiche dipendono dalla causa di fondo. Suggeriamo una terapia in
acuto, ma sarà comunque necessario rimandare il paziente dallo specialista.
La terapia include:
- corticosteroidi: bloccano la conversione periferica di T4 in T3, oltre ad avere un affetto
antipiretico e contrastare l’aumentato turnover del cortisolo in corso di tireotossicosi.
Dose suggerita: idrocortisone 100 mg i.v. ogni 8 ore (DynaMed Plus: Fortemente racco
mandato);
- iodio inorganico: sotto forma di ioduri (Lugol forte o soluzione satura di ioduro di potassio)
o composti organici di iodio. Dose raccomandata: 150 mg/die per una settimana (Lugol
forte 5-7 gtt x 3/die, soluzione satura di KI 1-2 gtt x 3/die) (DynaMed Plus: Fortemente
raccomandato);
- tionamidi: metimazolo (MMI) dosi raccomandate: MMI 30-40 mg/die in 3 somministra
zioni/die; (DynaMed Plus: Fortemente raccomandato).
Oltre a tale terapia, è bene ricordare che la crisi tireotossica richiede anche una terapia
di supporto generale che agisca sugli effetti periferici degli ormoni tiroidei; essa include:
- betabloccanti, essenziali per controllare la frequenza cardiaca (il farmaco di scelta
è il propanololo, alla dose di 10-40 mg in 3-4 somministrazioni al dì (DynaMed Plus:
Fortemente raccomandato);
- antibiotici ad ampio spettro in caso di infezioni (DynaMed Plus: Fortemente raccomandato)
e, secondo necessità, benzodiazepine come sedativi;
- paracetamolo e/o impacchi freddi per l’iperpiressia;
- terapia reidratante per lo stato di disidratazione;
- loperamide in caso di diarrea.
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aggiuntivi
Il “dolore addominale”
È uno dei quadri sintomatologici più frequenti che possano occorrere in Continuità Assi
stenziale. È sempre importante non sottovalutare questo sintomo: anche se per la maggior
parte dei casi è di natura benigna o sottende a patologie autolimitanti, è importante che il
Medico di Continuità Assistenziale riconosca i casi di emergenza-urgenza tali da meritare
un accertamento laboratoristico e strumentale in Pronto Soccorso.
Soltanto una ponderata esclusione di tali patologie potrà autorizzarvi a tranquillizzare
il paziente ed a somministrargli la terapia più appropriata. In tutti i casi in cui si sospetta
una patologia organica, va sempre evitato un approccio farmacologico empirico, perché
potrebbe ritardare la diagnosi e l’eventuale trattamento chirurgico. L’anamnesi è di notevole
aiuto per definire meglio questo tipo di dolore. Necessario sarà quindi interrogare il paziente
o chi per esso con queste domande:
1. È un dolore acuto o cronico? Da quanto tempo è insorto? Dove era localizzato il dolore
all’inizio? Dove si è irradiato successivamente? (La risposta a queste domande è più
attendibile se il paziente indica direttamente col dito le regioni interessate).
2. La sensazione dolorosa è comparsa improvvisamente o in modo progressivo? L’andamento
è stato costante o ciclico con l’alternarsi di fasi di acuzie e di risoluzione (tipo colica)?
Il dolore colico è provocato classicamente dallo spasmo di un viscere cavo (colecisti,
intestino, uretere, ecc.); mentre il dolore continuo è più comunemente dovuto ad infiamma
zione od ischemia. In generale, il dolore della colecistite è localizzato all’ipocondrio dx ed
irradiato posteriormente in regione sottoscapolare dx, quello dello stomaco all’epigastrio,
del piccolo intestino a livello periombelicale, del colon ai quadranti inferiori dell’addome.
3. Il dolore è di tipo gravativo, trafittivo, puntorio, peristaltico, crampiforme?
4. Qual è l’intensità in una scala da 1 a 10? Sono utilizzabili:
- Scala numerica NRS (da 1 a 10);
- Scala VAS (Nessun dolore, dolore lieve, dolore moderato, dolore forte, dolore atroce),
più comprensibile, è poco sensibile, utile per il monitoraggio a lungo termine;
- Scala della faccia (utile nel bambino).
9. Il paziente ricorda, nelle ore o nei giorni precedenti l’esordio del dolore, traumi addominali
anche apparentemente irrilevanti?
10. Se si tratta di una paziente in età fertile: in quale fase del ciclo mestruale si trova? Ha
notato turbe del ciclo e/o perdite vaginali abnormi, o è portatrice di I.U.D. (spirale)?
Passando all’esame obiettivo è necessario ricordare la buona norma di palpare un
addome con le mani calde, mettendo il paziente a proprio agio, eventualmente facendogli
flettere le cosce. Cominciate con l’ispezione avendo cura di esporre completamente l’addo
me, dall’arcata costale al pube, senza tralasciare le regioni inguinali. Passate poi ad una
palpazione superficiale iniziando possibilmente dai quadranti addominali lontani dalle zone
più dolenti, avvicinandovi successivamente, per gradi, ai punti dove il dolore è più forte. Il
primo segno da rilevare è la trattabilità dell’addome oppure la presenza di una contrattura
muscolare addominale legata ad una irritazione peritoneale (peritonite). Ricordate che
questa è una reazione di difesa, dapprima apprezzabile solo alla palpazione profonda ed è
quasi sempre localizzata.
Con il tempo, per l’aggravarsi e l’estendersi della peritonite, tende a diventare spontanea
e diffusa sino all’“addome ligneo”. È però indispensabile tener presente che tale evoluzione
può manifestarsi in un arco di tempo estremamente variabile, ed in genere tanto più lungo
quanto più il paziente è a rischio (bambino piccolo, anziano defedato); è questo il motivo
principale per cui l’attenzione e la prudenza non devono mai mancare. In particolare negli
anziani talvolta il dolore non si manifesta con la stessa intensità del giovane e quasi mai
è ben descritto; in qualche caso un quadro di peritonite acuta si può manifestare solo con
un lieve rialzo febbrile e modesto dolore addominale.
Le manovre semeiologiche che possono essere d’aiuto quando la contrattura muscolare
appare dubbia sono la ricerca del segno di Blumberg e la risposta al colpo di tosse: entrambe
determinano uno stiramento del peritoneo per cui la presenza di vivo dolore da rimbalzo o
l’esacerbarsi della sintomatologia dopo il colpo di tosse sono in genere un valido indice di
peritonite parietale localizzata; queste manovre vanno eseguite a livello di vari quadranti
dell’addome a partire da quelli più interessati dal dolore spontaneo. In caso di distensione
addominale la percussione dell’addome differenzia la presenza di gas (meteorismo, perfo
razione) da quella di liquido (versamento peritoneale); in presenza di occlusione intestinale
l’auscultazione permette di differenziare un ileo meccanico (iperperistalsi con borborigmi
ad alta frequenza a timbro metallico) da un ileo paralitico (peristalsi ridotta o silente) e
l’eventuale presenza di aneurismi addominali (soffi vascolari).
Quando con verosimile certezza sono state escluse le patologie su base organica, nei
pazienti che presentano colon irritabile e manifestazioni spastico-dolorose del tratto enterico
distale, è appropriato l’utilizzo di otilonio bromuro (40 mg 1 cpr rivestita 2-3 volte al dì)
oppure mebeverina cloridrato (1 cps 200 mg 2 volte al dì). Nel caso si associ una compo
nente ansiosa, è indicato l’utilizzo di otilonio bromuro/diazepam (40 mg + 2 mg 1-3 cpr
al dì, preferibilmente dopo i pasti) oppure octatropina metilbromuro/diazepam (20 mg/2,5
mg 1 cpr 2-3 volte al dì).
Vomito
Questo sintomo può essere legato a varie patologie, da quelle neurologiche a quelle
chirurgiche, da quelle gastroenterologiche a quelle metaboliche. In questo paragrafo si
vuole dare un orientamento generale nella diagnosi differenziale del vomito e si rimanda,
per la definizione delle singole patologie, agli specifici paragrafi.
Gli elementi che ci aiutano nella diagnosi sono:
• La storia clinica: bisogna chiedere al paziente se è stato sottoposto precedentemente
ad interventi chirurgici (briglie aderenziali), se è portatore di ernie o laparoceli (inta
samento, strozzamento), se in passato ha avuto ulcere peptiche (possibile presenza di
Gastroenterologia 63
di grassi, evitando fibre non digeribili e bevande gassate. Si consiglia infine l’assunzione di
liquidi zuccherati in piccole dosi. Ricordate in caso di contatto con tossici (agricoli, industriali
o veleno per topi) è consigliabile inviare ai Colleghi la confezione originale del prodotto.
Nel bambino, specie se piccolo, il vomito può essere sintomo di molteplici affezioni.
L’approccio al piccolo paziente richiede che consideriate attentamente parecchi dati
anamnestici ed obiettivi:
• Fondamentale è valutare lo stato di idratazione. Nel bambino febbrile altrettanto
indispensabile è ricercare i segni meningei. Nel lattante non aspettatevi una evidente
risposta febbrile alle infezioni, bensì valutate sempre la tensione e la pulsatilità della
fontanella bregmatica, l’eventuale diastasi delle suture craniche, lo stato soporoso o,
all’opposto, l’estrema irritabilità con presenza o meno di tremori o clonie.
• Esaminate personalmente il materiale vomitato: ovviamente la presenza di bile o di
sangue costituisce un segnale di pericolo.
• Nel bambino di 20-30 giorni acquista particolare interesse il ripetersi del vomito dopo
quasi ogni pasto ed in misura abbondante: il piccolo piange (per la fame), si nutre
voracemente, ma il suo stato di denutrizione si aggrava di giorno in giorno: sospettate
la stenosi ipertrofica del piloro e ricoveratelo.
• Annusate l’odore dell’alito del bambino per la frequente alitosi acetonemica e soprattutto
eseguite uno stick sulle urine per obiettivare la chetonuria.
• Palpate meticolosamente l’addome per la possibilità di un addome acuto.
• Verificate, anche nel neonato e nel lattante, la situazione dei testicoli, rammentando
che la torsione del funicolo causa dolore addominale intenso e vomito e che un testicolo
ectopico più facilmente va incontro a torsione.
Ricoverate sempre il paziente con vomito da cause chirurgiche, neurologiche, da sindrome
adrenogenitale e quelli che, indipendentemente dall’eziologia, appaiono disidratati, con
mucose orali aride e cute ipoelastica (Tabella).
Segni di allarme per una grave disidratazione sono: fontanella depressa, occhi alonati,
prolabi secchi o screpolati; e, nei casi più gravi, tachicardia sproporzionata rispetto alla
febbre, sopore o talora agitazione psicomotoria. Trattenete a domicilio gli altri pazienti,
purché accertiate la presenza di una valida assistenza: cardine della terapia è evitare la
disidratazione.
È imporante non forzare il bambino ad alimentarsi, soprattutto nelle prime 24 ore, piut
tosto garantire un’adeguata idratazione attraverso l’utilizzo di soluzioni reidratanti (50 ml
per kg nell’arco di 4 ore) (DynaMed Plus: raccomandazione forte).
Una volta che la sintomatologia sarà regredita, al bambino potranno essere offerti cibi
solidi accordando la preferenza a quelli ricchi di zuccheri ed atti ad assorbire i succhi gastrici
(pane e marmellata, biscotti o fette biscottate, patata lessa), ed evitando quelli ricchi di
grassi. Soltanto dopo i cibi solidi si somministreranno le bevande preferite, zuccherate (sino
a 5 g di saccarosio ogni 100 ml), al fine di combattere la tendenza all’acetonemia (la quale
Gastroenterologia 65
Diarrea
La diarrea acuta è caratterizzata dalla comparsa di oltre 3 scariche in 24 ore di feci
liquide; solitamente è di breve durata (<14 giorni) e nella maggior parte dei casi è di origine
infettiva o tossica. La diarrea cronica, invece, persiste da oltre 30 giorni; in questo caso può
essere l’espressione clinica di una malattia funzionale o di una patologia organica grave.
Gli elementi che ci aiutano nella diagnosi sono:
- la storia clinica: depongono per un’eziologia infettiva o tossinfettiva la comparsa di una
sintomatologia diarroica recente anche in altri membri della famiglia o di una comunità;
recenti viaggi in Paesi tropicali o in via di sviluppo. L’assunzione o l’esposizione a partico
lari sostanze (insetticidi, funghi, metalli pesanti, tossine di origine alimentare) o farmaci
(antibatterici, lassativi, FANS, teofillina, ecc.) o una recente radioterapia depongono per
un’eziologia tossica. Da ricordare che qualsiasi modificazione significativa dell’alvo
insorta in un soggetto di età adulta-avanzata deve far sospettare una neoplasia colica
e che la diagnosi di cosiddetto “colon irritabile” deve essere sempre fatta per esclusione.
66 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Se sulla diarrea prevalgono gli spasmi colici sarà opportuno somministrare antispastici,
ad es. Ioscina butilbromuro (1-2 cpr o 1 f i.m.).
La terapia di varie forme di diarrea acuta (come ad es. la diarrea del viaggiatore e la
diarrea associata a terapia antibiotica) si avvale anche dei probiotici, ossia integratori
alimentari di fermenti lattici vivi, che sono in grado di ridurre la gravità e la durata della
diarrea acuta infettiva, favorendo il ripristino della normale flora intestinale. Nell’adulto
una eventuale terapia antibiotica va instaurata in caso di sintomi severi (oltre 6 scariche
al giorno o persistenza del quadro oltre 72 ore senza miglioramento) o di un quadro che
non migliora dopo terapia reidratante e antidiarroica ASSOCIATO ad un elevato sospetto di
eziologia batterica o parassitaria (presenza di febbre o feci con sangue e sospetto di un
interessamento sistemico, diarrea associata a terapia antibiotica o contratta in ambiente
ospedaliero, sospetta diarrea del viaggiatore). Le indicazioni all’invio in Pronto Soccorso
devono includere tutti i pazienti in cui si riscontrino:
- segni di addome acuto o diarrea sanguinolenta
- gravi condizioni di disidratazione o deperimento
Gastroenterologia 67
Va instaurata una terapia antibiotica anche nei casi di diarrea acquosa e nei bambini
immunocompromessi, con diarrea acquosa o sanguinolenta.
La frequente sovrapposizione micotica, denunciata dalla presenza di papule eritematose,
va trattata con Bifonazolo (crema). Va anche ricercato un mughetto orale; in questo caso è
opportuno trattarlo con Miconazolo (gel orale).
Ematemesi
Posta diagnosi differenziale rispetto all’emottisi (cfr p. 151), in tutti i casi di ematemesi
sarà necessario il ricovero urgente. Sul piano operativo:
1. Valutate parametri vitali ed emodinamici (DynaMed Plus raccomandazione forte)
2. Incannulate una vena e infondete Fisiologica, oppure, se disponibile plasma-expander
(Poligelina) (DynaMed Plus: raccomandazione forte).
3. Preavvisate telefonicamente i Colleghi del Pronto Soccorso più vicino.
Cercate poi di stabilire se l’ematemesi sia più probabilmente da malattie peptiche o
da varici esofagee.
5. Controllate la P.A.
In caso invece di sanguinamento verosimilmente da malattia peptica può essere utile:
• Esomeprazolo f (2 f da 40 mg diluite in 100 ml di fisiologica, iniettate e.v. (30 minuti)
(ICUGB Grado 1B).
Melena
Il ricovero è sempre necessario; l’urgenza va valutata in base all’entità del sanguina
mento, tuttavia è bene non perdere troppo tempo perché, soprattutto nelle emorragie alte,
l’emissione di limitata quantità di sangue digerito non è sinonimo di emorragia modesta.
Esofagite da reflusso
In presenza di un soggetto che accusi: pirosi, eruttazione, disfagia, dolore retrosternale,
deve essere tenuta presente anche la diagnosi di reflusso del contenuto gastrico da inconti
nenza dello sfintere esofageo inferiore (LES). Di solito i sintomi sono accentuati dall’aumento
della tensione addominale (clinostatismo post-prandiale, stipsi, sovrappeso) e da fattori
che riducono il tono del LES (fumo, alcol, caffeina). Una volta escluse altre importanti
70 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Appendicite acuta
È frequente nell’adolescente e nel giovane adulto, ma non disdegna alcuna età in asso
luto; la sede del dolore è, in genere, dapprima periombelicale, si sposta poi in fossa iliaca
destra o al fianco destro con possibile irradiazione alla regione inguino-crurale sino al pube,
specie nella appendicite pelvica.
Nausea, vomito e anoressia sono frequenti all’esordio; può aversi anche una diarrea ini
ziale spesso seguita da progressiva chiusura dell’alvo. La temperatura cutanea può apparire
normale o poco elevata (38°C) nelle fasi iniziali, mentre aumenta con la progressione del
quadro infiammatorio. La palpazione dell’addome evocherà viva dolorabilità in fossa iliaca
destra con eventuale resistenza muscolare.
La manovra di Blumberg e il colpo di tosse potranno rafforzare la vostra ipotesi dia
gnostica nei casi un po’ dubbi; data invece la variabilità individuale della localizzazione
dell’appendice (retrocecale, retroileale, ecc.), non è determinante volere individuare punti
elettivi precisi, come quello di McBurney. Se il quadro è così chiaro, nel paziente di sesso
maschile la diagnosi di appendicite acuta può dirsi fatta. Nella donna invece sussiste la pos
sibilità che una patologia annessiale destra o anche una emorragia da deiscenza follicolare
in fase ovulatoria, in genere di piccola entità, simuli un quadro simil-appendicitico, oppure
può insorgere emoperitoneo da corpo luteo sanguinante in fase post-ovulatoria, cosicché
dovrete sempre ritenervi meno sicuri della vostra diagnosi (v. Ginecologia).
Nel bambino egualmente possono incontrarsi maggiori difficoltà diagnostiche. Il dolore,
anche dell’appendicite, è quasi sempre riferito alla regione epigastrica e periombelicale.
Se il bambino collabora, alcune manovre possono aiutare a precisare la sede del dolore o
ad evocare almeno il dolore del peritonismo attraverso colpi di tosse o salti su un piede:
• in corso di appendicite acuta, è possibile che le manovre effettuate a sinistra, elevando
la pressione all’interno dell’intestino crasso, evochino dolore a destra;
• Blumberg come nell’adulto.
L’esplorazione rettale nel bambino non è necessaria per porre diagnosi nel sospetto di
appendicite; può essere utile nei casi dubbi se eseguita da un esaminatore esperto.
Occlusione intestinale
Il paziente (più spesso anziano) vi chiamerà lamentando dolore addominale, manca
ta evacuazione da un tempo variabile da alcune ore a molti giorni e/o nausea e vomito,
Gastroenterologia 71
Un’altra possibile causa di occlusione intestinale è una neoplasia, per cui alla palpa
zione dell’addome, potrebbe talora essere rilevabile una massa. L’occlusione intestinale
può aversi anche nel bambino, in genere causata da invaginazione intestinale. Si tratta
di una patologia spesso subdola, ma piuttosto frequente, che predilige il bambino piccolo
dal 5° al 9° mese e che può essere diagnosticata soltanto valutando accuratamente ogni
sintomo e segno. In primo luogo, dovete valorizzare al massimo l’anamnesi della crisi che
facilmente si manifesta con: pianto, vomito, pallore, progressiva distensione addominale,
massa addominale palpabile, di solito al quadrante superiore destro, alterazioni dello stato
mentale con irritabilità, letargia, apatia e ridotta responsività; ma soprattutto la sintoma
tologia dolorosa è tipicamente ripetitiva, presentandosi ad intervalli pressoché regolari,
inframezzati da periodi di apparente benessere (ogni 10-15 minuti). Se il bambino ha emesso
feci, esaminatele (od ottenete almeno una esauriente descrizione); sono di solito striate di
sangue o commiste a muco rosato, appunto perché contenenti sangue.
Non dimenticate mai che un bambino si disidrata tanto più celermente, quanto più è
piccolo; se siete lontani dai presidi ospedalieri ed il bambino vi appare in condizioni precarie,
cercate di predisporre una vena con una infusione di fisiologica. L’occlusione intestinale
può anche rappresentare la complicanza di interventi addominali recenti o pregressi, anche
di semplici appendicectomie, a causa della possibile formazione di briglie aderenziali, che
provocano strangolamento di qualche ansa. In presenza di dolore addominale acuto il dato di
un intervento addominale recente o pregresso dev’essere quindi valorizzato per l’eventualità
di una occlusione intestinale.
72 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Infarto intestinale
Questa gravissima patologia, frequentemente mortale entro poche ore, spesso a dispetto
della terapia anche più eroica, va sospettata di fronte a quadri subocclusivi od occlusivi in
pazienti con claudicatio abdominis o con cardiopatie embolizzanti o con vasculopatie diffuse;
la chiusura dell’alvo può essere preceduta da scariche diarroiche, talvolta emorragiche, ed
accompagnata da segni di peritonismo e da grave compromissione dello stato generale.
È implicita la necessità di ricovero urgente in reparto chirurgico. Una forma di sofferenza
vascolare intestinale di tipo subacuto o cronico è invece data dalla colite ischemica: ap
parentemente poco difforme da altri quadri flogistici aspecifici del grosso intestino, se ne
distingue tuttavia per la frequente componente ematica, non grossolana, nelle scariche
diarroiche che accompagnano il quadro doloroso. Trattandosi comunque di una patologia
non propriamente acuta, la soluzione migliore è probabilmente quella di sensibilizzare il
paziente all’esecuzione degli opportuni accertamenti endoscopici e radiologici.
Ernie strozzate
I casi possono ridursi essenzialmente a due:
• il paziente è a conoscenza di essere affetto da un’ernia e attualmente riferisce aggrava
mento acuto della precedente sintomatologia, riferibile a strozzamento: dolore, aumento
volumetrico della tumefazione, irriducibilità, tensione, arrossamento, calore della cute
soprastante;
• il paziente ignora di essere portatore di ernia e si rivolge per la prima volta al Medico
accusando i medesimi sintomi locali e generali. In questa seconda circostanza occor
re fare molta attenzione, specie nella donna adulta-anziana, ove piccole ernie crurali
Gastroenterologia 73
Pancreatite acuta
È un quadro particolarmente grave che presenta una elevatissima mortalità; è perciò
necessario un ricovero immediato, qualora esistano discreti sospetti in tal senso. Può
rafforzare questa ipotesi diagnostica la presenza di litiasi biliare (circa il 45% dei casi di
pancreatite acuta si manifesta in questo tipo di pazienti), di diabete, di obesità e l’abitu
dine all’abuso di alcolici.
L’elemento clinico di maggior rilievo è costituito dal dolore: violento, ad esordio rapido,
che raggiunge la massima intensità in epigastrio, talvolta anche in mesogastrio e/o nell’i
pocondrio sinistro, irradiato a sbarra, grosso modo allo stesso livello anche dorsalmente.
In fase iniziale il quadro può simulare un infarto del miocardio o un’ulcera perforata, in
questo caso mancano però i segni di aria libera in peritoneo; inoltre pur essendo il dolore
di per sé grave, accentuato dalla compressione, manca a lungo la reazione peritoneale ed
il Blumberg permane negativo; precoce e frequente è invece il vomito gastrico e/o biliare.
In alcuni casi si può avere febbre.
Trattandosi di una reale emergenza medica, talora fatale, il paziente con sospetta
pancreatite acuta deve essere immediatamente ospedalizzato.
Pancreatite cronica
Potreste essere chiamati da soggetti che lamentano quadri recidivanti di dolore addo
minale con le stesse caratteristiche della forma acuta, sintomi da malassorbimento con
feci steatosiche e talora diabete mellito. Si tratta di una condizione solitamente associata a
etilismo cronico o a tabagismo, ma in alcuni casi può manifestarsi anche in soggetti che non
fanno uso di alcolici, ad es. pazienti con litiasi biliare cronica, fibrosi cistica o sottoposti a
terapia prolungata con acido valproico, estrogeni, corticosteroidi. Non essendo, ovviamente,
un quadro gestibile in Continuità Assistenziale, nel caso di un sospetto diagnostico fondato
il paziente va trattato con analgesici (HaPanEU/UEG Grado 1B) (evitando i FANS) e inviato
presso consulenza specialistica.
IPOTENSIONE O SHOCK
SI NO
OSPEDALIZZARE SI NO
D’URGENZA
Controllare • Eseguire un’accurata anamnesi
parametri • Eseguire un accurato esame obiettivo
vitali • Escludere cause extra-addominali
• Somministrare analgesici, non FANS o
spasmolitici
SORVEGLIARE O
OSPEDALIZZARE
(a seconda dei casi)
Emorroidi
Le circostanze urgenti che possono riguardare il Medico di Continuità Assistenziale sono
la trombizzazione, che determina un importante quadro doloroso, e le emorragie anomale
per quantità e durata. Ispezionate innanzitutto la regione anale con un guanto a perdere.
Nel caso di un gavocciolo venoso esterno e strozzato dallo spasmo dello sfintere è bene
tentare di riposizionare il tutto in ampolla rettale previo massaggio dello sfintere. Nel caso di
una trombosi di un gavocciolo venoso è bene far eseguire dei semicupi con acqua per lenire
il dolore ed evitare lo spasmo dello sfintere, poi si potrà consigliare l’applicazione topica di:
1. Fluocinolone/Ketocaina oppure Tetracaina/Escina pomata, dopo ogni defecazione;
2. Lidocaina pomata, se il dolore è insopportabile.
Nel caso di gavoccioli venosi ulcerati e sanguinanti, tamponate con una garza arrotolata
e consigliate una visita chirurgica urgente. Consigliate inoltre astensione da cibi piccanti
e dagli alcolici. Poiché questi pazienti sono spesso stitici cronici, per cui feci dure vengono
emesse con notevole sforzo e sofferenza, sarà indicata una dieta (ASCRS Grado 1B) con
abbondante idratazione (almeno 2 litri di acqua/die), ricca di fibre vegetali (verdure cot
te e crude, frutta mangiata con la buccia, pane integrale, crusca mescolata al latte del
mattino) e l’uso di:
1. Psyllium 1-2 bust/die;
2. Lattulosio 2 cucchiai/die.
Può essere inoltre consigliata la terapia con flebotonici, ad es. frazione flavonoica
purificata micronizzata (1 cpr × 2/die), da somministrare per almeno 2 mesi.
Ginecologia
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aggiuntivi
intrauterino e quindi l’eventuale perforazione dell’utero, che può verificarsi anche in assenza
di dolore. Quindi se non trovate il filo si avvia a consulenza ginecologica. Dovete sempre
ospedalizzare nel caso di perdite ematiche di notevole entità, pazienti emodinamicamente
instabili, traumi (in particolare per abuso sessuale) o sospetta endometrite post-abortiva
o post-partum.
L’appendicite, invece, non si associa ad alcuna alterazione del ciclo, ma un suo esordio
contemporaneo ad un flusso mestruale può confondere la diagnosi.
Nelle malattie infiammatorie pelviche (PID) il dolore è generalmente in sede addominale
bassa, bilaterale, continuo e non è localizzato, ben apprezzabile alla pressione, proprio sopra
i legamenti inguinali, e si associa a secrezioni vaginali e/o sanguinamenti intermestruali.
Possono essere presenti sintomi sistemici quali febbre e brividi. Se si verifica la rottura di
un ascesso tubo-ovarico con versamento peritoneale del suo contenuto il dolore è più severo
ed è maggiore la dolorabilità alla palpazione.
I sintomi classici dell’appendicite invece sono il dolore addominale localizzato al qua
drante inferiore destro e la zona di massima dolorabilità è rappresentata, di solito, dal punto
di McBurney. Si associano, inoltre, anoressia, febbre, nausea e vomito.
Nel caso di torsione o rottura di cisti ovariche, torsione di annessi o di fibromi uterini
peduncolati, necrosi di fibromi uterini, ematocolpo e/o ematometra è generalmente palpabile
una massa pelvica dolente. Una rapida ospedalizzazione è sempre necessaria nel caso di
presenza di massa pelvica dolente.
ATTENZIONE a non fare diagnosi di massa pelvica dolente in donna con globo
vescicale da ritenzione di urina.
Dismenorrea
Con tale termine si indica il dolore che insorge in sede pelvica e può irradiarsi in sede
lombo-sacrale durante la mestruazione, con talvolta associati disturbi di carattere generale.
Vi sono due tipi di dismenorrea:
a) Dismenorrea primaria, in assenza di patologie che possano giustificare tale sinto
matologia.
b) Dismenorrea secondaria, quando è presente in donne con patologie che possono
giustificare tali sintomi, per es. endometriosi, fibromi uterini.
80 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Nella crisi acuta di dismenorrea primaria potete prescrivere un FANS (SOGC Grado A,
Livello I):
1) Ibuprofene 400 o 600 mg 1 cpr per os fino a 3 volte al giorno oppure
2) Dexketoprofene trometamolo (25 mg 1 cpr × 3/die) oppure
3) Diclofenac sodico (50 mg 1 cpr fino a 3 volte al giorno).
per tutte le donne (maggiorenni e minorenni). La “pillola dei 5 giorni dopo” va quindi
somministrata con ricetta solo alle minorenni; per le altre donne, può essere venduta
senza ricetta e senza test di gravidanza.
Se il rapporto ha avuto luogo nelle ore o nei giorni che precedono l’ovulazione, il levonor
gestrel e l’ulipristal acetato impediscono la fecondazione. Se invece il rapporto ha avuto
luogo quando il processo che conduce all’ovulazione è già iniziato, il levonorgestrel non ha
effetto, mentre l’ulipristal acetato è in grado di posticipare l’ovulazione di alcuni giorni.
Se infine il processo di impianto è già iniziato (anche se da poco tempo) il farmaco non
è efficace. Gli effetti collaterali più comuni sono cefalea, astenia e algie pelviche.
La contraccezione orale d’emergenza può essere utilizzata anche dalle donne che hanno
controindicazioni ai contraccettivi orali tradizionali, comprese le donne con patologie
cardiovascolari, emicrania, patologie epatiche o in allattamento.
2) La Spirale: che va applicata dal ginecologo entro le 72 ore successive al rapporto non
protetto a scopo intercettivo.
È il metodo contraccettivo più efficace (ACOG Level A).
82 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Violenza sessuale
È possibile che in occasione di una consulenza sulla contraccezione di emergenza, una
donna vi informi di essere stata vittima di violenza sessuale. In tal caso è necessario che
la donna venga trasferita in ospedale, meglio se accompagnata, comunque secondo la
sua volontà.
È obbligo del medico di CA denunciare all’autorità giudiziaria i reati procedibili d’ufficio
di cui sia venuto a conoscenza come incaricato di Pubblico Servizio o di Pubblico Ufficiale.
In particolare a tal proposito:
Delitti sessuali
a) Violenza sessuale commessa nei confronti di minore di anni 18 (nelle donne maggiorenni
la violenza sessuale è un reato a querela di parte);
b) Violenza commessa dal genitore (anche adottivo) o dal di lui convivente, dal tutore o da
persona alla quale il minore sia affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione,
di vigilanza o di custodia;
c) Violenza commessa da un pubblico ufficiale o da incaricato di un pubblico servizio
nell’esercizio delle proprie funzioni;
d) Violenza connessa ad altro delitto perseguibile d’ufficio;
e) Atti sessuali compiuti su persona che non ha ancora compiuto i 10 anni;
f) Violenza sessuale di gruppo
Delitti contro l’incolumità individuale:
a) lesioni personali dolose
• lievi: malattia della durata da 21 a 40 giorni;
• gravi: malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiore a 40 giorni;
malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa; malattia che produca un
indebolimento permanente di un senso o di un organo;
• gravissime: malattia certamente o probabilmente insanabile, perdita di un senso o
dell’uso di un organo, perdita di un arto o mutilazione che renda l’arto inservibile, perdita
della capacità di procreare, difficoltà grave e permanente della favella, deformazione o
sfregio permanente del viso.
(Le lesioni personali dolose lievissime, con prognosi pari o inferiore ai 20 giorni, sono
perseguibili a querela di parte a meno che non siano commesse con l’uso di armi, di mezzi
venefici o insidiosi, di sostanze corrosive).
Nel caso di lesioni volontarie a minori, la denuncia va invece sempre presentata, indi
pendentemente dalla prognosi delle lesioni.
Delitti contro la libertà individuale:
a) Sequestro di persona
b) Violenza privata
c) Minaccia aggravata
d) Incapacità procurata mediante violenza
e) Prostituzione minorile.
Ginecologia 83
Preeclampsia
È un quadro clinico che insorge in una donna dopo 20 settimane di gravidanza
caratterizzato da ipertensione (definita come PAS ≥140 mmHg e/o PAD ≥90 mmHg) e
proteinuria (>300 mg/24h). In assenza di proteinuria, per la diagnosi è necessaria la
presenza di uno dei seguenti:
– trombocitopenia (<100.000/mm3)
– aumento degli enzimi epatici
– insufficienza renale
– edema polmonare
– disturbi neurologici o della vista.
È necessaria l’ospedalizzazione nelle forme severe, cioè in presenza di PAS ≥160 mmHg
o PAD ≥110 mmHg o nelle forme con sintomi o segni di danno d’organo (SOGC Grado B).
L’evoluzione più temibile di tale quadro è l’attacco convulsivo eclamptico acuto (eclam
psia). Anche in questo caso è necessario il ricovero con urgenza; per evitare un eventuale
aggravamento durante il trasporto in ospedale o aspettando l’ambulanza, dovete:
1) evitare la morsicatura della lingua durante la crisi convulsiva
2) controllare la pervietà delle vie aeree; posizionare la donna in decubito laterale sinistro
3) somministrare ossigeno
4) se possibile, incannulare una vena periferica e iniziare una infusione di Magnesio solfato 6
g e.v. in 15-20 minuti e poi in somministrazione continua a 2 g/h (ACOG raccomandazione
forte); applicare un catetere vescicale a permanenza per controllare la diuresi; si consiglia
tuttavia di eseguire il trattamento con Magnesio solfato in ambiente ospedaliero.
5) ospedalizzare sempre con la massima urgenza.
84 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Parto precipitoso
È molto probabile, data la ricchezza di strutture ospedaliere, che nessuno dei lettori
si troverà nella necessità di dover assistere da solo ad un parto. A quei pochi cui la sorte
giocherà questo brutto scherzo vorremmo ricordare come incoraggiamento, che la natura
non ha previsto il Medico come complemento indispensabile per il parto e che, in genere,
è in grado di risolvere da sola benissimo il problema. Si definisce precipitoso un travaglio
che dura meno di tre ore dall’insorgenza delle contrazioni regolari al parto; è un’evenienza
rara. Si verifica più frequentemente nelle pluripare con feti piccoli e bacini ampi. Sia nel
caso di un parto precipitoso, che di una donna che sia in fase avanzata di travaglio o che
abbia appena partorito, la prima cosa da fare è contattare il 118. In attesa dell’arrivo dei
soccorsi, poiché le contrazioni uterine possono compromettere l’ossigenazione fetale nel
periodo dilatante bisogna:
1) mettere la partoriente in decubito laterale sinistro;
2) incannulare una vena periferica;
3) infondere soluzione glucosata al 5% od eventualmente anche soluzione fisiologica (il glucosio
e.v. è preferibile in quanto costituisce materiale energetico per la muscolatura uterina);
4) per trattare l’eventuale ipotensione materna somministrare Idrocortisone (f fino a
2-3 gr. e.v.);
5) ossigenoterapia se avete l’ambulanza.
Nel caso il parto sia già avvenuto prima del vostro arrivo:
1) controllate che il cordone ombelicale sia stato legato e tagliato (eventualmente fatelo;
ricordando di tagliare tra due legature);
2) controllate che il neonato sia avvolto in panni caldi;
3) controllate che il neonato respiri bene e non abbia laringe e narici ostruite da mucosità
(in questo caso provvedete all’aspirazione del cavo orofaringeo e delle narici utilizzando
Ginecologia 85
un aspiratore a bocca. Aspirate ad intermittenza, per brevi periodi ed in modo non troppo
violento);
4) controllate l’eventuale espulsione della placenta e, se questa è stata espulsa, inviatela
in ospedale assieme alla paziente ed al neonato;
5) se la paziente non ha ancora espulso la placenta e non sanguina, non fate niente (non
tentate il secondamento manuale). Se invece sanguina e vi trovate nell’impossibilità di
trasporto immediato, incannulate una vena periferica, infondete soluzione glucosata al 5%
o anche solo soluzione fisiologica per mantenere pervia la vena, completate l’estrazione
della placenta nella seguente maniera, assicurandovi che la vescica sia vuota e l’utero ben
contratto e procedendo come segue:
a) valida pressione esterna sull’addome (sul fondo uterino) verso il basso al momento
della prima contrazione o eventualmente delle altre (potete massaggiare l’utero per farlo
contrarre);
b) pressione sovrapubica (sempre esterna) diretta contro il polo inferiore del corpo
uterino (con la mano destra), mentre viene effettuata una modesta trazione del funicolo
con la mano sinistra;
c) cui segue pressione sovrapubica verso l’alto del corpo mentre il funicolo viene
trattenuto.
Mastite
Una donna, il più delle volte in corso di allattamento, può accusare qualcuno di questi
sintomi:
a) dolore più o meno localizzato in un punto della mammella;
b) ipertrofia dolorosa dei linfonodi ascellari;
c) eritema della zona dove avverte dolore, se superficiale;
d) febbre;
e) alla palpazione è possibile percepire un nodulo dolorabile.
Tale sintomatologia vi conduce facilmente alla diagnosi di mastite, che in genere rico
nosce una eziologia stafilococcica. È importante rassicurare la donna sul valore dell’allatta
mento, che è sicuro continuare ad allattare, che il latte del seno ammalato non danneggerà
il suo neonato e che una volta guarito il seno riprenderà un aspetto e una funzione normali.
La donna va aiutata nel favorire la risoluzione dell’ingorgo, migliorando l’attaccamento al
seno del neonato e incoraggiandola a fornire pasti ogni volta che il neonato lo richiede, senza
alcuna restrizione. Se necessario è possibile favorire la fuoriuscita del latte con la mano o
con un tiralatte fino al ripristino completo del quadro. È utile effettuare uno svuotamento
del seno almeno ogni 6 ore, attraverso l’allattamento o manualmente. Per il trattamento
sintomatico possono essere utili analgesici (Paracetamolo o Ibuprofene) e l’applicazione
dopo l’allattamento o lo svuotamento di impacchi caldi, per ridurre il dolore e l’edema.
È importante assicurarsi che la donna abbia un adeguato apporto di liquidi con la dieta.
La terapia antibiotica è indicata se:
– i sintomi persistono oltre 12-24 ore
– il quadro si presenta severo da subito
– sono presenti ragadi al capezzolo
– nelle forme ascessualizzate.
La terapia antibiotica può essere:
– Amoxicillina/ac.clavulanico 875+125 mg 1 cpr x 2 die per 10-14 giorni
– Cefalexina 500 mg 1 cpr x 4 die per 10-14 giorni.
86 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
I farmaci in gravidanza
Innanzitutto bisogna ricordare che i rischi non sono gli stessi all’inizio ed al termine
della gravidanza: nei primi mesi si deve temere un’azione teratogena del farmaco e quindi
un rischio di malformazioni; nell’ultimo trimestre, invece, si deve temere un evento avverso
per il nascituro. Ricordatevi inoltre che l’azione dannosa dei farmaci deriva spesso dai
metaboliti prodotti dall’organismo materno oltre che dalla molecola del farmaco stesso.
Per eventuali dubbi, è possibile consultare il sito che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha
realizzato sull’utilizzo dei farmaci in gravidanza (www.farmaciegravidanza.gov.it).
VARICELLA ROSOLIA MORBILLO (PARVOVIRUS UMANO SESTA MALATTIA MANI – PIEDI (STREPTOCOCCUS
(VIRUS VARICELLA ZOSTER) (RUBIVIRUS) (PARAMIXOVIRUS) B19) (HERPES VIRUS TIPO 6) (COXSACKIE VIRUS) b-EMOLITICO DI GRUPPO A)
La
Stagionalità Autunno/inverno/primavera Inverno/primavera Inverno/primavera Estate/autunno Tutte le stagioni Tutte le stagioni Tutte le stagioni
Incubazione 10-21 14-21 10-14 4-14 4-12 3- 7 1-7
L’esame
(giorni)
Febbre Discreta Possibile Elevata Irregolare Elevata per tre giorni, Irregolare Elevata
scompare all’inizio
dell’esantema
clinica:obiettivo:
Esantema Papule che si trasformano in Maculo-papulare roseo, Maculo-papuloso Erisipeloide Maculo-papuloso Maculo-papuloso Micro-
vescicole che rapidamente poco confluente rosso scuro, Al volto: a farfalla roseo, poco confluente con evoluzione in papulo rosso scarlatto
diventano pustole e poi croste confluente Agli arti: marginato vescicole e pustole
Inizio esantema Centripeto con interessamento Dal capo Dalla radice dei Dal volto, al tronco Comincia al tronco e Labbra, palmo Dal volto con risparmio
sintomi, approccio
principalmente del tronco e capelli alla nuca ed alle superfici poi si estende al volto delle mani, della zona circumorale
poi della periferia, può estensorie degli ed agli arti; si associa dorso delle dita,
essere interessato anche arti dove può essere a linfoadenopatia pianta dei piedi
segni e gestione
Durata esantema 1-3 gg In 24-48 ore ricopre I gg: capo 2-3 gg al volto Da poche ore ad 1-2 gg ------ Si estende al tronco
tutto il corpo II gg: tronco 6-7 gg agli arti ed agli arti. Scompare
clinico
caso
Colica renale
La colica renale è causata dall’impegno del calcolo dalla pelvi nell’uretere con conse
guente idronefrosi, distensione della capsula renale e dolore violento. È un evento improvviso,
drammatico, che di solito non è preceduto da alcun tipo di aura sintomatologica. Il dolore
è il sintomo più frequente e si sviluppa a cicli e parossismi della durata di 20-60 minuti
insorge a livello lombare monolaterale, in corrispondenza del rene interessato dal processo
litiasico (manovra del Giordano positiva), con periodi di stasi e di riacutizzazione s’irradia
lungo tutto il decorso ureterale (dolorabilità nei punti ureterali) fino alla regione sacrale, alla
faccia antero-mediale della coscia e agli organi genitali. Ci possono essere sintomi generali
di accompagnamento, come nausea, vomito, disuria ed urgenza urinaria (fare diagnosi
differenziale con appendicite acuta e torsione del funicolo spermatico). Frequente (70-90%)
il rilievo di macroematuria; nei pazienti sintomatici in alcuni casi compare oliguria o anuria
dovuta ad un meccanismo riflesso. A volte si osserva, o viene riferito, eliminazione con le
urine di “renella”, cioè sabbia formata da minute concrezioni brune o rossastre. Di grande
utilità è lo stick per l’esame delle urine: trovare una microematuria è di grande conforto per
la diagnosi di colica renale.
Una volta posta la diagnosi la terapia di base si fonda sul controllo del dolore e abbon
dante idratazione.
Farmaci utili per la gestione del dolore sono:
I linea: FANS (ESA raccomandazione forte)
II linea: oppiodi (ESA raccomandazione forte).
I FANS potrebbero essere considerati piùappropriati soprattutto per non peggiorare o
causare sintomi quali nausea e vomito.
Di seguito alcuni esempi di terapia:
1) Diclofenac (75 mg 1 f i.m.) o Ketorolac (30 mg 1 f i.m.).
Nel caso in cui, dopo una mezz’ora, il dolore sia ancora violento con grave sofferenza del
paziente potete ripetere il ciclo terapeutico o nei casi più gravi somministrare:
2) Dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg (da 1 a 3 volte/die)
3) Morfina 5 mg (1 fl. sottocute) ed eventualmente ricoverare il paziente.
L’uso di farmaci alfa-litici come la tamsulosina è raccomandato in caso di terapia
esplusiva per calcoli distali ≥5 mm e ≤10 mm (EAU raccomandazione forte). La maggio
ranza dei calcoli, tuttavia, è < 5 mm di conseguenza vengono espulsi senza necessità di
terapia facilitante.
Altri farmaci come calcioantagonisti e nifedipina hanno dimostrato discreta efficacia
(inferiore a tamsulosina). L’utilizzo di tamsulosina unitamente a glucocorticoidi come il
Nefrologia 91
deflazacort può migliorare il tasso di esplusione del calcolo e ridurre la necessità di analgesici
(DynaMed Plus livello 2, evidenza moderata).
ATTENZIONE: Nel bambino può aversi, sia pur raramente, calcolosi renale;
poiché in questi casi l’eziologia può risiedere in errori del metabolismo,
sferocitosi, ecc., si devono sempre consigliare accertamenti.
I calcoli di maggiori dimensioni difficilmente vengono espulsi spontaneamente e di con
seguenza devono essere eliminati mediante misure di competenza specialistica (litotrissia,
estrazione endoscopica, intervento chirurgico). Per quanto riguarda la prevenzione degli
episodi di colica renale da nefrolitiasi:
1) assumere almeno 2 L/die di acqua
2) aumentare l’assunzione di frutta e verdura, evitando diete vegetariane
3) evitare eccessivo consumo di proteine animali
4) evitare eccessivo consumo di sale
5) evitare eccessivo consumo di vitamina C e D
6) ridurre cibi ricchi di ossalati (es. spinaci, cavoli, ecc)
7) assumere calcio tramite la dieta
8) consumare cibi ricchi in fitati (es. legumi, fagioli, crusca, ecc)
Fattori di rischio per sviluppo di calcoli renali sono insulino-resistenza, obesità e gotta.
Cistite acuta
Il paziente, che per maggiore incidenza sarà con alta probabilità di sesso femminile,
vi riferirà i classici segni di urgenza e bruciore minzionale, dolore, pollachiuria, talvolta
ematuria ed emissione di urine torbide e maleodoranti; la presenza di febbre, in genere, è
segno comune ma può sottendere infezioni più gravi come una pielonefrite.
La diagnosi di cistite non complicata, in donne senza fattori di rischio, si basa sulla
storia clinica (ESA raccomandazione forte). Generalmente non sono necessarie analisi delle
urine ed urinocoltura. È possibile utilizzare stick urine per orientare la diagnosi (EAU rac
comandazione debole). Nella maggioranza dei casi è corretto tentare una terapia empirica
scegliendo tra i farmaci proposti:
1) Nitrofurantoina 100 mg 2-4/die in base alla clinica per 5 giorni (IDSA/ESCMID grado A-I)
2) Trimetoprim-sulfametoxazolo 160/800 mg x 2/die per 3 giorni (IDSA/ESCMID grado A-I)
3) Fosfomicina 3 g in singola dose (IDSA/ESCMID grado A-I).
Nei bambini con età <2 anni è complicato distinguere una infezione delle vie urinarie
inferiori da una delle vie urinarie superiori anche tramite utilizzo di stick urine, pertanto in
caso di sospetto clinico è buona norma pensare ad una infezione delle vie urinarie superiori
fino a prova contraria e gestirla come tale in ospedale.
Nei bambini con età >2 anni è comunque raccomandato procedere con esame delle
urine/urinocoltura e solo dopo avviare terapia empirica (DynaMed Plus raccomandazione
forte) valutando la situazione come segue:
1) Iniziare terapia antibiotica in attesa del risultato dell’urinocoltura se febbrili, immu
nocompromessi, di aspetto malato/sofferente, portatori di catetere a permanenza,
anormalità genitourinarie, storia di IVU oppure in assenza di questi parametri in caso
di evidenza di batteriuria allo stick o all’analisi delle urine.
2) Iniziare terapia antibiotica solo dopo aver ottenuto il risultato dell’urinocoltura in pa
ziente apiretico, immunocompetente, in apparente buono stato di salute, non portatore
di catetere a permanenza, in assenza di anormalità genitourinarie in soggetti che hanno
evidenza di piuria MA non di batteriuria allo stick o esame delle urine.
Terapie empiriche appropriate per le IVU basse sono:
1) Amoxicillina 50 mg/kg/die in 3 dosi
2) Cotrimossazolo 24-48 mg/kg/die in 2 dosi (non prima di 6 settimane di vita)
3) Nitrofurantoina 4-6 mg/kg/die in 2-3 dosi (non prima di 3 mesi di vita).
Tenuto conto del fatto che i germi responsabili delle cistiti derivano quasi sempre da
contaminazione fecale, non trascurate di verificare come il bambino viene lavato quando
ha emesso feci, e scoprirete assai frequentemente grossolani errori nell’igiene della regione
perineale. Spiegate quindi che la regione genitale dev’essere lavata prima e separatamente
rispetto a quella anale. Anche l’impiego di spugne va considerato possibile fonte di conta
minazione fecale dei genitali. È utile ricordare anche agli adulti, e alle donne in particolare,
le seguenti norme igieniche:
1) Bere abbondante quantità d’acqua, ed evitare gli alcolici
2) Evitare indumenti intimi stretti e i tessuti sintetici
3) Porre particolare attenzione all’igiene intima prima e dopo rapporti sessuali e nel periodo
mestruale
4) Utile l’assunzione di fermenti lattici e di acidificanti urinari (ad es. spremuta di limone).
Macroematuria
Oltre alla colica renale, molteplici affezioni possono causare macroematuria che,
ricordiamo, è caratterizzata da urine rosse con diverse sfumature del colore: da lavatura di
carne e sangue vivo (più spesso ematurie delle basse vie urinarie), a ruggine e coca–cola
(più spesso di origine renale).
In questa sede è sufficiente ricordare quei casi che richiedono un rapido orientamento
diagnostico per un ricovero tempestivo: a) Glomerulonefrite acuta: è contraddistinta da
quattro segni: ematuria, contrazione della diuresi, ipertensione arteriosa, edemi (al volto,
alle palpebre soprattutto mattutini, agli arti inferiori, in regione pubica). Negli anziani è
possibile la comparsa di scompenso cardiaco mentre nei bambini può insorgere encefalo
patia. Il paziente, tipicamente, può essere incorso in una malattia infettiva 2-3 settimane
prima della insorgenza dei sintomi attuali (glomerulonefrite “post-infettiva”). A volte il focus
infettivo può essere una semplice flogosi dentaria. b) Traumi renali: l’azione traumatizzante
può essere stata sia addominale, sia costale. Dolore lombare e/o ematuria (o all’opposto
Nefrologia 93
Cause di ematuria
- Extrarenali - Parenchimali renali
Affezioni dell’apparato uro-genitale: • Affezioni glomerulari (glomerulonefriti, vasculiti)
• Calcoli (uretere, vescica, uretra) • Affezioni tubulo-interstiziali
• Neoplasie (uretere, vescica, uretra, prostata) • Infarto renale
• Infezioni (vescica, uretra, prostata)
• Traumi
Cause non correlate all’apparato uro-genitale:
• Coagulopatie
• Farmaci anticoagulanti
anuria) possono essere i segni di un trauma renale che va pertanto preso in considerazione
nella diagnosi differenziale.
Pielonefrite acuta
La pielonefrite acuta è un’infiammazione che coinvolge il rene e la pelvi renale. Clini
camente si manifesta in genere con febbre alta associata a brivido, nausea, vomito, ema
turia e/o piuria macroscopica; è spesso presente dolorabilità alle logge renali e/o minzioni
frequenti e dolorose.
Nel caso venga sospettata una pielonefrite acuta, che è una urgenza medica spesso molto
grave, è sempre opportuno inviare al Pronto Soccorso per consulenza specialistica. Sul piano
fisiopatologico i microrganismi responsabili (di solito i coliformi, Pseudomonas e Proteus)
possono raggiungere il rene attraverso il circolo sanguigno, provenendo dall’intestino, oppure
originare da un focolaio di infezione localizzato nelle basse vie urogenitali.
Esistono varie cause predisponenti: idronefrosi, ostacolo al flusso urinario (ad es. vesci
ca neurologica, malattie del collo vescicale, stenosi ureterali, reflusso vescico-ureterale),
manovre strumentali sull’uretra e vescica, fistole vescico-vaginali e vescico-sigmoidee,
malattie metaboliche (diabete, gotta), gravidanza (per compressione da parte dell’utero).
L’anamnesi è spesso fondamentale per la diagnosi (paziente anziano maschio con storia
di ipertrofia prostatica o altra anamnesi positiva per ostacoli uretrali come calcoli, corpi
estranei, tumori pelvi, ecc.). Raccogliete sempre la storia clinica completa ed eseguite
l’esplorazione rettale negli uomini con sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS) (DynaMed
Plus raccomandazione forte).
La terapia si avvale di: cateterizzazione urinaria se in possesso di materiale specifico ed
esperienza adatta (manovra controindicata in paziente che hanno subito recenti interventi
urologici). Nei pazienti con Ipertrofia Prostatica Benigna la terapia prevede somministrazione
di alfa litici già al momento della cateterizzazione.
È poi anche possibile somministrare una terapia analgesica per il dolore come:
1) Paracetamolo/Codeina (supp.).
Se il dolore è acuto:
2) Diclofenac (1 f i.m.) o Ketorolac (30 mg 1 f i.m.).
3) Tramadolo (20 gtt o 1 f i.m.)
4) L’applicazione di una borsa di acqua calda può giovare al paziente.
• Segni di iniezione venosa (abuso di droghe?), ferite dei polsi, abuso farmacologico
(tentato suicidio?)
• Eventuale alitosi alcoolica o da dismetabolismo (chetoacidosi?)
• Dopo aver eseguito anamnesi ed esame ispettivo è necessario condurre un esame neu
rologico per verificare l’integrità delle varie funzioni del paziente.
Sistema motorio
Arti superiori (esaminate il paziente disteso o seduto sul bordo del letto).
• Esame della forza muscolare: prove antigravitarie (Mingazzini) con le braccia distese
e, se possibile, con il palmo delle mani verso l’alto per verificare una caduta più o meno
rapida di un arto o la sua pronazione. Valutazione forza segmentaria.
• Esame del tono muscolare per identificare differenze tra i due lati, verificate la possibile
flessione ed estensione passiva del braccio.
• Riflessi osteotendinei: bicipitale, tricipitale, radioflessore, cubitopronatore.
Arti inferiori (esaminate il paziente disteso)
• Esame della forza muscolare: prove antigravitarie (Mingazzini) con sollevamento delle
gambe. Valutazione forza segmentaria.
• Esame del tono (flessione ed estensione del ginocchio e del piede); eseguite inoltre
sempre la manovra di Lasègue (essa è positiva se, con il paziente supino, la flessione
della coscia sul bacino a gamba estesa determina un dolore significativo, provocato dallo
stiramento del nervo sciatico).
• Riflessi osteotendinei: rotuleo (a paziente seduto sul lettino con le gambe penzolanti, se
si percuote con il martelletto il tendine sottorotuleo, si ha come risposta normale l’esten
sione della gamba sulla coscia; livello sinaptico corrispondente: L2-L3-L4) ed achilleo
(a paziente supino con il piede flesso dorsalmente dall’esaminatore, se si percuote il
tendine di Achille, si ha come risposta normale l’estensione del piede; livello sinaptico
corrispondente: L5-S1).
• Segni di compromissione del fascio piramidale: segno di Babinski (lo strisciamento
con un oggetto smusso della pianta del piede, partendo dal bordo laterale e spostandosi
verso la base delle dita, induce come risposta un’estensione lenta dell’alluce, che si può
associare a flessione delle altre dita o alla loro apertura a ventaglio).
Sensibilità
Verificate la sensibilità tattile e dolorifica dai due lati del corpo strisciando con una punta
smussa nel primo caso e usando la punta di uno spillo nel secondo. Indagate sul senso di
posizione e, se possibile, la sensibilità vibratoria (diapason!).
Coordinazione
Esame dell’equilibrio (test di Romberg), della marcia e della coordinazione segmentaria
(prova indice-naso per valutare eventuale presenza di dismetria, prono-supinazione veloce
degli arti superiori per valutare la diadococinesia).
Neurologia 97
Tabella 1. Quadri clinici neurologici di riferimento per la diagnosi differenziale in Guardia Medica
6 Al comando
5 Orientata Localizzata alla stimolazione dolorosa
4 Spontanea Confusa Retrazione allo stimolo doloroso
3 In seguito a stimolazione Parole Flessione allo stimolo doloroso
verbale inappropriate
2 In seguito a stimolazione Suoni incomprensibili Estensione allo stimolo doloroso
dolorosa
1 Assente Assente Assente
98 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
a) Funzioni vitali
Rilevate rapidamente: polso centrale, attività respiratoria, pervietà delle vie aeree.
Procedete eventualmente con le appropriate manovre di rianimazione in attesa del medico
rianimatore (cfr. Primo Intervento).
b) Livello di coscienza
Questo fondamentale dato clinico viene spesso trascurato, mentre è invece prioritario. Il
metodo più utilizzato a livello internazionale è la Glasgow Coma Scale (Tabella 2): il valore
totale è tra 3 e 15. Un Glasgow Coma Scale Score inferiore o uguale a 8 indica una compro
missione della coscienza severa (coma). Appuntate il valore e l’ora della prima rilevazione
per meglio seguire l’evoluzione del quadro clinico. L’esame non è valido per i bambini e per
i pazienti intossicati o quando sia presente una lesione oculare o midollare. Procedete nella
visita partendo dal capo, ma evitate la mobilizzazione del rachide cervicale nel paziente in
coma per la possibilità di un’associata lesione del rachide cervicale. Facendo attenzione alle
risposte motorie ai vari stimoli, al tipo di respirazione, alle pupille e ai movimenti oculari,
sarete in grado di identificare la presenza e il tipo di coma del paziente. Nel paziente con
disturbo della coscienza va sempre eseguita una valutazione della motilità spontanea
e della motilità indotta mediante pizzicamento del braccio, della gamba e del volto. Se
non si ottiene risposta motoria, applicate uno stimolo doloroso compressivo, moderato ma
prolungato, a livello dell’incisura sovraorbitaria (a metà del margine orbitario superiore) o
pizzicate il capezzolo. I fattori che indicano un’emiplegia o un’emiparesi sono:
• la caduta flaccida o più rapida dell’arto controlaterale, di un’estremità che avrete
sollevato
• l’angolo della bocca che appare spianato con incapacità a fare smorfie o a sorridere
• il movimento spontaneo ridotto di un emicorpo
• la difficoltà nel parlare.
Neurologia 99
Nel caso la prima dose non modifichi la frequenza del respiro entro 3-4 minuti, si può
ripetere altre volte l’iniezione. Se dopo 3 dosi il quadro clinico resta ancora immodificato,
può essere esclusa l’ipotesi di overdose. In caso di accertata intossicazione da Benzodia-
zepine, in attesa del ricovero, somministrate: Flumazenil 0,2 mg e.v. lentamente; se non si
ottiene il livello di coscienza atteso, dopo 30 secondi, somministrare ulteriore dose di 0,3
mg e.v. lentamente; è possibile ripetere una dose di 0,5 mg e.v. lentamente a intervalli
di 1 minuto, fino ad una dose totale di 3 mg.
Trauma cranico
Il trauma cranico pone sempre angosciosi problemi al Medico di Continuità Assistenziale.
Questi divengono particolarmente pressanti quando, come frequentemente accade, rimane
coinvolto un bambino.
Spesso l’ansia dei genitori e la legittima preoccupazione del Medico comportano ricoveri
incongrui. Riteniamo pertanto utile esporre i principali criteri che possono orientare il Medico
nella gestione di questi particolari pazienti (v. Tabelle).
Trauma cranico apparentemente lieve nel bambino: Criteri per la sorveglianza* a domicilio e quindi di
ricovero in caso di insorgenza
• Bambino confuso, disorientato
• Vomito ripetuto con rallentamento della frequenza cardiaca
• Cefalea persistente o ingravescente
• Convulsioni
• Febbre elevata
• Fuoriuscita di liquido chiaro o sangue dal naso o dall’orecchio
• Improvvisa riduzione della forza di uno o più gruppi muscolari
• Postura strana nel sonno con difficoltà a risvegliarsi
• Comportamento strano o diverso rispetto all’abituale
*Tali criteri devono essere esposti e scritti ai familiari del bambino
Neurologia 101
ATTENZIONE:
Per chi assiste, un minuto sembra durare un’eternità.
non riesce ad evocare eventi recenti, reagisce in modo rallentato o esagerato agli stimoli,
può presentare allucinazioni visive.
Poiché molte situazioni possono indurre tale stato, è necessario che poniate le seguenti
domande:
• Il paziente ha ingerito farmaci (tranquillanti, cortisonici, anticolinergici, antidepressivi,
antiistaminici, isoniazide, ipoglicemizzanti orali, insulina)?
• Usa abitualmente droghe? Ha interrotto l’assunzione di tali droghe?
• Usa e/o abusa di alcolici?
• È un alcolista che non assume alcolici da parecchie ore?
• Ha motivi per incorrere in uno squilibrio idro-elettrolitico (oliguria!)? È disidratato?
• Ha avuto traumi recenti?
• È epilettico?
• Ha manifestato precedentemente sintomi cerebrali focali deficitari o sintomi di iperten
sione endocranica (cefalea, diplopia, riduzione transitoria dell’acuità visiva, vomito)?
• È affetto da disturbi psichiatrici?
• È diabetico?
• È iperteso?
Dopo un primo orientamento diagnostico controllare:
• il polso, con particolare attenzione alla presenza di bradicardia (ipertensione endocra
nica), di tachicardia (febbre), ed eventualmente di altre aritmie;
• la pressione arteriosa;
• l’escursione e la frequenza del respiro;
• il grado di idratazione (lucentezza della lingua, elasticità della cute);
• temperatura e colorito di mani e piedi;
• il grado di sudorazione;
• il diametro e la reattività pupillare;
• la presenza di alitosi (chetoacidosi, insufficienza renale, intossicazione etilica, ecc.);
• la presenza di segni meningei.
I principali segni di irritazione meningea sono:
• decubito a “cane di fucile”;
• rigidità nucale;
• segni di Kernig e Brudzinski;
• dermografismo rosso intenso e protratto;
• iperestesia e fotofobia.
Possono associarsi segni di ipertensione endocranica:
• obnubilamento del sensorio;
• bradicardia, rialzo della pressione arteriosa;
• papilla da stasi.
Nel lattante sospettate una sindrome meningea di fronte a:
• stato soporoso o all’opposto estrema irritabilità ed inconsolabilità del piccolo, per stimoli
visivi, acustici, tattili (specie quando viene toccata la nuca o il piccolo viene spostato);
• pianto flebile, improvvisamente interrotto da un gemito acuto;
• fontanella bregmatica tesa e pulsante;
• diastasi delle suture craniche;
†
Per valutare la frequenza cardiaca nel bambino tranquillo (se piange, tende ad accelerare la frequenza)
tener conto delle frequenze cardiache per età (cfr. Come visitare i bambini).
104 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
• vomito, strabismo comparso ex novo, paralisi del faciale (nel piangere il bambino non
riesce a chiudere l’occhio omolaterale alla paresi, la rima buccale spianata);
• bradicardia relativa† inferiore a 80 battiti/minuto.
Qualunque siano le caratteristiche cliniche, il paziente confuso non va mai trascurato
e s’impone un’attenta sorveglianza per evitare incidenti dovuti al disorientamento. Se il
paziente ha assunto farmaci per i quali è in trattamento cronico ed alle dosi abituali, dopo
avere escluso la presenza di concause, si prospetti la sospensione del farmaco, rimandando
al giorno successivo un controllo presso il Medico Curante. Tuttavia l’interruzione brusca del
farmaco spesso non è possibile sia per i rischi connessi alla malattia di base sia perché
certi farmaci vanno sempre sospesi gradualmente; pertanto anche in questo caso è spesso
consigliabile un breve periodo di osservazione in ospedale.
Nel caso in cui il farmaco sia stato assunto in sovradosaggio, per errore o tentato suicidio,
è bene inviare comunque il paziente in ambiente ospedaliero per un periodo di osservazione,
non essendo sempre prevedibile l’evoluzione della sintomatologia.
Nella situazione nella quale lo stato confusionale dipenda dalla assunzione di alcolici
(significativi sono l’alitosi, il parlare ininterrotto, la deambulazione atassica), la decisione
per un eventuale ricovero dipende dai rilievi semeiologici.
Ricordate che, per ogni determinata quantità di alcol ingerito, in genere le concentrazioni
di alcol nel sangue sono più alte nel sesso femminile, per una serie di ragioni (le donne,
rispetto agli uomini, sono mediamente di corporatura più minuta, hanno meno acqua corporea
per unità di peso in cui l’etanolo può distribuirsi e hanno una minore attività dell’alcol-
deidrogenasi); quindi, la probabilità di ebbrezza alcolica è maggiore nelle donne che negli
uomini che consumano la stessa quantità di alcol. Il paziente con marcata ipotensione e/o
difficoltà respiratoria va inviato in ospedale.
Se al contrario le funzioni vitali si mantengono buone, il soggetto può restare a casa
sotto il controllo di altre persone (preferibilmente sobrie); in questo secondo caso può essere
utile intervenire praticando Metadoxina [1 o 2 f e.v. oppure i.m. (1 fiala = 300 mg)] sebbene
non sia usuale averlo a disposizione in Continuità Assistenziale. Se allo stato confusionale
si associa un marcato stato di agitazione psicomotoria, somministrare a scopo sedativo:
Aloperidolo 2-5 mg os/i.m./e.v. oppure
Lorazepam 1-2 mg os/i.m./e.v. oppure
Promazina (1 f i.m. o 25 gtt.) .
Se anamnesticamente il paziente è un alcolista cronico che da parecchie ore non assume
più alcolici, la sindrome confusionale più o meno agitata può rappresentare l’esordio di
una sindrome di astinenza alcolica (specie se sono presenti atteggiamenti che possono
far presagire allucinosi microzooptiche) indirizzarlo al Pronto Soccorso.
• sono possibili presentazioni atipiche quali crisi epilettiche, stato confusionale, trauma
cranico associato.
Sono presenti, in alcuni casi, segni di irritazione meningea e/o di ipertensione endocra
nica, come pure deficit neurologici focali e/o perdita di coscienza.
Valutate sempre la pressione arteriosa; è importante la ricerca anamnestica di episodi
di cefalea isolati o accompagnati da altri sintomi neurologici. Anche solo nel sospetto di
ESA ricoverate in osservazione.
2B. COMPLICAZIONI DI TRAUMI CRANICI
Riteniamo utile un breve elenco delle possibili complicazioni di trauma cranico perché
il collegamento col trauma comporta spesso aspetti medico-legali ed assicurativi, di cui il
Medico ha il dovere di avvertire il paziente.
Le complicazioni precoci (lacerazione cerebrale, ematoma subdurale acuto, ematoma
extradurale, edema cerebrale, emorragia cerebrale) si esprimono tutte con sintomi neurologici
di notevole entità e rapidamente ingravescenti, che devono indurvi ad un rapido ricovero.
Possono svilupparsi entro 30 giorni dal trauma: sintomi come vomito, cefalea, disequilibrio,
astenia, foto/fonofobia ecc.; alterazioni cognitive quali deficit dell’attenzione, alterazioni
mnesiche, rallentamento ideomotorio ecc.; alterazioni psichiatriche come depressione, ansia,
agitazione, aggressività ecc.; encefalopatia post-traumatica cronica (in pazienti soggetti
a traumi ripetuti). Le complicazioni tardive possono manifestarsi a distanza di settimane
o di mesi dal trauma, che va pertanto attentamente ricercato nell’anamnesi di qualsiasi
paziente neurologico.
a) Possibile conseguenza di un trauma è l’ematoma subdurale cronico: il paziente è ge
neralmente asintomatico, se si instaura acutamente può presentare segni neurologici
focali (emiparesi eterolaterale, compromissione della coscienza); predisposte risultano
le persone >70 anni;
b) Crisi epilettiche post-traumatiche: possono essere un sintomo che insorge acutamente
dopo l’evento traumatico, non hanno un significato prognostico. Si possono manifestare
anche a distanza di tempo dal trauma.
Tutti questi casi sono meritevoli di ricovero urgente. In queste situazioni, quando sussista
il sospetto di eziologia traumatica, si rammenti che il primo Medico che visita il paziente
ha obbligo di referto se il trauma riveste interesse medico-legale (incidenti sul lavoro o
della strada, incidenti riguardanti bambini affidati alla scuola o ad altri terzi, ecc.). In
caso di trauma cranico, specie quando interessa bambini, la Continuità Assistenziale
viene frequentemente interpellata, anche se il paziente è apparentemente asintomatico,
da familiari desiderosi di essere rassicurati. Di fronte a tali richieste è necessaria in primo
luogo un’anamnesi accurata volta ad appurare:
• entità del trauma (altezza di caduta, velocità e mole del corpo contundente, ecc.) in
rapporto all’età ed allo stato fisico del paziente;
• eventuale perdita di coscienza, sua durata ed eventuale intervallo libero;
• presenza o meno di lacuna mnesica;
• insorgenza o meno di crisi epilettica immediata;
• precedenti personali e familiari di crisi epilettiche o di convulsioni febbrili. È importante
valutare anche il cuoio capelluto per eventuali lesioni o infossamenti o punti dolorabili,
che possono far sospettare fratture. In assenza di rilievi patologici, se il trauma è stato,
a vostro giudizio, di una certa entità, consigliate egualmente al paziente di recarsi al
Pronto Soccorso per ulteriori valutazioni. Se invece sembra essersi trattato di un trauma
banale, rassicurate i familiari, ma consigliate egualmente un’attenta sorveglianza, specie
per quanto riguarda l’insorgenza di vomito, crisi comiziali, cefalea.
Neurologia 107
Tabella 3.
a) Cefalea muscolo-tensiva
La cefalea muscolo-tensiva è la più frequente cefalea di tipo primario. L’episodio può
durare da minuti a giorni, il dolore è tipicamente bilaterale, costrittivo, gravativo e di
intensità da lieve a moderata, con andamento continuo nella giornata, non interferisce in
modo rilevante con la normale attività quotidiana. Solitamente non c’è nausea, ma possono
esserci fotofobia e/o fonofobia. Il suo trattamento richiede l’allontanamento di possibili
fattori scatenanti e l’uso di FANS in I linea:
1. Ibuprofene da 200 a 800 mg (prima scelta, dose abituale d’attacco 400 mg) oppure in
alternativa naprossene (375-550 mg), acido acetilsalicilico (500-1000 mg), paracetamolo
(1000 mg), ketoprofene (da 25 a 80 mg/dose), o diclofenac (da 25 a 100 mg/dose)
2. Associazioni con caffeina (64-200 mg) in seconda linea.
b) Emicrania con e senza aura
Sono caratterizzate nelle fasi di attività da dolore intenso, generalmente monolaterale a
carattere pulsante, accompagnato frequentemente da vomito, nausea, fotofobia, fonofobia.
Nell’emicrania con aura sono presenti sintomi prodromici più frequentemente visivi (scoto
mi, annebbiamento del visus, ecc.), ma talvolta possono presentarsi come deficit motori o
alterazioni del linguaggio (paresi, disartria, ecc.).
Si comprende quindi come al primo episodio anche l’emicrania con aura suggerisca
l’opportunità di un ricovero cautelativo, quando siano presenti:
• aura visiva caratterizzata da amaurosi della durata di 5-6 minuti (<60 min.);
• fenomeni parestesici interessanti la zona orbitaria, periorale o l’arto superiore
e soprattutto disartria.
Quando la diagnosi di emicrania sia certa, il trattamento va eseguito il più precocemente
possibile scegliendo in I linea i comuni FANS nei casi di emicrania moderata, i triptani negli
attacchi severi.
Trattamento della cefalea di origine emicranica.
Attacco lieve-moderato:
1. Acetilsalicilato di lisina (1000 mg 1 bust), oppure
2. Ibuprofene 400 mg (SIGN: classe 1++)
3. Paracetamolo 1000 mg
4. Naprossene 550 mg
5. Diclofenac 50 mg
Neurologia 109
Attacco severo:
6. Sumatriptan (100 mg per os, oppure 6 mg per via sottocutanea) è il capostipite dei
triptani raccomandati dalle linee-guida per il trattamento dell’attacco emicranico (SIGN:
classe 1++).
7. Rizatriptan 10 mg (1 cpr); oppure almotriptan 12,5 mg (1 cpr).
8. Frovatriptan (1 cpr 2,5 mg) [non superare i 5 mg/die].
I triptani sono controindicati in coronaropatie, ipertensione arteriosa, gravidanza.
9. Ergotamina tartrato 1 mg per os (1 cpr) oppure 2 mg per via rettale (1 supp.). Le singole
dosi sono ripetibili dopo un’ora, con attenzione a non superare il dosaggio di 5-6 mg per
attacco. Evitate la somministrazione parenterale di Ergotamina. Gli effetti collaterali
più frequenti con l’utilizzo di ergotamina sono nausea, vomito, dolori addominali e più
raramente sincopi, dispnea, crisi ipertensive.
c) Nevralgia del trigemino
La nevralgia del trigemino presenta, se primaria, caratteri tipici: esordio improvviso,
andamento accessuale con brevi scariche dolorose, topografia limitata ad una o più branche
trigeminali, esistenza di meccanismi e zone trigger (più spesso una stimolazione tattile
superficiale della cute).
Se non sussistono controindicazioni (sensibilità alla Carbamazepina e agli antiepilettici
triciclici, depressione del midollo osseo):
1. Carbamazepina 200-1200 mg/die in 2 somministrazioni
2. Oxcarbazepina 600-1800 mg/die
3. Lamotrigina 400 mg/die.
4. Sebbene non ci siano studi che ne dimostrino chiaramente l’efficacia è di largo utilizzo
il Gabapentin (400 mg 1-3 cpr/die) oppure Pregabalin (25-75 mg cps; 1 cps × 2) si è
dimostrato efficace in alcuni casi.
Consigliate poi al paziente di rivolgersi al Medico Curante o allo Specialista per eventuali
indagini strumentali e per monitorare gli effetti benefici e/o collaterali del trattamento.
3B. DOLORE CERVICALE O DELLA ZONA SPALLA-BRACCIO (CERVICO-BRACHIALGIA)
Si può essere chiamati al letto del paziente per l’insorgenza acuta di un dolore violento
al collo, con limitazione antalgica della motilità ed irradiazione ad un arto superiore. Tale
sintomatologia può sottendere la presenza di un’ernia discale oppure può essere la conse
guenza di un trauma meccanico da contraccolpo (cosiddetto “colpo di frusta”), facilmente
verificabile all’anamnesi.
110 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
territorio di distribuzione delle fibre nervose. Le manovre di stiramento delle radici (Lase
gue) risultano positive. Come per la cervicobrachialgia anche in corso di lombosciatalgia
al disturbo della sensibilità radicolare si associano frequentemente un deficit di forza e la
riduzione dei riflessi osteotendinei dell’arto inferiore.
Sindromi radicolari lombosacrali più importanti:
• Radicolopatia lombare L3: deficit muscolare dei mm. adduttori e del quadricipite
femorale con debolezza alla flessione dell’anca e dell’estensione del ginocchio, area
ipoestesica faccia mediale della coscia;
• Radicolopatia lombare L4: deficit muscolare del m. tibiale anteriore, con debolezza
alla dorsiflessione del piede e difficoltà deambulatoria sui talloni, area ipoestesica del
lato anteromediale della coscia e mediale della gamba; si associa un’ipo o areflessia
del riflesso rotuleo;
• Radicolopatia lombare L5: deficit muscolare dei mm. estensori delle dita del piede
e dell’alluce, con debolezza alla dorsiflessione dell’alluce e delle dita del piede, area
ipoestesica dalla regione lombare alla faccia esterna della coscia ed antero-laterale
della gamba, per arrivare, talvolta, al malleolo laterale e all’alluce;
• Radicolopatia sacrale S1: deficit muscolare del m. tricipite della sura, con debolezza
della flessione plantare e difficoltà deambulatoria sulla punta dei piedi, area ipoestesica
del lato esterno posteriore della coscia fino al tallone; si associa un’ipo o areflessia del
riflesso achilleo e medio-plantare.
Anche in questi casi la terapia è costituita da antiflogistici e miorilassanti (vedi cervico
brachialgia), ma al paziente consiglierete di sottoporsi ad ulteriori indagini neuroradiologiche
(TAC lombosacrale) e ad EMG per precisare il livello, l’estensione e la gravità della lesione,
nonché la sua natura.
L’esame neuroradiologico diventa urgente nel caso di segni neurologici come grave
paresi, areflessia, anestesia.
Nel caso di cruralgia, il dolore si irradia dalla regione lombo-sacrale all’inguine ed alla
parte supero-mediale della coscia. Il trattamento è analogo a quello della sciatalgia. In
entrambe le condizioni si impone un’attenta valutazione per escludere:
• appendicite retrocecale
• ernia inguinale e crurale
• versamento articolare coxofemorale
• coxartrosi.
Neurologia 113
Monselice (PD) ULSS17 Monselice Forlì Ospedale G.B. Morgagni - Città di Castello (PG) Ospedale Via
Hospital Via Marconi,19 - Tel. 0429 L. Pierantoni” Via Forlanini, 34 - Tel. Luigi Angelini, 10 - Tel. 075 85091
788355 0543 73502 Foligno (PG) Ospedale San Giovanni
Negrar (VR) Ospedale Sacro Cuore Imola Ospedale Santa Maria della Battista Via Ariamone - Tel. 0742
Via Sempreboni, 6 - Tel. 045 6013644- Scaletta Via Montericco, 2 - Tel. 3397968-797
747 0542 662914 Gubbio (PG) Ospedale Branca Località
Padova A.O.U. Policlinico Sant’Antonio Modena Nuovo Ospedale Civile Branca - Tel. 0759 270418 - 0759
Via Facciolati, 71 - Tel. 049 8215314-5 S. Agostino Estense Via Giardini, 270418
Padova A.O.U. Policlinico Clinica Baggiovara - Tel. 059 3962547 Perugia Ospedale Santa Maria della
Neurologica Via Giustiniani 3 - Tel. Parma Ospedale Maggiore A.O.U. di Misericordia Via Sant’Andrea delle
049 8213600-1 Parma Via Gramsci, 14 - Tel. 0521 Fratte - Tel. 075 5782765
Peschiera del Garda (VR) Casa 703512 Terni A.O. S. Maria Via Tristano
di Cura Dott. Pederzoli S.P.A Via Piacenza P.O. Guglielmo da Saliceto Joannuccio - Tel. 0744 205381
Montebaldo, 24 - Tel. 045 6449130 Via Taverna, 49 - Tel. 0523 303310
Ravenna A.O. di Ravenna Viale Randi, LAZIO
Portogruaro (VE) Ospedale Civile Via
F. Zappetti, 58 - Tel. 0421 764681 5 - Tel. 0544 285340 Rieti Ospedale S. Camillo De Lellis
Rovigo Ospedale Santa Maria della Reggio Emilia Ospedale di Reggio Via John Fiztgerald Kennedy -
Misericordia Via Tre Martiri - Tel. Emilia V.le Risorgimento, 80 - Tel. Tel. 0746 278366
0425 394588 0522 296494 Roma A.O. S. Andrea Via di Grottarossa,
Santorso (VI) Ospedale Santorso Via Rimini Ospedale degli Infermi Viale 1035 - Tel. 06 33775774
Garziere, 42 - Tel. 0445 388544-5 Settembrini, 2 - Tel. 0541 705626 Roma Policlinico Gemelli Largo A.
Treviso Ospedale Cà Foncello P. le Gemelli, 8 - Tel. 06 30156321
TOSCANA Roma Policlinico Umberto I Via del
Ospedale, 1 - Tel. 0422 322527 Arezzo Ospedale San Donato Via
Venezia Ospedale SS. Giovanni Policlinico, 155 - Tel. 06 49977529
Pietro Nenni, 20 - Tel. 0575 254561 Roma A.O. San Filippo Neri Via
e Paolo, Castello 6777 - Tel. 041 Borgo San Lorenzo (FI)Ospedale
5294409. Martinotti, 20 - Tel. 06 33062280
Mugello V.le Resistenza - Tel. 055 Roma Policlinico Tor Vergata Viale
Verona A.O.U. Integrata Verona OCM 6577476
Borgo Trento P. le Stefani, 1 Tel. 045 Oxford, 81 - Tel. 06 20903425
Carrara Ospedale delle Apuane, Roma Ospedale San Camillo
812 2672-3682 Azienda USL 1 di Massa e Carrara,
Vicenza Ospedale San Bortolo V.le Circonvallazione Gianicolense, 87 -
Piazza Sacco e Vanzetti - Tel. 0585 Tel. 06 58703233
Rodolfi, 37 Tel. 0444 753675 655288 Roma Azienda Ospedaliera S
LIGURIA Firenze Ospedale Careggi Viale Giovanni Addolorata, UOC Neurologia
Genova E.O. Ospedali Galliera Morgagni, 85 - Tel. 055 754111 e Unità di trattamento Neurovascolare
Mura delle Cappuccine, 14 - Tel. 010 Firenze Ospedale S. Maria Annunziata Via Amba Aradam 9, 00184 -
563 4597-4591-4901 Via dell’Antella, 58 - Tel. 055 2496268 Tel 06 77055966
Genova IRCCS A.O.U.- IST San Martino Firenze Ospedale San Giovanni Di Dio Roma UOC Neurologia Ospedale
L. go R. Benzi, 10 - Tel. 010 5555870 Via di Torregalli, 3 - Tel. 055 7192427 S.Eugenio P.le Umanesimo 10 - 00144
Genova Ospedale Villa Scassi. ASL3 Firenze Ospedale Santa Maria Nuova Roma - Tel. 06-5100 2609-2610
Genovese C.so Scassi, 1 - Tel. 010 V.le Michelangelo, 41 - Tel. 055 Roma Santo Spirito - UOC Neurologia,
8492234 6577476 Lungotevere in Sassia, 3 - 00193 -
Imperia Ospedale di Imperia Via S. Grosseto Ospedale della Misericordia Roma (RM) - Tel. 06-68352352
Agata, 57 - Tel. 0183 794390-93 Via Senese, 161 - Tel. 0564 485010 Viterbo Ospedale Di Belcolle -
La Spezia Ospedale S. Andrea Via Livorno Ospedale di Livorno Viale Neurologia UTN, Strada Sammartinese
Vittorio Veneto, 197 - Tel. 0187 533111 Alfieri, 48 - Tel. 0586 223336 - 1100 - Viterbo - Tel 0761/339265,
- 0187 534025 Lucca Ospedale Campo di Marte
0761- 339450 - 0761-339447
Lavagna (GE) ASL 4 Chiavarese Località Campo di Marte - Tel. 0583
Ospedale di Lavagna Via Don Bobbio, 970381 MARCHE
35 - Tel. 0185 329526-52 Montevarchi (AR) Ospedale Santa Ancona INRCA Ospedali Sestili Via
Pietra Ligure (SV) Ospedale Santa Maria alla Gruccia Piazza Volontariato, della Montagnola, 81 - Tel. 071
Corona Via XXV Aprile, 38 - Tel. 019 1 - Tel. 055 9106526-202 8001/8003519
623 01-2600-4009 Pescia (PT) Ospedale SS Cosma e Ancona S.U. di II livello, Ospedali Riuniti
Savona ASL 2 Savonese - Ospedale Damiano V. le C. Battisti, 5 - Tel. Via Conca, 71 (Torrette) - Tel. 071
S. Paolo, via Genova 40 - Tel. 019 0572 4601 5964530 - 071 5961
8404340 Pisa Clinica Neurologica Università di Fano (PU) Osp. Santa Croce Via V.
Pisa Via Roma, 67 - Tel. 050 992443 Veneto, 1 - Tel. 0721 882464
EMILIA ROMAGNA
Pistoia Ospedale del Ceppo USL 3 Fermo Ospedale Augusto Murri, Via
Bologna Ospedale Maggiore L. go
Nigrisoli, 2 - Tel. 051 6478657 P.zza Giovanni XXIII - Tel. 0573352337 A. Murri, 1 - Tel. 0734 6252461
Bologna A.O.S.P. Sant’Orsola Malpighi Prato Ospedale Misericordia e Dolce Jesi (AN) Ospedale Regina Elena Via
Padiglione 2 Via Albertoni, 15 - Tel. di Prato Via Cavour, 87 - Tel. 0574 della Vittoria, 76 - Tel. 0731 534508
051 6363111 434430 Macerata Ospedale Generale
Carpi (MO)Ospedale B. Ramazzini Via Siena Policlinico Le Scotte V. le Bracci, Provinciale, via Santa Lucia, 2 -
Molinari - Tel. 059 659317 1 - Tel. 0577 585408 Tel. 0733 2572531 - 2433
Cesena Ospedale Maurizio Bufalini Viareggio (LU) Ospedale Versilia San Benedetto del Tronto (AP)
Viale Ghirotti, 286 - Tel. 0547 352917 Viareggio Via Aurelia, 335 Lido di Ospedale Madonna del Soccorso - Tel.
Ferrara Arcispedale S .A nna Corso Camaiore (LU) - Tel. 0584 605939 0735 793279 - 3440-3444
della Giovecca, 203 - Tel. 0532 236430 UMBRIA ABRUZZO
Fidenza Ospedale di Fidenza Via Don Città della Pieve (PG) Ospedale Via Avezzano (AQ) Ospedale SS Filippo e
Tincati, 5 - Tel. 0524 515253 - 515204 Beato Giacomo Villa, 1 - Tel. 0578 Nicola di Avezzano Via G. Di Vittorio -
- 515333 290807 Tel. 0863 499269
Neurologia 115
Edema palpebrale
L’ispezione può consentire di evidenziare vari tipi di alterazioni a carico delle palpebre,
alcune delle quali clinicamente rilevanti, come ad esempio:
- Cheratosi attinica: si tratta di una lesione precancerosa delle palpebre, generalmente
legata a prolungata esposizione solare in individui di carnagione chiara; si presenta
solitamente come una placca squamosa persistente.
- Ptosi: consiste in una dislocazione della palpebra superiore in una posizione più bassa
rispetto alla norma; può essere di origine neurogena, cicatriziale, involutiva o miogena.
- Entropion (ripiegamento verso l’interno delle palpebre), ectropion (rovesciamento della
palpebra verso l’esterno) o trichiasi (alterata direzione delle ciglia, che risultano orientate
all’interno).
Poiché questi dati semeiologici possono essere talora indicativi di gravi patologie, nel caso
di un loro riscontro è consigliabile indirizzare il paziente ad una consulenza oftalmologica.
Nel contesto della continuità assistenziale, il segno più frequentemente incontrato a
carico delle palpebre è comunque l’edema.
L’edema palpebrale deriva dalla facile distensibilità del tessuto sottocutaneo; può essere
riscontrato in corso di patologie sistemiche di competenza internistica oppure può essere
espressione di patologia oculare.
Per quanto riguarda la patologia oculare, nella maggior parte dei casi vi troverete di fronte
all’Orzaiolo ed al Calazio.1 L’orzaiolo è un infezione delle ghiandole palpebrali, ad eziologia
batterica (Stafilococchi), apprezzabile come papula o foruncolo al margine palpebrale,
generalmente regredisce spontaneamente in una settimana.
Oculistica 117
Un paziente con un occhio rosso e un forte dolore oculare, più spesso periorbitario e
frontale, nausea e a volte vomito, con visione diminuita, accompagnata a percezione di
aloni intorno alla luce, potrebbe avere un attacco acuto di glaucoma. Vedrete l’occhio rosso,
la cornea edematosa come “alitata”, la pupilla moderatamente midriatica, scarsamente
reattiva alla luce.
Il tono oculare è aumentato e potete sentirlo spingendo le dita poste sopra la palpebra
superiore e confrontando il tono oculare dei due occhi. Predisponete il ricovero ed impostate
terapia farmacologica (DynaMed Plus: raccomandazione forte):
1) Acetazolamide 250 mg 1 cpr ogni 4-6 ore (da 4 a 6 cpr nelle 24 ore).
Il paziente con occhio rosso e dolore che si accentua alla palpazione ha probabilmente
una uveite anteriore acuta.
La differenza dall’attacco acuto di glaucoma sta nella miosi marcata della pupilla; è
possibile vedere a volte sinechie tra iride e cristallino.
Dilatate la pupilla usando un midriatico:
1) Tropicamide contenitore monodose, (1 cont. 1-2 /die) aggiungendo:
2) Colliri cortisonici (Fluorometolone acetato 0,1% coll. 1-2 gtt X 4/die).
L’occhio rosso dolente può derivare anche da un’ulcera corneale infettata da batteri;
sussistono dolore, fotofobia, blefarospasmo, secrezione mucopurulenta.
L’ulcera corneale infetta si presenta come un’area regolare biancastra, visibile all’ispe
zione. Il paziente deve essere indirizzato repentinamente a DEA/ PS, in quanto tale condizione
costituisce un emergenza oculistica.
Occhio rosso non dolente
• Emorragia sottocongiuntivale
• Congiuntivite
Occhio rosso dolente
• Cheratite
• Glaucoma acuto
• Uveite anteiore acuta
• Ulcera corneale infetta.
120 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Pur essendo questa una branca di tipo specialistico, è frequentissimo nel corso della Con
tinuità Assistenziale incappare in sintomatologie ad essa riferibili ed è quindi necessario
saper operare correttamente.
Otodinia-Otalgia
Il “mal d’orecchio” è un’evenienza molto frequente, soprattutto nei bambini piccoli; in
questo caso eseguire un’indagine otoscopica sarebbe indispensabile al fine di una corretta
diagnosi.
Il bambino grandicello e l’adulto riferiscono un dolore all’orecchio che può essere dovuto a
patologia auricolare e si parla quindi di otodinia (affezioni infiammatorie dell’orecchio esterno
e medio) oppure per patologie non auricolari (lesioni di tipo ulcerativo o neoplastico della por
zione posteriore della lingua, della faringe e della laringe) e si parla quindi di otalgia riferita.
La diagnosi è più difficile nel lattante e nel bambino più piccolo: basarsi esclusivamente sul
segno dell’evocazione del pianto con la pressione sul trago è molto aleatorio per frequenti
falsi positivi.
Il bambino che piange sconsolato, che porta spesso la manina all’orecchio o che inter
rompe la poppata col pianto dopo le prime sorsate può essere affetto da otodinia causata da
un’otite media acuta. Una secrezione sierosa o francamente purulenta dal condotto uditivo
(otorrea mucopurulenta) indirizza verso una diagnosi di certezza. In presenza di otodinia da
otite media acuta è sempre consigliabile esaminare naso e gola poiché questi sono molto
spesso sedi di infezione.
L’intervento terapeutico immediato si limiterà alla prescrizione di:
1) Paracetamolo 1000 mg ogni 8 h nel bambino 10-15 mg/kg/dose ogni 4-6 ore.
2) Ibuprofene (600 mg ogni 8 ore; nel bambino 20-30 mg/kg, suddivisa 3 volte al giorno
ad intervalli di 6-8 ore).
Nel sospetto fondato di otite media purulenta acuta, specialmente nel lattante, la
terapia antibiotica va prontamente attuata allo scopo di evitare temibili complicanze
(otomastoidite, meningite).
La terapia di prima linea è l’amoxicillina-clavulanato 875 mg + 125 mg x 2-3/die; nel
bambino il dosaggio è di 90 mg/kg/al giorno in 2-3 somministrazioni.
In caso di reazioni allergiche alle penicilline moderate (es. senza anafilassi, bronco
spasmo o angioedema):
– Cefuroxima 500 mg x 2/die, nel bambino 30 mg/kg in 2 somministrazioni.
In caso di reazione allergica severa:
– Claritromicina 500 mg x 2/die, nel bambino 15 mg/kg al giorno in 2 somministrazioni.
In genere la durata della terapia è di 5-7 giorni. Nei casi più gravi può durare fino a 10
giorni. Con l’inizio della terapia antibiotica appropiata, nella maggior parte dei pazienti si
ha un netto miglioramento della sintomatologia in 48-72 ore.
Se i sintomi suggeriscono una mastoidite (gonfiore sulla regione mastoidea, paralisi
facciale, vertigini, perdita dell’udito neurosensoriale), è necessaria l’ospedalizzazione del
paziente.
Si può manifestare otorrea a seguito della rottura della membrana timpanica. In questo
caso, in genere, si ha un improvviso miglioramento della sintomatologia dolorosa. Il tratta
mento si avvale di terapia antibiotica sistemica.
Nella maggior parte dei casi la rottura della membrana guarisce spontaneamente, fino
ad allora evitare il contatto con acqua (es. nuoto o durante la doccia, dove si può consigliare
di utilizzare del cotone impregnato di vaselina).
Otite esterna
Si intende per otite esterna un processo flogistico, più o meno diffuso, a carico del condotto
uditivo esterno e/o della conca. L’agente etiologico più frequentemente in causa è un batterio
(Stafilococco, Streptococco, Pseudomonas aeruginosa) e, più di rado, un micete (otomicosi da
Aspergillus) o un qualunque virus (otite bolloso-emorragica, spesso conseguente a sindrome
influenzale) tra cui gli herpes.
Sintomatologicamente il quadro clinico non si differenzia molto da quello delle otiti
medie, l’otalgia in genere si esacerba con i movimenti di trazione e pressione sul trago o sul
padiglione auricolare. Il meato acustico esterno sovente risulta edematoso e marcatamente
iperemico, cosicché può sussistere ipoacusia, e l’otoscopia può risultare difficile e dolorosa.
In genere è sufficiente una terapia topica:
– nelle forme lievi (prurito e lieve fastidio) si possono utilizzare formulazioni senza anti
biotico come spray a base di acido borico;
– nelle forme moderate si possono utilizzare gocce auricolari a base di: Ciprofloxacina/
idrocortisone 3 gtt 2 volte al giorno per 7 giorni oppure Polimixina B/Neomicina/Lidocaina
4 gtt 2-4 volte al giorno.
Evitare la piscina per 7-10 giorni.
Inizialmente non è necessaria una terapia sistemica, a meno di un interessamento al
di fuori del canale auricolare.
In caso di otomicosi (senza lesione timpanica) utilizzare spray a base di acido borico
(non disponibili in Italia antimicotici in formulazione di gocce auricolari, alcuni specialisti
consigliano di utilizzare le emulsioni cutanee in off label; nei casi più gravi utilizzare
antimicotici per via orale).
Otorinolaringoiatria 123
Otorragia
L’otorragia come conseguenza di un trauma cranico impone l’immediata ospedalizzazione
del paziente poiché potrebbe essere espressione di una frattura dell’osso temporale.
In assenza di trauma cranico, invece, l’otorragia, pur inducendo preoccupazione nel
paziente o nei genitori del bambino, riconosce in genere cause più lievi come:
• ferite del condotto uditivo da incaute manovre di pulizia;
• otite bolloso-emorragica;
• otite media acuta (associazione con otorrea).
L’otoscopia può essere utile per rilevare la presenza di una lacerazione della cute del
condotto uditivo esterno ricoperta da coaguli, oppure di una lesione flittenulare bluastra
lungo le pareti, come causa dell’otorragia. La terapia è etiologica ed è pertanto consigliabile
una consulenza dell’Otorinolaringoiatra.
Rinite/rinocongiuntivite allergica
La rinite allergica o rinosinusite allergica, spesso associata a congiuntivite (rinocongiun
tivite allergica) consegue ad ipersensibilità verso vari tipi di allergeni, tra cui pollini, acari
della polvere domestica, derivati epidermici e muffe, sostanze chimiche ecc., che sono in grado
di provocare iperemia della mucosa nasale e congiuntivale, con edema ed ipersecrezione.
Si distinguono, in relazione ai tempi di insorgenza, le seguenti forme:
• stagionale (tipicamente in rapporto alla pollinazione);
• perenne (da allergeni la cui presenza non risente della stagionalità).
I sintomi nasali sono tipicamente rappresentati da rinorrea, starnuti, ostruzione nasale,
tosse, scolo retronasale, mentre quelli congiuntivali comprendono prurito oculare, lacrima
zione, fotofobia, senso di corpo estraneo, bruciore e iperemia congiuntivale. Possono talora
essere presente anche altri sintomi di accompagnamento relativamente aspecifici, come
cefalea frontale, ipoosmia, ipoacusia, astenia, prurito.
Per la prevenzione della rinite/rinocongiuntivite allergica, possono essere consigliate
misure generali di profilassi: allontanare o ridurre al minimo l’esposizione del paziente all’al
lergene responsabile della rinite, lavare ogni 1-2 settimane gli effetti letterecci a 55-60 °C
per uccidere gli acari, rivestire materassi e cuscini con coperture a documentata azione
protettiva nei confronti degli acari, ventilare sempre gli ambienti domestici per ridurre
l’umidità, utilizzare aspirapolvere con filtri HEPA ecc.
124 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Sinusite
È un’evenienza abbastanza frequente nella continuità assistenziale imbattersi in un
sinusitico in fase acuta. Di solito si tratta di una sinusite mascellare o frontale anche se
è più corretto parlare di rinosinusite mascellare, frontale, etmoidale e sfenoidale (tranne
che per le sinusiti mascellari odontogene) per il costante cointeressamento naso-sinusale.
Spesso è il paziente stesso ad indirizzarvi verso la giusta diagnosi in quanto si tratta
sovente di una riacutizzazione di un processo cronico del quale è già a conoscenza. In caso
contrario, un intenso dolore localizzato alla sede del seno paranasale interessato, irradiato
alle regioni vicine (sottorbitaria ed ai denti nel caso della sinusite mascellare, o all’orbita
e verso la regione temporo-parietale nel caso della sinusite frontale), associato a febbre e
rinorrea purulenta è patognomonico di flogosi sinusale acuta, la quale frequentemente fa
seguito ad un episodio rinitico acuto o a tuffi in piscina o al mare.
Il dolore sinusitico è sordo, continuo, pulsante e si esacerba con i movimenti del capo
ed al mattino a causa del ristagno notturno delle secrezioni. La dolorabilità alla digito
pressione a livello dell’emergenza del nervo sopra- o sotto-orbitario sarà un utile indizio
diagnostico. L’eziologia è virale nella gran parte dei casi, sospettare sempre l’origine
batterica se la sintomatologia persiste da più di 10 giorni.
Otorinolaringoiatria 125
Acufeni
Si intende con tale termine la percezione soggettiva di un suono (acuto o grave) in assenza
di stimolazione acustica (allucinazione uditiva). In questa trattazione vale la pena porre l’ac
cento solo sugli acufeni ad insorgenza improvvisa e/o recente, poiché quelli che il paziente
presenta da vecchia data, secondari ad affezioni croniche del recettore acustico della più
varia etiologia, sono di norma permanenti e non responsivi a terapia. Un acufene che non
scompare né si attenua col trascorrere delle ore (un fischio all’orecchio che dura da qual
che secondo a qualche minuto è un’evenienza normale) rappresenta una vera emergenza
audiologica, tanto più se accompagnato da ipoacusia e vertigini, poiché spesso costituisce
segno di una sofferenza acuta dell’orecchio interno (labirintite, ipoacusia improvvisa, trauma
acustico acuto, neurite dell’VIII nervo cranico) da trattare il più urgentemente possibile in
sede di ricovero per aumentare le possibilità di guarigione. Le patologie atte a provocare
acufeni possono interessare, oltre all’orecchio interno, l’orecchio esterno (tappo di cerume)
ed il medio (otiti, otosclerosi), senza dimenticare quelli secondari a farmaci (es. ACE inibi
tori, calcio antagonisti, doxazosina, diuretici dell’ansa, chinolonici, macrolidi). Nelle forme
non secondarie ad otite e tappo di cerume, gli acufeni spesso non si risolvono in seguito a
trattamento terapeutico. Non esistono farmaci raccomandati per il trattamento.
Tappo di cerume
L’accumulo di cerume nel condotto uditivo esterno è un’evenienza molto comune sia nell’a
dulto sia nel bambino. Il tappo di cerume si forma lentamente, cosicché il paziente spesso
non si accorge dell’ipoacusia che gradualmente si instaura. La sintomatologia insorge
all’improvviso, specie quando il paziente cercando di pulire il condotto uditivo spinge il tappo
all’interno, oppure quando il cerume si rigonfia a contatto con l’acqua (doccia, mare, ecc.);
allora si hanno: ovattamento auricolare fino a marcata ipoacusia, acufeni, autofonia ed a
volte vertigini e senso di stordimento, specialmente se l’ostruzione è bilaterale.
126 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
All’otoscopia possono essere presenti due quadri causati dalla presenza di tappo di
cerume:
- nelle forme di recente formazione, il tappo si mostra di colore giallo-brunastro, molliccio;
- nelle forme di vecchia costituzione, il tappo è di colorito nerastro e di consistenza dura.
In entrambi i casi, la presenza del tappo di cerume può impedire la visualizzazione
della membrana timpanica. La terapia consiste nel lavaggio auricolare con acqua tiepida.
Se il tappo di cerume è di vecchia data (nerastro e duro), è bene far precedere l’aspor
tazione dalla instillazione nel condotto uditivo di gocce di xilene (meglio se intiepidito) 2-3
volte al giorno, 3-5 giorni prima dell’estrazione del tappo.
della terapia antivirale è controversa (terapia off label), di certo non è raccomandata in
monoterapia (DynaMed Plus: forte raccomandazione), ma eventualmente in associazione
al glucocorticoide in pazienti con paralisi severa o completa (valaciclovir 1000 mg x 3/die
per 7 giorni oppure aciclovir 400 mg x 5/die per 10 giorni).
Importante la protezione corneale: il bendaggio oculare notturno, ma non deve essere
posizionato direttamente a contatto palpebra poiché potrebbe scivolare e abradere la cornea.
Le formulazioni liquide o gel di lacrime artificiali devono essere applicate ogni ora quando il
paziente è sveglio e le formulazioni dense in pomata devono essere utilizzate durante la notte.
Epistassi
La perdita di sangue dal naso rappresenta una evenienza drammatica per il paziente. Se
essa deriva da un vaso a sede molto anteriore ed è di modesta entità, basterà che il paziente
o il genitore del bambino stringa il naso con le dita per una decina di minuti onde favorire
l’emostasi. Il capo del paziente con epistassi deve essere sempre piegato in avanti, poiché
la posizione all’indietro favorisce la deglutizione del sangue che può indurre vomito ematico.
Fattori favorenti l’epistassi possono essere: terapia con farmaci anticoagulanti (è sufficiente
talora una sola somministrazione di acido acetilsalicilico per scatenarla), varici del setto a
livello del “locus Valsalvae”, malattie infettive, emopatie, ecc. Anche la frattura traumatica
delle ossa nasali può causare epistassi: che però solo di rado necessita di tamponamento
nasale, poiché il sanguinamento tende a cessare spontaneamente. L’ipertensione non è una
causa, ma può prolungare l’epistassi.
Nel bambino solitamente l’epistassi è di modesta entità e consegue a cause locali
nasali (flogosi, dita nel naso); però in età pediatrica una rinorragia monolaterale, specie se
accompagnata da rinorrea maleodorante, deve indurre a sospettare un corpo estraneo nasale.
Il tamponamento nasale anteriore, eventualmente con garze imbevute di ac. tranexemico
(molto più raramente si rende necessario quello posteriore, da eseguire esclusivamente in
ambiente ospedaliero) costituisce terapia di elezione di una epistassi importante.
Vertigine
Sarete spesso chiamati per una sindrome vertiginosa. Poiché la vertigine è un sintomo
e non una malattia, è necessario orientarsi nella diagnosi cercando di definire se si tratta
di una patologia periferica (labirintica) o centrale. La vertigine periferica (labirintica) è
spesso di tipo oggettivo (il paziente vede gli oggetti ruotare attorno a sé) ed è generalmente
accompagnata da nausea, vomito ed altri fenomeni neurovegetativi, non sono presenti altri
deficit neurologici (vedi tabella).
Disfonie
Può accadere che un paziente presenti un improvviso calo dell’intensità della voce fino
a completa afonia. Di norma si tratta di una laringite acuta la cui etiologia più frequente
è virale si risolve senza un trattamento specifico, se non idratazione, umidificazione e dal
riposo della voce. I glucocorticoidi sistemici hanno un ruolo limitato nel trattamento della
laringite acuta e dovrebbero essere riservati ai pazienti che hanno un bisogno "urgente" di
usare la propria voce (ad es. cantanti o performance vocale). Sebbene l’esperienza clinica
suggerisca che la somministrazione di steroidi possa portare ad una rapida risoluzione
Otorinolaringoiatria 129
dell’infiammazione delle corde vocali e un miglioramento della qualità vocale, non ci sono
studi randomizzati su tale utilizzo. L’uso di glucocorticoidi deve essere bilanciato dagli effetti
sistemici avversi degli steroidi, nonché dal rischio di mascherare la patologia sottostante
delle corde vocali.
Una disfonia si può verificare frequentemente anche per una sollecitazione intensa delle
corde vocali (abuso vocale come gridare allo stadio, cantare a squarciagola in gita, ecc.),
nel qual caso il riposo vocale è di solito sufficiente come terapia. Anche una paralisi cordale
tuttavia, di solito da compromissione del nervo laringeo ricorrente, può causare disfonia
improvvisa che può essere associata con un certo grado di dispnea per il fatto che una corda
vocale immobile riduce lo spazio respiratorio glottico.
Nel sospetto della paralisi di una corda vocale è bene chiedere la consulenza otorino
laringoiatrica con sollecitudine al fine di escludere una compressione sul nervo ricorrente
derivante da neoplasie polmonari, mediastiniche, esofagee o da cardiopatie.
In tutti i casi, il paziente con disfonia va informato che, se non guarisce nel volgere di due
settimane, specialmente quando esposto a fattori di rischio come fumo di sigarette e alcol,
dovrà sottoporsi a consulenza otorinolaringoiatrica per il sospetto di patologia neoplastica.
Faringite acuta
Si tratta di una delle condizioni più comuni riscontrate nella pratica clinica ambulatoriale.
Le cause più comuni sono i virus respiratori e lo streptococco di gruppo A. Cause frequenti
di faringite non infettiva sono invece la malattia da reflusso gastroesofageo o lo scolo re
tronasale. La maggior parte dei pazienti con faringite presenta sintomi non specifici come
un mal di gola che peggiora con la deglutizione e la linfoadenopatia cervicale.
L’eziologia virale è suggerita da concomitante rinorrea, congiuntivite, mialgie ed artralgie
diffuse, tosse stizzosa, raucedine, diarrea, vescicole orofaringe.
Le linee guida suggeriscono l’utilizzo di test rapidi di rilevazione dell’antigene in pa
zienti con sintomi indicativi di faringite streptococcica di gruppo A (DynaMed Plus: forte
raccomandazione).
Poiché di difficile utilizzo nella pratica clinica in un setting di Continuità Assistenziale,
un utile strumento per stimare la probabilità di faringite ad eziologia batterica è lo score
Centor modificato (sebbene abbia una bassa sensibilità e specificità, può essere utilizzato
per identificare i pazienti a rischio di infezione streptococcica gruppo A, ESCMID Classe A
Evidenza 3), in cui viene attribuito 1 punto per ciascuno dei seguenti criteri:
- essudato tonsillare
- nodi cervicali anteriori gonfi
- assenza di tosse
- febbre >38°C.
Viene poi aggiunto +1 se l’età è <15 anni e -1 se l’età >45 anni. 0-1 punti suggeriscono un
rischio molto basso, mentre 3-4 punti suggeriscono una probabile infezione da Streptococco.
Paracetamolo o ibuprofene (vedi dosaggio ad inizio capitolo) sono raccomandati per il
trattamento sintomatico (ESCMID Classe A Evidenza 1).
L’uso di corticosteroidi in combinazione a terapia antibiotica non è raccomandato di
routine. Può tuttavia essere preso in considerazione in pazienti adulti con gravi rappresen
tazioni, ad es. 3-4 criteri Centor (ESCMID Classe A Evidenza 1).
Nelle faringiti acute batteriche, è indicata la terapia antibiotica, ad es. con cefixima,
alla posologia di 400 mg/die in unica somministrazione giornaliera (1 cpr rivestita oppure
1 cpr dispersibile al giorno) negli adulti e di 8 mg/kg/die come sospensione orale al 2% in
monosomministrazione giornaliera nei bambini con >6 mesi di età. La durata della terapia
antibiotica è in genere di 7 giorni.
130 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
In alternativa, Azitromicina 500 mg x1/die per 3 giorni oppure, nei bambini, 12 mg/kg il
primo giorno, 6 mg/kg il secondo giorno per un totale di 5 giorni di terapia.
Ricordate infine che un’angina con essudato, che resiste da diversi giorni ad antibioti
coterapia appropriata, se risulta associata a splenomegalia o anche a linfoadenomegalia
ed epatopatia, deve indurre a considerare l’ipotesi di una eventuale mononucleosi infettiva.
Epiglottite acuta
L’epiglottite in passato affliggeva principalmente i bambini, ed era generalmente causata
da Haemophilus influenzae di tipo B. Oggi, grazie alla diffusa vaccinazione, è stata quasi
completamente eradicata nei bambini (in tempi recenti si sono verificati più casi negli
adulti, sebbene l’incidenza sia bassa).
I sintomi si caratterizzano soprattutto per tachipnea, stridore inspiratorio e dolore intenso
alla deglutizione con faringe dall’aspetto normale. L’ostruzione respiratoria è chiaramente
denunciata dai rientramenti agli spazi intercostali, al giugulo, al solco diaframmatico e
dalla polipnea. Si può avere anche voce velata, febbre elevata e scialorrea, tosse roca,
subcianosi o cianosi.
Nel caso ci si trovi davanti ad un quadro con queste caratteristiche è bene allertate
immediatamente il servizio di emergenza perché la priorità deve essere la gestione delle
via aeree tramite intubazione o tracheotomia. Nel frattempo se possibile:
- somministrate ossigeno umidificato (se disponibile)
- betametasone 0,1-0,2 mg/kg ev (prove di efficacia dubbie).
Anche in caso di sospetta epiglottite, senza evidenza di ostruzione delle vie aeree al
momento della visita, è importante iniziare precocemente una terapia senza attendere che
si abbia compromissione delle vie aeree, e inviare in PS.
Odontalgia
Potrà capitarvi di essere chiamati nel cuore della notte da un signore che si tiene la
mascella compressa con le mani ed emette mugolii inarticolati; dopo aver visitato il paziente
e valutato le cause somministrate per prima cosa l’analgesico più appropriato a seconda
dell’intensità del dolore (vedi capitolo analgesici).
Per quanto riguarda l’ascesso dentale apicale non ci sono studi randomizzati di buona
qualità riguardo i metodi di gestione; pertanto il trattamento è empirico basato sulla gestione
chirurgica e farmacologica della sepsi.
Il trattamento definitivo è odontoiatrico: incisione e drenaggio.
Sebbene molto utilizzata nella pratica clinica, la terapia antibiotica non è necessaria a
meno che non siano presenti cellulite o segni/sintomi extraorali o il paziente sia immuno
compromesso (ad es. diabete mal controllato e pazienti anziani).
Per i pazienti con cellulite localizzata, utilizzare un antimicrobico ad ampio spettro come
amoxicillina/clavulanato o clindamicina (per i pazienti allergici alla penicillina) per via orale.
La gengivite acuta semplice richiede raramente una terapia antimicrobica sistemica.
La clorexidina risciacquo orale 0,12% può essere utilizzata nella maggior parte dei casi.
Le eccezioni includono i pazienti con malattia che avanza rapidamente, dolore severo o
infezione da HIV in cui è indicata la terapia sistemica. Possibili regimi includono penicillina
più metronidazolo, amoxicillina-clavulanato, ampicillina-sulbactam o clindamicina.
Patologia vascolare
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aggiuntivi
Il Medico di Continuità Assistenziale sempre più spesso si trova di fronte a patologie vascolari
acute, questo sia per l’aumento dell’età della popolazione, sia per l’alta prevalenza della
malattia ateromasica. È molto importante in queste patologie riuscire subito a orientarsi
in quanto, talvolta, una corretta diagnosi può salvare un arto o la vita stessa del paziente.
Potreste essere chiamati nel caso il disturbo peggiori improvvisamente e il paziente sia
passato da un dolore alla deambulazione a uno a riposo.
In questi casi valutate se non sia in atto un’ischemia acuta (vedere paragrafo prece
dente), se l’afflusso di sangue è comunque sufficiente consigliate il riposo e un controllo
urgente in ambito specialistico, prescrivendo nel frattempo una terapia con analgesici. A
salire per potenza analgesica:
• paracetamolo 1000 mg 1 cpr × 3/die
• oxicodone cloridrato + paracetamolo 5+325 mg 1 cpr × 2/die
• oxicodone cloridrato + naloxone cloridrato diidrato 10/5 mg 1 cpr × 2/die.
Fenomeno di Raynaud
Non di rado potreste essere chiamati da soggetti che lamentano la presenza di “mani
fredde” talvolta anche con un disagio soggettivo significativo. Si tratta di un disturbo va
sospastico, localizzato in particolare alle mani, talvolta anche a singole dita, più raramente
ai piedi, al naso o alle orecchie, che compare tipicamente a crisi della durata di qualche
minuto. Sono più frequentemente colpite le giovani donne.
Nella crisi si distinguono 3 fasi: 1) ischemica (da spasmo arteriolare), in cui per espo
sizione a uno stimolo freddo o emotivo, o talora anche in assenza di uno stimolo apparente,
le dita diventano pallide, fredde e quasi completamente insensibili; 2) cianotica, in cui per
l’inizio del ritorno del flusso ematico il colorito della cute diventa blu violaceo; 3) eritrosica,
in cui il colorito è rosso acceso per iperemia post ischemica. Al di fuori della crisi il flusso
ematico è normale.
Nella storia naturale della malattia, dopo ripetute crisi possono evidenziarsi disturbi
trofici, in particolare della punta delle dita; in casi particolarmente gravi si può arrivare
anche ad ulcerazioni e necrosi. Non dimenticate che il fenomeno di Raynaud può essere
secondario a varie malattie sistemiche, in particolare reumatologiche (come sclerosi siste
mica), intossicazioni da farmaci, endocrinopatie, sindromi paraneoplastiche.
La terapia conservativa si basa su:
1) evitare il freddo ed utilizzare misure protettive
Patologia vascolare 133
3) FANS per os o im come sintomatici, se non controindicati, in pazienti che non ricevono
terapia anticoagulante (DynaMed Plus raccomandazione forte). Agenti topici hanno
dimostrato efficacia dubbia
4) elastocompressione
5) non è necessaria terapia antibiotica.
Nella TVS complicata (segmento coinvolto >=5 cm, a meno di 3-5 cm dalla giunzione
safeno-femorale e safeno-poplitea, presenza di ulteriori fattori di rischio per tromboembo
lismo, TVS ricorrenti) è importante eseguire terapia anticoagulante come Fondaparinux 2,5
mg per 45 giorni (verificare funzionalità renale) (UpToDate grado 2B)
ATTENZIONE: Nel paziente con TVS e soprattutto TVP è sempre bene eseguire
lo score di Wells e di Pisa.
I pazienti portatori di voluminosi gavoccioli venosi agli arti inferiori sono soggetti, in
seguito a traumi, a loro rottura con emorragia apparentemente imponente: è sufficiente nella
maggioranza dei casi una compressione con garza sterile per arrestare la perdita ematica.
Patologie psichiatriche
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Le patologie psichiatriche rivestono nella Continuità Assistenziale un ruolo del tutto parti
colare in quanto pongono non pochi problemi, sia sotto il profilo diagnostico-terapeutico sia
medico-legale. Uno degli elementi fondamentali che vorremmo subito sottolineare è che da
un punto di vista diagnostico non sempre i sintomi presenti, anche se suggestivi (es. ansia
intensa), sono solo di origine psichica; talvolta, e più frequentemente di quanto si pensi,
malattie internistiche o uso/abuso di farmaci possono causare quadri simili.
In questi casi è assolutamente necessario che il Medico di Continuità Assistenziale si
orienti in quanto il rischio di misconoscere una patologia internistica o un’intossicazione
può avere gravi conseguenze. Pertanto nella presentazione delle più comuni problematiche
psichiatriche ricorderemo anche le principali diagnosi differenziali di tipo internistico poiché
soprattutto questo, insieme con un corretto intervento farmacologico, rientra nei compiti
del Medico di Continuità Assistenziale. Non tutti i medici hanno molta pratica di psico
farmacologia; è pertanto utile che ognuno di voi conosca e si abitui ad usare i pochi farmaci
qui elencati conoscendone caratteristiche e limiti per ottenere i migliori risultati con il minimo
rischio per il paziente (e per voi stessi). L’intervento farmacologico urgente, il più delle volte,
ha come fine immediato la sedazione del paziente da ottenere il prima possibile con il minor
rischio possibile. La sedazione va intesa puramente come inizio di tutto il complesso ed
articolato percorso, che porta alla comprensione ed alla cura del paziente e non certo come
“cura” in sé: è paragonabile alla pratica di prendere una via venosa in un paziente in stato
di shock. In questo senso saranno indicati pochi farmaci utili in ambiente extraospedaliero:
In caso di agitazione severa con pericolo per sé e/o per gli altri e in caso di delirium in
pazienti complessi, utilizzare in prima linea antipsicotici i.m. e/o benzodiazepine:
- aloperidolo 2 mg fiala i.m.
- aloperidolo 2,5-5 mg + lorazepam 2 mg i.m. nell’adulto.
In caso di agitazione moderata considerare antipsicotici oppure benzodiazepine per
via orale:
- lorazepam 2-4 mg per os (possibile somministrazione i.m. ma è preferibile la via e.v.).
È possibile ripetere la dose dopo 2 ore se indicato.
- diazepam 2-10 mg per os (da 2 a 4 volte/die sulla base della severità del quadro); 2-10
mg i.m. o e.v. ogni 3-4 ore se necessario sulla base dei sintomi. Scarso effetto sedativo,
significativa incidenza sul sistema extrapiramidale, buon effetto “antipsicotico”, ma
non certo alla prima somministrazione, scarsa influenza sul sistema cardiovascolare e
media maneggevolezza; quindi è bene sapere che esiste, ma l’uso va limitato a pochi
casi.
Quadri clinici
In queste brevi note sulle acuzie psichiatriche verranno descritti i principali aspetti
clinici secondo un modello medico ed in un’ottica sostanzialmente pratica, lontana da
intenti nosografici ed etiopatogenetici, per cui si rimanda a trattati e manuali. Si porrà
quindi l’attenzione agli aspetti psicopatologici salienti e caratteristici dei quadri clinici, nel
tentativo di descrivere sinteticamente ciò che il medico si trova obiettivamente ad affrontare
nel momento dell’intervento.
136 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Catatonia
Il soggetto si presenta, nella maggioranza dei casi, in apparente perdita di coscienza o
in uno stato crepuscolare: la diagnosi non è immediatamente semplice. Pressione e respiro
sono normali, il polso lievemente accelerato, non sono presenti segni neurologici e se vi è
stata una caduta a terra non vi sono traumi o lesioni se non veramente minime.
Sollevando la palpebra, si ha una normale reazione alla luce e per un brevissimo istante
sarete seguiti dallo sguardo. Sollevando una mano del soggetto sopra il volto dello stesso
e lasciandola, osserverete che il paziente eviterà di colpirsi. Le prove di reazione al dolore
non sono indicative: spesso i pazienti rimangono apparentemente insensibili anche a stimoli
intensi. In pazienti con disturbo di personalità si possono verificare crisi che necessitano di
intervento urgente come episodi di improvviso e severo distress emotivo associato o meno a
disfuzioni cognitive e psicosociali con condotte autolesioniste e ideazione suicida.
Trattamento iniziale in prima linea: Lorazepam sublinguale (1 cpr sublinguale) ed il
consiglio di rivolgersi ad uno psichiatra.
Patologie psichiatriche 137
Delirium
Il soggetto si presenta confuso, incoerente, disorientato; passa dal riso al pianto ra
pidamente ed in modo incongruo; ha allucinazioni visive ed uditive; i rapporti col mondo
circostante sono pressoché interrotti. Il disordine prevarica l’unità e la coesione della vita
psichica che è: “…come nave sanza nocchiero in gran tempesta”. Quest’immagine di Dante
138 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Alighieri si presta anche in ragione della molteplice natura eziologica di questo quadro che,
nel paziente psichiatrico, può complicare gli ultimi tre sovraesposti, ma, più frequentemente,
è sintomatico di una o più gravi situazioni organiche che stanno impegnando gravemente
il soggetto.
L’anamnesi e le circostanze ambientali sono preziose per l’orientamento diagnostico.
Iniziate a monitorare ed assicurare i parametri vitali nell’attesa dell’ambulanza che avrete
prontamente chiamato, se agitazione importante e sintomi non gestibili con intervento non
farmacologico praticate una fiala di Aloperidolo i.m. (1 f i.m.). Aloperidolo 0,25 mg-0,5 mg
per os o i.m. 2 volte/die, iniziare con una dose bassa e titolare in base alla risposta clinica.
Tentativo di suicidio
La gravità di questo caso è implicita, anche quando il suicidio venga minacciato senza
ancora un passaggio all’atto: chi manifesti intenzioni suicidarie, o abbia compiuto gesti
in tal senso, ha un rischio di suicidio significativamente superiore al resto della popola
zione. Ciò significa che la morte del soggetto è ragionevolmente prevedibile e si è quindi,
responsabilmente, obbligati ad evitarla. Di fronte ad un soggetto che minacci l’atto, operate
ogni convincimento affinché egli si ricoveri; se non riuscite, non esitate a procedere con
proposta di T.S.O.
Nel caso di un soggetto che abbia già effettuato un tentativo suicidario, l’immediato
ricovero rientra nello stato di necessità.
Nel caso il gesto sia stato compiuto probabilmente tramite farmaci o tossici, mentre arriva
l’ambulanza, con l’aiuto dei familiari o di chi altro, cercate di stabilirne, il prima possibile,
natura, quantità, tempo trascorso dall’assunzione e peso stimato del paziente, quindi
comunicate con i centri antiveleni di Roma o di Milano, sempre attivi (vedi Pronto Soccorso).
Appendice medico-legale
La Costituzione Italiana detta all’Art. 32: «La Repubblica tutela la salute come fonda
mentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…». Il Medico si trova a dover
garantire l’uno e l’altra avendo presente la differenza di rango dei due.
I trattamenti sanitari sono di norma volontari e diventano obbligatori solo per dispo
sizioni di legge. Il campo della patologia psichiatrica è in questo senso specificamente
regolamentato dagli Artt. 33-34-35 della Legge n. 833 del 1978, poi integrati da Leggi
e Disposizioni Regionali in merito ad Accertamenti e Trattamenti Sanitari Obbligatori
(A.S.O. e T.S.O.). Gli articoli di legge sono riportati in quasi tutti i manuali di Psichiatria;
le Leggi Regionali sono facilmente reperibili presso le ASL e se ne consiglia caldamente
l’attenta lettura.
Tuttavia è bene ricordare che l’intervento, a volte, diventa immediatamente necessario,
indipendentemente dal consenso del paziente e prima o, contestualmente, all’avvio di una
procedura obbligatoria. Soltanto in questi casi è giustificato richiamarsi all’Art. 54 del
Codice Penale (CP) secondo cui: «Non commette reato colui che agisca nella necessità di
preservare chiunque dal pericolo attuale di danno grave alla persona propria od altrui»
(chi stia per defenestrarsi va fermato, come chi, non più conscio di sé, sta per compiere un
qualsiasi atto potenzialmente lesivo o aggressivo). Se lo stato di necessità non sussiste il
vostro intervento può configurarsi nella violenza privata (Art. 610 CP) e, ancor peggio, nel
sequestro di persona (Art. 605 CP).
Per converso, il non intervenire adeguatamente può configurare: l’omissione di atti di
Ufficio (Art. 328 CP); l’omissione di soccorso (Art. 593 CP); l’abbandono di incapace (Art.
591 CP). Si può sintetizzare con la riflessione di un paziente psichiatrico che, in una piazza
Patologie psichiatriche 139
distribuiva un volantino con su scritto: «Fare bene è bene; fare male è male: si può fare
male il bene e bene il male».
Dr………………… Lì………………………………
Dr………………… Lì………………………………
Al Sig. Sindaco di…………………………
Le patologie che interessano polmoni e vie aeree in generale sono tra le più frequenti durante
la continuità assistenziale. Spaziano dal banale raffreddore all’embolia polmonare, con
sintomatologia spesso sfumata e simile tra loro.
Dispnea
La dispnea, che può essere definita come una sensazione fastidiosa di difficoltà respi
ratoria, è uno dei sintomi più frequentemente riferiti al Medico di Continuità Assistenziale.
Le cause più comuni di dispnea sono le patologie respiratorie o cardiache, ma tale
sintomo può essere anche legato ad uno stato emozionale, all’anemia, ad alterazioni della
parete toracica di origine muscolare, scheletrica o neurologica, a condizioni di acidosi
metabolica e ad alterazioni del sistema nervoso centrale (per stimolazione diretta o riflessa
dei centri respiratori).
L’esame obiettivo può dare utili informazioni: il riscontro di un aumentato carico di lavoro
della respirazione, evidenziato dall’uso dei muscoli accessori della ventilazione, da even
tuali retrazioni sopraclavicolari e della posizione del tripode (posizione seduta con le mani
appoggiate sulle ginocchia), è più indicativo di alterazioni della componente ventilatoria,
generalmente per un aumento delle resistenze delle vie aeree.
È fondamentale la valutazione dei parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arte
riosa, frequenza respiratoria, saturazione arteriosa, stato di coscienza e temperatura); oltre
a valutare la frequenza respiratoria (v.n. 12-20 atti/min), occorre considerare anche il ritmo
respiratorio (regolare o intervallato da fasi di apnea) e l’ampiezza del respiro. I pazienti che
presentano dispnea da sforzo dovrebbero essere inviati ad uno specialista.
Bronchiolite
È una sindrome clinica che colpisce in genere i bambini sotto i 2 anni d’età (in genere
nei bambini sopra i due anni e negli adulti i sintomi sono lievi e si risolvono con semplici
tà), soprattutto durante i periodi di epidemia influenzale (l’agente eziologico principale è
il Virus Respiratorio Sinciziale) ed è caratterizzata da sintomi delle alte vie respiratorie (in
genere rinorrea) e successivamente infezione/infiammazione delle basse vie respiratorie con
dispnea, fischi e rantoli. Occasionalmente può essere causata anche da infezioni batteriche
(Mycoplasma pneumoniae). La presenza di dispnea, febbre, tosse persistente, alitamento
delle pinne nasali, il rientramento degli spazi intercostali, subcostali e sovrasternali,
l’utilizzo dei muscoli accessori (indici di incrementato sforzo respiratorio), una SpO2 <95%
al pulsossimetro, apnea, sono segni di un quadro severo (American Academy of Pediatrics
raccomandazione forte, livello B) e si deve procedere al ricovero ospedaliero immediato,
assicurando nel frattempo un adeguato apporto di liquidi per os e cercando di risolvere la
congestione/ostruzione nasale e garantendo un attento monitoraggio (American Academy
of Pediatrics raccomandazione forte, livello X). La diagnosi differenziale è con l’asma (da
considerare soprattutto se gli episodi di wheezing sono ricorrenti o se c’è anamnesi familiare
di atopia), polmonite (se temperatura >39 C° e sono presenti crepitii all’auscultazione),
displasia broncopolmonare, aspirazione di corpi estranei, fibrosi cistica.
142 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Bronchiti, broncopolmoniti
La tosse è il sintomo cardine nei pazienti con bronchite acuta, una tosse che dura da
almeno 5 giorni e che può anche durare fino a 1-3 settimane, associata o meno a espettorato
biancastro o purulento. Se questa diventa prolungata ( >3 settimane) può insorgere dolore
toracico o muscolo-scheletrico sotto-sternale. L’esordio della bronchite si accompagna
o meno a sintomi aspecifici (raffreddore, cefalea, congestione nasale, mal di gola). In
alcuni casi è presente una lieve dispnea e rumori stenotici all’auscultazione del torace. La
diagnosi di bronchite è fondamentalmente clinica ma se compaiono febbre o altri sintomi
sistemici con presenza di espettorato purulento, il sospetto deve virare verso l’influenza o
forme di polmonite. In quest’ultimo caso, la presenza di tachipnea, tachicardia, SpO2 <95%
al pulsossimetro, alterazione stato mentale in soggetti di età >75 anni ci impongono di far
eseguire al paziente una radiografia del torace) (Tabella 1).
Per la maggior parte dei pazienti i sintomi si risolvono spontaneamente nell’arco di
1-3 settimane. L’utilizzo empirico di antibiotici non è raccomandato (Uptodate grado 1B)
(importante è a tal proposito discutere con il paziente sui rischi/benefici che può comportare
un utilizzo inappropriato di antibiotici). Trova indicazione invece l’utilizzo di farmaci per il
controllo dei sintomi (Uptodate grado 2C).
Se avete diagnosticato una polmonite batterica, occorrerà ricoverare:
a) il paziente con focolai broncopneumonici multipli, specie se presenta vescicole e/o
pustole cutanee (anche se poche): probabile stafilococcia!!!
b) il paziente con alterazioni dello stato neurologico;
Tabella 1.
Il soffio bronchiale è di norma “aspro”, diventa “dolce” quando concomita versamento pleurico.
*
Particolari problemi vengono posti dall’anziano, dal bronchitico cronico e dal bambino di
età inferiore ad un anno:
a) nell’anziano: febbre, tosse ed espettorazione possono presentarsi ingannevolmente
ridotte; percussione ed auscultazione possono essere ostacolate da enfisema o da scarsa col
laborazione. In siffatte circostanze richiedete una radiografia del torace d’urgenza, o ricoverate;
b) il paziente con broncopneumopatia cronica ostruttiva è di solito un soggetto anziano o
comunque di età superiore a 40 anni e/o forte fumatore, ex-fumatore o sottoposto per diversi
anni ad inquinanti ambientali, il quale va incontro a periodiche riacutizzazioni (aumento di
tosse e dispnea o espettorazione ad esordio acuto) specie nei mesi invernali.
Le riacutizzazioni possono essere pericolose (fino all’insufficienza respiratoria) ma nella
maggior parte dei casi vengono gestite ambulatorialmente con una terapia antibiotica, cor
ticosteroidea sistemica con l’eventuale somministrazione di Ossigeno gassoso. All’ispezione
ed alla percussione sarà possibile rilevare un atteggiamento della gabbia toracica di tipo
enfisematoso ed all’auscultazione sussisterà riduzione del MV e rumori secchi si assoceran
no a quelli umidi. In questi pazienti è decisivo valutare le condizioni generali, la presenza di
dispnea e tachipnea, l’eventuale presenza di subcianosi, i caratteri dell’espettorato ed infine
la temperatura corporea. Se c’è un incremento dell’espettorazione, l’espettorato appare gial
lastro e/o c’è febbre, comincerete una terapia che preveda antibiotici, cortisonici orali o e.v.,
broncodilatatori per via inalatoria; a seconda della gravità utilizzate:
1. Azitromicina (cpr 500 mg × 1/die) per 3 giorni consecutivi oppure Claritromicina (cpr
500 mg, 2 cpr/die) unitamente a beta-lattamici come cefalosporine per via intramuscolare
ad es. Ceftriaxone (1fl 1gr i.m./die) o Ceftazidima (1 fl 1 gr i.m. 1-2/die)
2. Cefditoren Pivoxil (cpr 200 mg × 2/die) oppure Cefixima (cpr 400 mg/die).
Una volta risolta la riacutizzazione della BPCO, va implementato o adattato il trattamento
a lungo termine della malattia. Una terapia farmacologica adeguata del paziente con BPCO
può ridurre i sintomi della malattia, prevenire la frequenza delle riacutizzazioni, migliorare
lo stato di salute e la tolleranza all’esercizio fisico. La scelta della terapia dovrebbe essere
guidata dalle caratteristiche cliniche e funzionali dei singoli pazienti. Per i pazienti con storia
di riacutizzazioni è indicato il trattamento con un broncodilatatore beta2-agonista a lunga
durata d’azione associato ad uno steroide inalatorio. La scelta dei vari dispositivi in commercio
è imprescindibile dall’esecuzione di un esame spirometrico dove, in base alla gravità dell’even
tuale ostruzione documentata (FEV1), si associano i vari dispositivi terapeutici inalatori [es.
Fluticasone Furoato/Vilanterolo 92/22 mcg (1 inalaz/die); Fluticasone propionato/Salmeterolo
50/ 500 mcg ( 1 inal x 2/die); Beclometasone dipropionato/Formoterolo 100/6 mcg (1 inalaz x
2/die); Budesonide/Formoterolo 160/4,5 mcg (1 inalaz x 2/die)]. Per i pazienti la cui malattia non
è caratterizzata da una storia di riacutizzazioni ma dalla presenza dei sintomi, in particolare di
dispnea, è invece indicato l’utilizzo di un’associazione di due broncodilatatori con meccanismi
d’azione sinergici e complementari, cioè di un anticolinergico a lunga durata d’azione e di un
beta2-agonista a lunga durata d’azione [ad es. Umeclidinio/Vilanterolo 55/22 mcg (1 inalazione
1 volta al giorno) Indacaterolo/Glicopirronio 85/43 mcg (1 inalaz/die); Aclidinio/Formoterolo
340/12 mcg (1 inalz x 2/die)]. Nei pazienti con BPCO da moderata a severa, che non sono
adeguatamente trattati dalla combinazione di un ICS/LABA o da una combinazione LABA/
LAMA, è indicato l’utilizzo della triplice terapia inalatoria ICS/LAMA/LABA (ad es. fluticasone
furoato/umeclidinio/vilanterolo 92/55/22 mcg una volta al giorno).
c) il bambino di età inferiore ad un anno può essere colpito da bronchiolite (v. pag. 141).
Pertosse
La pertosse è una malattia altamente contagiosa, causata dai batteri gram-negativi
Bordetella Pertussis. È caratterizzata da tipici accessi di tosse spasmodica che terminano con
un’inspirazione prolungata di tono acuto stridente e sono seguiti dall’emissione di un muco
denso, con possibilità di quadri di asfissia, soprattutto nei lattanti. È una malattia tipica
dei bambini, ma può talora manifestarsi anche in soggetti adulti non vaccinati. Il vaccino si
Pneumologia 145
basa su batteri interi inattivati dal calore. È spesso associato con il vaccino antidifterico e
antitetanico (Dtp). In Italia la vaccinazione è obbligatoria. Viene somministrata nei bambini
a partire dal compimento dell’ottava settimana di vita. A causa della perdita di immunità
nel tempo, sono necessari più richiami: la prima dose, la seconda e la terza vengono fatte
a 6-8 settimane di distanza, a cui si aggiunge un’ultima dose di richiamo verso i 2 anni. La
malattia ha un periodo di incubazione di 5-14 giorni (in media 10 giorni circa) e a differenza
delle altre malattie infantili, l’immunità conferita da una prima infezione non è definitiva,
ma declina col tempo; la trasmissione avviene, da malato a sano, tramite le goccioline di
Flügge durante lo stadio catarrale e quello parossistico precoce (1a-4a settimana), mentre
il contagio indiretto è raro.
È una malattia endemica in tutto il mondo. Potrà capitare di trovarvi “immersi” in una
epidemia di pertosse: ricercate sempre il criterio epidemiologico (altri casi in fratellini o
amichetti, nella scuola). Pensate alla pertosse quando in un bambino la tosse insorge nelle
ore tarde della notte, ha carattere catarrale ma è stizzosa, oppure aveva carattere catarrale
ed ora è divenuta secca e magari persiste dopo che un Collega ha prescritto un sedativo
periferico della tosse.
L’obiettività toracica frequentemente è negativa; per la terapia l’antibiotico consigliato
è un macrolide, es. (UptoDate grado 2B):
- Azitromicina da 10 a 12 mg/kg per os 1 volta/die per 5 giorni.
- Trimetoprim/sulfametossazolo può essere sostituito nei pazienti di ≥2 mesi che sono
intolleranti o ipersensibili agli antibiotici macrolidi.
I pazienti trattati a domicilio devono essere tenuti isolati, in particolare verso i bambini
predisposti, per almeno 4 settimane dall’inizio della malattia e fino alla risoluzione dei
sintomi. La diagnosi non costituisce problema quando siano già comparsi i tipici accessi,
in tal caso la somministrazione dell’antibiotico ha lo scopo di eliminare il batterio produttore
di tossina e di ridurre il periodo contagioso; per la tosse potrà in parte giovare un sedativo
centrale non narcotico:
Destrometorfano (gtt: 5-10 gtt × 2-3/die; nell’adulto 15-30 gtt × 2-3/die).
Durante le crisi è consigliabile che il paziente venga mantenuto in stazione eretta. La
denuncia della malattia è obbligatoria.
Asma
La crisi di dispnea è una eventualità piuttosto frequente in corso di Continuità Assi
stenziale; in questi casi principale compito del Medico è stabilire se si tratta di un asma
146 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Nel paziente adulto, adolescente e bambino di 6-11 anni con una esacerbazione asma
tica (paziente agitato, dispnoico, fischi e sibili chiaramente udibili alla auscultazione,
atti respiratori aumentati, PEF compreso tra l’80 e il 60% del teorico o del migliore valore
personale in pazienti che già monitorizzano il PEF) si consiglia nelle forme lievi-moderate
(Tabella 2) la somministrazione ripetuta di b2-stimolanti a breve durata d’azione (SABA),
ad esempio salbutamolo spray, 4-10 puff da ripetere ogni 20’ per 1 ora, eventualmente
associato a corticosteroide per via sistemica, ad esempio prednisolone (adulti 1 mg/kg,
max 50 mg; bambini 1-2 mg/kg, max 40 mg) e ad ossigenazione controllata (se possibile),
con target di saturazione 93-95% (94-98% nei bambini). Se la valutazione della risposta
terapeutica dopo 1 ora mostra un peggioramento del quadro clinico, va disposto il ricovero
ospedaliero con trasferimento in unità di terapia intensiva. Le forme di riacutizzazioni
gravi sin dall’esordio richiedono il ricovero urgente del paziente. Per i criteri di valutazione
della gravità della riacutizzazione e la gestione negli adulti, adolescenti e bambini 6-11
anni, vedi Tabella 2.
Medicina generale
Il paziente si presenta con riacutizzazione di asma acuta o sub-acuta.
FOLLOW UP
Farmaci al bisogno: secondo la necessità.
Farmaci di mantenimento: Continuare con alte dosi a breve termine (1-2 settimane) o a lungo
termine (3 mesi) in base al background della riacutizzazione.
Fattori di rischio: Controllare e correggere i fattori di rischio modificabili che potrebbero aver
contribuito alla riacutizzazione, inclusa la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica.
Piano terapeutico: È stato compreso dal paziente? È stato messo in atto appropriatamente?
C’è bisogno di modifiche?
O2: ossigeno; PEF: picco di flusso espiratorio; SABA: b2-agonisti a breve durata d’azione
(le dosi si riferiscono al salbutamolo)
148 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Tabella 3. Valutazione iniziale della riacutizzazione di asma in bambini con età ≤5 anni.
Sintomi Lieve Grave*
Alterazione dello stato di No Agitato, confuso o soporoso
coscienza
Ossimetria iniziale (SaO2)** >95% <92%
Nelle forme lievi-moderate, va iniziato subito il trattamento con SABA (2-6 puffs ogni 20
minuti per la prima ora) e va monitorata la necessità di somministrazione di ossigeno (con
l’obiettivo di mantenere la saturazione tra 94-98%). L’immediato trasferimento all’ospedale
del bambino con età ≤5 anni affetto da riacutizzazione asmatica viene raccomandato nei
seguenti casi: se vi sono elementi tipici della riacutizzazione grave (vedi Tabella 3); se non
c’è risposta alla terapia inalatoria con SABA entro 1-2 ore; se le risorse per l’assistenza
domiciliare del bambino sono insufficienti; se la saturazione di ossigeno è <92% in aria am
biente. Poiché le riacutizzazioni asmatiche sono un indicatore di scarso controllo dell’asma,
una volta risolta la riacutizzazione, andrà rivalutato il trattamento regolare di mantenimento
della malattia, alla luce delle Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma). Tali linee guida
hanno introdotto una classificazione del livello di controllo dell’asma, particolarmente utile
dal punto di vista operativo:
• asma controllato;
• asma parzialmente controllato;
• asma non controllato.
L’attribuzione a un determinato livello di controllo è fondata sulla valutazione dei sintomi
(inclusi quelli notturni), della limitazione nelle attività quotidiane, della necessità di terapia
“al bisogno” (reliever/rescue), della funzionalità respiratoria e del numero di riacutizzazioni.
Un concetto fondamentale nelle Linee Guida GINA è quello della gestione dinamica in
“step-up” o “step-down”, ossia l’aumento o la riduzione dell’intensità del trattamento
a seconda che lo stato di gravità della malattia tenda, rispettivamente, a peggiorare o
migliorare. La terapia va pertanto adattata in relazione al livello di controllo della malattia.
Nella maggior parte degli step terapeutici dell’asma un ruolo fondamentale è rivestito
dall’associazione tra corticosteroide inalatorio e b2-agonista a lunga durata d’azione (ICS/
LABA) [ad es. Budesonide/Formoterolo 160/4,5 mcg e 320/9 mcg polvere per inalazione
oppure Fluticasone propionato/Salmeterolo, formulazione spray (25/50 mcg, 25/125 mcg e
25/250 mcg) e formulazione polvere per inalazione (50/100 mcg, 50/250 mcg e 50/500 mcg)
oppure Fluticasone Furoato/Vilanterolo 92/22 mcg o 184/22 mcg oppure Beclometasone/
Formoterolo polvere da inalazione 100/6 mcg e 200/6 mcg].
Altre opzioni in casi selezionati, includono le basse dosi di teofillina a rilascio prolungato
oppure l’antagonista muscarinico long-acting (LABA) ad es. Tiotropio come terapia aggiuntiva
in adulti o adolescenti con storia di riacutizzazioni.
L’asma è una malattia cronica frequente, nel bambino causa episodi ricorrenti di
dispnea, tosse, respiro sibilante. Particolarmente importante è la diagnosi differenziale
dell’asma in età pediatrica, anche perché più il bambino è piccolo, maggiore è la possibilità
di una diagnosi alternativa che spieghi il respiro sibilante ricorrente. La sintomatologia di
broncostenosi nei bambini sotto l’anno di età non è dovuta ad asma, bensì a bronchiolite.
Note:
a) Un buon apparecchio per aerosol per essere efficace deve: - nebulizzare la soluzione a
particelle di ∅ tra 6 e 2,5 micron, tali da raggiungere le vie aeree interessate dal processo
infiammatorio senza però raggiungere gli alveoli polmonari dove sarebbero assorbiti a
livello sistemico: - essere dotato di riscaldamento; - erogare la dose in tempi non superiori
ai 10 minuti. Non è strettamente necessario che il bambino porti la mascherina aderente al
volto; può essere sufficiente che essa sia accostata al volto e che il piccolo possa magari
afferrarla per gioco.
b) Possibile effetto collaterale sia del Salbutamolo sia dell’Aminofillina è la tachicardia:
sorvegliate pertanto la FC, specie durante l’infusione venosa.
c) I beta2-stimolanti come il Salbutamolo sono scarsamente efficaci nei primi 2 anni di vita.
150 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
LIEVE O MODERATO
Respiro affannoso o agitato
Pulsazioni ≤200 bpm (0-3 anni) o ≤180 (4-5 anni)
Saturazione ≥92%
INIZIARE IL TRATTAMENTO
Salbutamolo 100 mcg 2 puff di pMDI + spacer o
2.5 mg con nebulizzatore
Ripetere ogni 20 minuti per la prima ora se necessario
Controllare l’ossigeno (se necessario e disponibile):
monitorare la saturazione 94-98%
Miglioramento
Miglioramento
PIANO DI DIMISSIONI/FOLLOW-UP
Assicurarsi che le risorse a casa siano adeguate
Farmaco al bisogno: continuare se necessario
Farmaco di controllo: valutare l’adeguatezza della terapia in atto
o l’eventuale necessità di un adattamento terapeutico
Controllare la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica
Follow-up entro 1 settimana
Fornire e spiegare il piano terapeutico
Pneumologia 151
Urgente
VISITA DI FOLLOW-UP
Farmaco al bisogno: ridurre allo stretto necessario
Farmaco di controllo: continuare o adattare in base alla causa
della riacutizzazione e alla necessità di dosi extra di salbutamolo
Fattori di rischio: controllare e correggere i fattori di rischio
modificabili che potrebbero aver contribuito alla riacutizzazione,
incluse la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica.
Piano terapeutico: È stato compreso correttamente? È stato
applicato in modo appropriato? C’è bisogno di modificarlo?
Programmare la prossima visita di follow-up
152 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Embolia polmonare
L’embolia polmonare si manifesta spesso con un drammatico quadro clinico, talvolta
seguito da morte improvvisa, determinato dall’incuneamento di un trombo-embolo massivo
nell’arteria polmonare o in un suo ramo principale, con conseguente interruzione della
corrente ematica nell’arteria stessa.
L’embolo proviene comunemente dal circolo periferico profondo del sistema ileo-femorale.
Tale patologia va sospettata quando un paziente denuncia improvvisamente dispnea,
accompagnata o meno da dolore violento, spesso tale da arrestargli il respiro in fase d’in
spirazione, localizzato in sede toracica, a volte associato ad emottisi. Questa eventualità è
tanto più probabile se il paziente:
• è allettato da lungo tempo;
• ha un arto ingessato;
• ha un recente ictus;
• è un cardiopatico o un bronchitico cronico in fase di scompenso cardiorespiratorio;
• è stato di recente sottoposto ad intervento chirurgico in particolare in sede pelvica,
specie nella donna.
La stima della probabilità clinica pre-test nell’EP è stata validata mediante l’effettua
zione di scale (score di Wells, score di Ginevra, score di Pisa) in cui a un determinato reperto
(anamnestico, clinico, laboratoristico, strumentale) viene assegnato un punteggio (score)
che in ultima analisi identifica tre classi pazienti a differente probabilità di avere una EP:
bassa, moderata, alta probabilità clinica pre-test.
Score di Wells:
- Sintomi di TVP (3 punti)
- Nessuna diagnosi alternativa è in grado di spiegare la malattia in maniera più soddi
sfacente (3 punti)
- Tachicardia con pulsazioni >100 (1,5 punti)
- Immobilità (>=3 giorni) o intervento chirurgico nelle ultime quattro settimane (1,5 punti)
- Anamnesi di TVP o embolia polmonare (1,5 punti)
- Presenza di emottisi (1 punto)
- Presenza di malignità (1 punto)
- Punteggio >6: Alta probabilità
- Punteggio >= 2 e <= 6: Moderata probabilità
- Punteggio <2: Bassa probabilità.
È spesso possibile riscontrare anche dolore, aumento di volume e tumefazione degli arti
inferiori, provocato da trombosi venosa profonda (TVP); occorre infatti ricordare che la TVP
è presente in circa il 70-80% dei casi di embolia polmonare.
Non dimenticate al fine di inquadrare tale sospetto nel giusto ambito prognostico, che
questa condizione rappresenta la prima causa di arresto cardiaco su cuore sano! È oppor
tuno inoltre che in questi casi il paziente venga trasportato in barella (altrimenti possono
“partire” altri emboli).
Se vi trovate in una zona molto lontana da ospedali, con una sintomatologia chiara e
grave (dispnea, tachipnea, dolore violento al torace, tachicardia, sudorazione algida), in
assenza di controindicazioni (ferite recenti, ulcera peptica, emorragia intracranica, ecc.) è
utile, prima di avviare il paziente in ospedale, praticare:
1. Morfina 10 mg fl 1/2 f e.v.
2. Ossigenoterapia ad alti flussi (6 l/min mediante cannule nasali o mediante Ventimask)
se possibile (ossigeno in bombole disponibile in farmacia) per brevi lassi di tempo in
attesa di giungere in ospedale.
3. Eparina 5.000 unità e.v.
Nel paziente ad alto rischio di embolia polmonare e/o di altri eventi tromboembolici
maggiori in particolare in pazienti in chemioterapia per tumore pancreas (DynaMed Plus
raccomandazione forte) o polmone con basso rischio di sanguinamento, è utile consigliare
una profilassi con eparina a basso peso molecolare Enoxaparina (4000 UI 1 fl sc/die) oppure
Fondaparinux 2,5 mg 1 f s.c./die.
Pneumotorace
Per pneumotorace s’intende la penetrazione di aria nel cavo pleurico. Molti casi di
pneumotorace sono di origine traumatica, ma esiste anche la possibilità di un evento
spontaneo primitivo (quando la comunicazione diretta tra albero bronchiale e cavità pleurica
è causata dalla rottura di una formazione bollosa più o meno grande, in genere apicale, in
comunicazione con un bronchiolo con un meccanismo a valvola) o secondario a varie cause
patologiche (polmoniti batteriche, infarti polmonari, neoplasie pleuriche o broncopolmonari,
sarcoidosi, berilliosi, silicosi, TBC, fibrosi cistica, ecc.).
Anche di fronte ad una diagnosi dubbia di questo tipo (dolore acuto trafittivo, tosse
secca, dispnea improvvisa, emitorace interessato espanso ed ipomobile, iperfonesi alla
percussione, FVT e MV aboliti, deviazione dell’asse tracheale rispetto alla linea mediana o
spostamento dell’itto della punta) predisponete per il ricovero.
Se il paziente presenta gravissime difficoltà respiratorie, cianosi con rischio di morte
imminente, è opportuno tentare una decompressione dell’emitorace: percuotete accura
tamente il torace ed identificate un’area iperfonetica verso la base e lontana dal cuore;
predisponete quindi un ago da siringa, grosso, munito di un dito di guanto di gomma forato,
fissato con un elastico o un cerotto all’estremità (quella dove c’è il raccordo per la siringa)
in modo che formi un palloncino.
Disinfettate accuratamente ed infiggete l’ago, così preparato, scivolando dal basso verso
l’alto lungo il margine superiore di una costa. Sorvegliate che il dito di guanto lasci sfuggire
aria quando il paziente inspira. Tale operazione va compiuta in entrambi gli emitoraci se
il pneumotorace è bilaterale.
154 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Emottisi
Porre diagnosi differenziale rispetto all’ematemesi:
EMOTTISI EMATEMESI
EMOTTISI EMATEMESI
Sangue Rosso vivo Rosso scuro (digerito)
Materiale emesso Schiumoso per la presenza di bolle di aria Di odore acido o frammisto a cibo
Eventi precedenti Tosse Dolore addominale
In caso di emottisi è necessaria una valutazione in ambito ospedaliero. Nel caso che sotto
i colpi di tosse venga emesso escreato ematico, raccomandate al paziente di consultare al
più presto il Medico Curante per le opportune indagini; nel frattempo la somministrazione di
Acido Tranexamico 1-2 f per os tre volte al dì e sedativi della tosse (Diidrocodeina/Pentetrazolo
20 gtt fino ad un max di 60 gtt/die) può essere presa in considerazione nel singolo caso.
Primo intervento
⊲ S. Polonara ⊲ R. Antonicelli ⊲ V. Menditto
⊲ F. Salvi ⊲ F. Lucchetti ⊲ G. Misiano
Sebbene tra i compiti del Medico di Continuità Assistenziale non rientri la gestione delle
emergenze/urgenze ma solo quella delle prestazioni non differibili, può accadere, in presenza
di situazioni cliniche evolutive, di dover gestire un paziente critico e quindi assumere la
responsabilità del Primo Intervento in attesa che arrivino gli operatori del 118 (ricordiamo
che in alcune Regioni è attivo il numero unico emergenze, 112).
Figura 1 - Ostruzione del faringe ad opera della base della lingua se la testa è flessa.
Figura 2 - Manovra di iperestensione del capo, sollevamento del mento e apertura della bocca.
Primo intervento 157
Figura 3 - La valutazione del polso deve essere effettuata non a livello dell’arteria radiale, bensì della carotide.
• Valuta il polso carotideo facendo scorrere le dita indice e medio dalla prominenza
laringea (cosiddetto pomo di Adamo) alla piega posta tra essa e il muscolo laterale
del collo (Figura 3).
In presenza di attività respiratoria conservata in vittima priva di coscienza, è possibile
utilizzare la posizione laterale di sicurezza (PLS) (Figura 4), che permette di:
• Mantenere l’iperestensione del capo (e quindi la pervietà delle vie aeree);
• Favorire la fuoriuscita all’esterno del cavo orale di materiale (es. vomito, sangue, ecc),
evitandone l’aspirazione nelle vie aeree;
• Mantenere la stabilità del corpo della vittima, evitandone il rotolamento.
La PLS va utilizzata solo nel caso in cui sia necessario allontanarsi dalla vittima, in
caso contrario la si mantiene in posizione supina assicurando la pervietà delle vie aeree
mediante l’iperestensione del capo.
Attendere l’arrivo dei soccorsi, rivalutando periodicamente le condizioni della vittima
ogni due minuti.
Se il paziente non respira ma è presente il polso, mantenere soltanto l’attività respiratoria,
praticando una insufflazione ogni 5 secondi sino alla ripresa della respirazione spontanea
o all’arrivo dei soccorsi avanzati. Nel dubbio della presenza del polso, o in assenza di polso
iniziate immediatamente le compressioni toraciche, cioè la fase C. La presenza di respiro
agonico (gasping) equivale ad assenza di attività respiratoria: consiste in contrazioni dei
muscoli respiratori accessori senza che venga prodotta una espansione del torace. Si tratta
di un respiro inefficace.
C) Il soccorritore deve perseguire l’obiettivo di comprimere il torace di circa 5 cm di pro
fondità (evitando profondità di compressione eccessive, ovvero superiori a 6 cm, Figura 5) ad
una frequenza 100 compressioni al minuto, per permettere la completa retrazione della cassa
toracica e ridurre al minimo le interruzioni tra le compressioni.
Bisogna porre la parte prossimale del palmo della mano al centro del torace, facendo
attenzione ad appoggiarla sullo sterno; intrecciare le dita delle due mani sovrapposte, per
assicurarvi che rimangano sollevate e non comprimano le coste, e tenete le braccia tese e
verticali rispetto al paziente per sfruttare il peso del corpo.
La profondità delle compressioni toraciche deve essere di almeno 1/3 del diametro
antero-posteriore del torace e quindi di circa 4 cm nel lattante e di circa 5 cm nel bambino
utilizzando 2 dita nel lattante ed una o due mani nel bambino a seconda delle sue dimensioni.
Nell’adulto, si deve garantire un rapporto compressioni/ventilazioni pari a 30:2 (30
compressioni seguite da 2 ventilazioni = 1 ciclo) eseguendo 5 cicli in 2 minuti; nel bambino
e nel lattante, se sono presenti 2 soccorritori, il rapporto può essere 15:2 eseguendo 10
cicli in 2 minuti. In caso di gravidanza, quando la madre è supina, l’utero può comprimere
i vasi iliaci, la vena cava inferiore e l’aorta addominale, dando origine ad una ipotensione
parafisiologica e ad una riduzione della gittata cardiaca, con possibile evoluzione verso un
arresto cardiaco.
Pertanto, la paziente deve essere posizionata in decubito laterale sinistro sollevando
il fianco destro di circa 15-30°, in modo tale da migliorare il ritorno venoso al cuore e
aumentare la gittata cardiaca.
Figura 5 - Posizione corretta degli arti superiori e delle mani sullo sterno durante il massaggio cardiaco esterno.
Primo intervento 159
Per eseguire correttamente le insufflazioni, ponetevi in ginocchio accanto alla sua testa,
mettetegli sulla bocca una garza o un fazzoletto; mantenendo pervie le vie aeree mediante
sollevamento del mento e apertura della bocca, fate aderire le vostre labbra alle sue, chiu
dete le narici con le due dita della mano posta sulla fronte della vittima, ed eseguite due
insufflazioni profonde di 1,5-2 secondi ciascuna per fornire una buona espansione toracica e
ridurre la possibilità di distensione gastrica; il soccorritore dovrebbe fare un respiro dopo ogni
ventilazione; se soffiando si incontra resistenza, chiudete la bocca e insufflate aria dal naso.
Controllate che durante l’insufflazione il torace si espanda, poi allontanate la bocca da
quella del paziente e lasciate che espiri passivamente (Figura 6).
Se non riuscite a far espandere il torace, ricontrollate che le vie aeree siano libere; se
ancora il torace non si espande dovete sospettare una ostruzione da corpo estraneo (vedi
paragrafo sul Soffocamento). Nel caso in cui siano presenti due soccorritori, uno avrà il
compito della ventilazione, l’altro del massaggio cardiaco. È importante che chi effettua le
insufflazioni tenga conto dei cicli effettuati, comunicandolo all’altro soccorritore.
Figura 6 - Respirazione bocca a bocca con apertura delle vie aeree mediante sollevamento del mento: a sinistra
insufflazione, a destra espirazione passiva.
160 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Soccorso al traumatizzato
Anche se non rientra nei suoi compiti specifici, anche al Medico di Continuità Assistenziale
può capitare di ritrovarsi sulla scena di un incidente stradale o di un infortunio sul lavoro
o, più in generale, di dover gestire un politraumatizzato, in attesa dell’arrivo dei soccorsi
avanzati. L’approccio al paziente traumatizzato che qui consigliamo segue il metodo proposto
dall’ATLS (Advanced Trauma Life Support) ampiamente utilizzato nel mondo da diversi anni
e diventato quasi una “Bibbia” per gli operatori dell’emergenza, seppure altri approcci sono
pure disponibili. Lo schema proposto è quello basato sull’“ABCDE” che definisce l’ordine
specifico di valutazione e di eventuale trattamento:
A) Airway: vie aeree con protezione della colonna cervicale
B) Breathing: respirazione
C) Circulation: circolazione e controllo delle emorragie esterne
D) Disability: invalidità o stato neurologico
E) Exposure and Environment: esposizione (svestire) ed ambiente (controllo della
temperatura).
Prima ancora di applicare tale algoritmo dovete mettere il paziente, voi stessi, ed eventuali
altri operatori che siano con voi, in sicurezza.
Una volta posto il paziente su una tavola spinale lunga (se disponibile) o per terra, passate
alla valutazione A: aprite la bocca del paziente eseguendo una o entrambe le due manovre
chiamate chin lift (sollevamento mento) e jaw thrust (spinta sulla mandibola), rimuovete
eventuali corpi estranei o coaguli di sangue con le dita; se fosse la lingua ad ostruire le vie
aeree un presidio aggiuntivo di grande aiuto è rappresentato dalla cannula orofaringea.
Essa va collocata aprendo la bocca del paziente e facendola avanzare rovesciata (con la
parte convessa rivolta verso il basso) ed una volta raggiunto il faringe girarla rapidamente
in modo che la parte concava “agganci” la lingua tenendola in basso e ristabilendo la
pervietà delle vie aeree superiori.
A questo punto, se potete farvi aiutare da qualcuno, chiedetegli di tenere ferma la testa,
mentre voi applicate un collare cervicale (se disponibile) o comunque cercate di immobilizzare
con asciugamani arrotolati il collo del soggetto, nel sospetto di lesione del rachide. Infine
un’occhiata al collo per escludere la presenza di turgore delle giugulari, deviazione da un
lato della trachea (vedi sotto) e di ematomi (ematoma della carotide in espansione). Passate
quindi rapidamente alla valutazione B:
- vedo: un paziente agitato o con cianosi può essere ipossiemico, così come se obnubilato
può essere ipercapnico;
- scopro il torace e vedo i movimenti toracici: un movimento paradosso di un emitorace
(rientramento in inspirazione) deve fare pensare ad un lembo costale, mentre una breccia
sulla parete toracica che soffia aria ad un pneumotorace (PNX) aperto;
- palpo i 2 emitoraci: scroscii e viva dolorabilità indirizzano verso una o più fratture costali;
la presenza di enfisema sottocutaneo (crepitio come di neve fresca che si scioglie) si
associa a PNX;
- percuoto i 2 emitoraci: iperfonesi? (PNX) o ottusità? (emotorace);
- ausculto i 2 emitoraci: il murmure vescicolare è ridotto o assente in caso di PNX, emotorace
o contusione polmonare;
- se disponibile controllare anche la saturimetria (nel traumatizzato deve essere almeno
95%, altrimenti all’arrivo dell’ambulanza, nell’eventualità che non sia presente il medico
a bordo, indicare ai volontari di mettere una maschera con reservoir a 10-12 l/min (se
pz con BPCO potrà mantenerla massimo un’ora).
162 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
In questa fase pre-ospedaliera l’unica diagnosi che non dovrebbe essere fallita perché
potenzialmente curabile con una manovra semplice ed immediata è quella di pneumotorace
iperteso. Il quadro clinico è tipico: paziente agitato, dispnoico, con turgore delle giugulari e
deviazione della trachea, iperfonesi alla percussione toracica e murmure vescicolare assente
all’auscultazione dell’emitorace interessato.
Si deve eseguire una toracentesi con ago d’emergenza: isolare il II spazio intercostale
sulla emiclaveare nel lato del PNX iperteso ed inserire un’agocannula da 14G scorrendo sopra
il margine superiore della costa sottostante; una volta punta la pleura parietale rimuovere
il Luer-Lok dall’estremità distale dell’agocannula; si ascolta un improvviso flusso di aria,
che indica l’avvenuta distensione del PNX iperteso.
Valutare quindi la C:
- Presenza del polso radiale (indicativamente, se lo percepisco la PAS sarà >0-90 mmHg)
- Misurazione PAO
- Verificare se sono presenti segni di difesa alla palpazione in tutti e quattro i quadranti
addominali
- Verificare la stabilità del bacino premendo una volta sulla cresta iliaca
- Valutare anche il tempo di riempimento capillare al letto ungueale (valore normale è
inferiore a 2 secondi)
- Osserva se presenti importanti emorragie esterne (subito da tamponare).
Se in possesso del materiale necessario, incannulate una o meglio due vene (idealmente
una grossa vena dell’arto superiore con cannula 14G). I primi segni di shock sono comunque
ancora una volta clinici: agitazione psico-motoria, cute fredda, pallida e sudata, poi la
tachicardia, una pressione differenziale (pressione arteriosa sistolica-pressione arteriosa
diastolica) ridotta, una pressione sistolica <90 mmHg (indicativamente, se percepisco il
polso radiale la PAS sarà >80-90 mmHg) ed una tachipnea “chiuderanno il cerchio” della
vostra diagnosi di imminente shock emorragico. Il presidio è l’idratazione tramite soluzione
fisiologica (infondere liquidi molto rapidamente, sfruttando possibilmente entrambi gli ac
cessi venosi, l’obiettivo è il raggiungimento di una PAS di 80-90, o di 110 in caso di trauma
cranico) e 2 fl di ac. tranexemico 500 mg. Si raccomanda che qualora ci si trovi di fronte
ad un paziente in cui vi sia la possibilità di un’emorragia interna. A titolo esemplificativo si
riporta una stima della perdita ematica associata a lesioni in differenti distretti corporei:
• frattura di arto superiore 250-750 ml;
• frattura di femore 750-2000 ml;
• frattura di bacino 1000-3000 ml;
• rottura di milza o emotorace 1500-2000 ml.
Tramite la descrizione delle pupille e del GCS (Glasgow Coma Scale) (vedi capitolo
“Neurologia”).
Per quanto riguarda le pupille, se ne deve osservare l’isocoria (le pupille hanno lo stesso
diametro), l’isociclia (le pupille hanno la stessa forma ovale) ed il riflesso pupillare alla
luce. Circa il GCS va precisato che ormai unanimamente di fronte ad un GCS <8 si parla
di coma e sarebbe consigliata l’intubazione. Infine, giunti alla valutazione E, il paziente
andrebbe spogliato completamente, e controllato dalla testa ai piedi tramite osservazione
e palpazione. Ogni emorragia esterna va immediatamente trattata. Se il ferito presenta
corpi estranei penetrati in profondità, non si deve assolutamente rimuovere l’oggetto, ma
va applicato un tampone di garza o cotone idrofilo sterile, onde evitare un aggravamento del
sanguinamento. In caso di avulsione od amputazione, bisogna recuperare la parte avulsa o
amputata, avvolgerla in una garza sterile e mantenerla alla temperatura più bassa possibile.
Negli altri casi, sollevate il lembo sanguinante e comprimetelo sulla ferita dopo averla
coperta con una garza, successivamente applicate un bendaggio compressivo (Figura 7).
Primo intervento 163
Figura 7
Ricordarsi, una volta terminata la visita, di riscaldare il paziente con coperte, perché
il paziente traumatizzato è molto suscettibile all’ipotermia. Se disponibile, avvolgetelo in
un telo riflettente. Se possibile, a questo punto raccogliere l’anamnesi mediante lo schema
AMPLE (Allergie, Medication: farmaci assunti, Patologie concomitanti, Lunch: se ha mangiato,
Events: dinamica dell’accaduto).
L’approccio ATLS può sembrare a prima vista complesso e laborioso, ma in realtà le varie
tappe del processo diagnostico-terapeutico possono essere eseguite quasi in simultanea
e molto rapidamente; inoltre esso rappresenta uno strumento molto efficace da impiegare
nella trasmissione delle informazioni tra un operatore sanitario e un altro.
Avvelenamenti
Una rapida diagnosi è la base del trattamento efficace del paziente intossicato, il quale
spesso però non può fornirvi indicazioni utili. L’avvelenamento, inoltre, dovrebbe sempre
essere considerato nella diagnosi differenziale, di fronte a segni e sintomi inspiegabili,
soprattutto nel bambino. Essenziale è l’identificazione del veleno ed una valutazione della
quantità ingerita: importante quindi effettuare una approfondita anamnesi e ricercare
alcool, farmaci e contenitori che dovrebbero essere raccolti e conservati per una corretta
identificazione della sostanza ingerita.
Predisponete il ricovero urgente e nel frattempo valutate la necessità di iniziare a do
micilio il trattamento, tenendo presente che molte sostanze non richiedono alcuna terapia
(è sempre opportuno consultare telefonicamente un Centro Antiveleni).
Inoltre il latte non è un antidoto universale, anzi incrementa l’assorbimento dei veleni
solubili nei grassi. È importante ricordare che l’intossicazione o l’avvelenamento possono
dipendere dal contatto con tossici aventi spesso diverse caratteristiche fisico-chimiche:
• Tossici volatili (gas, vapori, CO...)
• Liquidi che hanno investito l’intossicato
• Farmaci o sostanze ingerite o somministrate e.v. o i.m.; ampia categoria comprendente:
- Farmaci - Sostanze d’uso domestico
- Droghe - Vegetali (foglie, semi, ecc.)
Diagnosi di intossicazione
1. Anamnesi: spesso incompleta o inattendibile (il paziente o i familiari possono avere
interesse a celare la verità tutta o in parte). È comunque importante:
164 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
4. Valutare l’ambiente dove viene trovato l’intossicato (odori particolari, presenza di caldaie,
stufe, ecc.)
Trattamento
Il primo approccio deve essere quello standard per ogni paziente acuto: valutare il
respiro, il circolo e lo stato di coscienza e procedere se necessario secondo il protocollo BLS.
Innanzitutto: Allontanare il paziente dall’ambiente in cui si trova ogni volta che si
sospetti un avvelenamento da tossici volatili dispersi nell’ambiente, arieggiando subito la
stanza con cautela per non mettere a rischio anche i soccorritori. Fornire O2 se disponibile.
La Decontaminazione: può essere di fondamentale importanza effettuare immediata
mente la decontaminazione della cute e degli occhi onde evitare che il tossico possa essere
a lungo assorbito per tali vie (es. organofosforici) o per evitare un ulteriore danno locale
(es. sostanze caustiche).
Nell’effettuare la Decontaminazione della cute:
• Attenzione innanzitutto a non contaminarsi!
• Rimuovere gli indumenti contaminati
• Lavare abbondantemente con acqua (con particolare attenzione le pieghe cutanee),
usando shampoo e sapone per le sostanze oleose
• Se vi sono lesioni (vescicole, bolle o aree con aspetto necrotico, ecc.) non usare farmaci
o unguenti; proteggere solo con garza sterile o un telo pulito. Per quanto riguarda la
decontaminazione degli occhi: agire rapidamente ricordandosi di:
• Rimuovere lenti a contatto
• Irrigare abbondantemente con soluzione fisiologica o semplicemente con acqua del
rubinetto tiepida. Utilizzare collirio anestetico (Oxibuprocaina Cloridrato coll.) prima
del lavaggio. Si può usare un deflussore da flebo per dirigere il flusso dell’acqua verso
l’angolo interno dell’occhio. Irrigare a lungo ed abbondantemente ogni occhio, poi bendare
ed inviare il paziente dall’oculista.
L’uso di antidoti è da limitarsi all’ambito ospedaliero. Gli antidoti che il medico può sicu
ramente utilizzare a domicilio, se disponibili, sono il Naloxone (0,4 mg fl: 1-2 fiale i.m. - e.v.
ripetibili dopo 3 min. se necessario fino a massimo 10 mg) e il Flumazenil (0,1-0,2 mg/kg ev
a bolo, emivita 1h, controindicato se il paziente ha assunto anche antidepressivi triciclici).
Sindromi tipiche (segni clinici utili nell’orientamento diagnostico in caso di anamnesi muta o generica)
†
Non utilizzare se esiste anche solo il sospetto di intossicazioni miste con farmaci ad attività anticolinergica
o potenzialmente convulsivante (per es. antidepressivi o neurolettici)
Primo intervento 167
Soffocamento
Di fronte ad una persona che sta soffocando per la presenza di un corpo estraneo nelle
prime vie aeree, ricordatevi che la tosse provoca un aumento di pressione all’interno delle
vie aeree che è superiore a quello causato da qualsiasi manovra, quindi, se il paziente è
cosciente, con ostruzione parziale, stimolatelo a tossire.
Nel caso che la tosse si riveli inefficace, o l’ostruzione sia completa, è giustificato tentare
con manovre di percussione del dorso tenendo una mano sul torace della vittima e flettendolo
in basso e battendo con l’altra mano tra le scapole fino a 5 volte o, soprattutto nei bambini,
mettendo le dita all’interno della cavità orale per cercare di afferrare il corpo estraneo.
Nella situazione in cui tutto si riveli inutile, è indispensabile effettuare la manovra di
Heimlich (Figura 8): porsi dietro il paziente ed applicare una mano stretta a pugno sotto
la gabbia toracica a livello epigastrico e premerla con l’altra mano, applicando le spinte
veloci e ripetute dirette verso l’alto.
Se il soccorritore non è in grado di cingere l’addome della vittima, per cui può soltanto
eseguire compressioni toraciche, sfruttando il medesimo repere del massaggio cardiaco
ma con una frequenza minore.
Se tale manovra da sola non è efficace ed il paziente rimane cosciente rivaluta la cavità
orale nel tentativo di visualizzare e rimuovere il corpo estraneo e quindi alterna 5 compressioni
epigastriche con 5 percussioni al dorso. Nel caso in cui si renda necessario effettuare la
manovra di Heimlich in una donna in gravidanza, quest’ultima va effettuata a livello del
terzo inferiore dello sterno anziché a livello dell’addome.
Nel momento in cui la vittima perde conoscenza avviare il BLS e allertare immediata
mente il 118.
Figura 8
168 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Annegamento
Nelle postazioni particolarmente vicine al mare potrà presentarsi l’eventualità di soccor
rere un soggetto con principi di annegamento. In questa evenienza si può avere interruzione
degli scambi respiratori con conseguente asfissia e spesso morte del paziente.
• Valutate stato di coscienza, respiro e polso, e agire immediatamente di conseguenza
come da protocollo BLS (unica differenza: in caso di assenza di polso iniziare dalle 2
insufflazioni e successivamente partire con le 30 compressioni).
• Trattate l’eventuale ipotermia (togliere gli abiti bagnati; asciugare con asciugamani e
riscaldare con coperte).
• Non perdete tempo prezioso (specie in caso di arresto cardio-respiratorio) in tentativi
di drenaggio di acqua dai polmoni, tentativo molto scenografico, ma potenzialmente
pericoloso (ritardo nell’attuare la rianimazione cardio-respiratoria).
• Organizzate comunque il trasferimento in ospedale.
Figura 9
Primo intervento 169
Figura 10
Figura 11
170 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Figura 12
Figura 13
Primo intervento 171
Figura 14
Nelle ferite superficiali a margini netti, in zone con scarsa tensione, previa accurata
rasatura e detersione della cute, è possibile ottenere un buon affrontamento dei margini
con l’applicazione di sterilstrip o cerottini a farfalla disposti perpendicolarmente alla ferita
(Figura 14) lasciando sempre tuttavia qualche piccolo spazio tra i cerottini affinché la ferita
possa rilasciare le secrezioni sierose. Soprattutto nei bambini si può ricorrere agli adesivi
sintetici. In ogni caso, dopo l’accostamento dei margini della ferita va eseguita una medi
cazione occlusiva che aiuta il processo di granulazione della ferita stessa. Tale medicazione
va sostituita dopo 3-4 giorni al fine di rimuovere con essa parte dei detriti tissutali.
G) Profilassi antitetanica: il comportamento che si deve tenere nei confronti della profilassi
antitetanica è basato sul tipo di ferita e sullo stato immunologico del paziente.
La tabella 1 mostra alcune delle caratteristiche cliniche delle ferite che sono a rischio per
lo sviluppo di tetano. La presenza di uno o più di questi segni clinici deve far considerare la
ferita a rischio. Sulla base delle caratteristiche cliniche della ferita, il Medico deve decidere
se è a rischio di tetano e, una volta ottenute dal paziente informazioni sicure sul suo stato
immunitario, meglio se documentate, procedere alla profilassi antitetanica (Tabella 2).
In pratica: Tossoide tetanico a tutti i pazienti con ferita tranne in caso di ferita pulita
ed ultima dose <5 anni; TIG solo a pazienti con ferita a rischio di tetano e vaccinazione non
completata o ultima dose non nota, ed in ogni caso se la ferita è ad alto rischio (per esempio
contaminazione con concime). La dose di immunoglobulina umana antitetanica attualmente
consigliata è di 250 U i.m. Poiché si tratta di un emoderivato, è necessario, a norma delle
disposizioni del Ministero della Salute, acquisire prima dell’iniezione il consenso informato
da parte del paziente. Quando si somministrano contemporaneamente tossoide tetanico e
immunoglobulina antitetanica si devono usare siringhe differenti e punti di inoculazione
differenti. Se il paziente non è immunizzato fate seguire alla prima dose di vaccino altre
due dosi da praticare l’una dopo 6-8 settimane, l’altra dopo 6-12 mesi; poi è sufficiente
effettuare un richiamo ogni dieci anni.
H) Profilassi antibiotica: La terapia antibiotica non è indicata per tutte le ferite e dovrebbe
essere riservata alle ferite che appaiono clinicamente infette. Non ci sono prove pubblicate
a sostegno della terapia antibiotica come “profilassi” in ferite croniche non infette o per
migliorare il potenziale di guarigione delle ferite senza evidenza clinica di infezione. I
segni clinici di infezione che giustificano la terapia antibiotica includono sintomi locali
(cellulite, striature linfangitiche, essudato purulento, cattivo odore, cancrena umida,
172 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Figura 15
superficie cutanea, si infila sotto il filo una punta di forbice o il bisturi, si taglia e si tira
il filo in maniera che la parte situata all’esterno non scorra nel tessuto e non vi trasporti
germi (Figura 15).
Morso di zecca
In caso di morso di zecca rimuovere il parassita (Ixodes scapularis) immediatamente
utilizzando una pinzetta che deve essere avvicinata il più possibile alla cute e maneggiata
con delicatezza in modo tale da riuscire a portare via anche la testa del parassita. Essa infatti
è tenacemente adesa al paziente attraverso il rostro con lo scopo di suggere il sangue del
paziente. La rimozione della zecca ha anche la finalità di evitare la trasmissione attraverso la
saliva del parassita di Borrelia burgdorferi (in realtà in Europa è più frequente B. afelii), che
veicola la malattia di Lyme (eritema migrante, mono- o oligo-artrite, manifestazioni neurolo
giche, tra cui la paralisi di Bell e manifestazioni cardiache, quali blocchi atrio-ventricolari).
Soggetti che hanno subito la rimozione di una zecca dovrebbero eseguire un follow-up di
30 giorni per la valutazione dell’insorgenza di segni e sintomi come lesioni cutanee (malattia
di Lyme) o temperatura > 38°C. Nonostante sia routinario l’uso di una profilassi antibiotica
o in alcuni casi l’esecuzione di test sierologici dopo rimozione di zecca, attualmente non
è raccomandata alcuna terapia antibiotica poiché il rischio di contrarre malattia è <5%.
174 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
Alcuni esperti raccomandano la terapia antibiotica per pazienti morsi da Ixodes scapularis
(Ixodes dammini) se l’insetto è rimasto in sede per più di 48 h. In ogni caso la determinazione
della specie non è fattibile in un contesto routinario e gli attuali dati risultano insufficienti
a dimostrare l’efficacia della terapia antimicrobica in questo setting.
Figura 16
Non è raro, per il Medico di Continuità Assistenziale (MCA), trovarsi nella condizione di
dover assistere un paziente in trattamento con anticoagulanti orali (AO) e dover decidere se
modificarne il dosaggio, sospendere la terapia, o se somministrare un farmaco.
Tabella 1. Range di INR (per un target terapeutico 2-3) e suggerimenti per la variazione della DS (Linee
guida ASH 2014)
RANGE DELL’INR AZIONE
INR <2 Aumentare la DS del 10-15%. Ripetere INR entro una settimana
INR tra 3,1 e 3,5 Diminuire la DS del 0-10%. Ripetere INR entro due settimane
INR tra 3,6 e 4 Non far assumere l’AO per un giorno. Riprendere diminuendo la DS del
10-15%. Ripetere INR entro una settimana
INR tra 4,1 e 8,9 Non far assumere l’AO per uno-due giorni. Riprendere diminuendo la DS del
10-15%. Ripetere INR dopo 2 giorni
IINR >9 Non far assumere l’AO per due giorni. Riprendere diminuendo la DS del 15-
20%. Ripetere INR il giorno dopo
TAO/DOAc-Terapiaconanticoagulanti
TAO/DOAc
orali:dalla
- scelta
Terapia
deldosaggio
con alla
anticoagulanti
gestionedellecomplicanze
orali 177
Nel contesto di un paziente che non sta sanguinando, basse dosi di vitamina K (da 1
a 2,5 mg) possono essere somministrate oralmente per valori di INR compresi tra 4,5 e 10
(le LG del 2012 dell’ACCP offrono tale opzione, mentre le LG del 2018 ASH suggeriscono di
non somministrarla). Per valori di INR superiori a 10, è invece indicata la somministrazione
orale di Vitamina k (da 2,5 a 5 mg) e il monitoraggio giornaliero dell’INR. Non vi è alcun
beneficio nella somministrazione per via endovenosa (a meno che il paziente non possa
assumere il farmaco per via orale).
Tabella 2.
ANTIBIOTICI, CARDIO- ANTIINFIAMMA- NEUROLOGICI GASTRO- MISCELLANEA
ANTIMICOTICI VASCOLARI TORI, INTESTINALI
ANALGESICI
Potenzianti Ciprofloxacina Amiodarone Fenilbutazone Alcool Cimetidina Steroidi
l’effetto Cotrimossazolo Clofibrato Piroxicam Citalopram Olio di pesce anabolizzanti
degli AO Eritromicina Diltiazem Paracetamolo Disulfiram† Mango Fluorouracile
Fluconazolo Fenofibrato Celecoxib Fenitoina† Omeprazolo Tamoxifene
Isoniazide Propafenone Interferone Cloraridrato† Spremuta di Gentamicina
Miconazolo Propranololo Tramadolo Fluvoxamina† Ananas
(per via orale o Sulfinpirazone ASA† SSRI†
vaginale) ASA†
Variconazolo Fluvastatina† Ketorolac**
Amoxicillina† Simvastatina†
Levofloxacina† Gemfibrozil
Claritromicina†
Tetracicline†
Evitare l’uso di FANS non selettivi per il trattamento del dolore o della febbre, preferendo
farmaci come il paracetamolo, eventualmente associato a codeina. Se viene utilizzato
un FANS, limitarlo al più breve tempo possibile, eventualmente adoperando un inibitore
selettivo della COX-2.
Complicanze emorragiche
La complicanza che più frequentemente si registra durante il trattamento AO è la com
parsa di manifestazioni emorragiche che possono ovviamente essere a varia localizzazione
e di diversa gravità e che possono comparire spontaneamente o dopo un trauma anche
lieve - moderato.
Il comportamento del medico di fronte ad un paziente con emorragia dipenderà
dall’importanza e dalla localizzazione della zona sanguinante e dal livello di INR. In caso
di emorragie maggiori si impone l’immediato e urgente ricovero ospedaliero. In urgenza,
nell’attesa dell’ambulanza, è possibile somministrare 10 mg di vitamina K mediante
infusione endovenosa lenta (ad esempio, da 20 a 60 minuti). Sempre in urgenza, in caso
di sanguinamento da trauma, somministrare 2 fl di ac. tranexemico ev. In caso di emor
ragie minori (ad es. epistassi) nella maggior parte dei casi non è necessario sospendere
il trattamento, ed è in genere sufficiente mantenere un’adeguata compressione per alcuni
minuti. È possibile utilizzare garze imbevute con antifibrinolitici (es. acido tranexamico).
In caso di persistenza inviare il paziente in pronto soccorso. L’ematuria è spesso dovuta ad
altri fattori (ad esempio lesioni anatomiche o infezioni), ed è quindi importante valutarne
la causa sottostante. Nel caso di sanguinamento gengivale, è possibile utilizzare l’acido
tranexamico in fiale per effettuare degli sciacqui.
Le emorragie congiuntivali hanno in questi pazienti uguale incidenza rispetto a quella
che si registra nella popolazione generale.
Le ecchimosi non richiedono la sospensione della TAO.
Priapismo
Si tratta di una condizione di erezione prolungata (>2-4 ore) dolorosa (in particolar
modo se priapismo su base ischemica) non accompagnata da sensazioni di eccitamento
e/o desiderio sessuale; il glande ed il corpo spongioso dell’uretra non appaiono interessati
dall’erezione, essendo il processo limitato ai corpi cavernosi. È una patologia rara, ma
grave, che, se non trattata nei modi e nei tempi prescritti, evolve inesorabilmente verso
l’impotenza definitiva.
Può verificarsi in pazienti affetti da leucemia, anemia a cellule falciformi o neoplasie
pelviche, ma può essere provocata anche dall’iniezione intracavernosa di sostanze vasoattive
impiegate nella terapia di alcune forme di impotenza.
L’ospedalizzazione in reparto urologico si impone soprattutto al fine della tempestività
e appropriatezza delle cure.
I sintomi irritativi sono in genere quelli più fastidiosi per i pazienti e che più frequente
mente lo spingono a richiedere la visita medica. Tuttavia, nel lungo termine, la sintomatologia
ostruttiva è più temibile, in quanto può spesso predisporre a complicanze, ad es. infezioni
urinarie, ematuria, stasi urinaria. La terapia medica dell’IPB con sintomi lievi o con sintomi
moderati che il paziente non riferisce come invalidanti si basa su terapia comportamentale
e watchful waiting (NICE/EAU raccomandazione forte).
La terapia medica dell’IPB con sintomi moderato-severi può avvalersi della sommini
strazione a lungo termine di:
1) Alfa-litici, ad es. tamsulosina (1 cpr/die), sono la prima linea di terapia per la maggio
ranza dei pazienti (NICE/EAU raccomandazione forte).
2) Inibitori della 5-alfa reduttasi sono considerati una alternativa appropriata se in presenza
di aumento delle dimensioni prostatiche (>40 mL) (EAU raccomandazione forte).
3) Aggiunta di inibitori della 5-alfa reduttasi, ad es. finasteride (5 mg 1 cpr/die) in pazienti
con sintomi moderato-severi, aumento delle dimensioni prostatiche (prostata >40 mL) e
non adeguata risposta terapeutica al dosaggio massimo di alfa-litico (UpToDate grado
2A)
4) Farmaci fitoterapici hanno dimostrato efficacia dubbia di conseguenza non sono consi
gliati in prima battuta.
Prostatite acuta
È un’infezione della prostata che provoca pollachiuria, stranguria, febbre con brivido,
dolore perineale talvolta alla punta del pene, diminuzione della libido, disuria, mialgia e
urine torbide. L’esplorazione rettale evidenzia una prostata dolorante, tumefatta ed indurita.
Talvolta l’infezione prostatica può coinvolgere i testicoli dando luogo ad un’epididimite.
La terapia nei casi non complicati (che non richiedono ospedalizzazione) si basa nella gran
parte delle occasioni su fluorochinoloni e trimetoprim-sulfametossazolo (UpToDate grado 2C):
1) Ciprofloxacina (500 mg 1 cpr × 2 per 2-6 settimane)*
2) Levofloxacina (500 mg 1 cpr per 2-6 settimane)*
3) Trimetoprim-Sulfametossazolo (800+160 mg 1 cpr x 2/die per 2-6 settimane)
4) Tamsulosina 0,4 mg 1 cp/die, se presenti LUTS
5) È ipotizzabile l’utilizzo di antinfiammatori per ridurre i sintomi (anche per via rettale come
Diclofenac supp. 1-2 supp./die o Beclometasone diproprionato supposte 1-2 supp./die).
Inoltre è importante consigliare sempre di evitare o ridurre l’assunzione di sostanze
potenzialmente irritanti per la vescica, come gli alcolici, le bevande contenenti caffeina ed
i cibi particolarmente acidi e speziati.
Benché non vi siano forti evidenze a riguardo, la dieta che potrebbe essere suggerita
per la prostatite dovrebbe essere ricca di liquidi e costituita da alimenti leggeri, di facile
digestione, con pochi grassi di origine animale. In pratica, per quanto concerne i suggerimenti
nutrizionali per la prostatite è utile consigliare:
• Bere almeno 2 litri di acqua al giorno
• Incrementare i cereali integrali ed i legumi
• Incrementare soprattutto gli ortaggi e anche la frutta fresca
• Eliminare le bevande alcoliche, Energy drink e limitare assunzione di caffè e cioccolata
• Eliminare cibi piccanti
• Eliminare il tabagismo
• Praticare attività fisica regolare.
È molto importante curare tempestivamente la forma acuta impedendone l’evoluzione a
cronica, patologia più pericolosa per i postumi, lunga e complicata da trattare.
Epididimite
Solitamente è una complicanza dell’uretrite o della prostatite, può essere unilaterale o
bilaterale. La sintomatologia è caratterizzata da eritema e dolore scrotale, talvolta minzione
dolorosa o necessità urgente o frequente di urinare, dolore durante i rapporti o l’eiacula
zione, emospermia; febbre, brividi e stato generale scaduto indicano un’infezione grave o
eventualmente un ascesso.
L’esame obiettivo rivela tumefazione, rossore, calore, indurimento, edema di una porzione
o di tutto l’epididimo interessato, dolorabilità marcata a volte irradiata al testicolo adiacente,
perdite sierose dall’uretra.
La manovra di sollevare lo scroto porta sollievo (“segno di Prehn”).
Disfunzione erettile
La disfunzione erettile (DE) presenta nella popolazione maschile italiana una prevalenza
del 12.8%. Oltre all’età (la prevalenza è maggiore nella popolazione anziana), altri impor
tanti fattori di rischio per DE includono il diabete mellito, l’ipertensione, l’iperlipidemia,
la depressione ed il fumo di sigaretta; anche l’ipotiroidismo, le malattie renali, l’obesità,
l’eccessivo consumo di alcol e la sedentarietà possono contribuire alla comparsa di questo
problema. In alcuni casi, l’origine della DE è di natura iatrogena (ad es. chirurgia pelvica,
trattamento con antidepressivi triciclici o MAO-inibitori).
La valutazione della DE deve includere una determinazione delle cause potenziali che
sono alla base della patologia e l’identificazione del trattamento appropriato a seguito di
un’adeguata valutazione a livello specialistico.
Eiaculazione precoce
Sebbene non esista una definizione universalmente accettata dell’eiaculazione precoce
(EP), sono state formulate, da parte di diverse autorevoli Società Scientifiche internazionali,
delle definizioni di EP che hanno tre elementi in comune tra di loro:
• tempo di latenza dell’eiaculazione, cioè tra l’inizio della penetrazione vaginale e l’eia
culazione vera e propria, breve (in alcuni soggetti l’eiaculazione avviene già prima della
penetrazione vaginale, cosiddetta ejaculatio ante portam);
• percezione di una mancanza di controllo eiaculatorio;
• conseguenze negative sulla qualità della vita del paziente (ad es. stress, disagio, fru
strazione e/o evitamento dell’intimità sessuale) e sulle relazioni di coppia.
L’EP può insorgere sin dall’inizio dell’attività sessuale maschile (EP lifelong o primaria)
oppure verificarsi ad un certo punto della vita, dopo periodi di attività sessuale normale
(EP secondaria o acquisita); in quest’ultimo caso l’EP può essere in relazione a patologie
endocrine (ipogonadismi, ipertiroidismi), urologiche (ad es. prostatiti, fimosi, disfunzione
erettile), neurologiche (neuropatia periferica, processi espansivi midollari, sclerosi multipla,
ecc.), problemi psicologici o di relazione, come pure all’assunzione di farmaci (amfetamine,
agonisti dopaminergici) o di droghe (cocaina).
Il Medico di Continuità Assistenziale rappresenta spesso l’interfaccia professionale
iniziale per il paziente con eiaculazione precoce, che può esporgli il proprio problema e
ricevere gli opportuni consigli diagnostici e terapeutici di prima istanza; successivamente
il paziente potrà essere ulteriormente inquadrato con approfondimenti specialistici presso
Centri Urologici/Andrologici.
La terapia farmacologica dell’EP, che in passato si basava solo su farmaci utilizzati “off-
label” e di incerta efficacia, ha compiuto alcuni anni fa (2013) un significativo progresso
con l’introduzione di dapoxetina, un inibitore selettivo della ricaptazione neuronale della
serotonina (SSRI), il primo ed unico farmaco orale ufficialmente approvato per il tratta
mento dell’EP in uomini di età compresa tra 18 e 64 anni. La dose iniziale raccomandata
di dapoxetina è di 30 mg; va assunta una cpr al bisogno circa 1-3 ore prima dell’attività
sessuale, per non più di una volta nelle 24 ore.
Nel 2018 è stato inoltre introdotto in commercio un prodotto ad uso topico in forma di
spray a base di anestetici (lidocaina + prilocaina) con indicazione per il trattamento dell’EP
primaria in uomini adulti.
Vaccinazioni e reazioni
indesiderate ai vaccini
⊲ R. Antonicelli ⊲ T. Maio ⊲ F. Testa
Una delle evenienze che potreste trovarvi ad affrontare durante il turno di Continuità
Assistenziale è dovere offrire counselling vaccinale a chi sta per eseguire una vaccinazione o
visitare un soggetto con una sospetta reazione indesiderata ad un vaccino. In alcune realtà
italiane, inoltre, sono state avviate sperimentazioni che prevedono la partecipazione attiva
dei medici di Continuità Assistenziale nelle campagne vaccinali.
Ci appare pertanto utile riportare di seguito informazioni relative alle vaccinazioni
disponibili e alle principali reazioni ai vaccini.
HZ
Rotavirus Rot Rot Rot
185
186 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
(continuazione di pag. 185)
Legenda e note calendario Vaccinale
IPV = vaccino antipolio inattivato
Ep B = vaccino contro il virus dell’epatite B
Hib = Vaccino contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo b
DTPa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare
dTpa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare, formulazione per adulti
dTpa-IPV = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare e polio inattivato, formulazione per adulti
MPRV = Vaccino tetravalente per morbillo, parotite, rosolia e varicella
MPR = Vaccino trivalente per morbillo, parotite, rosolia
V = Vaccino contro la varicella
PCV = Vaccino pneumococcico coniugato
PPSV = Vaccino pneumococcico polisaccaridico
MenC = Vaccino contro il meningococco C coniugato
MenB = Vaccino contro il meningococco B
HPV = Vaccino contro i papillomavirus
Influenza = Vaccino contro l’influenza stagionale
Rotavirus = Vaccino contro i rotavirus
Ep A = vaccino contro il virus dell’epatite A
ESA = DTPa + IPV + Hib + EpB
Note:
*) Nei figli di madri HBsAg positive, somministrare entro le prime 12-24 ore di vita, contemporaneamente alle Ig
specifiche, la prima dose di vaccino. Il ciclo va completato con la 2a dose a distanza di 4 settimane dalla prima;
a partire dalla 3a dose, che deve essere effettuata dal 61° giorno, si segue il calendario con il vaccino combinato
esavalente.
*^) Pur lasciando ai decisori territoriali la valutazione finale della schedula migliore in funzione dell’offerta vac
cinale locale e delle sue tempistiche, si ritiene utile suggerire uno schema di inserimento della vaccinazione anti-
meningococcica B. La sequenza di vaccinazione raccomandata è la seguente (i giorni sono ovviamente indicativi e non
cogenti): • Esavalente + Pneumococco ad inizio 3° mese di vita (61° giorno di vita). • Meningococco B dopo 15
giorni (76° giorno). • Meningococco B dopo 1 mese (106° giorno). • Esavalente + Pneumo dopo 15 giorni, ad inizio
5° mese di vita (121° giorno). • Meningococco B dopo 1 mese, ad inizio 6° mese di vita (151° giorno). • Esavalente
+ Pneumococco a 11 mesi compiuti. • Meningococco B al 13° mese. • Meningococco C, sempre dopo il compimento
dell’anno di vita.
**) La terza dose va somministrata ad almeno 6 mesi di distanza dalla seconda.
***) La quarta dose, l’ultima della serie primaria, va somministrata nel 5°-6° anno di età. È possibile anche
utilizzare dai 4 anni la formulazione tipo adulto (dTpa) a condizione che i genitori siano adeguatamente informati
dell’importanza del richiamo all’adolescenza e che siano garantite elevate coperture vaccinali in età adolescenziale.
****) I successivi richiami vanno eseguiti ogni 10 anni.
*****) In riferimento ai focolai epidemici degli scorsi anni, si ritiene opportuno, oltre al recupero dei soggetti suscet
tibili in questa fascia di età (catch-up) anche una ricerca attiva dei soggetti non vaccinati (mop-up).
^) Soggetti anamnesticamente negativi per varicella. Somministrazione di due dosi di vaccino a distanza di ≥1
mese l’una dall’altra.
^^) Bambini che inizino la vaccinazione nel corso del secondo anno di vita devono eseguire due dosi; qualora
iniziassero nel corso del terzo anno è sufficiente una dose singola.
L’offerta di una dose di PCV contenente un numero di valenze maggiore è fortemente raccomandata a bambini mai
vaccinati o che abbiano in precedenza completato il ciclo di vaccinazione con PCV7. Nel caso si tratti di bambini in
condizioni di rischio sono raccomandate due dosi.
§) Dose singola. La vaccinazione contro il meningococco C viene eseguita per coorte al 13°-15° mese di vita. Per
la seconda coorte a 12-14 anni, si raccomanda che una dose di vaccino Men ACWY coniugato sia effettuata sia ai
soggetti mai vaccinati in precedenza, sia ai bambini già immunizzati nell’infanzia con Men C o Men ACWY. Nei soggetti
a rischio la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui
l’ultima, comunque, dopo il compimento dell’anno di vita.
°) Somministrare due dosi a 0 e 6 mesi (vaccino bivalente tra 9 e 14 anni; vaccino quadrivalente tra 9 e 13 anni);
tre dosi ai tempi 0, 1, 6 (bivalente) o 0, 2, 6 mesi (quadrivalente) nelle età successive.
°°) Vaccinare con il vaccino stagionale, i soggetti a rischio previsti dalla Circolare Ministeriale.
#) Somministrazione raccomandata a una coorte di soggetti di 65 anni di età.
##) Raccomandato in offerta universale, co-somministrabile con tutti gli altri vaccini previsti per i primi mesi di vita.
Vaccinazioni per soggetti ad aumentato rischio (per i dettagli si rimanda alle apposite sezioni del presente Piano)
(1) dTpa: numero di dosi a seconda che si tratti di ciclo di base o di booster; per le donne, al terzo trimestre di ogni
gravidanza (idealmente 28a settimana). (2) Epatite B: 3 Dosi, Pre Esposizione (0, 1, 6 mesi) 4 Dosi: Post Esposizione
(0, 2, 6 sett. + booster a 1 anno) o Pre Esposizione imminente (0, 1, 2, 12). (3) Hib: per soggetti a rischio di tutte le
età mai vaccinati in precedenza - numero di dosi come da scheda tecnica a seconda dell’età. (4) PCV: fino ai 5 anni,
poi PCV/PPSV. (5) MPR: 2 dosi ad almeno 4 settimane di distanza; a seconda dell’età e dello stato immunitario nei
confronti della varicella, è anche possibile la co-somministrazione del vaccino trivalente MPR con quello monovalente
contro la varicella o l’impiego del tetravalente MPRV. (6) Varicella: 2 dosi ad almeno 4 settimane di distanza; a
seconda dell’età e dello stato immunitario nei confronti di morbillo, parotite e rosolia, è anche possibile la cosommi
nistrazione del vaccino monovalente contro la varicella con quello trivalente MPR o l’impiego del tetravalente MPRV.
(7) Ai soggetti ad aumentato rischio offrire, menigococco ACYW e meningococco B - numero di dosi come da scheda
tecnica a seconda dell’età. (8) HPV: tutte le età come da scheda tecnica - numero di dosi come da scheda tecnica
a seconda dell’età. (9) Influenza: tutte le età come da scheda tecnica - numero di dosi come da scheda tecnica a
seconda dell’età. (10) Herpes zoster: a partire dai 50 anni di età. (11) EpA: numero di dosi come da scheda tecnica.
Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini 187
• Anti-tetanica: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbligatoria
per i nati dal 2001)
• Anti-epatite virale B: 3 dosi nel primo anno di vita (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-pertosse: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbligatoria
per i nati dal 2001)
• Anti-Haemophilus influenzae tipo b: 3 dosi nel primo anno di vita (obbligatoria per i nati
dal 2001)
• Anti-meningococcica B: 3 o 4 dosi nel primo anno di vita, a seconda del mese di som
ministrazione della prima dose (fortemente raccomandata per i nati a partire dal 2017)
• Anti-rotavirus: 2 o 3 dosi nel primo anno di vita, a seconda del tipo di vaccino (fortemente
raccomandata per i nati a partire dal 2017)
• Anti-pneumococcica: 3 dosi nel primo anno di vita (fortemente raccomandata per i nati
a partire dal 2012)
• Anti-meningococcica C: 1° dose nel secondo anno di vita (fortemente raccomandata
per i nati a partire dal 2012)
• Anti-varicella: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2017)
• Anti-morbillo: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2001)
• Anti-parotite: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2001)
• Anti-rosolia: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i nati
dal 2001)
Adolescenti
• Anti-difterica: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-poliomielite: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-tetanica: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-pertosse: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-HPV per le ragazze e i ragazzi (2 dosi nel corso del 12° anno di vita)
• Anti-meningococcica tetravalente ACWY135 (1 dose)
Adulti
• Anti-pneumococcica nei 65enni
• Anti-zoster nei 65enni
• Anti-influenzale per tutte le persone oltre i 64 anni.
Categorie a rischio
Il PNPV 2017-2019 prevede anche l’offerta a diverse categorie di persone sulla base
dell’esistenza di determinate condizioni di rischio.
188 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
2017 ➜
Anno
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
Vaccinazione
anti-poliomielitica X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-difterica X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-tetanica X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-epatite B X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-pertosse X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-Haemophilus
X X X X X X X X X X X X X X X X X
tipo b1
anti-morbillo X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-rosolia X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-parotite X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-varicella X
1
Il vaccino anti Hib singolo trova indicazioni, come da scheda tecnica, solo per i bambini; tuttavia, come per i soggetti ad alto
rischio, è possibile utilizzarlo in qualsiasi età.
Le reazioni ai vaccini
Le reazioni più frequenti, sono rappresentati da eritema, edema o dolore nel sito di
iniezione, febbre lieve. Sintomi meno comuni sono nausea, vomito, diarrea, cefalea.
Questi quadri si risolvono generalmente in pochi giorni, anche se, in qualche caso, la
tumefazione in corrispondenza del sito di iniezione può impiegare più di una settimana
per risolversi.
Più raramente possono manifestarsi febbre alta, convulsioni febbrili indotte da alcuni
vaccini, come quello per il morbillo, parotite e rosolia.
Per controllare la sintomatologia dolorosa consigliare la somministrazione di para
cetamolo secondo i dosaggi previsti per l’età ed il peso del soggetto (Vedi “Antipiretici”).
Può essere utile applicare del ghiaccio sul sito di inoculazione.
In caso di febbre, assicuratevi che il soggetto abbia un normale stato di idratazione,
nel caso di un bambino controllate che non sia eccessivamente coperto e somministrate
paracetamolo secondo la posologia prevista per l’età e il peso.
Per ulteriori approfondimenti suggeriamo di consultare il sito www.vaccinarsi.org.
Vi ricordiamo infine l’obbligo di segnalare le reazioni avverse ai vaccini agli uffici preposti
alla Farmacovigilanza della vostra Azienda Sanitaria di appartenenza.
La segnalazione può essere fatta compilando ed inviando via fax la apposita scheda di
segnalazione o più rapidamente anche dal vostro smartphone o tablet attraverso una appo
sita App, denominata ADR FIMMG AIFA disponibile gratuitamente sui siti www.fimmgca.org
e www.fimmg.org.
PRINCIPALI VACCINI, VIE DI SOMMINISTRAZIONE ED EVENTI INDESIDERATI CORRELATI (MODIFICATO DA WWW.VACCINARSI.ORG)
VACCINO VIA DI EVENTI INDESIDERATI
SOMMINISTRAZIONE
DTPa Intramuscolare L’evento più frequente (1/3 dei bambini) è la febbre. Le reazioni locali (presenti nel 20% dei casi) quali dolore, rossore ed edema nella sede di
(Difterite-Tetano- iniezione, compaiono entro 48 ore e si risolvono in un paio di giorni. La loro frequenza aumenta con il numero delle dosi somministrate e talora
Pertosse acellulare) il bambino può manifestare un esteso edema all’arto ove è stata eseguita l’iniezione. In rari casi (1-2/10.000) si possono avere manifestazioni
più importanti (quali convulsioni correlate a iperpiressia). Le reazioni allergiche di tipo anafilattico sono del tutto eccezionali (meno di 1 caso
ogni milione di vaccinati).
Vaccino esavalente Intramuscolare Lievi reazioni localizzate nel punto di iniezione quali rossore, gonfiore e tumefazione; è possibile la comparsa di febbre. La frequenza di tali
(Difterite-tetano- manifestazioni, che si presentano entro 24 ore dalla somministrazione e permangono per massimo 2 giorni, è di 1 bambino su 4. Molto più
pertosse acellulare, raramente possono verificarsi gravi reazioni allergiche.
Polio, Hib, Epatite B)
Vaccino anti Polio Intramuscolare Dolore o infiammazione nel sito di iniezione.
Vaccino anti Epatite Intramuscolare Dolore nella sede di iniezione, cefalea, inappetenza, debolezza.
A (HAV)
Vaccino anti Epatite Intramuscolare Febbre, dolore, rossore e gonfiore nella sede di iniezione.
B (HBV) Tali sintomi compaiono in genere entro 48 ore dalla vaccinazione e si protraggono in genere per non più di 48 ore.
In rari casi si possono avere convulsioni legate alla febbre alta.
Vaccino anti Intramuscolare Dolore, arrossamento, gonfiore e tumefazione nella sede di inoculazione in 1 bambino su 4; febbre oltre 39 in 1 bambino ogni 20.
Haemophilus
influenzae tipo B (Hib)
Vaccino anti Rotavirus Orale Irritabilità, perdita di appetito, lieve e transitorio rialzo febbrile, diarrea e/o vomito.
I vaccini attualmente in uso non hanno determinato un aumento del rischio d’invaginazione intestinale, a differenza dei vecchi vaccini.
Il rischio stimato è di circa 1 caso ogni 100.000 lattanti.
Vaccino anti Papilloma Intramuscolare Dolore, arrossamento, gonfiore e prurito nella sede di inoculazione sono in genere lievi/moderate e transitorie ma molto comuni
virus umano (HPV) (fino all’80% dei casi).
Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini
Altri eventi avversi sono la febbre, solo per il bivalente la cefalea, nausea, vomito, diarrea o dolore addominale, dolore muscolare o articolare.
Vaccino anti Varicella Intramuscolare Dolore o edema nel sito di iniezione in 1 bambino su 5 e fino a 1 su 3 adolescenti e adulti. Febbre in meno di un caso su 10. Eruzione cutanea
lieve fino ad un mese dopo la vaccinazione in 1 persona su 25. Molto rare sono manifestazioni più gravi quali convulsioni (spasmi o contratture)
189
causate da febbre, polmonite. Assolutamente rare gravi manifestazioni di interesse neurologico o diminuzione del numero di cellule del sangue.
Vaccino MPR (Morbillo- Sottocutanea Oltre alle comuni reazioni (gonfiore, arrossamento e dolore) nel punto dove è stata fatta la vaccinazione, si possono verificare: febbre, lieve
190
Parotite-Rosolia) esantema, gonfiore al viso e dietro il collo (da 6 a 14 giorni dopo la vaccinazione), convulsioni febbrili, artralgie, artrite, piastrinopenia
(1/30.000 entro 2 mesi).
La
Vaccino Intramuscolare Arrossamento o dolore nel punto di iniezione, malessere, nausea, cefalea, dolori muscolari che permangono per 1-2 giorni e sono meno frequenti
antimeningococcico rispetto a quelli determinati dal coniugato tetravalente.
L’esame
coniugato contro il Nel 2% dei casi si può avere lieve rialzo febbrile.
sierotipo C.
Vaccino Intramuscolare Arrossamento o dolore nel punto di iniezione, malessere, nausea, cefalea, dolori muscolari che permangono per 1-2 giorni e sono più frequenti
antimeningococcico rispetto a quelli determinati dal coniugato contro il sierotipo C.
clinica:obiettivo:
coniugato tetravalente Nel 2% dei casi si può avere lieve rialzo febbrile.
contro i sierotipi A, C,
W135,Y.
sintomi, approccio
Vaccino Intramuscolare Nei bambini indolenzimento ed eritema in sede di iniezione, febbre, irritabilità. Negli adolescenti e negli adulti le reazioni avverse più comuni
antimeningococcico a osservate sono state dolore in sede di iniezione, malessere, cefalea. Le gravi reazioni allergiche sono estremamente rare e si manifestano entro
4 componenti contro pochi minuti dalla somministrazione.
segni e gestione
meningococco di tipo B
al caso del
Vaccino anti influenzale Intramuscolare Arrossamento, gonfiore, indurimento nella sede dell’iniezione sono le reazioni locali più frequenti e si manifestano tra 6 e 24 ore dopo la
clinico
o intradermico vaccinazione, sintomi sistemici lievi simil-influenzali che si presentano per breve durata (massimo 2 giorni).
caso
Reazioni avverse gravi (comprendenti morte, pericolo della vita, disabilità permanenti, ospedalizzazioni o loro prolungamento, ricorso al pronto
soccorso) si manifestano con una frequenza di 2,6 × 10.000.
Vaccino Intramuscolare Nei Bambini sonnolenza dopo la vaccinazione, perdita temporanea dell’appetito, arrossamento e tumefazione nella sede della puntura; febbre
antipneumococcico moderata /alta, irritabilità e/o nervosismo.
Negli adulti, diminuzione dell’appetito, cefalea, diarrea, rash, brividi, fatica, febbre, reazioni nel sito d’iniezione, artralgia e mialgia.
Vaccino anti Herpes Sottocutanea Le reazioni più comuni prevedono eritema, gonfiore, prurito, dolorabilità, talvolta ecchimosi o indurimento nella sede di somministrazione, più
Zooster raramente cefalea e dolore alle estremità.
Esiste il rischio teorico di trasmettere il virus vaccinico attenuato ad un soggetto suscettibile.
DISCIPLINA DELLA
PRESCRIZIONE
E NOTE DI
MEDICINA LEGALE
Aspetti contrattuali
⊲ T. Maio ⊲ S. Scotti
L’attività del Medico di Continuità Assistenziale (MCA) è regolata dalle norme dell’Accordo
Collettivo Nazionale per la Medicina Generale che disciplina i rapporti tra i professionisti e
le Aziende Sanitarie, sia per i contenuti normativi che economici. Lo svolgimento dell’attività
di MCA non può dunque prescindere da un’approfondita conoscenza delle norme contrattuali
che descrivono i compiti, le conseguenti responsabilità, il modello organizzativo in cui si
svolge la professione. Altri importanti capitoli riguardano la sicurezza, le modalità di ac
cesso alla graduatoria della Medicina Generale, agli incarichi di sostituzione e l’inserimento
negli incarichi di titolarità. Di seguito riportiamo gli articoli 62, 67 e 69 del Capo III che
descrivono i compiti del MCA. Ciascuno dei tre articoli è preceduto da una breve introduzione
ed è integralmente riportato, affiancando a ciascun comma una nota esplicativa. L’ACN,
nella versione completa, è consultabile all’indirizzo www.fimmg.org. Concludono il capitolo
i contenuti dell’ACN 2018 di maggiore interesse per i Medici di Continuità Assistenziale.
Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina gene-
rale ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni
CAPO III - LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
ART. 62 - CRITERI GENERALI
In questo articolo vengono descritte le funzioni, gli ambiti di assistenza, le modalità
organizzative e la delimitazione temporale del Servizio di Continuità Assistenziale (SCA).
Le caratteristiche innovative delineate - quali ad esempio la sostituzione del termine
urgenza, presente nell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) precedente, con quello di pre
stazione non differibile, l’introduzione dell’associazionismo, l’integrazione con i medici di
famiglia - sanciscono l’inserimento della Continuità Assistenziale nel sistema delle Cure
Primarie sottraendolo agli equivoci degli ACN precedenti che ne mantenevano una ambigua
prossimità ai compiti dell’emergenza.
5. Nell’ambito degli accordi regionali, i medici incari • Il comma apre la possibilità di sperimentare nuovi
cati di espletare il servizio di Continuità Assistenziale modelli finalizzati alla facilitazione delle attività
in uno specifico ambito territoriale, possono essere istituzionali del servizio quali:
organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le - forme di associazionismo tra i medici di Con-
attività istituzionali e l’integrazione tra le diverse tinuità Assistenziale;
funzioni territoriali. - modelli organizzativi flessibili che prevedano
una copertura differenziata delle fasce tempo-
rali, dei carichi di lavoro legati a stagionalità o
epidemie, degli obiettivi di assistenza;
- attività, anche finalizzate ad obiettivi di assi-
stenza, coordinate da referenti di sede.
194 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
7. Nell’ambito degli Accordi regionali, per garantire la • I due sistemi – SCA e EST – vengono individuati
massima efficienza della rete territoriale e la integra come entità separate tra le quali realizzare
zione con quella ospedaliera, limitando le soluzioni percorsi di sinergia, atti a limitare soluzioni di
di continuità nei percorsi di assistenza al cittadino, continuità nell’assistenza erogata ai cittadini.
si possono prevedere meccanismi di operatività • Per le problematiche relative alle relazioni tra
sinergica tra il servizio di Continuità Assistenziale e i due sistemi e la loro evoluzione si rimanda
quello di emergenza sanitaria territoriale al fine di al capitolo “Il ruolo del medico di Continuità
arricchire il circuito professionale dell’emergenza e Assistenziale nella organizzazione del sistema di
della medicina di famiglia. Cure Territoriali”.
3. In relazione al quadro clinico prospettato dall’utente • Il comma interviene sul concetto di appropriatezza
o dalla centrale operativa, il medico effettua tutti gli degli interventi.
interventi ritenuti appropriati, riconosciuti tali sulla • Viene chiarita l’autonomia del medico nel processo
base di apposite linee guida nazionali o regionali. decisionale attraverso il quale egli individua gli
Secondo le indicazioni aziendali, in particolari situazioni interventi appropriati; viene sottolineata la necessità
di necessità e ove le condizioni strutturali lo consentano, che tale autonomia sia però supportato da apposite
il medico può eseguire prestazioni ambulatoriali definite linee guida nazionali o regionali.
nell’ambito degli Accordi regionali. • Queste determinazioni avrebbero dovuto determinare
un processo di evoluzione culturale con l’avvio di
progetti formativi specifici e percorsi di validazione
di linee guida a garanzia della scelta della tipologia
di intervento che invece sono stati avviati solo in
poche Aziende Sanitarie.
• Le attività ambulatoriali strutturate sono definite
sulla base di accordi regionali che devono prevederne
modalità organizzative (sedi, tempi di apertura,
numero di medici, sicurezza) e remunerazione.
4. Nell’ambito delle attività in équipe o in UTAP o in • La possibilità di definire in sede di AIR esperienze
altre forme organizzative delle cure primarie, con di triage nell’ambito delle aggregazioni tanto fun-
Accordi regionali, possono essere sperimentate forme di zionali che strutturali, amplifica le procedure di or-
triage per realizzare risposte di Continuità Assistenziale ganizzazione della risposta alle richieste dell’utenza
maggiormente appropriate. nell’ambito della realizzazione delle forme associative
funzionali e/o strutturate della M.G.
5. I turni notturni e diurni festivi sono di 12 ore, quelli • In alcune regioni italiane, quali ad esempio la Lombar-
prefestivi di 10 ore. dia, l’Accordo integrativo regionale ha fissato la durata
del turno diurno prefestivo a 12 ore, nell’ambito di
progettualità di integrazione con i medici di famiglia.
• In molte aziende i turni diurni vengono frazionati
in unità di 6 ore al fine di favorire la copertura del
Servizio in virtù di quanto enunciato al comma 6 (vedi
commento successivo).
6. A livello aziendale sono definite le modalità di eser • Sulla base di una apposita contrattualizzazione
cizio dell’attività, ai fini dell’eventuale organizzazione aziendale possono essere individuati soluzioni atte
dell’orario, anche ai fini del ristoro psico-fisico del a garantire il ristoro psicofisico dei medici quali
medico, particolarmente nei mesi estivi. frazionamento dei turni, pausa pranzo, erogazione di
buoni pasto, rotazione turni nei mesi estivi.
7. Le chiamate degli utenti devono essere registrate • Vengono dettagliatamente elencati i dati che il Me-
e rimanere agli atti. Le registrazioni devono avere dico deve raccogliere al momento del primo contatto
per oggetto: con l’assistito o suo incaricato.
a nome, cognome, età e indirizzo dell’assistito; • La mancata registrazione dei dati dei contatti con
b generalità del richiedente ed eventuale relazione gli utenti configura gli estremi dell’omissione di
con l’assistito (nel caso che sia persona diversa); atto d’ufficio.
c ora della chiamata ed eventuale sintomatologia • Si consiglia pertanto, qualora non fosse stato
sospettata; possibile raccogliere i dati richiesti, di esplicitare
d ora dell’intervento (o motivazione del mancato per iscritto, sul registro della sede, la causa della
intervento) e tipologia dell’intervento richiesto ed mancata rilevazione: ad esempio il paziente rifiuta
effettuato. di fornire i dati, interruzione improvvisa della
comunicazione, ecc.
8. Per le prestazioni effettuate, il sanitario in servizio, al • La compilazione dell’allegato M è un atto dovuto a
fine di assicurare la Continuità Assistenziale in capo al meno di diverse modalità informative individuate da
medico di libera scelta, è tenuto a compilare, in duplice accordi periferici specifici.
copia, il modulario informativo (Allegato M), di cui una • L’informatizzazione del SCA dovrebbe prevedere
copia è destinata al medico di fiducia (o alla struttura anche la possibilità per il medico di usufruire di
sanitaria, in caso di ricovero), da consegnare all’as smartphone, tablet o penne ottiche che consentano la
sistito, e l’altra viene acquisita agli atti del servizio. redazione e l’invio dell’Allegato M in formato digitale.
196 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
9. Il medico utilizza solo a favore degli utenti registrati, • Il comma definisce le responsabilità prescrittive
anche se privi di documento sanitario, un apposito del SCA.
ricettario, con la dicitura “Servizio Continuità Assi • L’istituzione del nuovo ricettario unico con la legge
stenziale”, fornitogli dalla Azienda per le proposte di 326 del 2003 ha determinato l’adeguamento della
ricovero, le certificazioni di malattia per il lavoratore modulistica precedentemente utilizzata per le pre-
per un massimo di 3 giorni, le prescrizioni farmaceu scrizioni farmaceutiche.
tiche per una terapia non differibile sulla base del • Per le certificazioni di malattia si rimanda al capitolo
ricettario di cui alla Legge 326/2003 e secondo le “Problemi medico legali”.
disposizioni vigenti in materia. • Interesse strategico per lo sviluppo del servizio è la
partecipazione a livello regionale ai processi legati
alla ricetta elettronica.
10. Il medico in servizio attivo deve essere presente fino • Viene sottolineata la responsabilità del medico nel
all’arrivo del medico che continua il servizio. Al medico garantire la continuità di erogazione del servizio.
che è costretto a restare oltre la fine del proprio turno, • L’abbandono della sede prima dell’arrivo del medico
anche per esigenze di servizio, spettano i normali che inizia il nuovo turno è passibile di contestazione
compensi rapportati alla durata del prolungamento del di interruzione di pubblico servizio.
servizio, che sono trattenuti in misura corrispondente
a carico del medico ritardatario.
11. Il medico di Continuità Assistenziale che ne ravvisi • La discrezionalità della scelta effettuata dal medico
la necessità deve direttamente allertare il servizio di nel definire la tipologia di intervento appropriata è
urgenza ed emergenza territoriale per l’intervento esercitata nei limiti della responsabilità di contri-
del caso. buire, attraverso il passaggio informativo all’ EST,
all’erogazione dei livelli essenziali e appropriati
di assistenza.
12. Il medico in servizio di Continuità Assistenziale può • Le prestazioni aggiuntive, eseguibili nell’ambito
eseguire, nell’espletamento dell’intervento richiesto, dell’intervento a giudizio del medico e senza autoriz-
anche le prestazioni aggiuntive di cui al Nomenclatore zazione dell’ASL sono:
Tariffario dell’Allegato D, finalizzate a garantire una Prima medicazione (*)
più immediata adeguatezza dell’assistenza e un mi Sutura di ferita superficiale
nore ricorso all’intervento specialistico e/o ospedaliero. Successive medicazioni
Rimozione di punti di sutura e medicazione
Cateterismo uretrale nell’uomo
Cateterismo uretrale nella donna
Tamponamento nasale anteriore
Fleboclisi (unica eseguibile in caso di urgenza)
Lavanda gastrica
Iniezione di gammaglobulina o vaccinazione an-
titetanica
Iniezione sottocutanea desensibilizzante (**)
Tampone faringeo, prelievo per esame batteriologico
(solo su pazienti non ambulabili)
(*) Per la prima medicazione va intesa quella eseguita
su ferita non precedentemente medicata. In caso di
sutura si aggiunge la relativa tariffa.
(**) Praticabile solo negli studi dotati di frigorifero.
13. Le prestazioni di cui al precedente comma 12 • Va ricordato che, sulla base di accordi specifici,
sono retribuite aggiuntivamente rispetto al compenso possono venire fissati i tetti massimi che la re-
orario spettante. munerazione di tali prestazioni non può superare
in termini di percentuale rispetto al compenso
mensile, in analogia a quanto accade con le ADP
la cui remunerazione non può superare il 20% dei
compensi mensili del professionista, salvo esplicite
diverse indicazioni nell’accordo regionale.
Aspetti contrattuali 197
14. Nell’ambito degli Accordi regionali e sulla base • Affida alla trattativa regionale la contrattualiz-
del disposto dell’art. 32, è organizzata la continuità zazione delle prestazioni erogate ai cittadini non
dell’assistenza ai cittadini non residenti nelle località residenti nelle località turistiche (ex art. 59 D.P.R.
a forte flusso turistico. 270/2000).
15. Nell’espletamento delle attività di cui al preceden • Si precisano le modalità prescrittive nei confronti
te comma, il medico è tenuto a utilizzare, il modello dei cittadini non residenti.
prescrizione-proposta del SSN secondo le disposizioni
vigenti, indicando la residenza dell’assistito.
16. Sono inoltre obblighi e compiti del medico: • Per le certificazioni si rimanda al paragrafo speci-
a) la redazione di certificazioni obbligatorie, quali: fico presente nel capitolo “Problemi medico legali”.
certificazione di malattia per i lavoratori turnisti, • Nei commi di cui alla lettera b1 e b2 viene ribadita
la certificazione per la riammissione al lavoro degli l’obbligatorietà di adesione alle forme associative
alimentaristi laddove prevista; complesse della medicina generale, AFT e UCCP,
b1) l’adesione alle aggregazioni funzionali e alle unità che sono realizzate secondo modalità definite in
complesse delle cure primarie di cui rispettivamente sede di trattativa regionale.
agli artt. 26 bis e 26 ter con particolare riferimento • Il comma ci introduce tra i compiti del MCA il
alla continuità dell’assistenza nelle strutture protette rispetto degli adempimenti legislativi relativi alla
e nei programmi di assistenza domiciliare; tessera sanitaria e alla ricetta elettronica.
b2) gli adempimenti di quanto previsto all’art. 59 ter; • Nel rispetto della logica della continuità di assi-
c) lo sviluppo e la diffusione della cultura sanitaria stenza, è rilevante compito del MCA la trasmissione
e della conoscenza del Servizio sanitario nazionale, informativa al medico di famiglia dei casi di
in relazione alle tematiche evidenziate all’art. 45 particolare complessità.
comma 4; • Mentre la constatazione di decesso è un compito
d) la segnalazione personale diretta al medico di del MCA, invece NON rientrano negli obblighi
assistenza primaria che ha in carico l’assistito dei certificativi della Continuità Assistenziale (Norma
casi di particolare complessità rilevati nel corso degli finale 8 dell’ACN):
interventi di competenza, oltre a quanto previsto 1. Certificato di morte (redatto dal medico
dall’art. 69; necroscopo)
e) la constatazione di decesso. 2. Denuncia di causa di morte (MODULO ISTAT)
che può essere,anch’esso, redatto dal medico
necroscopo
3. L’autorizzazione al trasporto della salma.
17. Il medico di Continuità Assistenziale partecipa al • Comma significativo che definisce:
le attività previste dagli Accordi regionali e aziendali. ––La partecipazione a pieno titolo alle attività previste
Per queste attività vengono previste quote variabili dagli accordi decentrati
aggiuntive di compenso, analogamente agli altri ––La remunerazione aggiuntiva determinata dalle
medici di medicina generale che ad esse partecipano. attività previste dagli accordi decentrati
Tali attività sono primariamente orientate, in coerenza ––L’orientamento generale dell’ACN verso la piena
con l’impianto generale del presente Accordo, a integrazione tra i professionisti della medicina
promuovere la piena integrazione tra i diversi profes generale
sionisti della Medicina generale, anche mediante la ––La possibilità di attività ambulatoriali.
regolamentazione di eventuali attività ambulatoriali.
18. Con gli accordi regionali e aziendali sono indi • All’elenco dei compiti sin qui definiti vanno aggiunti
viduati gli ulteriori compiti e le modalità di parteci i compiti eventualmente previsti dagli accordi
pazione del medico di Continuità Assistenziale alle aziendali e regionali.
attività previste nelle équipes territoriali, nelle Utap • Si affida agli accordi regionali il compito di de-
e nelle altre forme organizzative delle cure primarie. finire le modalità di partecipazione dei MCA alle
attività nelle forme associative complesse delle
cure primarie.
198 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
L’ACN 2018
Il 21 Giugno 2018 è entrato in vigore l’ACN 2018 che, in attesa della negoziazione dell’ACN
relativo a tutti gli aspetti economici e normativi del triennio 2016-2018 integra e sostituisce,
ove espressamente previsto, l’ACN 23 marzo 2005 e s.m.i.
Il valore di questo breve ACN sta nell’aver ratificato alcune importanti innovazioni ormai
indispensabili per stabilizzare il Servizio di Continuità Assistenziale: rendere più rapido
l’accesso agli incarichi, migliorarne la programmazione, semplificare ed informatizzare
l’ingresso in graduatoria, rendere certo il punteggio per le colleghe in gravidanza (Art. 16
comma 4), fatto questo di non secondaria importanza se si considera che il numero di donne
medico di CA è già superiore al 60% degli incaricati.
Infine vogliamo sottolineare il valore della Dichiarazione finale n.1 con la quale si dà ai
Comitati Aziendali, ove siedono i rappresentanti sindacali, il potere di controllare i requisiti
di sicurezza delle sedi di servizio e di intervenire sulle modalità di erogazione dell’attività
ambulatoriale, in modo da preservare i medici dalle aggressioni che si realizzano con mas
sima frequenza nelle sedi isolate e nelle ore notturne (dalla 1 alle 5).
Di seguito riportiamo le parti di interesse per i Medici di Continuità Assistenziale o
aspiranti agli incarichi di Continuità Assistenziale. Per ogni eventuale dubbio o chiarimento
Vi invitiamo a contattare i referenti regionali FIMMG CA di cui è presente l’elenco nella
premessa di questo testo.
precedente, oltre al punteggio per il titolo di cui al precedente comma 2, lettera c). La
domanda di inclusione deve essere presentata ogni anno. La stessa deve eventualmente
contenere le dichiarazioni concernenti i titoli che comportino modificazioni al precedente
punteggio a norma dell’articolo 16. La Regione può prevedere che nella medesima domanda
il medico esprima la propria disponibilità ad essere inserito nelle graduatorie aziendali di
cui al comma 6.
4. L’amministrazione regionale o l’Azienda Sanitaria individuata dalla Regione, sulla
base dei titoli e dei criteri di valutazione di cui all’articolo 16, predispone la graduatoria,
specificando, a fianco di ciascun nominativo, il punteggio conseguito ed evidenziando
l’eventuale possesso del titolo di formazione specifica in medicina generale.
5. La graduatoria provvisoria è resa pubblica entro il 30 settembre sul sito istituzionale
della Regione. Entro 15 (quindici) giorni dalla pubblicazione i medici interessati possono
presentare all’Assessorato regionale alla Sanità, o alla Azienda Sanitaria individuata dalla
Regione, istanza motivata di riesame della loro posizione in graduatoria. La graduatoria
definitiva è approvata dall’Assessorato regionale alla Sanità che provvede alla pubblicazione
sul Bollettino Ufficiale entro il 30 novembre di ciascun anno. La pubblicazione sul BUR e sul
sito istituzionale della Regione costituisce notificazione ufficiale. La graduatoria ha validità
dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno successivo.
6. Le Aziende, fatte salve diverse determinazioni in sede di AIR relativamente alla
tempistica, entro 15 (quindici) giorni dalla pubblicazione della graduatoria definitiva
di cui al comma precedente, pubblicano sul proprio sito istituzionale un avviso per la
predisposizione di graduatorie aziendali di medici disponibili all’eventuale conferimento
di incarico provvisorio, a tempo determinato o all’affidamento di sostituzione, secondo il
seguente ordine di priorità:
a) medici iscritti nella graduatoria regionale secondo l’ordine di punteggio;
b) medici che abbiano acquisito il titolo di formazione specifica in medicina generale
successivamente alla data di scadenza della presentazione della domanda di
inclusione in graduatoria regionale.
Ai sensi dell’articolo 19, comma 11, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, per il solo
affidamento di sostituzione:
c) medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale;
d) medici che abbiano acquisito l’abilitazione professionale successivamente alla data
del 31/12/1994;
e) medici iscritti ai corsi di specializzazione.
7. Le domande di partecipazione all’avviso di cui al comma 6, in bollo, devono essere
trasmesse entro 30 (trenta) giorni dalla pubblicazione sul sito dell’Azienda, fatto salvo il caso
di adozione della procedura di cui al comma 3, ultimo capoverso. I medici di cui al precedente
comma, lettere da b) a e) sono graduati nell’ordine della minore età al conseguimento del
diploma di laurea, del voto di laurea e della anzianità di laurea.
8. I medici già titolari di incarico a tempo indeterminato in un settore di cui all’articolo
13, comma 1 del presente Accordo possono partecipare per graduatoria regionale solo in
un settore diverso da quello in cui sono titolari.
9. Il medico che accetta l’incarico in un settore di cui all’articolo 13, comma 1 del pre
sente Accordo non può concorrere all’assegnazione di ulteriori incarichi dello stesso settore
in base alla medesima graduatoria regionale.
10. La Regione può provvedere alla attuazione di quanto disposto dal presente articolo
adottando differenti modalità di trasmissione delle domande tese comunque alla sempli
ficazione dell’iter amministrativo, alla riduzione degli adempimenti dei medici aspiranti
all’incarico ed alla limitazione degli oneri sostenuti.”
Aspetti contrattuali 201
12. Qualora non vengano assegnati, per carenza di domande, incarichi spettanti ad una
delle riserve di cui al comma precedente, gli stessi vengono assegnati all’altra.
13. Gli aspiranti all’assegnazione degli incarichi possono concorrere esclusivamente per
una delle riserve di cui al comma 11, fatto salvo il disposto di cui al precedente comma 12,
e dichiarano nella domanda la riserva per la quale intendono concorrere.
14. I quozienti frazionali derivanti dall’applicazione delle percentuali di riserva di cui al
comma 11 sono approssimati alla unità più vicina. In caso di quoziente frazionale pari per
entrambe le riserve, il relativo posto viene assegnato alla riserva più bassa.
15. Espletate le procedure di cui ai commi precedenti, qualora uno o più incarichi
rimangano vacanti, la Regione o il soggetto da questa individuato, predispone specifica
comunicazione inerente la disponibilità degli incarichi sul proprio sito istituzionale e chiede
pubblicazione del relativo link sul sito della SISAC al fine di favorire la partecipazione di tutti i
medici interessati. La Regione rende altresì evidente sul proprio sito la data di pubblicazione
da parte della SISAC da cui decorre il termine di 30 (trenta) giorni per la presentazione
delle domande, in bollo, da parte dei medici, purché non titolari di altro incarico a tempo
indeterminato ai sensi del presente Capo.
La Regione, o il soggetto da questa individuato, procede alla valutazione delle domande
pervenute secondo il seguente ordine di priorità:
a) medici inseriti nelle graduatorie di altre Regioni;
b) medici in possesso del titolo di formazione specifica in medicina generale.
I candidati di cui alla lettera a) sono graduati sulla base del punteggio già attribuito
nella vigente graduatoria di provenienza ed in caso di pari punteggio prevalgono, nell’ordine,
la minore età, il voto di laurea e l’anzianità di laurea. I candidati di cui alla lettera b) sono
graduati nell’ordine della minore età al conseguimento del diploma di laurea, del voto di
laurea e dell’anzianità di laurea, con priorità di interpello per i medici residenti nel territorio
aziendale, successivamente nella Regione e fuori Regione.
16. La Regione, o il soggetto individuato, indica nell’avviso di cui al comma 1 la data
e la sede di convocazione dei candidati ovvero provvede, secondo modalità dalla stessa
definite, alla convocazione dei medici con un preavviso di 15 (quindici) giorni. Gli stessi
termini e modalità si applicano alle procedure di cui al comma 15.
17. Al momento dell’interpello il medico deve, a pena di decadenza, dichiarare l’incarico
che accetta o rinunciare all’assegnazione.
18. La mancata presentazione costituisce rinuncia all’incarico. Il medico oggettivamente
impossibilitato a presentarsi può dichiarare, secondo modalità definite dalla Regione o in
assenza di tale definizione mediante telegramma, raccomandata A/R o PEC, la propria
disponibilità all’accettazione con l’indicazione dell’ordine di priorità tra gli incarichi per i
quali abbia presentato domanda; in tal caso gli sarà attribuito il primo incarico disponibile
tra quelli indicati.
19. Il medico che accetta per trasferimento decade dall’incarico di provenienza, fatto
salvo l’obbligo di garantire l’attività convenzionale nel periodo di preavviso di cui all’articolo
19, comma 1, lettera c). La rinuncia o decadenza dal nuovo incarico non consente il ripristino
dell’incarico di provenienza.
20. All’atto dell’assegnazione dell’incarico il medico deve rilasciare una dichiarazione
sostitutiva di atto notorio attestante la posizione giuridica. Eventuali situazioni di incom
patibilità di cui all’articolo 17 devono essere risolte all’atto dell’assegnazione dell’incarico
e comunque cessare prima del conferimento dello stesso.
21. La Regione, o il soggetto individuato, espletate le formalità per l’assegnazione degli
incarichi, invia gli atti alle Aziende interessate e, in caso di assegnazione per trasferimento
ad un medico proveniente da altra Regione, comunica alla Azienda di provenienza l’avvenuta
accettazione dell’incarico ai fini di quanto previsto al comma 19.
206 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
22. Qualora l’incarico venga assegnato ad un medico già titolare in altra Regione di
incarico di assistenza primaria, la Regione, o il soggetto individuato, comunica all’Azienda
di provenienza l’avvenuto conferimento dell’incarico, ai fini della verifica di eventuali
incompatibilità e dei conseguenti effetti.
23. L’Azienda conferisce definitivamente l’incarico a tempo indeterminato, con provvedi
mento del Direttore Generale che viene comunicato all’interessato mediante raccomandata
con avviso di ricevimento, con l’indicazione del termine di inizio dell’attività, da cui decorrono
gli effetti giuridici ed economici.
24. Per impreviste vacanze di incarichi o per sopravvenute esigenze straordinarie la Re
gione, o il soggetto da questa individuato, successivamente alla conclusione delle procedure
di cui ai commi 1 e 15, può procedere, in corso d’anno, alla pubblicazione di ulteriori avvisi
secondo i termini, i criteri e le modalità determinati nel presente articolo.”
NORME TRANSITORIE
Norma transitoria n. 1
I medici che abbiano acquisito il diploma di formazione specifica in medicina generale
successivamente al 31 gennaio 2018 possono presentare domanda per l’inserimento nella
graduatoria regionale entro il 15 settembre 2018. La domanda deve essere corredata
dall’autocertificazione del titolo nel frattempo acquisito e dei titoli accademici e di servizio
posseduti alla data del 31 dicembre 2017.
Norma transitoria n. 2
Fino all’entrata in vigore degli articoli 5, 6 e 7 del presente Accordo, alle procedure per
l’assegnazione degli incarichi vacanti, pubblicati sul Bollettino Ufficiale dalla Regione o
dal soggetto da questa individuato, è consentita la partecipazione anche ai medici che
abbiano acquisito il titolo di formazione specifica in medicina generale successivamente
alla data di scadenza della presentazione della domanda di inclusione in graduatoria re
gionale. Tali medici concorrono successivamente ai trasferimenti ed ai medici inclusi nella
graduatoria regionale valida per l’anno in corso e sono graduati nell’ordine della minore età
al conseguimento del diploma di laurea, del voto di laurea e anzianità di laurea, con priorità
di interpello per i residenti nell’ambito carente o territorio aziendale, rispettivamente per
gli incarichi di assistenza primaria, di continuità assistenziale e di emergenza sanitaria
territoriale e successivamente nella Regione e fuori Regione. Il possesso del diploma di cui
sopra deve essere autocertificato nella domanda di partecipazione all’assegnazione degli
incarichi vacanti.
DICHIARAZIONI CONGIUNTE
Dichiarazione congiunta n. 1
Le parti concordano che, al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza per i medici di
continuità assistenziale, l’attività ambulatoriale, sentito il Comitato aziendale, venga svolta
solo presso sedi idonee e che nell’ambito degli Accordi Integrativi Regionali, in coerenza con
la programmazione regionale, vengano definite le modalità organizzative per regolamentare
il libero accesso dei pazienti in orari diurni e serali prestabiliti e divulgati ai cittadini.
Dichiarazione congiunta n. 2
Le parti concordano sulla opportunità che le graduatorie regionali consentano di indi
viduare lo stato occupazionale dei medici presenti in graduatoria.
Dichiarazione congiunta n. 3
Le parti considerano auspicabile che, nell’ambito degli AAIIRR, si possa prevedere la
fornitura di fattori di produzione per lo svolgimento di attività di diagnostica di primo livello
da parte dei medici di assistenza primaria, anche attraverso società di servizio o cooperative.
La prescrizione
per principio attivo
⊲ S. Marras ⊲ M. Ferrara ⊲ F. Napoleone
L’applicazione delle norme legislative che hanno introdotto la prescrizione per principio
attivo coinvolge in modo significativo i Medici di Continuità Assistenziale i quali, operando
su pazienti di cui non è nota la storia anamnestica e in assenza di continuità informativa
con i medici di famiglia, si troveranno nella condizione di valutare in ogni intervento
l’applicazione del dettato legislativo oltre che di essere esposti al rischio di potenziale
conflittualità con utenti inconsapevoli dei nuovi obblighi imposti dalla legge. È utile sotto
lineare preliminarmente come il Legislatore sia stato particolarmente attento a subordinare
all’atto curativo da parte del Medico - e non al solo atto prescrittivo farmacologico- qualsiasi
ulteriore disposizione non necessariamente o immediatamente presente, ribadendo pertanto
l’interpretazione d’insieme ed olistica della cura. Nella prescrizione il medico terrà dunque
conto dell’anamnesi individuale farmacologica del soggetto, individuando le situazioni in
cui la buona pratica clinica, ispirata al criterio di prudenza, determina l’opportunità di non
ricorrere a farmaci mai utilizzati nel singolo paziente in presenza di farmaco già utilizzato,
risultato efficace e che non abbia prodotto effetti indesiderati. Da quanto premesso, appare
evidente che la raccolta dell’anamnesi farmacologica dei pazienti che afferiscono alle cure
del Servizio di Continuità Assistenziale, essendo, di norma, pazienti occasionali dei quali il
medico non conosce la storia clinica, rappresenta l’elemento più significativo nel determinare
la responsabilità medico legale in una eventuale valutazione ex post dell’applicazione della
legge. È pertanto fortemente consigliato ai Medici di Continuità Assistenziale, essendo le
prescrizioni soggette all’analisi a posteriori degli organismi aziendali preposti al controllo
amministrativo, lasciare una traccia scritta a tutela del proprio operato. Suggeriamo, in
particolare, di esporre per iscritto nell’allegato M e nel registro della sede di guardia l’anam
nesi farmacologica raccolta dal paziente al fine di documentare la conoscenza acquisita dei
precedenti utilizzi di farmaci quale elemento di indirizzo della nostra scelta prescrittiva, con
particolare riferimento all’efficacia e all’assenza di precedenti reazioni avverse.
Il Medico di Continuità Assistenziale potrà trovarsi incontro alle seguenti situazioni:
1. Paziente già in terapia
2. Inizio di terapia per patologia cronica
3. Nuovo episodio di patologia non cronica
Rossi Mario
Via Garibaldi 16 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 X 1 4 F 8 3 9 X
X RM1 0 1
Nome commerciale X X X
X X X
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 1.
Rossi Mario
Via Garibaldi 16 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 X 1 4 F 8 3 9 X
X RM1 0 1
Nome commerciale X X X
non sostituibile
X X X
(aderenza farmaco)
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 2.
Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X
X RM1 0 1
Principio attivo X X X
X X X
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 3.
Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X
X RM1 0 1
X X X
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 4.
la prescrizione del prodotto commerciale sia sempre vincolante per il farmacista, il medico
prescrittore deve apporre la clausola "non sostituibile" e motivarla sinteticamente, come
nell’esempio di figura 5.
Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X
X RM1 0 1
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 5.
Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X
X RM1 0 1
Principio attivo X X X
X X X
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 6.
Affinché la scelta del prodotto commerciale sia vincolante per il farmacista, il medico
prescrittore dovrà apporre la clausola di non sostituibilità e motivarla sinteticamente (es.
L.A.S.A. = Look-Alike/Sound-Alike – vedi figura 8). Come abbiamo visto, per apporre la
clausola di non sostituibilità nei casi 2 e 3 è necessaria una motivazione sintetica. Tale
motivazione può essere riferita a:
A. motivi clinici, compresi quelli collegati all’anamnesi farmacologica; in tal caso si
consiglia di indicare una breve descrizione, come, ad esempio, aderenza a terapia
prescritta, riferita pregressa intolleranza a farmaci, riferita pregressa intolleranza ad
eccipienti, riferita allergia al farmaco, rischio teratogeno in paziente in gravidanza
o in corso di ricerca di gravidanza;
B. "LASA" acronimo di "Look-Alike/Sound-Alike"; per LASA si intendono quei farmaci
che possono essere scambiati con altri per la somiglianza grafica della confezione
La prescrizione per principio attivo 211
Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X
X RM1 0 1
X X X
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 7.
Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA
XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X
X RM1 0 1
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1
Rossi Mario
Figura 8.
e/o fonetica del nome; questa circostanza può indurre facilmente ad errori in terapia
farmacologica e ciò si osserva soprattutto nei soggetti fragili; per studiare, prevenire,
fornire indicazioni agli operatori, ecc., il Ministero della Salute ha, infatti, attivato
il progetto “Farmaci LASA e Sicurezza dei pazienti”;
al link http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=2459&menu=
sicurezza possono trovarsi ulteriori informazioni.
Anche in questi casi è opportuno che tutte le motivazioni delle prescrizioni di farmaci
"brandizzati" siano riportate nel registro del presidio della guardia e nell’allegato M.
Ricordiamo, infine, che l’AIFA mette a disposizione sul proprio sito le liste di trasparenza,
mensilmente aggiornate, dei farmaci equivalenti e dei relativi farmaci originator. Tali liste so
no reperibili all’indirizzo: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/liste-di-trasparenza-
e-rimborsabilita; o consultabili da smartphone e tablet con la app gratuita: ADR FIMMG AIFA.
Problemi medico-legali
⊲ S. Ghiggi ⊲ P. Persico ⊲ C. Scola
Privacy
Diamo un occhio alle norme sulla privacy prima di addentrarci nei ruoli propri del servizio
di Continuità Assistenziale. Il D. Lgs. 30 giugno 2003 nº 196, anche denominato codice o
legge sulla privacy, è basato su una serie di concetti fondamentali che è necessario conoscere
bene per poter comprendere lo spirito della normativa.
Il Garante sulla Privacy ha reso nota la prescrizione più importante, quella riguardante
il trattamento dei dati personali e sensibili in ambito sanitario. Al cittadino che entra in
contatto con le strutture sanitarie pubbliche e private deve essere garantita la più assoluta
riservatezza nel più ampio rispetto dei suoi diritti fondamentali e della sua dignità. Con la
prescrizione vengono ribadite le misure minime di sicurezza che tutti i Titolari e gli Incaricati
del trattamento devono adottare.
Considerato che il medico di Continuità Assistenziale rientra tra il personale che effettua
il trattamento di dati personali per conto dell’Azienda, alla luce di quanto premesso, ed ai
sensi dell’art. 30, comma 1 e dell’art. 30 comma 2 del D.Lgs. 196/03, egli assume il ruolo di
Incaricato dei seguenti trattamenti: consultazione, raccolta, registrazione, comunicazione,
estrazione dei dati personali dell’assistito. Inoltre il medico di Continuità Assistenziale è
responsabile dei trattamenti succitati, solo nel suo orario di servizio. Alla luce del nuovo ACN,
possiamo identificare nell’attività del medico di Continuità Assistenziale, due fattispecie,
una più propriamente medico-gestionale ed una certificativa.
La prima la possiamo suddividere in tre grandi attività:
1. Il consulto telefonico
2. La visita domiciliare
3. La visita ambulatoriale.
La seconda, di cui parleremo più avanti, si suddivide essa stessa in due grandi attività:
1. La certificazione
2. La prescrizione.
Problemi medico-legali 213
Il consulto telefonico
La sua istituzionalizzazione come attività propria della Continuità Assistenziale, rap
presenta la vera novità della nuova convenzione. Tuttavia, come già detto, l’assenza di
linee guida Nazionali e Regionali che la strutturino con chiarezza, mette molto a rischio
il medico, pertanto non deve essere utilizzata come uno strumento riduttivo dell’attività
domiciliare. Si ricorda in tal senso l’Art. 328 C.P. (rifiuto di atti d’ufficio. Omissione) che
frequentemente viene chiamato in causa dal giudice in caso di danno per mancata visita
domiciliare: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente
rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine
pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione
da sei mesi a due anni.
La visita domiciliare
Rappresenta il momento vero di confronto tra il paziente e il medico di Continuità
Assistenziale, ed in esso possono rintracciarsi diverse fattispecie legali a cui prestare at
tenzione. Nel suo esercizio il medico di Continuità Assistenziale può incorrere in varie specie
di responsabilità, penale, civile e disciplinare, che conseguono a inosservanza degli obblighi
o violazione dei divieti imposti al medico dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano
l’esercizio della professione, errata applicazione delle regole diagnostico-terapeutiche da
cui derivi un danno al paziente (lesione personale o morte).
L’errore è la fattispecie più comune in cui può incorrere il medico. Esso si divide in:
ERRORE DIAGNOSTICO: si verifica quando, essendo una situazione clinica inequivocabil
mente chiara e manifesta in quanto a segni e sintomi, in relazione a patologie ed infermità
note, il caso non viene correttamente inquadrato (per diagnosi errata o non fatta) a causa
di negligenza, imprudenza o imperizia.
ERRORE TERAPEUTICO: si verifica quando, pur essendo stato individuato un indirizzo dia
gnostico esatto, si prescrive una terapia errata a causa di negligenza, imprudenza o imperizia.
ERRORE OPERATIVO: si verifica, per negligenza e/o imprudenza e/o imperizia, quando
nell’esecuzione di un procedimento diagnostico e/o terapeutico, si erra nella sua applica
zione provocando un danno, temporaneo o permanente al paziente, per comparsa di lesioni
o menomazioni.
ERRORE DI VALUTAZIONE: si verifica quando a causa di negligenza, imprudenza o
imperizia si commette un errore sui provvedimenti da intraprendere (ad es.: ci penso io o
chiamo l’ambulanza?).
ERRORE CERTIFICATIVO: si verifica quando a causa di negligenza, imprudenza o imperizia
vengono commessi errori, omissioni o peggio falsi nell’atto certificativo.
Anche l’omissione di soccorso e l’interruzione di pubblico servizio possono incorrere
nell’attività propria del medico di Continuità Assistenziale. Si ha il dovere di prestare il
soccorso possibile e necessario considerati i mezzi, il tempo ed il luogo per evitare o mini
mizzare il danno. Il medico può essere interessato tuttavia a due diversi tipi di obbligo: un
“obbligo di soccorso” che riguarda tutti i medici, tenuti a prestare la loro opera nei casi di
effettiva necessità, e un “obbligo contrattuale” derivante dai doveri d’ufficio del medico
pubblico o convenzionato.
Art. 593 C.P. Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli
anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente e
di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità, è
punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro. Alla stessa pena
soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona
ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato
214 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
avviso all’Autorità. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la
pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata. L’interruzione di pubblico
servizio può avvenire anche per mancata tempestiva comunicazione della propria assenza.
Art. 331 C.P. (interruzione d’un servizio pubblico o di pubblica necessità): “Chi, esercitando
imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il
lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è
punito con la reclusione da sei mesi a un anno e mezzo e con la multa…. Omissis.
La visita ambulatoriale
Segue gli stessi criteri della visita domiciliare. Attenzione particolare va prestata alla
eventuale violazione della privacy (in sede ci sono i registri) ed alla idoneità dei locali ad
ambulatorio.
Denuncia di reato
La denuncia è l’atto col quale il sanitario informa una pubblica autorità relativamente a
fatti o notizie appresi nell’esercizio della professione, di cui è obbligato per legge a riferire.
Le sue caratteristiche sono:
- l’obbligatorietà,
- l’iniziativa del denunciante,
- la professionalità,
- l’oggetto,
- la finalità,
- la destinazione,
- la sanzione.
Si distinguono tre tipi di denunce in base all’oggetto:
1. amministrative (nascita o morte),
2. sanitarie (malattie infettive contagiose, le malattie veneree, le vaccinazioni obbligatorie...),
3. penali (referto e rapporto).
Recenti sentenze della Corte Suprema di Cassazione hanno riconosciuto al Medico di
Continuità Assistenziale la qualifica ora di Pubblico Ufficiale, ora di Incaricato di un Pubblico
Servizio. La denuncia va consegnata senza ritardo all’Autorità Giudiziaria (Procuratore della
Repubblica presso la Pretura Circondariale o presso il Tribunale) anche attraverso gli Ufficiali
o Sottufficiali dei Carabinieri o della Polizia, in quanto Ufficiali di Polizia Giudiziaria. Non
dimenticate mai che essa è una descrizione, non un giudizio. Questo concetto deve essere
ben presente nella vostra mente, mentre la redigete con tutta la precisione e la prudenza di
cui siete capaci. Al Medico è richiesto di descrivere con ordine ed in termini chiari ciò che
ha toccato con mano, visto, udito in prima persona. Quindi nessun giudizio avventato, anzi,
nessun giudizio di alcun genere.
Art. 365 C.P. (omissione di referto): “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione
sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri
di un delitto per quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità
indicata nell’art. 361, è punito con la multa…. Questa disposizione non si applica quando
il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Art. 362 (omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio): “L’incaricato
di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo
precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, è
punito con la multa…./ Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile
a querela della persona offesa né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche
socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione
del programma definito da un servizio pubblico”.
Problemi medico-legali 215
Va ricordato che in seguito alla legge 23/03/2016 n.41 sono stati introdotti i reati di
omicidio stradale (art. 589-bis) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art.
590-bis), commessi in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Il nuovo articolo 590-bis si applica in tutti quei casi in cui la malattia derivante dal
sinistro stradale ha una durata superiore a 40 giorni, per cui la procedibilità è d’ufficio e la
competenza è rimessa al Tribunale in composizione monocratica; per le lesioni con prognosi
di guarigione entro 40 giorni, invece, rimane la procedibilità a querela e la competenza del
Giudice di Pace.
Pertanto, il Medico che riscontri un caso di lesioni colpose gravi o gravissime (cioè con
prognosi superiore a 40 giorni) secondarie a incidenti stradali ha l’obbligo di redigere il
referto oppure la denuncia, nel caso rivesta la qualifica di Pubblico Ufficiale o Incaricato
di Pubblico Servizio.
Ai fini pratici e dal punto di vista formale non vi sono sostanziali differenze tra il re
ferto e la denuncia, in quanto anch’essa deve essere trasmessa senza ritardo e contenere
l’esposizione degli elementi essenziali del fatto, il giorno dell’acquisizione della notizia, le
generalità della persona offesa ed eventuali ulteriori circostanze utili alla ricostruzione del
fatto. Il referto o la denuncia possono essere inoltrati ad un ufficiale di Polizia Giudiziaria
(Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Polizia Penitenziaria) o diretta
mente presso la Procura della Repubblica.
Prescrizione
La prescrizione dei farmaci costituisce un atto medico caratterizzato non solo da aspetti
clinici ma anche amministrativi ed etici. La crescente attenzione che le Aziende Sanitarie
rivolgono alla prescrizione, al fine di renderla appropriata, rende l’aspetto amministrativo
particolarmente importante unitamente alla efficacia/efficienza dei trattamenti. Occorre
definire cos’è e cosa si intende per ricetta medica e quale è la sua natura e valenza giuridica,
quali sono le indicazioni prescrittive che ha la C.A. sia relative alla tipologia di farmaci da
prescrivere e sia alla durata della terapia.
Nella compilazione della ricetta è buona norma seguire alcune indicazioni generali.
Per ricetta s’intende l’autorizzazione, data in forma scritta al farmacista, perché questi
possa consegnare uno o più medicinali al paziente che ne necessita. La “spedizione” di una
ricetta quindi non è un precetto (ordine) ma un’autorizzazione alla quale il farmacista dà effetto
giuridico, dopo averne accertata la conformità di legge. Esistono varie tipologie di ricette.
Nuovo ricettario SSN
Il Decreto 18.5.2004 (GU n 251 del 25.10.2004 – S.O. n. 159) sostituito dal decreto
17/03/2008 (GU SO 11-4-08) ha definito le caratteristiche della nuova ricetta SSN ovvero del
“modello di ricetta medica a lettura ottica destinato ad essere utilizzato per le prescrizioni di
prestazioni sanitarie con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, del Ministero della
Salute e delle istituzioni estere in base alle norme comunitarie o accordi internazionali, presso
strutture a gestione diretta o accreditate”. I nuovi ricettari sono utilizzabili oltre che per tutti
coloro che sono iscritti al SSN anche per le prescrizioni ai cittadini italiani o stranieri, residenti
o in temporaneo soggiorno in Italia, il cui onere è a carico di istituzioni estere in base alle
norme comunitarie o altri accordi bilaterali di sicurezza sociale. II nuovo modello di ricetta
è unico per tutte le regioni. L’assegnazione del ricettario al medico prescrittore rileva tutte
le caratteristiche di appartenenza dell’Azienda sanitaria di erogazione della prescrizione. È
pertanto necessaria una attribuzione univoca del ricettario ad un unico prescrittore che ne
è completamente responsabile.
Il medico di Continuità Assistenziale deve utilizzare un apposito ricettario con la dicitura
“Servizio di Continuità Assistenziale” (art.67 comma 9 ACN 25/03/2005). Dal momento che i
216 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
dati di prescrizione verranno inviati direttamente dalle farmacie che dispensano i medicinali
e dalle strutture di erogazione delle prestazioni sanitarie (per il tramite della regione) al
Ministero dell’Economia e delle Finanze è importante la massima cura nella conservazione
e nell’uso del ricettario allo scopo di evitare lacerazioni, abrasioni e macchie che possano
risultare di pregiudizio alle operazioni di lettura ottica.
Si raccomanda di utilizzare per i timbri inchiostri neri e non oleosi e per la compilazione
manuale penne a sfera ad inchiostro nero. Si raccomanda inoltre, qualora non ci si avvalga di
stampanti ed apparecchiature informatiche, la massima chiarezza nella trascrizione manuale
di caratteri numerici o alfabetici. Nel caso in cui ci si avvalga di stampanti è necessario
controllare l’intensità dell’inchiostro per permetterne la rilevazione da parte dei lettori ottici.
Deve essere posta la massima cura nella compilazione manuale di caratteri numerici o
alfabetici, all’interno delle opportune caselle; pertanto occorre:
- scrivere con la massima chiarezza e semplicità evitando ornati e grafismi;
- riportare un solo carattere per casella; non uscire dai bordi colorati delle caselle;
- non legare i caratteri tra loro;
- evitare cancellature o correzioni dei caratteri già scritti;
- evitare puntini, lineette, virgole o barrature tra i caratteri;
- non barrare o annullare le caselle inutilizzate tranne i campi previsti: ricetta non esente
o casella note CUF/AIFA che vanno barrati in tutti i casi in cui non sono utilizzate;
- la biffatura (barratura) va effettuata apponendo un segno evidente (come una X) all’in
terno del cerchio contenuto nella casella o annerendo il cerchio.
L’indicazione in chiaro del cognome e del nome dell’assistito, ovvero delle iniziali,
nonché del domicilio dello stesso nei casi previsti dalla legge, costituisce un adempimento
necessario per la validità dell’atto prescrittivo anche in presenza dell’indicazione del
codice fiscale. Il codice dell’assistito deve essere sempre indicato dal medico prescrittore
nelle caselle contigue predisposte per la lettura ottica destinate alla indicazione del codice
fiscale dell’assistito SSN e del personale navigante iscritto al SASN o, nel caso degli stranieri
temporaneamente presenti sul territorio, in attesa della piena operatività delle procedure
informatizzate di stampa del codice a barre relativo al codice fiscale dell’assistito da parte
dei medici prescrittori, prevista dall’articolo 3 del decreto, è infatti consentito ai predetti
medici di riportare in “chiaro” il codice fiscale dell’assistito. In caso di mancata indicazione
del codice nell’area a ciò destinata l’erogazione della prestazione non può avvenire a carico
del SSN e quindi il costo della prestazione dovrà essere pagato per intero.
Solo nel caso di soggetto assicurato da istituzioni estere l’elemento non deve essere
compilato e i dati assicurativi dell’assistito dovranno essere riportati sul verso della
ricetta. Area Esenzione: il prescrittore deve barrare la casella contrassegnata dalla lettera
“N” in caso di assenza di esenzione per patologia, mentre nel caso in cui l’assistito abbia
diritto all’esenzione il medico riporterà il codice corrispondente alla tipologia di esenzione
riconosciuta; la compilazione dell’area esenzione per reddito deve essere effettuata da
parte del soggetto erogatore, mediante la marcatura della casella contrassegnata dalla
lettera “R. Di fondamentale importanza è, da parte del prescrittore, compilare i campi
“SIGLA PROVINCIA” e “CODICE ASL” (se individuabile) nel caso in cui la prescrizione venga
rilasciata a cittadini non residenti nella Azienda sanitaria di erogazione della prestazione
per permettere l’assegnazione del rimborso della prescrizione stessa. Area timbro e firma
del medico: area a riempimento obbligatorio riservata alla apposizione del timbro e della
firma autografa del medico.
La compilazione del campo “NUMERO CONFEZIONI/ PRESTAZIONI” è obbligatoria; si sotto
linea a tal proposito che è richiesta la compilazione con allineamento a sinistra: (es. |2|_|_|)
Il campo “TIPO RICETTA” non va compilato per assistititi SSN residenti. Va compilato
nel caso di:
- assistiti SASN italiani (codice NA per visita ambulatoriale, ND per visita domiciliare);
Problemi medico-legali 217
- assistiti SASN stranieri (codice NE per soggetti assistiti da istituzioni estere europee,
NX per soggetti assistiti da istituzioni estere extra europee);
- soggetti assicurati da istituzioni estere (codice UE istituzioni europee, EE istituzioni extra
europee).(in questo caso oltre a compilare il retro della ricetta con tutti i dati inclusi il
numero di tessera europea, dobbiamo compilarne una seconda in cui riporteremo il tipo
di prestazione erogata, tale ricetta verrà consegnata all’ASL che provvederà al rimborso
della prestazione
La data di prescrizione deve essere sempre indicata trascrivendo nella apposita area i
due caratteri numerici identificativi di giorno, mese e anno.
La ricetta contenente prescrizioni farmaceutiche ha validità di 30 giorni dalla data di
prescrizione, escluso il giorno stesso dell’emissione.
I medici di Continuità Assistenziale utilizzano i ricettari forniti secondo le modalità
stabilite da ogni azienda.
Il farmaco va scritto in maniera chiara specificando il tipo di confezione (compresse
fiale, ecc.) ed il dosaggio desiderato; esempio:
R/Unasyn 1 gr + 500 mg due scatole
R/Claritromicina 500 cp una scatola
In una singola ricetta al medico di Continuità Assistenziale è consentita la prescrizione
di due confezioni e non dello stesso farmaco, fanno eccezione quei farmaci, vedi Antibiotici
Iniettivi, per cui possiamo prescriverne fino a sei confezioni; comunque alla Continuità
Assistenziale competono solo prescrizioni farmaceutiche per una terapia non differibile fino
a 72 ore ponendo, al momento della prescrizione, timbro e firma.
- la Tabella II che comprende i principi attivi delle sostanze medicinali quali la cannabis
indica e i prodotti da essa ottenuti; le preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente
lettera, in conformità alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di cui alla lettera e);
- la Tabella III che comprende, i barbiturici che hanno notevole capacità di indurre
dipendenza fisica o psichica o entrambe, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo
ad essi assimilabili. Sono pertanto esclusi i barbiturici a lunga durata e di accertato effetto
antiepilettico e i barbiturici a breve durata di impiego quali anestetici generali, sempre che
tutte le dette sostanze non comportino i pericoli di dipendenza innanzi indicati; le preparazioni
contenenti le sostanze di cui alla presente lettera, in conformità alle modalità indicate nella
tabella dei medicinali di cui alla lettera E);
- la Tabella IV comprende, le sostanze per le quali sono stati accertati concreti pericoli
di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti
dalle sostanze elencate nelle tabelle I e III; le preparazioni contenenti le sostanze di cui
alla presente lettera, in conformità alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di
cui alla lettera E).
Il decreto 20 Marzo 2014 introduce la tabella delle specialità medicinali classificandole
in Sezioni A-B-C-D-E.
Sezione A: i medicinali contenenti le sostanze analgesiche oppiacee naturali, di
semisintesi e di sintesi; i medicinali di cui all’allegato III -bis al presente testo unico;
i medicinali contenenti sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati
accertati concreti pericoli di induzione di grave dipendenza fisica o psichica; i medicinali
contenenti barbiturici che hanno notevole capacità di indurre dipendenza fisica o psichica
o entrambe, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo ad essi assimilabili. Essi
sono soggetti a prescrizione Medica Speciale, ricetta Ministeriale a ricalco (RMS), tranne
che per i farmaci inseriti nella tabella III bis, che usufruiscono delle modalità prescrittive
semplificate nella Terapia del Dolore.
Sezione B: i medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le
quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di
intensità e gravità minori di quelli prodotti dai medicinali elencati nella sezione A; i medici
nali contenenti barbiturici ad azione antiepilettica e quelli contenenti barbiturici con breve
durata d’azione;i medicinali contenenti le benzodiazepine, i derivati pirazolopirimidinici ed
i loro analoghi ad azione ansiolitica o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di
abuso e generare farmacodipendenza;
- Medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta (Ricetta NON
ripetibile).
Sezione C: i medicinali contenenti le sostanze elencate nella tabella dei medicinali,
sezione B, da sole o in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico, per
i quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica;
- Medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta (Ricetta NON
ripetibile).
Sezione D: i medicinali contenenti le sostanze elencate nella tabella dei medicinali,
sezioni A o B, da sole o in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico
quando per la loro composizione qualitativa e quantitativa e per le modalità del loro uso,
presentano rischi di abuso o farmacodipendenza di grado inferiore a quello dei medicinali
compresi nella tabella dei medicinali, sezioni A e C, e pertanto non sono assoggettate alla
disciplina delle sostanze che entrano a far parte della loro composizione; i medicinali ad
uso parenterale a base di benzodiazepine; i medicinali per uso diverso da quello iniettabile,
i quali, in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico non stupefacenti
contengono alcaloidi totali dell’oppio con equivalente ponderale in morfina non superiore
allo 0,05 per cento in peso espresso come base anidra; i suddetti medicinali devono essere
tali da impedire praticamente il recupero dello stupefacente con facili ed estemporanei
Problemi medico-legali 219
COGNOME E NOME
INDIRIZZO DELL’ASSISTITO
CODICE FISCALE
XXXXXX
PRESCRIZIONI NOTA
AIFA
FIRMA E
NUMERO TIMBRO DEL MEDICO
CONFEZIONI DATA
Il medico può prescrivere, con ogni ricetta, una terapia per un periodo non superiore a
trenta giorni. Ricordate che al Medico di Continuità Assistenziale competono solo prescrizioni
farmaceutiche per una terapia non differibile fino a 72 ore.
La posologia indicata deve comportare che l’assunzione dei medicinali prescritti sia
completata entro trenta giorni. Fatti salvi i casi in cui è necessario adeguare la terapia, la
prescrizione non può essere ripetuta prima del completamento della terapia indicata con la
precedente prescrizione. (Con riferimento a tale previsione, appare opportuno sottolineare
che ogni responsabilità in merito alla eventuale “ripetizione” della prescrizione rimane
esclusivamente in carico al medico prescrittore. Pertanto il farmacista potrà spedire le ricette
che gli vengono presentate purché formalmente corrette, senza essere tenuto ad effettuare
comparazioni tra diverse prescrizioni).
Per le prescrizioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, il medico rilascia all’assistito
la ricetta in originale e la copia del SSN (che il farmacista invia alla AUSL di competenza
per il rimborso) da consegnare in farmacia e la copia assistito/prescrittore che l’assistito
conserva come giustificativo del possesso dei medicinali. In caso di auto prescrizione per uso
“professionale urgente”, il medico conserva la copia assistito/prescrittore come giustificativo
del possesso dello stupefacente che dovrà essere caricato su di un registro entrata e uscita.
Non esiste un modello ufficiale di registro; il registro deve essere conservato per due anni
a far data dall’ultima registrazione. La ricetta risulterà firmata dal medico, in originale su
tutte le copie. Anche il timbro deve comparire su tutte le copie.
Ai fini del calcolo del termine di validità delle ricette, non deve essere considerato il
giorno di redazione delle ricette stesse.
Nella ricetta devono essere indicati:
- cognome e nome dell’assistito;
- la dose prescritta, la posologia ed il modo di somministrazione;
- l’indirizzo e il numero telefonico professionali del medico chirurgo da cui la ricetta è
rilasciata;
- la data e la firma per esteso di nome e cognome del medico chirurgo da cui la ricetta è
rilasciata;
- il timbro personale del medico chirurgo da cui la ricetta è rilasciata.
Pertanto, rispetto alla precedente normativa, scompare l’obbligo di indicare la residenza
dell’ammalato e scompare l’obbligo di indicare a tutte lettere la dose prescritta, e la poso
logia. Il timbro personale del medico, che non era previsto dal testo dell’articolo 43 del DPR
309/90, viene ora esplicitamente richiesto.
Con nota prot. N. 800 UCS/Ag1/L2884 del Ministero della Sanità è stato chiarito che il
medico può utilizzare abbreviazioni del tipo i.m. (intramuscolo), mg. (milligrammi), cpr.
(compresse) in quanto abbreviazioni non equivocabili e universalmente riconosciute.
La prescrizione farmaceutica in caso di urgenza terapeutica o di necessità e di dimissione
ospedaliera in orari coperti dalla continuità assistenziale è compilata anche dai medici
dipendenti e dagli specialisti convenzionati interni, secondo le disposizioni di cui all’ art.15-
decis del decreto legislativo n.502/92 e successive modificazioni (DPR 28/7/2000, N. 270,
art.36 comma 7). Nel caso sopra descritto, nello spazio della ricetta destinato all’indicazione
dell’indirizzo professionale del medico, deve essere riportata la denominazione e l’indirizzo
della struttura sanitaria convenzionata con il SSN dove svolge attività il medico prescrittore.
Le ultime disposizioni di legge prevedono infine, per i pazienti che necessitano che il medico
debba poter praticare la terapia del dolore anche a domicilio, per cui in questo caso il medico
di Continuità Assistenziale è tenuto a trasportare il farmaco che si è autoprescritto mettendo
sulle ricette al posto del nome la dicitura AUTOPRESCRIZIONE ed omettendo la posologia.
La ricetta ha validità limitata a 30 giorni escluso quello del rilascio se vengono prescritte
specialità o medicinali galenici preconfezionati uso umano. Con il prolungamento del periodo
di validità delle prescrizioni non ripetibili fino a 30 giorni è stato uniformato il periodo di
validità della ricetta al periodo di validità ai fini del rimborso SSN. Con la pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2016 rientrano in tale tipologia (ricetta medica non
ripetibile) anche le prescrizioni di pillole anticoncezionali quando la terapia si protragga
per oltre due mesi. La modifica del regime di prescrizione interessa le forme anticoncezio
nali nella forma farmaceutica orale appartenente alle classi ATC G03AA (progestinici ed
estrogeni, combinazioni fisse), G03AB (progestinici ed estrogeni, preparazioni sequenziali)
G03AC (progestinici).
Il Medico deve indicare sulla ricetta il codice fiscale anche nel caso di prescrizioni su
ricette a pagamento di medicinali Tabella II sezione B e C degli stupefacenti. Il farmacista
annoterà quindi il codice fiscale nel registro di carico e scarico degli stupefacenti. In merito
alla possibilità di utilizzare le sole iniziali del nome e cognome, va detto che le sole con
dizioni attualmente previste dalla legge per la salvaguardia dell’anonimato riguardano la
prescrizione di specialità medicinali per indicazioni o vie di somministrazione o modalità di
somministrazione diverse da quelle autorizzate e le prescrizioni di preparazioni magistrali
di cui alla Legge n. 94 del 1998.
Un’interpretazione più estensiva alla luce della legge sulla privacy porta alla conclusione
che le iniziali del nome e cognome del paziente possano essere indicate sulle ricette non
ripetibili ogni qualvolta si manifestino ragionevoli motivi di riservatezza. Va inoltre aggiunto
che esistono attualmente delle previsioni di garanzia dell’anonimato per quanto riguarda
le rilevazioni epidemiologiche e statistiche dell’infezione HIV (DM 13.10.1995) e nel caso di
terapia volontaria e anonimato da parte di chi faccia uso di sostanze stupefacenti (art. 120
DPR 9.10.1990, n. 309). In nessun caso però si fa menzione di anonimato nelle prescrizioni
mediche di farmaci antiretrovirali o stupefacenti). Va indicato inoltre il dosaggio (ne esiste
più di uno), forma farmaceutica (cpr, cps, fiale, ecc.), numero di unità posologiche per
confezioni, numero di confezioni totali, la data e firma. Il medico di Continuità Assistenziale
deve essere identificabile mediante chiara indicazione delle sue generalità (stampigliatura
a stampa, timbro o scrittura chiara).
Ricetta limitativa
I medicinali soggetti a ricetta medica limitativa sono quelli la cui prescrizione o la
cui utilizzazione è limitata a taluni medici o a taluni ambienti. Sono medicinali erogabili
al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti (art. 93 D.Lgs 219/2006).
Sebbene utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, richiedono che la diagnosi sia effettuata
in ambienti ospedalieri o in centri che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, oppure
che la diagnosi stessa ed eventualmente il controllo in corso di trattamento, siano riservati
allo specialista. Questi medicinali devono recare sull’imballaggio esterno o, in mancanza
di questo, sul confezionamento primario, dopo le frasi «Da vendersi dietro presentazione di
ricetta medica», o «Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola
volta», la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione.
In particolare, l’art. 70 del collegato alla Finanziaria 1999 ha previsto che l’AIFA, quando
sottopone a particolari condizioni o limitazioni l’erogazione di un medicinale a carico del SSN,
può prevedere, anche nel caso di prodotti soggetti a “ricetta limitativa”, che la diagnosi
Problemi medico-legali 223
La Ricetta elettronica
Il decreto legge del 18 ottobre 2012 n° 179 “Ulteriori Misure Urgenti per la crescita del
Paese” all’art.13 stabiliva che al fine di migliorare i servizi ai cittadini e rafforzare gli interventi
in tema di monitoraggio della spesa del settore sanitario, accelerando la sostituzione delle
prescrizioni mediche di farmaceutica e specialistica a carico del SSN in formato cartaceo
con le prescrizioni in formato elettronico, generate secondo le modalità di cui al decreto del
Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 2 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 264 del 12 dicembre 2012, concernente la dematerializzazione della ricetta car
tacea di cui all’articolo 11, comma 16, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le regioni e le province autonome, entro
6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge, dovevano provvedere alla graduale
sostituzione delle ricette cartacee con quelle elettroniche. Ad oggi tutte le regioni, con per
centuali variabili da regione a regione, inviano in modalità dematerializzata le ricette relative
alle prescrizioni farmaceutiche, di esami di laboratorio e specialistiche, restando invece su
ricetta SSN le ricette per prescrizioni di farmaci DPC ed i ricoveri. Con la pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2015 entra in vigore il DPCM del 14 novembre 2015 che
rende spendibile la ricetta dematerializzata in tutte le farmacie d’Italia. Al paziente che richiede
prescrizioni di farmaci viene stampato dal medico di AP un promemoria a titolo di ricevuta.
Certificazioni di malattia
Il certificato medico è una attestazione scritta richiesta dal paziente di fatti e com
portamenti, tecnicamente apprezzabili e valutabili dal medico nell’esercizio della sua
attività, destinato a provarne la verità, riproduzione integrale, fedele, obiettiva, di fatti
biologici direttamente constatati dal certificante (Medico Curante) la cui dimostrazione può
produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge ovvero determinare
particolari conseguenze a carico dell’individuo o della società, aventi rilevanza giuridica
e/o amministrativa. Le certificazioni da parte del medico di Continuità Assistenziale sono
regolamentate dall’art 67 commi 9 e 16 lettera a):
“Il medico utilizza solo a favore degli utenti registrati, anche se privi di documento sa-
nitario, un apposito ricettario, con la dicitura “Servizio Continuità Assistenziale”, fornitogli
dalla Azienda per le proposte di ricovero, le certificazioni di malattia per il lavoratore per
un massimo di 3 giorni, le prescrizioni farmaceutiche per una terapia non differibile sulla
base del ricettario di cui alla Legge 326/2003 e secondo le disposizioni vigenti in materia.
224 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
Per i medici pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblico servizio la compilazione
ed il rilascio di un certificato costituiscono non solo un dovere deontologico, ma in alcuni
casi anche un obbligo di legge, configurandosi nel rifiuto alla certificazione l’omissione
di atti d’ufficio. Ogni medico di Continuità Assistenziale tuttavia deve rifiutare di redi
gere i certificati su diagnosi e prognosi attestate da altri (medici ospedalieri, specialisti
ambulatoriali, specialisti privati) oppure certificazioni non corrispondenti al vero e le
certificazioni non espressamente previste dal Capo III° dell’ACN.
Problemi medico-legali 225
infortunio sul lavoro o di malattia professionale deve essere trasmesso esclusivamente per via
telematica all’Istituto assicuratore, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria com-
petente al rilascio, contestualmente alla sua compilazione. La trasmissione per via telematica
del certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, di cui ai commi ottavo e nono,
è effettuata utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Istituto assicuratore. I dati
delle certificazioni sono resi disponibili telematicamente dall’istituto assicuratore ai soggetti
obbligati a effettuare la denuncia in modalità telematica, nel rispetto delle disposizioni di cui
al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni”.
A tale riguardo, il Ministero della salute con circolare n. 7348 del 17 marzo 2016, ai fini
dell’individuazione dei soggetti tenuti all’obbligo dell’invio telematico dei certificati medici ha
chiarito il concetto di prima assistenza. Il riferimento a qualunque medico è necessariamente
da circoscrivere alla sola previsione di richiesta di intervento professionale che rientri in una
prestazione inquadrabile come “prima assistenza” intesa quale prestazione professionale
qualificata rientrante nell’ambito di procedure organizzative strutturate per fornire assistenza
medica, anche solamente di base”. Pertanto il Medico di Continuità Assistenziale ha l’obbligo
di munirsi delle credenziali per l’invio telematico di tali certificazioni (Allegati A e B).
La circolare ministeriale interviene anche in merito al termine dell’invio della certificazione
medica, stabilendo che l’obbligo si considera correttamente assolto ogni qualvolta la compi
lazione del certificato e il relativo invio siano avvenuti entro le ore 24 del giorno successivo
all’intervento di prima assistenza nei termini su specificati.
Allegato A
ABILITAZIONE AI SERVIZI TELEMATICI PER MEDICI ESTERNI/PRESIDI OSPEDALIERI
Istruzioni per l’utilizzo del modulo
Il modulo deve essere utilizzato per la richiesta delle credenziali necessarie all’accesso al servizio di rilascio
della certificazione medica di Infortunio e Malattia Professionale.
La domanda di abilitazione potrà essere presentata alternativamente:
- Presso le sedi territoriali Inail allegando al modulo di richiesta compilato e firmato copia fronteretro del
documento d’identità in corso di validità.
- in via telematica, con le seguenti modalità:
- Utente in possesso di Carta Nazionale dei Servizi (CNS), credenziali Inps o credenziali dispo
sitive Inail: dovrà utilizzare, per l’invio della richiesta, il servizio InailRisponde disponibile
nella sezione Contatti (o Supporto) del portale www.inail.it, utilizzando la categorizzazio
ne “Prestazioni a tutela del Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed
autenticazione”.
- Utente in possesso di credenziali generiche (Cittadino generico o medico competente): dovrà
utilizzare, per l’invio della richiesta, l’apposito servizio online “Richiedi credenziali dispositive”
presente sul portale istituzionale www.inail.it, utilizzando la categorizzazione “Prestazioni a tutela del
Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed autenticazione”.
- Utente sprovvisto di credenziali: dovrà, prioritariamente, registrarsi come “Utente generico/Cittadino”
ed utilizzare, per l’invio della richiesta, l’apposito servizio online “Richiedi credenziali dispositive”
presente sul portale istituzionale www.inail.it, utilizzando la categorizzazione “Prestazioni a tutela del
Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed autenticazione”.
L’Istituto, ricevuta la richiesta telematica, provvederà al rilascio delle credenziali. In caso di mancata
corrispondenza tra i dati anagrafici indicati nella domanda e quelli contenuti nel documento d’identità,
l’utente riceverà una mail/PEC informativa con indicati i motivi di rifiuto della richiesta di attribuzione
del proprio profilo. In caso di urgenza si consiglia di richiedere l’abilitazione alla sede Inail territoriale
più vicina. La domanda di abilitazione deve essere firmata e ad essa va allegata copia fronteretro del
documento d’identità in corso di validità.
Regole di riservatezza della password
È necessario adottare un comportamento di riservatezza per le credenziali di accesso al portale INAIL.
Non è consentito:
• Comunicare le credenziali di autenticazione (codice identificativo e password) o condividerle con altre
persone;
• Consentire a terzi l’accesso al servizio con le proprie credenziali utente;
• Accedere al servizio utilizzando le credenziali di un altro utente.
Problemi medico-legali 227
Allegato B
Pec__________________________________
Email_________________________________
Il sottoscritto_____________________________Nato a _____________Prov.____
Il________________Residente in______________________________Prov.____
Via/Piazza_______________________________________N._____Cap________
Codice fiscale________________________Tel.___________Cell.*____________
Pec*_________________________________Email_______________________
CHIEDE
DICHIARA
Di essere iscritto all’albo dei medici chirurghi della provincia di____________al n.___
Il sottoscritto si impegna a comunicare tempestivamente alla competente sede INAIL il
venir meno anche di una sola delle condizioni cui è subordinata l’attribuzione del codice.
Allega alla presente domanda copia del documento di riconoscimento, in corso di validità.
data______________ Firma____________________________
*Campo obbligatorio
Tutela dei dati - Il richiedente dichiara di essere stato informato sulle modalità e finalità del trattamento dei dati ai
sensi dell’art. 13 del d.lgs. 196/2003. Ulteriori info: www.inail.it > privacy
Modulo aggiornato al 22/03/2016
228 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
La constatazione di decesso
Il medico di Continuità Assistenziale constata (diagnostica) l’avvenuto decesso indicando
le generalità del defunto, la data e l’ora della constatazione (es: si constata l’avvenuto
decesso del sig/ra …identificato mediante (documento) il giorno … alle ore… timbro e
firma del medico)
NON rientrano negli obblighi certificativi della Continuità Assistenziale:
1. Certificato di morte (redatto dal medico necroscopo)
2. Denuncia di causa di morte (MODULO ISTAT)
3. L’autorizzazione al trasporto della salma.
Nella tabella dei medicinali sono indicati i medicinali a base di sostanze attive stupe
facenti e psicotrope di corrente impiego terapeutico ad uso umano o veterinario ed il regime
di dispensazione ad uso di medici, farmacisti e operatori del settore farmaceutico. In modo
sintetico le tabelle comprendono:
Tabella I
• Oppio e derivati oppiacei (morfina, eroina, metadone, ecc.)
• Foglie di Coca e derivati
• Amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs)
• Allucinogeni (dietilammide dell’acido lisergico - LSD, mescalina, psilocibina,
fenciclidina, ketamina, ecc.)
Tabella II
• Cannabis indica
Tabella III
• Barbiturici
Tabella IV
• Benzodiazepine
Tabella dei medicinali
Nella Tabella dei medicinali sono inserite le sostanze attive che hanno attività farmaco
logica e pertanto sono usate in terapia e le relative preparazioni farmaceutiche.
La tabella originale è suddivisa in cinque sezioni indicate con le lettere A, B, C, D ed
E dove sono distribuiti i medicinali in relazione al decrescere del loro potenziale di abuso,
nelle tabelle originali è anche indicato il regime di dispensazione.
• Medicinali a base di morfina e sostanze analgesiche oppiacee
• Medicinali di origine vegetale a base di Cannabis
• Barbiturici
• Benzodiazepine (diazepam, flunitrazepam, lorazepam, ecc.)
Le tabelle sono aggiornate generalmente con Decreto ministeriale (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) ogniqualvolta se ne presenti la necessità,
cioè, ad esempio, quando:
• vengono modificate le liste delle sostanze classificate a livello internazionale come
stupefacenti o psicotrope
• una sostanza diventa oggetto di abuso
• qualche nuova droga viene immessa nel mercato clandestino
• quando viene registrato un nuovo medicinale ad azione stupefacente o psicotropa.
L’elenco di medicinali con forte attività analgesica che godono di particolari facilitazioni
prescrittive per il trattamento dei pazienti affetti da dolore severo costituisce l’Allegato III
bis al Testo unico degli stupefacenti:
• Buprenorfina • Metadone
• Codeina • Morfina
• Diidrocodeina • Ossicodone
• Fentanyl • Ossimorfone
• Idrocodone • Tapentadolo
• Idromorfone
230 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale
TABELLA A TABELLA E
ALFENTANILE CLORIDRATO ALPRAZOLAM
BUPRENORFINA CLORIDRATO AMITRIPTILINA CLORIDRATO/CLORDIAZEPOSSIDO
BUPRENORFINA CLORIDRATO/NALOXONE CLORIDRATO
CLORIDRATO DIIDRATO BROMAZEPAM
FENTANIL CITRATO BROMAZEPAM/PROPANTELINA BROMURO
FLUNITRAZEPAM BROTIZOLAM
KETAMINA CLORIDRATO BUXAMINA/
DIAZEPAM
METADONE CLORIDRATO
BUXAMINA/FENOBARBITAL/FENITOINA
METILFENIDATO CLORIDRATO
CLIDINIO BROMURO/CLORDIAZEPOSSIDO
MORFINA CLORIDRATO
CLOBAZAM
MORFINA CLORIDRATO/ CLONAZEPAM
ATROPINA SOLFATO
CLORAZEPATO DIPOTASSICO
NANDROLONE DECANOATO
CLORDIAZEPOSSIDO CLORIDRATO
PETIDINA CLORIDRATO
CLOTIAZEPAM
REMIFENTANIL CLORIDRATO CODEINA BROMIDRATO/EDERAGENINA
SUFENTANIL CITRATO DELORAZEPAM
DIAZEPAM
TABELLA B
DIAZEPAM/
DELTA-9-TETRAIDRO-CANNABINOLO/ ISOPROPAMIDE IODURO
CANNABIDIOLO DIIDROCODEINA RODANATO
SODIO OXIBATO DIIDROCODEINA/
ACIDO BENZOICO
TABELLA C ESTAZOLAM
ETIZOLAM
FENOBARBITAL
FENITOINA/METILFENOBARBITAL
FENOBARBITAL SODICO
FENITOINA/METILFENOBARBITAL/FENOBARBITAL
PENTAZOCINA LATTATO
FLURAZEPAM MONOCLORIDRATO
TABELLA D KETAZOLAM
LORAZEPAM
BUPRENORFINA LORMETAZEPAM
CODEINA BROMIDRATO/EDERAGENINA MIDAZOLAM CLORIDRATO
DELORAZEPAM NITRAZEPAM
DIAZEPAM NORDAZEPAM
FENTANIL OCTATROPINA METILBROMURO/DIAZEPAM
FENTANIL CITRATO OTILONIO BROMURO/DIAZEPAM
IDROMORFONE CLORIDRATO OXAZEPAM
LORAZEPAM PARACETAMOLO/CODEINA FOSFATO
MIDAZOLAM CLORIDRATO PINAZEPAM
MORFINA SOLFATO PRAZEPAM
OXICODONE CLORIDRATO PROPIFENAZONE/BUTALBITAL/
OXICODONE CLORIDRATO/NALOXONE CLORIDRATO CAFFEINA
DIIDRATO TRIAZOLAM
OXICODONE CLORIDRATO/PARACETAMOLO TRIMEBUTINA/MEDAZEPAM
PARACETAMOLO/CODEINA FOSFATO ZALEPLON
PENTETRAZOLO/DIIDROCODEINA RODANATO ZOLPIDEM TARTRATO
TAPENTADOLO CLORIDRATO ZOPICLONE
COMUNICAZIONE
E COUNSELING
La comunicazione
tra medico e paziente
⊲ F. Napoleone ⊲ S. Marras
I primi 30 secondi
Il setting della Continuità Assistenziale è particolarmente delicato. Innanzitutto non si
conosce il grado di sensibilità emotiva e il vissuto sociale del paziente, in secondo luogo il
contesto può variare da caso a caso, perché il contatto può essere telefonico, con o senza
il tramite di una centrale operativa, può avvenire al domicilio del paziente o direttamente
in ambulatorio.
I primi trenta secondi della relazione col medico sono condizionati da quanto percepito
dai sensi del paziente. Molti pensano: “Chi sta realmente male non dovrebbe lasciarsi
condizionare dall’aspetto, ma badare alla sostanza!”. Benché tale affermazione per certi
versi appaia comprensibile, nei fatti non lo è!
Sotto il profilo biologico infatti tutti gli animali (uomo compreso) immessi in un nuovo
contesto hanno pochi secondi per comprendere se ciò che hanno davanti rappresenta o meno
una minaccia per la propria vita e, per farlo, ricorrono ai propri sensi, allontanandosi così
da tutto ciò che appare pericoloso o percepito come “non buono” (reazione di attacco-fuga).
Quindi anche l’uomo, attraverso i propri sensi cerca tutte le informazioni non rassicuranti.
Il Medico di Guardia Medica non può scegliere il proprio setting (ambulatorio o ambiente
di lavoro). Per migliorare la comunicazione bisogna necessariamente lavorare al meglio
sugli altri elementi modificabili in modo che il proprio aspetto sia congruo con il ruolo che
si riveste: se il contesto lo permette un bel sorriso non guasta, ma non un sorriso accennato
con le labbra, un sorriso vero con tutti i muscoli del volto, viceversa in un clima di sofferenza
La comunicazione tra medico e paziente 233
come durante una constatazione di decesso è meglio conformare il proprio volto a quello
dei nostri interlocutori.
Il nostro sguardo deve poi mirare agli occhi del paziente con modo non inquisitorio ma
benevolo, la voce deve avere un tono calmo e non esitante; i toni alti vanno usati preferibil
mente nelle domande, mentre quelli bassi nelle prescrizioni/raccomandazioni/indicazioni.
Questi piccoli accorgimenti possono migliorare sensibilmente le reazioni del paziente nei
nostri confronti, stimolando la fiducia nel nostro operato e favorendo la sua compliance
alle nostre indicazioni.
Anche l’abbigliamento è importante: è la prima cosa che un individuo vede del proprio
interlocutore. I messaggi che l’abbigliamento invia riguardo a sesso, status sociale, ecc.
mettono colui che si relaziona con gli altri in condizione di adattare il proprio comportamento
alle circostanze molto prima, ad esempio di quanto lo permettano l’analisi dell’espressione
del viso o del modo di parlare.
La comunicazione del medico nei confronti del paziente affinché possa essere efficace
in termini di assertività - lo vedremo nei paragrafi successivi - deve essere coerente in
tutti i suoi aspetti, verbale e non verbale; tutto deve essere allineato e comunicare lo stesso
messaggio. Importante infine è la gestione degli spazi, cioè una adeguata gestione della
distanza tra il paziente ed il professionista (prossemica), di cui si parlerà più avanti, e delle
eventuali barriere (monitor del pc, ecc.) che vi si frappongono.
L’ascolto
Durante la visita medica l’ascolto è fondamentale: una buona capacità d’ascolto è il
miglior investimento che possiamo fare per stabilire una buona relazione. Dobbiamo però
opportunamente distinguere tra l’ascolto tecnico finalizzato alla diagnosi che ovviamente fa
già parte della nostra attività quotidiana e l’ascolto attivo finalizzato alla comunicazione.Il
saper ascoltare si traduce nel prestare attenzione non solo al contenuto razionale ma anche
a quello emotivo della comunicazione. Tale attività è caratterizzata dai seguenti elementi:
–– dare feedback al paziente attraverso la richiesta di chiarimenti, la mimica e la postura;
–– osservare una descrizione non valutativa del comportamento evitando stereotipi, pre
giudizi, attenendosi ai fatti senza interpretarli e giudicarli;
–– osservare il linguaggio del corpo del paziente contestualizzandolo rispetto al riferito;
–– notare il tipo di canale sensoriale utilizzato nelle descrizioni (visivo, cinestetico o uditivo)
in modo da poterlo usare nella fase di rispecchiamento di cui si parlerà dopo;
–– è importante infine che il contatto visivo, sia condiviso e non invasivo; esso infatti è un
elemento comunicativo molto intimo tra due persone.
La comunicazione verbale
Rappresenta l’insieme di parole e scelte lessicali che l’uomo utilizza per comunicare,
può essere parlato o scritto ed è la parte che solitamente si tende a controllare nel contesto
comunicativo attraverso la scelta della terminologia che si ritiene essere più appropriata
in uno specifico contesto.
Spesso è ricco di termini tecnici non comprensibili a tutti, altre volte ascoltiamo i pazienti
utilizzare gli stessi tecnicismi in modo però errato. Più spesso osserviamo come attraverso
la nominalizzazione di un sintomo e la sua generalizzazione lo stesso sintomo assume la
connotazione di malattia (ad es. un episodio di vomito privo di resti alimentari diventa per il
paziente vomito biliare o una singola scarica diarroica viene riferita come dissenteria, ecc.).
Va rilevato che il linguaggio verbale, come dimostrato dagli studi condotti già negli anni
’70 da Albert Mehrabian, nella sua componente semantica rappresenta soltanto il 7% del
processo di comunicazione.
234 L’esame obiettivo:
Comunicazione e counseling
approccio al caso clinico
La comunicazione assertiva
L’assertività (dal latino “ad serere” che significa “asserire” o anche affermare sé stessi)
è una modalità di comunicazione che permette di conseguire in maniera efficace risultati
positivi, suscitando nell’interlocutore simpatia, autorevolezza e leadership. Ciò che soprat
tutto caratterizza il comportamento assertivo è la capacità di affermare i propri punti di
vista, senza prevaricare né essere prevaricati, con estrema chiarezza e nel rispetto degli altri.
La premessa fondamentale per sviluppare leadership nelle relazioni interpersonali è la
capacità di essere chiari nell’esporre i concetti e i contenuti di ciò che si desidera comunicare.
La mancanza di chiarezza e di obiettivi precisi nei confronti del proprio interlocutore pone
lo stesso nella condizione di attribuire un significato arbitrario alla comunicazione, che agli
236 L’esame obiettivo:
Comunicazione e counseling
approccio al caso clinico
occhi del paziente appare come una sorta di autorizzazione ad agire d’impulso o secondo
le proprie convinzioni o percezioni del momento, decidendo per esempio se, quando e come
assumere un farmaco. L’assertività, inoltre, permette di impostare relazioni equilibrate ed
efficaci creando uno spirito positivo e costruttivo con l’interlocutore: in altre parole, cementa
il rapporto fiduciario con il paziente e promuove l’alleanza terapeutica. Quindi possiamo
affermare che le premesse fondamentali ad una comunicazione assertiva sono:
–– simpatia, autorevolezza e leadership
–– chiarezza del messaggio
–– capacità di impostare relazioni sincere ed equilibrate
–– capacità di gestire la conflittualità
–– promozione dell’alleanza terapeutica.
Strategia di comunicazione
Spesso nel corso della nostra attività ci capita di dover dire “NO” per diverse ragioni,
in primis ci viene richiesta una prestazione che non è possibile erogare spesso perché
contraria alla normativa vigente. Nascono talora momenti in cui gli animi si surriscaldano
e si favoriscono malintesi e contenziosi. Talvolta anche quando dobbiamo persuadere un
paziente ad effettuare dei controlli specialistici, oppure a seguire in modo attento la tera
pia prescritta si sviluppano contrasti e tensioni. In questo ultimo paragrafo esamineremo
alcuni tecniche che possono aiutarci nei contesti appena descritti, si tratta di accorgimenti
molto utili che, se correttamente applicati, possono ridurre (si spera!) l’escalation durante
un’animata discussione.
1. Il NO empatico: Dire NO in modo empatico significa comprendere le difficoltà del
nostro interlocutore senza cedere alla sua richiesta. Anche qui è utile che nel dire
“no” tutti i sistemi di comunicazione disponibili debbano essere coerenti: il corpo
sarà partecipativo (es. si scuote la testa lateralmente, con mimetica dispiaciuta)
e il tono della voce dispiaciuto, ma fermo e deciso. Dobbiamo utilizzare la stessa
modalità con cui ad es. decliniamo l’invito a cena di un amico dicendo “Ti ringrazio
dell’invito, mi fa molto piacere averlo ricevuto ma non posso venire perché ho già
altri impegni”.
2. Il NO ragionato: Si nega qualcosa indicando in modo chiaro le ragioni del rifiuto. Se
le ragioni non sono una scusa il messaggio è onesto anche se non empatico. Es. “Ti
ringrazio dell’invito, ma ho del lavoro urgente da sbrigare…”.
3. Il disco rotto. È una forma di difesa efficace quando l’interlocutore pretende di far
cambiare opinione al soggetto a tutti i costi tentando di manipolarlo. Consiste nel
reiterare più volte il proprio punto di vista, senza cambiare né le parole, né tanto meno
la qualità dell’eloquio, così come fa un vero e proprio disco rotto, es. - Dottore posso
evitare di prendere la compressa qualche volta? - Il medico potrebbe rispondere: -
Mi dispiace, capisco il suo bisogno di prendersi una pausa dalla terapia, ma deve
assumere il farmaco in modo corretto e quindi sempre – quest’ultima affermazione
può essere ripetuta più volte nella stessa modalità ad ogni tentativo manipolativo
del paziente.
4. L’asserzione negativa. In presenza di un atteggiamento manipolativo ammettiamo
il nostro errore quando c’è, senza provare ansia. Ciò oltre a essere prova di onestà
intellettuale non sminuisce la nostra immagine personale, anzi l’aumenta, ci evita
di rispondere in modo aggressivo o passivo e tende a ridurre o estinguere l’animosità
nei nostri confronti. All’asserzione negativa potrà seguire l’inchiesta negativa.
5. L’inchiesta negativa. Consiste nel fare delle domande finalizzate a chiarire il conte
nuto di una critica che viene fatta dall’interlocutore epurando dal significato emotivo
la critica ed eventualmente rinnovando il diniego alla richiesta.
APPROFONDIMENTI
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Indice analitico
240 Indice analitico
O Parestesie, 52, 89
Parotite, 89, 128, 186, 188
Obblighi dei medici, 82, 220 Parto precipitoso, 84
Occhio rosso, 117-120 Paziente anziano, 9-11, 94, 143
- dolente, 73, 79, 117-120, 133 Pediculosi, 53, 57
- non dolente, 117, 119 Penicilline, 16, 20, 87, 122, 125, 130
Occlusione, 9, 38, 43, 62, 63, 70, 71, Pentazocina, 230
74, 75 Perdita di reattività pupillare, 116
Occlusione intestinale, 9, 38, 43, 62, Perdita ematiche al di fuori della
63, 70, 71, 74, 75 gravidanza, 77
Octatropina metilbromuro/Diazepam, Perdite ematiche vaginali, 77, 86
62, 230 Perforazione di un viscere addominale,
Ofloxacina, 117, 118 72
Omeprazolo, 3, 30, 69, 70, 177 Perforazione uterina, 77
Omicidio stradale, 215 Pericardite, 28, 30, 44
Omissione, 138, 195, 213, 214, 224 Peritonite, 62, 71, 72
Oppioidi, 25, 41, 45, 63 Pertosse, 144, 145
Orticaria, 20, 34, 48, 50, 54, 57 Petidina, 230
Orzaiolo, 116 Piano terapeutico, 133, 147, 150, 151,
Ossicodone, 25, 229 179, 223
Ossido di zinco, 54 PID, 78, 79
Ossigenoterapia, 29, 32, 40, 84, 153 Pielonefrite acuta, 93
Ossimorfone, 229 Pillola dei 5 giorni dopo, 80, 81
Otalgia, 121, 122, 126 Pillola del giorno dopo, 80, 81
Otilonio bromuro, 62, 230 Piridostigmina, 166
Otilonio bromuro/diazepam, 62, 230 Pirosi, 69
Otorragia, 123, 126 Piroxicam, 177
Pitiriasi rosea di Gibert, 50, 57
Otorrea, 121-123
Pleurite, 145
Overdose di oppiacei, 99
Pneumotorace, 153, 161, 162
Oxibuprocaina cloridrato, 117, 164
Polidocanolo, 53
Poligelina, 68
P Polimixina b/neomicina/lidocaina, 122
Polmonite, 9, 10, 16, 67, 88, 141-143,
P.L.S., 155 145, 153, 189
Palpitazioni, 29, 34-37, 60, 136 Precordialgia, 28
Pancreatite acuta, 73, 74, 132 Prednisolone, 126, 146, 147, 150,
Pancreatite cronica, 73 151, 175
Pantoprazolo, 30, 69, 70 Prednisone, 18, 19, 48
Paracetamolo, 11, 14, 15, 24, 25, 41, Prescrizione, 3, 9-11, 14, 30, 51, 69,
42, 60, 85, 87, 94, 102, 108, 110, 80, 83, 110, 179, 191, 192, 196,
121, 129, 132, 143, 166, 177, 178, 207-209, 211, 212, 215-223, 228,
188, 230 233
Paracetamolo/codeina, 94, 110, 219, 230 Presenza delle ‘’6 P’’, 131
Paracetamolo/tramadolo, 14, 25, 110 Priapismo, 180
Paralisi del nervo faciale, 126 Privacy, 212, 214, 222, 227
Indice analitico 247
- meningea, 99, 103, 105-107 Tachipnea, 28, 34, 108, 130, 142,
- vertiginosa, 26, 127, 128 144, 153, 162
Sintomatologia algica, 97, 107, 143 Tadalafil, 183
Sinusite, 124, 125 Tamponamento cardiaco, 28, 31
Sistema di cure territoriali, 192, 194 Tamsulosina, 90, 181
Smartphone, 188, 195, 211 TAO, 176-178
Soccorso al traumatizzato, 156, 161 Tappo di cerume, 125, 126
Soffocamento, 159, 167 Tentativo di suicidio, 138
Solfuro di Selenio, 50 Terapia inalatoria con SABA, 149
Sonnolenza, 54, 101, 147, 151, 190 Terapia non differibile, 196, 217, 220,
Sostanze, 21, 33, 65, 82, 123, 163, 223
164, 168, 172, 180, 181, 217-219,
Terapia reidratante, 60, 66
221, 222, 228, 229
Terlipressina, 68
- psicotrope, 221, 228, 229
Test di Romberg, 96
- stupefacenti, 217-219, 221, 222,
228, 229 Testo unico sugli stupefacenti, 228
Spalla dolorosa, 111 Tetracaina/Escina, 76
Spasmolitico, 75 TIA, 98, 104, 105
Spirale, 4, 62, 81 Timololo, 119
Spironolattone, 39, 42 Timpanismo, 63
SSRI, 128, 177, 183 Tiotropio, 149
Stato Tireotossicosi, 34, 60, 107
- confusionale, 12, 38, 40, 44, 95, Tono muscolare, 96, 99
97, 102, 104, 106 Torsione, 64, 74, 78, 79, 86, 90, 180,
- di agitazione psicomotoria, 42, 60, 182
104
- del funicolo, 64, 85, 90, 180
- di delirium, 135
- del testicolo, 70, 180, 182
Stenosi ipertrofica del piloro, 64
- di cisti ovarica, 78, 86
Stipsi, 12, 38, 42-44, 61, 66, 69, 72,
75 Tramadolo, 14, 20, 25, 90, 94, 110,
177
Strozzamento, 62, 72, 73
Strutture sanitarie, 97, 198, 212, 219 Trasmissione telematica dei certificati,
225
Stupefacenti, 217-222, 228, 229
Trattamento delle ferite, 168
Sucralfato, 40, 42, 69, 177
Sudorazione algida, 26, 28, 153 Trattamento sanitario obbligatorio, 140
Suicidio, 34, 95, 96, 104, 138 Trauma cranico, 98, 100, 101, 106,
Sulbactam/ampicillina, 16 123, 162
Sutura, 6, 169, 170, 172, 196 Traumi, 33, 62, 63, 78, 92, 93, 97,
103, 106, 107, 110, 118, 128, 131,
134, 136, 180
T Trimetoprim-sulfametossazolo, 181
Triplice terapia inalatoria, 144
Tabagismo, 68, 73, 182
Tromboflebite, 133
Tablet, 5, 188, 195, 211
Tachicardia, 31, 33, 35-37, 60, 63, 64, Trombosi venosa profonda, 133, 152
72, 103, 108, 142, 149, 152, 153, Trombosi venosa superficiale, 133
162 Tropicamide, 119
Indice analitico 249
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