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Roberto Antonicelli

Tommasa Maio
Silvestro Scotti

Silvestro Scotti
Tommasa Maio
Roberto Antonicelli
CEFI 19 02 Cod. ......
La GUARDIA
MEDICA

La GUARDIA MEDICA 2019


2019
Edizione

Il manuale Evidence Based


del Medico di Continuità
Assistenziale

Edizione
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Roberto Antonicelli
Tommasa Maio
Silvestro Scotti

La GUARDIA
MEDICA
2019
Edizione

Il manuale Evidence Based


del Medico di Continuità
Assistenziale

Revisione editoriale a cura


dell'Osservatorio Nazionale
per la Continuità
Assistenziale della FIMMG
a Roberta

Per quasi tutti i giovani medici d’oggi la guardia medica è, dopo gli
anni passati all’Università, il primo vero impatto con la malattia.
Un impatto impegnativo, talvolta drammatico date le precarie
condizioni in cui si è costretti ad operare.
Questo volumetto ha la sola pretesa di dare quei consigli pratici, ci
auguriamo utili, nelle particolari situazioni in cui spesso ci si trova
durante questo servizio.
Si è cercato soprattutto di colmare quel vuoto tra la medicina dei
«sacri testi» e quella «vera» che è fatta di persone e non di sindromi,
di pillole e misurini; ma, nel caso specifico, è fatta anche di decisioni
talvolta importanti, da prendere in fretta e soprattutto da soli.
Per questo il libro privilegia in particolare il momento «operativo»,
quando il medico deve decidere come «gestire» il malato, se trattarlo
od ospedalizzarlo, fornendo quelli che nella esperienza degli Autori
sono i criteri per orientarsi nella maniera più corretta possibile in
questa scelta.

© 2019 Momento Medico S.r.l. - Via Terre Risaie, 13 - Zona Ind.le - 84131 Salerno
Tel. 089.3055511 (r.a.) - Fax 089.302450 - E-mail: [email protected]
19T0181-06/19
Prima edizione giugno 1985; Ventinovesima edizione Giugno 2019
Tutti i diritti di traduzione, riproduzione, adattamento parziale o totale con qualsiasi mezzo
(compresi microfilms, copie fotostatiche e xerografiche) sono riservati alla Momento Medico
Grafica, Impaginazione, Edizione, Stampa e Allestimento Momento Medico
L'Editore si assume la responsabilità sui contenuti del presente testo.
Presentazione
I Medici di Continuità Assistenziale rappresentano una parte importante delle
Cure Primarie, poiché offrono assistenza, nei luoghi di vita dei cittadini, per 3/4
dell’arco temporale settimanale.
I dati disponibili testimoniano che, nonostante l’aumento costante della popola-
zione, sempre più rappresentata da anziani, malati cronici, fragili, con conseguenti
bisogni di salute sempre più complessi, viste le deospedalizzazioni precoci, le liste
d’attesa ingovernate in molte realtà, a fronte di una riduzione dei Medici impiegati e
del mancato investimento in prevenzione, si è assistito, nell’ultimo decennio, ad una
significativa evoluzione della nostra capacità assistenziale. Sono ben 10.187.860 le
visite domiciliari effettuate - ovvero assistenza primaria offerta nel luogo di vita del
paziente - mentre diminuisce costantemente il tasso di ricoveri, che si attesta all’1.7%
delle visite, offrendo un contributo significativo al contenimento di quella che appare
essere l’unica urgenza organizzativa oggi percepita: gli accessi in Pronto Soccorso.
Ciò è spesso avvenuto in assenza di interventi che favorissero la crescita di un
sistema storicamente privato di una programmazione che non riguardasse tagli di
fondi e personale e, soprattutto, in assenza della volontà di fornire gli strumenti
idonei ad un servizio sempre più orientato, sulla base dei bisogni espressi dai suoi
stessi utenti, verso la gestione della cronicità e della fragilità.
In numerose regioni si tenta ancora di sopperire alle carenze organizzative della
rete dell’emergenza coinvolgendo i Medici di Continuità Assistenziale in attività di
urgenza, e quindi non pertinenti alla natura del servizio stesso; in alcune regioni la
ricetta dematerializzata non coinvolge le prescrizioni di Continuità Assistenziale; non
tutte le Aziende hanno munito le sedi di strumenti informatici, nonostante una legge
che imponga la trasmissione informatica delle certificazioni di malattia.
Ma accanto a questi antichi ostacoli cominciano a proliferare nuove opportunità.
In molte realtà sono stati avviati progetti innovativi che hanno portato i medici
di CA a lavorare in attività diurne feriali, a fianco dei medici di famiglia nella presa
in carico della cronicità, della prevenzione, a supporto di esperienze di medicina
di iniziativa, prevenzione o in nuovi setting quali le case di riposo, gli hospice, gli
ospedali di comunità. In un numero sempre crescente di Aziende i Medici non solo
sono stati dotati di strumenti informatici per le attività prescrittive e certificative, ma
anche messi in connessione con le reti dei Medici di Famiglia, con accesso alle notizie
anamnestiche dei pazienti e lasciando riscontro in cartella del proprio intervento,
o inserendo nel Sistema informatico regionale l’allegato M, quale valorizzazione di
una professionalità a pari livello degli altri attori.
La nascita di un nuovo assetto della Medicina Generale, nel quale i Medici di Con-
tinuità Assistenziale, grazie all’introduzione del ruolo unico di Medicina Generale e alla
partecipazione a modelli di assistenza fondati sull’integrazione paritaria con i Medici
di Famiglia, vedranno rivalutato il proprio ruolo professionale, è ormai irrinunciabile.
Per contribuire in modo sostanziale ad aumentare l’efficacia della rete assisten-
ziale del territorio, il Medico di Famiglia della notte deve uscire definitivamente dalla
IV

casuale gestione dell’acuto e passare da un modello di assistenza “occasionale” su


pazienti sconosciuti a modelli programmati che portino, nell’ambito dei micro team
di Medicina Generale come nelle altre forme aggregative ed associative della MG o
nelle UCCP, alla presa in carico di pazienti noti in piena e paritaria integrazione con
i Medici di Famiglia e i Pediatri che operano nelle ore diurne.
L’obiettivo assistenziale potrà essere realizzato però solo da professionisti liberi
dalla schiavitù della limitatezza dei mezzi offerti dalle Aziende Sanitarie, che si
approprino di strumenti anche investendo in prima persona nei fattori produttivi,
a partire da quelli dell’ICT (Information Communication Technology) - come le App
che consentono l’invio dei certificati di malattia dal cellulare o il Cloud che consente
la condivisione dei dati con i Medici di Famiglia nell’ambito di sistemi innovativi
gestiti interamente dalla Medicina Generale - che realizzino le esperienze associative,
previste dall’ACN ma mai realizzate, per accrescere la capacità assistenziale propria
e del sistema in termini di appropriatezza, efficacia ed efficienza.
Il nostro proposito è fare in modo che queste esperienze siano sempre più allargate
ed estese a nuove regioni.
In tale contesto si colloca la nostra presenza in questo progetto editoriale che ha
lo scopo di offrire un testo il più possibile attuale ed aderente ai rinnovati bisogni
informativi dei Medici di Continuità Assistenziale, che oggi non appaiono più limitati
ai soli aspetti scientifici e clinici, ma aperti allo sviluppo di una cultura e capacità
gestionale adeguate alla complessità assistenziale della realtà in cui essi operano,
senza dimenticare la riflessione sui futuri sviluppi del sistema.
Vi rimandiamo al sito www.fimmgca.org dove troverete puntuale informazione sulle
norme, costantemente aggiornate, sulle tematiche inerenti la nostra professione,
oltre a strumenti quali, ad esempio, il calcolatore degli arretrati e l’elenco delle
pubblicazioni degli ambiti di Medicina Generale.
Continua pertanto l’opera di progressivo adattamento dei contenuti del libro alle
nuove esigenze professionali e ai nuovi modelli assistenziali.
La Medicina Generale sta affrontando un periodo di forte cambiamento, e per
rimanere al passo con i tempi abbiamo deciso di avviare un grande progetto di
rivisitazione delle raccomandazioni contenute in questo testo cardine. Con questa
edizione inizia quindi un percorso che ha come elemento portante l’Evidence Based
Medicine, ovvero la medicina fondata sulle prove di efficacia.
Nuovi autori si sono aggiunti per revisionare il testo, nelle parti cliniche, in nome
di 3 elementi che ne rappresentano le fondamenta: 1) Aggiornamento con le ultime
evidenze scientifiche; 2) Revisione in base ai livelli di evidenza e forza delle racco-
mandazioni; 3) Contesto clinico territoriale.
Il nostro obiettivo ambizioso è quindi non solo fornire un supporto al giovane
medico che inizia a fare i primi turni, ma anche dotare il medico che da anni svolge
questo lavoro di uno strumento di aggiornamento professionale, tramite l’inserimento
costante e dinamico di nozioni moderne e qualificanti.
L’edizione del 2019 non rappresenta quindi un punto di arrivo, ma un nuovo
punto di inizio.

La Segreteria Nazionale FIMMG


V

SEGRETERIA NAZIONALE FIMMG REFERENTI REGIONALI


Tommasa Maio Abruzzo Sandro Campanelli
Segretario Nazionale di Settore Basilicata Egidio Giordano
Stefano Leonardi Campania Pasquale Persico
Vice Segretario Nazionale Vicario di Settore
Emilia Romagna Carlo Curatola
Fabio Lucchetti Lazio Aldo Vittorio Sotira
Vice Segretario Nazionale di Settore
con funzioni amministrative Liguria Salvatore Luzio
Silvia Belardi Lombardia Tommasa Maio
Vice Segretario Nazionale di Settore Marche Gino Genga
con funzioni organizzative
Molise Giovanni Catena
Alessandro Di Russo Piemonte Alessandro Dabbene
Vice Segretario Nazionale di Settore
Puglia Pietro Drago
Pietro Drago
Vice Segretario Nazionale di Settore Sardegna Paola Coreddu
Andrea Gonella Sicilia Luigi Tramonte
Vice Segretario Nazionale di Settore Toscana Cesare Scola (f.f.)
Cesare Scola Umbria Giuseppina Albano
Vice Segretario Nazionale di Settore Valle D’Aosta Sara Nencioni
Veneto Alberto Cossato
RESPONSABILI AREE STRATEGICHE
Daniele Angioni
Responsabile Area Scienza e Professione
Mariateresa Gallea
Responsabile Area Sviluppo Strategie
per la professione al femminile
Giuseppe Emiliano Zagami
Responsabile Area Comunicazione
Pasquale Persico
Responsabile Area Documentazione
normativa
Prefazione
Sono ormai passati molti anni da quando nella Prefazione della prima edizione di
questo Manuale scrivevo che le motivazioni più profonde nella stesura di questo testo
si trovavano nella “grande paura della prima Guardia Medica”, di quando “per la
prima volta ci si trova, da soli, di fronte alla malattia”.
Erano i tempi “eroici” delle “Guardie Mediche”, quando, spesso senza alcun
supporto, i giovani neolaureati erano letteralmente messi in mezzo ad una strada, a
cercare di rispondere alle esigenze assistenziali dei pazienti negli orari non coperti
dai Medici di Medicina Generale.
Ebbene, ormai tutto questo è (fortunatamente!) un ricordo; oggi il Medico della
Continuità Assistenziale (anche il nome è cambiato) è un Professionista maturo,
preparato, dedito al proprio lavoro con una coscienza ed una preparazione ben diversa
da quella che, la maggior parte di chi visse quelle prime esperienze, possedeva.
E non a caso nelle prime pagine della edizione 2019 del manuale, che corrisponde
al 41° anno della Legge 883 Istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (1978), si
chiarisce il ruolo che il Medico di Continuità Assistenziale è chiamato a svolgere nel
Sistema delle Cure Territoriali.
Era pertanto necessario che anche il contenuto di questo manuale evolvesse nella
direzione che l’Accordo Collettivo Nazionale per la Medicina Generale ha tracciato.
Sono, pertanto, particolarmente lieto che tale Manuale possa divenire uno degli
strumenti per raggiungere gli scopi di Aggiornamento ed Appropriatezza terapeutica
che questo organismo di rappresentanza dei Medici si propone.
Sono anche certo che, grazie alla preparazione ed all’entusiasmo dei Colleghi della
FIMMG che hanno collaborato a questa nuova edizione, il Manuale, come ha sempre
adempiuto nei suoi oltre 30 anni di vita, continuerà a svolgere il ruolo di compagno
“fedele” del Medico impegnato in questo difficile compito.
Infatti, se gli aspetti organizzativi del lavoro cambiano, ed in meglio, i problemi, i
dubbi e le ansie legate al nostro lavoro, restano e resteranno finché saremo chiamati a
svolgere quella “Missione” difficile ma straordinaria, che è il curare il nostro Prossimo.

Roberto Antonicelli
Indice

○ Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III
○ Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VI
○ Gli Autori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
○ Il ruolo del Medico di Continuità Assistenziale
nell’organizzazione del sistema di Cure Territoriali. . . . . . . . . . XI
Silvestro Scotti

L’ESAME OBIETTIVO: APPROCCIO AL CASO CLINICO


○ Consigli pratici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
Roberto Antonicelli, Silvestro Scotti, Tommasa Maio
○ La sicurezza personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
Tommasa Maio
○ Come visitare i bambini. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
Roberto Antonicelli, Silvestro Scotti
○ Come visitare gli anziani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Tommasa Maio, Fabio Salvi

I FARMACI: FORMULAZIONI E POSOLOGIE


○ Analgesici, antinfiammatori, antipiretici. . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
Roberto Antonicelli, Lina Falletta
○ Antibiotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
Roberto Antonicelli, Federica Testa
○ Antistaminici e cortisonici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
Leonardo Antonicelli, Maria Chiara Braschi, Lina Falletta
○ Reazioni allergiche a farmaci. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Leonardo Antonicelli, Roberto Antonicelli, Maria Chiara Braschi, Lina Falletta

LA CLINICA: SINTOMI, SEGNI E GESTIONE DEL CASO


○ Algologia: il dolore ed il suo trattamento. . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Roberto Antonicelli, Lina Falletta
VIII

○○ Cardiologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
Roberto Antonicelli, Daniele Caraceni, Lorenzo Pimpini, Daniele Angioni

○○ Cure palliative. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
Giuliano Bono, Diego Girotto, Alessandro Dabbene, Daniele Angioni

○○ Dermatologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
Alfredo Giacchetti, Giuseppe Emiliano Zagami

○○ Endocrinologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
Gabriele Brandoni, Giuseppe Emiliano Zagami

○○ Gastroenterologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Egiziano Peruzzi, Franco Piersimoni, Manuela Lucioni,
Gianfranco Boccoli, Maria Teresa Gallea
○○ Ginecologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
Valerio Mais, Adele Bartolucci, Margherita Ruocco, Maria Teresa Gallea
○○ Malattie esantematiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
Roberto Antonicelli, Federica Testa
○○ Nefrologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Massimo Melappioni, Roberto Antonicelli, Daniele Angioni
○○ Neurologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
Giuseppe Pelliccioni, Francesco Sagripanti, Tommasa Maio,
Beatrice Gobbi, Lina Falletta
○○ Oculistica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
Stefano Lippera, Nicola Defranco, Edoardo Defranco, Federica Testa
○○ Otorinolaringoiatria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Giuseppe Misiano, Graziano Brozzi, Barbara Rizzi, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Patologia vascolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
Gianfranco Boccoli, Leonardo Chiodi, Sara Galeazzi, Daniele Angioni
○○ Patologie psichiatriche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
Ubaldo Sagripanti, Lina Falletta, Tommasa Maio
○○ Pneumologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
Andrea Recanatini, Leonardo Antonicelli, Roberto Antonicelli,
Maria Chiara Braschi, Giuseppe Emiliano Zagami
○○ Primo intervento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
Stefano Polonara, Roberto Antonicelli, Vincenzo Menditto, Fabio Salvi,
Fabio Lucchetti, Giuseppe Misiano
○○ TAO/DOAc - Terapia con anticoagulanti orali: dalla scelta
del dosaggio alla gestione delle complicanze . . . . . . . . . . . . 176
Giuseppe Misiano, Lazzaro Lenza, Roberto Antonicelli
IX

○○ Uroandrologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
Massimo Melappioni, Roberto Antonicelli, Daniele Angioni
○○ Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini. . . . . . . . . . . 184
Roberto Antonicelli, Tommasa Maio, Federica Testa

DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE E NOTE DI MEDICINA LEGALE


○○ Aspetti contrattuali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192
Tommasa Maio, Silvestro Scotti
○○ La prescrizione per principio attivo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207
Sergio Marras, Michele Ferrara, Francesco Napoleone
○○ Problemi medico-legali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212
Salvatore Ghiggi, Pasquale Persico, Cesare Scola

COMUNICAZIONE E COUNSELING
○○ La comunicazione tra medico e paziente. . . . . . . . . . . . . . . . 232
Francesco Napoleone, Sergio Marras

APPROFONDIMENTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237

INDICE ANALITICO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239


Gli Autori
Roberto Antonicelli è nato a Serra de’ Conti (AN) il 7 Novembre ’56, si è laurea­
to in Medicina e Chirurgia all’età di 24 anni specializzandosi successivamente in
Medicina Interna e Cardiologia. Attualmente è Direttore dell’Unità Operativa di
Cardiologia - UTIC dell’Istituto Nazionale “I.N.R.C.A.” di Ancona. Autore di oltre 300
pubblicazioni scientifiche, ha maturato l’esperienza di “Medico di Guardia Medica”
durante i primi “duri” anni della professione trascorsi nei Pronto Soccorsi e sulle
Ambulanze di diverse città delle Marche. La “Guardia Medica” nella sua prima stesura
ha curiosamente visto la luce su di un “Dragamine” della Marina Militare Italiana
durante il servizio militare e da allora ha “dragato” oltre venticinque, tra edizioni e
ristampe, raggiungendo la tiratura di oltre quattrocentomila copie che ne fanno uno
tra i più diffusi manuali di medicina d’urgenza nel nostro Paese.

Tommasa Maio è nata a Milazzo (ME) il 20 Luglio 1961 e si è laureata presso


l’Università di Messina. Medico di Medicina Generale per scelta, ha infatti frequen-
tato il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, è Medico di Continuità
Assistenziale e Medico di Famiglia in Lombardia. Nelle esperienze professionali ha
maturato un particolare interesse verso le Scienze Neurologiche, esplicitato con
l’internato volontario presso la I Clinica Neurologica del Policlinico Universitario di
Messina ed approfondito negli anni successivi nel corso delle attività svolte presso
strutture residenziali per anziani. Divenuta formatore e tutor di Medicina Generale,
ha avviato le prime esperienze di formazione continua per i medici di Continuità
Assistenziale in Lombardia quale responsabile dei percorsi formativi e scientifici
della F.I.M.M.G. C.A. Attualmente è il Segretario Nazionale della F.I.M.M.G. Continuità
Assistenziale, co-responsabile del Progetto “Osservatorio Nazionale per la Continuità
Assistenziale” della F.I.M.M.G.

Silvestro Scotti è nato a Napoli il 24 Gennaio 1963. Laureato in Medicina e


Chirurgia presso L’Università di Napoli “Federico II”, ha conseguito l’Attestato di
Formazione Specifica in Medicina Generale nel dicembre del 1996. Medico di Continuità
Assistenziale e Medico di Famiglia presso A.S.L. Napoli 1, Formatore e Tutor di Medicina
Generale è autore di numerosi lavori pubblicati su riviste italiane e internazionali,
sviluppate durante i propri percorsi formativi presso il Dipartimento di Pediatria della
stessa Università di Napoli, l’Unità Operativa di Terapia Antalgica e Cure Palliative
dell’Ospedale “Antonio Cardarelli” di Napoli e soprattutto durante la propria attività
quale medico di Continuità Assistenziale. Attualmente è Presidente dell’Ordine dei
Medici di Napoli, Segretario Nazionale Generale della F.I.M.M.G. e co-responsabile
del Progetto “Osservatorio Nazionale per la Continuità Assistenziale” della F.I.M.M.G.
Il ruolo del Medico
di Continuità Assistenziale
nell'organizzazione del
sistema di Cure Territoriali
⊲  Silvestro Scotti

Molte cose sono cambiate dalla fine degli anni ’70 ed in particolare moltissime cose
sono cambiate con l’entrata in vigore del vigente Accordo Collettivo Nazionale (A.C.N.)
per la Medicina Generale (Atto di Intesa repertorio n. 2272 del 23 marzo 2005), rispetto
alla definizione del ruolo di Medico di Continuità Assistenziale.
Nell’arco degli anni che vanno dal ’70 ad oggi, a dispetto di fonti normative che
determinavano una sorta di dicotomia evolutiva del servizio di Guardia Medica nei
servizi di Continuità Assistenziale e di Emergenza Territoriale, non si assisteva ad
una rivalutazione delle fonti contrattuali per la Continuità Assistenziale.
Questo produceva il risultato di aver evoluto il sistema, anche rideterminando le
piante organiche attraverso fenomeni di conversione occupazionale della ex Guardia
Medica nel Sistema di Emergenza 118, ma di aver mantenuto per intero per uno
dei due nuovi Servizi, la Continuità Assistenziale appunto, i compiti della vecchia
contrattualità riferiti alla Guardia Medica.
Il Medico di Continuità Assistenziale rimaneva dunque responsabile di una
copertura assistenziale non ben delimitata nell’ambito del sistema dell’emergenza-
urgenza e quindi legato ad un concetto assistenziale di guardia medica piuttosto
che alla ricerca di un ruolo più propriamente riferito alla continuità di assistenza nei
confronti dei cittadini-pazienti in carico alle Cure Primarie.
Tale situazione ha determinato, nell’arco degli ultimi anni, molte delle difficoltà
operative e di organizzazione del Servizio di Continuità Assistenziale, difficoltà che
trovavano la massima espressione proprio nella partecipazione a processi di assi-
stenza riferiti a fenomenologie di urgenza-emergenza.
Poco, infatti, veniva prodotto nella definizione di protocolli operativi per l’attiva-
zione della Continuità Assistenziale da parte delle Centrali operative del 118 e nulla,
o quasi, sulla definizione di processi di triage, anche telefonico, del medico di Conti-
nuità Assistenziale rispetto alle richieste dell’utenza riferibili alla suddetta area di
urgenza-emergenza e dei consequenziali meccanismi di attivazione del Sistema 118.
Il nuovo A.C.N. per la Medicina Generale, nei limiti imposti dalle Leggi sul decen-
tramento amministrativo e organizzativo della Pubblica Amministrazione che trovano
la massima espressione proprio in quello che concerne la Sanità, prova a definire un
L.E.A. per la Continuità Assistenziale partendo proprio dalle suddette considerazioni
e ricerca i possibili meccanismi per definire un ruolo del Medico di Continuità Assi-
stenziale tracciando i seguenti capisaldi:
XII

• Responsabilità di uno specifico livello assistenziale


• Definizione dell’ambito di assistenza
• Percorsi organizzativi con l’Assistenza Primaria
• Risposta assistenziale riferita a prestazioni non differibili
• Appropriatezza degli interventi
• Linee guida nazionali e regionali sui protocolli operativi
• Partecipazione ai processi assistenziali tipici delle Cure Primarie
• Funzioni assimilabili all’Assistenza Primaria nell’ambito delle forme assistenziali
funzionali e/o strutturate delle cure primarie
• Sinergie operative di complementarietà tra l’Emergenza Territoriale e l’Assistenza
Primaria.
Appare chiaro come, nell’ambito del territorio, venga rivalutata la figura del
Medico di Continuità Assistenziale non solo per le specifiche competenze (assistenza
di base riferita al periodo notturno, prefestivo e festivo) ma soprattutto come chiave
di lettura di possibili sviluppi organizzativi.
In particolare si riconosce una specifica competenza assistenziale al medico
di Continuità Assistenziale e contrariamente a quanto precedentemente affermato
contrattualmente si riconosce la responsabilità di tale processo assistenziale in
maniera esclusiva ai convenzionati per tale Servizio.
Tale competenza, nei limiti di una ricerca che dovrà portare ad un pieno riconosci-
mento di tale definizione, trova piena espressione nella identificazione quale compito
del servizio di Continuità Assistenziale di assicurare le prestazioni non differibili, dove
per prestazioni non differibili si intendano esigenze cliniche, psicologiche, sociali e
organizzative che richiedano un intervento medico finalizzato ad una soluzione del
caso contingente entro l’arco temporale del turno di servizio. Alla luce di tale defini-
zione, infatti, si riconosce un compito proprio delle Cure Primarie e cioè un processo
di assistenza che riguardi la persona e non il sintomo o la patologia e realizzi un
sistema sanitario territoriale di reale continuità di assistenza.
Attraverso i processi organizzativi ed associativi delle funzioni e/o delle operatività
dei Medici di Continuità Assistenziale e dei Medici di Assistenza Primaria, e cioè le
equipe territoriali e le Unità Territoriali di Assistenza Primaria (U.T.A.P), saranno
possibili particolari progetti di cure domiciliari d’eccellenza, individuando un con-
diviso punto d’accesso per facilitare le richieste dei pazienti e un condiviso sistema
di valutazione dei bisogni per omogeneizzare l’erogazione dei servizi.
Questi sistemi potranno prevedere l’organizzazione di una rete informativa che,
con software specifici o con l’evoluzione di quelli già presenti nel Sistema delle Cure
Primarie, possa gestire l’iter della domanda fino alla definizione di un protocollo di
assistenza coinvolgente tutti gli operatori sia interni che esterni alle Cure Primarie
(Medici di Assistenza Primaria, Continuità Assistenziale, Emergenza Sanitaria,
Dirigenza Medica Territoriale, Specialistica Ambulatoriale ed Ospedale).
Tali progetti dovranno prevedere una stretta partnership nell’ambito sanitario,
con una organizzazione territoriale di Servizi di Assistenza (U.T.A.P.) che centralizzi in
un’unica sede territoriale i protocolli assistenziali e dove si proceda alla pianificazione
e alla erogazione dei servizi nel territorio attraverso l’utilizzo di applicazioni informa-
XIII

tiche e meccanismi di sviluppo associativo delle figure territoriali che permetteranno,


oltre alla pianificazione, il costante controllo di tutte le attività erogate nel territorio.
Tali realtà potranno facilmente condividere anche protocolli operativi e relazionali
con le centrali operative del Sistema 118, atti ad offrire il migliore controllo dei
pazienti, e potranno essere in grado di erogare anche servizi di teleassistenza e
telemedicina per i pazienti più complessi sia per evitare inutili spostamenti in ambiti
territoriali particolarmente difficili, sia per definire percorsi di assistenza appropriati
anche nell’utilizzo delle risorse indirizzate all’urgenza-emergenza.
Tali strutture assistenziali potranno affrontare l’esigenza di creare in un ambito
logistico estremamente complesso un sistema di cure domiciliari efficace e omogeneo,
che possa offrire a ciascun paziente la stessa qualità di servizio indipendentemente
dalla sua collocazione nel territorio, oltre che sviluppare un’ADI orientata a curare
a domicilio pazienti complessi, dove questo intervento fosse realmente sostitutivo
dell’ospedalizzazione o comunque del ricovero in una istituzione residenziale.
Saranno possibili metodi di valutazione dei bisogni del paziente con i quali rendere
omogeneo il criterio di inserimento dei pazienti nei processi di assistenza e d’altra
parte sarà possibile valutare, in modo preciso e codificabile con indicatori condivisi,
se il paziente possa essere inserito nei servizi di assistenza domiciliare o se la sua
necessità di assistenza sia tale da rendere più economico il ricovero o altra soluzione
assistenziale (RSA, Centro Diurno). Quanto descritto mostra come l’approccio orga-
nizzativo strutturato delle Cure Primarie potrà migliorare l’accesso dei pazienti ai
servizi sanitari di vario livello, compreso quello per gli acuti e, soprattutto, permetterà
quella omogeneizzazione del servizio che rappresenta il primo passo verso l’integra-
zione quando si sviluppano sistemi di assistenza complessi Territorio-Ospedale. In
particolare, la condivisione delle attività assistenziali dei vari servizi permetterà un
netto miglioramento nella selezione della popolazione da assistere al domicilio con
incremento della complessità clinica.
Tale sistema strutturato di Cure Primarie potrà determinarsi anche in assenza
di strutture adibite specificamente, poiché si potranno ottenere sostanzialmente gli
stessi obiettivi attraverso una organizzazione funzionale dell’assistenza territoriale
che possa prevedere uno sviluppo dei compiti del medico di Continuità Assisten-
ziale attraverso un’attribuzione di funzioni sempre più coerenti con le attività della
Medicina di Famiglia.
Lo sviluppo di sistemi informatici, e quindi di una rete territoriale, potrà deter-
minare, nelle zone a maggiore concentrazione di popolazione, la possibilità di un
dato fruibile in rete relativo al paziente con una migliore assistenza riferita per tutti
i servizi territoriali come pure la condivisione in tempo reale di progetti assistenziali
riferiti a pazienti cosiddetti “fragili”.
Appare, infine, chiaro come l’affiancarsi di professionalità riferite alle cure pri-
marie, una con un rapporto fiduciario a quota capitaria e l’altra con un’applicazione
a regime orario, permetta una flessibilità del sistema con una piena copertura
oraria, nella ricerca di sistema sanitario che garantisca la gestione del territorio
nell’ambito delle 24 ore.
In particolare potrà essere consolidato il rapporto dei pazienti con il servizio di
Continuità Assistenziale, con un miglioramento dell’appropriatezza delle richieste
e con una riduzione consequenziale delle richieste inappropriate ad altri servizi.
XIV

Il ruolo dei Medici di Continuità Assistenziale di interconnessione tra l’area delle


Cure Primarie e quella dell’Emergenza-Urgenza ai fini di un miglioramento dell’effi-
cienza della rete territoriale e di una massima integrazione con quella ospedaliera,
con conseguente arricchimento del circuito professionale dell’Emergenza e della
Medicina di Famiglia, viene garantito con collegamenti con i medici di Assistenza
Primaria e con un pieno impegno nella gestione dei processi propri delle cure primarie.
Diventa indispensabile in termini di sviluppo per tale operatività la definizione di:
• protocolli clinici d’intervento con caratteristiche di appropriatezza riferita anche
allo sviluppo di un triage territoriale specifico per la Continuità Assistenziale;
• protocolli relazionali con gli altri servizi delle cure territoriali ed in particolare con
le centrali operative;
• protocolli formativi specifici riferiti ai nuovi processi organizzativi e condivisi da
tutti gli operatori delle cure primarie e del sistema di emergenza-urgenza;
• protocolli informativi per la popolazione sull’utilizzo dei singoli servizi alla luce dei
nuovi sviluppi e per migliorare lo score di appropriatezza degli interventi erogati;
• protocolli di verifica e revisione qualitativa di ogni singolo servizio soprattutto
riferiti alla relazione ed al corretto coinvolgimento degli operatori di altri settori.
La definizione dei suddetti aspetti rimane l’obiettivo primario che la medicina
del territorio, ma anche quella ospedaliera, si devono porre, insieme alle figure
istituzionali preposte, per ricercare una possibile soluzione alle problematiche in
essere nella gestione dei percorsi di assistenza sanitaria nel nostro Paese, creando
così uno strumento di gestione flessibile ed adattabile anche a nuove esigenze che
in futuro ci si potrebbero presentare.
L’ESAME OBIETTIVO
APPROCCIO AL CASO
CLINICO
Consigli pratici
⊲  R. Antonicelli  ⊲  S. Scotti  ⊲  T. Maio

Que­sto è un ca­pi­to­lo a­no­ma­lo che non tro­ve­re­te mai in nes­sun te­sto di me­di­ci­na, ma per
quan­to ri­guar­da la Continuità Assistenziale è di fon­da­men­ta­le im­por­tan­za ed al­l’at­to pra­ti­co
ne con­ver­re­te con me. Di tut­to ciò che fa­re­te l’a­zio­ne più im­por­tan­te con­si­ste nel vi­si­ta­re
sem­pre il pa­zien­te, e­vi­tan­do di ce­de­re al­le lu­sin­ghe del­le dia­gno­si te­le­fo­ni­che, in assenza
di una corretta procedura di triage e di adeguata conoscenza del paziente.
Ge­ne­ral­men­te, in­fat­ti, il pri­mo con­tat­to con il pa­zien­te nel presidio di Continuità Assi­
stenziale è te­le­fo­ni­co, ed al­cu­ne av­verten­ze so­no ne­ces­sa­rie per un cor­ret­to ap­proc­cio; se
la chiamata è effettuata da un terzo che non è il paziente in causa, cercate di parlare con
la persona interessata.
Te­ne­te con­to che la leg­ge fa ca­ri­co pro­prio al Me­di­co di ri­ce­ve­re direttamente le co­mu­ni­
ca­zio­ni te­le­fo­ni­che; po­tre­te far­vi co­sì un­’i­dea più rea­le del­la gravità del­la situazione, e lun­go
la stra­da pre­pa­rar­vi men­tal­men­te al mo­do mi­glio­re di af­fron­tar­la, soprattutto in assenza di
linee guida nazionali o regionali di appropriatezza nel triage telefonico e nella conseguente
scelta delle modalità di intervento.

ATTENZIONE alle sintomatologie banali che possono ingannare in assenza


di una completa conoscenza del paziente, nascondendo quadri clinici
rapidamente evolventisi.

A causa del purtroppo costante aumento di episodi di violenza anche nel nostro Paese, è
utile, ove possibile, lasciare indirizzo e telefono del posto in cui vi recate, specie se in zone
isolate o in condizioni meteorologiche avverse.
Un utile accorgimento, sia per accelerare i tempi d’intervento sia per scoraggiare perdi­
tempo, è chiedere ai parenti del malato di venire a prendervi o di attendervi in una località
nota (es. davanti a una chiesa, al comune, ecc.). Quan­do piom­ba­te, i­gna­ri, in u­na ca­sa
do­ve c’è un ma­la­to gra­ve o pre­sun­to tale e ve­ni­te as­sa­li­ti da un co­ro di pa­ren­ti vo­cian­ti,
o­gnu­no dei qua­li cer­ca di dir­vi che cosa fa­re, non ab­bia­te scru­po­li a met­te­re la mag­gio­ran­za
al­la por­ta, trat­te­nen­do con voi so­lo quel­le po­chis­si­me per­so­ne, di a­spet­to più cal­mo, che
po­treb­be­ro es­ser­vi u­ti­li per la rac­col­ta del­l’a­nam­ne­si.
Se i­ni­zial­men­te non sa­pe­te che co­sa fa­re, pren­dete il pol­so e la pres­sio­ne ar­te­rio­sa al
pa­zien­te: due ma­no­vre che, al di là di un in­di­scu­ti­bi­le va­lo­re cli­ni­co, vi con­sen­ti­ran­no di
pren­de­re tem­po e rior­di­na­re le i­dee.
Per quan­to ri­guar­da l’e­sa­me o­biet­ti­vo, co­strui­te­vi un me­to­do ed ap­pli­ca­te­lo co­stan­te­men­
te, poi­ché so­lo que­sto v’im­pe­di­rà, spe­cie nei mo­men­ti di mag­gio­re ten­sio­ne, di tra­scu­ra­re
qual­co­sa o di di­men­ti­ca­re im­por­tan­ti ma­no­vre se­meio­ti­che.
A que­sto pro­po­si­to va­le la pe­na di ri­cor­da­re che i se­gni me­nin­gei so­no da ri­cer­ca­re in
qual­sia­si pa­zien­te vo­mi­ti, ab­bia feb­bre o ce­fa­lea, che l’ad­do­me me­ri­ta di es­se­re pal­pa­to
ac­cu­ra­ta­men­te in qual­sia­si pa­zien­te la­men­ti an­che u­na mo­de­sta do­len­zia ad­do­mi­na­le, e
che la va­lu­ta­zio­ne del­la pres­sio­ne è d’ob­bli­go sia nel pa­zien­te ge­ria­tri­co, sia nel sog­get­to
con ce­fa­lea. Le per­so­ne che vi chia­ma­no, in li­nea di mas­si­ma, non si fi­da­no di voi: non da­te
per­ciò un ul­te­rio­re col­po al­la vo­stra cre­di­bi­li­tà spul­cian­do su li­bret­ti e pron­tua­ri da­van­ti al
ma­la­to o ai pa­ren­ti.
È as­so­lu­ta­men­te ne­ces­sa­rio che il Me­di­co di Continuità Assistenziale co­no­sca al­la per­fe­
zio­ne po­so­lo­gia, con­fe­zio­ne e mo­da­li­tà d’u­so dei po­chi far­ma­ci de­scrit­ti in que­sto vo­lu­met­to
e li sap­pia pre­scri­ve­re a me­mo­ria: non c’è nul­la di me­no in­co­rag­gian­te per il ma­la­to che
Consigli pratici 3

ve­de­re il Me­di­co im­prov­vi­sa­re te­ra­pie sul­l’In­for­ma­to­re Far­ma­ceu­ti­co. Quan­do pe­rò non sie­te
sicuri o vi as­sa­le un dub­bio, sep­pu­re mi­ni­mo, non ri­schia­te e cer­ca­te sul te­sto, di­chia­ran­do
ma­ga­ri di con­trol­la­re se il far­ma­co è mu­tua­bi­le o me­no.
Nel­lo sti­la­re la vo­stra pre­scri­zio­ne sia­te ac­cu­ra­ti, spe­cie ri­guar­do al­la po­so­lo­gia: se pre­
scri­ve­te per e­sem­pio un an­ti­pi­re­ti­co “al bi­so­gno”, pre­ci­sa­te al ma­la­to an­che “al mas­si­mo
4 vol­te al dì”, af­fin­ché il pa­zien­te non ne fac­cia in­di­ge­stio­ne.
È im­por­tan­tis­si­mo co­no­sce­re l’ef­fet­to dei far­ma­ci: se som­mi­ni­stra­te un far­ma­co e do­po
un da­to tem­po non ri­scon­tra­te l’ef­fet­to do­vu­to, pen­sa­te a pa­to­lo­gie più ra­re (per e­sem­pio,
il fat­to che un po­ten­te an­tin­fiam­ma­to­rio non ste­roi­deo non sor­ti­sca al­cun ef­fet­to in u­na
ce­fa­lea, che voi a­ve­te dia­gno­sti­ca­to di pro­ba­bi­le o­ri­gi­ne ar­tro­si­ca, può far­vi pen­sa­re ad
u­na e­mor­ra­gia sub­-a­rac­noi­dea).
U­na pic­co­la pre­cau­zio­ne, che a vol­te può ri­ve­sti­re un’im­por­tan­za vi­ta­le, è gestire livelli
di informazione sul caso con i Servizi di Emergenza-Urgenza attraverso l’uso di protocolli
relazionali che permettono ai Col­le­ghi del Pron­to Soc­cor­so cui a­ve­te in­via­to un pa­zien­te in
gra­vi con­di­zio­ni di pre­pa­ra­re le at­trez­za­tu­re, ri­chie­de­re e­ven­tual­men­te pla­sma, ecc.; tut­to
que­sto con gran­de ri­spar­mio di tem­po e mag­gio­re ef­fi­cien­za.
Ma so­prat­tut­to non di­men­ti­ca­te di a­gi­re, sem­pre, con la mas­si­ma cal­ma; an­che se per
qual­che mo­men­to non sa­pe­te co­sa fa­re, fa­te­lo con cal­ma. Infatti, l’ar­ri­vo di un Me­di­co che
ap­pa­re cal­mo e si­cu­ro di sé, ri­scuo­te su­bi­to la fi­du­cia del ma­la­to e con la so­la pre­sen­za
ri­du­ce la sin­to­ma­to­lo­gia, men­tre un Me­di­co af­fan­na­to e ti­tu­ban­te non ren­de un buon ser­vi­zio
a nes­su­no, nem­me­no a sé stes­so.

La bor­sa del Me­di­co di Continuità Assistenziale


È op­por­tu­no sot­to­li­nea­re che tut­to il ma­te­ria­le qui elen­ca­to, no­no­stan­te le ap­pa­ren­ze,
en­tra in u­na bor­sa an­che di mo­de­ste di­men­sio­ni:

STRU­MEN­TI DO­TA­ZIO­NI FAR­MA­CI


Fo­nen­do­sco­pio Si­rin­ghe Glu­co­sa­ta 20% f.
Sfig­mo­ma­no­me­tro But­ter­fly   da 10 cc.
Lam­pa­di­na Fla­co­ne 100 cc Mor­fi­na f. 1 ml 10 mg
Ter­mo­me­tro   so­lu­zio­ne fi­sio­lo­gi­ca Li­do­cai­na f. 10 ml 200 mg
Pulsi-ossimetro De­flus­so­re per fle­bo Bu­pre­nor­fi­na fiale
Martelletto Ce­rot­to Na­lo­xo­ne fiale
Mul­ti­stix Di­clo­fe­nac fiale
Destrostix A­dre­na­li­na f. 1 ml 1 mg
Lancetta Di­gos­si­na fiale
Lacci emostatici Fu­ro­se­mi­de fiale
  (almeno tre) Ni­tro­gli­ce­ri­na cpr. sublinguali
Limetta aprifiale Ni­fe­di­pi­na gtt.
Guanti di plastica sterili A­tro­pi­na sol­fa­to f. 0,5 mg
Be­ta­me­ta­so­ne f. 4 mg
Esomeprazolo oppure omeprazolo fiale
Me­to­clo­pra­mi­de fiale
Me­ti­ler­go­me­tri­na malea­to fiale
Dia­ze­pam fiale
Acido tranexamico fiale
La sicurezza personale
⊲  T. Maio

Il continuo ripetersi di aggressioni e violenze di ogni genere contro Medici di Continuità Assi­
stenziale ci induce, in linea con la filosofia di questo testo, ad inserire questo breve capitolo
ritenendo utile ricordare qualche accorgimento da adottare in situazioni che avvertiamo
come potenzialmente pericolose.
La scarsa sicurezza delle condizioni organizzative oltre che strutturali in cui spesso siamo
chiamati a svolgere la nostra professione, sono la causa principale di questa situazione.
Le ricerche condotte su questo argomento dimostrano che le condizioni di rischio non sono
tanto determinate dalla gestione di pazienti in stato di alterazione quanto da atti volontari
perpetrati da persone “normali” che, grazie alla mancata conoscenza da parte del Medico di
Continuità Assistenziale dei loro dati personali, si sentono protette dall’anonimato. Possono
essere atti occasionali - minacce, aggressioni verbali ma anche fisiche - scatenati dalla
mancata soddisfazione di una richiesta o, in qualche raro caso, azioni premeditate da parte
di particolari soggetti finalizzate al furto di denaro, di oggetti o anche di farmaci.
È importante che in ogni momento del nostro contatto con i pazienti ed i loro familiari
manteniamo la consapevolezza ed il controllo attento dei gesti altrui, dei segnali che possono
preludere all’escalation al fine di poter mettere tempestivamente in atto tutte le più opportune
azioni volte a spezzare la spirale di aggressività. Esistono, infatti, specifiche tecniche, che
gli esperti definiscono di descalation, che migliorano la nostra capacità relazionale nelle
situazioni critiche e possono essere facilmente apprese attraverso corsi ECM ai quali vi
rimandiamo (www.fadmetis.it).
In questi anni abbiamo monitorato attentamente il fenomeno e abbiamo raccolto infor­
mazioni sulle caratteristiche e sulle condizioni che sono state descritte da Medici oggetto
di aggressioni per individuare tutti gli elementi (strutturali, relazionali, procedurali, ecc.)
che possono e devono essere modificati per operare con maggiore sicurezza.
Di seguito riportiamo qualche rapida indicazione, nata proprio dall’analisi delle condizioni
presenti in pregressi episodi di aggressioni, che riteniamo possa contribuire ad affrontare
con maggiore consapevolezza il contatto con gli utenti.
Una delle prime cose che vale la pena di ricordare è l’importanza della distanza di sicu­
rezza: manteniamo sempre tra noi e gli altri una distanza pari alla lunghezza di un braccio,
a meno che ovviamente non dobbiamo visitare. In questo caso chiediamo al paziente di
appoggiare lontano da noi eventuali oggetti (borse, ombrelli, bastoni, ecc.) che ha portato
con sé ed invitiamo l’eventuale accompagnatore a stare in una posizione a noi visibile, mai
alle nostre spalle. Un’utile precauzione è limitare ad una sola persona la presenza di even­
tuali accompagnatori durante la visita. Tale indicazione può opportunamente essere fornita
attraverso l’apposizione di un cartello nella sala d’aspetto e sulla porta dell’ambulatorio
della nostra sede al fine di evitare motivi di conflitto con singoli utenti.
È necessario valutare anche la disposizione del nostro ambulatorio e verificare se la
posizione della scrivania, del lettino o dell’arredo in genere non ostacoli il cammino verso
l’uscita. Mentre visitiamo, ovunque ci troviamo, facciamo sempre in modo che sedie, per­
sone, o semplicemente la nostra valigetta, non intralcino una eventuale via di fuga. Altra
utile precauzione è non tenere visibili, né al domicilio né in ambulatorio, oggetti personali
soprattutto se di valore.
Durante le visite domiciliari bisogna portare con sé solo l’essenziale, ma non dimenti­
chiamo le nostre chiavi che, impugnate tra le dita della mano, possono diventare un buon
oggetto di difesa per rispondere ad una aggressione.
Quando entriamo in un’abitazione osserviamo la collocazione delle stanze e delle uscite.
La sicurezza personale 5

È importante essere sempre consapevoli delle vie di uscita presenti


nell’ambiente in cui ci troviamo ad operare.

Anche i farmaci non devono essere visibili (un foglio di plastica autoadesiva stra­
tegicamente posizionata sul vetro dell’armadietto della sede o un opuscolo altrettanto
strategicamente posizionato nella valigetta possono essere una soluzione) così come non
devono essere lasciati in vista oggetti potenzialmente pericolosi come forbici, tagliacarte,
bisturi, ecc.

Quando visitiamo, è essenziale evitare di rivolgere le spalle ai nostri


interlocutori e, di conseguenza, posizioniamoci accanto al lettino di visita o,
soprattutto, all’eventuale carrello di servizio/tavolo/scrivania mentre
prepariamo una siringa, eseguiamo un test o scriviamo una ricetta.

Infine, in casi estremi, può essere di aiuto, mentre ci rechiamo al domicilio, telefonare
direttamente alle forze dell’ordine e fornire preventivamente all’operatore che ci risponderà
i nostri dati, l’indirizzo e la descrizione della situazione che stiamo per affrontare.
Questo ci tranquillizzerà ma, soprattutto in caso di pericolo, la nostra richiesta di aiuto
sarà più rapida non dovendo dilungarci in spiegazioni. Il comportamento violento avviene
spesso secondo una progressione che prevede in sequenza: aggressione verbale, minaccia,
contatto fisico, gesto violento, arma. La conoscenza di questa escalation può aiutare a
riconoscere precocemente il rischio ed interrompere il corso degli eventi.

Ricordiamoci infine che segnalare al funzionario responsabile dell’ASL ogni


singolo episodio, anche se minimale, è indispensabile per individuare
tempestivamente le potenziali condizioni di pericolo e prendere gli
opportuni provvedimenti.

DECALOGO PER LA SICUREZZA


Ambienti e strumenti di lavoro Comportamenti
La disposizione degli arredi della sede deve essere Mantenere sempre la distanza di sicurezza
valutata in funzione della sicurezza. e non rivolgere le spalle agli interlocutori.
Gli oggetti potenzialmente pericolosi non devono Non indossare oggetti preziosi e non lasciare visibili
essere accessibili ai pazienti: ad esempio, non oggetti di valore (cellulari, tablet, ecc.) durante le
dimenticare le forbici sulla scrivania. ore di attività.
Il cammino verso l’uscita deve sempre restare Non consentire la presenza di più persone nella
libero da impedimenti. stanza in cui si esegue la visita.
Non devono essere visibili agli utenti: farmaci, Essere sempre consapevoli, durante la visita
strumenti, oggetti di valore. domiciliare, delle vie di accesso e uscita presenti
nell’ambiente in cui ci troviamo ad operare.
Le autovetture messe a disposizione dall’ASL
devono rispondere ai requisiti di efficienza Chiedere al paziente di appoggiare lontano da noi
meccanica e sicurezza anche in relazione alle eventuali oggetti (borse, ombrelli, bastoni, ecc.)
condizioni climatiche stagionali. che ha portato con sé.

MA SOPRATTUTTO: SEGNALARE OGNI EPISODIO


Come visitare i bambini
⊲  R. Antonicelli  ⊲  S. Scotti

Il Medico di Continuità Assistenziale, secondo quanto previsto dal nuovo ACN per la
Medicina Generale, è responsabile di uno specifico livello assistenziale indirizzato a tutta
la popolazione in ogni fascia di età e, pertanto, proprio per le caratteristiche del servizio,
anche all’età pediatrica.
È quindi un’evenienza piuttosto frequente trovarsi a dovere visitare un bambino e questo
capitolo cercherà di fornire consigli pratici per l’approccio a questa particolare categoria
di pazienti.
Come per ogni paziente, la visita comincerà con anamnesi ed esame obiettivo, ma l’a­
namnesi pediatrica è particolare in quanto non è il bambino, ma un genitore, in genere la
madre, a descrivere i disturbi. Ascoltate attentamente: la madre conosce bene il suo bambino
ed, in genere, interpreta bene i suoi problemi, specie quando è malato. Va tenuto presente,
comunque, che lo stesso bambino, se sufficientemente grande, può fornire informazioni
utili, e quindi valutate l’opportunità di coinvolgerlo con domande mirate e ricche di esempi
pratici (es. ti fa male come una puntura? o come una bruciatura?).
Oltre alla capacità di raccogliere l’anamnesi e di elicitare i segni clinici rilevanti all’esame
obiettivo, è importante interpretarli correttamente (non dimenticate che i reperti variano
nelle diverse età: cuore, polmoni e fegato del neonato danno reperti differenti da quelli che
si avranno a 6 mesi o a 12 anni). Si vedano come esempio la frequenza respiratoria e la
frequenza cardiaca alle varie età.
Il comportamento del bambino (e di conseguenza le difficoltà che voi incontrerete e
il vostro modo di procedere) sarà diverso a seconda dell’età: un lattante starà in genere
tranquillo, un bambino di 2-3 anni potrà opporre resistenza, dimenarsi, strepitare, piangere,
un bambino più grandicello sarà più o meno collaborativo, mentre un bambino vicino all’a­
dolescenza avrà una particolare sensibilità legata alla nuova percezione del corpo propria
di questa fase della vita.
Nel lattante le principali informazioni si ricavano dall’osservazione della motilità
spontanea, del comportamento e dalla risposta a stimoli elementari come luce, suoni,
leggere punture: sospetterete una condizione grave sia in un bambino troppo tranquillo,
eccessivamente sonnolento, poco reattivo che in un bambino che presenta una risposta
esagerata a stimoli visivi, acustici, tattili.
I riflessi primitivi, come il riflesso tonico asimmetrico del collo, il riflesso di Moro (o
riflesso di abbraccio), il riflesso di prensione, sono normali nel bambino di pochissimi mesi,
ma assumono significato patologico quando persistono ulteriormente.
Palpate con delicatezza la fontanella bregmatica, ed eventualmente la sutura sagittale
e la fontanella lambdoidea: una fontanella bregmatica tesa, pulsante e una diastasi della
sutura sagittale vi indirizzeranno verso una diagnosi di ipertensione endocranica. Qualche
piccola astuzia, e soprattutto l’esperienza, vi consentiranno comunque di arrivare alla
diagnosi anche nel bambino più strepitante e meno collaborante.
Adottate un atteggiamento tranquillizzante, sorridete, non abbiate fretta: mentre ascoltate
i genitori, lasciate che il bambino si abitui a voi e si convinca che si può fidare. Se piange,
lasciatelo in braccio alla madre, dategli un giocattolo, un giornalino o anche lasciatelo
giocare con lo stetoscopio.
Solo allora chiederete alla madre di iniziare a svestirlo, liberando di volta in volta
dagli indumenti la regione che dovete valutare. Non dimenticate che le vostre mani e lo
strumentario devono essere caldi e andrebbero usate apparecchiature adatte al bambino;
Come visitare i bambini 7

in particolare, se possibile cambiare il bracciale dello sfigmomanometro che utilizzate di


solito per gli adulti con uno più piccolo.
Osservate i movimenti del torace durante la respirazione e ricordate che la percussione
della parete toracica del bambino deve essere leggera e che la semplice variazione della
pressione di applicazione dello stetoscopio causa variazioni dei rumori respiratori. Con un
bambino piangente, è importante ascoltare i rumori respiratori nell’inspirazione e i rumori
cardiaci nella pausa respiratoria.
La frequenza respiratoria può essere valutata con maggiore precisione con l’auscul­
tazione, ma anche, come primo approccio, ispettivamente; la frequenza cardiaca deve
essere valutata invece per mezzo dell’auscultazione cardiaca, poiché i polsi arteriosi sono
apprezzabili con grande difficoltà e solo “qualitativamente”.

FREQUENZA RESPIRATORIA A RIPOSO FREQUENZA CARDIACA A RIPOSO


(RANGE) (MEDIA E MASSIMA)
Neonato 30-60/min 0-6 mesi 140-160/min

1 anno 20-40/min 6-12 mesi 130-150/min


2-4 anni 20-30/min 1-2 anni 110-130/min
5-9 anni 20-25/min 2-6 anni 100-120/min
10-14 anni 17-22/min 6-10 anni 95-110/min
10-14 anni 85-100/min

Non dimenticate che il bambino in età scolare presenta spesso un aumento della
frequenza cardiaca nell’inspirazione e una riduzione nell’espirazione. La misurazione della
pressione arteriosa in un bambino richiede pazienza, pratica e soprattutto un bracciale di
dimensioni adeguate.
I linfonodi vanno palpati nelle stazioni laterocervicali, retroauricolari, occipitali, ascellari,
epitrocleari e inguinali. Un modesto aumento di volume nel bambino è fisiologico ed in genere
è una risposta aspecifica a stimoli flogistici.
La palpazione dell’addome, da effettuare a bambino supino, sarà inizialmente delicata,
per approfondirsi, se necessario e se il rilasciamento muscolare lo consente (cercate di di­
strarre il bambino e, se soffre il solletico, eseguite la palpazione con la vostra mano poggiata
sopra la sua). Fegato e milza palpabili sono un reperto fisiologico nell’infanzia (fino a 2-3
anni, milza e fegato debordano di 1-2 cm dall’arcata costale).
Non rari i casi in cui una mamma vi racconta che il bambino soffre di prurito anale, even­
tualmente accompagnato da diarrea e lesioni da grattamento in zona rettale; in questi casi
non dimenticate di considerare la possibilità di una ossiuriasi, ossia infestazione provocata
dal piccoli nematodi (Enterobius vermicularis) che è relativamente frequente in età infantile.
Solo alla fine della visita eseguirete quelle manovre che possono rendere il bambino non
collaborante perché causa di dolore, come la pressione sul trago (nel sospetto di un’otite
media) e l’esame del cavo orofaringeo e delle tonsille.
Pochi bambini apriranno la bocca alla vostra richiesta (per i più piccoli potrete ricorrere
al trucco di chiudergli brevemente e con delicatezza il naso). Una volta che il bambino avrà
aperto la bocca, applicate l’abbassalingua solo sui due terzi anteriori della lingua, per
evitare di elicitare il riflesso del vomito, e soprattutto siate rapidi.
8 L’esame obiettivo: approccio al caso clinico

Enuresi notturna
Anche se non configura un intervento comunemente legato all’attività di Guardia Medica,
un disturbo relativamente comune nell’infanzia in cui potreste “tangenzialmente” incontrare
è rappresentato dall’enuresi notturna, che consiste nella perdita involontaria e completa di
urina durante il sonno, per periodi prolungati, in un’età (circa 5-6 anni) in cui la maggior
parte dei bambini ha ormai acquisito il controllo degli sfinteri.
Tale disturbo il più delle volte tende a risolversi spontaneamente con la crescita, ma
può comunque essere causa di forte disagio psicologico per il bambino e i familiari. Se,
almeno a livello verbale doveste incontrare tale evenienza non dimenticate di chiedere se il
bambino non è mai riuscito ad acquisire il controllo notturno (enuresi primaria) oppure se
il disturbo compare in un bambino che precedentemente aveva raggiunto il controllo della
vescica per almeno 6 mesi (secondaria).
Non deve essere inoltre esclusa la possibilità di una enuresi “sintomatica” legata a
infezioni urinarie o a diabete infantile. Se il disturbo viene riferito da parte dei genitori
per la prima volta al Medico di Continuità Assistenziale, l’approccio più coerente consiste
nel rassicurarli sulla natura generalmente “benigna” del disturbo e nel consigliar loro di
rivolgersi al Pediatra per gli opportuni approfondimenti diagnostici.
Come visitare gli anziani
⊲  T. Maio  ⊲  F. Salvi

Lo scopo di questo paragrafo è quello di offrire spunti di riflessione sull’approccio relazionale


e clinico al paziente anziano, rimandando alle specifiche sezioni la trattazione dei quadri
patologici. L’invecchiamento della popolazione ed il miglioramento delle cure fanno sì che il
numero di anziani seguiti dai medici di medicina generale sia in costante aumento.
Il coinvolgimento del Medico di Continuità Assistenziale nella presa in carico di tali
pazienti è condizionata dal modello organizzativo di Continuità Assistenziale in cui opera.
Infatti, mentre nelle realtà in cui sono avviate esperienze di integrazione tra Medici di Fami­
glia e di Continuità Assistenziale, tali da permettere un’organizzazione di tipo strutturale o
funzionale di continuità delle cure, possiamo trovarci nelle condizioni di poter gestire a pieno
il percorso assistenziale del paziente grazie alla condivisione di informazioni ed attività con
i Medici di Famiglia, nelle realtà non organizzate e non inserite in progetti di integrazione, il
nostro rapporto con l’anziano sarà limitato ad interventi occasionali richiesti dal paziente
per un problema acuto, che dovremo affrontare nella totale assenza di scambi informativi.
La visita di un paziente anziano richiede sempre una valutazione particolarmente attenta
che non può prescindere dalla raccolta di un’anamnesi completa ed un altrettanto completo
esame obiettivo, anche in presenza di sintomi apparentemente marginali o di non rilevante
gravità. Non dobbiamo infatti dimenticare la coesistenza nei soggetti anziani di molteplici
malattie croniche, a carattere progressivo, che interagiscono manifestandosi in maniera
atipica, rendendo ardua la formulazione di una diagnosi precisa.
Frequentemente in questi soggetti, una manifestazione clinica può essere espressione
dell’alterazione di un organo o di un apparato del tutto lontano da quello interessato dal sin­
tomo: le alterate risposte fisiche e psicologiche che l’anziano presenta ai processi patologici
possono infatti determinare quadri sindromici aspecifici o addirittura fuorvianti (Tabella 1).
Inoltre, i sintomi cardine che guidano in modo determinante il normale processo decisionale
possono essere totalmente assenti nell’anziano (es., il dolore toracico nell’infarto cardiaco
o la febbre e la tosse nella polmonite).
Particolarmente importante, nel paziente anziano, è il rapido peggioramento dello stato
funzionale: può capitare che chi si occupa del soggetto anziano (familiare, badante) vi
riferisca che “ieri camminava” mentre oggi “non riesce ad alzarsi dal letto” o “non si regge
in piedi”, oppure “è diventato incontinente” o, ancora, “non mangia, non ha appetito” o “non
riesce a deglutire”. Tali “sintomi” non sono da sottovalutare e non sono legati al normale
processo di invecchiamento, né a problemi strettamente neurologici; anzi, essi sono spesso
la spia di una malattia acuta che non ha ancora dato segno di sé attraverso sintomi più
convenzionali: scompenso cardiaco, febbre e processi infettivi in generale (ad es. influenza,
polmonite; non si dimentichi che la pollachiuria delle infezioni urinarie diventa “incontinenza”
nell’anziano, troppo lento per arrivare in bagno, ma non va dimenticata la possibilità che si
tratti d’iscuria paradossa e, quindi, di ritenzione urinaria acuta), (sub)occlusione intestinale/
coprostasi ne sono un esempio.
Può accadere che il nostro interlocutore, anziano e non, non sia disponibile ad instaurare
quel minimo di dialogo che consenta di raccogliere gli elementi indispensabili per indirizzare
il processo decisionale. Un paziente che richiede la prescrizione di farmaci che assume abi­
tualmente può essere infastidito da domande volte a ricostruire l’anamnesi farmacologica
e può addirittura rigettare, come indebita invadenza da parte del medico, il tentativo di
esaminare aspetti che Egli reputa estranei alla situazione contingente o, peggio, scambiare
l’accuratezza anamnestica per insicurezza o incompetenza.
10 L’esame obiettivo: approccio al caso clinico

Tabella 1. Modalità di esordio nell’anziano di alcune condizioni trattabili (Modificata da: Knight S. 1978;
tratta e modificata da Senin U. “Paziente anziano e paziente geriatrico” EdiSES 2003)
PRESENTAZIONE POSSIBILI CAUSE
Alterazione dello Ipoglicemia, mixedema, iper ed iponatriemia, ematoma subdurale, idrocefalo
stato mentale normoteso, farmaci (ipnotici, tranquillanti, ecc.), deficit di vitamine (B12, folati),
uremia, encefalopatia epatica, febbre, depressione...
Astenia Iponatriemia, ipokaliemia, embolia polmonare, polmonite, sindrome da
malassorbimento, anemia, scompenso cardiaco, depressione…
Depressione Ipo ed ipertiroidismo, ipercalcemia, farmaci (ipnotici, tranquillanti, ecc.)
Sincope/cadute Patologie convulsivanti, ipoglicemia, iponatriemia, ipocalcemia, disturbi
parossistici del ritmo cardiaco, sanguinamento gastrointestinale, embolia
polmonare, ipovolemia…
Quadro clinico Sepsi, endocardite batterica subacuta, scompenso cardiaco, embolia polmonare,
paucisintomatico insufficienza renale, depressione…

La soluzione a tutto questo è chiarire sin dall’inizio che noi non conosciamo il paziente
ed abbiamo la necessità di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili per
offrire una migliore assistenza, evitando duplicazione di farmaci o prescrizioni non adatte.
L’anamnesi geriatrica può inoltre presentare rilevanti difficoltà a causa di deficit uditivi,
visivi e cognitivi che condizionano in maniera rilevante la raccolta dei dati. Di volta in volta,
adatteremo alle condizioni del soggetto, alle caratteristiche della situazione, al setting nel
quale avviene la visita, le modalità di raccolta dei dati.
Per esempio, è utile condurre la visita in un ambiente ben illuminato, avendo cura di
eliminare le possibili fonti di rumore: chiudere le finestre, spegnere la tv, pregare i presenti
di restare in silenzio; parlare con un tono di voce profondo, lentamente, mettendosi di
fronte al paziente in modo che possa guardare il movimento delle nostre labbra; formulare
le richieste in modo semplice, evitando i tecnicismi; porre domande specifiche rispetto a
sintomi potenzialmente importanti. In alcuni casi, può essere necessario scrivere, a lettere
grandi, le domande rivolte lasciando il tempo di leggere, comprendere e rispondere (non è
un quiz a tempo e non è sempre la prima risposta quella che conta!).
È essenziale determinare prima possibile il grado di attendibilità delle informazioni
offerte dal paziente, valutandone le condizioni cognitive con modalità tali da non urtarne
la suscettibilità o determinare una posizione difensiva (es., chiarendo le motivazioni di tale
indagine). In questo caso è opportuno invitare i presenti a non aiutare il paziente a rispondere.
Se il paziente non è attendibile o appare confuso è preferibile raccogliere le informazioni
importanti direttamente dal familiare o caregiver principale (badante).
La sua collaborazione ci permetterà di avere informazioni più complete, oltre che sulla
storia clinica, anche sulle abitudini e sul grado di compliance che potremo attenderci dal
paziente; potrà descriverci l’evoluzione del quadro essendo in grado di riconoscere per
primo variazioni degli abituali disturbi ed assicurerà che vengano attuati i provvedimenti
terapeutici proposti. È però importante evitare che interferisca in modo inappropriato nel
nostro rapporto con il malato e, se le condizioni cognitive del paziente lo consentono, non
bisogna permettere che il familiare diventi il nostro principale interlocutore.
L’anamnesi patologica remota deve riguardare oltre che le patologie note, eventuali
allergie, interventi chirurgici, ricoveri ospedalieri. Sarà utile avere informazioni aggiuntive
quali vaccinazioni, misure preventive adottate ed eventuali indagini diagnostiche che
potrebbero aver determinato effetti collaterali o che possono consentirci di restringere con
ragionevole certezza l’ambito delle diagnosi differenziali.
Come visitare gli anziani 11

La conoscenza delle abitudini quotidiane, della dieta e persino dell’ambiente familiare


potranno aiutarci, oltre che nella diagnosi (es., interferenze alimenti e farmaci), anche
nella scelta delle modalità e delle vie di somministrazione dei farmaci: sciroppo invece
che compresse se esiste una difficoltà di deglutizione, antidolorifici per via orale o rettale
invece che iniezioni se le condizioni economiche non permettono di pagare un infermiere.
Nella Tabella 2 sono riassunti alcuni elementi da chiarire nella raccolta dell’anamnesi.

Tabella 2. Elementi da valutare nella raccolta dell’anamnesi

Malattie note
Allergie note
Ricoveri ospedalieri
Interventi chirurgici
Vaccinazioni effettuate
Accertamenti sanitari recenti
Misure sanitarie preventive (MOC, mammografia, Pap test, ecc.)
Farmaci assunti, con particolare attenzione all’automedicazione ed ai farmaci da banco
  (lassativi, diuretici “al bisogno”)
Abitudini voluttuarie e dieta
Grado di autosufficienza
Condizioni socioeconomiche
Familiare di riferimento
Recenti eventi di vita (lutti, pensionamento, ecc.)

Particolare attenzione dovrà essere data alla conoscenza delle terapie


assunte (anamnesi farmacologica). È importante verificare non solo quali
farmaci siano stati assunti e con quali modalità, ma anche l’avvenuta
somministrazione del farmaco (contando pastiglie e confezioni) poiché non è raro
scoprire che l’assunzione sia stata dimenticata, simulata o erronea.

In tal senso, non esitate a chiedere al paziente o ai familiari di mostrarvi il luogo in cui
sono conservati i farmaci ed i farmaci stessi e di indicare quale farmaco viene assunto per
un determinato motivo e quale per un altro motivo. Così facendo, diminuisce il rischio di
omissioni o dimenticanze nella raccolta delle informazioni e si possono individuare improprie
modalità di conservazione ed assunzione dei farmaci.
Molti anziani svuotano le confezioni e conservano le compresse in un unico contenitore
con il rischio di confondere le specialità (es., assunzione di farmaco cardiologico in gocce
a scopo ipnoinducente perché confuso con benzodiazepina/antipsicotico, sempre in gocce,
assunte invece regolarmente “per il cuore”); altri, invece, ricorrono all’automedicazione
usando frequentemente farmaci erroneamente ritenuti innocui poiché abituati ad assumerli
da parecchio tempo o perché acquistabili senza prescrizione medica. È classico il caso dei
lassativi, del paracetamolo o dei FANS. L’assunzione abitudinaria ed incontrollata di antin­
fiammatori non steroidei per la terapia sintomatica di banali affezioni osteo-articolari, oltre
ad esporre al rischio di emorragie, essendo associata ai fenomeni fisiologici determinati
dall’età, quali una funzionalità renale ridotta o la disidratazione conseguente al ridotto
senso di sete, può portare ad insufficienza renale acuta. Nella tabella 3 sono riassunti alcuni
frequenti problemi riscontrati in seguito al sovradosaggio o alla interazione di farmaci.
Un esame obiettivo completo ed accurato è un altro passaggio fondamentale nella visita
al paziente anziano. Anche in questo caso, la collaborazione offerta dal paziente stesso ne
rappresenta un elemento limitante importante. Il paziente anziano, specie se affetto da
12 L’esame obiettivo: approccio al caso clinico

Tabella 3.

FARMACI SINTOMI
Diuretici Confusione mentale, ipotensione ortostatica, sincope, iperazotemia,
turbe idro-elettrolitiche
Digitale Sintomi depressivi, disturbi visivi, turbe della coscienza, nausea/vomito
FANS Emorragie gastroenteriche, insufficienza renale, ipertensione
Antiipertensivi Ipotensione ortostatica, turbe idro-elettrolitiche, sincope, insufficienza renale (acuta)
Psicofarmaci Alterazioni extrapiramidali, stato confusionale (agitazione); depressione
Lassativi Stipsi, disidratazione e turbe idro-elettrolitiche

demenza, può essere spaventato dall’essere “manipolato” (visitato) da un estraneo, quindi


può essere utile, all’inizio della visita, chiamare il paziente per nome (empatia), instaurare
un contatto fisico (es., accarezzare, prendere le mani), nonché presentarsi come “il dottore”,
che è venuto a visitarlo perché non sta bene. Durante la visita, è corretto chiedere al paziente
se desidera la presenza di un familiare; se presente, quest’ultimo non dovrà rispondere
alle nostre domande impedendo al diretto interessato di esprimere le proprie sensazioni e
percezioni, né commentare quanto da Lui descritto. Il disturbo che più affligge il paziente
può essere diverso da quello che il familiare considera il problema principale.
Il familiare potrà intervenire quando il paziente avrà completato la propria esposizione.
Talvolta, la presenza del familiare può essere indispensabile per facilitare l’esecuzione di
alcune manovre di semeiotica rese difficoltose da deficit cognitivi o gravi disabilità: aiutare
a posizionare il paziente seduto o in piedi, sfruttare l’imitazione di gesti del familiare per
far eseguire respiri profondi a bocca aperta (durante l’auscultazione polmonare, specie
nel paziente demente, che non comprende i comandi, ma è ancora in grado di “imitare”).
Un altro piccolo trucco per ottenere respiri profondi a bocca aperta nel paziente demente
non collaborante e non “imitante” può essere quello di chiuderne le narici: questo produrrà
una fisiologica respirazione a bocca aperta…

Particolare attenzione va posta alla comunicazione non verbale, specie,


ancora, nel paziente demente, che, va ricordato, è spesso totalmente
incapace di riferirvi qualsivoglia disturbo, sintomo o dolore: quindi, ad
esempio durante la palpazione dell’addome o di un arto, è opportuno guardare il
paziente in faccia, osservando la comparsa di smorfie di dolore o variazioni della
mimica che possano suggerire appunto la presenza di dolore; anche l’aumento
dello stato di agitazione o la comparsa di aggressività o maldestri tentativi di
allontanarvi da Lui devono essere considerati come analoghi di espressione di
dolore o, più un generale, un “segno”.

Un’ultima considerazione. Nella gestione del complesso rapporto paziente/familiare


dovremo confrontarci con due realtà: quella del malato e del suo rapporto con la malattia e
quella del caregiver e del suo rapporto con la sofferenza del proprio caro. Aspettative, sensi
di colpa, impotenza nell’affrontare situazioni immutabili, fatica quotidiana nell’assistenza,
possono spesso determinare aggressività facilmente esternata nei confronti di un medico
estraneo alla routinaria gestione della malattia. Un’adeguata informazione, una paziente
contrattazione e condivisione delle scelte sono gli unici strumenti a nostra disposizione per
superare queste difficoltà.
I FARMACI
FORMULAZIONI
E POSOLOGIE
Analgesici,
antinfiammatori, antipiretici
⊲  R. Antonicelli  ⊲  L. Falletta

Nella somministrazione o nella prescrizione di qualunque terapia siate sempre molto cauti
e graduali; ricordate in particolare, che l’anziano ha un metabolismo diverso e questo vale
anche per i farmaci. Du­ran­te i turni di Continuità Assistenziale, 8 chia­ma­te su 10 si ri­fe­ri­
sco­no a pa­to­lo­gie in cui la ca­te­go­ria dei far­ma­ci analgesici, antinfiammatori, antipiretici fa
la par­te del leo­ne: è per­tan­to be­ne co­no­scer­ne a fon­do l’u­so, gli ef­fet­ti ed i li­mi­ti.

A­nal­ge­si­ci
Per un cor­ret­to u­so di que­sta ca­te­go­ria di far­ma­ci, do­ve­te cer­ca­re il più pos­si­bi­le di
pre­ci­sa­re la se­de e l’e­zio­lo­gia del do­lo­re ri­cor­dan­do che, in cer­ti ca­si, la sem­pli­ce se­da­zio­ne
del do­lo­re è con­tro­pro­du­cen­te se pri­ma non si è po­sta u­na cor­ret­ta dia­gno­si (ba­sti pen­sa­re
al­le con­se­guen­ze cui può e­vol­ve­re u­na ap­pen­di­ci­te ad­dor­men­ta­ta far­ma­co­lo­gi­ca­men­te sen­za
che lo stesso pa­zien­te se ne ren­da con­to).
Do­ve­te i­nol­tre cer­ca­re, in­di­pen­den­te­men­te dal­la par­te­ci­pa­zio­ne e­mo­ti­va del pa­zien­te, di
ren­der­vi con­to del­la rea­le con­si­sten­za del do­lo­re, avvalendovi, per esempio, di scale qualita­
tive per la valutazione dello stesso come la NRS (di pratico utilizzo, anche telefonico) o la VAS
(se avete a disposizione il supporto cartaceo). In li­nea di mas­si­ma, se il do­lo­re è lieve, si può
ricorrere ad un FANS o al paracetamolo. Nel caso di dolore acuto moderato-grave nell’adulto,
si può ricorrere ad una associazione analgesica per via orale, ad es. paracetamolo/tramadolo
cpr 325/37,5 mg oppure dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg.
Po­so­lo­gia a­dul­ti:
• Pa­ra­ce­ta­mo­lo [sup­po­ste da 1000 mg: 1 supp. × 2/die o compresse/compresse effervescenti
(dose max giornaliera 3 g; mantenere fra una dose e l’altra un intervallo di 6-8 ore)].
• Acido acetilsalicilico (ASA) cpr 325 mg × 2-3/die o bustine 500 mg (dose max 2 bust x 3
volte/die) oppure ASA /acido ascorbico cpr 400/240 mg × 2-3/die.
• Ibuprofene 200/400/600 mg q8-12 ore (una dose di 400 mg ha un’efficacia analgesica superiore
a 1 g di paracetamolo).
• Diclofenac 50 mg q8-12 ore oppure 75 mg q12 ore in fase acuta.
• Dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg, da 1 a 3 volte/die, ad intervalli di almeno 8 ore.
• Ketorolac gtt 2% 10 mg q4-6 ore (dose max 40 mg/die). Se non è possibile utilizzare la via
orale (ad es. a causa di vomito), in genere è preferibile:
• Di­clo­fe­nac (1 f. i.m. 75 mg); in al­ter­na­ti­va si u­sa:
• Ketorolac (1 f. i.m. 10 o 30 mg).
• Tramadolo cpr 100-200 mg/die o formulazione in gtt (20 gtt = 50 mg) 50-100 mg q6 ore (dose
max 400 mg/die, adeguare il dosaggio all’intensità del dolore), effetti collaterali comuni sono
capogiri e nausea (possibile associare antiemetico in profilassi).
Nei ca­si di do­lo­re gra­ve, in­coer­ci­bi­le, som­mi­ni­stra­re:
• Mor­fi­na 1 f. 10 mg s.c.

Antinfiammatori, antipiretici
Il farmaco di prima scelta come antipiretico è il paracetamolo; in genere la sua som­
ministrazione è indicata quando la febbre si mantiene sopra i 38°C senza accennare a
diminuzione spontanea.
Per il bambino si raccomanderà ai genitori di:
1. garantire un abbondante apporto di liquidi soprattutto nel bambino piccolo
Analgesici, antinfiammatori, antipiretici 15

2. favorire la dispersione del calore evitando di coprire eccessivamente il piccolo con magliette,
golfini, calzini, coperte, ecc., evitare bagni freddi, piuttosto preferire bagni tiepidi che
permettono dispersione di calore per evaporazione
3. evitare di stroncare rapidamente la febbre, poiché la rapida defervescenza può causare
convulsioni febbrili
4. rassicurare in merito a farmaci sperimentati come il Paracetamolo.
Posologia bambini:
Il paracetamolo per OS generalmente può essere dosato come segue:
- <12 anni 10/15 mg/kg/dose ogni 4-6 ore; >12 anni 500-1000 mg/dose ogni 4-6 ore; <3
mesi dose max 60 mg/kg, >3 mesi dose max 80 mg/kg.
- sciroppo 24 mg di Paracetamolo/ml (5 ml = 120 mg):
7-10 kg di peso ➞ 5 ml/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
11-12 kg di peso ➞ 5 ml q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
13-20 kg di peso ➞ 7,5-10 ml/dose q6 ore (max 6 somministrazioni/die)
21-25 kg di peso ➞ 10 ml/dose q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
26-40 kg di peso ➞ 15-20 ml/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
41-50 kg di peso ➞ 20 ml/dose q4 ore (max 6 somministrazioni/die)
- gocce (100 mg/ml - 1 gtt = 2,7 mg)
3,2-6 kg - >16-23 gtt/dose q6 ore (max 4 somministrazioni/die)
- supposte da 125, da 250, da 500 mg
Ibuprofene sciroppo 100 mg/5 ml (2,5 ml = 50 mg):
7-10 kg di peso ➞ 2,5 ml/dose q8 ore
11-15 kg di peso ➞ 5 ml/dose q8 ore
15-20 kg di peso ➞ 7,5 ml/dose q8 ore
20-28 kg di peso ➞ 10 ml/dose q8 ore
28-43 kg di peso ➞ 15 ml/dose q8 ore
Esiste anche la formulazione di 200 mg/5 ml (doppia rispetto alla precedente).
- Metamizolo 500 mg/ml gtt orali:
4 mesi -4 anni ➞ 2-6 gtt fino a 4 volte/die
5-14 anni ➞ 10-15 gtt fino a 4 volte/die
>15 anni e adulti ➞ 20-40 gtt fino a 4 volte die.
Sconsigliato l’uso di cortisonici se la causa non è stata individuata.

Profilassi delle convulsioni febbrili


Se il bam­bi­no è pic­co­lo (0-6 an­ni) in­for­ma­te­vi se ab­bia mai a­vu­to con­vul­sio­ni feb­bri­li
o sus­si­sta u­na fa­mi­lia­ri­tà in que­sto sen­so; in ca­so di ri­spo­sta af­fer­ma­ti­va, sa­rà op­por­tu­na
la som­mi­ni­stra­zio­ne di un an­ti­pi­re­ti­co o­gni 4-6 o­re (secondo peso) (Paracetamolo sciroppo
o supposte). Poi­ché non sem­pre ta­le prov­ve­di­men­to è suf­fi­cien­te a man­te­ne­re la tem­pe­ra­
tu­ra cor­po­rea sot­to i 38°C, è u­ti­le la­scia­re in­di­ca­zio­ne per l’u­so di un al­tro an­ti­pi­re­ti­co “al
bi­so­gno” [ad esempio Metamizolo (come pragrafo precedente)]. Non è raccomandato un
trattamento antiepilettico a lungo termine (continuo o intermittente) in bambini con crisi
isolate o ricorrenti in iperpiressia (AAP Strong recommendation, Grade B). Non è inoltre
raccomandata la somministrazione di Diazepam per os o rettale all’esordio della febbre.
È raccomandato interrompere la convulsione febbrile il prima possibile, scongiurando la
possibilità che si instauri uno stato di male. Si raccomanda di somministrare Diazepam
per via rettale alla dose di 0,5 mg/kg (grado di evidenza III; forza della raccomandazione A).
Antibiotici
⊲  R. Antonicelli  ⊲  F. Testa

L’u­so ra­zio­na­le de­gli an­ti­bio­ti­ci è un pro­ble­ma chia­ve, non so­lo per la Continuità Assistenziale,
ma an­che per la me­di­ci­na o­spe­da­lie­ra ed e­xtrao­spe­da­lie­ra in ge­ne­ra­le. Negli ultimi anni
in Italia il problema dell’antibiotico-resistenza ha raggiunto livelli allarmanti. La terapia
antibiotica deve essere prescritta solo quando strettamente necessaria con scrupolosa
attenzione allo spettro d’azione, alla posologia e alla durata del trattamento. Quando il
trattamento antibiotico non è utile, la comunicazione medico-paziente ha un ruolo fonda­
mentale: influenza la percezione del paziente riguardo la necessità di ricorrere ad antibiotici.
Del­le in­fe­zio­ni ti­pi­che de­gli Ap­pa­ra­ti (es.: ci­sti­ti, pol­mo­ni­ti, ecc.) par­le­re­mo più dif­fu­sa­
men­te nei ri­spet­ti­vi ca­pi­to­li. È pe­rò ne­ces­sa­rio sot­to­li­nea­re su­bi­to un pun­to: co­me già det­to,
l’in­ter­ven­to del Me­di­co di Continuità Assistenziale è un in­ter­ven­to indifferibile; il Medico di
Famiglia a­vrà la pos­si­bi­li­tà nei gior­ni se­guen­ti di far e­se­gui­re e­sa­mi e di sor­ve­glia­re nel tem­po
l’e­vo­lu­zio­ne del­la ma­lat­tia.
Con que­ste premesse, si con­ver­rà che so­no piut­to­sto li­mi­ta­te le si­tua­zio­ni in cui l’in­tro­du­
zio­ne di un an­ti­bio­ti­co in te­ra­pia, 12 o­re pri­ma, cam­bi ra­di­cal­men­te il vol­to di u­na pa­to­lo­gia.
Nei casi in cui si riterrà opportuno instaurare un trattamento antibiotico ecco un breve
riferimento alle diverse classi di antibiotici con rispettiva posologia (valida per le infezioni
batteriche più comuni):
Cefalosporine, Macrolidi e Pe­ni­cil­li­ne se­mi­sin­te­ti­che.
Tra le cefalosporine, alcune sono le seguenti:
– Acetossietilcefuroxima (250-500 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (II generazione).
– Cefaclor (250-500 mg cpr 2-3/die, ogni 8-12 ore) (II generazione).
– Cefditoren (200-400 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (III generazione).
– Cefixima (400 mg cpr 1/die o 200 mg cpr 2/die, ogni 12 ore) (III generazione)
Tra i Macrolidi ricordiamo:
– Azitromicina (cpr 500 mg in monosomministrazione giornaliera)
– Claritromicina (formulazione RM 500 mg 1 cpr/die; cpr o bustina 250 mg 2/die, ogni 12 ore).
– Miocamicina (600 mg cpr 2-3 /die, ogni 8-12 ore)
Tra le Pe­ni­cil­li­ne se­mi­sin­te­ti­che con­si­glia­mo:
• A­mo­xi­cil­li­na/Ac. Cla­vu­la­ni­co (1000 mg cpr 2-3/die, ogni 8-12 ore)
In caso di terapia iniettiva:
• Sulbactam/Ampicillina
f. 500 mg + 1 g: 1 f. i.m. 2/die
In presenza di soggetti che abbiano problemi di deglutizione o che per altri motivi non
riescano ad assumere compresse (ad es. soggetti anziani, politrattati, ecc.) una valida
alternativa è data da:
• Cefaclor (os grat 250 mg/5 ml) oppure
• Cefixima (compresse dispersibili 1 cpr 400 mg/die) oppure
• Claritromicina (250 bust 2/die, ogni 8-12 ore)
Antibiotici 17

Fra i Chinolonici delle ultime generazioni, si ricordano:


– Ciprofloxacina (250-750 mg cpr 2/die, ogni 12 ore)
– Levofloxacina (500 mg cpr 1/die)
– Moxifloxacina (400 mg cpr 1/die)
Relativamente a questa classe di antibiotici, i limiti da tenere sempre presenti sono la
contro­indicazione nei bambini e negli adolescenti (interferenza con le cartilagini durante
la crescita) e fenomeni di fotosensibilizzazione (particolarmente importanti in estate).*
La po­so­lo­gia pe­dia­tri­ca risulta caotica se vi affannate a tenere a me­mo­­ria per un prodotto
“1/2 misurino fino a 2 anni, 1 misurino da 2 a 6 anni, ecc.”.
Il criterio semplice e valido consiste nel moltiplicare il peso approssimativo del bam­
bino, che la madre in genere conosce, per un numero fisso di milligrammi conformemente
alla formula:

mg della posologia × kg di peso del bambino


n. di somministrazioni al dì
Posologia bambini:
A­mo­xi­cil­li­na 40-90 mg × kg/die in 2-3 somministrazioni
Cefaclor 20 - 40 mg x kg in 2-3 somministrazioni
Cefixima 8 mg/kg/die in unica somministrazione.
Claritromicina 15 mg/kg/die suddivisi in 2 somministrazioni.
Amoxicillina/Ac. Clavulanico da 25 mg/3,6 mg/kg fino a 70 mg/10 mg/kg al giorno
suddivisi in 2 somministrazioni.

*NOTA AIFA APRILE 2019


L’Agenzia Italiana del Farmaco rende disponibili nuove e importanti informazioni di sicurezza in merito ai
medicinali contenenti fluorochinoloni (ciprofloxacina - levofloxacina - moxifloxacina - pefloxacina - prulifloxacina
- rufloxacina - norfloxacina - lomefloxacina):
• Sono state segnalate con gli antibiotici chinolonici e fluorochinolonici reazioni avverse invalidanti, di lunga
durata e potenzialmente permanenti, principalmente a carico del sistema muscoloscheletrico e del sistema
nervoso.
• Di conseguenza, sono stati rivalutati i benefici e i rischi di tutti gli antibiotici chinolonici e fluorochinolonici e
le loro indicazioni nei paesi dell’UE.
• I medicinali contenenti cinoxacina, flumechina, acido nalidixico e acido pipemidico verranno ritirati dal
commercio.
• Non prescriva questi medicinali:
-- per il trattamento di infezioni non gravi o autolimitanti (quali faringite, tonsillite e bronchite acuta);
-- per la prevenzione della diarrea del viaggiatore o delle infezioni ricorrenti delle vie urinarie inferiori;
-- per infezioni non batteriche, per esempio la prostatite non batterica (cronica);
-- per le infezioni da lievi a moderate (incluse la cistite non complicata, l’esacerbazione acuta della bronchite
cronica e della broncopneumopatia cronica ostruttiva – BPCO, la rinosinusite batterica acuta e l’otite
media acuta), a meno che altri antibiotici comunemente raccomandati per queste infezioni siano ritenuti
inappropriati;
-- ai pazienti che in passato abbiano manifestato reazioni avverse gravi ad un antibiotico chinolonico o
fluorochinolonico.
• Prescriva questi medicinali con particolare prudenza agli anziani, ai pazienti con compromissione renale, ai
pazienti sottoposti a trapianto d’organo solido e a quelli trattati contemporaneamente con corticosteroidi, poiché
il rischio di tendinite e rottura di tendine indotte dai fluorochinoloni può essere maggiore in questi pazienti.
Dev’essere evitato l’uso concomitante di corticosteroidi con fluorochinoloni.
• Informi i pazienti d’interrompere il trattamento ai primi segni di reazione avversa grave quale tendinite e rottura
del tendine, dolore muscolare, debolezza muscolare, dolore articolare, gonfiore articolare, neuropatia periferica
ed effetti a carico del sistema nervoso centrale, e di consultare il proprio medico per ulteriori consigli.

*Importante informazione di sicurezza


Antistaminici e cortisonici
⊲  L. Antonicelli  ⊲  M.C. Braschi  ⊲  L. Falletta

Queste due categorie di farmaci, peraltro tra loro diversissime, rappresentano il terzo cardine
(ovviamente in termini quantitativi) delle terapie attuate durante la continuità assistenziale.
Dato il grande numero di specialità disponibili e l’ampiezza delle indicazioni, in questo
breve capitolo ci limiteremo a fornire alcune linee guida per l’utilizzo durante la continuità
assistenziale, cioè in patologie acute, rinviando a testi specifici per le problematiche con-
nesse all’uso cronico.

Antistaminici
L’incremento della frequenza di reazioni allergiche o para-allergiche e la natura squisitamen-
te sintomatica degli antistaminici fanno di questa classe di farmaci uno strumento indispen-
sabile per il Medico di continuità assistenziale.
Gli antistaminici meno recenti sono penalizzati da un effetto sedativo sul sistema nervoso
centrale, che rappresenta un fattore di rischio durante l’attività in cui è richiesta attenzione,
come ad esempio la guida di autoveicoli. È pertanto preferibile l’uso di antistaminici orali
di nuova generazione, che non causano sedazione, come ad esempio Rupatadina 1 cpr da
10 mg/die oppure Desloratadina 1 cpr da 5 mg/die oppure Bilastina (1 cpr da 20 mg/die).
Qualora fosse necessaria notevole rapidità d’azione possono essere impiegati gli
antistaminici di prima generazione, disponibili in formulazioni per via parenterale come
la Clorfenamina (10 mg fiala i.m.); in scheda tecnica non è indicato sotto i 12 anni in
formulazione iniettabile.
La posologia pediatrica di alcuni antistaminici orali è la seguente:
Bilastina:
- Nei bambini di 6-11 anni di età con un peso corporeo di almeno 20 kg: 10 mg di bilastina (4 ml
di soluzione orale 2.5 mg/ml oppure 1 cpr orodispersibile da 10 mg) una volta al giorno;
- Al di sopra dei 12 anni di età è appropriata la somministrazione di bilastina 20 mg una
volta al giorno.
Cetirizina (gtt. 1 gt=0,5 mg):
- 1-2 anni ➞ 5 gtt (2,5 mg) 2 v/die;
- 2-6 anni ➞ 5 gtt 2 v/die oppure 10 gtt/die;
- 6-12 anni ➞ <30 kg 10 gtt/die;
- >30 kg ➞ 20 gtt 1-2 v/die.
Loratadina (sciroppo 5 ml/die nel bambino dai 2 anni di età in poi, fino a
30 kg di peso); sopra i 2 anni e >30 kg 10 ml (dose unica al mattino).

Cortisonici
In questo capitolo ci si limiterà esclusivamente ad alcune osservazioni sull’impiego dei
farmaci steroidei in patologie acute. La necessità di agire energicamente e rapidamente su
una condizione flogistica acuta (es. asma bronchiale, flogosi articolare, ecc.) è l’indicazione
elettiva per il trattamento d’emergenza con corticosteroidi. Abitualmente l’impiego sistemico
di breve durata, anche a dosi molto alte, è sostanzialmente sicuro dal punto di vista clinico.
L’entità della dose deve pertanto essere adeguata a bloccare il processo infiammatorio,
ed anche se il dosaggio è in relazione a molteplici fattori, in linea di massima per un
adulto medio la dose di attacco si aggira intorno a 1-2 cpr di Prednisone (cpr 25 mg) o 1
Antistaminici e cortisonici 19

f di Betametasone (f. 4 mg). Nella tabella viene indicata orientativamente l’equivalenza


di potere antiinfiammatorio di alcuni steroidi espressa in dosi equivalenti.
Nel trattamento acuto le cautele sull’impiego degli steroidi, derivanti dai loro ben noti
effetti collaterali, dovrebbero essere considerate alla luce delle necessità immediate del
paziente; in altre parole è necessario distinguere i fattori di rischio legati all’impiego a
lungo termine (es. osteoporosi, diabete, ipertensione arteriosa, insufficienza sur­renale, ecc.)
dalle controindicazioni al momento dell’impiego (es. ulcera gastroduodenale in atto, diabete
mellito scompensato) ed agire di conseguenza.
L’impiego del corticosteroide da solo in alcune condizioni rapidamente evolutive come lo
shock anafilattico non è sufficiente: in tali circostanze farmaco di prima scelta è l’Adrenalina
cui associare antistaminico e corticosteroide.
In commercio è anche presente adrenalina autoiniettabile di pronto uso [fl 0,33 mg
e junior fl 0,165 mg (<30 kg)], già predosata per adulti e per bambini di facile trasporto
in quanto non necessita di conservazione in frigorifero. In alternativa rimane disponibile
Adrenalina soluzione 1:1000 fl, 0,5 ml i.m. even­tualmente ri­petibile.
La posologia pediatrica dell’Adrenalina i.m. è di 0,01 ml/kg fino ad un massimo di
0,3-0,5 ml, eventualmente ripetibile ogni 5-15 minuti se manca la risposta clinica.

FARMACO DOSE EQUIVALENTE POSOLOGIA PEDIATRICA


IN MG IN MG/KG
Betametasone 1,5 0,1-0,2
Deflazacort 12 1-2
Metilprednisolone 8 0,8-1,6
Prednisone 10 1-2
Reazioni allergiche
a farmaci
⊲  L. Antonicelli  ⊲  R. Antonicelli  ⊲  M. C. Braschi 
⊲  L. Falletta

È buona regola, prima di prescrivere la terapia, domandare al paziente se presenti allergia


a farmaci. Talvolta, purtroppo, tale domanda anziché essere di aiuto, attiva una caotica
elencazione di circostanze, supposizioni, fenomeni bizzarri che spesso si concludono con
l’affermazione: “dottore, sono allergico a tutti i farmaci”. Tale affermazione è abitualmente
priva di ogni fondamento e determina un ingiustificato nichilismo terapeutico. Peraltro
sottovalutare precise informazioni anamnestiche può risultare estremamente pericoloso. È
necessario che nella gestione di questi pazienti vi orientiate seguendo alcuni criteri essenziali:
1. distinzione tra effetti collaterali e reazioni allergiche ai farmaci;
2. individuazione ed utilizzo di farmaci che all’anamnesi risultano ben tollerati;
3. impiego di molecole singole e non di associazioni per limitare i rischi di reazione a
componenti secondari;
4. impiego di formulazioni semplici (es. compresse) piuttosto che preparati più complessi
(es. sciroppi, bustine), al fine di ridurre la presenza di additivi e coloranti a volte implicati
in reazioni parallergiche;
5. sostituzione dei farmaci che inducono reazioni allergiche o paral­lergiche con farmaci
alternativi.

ATTENZIONE: Se possibile, fatevi mostrare farmaci già impiegati, ricette o


cartelle cliniche ove vi sia documentazione dell’uso tollerato o di eventuali
reazioni allergiche a farmaci.

6. adozione preferibilmente della somministrazione per via orale.


Gli antibatterici più frequentemente implicati in reazioni allergiche sono i beta-lattamici
ed i sulfamidici.
Quando l’anamnesi risulti chiara, è opportuno sostituire tali antibatterici con altri di
differente classe molecolare.
Per affinità di struttura molecolare, sono possibili rare reazioni allergiche crociate tra
penicilline e cefalosporine, pertanto, in sede di Continuità Assistenziale, non appare prudente
attuare tale tipo di sostituzione.
Nel caso di anamnesi positiva per reazione allergica a farmaci antinfiammatori non
steroidei (FANS), è invece necessario attuare un’altra strategia terapeutica. In queste cir­
costanze, infatti, non si tratta di allergia IgE mediata ma di reazioni indesiderate cutanee
(orticaria) o respiratorie (rinite e/o asma) correlabili con l’inibizione della cicloossigenasi.
In caso di dolore acuto, in un setting quale la Continuità Assistenziale, è più prudente
l’utilizzo di Paracetamolo; se invece è necessaria una più energica terapia antalgica, è op­
portuno nell’emergenza utilizzare un farmaco ad azione sedativa centrale come il Tramadolo
(cpr rp o cps). Consigliare consulenza allergologica per la gestione a lungo termine della
intolleranza a FANS.

ATTENZIONE: tenete sempre presente il rischio derivante da FANS presenti


come componenti minori all’interno di associazioni farmacologiche.
Reazioni allergiche a farmaci 21

Una problematica non particolarmente frequente, ma che comunque dovete tenere


presente è quella delle possibili allergie ma più frequentemente intolleranze agli eccipienti,
ossia alle sostanze che conferiscono al medicinale la forma, la consistenza, la diluizione e gli
altri caratteri fisici e chimico-fisici necessari, fungendo soprattutto da veicolo per i principi
attivi. In effetti, sono varie le sostanze usate come eccipienti che impongono particolare
attenzione a possibili eventi indesiderati.
In particolare i pazienti affetti da morbo celiaco devono evitare l’amido di grano (spesso
utilizzato come eccipiente di compresse e capsule), scontato che i diabetici devono evitare
le formulazioni dolcificate con glucosio, mentre l’aspartame è controindicato nei soggetti
affetti da fenilchetonuria.
LA CLINICA
SINTOMI,
SEGNI E GESTIONE
DEL CASO
Algologia: il dolore
ed il suo trattamento
⊲  R. Antonicelli  ⊲  L. Falletta

Il dolore è una delle condizioni più frequentemente osservate nella pratica clinica durante
l’attività della Continuità Assistenziale. Si potrebbe sicuramente affermare che il dolore
è una delle cause più comuni della chiamata al Medico di Guardia ed un suo fedele
compagno di lavoro.
Si può anche affermare che la sua conoscenza rappresenta una delle priorità che il Medico
di Continuità Assistenziale deve possedere sul piano pratico. I quadri maggiormente comuni
sono certamente quelli a carattere acuto e/o ricorrente; comunque, è anche possibile
incontrare quadri di dolore cronico e/o di riacutizzazione algica di condizioni croniche,
come ad esempio quello dell’osteoartrosi.
Il dolore, specie se d’intensità moderata o grave, ha un sicuro impatto negativo sul
benessere e sulla qualità della vita dei nostri pazienti, ed è per questo che è necessario
orientarsi presto e possibilmente bene.
Da un punto di vista clinico è importante valutarne subito: intensità, durata, carat­
teristiche e se possibile capirne la causa.
Se sull’intensità si deve tenere ben presente quanto questa sia soggettiva e pertanto
non sempre facilmente quantizzabile, dal punto di vista della durata, il dolore può essere
classificato in alcune principali tipologie:
• Dolore acuto, la cui funzione è quella di “segnalare” la presenza di una lesione tissutale
in corso, o di una alterazione dell’omeostasi; di norma si tratta di un dolore localizzato,
che si risolve con la guarigione della condizione patologica che l’ha provocato.
• Dolore cronico, spesso causato dal persistere dello stimolo dannoso e/o da fenomeni
di auto-mantenimento della stimolazione dolorosa anche dopo la risoluzione della
causa iniziale.
• “Dolore acuto ricorrente”, episodio doloroso acuto della durata di poche ore o giorni,
che rappresenta una riacutizzazione di una patologia cronica sottostante e che si
manifesta con carattere “ricorrente” ad intervalli regolari o irregolari.
In relazione al meccanismo eziopatogenetico, si distinguono le seguenti grandi categorie
di dolore:
• nocicettivo - che origina dall’attivazione diretta dei recettori periferici (nocicettori) e viene
successivamente trasmesso al sistema nervoso centrale (SNC) mediante fibre nervose
specifiche (C e Aδ);
• neuropatico - che origina direttamente dalla disfunzione del sistema nervoso centrale e/o
periferico sensoriale, senza una pregressa attivazione recettoriale;
• misto - con una genesi cui partecipano sia l’infiammazione periferica, sia la sensibi­
lizzazione centrale, che viene mantenuta dal rilascio di numerosi mediatori, tra cui le
prostaglandine, e contrastata dalle vie inibitorie discendenti attraverso il rilascio di
serotonina e noradrenalina.

Linee generali del trattamento del dolore


All’inizio degli anni ’80, l’OMS ha introdotto la cosiddetta “scala analgesica”
(“analgesic ladder”), basata su un approccio graduale all’uso dei farmaci in rapporto
all’intensità del dolore:
• il “gradino” più basso, corrispondente al dolore lieve, prevede l’impiego di agenti
non-oppioidi (quali paracetamolo o FANS) (step 1);
Algologia: il dolore ed il suo trattamento 25

• se il dolore persiste o aumenta, si passa al trattamento con oppioidi “deboli” (ad es.,
codeina o tramadolo) in caso di sintomatologia dolorosa moderata (step 2);
• se il dolore persiste o aumenta malgrado l’utilizzo dei farmaci dello step precedente,
si consiglia l’utilizzo degli oppioidi “forti” (ad es., morfina, fentanyl, ossicodone,
metadone, meperidina) (step 3).
Questo approccio “graduale e progressivo”, tuttavia, presenta delle limitazioni nella
sua applicazione pratica, soprattutto nel dolore acuto, ad eziologia multifattoriale e/o
di intensità moderata-grave sin dal suo esordio o che presenta un rapido incremento
della sua intensità. L’importanza di un adeguato e tempestivo trattamento del dolore
acuto, specie di intensità moderata-grave, non solo è giustificata dalla necessità di
evitare un’inutile sofferenza al paziente, ma è anche avvalorata da evidenze scientifiche
secondo cui il dolore acuto non adeguatamente trattato ha il potenziale di trasformarsi
in dolore cronico.
Gli analgesici più frequentemente utilizzati comprendono il paracetamolo, i FANS e
gli oppioidi.
Ricordate sempre quanto possa essere pericoloso “addormentare” un dolore (dall’ap­
pendicite, all’infarto del miocardio) in una situazione dove non avete, con ragionevole
certezza, ipotizzato una causa, e di quanto questo possa ritardare una corretta diagnosi
eziologica che qualche volta può addirittura salvare la vita del paziente.
Pertanto, per la gestione del dolore acuto si può consigliare:
• Nel dolore acuto lieve, paracetamolo (1-3 g/die nell’adulto) o un FANS, ad es.
dexketoprofene (1-3 cpr/die) o diclofenac (1-2 cp/die)
• Nel dolore acuto moderato-grave, una associazione precostituita in dose fissa parace­
tamolo/oppioide minore, ad es. paracetamolo/tramadolo 325/37,5 mg 2 cpr/die oppure
FANS/oppioide minore, ad es. dexketoprofene/tramadolo (1 compressa da 25/75 mg,
ripetibile secondo necessità con un intervallo di almeno 8 ore tra le assunzioni, senza
superare la dose giornaliera totale di 3 compresse).
Naturalmente, per ogni forma di dolore acuto, al trattamento sintomatico va associato
il trattamento etiologico della condizione patologica che sta alla base delle manifestazioni
algiche, laddove essa risulti identificabile.
Un approccio analogo appare ragionevole anche nelle forme “ricorrenti” di dolore,
almeno per quanto riguarda il trattamento sintomatico delle fasi algiche acute.
Per quanto riguarda il dolore cronico, il trattamento esula dal compito del Medico di
Continuità Assistenziale, che viene interpellato generalmente nel caso in cui il paziente
presenti uno scompenso della sua situazione di base.
Cardiologia
⊲  R. Antonicelli  ⊲  D. Caraceni ⊲  L. Pimpini

Le malattie di pertinenza dell’apparato cardiovascolare sono abbastanza frequenti nella


continuità assistenziale; in tali affezioni, più che in altre, è necessario un rapido orientamento
diagnostico per capire se la patologia sia gestibile in proprio, o se sia opportuno ricoverare
immediatamente il paziente, anche considerando il fatto che importanti ausili, come l’ECG,
sono ben di rado presenti nelle sedi di continuità assistenziale.

Dolore precordiale
È questo uno dei sintomi con cui più di frequente avrete a che fare. Il vostro principale
problema sarà stabilire se vi trovate di fronte ad una patologia cardiaca o extracardiaca.
In questi casi è d’importanza fondamentale una corretta anamnesi.
Dovete chiedere in particolare del dolore:
• tipologia (peso gravativo, bruciore, costrizione, dolore urente, dolore “a pugnalata”);
• sede che può essere:
• - tipica: precordio, area retrosternale, giugulo o epigastrio;
• - atipica: mandibola, dorso, addome, emitorace destro;
• irradiazione (braccio o avambraccio in particolare sn., dorso, collo, mandibola);
• durata (fugace, protratto, costante, intermittente);
• modalità d’insorgenza (se è la prima volta che compare tale sintomatologia, a riposo
o dopo sforzo fisico, tensione emotiva, dopo i pasti, notturno, con esordio graduale o
improvviso);
• modalità di regressione (spontanea, sospensione dell’attività fisica, nitrati sublinguali);
• fattori che influiscono sul dolore (cambiamento di posizione, attività respiratoria,
assunzione di farmaci, ecc.);
• sintomatologia associata (dispnea, sudorazione algida, sindrome vertiginosa, senso di
mancamento, sintomi neurovegetativi come nausea e conati di vomito, ecc.);
• precedenti di cardiopatia ischemica (coronaropatia documentata, infarto miocardico,
angioplastica coronarica, by-pass aorto-coronarico).
Queste poche domande, associate ad un’attenta valutazione dei fattori di rischio car­
diovascolari (diabete mellito, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo, familiarità
per patologie cardiovascolari) e ad un accurato esame obiettivo, già vi possono orientare a
supporre l’origine cardiaca o extracardiaca del dolore toracico in maniera sufficientemente
precisa.
In linea generale, nel caso in cui il sintomo principale riferito dal paziente sia rappre­
sentato da un dolore toracico retrosternale o precordiale, di tipo oppressivo o costrittivo,
irradiato all’arto superiore sinistro, al dorso, al collo o alla mandibola, associato ad eventuale
dispnea, nausea e sudorazione, magari con caratteristiche cliniche simili ad episodi anginosi
precedenti ed associato ad una anamnesi nota di cardiopatia ischemica, diabete mellito
o altri fattori di rischio cardiovascolare ed al riscontro all’esame obiettivo di un quadro di
edema polmonare acuto o stasi polmonare, di insufficienza mitralica transitoria, di toni
cardiaci aggiunti (III e IV tono), di ipotensione arteriosa, allora l’inquadramento diagnostico
potrà ragionevolmente orientarsi verso una sindrome coronarica acuta, suggerendo il ricorso
immediato al ricovero ospedaliero.
Cardiologia 27

Nel caso in cui, invece, i sintomi ischemici riferiti dal paziente non si associno agli elemen­
ti anamnestici precedentemente descritti ed all’esame obiettivo, il dolore risulta accentuato
o riprodotto dalla palpazione sul torace, risulta assai improbabile che ci troviamo di fronte
ad un caso di sindrome coronarica acuta e dunque possiamo ragionevolmente far ricorso
alle cure ed eventuali accertamenti predisposti successivamente dal Medico Curante. Se, in
corso di Continuità Assistenziale, ci si può avvalere dell’ausilio di un tracciato ECG (magari
attraverso le moderne metodiche di Telemedicina), la probabilità di trovarci di fronte ad una
sindrome coronarica acuta sarà ulteriormente suggerita dalla presenza di slivellamento del
tratto ST transitorio o di nuova insorgenza >1 mV, dalla presenza di onde Q significative o
dalla presenza di onde T negative.
Nel caso in cui invece il tracciato ECG mostri un appiattimento o inversione dell’onda
T in derivazioni con R dominante, oppure l’elettrocardiogramma si presenti assolutamente
normale, allora la probabilità di trovarci di fronte ad una coronaropatia appare sostanzial­
mente bassa (seppur da non escludere del tutto!).

Infarto miocardico acuto ed angina pectoris


Il dolore nell’infarto è il sintomo più comune (solitamente di durata >20 minuti), di
solito di tipo viscerale, retrosternale profondo, descritto con un senso di oppressione e di
trafittura, spesso con irradiazione al braccio sinistro, al collo e alla mandibola, talvolta al
dorso, più raramente all’epigastrio. Le sedi tipiche del dolore da ischemia miocardica sono
riportate nella Figura 1.

Distribuzione più
comune del dolore
da ischemia miocardica

Mandibola
Interscapolare
Braccio dx
Epigastrio

Sedi meno comuni del dolore


da ischemia miocardica

Figura 1 - Sedi tipiche del dolore causato da ischemia miocardica.


28 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Se il paziente è un anginoso in trattamento, vi dirà anche che è scarsamente alleviato


dalla nitroglicerina sublinguale.

ATTENZIONE: In molti casi, specie nelle persone anziane e nei diabetici, il


dolore dell’infarto può essere ridotto ad un semplice fastidio precordiale,
oppure irradiato a zone apparentemente non correlate con l’area occupata
dal miocardio, come ad esempio l’epigastrio, oppure può manifestarsi sotto forma di
dispnea ingravescente, sopore, improvvisi stati comatosi o più in generale con una
modificazione significativa del quadro clinico generale, attenti perciò ai dolori
violenti, persistenti nell’area epigastrica, soprattutto nei soggetti anziani, specie se
cardiopatici, poiché in questi casi dovete pensare anche all’infarto del miocardio.

Obiettivamente il paziente è di solito irrequieto, preoccupato, pallido, sudato, la cute


fredda, ma raramente cianotico. In questi pazienti è importante avere rapidamente un
inquadramento generale dell’obiettività:
1) auscultare cuore e polmoni
2) misurare la pressione in entrambe le braccia
3) palpare il polso, misurare frequenza cardiaca e saturazione, valutare segni di congestione
sistemica (escludere scompenso cardiaco acuto).
Il seguente schema illustra le caratteristiche della precordialgia nell’ambito delle più
frequenti condizioni da prendere in considerazione nella diagnosi differenziale. È bene pre-
mettere come la terminologia sindrome coronarica acuta comprenda gli infarti miocardici
STEMI e NSTEMI (con elevazione della troponina, distinti in base a reperti ECG) e Angina
Instabile (sintomi ischemici, non elevazione della troponina con o senza alterazioni ECG).

PRECORDIALGIA (DIAGNOSI DIFFERENZIALI)


Sindrome coronarica In genere violenta, persistente nel tempo, variamente irradiata (braccio sn.,
acuta base del collo, in sede interscapolare, ecc.), non recede all’assunzione di
nitrati s.l. Spesso accompagnata da sensazione di oppressione, angoscia,
dispnea e sudorazione algida, durata >10 minuti, può comparire a riposo o
dopo minimo sforzo fisico.
Angina stabile Più o meno graduale, scatenata da sforzi (non presente a riposo come
nella sindrome coronarica acuta) può avere irradiazione come nel classico
infarto, durata limitata nel tempo (spesso 2-5 minuti o in generale <20-
30 minuti), recede con assunzione di nitrati, riposo o cessazione dello
sforzo fisico.
Aneurisma dissecante Dolore violento e trafittivo, improvviso, spesso irradiato al dorso, può
dell’aorta migrare in relazione alla progressione della dissecazione del vaso.
Ernia jatale Più localizzata a livello epigastrico, può presentare irradiazione
interscapolare, il dolore può aumentare alla deglutizione, in clinostatismo
o facendo inclinare in avanti il paziente, generalmente il soggetto riferisce
una storia di rigurgiti acidi (riduzione con assunzione di antiacidi), la
palpazione a livello epigastrico può esacerbare il dolore.
Pericardite Il dolore si accentua agli atti respiratori o in relazione alla posizione (talora
si attenua facendo inclinare in avanti il paziente, mentre aumenta in
posizione supina), spesso il soggetto riferisce un recente episodio febbrile.
Costocondralgia Il dolore è puntorio, in genere accentuato dalla digitopressione.
Tamponamento Il dolore è irradiato al collo, alla spalla, al dorso o all’addome, è
cardiaco accentuato dalla respirazione profonda o dalla tosse.
Embolia Il dolore più o meno violento è influenzato dagli atti respiratori ed è quasi
polmonare costantemente accompagnato da improvvisa dispnea e tachipnea; si
associa inoltre ipotensione.
Cardiologia 29

Se vi trovate dunque di fronte ad un dolore molto violento, irradiato con le caratteristiche


sopra citate in atto da più di 20 minuti e che non subisce nessuna apprezzabile modificazione
con l’assunzione di nitroglicerina sublinguale (1 cpr da tenere sotto la lingua con pz sdraiato
o almeno seduto) disponete per un ricovero urgente. (Nell’eventualità che con l’assunzione
di nitroglicerina sublinguale la sintomatologia scompaia, ma che tale episodio sia il primo
che il paziente riferisce, va comunque posta l’indicazione al ricovero essendo in ogni caso
una situazione ad alto rischio potenziale).
È opportuno operare nella seguente maniera:
• somministrate immediatamente:
1. ASA 162-325 mg il prima possibile (ACC/AHA classe I, livello A)
• in caso di ipossiemia (SaO2<90%):
1. Ossigenoterapia (se prontamente disponibile (ACC/AHA classe I, livello C)
• per il controllo del dolore e dell’ansia (se sintomi importanti):
1. Se disponibile utilizzate morfina 5 mg s.c. (ACC/AHA classe IIb/livello C).
Più spesso il quadro sintomatologico non si presenta in maniera così eclatante; vi trove­
rete, pertanto, di fronte ad un paziente che lamenta dolori precordiali di una certa intensità
ed in atto da qualche tempo; in questo caso dovete procedere nella seguente maniera:
1. Mettere a letto il paziente
2. Somministrare una cpr di nitroglicerina s.l. ed attendere che la terapia faccia re­
gredire il dolore. Potete eventualmente ripetere la somministrazione dopo 10 minuti;
controllate però la pressione arteriosa: si può avere ipotensione.
Nel caso si rilevino elevati valori pressori, vedi paragrafo “Crisi Ipertensiva”.
È bene ricordare che il dolore che si attenua con nitroglicerina non è per definizione
cardiaco, ma potrebbe essere anche legato a patologie esofagee o gastroenteriche.
Tuttavia un attacco anginoso che si manifesta per la prima volta è una situazione poten­
zialmente grave; sarebbe pertanto prudente consigliare l’ospedalizzazione. Se anche dopo la
seconda cpr di nitroglicerina sublinguale il dolore non cessa, dovete sospettare fortemente
un infarto miocardico; predisponete quindi per il ricovero immediato ed agite come sopra.

ATTENZIONE: In presenza di un dolore violento, in sede restrosternale e/o


interscapolare, è opportuno considerare anche l’ipotesi di una dissezione
aortica.

ATTENZIONE: Poiché è acquisito che esiste relazione tra precocità


d’intervento riperfusivo (trombolisi o angioplastica) e miglioramento della
prognosi nell’infarto miocardico acuto, è di fondamentale importanza di
fronte al ragionevole sospetto clinico del medesimo, accelerare al massimo i tempi
di ricovero in ambito specialistico.

Non è infrequente, nell’ambito della Continuità Assistenziale, l’osservazione di pazienti


con cardiopatia ischemica cronica sintomatica che manifestano, oltre al “classico” dolore
anginoso da sforzo, anche i cosiddetti “equivalenti anginosi”, cioè sintomi diversi dal dolore
toracico e meno specifici, quali dispnea, astenia, palpitazioni, intolleranza all’esercizio,
ansia, vertigini, nausea e bruciore al petto.
Dissezione aortica
Il dolore è improvviso e molto intenso (>90% dei pazienti), di tipo viscerale profondo,
spesso con irradiazione al dorso con spostamento progressivo di sede man mano che la
dissezione si estende.
30 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Il sospetto diagnostico può essere rafforzato da una storia d’ipertensione arteriosa o, più
raramente, di Sindrome di Marfan o malattie del connettivo, dal rilievo obiettivo di un’asim­
metria dei polsi arteriosi (carotide, brachiale o femorale) e della pressione arteriosa (sistolica
>20 mmHg), dalla presenza di soffi patologici a livello cardiaco e/o vascolari: carotideo e/o
periombelicali, soprattutto se il paziente non ne era preventivamente a conoscenza, dalla
presenza di deficit neurologici focali.
Anche l’ipotensione e la sincope possono essere sintomi di accompagnamento.
Nel sospetto di dissezione aortica allertare immediatamente il servizio di emergenza.

Pericardite
Una pericardite acuta si può presentare con diversi segni e sintomi aspecifici e variabili
in base alla eziologia, tuttavia va sospettata quando un paziente riferisce:
• Dolore precordiale persistente, di tipo pleuritico o superficiale, generalmente accentuato
dagli atti respiratori (in particolare inspirazione)
• Attenuazione della sintomatologia dolorosa se il paziente piega il torace in avanti e
accentuato dalla posizione supina
• Presenza di sfregamenti pericardici
• Febbre
• Frequente associazione anamnestica di precedenti affezioni delle vie aeree superiori o
positiva per precedenti episodi pericarditici.
Suggerire il ricovero per accertamenti; nel frattempo si possono somministrare FANS, tipo:
1) Ibuprofene 600-800 mg (da ripetere ogni 8 ore) oppure Indometacina 25-50 mg (da
ripetere ogni 9 ore) (ESC classe I, livello A).
2) In caso di “insuccesso” terapeutico con l’utilizzo di soli FANS è raccomandato l’uso as­
sociato di colchicina (ESC classe I, livello A), ma sarà eventualmente un atto terapeutico
a carico del presidio ospedaliero dove il paziente verrà ricoverato.

Costocondrite
In questo caso il dolore è superficiale, di tipo puntorio, può essere accentuato con la
compressione sulle articolazioni condrocostali e con la compressione anteroposteriore della
gabbia toracica. Posta questa diagnosi, sono utili analgesici-antiinfiammatori come Ibu­
profene (600 mg 1 bustina x 2), riposo funzionale ed apposizione di ghiaccio a livello locale.
Ernia jatale
• Presenza di dolorabilità epigastrica prevalentemente sottoforma di bruciore retrosternale,
talora associato ad eruttazioni. Il dolore aumenta in clinostatismo o facendo inclinare in
avanti il paziente seduto ed il soggetto riferisce una storia di rigurgiti acidi; in genere
si attenua dopo l’assunzione di farmaci antiacidi ed inibitori di pompa protonica (per la
prescrizione vedi nota AIFA 1 e 48 nel capitolo “Gastroenterologia”):
1. Magnesio idrossido/algeldrato (sciroppo 1 cucch.)
2. Magnesio idrossido/alluminio idrossido/dimeticone (compresse masticabili)
3. Levosulpiride (10-15 gtt ai pasti)
4. Esomeprazolo (20-40 mg 1 cpr) oppure Omeprazolo (20 mg 1 cpr/die) oppure
Pantoprazolo (20 mg 1 cpr/die)
• Dolore alla deglutizione o disturbi della deglutizione durante gli accessi dolorosi devono
farvi supporre possibili patologie a carico dell’esofago.
Cardiologia 31

Tamponamento cardiaco
Questa grave emergenza cardiologica è caratterizzata da:
• Paziente pallido, sudato, sofferente
• Obiettivamente il segno più importante è la riduzione fino alla scomparsa del polso
radiale durante l’inspirazione (polso paradosso); si hanno inoltre tachicardia, dispnea,
grave ipotensione, turgore delle giugulari; i toni cardiaci sono nella maggior parte
dei casi ipofonici. Ricoverate d’urgenza.

ATTENZIONE:
Evitate l’uso di diuretici.

Embolia polmonare
Tale patologia è ampliamente trattata nel capitolo “Pneumologia”.
Sincope
Per sincope s’intende una transitoria perdita completa di coscienza, dovuta ad ipo-
perfusione cerebrale globale, a rapida insorgenza, in genere di breve durata e con risoluzione
spontanea e completa. La sincope può essere neuromediata (vaso-vagale, situazionale, da
ipersensibilità del seno carotideo), da ipotensione ortostatica o legata a cause cardiache,
aritmiche (bradi- o tachiaritmie) o strutturali (stenosi aortica, cardiomiopatia ipertrofica,
tamponamento cardiaco, embolia polmonare).
Quando siete chiamati in queste situazioni di solito il paziente si è risvegliato, prov­
vedete ad effettuare la misurazione dei valori di pressione arteriosa e frequenza cardiaca
possibilmente in clino- ed ortostatismo, la valutazione dello stato neurologico e dello stato
di idratazione, cercate inoltre la presenza di soffi sia a livello cardiaco che vascolare caro­
tideo. In ogni paziente con sincope è inoltre necessaria, se disponibile, la registrazione di un
elettrocardiogramma (ECG) ed è consigliabile allertare subito il 118 per un possibile ricovero.

Scompenso cardiaco acuto


Vi potrete trovare di fronte a diversi stadi di scompenso cardiaco: la sintomatologia potrà
essere rappresentata soltanto da una lieve dispnea e da rantoli fini alle basi polmonari,
oppure il paziente vi apparirà in uno stadio avanzato con dispnea grave associata o meno a
scompenso cardiaco congestizio in atto. Nel caso di scompenso lieve, è importante chiedere
se il malato, magari non nuovo a questi episodi, è già in terapia ed accertarsi se questa è
correttamente eseguita.

ATTENZIONE: È molto facile trovare, specie tra le persone anziane e sole,


il soggetto che dimentica di prendere le medicine o le assume in modo
saltuario; purtroppo è altrettanto facile imbattersi in soggetti che seguono
scrupolosamente la terapia assegnatagli in dosi omeopatiche.

Nei casi più lievi, la semplice attuazione o correzione della terapia prescritta, è sufficiente
a risolvere il quadro. Nel caso di malati non trattati o di fronte a scompenso cardiaco grave
che è insorto acutamente e che ha portato ad un edema polmonare acuto, disponete subito il
ricovero. È particolarmente importante riconoscere i principali segni e sintomi che potrebbero
indicare uno scompenso cardiaco in atto:
- dispnea (allo sforzo, ortopnea, parossistica notturna)
- tosse e/o rantoli
- astenia e aumento di peso
32 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

- intolleranza allo sforzo fisico


- edema arti inferiori ed aumento circonferenza vita
- distensione venosa giugulare
- tono S3
I sintomi possono svilupparsi in settimane/mesi o in minuti/ore se dovuti ad un evento
acuto (ischemia, aritmie ecc).
La pressisone arteriosa è un parametro fondamentale:
- la pressione sistolica è elevata in >50% dei casi con segni e sintomi che si sviluppano
in modo brusco e caratteristicamente polmonari piuttosto che sistemici
- pressione sistolica di norma in >40% dei casi con manifestazione graduale di segni e
sintomi in giorni/settimane (sviluppo di congestione sistemica)
- pressione sistolica <90 mmHg in <8% dei casi, tipicamente con segni di ipoperfusione
e bassa gittata cardiaca

NB: edema polmonare avviene in <3% dei casi mentre lo shock cardiogeno vero e
proprio in <1% dei casi (con esordio rapido generalmente).

Ponteziali indicatori di scompenso cardiaco con ridotta frazione di eiezione: battiti


>90-100 bpm, PS <90 mmHg.
Potenziali indicatori di scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata: PD
(diastolica) >105 mmHg, pressione in genere >= 160/100.
1. Mettere il paziente in posizione seduta per favorire la respirazione (in genere lo fa da solo)
2. Ossigenoterapia se possibile
3. Prendere una vena e cercare di mantenerla pervia infondendo soluzione fisiologica a gtt
lenta
4. Morfina 1/2 f e.v. (eventualmente aggiungere 1/2 f i.m se la sintomatologia è grave).

ATTENZIONE: Prima di somministrare la Morfina, accertatevi se il paziente è


affetto da bronchite cronica grave o altri disturbi respiratori; in questo caso
prestate molta attenzione a causa dei ben noti effetti depressori del
farmaco sui centri del respiro.

La gestione dello scompenso cardiaco acuto in senso stretto richiede una ospedalizza­
zione tempestiva. È possibile tuttavia in attesa dell’arrivo del servizio di emergenza attuare
alcune manovre terapeutiche:
1) somministrare O2 (se disponibile) in pazienti con SaO2<90% (ESC classe I, livello C)
2) somministrare diuretici dell’ansa endovena o i.m. (meglio non per OS!) come la furosemide
(ACCF/AHA classe I, livello B) con una dose variabile da 40 a 100 mg a boli intermittenti
o infusione continua (la dose iniziale dovrebbe essere pari o superiore a quella orale
assunta cronicamente nelle 24 h)
3) è possibile usare oppiodi (es. 1/2 fiala di morfina da 5 mg s.c. o i.m.) in particolare
in pazienti molto agitati, con sintomi respiratori importanti, in modo da favorire una
respirazione più fisiologica (ESC classe IIb, livello B)
4) si consiglia di far assumere al paziente posizione seduta per una respirazione più efficace.
Tutte queste misure sono solamente un trattamento iniziale parziale, considerando la
disponibilità generale di farmaci in Continuità Assistenziale e il setting di lavoro.

Arresto cardiaco
Trovandovi di fronte a questa drammatica evenienza, è opportuno agire come ampiamente
descritto nel capitolo “Primo Intervento”.
Cardiologia 33

Crisi ipertensiva
Molti pazienti con ipertensione severa >180/120 sono asintomatici (urgenza ipertensi­
va) e non hanno compromissione d’organo. Nell’urgenza ipertensiva è possibile avere una
moderata cefalea di accompagnamento. Tuttavia l’esame obiettivo del paziente con crisi
ipertensiva, anche per valori <180/120 deve escludere la presenza di:
1) traumi o lesioni craniche
2) sintomi neurologici generici (delirio, convulsioni, disturbi della vista ecc) o focali (sug­
gestivi per stroke)
3) Nausea e vomito (ipertensione endocranica)
4) Dolore o peso toracico (IMA o dissezione aortica)
5) Dolore acuto al dorso (dissezione aortica)
6) Dispnea (TEPA)
7) Gravidanza (eclampsia/preeclampsia)
8) Uso di sostanze con azione adrenergica (es. cocaina, amfetamina ecc).
Se anche uno solo dei precedenti è presente, il paziente ha una emergenza ipertensiva e
va gestito a livello ospedaliero, nel reparto dedicato di emergenza con monitoraggio costante
della pressione, farmaci e.v. e gestione dei danni d’organo (ACC/AHA classe I, livello B-NR).
Una volta esclusa una emergenza ipertensiva è bene comprendere che trovatisi davanti
ad una urgenza ipertensiva è buona norma ridurre la pressione in modo graduale (non più
del 30% in alcune ore) e non in modo improvviso al fine di evitare possibili eventi cerebro-
cardiovascolari paradossi (UpToDate grado 2C).
Approccio terapuetico:
1) mettere sdraiato a riposo il paziente in una stanza tranquilla (questo approccio può
ridurre la pressione >20/10 mmHg in circa 1/3 degli adulti)
2) se non efficacia quanto al punto 1) procedere con terapia farmacologica
3) utilizzare Captopril (25 mg) se si intende ridurre la pressione gradualmente oppure
Furosemide 20 mg (1-2 fiale e.v. o i.m.) specialmente per “controllare” i valori pressori
di soggetti che presentino una crisi ipertensiva con iniziali segni di scompenso (dispnea,
cardiopalmo, ecc.).
4) potenziare farmaci antipertensivi già in terapia oppure instaurare una nuova terapia
antipertensiva “long acting” se si vuole ridurre la pressione in giorni (es. Amlodipina).
È altresi possibile ridurre la pressione come da strategia 3), osservare l’abbassamento
pressorio e poi somministrare un farmaco long acting come da strategia al punto 4).

ATTENZIONE: Il paziente con urgenza ipertensiva è comunque generalmente


gestito a livello ospedaliero per la possibilità di procedere ad accertamenti
ematochimici ed osservazione prolungata.

Se il paziente non viene inviato in pronto soccorso, in ogni caso è bene raccomandare un
successivo controllo clinico presso il proprio Medico di Medicina Generale.

Ipotensione
Frequenti cause d’ipotensione sono:
a. Lo shock. Questa grave situazione clinica è caratterizzata in genere da:
• ipotensione
• tachicardia
• oliguria
• obnubilamento del sensorio
34 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• tachipnea
• estremità fredde e marezzate (eccetto nello shock settico, anafilattico e neurogeno ove
le estremità sono calde)
• acidosi metabolica
• iperlattatemia.
Come è noto lo shock può essere legato a diverse cause, in particolare:
• shock cardiogeno (es., gravi deficit di pompa);
• shock settico (gravi infezioni);
• shock ipovolemico (es., gravi emorragie);
• shock anafilattico (es., puntura d’insetti);
• shock neurogeno (es., antipertensivi, assunzione di farmaci a scopo di suicidio, es.
barbiturici).
Naturalmente in tutti questi casi la terapia deve essere eziologica. La vostra principale
preoccupazione deve essere quella di assicurare un ricovero immediato. Nell’attesa del
ricovero, successivamente ad un’attenta valutazione clinica (campi polmonari, toni aggiunti
cardiaci, turgore giugulare, grado di idratazione), potete iniziare a tentare di distinguere
grossolanamente alcune eziologie:
1. Shock ipovolemico: causato generalmente da colpo di calore, vomito, diarrea, emorragia,
ematemesi, ematochezia, rottura aneurisma aortico.
2. Shock cardiogeno (vedi “Scompenso cardiaco acuto”).
3. Shock anafilattico: in questo caso il paziente presenterà ipotensione, stridore inspira­
torio, edema cavo orale o al volto, orticaria, storia di recente esposizione ad allergeni
(es. puntura di ape). Questi pazienti devono ricevere tempestivamente adrenalina
(UpToDate grado1A) i.m. (1:1000) sulla faccia medio-laterale della coscia alla dose di
0,3 mg oppure se in possesso di autoiniettori la dose abituale è di 300 mcg, ripetibile
dopo 5-15 minuti. A seguito è anche utile somministrare antistaminici e corticosteroidi
meglio se e.v.
4. Shock settico: caratterizzato da febbre, ipotensione e sospetta sorgente settica.
b. L’uso di farmaci che comportano come effetto collaterale ipotensione posturale.
c. Un insieme di circostanze quali: elevata temperatura ambientale, sudorazione intensa,
scarsa alimentazione per mancanza di appetito (es., grave insufficienza renale), diarrea
profusa, vomito. Per quanto riguarda queste ultime situazioni, nei casi lievi è sufficiente
consigliare al malato riposo ed abbondante idratazione (diagnosi differenziale con shock
ipovolemico).
Vanno inoltre proibite al paziente azioni potenzialmente pericolose come: bagno o
doccia, guida di veicoli, salire su scale, maneggiare recipienti contenenti, per esempio,
acqua bollente.

Disturbi del ritmo


Potrà capitarvi di essere chiamati da pazienti che lamentano: palpitazioni, dispnea
di varia entità, dolori precordiali, vertigini fino a sincopi. Di fronte a questi quadri sin­
tomatologici, dovrete sempre pensare anche a patologie del ritmo cardiaco, specie se si
accompagnano: cianosi, ipotensione, più raramente pulsatilità delle vene del collo, polso
piccolo e variamente irregolare.
È di fondamentale importanza (non è frequente avere a disposizione un elettrocardiografo)
che valutiate frequenza e ritmo cardiaco a lungo, per molti minuti, avendo cura di esaminare
contemporaneamente la pulsatilità dell’arteria radiale (la contemporanea auscultazione
cardiaca e palpazione del polso vi permetterà di rilevare immediatamente dei disturbi del
ritmo, ad es., l’irregolarità del polso per extrasistoli o per fibrillazione atriale).
Occorre, inoltre, che valutiate le condizioni del paziente in quanto l’aritmia cardiaca
può essere facilmente indotta da patologie sistemiche, quali: tireotossicosi, infezioni siste­
Cardiologia 35

miche di una certa entità, vomiti o diarree particolarmente profuse o prolungate (a causa
di disturbi elettrolitici), oppure patologie gravi come l’infarto, la rottura di un aneurisma
aortico, l’embolia polmonare, ecc.
È molto importante anche cercare di stabilire se tale sintomatologia si è manifestata acu­
tamente, oppure se il paziente ricorda questi sintomi da molto tempo e come viene tollerata.
Il problema del trattamento delle aritmie è uno dei più spinosi nella Continuità Assistenziale.
Tenete presente che tutte le aritmie manifestatesi acutamente, o il peggioramento di
situazioni croniche in fase di compenso funzionale, sono situazioni potenzialmente gravi,
poiché da un momento all’altro il quadro sintomatologico può variare (spesso in peggio). In
generale è buona norma agire come segue:
• chiedere al malato o ai parenti se è già in atto un trattamento con farmaci antiaritmici
ed eventualmente di quale tipo, digitale in particolare;
• valutate la cadenza ritmica (tachicardia) o aritmica (fibrillazione atriale o frequenti
extrasistoli) del polso.
Dal punto di vista pratico, l’evenienza forse più frequente è una crisi di:
a) Fibrillazione atriale.
All’auscultazione il ritmo è completamente irregolare, i toni cardiaci d’intensità va­
riabile, il polso periferico completamente aritmico (utile valutare contemporaneamente
polso arterioso ed auscultazione cardiaca). Assai frequenti astenia, cardiopalmo e dispnea
moderata, minzione aumentata e tolleranza allo sforzo ridotta. Non è infrequente riscontrare
precordialgie, lipotimie o senso di obnubilamento. Valutare innanzitutto il tempo di insorgenza
dell’aritmia, ricordando che è possibile inviare il paziente a cardioversione solo se insorta
entro 48 h, il grado di compenso emodinamico mediante un’attenta auscultazione dei campi
polmonari ed una valutazione della presenza o meno di turgore giugulare (alcuni pazienti
si presentano infatti con eventi embolici o scompenso cardiaco). Sebbene una Fibrillazione
Atriale di primo riscontro sia meritevole di maggiore inquadramento ospedaliero, è possibile
dividere le situazioni in 2 grandi gruppi:
1) FA databile <48 h: in questo caso il paziente potrebbe essere candidabile a cardioversione
pertanto è meritevole di invio in ospedale
2) FA non databile oppure databile >48 h: il paziente andrebbe scoagulato per almeno 3
settimane prima della cardioversione (ACC/AHA, ESC classe I livello B).

ATTENZIONE: La diagnosi di FA va sempre confermata tramite ECG, anche in


previsione di impostare una terapia in grado di controllare la frequenza (es.
betabloccanti o calcioantagonisti). In caso di instabilità emodinamica
allertare immediatamente i soccorsi per ripristinare prima possibile l’output
cardiaco (ESC classe I, livello B).

Altre evenienze:
b) Tachiaritmie (>100 bpm).
Per tachiaritmia si intende ritmo anomalo con frequenza cardiaca >= a 100 bpm. Segni
e sintomi correlati possono essere: shock, ipotensione, scompenso cardiaco, dispnea, dolore
toracico, IMA, palpitazioni e/o obnubilamento dello stato di coscienza.
Non è possibile identifcare il tipo di aritmia senza l’esecuzione di ECG a 12 derivazioni,
pertanto, se non in possesso di strumenti o adeguata formazione, è categorico l’invio in
pronto soccorso.
Un primo atto diagnostico che il Medico di Continuità Assistenziale può mettere in atto
una volta riscontrata una tachiaritmia è valutare la stabilità emodinamica.
c) Bradiaritmie (<60 bpm).
Per bradicardia si intende ritmo anomalo con frequenza cardiaca <60 bpm. Segni e
sintomi correlati possono essere palpitazioni, sincope, dispnea, astenia, intolleranza all’eser­
36 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

cizio fisico, malessere generale, oppure il paziente può essere totalmente asintomatico. Altri
sintomi possono invece essere legati a instabilità emodinamica come obnubilamento dello
stato mentale, dolore toracico, scompenso cardiaco acuto, ipotensione. In questa patologia
è fondamentale identificare la causa sottostante. A questo scopo sicuramente può aiutare
la storia clinica (per es. presenza di ICD o pacemakers, anamnesi cardiologica, farmaci
come betabloccanti, calcioantagonisti o digossina) e l’esame obiettivo ma è fondamentale
eseguire l’ECG in tutti i pazienti con bradicardia. Il paziente è comunque sempre meritevole
di gestione ospedaliera.

“Nevrosi cardiaca” ovvero palpitazioni


Vi succederà con una certa frequenza di trovare individui (per lo più giovani, spesso
donne) che vi chiamano accusando disturbi come: “cuore che batte forte”, sensazione di
cuore in gola, tachicardia, extrasistoli.
Nella gran parte dei pazienti le palpitazioni sono benigne. Il paziente potrà in genere
indicarvi con molta precisione un punto del precordio come sede del dolore.
In questi casi l’anamnesi e l’esame obiettivo saranno in genere negativi per patologie
cardiache; si tratta infatti di soggetti emotivi, con contrasti psichici che in genere soma­
tizzano a livello dell’apparato cardiovascolare e i cui sintomi non sono presenti al momento
della visita. In ogni caso è bene fare un esame obiettivo completo ed escludere le rare cause
di palpitazioni che sottendono patologie gravi (aritmie, valvulopatie, cardiomiopatie ecc).
Nella gran parte dei casi è importante tranquillizzare il paziente, se ciò non è sufficiente
potete somministrare:
1. Benzodiazepine (in base all’effetto desiderato per esempio Triazolam a breve emivita
oppure Bromazepam ad emivita intermedia).

ATTENZIONE: Non ponete mai questa diagnosi con superficialità e senza


un’accurata visita: nessuna legge vieta ai nevrotici di essere anche
cardiopatici.

PALPITAZIONI (diagnosi differenziale)


singola persistente

BEV BESV lenta


rapida
Bradicardia sinusale
Blocco A-V

regolare irregolare
Tachicardia sinusale Fibrillazione atriale
TPSV - Flutter atriale Battiti ectopici multipli
Tachicardia ventricolare
Cardiologia 37

CARATTERISTICHE CLINICHE UTILI NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DI PALPITAZIONI DA CAUSA


ARITMICA
Tachicardia sinusale Esordio e cessazione graduali
Ritmo regolare
Soggetti sani
Durante esercizio fisico, febbre
Assunzione di caffè, tabacco, farmaci
Fibrillazione atriale Ritmo irregolare
Dissociazione polso centrale/periferico
Indipendente da esercizio fisico
Flutter atriale Polso centrale e periferico spesso regolare
FC ~ 150 bpm (se conduzione 2:1)
Manovre vagali possono dimezzare frequenza
Tachicardia parossistica Insorgenza improvvisa, frequenza regolare
sopraventricolare
Extrasistoli ventricolari “Salti”, “tonfi”, “sensazione di battito mancante”
Tachicardia ventricolare Battiti rapidi, regolari
Segni clinici, dissociazione A-V

ALGORITMO DECISIONALE IN CASO DI PALPITAZIONI

Palpitazioni anamnesi + es. obiettivo sintomi


lievi

sintomi gravi frequenti rari

RICOVERO Aritmia monitoraggio


ECG

TERAPIA Non Aritmia STOP


Cure palliative
⊲  G. Bono  ⊲  D. Girotto  ⊲  A. Dabbene  ⊲  D. Angioni

Le cure palliative rappresentano una branca della medicina che dovrebbe essere offerta al
paziente oncologico già a partire dalla diagnosi oppure in presenza di sintomi non gestiti
ottimamente, indipendentemente dalla prognosi. Le cure palliative infatti, benché spesso
erroneamente così identificate, non sono caratteristiche solo del fine vita. Il Medico di Conti­
nuità Assistenziale (CA) tuttavia è sempre più frequentemente chiamato ad assistere proprio
i malati terminali (Tabella). Accanto alle poche realtà ove la sua presenza è inserita in una
risposta organizzativa strutturata in cui l’integrazione delle figure professionali coinvolte è
qualificata dalla condivisione dei percorsi assistenziali e da efficaci scambi informativi, in
ancora troppi casi il Medico di C.A. è coinvolto nell’assistenza di questi malati in assenza di
protocolli operativi condivisi, di adeguate informazioni, di possibilità di relazione con gli altri
operatori preordinate. Per questo motivo abbiamo ritenuto utile inserire questo breve capitolo
che si prefigge l’obiettivo di offrire, attraverso la descrizione dei sintomi (in ordine alfabetico)
ed il loro possibile trattamento in un paziente terminale, una sintesi delle problematiche di
più frequente riscontro; si rimanda ai testi specifici per un più esaustivo approfondimento.
Le cure palliative sono l’unica scelta ragionevole nel paziente terminale. Terminale è un
paziente a prognosi infausta, che ha una aspettativa di vita limitata, in cui le cure specifiche
non trovano più indicazione o sono state sospese su richiesta del paziente stesso. L’obiettivo
delle cure palliative è di offrire la migliore qualità di vita.
Nelle cure palliative bisogna mettere in atto i mezzi idonei per togliere o attenuare i
sintomi. Il medico di Continuità Assistenziale viene a conoscenza della terminalità dalla
documentazione disponibile al domicilio del malato, dal racconto dei familiari o della persona
stessa o da informazioni lasciate dai medici curanti. È infrequente, anche se possibile, che
debba essere lui a comunicare lo stadio terminale.

Tabella: Sintomi da trattare in cure palliative


SINTOMI E RELATIVE PERCENTUALI DI PAZIENTI TERMINALI NEOPLASTICI CHE LO MANIFESTANO.
DA: REGNARD E AL. MANUALE DI MEDICINA PALLIATIVA, 2001, CIS, MILANO
1. dolore 80% 12. ulcere da decubito 19%
2. astenia 64% 13. prurito 17%
3. disidratazione-anoressia 64% 14. emorragia 14%
4. disturbi del cavo orale 60% 15. singhiozzo 12%
5. stipsi 51% 16. ascite 6%
6. dispnea 51% 17. diarrea 4%
7. nausea-vomito 40% 18. occlusione intestinale 3% (10% nei cancri colon-
8. tosse 30% 25% nei cancri ovaio)
9. depressione 25% 19. febbre
10. disfagia 23% 20. edemi
11. disturbi urinari 23% 21. stati confusionali

1. Ascite
Può essere causata da carcinosi peritoneale, stasi portale (cirrosi, metastasi epatiche,
fegato da stasi), blocco linfatico sottofrenico, carcinoma ovarico. Se il versamento è molto
Cure palliative 39

scarso e tollerato è possibile non dare terapia. Una combinazione di diuretici permette un
controllo prolungato in buona parte dei pazienti: un possibile schema terapeutico potrebbe
iniziare con spironolattone cpr da 100 mg (fino a massimo 400 mg/die) e aggiungere furo­
semide a partire da 25 mg (fino a 160 mg/die).
Se è molto abbondante, il paziente risulta sintomatico e non ha risposto ai diuretici, è
necessario far eseguire una paracentesi in situazione protetta. Ciò determina un sollievo
immediato del paziente, ma di breve durata.
Il dolore e la dispnea vanno controllati con morfina, anche per via orale, iniziando con
5 mg (4 gocce) e aumentando la dose progressivamente del 50%. Se il paziente è già in
trattamento la dose va calcolata (almeno 1/6 della dose giornaliera).

2. Astenia
Cause di astenia diverse dalla malattia di base possono essere metaboliche, farmaci,
depressione, deficit nutrizionale, anemia, infezioni, ipercalcemia, insufficienza d’organo. Non
ha un trattamento nell’urgenza. Un benessere temporaneo potrebbe essere raggiunto con
somministrazione ciclica di glucocorticoidi (es. a partire da 4-8 mg/die di desametasone
per os o via parenterale).

3. Depressione
Non esiste un trattamento di emergenza per la depressione, se non la sedazione con
neurolettici. La relazione medico-paziente è il più importante caposaldo del trattamento.
Una terapia con antidepressivi dovrebbe essere iniziata prima di arrivare ad una situazione
di emergenza.

4. Disfagia
L’ostruzione neoplastica intrinseca o estrinseca può frequentemente beneficiare di una
terapia antiedemigena con glucocorticoidi (es. desametasone a partire da 4 mg/die per os
o parenterale).

ATTENZIONE: Le benzamidi (metoclopramide, domperidone e analoghi)


aumentano il tono del cardias e quindi peggiorano la disfagia.

5. Disidratazione-anoressia
Ricordare che entrambe, nel caso specifico del malato terminale, non hanno alcuna
finalità terapeutica ed hanno significato solo se percepite soggettivamente come utili e se
migliorano il comfort del paziente. Il medico deve informare i familiari che l’alimentazione
non è assolutamente indispensabile per un malato terminale.
Se si ritiene indicata l’idratazione, e non è possibile per via orale, si ricorre a fleboclisi
di soluzione fisiologica, cui si possono aggiungere eventuali altri farmaci sintomatici, o
alla via sottocutanea (ipodermoclisi: la faccia anteromediale della coscia è la posizione
migliore, a bassi volumi e non superiori a 60-80 ml/ora. Attenzione a non utilizzare a volumi
superiori a 1-1,5 litri/die. Raggiunta questa soglia è saggio cambiare sito di infusione). Nel
contesto di una anoressia è anche ipotizzabile, qualora se ne abbia giovamento in quantità
ma soprattutto in qualità della vita, l’uso di megestrolo 160 mg, che ha come indicazione
la perdita di peso secondaria a neoplasie.
40 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

6. Dispnea
L’ossigenoterapia è efficace solo se c’è ipossia (verificabile con un saturimetro portatile).
Se si sospetta una insufficienza cardiaca somministrate 2 fiale o più di furosemide. In tutti
gli altri casi desametasone ad alti dosaggi (fino a 16 mg). Se la causa della dispnea non è
eliminabile trattare il sintomo con morfina cloridrato 2,5-10 mg per os o 3-5 mg e.v. o s.c.
aumentabili del 25% se paziente già in terapia con morfina) e benzodiazepine. Se l’agitazione
non è ancora controllata vedi paragrafo “Stati Confusionali”.

7. Disturbi del cavo orale


I disturbi del cavo orale provocano sofferenza e impediscono di bere e mangiare. Solo
una regolare cura della bocca può prevenire i problemi.
Candidosi e secchezza sono i sintomi più comuni.
Candidosi:
gli antimicotici per via generale vanno decisi nella valutazione globale del paziente:
Nistatina sospensione orale: trattenere in bocca e poi deglutire solo dopo alcuni minuti.
Altri farmaci utili in forme farmaceutiche diverse sono: miconazolo gel orale 2%, oppure in
compressa buccale mucoadesiva (da applicare sulla gengiva superiore, sopra gli incisivi
al mattino); pulizia accurata affidata a infermieri e familiari.
Scialorrea:
sebbene non esista un farmaco con questa indicazione specifica in Italia l’atropina solfato
fl da 1 mg s.c. o i.m. oppure la ioscina bromuro (scopolamina) fl da 20 mg i.m. possono
avere un buon effetto sul sintomo. La morfina stessa può portare ad una riduzione della
salivazione, effetto avverso che, in una strategia complessiva, potrebbe essere sfruttato.
Secchezza:
succhiare cubetti di ghiaccio, bere succo di frutta o di ananas ghiacciati, masticare
compresse di vitamina C, cibi aciduli e bere frequentemente. Evitare i cibi che richiedono
lunga masticazione e cibi secchi. Umidificare l’ambiente ad intervalli, eventuale uso di saliva
artificiale. Evitare la glicerina sulle labbra (azione disidratante), usare burro di cacao o miele
rosato. Un farmaco che ha indicazione per la xerostomia ma che è off-label per i pazienti
che non abbiano subito irradiazioni o abbiano la sindrome di Sjögren è la pilocarpina (1 cpr
da 5 mg x 3-4/die) da assumere durante o subito dopo i pasti.
Ulcere:
sciacqui con: acqua e bicarbonato o con Betametasone sciolto in un collutorio. Nelle
ulcere da chemioterapia, sucralfato. Se ulcere erpetiche (stomatite erpetiche) Acyclovir
sciroppo da sciogliere in bocca almeno 5 volte al giorno.

8. Disturbi urinari
Se si sospetta una causa infettiva sarebbe ideale il controllo con stick urine, in caso
di conferma, non potendo avere un antibiogramma, è ipotizzabile uso di antibiotici (vedi
Capitolo “Nefrologia e Uroandrologia”). È possibile valutare l’uso di un anticolinergico.
Se si manifesta dolore addominale in un portatore di catetere provate a sgonfiare legger­
mente il palloncino. È importante accertarsi sempre che non ci sia un’ostruzione (ischuria
paradossa) valutando il globo vescicale sovrapubico, che richiede una cateterizzazione
o, se è già presente il catetere, una sua disostruzione ottenuta grazie ad un lavaggio con
soluzione fisiologica.
Dolori tipo colica si trattano con sintomatici (ad es. FANS) per via iniettiva. Se questi
risultano inefficaci si ricorre alla morfina.
Cure palliative 41

9. Dolore
Gli oppioidi sono il cardine della terapia analgesica.
La terapia del dolore segue una strategia terapeutica antalgica basata sulla scala
analgesica a 3 gradini dell’OMS:
I gradino: FANS/Paracetamolo +- adiuvanti
II gradino: oppiodi deboli +- FANS/Paracetamolo +- adiuvanti
III gradino: oppiodi forti +- FANS/Paracetamolo +- adiuvanti.
Questa scala analgesica rappresenta il gold standard nel trattamento del dolore da
cancro nell’anziano (AIOM D positiva debole). La morfina (III Gradino scala OMS) oltre a
essere l’analgesico migliore, interviene anche sulla dispnea, favorisce la broncodilatazione,
la vasodilatazione periferica, diminuisce la frequenza respiratoria e provoca un rilassamento
generale. Gli oppioidi transdermici non possono essere introdotti in questa fase per la loro
lenta farmacocinetica iniziale (anche 12 ore). Quando non risulta più praticabile la via
orale, la formulazione più usata è la morfina cloridrato in fiale da 10 mg attraverso la via
sottocutanea (AIOM A positiva forte), con opportune pompe di erogazione, o intermittente
ogni 4 ore (posizionare un butterfly o un angio-set).
Se il paziente non è attualmente in terapia con morfina, la dose di partenza suggerita
è di 5-15 mg, la via di somministrazione per os. Se invece il paziente è gia in terapia per
os, la dose va calcolata, secondo le tabelle di conversione 2:1 per la via sottocutanea, 3:1
per la via endovenosa.
Per esempio: se era in trattamento con beneficio usando morfina orale a rilascio prolungato
60 mg × 2, totale 120 mg nelle 24 ore  passare a 60 mg per via sottocutanea o a 40 mg
per via endovenosa (dose giornaliera).

Dolore episodico intenso (breakthrough pain - BTcP)

Frequentemente il medico di Continuità Assistenziale viene chiamato perché, nonostante


il paziente sia già in trattamento con morfina, compare un dolore incidente. La dose di
salvataggio da somministrare al bisogno per essere efficace deve essere 1/6 della dose
totale delle 24 ore del farmaco già in uso (comunemente accettata una dose compresa
tra il 10 ed il 20% della dose giornaliera) e può essere ripetuta ogni 4 ore se necessario.
Per esempio: il paziente già assume 60 mg di morfina cloridrato nelle 24 ore a goccia lenta
(e.v.), se compare una crisi dolorosa la dose di morfina al bisogno deve essere di 10 mg e.v.
Se il paziente è in trattamento con altri oppioidi usare la tabella di conversione (Figura 1).

TABELLA DI CONVERSIONE DEGLI OPPIOIDI

Figura 1 - Conversione degli oppioidi.


42 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Inoltre è molto efficace e sempre più utilizzato per controllare il BTcP da cancro il fentanil
citrato per via transmucosa (oromucosale, sublinguale o intranasale), se lo si ha disponibile
in borsa o se disponibile a casa del paziente.
Ci sono molte resistenze all’uso della morfina. Il messaggio deve essere chiaro: a dosi
adeguate, aumentando la dose gradatamente ogni volta non più del 50%, la morfina è una
terapia sicura ed efficace! Gli effetti avversi della morfina sono la nausea (che può essere
prevenuta con farmaci quali la metoclopramide), la stipsi (ben controllabile anche con
farmaci da banco) e la sedazione.

10. Edemi
Determinano uno stato di ansia nel paziente e nella famiglia. Va considerata la fisio­
patologia dell’edema, che in questo testo però non può essere discussa esaurientemente.
L’ipoalbuminemia facilita la formazione di edemi. Si ottiene beneficio col posizionamento
di fasce o calze elastiche.
Furosemide e Spironolattone possono essere di notevole aiuto per periodi temporanei.
Più grave l’edema da ostruzioni che impediscono il ritorno venoso o linfatico, con edemi
asimmetrici: in questi casi sono meno utili i diuretici, vantaggiosi i corticosteroidi per il loro
effetto antiedemigeno. I massaggi sono importanti e hanno sempre un favorevole effetto
psicologico. Evitare, finché possibile, di immobilizzare il paziente in posizione di scarico. In
presenza di edemi duri con cute arrossata a buccia d’arancia, pensare a dermoepidermite
piogenica che necessita di terapia antibiotica. Se l’edema procura dolore il paracetamolo a
dosi analgesiche (1000 mg massimo x 3/die) è una scelta corretta.

11. Emorragia
Emottisi, emorragia rettale, vaginale, lesioni del cavo orale: acido tranexamico (fl e
cpr da 500 mg) fino a 3 g anche per os al dì o anche per uso topico (garza imbevuta per
esempio nel tamponamento di un’epistassi o nella medicazione di una lesione cutanea);
Ematemesi: sospendere i farmaci gastrolesivi, utilizzare sucralfato, H2 antagonisti o
inibitori di pompa orosolubili (tipo lansoprazolo 30 mg orodispersibile). Se il paziente col­
lassa, come avviene in alcuni casi di cancro del polmone per improvvisa vomica di sangue,
valutare in base alle aspettative di vita, anche con la famiglia, l’opportunità di ricovero
ospedaliero per trasfusione. Se non è opportuno rianimarlo, sedare con diazepam 10 mg
e.v. e/o morfina cloridrato.

12. Febbre
Spesso accompagna l’ultima fase di un malato terminale per neoplasia. Se si escludono
le infezioni batteriche o virali, micosi, il trattamento è solo sintomatico, per dare sollievo.
• paracetamolo 1000 mg ogni 6 ore (se disponibile 50 ml o 100 ml ogni 6 ore)
• metamizolo (20 gtt 500 mg 4 volte al dì, la dose può essere raddoppiata oppure
utilizzare 1 fl da 1 g im o e.v.)
Consigliare l’idratazione: la febbre e la conseguente disidratazione facilitano la comparsa
di agitazione psicomotoria, che, se non recede con l’abbassamento della temperatura, va
trattata con neurolettici.
Le febbri paraneoplastiche spesso rispondono ai corticosteroidi.

13. Nausea e vomito


L’acronimo VOMIT comprende quasi la totalità delle cause: Vestibolari – Ostruttive –
Motilità alterata (vedi oltre) – Infettive – Tossiche e da farmaci. Il vomito da ipertensione
Cure palliative 43

endocranica è sovrastimato, meno del 5% di tutte le cause. Ragionare sul meccanismo di


insorgenza per stabilire se usare pro cinetici e antidopaminergici o anticolinergici ad azione
antisecretiva e spasmolitica.
I farmaci di riferimento sono:
• aloperidolo 0,5 mg fino a 3 volte al giorno
• metoclopramide 10 mg/sc, fino a 4 fiale al giorno
• proclorperazina 5-10 mg x massimo 4 volte/die fino a massimo 40 mg
• clorpromazina 25-50 mg per via i.m., ripetuti eventualmente 2-3 volte al giorno
• desametasone 4-8 mg fino a 3 volte/die.
È descritto in letteratura anche l’uso di anticolinergici o antistaminici se presente
vertigine (attenzione ai farmaci off-label in Italia).

14. Occlusione intestinale


Un’occlusione andrebbe generalmente ospedalizzata per una colostomia, se il paziente
ha una aspettativa di vita per la quale un intervento di questo tipo porti benefici in termini
di quantità ma soprattutto di qualità della vita, o per desiderio del paziente. Importante
è escludere che vi sia presenza di un fecaloma (Vedi paragrafo ’’Stipsi’’). Le occlusioni
inoperabili si possono curare a casa, controllandone i sintomi.
L’occlusione da patologia maligna divide la terapia sintomatica in funzione di due grandi
obiettivi (indipendentemente dalla via di somministrazione):
1. Mantenere la funzione intestinale. In questo caso l’azione terapeutica si basa su: rota­
zione degli oppiodi, metoclopramide 5-10 mg 30 min prima dei pasti e prima di andare
a dormire (massimo 40 mg/die), desametasone 4-12 mg da interrompere se nessun
miglioramento in 3-5 giorni.
2. Non è possibile mantenere la funzione intestinale. In questo caso è possibile intervenire
tentando di ridurre spasmi e produzione di secrezioni con ioscina bromuro 20 mg ogni
4/6 ore.
Dolore: morfina s.c. con aumento progressivo della dose sino al controllo del dolore.
La morfina dovrebbe controllare anche la iperperistalsi, in alternativa potrebbe essere
ragionevole utilizzare loperamide (off-label).

15. Prurito
Sintomo controllabile con l’adeguata gestione del malato, generalmente compito non
della Continuità Assistenziale. Chiamati tuttavia per un prurito generalizzato, somministrare
antistaminici oppure, se in presenza di prurito associato ad ansia o insonnia, è possibile
valutare l’uso di idrossizina per os (25 mg) o prometazina im o e.v. (fl da 50 mg) entrambi
molto sedativi. Il prurito, in particolare se associato a lesioni da graffio sulla cute o infiam­
mazione, può giovare dall’utilizzo di cortisonici.

ATTENZIONE: Il prurito può anche essere un effetto avverso da terapia con


morfina o derivati.

16. Singhiozzo
Potete consigliare di effettuare, nell’attesa del vostro arrivo, le manovre semplici per
interrompere il singhiozzo: valsalva, rebreathing (far respirare in un sacchetto di plastica),
iperestensione del capo.
44 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Di fronte al sintomo refrattario valutare dalla storia clinica le possibili 3 cause e inter­
venire con farmaci per via parenterale:
- da lesione cerebrale: clorpromazina 25/50 mg x massimo 3 volte/die. Anche il baclofene
10 mg x 3/die ha dimostrato efficacia in soggetti con lesioni cerebrali e singhiozzo, in
particolare sul paziente con sintomatologia cronica (off-label)
- da compressione del nervo frenico (come nel gozzo, adenopatia, ostruzione cava superiore,
ascite, neoplasie gastriche e esofagee, pericardite e sindrome mediastinica): cortisonici
Attenzione che in soggetti già in terapia con glucocorticoidi, la causa del singhiozzo
potrebbero essere i glucocorticoidi stessi. È descritto un beneficio con un cambiamento
(switch) di molecola.
- da distensione gastrica: metoclopramide (fl da 10 mg fino a 3/die) o levosulpiride;
l’intervento più corretto sarebbe l’applicazione di un sondino naso-gastrico, di solito
non disponibile al letto del malato, e spesso non accettato.

17. Stati confusionali


Le cause più comuni sono metaboliche: ipercalcemia, uremia, ipo o iperglicemia, iper­
capnia, disidratazione, anemia, ritenzione urinaria. Meno di frequente: sepsi, ipertensione
endocranica, ansia e depressione, farmaci (compresa la sindrome da astinenza). Non sempre
è necessario trattarli, in particolare se il paziente non è agitato e se questo non provoca
disagio al paziente e alla sua famiglia. La presenza continua di una persona vicina, la
presenza di una luce accesa e/o rassicurazioni al paziente (è bene sempre presupporre che
il malato sia in grado di capire) possono riorientarlo. Se l’aspettativa di vita è nell’ordine
di settimane o mesi o superiore un tentativo di correzione dei deficit metabolici di volta in
volta ipotizzati può cambiare rapidamente la sua condizione. È poi fondamentale impostare
una terapia come segue:
Se i sintomi sono lievi/moderati:
- aloperidolo 0,5-2 mg massimo ogni 8 ore
Se i sintomi risultano severi:
- aloperidolo 0,5-2 mg e.v. se possibile oppure clorpromazina (25 mg subito fino ad un
massimo di 100 mg nella giornata)
- se refrattarietà a neurolettici considerare aggiunta di lorazepam 0,5-2,5 mg o analogo
benzodiazepinico a emivita breve-intermedia.
In caso di paziente con aspettativa di vita molto breve (ore o giorni) è bene valutare
l’avvio di sedazione palliativa.

18. Stipsi
Provocata da varie cause, va prevenuta (AIOM C positiva forte) per esempio tramite
l’utilizzo incrementale di derivati della senna.
Una stipsi persistente andrebbe trattata attraverso l’utilizzo di facilitatori dell’alvo come
supposte di glicerina oppure lattulosio.
Come talvolta accade in questi pazienti, la stipsi è però oppiode-indotta di conseguenza
in questi casi, oltre ai classici farmaci, è opportuno valutare l’uso di antagonisti dei recettori
mu periferici degli oppiodi come naloxegol (1 cpr da 15 mg/die) (AIOM B positiva debole).
In presenza di fecaloma, invece, si può sviluppare una ostruzione parziale, che provoca
dolore addominale e talvolta diarrea paradossa. Per coloro che possiedono l’adeguata
formazione, se il paziente è compliante, è possibile tentare una rottura manuale dello
stesso, premedicando con morfinoderivati (in base alla dose giornaliera) e/o diazepam se
il paziente è agitato.
Cure palliative 45

19. Tosse
Terapia causale quando possibile: antibiotici nelle infezioni, broncodilatatori e cortisonici
nell’asma, diuretici nello scompenso cardiaco, cortisonici nella infiltrazione neoplastica.
Levodropropizina (60 mg pari a 20 gocce fino a 3 volte/die o Diidrocodeina 10,25 mg/ml (fi­
no a 30 gtt x 4 /die) come sintomatici.
È sempre comunque possibile ricorrere alla morfina.

LA SEDAZIONE PALLIATIVA
In cure palliative va tentato in ogni modo il controllo del sintomo: i dosaggi indicati,
cioè quelli presentati nelle schede tecniche, possono talvolta essere superati, anche
se in modo progressivo. Tuttavia il sintomo può essere refrattario. Un sintomo è
refrattario quando non è più adeguatamente controllabile con una terapia che non
comprometta la coscienza. Di fronte a un sintomo refrattario bisogna decidere di
attuare la sedazione palliativa.
La sedazione palliativa è la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi
farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la
percezione di un sintomo, altrimenti intollerabile per il paziente, nonostante siano
stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo stesso che
risulta, quindi, refrattario.
Non è possibile fornire un dosaggio universale valido per tutti i pazienti, poiché la dose e
il tipo di farmaco dipendono dalla situazione clinica e dai farmaci in terapia al momento
della sedazione, tuttavia si possono dare delle linee guida generiche. Se disponibile
un accesso venoso: soluzione fisiogica + 30 mg morfina (3 fl o più se paziente già in
trattamento con oppioidi) + clorpromazina (1 fl 50 mg) + eventuale induzione rapida
del sonno con 30 mg di midazolam (2 fl da 15 mg) o 20 mg di diazepam (2 fl da 10 mg).
Se non disponibile un accesso venoso la morfina si somministra sc e la clopromazina im.
Il processo decisionale per la sedazione deve coinvolgere la persona, se cosciente, i
familiari e ogni altro operatore sanitario presente.
La sedazione palliativa andrebbe somministrata da un medico che si sia sottoposto
ad un corso di formazione sulla fase finale.
Dermatologia
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Ustioni
La prima cosa da fare è valutare gravità ed ampiezza della superficie ustionata. Nei casi
gravi (ustione complicata da un trauma grave o danno da inalazione, ustione chimica, ustione
elettrica ad alto voltaggio e, in genere nell’adulto, ogni ustione che coinvolga più del 20%
della superficie corporea fatta eccezione per quella solare) la vostra prima preoccupazione
sarà di telefonare al 118 o al numero unico d’emergenze (NUE), presente in quasi tutti gli
Stati dell’Unione Europea, 112 e far organizzare al più presto i soccorsi. Nell’attesa potete:
1) Valutare il dolore ed eventualmente somministrare analgesia al bisogno
2) Lavare le lesioni con soluzione fisiologica 0,9% o con soluzione di Ipoclorito di Sodio o
Clorexidina 0,05%
3) Rimuovere tutto il materiale estraneo ed i lembi di epidermide scollata e necrotica
4) Aprire e svuotare le flittene voluminose (>3 cm) o in sedi articolari, risparmiando, se
possibile, il tetto della bolla che costituisce una utile medicazione biologica
5) Rasare i peli intorno all’area lesa
6) Medicare con garza non aderente (non è necessaria a flittene integre) a cui sovrapporre
per le prime 24-48 ore un impacco di blando antisettico (ipoclorito di sodio/clorexidina
0,05%) eventualmente da far rinnovare a casa o in alternativa una pomata antimicrobica
e garza sterile.
7) In caso di lesioni molto essudanti utilizzare garze asciutte fissate con l’applicazione di
una maglia tubulare a rete o tubigrip, assicurandosi che non sia costrittivo.
8) Sollevare e mettere la parte lesa in scarico per ridurre gli edemi.

ATTENZIONE: Una ustione non deve mai essere sottovalutata. Controllare


sempre ogni 2-3 giorni. In caso di sospetta infezione è indicato associare
una terapia antibiotica o inviare dallo specialista. È sconsigliabile l’uso della
Sulfadiazina argentica per ustioni superficiali, a causa della difficoltosa e dolorosa
rimozione dei residui prima della successiva medicazione. Verificare la validità
della vaccinazione antitetanica.

Nel caso invece vi troviate di fronte ad ustioni medicabili ambulatorialmente potete


attenervi al seguente schema:
I Grado = Solo eritema ed edema. Bruciore per due o tre giorni. Guarigione spontanea in
5-10 giorni, spesso con ampie esfoliazioni.
Praticare la sola terapia cortisonica locale:
- Beclometasone (crema 2 applicazioni/die)
- Mometasone furoato (crema 1 applicazione/die).
II Grado superficiale = Eritema, edema e bolle. Bruciore intenso. Guarigione spontanea
in due/tre settimane senza cicatrici. Bagnare con acqua a temperatura ambiente o
fredda, per non più di 5’ per evitare che la pelle si maceri. Evitare il ghiaccio che può
peggiorare la gravità dell’ustione. Eventualmente è possibile applicare garze bagnate
con soluzione salina a 12° C, un modo alternativo per raffreddare la lesione. Normali
disinfettanti andrebbero evitati, si consiglia lavare con acqua del rubinetto e sapone
neutro; la clorexidina senza alcol può essere utilizzata. Evitare lo svuotamento delle
Dermatologia 47

bolle integre al di sotto dei 3 cm per il rischio di possibili infezioni, pulire quelle aperte.
Adottare preferibilmente una medicazione chiusa con garze medicate nelle fasi più
essudanti (bagnate), e pomate antibiotiche in quelle successive più asciutte. Utile:
Acido Fusidico crema due applicazioni/die.
II Grado profondo limitato a piccole aree = Eritema intenso, edema e bolle estese. Bruciore
moderato. Guarigione in più di quattro settimane con cicatrici se non si applicano innesti.
La medicazione locale è come la precedente.
III Grado limitato a piccole aree = Escara pallida o bruna. Dolore assente o modesto.
Assente capacità di guarigione in assenza di atti terapeutici. Rimuovere i tessuti necrotici,
medicazioni locali come prima usando pomate antibiotiche (Acido fusidico crema) due
applicazioni/die.

ATTENZIONE: La somministrazione va sempre preceduta da un impacco


di soluzione fisiologica.

Calcolo (%) della superficie corporea ustionata

ANNI 0-1 1-4 5-9 10-14 15

Capo (volto) 9,5 8,5 6,5 5,5 4,5


Capo (nuca) 9,5 8,5 6,5 5,5 4,5
Collo (a+p) 2 2 2 2 2
Tronco anteriore 13 13 13 13 13
Tronco posteriore 13 13 13 13 13
Braccio (a+p) 4 4 4 4 4
Avambraccio (a+p) 3 3 3 3 3
Mano (a+p) 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
Gluteo (dx+sn) 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
Genitali 1 1 1 1 1
Coscia (a+p) 5,5 6,5 8 8,5 9
Gamba (a+p) 5 5 5,5 6 6,5
Piede (dorso + pianta) 3,5 3,5 3,5 3,5 3,5
(a+p = anteriore+posteriore)

Dermatiti da celenterati (meduse, attinie)


Scopo della terapia deve essere:
1) Inattivare le tossine liberate: è necessario lavare la parte colpita possibilmente con acqua
salata ad una temperatura che vada tra 40 e 45°C, per 20 minuti (UptoDate grado 1B).
2) Inattivare le nematocisti ancora chiuse: si consiglia di utilizzare l’aceto per l’inattivazione
delle nematocisti e successivamente applicare schiuma da barba e rimuoverle con un
oggetto spesso (carta di credito, coltello a piatto).
3) Ridurre il processo infiammatorio e il dolore ad esso conseguente:
per esempio applicare topici steroidei:
Mometasone furoato (crema, 1 applicazione/die) alternati con anestetici locali
(Lidocaina/prilocaina crema).
48 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Nei casi più gravi si possono somministrare cortisonici come:


Betametasone (4 mg 1 f i.m.) ed antistaminici sistemici come:
Clorfenamina (1 f i.m.).

ATTENZIONE: Non applicare mai acqua fredda e non strofinare mai la cute
colpita.

Può essere utile ricordare che le nematocisti chiuse staccate dai tentacoli possono essere
attive ancora per settimane sulle spiagge dove vengono riversate le meduse o parti di
esse dopo una burrasca.

Punture di insetti
Le punture di insetto possono dare reazioni locali o sistemiche, in base al tipo di reazione
dovremo decidere che tipo di terapia applicare.
Nel caso in cui la reazione sia sistemica con anafilassi dovete immediatamente som­
ministrare:
- Adrenalina f soluz. 1:1000 alla dose di 0,3-0,5 ml s.c., eventualmente ripetibile; nel
bambino la dose è di 0,01 ml/kg sempre s.c.
- Beta-agonisti
- Corticosteroidi: il prednisone è considerato uno dei farmaci più indicati vista la capacità di
prevenire effetti anafilattici ritardati e di limitare l’anafilassi bifasica (20% di probabiità
di avere un secondo episodio anafilattico all’antigene residuo nelle successive 8-12 h).
È comunque consigliabile ospedalizzare questi pazienti.
In situazioni più lievi (orticaria) può essere sufficiente:
1) Betametasone (f 4 mg: 1-2 f i.v.)
2) Cetirizina (cpr 1 cpr/die)
3) Clorfeniramina (1 f. i.m.).
Se la puntura di un insetto determina invece solo una lesione locale:
1) applicate impacco con ghiaccio; poi
2) Cetirizina (cpr 1 cpr/die);
3) Clobetasone (pomata) 2 volte/die.
Se la reazione locale è imponente (intero arto gonfio, ecc.) associate:
4) Betametasone (cpr 0,5 mg 1 × 2/die; ovvero 0,1-0,2 mg/kg nel bambino). Successiva­
mente consigliate un controllo presso un centro allergologico per valutare il rischio di
possibili reazioni gravi in caso di un’altra puntura.

Morsi di ragno
La maggior parte dei ragni velenosi non vive alle nostre latitudini; tuttavia, in alcune zone
dell’Italia sono stati segnalati i cosiddetti ragni “a violino”, il cui colore varia dal giallastro
al marrone scuro e il cui morso può dare origine sia a reazioni locali (dolore variabile da
lieve a molto grave, prurito, comparsa di una bolla che si sviluppa nell’arco di alcuni giorni
e viene seguita dalla formazione di una crosta che, distaccandosi, dà origine a una zona
ulcerata) che sistemiche (febbre, astenia, vomito).
Se si sospetta un morso da ragno velenoso, è consigliabile lavare l’area morsicata con
acqua e sapone e applicare ghiaccio o impacchi freddi sopra la zona interessata dal morso,
per ridurre il dolore. Nei casi più gravi, ospedalizzare il paziente.
Dermatologia 49

Puntura di pesce ragno


Scopo della terapia è ridurre il più possibile l’avvelenamento:
1) Lavare con acqua calda 45°C, per 90’ la parte colpita, rimuovendo ogni frammento di
aculeo accessibile, ma evitando la lacerazione dei tessuti.
2) Se la ferita interessa un arto, applicare un laccio emostatico in modo da non arrestare
il flusso arterioso, ma da rallentare il deflusso venoso (deve consentire il passaggio di
un dito al di sotto).
3) Iniettare intorno alla ferita anestetici locali (Mepivacaina cloridrato 3% o altro) e som­
ministrare antalgici:
- Diclofenac (1 f i.m.) e cortisonici sistemici.
4) Profilassi antitetanica ed in caso di anafilassi anche antistaminici e adrenalina.
Nei casi più gravi ospedalizzare il paziente.

Cute arrossata o eritematosa


L’eritema è un arrossamento della cute, causato dalla dilatazione dei vasi sanguigni
più superficiali, sotto forma di chiazze di varie dimensioni, eventualmente confluenti fino a
coinvolgere tutta la superficie cutanea (eritrodermia). Essendo determinato da una vasodi­
latazione, si accompagna ad aumento della temperatura locale e a bruciore e/o prurito più
o meno intenso. A distanza di tempo variabile, in relazione all’acuzie del processo infiam­
matorio, alle derma­titi eritematose può far seguito desquamazione più o meno intensa. Ai
fini pratici si possono distinguere forme con poche chiazze e forme molto estese.
A. Lesioni eritemato-desquamative con poche chiazze <10

Micosi
Per un corretto approccio riveste notevole importanza la sede della lesione:
Micosi al cuoio capelluto: poco frequente, di solito colpisce i bambini con poche chiazze
isolate di alopecia o con pochi capelli spezzati a pochi mm dal foro di uscita dal cuoio
capelluto, che all’interno della chiazza è poco o nulla eritematoso, sormontato da una
desquamazione biancastra che può essere anche abbondante. Somministrate:
- Griseofulvina (20-25 mg/kg/die per 6-8 settimane nei bambini; 1 g/die per 6-8 setti­
mane nell’adulto)
­- Fluconazolo (5-6 mg/kg/die per 3-6 settimane nei bambini; 200 mg/die per 3 settimane).
Micosi al corpo: poche chiazze isolate circolari eritemato-desqua­manti, perfettamente
delimitate in periferia, a tipico andamento centrifugo con apparente risoluzione centrale.
Terapia:
1) Ciclopiroxolamina (crema due volte al dì per 21 gg) oppure Bifonazolo (crema una volta
al dì per 21 gg); qualora la forma sia rapidamente espansiva aggiungete:
2) Itraconazolo (la posologia varia in funzione della parte del corpo interessata).

Dermatite seborroica
Dermatosi frequente, cronica, si presenta con chiazze eritematose a limiti sfumati,
ricoperte da squame giallastre, che tipicamente si localizzano al margine anteriore del
cuoio capelluto, al bordo sopracciliare, ai solchi naso­genieni e naso­labiali e in regione
medio-toracica.
Nella metà dei casi si ha remissione nei mesi estivi.
50 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Terapia per la sola fase di acuzie:


1) Mometasone furoato (crema una applicazione/die per 3/4 giorni)
2) Solfuro di Selenio al 2,5% e Zinco Piritione gel detergente (attività antimicotica)
3) Ketoconazolo (crema, 1 applicazione/die) o
4) Diflucortolone valerato e Isoconazolo nitrato (2 applicazioni/die).
Per la terapia completa inviate ad uno specialista.

Psoriasi
La psoriasi si presenta con chiazze eritematose a limiti netti policiclici, ricoperte da
squame biancastre stratificate una sull’altra, localizzate più frequentemente ai gomiti, alle
ginocchia, al tronco e al cuoio capelluto. Caratterizzata da una predisposizione genetica,
trova notevole miglioramento nei mesi estivi. Caratteristica patognomonica, quando pre­
sente, è l’insorgenza delle chiazze psoriasiche nei punti in cui la cute si traumatizza (ferite,
escoriazioni, fenomeno di Koebner ecc.). La terapia prevede applicazione di creme a base
di steroidi+derivati vit. D = (Calcipotriolo + Betametasone unguento una applicazione/
die per 3-4 settimane, al centro delle chiazze, cercando di non farla debordare troppo per
evitare fenomeni irritativi –peraltro normali– sulla cute integra circostante). Per le forme
piu estese si rimanda a uno specialista.

Cheratosi attinica
Precancerosi che compare negli anziani nelle zone foto-esposte (volto, cuoio capelluto
specie se alopecico, dorso, mani) con elementi unici o multipli (mai molti), costituiti da
squame secche spesso adese parzialmente ad una cute secca di un tipico colorito roseo
acceso, rugosa. La terapia è appannaggio dello specialista, consistendo nel controllo o
nell’applicazione di creme specifiche (Diclofenac sodico, Imiquimod, Ingenolo mebutato).
B. Lesioni eritemato-desquamative con molte chiazze >10

Pitiriasi rosea di Gibert


L’importanza di questa dermopatia, più spesso confusa con una micosi, è nell’allarme
che provoca nei pazienti. La sintomatologia clinica è tipica ed inconfondibile: una chiazza
eritemato-desquamante circolare (chiazza madre) è seguita a distanza di pochi giorni (4-7)
dalla comparsa, per lo più al tronco e alla radice degli arti, di molte altre lesioni dello stesso
tipo, caratteristicamente con prurito scarso o assente. Malattia a probabile eziologia virale,
scompare spontaneamente in 4-6 settimane senza reliquati. La diagnosi differenziale va
posta con le micosi (mai con così tante chiazze) e con l’orticaria (mai con così scarso prurito
in rapporto al numero delle chiazze).
In caso di prurito:
- Cetirizina (1 cpr/die).

Cute con lesioni vescicolose


Le vescicole sono piccoli elementi cupoliformi di 1-3 mm circoscritti all’epidermide,
contenenti un liquido di solito trasparente, talvolta opaco, raramente emorragico. Varie sono
le dermopatie ad estrinsecazione vesci­colosa:
1) Eczema
Qualunque forma di eczema si manifesta sempre con la medesima sequenza cronologica.
La cute diventa eritematosa (fase eritematosa). Compaiono quindi, accompagnate da intenso
prurito, vescicole a contenuto limpido, disposte una vicina all’altra ma talvolta confluenti,
Dermatologia 51

le quali successivamente si rompono lasciando fuoriuscire il liquido (fase umida). Il liquido


così fuoriuscito si rapprende infine in croste (fase secca), che desquamano come preludio
alla guarigione quando il processo infiammatorio si esaurisce.
Eczema da contatto o più correttamente Dermatite irritativa da contatto (DIC): insorge
improvvisamente in sedi, come volto ed arti, maggiormente soggette a contatto con agenti
esterni. Spesso riproduce la forma dell’oggetto fonte della reazione allergica. Può dare
bruciore.
Dermatite allergica da contatto (DAC): insorge nella sede di contatto con l’agente
allergizzante, ma può estendersi ben oltre tale limite. Causa prurito.
Eczema atopico: forma tipica dei neonati dal terzo mese in poi e dei bambini, con loca­
lizzazioni tipiche alle pieghe dei gomiti e delle ginocchia e in regione retroauricolare, ma può
manifestarsi ovunque. Predomina il prurito che può essere intensissimo; le vescicole sono
meno numerose e più sparse rispetto alle forme allergiche da contatto.
Eczema disidrosico: forma con caratteristica recrudescenza primaverile-autunnale, può
colpire le mani ed i piedi, con esordio tipico alla superficie laterale delle dita. Le vescicole,
che possono confluire in bolle anche profonde, non si rompono, bensì si essiccano in squamo-
croste. Scarso o assente l’eritema circostante. Indipendentemente dal tipo di eczema, la
terapia può essere schema­tizzata come segue in base alle fasi:
Fase eritematosa: creme steroidee tipo:
- Mometasone furoato (crema 1 applicazione/die).
Fase umida: lavaggi con prodotti antisettici per prevenire la sovrainfezione (Ipoclorito
di sodio 1 cucchiaio per litro di acqua) e applicazione di creme steroidee come sopra. Qua­
lora si sospetti invece una sovrainfezione si possono utilizzare soluzioni batteriostatiche e
micostatiche (Eosina 2% soluzione acquosa da pennellare una volta/die per 4/5 giorni),
associate ad un antibiotico con steroide locale come Acido fusidico/betametasone da
applicare due volte al dì.­
Fase secca: pomate (prodotti più grassi delle creme) steroidee:
Mometasone furoato (pomata una applicazione/die).
In alcuni casi il prurito, specie se la dermatite è estesa, può richiedere la prescrizione di
antistaminici o di cortisonici sistemici fino a remissione della fase critica.

2) Herpes simplex
Patologia frequente, dovuta alla riattivazione del virus, legata a stress fisici o psichici; si
caratterizza per la comparsa per lo più a livello periorale o genitale (ma è possibile ovunque)
di un’area erimatosa, su cui compaiono vescicole dapprima trasparenti, poi torbide, quindi
giallastre, tipicamente raggruppate a grappolo.
La sintomatologia è modicamente urente e/o pruriginosa e gli episodi si autorisolvono
in 7-10 giorni. Per la terapia dell’infezione primaria ci si avvale di:
- Aciclovir (200 mg, 5 cp/die per 5-10 giorni, adulti e bambini sopra i 6 anni) il più
precocemente possibile per ottenere una riduzione della sintomatologia e della durata
della medesima.
Nel bambino la prima infezione erpetica può comportare gengivo­stomatite aftosa e segni
sistemici di malattia, tra cui febbre elevata, e rendere opportuno l’impiego di antivirali per
via generale:
- Aciclovir 10 mg/kg/dose × 5 volte al dì × 5 giorni (scir. 1 ml 80 mg; 5 ml 400 mg; quindi
1 ml ogni 8 kg di peso per dose).
Nei casi più gravi, quando il bambino non si alimenta e si disidrata, è indicato il ri­covero.
52 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

3) Herpes zoster
Affezione dovuta al virus varicella-zoster, più frequente nell’anziano in seguito a de-
bilitazione psicofisica. Esordisce con alterazioni della sensibilità (parestesie, dolore), che
precedono alle volte di qualche giorno l’insorgenza di eritema con vescicolo-pustole simili
a quelle dell’H. simplex, ma molto più numerose e caratteristicamente disposte lungo il
territorio di innervazione di alcuni nervi, più spesso gli intercostali, con tipica mono­lateralità.
Il dolore può essere acutissimo e persistere oltre un anno dalla fine della manifestazione
cutanea, che solitamente ha durata di due-tre settimane.
La terapia nel paziente adulto si avvale di:
– Aciclovir (800 mg 1 cpr × 5/die per 7 gg. o
– Brivudina (125 mg 1 volta/die per 7 giorni) in pazienti adulti immunocompetenti.

Brivudina e 5-fluorouracile, comprese anche le sue preparazioni per uso


topico o i suoi pro-farmaci (per es. capecitabina, floxuridina, tegafur) o le
associazioni che contengono questi principi attivi, ed altre 5-fluoropirimidine
(per es. flucitosina) non devono essere somministrati contemporaneamente
e si deve osservare un intervallo minimo di 4 settimane prima di iniziare
il trattamento con farmaci a base di 5-fluoropirimidina. Come ulteriore
precauzione, l’attività dell’enzima DPD deve essere monitorata prima di
iniziare qualsiasi trattamento con farmaci a base di 5-fluoropirimidina nei
pazienti ai quali è stato recentemente somministrato Brivudina (vedere
anche sezioni 4.5 e 4.8).

L’uridina triacetato, un analogo per uso orale dell’uridina, si è dimostrata efficace come antidoto nel trattamento
di urgenza del sovradosaggio di 5-fluorouracile o capecitabina e di pazienti che manifestano tossicità gravi dopo
somministrazione di questi agenti chemioterapici. L’uridina triacetato non è disponibile in commercio, ma qualora se
ne renda necessario l’impiego come antidoto, se ne può fare richiesta all'Azienda Produttrice Wellstat (USA).

oppure
– Famciclovir (250 mg 1 cpr × 3/die per 7 gg.) o
– Valaciclovir (1000 mg 1 cpr × 3/die per 7 gg.) e, se necessario, di antidolorifici;
per il dolore provocato dalla nevrite post-erpetica si possono usare:
1) Amitriptilina (gtt 10 gtt × 2/die), tenendo ben presenti i possibili effetti collaterali;
2) Carbamazepina (cpr 200 mg 1 cpr × 2/die);
3) Gabapentin (cps 300 mg 1 cps × 3/die partendo da 1 cps il primo giorno a salire fino al terzo);
4) Ketorolac (10 mg f i.m.);
5) Pregabalin (cps 150 mg 1 cps × 1-4/die).

4) Impetigine
Si può presentare con vescicolo-pustole su base eritema­tosa, le quali si rompono con
formazione di croste gial­la­stre o con lesioni bollose, poi squamo-crostose a tendenza
centrifuga, aventi bordo flittenulare. Si localizza più frequentemente alle superfici esposte
(viso, mani, gambe), specie su cute già lesa (ad esempio da eczema). Agente etiologico
può essere lo streptococco beta-emolitico o, più frequentemente, lo stafilococco aureo. È
caratteristica dell’età pediatrica ed è notevolmente contagiosa. Se le lesioni sono limitate,
si può avviare trattamento topico con:
- Mupirocina (crema: 2-3 applicazioni/die esclusivamente sulle lesioni, evitando cioè
scrupolosamente di “spargere” la crema e con essa i germi!).
Dermatologia 53

Se il bambino è piccolo (lattante), o se le lesioni sono estese, o se sussistono segni


sistemici (malessere, febbre), si deve associare terapia per via generale con:
1) Amoxicillina/Ac. clavulanico (0,6 ml × kg/die in 2 somm. nel bambino; 1 cpr × 2-3/die
nell’adulto) oppure
2) Claritromicina (nel bambino, 125 mg/5 ml o 250 mg/5 ml granulato per sospensione orale
15 mg/kg/die suddivisi in due somministrazioni giornaliere; nell’adulto, cpr o bustina
da 250 mg ogni 12 ore).

Prurito
Il prurito può essere diffuso o localizzato e più o meno intenso fino a diventare insop­
portabile. Rimandando alle singole dermatiti per i pruriti localizzati da dermopatie, si
espongono alcune elementari linee guida per l’approccio al paziente con prurito diffuso,
che può essere distinto in:
A) Prurito diffuso da dermopatie

Scabbia
È una parassitosi che si manifesta dopo pochi giorni o settimane dal contagio, che avviene
per contatto inter­umano e colpisce successivamente più membri della medesima famiglia.
Si caratterizza per lesioni papulose, che insorgono alle mani (risparmiano le palme), alle
ascelle, ai fianchi, alla regione pubica, e per strie rossastre, lineari o sinuose, corrispondenti
ai cunicoli scava­ti dagli acari.
È accompagnata da prurito incoercibile, più intenso la notte, con conseguenti lesioni
da grattamento. Terapia a base di creme alla permetrina 5% 1 applicazione la sera dopo
bagno tiepido su tutta la cute, escluso il volto ed il cuoio capelluto. La crema va lasciata
agire per almeno 8 ore, quindi lavarsi accuratamente. Se le lesioni persistono è possibile
ripetere il trattamento dopo 7 giorni. Dopo ogni trattamento cambiare indumenti intimi
e lenzuola da lavare a +60° o isolarli in sacchi chiusi per 2 settimane. Può essere utile
isolare il materasso con un foglio di cellophane per 2 settimane.

Pediculosi
Parassitosi da acari, che si presentano come piccoli animaletti che si “arrampicano”
sul fusto dei capelli o dei peli del pube e delle ascelle; adese ai capelli e ai peli si repertano
piccole formazioni bianco perlacee (lendini) che rappresentano le uova del parassita.
Il prurito è costante ed intenso. Applicare prodotti a base di:
- Malathion gel per 10’ e poi lavare con shampoo (Malathion shampoo) e pettinare con
pettine a denti stretti per eliminare pidocchi e uova morte. Se necessario ripetere il
trattamento dopo 8 giorni.

Xerosi senile
Diagnosi possibile solo dopo avere escluso altre cause derma­tologiche o non. Si determina
per l’eccessiva secchezza della cute, che si realizza nelle persone anziane e trova la sua
massima espressione a livello del dorso e delle gambe, specie sulle creste tibiali, dove si
accompagna tipicamente alla scomparsa dei peli e ad una desquamazione pulverulenta
biancastra. La terapia prevede emolliente e protettivo per il lavaggio e crema a base di urea
e polidocanolo due volte/die.
54 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Orticaria
L’orticaria è caratterizzata dalla presenza di pomfi, lesioni cutanee eritematose o bianche
con alone eritematoso, leggermente rilevate, di forma variabile (rotonde, ovali, arciformi,
anulari), di dimensioni e numero variabile, pruriginose e transitorie, con distribuzione loca-
lizzata, regionale o generalizzata.
Le cause scatenanti dell’orticaria possono essere di varia natura (allergica, fisica, chimica,
ecc.) e spesso sono di difficile individuazione. Non va dimenticato che, oltre all’orticaria acuta
che è la forma più frequente, vi è anche la possibilità di orticaria cronica, cioè con lesioni di
durata superiore alle 6 settimane (circa il 10% dei casi).
Il trattamento dell’orticaria prevede l’utilizzo di farmaci antistaminici, da associarsi in
caso di sintomi più marcati ad uno steroide.
Nei soggetti adulti e negli adolescenti (>12 anni) si possono usare vari antistaminici,
come ad esempio Rupatadina (cpr 10 mg una volta al giorno) oppure Bilastina (1 cpr da
20 mg una volta al giorno).
Nei bambini di 6-11 anni di età con un peso corporeo di almeno 20 kg può essere usata
Bilastina 10 mg (4 ml di soluzione orale 2,5 mg/ml oppure 1 cpr orodispersibile da 10 mg)
una volta al giorno.
Nei soggetti con età inferiore ai 12 anni, può essere usata anche cetirizina (gtt), alla
posologia di:
- 2,5 mg due volte al giorno (5 gocce × 2/die) nei bambini di età compresa tra 2 e 6 anni
- 5 mg due volte al giorno (10 gocce × 2/die) nei bambini di età compresa tra 6 e 12 anni.
È utile indicare al paziente l’opportunità di annotare i cibi ed i farmaci assunti prima
della comparsa dell’episodio di orticaria, poiché tale informazione potrebbe risultare molto
utile, in seguito, allo specialista Dermatologo o Allergologo per diagnosi eziologica.

B) Prurito anale o genitale


Riteniamo che in queste situazioni, pur se mal tollerate dal paziente, sia saggio pri-
vilegiare la strada della diagnosi etiologica, che consentirà di ottenere la guarigione, ma
soprattutto evita di “correre” dietro a dermatiti iatrogene che nascondono la patologia
iniziale. Quindi limitatevi a prescrivere prodotti a base di:
- Ossido di Zinco (crema 2-3 volte/die), che hanno il privilegio di non modificare il quadro
e producono un effetto antipruriginoso il più delle volte soddisfacente, ed inviate a con-
sulenza dermatologica appena possibile. Se il paziente è un bambino, specie se vive in
ambiente agricolo e/o a contatto con animali, prendete in considerazione che il prurito
anale, specie se serotino, dipenda da ossiuriasi, che può essere curata con:
- Mebendazolo (scir. 1 misurino 5 ml al mattino a digiuno, da ripetersi dopo 2 settimane).

C) Prurito diffuso da cause interne


Numerose malattie internistiche causano prurito diffuso senza evidenti alterazioni della
cute: insufficienza renale, colestasi, policitemia, distiroi­dismi, neoplasie, ecc. possono
causare prurito sine materia e andrebbero indagate tutte nel caso di un prurito intenso e
perdurante.
Spesso i pazienti con prurito sine materia prolungato e non adeguatamente trattato
vanno incontro a lesioni cutanee da grattamento, talora gravi e che possono risultare causa
di infezioni cutanee secondarie.
Per il trattamento sintomatico si ricorre ad antiistaminici:
1) Cetirizina (1 cpr/die)
oppure:
2) Idrossizina (1 cpr 2 volte/die) qualora si sospetti anche una consistente componente
ansiosa (attenzione alla sonnolenza).
Dermatologia 55

Nevi traumatizzati
Fonte di notevole ansia per il paziente può essere il trau­matismo di un neo, specie
se accompagnato da sanguinamento. In primo luogo consigliate disinfezione con acqua
ossigenata, seguita da applicazione di una pomata antibiotica:­
- Acido Fusidico (crema due/tre applicazioni al dì) + una garza protettiva fino alla ricostru­
zione dell’integrità della neoformazione o quanto meno alla normalizzazione della cute.
Solo a questo punto sarà utile consultare uno specialista per la valutazione dell’accaduto,
non prima, quando il processo infiammatorio rende impossibile una analisi obiettiva.

Fotodermatiti
Le fotodermatiti rappresentano un vasto gruppo di dermatosi che comprendono quadri
infiammatori e degenerativi diretti o mediati da fattori endo/esogeni. In questo testo
faremo riferimento alle forme che si possono presentare più frequentemente in Continuità
Assistenziale.

Eritema solare
Si presenta con gli stessi aspetti delle ustioni e con un tempo di latenza diverso a se­
conda del fototipo dei pazienti che possono quindi manifestare, rigorosamente nelle zone
fotoesposte, da semplici arrossamenti a vere e proprie bolle. Per il trattamento si rimanda
a quello delle ustioni.

Lucite estivale benigna


Erroneamente diagnosticata come “eritema solare” è una manifestazione che insorge
dopo poche ore dalla prima esposizione prediligendo il sesso femminile, al décolleté ed alle
spalle, talvolta agli avambracci e tronco ma mai al volto.
La dermatite è caratterizzata dall’insorgenza di multiple papule pruriginose su uno
sfondo eritematoso che tendono a migliorare con le esposizioni successive ma a recidivare
nella stessa stagione.
La terapia si avvale dell’applicazione di steroidi locali per breve tempo (Metilprednisolone
aceponato crema 1 applicazione al dì) e l’ovvia astensione dall’esposizione.

Dermatite polimorfa solare


È una dermatite più rara della precedente che colpisce indifferentemente i due sessi alle
prime esposizioni solari con un tempo di latenza più lungo ed una distribuzione più ampia
della precedente. Si presenta come dice il nome con un polimorfismo di manifestazioni che
vanno dalla forma papulosa a quelle vescico-bollose fino alle placche. La manifestazione
si aggrava con il proseguire delle esposizioni.
Per entrambe queste forme la terapia consiste nell’allontanamento dall’esposizione,
nell’applicazione di creme o meglio emulsioni steroidee (Metilprednisolone aceponato
emulsione) ed attuando terapie preventive di carattere specialistico per prevenire gli
episodi successivi.
56 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Eritema fisso da farmaci


Abbastanza frequente si presenta tipicamente con l’insorgenza di una o più chiazze
isolate a margini perfettamente delimitati, poco o nulla rilevate e di colore rosso porpora con
prurito e sensazione di bruciore. Le mucose (genitali in particolare) possono essere colpite.
L’anamnesi è positiva per l’assunzione di farmaci (per lo più antibiotici e FANS) nei
giorni precedenti l’insorgenza della dermatopatia per la quale non è necessaria alcuna
terapia poiché autorisolutiva.

Balanopostiti
La balanopostite rappresenta spesso per il paziente causa di forte apprensione che può
indurlo a chiedere l’intervento della continuità assistenziale. Varie sono le forme possibili,
senza addentrarci nelle diagnosi differenziali mi pare utile fornire qualche suggerimento
comportamentale. Fondamentale è l’anamnesi che, deve precisare le abitudini igieniche e
sessuali, l’uso di farmaci (sistemici e topici), la presenza di patologie concomitanti (diabete,
enterocoliti ecc.), la presenza o meno di sintomi. In questi casi non bisogna farsi tentare dal
desiderio di soddisfare la logica richiesta dei pazienti di una terapia immediata tralasciando
i tentativi di comprenderne l’eziologia.
Bisogna ricordarsi che non sempre quando il “pene si arrossa” siamo di fronte ad una
Candidosi, spesso è più utile consigliare dei blandi antisettici come Ipoclorito di sodio (un
cucchiaino da thè in un bicchiere di acqua) o Permanganato di Potassio 1/20.000 e rivedere
a distanza di qualche giorno il paziente poiché molto spesso queste manifestazioni sono
autorisolutive. Terapie specifiche antibatteriche o antimicotiche andrebbero eseguite in un
secondo tempo, meglio se dopo un tampone degli essudati e/o squame.
Dermatologia 57

Tabelle riassuntive
USTIONI
I grado: Mometasone furoato crema o Beclametasone dipropionato crema (o altro cortisonico)
II grado: Superficiale impacco di 30’ con acqua fredda
Ipoclorito di sodio al 5% o altro antisettico
Drenare le bolle più grandi
Garze medicate + Gentamicina crema
Profonda Medicazione locale come sopra
+ Antidolorifici Diclofenac sodico 1 f. i.m
Rimozione meccanica dei tessuti necrotici.
III grado: Medicazione locale come sopra.
Antibiotici locali (Gentamicina crema)
DERMATITI DA CELENTERATI
• Lavare con acqua salata ad una temperatura che vada tra 40 e 45°C
• Inglobare le nematocisti ancora chiuse (si consiglia l’utilizzo di aceto e successivamente schiuma
da barba)
• Passare coltello a piatto o carta di credito per asportarle meccanicamente
• Applicare localmente cortisonici (Mometasone furoato crema) e anestetici locali
(Lidocaina/prilocaina crema)
N.B. nei casi più gravi cortisonici sistemici (Betametasone 4 mg 1 fiala i.m.) e antiistamini­ci sistemici
(Clorfenamina maleato 1 f i.m.)
LESIONI ERITEMATO-DESQUAMATIVE
<10 chiazze Micosi = Bifonazolo crema 1 volta al dì
Dermatite seborroica = Mometasone furoato crema 1 die
Psoriasi minima = Calcipotriolo crema × 1 die
Cheratosi solari = consulto con specialista
>10 chiazze Pitiriasi rosea di Gibert = Cetirizina - 1 cpr/die se c’è prurito
Psoriasi diffusa = consulto con lo specialista
LESIONI VESCICOLOSE
Eczema
• Da contatto = Mometasone furoato crema × 1 die
• Atopico = Eosina 2% soluzione acquosa + Acido fusidico/betametasone valerato - crema × 2 die se
c’è sovrainfezione.
Poi nella fase secca Mometasone furoato
Herpes simplex = Aciclovir crema × 5 die prima possibile
Impetigine = Claritromicina 500 mg 1 cpr × 2 die oppure Claritromicina RM 1 cpr/die oppure
Amoxicillina/potassio clavulanato 1 g 1 cp × 2 die e Mupirocina crema × 3 die
PRURITO
Diffuso da malattie dermatologiche
• Scabbia = Permetrina crema: 1 appl. la sera per 3 sere consecutive • Xerosi senile = Emollienti
Sospendere per 8 giorni poi ripetere il ciclo completo per altri 3 giorni in bagno e crema
• Pediculosi = Malathion gel + Malathion shampoo × 1 die per quattro • Orticaria =
giorni, da ripetere dopo 8 giorni per due giorni Cetirizina 1 cpr/die
Diffuso da malattie internistiche
• Insuff. renale
• Colestasi • Paraneoplastico
• Policitemia • Distiroidismi
Endocrinologia
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Le pa­to­lo­gie ri­guar­dan­ti que­sto si­ste­ma di più frequente ri­scon­tro per il Medico di Continuità
Assistenziale sono principalmente rappresentate dalle complicanze acute del Dia­be­te e
dalla Cri­si ti­reo­tos­si­ca.

Dia­be­te
Una delle complicanze più frequenti è l’ipoglicemia che, se non opportunamente e
tempestivamente trattata, può portare al coma ipoglicemico.
In talune circostanze lo scompenso glicemico del paziente diabetico è tale da evolvere in
disturbi metabolici severi quali la chetoacidosi diabetica, nel diabete tipo 1, e la sindrome
iperosmolare non chetosica, nel diabete tipo 2.
Tali complicanze acute, per quanto rare, sono temibili perché mettono a repentaglio la
vita del paziente e devono essere affrontate rapidamente e in maniera intensiva in regime
di ricovero ospedaliero. In tutti i casi informarsi sul paziente tramite i parenti è di grande
importanza, vi per­met­te di sta­bi­li­re se è in trat­ta­men­to con in­su­li­na, an­ti­dia­be­ti­ci o­ra­li o
iniettivi, i li­vel­li a­bi­tua­li del­la gli­ce­mia, ecc. Un al­tro pas­sag­gio di gran­de ri­lie­vo dia­gno­sti­co
è e­se­gui­re gli stick per la gli­ce­mia, per la gli­co­su­ria e la che­to­nu­ria; con que­sti e­le­men­ti
non vi sa­rà dif­fi­ci­le por­re u­na cor­ret­ta dia­gno­si.
L’ipoglicemia è possibile dividerla in tre livelli:
Livello 1: glicemia inferiore a 70 mg/dl;
Livello 2: glicemia inferiore a 55 mg/dl;
Livello 3: valore glicemico non definito, il paziente ha disturbi neurologici severi che
richiedono il ricovero immediato.
Essa è tanto più frequente quanto più il paziente è trattato in maniera intensiva, soprat­
tutto nei soggetti in cura con insulina, ma anche con farmaci che stimolano la secrezione
insulinica, in particolare le sulfaniluree. La metformina, per il suo meccanismo d’azione,
non dà ipoglicemie se usata in monoterapia; anche la combinazione metformina ed inibitori
DPP-­IV o analoghi del GLP-1 ha un basso rischio di ipoglicemia.
In presenza di un’ipoglicemia bisogna agire subito, come segue:
1. somministrando 15 g di glucosio per os (se il paziente può deglutire), come ad esempio 3
zollette bustine di zucchero sciolte in un bicchiere d’acqua o dando cibi che contengano
glucosio e ricontrollare la glicemia a distanza di 15 minuti; se persiste è necessaria una
nuova somministrazione.
È possibile dare anche carboidrati complessi per evitare che l’ipoglicemia si presenti a
distanza (DynaMed Plus: forte raccomandazione)
2. Glu­co­sa­ta e.v. (possibilmente preceduta da un bolo di una fiala di glucosata al 20%);
3. di gran­de ef­fi­ca­cia, quando disponibile, è la som­mi­ni­stra­zio­ne di Glu­ca­go­ne.

ATTENZIONE: Una cri­si i­po­gli­ce­mi­ca è sem­pre un­’e­ven­tua­li­tà mol­to gra­ve,


an­che po­chi mi­nu­ti di ri­tar­do pos­so­no pro­vo­ca­re se­ri dan­ni al pa­zien­te.
Deve essere ricordato che un coma ipoglicemico in paziente in trattamento con ipogli­
cemizzanti orali è più grave e pericoloso che un coma da insulina per la durata d’azione di
questi farmaci e la tendenza all’accumulo, soprattutto nell’anziano con funzionalità epatica
o renale scadute.
Endocrinologia 59

Crisi ipoglicemiche possono d’altra parte occorrere, specie nel bambino, nei primi tempi
dopo l’esordio di un diabete tipo 1, durante la cosiddetta “luna di miele” (periodo in cui,
subito dopo l’inizio della terapia, si ha una certa transitoria ripresa dell’increzione d’insulina
endogena) oppure quando il bambino abbia ricevuto la sua consueta dose d’insulina ed
abbia poi vomitato il pasto o anche si sia rifiutato di mangiare. Accertata con gli stick la
vostra diagnosi, la somministrazione di bevande zuccherate o di glucosata e.v. è in genere
sufficiente a dominare la crisi.
La chetoacidosi diabetica è tipica ma non esclusiva del bambino e del giovane adulto,
con diabete di tipo 1. Dati anamnestici caratteristici nei giorni e talora nelle settimane pre­
cedenti sono: la notevole ingestione di acqua (polidipsia); la poliuria (ad alto peso specifico
con glicosuria; effettuare lo stick); la comparsa di enuresi e, nel bambino più grandicello
e nell’adulto, di nicturia; la perdita di peso, nonostante il fatto che l’appetito possa essere
incrementato. Indipendentemente dallo stato di coscienza, il paziente deve essere ricoverato
senza indugi. Ricordate inoltre che in corso di patologie intercorrenti (infettive o febbrili) il
fabbisogno d’insulina aumenta.
La sindrome iperglicemica non chetosica (iperosmolare) è invece tipica del diabetico di
tipo 2, sia all’esordio sia in occasione di episodi febbrili o in caso di disidratazione.
In tal caso segni e sintomi sono simili a quelli del coma chetoacidosico, ma è assente la
chetonuria. In attesa del ricovero è essenziale reidratare il paziente.

ATTENZIONE: Nell’anziano il senso della sete può essere attenuato,


cosicché viene favorita la disidratazione.

Oltre a provvedere all’opportuna idratazione, nel paziente acuto, ma non critico, i target
glicemici sono una glicemia <140 mg/dl a digiuno e <180 mg/dl in fase post-prandiale.
Se si volesse utilizzare un analogo insulinico rapido (insulina lyspro, aspart, glulisina)
somministrato per via sottocutanea, per calcolare quante unità somministrare è opportuno tener
conto della terapia praticata dal paziente, l’indice di massa corporea del paziente ed eventuali
fattori che possono portare ad un maggior livello di insulino-resistenza (terapia cortisonica
intercorrente, malattie febbrili, ecc, condizioni che generalmente aumentano il fabbisogno di
insulina nel paziente diabetico). Detto ciò, andrà calcolato il “Fattore di correzione”, ovvero
di quanto scende la glicemia di quel determinato soggetto con 1 unità di insulina. Ciò può
essere agevolmente calcolato in un paziente già in terapia insulinica seguendo la regola del
1700: 1700 diviso la dose totale di insulina praticata dal paziente nell’arco delle 24 ore. Ad
esempio: se il soggetto ha un valore di glicemia di 300 mg/dl e riferisce che, normalmente,
al domicilio pratica il seguente schema insulinico: 4 UI di analogo rapido a colazione, 8 UI a
pranzo, 8 UI a cena e 20 UI di analogo “long acting” alla sera, potremo calcolare: 1700: 40=
42,5, cioè in questo paziente 1 unità di insulina riduce la glicemia di 42,5 mg/dl, per cui, per
riportare la glicemia ad un valore di 180 mg/dl, potremo praticare 3 UI di analogo rapido di
insulina per via s.c.
Nel paziente non in terapia insulinica al domicilio, per calcolare il fattore di sensibilità
insulinica potremo utilizzare: 3000/peso corporeo del paziente. Quindi se un paziente con
300 mg/dl di glicemia post-prandiale, non in trattamento con insulina al domicilio, riferisce
di pesare 75 kg: 3000/75= 40, cioè occorrerà praticare 3 UI di analogo rapido per riportare il
suo valore glicemico intorno a 180 mg/dl.
Dopo aver praticato la terapia insulinica s.c. e controllato l’andamento dei valori glicemici
mediante stick per la glicemia, sarà opportuno inviare il paziente al proprio medico di famiglia
per un corretto inquadramento del problema (in caso di primo riscontro di iperglicemia) o per
una rivalutazione della terapia anti-diabetica.
Infine, un quadro di estrema gravità è l’acidosi lattica che necessita ospedalizzazione
immediata. È sospettabile in anziani con insufficienza renale, respiratoria o cardiaca grave
60 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

in terapia con biguanidi. Per quanto riguarda la diagnosi di diabete, ricordiamo che valori di
glicemia a digiuno compresi tra 100 e 126 mg/dl rappresentano una condizione denominata
“alterata glicemia a digiuno”, predisponente allo sviluppo di diabete. La diagnosi di diabete
mellito viene posta in caso di riscontro di valori di glicemia a digiuno superiori a 126 mg/dl,
o di glicemia superiore a 200 mg/dl 2 ore dopo curva di carico orale di glucosio (OGTT), o di
emoglobina glicosilata superiore a 6,5 %, in due diverse determinazioni, in assenza di sintomi
tipici di iperglicemia. In presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo
ponderale), la diagnosi di diabete è posta con il riscontro, anche in una sola occasione di
glicemia casuale ≥200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo).

Tireotossicosi ed ipertiroidismo
Per tireotossicosi si intende l’elevato aumento degli ormoni tiroidei in circolo, può avere
diverse cause: ipertiroidismo, tiroidite subacuta e da eccesso di ormoni tiroidei. Bisogna
stare attenti a non confondere la tireotossicosi (caratterizzata da: palpitazioni, tachicardia,
aritmia cardiaca, agitazione, diarrea, sudorazione) con una crisi di agitazione psicomotoria
endogena o secondaria ad assunzione di droghe o farmaci.
Una corretta anamnesi vi può essere d’aiuto per la giusta diagnosi. Ricercate una pre­
gressa storia d’ipertiroidismo (insonnia, perdita di peso, incremento dell’appetito, facilità
al pianto, cardiopalmo).
Dal punto di vista obiettivo: tachicardia, iperreflessia, aumento della pressione diffe­
renziale, presenza di gozzo, talvolta esoftalmo. In presenza di questi elementi potete porre
la diagnosi e predisporre per il ricovero. Se però non fossimo di fronte al classico paziente
con ipertiroidismo, sarebbe bene indagare in maniera più approfondita, per escludere le
eventuali altri cause che possono portare alla crisi tireotossica.
Le strategie terapeutiche dipendono dalla causa di fondo. Suggeriamo una terapia in
acuto, ma sarà comunque necessario rimandare il paziente dallo specialista.
La terapia include:
- corticosteroidi: bloccano la conversione periferica di T4 in T3, oltre ad avere un affetto
antipiretico e contrastare l’aumentato turnover del cortisolo in corso di tireotossicosi.
Dose suggerita: idrocortisone 100 mg i.v. ogni 8 ore (DynaMed Plus: Fortemente racco­
mandato);
- iodio inorganico: sotto forma di ioduri (Lugol forte o soluzione satura di ioduro di potassio)
o composti organici di iodio. Dose raccomandata: 150 mg/die per una settimana (Lugol
forte 5-7 gtt x 3/die, soluzione satura di KI 1-2 gtt x 3/die) (DynaMed Plus: Fortemente
raccomandato);
- tionamidi: metimazolo (MMI) dosi raccomandate: MMI 30-40 mg/die in 3 somministra­
zioni/die; (DynaMed Plus: Fortemente raccomandato).
Oltre a tale terapia, è bene ricordare che la crisi tireotossica richiede anche una terapia
di supporto generale che agisca sugli effetti periferici degli ormoni tiroidei; essa include:
- betabloccanti, essenziali per controllare la frequenza cardiaca (il farmaco di scelta
è il propanololo, alla dose di 10-40 mg in 3-4 somministrazioni al dì (DynaMed Plus:
Fortemente raccomandato);
- antibiotici ad ampio spettro in caso di infezioni (DynaMed Plus: Fortemente raccomandato)
e, secondo necessità, benzodiazepine come sedativi;
- paracetamolo e/o impacchi freddi per l’iperpiressia;
- terapia reidratante per lo stato di disidratazione;
- loperamide in caso di diarrea.
Gastroenterologia
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aggiuntivi

Il “dolore addominale”
È uno dei quadri sintomatologici più frequenti che possano occorrere in Continuità Assi­
stenziale. È sempre importante non sottovalutare questo sintomo: anche se per la maggior
parte dei casi è di natura benigna o sottende a patologie autolimitanti, è importante che il
Medico di Continuità Assistenziale riconosca i casi di emergenza-urgenza tali da meritare
un accertamento laboratoristico e strumentale in Pronto Soccorso.
Soltanto una ponderata esclusione di tali patologie potrà autorizzarvi a tranquillizzare
il paziente ed a somministrargli la terapia più appropriata. In tutti i casi in cui si sospetta
una patologia organica, va sempre evitato un approccio farmacologico empirico, perché
potrebbe ritardare la diagnosi e l’eventuale trattamento chirurgico. L’anamnesi è di notevole
aiuto per definire meglio questo tipo di dolore. Necessario sarà quindi interrogare il paziente
o chi per esso con queste domande:
1. È un dolore acuto o cronico? Da quanto tempo è insorto? Dove era localizzato il dolore
all’inizio? Dove si è irradiato successivamente? (La risposta a queste domande è più
attendibile se il paziente indica direttamente col dito le regioni interessate).
2. La sensazione dolorosa è comparsa improvvisamente o in modo progressivo? L’andamento
è stato costante o ciclico con l’alternarsi di fasi di acuzie e di risoluzione (tipo colica)?
Il dolore colico è provocato classicamente dallo spasmo di un viscere cavo (colecisti,
intestino, uretere, ecc.); mentre il dolore continuo è più comunemente dovuto ad infiamma­
zione od ischemia. In generale, il dolore della colecistite è localizzato all’ipocondrio dx ed
irradiato posteriormente in regione sottoscapolare dx, quello dello stomaco all’epigastrio,
del piccolo intestino a livello periombelicale, del colon ai quadranti inferiori dell’addome.
3. Il dolore è di tipo gravativo, trafittivo, puntorio, peristaltico, crampiforme?
4. Qual è l’intensità in una scala da 1 a 10? Sono utilizzabili:
- Scala numerica NRS (da 1 a 10);
- Scala VAS (Nessun dolore, dolore lieve, dolore moderato, dolore forte, dolore atroce),
più comprensibile, è poco sensibile, utile per il monitoraggio a lungo termine;
- Scala della faccia (utile nel bambino).

ATTENZIONE: Negli anziani il dolore si manifesta con minore intensità


e quasi mai è ben descritto.

5. Il paziente ricorda di aver sofferto in passato di episodi analoghi o si tratta di un quadro


clinico completamente nuovo?
6. Il dolore ha avuto o meno rapporto con i pasti, è stato associato a riduzione dell’appetito?
Ha avuto rapporto con la defecazione e la minzione? È stato preceduto dall’assunzione
di cibi diversi dagli usuali, di alcolici o di farmaci?
7. Ha notato alterazioni dell’alvo (diarrea, stipsi, chiusura totale anche ai gas, presenza
di sangue nelle feci) e/o della minzione (pollachiuria, disuria, ematuria)?
8. È presente o è preesistita febbre, ed eventualmente con quali caratteristiche di insorgenza
(improvvisa, con brivido scuotente, subdola) e di durata (intermittente, remittente,
continua)?
62 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

9. Il paziente ricorda, nelle ore o nei giorni precedenti l’esordio del dolore, traumi addominali
anche apparentemente irrilevanti?
10. Se si tratta di una paziente in età fertile: in quale fase del ciclo mestruale si trova? Ha
notato turbe del ciclo e/o perdite vaginali abnormi, o è portatrice di I.U.D. (spirale)?
Passando all’esame obiettivo è necessario ricordare la buona norma di palpare un
addome con le mani calde, mettendo il paziente a proprio agio, eventualmente facendogli
flettere le cosce. Cominciate con l’ispezione avendo cura di esporre completamente l’addo­
me, dall’arcata costale al pube, senza tralasciare le regioni inguinali. Passate poi ad una
palpazione superficiale iniziando possibilmente dai quadranti addominali lontani dalle zone
più dolenti, avvicinandovi successivamente, per gradi, ai punti dove il dolore è più forte. Il
primo segno da rilevare è la trattabilità dell’addome oppure la presenza di una contrattura
muscolare addominale legata ad una irritazione peritoneale (peritonite). Ricordate che
questa è una reazione di difesa, dapprima apprezzabile solo alla palpazione profonda ed è
quasi sempre localizzata.
Con il tempo, per l’aggravarsi e l’estendersi della peritonite, tende a diventare spontanea
e diffusa sino all’“addome ligneo”. È però indispensabile tener presente che tale evoluzione
può manifestarsi in un arco di tempo estremamente variabile, ed in genere tanto più lungo
quanto più il paziente è a rischio (bambino piccolo, anziano defedato); è questo il motivo
principale per cui l’attenzione e la prudenza non devono mai mancare. In particolare negli
anziani talvolta il dolore non si manifesta con la stessa intensità del giovane e quasi mai
è ben descritto; in qualche caso un quadro di peritonite acuta si può manifestare solo con
un lieve rialzo febbrile e modesto dolore addominale.
Le manovre semeiologiche che possono essere d’aiuto quando la contrattura muscolare
appare dubbia sono la ricerca del segno di Blumberg e la risposta al colpo di tosse: entrambe
determinano uno stiramento del peritoneo per cui la presenza di vivo dolore da rimbalzo o
l’esacerbarsi della sintomatologia dopo il colpo di tosse sono in genere un valido indice di
peritonite parietale localizzata; queste manovre vanno eseguite a livello di vari quadranti
dell’addome a partire da quelli più interessati dal dolore spontaneo. In caso di distensione
addominale la percussione dell’addome differenzia la presenza di gas (meteorismo, perfo­
razione) da quella di liquido (versamento peritoneale); in presenza di occlusione intestinale
l’auscultazione permette di differenziare un ileo meccanico (iperperistalsi con borborigmi
ad alta frequenza a timbro metallico) da un ileo paralitico (peristalsi ridotta o silente) e
l’eventuale presenza di aneurismi addominali (soffi vascolari).
Quando con verosimile certezza sono state escluse le patologie su base organica, nei
pazienti che presentano colon irritabile e manifestazioni spastico-dolorose del tratto enterico
distale, è appropriato l’utilizzo di otilonio bromuro (40 mg 1 cpr rivestita 2-3 volte al dì)
oppure mebeverina cloridrato (1 cps 200 mg 2 volte al dì). Nel caso si associ una compo­
nente ansiosa, è indicato l’utilizzo di otilonio bromuro/diazepam (40 mg + 2 mg 1-3 cpr
al dì, preferibilmente dopo i pasti) oppure octatropina metilbromuro/diazepam (20 mg/2,5
mg 1 cpr 2-3 volte al dì).

Vomito
Questo sintomo può essere legato a varie patologie, da quelle neurologiche a quelle
chirurgiche, da quelle gastroenterologiche a quelle metaboliche. In questo paragrafo si
vuole dare un orientamento generale nella diagnosi differenziale del vomito e si rimanda,
per la definizione delle singole patologie, agli specifici paragrafi.
Gli elementi che ci aiutano nella diagnosi sono:
• La storia clinica: bisogna chiedere al paziente se è stato sottoposto precedentemente
ad interventi chirurgici (briglie aderenziali), se è portatore di ernie o laparoceli (inta­
samento, strozzamento), se in passato ha avuto ulcere peptiche (possibile presenza di
Gastroenterologia 63

stenosi pilorica), se è portatore di litiasi biliare; se è affetto da patologie dismetaboliche


(diabete, uremia) o endocrine (alterazioni tiroidee, M. di Addison); se ha avuto traumi
recenti. È, inoltre, importante conoscere la terapia che il paziente assume per escludere
un vomito provocato da farmaci potenzialmente emetizzanti (digitale, aminofillina, FANS,
oppioidi, antibiotici, chemioterapici, ecc.).
• Le caratteristiche del vomito: a seconda del materiale espulso il vomito può essere
acquoso (succhi gastrici, saliva), alimentare, biliare (il protrarsi del vomito determina
sempre reflusso nello stomaco di materiale dal duodeno e quindi la presenza di bile
non significa sempre occlusione intestinale), emorragico (è importante distinguere la
presenza di tracce di sangue dall’ematemesi franca), fecaloide (tipico dell’ostruzione
intestinale).
• Le modalità di insorgenza: preceduto da conati e senso di pienezza oppure a getto
improvviso (ipertensione endocranica).
• La correlazione temporale fra vomito ed alimentazione: il vomito che si verifica pre­
valentemente al mattino è tipico della gravidanza, in corso di uremia o della gastrite
alcolica. Il vomito che compare durante o poco dopo il pasto può suggerire una causa
psicogena o un’ulcera peptica con spasmo del piloro. Il vomito post-prandiale comporta
l’espulsione di grandi quantità di cibo indigerito, indica spesso ritenzione gastrica (per
stenosi pilorica, alterazioni della motilità gastrica e/o intestinale) o colecistopatie.
• Eventuali sintomi associati: vertigini e acufeni indicano la possibilità che si tratti di
labirintite o Sindrome di Ménière; una lunga storia di vomito con calo ponderale scarso
suggerisce un vomito psicogeno, ma potrebbe essere suggestivo di una neoplasia
gastrica. La concomitante presenza di diarrea, mialgie, cefalea o di febbre depone per
una gastroenterite acuta o per un’intossicazione endogena o esogena. La cefalea si può
associare al vomito quando si tratta di un’emicrania o di un aumento della pressione
intracranica: non trascurate pertanto di ricercare i segni meningei. Il dolore addominale
o in altra sede deve fare pensare ad una occlusione intestinale o ad un vomito riflesso
da colica renale, alla colica biliare, alla pancreatite o all’infarto miocardico acuto; la
riduzione del dolore dopo il vomito è tipico dell’ulcera peptica.
• L’esame obiettivo: l’ispezione generale del paziente ci permette di valutare lo stato del
sensorio (vomito da cause centrali o da gravi intossicazioni), la presenza di squilibri
idroelettrolitici (mucose aride, irritabilità, astenia, segni neurologici, ipotensione, ta­
chicardia) o di alterazioni cutanee (l’ittero depone per una litiasi della via biliare o una
epatite). L’esame dell’addome permette invece di valutarne la distensione, la presenza
di ernie, la dolorabilità, il timpanismo e la peristalsi (assente nell’ileo paralitico, vivace e
con timbro metallico nell’occlusione meccanica), tutti segni fondamentali per riconoscere
o per escludere una occlusione intestinale.
In questi casi dovrete decidere, secondo le condizioni oggettive del paziente, come
comportarvi: se si sospetta una occlusione intestinale, una grave patologia metabolica, una
intossicazione o ci sono segni di severa disidratazione è necessario ricoverare il paziente,
mentre se queste evenienze sono escluse, con ragionevole sicurezza, si possono somministrare
farmaci antiemetici come:
1. Domperidone 10 mg 1 cpr orosolubile (controindicato per bambini con meno di 12 anni).
2. Metoclopramide 10 mg 1 f im, e.v. (indicato nei bambini da 1 a 18 anni solo per la
prevenzione di nausea e vomito ritardati indotti da chemioterapia e per il trattamento
di nausea e vomito postoperatori). Si ricorda che la Metoclopramide è controindicata tra
l’altro nei pazienti affetti da glaucoma, epilessia e m. di Parkinson.
Sarà sempre consigliabile, inoltre, un periodo di qualche ora di digiuno e poi, quando il
paziente sente di nuovo il desiderio di alimentarsi, una dieta atta ad assorbire l’eccesso di
secrezione gastrica: pane, biscotti, patate con pasti piccoli e frequenti, a ridotto contenuto
64 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

di grassi, evitando fibre non digeribili e bevande gassate. Si consiglia infine l’assunzione di
liquidi zuccherati in piccole dosi. Ricordate in caso di contatto con tossici (agricoli, industriali
o veleno per topi) è consigliabile inviare ai Colleghi la confezione originale del prodotto.

ATTENZIONE: L’intossicazione da tossici agricoli è soggetta a denuncia


obbligatoria.

Nel bambino, specie se piccolo, il vomito può essere sintomo di molteplici affezioni.
L’approccio al piccolo paziente richiede che consideriate attentamente parecchi dati
anamnestici ed obiettivi:
• Fondamentale è valutare lo stato di idratazione. Nel bambino febbrile altrettanto
indispensabile è ricercare i segni meningei. Nel lattante non aspettatevi una evidente
risposta febbrile alle infezioni, bensì valutate sempre la tensione e la pulsatilità della
fontanella bregmatica, l’eventuale diastasi delle suture craniche, lo stato soporoso o,
all’opposto, l’estrema irritabilità con presenza o meno di tremori o clonie.
• Esaminate personalmente il materiale vomitato: ovviamente la presenza di bile o di
sangue costituisce un segnale di pericolo.
• Nel bambino di 20-30 giorni acquista particolare interesse il ripetersi del vomito dopo
quasi ogni pasto ed in misura abbondante: il piccolo piange (per la fame), si nutre
voracemente, ma il suo stato di denutrizione si aggrava di giorno in giorno: sospettate
la stenosi ipertrofica del piloro e ricoveratelo.
• Annusate l’odore dell’alito del bambino per la frequente alitosi acetonemica e soprattutto
eseguite uno stick sulle urine per obiettivare la chetonuria.
• Palpate meticolosamente l’addome per la possibilità di un addome acuto.
• Verificate, anche nel neonato e nel lattante, la situazione dei testicoli, rammentando
che la torsione del funicolo causa dolore addominale intenso e vomito e che un testicolo
ectopico più facilmente va incontro a torsione.
Ricoverate sempre il paziente con vomito da cause chirurgiche, neurologiche, da sindrome
adrenogenitale e quelli che, indipendentemente dall’eziologia, appaiono disidratati, con
mucose orali aride e cute ipoelastica (Tabella).
Segni di allarme per una grave disidratazione sono: fontanella depressa, occhi alonati,
prolabi secchi o screpolati; e, nei casi più gravi, tachicardia sproporzionata rispetto alla
febbre, sopore o talora agitazione psicomotoria. Trattenete a domicilio gli altri pazienti,
purché accertiate la presenza di una valida assistenza: cardine della terapia è evitare la
disidratazione.

ATTENZIONE: Un bambino si disidrata più facilmente di un adulto con


conseguenze pericolose per la vita; è perciò importante far intendere il
problema a chi deve assistere il piccolo paziente: è utile, pertanto, far
pesare il paziente, far registrare la quantità di liquidi successivamente assunta,
valutare la diuresi.

È imporante non forzare il bambino ad alimentarsi, soprattutto nelle prime 24 ore, piut­
tosto garantire un’adeguata idratazione attraverso l’utilizzo di soluzioni reidratanti (50 ml
per kg nell’arco di 4 ore) (DynaMed Plus: raccomandazione forte).
Una volta che la sintomatologia sarà regredita, al bambino potranno essere offerti cibi
solidi accordando la preferenza a quelli ricchi di zuccheri ed atti ad assorbire i succhi gastrici
(pane e marmellata, biscotti o fette biscottate, patata lessa), ed evitando quelli ricchi di
grassi. Soltanto dopo i cibi solidi si somministreranno le bevande preferite, zuccherate (sino
a 5 g di saccarosio ogni 100 ml), al fine di combattere la tendenza all’acetonemia (la quale
Gastroenterologia 65

SEGNI E SINTOMI DISIDRATAZIONE DISIDRATAZIONE DISIDRATAZIONE


LIEVE MEDIA GRAVE

Condizioni generali: Vigile, irrequieto, Assetato; irrequieto  Letargico; debole, freddo,    


Lattante e bambino  assetato   o son­­no­lento ma   sudato; estremità ciano­tiche
piccolo   irritabile iper­estesico   Talvolta comatoso
Bambino più grande Vigile, irrequieto, Vigile, assetato; Di solito cosciente; freddo,
 assetato   possibile ipotensione   sudato, estremità ciano­tiche;
posturale   crampi muscolari
Febbre Da lieve ad elevata Da lieve ad elevata Elevata
Respirazione Normale Profonda, talora rapida Profonda e rapida
Fontanella anteriore Normale Depressa Molto depressa
Elasticità cutanea Normale retrazione Lenta retrazione Retrazione molto lenta
  della plica cutanea   della plica cutanea   (>2 sec)
Occhi Normali Infossati Molto infossati e alonati
Lacrime Presenti Assenti Assenti
Membrane mucose Umide Secche Molto secche
Pressione arteriosa     Normale Normale o bassa Inferiore a 90 mmHg;
sistolica  può essere non rilevabile
Diuresi Normale Ridotta; urine scure Oligo-anuria
Diminuzione peso 5% 6-10% >10%
corporeo
Deficit di liquidi 50 ml/kg 60-100 ml/kg >100 ml/kg
  stimabile

deriva appunto da carenza di zuccheri) o una soluzione reidratante (1 bustina in 200 ml


d’acqua). Tali bevande saranno somministrate dapprima a cucchiaini, intervallando alcuni
minuti tra un cucchiaino e l’altro, finché non si sia ragionevolmente certi che il vomito si sia
placato. La limonata calda (ma non troppo), sempre a cucchiaini, è indicata; l’acqua da sola
è da sconsigliarsi; il latte verrà sospeso eccetto che nei neonati in corso di allattamento.
Se l’acetonemia è già in atto, i criteri d’intervento restano fondamentalmente i medesi­
mi. È importante sottolineare che la somministrazione di alcalinizzanti è inutile, purché al
bambino vengano forniti zuccheri, anzi può diventare addirittura pericolosa (tetania) se il
ripetersi del vomito causa la perdita di valenze acide, portando all’alcalosi.

Diar­rea
La diarrea acuta è caratterizzata dalla comparsa di oltre 3 scariche in 24 ore di feci
liquide; solitamente è di breve durata (<14 giorni) e nella maggior parte dei casi è di origine
infettiva o tossica. La diarrea cronica, invece, persiste da oltre 30 giorni; in questo caso può
essere l’espressione clinica di una malattia funzionale o di una patologia organica grave.
Gli elementi che ci aiutano nella diagnosi sono:
- la storia clinica: depongono per un’eziologia infettiva o tossinfettiva la comparsa di una
sintomatologia diarroica recente anche in altri membri della famiglia o di una comunità;
recenti viaggi in Paesi tropicali o in via di sviluppo. L’assunzione o l’esposizione a partico­
lari sostanze (insetticidi, funghi, metalli pesanti, tossine di origine alimentare) o farmaci
(antibatterici, lassativi, FANS, teofillina, ecc.) o una recente radioterapia depongono per
un’eziologia tossica. Da ricordare che qualsiasi modificazione significativa dell’alvo
insorta in un soggetto di età adulta-avanzata deve far sospettare una neoplasia colica
e che la diagnosi di cosiddetto “colon irritabile” deve essere sempre fatta per esclusione.
66 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

- la modalità di insorgenza: la diarrea che compare dopo i pasti o che è esacerbata da


fattori emozionali, depone per una sindrome da colon irritabile. Se la diarrea è presente
anche durante la notte, è solitamente, segno di una patologia organica. L’alternanza di
stipsi e di diarrea soprattutto di diarrea mucosa suggerisce la possibilità che si tratti
di una neoplasia intestinale.
- i sintomi associati: il dolore addominale di tipo crampiforme è sempre presente nelle
malattie infiammatorie intestinali, nelle diarree ad eziologia infettiva, nella diverticolite
e nella colite ischemica, se il dolore è localizzato ai quadranti addominali inferiori ed
è associato a tenesmo deve suggerire un’affezione del colon o del retto. Le diarree di
origine infet­tiva, sono, inoltre, spesso accompagnate da febbre, malessere, nausea e
talvolta vomito. La presenza di febbre, mialgie e sintomi respiratori depone spesso per
una virosi.
- l’esame obiettivo: permette di definire i quadranti addominali dolorabili alla palpazione
e di localizzare eventuali masse (neoplasie). Quando, associate alla diarrea, ci sono
dolorabilità addominale e resistenza localizzata, con segni di peritonismo o con notevole
distensione addominale, si sospetta un addome acuto (colite ischemica, diverticolite,
megacolon tossico). Utile l’esplorazione rettale per escludere la presenza di melena o di
ematochezia o che si tratti di una pseudodiarrea (incontinenza, fecaloma, masse rettali).
La coesistenza di diarrea, dolore addominale crampiforme, addome trattabile faranno
propendere per una enterocolite ed a questo punto la cosa più consigliabile sarebbe quella
di non dare alcuna terapia e di far bere abbondanti liquidi (DynaMed Plus raccomandazione
forte) (the, acqua e limone, spremute di agrumi, ecc.): in tal modo si avrà reintegrazione
delle perdite senza ottenere l’effetto (indotto dagli antidiarroici) di prolungare la durata
della diarrea infiammatoria quando sono presenti feci con muco e sangue, febbre o dolore
addominale. Solo nel caso in cui questi sintomi non siano presenti e si possa ragionevolmente
escludere una eziologia riferibile a vibrio cholerae, salmonella, ecc., si potrà somministrare
un antidiarroico del tipo :
– Diosmectite (1 bst × 3/die).
– Loperamide (2 mg 2 cpr subito, seguite da 1 cpr ogni scarica diarroica successiva ad
un’ora dalla assunzione delle prime due capsule).

ATTENZIONE: La dose massima di questo farmaco è di 8 cpr/die;


è controindicato sotto i 6 anni di età.

Se sulla diarrea prevalgono gli spasmi colici sarà opportuno somministrare antispastici,
ad es. Ioscina butilbromuro (1-2 cpr o 1 f i.m.).
La terapia di varie forme di diarrea acuta (come ad es. la diarrea del viaggiatore e la
diarrea associata a terapia antibiotica) si avvale anche dei probiotici, ossia integratori
alimentari di fermenti lattici vivi, che sono in grado di ridurre la gravità e la durata della
diarrea acuta infettiva, favorendo il ripristino della normale flora intestinale. Nell’adulto
una eventuale terapia antibiotica va instaurata in caso di sintomi severi (oltre 6 scariche
al giorno o persistenza del quadro oltre 72 ore senza miglioramento) o di un quadro che
non migliora dopo terapia reidratante e antidiarroica ASSOCIATO ad un elevato sospetto di
eziologia batterica o parassitaria (presenza di febbre o feci con sangue e sospetto di un
interessamento sistemico, diarrea associata a terapia antibiotica o contratta in ambiente
ospedaliero, sospetta diarrea del viaggiatore). Le indicazioni all’invio in Pronto Soccorso
devono includere tutti i pazienti in cui si riscontrino:
- segni di addome acuto o diarrea sanguinolenta
- gravi condizioni di disidratazione o deperimento
Gastroenterologia 67

- sospetta malattia infiammatoria cronica riacutizzata


- concomitante IRC (insufficienza renale cronica), scompenso cardiaco, diabete scompensato
- sintomi neurologici, sospetta intossicazione da farmaci, funghi, organofosfati.
Nel bambino, specie se piccolo, e nell’anziano, la diarrea (così come il vomito) può
causare disidratazione e porre in pericolo la vita stessa del paziente, è quindi anche qui
fondamentale valutare lo stato di idratazione secondo i criteri già esposti (DynaMed Plus
raccomandazione forte).
Dati anamnestici di rilievo sono: il numero e i caratteri delle scariche, la presenza di
vomito, il dolore addominale, segni di disidratazione e la febbre elevata (>40°C), feci con
evidente presenza di sangue, dolore addominale e sintomi da coinvolgimento del SNC in­
ducono ciascuno per un’eziologia batterica. Il vomito e i sintomi respiratori sono associati
ad un’eziologia virale. Feci semisolide con muco sanguinolento o anche solo muco con
sangue, devono farvi rammentare la possibilità d’invaginazione intestinale, soprattutto
se associate ad una massa nel quadrante superiore dx, vomito biliare, dolore addominale
severo o localizzato, spesso improvviso, distensione addominale.
L’esame obiettivo dovrà mirare ad escludere l’addome acuto e cause infettive extrainte­
stinali quali la polmonite, le infezioni delle vie urinarie, la meningite, l’otite media (frequente
compagna della diarrea nei bambini, specie se molto piccoli). È utile ricordare che anche
la dentizione può associarsi a fenomeni diarroici e febbre. Per prima cosa è importante
determinare se sono presenti sintomi o segni di severa compromissione o di addome acuto.
In tal caso il bambino va ricoverato nel sospetto di appendicite, invaginazione intestinale o
megacolon tossico. La diarrea acuta può essere espressione di sindrome uremico-emolitica o
sepsi da Salmonella, infezione da C. difficile, intossicazione da organofosfati. La sovralimen­
tazione può causare diarrea nei bambini tra i 6 ei 12 mesi di vita, per un introito eccessivo
di latte formulato. Un elevato consumo di succhi di frutta o di sorbitolo può causare diarrea
funzionale nei bambini più grandi. Per quanto riguarda la terapia tenere conto di:
• stato di idratazione;
• ipotesi eziologica ed età del bambino;
• presenza o meno di vomito.
Il pericolo di disidratazione è tanto più imminente quanto più piccolo è il paziente,
quando si hanno scariche numerose, quando è presente anche il vomito. Prenderete inoltre
la decisione di ricoverare il bambino non soltanto in considerazione della obiettività, ma
anche in base alle capacità di collaborazione di chi lo assiste. Poiché la diarrea è un feno­
meno per lo più autolimitante, è in realtà sufficiente compensare le perdite idroelettrolitiche
affinché l’affezione si risolva spontaneamente nella quasi totalità dei casi. È opportuno,
pertanto, garantire un adeguato apporto idrico compensando ogni episodio di diarrea o
vomito con 60-120 mL di soluzione reidratante per i bambini con peso corporeo <10 kg e
con 120-240 mL per i bambini con peso corporeo >10 kg. Dal punto di vista dietetico non è
raccomandato sospendere gli alimenti che contengono lattosio, mentre si consiglia di evitare
bevande ad elevato contenuto di zuccheri. Nel neonato, se allattato al seno, continuare ad
allattare ad ogni richiesta; in caso di allattamento con latte formulato, continuare come
d’abitudine, almeno ogni 3 ore (DynaMed Plus: raccomandazione forte).
La terapia antibiotica va riservata nei casi di diarrea sanguinolenta e:
- bambini con <3 mesi di vita
- sospetta Shighella
- sospetto clinico di sepsi.
68 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Va instaurata una terapia antibiotica anche nei casi di diarrea acquosa e nei bambini
immunocompromessi, con diarrea acquosa o sanguinolenta.
La frequente sovrapposizione micotica, denunciata dalla presenza di papule eritematose,
va trattata con Bifonazolo (crema). Va anche ricercato un mughetto orale; in questo caso è
opportuno trattarlo con Miconazolo (gel orale).

ATTENZIONE: Nel bambino piccolo, alla diarrea frequentemente si associa


eritema della regione perigenitale; pertanto di fronte alla inevitabile
domanda materna, consigliate di:
• Aumentare la frequenza nel cambio dei pannolini e nella pulizia della cute
• Permettere alla cute di rimanere almeno alcune ore al giorno a diretto contatto
con l’aria
• Detergere la cute con acqua calda e piccole quantità di sapone a pH fisiologico
• Applicare creme barriera, associando creme di corticosteroidi nelle forme
severe o con antimicotici nelle forme con sovrainfezione da Candida.

L’emissione di feci mucosanguinolente nell’adulto/anziano, specie se accompagnata da


dolore addominale e/o febbre, deve sempre far pensare alla possibilità di una riacutizzazione
di malattia infiammatoria intestinale (morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa).
Non infrequente, specie nell’anziano, è una diarrea cronica legata a sindrome da malas­
sorbimento; quest’ultima è caratterizzata da insufficiente assorbimento di grassi, vitamine,
proteine, carboidrati, elettroliti, sali minerali e acqua. Il sintomo più comune è la diarrea
cronica, generalmente associata a steatorrea; di conseguenza, il paziente con sindrome da
malassorbimento presenterà spesso feci abbondanti, voluminose, giallastre, maleodoranti;
sono in genere presenti malnutrizione e dimagrimento.

E­ma­te­me­si
Posta diagnosi differenziale rispetto all’emottisi (cfr p. 151), in tutti i casi di ematemesi
sarà necessario il ricovero urgente. Sul piano operativo:
1. Valutate parametri vitali ed emodinamici (DynaMed Plus raccomandazione forte)
2. Incannulate una vena e infondete Fisiologica, oppure, se disponibile plasma-expander
(Poligelina) (DynaMed Plus: raccomandazione forte).
3. Preavvisate telefonicamente i Colleghi del Pronto Soccorso più vicino.
Cercate poi di stabilire se l’ematemesi sia più probabilmente da malattie peptiche o
da varici esofagee.

ULCERA PEPTICA VARICI ESOFAGEE


Anamnesi Bruciore e dolore epigastrico, Patologia epatica e/o etilismo
storia di infezione da Helicobacter
pylori, tabagismo, uso di FANS  
Elementi dall’e.o. Dolorabilità epigastrica Epatosplenomegalia, circoli collaterali
porto-cavali, ittero, ascite

In caso di emorragia da varici esofagee la situazione può essere drammatica per il


concreto rischio che il Paziente muoia dissanguato. Pertanto:
4. Praticate, se disponibile, Terlipressina [(f da 0,5 mg) 4 f pari a 2 mg e.v. lenta (4 ore)]; (AASLD/
ACG Classe I, livello A)
Gastroenterologia 69

5. Controllate la P.A.
In caso invece di sanguinamento verosimilmente da malattia peptica può essere utile:
• Esomeprazolo f (2 f da 40 mg diluite in 100 ml di fisiologica, iniettate e.v. (30 minuti)
(ICUGB Grado 1B).

Me­le­na
Il ri­co­ve­ro è sem­pre ne­ces­sa­rio; l’ur­gen­za va va­lu­ta­ta in ba­se al­l’en­ti­tà del san­gui­na­
men­to, tut­ta­via è be­ne non per­de­re trop­po tem­po per­ché, so­prat­tut­to nel­le e­mor­ra­gie al­te,
l’e­mis­sio­ne di li­mi­ta­ta quan­ti­tà di san­gue di­ge­ri­to non è si­no­ni­mo di e­mor­ra­gia mo­de­sta.

Pi­ro­si ga­stri­ca (da gastrite/gastroduodenite/ulcera peptica)


La ge­ne­ri­ca dia­gno­si di “ga­stri­te” o “ga­stro­duo­de­ni­te” deve es­se­re po­sta so­lo do­po
u­na ra­zio­na­le e­sclu­sio­ne di al­tre pa­to­lo­gie più se­rie. A que­sto pun­to, es­sen­do si­cu­ri che il
do­lo­re e­pi­ga­stri­co sia so­lo un clas­sico “bruciore di stomaco”, e non nasconda in realtà una
patologia mio­car­di­ca, pe­ri­car­di­ca, pan­crea­ti­ca o bi­lia­re, sa­rà le­ci­to som­mi­ni­stra­re inibitori
di pompa protonica (PPI) co­me (AGA Grado A):
– Esomeprazolo (40-20 mg 1 cpr al dì).
– Lansoprazolo (cpr 15-30 mg × 1/die).
– Omeprazolo (cpr 20 mg × 1/die)
oppure:
– Ranitidina (cpr effervescenti, 1 cpr da 150 mg × 2/die).
– Magnesio idrossido/algeldrato sci­rop­po, da 2 a 4 cucchiaini o 1-2 bustine di sospensione
orale 4 volte al dì o 2 com­pres­se o­gni 4-6 o­re e/o:
– Magaldrato anidro (1 bust × 4/die).
– Sucralfato (1 bust da 2 g 2 volte al dì).
Si ricorda che la prescrizione di Ranitidina, Roxatidina, Famotidina, Nizatidina, Cimetidi­
na, Omeprazolo, Lansoprazolo, Pantoprazolo, Esomeprazolo, Rabeprazolo per pirosi gastrica
può avvenire solo in fascia C in quanto la rimborsabilità di tali farmaci è limitata dalla nota
48 (ulcera duodenale o gastrica, malattia da reflusso gastroesofageo, sindrome di Zollinger-
Ellison). La nota 1 per Misoprostolo, Esomeprazolo, Lansoprazolo, Omeprazolo, Pantoprazolo,
Rabeprazolo invece permette la possibilità di prescrivere in regime di rimborsabilità SSN per
la prevenzione delle complicanze gravi del tratto gastrointestinale superiore in trattamento
cronico con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o in terapia antiaggregante con
ASA a basse dosi purché sussista una delle seguenti condizioni di rischio:
– storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera peptica non guarita con terapia
eradicante
– concomitante terapia con anticoagulanti o cortisonici
– età avanzata.
Sa­rà op­por­tu­no i­nol­tre con­si­glia­re al pa­zien­te di ri­vol­ger­si al pro­prio Me­di­co Cu­ran­te
per l’e­se­cu­zio­ne di ac­cer­ta­men­ti at­ti ad e­sclu­de­re la pre­sen­za di pa­to­lo­gie or­ga­ni­che (er­nia
ia­ta­le, ul­ce­ra pe­pti­ca, ecc.). Do­ve­te ri­cor­dar­gli di non as­su­me­re far­ma­ci ga­stro­le­si­vi, al­co­li­ci,
ci­bi sti­mo­lan­ti la se­cre­zio­ne clo­ri­dro-­pe­pti­ca (car­ne e bro­do di car­ne, caf­fè, spe­zie, ecc.) e
di e­vi­ta­re il fu­mo e le si­tua­zio­ni e­mo­ti­va­men­te stres­san­ti.

Esofagite da reflusso
In presenza di un soggetto che accusi: pirosi, eruttazione, disfagia, dolore retrosternale,
deve essere tenuta presen­te an­che la diagnosi di reflusso del contenuto gastrico da inconti­
nenza dello sfintere esofageo inferiore (LES). Di solito i sintomi sono accentuati dall’aumento
della tensione addo­minale (clinostatismo post-prandiale, stipsi, sovrappeso) e da fattori
che riducono il tono del LES (fumo, alcol, caffeina). Una volta escluse altre importanti
70 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

patologie toraco-addominali (è bene porre particolare attenzione ad una sintomatologia


simil-dispeptica in un paziente diabetico in quanto può essere sintomo di un’ischemia
cardiaca in atto) si può istituire una terapia a base di:
1. Inibitori di pompa protonica (AGA Grado A) quali: Esomeprazolo (40 mg/die) oppure Lan­
soprazolo (30 mg/die) oppure Omeprazolo (20 mg/die) oppure Pantoprazolo (20 mg/die).
2. Ranitidina (1 cpr da 150 mg ogni 12 ore. In casi di esofagite moderata-severa la
posologia può essere aumentata fino a 600 mg/die).
3. Clebopride (1 cpr 3 volte al giorno); Levosulpiride (15 mg 1 cpr × 3 volte al giorno).

Ap­pen­di­ci­te a­cu­ta
È fre­quen­te nel­l’a­do­le­scen­te e nel gio­va­ne a­dul­to, ma non di­sde­gna alcuna e­tà in as­so­
lu­to; la se­de del do­lo­re è, in ge­ne­re, dap­pri­ma periombelicale, si spo­sta poi in fos­sa i­lia­ca
de­stra o al fian­co de­stro con pos­si­bi­le ir­ra­dia­zio­ne al­la re­gio­ne in­gui­no-­cru­ra­le si­no al pu­be,
spe­cie nel­la ap­pen­di­ci­te pel­vi­ca.

ATTENZIONE: Nei casi di appendicite retrocecale il dolore può iniziare in


ipocondrio destro e simulare una colica epatica, ma può essere localizzato
anche in sede costo-vertebrale e, nell’uomo, a livello del testicolo destro.

Nau­sea, vo­mi­to e anoressia so­no fre­quen­ti al­l’e­sor­dio; può a­ver­si an­che u­na diar­rea i­ni­
zia­le spes­so se­gui­ta da pro­gres­si­va chiu­su­ra del­l’al­vo. La tem­pe­ra­tu­ra cu­ta­nea può ap­pa­ri­re
nor­ma­le o poco elevata (38°C) nelle fasi iniziali, mentre aumenta con la progressione del
quadro infiammatorio. La pal­pa­zio­ne del­l’ad­do­me e­vo­che­rà vi­va do­lo­ra­bi­li­tà in fos­sa i­lia­ca
de­stra con e­ven­tua­le re­si­sten­za mu­sco­la­re.
La ma­no­vra di Blum­berg e il colpo di tosse po­tranno raf­for­za­re la vo­stra i­po­te­si dia­
gno­sti­ca nei ca­si un po’­ dub­bi; da­ta in­ve­ce la va­ria­bi­li­tà in­di­vi­dua­le del­la lo­ca­liz­za­zio­ne
del­l’ap­pen­di­ce (re­tro­ce­ca­le, re­troi­lea­le, ecc.), non è de­ter­mi­nan­te vo­le­re in­di­vi­dua­re pun­ti
e­let­ti­vi pre­ci­si, co­me quel­lo di McBur­ney. Se il qua­dro è co­sì chia­ro, nel pa­zien­te di ses­so
ma­schi­le la dia­gno­si di ap­pen­di­ci­te a­cu­ta può dir­si fat­ta. Nel­la don­na in­ve­ce sus­si­ste la pos­
si­bi­li­tà che u­na pa­to­lo­gia an­ne­ssia­le destra o anche una emorragia da deiscenza follicolare
in fase ovulatoria, in genere di piccola entità, simuli un quadro simil-appendicitico, oppure
può insorgere emoperitoneo da corpo luteo sanguinante in fase post-ovulatoria, co­sic­ché
do­vre­te sem­pre ri­te­ner­vi me­no si­cu­ri del­la vo­stra dia­gno­si (v. Gi­ne­co­lo­gia).
Nel bam­bi­no e­gual­men­te pos­so­no in­con­trar­si mag­gio­ri dif­fi­col­tà dia­gno­sti­che. Il do­lo­re,
an­che del­l’ap­pen­di­ci­te, è qua­si sem­pre ri­fe­ri­to al­la re­gio­ne e­pi­ga­stri­ca e pe­riom­be­li­ca­le.
Se il bam­bi­no col­la­bo­ra, al­cu­ne ma­no­vre pos­so­no aiu­ta­re a pre­ci­sa­re la se­de del do­lo­re o
ad e­vo­ca­re al­me­no il do­lo­re del pe­ri­to­ni­smo attraverso colpi di tosse o salti su un piede:
• in corso di appendicite acuta, è possibile che le manovre effettuate a sinistra, elevando
la pressione all’interno dell’intestino crasso, evochino dolore a destra;
• Blum­berg co­me nel­l’a­dul­to.
L’esplorazione rettale nel bambino non è necessaria per porre diagnosi nel sospetto di
appendicite; può essere utile nei casi dubbi se eseguita da un esaminatore esperto.

ATTENZIONE: La pre­sen­za di diar­rea, co­me già det­to, non e­sclu­de la dia­gno­si


di ap­pen­di­ci­te a­cu­ta spe­cie nel bam­bi­no.

Oc­clu­sio­ne in­te­sti­na­le
Il pa­zien­te (più spes­so an­zia­no) vi chia­me­rà la­men­tan­do do­lo­re ad­do­mi­na­le, man­ca­
ta e­va­cua­zio­ne da un tem­po va­ria­bi­le da al­cu­ne o­re a mol­ti gior­ni e/o nau­sea e vo­mi­to,
Gastroenterologia 71

a­li­men­ta­re o an­che sol­tan­to bi­lia­re. Il do­lo­re ad­do­mi­na­le è ca­rat­te­ri­sti­co e pre­do­mi­nan­te


nel­l’i­leo mec­ca­ni­co: si trat­ta di un do­lo­re pe­ri­stal­ti­co, di ti­po co­li­co, cioè i­ni­zia e rag­giun­ge
un ac­me per in­ten­si­tà e fre­quen­za, quin­di si af­fie­vo­li­sce, per poi ri­pren­de­re, es­sen­do le cri­si
su­ben­tran­ti in rapporto con le contrazioni peristaltiche.
Spes­so è lo­ca­liz­za­to, giac­ché vie­ne av­ver­ti­to nel­la zo­na a mon­te del­l’o­sta­co­lo. Il do­lo­re
è in­ve­ce me­no in­ten­so, dif­fu­so, di ti­po gra­va­ti­vo, o può an­che man­ca­re del tut­to nel­l’i­leo
pa­ra­li­ti­co; pre­do­mi­na­no al­lo­ra la di­sten­sio­ne ad­do­mi­na­le e la chiu­su­ra del­l’al­vo a fe­ci e
gas, la nau­sea e il vo­mi­to.

ATTENZIONE: La di­sten­sio­ne ad­domi­na­le può es­se­re li­mi­ta­ta o in ra­ri ca­si


as­sen­te nel­le o­stru­zio­ni al­te, che pro­vo­ca­no pe­rò vo­mi­to in­ten­so;
que­st’ul­ti­mo si ri­pre­sen­ta o­gni qual vol­ta il pa­zien­te cer­chi di a­li­men­tar­si.
Il vo­mi­to può al­l’op­po­sto man­ca­re nel­le o­stru­zio­ni di­sta­li, co­me quel­le del co­lon.

Un ca­so par­ti­co­la­re ed in­gan­ne­vo­le di sin­dro­me oc­clu­si­va è rap­pre­sen­ta­to dal vol­vo­lo,


ge­ne­ral­men­te a ca­ri­co del­l’i­leo o del sig­ma, spe­cie in pre­sen­za di do­li­co­sig­ma. In en­tram­be
le se­di può ma­ni­fe­star­si un qua­dro cli­ni­co in­ter­mit­ten­te, in cui sca­ri­che diar­roi­che, ta­lo­ra
mu­co-­san­gui­no­len­te in ca­so di sof­fe­ren­za va­sco­la­re del vi­sce­re, si al­ter­na­no a fa­si di oc­
clu­sio­ne com­ple­ta, ca­rat­te­riz­za­te da ac­cen­tua­zio­ne del do­lo­re e da di­sten­sio­ne ad­do­mi­na­le.
Il dolore può essere assente nei pazienti più anziani o con disturbi neurologici. Il so­spet­to
dia­gno­sti­co de­ve sem­pre con­dur­re al ri­co­ve­ro ur­gen­te, per il ri­schio di ne­cro­si del­l’an­sa
coin­vol­ta nel vol­vo­lo e per la con­se­guen­te pe­ri­to­ni­te.

ATTENZIONE: Di fronte ad un quadro clinico di occlusione intestinale, specie


nel soggetto anziano ed allettato, bisogna considerare la possibilità di un
fecaloma che può generare anche una contemporanea ritenzione urinaria
acuta con globo vescicale. Risalite anamnesticamente all’ultima evacuazione e
chiedete se il paziente soffre di prostatismo. Per la diagnosi differenziale è necessaria
l’esplorazione rettale, se si apprezzerà la presen­za di un fecaloma nell’ampolla si
potrà evitare al paziente il ricovero e risolvere il tutto con una rettoclisi.

Un’altra possibile causa di occlusione intestinale è una neoplasia, per cui alla palpa­
zione dell’addome, potrebbe talora essere rilevabile una massa. L’oc­clu­sio­ne in­te­sti­na­le
può a­ver­si an­che nel bam­bi­no, in ge­ne­re cau­sa­ta da in­va­gi­na­zio­ne in­te­sti­na­le. Si trat­ta
di u­na pa­to­lo­gia spes­so su­bdo­la, ma piut­to­sto fre­quen­te, che pre­di­li­ge il bam­bi­no pic­co­lo
dal 5° al 9° me­se e che può es­se­re dia­gno­sti­ca­ta sol­tan­to va­lu­tan­do ac­cu­ra­ta­men­te o­gni
sin­to­mo e se­gno. In pri­mo luo­go, do­ve­te va­lo­riz­za­re al mas­si­mo l’a­nam­ne­si del­la cri­si che
fa­cil­men­te si ma­ni­fe­sta con: pian­to, vo­mi­to, pal­lo­re, pro­gres­si­va di­sten­sio­ne ad­do­mi­na­le,
massa addominale palpabile, di solito al quadrante superiore destro, alterazioni dello stato
mentale con irritabilità, letargia, apatia e ridotta responsività; ma so­prat­tut­to la sin­to­ma­
to­lo­gia do­lo­ro­sa è ti­pi­ca­men­te ri­pe­ti­ti­va, pre­sen­tan­do­si ad in­ter­val­li pres­so­ché re­go­la­ri,
in­fra­mez­za­ti da pe­rio­di di ap­pa­ren­te be­nes­se­re (ogni 10-15 minuti). Se il bam­bi­no ha e­mes­so
fe­ci, e­sa­mi­na­te­le (od ot­te­ne­te al­me­no u­na e­sau­rien­te de­scri­zio­ne); so­no di so­li­to stria­te di
san­gue o com­mi­ste a mu­co ro­sa­to, ap­pun­to per­ché con­te­nen­ti san­gue.
Non di­men­ti­ca­te mai che un bam­bi­no si di­si­dra­ta tan­to più ce­ler­men­te, quan­to più è
pic­co­lo; se sie­te lon­ta­ni dai pre­si­di o­spe­da­lie­ri ed il bam­bi­no vi ap­pa­re in con­di­zio­ni pre­ca­rie,
cer­ca­te di pre­di­spor­re u­na ve­na con u­na in­fu­sio­ne di fi­sio­lo­gi­ca. L’occlusione intestinale
può anche rappresentare la complicanza di interventi addominali recenti o pregressi, anche
di semplici appendicectomie, a causa della possibile formazione di briglie aderenziali, che
provocano strangola­mento di qualche ansa. In presenza di dolore addominale acuto il dato di
un intervento addominale recente o pregresso dev’essere quindi valorizzato per l’eventualità
di una occlusione intestinale.
72 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

In­far­to in­te­sti­na­le
Que­sta gra­vis­si­ma pa­to­lo­gia, fre­quen­te­men­te mor­ta­le en­tro po­che o­re, spes­so a di­spet­to
del­la te­ra­pia an­che più eroi­ca, va so­spet­ta­ta di fron­te a qua­dri su­boc­clu­si­vi od oc­clu­si­vi in
pa­zien­ti con clau­di­ca­tio a­bdo­mi­nis o con car­dio­pa­­tie em­bo­liz­zan­ti o con va­scu­lo­pa­tie dif­fu­se;
la chiu­su­ra del­l’al­vo può es­se­re pre­ce­du­ta da sca­ri­che diar­roi­che, tal­vol­ta e­mor­ra­gi­che, ed
ac­com­pa­gna­ta da se­gni di pe­ri­to­ni­smo e da gra­ve com­pro­mis­sio­ne del­lo sta­to ge­ne­ra­le.
È im­pli­ci­ta la ne­ces­si­tà di ri­co­ve­ro ur­gen­te in re­par­to chi­rur­gi­co. U­na for­ma di sof­fe­ren­za
va­sco­la­re in­te­sti­na­le di ti­po su­b­­a­cu­to o cro­ni­co è in­ve­ce da­ta dal­la co­li­te i­sche­mi­ca: ap­
pa­ren­te­men­te po­co dif­for­me da al­tri qua­dri flo­gi­sti­ci a­spe­ci­fi­ci del gros­so in­te­sti­no, se ne
di­stin­gue tut­ta­via per la fre­quen­te com­po­nen­te e­ma­ti­ca, non gros­so­la­na, nel­le sca­ri­che
diar­roi­che che ac­com­pa­gna­no il qua­dro do­lo­ro­so. Trat­tan­do­si co­mun­que di u­na pa­to­lo­gia
non pro­pria­men­te acu­ta, la so­lu­zio­ne mi­glio­re è pro­ba­bil­men­te quel­la di sen­si­bi­liz­za­re il
pa­zien­te al­l’e­se­cu­zio­ne de­gli op­por­tu­ni ac­cer­ta­men­ti en­do­sco­pi­ci e ra­dio­lo­gi­ci.

Per­fo­ra­zio­ne di un vi­sce­re ad­do­mi­na­le


È un qua­dro di va­ria­bi­le e­zio­pa­to­ge­ne­si e se­de, che i­ne­vi­ta­bil­men­te sfo­cia in u­na pe­ri­
to­ni­te i­ni­zial­men­te sac­ca­ta o già pri­mi­ti­va­men­te dif­fu­sa. Le e­ve­nien­ze più fre­quen­ti so­no le
per­fo­ra­zio­ni di ul­ce­re ga­stri­che e duo­de­na­li che cau­sa­no ra­pi­da­men­te un qua­dro pe­ri­to­ni­ti­co
dif­fu­so. I­ni­zial­men­te la do­lo­ra­bi­li­tà è epi­ga­stri­ca e/o me­so­ga­stri­ca; l’e­sor­dio è i­pe­ra­cu­to, con
do­lo­re a pu­gna­la­ta; nel­l’a­nam­ne­si an­dran­no va­lo­riz­za­ti pre­ce­den­ti ul­ce­ro­si, non­ché l’e­ven­
tua­le re­cen­te trat­ta­men­to con far­ma­ci (corti­so­ni­ci, an­ti­flo­gi­sti­ci non ste­roi­dei). I ca­rat­te­ri
o­biet­ti­vi so­no quel­li già de­scrit­ti per la pe­ri­to­ni­te, ma un ruo­lo pre­do­mi­nan­te nel­la dia­gno­si
è svol­to dal ri­scon­tro del­la scom­par­sa del­l’a­rea di ot­tu­si­tà e­pa­ti­ca (per il pas­sag­gio di a­ria
in ca­vi­tà ad­do­mi­na­le). Se al­la per­fo­ra­zio­ne si ac­com­pa­gna u­na e­mor­ra­gia ab­bon­dan­te (più
fre­quen­te nel­l’ul­ce­ra duo­de­na­le), il qua­dro cli­ni­co può an­che es­se­re do­mi­na­to dai se­gni
del­l’in­ci­­pien­te shock (ta­chi­car­dia, i­po­ten­sio­ne, pal­lo­re, su­do­ra­zio­ne).
Al­tra pos­si­bi­le per­fo­ra­zio­ne è quel­la di di­ver­ti­co­li co­li­ci, che può in­sor­ge­re in pa­zien­ti con
sti­psi cro­ni­ca e ma­lat­tia di­ver­ti­co­la­re già no­ta (in que­sto ca­so l’a­cu­tiz­za­zio­ne del qua­dro
cli­ni­co è em­ble­ma­ti­ca), op­pu­re in a­dul­ti-an­zia­ni pre­ce­den­temen­te in buo­na sa­lu­te, i qua­li
pos­so­no tut­ta­via ri­fe­ri­re oc­ca­sio­na­li e sfu­ma­ti e­pi­so­di di do­lo­ri ad­do­mi­na­li, più spes­so in
fos­sa i­lia­ca si­ni­stra, ma­ga­ri ac­com­pa­gna­ti da tur­be del­l’al­vo.
In en­tram­bi i ca­si, i se­gni di pe­ri­to­ni­te pos­so­no re­sta­re lo­ca­liz­za­ti an­che mol­to a lun­go,
per la pos­si­bi­le pree­si­sten­za di a­de­ren­ze in­fiam­ma­to­rie e sac­ca­tu­re, e il ri­scon­tro per­cus­so­
rio del­la scom­par­sa del­l’ot­tu­si­tà e­pa­ti­ca può se­gui­re tar­di­va­men­te o man­ca­re del tut­to. In
o­gni ca­so, nel so­spet­to di per­fo­ra­zio­ne, il ri­co­ve­ro va pre­di­spo­sto con la mas­si­ma ce­le­ri­tà;
nel­l’at­te­sa a­gi­te som­mi­ni­stran­do:
1. Fle­bo di fi­sio­lo­gi­ca e.v. ra­pi­da
Mo­ni­to­ra­te i pa­ra­me­tri cli­ni­ci (P.A., F.C., ecc.).

Er­nie stroz­za­te
I ca­si pos­so­no ri­dur­si es­sen­zial­men­te a due:
• il pa­zien­te è a co­no­scen­za di es­se­re af­fet­to da un­’er­nia e at­tual­men­te ri­fe­ri­sce ag­gra­va­
men­to a­cu­to del­la pre­ce­den­te sin­to­ma­to­lo­gia, ri­fe­ri­bi­le a stroz­za­men­to: do­lo­re, au­men­to
vo­lu­me­tri­co del­la tu­me­fa­zio­ne, ir­ri­du­ci­bi­li­tà, ten­sio­ne, ar­ros­sa­men­to, ca­lo­re del­la cu­te
so­pra­stan­te;
• il pa­zien­te i­gno­ra di es­se­re por­ta­to­re di er­nia e si ri­vol­ge per la pri­ma vol­ta al Me­di­co
ac­cu­san­do i me­de­si­mi sin­to­mi lo­ca­li e ge­ne­ra­li. In que­sta se­con­da cir­co­stan­za oc­cor­
re fa­re mol­ta at­ten­zio­ne, spe­cie nel­la don­na a­dul­ta-an­zia­na, o­ve pic­co­le er­nie cru­ra­li
Gastroenterologia 73

pos­so­no ma­ni­fe­star­si per la pri­ma vol­ta ed in pie­no be­nes­se­re con lo stroz­za­men­to.


Ov­via­men­te, un qua­dro ri­fe­ri­bi­le ad i­leo mec­ca­ni­co può ac­com­pa­gna­re fin dal­l’i­ni­zio i
sin­to­mi lo­ca­li, op­pu­re in­sor­ge­re tar­di­va­men­te (es. per com­pli­can­ze va­sco­la­ri a li­vel­lo
di un­’an­sa pin­za­ta) op­pu­re man­ca­re com­ple­ta­men­te qua­lo­ra nel­l’er­nia sia im­pe­gna­to
sol­tan­to l’o­men­to o ad es. la ve­sci­ca.
In o­gni ca­so il ri­scon­tro di tu­me­fa­zio­ne er­nia­ria (in ge­ne­re in­gui­na­le o cru­ra­le, ma an­che
om­be­li­ca­le) te­sa, do­len­te, non più ri­du­ci­bi­le, an­che in as­sen­za di se­gni ge­ne­ra­li do­vrà in­di­
riz­za­re ver­so il ri­co­ve­ro in re­par­to chi­rur­gi­co. Ta­le ri­co­ve­ro sa­rà ov­via­men­te ur­gen­te nei ca­si
in cui sia­no pre­sen­ti sin­to­mi ge­ne­ra­li (di­sten­sio­ne ad­do­mi­na­le, do­lo­ri pe­ri­stal­ti­ci, chiu­su­ra
del­l’al­vo, vo­mi­to...): un ri­tar­do an­che di po­che o­re può cau­sa­re ne­cro­si del vi­sce­re stroz­za­to!
Nel­l’at­te­sa del ri­co­ve­ro, è utile somministrare analgesici con azione esclusivamente
antidolorifica e non antinfiammatoria e spasmolitica per evitare che il quadro clinico possa
essere mascherato. È utile ricordare che lo strozzamento erniario è una patologia che può
verificarsi anche in età pediatrica.

Pan­crea­ti­te a­cu­ta
È un qua­dro par­ti­co­lar­men­te gra­ve che pre­sen­ta u­na e­le­va­tis­si­ma mor­ta­li­tà; è per­ciò
ne­ces­sa­rio un ri­co­ve­ro im­me­dia­to, qua­lo­ra e­si­sta­no di­scre­ti so­spet­ti in tal sen­so. Può
raf­for­za­re que­sta i­po­te­si dia­gno­sti­ca la pre­sen­za di li­tia­si bi­lia­re (circa il 45% dei casi di
pancreatite acuta si manifesta in questo tipo di pazienti), di diabete, di obesità e l’a­bi­tu­
di­ne al­l’a­bu­so di al­co­li­ci.
L’e­le­men­to cli­ni­co di mag­gior ri­lie­vo è co­sti­tui­to dal do­lo­re: vio­len­­to, ad e­sor­dio ra­pi­do,
che rag­giun­ge la mas­si­ma in­ten­si­tà in e­pi­ga­strio, tal­vol­ta an­che in me­so­ga­strio e/o nel­l’i­
po­con­drio si­ni­stro, ir­ra­dia­to a sbar­ra, gros­so mo­do al­lo stes­so li­vel­lo an­che dor­sal­men­te.
In fa­se i­ni­zia­le il qua­dro può si­mu­la­re un in­far­to del mio­car­dio o un’ul­ce­ra per­fo­ra­ta, in
que­sto ca­so man­ca­no pe­rò i se­gni di a­ria li­be­ra in pe­ri­to­neo; i­nol­tre pur es­sen­do il do­lo­re
di per sé gra­ve, ac­cen­tua­to dal­la com­pres­sio­ne, man­ca a lun­go la rea­zio­ne pe­ri­to­nea­le ed
il Blum­berg per­ma­ne ne­ga­ti­vo; pre­co­ce e fre­quen­te è in­ve­ce il vo­mi­to gastrico e/o biliare.
In alcuni casi si può avere febbre.
Trattandosi di una reale emergenza medica, talora fatale, il paziente con sospetta
pancreatite acuta deve essere immediatamente ospedalizzato.

Pan­crea­ti­te cronica
Potreste essere chiamati da soggetti che lamentano quadri recidivanti di dolore addo­
minale con le stesse caratteristiche della forma acuta, sintomi da malassorbimento con
feci steatosiche e talora diabete mellito. Si tratta di una condizione solitamente associata a
etilismo cronico o a tabagismo, ma in alcuni casi può manifestarsi anche in soggetti che non
fanno uso di alcolici, ad es. pazienti con litiasi biliare cronica, fibrosi cistica o sottoposti a
terapia prolungata con acido valproico, estrogeni, corticosteroidi. Non essendo, ovviamente,
un quadro gestibile in Continuità Assistenziale, nel caso di un sospetto diagnostico fondato
il paziente va trattato con analgesici (HaPanEU/UEG Grado 1B) (evitando i FANS) e inviato
presso consulenza specialistica.

Li­tia­si bi­lia­re, co­le­ci­sti­te a­cu­ta, co­lan­gi­te


Il sospetto diagnostico di colica biliare è giustificato a fronte di un quadro clinico
caratterizzato da:
• dolore acuto di tipo spastico o gravativo in epigastrio e ipocondrio destro con irradiazioni
dolorose alla spalla destra e/o al collo;
74 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Quadri clinici del dolore addominale acuto


PRESENTAZIONE CLINICA­ DIAGNOSI D’ORGANO
Dolore in ipocondrio destro con irradiazione posteriore ed alla spalla. Peritonismo Colecistite acuta (diagnosi
  nella stessa regione. Febbre. Eventualmente, colecisti palpabile per idrope. diff. appendicite retrocecale)
Dolore in ipocondrio destro con irradiazione posteriore ed alla spalla.
  Non peritonismo. Colica biliare
Dolore in ipocondrio destro-epigastrico con irradiazione posteriore ed a “sbarra”. Pancreatite acuta
  Peritonismo ai quadranti superiori. Febbre. Vomito. Shock.
Dolore vago periombelicale che poi aumenta e si localizza in fossa iliaca destra. Appendicite acuta
  Peritonismo in fossa iliaca destra. Febbre. Vomito. Alvo chiuso, a volte diarrea.
Dolore in fossa iliaca destra o sinistra. Scarso peritonismo nella stessa regione. Cisti ovarica con torsione
  Non scadimento delle condizioni generali. del peduncolo, follicolite
Dolore ai quadranti inferiori. Peritonismo negli stessi quadranti. Shock.
  Anamnesi mestruale positiva. Gravidanza extrauterina
Dolore improvviso trafittivo in epigastrio-ipocondrio destro. Ulcera gastrica
  Peritonismo ai quadranti superiori. o duodenale perforata
Dolore in meso-epigastrio con irradiazione posteriore. Addome scarsamente Aneurisma dell’aorta
  trattabile. Massa addominale pulsante. Scomparsa dei polsi periferici. Shock. addominale in rottura
Dolore in meso-epigastrio, a volte intermittente. Scarso peritonismo. Infarto intestinale
  Scadimento grave delle condizioni generali. A volte, vomito e diarrea sanguigna.
Dolore crampiforme intermittente in meso-ipogastrio o diffuso. Iperperistalsi, Occlusione intestinale
  in fase iniziale. Alvo chiuso a feci e gas. Vomito. Distensione meteorica
 addominale.
Dolore crampiforme in meso-ipogastrio o diffuso. Diarrea. Enterocolite
Dolore in fossa iliaca sinistra. Peritonismo nella stessa regione. Febbre.
  Alvo chiuso. Diverticolite

• anamnesi positiva per recenti intemperanze alimentari (pasti abbondanti, ricchi di


grassi, ecc.);
• nausea, sudorazione e vomito alimentare, gastrico o biliare;
• spiccata dolorabilità alla palpazione del punto colecistico;
• applicando pressione sul punto colecistico e chiedendo al paziente di inspirare pro­
fondamente, questi a causa del dolore interrompe l’inspirazione (manovra di Murphy
positiva).
In tal ca­so è op­por­tu­no som­mi­ni­stra­re:
1. Io­sci­na bu­til­bro­mu­ro 1 f i.m.
Se la sin­to­ma­to­lo­gia com­pren­de, ol­tre al­la com­po­nen­te spa­sti­ca, an­che un do­lo­re
su­bcon­ti­nuo, si può as­so­cia­re un a­nal­ge­si­co non nar­co­ti­co co­me:
2. Di­clo­fe­nac 1 f i.m. (DynaMed Plus: raccomandazione forte)
Su­pe­ra­ta la cri­si do­lo­ro­sa non di­men­ti­ca­te di con­si­glia­re sem­pre al paziente di pren­de­re
con­tat­to con il pro­prio Me­di­co Cu­ran­te per ef­fet­tua­re ac­cer­ta­men­ti e­co­gra­fi­ci. Qua­lo­ra pe­rò
ai sin­to­mi so­pra ci­ta­ti si as­so­ci­no: feb­bre spe­cie se con bri­vi­do, su­bit­te­ro od it­te­ro fran­co,
su­do­ra­zio­ne, com­pro­mis­sio­ne del­le con­di­zio­ni ge­ne­ra­li, vo­mi­to a­li­men­ta­re e bi­lia­re, sa­rà
do­ve­ro­so so­spet­ta­re u­na co­le­ci­sti­te a­cu­ta o u­na co­lan­gi­te o ad­di­rit­tu­ra un cal­co­lo in­cu­
nea­to nel co­le­do­co.
Gastroenterologia 75

DOLORE ADDOMINALE ACUTO

IPOTENSIONE O SHOCK

SI NO

•  Controllare parametri vitali ADDOME ACUTO CHIRURGICO


•  Assicurare la pervietà delle vie aeree • Difesa addominale localizzata o diffusa
•  Assicurare un accesso venoso • Occlusione intestinale

OSPEDALIZZARE SI NO
D’URGENZA
Controllare • Eseguire un’accurata anamnesi
parametri • Eseguire un accurato esame obiettivo
vitali • Escludere cause extra-addominali
• Somministrare analgesici, non FANS o
spasmolitici

OSPEDALIZZARE Considerare possibile diagnosi

SORVEGLIARE O
OSPEDALIZZARE
(a seconda dei casi)

Que­ste con­di­zio­ni co­sti­tui­sco­no in­di­ca­zio­ni per il ri­co­ve­ro. In si­tua­zio­ni con sin­to­ma­


to­lo­gia più sfu­ma­ta o in pa­zien­ti con ria­cu­tiz­za­zio­ni di sin­to­ma­to­lo­gie cro­ni­che già ben
de­fi­ni­te, si può som­mi­ni­stra­re:
1. Ceftazidima (1 gr 1 f × 3/die).
2. Ceftriaxone (f 1 gr 1 f × 2/die).

Stipsi cronica semplice


Pur non configurando un quadro in cui è ragionevole chiamare il Medico di Continuità
Assistenziale, talvolta qualche “bizzarro” soggetto potrebbe attivare la chiamata per questo
problema; non cedete alla tentazione di rispondere come la situazione meriterebbe, ma nei
pazienti con stipsi cronica semplice (in cui sia stata precedentemente esclusa con certez­
za ogni causa organica alla base del disturbo) possono essere utili una serie di consigli
igienico-dietetici, come aumentare la massa fecale con scorie e fibre solubili vegetali (ad es.
pasta e pane integrali, patate, carote, verdure, fagiolini), idratare la massa fecale bevendo
“fuori pasto” (ad es. acqua naturale, spremute), assumere senza eccedere grassi (ad es.
formaggi fermentati magri, latte scremato) e proteine (ad es. carne magra alla griglia,
arrosto o bollita), regolare la flora batterica con yogurt magri o fermenti lattici, assumere
olio di oliva crudo (azione lubrificante).
76 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

E­mor­roi­di
Le cir­co­stan­ze ur­gen­ti che pos­so­no ri­guar­da­re il Me­di­co di Continuità Assistenziale so­no
la trom­biz­za­zio­ne, che de­ter­mi­na un im­por­tan­te qua­dro do­lo­ro­so, e le e­mor­ra­gie a­no­ma­le
per quan­ti­tà e du­ra­ta. I­spe­zio­na­te innanzitutto la re­gio­ne a­na­le con un guan­to a per­de­re.
Nel caso di un gavocciolo venoso esterno e strozzato dallo spasmo dello sfintere è bene
tentare di riposi­zionare il tutto in ampolla rettale previo massaggio dello sfintere. Nel caso di
una trombosi di un gavocciolo venoso è bene far eseguire dei semicupi con acqua per lenire
il dolore ed evitare lo spasmo dello sfintere, poi si po­trà con­si­glia­re l’ap­pli­ca­zio­ne to­pi­ca di:
1. Fluocinolone/Ketocaina oppure Tetracaina/Escina po­ma­ta, do­po o­gni de­­fe­­ca­­zio­ne;
2. Lidocaina po­ma­ta, se il do­lo­re è in­sop­por­ta­bi­le.
Nel caso di gavoccioli venosi ulcerati e sanguinanti, tamponate con una garza arrotolata
e consigliate una visita chirurgica urgente. Con­si­glia­te i­nol­tre a­sten­sio­ne da ci­bi pic­can­ti
e da­gli al­co­li­ci. Poi­ché que­sti pa­zien­ti so­no spes­so sti­ti­ci cro­ni­ci, per cui fe­ci du­re ven­go­no
e­mes­se con no­te­vo­le sfor­zo e sof­fe­ren­za, sa­rà in­di­ca­ta u­na die­ta (ASCRS Grado 1B) con
abbondante idratazione (almeno 2 litri di acqua/die), ric­ca di fi­bre ve­ge­ta­li (ver­du­re cot­
te e cru­de, frut­ta man­gia­ta con la buc­cia, pa­ne in­te­gra­le, cru­sca me­sco­la­ta al lat­te del
mat­ti­no) e l’u­so di:
1. Psyllium 1-2 bust/die;
2. Lattulosio 2 cuc­chiai/die.
Può essere inoltre consigliata la terapia con flebotonici, ad es. frazione flavonoica
purificata micronizzata (1 cpr × 2/die), da somministrare per almeno 2 mesi.
Ginecologia
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aggiuntivi

Perdite ematiche vaginali


Tra le principali problematiche di tipo ginecologico che vi capiteranno durante la Conti­
nuità Assistenziale vi sono: le perdite ematiche dai genitali e le algie pelviche acute (dolori
più o meno intensi localizzati ai quadranti addominali inferiori). Bisogna innanzitutto, nella
donna in età fertile, capire se è gravida o meno, in quanto le cause del sanguinamento e
del dolore e le relative terapie sono differenti nei due casi. Ricordatevi di farvi dire la data
dell’ultima mestruazione e di considerare come gravida qualsiasi donna che, avendo cicli
normali (di 28-30 giorni), presenti un ritardo mestruale anche di soli 4-5 giorni.
In ogni caso misurate la pressione arteriosa, prendete il polso e la frequenza cardiaca;
ciò diventa imperativo di fronte a perdite ematiche di notevole entità.

Perdite ematiche al di fuori della gravidanza


Nella diagnosi differenziale dovete considerare:
a) lesioni traumatiche (rapporto sessuale, abuso sessuale, corpi estranei, trauma pelvico,..);
b) infezioni sessualmente trasmissibili;
c) sanguinamento da polipi cervicali, polipi endometriali o fibromi;
d) endometrite post-partum o post-abortiva (tale evenienza può capitare ad una donna
che abbia subito un raschiamento e che, dopo un intervallo di qualche giorno, cominci a
sanguinare; spesso è presente febbre e le perdite ematiche sono associate a materiale
purulento e malodorante);
e) carcinoma della vulva, della vagina, della cervice o dell’endometrio;
f) coagulopatie;
g) disfunzioni ovulatorie, più frequenti in epoca perimenarcale e perimeno­pausale;
i) cause iatrogene (farmaci, fumo di sigaretta, spotting intermestruale in pazienti con
IUD o che assumono contraccettivi orali in modo irregolare).
Innanzitutto bisogna fare un’accurata anamnesi: escludete una possibile gravidanza
in atto, chiedete se la paziente è già in menopausa o meno, se sono presenti altri sintomi,
quantificate la perdita ematica (eccessiva per volume, per esempio la necessità di sosti­
tuire i tamponi ogni 1-2 ore, o per durata, se superiore a 7 giorni); informatevi sui flussi
precedenti (se regolari od irregolari) e sulla data dell’ultima mestruazione; chiedete se la
paziente assume farmaci (in particolare contraccettivi orali) o se è portatrice o ha da poco
tempo posizionato un dispositivo anticoncezionale intrauterino (IUD o spirale). L’anamnesi
vi sarà di valido aiuto nel distinguere una metrorragia (sanguinamento irregolare) da una
menorragia (mestruazione eccessiva) o da una eventuale lesione traumatica.
Attraverso l’esame obiettivo è necessario rilevare i parametri vitali, evidenziare even­
tuali lesioni traumatiche, neoformazioni o infezioni; è importante inoltre distinguere se il
sanguinamento non origina dai genitali bensì dalle vie urinarie o dal tratto intestinale, per
esempio per la presenza di emorroidi sanguinanti.
Bisogna ricordare che, anche se in una piccola percentuale di casi, lo IUD può provocare
una perforazione dell’utero con conseguenze molto serie. L’incidenza di perforazione uterina
in donne con IUD è di circa 1/1000 e nella maggior parte dei casi questo evento si verifica al
momento del posizionamento piuttosto che per una dislocazione successiva. In questo caso
ricercate il filo dello IUD. La sua mancanza permette di sospettare la risalita del dispositivo
78 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

intrauterino e quindi l’eventuale perforazione dell’utero, che può verificarsi anche in assenza
di dolore. Quindi se non trovate il filo si avvia a consulenza ginecologica. Dovete sempre
ospedalizzare nel caso di perdite ematiche di notevole entità, pazienti emodinamicamente
instabili, traumi (in particolare per abuso sessuale) o sospetta endometrite post-abortiva
o post-partum.

Terapia d’urgenza di un sanguinamento vaginale


in donna non gravida
È sintomatica e si basa sull’impiego di antifibrinolitici.
Somministrare quindi:
1) Ac. tranexamico (1g per os per 3 /die); l’uso è controindicato in donne ad elevato rischio
di trombosi).
Bisogna ricordare che i farmaci emostatici agiscono solo in assenza di alterazioni della
coagulazione. Consigliate, inoltre, sempre una visita specialistica.

Sanguinamento vaginale in donna gravida


Cause nel primo trimestre: minaccia d’aborto, aborto in atto, mola vescicolare, gravidanza
extrauterina, impianto, cause non ostetriche (per es. polipo della cervice, infezioni vaginali,
traumi). Nel secondo e terzo trimestre: aborto, parto pretermine, placenta previa, distacco
di placenta, rottura d’utero.
Il sanguinamento vaginale in gravidanza è gestito indipendentemente dall’eziologia e
necessita l’ospedalizzazione urgente.

ATTENZIONE: In donna gravida (o da considerare tale) con sanguinamento


vaginale, non somministrate antispastici che potrebbero favorire la
dilatazione della cervice uterina ed aumentare il rischio di espulsione del
prodotto del concepimento.

Diagnosi differenziale delle algie pelviche acute


Si è già parlato diffusamente in altri capitoli del dolore addominale, ma quando vi
trovate di fronte ad una donna con dolore addomino-pelvico è necessario porre in diagnosi
differenziale alcune patologie ginecologiche:
a) gravidanza ectopica (in genere tubarica), aborto o altre complicanze in gravidanza;
b) torsione o rottura di cisti ovarica, torsione di annesso uterino (tuba + ovaio) o di
fibroma uterino peduncolato, necrosi di fibroma uterino;
c) infiammazione pelvica acuta (PID);
d) emoperitoneo da corpo luteo sanguinante;
e) ematocolpo e/o ematometra (ritenzione di sangue mestruale o da metrorragia in vagina
e/o cavità uterina per anomalie anatomiche genitali congenite o acquisite).
f) dismenorrea;
g) endometrite, salpingite;
h) endometriosi;
i) neoplasie.
Un’attenta anamnesi mestruale è fondamentale. Anche in questo caso bisogna infatti
capire, nella donna in età fertile, se è gravida o meno o se presenta un ritardo mestruale.
I sintomi più frequenti della gravidanza ectopica sono il dolore addominale e il sanguina­
mento vaginale.
Ginecologia 79

La sintomatologia è quindi identica a quella di una minaccia d’aborto. Nella gravidanza


ectopica con rottura della tuba, invece, il dolore è lancinante, localizzato ad uno dei quadranti
inferiori, con sviluppo di un quadro di addome acuto ed eventuale irradiazione del dolore
alla spalla omolaterale.

ATTENZIONE: Nel sospetto di gravidanza ectopica dovete sempre


ospedalizzare, perché la sintomatologia della rottura della tuba gravida
con emoperitoneo ha tendenza ad un rapido aggravamento fino allo shock
(da fattori emodinamici e da riflessi scatenati dall’irritazione peritoneale).

L’appendicite, invece, non si associa ad alcuna alterazione del ciclo, ma un suo esordio
contemporaneo ad un flusso mestruale può confondere la diagnosi.
Nelle malattie infiammatorie pelviche (PID) il dolore è generalmente in sede addominale
bassa, bilaterale, continuo e non è localizzato, ben apprezzabile alla pressione, proprio sopra
i legamenti inguinali, e si associa a secrezioni vaginali e/o sanguinamenti intermestruali.
Possono essere presenti sintomi sistemici quali febbre e brividi. Se si verifica la rottura di
un ascesso tubo-ovarico con versamento peritoneale del suo contenuto il dolore è più severo
ed è maggiore la dolorabilità alla palpazione.
I sintomi classici dell’appendicite invece sono il dolore addominale localizzato al qua­
drante inferiore destro e la zona di massima dolorabilità è rappresentata, di solito, dal punto
di McBurney. Si associano, inoltre, anoressia, febbre, nausea e vomito.
Nel caso di torsione o rottura di cisti ovariche, torsione di annessi o di fibromi uterini
peduncolati, necrosi di fibromi uterini, ematocolpo e/o ematometra è generalmente palpabile
una massa pelvica dolente. Una rapida ospedalizzazione è sempre necessaria nel caso di
presenza di massa pelvica dolente.

ATTENZIONE a non fare diagnosi di massa pelvica dolente in donna con globo
vescicale da ritenzione di urina.

In alcune donne, occasionalmente, la rottura di un follicolo in periodo ovulatorio può essere


accompagnata da una sintomatologia dolorosa molto intensa. Il dolore trafittivo insorge a
metà tra due cicli mestruali, è monolaterale, localizzato in sede ovarica e si accentua alla
palpazione. È importante che in donne fertili, teniate presente anche questa eventualità,
soprattutto per evitare ricoveri impropri visto che in genere il quadro sintomatologico si
risolve spontaneamente entro poche ore o al massimo un paio di giorni.
Al contrario, nel caso di emoperitoneo da corpo luteo sanguinante, il dolore insorge
dopo l’ovulazione: il quadro sintomatologico non si risolve spontaneamente, bensì evolve
verso un quadro di addome acuto. Ricordate infine che un quadro di addome acuto (da
appendicite, ileo, pancreatite, perforazione di ulcera o altra patologia endoaddominale)
può presentarsi anche in donna gravida.

Dismenorrea
Con tale termine si indica il dolore che insorge in sede pelvica e può irradiarsi in sede
lombo-sacrale durante la mestruazione, con talvolta associati disturbi di carattere generale.
Vi sono due tipi di dismenorrea:
a) Dismenorrea primaria, in assenza di patologie che possano giustificare tale sinto­
matologia.
b) Dismenorrea secondaria, quando è presente in donne con patologie che possono
giustificare tali sintomi, per es. endometriosi, fibromi uterini.
80 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Nella crisi acuta di dismenorrea primaria potete prescrivere un FANS (SOGC Grado A,
Livello I):
1) Ibuprofene 400 o 600 mg 1 cpr per os fino a 3 volte al giorno oppure
2) Dexketoprofene trometamolo (25 mg 1 cpr × 3/die) oppure
3) Diclofenac sodico (50 mg 1 cpr fino a 3 volte al giorno).

La prescrizione della pillola del giorno dopo


o contraccezione di emergenza (CE)
La contraccezione di emergenza (CE) è un intervento che può essere di tipo farmacologico
o non farmacologico (dispositivo intrauterino-IUD al rame).
Usata tempestivamente la CE ha lo scopo di evitare una gravidanza indesiderata dopo un
rapporto sessuale non protetto o non protetto adeguatamente. Tra le indicazioni, ricordiamo
in particolare che la donna è a rischio di gravidanza indesiderata se:
– ha dimenticato di assumere 1 dose di contraccettivi orali nella prima settimana
– ha dimenticato di assumere 3 o più dosi di contraccettivi orali nella seconda o terza
settimana
– ha assunto in ritardo o ha dimenticato di assumere una dose di contraccettivi orali
progestinici
– ha subito una violenza sessuale e non assume terapia contraccettiva (v. sotto).
È una scelta delicata sia per la Paziente che per il Medico. Potete cogliere l’occasione per lo
sviluppo di azioni di prevenzione e di educazione sanitaria informando la paziente sui metodi
anticoncezionali. La prescrizione può essere rilasciata solo alla donna diretta interessata.
È importante approfondire con l’anamnesi: quando è avvenuto il rapporto non protetto,
la data dell’ultima mestruazione, le modalità della contraccezione inefficace, l’utilizzo di
farmaci che potrebbero influenzare l’efficacia della contraccezione.
Nella figura è riportato un possibile Modulo di Consenso Informato alla CE. È indispen­
sabile che alla valutazione segua una spiegazione esauriente delle finalità e delle possibili
complicanze del trattamento chiarendo che la CE può non essere efficace nel prevenire la
gravidanza, in ogni caso potete suggerire:
1) Contraccezione orale di emergenza:
a) Levonorgestrel [1 cpr per via orale in una singola somministrazione, non oltre 72 ore
dopo il rapporto (FSRH Grado A)], nota alle pazienti come “pillola del giorno dopo”. In
seguito ad una decisione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) pubblicata nella G.U. del
03/03/2016, questo farmaco può essere acquistato in farmacia dalle maggiorenni come
medicinale senza obbligo di ricetta medica (SOP); per le donne che hanno meno di 18 anni,
invece, rimane l’obbligo della prescrizione con ricetta non ripetibile, che si suggerisce
di corredare con la compilazione del consenso informato in forma scritta da parte della
diretta interessata. Si segnala inoltre la revisione da parte della scheda tecnica dell’AIFA
della “Pillola del giorno dopo” a base di Levonorgestrel con la cancellazione della vecchia
dicitura “il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto” sostituita con “inibisce o ritarda
l’ovulazione”. La pillola del giorno dopo, pertanto non è considerata un abortivo, ma un
contraccettivo. Tale rettifica rimuove i presupposti per l’applicazione della “clausola di
coscienza”, stabilita nel febbraio 2011 dal Comitato Nazionale di Bioetica.
b) L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato anche la vendita della "pillola
dei 5 giorni dopo" a base di ulipristal acetato. Si tratta di un CE da assumersi entro 120
ore (5 giorni) (FSRH Grado A) da un rapporto sessuale non protetto o dal fallimento di
altro metodo contraccettivo. È in commercio come compresse da 30 mg in confezione
monodose, da assumere per via orale. Secondo le vigenti normative, l’erogazione della
“pillola dei 5 giorni dopo” può avvenire senza prescrizione medica per le maggiorenni e
vi è stata l’abolizione dell’obbligo del test di gravidanza prima di assumere tale farmaco
Ginecologia 81

CONSENSO INFORMATO ALLA CONTRACCEZIONE DI EMERGENZA


Il/La sottoscritto/a Dr .............................................................in servizio presso la Sede di Continuità Assi­
stenziale di ......................................... informa, come da Riferimento del Registro n°........... del.................
la Sig. ra................................................................ Nata a ............................................... il.......................
Documento C.I.  P.A.  n°........................................ rilasciata a................................... il ........................
La Sig. ra ......................................................................................... PRECISA:
• Di avere ricevuto esaurienti informazioni dal Medico su indicato sul significato della "pillola del giorno
dopo" (contraccezione d’emergenza).
• Di essere stata informata che la "pillola del giorno dopo" (contraccezione d’emergenza) è un metodo
occasionale e non deve in nessun caso sostituire l’uso di un metodo anticoncezionale regolare.
• Di essere stata dettagliatamente informata circa le modalità, gli svantaggi ed i possibili rischi
generali e specifici, gli effetti collaterali, le controindicazioni immediate e tardive dell’assunzione
della "pillola del giorno dopo" (contraccezione d’emergenza).
• Di essere stata informata che gli effetti collaterali che possono verificarsi sono: nausea, vomito,
astenia, cefalea, dolori addominali, perdite ematiche uterine, vertigini, tensione mammaria, alterazioni
del ciclo, tromboembolia.
• Di essere stata informata che anche l’assunzione corretta e tempestiva della "pillola del giorno dopo" non
dà certezza assoluta dell’efficacia del farmaco e che pertanto potrebbe essere necessario verificare con
indagini specifiche e differite la non insorgenza di gravidanza.
• Di essere stata informata che è consigliato sottoporsi a controlli clinici ed accertamenti diagnostici
tramite il medico curante successivamente o qualora insorgessero complicanze (vomito, emorragia
e malessere fisico evidente).
Luogo,.................... data...........................Firma della Paziente ..............................................................
La Sig. ra .......................................................................................... DICHIARA:
• Di avere compreso tutto ciò che Le è stato spiegato sulla contraccezione di emergenza e di essere
quindi consapevole dei rischi legati alla sua assunzione.
Luogo,.................... data......................... Firma della Paziente.....................................................................
Luogo,.................... data........................ Firma del Medico.........................................................................
CONSENSO INFORMATO AL TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI
La sottoscritta ........................................................ autorizza il trattamento dei propri dati personali
secondo la modalità semplificata per l’informativa ed il consenso al trattamento dei dati sensibili di
cui agli artt. 77-78-79-81 d.lgs. n. 196 del 30-06-03.
Luogo,................................... data......................... Firma della Paziente...........................................

per tutte le donne (maggiorenni e minorenni). La “pillola dei 5 giorni dopo” va quindi
somministrata con ricetta solo alle minorenni; per le altre donne, può essere venduta
senza ricetta e senza test di gravidanza.
Se il rapporto ha avuto luogo nelle ore o nei giorni che precedono l’ovulazione, il levonor­
gestrel e l’ulipristal acetato impediscono la fecondazione. Se invece il rapporto ha avuto
luogo quando il processo che conduce all’ovulazione è già iniziato, il levonorgestrel non ha
effetto, mentre l’ulipristal acetato è in grado di posticipare l’ovulazione di alcuni giorni.
Se infine il processo di impianto è già iniziato (anche se da poco tempo) il farmaco non
è efficace. Gli effetti collaterali più comuni sono cefalea, astenia e algie pelviche.
La contraccezione orale d’emergenza può essere utilizzata anche dalle donne che hanno
controindicazioni ai contraccettivi orali tradizionali, comprese le donne con patologie
cardiovascolari, emicrania, patologie epatiche o in allattamento.
2) La Spirale: che va applicata dal ginecologo entro le 72 ore successive al rapporto non
protetto a scopo intercettivo.
È il metodo contraccettivo più efficace (ACOG Level A).
82 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

È controindicata in caso di:


– Infezioni degli organi genitali o forti infiammazioni del collo dell’utero
– Malformazioni dell’apparato genitale
– Tumori degli organi genitali
– Mestruazioni particolarmente abbondanti e/o dolorose.

Violenza sessuale
È possibile che in occasione di una consulenza sulla contraccezione di emergenza, una
donna vi informi di essere stata vittima di violenza sessuale. In tal caso è necessario che
la donna venga trasferita in ospedale, meglio se accompagnata, comunque secondo la
sua volontà.
È obbligo del medico di CA denunciare all’autorità giudiziaria i reati procedibili d’ufficio
di cui sia venuto a conoscenza come incaricato di Pubblico Servizio o di Pubblico Ufficiale.
In particolare a tal proposito:
Delitti sessuali
a) Violenza sessuale commessa nei confronti di minore di anni 18 (nelle donne maggiorenni
la violenza sessuale è un reato a querela di parte);
b) Violenza commessa dal genitore (anche adottivo) o dal di lui convivente, dal tutore o da
persona alla quale il minore sia affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione,
di vigilanza o di custodia;
c) Violenza commessa da un pubblico ufficiale o da incaricato di un pubblico servizio
nell’esercizio delle proprie funzioni;
d) Violenza connessa ad altro delitto perseguibile d’ufficio;
e) Atti sessuali compiuti su persona che non ha ancora compiuto i 10 anni;
f) Violenza sessuale di gruppo
Delitti contro l’incolumità individuale:
a) lesioni personali dolose
• lievi: malattia della durata da 21 a 40 giorni;
• gravi: malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiore a 40 giorni;
malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa; malattia che produca un
indebolimento permanente di un senso o di un organo;
• gravissime: malattia certamente o probabilmente insanabile, perdita di un senso o
dell’uso di un organo, perdita di un arto o mutilazione che renda l’arto inservibile, perdita
della capacità di procreare, difficoltà grave e permanente della favella, deformazione o
sfregio permanente del viso.
(Le lesioni personali dolose lievissime, con prognosi pari o inferiore ai 20 giorni, sono
perseguibili a querela di parte a meno che non siano commesse con l’uso di armi, di mezzi
venefici o insidiosi, di sostanze corrosive).
Nel caso di lesioni volontarie a minori, la denuncia va invece sempre presentata, indi­
pendentemente dalla prognosi delle lesioni.
Delitti contro la libertà individuale:
a) Sequestro di persona
b) Violenza privata
c) Minaccia aggravata
d) Incapacità procurata mediante violenza
e) Prostituzione minorile.
Ginecologia 83

Delitti contro la famiglia:


a) Abuso di mezzi di correzione o di disciplina;
b) Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli: il reato presuppone la pluralità di atti rei­
terati, commissivi od omissivi per cui vanno valutati più accessi “sospetti” di persone, in
particolare donne e bambini, con lesioni anche se riconducibili a lesività apparentemente
accidentale.
Nel caso che una minorenne richieda la prescrizione della contraccezione d’emergenza,
è bene ricordare che è reato l’atto sessuale quando compiuto da un maggiorenne con un
minore di anni 14; oppure con un minore di anni 16, quando l’autore ne sia l’ascendente,
il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui il minore stesso è affidato per
ragioni di cura, educazione ecc., ovvero abbia con il minore una relazione di convivenza.
Tale reato è perseguibile a querela di parte, mentre è perseguibile d’ufficio l’atto sessuale
nei confronti di minore:
– compiuto ai danni di minore di anni 10;
– compiuto da un ascendente, da un genitore, anche adottivo, dal coniuge o convivente
di essi, da adulto cui il minore è affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione,
vigilanza, custodia (insegnanti, educatori...);
– compiuto da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle sue
funzioni;
– che concorre con altro fatto procedibile d’ufficio (es. violenza privata, maltrattamento,
lesioni gravi o gravissime, sequestro di persona, ecc.).
È prevista la non punibilità per l’ipotesi in cui gli atti sessuali nei confronti di un minore
siano compiuti da un soggetto anch’esso minorenne, purché la differenza di età tra i due
soggetti non superi i tre anni, il più piccolo abbia almeno 13 anni e non si rientri in un’ipotesi
di violenza sessuale.

Preeclampsia
È un quadro clinico che insorge in una donna dopo 20 settimane di gravidanza
caratterizzato da ipertensione (definita come PAS ≥140 mmHg e/o PAD ≥90 mmHg) e
proteinuria (>300 mg/24h). In assenza di proteinuria, per la diagnosi è necessaria la
presenza di uno dei seguenti:
– trombocitopenia (<100.000/mm3)
– aumento degli enzimi epatici
– insufficienza renale
– edema polmonare
– disturbi neurologici o della vista.
È necessaria l’ospedalizzazione nelle forme severe, cioè in presenza di PAS ≥160 mmHg
o PAD ≥110 mmHg o nelle forme con sintomi o segni di danno d’organo (SOGC Grado B).
L’evoluzione più temibile di tale quadro è l’attacco convulsivo eclamptico acuto (eclam­
psia). Anche in questo caso è necessario il ricovero con urgenza; per evitare un eventuale
aggravamento durante il trasporto in ospedale o aspettando l’ambulanza, dovete:
1) evitare la morsicatura della lingua durante la crisi convulsiva
2) controllare la pervietà delle vie aeree; posizionare la donna in decubito laterale sinistro
3) somministrare ossigeno
4) se possibile, incannulare una vena periferica e iniziare una infusione di Magnesio solfato 6
g e.v. in 15-20 minuti e poi in somministrazione continua a 2 g/h (ACOG raccomandazione
forte); applicare un catetere vescicale a permanenza per controllare la diuresi; si consiglia
tuttavia di eseguire il trattamento con Magnesio solfato in ambiente ospedaliero.
5) ospedalizzare sempre con la massima urgenza.
84 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Ipertensione arteriosa in gravidanza


È una delle complicanze più frequenti in gravidanza e si definisce per il riscontro di
pressione sistolica superiore a 140 mmHg e/o pressione diastolica superiore a 90 mmHg; è
severa quando la pressione sistolica supera 160 mmHg o la diastolica supera i 110 mmHg.
Si definisce ipertensione cronica in gravidanza quando l’ipertensione era presente già
prima dell’inizio della gravidanza o è comparsa nelle prime 20° SG. Se il quadro compare
dopo la 20° SG, si parla di ipertensione gestazionale. Si tratta di preeclampsia se si associa
anche la presenza di proteinuria o di altre complicanze (v. sopra). È importante chiedere
se la paziente è già in terapia con antipertensivi ed eventualmente quali farmaci assume.
Nelle donna con valori pressori costantemente elevati (PAS ≥160 mmHg o PAD
≥105 mmHg) è opportuno intraprendere una terapia antipertensiva (ACOG raccomandazione
forte), per esempio:
– Labetalolo 100 mg 2 volte/die fino ad un massimo di 2400 mg/die suddivisi in 2-3 volte/die
– Nifedipina a lento rilascio: 20 mg 1-2 volte/die fino ad un massimo di 120 mg/die
– Metildopa 250 mg 2-3 volte/die fino ad un massimo di 4 g/die.
Bisogna provvedere all’ospedalizzazione in caso di riscontro di valori pressori sistolici
≥170 mmHg o diastolici ≥110 mmHg (ESC Classe I, Livello C). Nel frattempo è possibile
somministrare nifedipina 10 mg 1 cps per os oppure 20 gtt 20 mg/ml per os (ACOG racco­
mandazione forte).

Parto precipitoso
È molto probabile, data la ricchezza di strutture ospedaliere, che nessuno dei lettori
si troverà nella necessità di dover assistere da solo ad un parto. A quei pochi cui la sorte
giocherà questo brutto scherzo vorremmo ricordare come incoraggiamento, che la natura
non ha previsto il Medico come complemento indispensabile per il parto e che, in genere,
è in grado di risolvere da sola benissimo il problema. Si definisce precipitoso un travaglio
che dura meno di tre ore dall’insorgenza delle contrazioni regolari al parto; è un’evenienza
rara. Si verifica più frequentemente nelle pluripare con feti piccoli e bacini ampi. Sia nel
caso di un parto precipitoso, che di una donna che sia in fase avanzata di travaglio o che
abbia appena partorito, la prima cosa da fare è contattare il 118. In attesa dell’arrivo dei
soccorsi, poiché le contrazioni uterine possono compromettere l’ossigenazione fetale nel
periodo dilatante bisogna:
1) mettere la partoriente in decubito laterale sinistro;
2) incannulare una vena periferica;
3) infondere soluzione glucosata al 5% od eventualmente anche soluzione fisiologica (il glucosio
e.v. è preferibile in quanto costituisce materiale energetico per la muscolatura uterina);
4) per trattare l’eventuale ipotensione materna somministrare Idrocor­tisone (f fino a
2-3 gr. e.v.);
5) ossigenoterapia se avete l’ambulanza.

ATTENZIONE: La rapida espulsione del feto può provocare la lacerazione


dei tessuti del canale del parto e/o emorragie da atonia uterina nel
post-partum; sono possibili anche lesioni traumatiche fetali per espulsione
in ambiente non idoneo: controllate pertanto la vitalità e le condizioni del neonato.

Nel caso il parto sia già avvenuto prima del vostro arrivo:
1) controllate che il cordone ombelicale sia stato legato e tagliato (eventualmente fatelo;
ricordando di tagliare tra due lega­ture);
2) controllate che il neonato sia avvolto in panni caldi;
3) controllate che il neonato respiri bene e non abbia laringe e narici ostruite da mucosità
(in questo caso provvedete all’aspirazione del cavo orofaringeo e delle narici utilizzando
Ginecologia 85

un aspiratore a bocca. Aspirate ad intermittenza, per brevi periodi ed in modo non troppo
violento);
4) controllate l’eventuale espulsione della placenta e, se questa è stata espulsa, inviatela
in ospedale assieme alla paziente ed al neonato;
5) se la paziente non ha ancora espulso la placenta e non sanguina, non fate niente (non
tentate il secondamento manuale). Se invece sanguina e vi trovate nell’impossibilità di
trasporto immediato, incannulate una vena periferica, infondete soluzione glucosata al 5%
o anche solo soluzione fisiologica per mantenere pervia la vena, completate l’estrazione
della placenta nella seguente maniera, assicurandovi che la vescica sia vuota e l’utero ben
contratto e procedendo come segue:
a) valida pressione esterna sull’addome (sul fondo ute­rino) verso il basso al momento
della prima contrazione o eventualmente delle altre (potete massaggiare l’utero per farlo
contrarre);
b) pressione sovrapubica (sempre esterna) diretta contro il polo inferiore del corpo
uterino (con la mano destra), mentre viene effettuata una modesta trazione del funicolo
con la mano sinistra;
c) cui segue pressione sovrapubica verso l’alto del corpo mentre il funicolo viene
trattenuto.

ATTENZIONE: Il funicolo va tenuto, non tirato; tale manovra è nota come


manovra di Brandt e non va eseguita in modo precipitoso o violento per non
provocare una inversione uterina.

Mastite
Una donna, il più delle volte in corso di allattamento, può accusare qualcuno di questi
sintomi:
a) dolore più o meno localizzato in un punto della mammella;
b) ipertrofia dolorosa dei linfonodi ascellari;
c) eritema della zona dove avverte dolore, se superfi­ciale;
d) febbre;
e) alla palpazione è possibile percepire un nodulo dolorabile.
Tale sintomatologia vi conduce facilmente alla diagnosi di mastite, che in genere rico­
nosce una eziologia stafilococcica. È importante rassicurare la donna sul valore dell’allatta­
mento, che è sicuro continuare ad allattare, che il latte del seno ammalato non danneggerà
il suo neonato e che una volta guarito il seno riprenderà un aspetto e una funzione normali.
La donna va aiutata nel favorire la risoluzione dell’ingorgo, migliorando l’attaccamento al
seno del neonato e incoraggiandola a fornire pasti ogni volta che il neonato lo richiede, senza
alcuna restrizione. Se necessario è possibile favorire la fuoriuscita del latte con la mano o
con un tiralatte fino al ripristino completo del quadro. È utile effettuare uno svuotamento
del seno almeno ogni 6 ore, attraverso l’allattamento o manualmente. Per il trattamento
sintomatico possono essere utili analgesici (Paracetamolo o Ibuprofene) e l’applicazione
dopo l’allattamento o lo svuotamento di impacchi caldi, per ridurre il dolore e l’edema.
È importante assicurarsi che la donna abbia un adeguato apporto di liquidi con la dieta.
La terapia antibiotica è indicata se:
– i sintomi persistono oltre 12-24 ore
– il quadro si presenta severo da subito
– sono presenti ragadi al capezzolo
– nelle forme ascessualizzate.
La terapia antibiotica può essere:
– Amoxicillina/ac.clavulanico 875+125 mg 1 cpr x 2 die per 10-14 giorni
– Cefalexina 500 mg 1 cpr x 4 die per 10-14 giorni.
86 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

I farmaci in gravidanza
Innanzitutto bisogna ricordare che i rischi non sono gli stessi all’inizio ed al termine
della gravidanza: nei primi mesi si deve temere un’azione teratogena del farmaco e quindi
un rischio di malformazioni; nell’ultimo trimestre, invece, si deve temere un evento avverso
per il nascituro. Ricordatevi inoltre che l’azione dannosa dei farmaci deriva spesso dai
metaboliti prodotti dall’organismo materno oltre che dalla molecola del farmaco stesso.
Per eventuali dubbi, è possibile consultare il sito che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha
realizzato sull’utilizzo dei farmaci in gravidanza (www.farmaciegravidanza.gov.it).

Perdite ematiche (diagnosi differenziale)


Perdite ematiche vaginali
In donna non gravida     In donna gravida
Lesioni traumatiche I trimestre: II-III trimestre:
(coito, corpi estranei)
Infezioni genitali minaccia d’aborto placenta previa
(vaginiti, annessiti)
Polipi cervicali, aborto in atto distacco placentare
polipi endometriali
Endometrite postabortiva gravidanza rottura d’utero
extrauterina aborto (<20° SG)
Carcinoma (vulva, vagina mola vescicolare parto pretermine (>20° SG)
  cervice, endometrio) impianto
Coagulopatia cause non ostetriche
 Endocrinopatie

Perdite ematiche vaginali (cosa fare)


1) Verificare l’entità del sanguinamento (se imponente: pressione, polso, ricovero)
2) Escludere ematuria ed emorroidi sanguinanti
3) Chiedere data dell’ultima mestruazione
4) Anamnesi
5) Terapia sintomatica
6) Chiedere visita specialistica

Algie pelviche acute (diagnosi differenziale)


– Gravidanza extrauterina, aborto o altre complicanze ostetriche
– Torsione di: cisti ovarica
annesso
fibroma uterino peduncolato
– Infiammazione pelvica acuta
– Dismenorrea
– Rottura dolorosa di un follicolo

Algie pelviche acute (cosa fare)


1) Chiedere data dell’ultima mestruazione
2) Chiedere caratteristiche dell’ultima mestruazione
3) Anamnesi ginecologica-ostetrica
4) Ospedalizzare se: sospetto di gravidanza extrauterina
sospetto di torsione sospetta
infiammazione pelvica acuta
Terapia sintomatica se dismenorrea
Malattie
esantematiche
⊲  R. Antonicelli  ⊲  F. Testa Contenuti web
aggiuntivi

Le malattie esantematiche, tipicamente, ma non esclusivamente, appannaggio dell’età


infantile, sono malattie infettive la cui manifestazione principale e costante è rappresentata
dalla comparsa dell’esantema.
Gli esantemi possono essere espressione della moltiplicazione dell’agente eziologico a
livello della cute e dei vasi del derma oppure dipendere dalla risposta immunitaria dell’ospite.
Negli adulti, tali affezioni possono presentare sintomatologia particolarmente eclatante
ed andare più facilmente incontro all’insorgenza di complicanze.
La diagnosi differenziale tra le varie malattie esantematiche è molto importante, in quanto
in alcuni casi la terapia può essere oltre che sintomatica anche eziologica.
Le caratteristiche delle più comuni malattie esantematiche vengono riassunte in tabella.
La terapia delle malattie esantematiche ad eziologia virale è essenzialmente sintomatica
e prevede l’impiego di antipiretici, soprattutto paracetamolo, in dose da 10 a 15 mg pro kg
di peso, in caso di somministrazione per via orale, e di 20 mg pro kg in caso di somministra­
zione per via rettale (assorbimento più rapido, ma minore quantitativamente) ogni 4-6 h.
È sconsigliato superare il dosaggio di 100 mg/kg nelle 24 ore (60 mg/kg nei neonati di
età inferiore ai 3 mesi e 80 mg/kg nei bambini di età inferiore ai 12 mesi).
Nel bambino è importante controllare il più rapidamente possibile la temperatura corporea
onde evitare l’insorgenza di convulsioni febbrili.
In corso di Varicella può essere necessaria l’aggiunta di un antistaminico come la
cetirizina (bambini di età compresa tra 2-6 anni: 5 gtt 2/die, bambini di età compresa tra
6 -12 anni: 10 gtt 2/die, adolescenti di età >12 anni: 20 gtt 1/die) per combattere il prurito.
Nei bambini sani, l’infezione è solitamente autolimitante e il trattamento antivirale
non è necessario.
Vi sono però condizioni particolari in cui è indicata la somministrazione di Aciclovir: età
>12 anni, stato immunocompromesso, varicella neonatale, gravidanza, malattia cronica
della pelle o dei polmoni casi gravi di varicella (DynaMed Plus evidenze di livello II).
La posologia consigliata è la seguente: bambini di età >6 anni: Aciclovir 800 mg in cpr
o 10 ml di sospensione 4 volte/die; bambini di 2-6 anni di età: Aciclovir 400 mg in cpr o 5 ml
di sosp 4 volte/die; bambini di età <2 anni: Aciclovir 2,5 ml di sosp 4 volte/die. La terapia
va proseguita per 5 giorni. Nell’adulto la posologia è 800 mg in cpr o 10 ml di sospensione
5 volte/die per 7 giorni.
Mentre nelle malattie esantematiche di origine virale la terapia antibiotica va instaurata
solo in caso di superinfezione batterica, per la scarlattina, che riconosce un’eziologia batteri­
ca, la terapia antibiotica va impostata in maniera prioritaria, anche per evitare l’insorgenza
di complicanze cardiache o renali.
La terapia si avvale dell’impiego dei seguenti antibiotici:
a. Beta-lattamici: Penicillina o cefalosporina
- casi lievi: bambini <40 kg di peso, amoxicillina/ac. clavulanico 45 + 6,4 mg/kg/die in
2 somm.; >40 kg di peso, 875 + 125 mg/kg/die in 2 somm. per 10 giorni;
- casi gravi: bambini >3 anni, benzilpenicillina una singola somm. i.m. variabile tra
300.000 a 900.000 UI; adulti, benzilpenicillina 1.200.000 UI in singola somm. i.m.
b. Macrolidi: Azitromicina 12 mg/kg il primo giorno, 6 mg/kg il secondo giorno per un
totale di 5 giorni di terapia.
QUINTA MALATTIA MALATTIA BOCCA – SCARLATTINA
88

VARICELLA ROSOLIA MORBILLO (PARVOVIRUS UMANO SESTA MALATTIA MANI – PIEDI (STREPTOCOCCUS
(VIRUS VARICELLA ZOSTER) (RUBIVIRUS) (PARAMIXOVIRUS) B19) (HERPES VIRUS TIPO 6) (COXSACKIE VIRUS) b-EMOLITICO DI GRUPPO A)
La

Stagionalità Autunno/inverno/primavera Inverno/primavera Inverno/primavera Estate/autunno Tutte le stagioni Tutte le stagioni Tutte le stagioni
Incubazione 10-21 14-21 10-14 4-14 4-12 3- 7 1-7
L’esame

(giorni)
Febbre Discreta Possibile Elevata Irregolare Elevata per tre giorni, Irregolare Elevata
scompare all’inizio
dell’esantema
clinica:obiettivo:

Esantema Papule che si trasformano in Maculo-papulare roseo, Maculo-papuloso Erisipeloide Maculo-papuloso Maculo-papuloso Micro-
vescicole che rapidamente poco confluente rosso scuro, Al volto: a farfalla roseo, poco confluente con evoluzione in papulo rosso scarlatto
diventano pustole e poi croste confluente Agli arti: marginato vescicole e pustole
Inizio esantema Centripeto con interessamento Dal capo Dalla radice dei Dal volto, al tronco Comincia al tronco e Labbra, palmo Dal volto con risparmio
sintomi, approccio

principalmente del tronco e capelli alla nuca ed alle superfici poi si estende al volto delle mani, della zona circumorale
poi della periferia, può estensorie degli ed agli arti; si associa dorso delle dita,
essere interessato anche arti dove può essere a linfoadenopatia pianta dei piedi
segni e gestione

il cuoio capelluto confluente o reticolare


al caso del

Durata esantema 1-3 gg In 24-48 ore ricopre I gg: capo 2-3 gg al volto Da poche ore ad 1-2 gg ------ Si estende al tronco
tutto il corpo II gg: tronco 6-7 gg agli arti ed agli arti. Scompare
clinico
caso

e poi scompare III gg: arti inf. con fine desquamazione


Enantema Erosioni su mucose (cavo orale, Petecchie su palato Lesioni puntiformi Assente Assente Presente con Tutta la mucosa orale
congiutiva, mucose genitali) molle bianche su mucosa stomatite ulcerativa Lingua a lampone
orale iperemica
Fenomeni Angina Congiuntivite Fenomeni catarrali Assenti Congiuntivite Herpangina Angina
associati Congiuntivite Angina
Agitazione psicomotoria
Complicanze Infezione secondaria Artrite Otite media Lieve artrite Trombocitopenia Meningite Setticemia
delle vescicole Trombocitopenia Croup autolimitante Encefalite Eruzioni Febbre reumatica
Encefalite Encefalite Bronchite Anemia aplastica grave disseminate Glomerulonefrite
Atassia cerebellare Rosolia congenita Polmonite (immunocompromessi) con eczema
Polmonite Panencefalite subacuta
sclerosante
Malattie esantematiche 89

Nella valutazione di un esantema infantile va sempre tenuta presente la possibilità di


trovarsi di fronte ad una porpora.
Nella porpora di Schönlein Henoch (o porpora anafilattoide), è caratteristica l’eruzione
purpurica con aspetto eritematoso e/o urticarioide localizzata sulla superficie estensoria degli
arti superiori ed inferiori e delle natiche a disposizione simmetrica; le lesioni compaiono a
poussés precedute da prurito e parestesie della zona cutanea interessata e si associano
manifestazioni artritiche a livello soprattutto di caviglie, ginocchia, polsi e gomiti e dolore
colico diffuso, essenzialmente periombelicale, con diarrea sanguinolenta e talora vomito;
possono comparire segni di compromissione renale quali ematuria e proteinuria.
Un’altra manifestazione esantematica da differenziare è la porpora trombocitopenica
caratterizzata dalla spiccata tendenza al sanguinamento spontaneo.
Va ricordato che vi è obbligo di segnalazione scritta su scheda di notifica da parte del
Medico, entro 48 ore dall’osservazione, del caso anche sospetto di malattie esantematiche
quali morbillo, parotite, rosolia, scarlattina, varicella.
È importante che le donne gravide evitino il contatto con i pazienti, a meno che non ne
sia nota l’avvenuta immunizzazione.
Nefrologia
⊲  M. Melappioni  ⊲  R. Antonicelli  ⊲  D. Angioni

Le patologie riguardanti questo apparato e che interessano la Continuità Assistenziale


sono fondamentalmente: la colica renale, la cistite acuta, la macro­ematuria, la ritenzione
urinaria acuta.

Colica renale
La colica renale è causata dall’impegno del calcolo dalla pelvi nell’uretere con conse­
guente idronefrosi, distensione della capsula renale e dolore violento. È un evento improvviso,
drammatico, che di solito non è preceduto da alcun tipo di aura sintomatologica. Il dolore
è il sintomo più frequente e si sviluppa a cicli e parossismi della durata di 20-60 minuti
insorge a livello lombare monolaterale, in corrispondenza del rene interessato dal processo
litiasico (manovra del Giordano positiva), con periodi di stasi e di riacutizzazione s’irradia
lungo tutto il decorso ureterale (dolorabilità nei punti ureterali) fino alla regione sacrale, alla
faccia antero-mediale della coscia e agli organi genitali. Ci possono essere sintomi generali
di accompagnamento, come nausea, vomito, disuria ed urgenza urinaria (fare diagnosi
differenziale con appendicite acuta e torsione del funicolo spermatico). Frequente (70-90%)
il rilievo di macroematuria; nei pazienti sintomatici in alcuni casi compare oliguria o anuria
dovuta ad un meccanismo riflesso. A volte si osserva, o viene riferito, eliminazione con le
urine di “renella”, cioè sabbia formata da minute concrezioni brune o rossastre. Di grande
utilità è lo stick per l’esame delle urine: trovare una microematuria è di grande conforto per
la diagnosi di colica renale.

ATTENZIONE: L’ospedalizzazione è richiesta in coloro che non riescono ad


assumere farmaci o liquidi per via orale, hanno dolore incontrollato
nonostante terapia o febbre. La febbre è un evento infrequente nelle coliche
non complicate e potrebbe sottendere una urosepsi o una pielonefrite.

Una volta posta la diagnosi la terapia di base si fonda sul controllo del dolore e abbon­
dante idratazione.
Farmaci utili per la gestione del dolore sono:
I linea: FANS (ESA raccomandazione forte)
II linea: oppiodi (ESA raccomandazione forte).
I FANS potrebbero essere considerati piùappropriati soprattutto per non peggiorare o
causare sintomi quali nausea e vomito.
Di seguito alcuni esempi di terapia:
1) Diclofenac (75 mg 1 f i.m.) o Ketorolac (30 mg 1 f i.m.).
Nel caso in cui, dopo una mezz’ora, il dolore sia ancora violento con grave sofferenza del
paziente potete ripetere il ciclo terapeutico o nei casi più gravi somministrare:
2) Dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg (da 1 a 3 volte/die)
3) Morfina 5 mg (1 fl. sottocute) ed eventualmente ricoverare il paziente.
L’uso di farmaci alfa-litici come la tamsulosina è raccomandato in caso di terapia
esplusiva per calcoli distali ≥5 mm e ≤10 mm (EAU raccomandazione forte). La maggio­
ranza dei calcoli, tuttavia, è < 5 mm di conseguenza vengono espulsi senza necessità di
terapia facilitante.
Altri farmaci come calcioantagonisti e nifedipina hanno dimostrato discreta efficacia
(inferiore a tamsulosina). L’utilizzo di tamsulosina unitamente a glucocorticoidi come il
Nefrologia 91

deflazacort può migliorare il tasso di esplusione del calcolo e ridurre la necessità di analgesici
(DynaMed Plus livello 2, evidenza moderata).

ATTENZIONE: Nel bambino può aversi, sia pur raramente, calcolosi renale;
poiché in questi casi l’eziologia può risiedere in errori del metabolismo,
sferocitosi, ecc., si devono sempre consigliare accertamenti.
I calcoli di maggiori dimensioni difficilmente vengono espulsi spontaneamente e di con­
seguenza devono essere eliminati mediante misure di competenza specialistica (litotrissia,
estrazione endoscopica, intervento chirurgico). Per quanto riguarda la prevenzione degli
episodi di colica renale da nefrolitiasi:
1) assumere almeno 2 L/die di acqua
2) aumentare l’assunzione di frutta e verdura, evitando diete vegetariane
3) evitare eccessivo consumo di proteine animali
4) evitare eccessivo consumo di sale
5) evitare eccessivo consumo di vitamina C e D
6) ridurre cibi ricchi di ossalati (es. spinaci, cavoli, ecc)
7) assumere calcio tramite la dieta
8) consumare cibi ricchi in fitati (es. legumi, fagioli, crusca, ecc)
Fattori di rischio per sviluppo di calcoli renali sono insulino-resistenza, obesità e gotta.

Cistite acuta
Il paziente, che per maggiore incidenza sarà con alta probabilità di sesso femminile,
vi riferirà i classici segni di urgenza e bruciore minzionale, dolore, pollachiuria, talvolta
ematuria ed emissione di urine torbide e maleodoranti; la presenza di febbre, in genere, è
segno comune ma può sottendere infezioni più gravi come una pielonefrite.
La diagnosi di cistite non complicata, in donne senza fattori di rischio, si basa sulla
storia clinica (ESA raccomandazione forte). Generalmente non sono necessarie analisi delle
urine ed urinocoltura. È possibile utilizzare stick urine per orientare la diagnosi (EAU rac­
comandazione debole). Nella maggioranza dei casi è corretto tentare una terapia empirica
scegliendo tra i farmaci proposti:
1) Nitrofurantoina 100 mg 2-4/die in base alla clinica per 5 giorni (IDSA/ESCMID grado A-I)
2) Trimetoprim-sulfametoxazolo 160/800 mg x 2/die per 3 giorni (IDSA/ESCMID grado A-I)
3) Fosfomicina 3 g in singola dose (IDSA/ESCMID grado A-I).

ATTENZIONE: I fluorochinoloni non sono più raccomandati come prima linea


di terapia nelle cistiti non complicate.

Per alleviare il dolore: Dexketoprofene trometamolo (25 1 cp × 3/die), oppure Ibuprofene


600 mg cpr o bustine × 2/die.
Se il paziente è un uomo, i sintomi più frequenti comprendono disuria, aumento della
frequenza, urgenza, dolore sovrapubico. Le infezioni del tratto urinario negli uomini sono
un sottogruppo delle infezioni complicate del tratto urinario. Se possibile verificare con
urinocoltura + antibiogramma ed analisi delle urine (dipstick). La terapia empirica della
durata di 10-14 giorni comprende:
1) Trimetoprim-sulfametoxazolo 160/800 mg x 2/die
2) Ciprofloxacina 500 mg x 2/die*
3) Levofloxacina 500 mg x 1/die*

*Per limitazioni vedi Nota pag.17


92 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Nei bambini con età <2 anni è complicato distinguere una infezione delle vie urinarie
inferiori da una delle vie urinarie superiori anche tramite utilizzo di stick urine, pertanto in
caso di sospetto clinico è buona norma pensare ad una infezione delle vie urinarie superiori
fino a prova contraria e gestirla come tale in ospedale.
Nei bambini con età >2 anni è comunque raccomandato procedere con esame delle
urine/urinocoltura e solo dopo avviare terapia empirica (DynaMed Plus raccomandazione
forte) valutando la situazione come segue:
1) Iniziare terapia antibiotica in attesa del risultato dell’urinocoltura se febbrili, immu­
nocompromessi, di aspetto malato/sofferente, portatori di catetere a permanenza,
anormalità genitourinarie, storia di IVU oppure in assenza di questi parametri in caso
di evidenza di batteriuria allo stick o all’analisi delle urine.
2) Iniziare terapia antibiotica solo dopo aver ottenuto il risultato dell’urinocoltura in pa­
ziente apiretico, immunocompetente, in apparente buono stato di salute, non portatore
di catetere a permanenza, in assenza di anormalità genitourinarie in soggetti che hanno
evidenza di piuria MA non di batteriuria allo stick o esame delle urine.
Terapie empiriche appropriate per le IVU basse sono:
1) Amoxicillina 50 mg/kg/die in 3 dosi
2) Cotrimossazolo 24-48 mg/kg/die in 2 dosi (non prima di 6 settimane di vita)
3) Nitrofurantoina 4-6 mg/kg/die in 2-3 dosi (non prima di 3 mesi di vita).
Tenuto conto del fatto che i germi responsabili delle cistiti derivano quasi sempre da
contaminazione fecale, non trascurate di verificare come il bambino viene lavato quando
ha emesso feci, e scoprirete assai frequentemente grossolani errori nell’igiene della regione
perineale. Spiegate quindi che la regione genitale dev’essere lavata prima e separatamente
rispetto a quella anale. Anche l’impiego di spugne va considerato possibile fonte di conta­
minazione fecale dei genitali. È utile ricordare anche agli adulti, e alle donne in particolare,
le seguenti norme igieniche:
1) Bere abbondante quantità d’acqua, ed evitare gli alcolici
2) Evitare indumenti intimi stretti e i tessuti sintetici
3) Porre particolare attenzione all’igiene intima prima e dopo rapporti sessuali e nel periodo
mestruale
4) Utile l’assunzione di fermenti lattici e di acidificanti urinari (ad es. spremuta di limone).

ATTENZIONE: In generale la terapia empirica dovrebbe comunque essere


basata sui pattern locali di resistenza agli antibiotici e sulla storia
individuale del paziente.

Macroematuria
Oltre alla colica renale, molteplici affezioni possono causare macroematuria che,
ricordiamo, è caratterizzata da urine rosse con diverse sfumature del colore: da lavatura di
carne e sangue vivo (più spesso ematurie delle basse vie urinarie), a ruggine e coca–cola
(più spesso di origine renale).
In questa sede è sufficiente ricordare quei casi che richiedono un rapido orientamento
diagnostico per un ricovero tempestivo: a) Glomerulonefrite acuta: è contraddistinta da
quattro segni: ematuria, contrazione della diuresi, ipertensione arteriosa, edemi (al volto,
alle palpebre soprattutto mattutini, agli arti inferiori, in regione pubica). Negli anziani è
possibile la comparsa di scompenso cardiaco mentre nei bambini può insorgere encefalo­
patia. Il paziente, tipicamente, può essere incorso in una malattia infettiva 2-3 settimane
prima della insorgenza dei sintomi attuali (glomerulonefrite “post-infettiva”). A volte il focus
infettivo può essere una semplice flogosi dentaria. b) Traumi renali: l’azione traumatizzante
può essere stata sia addominale, sia costale. Dolore lombare e/o ematuria (o all’opposto
Nefrologia 93

Cause di ematuria
- Extrarenali - Parenchimali renali
Affezioni dell’apparato uro-genitale: • Affezioni glomerulari (glomerulonefriti, vasculiti)
• Calcoli (uretere, vescica, uretra) • Affezioni tubulo-interstiziali
• Neoplasie (uretere, vescica, uretra, prostata) • Infarto renale
• Infezioni (vescica, uretra, prostata)
• Traumi
Cause non correlate all’apparato uro-genitale:
• Coagulopatie
• Farmaci anticoagulanti

anuria) possono essere i segni di un trauma renale che va pertanto preso in considerazione
nella diagnosi differenziale.

ATTENZIONE: Sia nella glomerulonefrite, sia in caso di trauma renale,


l’ematuria può essere anche soltanto microscopica; pertanto quando
raccogliete una anamnesi suggestiva per questa patologia, la conferma
diagnostica va ricercata con lo stick.

c) Infarto renale: è annunciato da un improvviso dolore lombare, nausea e vomito che


persiste poi con carattere di dolore gravativo continuo; seguono febbre, macroematuria,
ipertensione arteriosa. Tutte e tre queste condizioni richiedono il ricovero.

ATTENZIONE: Nel paziente renale non trascurate mai di valutare


la pressione arteriosa.

Pielonefrite acuta
La pielonefrite acuta è un’infiammazione che coinvolge il rene e la pelvi renale. Clini­
camente si manifesta in genere con febbre alta associata a brivido, nausea, vomito, ema­
turia e/o piuria macroscopica; è spesso presente dolorabilità alle logge renali e/o minzioni
frequenti e dolorose.
Nel caso venga sospettata una pielonefrite acuta, che è una urgenza medica spesso molto
grave, è sempre opportuno inviare al Pronto Soccorso per consulenza specialistica. Sul piano
fisiopatologico i microrganismi responsabili (di solito i coliformi, Pseudomonas e Proteus)
possono raggiungere il rene attraverso il circolo sanguigno, provenendo dall’intestino, oppure
originare da un focolaio di infezione localizzato nelle basse vie urogenitali.
Esistono varie cause predisponenti: idronefrosi, ostacolo al flusso urinario (ad es. vesci­
ca neurologica, malattie del collo vescicale, stenosi ureterali, reflusso vescico-ureterale),
manovre strumentali sull’uretra e vescica, fistole vescico-vaginali e vescico-sigmoidee,
malattie metaboliche (diabete, gotta), gravidanza (per compressione da parte dell’utero).

Ritenzione urinaria acuta


Il paziente accusa dolore intenso all’ipogastrio, è inquieto, riferisce che avverte stimolo
imperioso ad urinare ma non vi riesce. Il globo vescicale è in genere rilevabile sia alla per­
cussione, sia alla palpazione; può esservi gemizio di urine per iscuria paradossa.
94 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

L’anamnesi è spesso fondamentale per la diagnosi (paziente anziano maschio con storia
di ipertrofia prostatica o altra anamnesi positiva per ostacoli uretrali come calcoli, corpi
estranei, tumori pelvi, ecc.). Raccogliete sempre la storia clinica completa ed eseguite
l’esplorazione rettale negli uomini con sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS) (DynaMed
Plus raccomandazione forte).
La terapia si avvale di: cateterizzazione urinaria se in possesso di materiale specifico ed
esperienza adatta (manovra controindicata in paziente che hanno subito recenti interventi
urologici). Nei pazienti con Ipertrofia Prostatica Benigna la terapia prevede somministrazione
di alfa litici già al momento della cateterizzazione.
È poi anche possibile somministrare una terapia analgesica per il dolore come:
1) Paracetamolo/Codeina (supp.).
Se il dolore è acuto:
2) Diclofenac (1 f i.m.) o Ketorolac (30 mg 1 f i.m.).
3) Tramadolo (20 gtt o 1 f i.m.)
4) L’applicazione di una borsa di acqua calda può giovare al paziente.

ATTENZIONE: Si raccomanda svuotamento completo senza pause. In passato


veniva raccomandata l’interruzione per prevenire complicanze (come
ematuria, ipotensione). Tuttavia un drenaggio parziale di urina con
clampaggio non riduce queste complicanze e sembra aumentare il rischio di
infezioni.
Neurologia
⊲  G. Pelliccioni  ⊲  F. Sagripanti  ⊲  T. Maio 
⊲  B. Gobbi  ⊲  L. Falletta Contenuti web
aggiuntivi

Le problematiche neurologiche in cui può imbattersi il Medico di Continuità Assistenziale


sono molteplici. Comprendono una vasta e variegata famiglia di patologie accomunate da
manifestazioni cliniche simili e possono spesso porre problemi di tipo diagnostico. L’obiettivo
che ci siamo posti è stato di fornire le indicazioni utili per rispondere alle tre domande che
ci si deve porre in questi casi:
1. Di che cosa si tratta (ovvero: ho gli elementi per fare una corretta diagnosi)?
2. Che cosa fare nell’immediato?
3. Devo provvedere al ricovero?
Abbiamo cercato innanzitutto d’indicare l’ordine di priorità da seguire nell’approccio al
paziente, in particolare se privo di coscienza. Di fronte ad un paziente collaborante (o se
non collaborante, utilizzando i parenti) non dimenticate mai il grande valore dell’anamnesi,
particolareggiata e guidata da poche, ma precise domande-guida ed eseguite un esame
ispettivo del paziente cercando di raggiungere una sufficiente padronanza degli elementi
fondamentali di semeiotica generale e neurologica.
• Patologia preesistente (diabete: crisi iper o ipoglicemica? Ipertensione arteriosa, patologia
cardiaca: ictus? Patologia tumorale: metastasi cerebrali? Encefalopatia ipercalcemica?)
• Risposta del paziente (orientamento, comunicazione appropriata, disturbo dell’eloquio?)
• Quando, come e dove sono iniziati i disturbi? Prodromi del quadro clinico e profilo tem­
porale: esordio acuto o graduale? Associato o no a febbre e/o a disturbo della coscienza?
(L’esordio acuto avvalora la genesi vascolare. L’esordio di febbre e cefalea associato
a stato confusionale pone il sospetto di una meningite o una meningoencefalite. Una
progressiva e graduale restrizione di coscienza fino al coma può indicare la presenza di
encefalopatia metabolica).
• Cefalea improvvisa, acuta e/o perdita di coscienza dopo uno sforzo (coito o defecazione)?
Sospetta emorragia subaracnoidea.
• Anamnesi di crisi epilettiche? Prima crisi in iperpiressia, nuovo evento dopo modifica o
sospensione della terapia antiepilettica.
• Farmaci, alcool, droghe? Abuso, intossicazione, sospensione.
• Patologia psichica? Tendenza al suicidio, psicosi, depressione.
• Trauma cranioencefalico e/o midollare? Intervallo libero durante il quale il paziente
appariva migliorato? Sospetto ematoma.
• Alterazioni della deambulazione e/o dell’equilibrio e/o della sensibilità a distanza di
due settimane da un’infezione acuta o da una vaccinazione? Poliradicolonevrite acuta.

Esame ispettivo del paziente


• Funzioni vitali e livello di coscienza (paziente vigile, soporoso, in coma risvegliabile o
non risvegliabile?)
• Deficit motorio o sensitivo di un emicorpo (ictus ischemico o emorragico?)
• Posizione con tronco, gambe e ginocchia flesse (a cane di fucile), opistotono (meningite,
tetano?)
• Morso della lingua, incontinenza sfinterica (crisi epilettiche?)
• Ematoma del capo, ferite alla testa (pregresso trauma cranioencefalico, ictus con perdita
di coscienza?)
96 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• Segni di iniezione venosa (abuso di droghe?), ferite dei polsi, abuso farmacologico
(tentato suicidio?)
• Eventuale alitosi alcoolica o da dismetabolismo (chetoacidosi?)
• Dopo aver eseguito anamnesi ed esame ispettivo è necessario condurre un esame neu­
rologico per verificare l’integrità delle varie funzioni del paziente.

Cranio e colonna cervicale


Mobilità passiva della colonna cervicale nella ricerca di un eventuale meningismo.

Sistema motorio
Arti superiori (esaminate il paziente disteso o seduto sul bordo del letto).
• Esame della forza muscolare: prove antigravitarie (Mingazzini) con le braccia distese
e, se possibile, con il palmo delle mani verso l’alto per verificare una caduta più o meno
rapida di un arto o la sua pronazione. Valutazione forza segmentaria.
• Esame del tono muscolare per identificare differenze tra i due lati, verificate la possibile
flessione ed estensione passiva del braccio.
• Riflessi osteotendinei: bicipitale, tricipitale, radioflessore, cubitopronatore.
Arti inferiori (esaminate il paziente disteso)
• Esame della forza muscolare: prove antigravitarie (Mingazzini) con sollevamento delle
gambe. Valutazione forza segmentaria.
• Esame del tono (flessione ed estensione del ginocchio e del piede); eseguite inoltre
sempre la manovra di Lasègue (essa è positiva se, con il paziente supino, la flessione
della coscia sul bacino a gamba estesa determina un dolore significativo, provocato dallo
stiramento del nervo sciatico).
• Riflessi osteotendinei: rotuleo (a paziente seduto sul lettino con le gambe penzolanti, se
si percuote con il martelletto il tendine sottorotuleo, si ha come risposta normale l’esten­
sione della gamba sulla coscia; livello sinaptico corrispondente: L2-L3-L4) ed achilleo
(a paziente supino con il piede flesso dorsalmente dall’esaminatore, se si percuote il
tendine di Achille, si ha come risposta normale l’estensione del piede; livello sinaptico
corrispondente: L5-S1).
• Segni di compromissione del fascio piramidale: segno di Babinski (lo strisciamento
con un oggetto smusso della pianta del piede, partendo dal bordo laterale e spostandosi
verso la base delle dita, induce come risposta un’estensione lenta dell’alluce, che si può
associare a flessione delle altre dita o alla loro apertura a ventaglio).

Sensibilità
Verificate la sensibilità tattile e dolorifica dai due lati del corpo strisciando con una punta
smussa nel primo caso e usando la punta di uno spillo nel secondo. Indagate sul senso di
posizione e, se possibile, la sensibilità vibratoria (diapason!).

Coordinazione
Esame dell’equilibrio (test di Romberg), della marcia e della coordinazione segmentaria
(prova indice-naso per valutare eventuale presenza di dismetria, prono-supinazione veloce
degli arti superiori per valutare la diadococinesia).
Neurologia 97

Nervi cranici (i principali)


II  verificate l’acutezza visiva, la conta delle dita, prova di lettura, con uno e con en­
trambi gli occhi.
III, IV e VI posizione dei bulbi oculari, nistagmo, mobilità di uno e di entrambi gli occhi,
reazione pupillare alla luce.
V sensibilità tattile e dolorifica del volto e confronto tra i due lati, ricerca del riflesso
corneale.
VII motilità del volto e confronto tra i due lati, ammiccamento, digrignamento denti.
IX, X e XII motilità del velo pendulo, simmetria della lingua, deviazione nella estrofles­
sione della lingua.
La conoscenza della Glasgow Coma Scale (Tabella 2) potrebbe sembrare un approccio
scolastico, poco in sintonia con lo spirito pratico di questo manuale, in realtà potrà rive­
larsi un prezioso ausilio non solo per una corretta valutazione del paziente, ma anche per
gestire in maniera univoca il rapporto con le altre strutture sanitarie dove eventualmente
indirizzare il paziente.
I principali quadri clinici neurologici che tratteremo sono riassunti nella Tabella 1.

Tabella 1. Quadri clinici neurologici di riferimento per la diagnosi differenziale in Guardia Medica

1) Compromissione dello stato di coscienza:


1A. Sincope
1B. Coma
1C. Crisi epilettica
1D. Stato confusionale
2) Deficit neurologico focale:
2A. Accidenti cerebrovascolari
2B. Complicazioni di traumi cranici
3) Sintomatologia algica:
3A. Cefalea: a) Cefalea muscolo-tensiva
b) Emicrania con e senza aura
c) Nevralgia del trigemino
3B. Dolore cervicale o della zona spalla-braccio (cervicobrachialgia)
3C. Dolore della superficie anteriore del tronco
3D. Lombosciatalgia, cruralgia

Tabella 2. Glasgow Coma Scale


PUNTEGGIO APERTURA DEGLI OCCHI RISPOSTA VERBALE RISPOSTA MOTORIA

6 Al comando
5 Orientata Localizzata alla stimolazione dolorosa
4 Spontanea Confusa Retrazione allo stimolo doloroso
3 In seguito a stimolazione Parole Flessione allo stimolo doloroso
 verbale  inappropriate
2 In seguito a stimolazione Suoni incomprensibili Estensione allo stimolo doloroso
  dolorosa
1 Assente Assente Assente
98 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

1) Compromissione dello stato di coscienza


1A. SINCOPE
Per sincope si intende una transitoria e completa perdita di coscienza, dovuta ad ipo­
perfusione cerebrale globale a rapida insorgenza, in genere di breve durata con recupero
spontaneo e completo.
Può essere classificata in tre tipologie:
1) neuromediata (vaso-vagale; situazionale)
2) ortostatica
3) cardiogena (perlopiù aritmie e stenosi aortica)
In tutti i casi di sincope è fondamentale la raccolta anamnestica (episodi precedenti,
cardiopatie, modifiche farmacologiche, circostanze dell’evento) e l’esecuzione di un esame
obiettivo completo (è fortemente raccomandata la misurazione di PA e FC in ortostatismo
e in posizione supina). Per porre diagnosi di sincope è necessario escludere tutte le altre
condizioni che possono portare a perdita di coscienza transitoria un soggetto, come: crisi
epilettiche, trauma cranico, intossicazioni, alterazioni metaboliche, alterazioni cerebrova­
scolari (per es. TIA vertebro-basilare), emorragia parenchimale, emorragia subaracnoidea,
cause psichiatriche (per es. catatonia).
È raccomandata l’esecuzione di un ECG in tutti i casi di sincope (ACC/AHA/HRS: classe
I livello B), per cui è sempre consigliabile inviare il paziente al pronto soccorso.
1B. COMA
Di fronte ad un paziente privo di coscienza valutate in ordine di priorità: a) Funzioni
vitali; b) Livello di coscienza.

a) Funzioni vitali
Rilevate rapidamente: polso centrale, attività respiratoria, pervietà delle vie aeree.
Procedete eventualmente con le appropriate manovre di rianimazione in attesa del medico
rianimatore (cfr. Primo Intervento).

b) Livello di coscienza
Questo fondamentale dato clinico viene spesso trascurato, mentre è invece prioritario. Il
metodo più utilizzato a livello internazionale è la Glasgow Coma Scale (Tabella 2): il valore
totale è tra 3 e 15. Un Glasgow Coma Scale Score inferiore o uguale a 8 indica una compro­
missione della coscienza severa (coma). Appuntate il valore e l’ora della prima rilevazione
per meglio seguire l’evoluzione del quadro clinico. L’esame non è valido per i bambini e per
i pazienti intossicati o quando sia presente una lesione oculare o midollare. Procedete nella
visita partendo dal capo, ma evitate la mobilizzazione del rachide cervicale nel paziente in
coma per la possibilità di un’associata lesione del rachide cervicale. Facendo attenzione alle
risposte motorie ai vari stimoli, al tipo di respirazione, alle pupille e ai movimenti oculari,
sarete in grado di identificare la presenza e il tipo di coma del paziente. Nel paziente con
disturbo della coscienza va sempre eseguita una valutazione della motilità spontanea
e della motilità indotta mediante pizzicamento del braccio, della gamba e del volto. Se
non si ottiene risposta motoria, applicate uno stimolo doloroso compressivo, moderato ma
prolungato, a livello dell’incisura sovraorbitaria (a metà del margine orbitario superiore) o
pizzicate il capezzolo. I fattori che indicano un’emiplegia o un’emiparesi sono:
• la caduta flaccida o più rapida dell’arto controlaterale, di un’estremità che avrete
sollevato
• l’angolo della bocca che appare spianato con incapacità a fare smorfie o a sorridere
• il movimento spontaneo ridotto di un emicorpo
• la difficoltà nel parlare.
Neurologia 99

Osservate sempre con attenzione i movimenti e la posizione spontanea degli occhi e


del capo. La presenza di una deviazione del capo e degli occhi è indicativa di un ictus o
comunque di una lesione a focolaio.
La presenza di una divergenza orizzontale o verticale dei bulbi è indizio di una lesione a
carico del tronco encefalico, mentre il nistagmo o un movimento ondulatorio spontaneo di
va e vieni dei due globi oculari sono indizio di stati di intossicazione acuta alcoolica o da
farmaci. Valutate inoltre, il diametro, la simmetria e la reattività pupillare che spesso sono
l’indizio di intossicazione farmacologica o abuso di droghe o di lesioni intraparenchimali
(anisocoria da ernia cerebrale). Le pupille fisse e dilatate che si hanno in seguito ad una
diffusa anossia-ischemia, hanno una cattiva prognosi.
La postura del paziente con compromissione della coscienza è un altro indizio di patologia
cerebrale emisferica o del tronco e va osservata attentamente e più spesso indotta dallo
stimolo doloroso. Una postura cosiddetta “decorticata” si riferisce alla rigidità muscolare
che si apprezza con posizione in estensione degli arti inferiori mentre gli arti superiori sono
flessi, addotti ed intraruotati. Nella postura “decerebrata” le braccia e le gambe del paziente
si estendono marcatamente per la vostra stimolazione dolorosa. Le posture in flessione im­
plicano, in genere, una lesione più alta e, pertanto, una migliore prognosi rispetto a quelle
in estensione. Con la sofferenza della porzione inferiore del tronco encefalico, si arriva alla
non responsività motoria associata a flaccidità.
L’assenza di risposta motoria a qualsiasi stimolo dovrebbe tuttavia far prendere in
considerazione anche la possibile presenza di un grave trauma midollare cervicale, una
poliradiculopatia acuta o una sindrome ischemica del tronco encefalico.
La posizione rannicchiata “a cane di fucile” con tronco, gambe e ginocchia flesse, è
sintomo di irritazione meningea (da meningite o da emorragia subaracnoidea) e indicazione
al ricovero urgente. In tal caso valutate la presenza del rigor nucalis piegando passivamente
la testa con il mento spostato in direzione dello sterno. Per far ciò fate sdraiare il paziente
in posizione rilassata con le gambe allungate.
In caso di irritazione meningea si apprezzerà un incremento del tono muscolare riflesso
che impedirà un’ulteriore flessione del collo.
Con la rigidità nucale si potrà identificare quello che i neurologi chiamano segno di
Brudzinski che consiste nella flessione delle ginocchia e delle anche per ridurre la tensione
meningea indotta dalla flessione del collo.
Qualità e ritmo dell’attività respiratoria sono ulteriori indizi da osservare attentamente
in corso di compromissione della coscienza. Il respiro può mantenersi regolare oppure divenire
periodico interrotto da apnee, atassico, tachipnoico; turbe respiratorie sono presenti nel
coma sia da cause strutturali, sia da cause metaboliche, e sono indicative della sua gravità.
Dopo aver effettuato la visita ed una corretta anamnesi siete in grado di valutare la
gravità dello stato di coma ed ipotizzarne eventualmente le cause.
È ovvio che il ricovero s’impone in tempi più rapidi possibili, pertanto il vostro problema
è come comportarvi nell’attesa; se da un lato, come precedentemente ricordato, può essere
necessario mettere in atto tutti quei provvedimenti per sostenere le funzioni vitali qualora
lo stato del paziente lo rendesse necessario (vedi Primo Intervento), esistono particolari
evenienze in cui è importante un intervento farmacologico immediato.
Le due patologie che più frequentemente configurano questa situazione sono: il coma
ipoglicemico (vedi Endocrinologia) e l’overdose di oppiacei, desumibile come abbiamo
precedentemente ricordato oltre che dall’anamnesi, dai segni delle iniezioni sulle braccia,
spalle, piedi, dalla miosi e dalla possibile depressione respiratoria.
Ricordate però che la miosi non è necessariamente presente e le pupille possono essere
normali o dilatate se l’intossicazione ha già raggiunto uno stadio avanzato o nel caso di intos­
sicazione da Meperidina; può anche coesistere edema polmonare. Deve essere somministrato:
Naloxone (0,4 mg 1 f e.v. lentamente, o anche sottocute o i.m.; la dose pediatrica iniziale è
0,01 mg/kg e.v., seguita da 0,1 mg/kg e.v. se non si è ottenuta la risposta clinica attesa).
100 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Nel caso la prima dose non modifichi la frequenza del respiro entro 3-4 minuti, si può
ripetere altre volte l’iniezione. Se dopo 3 dosi il quadro clinico resta ancora immodificato,
può essere esclusa l’ipotesi di overdose. In caso di accertata intossicazione da Benzodia-
zepine, in attesa del ricovero, somministrate: Flumazenil 0,2 mg e.v. lentamente; se non si
ottiene il livello di coscienza atteso, dopo 30 secondi, somministrare ulteriore dose di 0,3
mg e.v. lentamente; è possibile ripetere una dose di 0,5 mg e.v. lentamente a intervalli
di 1 minuto, fino ad una dose totale di 3 mg.

ATTENZIONE: Naloxone e Flumazenil sono farmaci che potrebbero non essere


presenti in tutte le sedi di Continuità Assistenziale. Inoltre, prevedono
somministrazione endovenosa (possibile anche i.m.) e richiedono un’adeguata
monitorizzazione del paziente. Valutate bene la fattibilità del trattamento nel setting
di Continuità Assistenziale. Di fronte a un paziente con sospetta intossicazione e/o
alterazione di coscienza, allertate il servizio di emergenza.

Trauma cranico
Il trauma cranico pone sempre angosciosi problemi al Medico di Continuità Assistenziale.
Questi divengono particolarmente pressanti quando, come frequentemente accade, rimane
coinvolto un bambino.
Spesso l’ansia dei genitori e la legittima preoccupazione del Medico comportano ricoveri
incongrui. Riteniamo pertanto utile esporre i principali criteri che possono orientare il Medico
nella gestione di questi particolari pazienti (v. Tabelle).

Trauma cranico nel bambino: Criteri per il ricovero del paziente


• Paziente con coagulopatie, con derivazione ventricolo-peritoneale, con precedente intervento
neurochirurgico
• Sospetto maltrattamento
• Pazienti con segni neurologici focali, con deficit di nervi cranici, con segni di ipertensione endocranica,
con segni riferibili a frattura della base cranica, con ferita penetrante
• Pazienti con cefalea persistente o ingravescente
• Più di 2 episodi di vomito nelle prime 2 ore dopo il trauma oppure vomito presente a distanza di 2-3 ore
dal medesimo
• Convulsione post-traumatica oppure convulsioni ripetute
• Dinamica del trauma importante o potenzialmente tale

Trauma cranico apparentemente lieve nel bambino: Criteri per la sorveglianza* a domicilio e quindi di
ricovero in caso di insorgenza
• Bambino confuso, disorientato
• Vomito ripetuto con rallentamento della frequenza cardiaca
• Cefalea persistente o ingravescente
• Convulsioni
• Febbre elevata
• Fuoriuscita di liquido chiaro o sangue dal naso o dal­l’orecchio
• Improvvisa riduzione della forza di uno o più gruppi muscolari
• Postura strana nel sonno con difficoltà a risvegliarsi
• Comportamento strano o diverso rispetto all’abituale
*Tali criteri devono essere esposti e scritti ai familiari del bambino
Neurologia 101

1C. CRISI EPILETTICA


È molto raro che il Medico della Continuità Assistenziale al momento del suo arrivo
assista alla crisi epilettica (non a caso l’etimo greco significa “sorpresa, vengo sorpreso”);
quasi sempre la crisi sarà terminata da poco e saranno presenti sintomi della fase post-
critica: coma o sonnolenza (procedete come già esposto), o al risveglio cefalea, spossatezza,
mialgie diffuse.
Al fine di porre diagnosi di crisi epilettica, il paziente stesso, se è in grado di rispondere,
fornirà molte informazioni utili; in alternativa cercate tra i testimoni dell’episodio quelli che
abbiano assistito all’esordio della crisi, che può essere stato improvviso oppure preceduto
da segni premonitori (aura epilettica).
Provate a ricostruire cronologicamente l’episodio, tenendo conto che la durata media di
una crisi tonico-clonica generalizzata (cosiddetta crisi di Grande Male) è di alcuni minuti,
ripartiti in una fase tonica di secondi, una fase clonica che può durare poco più di 1 minuto,
una fase post-critica che può durare anche una decina di minuti.

ATTENZIONE:
Per chi assiste, un minuto sembra durare un’eternità.

Esistono due possibili situazioni:


a) Crisi isolata in un paziente che non ha in anamnesi episodi analoghi. La crisi epi­
lettica può quindi rappresentare la modalità di risposta del SNC ad una eterogenea serie
di situazioni patologiche: lesioni focali o diffuse del SNC, abuso di alcol etilico (saltuario o
abituale); assunzione di droghe o di farmaci attivi sul SNC o di altro genere; trauma cranico;
privazione di sonno; forte emozione o stress psicofisico; febbre; alterazioni metaboliche; par­
ticolari stimolazioni luminose da luci intermittenti (discoteca), da schermi video (computer
e videogiochi), da apparecchi televisivi. La crisi isolata impone in ognuno di questi casi il
ricovero a scopo diagnostico e terapeutico.
b) Si tratta di un paziente epilettico, soggetto a crisi che si ripresentano nel tempo con
caratteristiche ripetitive, ed assume probabilmente farmaci anticomiziali per la prevenzione
delle recidive. In questo caso il ricovero non è in genere indispensabile, ma la decisione
andrà soppesata in considerazione di una serie di fattori:
• la crisi epilettica è stata oggettivamente più lunga di quelle abituali;
• il coma postcritico non si risolve nei tempi classici;
• le crisi sono ripetute e ravvicinate;
• permane un deficit neurologico post-critico;
• la crisi fa seguito a sospensione o variazione della terapia;
• il tipo di crisi risulta diverso rispetto alle precedenti.
Se ricorre una di queste situazioni, è corretto ricoverare il paziente epilettico. Se invece
si tratta della “solita” crisi, consigliate un controllo EEGrafico e dei livelli ematici dei
farmaci antiepilettici. La singola crisi epilettica non costituisce pertanto un’emergenza e
non giustifica la somministrazione immediata di benzodiazepine, che renderebbe anzi più
difficile il compito del Collega del P.S. modificando qualitativamente e quantitativamente
la fase post-critica.
Lo Stato di Male Epilettico si definisce come una condizione clinica caratterizzata da
crisi subentranti, senza recupero della coscienza le quali, se non risolte con intervento
farmacologico tempestivo, danno origine a danno neuronale irreversibile. Si tratta di una
emergenza medica e giustifica la somministrazione di anticonvulsivanti:
102 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

È raccomandata la somministrazione e.v., ma in base al contesto è possibile utilizzare


la via intramuscolare, rettale (preferibile nel bambino, LICE: livello I Grado B), nasale, o
anche orale se non è possibile avere un accesso venoso.
1) Lorazepam 0,1 mg/kg e.v. con infusione lenta 2 mg/minuto fino a una dose massima
singola di 4 mg; se non risoluzione ripetere dopo 5-10 minuti (NCS: classe I livello A).
2) Diazepam 0,15 mg/kg e.v. infusione lenta non superiore a 5 mg/minuto (dose massima
singola 10 mg); se non risoluzione ripetere la dose dopo 5 minuti. Se si utilizza la via
rettale dose 0,2 mg/kg (NCS: classe IIa livello A).
3) Midazolam 0,2 mg/kg i.m. (dose massima singola 10 mg) se si utilizzano vie di som­
ministrazione alternative 0,2 mg/kg intranasale, oppure 0,5 mg/kg per via orale (NCS:
classe I livello A, in Italia utilizzo off label in stati di male refrattari).
Consigliamo tuttavia di decidere in relazione al contesto, dati il rischio di depressione
respiratoria e la necessità di eseguire un monitoraggio delle funzioni vitali.
La crisi di Grande Male è spesso seguita da ipotonia ed areflessia generalizzata, midriasi,
rilasciamento sfinterico.
Nel bambino al fine di sedare una crisi epilettica o una convulsione febbrile in atto si
ricorre alla somministrazione di:
1) lorazepam 0,1 mg/kg e.v., si può ripetere la dose una sola volta (NCS: classe I livello A)
2) diazepam 0,15-0,2 mg/kg e.v., si può ripetere la dose una sola volta; 0,2-0,5 mg/kg per
via rettale (NCS: classe IIa livello A; la via rettale è la prima scelta).
In caso non sia disponibile in emergenza la formulazione rettale è possibile utilizzare la
fiala a mezzo di una siringa da insulina o da 2,5 ml (ovviamente senza ago!).
Se possibile, lubri­ficate la siringa con glicerina o con qualche altra crema disponibile.
È importante introdurla nel retto per qualche cm, altrimenti l’effetto risulterà scarso o
tardivo. In pratica si somministra:
1/4 di fiala di Diazepam 10 mg nel bambino di 5 kg;
1/2 fiala di Diazepam 5 mg nel bambino di 10 kg;
1 fiala di Diazepam 10 mg nel bambino di 20 kg.
Se non si ottiene controllo della crisi, la medesima dose di Diazepam è ripetibile a distanza
di 15 minuti.
3) midazolam 5 mg i.m. se 13-40 kg, 10 mg i.m. se >40 kg, oppure 0,2 mg/kg i.m./0,2 mg/
kg intranasale/0,5 mg/kg orale (NCS: classe I livello A, in Italia utilizzo off-label).
In caso di convulsione febbrile, per prevenire un’eventuale complicazione in stato di male
si praticherà terapia antipiretica con Paracetamolo [(supp.: 20 mg/kg/dose o scir.: (v. cap.
Antipiretici) oppure ibuprofene 20-30 mg/Kg/die in 3-4 somministrazioni. La somministra­
zione alternata di paracetamolo e ibuprofene può risultare più efficace della monoterapia
nella riduzione della temperatura corporea. Infine se non efficace la terapia proposta si può
somministrare Metamizolo efficace antipiretico (gtt 500 mg/ml) (1gtt=18 mg):
4 mesi-4 anni: 2-6 gtt;
5-14 anni: 10-15 gtt;
>14 anni: 20-40 gtt.
1D. STATO CONFUSIONALE
Nello stato confusionale è presente un disturbo dello stato di coscienza che induce
un alterato rapporto con l’ambiente circostante con facile distraibilità ed incapacità a
mantenere fissa l’attenzione. Nel paziente in stato confusionale dovete stare attenti all’at­
teggiamento che appare attonito o agitato e comunque perplesso, indicando la presenza di
disordini percettivi ed attentivi. Spesso il paziente è disorientato nel tempo e nello spazio,
Neurologia 103

non riesce ad evocare eventi recenti, reagisce in modo rallentato o esagerato agli stimoli,
può presentare allucinazioni visive.
Poiché molte situazioni possono indurre tale stato, è necessario che poniate le seguenti
domande:
• Il paziente ha ingerito farmaci (tranquillanti, cortisonici, anticolinergici, antidepressivi,
antiistaminici, isoniazide, ipoglicemizzanti orali, insulina)?
• Usa abitualmente droghe? Ha interrotto l’assunzione di tali droghe?
• Usa e/o abusa di alcolici?
• È un alcolista che non assume alcolici da parecchie ore?
• Ha motivi per incorrere in uno squilibrio idro-elettrolitico (oliguria!)? È disidratato?
• Ha avuto traumi recenti?
• È epilettico?
• Ha manifestato precedentemente sintomi cerebrali focali deficitari o sintomi di iperten­
sione endocranica (cefalea, diplopia, riduzione transitoria dell’acuità visiva, vomito)?
• È affetto da disturbi psichiatrici?
• È diabetico?
• È iperteso?
Dopo un primo orientamento diagnostico controllare:
• il polso, con particolare attenzione alla presenza di bradicardia (ipertensione endocra­
nica), di tachicardia (febbre), ed eventualmente di altre aritmie;
• la pressione arteriosa;
• l’escursione e la frequenza del respiro;
• il grado di idratazione (lucentezza della lingua, elasticità della cute);
• temperatura e colorito di mani e piedi;
• il grado di sudorazione;
• il diametro e la reattività pupillare;
• la presenza di alitosi (chetoacidosi, insufficienza renale, intossicazione etilica, ecc.);
• la presenza di segni meningei.
I principali segni di irritazione meningea sono:
• decubito a “cane di fucile”;
• rigidità nucale;
• segni di Kernig e Brudzinski;
• dermografismo rosso intenso e protratto;
• iperestesia e fotofobia.
Possono associarsi segni di ipertensione endocranica:
• obnubilamento del sensorio;
• bradicardia, rialzo della pressione arteriosa;
• papilla da stasi.
Nel lattante sospettate una sindrome meningea di fronte a:
• stato soporoso o all’opposto estrema irritabilità ed inconsolabilità del piccolo, per stimoli
visivi, acustici, tattili (specie quando viene toccata la nuca o il piccolo viene spostato);
• pianto flebile, improvvisamente interrotto da un gemito acuto;
• fontanella bregmatica tesa e pulsante;
• diastasi delle suture craniche;


Per valutare la frequenza cardiaca nel bambino tranquillo (se piange, tende ad accelerare la frequenza)
tener conto delle frequenze cardiache per età (cfr. Come visitare i bambini).
104 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• vomito, strabismo comparso ex novo, paralisi del faciale (nel piangere il bambino non
riesce a chiudere l’occhio omolaterale alla paresi, la rima buccale spianata);
• bradicardia relativa† inferiore a 80 battiti/minuto.
Qualunque siano le caratteristiche cliniche, il paziente confuso non va mai trascurato
e s’impone un’attenta sorveglianza per evitare incidenti dovuti al disorientamento. Se il
paziente ha assunto farmaci per i quali è in trattamento cronico ed alle dosi abituali, dopo
avere escluso la presenza di concause, si prospetti la sospensione del farmaco, rimandando
al giorno successivo un controllo presso il Medico Curante. Tuttavia l’interruzione brusca del
farmaco spesso non è possibile sia per i rischi connessi alla malattia di base sia perché
certi farmaci vanno sempre sospesi gradualmente; pertanto anche in questo caso è spesso
consigliabile un breve periodo di osservazione in ospedale.
Nel caso in cui il farmaco sia stato assunto in sovradosaggio, per errore o tentato suicidio,
è bene inviare comunque il paziente in ambiente ospedaliero per un periodo di osservazione,
non essendo sempre prevedibile l’evoluzione della sintomatologia.
Nella situazione nella quale lo stato confusionale dipenda dalla assunzione di alcolici
(significativi sono l’alitosi, il parlare ininterrotto, la deambulazione atassica), la decisione
per un eventuale ricovero dipende dai rilievi semeiologici.
Ricordate che, per ogni determinata quantità di alcol ingerito, in genere le concentrazioni
di alcol nel sangue sono più alte nel sesso femminile, per una serie di ragioni (le donne,
rispetto agli uomini, sono mediamente di corporatura più minuta, hanno meno acqua corporea
per unità di peso in cui l’etanolo può distribuirsi e hanno una minore attività dell’alcol-
deidrogenasi); quindi, la probabilità di ebbrezza alcolica è maggiore nelle donne che negli
uomini che consumano la stessa quantità di alcol. Il paziente con marcata ipotensione e/o
difficoltà respiratoria va inviato in ospedale.
Se al contrario le funzioni vitali si mantengono buone, il soggetto può restare a casa
sotto il controllo di altre persone (preferibilmente sobrie); in questo secondo caso può essere
utile intervenire praticando Metadoxina [1 o 2 f e.v. oppure i.m. (1 fiala = 300 mg)] sebbene
non sia usuale averlo a disposizione in Continuità Assistenziale. Se allo stato confusionale
si associa un marcato stato di agitazione psicomotoria, somministrare a scopo sedativo:
Aloperidolo 2-5 mg os/i.m./e.v. oppure
Lorazepam 1-2 mg os/i.m./e.v. oppure
Promazina (1 f i.m. o 25 gtt.) .
Se anamnesticamente il paziente è un alcolista cronico che da parecchie ore non assume
più alcolici, la sindrome confusionale più o meno agitata può rappresentare l’esordio di
una sindrome di astinenza alcolica (specie se sono presenti atteggiamenti che possono
far presagire allucinosi microzooptiche) indirizzarlo al Pronto Soccorso.

2) Deficit neurologico focale


In genere, la continuità assistenziale è consultata solo quando il deficit neurologico ha
un’insorgenza acuta. La sintomatologia varia in rapporto con l’area cerebrale interessata,
quindi può essere molto varia e sottendere varie eziologie. Le principali cause possono essere:
• le vasculopatie;
• le lesioni occupanti spazio in rapida espansione (es.: neoplasia cerebrale con edema o
neoplasia nel cui contesto si verifica una emorragia);
• le lesioni traumatiche e le loro complicazioni.
I sintomi possono essere stabili nel caso in cui nel cervello si sia formata una lesione,
oppure possono regredire in un tempo variabile [es. crisi epilettiche focali, TIA (durata <1
ora); minor stroke (durata 1-24 ore)] senza lasciare reliquati. In ogni caso converrà comunque
ricoverare il paziente preferibilmente in strutture dotate di TAC cerebrale e di Unità Stroke.
Neurologia 105

2A. ACCIDENTI CEREBROVASCOLARI


Il sospetto sorge di fronte ad un soggetto che presenti acutamente un deficit neurologico
focale come: paresi o paralisi di uno o più arti, disturbo dell’eloquio quale afasia o disartria,
diplopia, calo del visus, ipoestesia, disturbo dell’equilibrio.
Vi dovranno orientare verso l’ipotesi di una vasculopatia cerebrale acuta:
• l’esordio rapido;
• la constatazione diretta o anche solo anamnestica di deficit neurologici focali, variabili in
relazione alla topografia del distretto arterioso interessato (vertebrobasilare o carotideo).
In condizioni gravi possono associarsi segni clinici d’ipertensione endocranica, ed
eventualmente d’irritazione meningea.

ATTENZIONE: Alla presenza di anisocoria o di paralisi totale del terzo nervo


cranico, con ptosi palpebrale e deviazione dell’occhio verso il basso e
l’esterno.

Confortano il sospetto diagnostico:


• il rilievo anamnestico di episodi simili, la presenza di fattori di rischio vascolare, in
particolare il riscontro di elevati valori pressori;
• la negatività anamnestica per episodi epilettici, sincopali, emicranici, isterici o di
ipersonnia.
Il solo rilievo clinico effettuabile a domicilio non consente una diagnosi di assoluta
certezza (TIA, ictus ischemico, ictus emorragico, ecc.). Inoltre, anche se la sintomatologia è
lieve e tende a regredire, attenetevi a criteri di prudenza, poiché potreste trovarvi di fronte
ad un ictus in evoluzione (patologia che la negatività clinica del momento non vi permette
di escludere). Ricoverate in osservazione, pertanto, anche i casi dubbi. La persona con un
sospetto ictus deve ricevere, il prima possibile, il trattamento più adatto. È necessario tra­
sportare rapidamente il paziente nell’ospedale più vicino, in particolare presso un ospedale
organizzato per l’emergenza ictus, dotato cioè di una Unità Stroke (Stroke Unit). Queste Unità
sono composte da professionisti multidisciplinari che conoscono il problema e sono in grado
di trattarlo nel miglior modo possibile.
Con questa modalità gestionale [attivazione rapida 118 o NUE (Numero Unico Emergenze)
112 dove attivo] si riducono statisticamente sia la mortalità sia il grado di invalidità di chi ha
subito un ictus ischemico, indipendentemente dalla gravità e dall’età. È essenziale condurre
la persona nella struttura specializzata quanto prima in modo che esegua subito gli esami,
la TAC encefalica (AHA/ASA: classe I livello B NR) in particolare, per capire se l’ictus è stato
determinato da un’ischemia o da un’emorragia. Nel primo caso, infatti, si può procedere alla
terapia trombolitica, talora risolutiva, entro 3 ore (AHA/ASA: classe I livello A), o quattro ore
e mezzo (AHA/ASA: classe I livello B R) dall’esordio della sintomatologia. Naturalmente più
precoce è il trattamento trombolitico migliore è la prognosi dell’ictus ischemico. Una lista
di ospedali con Unità Stroke è disponibile alla fine del capitolo.
Emorragia subaracnoidea (ESA)
L’ESA può derivare da un trauma oppure essere atraumatica. In questo caso nell’80%
dei pazienti la causa è una rottura spontanea di aneurisma intraparenchimale o di una MAV.
Talvolta è un fattore precipitante un intenso sforzo fisico eseguito nelle 2 ore precedenti
l’evento (19% dei casi). Il paziente lamenta:
• una cefalea improvvisa, lancinante o pulsante a “rombo di tuono”, ad esordio acuto,
spesso occipito-parietale, oppure
106 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• sono possibili presentazioni atipiche quali crisi epilettiche, stato confusionale, trauma
cranico associato.
Sono presenti, in alcuni casi, segni di irritazione meningea e/o di ipertensione endocra­
nica, come pure deficit neurologici focali e/o perdita di coscienza.
Valutate sempre la pressione arteriosa; è importante la ricerca anamnestica di episodi
di cefalea isolati o accompagnati da altri sintomi neurologici. Anche solo nel sospetto di
ESA ricoverate in osservazione.
2B. COMPLICAZIONI DI TRAUMI CRANICI
Riteniamo utile un breve elenco delle possibili complicazioni di trauma cranico perché
il collegamento col trauma comporta spesso aspetti medico-legali ed assicurativi, di cui il
Medico ha il dovere di avvertire il paziente.
Le complicazioni precoci (lacerazione cerebrale, ematoma subdurale acuto, ematoma
extradurale, edema cerebrale, emorragia cerebrale) si esprimono tutte con sintomi neurologici
di notevole entità e rapidamente ingravescenti, che devono indurvi ad un rapido ricovero.
Possono svilupparsi entro 30 giorni dal trauma: sintomi come vomito, cefalea, disequilibrio,
astenia, foto/fonofobia ecc.; alterazioni cognitive quali deficit dell’attenzione, alterazioni
mnesiche, rallentamento ideomotorio ecc.; alterazioni psichiatriche come depressione, ansia,
agitazione, aggressività ecc.; encefalopatia post-traumatica cronica (in pazienti soggetti
a traumi ripetuti). Le complicazioni tardive possono manifestarsi a distanza di settimane
o di mesi dal trauma, che va pertanto attentamente ricercato nell’anamnesi di qualsiasi
paziente neurologico.
a) Possibile conseguenza di un trauma è l’ematoma subdurale cronico: il paziente è ge­
neralmente asintomatico, se si instaura acutamente può presentare segni neurologici
focali (emiparesi eterolaterale, compromissione della coscienza); predisposte risultano
le persone >70 anni;
b) Crisi epilettiche post-traumatiche: possono essere un sintomo che insorge acutamente
dopo l’evento traumatico, non hanno un significato prognostico. Si possono manifestare
anche a distanza di tempo dal trauma.
Tutti questi casi sono meritevoli di ricovero urgente. In queste situazioni, quando sussista
il sospetto di eziologia traumatica, si rammenti che il primo Medico che visita il paziente
ha obbligo di referto se il trauma riveste interesse medico-legale (incidenti sul lavoro o
della strada, incidenti riguardanti bambini affidati alla scuola o ad altri terzi, ecc.). In
caso di trauma cranico, specie quando interessa bambini, la Continuità Assistenziale
viene frequentemente interpellata, anche se il paziente è apparentemente asintomatico,
da familiari desiderosi di essere rassicurati. Di fronte a tali richieste è necessaria in primo
luogo un’anamnesi accurata volta ad appurare:
• entità del trauma (altezza di caduta, velocità e mole del corpo contundente, ecc.) in
rapporto all’età ed allo stato fisico del paziente;
• eventuale perdita di coscienza, sua durata ed eventuale intervallo libero;
• presenza o meno di lacuna mnesica;
• insorgenza o meno di crisi epilettica immediata;
• precedenti personali e familiari di crisi epilettiche o di convulsioni febbrili. È importante
valutare anche il cuoio capelluto per eventuali lesioni o infossamenti o punti dolorabili,
che possono far sospettare fratture. In assenza di rilievi patologici, se il trauma è stato,
a vostro giudizio, di una certa entità, consigliate egualmente al paziente di recarsi al
Pronto Soccorso per ulteriori valutazioni. Se invece sembra essersi trattato di un trauma
banale, rassicurate i familiari, ma consigliate egualmente un’attenta sorveglianza, specie
per quanto riguarda l’insorgenza di vomito, crisi comiziali, cefalea.
Neurologia 107

Consigliate inoltre al paziente riposo e astensione da azioni potenzialmente pericolose


(guidare autoveicoli, fare il bagno o la doccia, praticare sport o giochi fisicamente impe­
gnativi). Ricordate che, specie nel bambino, la mancanza di perdita di coscienza non è di
per sé considerata predittiva di prognosi favorevole.
3) Sintomatologia algica
Schematizzando, possiamo trovarci di fronte a queste evenienze:
A) cefalea: a) cefalea muscolo-tensiva;
b) emicrania con e senza aura;
c) nevralgia del trigemino;
B) dolore cervicale o della zona spalla-braccio (cervico-brachialgia);
C) dolore della superficie anteriore del tronco;
D) lombosciatalgia, cruralgia.
3A. CEFALEA
Sarete spesso interpellati per un dolore cranico o faciale; nel caso si tratti del sintomo
principale, è bene procedere ad un accurato inquadramento della cefalea:
• carattere (pulsante, gravativo, tensivo, trafittivo, ecc.);
• topografia (diffusa o circoscritta);
• modalità di esordio (graduale, accessuale);
• decorso (acuto, cronico);
• eventuali fattori scatenanti (stress, abuso d’alcool, assunzione di alcuni cibi, assunzione
di Trinitrina o altri vasodilatatori, ecc.);
• sintomi associati (vomito, nausea, vertigini, deficit neurologici, lacrimazione, fotofobia,
fonofobia, rinorrea, starnuti);
• patologie preesistenti (ipertensione arteriosa, diabete, anemia, emicrania, ulcera gastri­
ca, tireotossicosi, traumi cranici, epilessia, malattie psichiatriche, malattie neoplastiche,
otiti, sinusiti, artrosi cervicali, glaucoma, difetti di rifrazione oculare).
Dal punto di vista pratico è utile classificare le cefalee in primitive e secondarie.
Le cefalee secondarie a lesione cerebrale (processo espansivo endocranico, emorragia
subaracnoidale o intracerebrale, ematoma extradurale, meningite, ascesso cerebrale) si
presentano di solito associate a segni focali e/o segni di meningismo e/o ipertensione
endocranica;
• la cefalea da sindrome meningea è diffusa e violenta, esacerbata da qualsiasi stimolo
visivo, acustico, tattile;
• la cefalea da ipertensione endocranica è pulsante o gravativa, diffusa o prevalente in sede
occipito-nucale, in genere notturna o mattutina; è accentuata dalla manovra di Valsalva
e dalla pressione sulla squama temporale. Vi si associano segni neurologici focali.
Di fronte a queste condizioni, predisponete il ricovero di urgenza. Particolarmente subdola
e pericolosa è la cefalea secondaria ad intossicazione da monossido di carbonio; può essere
variamente associata ad altri sintomi (in genere in relazione ai livelli di CO, [Tabella 3]).
Non dimenticate di porre opportuni quesiti sulla funzionalità dell’impianto di riscalda­
mento quando questi sintomi siano presenti, soprattutto in persone che vivono da sole o in
gruppi familiari che versano in condizioni disagiate ed in abitazioni precarie (baracche, case
vecchie, roulotte, ecc.) e di arieggiare l’ambiente in caso di situazioni dubbie.
È opportuno tenere presente che anche malattie internistiche (ipertensione arteriosa,
artrosi cervicale, ecc.) possono causare cefalea secondaria. In questi casi è di preminente
importanza la terapia eziologica. La diagnosi di cefalea primaria è in genere suggerita dalla
tipicità della sintomatologia, dalla negatività dell’esame neurologico e dalla ricorrenza dei
sintomi.
108 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Tabella 3.

LIVELLO EMATICO SINTOMI E SEGNI DI INTOSSICAZIONE DA MONOSSIDO


DI COHB (%) DI CARBONIO
10-20 Cefalea, dispnea, angina
20-30 Cefalea con spasmi, nausea, vomito, affaticamento, irritabilità, difficoltà di
concentrazione
30-40 Vertigini, affaticamento, sincope, difficoltà di pensiero
40-50 Tachipnea, tachicardia, sincope, confusione
50-60 Insufficienza respiratoria, collasso, coma
60-70 Insufficienza respiratoria, ipotensione, coma
>70 Coma fatale in breve tempo

a) Cefalea muscolo-tensiva
La cefalea muscolo-tensiva è la più frequente cefalea di tipo primario. L’episodio può
durare da minuti a giorni, il dolore è tipicamente bilaterale, costrittivo, gravativo e di
intensità da lieve a moderata, con andamento continuo nella giornata, non interferisce in
modo rilevante con la normale attività quotidiana. Solitamente non c’è nausea, ma possono
esserci fotofobia e/o fonofobia. Il suo trattamento richiede l’allontanamento di possibili
fattori scatenanti e l’uso di FANS in I linea:
1. Ibuprofene da 200 a 800 mg (prima scelta, dose abituale d’attacco 400 mg) oppure in
alternativa naprossene (375-550 mg), acido acetilsalicilico (500-1000 mg), paracetamolo
(1000 mg), ketoprofene (da 25 a 80 mg/dose), o diclofenac (da 25 a 100 mg/dose)
2. Associazioni con caffeina (64-200 mg) in seconda linea.
b) Emicrania con e senza aura
Sono caratterizzate nelle fasi di attività da dolore intenso, generalmente monolaterale a
carattere pulsante, accompagnato frequentemente da vomito, nausea, fotofobia, fonofobia.
Nell’emicrania con aura sono presenti sintomi prodromici più frequentemente visivi (scoto­
mi, annebbiamento del visus, ecc.), ma talvolta possono presentarsi come deficit motori o
alterazioni del linguaggio (paresi, disartria, ecc.).
Si comprende quindi come al primo episodio anche l’emicrania con aura suggerisca
l’opportunità di un ricovero cautelativo, quando siano presenti:
• aura visiva caratterizzata da amaurosi della durata di 5-6 minuti (<60 min.);
• fenomeni parestesici interessanti la zona orbitaria, periorale o l’arto superiore
e soprattutto disartria.
Quando la diagnosi di emicrania sia certa, il trattamento va eseguito il più precocemente
possibile scegliendo in I linea i comuni FANS nei casi di emicrania moderata, i triptani negli
attacchi severi.
Trattamento della cefalea di origine emicranica.
Attacco lieve-moderato:
1. Acetilsalicilato di lisina (1000 mg 1 bust), oppure
2. Ibuprofene 400 mg (SIGN: classe 1++)
3. Paracetamolo 1000 mg
4. Naprossene 550 mg
5. Diclofenac 50 mg
Neurologia 109

eventualmente associati ad antiemetico se coesistesse nausea e/o vomito. In particolare


l’associazione di un antiemetico alla terapia analgesica induce una migliore risposta del
dolore (SIGN: classe 1++):
- metoclopramide (1 fiala i.m.)
- proclorperazina (1 supposta).
Esiste a questo proposito un’associazione farmacologica precostituita di analgesico e
antiemetico, formata da indometacina 25 mg/caffeina 75 mg/proclorperazina 2 mg) indicata
negli attacchi emicranici con o senza aura.

ATTENZIONE: L’indometacina da sola non ha indicazione al trattamento degli


attacchi emicranici.

Attacco severo:
6. Sumatriptan (100 mg per os, oppure 6 mg per via sottocutanea) è il capostipite dei
triptani raccomandati dalle linee-guida per il trattamento dell’attacco emicranico (SIGN:
classe 1++).
7. Rizatriptan 10 mg (1 cpr); oppure almotriptan 12,5 mg (1 cpr).
8. Frovatriptan (1 cpr 2,5 mg) [non superare i 5 mg/die].
I triptani sono controindicati in coronaropatie, ipertensione arteriosa, gravidanza.
9. Ergotamina tartrato 1 mg per os (1 cpr) oppure 2 mg per via rettale (1 supp.). Le singole
dosi sono ripetibili dopo un’ora, con attenzione a non superare il dosaggio di 5-6 mg per
attacco. Evitate la somministrazione parenterale di Ergotamina. Gli effetti collaterali
più frequenti con l’utilizzo di ergotamina sono nausea, vomito, dolori addominali e più
raramente sincopi, dispnea, crisi ipertensive.
c) Nevralgia del trigemino
La nevralgia del trigemino presenta, se primaria, caratteri tipici: esordio improvviso,
andamento accessuale con brevi scariche dolorose, topografia limitata ad una o più branche
trigeminali, esistenza di meccanismi e zone trigger (più spesso una stimolazione tattile
superficiale della cute).
Se non sussistono controindicazioni (sensibilità alla Carbamazepina e agli antiepilettici
triciclici, depressione del midollo osseo):
1. Carbamazepina 200-1200 mg/die in 2 somministrazioni
2. Oxcarbazepina 600-1800 mg/die
3. Lamotrigina 400 mg/die.
4. Sebbene non ci siano studi che ne dimostrino chiaramente l’efficacia è di largo utilizzo
il Gabapentin (400 mg 1-3 cpr/die) oppure Pregabalin (25-75 mg cps; 1 cps × 2) si è
dimostrato efficace in alcuni casi.
Consigliate poi al paziente di rivolgersi al Medico Curante o allo Specialista per eventuali
indagini strumentali e per monitorare gli effetti benefici e/o collaterali del trattamento.
3B. DOLORE CERVICALE O DELLA ZONA SPALLA-BRACCIO (CERVICO-BRACHIALGIA)
Si può essere chiamati al letto del paziente per l’insorgenza acuta di un dolore violento
al collo, con limitazione antalgica della motilità ed irradiazione ad un arto superiore. Tale
sintomatologia può sottendere la presenza di un’ernia discale oppure può essere la conse­
guenza di un trauma meccanico da contraccolpo (cosiddetto “colpo di frusta”), facilmente
verificabile all’anamnesi.
110 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

ATTENZIONE: In caso di trauma recente o pregresso, che potrebbe aver


provocato lesioni vertebrali, evitate manovre sul rachide cervicale ed inviate
il paziente a consulenza neurologica.

In assenza di anamnesi di traumi, con molta prudenza e gradualità, si può procedere a


flessione e a rotazione passiva del collo verso il lato opposto, e con abduzione e con esten­
sione posteriore di spalla e braccio: lo stiramento delle radici nervose intensifica il dolore.
In corso di cervicoalgia o cervicobrachialgia l’irradiazione del dolore ed il disturbo della
sensibilità possono interessare territori cutanei differenti. Si associano frequentemente un
deficit di forza e la riduzione dei riflessi osteotendinei dell’arto superiore.
Sindromi radicolari cervicali più importanti:
• Radicolopatia cervicale C5: deficit muscolare del m. deltoide con debolezza all’abduzione
del braccio, area ipoestesica porzione laterale spalla fino al deltoide;
• Radicolopatia cervicale C6: deficit muscolare dei mm. bicipite brachiale e brachioradiale,
con debolezza alla flessione del braccio, area ipoestesica del braccio, dorso-lateralmente
il braccio, lateralmente l’avambraccio fino al pollice; si associa un’ipo o areflessia del
riflesso bicipitale;
• Radicolopatia cervicale C7: deficit muscolare dei mm. tricipite brachiale ed estensori
dell’avambraccio, con debolezza alla estensione del braccio, area ipoestesica del braccio,
lateralmente fino all’indice e medio; si associa un’ipo o areflessia del riflesso tricipitale;
• Radicolopatia cervicale C8: deficit muscolare dei mm. intrinseci della mano, con
debolezza dell’abduzione delle dita, area ipoestesica del braccio, posteriormente fino
all’anulare e al mignolo.
In tutti questi casi la terapia è costituita da antiflogistici e miorilassanti, ma al paziente
verrà consigliato di sottoporsi ad ulteriori indagini radiografiche e ad EMG per precisare
il livello, l’estensione e la gravità della lesione, nonché la sua natura. Infatti, in alcuni di
questi casi, in presenza di compressioni radicolari importanti ed evolutività clinica è indicato
l’intervento chirurgico. Trattamento conservativo:
FANS, miorilassanti, antiepilettici, corticosteroidi.
1. Diclofenac (1 f i.m.), oppure Ketoprofene (1 f i.m.), oppure ibuprofene (400-600 mg 3 cp/die)
oppure naprossene (250-500 mg 2 cp/die) oppure Ketorolac sale di trometamolo (1 fiala
da 30 mg). Nel caso di dolore acuto moderato-grave nell’adulto, si può ricorrere ad una
associazione analgesica per via orale, ad es. paracetamolo/tramadolo cpr 325/37,5 mg
(2 cpr/die) oppure dexketoprofene/tramadolo cpr 25/75 mg (da 1 a 3 volte/die).
2. In pazienti affetti da gastropatie: Misure di protezione gastrica (Magnesio idrossido/
algeldrato sciroppo 1 cp × 3/die o Alluminio idrossido/magnesio idrossido/dimeticone/
latte in polvere cpr mast 2 cpr × 2/die o Esomeprazolo 20 mg 1 cpr/die) in associazione
al FANS oppure paracetamolo/codeina (bustine 1 b × 3/die). Si ricorda che la prescrizione
dell’inibitore di pompa protonica avviene al di fuori dei criteri previsti dalle note AIFA
1 e 48, quindi verrà prescritto in fascia C e limitatamente al periodo di trattamento
antinfiammatorio.
3. Può essere utile un miorilassante come l’alcool piperidinpropilico (6 mg 1 f i.m.) o
anche la somministrazione di una modesta quantità di una benzodiazepina con attività
miorilassante come il diazepam 1 fiala i.m.

ATTENZIONE: Solo la formulazione parenterale, non di tutti i brand in


commercio, ha come indicazione in scheda tecnica gli spasmi muscolari di
origine reumatica. La somministrazione di diazepam è giustificata solo in
caso di gravità del quadro clinico.
Neurologia 111

4. Eventuale posizionamento di collare morbido ma solo fino a valutazione eziologica del


dolore in casi dubbi, poiché è sconsigliato il suo utilizzo di routine (ritarda il recupero
funzionale).
5. Nei pazienti già in trattamento con FANS e persistenza di dolore urente può essere utile
aggiungere alla terapia: Gabapentin (400 mg cps: 1-3 cps/die) o Pregabalin (25-75 mg
cps; 1 cps × 2).
Le sindromi neurogene che abbiamo descritto vanno differenziate dalle sindromi dolorose
di altra natura coinvolgenti lo stesso territorio quali:
• periartrite scapolo-omerale;
• osteoporosi ed artrite scapolo-omerale;
• sindrome spalla-mano in pazienti emiplegici;
• dolori di origine coronarica (angina, infarto) che, ovviamente, richiederanno terapie
specifiche.
In merito al cosiddetto quadro clinico della “Spalla Dolorosa”, va segnalato che si tratta
di uno dei quadri più importanti dei reumatismi extra-articolari, caratterizzato dall’interes­
samento infiammatorio, degenerativo e/o distrofico delle strutture peri-articolari della spalla
(capo lungo del bicipite, cuffia dei rotatori, borsa sotto-acromion-deltoidea). Il paziente
affetto da questo disturbo manifesta generalmente dolore che compare in seguito ad alcuni
movimenti (ad es. pettinarsi, infilarsi la giacca) e/o di notte, atteggiamento antalgico con
braccio addotto e flessione dell’avambraccio, possibile dolorabilità alla digitopressione in sede
sotto-acromiale, deltoidea o bicipitale e dolore all’abduzione passiva. Nei casi di maggiore
gravità, se vi è rottura della cuffia dei rotatori (sottoscapolare, sopraspinoso, sottospinoso
e piccolo rotondo) si configura clinicamente la sindrome della “Spalla Pseudo-Paralitica”
(con impossibilità di sollevamento verticale del braccio); nelle forme inveterate, in seguito ad
una capsulite retraente, si può addirittura giungere al quadro clinico della “Spalla Bloccata”
(limitazione funzionale fino alla totale rigidità articolare). L’etiologia può essere collegata a
fenomeni traumatici, a microtraumatismi di origine professionale, osteoartrosi, diabete, gotta
e varie altre condizioni patologiche. La diagnosi e l’opportuna terapia di queste condizioni
vanno effettuate in ambito specialistico; per il controllo temporaneo del dolore, può essere
consigliato al paziente il riposo e l’assunzione di FANS.
3C. DOLORE DELLA SUPERFICIE ANTERIORE DEL TRONCO
Una sintomatologia dolorosa può insorgere acutamente a carico di più rami primari an­
teriori dei nervi toracici (intercostali); di solito non vi è sintomatologia motoria clinicamente
rilevabile ed un deficit sensitivo si evidenzia solo per l’interessamento di tre nervi adiacenti
(per il compenso dei nervi sani sopra e sottostanti). Occorre porre particolare attenzione,
quindi, alla diagnosi differenziale con affezioni dolorose non neurogene, in particolare
con quelle di origine cardiaca (cfr. Cardiologia). Se il dolore appare riferibile a nevralgia
intercostale è consigliabile somministrare antidolorifici come:
1. Diclofenac (1 f i.m.), oppure Ketoprofene (1 f i.m.)
2. Dexketoprofene trometamolo (25 mg 1 cpr × 3/die).
Di solito tale forma regredisce in breve tempo e non richiede ulteriori accertamenti e
terapie. Unico (o quasi) caso di mono-neuropatia dei nervi toracici è rappresentato dall’Herpes
zoster, caratterizzato da vescicole disseminate lungo il decorso del nervo intercostale e
da dolore urente. In questo caso è consigliabile procedere come descritto in Dermatologia.
3D. LOMBOSCIATALGIA, CRURALGIA
Il dolore della sciatalgia è causa non rara di visita domiciliare. Il dolore ha carattere
tensivo, costrittivo, urente e, come tutti i dolori radicolari, ha topografia corrispondente al
112 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

territorio di distribuzione delle fibre nervose. Le manovre di stiramento delle radici (Lase­
gue) risultano positive. Come per la cervicobrachialgia anche in corso di lombosciatalgia
al disturbo della sensibilità radicolare si associano frequentemente un deficit di forza e la
riduzione dei riflessi osteotendinei dell’arto inferiore.
Sindromi radicolari lombosacrali più importanti:
• Radicolopatia lombare L3: deficit muscolare dei mm. adduttori e del quadricipite
femorale con debolezza alla flessione dell’anca e dell’estensione del ginocchio, area
ipoestesica faccia mediale della coscia;
• Radicolopatia lombare L4: deficit muscolare del m. tibiale anteriore, con debolezza
alla dorsiflessione del piede e difficoltà deambulatoria sui talloni, area ipoestesica del
lato anteromediale della coscia e mediale della gamba; si associa un’ipo o areflessia
del riflesso rotuleo;
• Radicolopatia lombare L5: deficit muscolare dei mm. estensori delle dita del piede
e dell’alluce, con debolezza alla dorsiflessione dell’alluce e delle dita del piede, area
ipoestesica dalla regione lombare alla faccia esterna della coscia ed antero-laterale
della gamba, per arrivare, talvolta, al malleolo laterale e all’alluce;
• Radicolopatia sacrale S1: deficit muscolare del m. tricipite della sura, con debolezza
della flessione plantare e difficoltà deambulatoria sulla punta dei piedi, area ipoestesica
del lato esterno posteriore della coscia fino al tallone; si associa un’ipo o areflessia del
riflesso achilleo e medio-plantare.
Anche in questi casi la terapia è costituita da antiflogistici e miorilassanti (vedi cervico­
brachialgia), ma al paziente consiglierete di sottoporsi ad ulteriori indagini neuroradiologiche
(TAC lombosacrale) e ad EMG per precisare il livello, l’estensione e la gravità della lesione,
nonché la sua natura.
L’esame neuroradiologico diventa urgente nel caso di segni neurologici come grave
paresi, areflessia, anestesia.
Nel caso di cruralgia, il dolore si irradia dalla regione lombo-sacrale all’inguine ed alla
parte supero-mediale della coscia. Il trattamento è analogo a quello della sciatalgia. In
entrambe le condizioni si impone un’attenta valutazione per escludere:
• appendicite retrocecale
• ernia inguinale e crurale
• versamento articolare coxofemorale
• coxartrosi.
Neurologia 113

Milano A.O. San Carlo Borromeo Pinerolo (TO) Ospedale Edoardo


UNITÀ STROKE Via Pio II, 3 - Tel. 02 4022 2716 Agnelli Via Brigata Cagliari, 39 - Tel.
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VALLE D’AOSTA         Milano Fondazione IRCCS Ca’ Granda Strada Rivalta, 29 - Tel. 011 9551251
Aosta Ospedale Regionale Valle Ospedale Maggiore Policlinico Via Savigliano (CN)Ospedale Santissima
d’Aosta Umberto Parini V.le Ginevra, Francesco Sforza - Tel. 025503.1 Annunziata Via Ospedali, 14 - Tel.
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LOMBARDIA    Pavia IRCCS Fondazione Istituto Piazza Donatori di Sangue, 3 - Tel.
Bergamo  A.O. Papa Giovanni XXIII, Neurologico C. Mondino  Via Mondino, 011 2402292
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Brescia A.O. Spedali Civili di Brescia 70952271
Borella - Tel. 02 96131
P.le Spedali Civili, 1 - Tel. 030 3996671/ Torino Ospedale Mauriziano  Largo
San Donato Milanese (MI) Policlinico
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San Donato   Via R.Morandi - Tel. 02
Busto Arsizio (VA) Ospedale di Circolo 5082529
527741
di Busto Arsizio P. le Solaro, 3 - Tel. Torino S.U. di II livello, AOU Città della
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S o n d r i o  A . O . Va l c h i a v e n n a
Via Dante, 11 - Tel. 031 324162 - Tel. 011 6334985
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Legnano Via Papa Giovanni Paolo II - Antonio e S. Biagio  Via Venezia,16 - Bolzano Ospedale Centrale Via
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Lago Paiolo, 10 - Tel. 0376 2011 - Ciriè (TO) Ospedale di Cirié  ASL TO4  Belluno V. le Europa, 22 - Tel. 0437
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Milano Istituto Clinico Città Studi SPA Biagio Largo Caduti Lager nazifascisti, Cittadella (PD) A.O.ULSS 15 Alta
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Milano Istituto Auxologico Italiano Credenza, 2 - Tel. 0125 414274 - Conegliano (TV) Ospedale di
Ospedale S. Luca P. le Brescia, 20 Tel. 0125 414274 Conegliano, Via Brigata Bisagno,
02 619112794 - 02 619112794/2126 Novara S.U. di II livello, Ospedale 4 - Tel. 0438 663278
Maggiore della Carità Cr .so Feltre (BL) Ospedale S. Maria del Prato
Milano Istituto Clinico Humanitas Mazzini, 18 - Tel. 0321 3733890 - (ITOMP) Via Bagnols sur Ceze,3 - Tel.
Via Manzoni, 56 Rozzano - Tel. 02 03213733890/3733429 0439 883505 - 0439 883506
82244067 Novi Ligure (AL) A.O. Novi Ligure Via Legnago (VR)Mater Salutis Hospital
Milano Istituto Scientifico San Raffaele E. Raggio, 12 - Tel. 0143 332433 - via Gianella,1 - Tel. 044 2622638
Via Olgettina, 48 - Tel. 02 26432813 0143 332433 Mestre (VE) Ospedale dell’Angelo Via
Milano Ospedale Niguarda Via Orbassano (TO) Ospedale San Paccagnella, 11 - Tel.041 96507392
Ospedale Maggiore, 3 - Tel. 02 Luigi Regione Gonzole, 10 - Tel. 011 Mirano (VE) Ospedale Civile Via
64442389 9026302 - 011 9026302 Mariutto, 13 - Tel. 0415 794561
114 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Monselice (PD) ULSS17 Monselice Forlì Ospedale  G.B. Morgagni - Città di Castello (PG) Ospedale Via
Hospital Via Marconi,19 - Tel. 0429 L. Pierantoni”  Via Forlanini, 34 - Tel. Luigi Angelini, 10 - Tel. 075 85091
788355 0543 73502 Foligno (PG) Ospedale San Giovanni
Negrar (VR) Ospedale Sacro Cuore Imola Ospedale Santa Maria della Battista Via Ariamone - Tel. 0742
Via Sempreboni, 6 - Tel. 045 6013644- Scaletta Via Montericco, 2 - Tel. 3397968-797
747 0542 662914 Gubbio (PG) Ospedale Branca Località
Padova A.O.U. Policlinico Sant’Antonio Modena  Nuovo Ospedale Civile Branca - Tel. 0759 270418 - 0759
Via Facciolati, 71 - Tel. 049 8215314-5 S. Agostino Estense Via Giardini, 270418
Padova A.O.U. Policlinico Clinica Baggiovara - Tel. 059 3962547 Perugia Ospedale Santa Maria della
Neurologica Via Giustiniani 3 - Tel. Parma Ospedale Maggiore  A.O.U. di Misericordia   Via Sant’Andrea delle
049 8213600-1 Parma Via Gramsci, 14 - Tel. 0521 Fratte - Tel. 075 5782765
Peschiera del Garda (VR) Casa 703512 Terni A.O. S. Maria  Via Tristano
di Cura Dott. Pederzoli S.P.A  Via Piacenza P.O. Guglielmo da Saliceto  Joannuccio - Tel. 0744 205381
Montebaldo, 24  - Tel. 045 6449130 Via Taverna, 49 - Tel. 0523 303310
Ravenna A.O. di Ravenna Viale Randi, LAZIO
Portogruaro (VE) Ospedale Civile Via
F. Zappetti, 58 - Tel. 0421 764681 5 - Tel. 0544 285340 Rieti Ospedale S. Camillo De Lellis
Rovigo Ospedale Santa Maria della Reggio Emilia Ospedale di Reggio Via John Fiztgerald Kennedy -
Misericordia Via Tre Martiri - Tel. Emilia  V.le Risorgimento, 80 - Tel. Tel. 0746 278366
0425 394588 0522 296494 Roma A.O. S. Andrea Via di Grottarossa,
Santorso (VI) Ospedale Santorso Via Rimini Ospedale degli Infermi Viale 1035 - Tel. 06 33775774
Garziere, 42 - Tel. 0445 388544-5 Settembrini, 2 - Tel. 0541 705626 Roma Policlinico Gemelli  Largo A.
Treviso Ospedale Cà Foncello P. le Gemelli, 8 - Tel. 06 30156321
TOSCANA Roma Policlinico Umberto I Via del
Ospedale, 1 - Tel. 0422 322527 Arezzo Ospedale San Donato Via
Venezia  Ospedale SS. Giovanni Policlinico, 155 - Tel. 06 49977529
Pietro Nenni, 20 - Tel. 0575 254561 Roma A.O. San Filippo Neri Via
e Paolo, Castello 6777 - Tel. 041 Borgo San Lorenzo (FI)Ospedale
5294409. Martinotti, 20 - Tel. 06 33062280
Mugello V.le Resistenza - Tel. 055 Roma Policlinico Tor Vergata Viale
Verona   A.O.U. Integrata Verona OCM 6577476
Borgo Trento P. le Stefani, 1 Tel. 045 Oxford, 81 - Tel. 06 20903425
Carrara Ospedale delle Apuane, Roma Ospedale San Camillo
812 2672-3682 Azienda USL 1 di Massa e Carrara,
Vicenza Ospedale San Bortolo V.le Circonvallazione Gianicolense, 87 -
Piazza Sacco e Vanzetti - Tel. 0585 Tel. 06 58703233
Rodolfi, 37 Tel.  0444 753675 655288 Roma Azienda Ospedaliera S
LIGURIA          Firenze Ospedale Careggi  Viale Giovanni Addolorata, UOC Neurologia
Genova E.O. Ospedali Galliera  Morgagni, 85 - Tel. 055 754111 e Unità di trattamento Neurovascolare
Mura delle Cappuccine, 14 - Tel. 010 Firenze Ospedale S. Maria Annunziata  Via Amba Aradam 9, 00184 -
563 4597-4591-4901 Via dell’Antella, 58 - Tel. 055 2496268 Tel 06 77055966
Genova IRCCS A.O.U.- IST San Martino  Firenze Ospedale San Giovanni Di Dio  Roma UOC Neurologia Ospedale
L. go R. Benzi, 10 - Tel. 010 5555870 Via di Torregalli, 3 - Tel. 055 7192427 S.Eugenio  P.le Umanesimo 10 - 00144
Genova Ospedale Villa Scassi. ASL3 Firenze Ospedale Santa Maria Nuova Roma - Tel. 06-5100 2609-2610
Genovese C.so Scassi, 1 - Tel. 010 V.le Michelangelo, 41 - Tel. 055 Roma Santo Spirito - UOC Neurologia,
8492234 6577476 Lungotevere in Sassia, 3 - 00193 -
Imperia Ospedale di Imperia Via S. Grosseto Ospedale della Misericordia  Roma (RM) - Tel. 06-68352352
Agata, 57 - Tel. 0183 794390-93 Via Senese, 161 - Tel. 0564 485010 Viterbo Ospedale Di Belcolle -
La Spezia Ospedale S. Andrea Via Livorno Ospedale di Livorno Viale Neurologia UTN, Strada Sammartinese
Vittorio Veneto, 197 - Tel. 0187 533111 Alfieri, 48 - Tel. 0586 223336 - 1100 - Viterbo - Tel 0761/339265,
- 0187 534025 Lucca Ospedale Campo di Marte
0761- 339450 - 0761-339447
Lavagna (GE) ASL 4 Chiavarese Località Campo di Marte - Tel. 0583
Ospedale di Lavagna Via Don Bobbio, 970381 MARCHE
35 - Tel. 0185 329526-52 Montevarchi (AR) Ospedale Santa Ancona INRCA Ospedali Sestili  Via
Pietra Ligure (SV) Ospedale Santa Maria alla Gruccia Piazza Volontariato, della Montagnola, 81 - Tel. 071
Corona Via XXV Aprile, 38 - Tel. 019 1 - Tel. 055 9106526-202 8001/8003519
623 01-2600-4009 Pescia (PT) Ospedale SS Cosma e Ancona S.U. di II livello, Ospedali Riuniti 
Savona ASL 2 Savonese - Ospedale Damiano V. le C. Battisti, 5 - Tel. Via Conca, 71 (Torrette) - Tel. 071
S. Paolo, via Genova 40 - Tel. 019 0572 4601 5964530 - 071 5961
8404340 Pisa Clinica Neurologica Università di Fano (PU) Osp. Santa Croce Via V.
Pisa Via Roma, 67 - Tel. 050 992443 Veneto, 1 - Tel. 0721 882464
EMILIA ROMAGNA
Pistoia  Ospedale del Ceppo USL 3 Fermo Ospedale Augusto Murri, Via 
Bologna   Ospedale Maggiore  L. go
Nigrisoli, 2 - Tel. 051 6478657 P.zza Giovanni XXIII - Tel. 0573352337 A. Murri, 1 - Tel. 0734 6252461
Bologna  A.O.S.P. Sant’Orsola Malpighi  Prato Ospedale Misericordia e Dolce Jesi (AN) Ospedale Regina Elena  Via
Padiglione 2 Via Albertoni, 15 - Tel. di Prato Via Cavour, 87 - Tel. 0574 della Vittoria, 76 - Tel. 0731 534508
051 6363111 434430 Macerata Ospedale Generale
Carpi (MO)Ospedale B. Ramazzini Via Siena Policlinico Le Scotte  V. le Bracci, Provinciale, via Santa Lucia, 2 -
Molinari - Tel. 059 659317 1 - Tel. 0577 585408 Tel. 0733 2572531 - 2433
Cesena Ospedale Maurizio Bufalini Viareggio (LU) Ospedale Versilia San Benedetto del Tronto (AP)
Viale Ghirotti, 286 - Tel. 0547 352917 Viareggio Via Aurelia, 335 Lido di Ospedale Madonna del Soccorso - Tel.
Ferrara Arcispedale S .A nna Corso Camaiore (LU) - Tel. 0584 605939 0735 793279 - 3440-3444
della Giovecca, 203 - Tel. 0532 236430 UMBRIA ABRUZZO
Fidenza Ospedale di Fidenza Via Don Città della Pieve (PG) Ospedale Via Avezzano (AQ) Ospedale SS Filippo e
Tincati, 5 - Tel. 0524 515253 - 515204 Beato Giacomo Villa, 1 - Tel. 0578 Nicola di Avezzano Via G. Di Vittorio -
- 515333 290807 Tel. 0863 499269
Neurologia 115

Chieti Ospedale Santissima PUGLIA SICILIA


Annunziata Acquaviva delle Fonti (BA) Ospedale Caltanissetta A.O. di Caltanissetta
L’Aquila S.U. di II livello, Ospedale San F. Miulli Strada Provinciale,127 - V.le Luigi Monaco, 6 Tel. 0934 559374
Salvatore P. le Salvatore Tommasi,1 - Tel. 080 3054057- Med. SU 080 Catania UOC Neurologia con stroke
Tel. 0862 368553-324 305423 ARNAS - Piazza S. M. Gesù 5 - Tel
Lanciano (CH) Ospedale Civile Renzetti Bari A.O. Policlinico Università di 095 7594551
Via Del Mare, 1 - Tel. 0872 7061 Bari  P.zza Giulio Cesare, 100 - Tel. Erice (Trapani) Neurologia, Ospedale
Pescara Ospedale Civile Spirito 080 5592310 Sant’Antonio Abate Via Cosenza 82 -
Santo Via Fonte Romana, 8  Tel. 085 Barletta Ospedale A. R. Dimiccoli Tel. 0923 809.111
4252277-78 Messina A.O. G. Martino  Via Consolare
Teramo S.U. di II livello, Ospedale V. le Ippocrate, 5 Tel. 0883 577782-
Valeria - Tel. 090 2212790
Mazzini Piazza Italia, 1 - Tel. 0861 577111
Palermo Ospedale Civico A.R.N.A.S.-
429595 - 0861 429595 Brindisi Ospedale A. Perrino - SS 7 per Piazza Nicola Leotta, 4 - Tel 091
Vasto Ospedale San Pio - via Camillo Mesagne - Tel. 0831 5373510-57111 6665611/3012  
de Lellis, Vasto - Tel. 0873 308323 Foggia Ospedale Riuniti V. le Pinto, Palermo A.O. Ospedali Riuniti Villa
MOLISE 1 - Tel.0881 733729-732444 Sofia  Cervello Piazza Salerno, 1 -
Pozzilli (IS) Istituto Neurologico Lecce Ospedale Vito Fazzi P.zza Tel. 091 7808002 - 091 7808004
del Mediterraneo Neuromed Via F. Muratore  Tel. 0832 661111-4117 - 7808166
Atinense,18 - Tel. 0865 929161 Taranto OA. SS. Annunziata Via F. Siracusa Ospedale Umberto I  Via
BASILICATA Bruno, 1 - Tel. 099 4585111 - 099 Testaferrata, 1 - Tel. 0931 724400/
Potenza A.O. San Carlo Via Potito 4585111 724286
Petrone - Tel. 0971 611111 Vittoria (RG) P.O.R. Ospedale Guzzardi
CALABRIA Via Papa Giovanni XXIII - Tel. 0932
CAMPANIA Cosenza A.O. di Cosenza Via Felice 447147 - 0932 447147
Benevento A.O. G. Rummo Via Migliori, 10 - Tel. 0984 681419
Dell’Angelo, 1 - Tel. 0824 57722 SARDEGNA
Reggio Calabria A.O. Bianchi- Cagliari A.O. Brotzu Piazzale Ricchi,
e 57492
Napoli AORN Cardarelli - via A. Melacrino-Morelli Via Melacrino, 21 1 - Tel. 070 539897-539210 Urp
Cardarelli - Tel. 081 747205 - Tel. 0965 397972-90 Nuoro Ospedale San Francesco Via
Salerno  A.O.U. S. Giovanni di Dio e Vibo Valentia  P.O. Vibo Valentia Mannironi - Tel. 0784 240203
Ruggi d’Aragona Via S. Leonardo, 1 Ospedale Jazzolino P. le Fleming Tel. Sassari Ospedale SS. Annunziata Via
Tel. 089 672343 0963 962312-6-3-7 De Nicola,1 - Tel. 079 2061301
Oculistica
⊲  S. Lippera  ⊲  N. Defranco
⊲  E. Defranco  ⊲  F. Testa Contenuti web
aggiuntivi

I disturbi oculistici sono motivo frequente di accesso in Continuità Assistenziale. Uno


strumento utile nell’ispezione oculare, in assenza di oftalmoscopio, è una comune lente
d’ingrandimento.
Innanzitutto cercate di verificare:
1) se esiste edema palpebrale e blefarospasmo;
2) se la cornea è trasparente e perfettamente riflettente la luce;
3) se sulla superficie corneale sono presenti corpi estranei;
4) se l’occhio è rosso per iperemia diffusa dei vasi congiuntivali o per iperemia dei vasi
episclerali pericheratici;
5) se è presente secrezione;
6) se l’iride è regolare o se esistono aderenze (sinechie) tra cornea e iride, tra iride e cri­
stallino;
7) se la pupilla è in miosi o in midriasi e se reagisce alla luce.
Segni e sintomi che rappresentano una indicazione all’invio in pronto soccorso per
necessità di visita oftalmologica urgente sono:
- dolore oculare severo
- deficit visivo
- perdita di reattività pupillare
- trauma penetrante
- Ipopion (raccolta di essudato nella camera anteriore dell’occhio)
- Ifema (raccolta ematica nella camera anteriore dell’occhio).

Edema palpebrale
L’ispezione può consentire di evidenziare vari tipi di alterazioni a carico delle palpebre,
alcune delle quali clinicamente rilevanti, come ad esempio:
- Cheratosi attinica: si tratta di una lesione precancerosa delle palpebre, generalmente
legata a prolungata esposizione solare in individui di carnagione chiara; si presenta
solitamente come una placca squamosa persistente.
- Ptosi: consiste in una dislocazione della palpebra superiore in una posizione più bassa
rispetto alla norma; può essere di origine neurogena, cicatriziale, involutiva o miogena.
- Entropion (ripiegamento verso l’interno delle palpebre), ectropion (rovesciamento della
palpebra verso l’esterno) o trichiasi (alterata direzione delle ciglia, che risultano orientate
all’interno).
Poiché questi dati semeiologici possono essere talora indicativi di gravi patologie, nel caso
di un loro riscontro è consigliabile indirizzare il paziente ad una consulenza oftalmologica.
Nel contesto della continuità assistenziale, il segno più frequentemente incontrato a
carico delle palpebre è comunque l’edema.
L’edema palpebrale deriva dalla facile distensibilità del tessuto sottocutaneo; può essere
riscontrato in corso di patologie sistemiche di competenza internistica oppure può essere
espressione di patologia oculare.
Per quanto riguarda la patologia oculare, nella maggior parte dei casi vi troverete di fronte
all’Orzaiolo ed al Calazio.1 L’orzaiolo è un infezione delle ghiandole palpebrali, ad eziologia
batterica (Stafilococchi), apprezzabile come papula o foruncolo al margine palpebrale,
generalmente regredisce spontaneamente in una settimana.
Oculistica 117

Impacchi caldo-umidi possono favorire il drenaggio, mentre l’impiego routinario di


antibiotici topici non è supportato da evidenze in letteratura.
Il calazio è un infiammazione circoscritta delle ghiandole palpebrali si presenta alla
palpazione come tumefazione non dolorabile, non tesa, di consistenza duro-elastica.
Anche in questo caso possono essere utili impacchi caldo-umidi e il massaggio, non
va invece impostata terapia antibiotica non essendo un patologia infettiva, la risoluzione
avviene spontaneamente in alcune settimane.
Se la massa edematosa si trova nella regione del sacco lacrimale, e tende ad espandersi
nella zona sottorbitaria, e se il paziente denuncia lacrimazione e dolore, sospettate una
Dacriocistite acuta. Tale infiammazione del sacco lacrimale, secondaria ad una ostruzione
del dotto nasolacrimale, va trattata con antibiotici per via sistemica:
- Ciprofloxacina* 500 mg 1 cpr 2/die per 7 -14 giorni.

Frattura del pavimento orbitario


Si tratta di una condizione in genere conseguente ad un evento traumatico acuto, che
può manifestarsi con edema ed ecchimosi a livello periorbitario, enoftalmo, diplopia verti­
cale ed enfisema sottocutaneo. Il paziente che presenti tale quadro clinico va prontamente
ospedalizzato.

Corpi estranei e causticazioni corneo-congiuntivali


Un’accurata anamnesi è importante per definire la dinamica del trauma e/o il tipo di
sostanza venuta a contatto con l’occhio. Specie se siete dotati di oftalmoscopio o lente,
potreste riuscire a vedere sulla cornea il corpo estraneo.Tutti i corpi estranei vanno tolti;
se sono superficiali potete provare a toglierli anestetizzando l’occhio con Oxibuprocaina
cloridrato coll. ed utilizzando una garza sterile o irrigando abbondantemente l’occhio con
soluzione salina sterile; se supponete che siano profondi e/o ferrosi, inviate il paziente
ad un Pronto Soccorso. Benché le evidenze in letteratura siano limitate, può essere utile
somministrare una terapia locale antibiotica, gli unguenti oftalmici, che garantiscono una
miglior lubrificazione, sono da preferire rispetto ai colliri: es Ofloxacina (ung. 1 applicazione
3-4 /die). In caso di causti­cazione da agenti chimici (soda caustica o calce viva o altro),
occorre subito irrigare copiosamente e accuratamente l’occhio con soluzione fisiologica
(es. utilizzate una siringa, ovviamente senza ago, per fare le irrigazioni); inviate quindi il
paziente, a consulenza oftalmologica urgente.

Occhio rosso non dolente


È frequente trovare soggetti che lamentano leggeri bruciori, prurito, sensazione di corpo
estraneo, difficoltà ad aprire le palpebre al risveglio. All’angolo interno dell’occhio può essere
presente secrezione, le palpebre possono essere edematose, la congiuntiva diffusamente
iperemica.
È verosimilmente una congiuntivite, difficile dire se virale, batterica o allergica. Frequente
e altamente contagiosa è la congiuntivite da Adenovirus, caratterizzata da insorgenza
acuta, spesso bilaterale, con senso di corpo estraneo, arrossamento e secrezione acquosa
congiuntivale, linfoadenopatia preauricolare, edema palpebrale, chemosi ed emorragie
sottocongiuntivali.
Se si sospetta un eziologia virale è importante ricordare al paziente l’elevata conta­
giosità, raccomandando norme igieniche per minimizzare il rischio di contagio (DynaMed
Plus: evidenza forte).
*Per limitazioni vedi Nota pag.17
118 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Il decorso è autolimitante, ma possono essere utili trattamenti sintomatici (lacrime


artificiali, colliri antistaminici).
Va invece evitato l’uso indiscriminato di colliri cortisonici (DynaMed Plus: evidenza forte).
Fattori che invece suggeriscono un’eziologia batterica sono:
- occhio “appiccicoso”
- secrezione mucopurulenta
- assenza di sensazione di prurito/bruciore
- età < 6aa.
In tal caso, anche se le evidenze in letteratura sono ridotte, può essere utile prescrivere
una terapia antibiotica locale: es. Ciprofloxacina cloridrato 0,3% ung. 1 applicazione 3
volte/die per 7 giorni.
Se il sintomo predominante è il prurito e la secrezione è scarsa, vi trovate verosimilmente
di fronte ad una congiuntivite allergica (spesso a carattere stagionale) per cui somministrate
un collirio con azione antiallergica e antistaminica es. Ketotifene fumarato acido (coll. 1
gt 2-3/die).

ATTENZIONE: Evitate scrupolosamente di trattare con cortisonici una


cheratite erpetica; i segni che possono indirizzarvi verso questa
diagnosi sono:
1) presenza di un’ulcera corneale: la cornea perde la sua perfetta
trasparenza e la sua continuità in uno o più punti essendo presente un danno
all’epitelio ed allo stroma corneale in assenza di traumi;
2) l’ipoestesia corneale: verificatela per mezzo di un batuffolo di cotone
confrontando la sensibilità dei due occhi; in questi casi non dovete
assolutamente somministrare cortisonici.

In caso di sospetta congiuntivite erpetica prescrivere un collirio antivirale:


1) Ganciclovir (coll. 1 applicazione × 5/die).
Raccomandate una visita oculistica urgente. In alcuni casi l’occhio può essere rosso
anche per un’emorragia sotto­congiuntivale, in quel caso confortate il paziente riguardo
l’innocuità di tale condizione.

Occhio rosso dolente


Se siete chiamati alle due, tre di notte per questa sintomatologia potrebbe trattarsi di una
cheratite oppure di lesioni corneali (frequenti nei pazienti che indossano lenti a contatto).
La fotocheratite insorge generalmente dopo esposizione prolungata ai raggi ultravioletti
naturali o artificiali. Tipicamente si tratta di un saldatore o uno sciatore che non hanno
usato occhiali protettivi, lamentano dolore acuto e lancinante alcune ore dopo l’esposizione
ai raggi ultravioletti, mentre i pazienti con abrasione corneale riferiranno di aver portato le
lenti a contatto più a lungo del solito.
La fotocheratite è bilaterale, il paziente lamenterà dolore, iperemia, iperlascrimazione,
blefarospasmo, fotofobia, talvolta visione annebbiata (per l’edema corneale).
Consigliate impacchi freddi, uso di occhiali da sole, lacrime artificiali e rassicurate il
paziente, (DynaMed Plus: raccomandazione forte) la sintomatologia regredirà in 24-48 ore.
La sintomatologia dell’abrasione corneale è analoga, ma spesso monolaterale.
In questo caso, può essere utile somministrare un collirio antibiotico:
- Ofloxacina (ung. 1 applicazione 3-4 /die).
- Ciprofloxacina (ung. 1 applicazione 3 volte/die).
Oculistica 119

Un paziente con un occhio rosso e un forte dolore oculare, più spesso periorbitario e
frontale, nausea e a volte vomito, con visione diminuita, accompagnata a percezione di
aloni intorno alla luce, potrebbe avere un attacco acuto di glaucoma. Vedrete l’occhio rosso,
la cornea edematosa come “alitata”, la pupilla moderatamente midriatica, scarsamente
reattiva alla luce.
Il tono oculare è aumentato e potete sentirlo spingendo le dita poste sopra la palpebra
superiore e confrontando il tono oculare dei due occhi. Predisponete il ricovero ed impostate
terapia farmacologica (DynaMed Plus: raccomandazione forte):
1) Acetazolamide 250 mg 1 cpr ogni 4-6 ore (da 4 a 6 cpr nelle 24 ore).

ATTENZIONE: I colliri topici betabloccanti sono controindicati nell’asma e


nella BPCO grave.

2) Timololo 0,25%-0,50% 1 gt ogni 12 ore;


3) Dapiprazolo coll. 1-2 gtt ogni minuto per 5 minuti, quindi 1-2 gtt ogni 15 minuti fino a
risoluzione dell’attacco acuto.

ATTENZIONE: Il paziente può accusare un dolore periorbitario o frontale


anche per una nevralgia del trigemino, ma in questo caso l’occhio è normale
(vedi Neurologia).

Il paziente con occhio rosso e dolore che si accentua alla palpazione ha probabilmente
una uveite anteriore acuta.
La differenza dall’attacco acuto di glaucoma sta nella miosi marcata della pupilla; è
possibile vedere a volte sinechie tra iride e cristallino.
Dilatate la pupilla usando un midriatico:
1) Tropicamide contenitore monodose, (1 cont. 1-2 /die) aggiungendo:
2) Colliri cortisonici (Fluorometolone acetato 0,1% coll. 1-2 gtt X 4/die).

ATTENZIONE: In una certa percentuale dei casi di iridociclite ci può essere


ipertono oculare; a causa dei gravi danni che tale situazione può procurare,
è buona norma somministrare: Acetazolamide 250 mg 1 cpr ogni 4 - 6 ore
(da 4 a 6 cpr nelle 24 ore), in attesa di consultare uno specialista.

L’occhio rosso dolente può derivare anche da un’ulcera corneale infettata da batteri;
sussistono dolore, fotofobia, blefarospasmo, secrezione mucopurulenta.
L’ulcera corneale infetta si presenta come un’area regolare biancastra, visibile all’ispe­
zione. Il paziente deve essere indirizzato repentinamente a DEA/ PS, in quanto tale condizione
costituisce un emergenza oculistica.
Occhio rosso non dolente
• Emorragia sottocongiuntivale
• Congiuntivite
Occhio rosso dolente
• Cheratite
• Glaucoma acuto
• Uveite anteiore acuta
• Ulcera corneale infetta.
120 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Diminuzione o perdita improvvisa della vista


Quando un paziente lamenta una riduzione del visus è importante raccogliere un’accu­
rata anamnesi riguardo il tempo di insorgenza e l’entità del sintomo.
Una perdita visiva improvvisa può sottendere ad un distacco di retina, tale condizione
può manifestarsi anche con la comparsa improvvisa di "flash luminosi", "punti neri" e
corpi mobili nel campo visivo, (più frequentemente queste anomalie sono espressione di
miodesopsie) in entrambi i casi è comunque opportuno indirizzare il paziente in Pronto
Soccorso non avendo in Continuità Assistenziale gli strumenti adeguati per fare diagnosi.
Un calo del visus improvviso in occhio rosso dolente deve far sospettare un episodio di
glaucoma acuto ad angolo chiuso.
Quando invece il calo visivo insorge gradualmente ed è accompagnato da un altera­
zione dell’area pupillare che appare di colore bianco o ambracco si tratta verosimilmente
di cataratta.
Otorinolaringoiatria
⊲  G. Misiano  ⊲  G. Brozzi 
⊲  B. Rizzi  ⊲  G.E. Zagami Contenuti web
aggiuntivi

Pur essendo questa una branca di tipo specialistico, è frequentissimo nel corso della Con­
tinuità Assistenziale incappare in sintomatologie ad essa riferibili ed è quindi necessario
saper operare correttamente.

Otodinia-Otalgia
Il “mal d’orecchio” è un’evenienza molto frequente, soprattutto nei bambini piccoli; in
questo caso eseguire un’indagine otoscopica sarebbe indispensabile al fine di una corretta
diagnosi.
Il bambino grandicello e l’adulto riferiscono un dolore all’orecchio che può essere dovuto a
patologia auricolare e si parla quindi di otodinia (affezioni infiammatorie dell’orecchio esterno
e medio) oppure per patologie non auricolari (lesioni di tipo ulcerativo o neoplastico della por­
zione posteriore della lingua, della faringe e della laringe) e si parla quindi di otalgia riferita.
La diagnosi è più difficile nel lattante e nel bambino più piccolo: basarsi esclusivamente sul
segno dell’evocazione del pianto con la pressione sul trago è molto aleatorio per frequenti
falsi positivi.
Il bambino che piange sconsolato, che porta spesso la manina all’orecchio o che inter­
rompe la poppata col pianto dopo le prime sorsate può essere affetto da otodinia causata da
un’otite media acuta. Una secrezione sierosa o francamente purulenta dal condotto uditivo
(otorrea muco­purulenta) indirizza verso una diagnosi di certezza. In presenza di otodinia da
otite media acuta è sempre consigliabile esaminare naso e gola poiché questi sono molto
spesso sedi di infezione.
L’intervento terapeutico immediato si limiterà alla prescrizione di:
1) Paracetamolo 1000 mg ogni 8 h nel bambino 10-15 mg/kg/dose ogni 4-6 ore.
2) Ibuprofene (600 mg ogni 8 ore; nel bambino 20-30 mg/kg, suddivisa 3 volte al giorno
ad intervalli di 6-8 ore).

ATTENZIONE: Solamente una modesta forma di otite esterna può beneficiare


esclusivamente della terapia locale; nelle flogosi dell’orecchio medio, la
prescrizione di gocce auricolari contenenti farmaci ototossici (come
aminoglicosidi o formulazioni antisettiche acidificate) può rivelarsi dannosa in caso
di rottura della membrana timpanica.

Otite media acuta


L’otite media acuta è un’infezione dell’orecchio medio caratterizzata dalla rapida
insorgenza di segni e sintomi: tipicamente è monolaterale, ed è associata ad otodinia e
ipoacusia. La diagnosi è confermata dalla presenza all’otoscopia del “bulging” medio-
severo (estroflessione) della membrana timpanica, eventualmente associato a opacizzazione
o iperemia della stessa. Una diagnosi più precisa potrebbe essere effettuata mediante
pneumoscopia (se disponibile).
122 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Nel sospetto fondato di otite media purulenta acuta, specialmente nel lattante, la
terapia antibiotica va prontamente attuata allo scopo di evitare temibili complicanze
(otomastoidite, meningite).
La terapia di prima linea è l’amoxicillina-clavulanato 875 mg + 125 mg x 2-3/die; nel
bambino il dosaggio è di 90 mg/kg/al giorno in 2-3 somministrazioni.
In caso di reazioni allergiche alle penicilline moderate (es. senza anafilassi, bronco­
spasmo o angioedema):
– Cefuroxima 500 mg x 2/die, nel bambino 30 mg/kg in 2 somministrazioni.
In caso di reazione allergica severa:
– Claritromicina 500 mg x 2/die, nel bambino 15 mg/kg al giorno in 2 somministrazioni.
In genere la durata della terapia è di 5-7 giorni. Nei casi più gravi può durare fino a 10
giorni. Con l’inizio della terapia antibiotica appropiata, nella maggior parte dei pazienti si
ha un netto miglioramento della sintomatologia in 48-72 ore.
Se i sintomi suggeriscono una mastoidite (gonfiore sulla regione mastoidea, paralisi
facciale, vertigini, perdita dell’udito neurosensoriale), è necessaria l’ospedalizzazione del
paziente.
Si può manifestare otorrea a seguito della rottura della membrana timpanica. In questo
caso, in genere, si ha un improvviso miglioramento della sintomatologia dolorosa. Il tratta­
mento si avvale di terapia antibiotica sistemica.
Nella maggior parte dei casi la rottura della membrana guarisce spontaneamente, fino
ad allora evitare il contatto con acqua (es. nuoto o durante la doccia, dove si può consigliare
di utilizzare del cotone impregnato di vaselina).

Otite esterna
Si intende per otite esterna un processo flogistico, più o meno diffuso, a carico del condotto
uditivo esterno e/o della conca. L’agente etiologico più frequentemente in causa è un batterio
(Stafilococco, Streptococco, Pseudomonas aeruginosa) e, più di rado, un micete (otomicosi da
Aspergillus) o un qualunque virus (otite bolloso-emorragica, spesso conseguente a sindrome
influenzale) tra cui gli herpes.
Sintomatologicamente il quadro clinico non si differenzia molto da quello delle otiti
medie, l’otalgia in genere si esacerba con i movimenti di trazione e pressione sul trago o sul
padiglione auricolare. Il meato acustico esterno sovente risulta edematoso e marcatamente
iperemico, cosicché può sussistere ipoacusia, e l’otoscopia può risultare difficile e dolorosa.
In genere è sufficiente una terapia topica:
– nelle forme lievi (prurito e lieve fastidio) si possono utilizzare formulazioni senza anti­
biotico come spray a base di acido borico;
– nelle forme moderate si possono utilizzare gocce auricolari a base di: Ciprofloxacina/
idrocortisone 3 gtt 2 volte al giorno per 7 giorni oppure Polimixina B/Neomicina/Lidocaina
4 gtt 2-4 volte al giorno.
Evitare la piscina per 7-10 giorni.
Inizialmente non è necessaria una terapia sistemica, a meno di un interessamento al
di fuori del canale auricolare.
In caso di otomicosi (senza lesione timpanica) utilizzare spray a base di acido borico
(non disponibili in Italia antimicotici in formulazione di gocce auricolari, alcuni specialisti
consigliano di utilizzare le emulsioni cutanee in off label; nei casi più gravi utilizzare
antimicotici per via orale).
Otorinolaringoiatria 123

Corretto uso dell’otoscopio


Per visualizzare la membrana timpanica è necessario introdurre di qualche millimetro
uno speculum auricolare di calibro appropriato nel condotto uditivo esterno, mentre con
l’altra mano si tira delicatamente il padiglione auricolare al fine di raddrizzare per quanto
possibile il medesimo condotto uditivo.
L’indagine otoscopica deve essere effettuata con le dovute cautele, poiché una pressione
esagerata a livello del condotto nello spingere in profondità lo speculum per apprezzare
la membrana del timpano oppure secondaria ad un movimento improvviso del paziente,
specialmente se si tratta di un bambino, evoca dolore e può provocare una ferita della cute
con conseguente otorragia. È bene pertanto tenere il manico dell’otoscopio nel palmo della
mano con il pollice e le ultime due dita, ed utilizzare il dito indice appoggiato sullo speculum
auricolare per guidarlo verso il meato acustico, mentre il dito medio, appoggiato sulla
guancia del paziente, viene usato come una molla per graduare delicatamente l’introduzione
dello strumento ed eventualmente retrarlo velocemente qualora il paziente compia bruschi
movimenti del capo.

Otorragia
L’otorragia come conseguenza di un trauma cranico impone l’immediata ospedalizzazione
del paziente poiché potrebbe essere espressione di una frattura dell’osso temporale.
In assenza di trauma cranico, invece, l’otorragia, pur inducendo preoccupazione nel
paziente o nei genitori del bambino, riconosce in genere cause più lievi come:
• ferite del condotto uditivo da incaute manovre di pu­lizia;
• otite bolloso-emorragica;
• otite media acuta (associazione con otorrea).
L’otoscopia può essere utile per rilevare la presenza di una lacerazione della cute del
condotto uditivo esterno ricoperta da coaguli, oppure di una lesione flittenulare bluastra
lungo le pareti, come causa dell’otorragia. La terapia è etiologica ed è pertanto consigliabile
una consulenza dell’Otorinolaringoiatra.

Rinite/rinocongiuntivite allergica
La rinite allergica o rinosinusite allergica, spesso associata a congiuntivite (rinocongiun­
tivite allergica) consegue ad ipersensibilità verso vari tipi di allergeni, tra cui pollini, acari
della polvere domestica, derivati epidermici e muffe, sostanze chimiche ecc., che sono in grado
di provocare iperemia della mucosa nasale e congiuntivale, con edema ed ipersecrezione.
Si distinguono, in relazione ai tempi di insorgenza, le seguenti forme:
• stagionale (tipicamente in rapporto alla pollinazione);
• perenne (da allergeni la cui presenza non risente della stagionalità).
I sintomi nasali sono tipicamente rappresentati da rinorrea, starnuti, ostruzione nasale,
tosse, scolo retronasale, mentre quelli congiuntivali comprendono prurito oculare, lacrima­
zione, fotofobia, senso di corpo estraneo, bruciore e iperemia congiuntivale. Possono talora
essere presente anche altri sintomi di accompagnamento relativamente aspecifici, come
cefalea frontale, ipoosmia, ipoacusia, astenia, prurito.
Per la prevenzione della rinite/rinocongiuntivite allergica, possono essere consigliate
misure generali di profilassi: allontanare o ridurre al minimo l’esposizione del paziente all’al­
lergene responsabile della rinite, lavare ogni 1-2 settimane gli effetti letterecci a 55-60 °C
per uccidere gli acari, rivestire materassi e cuscini con coperture a documentata azione
protettiva nei confronti degli acari, ventilare sempre gli ambienti domestici per ridurre
l’umidità, utilizzare aspirapolvere con filtri HEPA ecc.
124 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Il trattamento più efficace, è il glucocorticoide intranasale (DynaMed Plus: forte rac­


comandazione):
- ad esempio mometasone spray nasale 50 mcg, nei bambini >12 aa e negli adulti 2
erogazioni per narice una volta al giorno (una volta che i sintomi siano controllati, la
dose può essere ridotta); nei bambini tra 3 e 11 anni una erogazione per narice una volta
al giorno.
Si può utilizzare anche l’antistamico intranasale come prima linea o in aggiunta alla
terapia con glucocorticoide intranasale (DynaMed Plus: forte raccomandazione):
- ad esempio azelastina spray nasale una erogazione per narice due volte al giorno (con­
troindicato nei bambini <6 anni)
- esistono anche formulazioni intranasali in associazione glucocorticoide-antistamici: ad
esempio azelastina/fluticasone una erogazione per narice due volte al giorno (controin­
dicato nei bambini <12 anni).
Considerare gli antistamici orali per alleviare la sintomatologia. Essi riducono rinite,
starnuti e prurito, ma sono pochi efficaci nel ridurre la congestione nasale. Utilizzare quelli
di seconda generazione, in quanto meno sedativi (ad esempio cetirizina 10 mg 1 cpr la sera
o loratadina 10 mg 1 cpr la sera). Nei bambini <12 anni esistono formulazioni in gocce per
l’adeguamento del dosaggio (ad es. cetirizina gocce).
Antistamici che alcuni chiamano di “terza generazione” (es. desloratadina 5 mg 1 cpr
la sera), sono stati progettati per avere meno effetti sul sistema nervoso centrale rispetto
agli agenti di seconda generazione, sebbene ciò non sia stato confermato.
Considerare sempre l’irrigazione nasale salina per migliorare i sintomi, soprattutto per
i pazienti con una preferenza per non usare farmaci.
Per i pazienti con rinite refrattaria a un glucocorticoide spray nasale e congiuntivite
allergica concomitante, si suggerisce l’aggiunta di un antistaminico per gli occhi (es. aze­
lastina collirio, adulti e bambini di età pari o superiore a 4 anni una goccia in ogni occhio
due volte al giorno), piuttosto che l’aggiunta di un antistaminico orale.
L’utilizzo di vasocostrittori topici (ad es. fenilefrina 0,25% 1-2 spruzzi per narice 3-4 volte
al giorno, controindicato nei bambini sotto i 12 anni) deve essere limitato per brevi periodi
(non più di 3-5 giorni), sia per la modesta efficacia che per il rischio di “effetto rebound”
con peggioramento dei sintomi dopo un iniziale miglioramento e di effetti indesiderati. Non
vanno mai considerati come monoterapia.

Sinusite
È un’evenienza abbastanza frequente nella continuità assistenziale imbattersi in un
sinusitico in fase acuta. Di solito si tratta di una sinusite mascellare o frontale anche se
è più corretto parlare di rinosinusite mascellare, frontale, etmoidale e sfenoidale (tranne
che per le sinusiti mascellari odontogene) per il costante cointeressamento naso-sinusale.
Spesso è il paziente stesso ad indirizzarvi verso la giusta diagnosi in quanto si tratta
sovente di una riacutizzazione di un processo cronico del quale è già a conoscenza. In caso
contrario, un intenso dolore localizzato alla sede del seno paranasale interessato, irradiato
alle regioni vicine (sot­torbitaria ed ai denti nel caso della sinusite mascellare, o all’orbita
e verso la regione temporo-parietale nel caso della sinusite frontale), associato a febbre e
rinorrea purulenta è patognomonico di flogosi sinusale acuta, la quale frequentemente fa
seguito ad un episodio rinitico acuto o a tuffi in piscina o al mare.
Il dolore sinusitico è sordo, continuo, pulsante e si esacerba con i movimenti del capo
ed al mattino a causa del ristagno notturno delle secrezioni. La dolorabilità alla digito­
pressione a livello dell’emergenza del nervo sopra- o sotto-orbitario sa­rà un utile indizio
diagnostico. L’eziologia è virale nella gran parte dei casi, sospettare sempre l’origine
batterica se la sintomatologia persiste da più di 10 giorni.
Otorinolaringoiatria 125

La terapia della sinusite virale è essenzialmente sintomatica, e si avvale di analgesici,


irrigazione nasale con soluzione salina e glucocorticoidi intrasali.
La terapia antibiotica è da riservare esclusivamente ai casi in cui si sospetta un’eziologia
batterica, i criteri della IDSA sono:
- sintomi persistenti o segni che durano ≥10 giorni senza evidenza di miglioramento clinico
(Raccomandazione forte IDSA)
- sintomi gravi o segni di febbre alta (≥ 39 °C e secrezione nasale purulenta o dolore facciale
della durata di ≥3-4 giorni consecutivi all’inizio della malattia (Raccomandazione forte
IDSA)
- peggioramento dei sintomi o dei segni caratterizzati da nuova insorgenza di febbre,
mal di testa o aumento della secrezione nasale a seguito dell’infezione virale delle alte
vie respiratorie virale che è durata 5-6 giorni e che stavano inizialmente migliorando
(Raccomandazione forte IDSA).
La terapia antibiotica di prima linea è l’amoxicillina-clavulanato 875 mg+125 mg
x 2-3/die; nel bambino il dosaggio è di 90 mg/kg/al giorno in 2-3 somministrazioni.
In caso di reazioni allergiche alle penicilline si può usare la doxiciclina 100 mg x 2/die
(non nel bambino <12 anni). Nel bambino invece cefpodoxima 10 mg/kg al giorno suddivisi
per via orale ogni 12 ore (dose giornaliera massima 400 mg).
La durata del trattamento è di 5-7 giorni.
Nel caso di fallimento della terapia si suggerisce, nell’adulto, levofloxacina 500 mg x 1/die.

Acufeni
Si intende con tale termine la percezione soggettiva di un suono (acuto o grave) in assenza
di stimolazione acustica (allucinazione uditiva). In questa trattazione vale la pena porre l’ac­
cento solo sugli acufeni ad insorgenza improvvisa e/o recente, poiché quelli che il paziente
presenta da vecchia data, secondari ad affezioni croniche del recettore acustico della più
varia etiologia, sono di norma permanenti e non responsivi a terapia. Un acufene che non
scompare né si attenua col trascorrere delle ore (un fischio all’orecchio che dura da qual­
che secondo a qualche minuto è un’evenienza normale) rappresenta una vera emergenza
audiologica, tanto più se accompagnato da ipoacusia e vertigini, poiché spesso costituisce
segno di una sofferenza acuta dell’orecchio interno (labirintite, ipoacusia improvvisa, trauma
acustico acuto, neurite dell’VIII nervo cranico) da trattare il più urgentemente possibile in
sede di ricovero per aumentare le possibilità di guarigione. Le patologie atte a provocare
acufeni possono interessare, oltre all’orecchio interno, l’orecchio esterno (tappo di cerume)
ed il medio (otiti, otosclerosi), senza dimenticare quelli secondari a farmaci (es. ACE inibi­
tori, calcio antagonisti, doxazosina, diuretici dell’ansa, chinolonici, macrolidi). Nelle forme
non secondarie ad otite e tappo di cerume, gli acufeni spesso non si risolvono in seguito a
trattamento terapeutico. Non esistono farmaci raccomandati per il trattamento.

Tappo di cerume
L’accumulo di cerume nel condotto uditivo esterno è un’evenienza molto comune sia nell’a­
dulto sia nel bam­bino. Il tappo di cerume si forma lentamente, cosicché il paziente spesso
non si accorge dell’ipoacusia che gradualmente si instaura. La sintomatologia insorge
all’improvviso, specie quando il paziente cercando di pulire il condotto uditivo spinge il tappo
all’interno, oppure quando il cerume si rigonfia a contatto con l’acqua (doccia, mare, ecc.);
allora si hanno: ovattamento auricolare fino a marcata ipoacusia, acufeni, autofonia ed a
volte vertigini e senso di stordimento, specialmente se l’ostruzione è bilaterale.
126 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

All’otoscopia possono essere presenti due quadri causati dalla presenza di tappo di
cerume:
- nelle forme di recente formazione, il tappo si mostra di colore giallo-brunastro, molliccio;
- nelle forme di vecchia costituzione, il tappo è di colorito nerastro e di consistenza dura.
In entrambi i casi, la presenza del tappo di cerume può impedire la visualizzazione
della membrana timpanica. La terapia consiste nel lavaggio auricolare con acqua tiepida.
Se il tappo di cerume è di vecchia data (nerastro e duro), è bene far precedere l’aspor­
tazione dalla instillazione nel condotto uditivo di gocce di xilene (meglio se intiepidito) 2-3
volte al giorno, 3-5 giorni prima dell’estrazione del tappo.

Corpi estranei nel condotto uditivo


Capita abbastanza frequentemente che il bambino, per gioco, introduca nel condotto udi­
tivo piccole parti di giocattolo, tappini di penne-biro, pezzetti di plastilina o di gommapiuma
ed altro. Non è raro che il corpo estraneo sia rappresentato da piccoli insetti, da frammenti
di legname o da semi vegetali. La sintomatologia dei corpi estranei nel condotto uditivo
esterno consiste in otodinia, talora accompagnata da tosse riflessa e da infiammazione del
condotto stesso. L’unico rimedio consiste nella rimozione del corpo estraneo per mezzo del
lavaggio auricolare. Astenersi dall’uso di pinzette o altri ferri chirurgici, anche se si intravede
l’oggetto, per il rischio di lesioni cutanee con conseguente otalgia e/o otorragia, manovra
da riservarsi solo in ambito specialistico.

Corpi estranei nasali


Inviare immediatamente al Pronto Soccorso a causa del pericolo di inalazione.

Emorragia dopo tonsillectomia


L’emorragia dalle logge tonsillari dopo intervento di tonsillectomia costituisce un evento
sempre grave, potenzialmente mortale. Trattate il possibile deficit respiratorio e shock
emorragico se presenti, avvisate urgentemente il 118 ed accompagnate sempre il paziente
in ospedale.

Paralisi del nervo faciale


Può essere di tipo centrale (asimmetria del volto solo a livello del quadrante inferiore)
o periferico (più frequentemente del tipo “a frigore” o di Bell). La paralisi di Bell ha una
etiologia sconosciuta ed è caratterizzata da paralisi del faciale superiore ed inferiore ad
insorgenza improvvisa. In questo caso il paziente presenta segni statici a carico del lato
leso: spianamento delle rughe della fronte, occhio più aperto e ptosi della palpebra inferiore,
spianamento del solco naso-genieno, abbassamento dell’angolo della bocca; segni dinamici
a carico del lato leso: impossibilità di chiudere l’occhio che apparentemente ruota verso
l’alto, di corrugare la fronte e di fischiare; deviazione della bocca invece verso il lato sano
nell’atto di mostrare i denti. La presenza di lagoftalmo (incompleta chiusura della rima
palpebrale), l’impossibilità a corrugare la fronte omolateralmente la lesione e l’assenza di
altri segni di deficit cerebro-vascolare supportano la diagnosi di paresi “a frigore” rispetto
alla paresi di origine centrale. Il condotto uditivo esterno deve sempre essere controllato
per l’eventuale presenza di vescicole, in caso di Sindrome di Ramsay Hunt, segno spesso
associato ad intensa otodinia (in questo caso dare sempre anche antivirale).
La terapia è steroidea, prednisolone 25 mg due volte al giorno per 10 giorni, da iniziare
entro 72 ore dall’esordio (DynaMed Plus: forte raccomandazione) (terapia off label). L’utilizzo
Otorinolaringoiatria 127

della terapia antivirale è controversa (terapia off label), di certo non è raccomandata in
monoterapia (DynaMed Plus: forte raccomandazione), ma eventualmente in associazione
al glucocorticoide in pazienti con paralisi severa o completa (valaciclovir 1000 mg x 3/die
per 7 giorni oppure aciclovir 400 mg x 5/die per 10 giorni).
Importante la protezione corneale: il bendaggio oculare notturno, ma non deve essere
posizionato direttamente a contatto palpebra poiché potrebbe scivolare e abradere la cornea.
Le formulazioni liquide o gel di lacrime artificiali devono essere applicate ogni ora quando il
paziente è sveglio e le formulazioni dense in pomata devono essere utilizzate durante la notte.

Epistassi
La perdita di sangue dal naso rappresenta una evenienza drammatica per il paziente. Se
essa deriva da un vaso a sede molto anteriore ed è di modesta entità, basterà che il paziente
o il genitore del bambino stringa il naso con le dita per una decina di minuti onde favorire
l’emostasi. Il capo del paziente con epistassi deve essere sempre piegato in avanti, poiché
la posizione all’indietro favorisce la deglutizione del sangue che può indurre vomito ematico.
Fattori favorenti l’epistassi possono essere: terapia con farmaci anticoagulanti (è sufficiente
talora una sola somministrazione di acido acetilsalicilico per scatenarla), varici del setto a
livello del “locus Valsalvae”, malattie infettive, emopatie, ecc. Anche la frattura traumatica
delle ossa nasali può causare epistassi: che però solo di rado necessita di tamponamento
nasale, poiché il sanguinamento tende a cessare spontaneamente. L’ipertensione non è una
causa, ma può prolungare l’epistassi.
Nel bambino solitamente l’epistassi è di modesta entità e consegue a cause locali
nasali (flogosi, dita nel naso); però in età pediatrica una rinorragia monolaterale, specie se
accompagnata da rinorrea maleodorante, deve indurre a sospettare un corpo estraneo nasale.
Il tamponamento nasale anteriore, eventualmente con garze imbevute di ac. tranexemico
(molto più raramente si rende necessario quello posteriore, da eseguire esclusivamente in
ambiente ospedaliero) costituisce terapia di elezione di una epistassi importante.

Vertigine
Sarete spesso chiamati per una sindrome vertiginosa. Poiché la vertigine è un sintomo
e non una malattia, è necessario orientarsi nella diagnosi cercando di definire se si tratta
di una patologia periferica (labirintica) o centrale. La vertigine periferica (labirintica) è
spesso di tipo oggettivo (il paziente vede gli oggetti ruotare attorno a sé) ed è generalmente
accompagnata da nausea, vomito ed altri fenomeni neurovegetativi, non sono presenti altri
deficit neurologici (vedi tabella).

VERTIGINE CENTRALE VERTIGINE PERIFERICA


- vertigine soggettiva - vertigine oggettiva
- in genere esordio sfumato - in genere esordio acuto
- presenti altri sintomi neurologici - assenti altri sintomi neurologici
- instabilità grave, il paziente spesso cade - instabilità moderata-severa, il paziente in
camminando genere è in grado di camminare
- variabile o leggera nausea e vomito - nausea e vomito importanti
- non peggioramento dei sintomi con i - peggioramento dei sintomi con i movimenti
movimenti del capo del capo
- il nistagmo è spesso verticale puro, - il nistagmo è orizzontale con componente
orizzontale o torsionale; nessuna torsionale; è soppresso dalla fissazione
soppressione con fissazione - possono essere presenti sordità o acufeni
- in genere assenti sordità o acufeni
128 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Le cause più comuni di vertigini periferiche comprendono la VPPB, la malattia di Ménière,


la neurite vestibolare e la labirintite.
Le cause di vertigini centrali comprendono insulti ischemici o emorragici di cervelletto, dei
nuclei vestibolari e delle loro connessioni all’interno del tronco cerebrale, tumori del sistema
nervoso centrale, infezioni, traumi, e patologie demielinizzanti come la sclerosi multipla.
I principali farmaci che possono causare vertigine sono: antipertensivi, ipnoinducenti,
ansiolitici, antidepressivi (triciclici e SSRI), antipsicotici, baclofene, oppiodi, steroidi a dosi
elevate (es betametasone), ormoni (testosterone/estrogeni), aciclovir, bifosfonati.
Nella maggioranza dei casi, gli episodi vertiginosi improvvisi più o meno imponenti
riconoscono una genesi benigna ed in linea di massima, se il paziente è di giovane età,
dovranno essere prese in considerazione la vertigine parossistica di posizione, altrimenti
detta “canalolitiasi”, le intossicazioni da sostanze a scopo voluttuario o alimentari (frutti
di mare) e le sindromi psicosomatiche. Eseguire la manovra Dix-Hallpike può aiutare a
diagnosticare o escludere una vertigine posizionale parossistica benigna (VPPB) del canale
posteriore o anteriore (AAO-HNSF Forte raccomandazione, Grado A; AAN Livello A). Se positiva
la terapia più efficace è la manovra Epley per il riposizionamento canalicolare (DynaMed Plus:
livello di evidenza 1) oppure considerare la manovra di Semont (minor prove di efficacia).
La VPPB non dovrebbe essere trattata di routine con farmaci soppressori vestibolari come
antistaminici e/o benzodiazepine (DynaMed Plus: Forte Raccomandazione).
Se si tratta di un anziano la vertigine può riconoscere cause interni­stiche di vario ge­
nere (vasculopatie in senso lato ed insufficienze vascolari del distretto tronco-encefalico,
dismetabolismo, interferenze farmacologiche, artropatie cervicali, ecc.).
Nel bambino affetto da parotite epidemica un disequilibrio più o meno conclamato deve
far sospettare l’interessamento dell’orecchio interno da parte del virus, cioè una labirintite
virale (causa più frequente di gravissima sordità percettiva monolaterale dell’infanzia).
In caso di ipoacusia neurosensoriale, acufeni e vertigini episodiche (almeno 2 episodi
di vertigine rotatoria della durata di almeno 20 mininti) sospettare la sindrome di Ménière.
In questo caso la terapia si avvale di restrizione salina (max 2000 mg/die), normalizzare
apporto idrico, evitare caffeina e alcol. Al fallimento della terapia dietetica si possono ag­
giungere diuretici come clortalidone (25/50 mg/die), acetazolamide (250/500 mg/die) che
diminuiscono la pressione a livello dell’orecchio interno. La betaistina, sebbene sia uno dei
farmaci più utilizzati a livello europeo, non ha sufficienti prove di efficacia.
Il trattamento sintomatico della sindrome vertiginosa acuta si giova di dimenidrinato 50
mg per via orale ogni 8 ore (è consigliabile non utilizzarlo per più di 48 ore) come terapia di
prima linea. Esiste anche l’associazione tra dimenidrinato e cinnarizina, 40 mg/20 mg fino
a 3 volte al dì. La seconda linea si avvale di benzodiazepinici: es diazepam 2 mg x 2/die,
lorazepam 0,5 mg x 2/die (disponibile anche in formulazione orodispersibile). Terapia di terza
linea: neurolettici come fenotiazine (proclorperazina 5 mg fino a 3 volte al di, tietilperazina
maleato 6,5 mg fino a 3 volte di) molto utili in caso di concomitante vomito severo.
Considerare anche l’aggiunta di una terapia antiemetica (metoclopramide 10 mg 1fl im
o domeperidone 10 mg 1 cp orosolubile).

Disfonie
Può accadere che un paziente presenti un improvviso calo dell’intensità della voce fino
a completa afonia. Di norma si tratta di una laringite acuta la cui etiologia più frequente
è virale si risolve senza un trattamento specifico, se non idratazione, umidificazione e dal
riposo della voce. I glucocorticoidi sistemici hanno un ruolo limitato nel trattamento della
laringite acuta e dovrebbero essere riservati ai pazienti che hanno un bisogno "urgente" di
usare la propria voce (ad es. cantanti o performance vocale). Sebbene l’esperienza clinica
suggerisca che la somministrazione di steroidi possa portare ad una rapida risoluzione
Otorinolaringoiatria 129

dell’infiammazione delle corde vocali e un miglioramento della qualità vocale, non ci sono
studi randomizzati su tale utilizzo. L’uso di glucocorticoidi deve essere bilanciato dagli effetti
sistemici avversi degli steroidi, nonché dal rischio di mascherare la patologia sottostante
delle corde vocali.
Una disfonia si può verificare frequentemente anche per una sollecitazione intensa delle
corde vocali (abuso vocale come gridare allo stadio, cantare a squarciagola in gita, ecc.),
nel qual caso il riposo vocale è di solito sufficiente come terapia. Anche una paralisi cordale
tuttavia, di solito da compromissione del nervo laringeo ricorrente, può causare disfonia
improvvisa che può essere associata con un certo grado di dispnea per il fatto che una corda
vocale immobile riduce lo spazio respiratorio glottico.
Nel sospetto della paralisi di una corda vocale è bene chiedere la consulenza otorino­
laringoiatrica con sollecitudine al fine di escludere una compressione sul nervo ricorrente
derivante da neoplasie polmonari, mediastiniche, esofagee o da cardiopatie.
In tutti i casi, il paziente con disfonia va informato che, se non guarisce nel volgere di due
settimane, specialmente quando esposto a fattori di rischio come fumo di sigarette e alcol,
dovrà sottoporsi a consulenza otorino­laringoiatrica per il sospetto di patologia neoplastica.

Faringite acuta
Si tratta di una delle condizioni più comuni riscontrate nella pratica clinica ambulatoriale.
Le cause più comuni sono i virus respiratori e lo streptococco di gruppo A. Cause frequenti
di faringite non infettiva sono invece la malattia da reflusso gastroesofageo o lo scolo re­
tronasale. La maggior parte dei pazienti con faringite presenta sintomi non specifici come
un mal di gola che peggiora con la deglutizione e la linfoadenopatia cervicale.
L’eziologia virale è suggerita da concomitante rinorrea, congiuntivite, mialgie ed artralgie
diffuse, tosse stizzosa, raucedine, diarrea, vescicole orofaringe.
Le linee guida suggeriscono l’utilizzo di test rapidi di rilevazione dell’antigene in pa­
zienti con sintomi indicativi di faringite streptococcica di gruppo A (DynaMed Plus: forte
raccomandazione).
Poiché di difficile utilizzo nella pratica clinica in un setting di Continuità Assistenziale,
un utile strumento per stimare la probabilità di faringite ad eziologia batterica è lo score
Centor modificato (sebbene abbia una bassa sensibilità e specificità, può essere utilizzato
per identificare i pazienti a rischio di infezione streptococcica gruppo A, ESCMID Classe A
Evidenza 3), in cui viene attribuito 1 punto per ciascuno dei seguenti criteri:
- essudato tonsillare
- nodi cervicali anteriori gonfi
- assenza di tosse
- febbre >38°C.
Viene poi aggiunto +1 se l’età è <15 anni e -1 se l’età >45 anni. 0-1 punti suggeriscono un
rischio molto basso, mentre 3-4 punti suggeriscono una probabile infezione da Streptococco.
Paracetamolo o ibuprofene (vedi dosaggio ad inizio capitolo) sono raccomandati per il
trattamento sintomatico (ESCMID Classe A Evidenza 1).
L’uso di corticosteroidi in combinazione a terapia antibiotica non è raccomandato di
routine. Può tuttavia essere preso in considerazione in pazienti adulti con gravi rappresen­
tazioni, ad es. 3-4 criteri Centor (ESCMID Classe A Evidenza 1).
Nelle faringiti acute batteriche, è indicata la terapia antibiotica, ad es. con cefixima,
alla posologia di 400 mg/die in unica somministrazione giornaliera (1 cpr rivestita oppure
1 cpr dispersibile al giorno) negli adulti e di 8 mg/kg/die come sospensione orale al 2% in
monosomministrazione giornaliera nei bambini con >6 mesi di età. La durata della terapia
antibiotica è in genere di 7 giorni.
130 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

In alternativa, Azitromicina 500 mg x1/die per 3 giorni oppure, nei bambini, 12 mg/kg il
primo giorno, 6 mg/kg il secondo giorno per un totale di 5 giorni di terapia.
Ricordate infine che un’angina con essudato, che resiste da diversi giorni ad antibioti­
coterapia appropriata, se risulta associata a splenomegalia o anche a linfoadenomegalia
ed epatopatia, deve indurre a considerare l’ipotesi di una eventuale mononucleosi infettiva.

Epiglottite acuta
L’epiglottite in passato affliggeva principalmente i bambini, ed era generalmente causata
da Haemophilus influenzae di tipo B. Oggi, grazie alla diffusa vaccinazione, è stata quasi
completamente eradicata nei bambini (in tempi recenti si sono verificati più casi negli
adulti, sebbene l’incidenza sia bassa).
I sintomi si caratterizzano soprattutto per tachipnea, stridore inspiratorio e dolore intenso
alla deglutizione con faringe dall’aspetto normale. L’ostruzione respiratoria è chiaramente
denunciata dai rientramenti agli spazi intercostali, al giugulo, al solco diaframmatico e
dalla polipnea. Si può avere anche voce velata, febbre elevata e scialorrea, tosse roca,
subcianosi o cianosi.
Nel caso ci si trovi davanti ad un quadro con queste caratteristiche è bene allertate
immediatamente il servizio di emergenza perché la priorità deve essere la gestione delle
via aeree tramite intubazione o tracheotomia. Nel frattempo se possibile:
- somministrate ossigeno umidificato (se disponibile)
- betametasone 0,1-0,2 mg/kg ev (prove di efficacia dubbie).
Anche in caso di sospetta epiglottite, senza evidenza di ostruzione delle vie aeree al
momento della visita, è importante iniziare precocemente una terapia senza attendere che
si abbia compromissione delle vie aeree, e inviare in PS.

Odontalgia
Potrà capitarvi di essere chiamati nel cuore della notte da un signore che si tiene la
mascella compressa con le mani ed emette mugolii inarticolati; dopo aver visitato il paziente
e valutato le cause somministrate per prima cosa l’analgesico più appropriato a seconda
dell’intensità del dolore (vedi capitolo analgesici).
Per quanto riguarda l’ascesso dentale apicale non ci sono studi randomizzati di buona
qualità riguardo i metodi di gestione; pertanto il trattamento è empirico basato sulla gestione
chirurgica e farmacologica della sepsi.
Il trattamento definitivo è odontoiatrico: incisione e drenaggio.
Sebbene molto utilizzata nella pratica clinica, la terapia antibiotica non è necessaria a
meno che non siano presenti cellulite o segni/sintomi extraorali o il paziente sia immuno­
compromesso (ad es. diabete mal controllato e pazienti anziani).
Per i pazienti con cellulite localizzata, utilizzare un antimicrobico ad ampio spettro come
amoxicillina/clavulanato o clindamicina (per i pazienti allergici alla penicillina) per via orale.
La gengivite acuta semplice richiede raramente una terapia antimicrobica sistemica.
La clorexidina risciacquo orale 0,12% può essere utilizzata nella maggior parte dei casi.
Le eccezioni includono i pazienti con malattia che avanza rapidamente, dolore severo o
infezione da HIV in cui è indicata la terapia sistemica. Possibili regimi includono penicillina
più metronidazolo, amoxicillina-clavulanato, ampicillina-sulbactam o clindamicina.
Patologia vascolare
⊲ G. Boccoli  ⊲ L. Chiodi
⊲ S. Galeazzi  ⊲ D. Angioni Contenuti web
aggiuntivi

Il Medico di Continuità Assistenziale sempre più spesso si trova di fronte a patologie vascolari
acute, questo sia per l’aumento dell’età della popolazione, sia per l’alta prevalenza della
malattia ateromasica. È molto importante in queste patologie riuscire subito a orientarsi
in quanto, talvolta, una corretta diagnosi può salvare un arto o la vita stessa del paziente.

Ischemia acuta degli arti inferiori


Il paziente vi chiamerà per l’insorgenza acuta di un dolore in genere localizzato a un
arto (netta prevalenza per quelli inferiori), variamente accompagnato da alterazione della
sensibilità o deficit motorio.
Sul piano clinico dovrete verificare la presenza delle “6 P”, dall’inglese:
1) Pallore (pallor)
2) Dolore (pain)
3) Poichilotermina o perdita della normale termoregolazione (poikilothermia)
4) Assenza di polso (pulselessness)
5) Parestesia (paresthesia)
6) Paralisi (paralysis).
Se riscontrate la positività di tali segni la diagnosi è molto probabile. In pazienti con
storia di ischemia cronica spesso i sintomi sono più graduali e sfumati, potendo contare
sul reclutamento di circoli collaterali (ischemia acuta su cronica). È sempre utile cercare
di stabilire anche la possibile eziologia dell’ischemia acuta.
In linea di massima è ragionevole supporre un’origine embolica in pazienti con:
• trombi atriali legati a fibrillazione atriale
• trombi a livello del ventricolo sx a seguito di infarto miocardico o disfunzione ven­
tricolare sx
• piccoli coauguli da protesi meccaniche oppure emboli settici da valvole infette
• Blue toe syndrome con dita del piede dolenti, cianotiche e fredde (embolismo artero-
arterioso).
• In questi casi in genere l’anamnesi è negativa per claudicatio e l’arto controlaterale
presenta polsi periferici normali.
In soggetti anziani non cardiopatici con precedenti di arteriopatia cronica (claudicatio)
si può sospettare, invece, una trombosi acuta. In entrambi i casi dove­te ospedalizzare
d’urgenza comunicando al collega del Pronto Soccorso il vostro orientamento diagnostico,
poiché l’iter tera­peutico tra le due forme è diverso. La terapia di questa patologia richiede
un ricovero ospedaliero il più precoce possibile. Generalemente le procedure terapeutiche
comprendono infusione endovenosa di eparina, rivascolarizzazione chirurgica o trombolisi.
In via precauzionale, al momento dell’invio in Pronto Soccorso è ragionevole procedere ad
una protezione dell’arto, specialmente se in ischemia avanzata, avvolgendolo in una coperta
soffice al fine di evitare traumi.

Ischemia critica degli arti inferiori


Questo quadro è sicuramente meno drammatico del precedente in quanto si riferisce
a soggetti con arteriopatia periferica cronica (claudicatio) che presentano un recente
aggravamento.
132 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Potreste essere chiamati nel caso il disturbo peggiori improvvisamente e il paziente sia
passato da un dolore alla deambulazione a uno a riposo.
In questi casi valutate se non sia in atto un’ischemia acuta (vedere paragrafo prece­
dente), se l’afflusso di sangue è comunque sufficiente consigliate il riposo e un controllo
urgente in ambito specialistico, prescrivendo nel frattempo una terapia con analgesici. A
salire per potenza analgesica:
• paracetamolo 1000 mg 1 cpr × 3/die
• oxicodone cloridrato + paracetamolo 5+325 mg 1 cpr × 2/die
• oxicodone cloridrato + naloxone cloridrato diidrato 10/5 mg 1 cpr × 2/die.

ATTENZIONE alla somministrazione di oppiacei in pazienti


con IRC grave.

Si sconsiglia la somministrazione di FANS per l’alta gastrolesività in associazione alla


terapia anticoagulante. Il paziente dovrebbe essere già in terapia con farmaci antiaggre­
ganti, se così non fosse, è possibile impostare terapia antiaggregante (Acido acetilsalicilico
100 mg 1 cpr/die, Clopidogrel 75 mg 1 cpr/die).

Rottura di aneurisma dell’aorta addominale


In questa drammatica situazione il dolore rappresenta il sintomo principale: è ad esordio
acuto, quasi sempre severo, costante, in regione lombare, in mesogastrio con possibile
irradiazione a livello dei fianchi, non in relazione al decubito. Nella diagnostica differenziale
tenete presente la colica renale, la lombosciatalgia, l’ulcera perforata o la pancreatite acuta.
È possibile che vi siano sintomi correlati ad un shock emodinamico, ipotensione e
sincope. I soggetti sono solitamente di età >50 anni. È fondamentale indagare sempre se
è presente storia di AAA già nota.
L’esame obiettivo dell’addome non sempre evidenzia una reazione di difesa e solo nei sog­
getti magri si apprezza una massa pulsante in epigastrio; all’auscultazione dell’addome può
essere apprezzabile un soffio vascolare. In tutti i casi s’impone l’ospedalizzazione immediata.

Fenomeno di Raynaud
Non di rado potreste essere chiamati da soggetti che lamentano la presenza di “mani
fredde” talvolta anche con un disagio soggettivo significativo. Si tratta di un disturbo va­
sospastico, localizzato in particolare alle mani, talvolta anche a singole dita, più raramente
ai piedi, al naso o alle orecchie, che compare tipicamente a crisi della durata di qualche
minuto. Sono più frequentemente colpite le giovani donne.
Nella crisi si distinguono 3 fasi: 1) ischemica (da spasmo arteriolare), in cui per espo­
sizione a uno stimolo freddo o emotivo, o talora anche in assenza di uno stimolo apparente,
le dita diventano pallide, fredde e quasi completamente insensibili; 2) cianotica, in cui per
l’inizio del ritorno del flusso ematico il colorito della cute diventa blu violaceo; 3) eritrosica,
in cui il colorito è rosso acceso per iperemia post ischemica. Al di fuori della crisi il flusso
ematico è normale.
Nella storia naturale della malattia, dopo ripetute crisi possono evidenziarsi disturbi
trofici, in particolare della punta delle dita; in casi particolarmente gravi si può arrivare
anche ad ulcerazioni e necrosi. Non dimenticate che il fenomeno di Raynaud può essere
secondario a varie malattie sistemiche, in particolare reumatologiche (come sclerosi siste­
mica), intossicazioni da farmaci, endocrinopatie, sindromi paraneoplastiche.
La terapia conservativa si basa su:
1) evitare il freddo ed utilizzare misure protettive
Patologia vascolare 133

2) evitare il fumo di sigaretta


3) identificare e rimuovere tutte le cause di esacerbazione.
Se le misure conservative non si rivelano efficaci è possibile iniziare una terapia medica,
che in prima linea vede l’utilizzo di calcio antagonisti (es. Nifedipina) (EULAR grado A).
Da un punto di vista pratico, come medico di Continuità Assistenziale, potreste limitarvi a
raccomandare la massima “copertura” delle mani (guanti di lana, ecc.) e tenere le estremità
al caldo, successivamente il paziente va indirizzato a consulenza specialistica.

Trombosi venosa profonda e tromboflebite


La trombosi venosa profonda (TVP) degli arti inferiori è frequente nelle persone che
presentano fattori di rischio: età avanzata, allettamento, gravidanza, neoplasie, scompenso
cardiaco, interventi chirurgici e sindromi trombofiliche.
Si localizza nel circolo venoso profondo e coinvolge più frequentemente il plesso venoso
surale, le vene poplitee e femorali. Questa patologia è caratterizzata da dolore profondo e
edema a carico della gamba, se è interessata la vena poplitea, o di tutto l’arto inferiore se
è coinvolta la femorale.
Le manovre semeiologiche, sebbene scarsamente sensibili e specifiche, sono rappre­
sentate da dolore alla compressione bimanuale sul polpaccio e alla dorsiflessione forzata
del piede. In attesa della visita specialistica, è bene sottolineare che tutte le TVP prossimali
sintomatiche (UpToDate grado 1B), asintomatiche e le TVP distali isolate sintomatiche
(UpToDate grado 2C) sono meritevoli di trattamento, in assenza di controindicazioni alla
terapia anticoagulante.
1) Riposo a letto con arti in scarico, cioè più alti rispetto al tronco per favorire il ritorno
venoso.
2) Enoxaparina sodica (1 mg/Kg equivalenti a 100 U.I. fl sc × 2) o Nadroparina calcica (171
U.I./Kg 1 fl/die oppure 92,7 U.I./Kg ogni 12 ore) o Fondaparinux sodico 7,5 mg per pz con
peso corporeo tra 50 e 100 Kg 1 fl sc/die, 5 mg per pz <50 Kg 1 fl sc/die, 10 mg per pz
>100 Kg 1 fl sc/die).
3) Elastocompressione con monocollant da almeno 30-40 mmHg (evidenza scientifica
conflittuale).
Attualmente è possibile instaurare, in caso di diagnosi certa di TVP, terapia con i NAO
(Nuovi Anticoagulanti Orali), come il rivaroxaban, ma tale somministrazione richiede la
compilazione di apposito piano terapeutico da parte dello specialista.
Con il termine tromboflebite o trombosi venosa superficiale (TVS) si indica invece una
trombosi che coinvolge il circolo superficiale e colpisce in particolar modo i pazienti portatori
di varici. Il dolore è localizzato nella sede dell’ectasia venosa dove alla palpazione si apprezza
un cordone duro, corrispondente alla trombosi, dolente e arrossato.
È tuttavia stato descritto in letteratura sia il rischio di estensione della trombosi al
circolo venoso profondo, sia un rischio embolico, seppur basso.
La TVS (trombosi venosa superficiale) prevede un primo approccio clinico con lo scopo
di determinare un eventuale coinvolgimento del circolo profondo oppure della grande o
piccola safena. Se è clinicamente probabile uno di questi eventi, allora è sempre importante
eseguire un approfondimento tramite ecocolordoppler per distinguere TVS non complicata e
complicata poiché l’approccio terapeutico è molto diverso.
- Nella TVS non complicata (segmento coinvolto <5 cm, lontano dalla giunzione safeno-
femorale e safeno-poplitea, in assenza di ulteriori fattori di rischio) è possibile suggerire:
1) elevazione arti inferiori (sopra livello del bacino)
2) impacchi caldo-umidi nella zona interessata
134 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

3) FANS per os o im come sintomatici, se non controindicati, in pazienti che non ricevono
terapia anticoagulante (DynaMed Plus raccomandazione forte). Agenti topici hanno
dimostrato efficacia dubbia
4) elastocompressione
5) non è necessaria terapia antibiotica.
Nella TVS complicata (segmento coinvolto >=5 cm, a meno di 3-5 cm dalla giunzione
safeno-femorale e safeno-poplitea, presenza di ulteriori fattori di rischio per tromboembo­
lismo, TVS ricorrenti) è importante eseguire terapia anticoagulante come Fondaparinux 2,5
mg per 45 giorni (verificare funzionalità renale) (UpToDate grado 2B)

ATTENZIONE: Nel paziente con TVS e soprattutto TVP è sempre bene eseguire
lo score di Wells e di Pisa.

I pazienti portatori di voluminosi gavoccioli venosi agli arti inferiori sono soggetti, in
seguito a traumi, a loro rottura con emorragia apparentemente imponente: è sufficiente nella
maggioranza dei casi una compressione con garza sterile per arrestare la perdita ematica.
Patologie psichiatriche
⊲  U. Sagripanti  ⊲  L. Falletta  ⊲  T. Maio

Le patologie psichiatriche rivestono nella Continuità Assistenziale un ruolo del tutto parti­
colare in quanto pongono non pochi problemi, sia sotto il profilo diagnostico-terapeutico sia
medico-legale. Uno degli elementi fondamentali che vorremmo subito sottolineare è che da
un punto di vista diagnostico non sempre i sintomi presenti, anche se suggestivi (es. ansia
intensa), sono solo di origine psichica; talvolta, e più frequentemente di quanto si pensi,
malattie internistiche o uso/abuso di farmaci possono causare quadri simili.
In questi casi è assolutamente necessario che il Medico di Continuità Assistenziale si
orienti in quanto il rischio di misconoscere una patologia internistica o un’intossicazione
può avere gravi conseguenze. Pertanto nella presentazione delle più comuni problematiche
psichiatriche ricorderemo anche le principali diagnosi differenziali di tipo internistico poiché
soprattutto questo, insieme con un corretto intervento farmacologico, rientra nei compiti
del Medico di Continuità Assistenziale. Non tutti i medici hanno molta pratica di psico­
farmacologia; è pertanto utile che ognuno di voi conosca e si abitui ad usare i pochi farmaci
qui elencati conoscendone caratteristiche e limiti per ottenere i migliori risultati con il minimo
rischio per il paziente (e per voi stessi). L’intervento farmacologico urgente, il più delle volte,
ha come fine immediato la sedazione del paziente da ottenere il prima possibile con il minor
rischio possibile. La sedazione va intesa puramente come inizio di tutto il complesso ed
articolato percorso, che porta alla comprensione ed alla cura del paziente e non certo come
“cura” in sé: è paragonabile alla pratica di prendere una via venosa in un paziente in stato
di shock. In questo senso saranno indicati pochi farmaci utili in ambiente extraospedaliero:
In caso di agitazione severa con pericolo per sé e/o per gli altri e in caso di delirium in
pazienti complessi, utilizzare in prima linea antipsicotici i.m. e/o benzodiazepine:
- aloperidolo 2 mg fiala i.m.
- aloperidolo 2,5-5 mg + lorazepam 2 mg i.m. nell’adulto.
In caso di agitazione moderata considerare antipsicotici oppure benzodiazepine per
via orale:
- lorazepam 2-4 mg per os (possibile somministrazione i.m. ma è preferibile la via e.v.).
È possibile ripetere la dose dopo 2 ore se indicato.
- diazepam 2-10 mg per os (da 2 a 4 volte/die sulla base della severità del quadro); 2-10
mg i.m. o e.v. ogni 3-4 ore se necessario sulla base dei sintomi. Scarso effetto sedativo,
significativa incidenza sul sistema extrapiramidale, buon effetto “antipsicotico”, ma
non certo alla prima somministrazione, scarsa influenza sul sistema cardiovascolare e
media maneggevolezza; quindi è bene sapere che esiste, ma l’uso va limitato a pochi
casi.

Quadri clinici
In queste brevi note sulle acuzie psichiatriche verranno descritti i principali aspetti
clinici secondo un modello medico ed in un’ottica sostanzialmente pratica, lontana da
intenti nosografici ed etio­pato­genetici, per cui si rimanda a trattati e manuali. Si porrà
quindi l’attenzione agli aspetti psicopatologici salienti e caratteristici dei quadri clinici, nel
tentativo di descrivere sinteticamente ciò che il medico si trova obiettivamente ad affrontare
nel momento dell’intervento.
136 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Paziente in crisi d’ansia/attacco di panico


Un attacco di panico è un episodio improvviso di ansia severa associata a segni e
sintomi quali sudorazione, palpitazioni, tremori. Il soggetto mostra i segni neurovegetativi
e gli atteggiamenti propri di chiunque si trovi in una situazione di pericolo imminente. Ma
il paziente è entrato in questo stato senza nessuna causa apparente: l’ansia si distingue
psicopatologicamente dalla paura solo in quanto non ha oggetto, per il resto è identica.
Egli è cosciente, chiede attivamente aiuto ed il più delle volte, non sa spiegarsi cosa stia
accadendogli.
È molto utile una breve anamnesi: nei sei-dodici mesi precedenti l’episodio è possibile
che si sia verificato un lutto o un evento vitale particolarmente significativo per il paziente.
A volte sono presenti, in modo più o meno evidente, sintomi come senso d’oppressione
retro­sternale o difficoltà di respiro che impongono la diagnosi differenziale con patologia
cardiaca o respiratoria.
D’altro canto, anche di fronte a quadri clinici caratterizzati da soli disturbi psichici, ponete
sempre attenzione alla storia clinica ed alle eventuali patologie internistiche del paziente.
Per es., in un paziente diabetico disturbi psichici possono essere dovuti a:
-  Ipoglicemia, chetoacidosi diabetica.
Anche alcune patologie cardiopolmonari quali:
-  angina pectoris, embolia polmonare, tachiaritmie, aritmie ipocinetiche possono talvolta
dare sintomi di tipo psichiatrico riferibili ad attacchi di panico come anche:
-  feocromocitoma, ipertiroidismo, spasmofilia, esofago irritabile.
Anche situazioni legate all’assunzione o all’astinenza di farmaci o droghe:
-  astinenza da barbiturici, intossicazione da caffeina, cocaina, anfetamine, possono
manifestare questi quadri.
La condotta più adeguata, nel visitare il soggetto, sta nell’unire al procedere tecnico una
serena partecipazione emotiva: l’atto medico in sé ha spesso un valore terapeutico oltre a
consentire un corretto orientamento diagnostico. Somministrare:
1) Lorazepam sublinguale (1 cpr sublinguale oppure 1 fiala i.m.; per i dosaggi e alterna­
tive terapeutiche fare riferimento al paragrafo precedente) ed in caso di dubbio diagnostico
inviare in ospedale. Qualora siate certi della diagnosi, somministrata la terapia, consigliate
al paziente di rivolgersi ad uno psichiatra.

Catatonia
Il soggetto si presenta, nella maggioranza dei casi, in apparente perdita di coscienza o
in uno stato crepuscolare: la diagnosi non è immediatamente semplice. Pressione e respiro
sono normali, il polso lievemente accelerato, non sono presenti segni neurologici e se vi è
stata una caduta a terra non vi sono traumi o lesioni se non veramente minime.
Sollevando la palpebra, si ha una normale reazione alla luce e per un brevissimo istante
sarete seguiti dallo sguardo. Sollevando una mano del soggetto sopra il volto dello stesso
e lasciandola, osserverete che il paziente eviterà di colpirsi. Le prove di reazione al dolore
non sono indicative: spesso i pazienti rimangono apparentemente insensibili anche a stimoli
intensi. In pazienti con disturbo di personalità si possono verificare crisi che necessitano di
intervento urgente come episodi di improvviso e severo distress emotivo associato o meno a
disfuzioni cognitive e psicosociali con condotte autolesioniste e ideazione suicida.
Trattamento iniziale in prima linea: Lorazepam sublinguale (1 cpr sublinguale) ed il
consiglio di rivolgersi ad uno psichiatra.
Patologie psichiatriche 137

Paziente in crisi maniacale


Il soggetto si presenta eccitato, euforico, logorroico, clamoroso ed irrefrenabile. Oltre a
ciò il paziente è scarsamente cosciente del proprio stato, nei casi più gravi non lo è affatto
e non ritiene di aver bisogno del Medico: “Lui sta benissimo”. L’intervento è richiesto il più
delle volte dai familiari.
Questo quadro clinico prevede il ricovero del soggetto in ambiente psichiatrico nella quasi
totalità dei casi. È sempre difficoltoso convincere il paziente a farsi aiutare ma ciò rimane
eticamente la prima scelta; per il trattamento in acuto cercare di sedare il paziente mediante
uso di antipsicotici o benzodiazepine per via orale se possibile oppure i.m., come descritto
precedentemente per il paziente in agitazione psicomotoria possono anche essere associati.
Se non riuscite, passate a valutare l’opzione del Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.).

Paziente in crisi psicotica


La presentazione del soggetto è polimorfa ma, le caratteristiche che generalmente si
ripetono sono:
- allucinazioni (più spesso uditive)
- deliri
- disordine del pensiero e del linguaggio
- illusioni
- appiattimento affettivo
- abbandono della vita sociale e perdita di motivazione.
Nella realtà clinica questi si presenterà più vicino ora all’una, ora all’altra delle polarità
sintomatiche suddette.
Il paziente ha un grado variabile della coscienza di sé, ma tale coscienza solitamente
è scarsa.
Se avete avuto qualche indicazione sul caso, prima di visitare il paziente cercate di
raccogliere tutti gli elementi anamnestici e situazionali utili dai familiari o da chi ha richiesto
l’intervento. Qualora siano, o siano state presenti aggressività e minacciosità, chiedete il
prudenziale, ma discreto supporto alle Forze dell’Ordine. Nel visitare il soggetto cercate di
accettare la “sua” realtà ricordando che un paziente disse una volta ad un medico: «Dot­
tore, io sono matto ma non scemo!». Operate soprattutto con i mezzi umani che avete per
convincere il paziente a recarsi in Ospedale e, se il paziente è molto agitato e/o aggressivo
e ravvisate un pericolo per sé stesso o per gli altri in acuto è indicata la sedazione con:
1) aloperidolo 2,5-5 mg + lorazepam 2 mg i.m. nell’adulto.

ATTENZIONE: Qualora non riusciate ad incontrare il paziente, valutate


l’opportunità di un Accertamento Sanitario Obbligatorio (A.S.O.): il semplice
rifiuto della visita non è motivo sufficiente per imporre un A.S.O. Se, invece,
avendolo visitato non riuscite a farlo ricoverare volontariamente, considerate una
procedura di T.S.O.

Delirium
Il soggetto si presenta confuso, incoerente, disorientato; passa dal riso al pianto ra­
pidamente ed in modo incongruo; ha allucinazioni visive ed uditive; i rapporti col mondo
circostante sono pressoché interrotti. Il disordine prevarica l’unità e la coesione della vita
psichica che è: “…come nave sanza nocchiero in gran tempesta”. Quest’immagine di Dante
138 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Alighieri si presta anche in ragione della molteplice natura eziologica di questo quadro che,
nel paziente psichiatrico, può complicare gli ultimi tre sovraesposti, ma, più frequentemente,
è sintomatico di una o più gravi situazioni organiche che stanno impegnando gravemente
il soggetto.
L’anamnesi e le circostanze ambientali sono preziose per l’orientamento diagnostico.
Iniziate a monitorare ed assicurare i parametri vitali nell’attesa dell’ambulanza che avrete
prontamente chiamato, se agitazione importante e sintomi non gestibili con intervento non
farmacologico praticate una fiala di Aloperidolo i.m. (1 f i.m.). Aloperidolo 0,25 mg-0,5 mg
per os o i.m. 2 volte/die, iniziare con una dose bassa e titolare in base alla risposta clinica.

Tentativo di suicidio
La gravità di questo caso è implicita, anche quando il suicidio venga minacciato senza
ancora un passaggio all’atto: chi manifesti intenzioni suicidarie, o abbia compiuto gesti
in tal senso, ha un rischio di suicidio significativamente superiore al resto della popola­
zione. Ciò significa che la morte del soggetto è ragionevolmente prevedibile e si è quindi,
responsabilmente, obbligati ad evitarla. Di fronte ad un soggetto che minacci l’atto, operate
ogni convincimento affinché egli si ricoveri; se non riuscite, non esitate a procedere con
proposta di T.S.O.
Nel caso di un soggetto che abbia già effettuato un tentativo suicidario, l’immediato
ricovero rientra nello stato di necessità.
Nel caso il gesto sia stato compiuto probabilmente tramite farmaci o tossici, mentre arriva
l’ambulanza, con l’aiuto dei familiari o di chi altro, cercate di stabilirne, il prima possibile,
natura, quantità, tempo trascorso dall’assunzione e peso stimato del paziente, quindi
comunicate con i centri antiveleni di Roma o di Milano, sempre attivi (vedi Pronto Soccorso).

Appendice medico-legale
La Costituzione Italiana detta all’Art. 32: «La Repubblica tutela la salute come fonda­
mentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…». Il Medico si trova a dover
garantire l’uno e l’altra avendo presente la differenza di rango dei due.
I trattamenti sanitari sono di norma volontari e diventano obbligatori solo per dispo­
sizioni di legge. Il campo della patologia psichiatrica è in questo senso specificamente
regolamentato dagli Artt. 33-34-35 della Legge n. 833 del 1978, poi integrati da Leggi
e Disposizioni Regionali in merito ad Accertamenti e Trattamenti Sanitari Obbligatori
(A.S.O. e T.S.O.). Gli articoli di legge sono riportati in quasi tutti i manuali di Psichiatria;
le Leggi Regionali sono facilmente reperibili presso le ASL e se ne consiglia caldamente
l’attenta lettura.
Tuttavia è bene ricordare che l’intervento, a volte, diventa immediatamente necessario,
indipendentemente dal consenso del paziente e prima o, contestualmente, all’avvio di una
procedura obbligatoria. Soltanto in questi casi è giustificato richiamarsi all’Art. 54 del
Codice Penale (CP) secondo cui: «Non commette reato colui che agisca nella necessità di
preservare chiunque dal pericolo attuale di danno grave alla persona propria od altrui»
(chi stia per defenestrarsi va fermato, come chi, non più conscio di sé, sta per compiere un
qualsiasi atto potenzialmente lesivo o aggressivo). Se lo stato di necessità non sussiste il
vostro intervento può configurarsi nella violenza privata (Art. 610 CP) e, ancor peggio, nel
sequestro di persona (Art. 605 CP).
Per converso, il non intervenire adeguatamente può configurare: l’omissione di atti di
Ufficio (Art. 328 CP); l’omissione di soccorso (Art. 593 CP); l’abbandono di incapace (Art.
591 CP). Si può sintetizzare con la riflessione di un paziente psichiatrico che, in una piazza
Patologie psichiatriche 139

distribuiva un volantino con su scritto: «Fare bene è bene; fare male è male: si può fare
male il bene e bene il male».

Quando effettuare la proposta di T.S.O.


Nel caso in cui sussistano i seguenti presupposti:
-  Se esistono alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici
-  Se gli stessi non vengano accettati dall’infermo
-  Se è impossibile adottare “tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere”.

Quando effettuare la proposta di A.S.O.


Nel caso in cui vi sia il presuntivo, ma fondato, sospetto che il soggetto sia nella prima
delle tre condizioni sopra definite per il T.S.O. e parimenti sia impossibile accertarsi, con
i comuni mezzi del Medico, delle sue reali condizioni di salute. Questo strumento, sostan­
zialmente, consente di far entrare lo Psichiatra in contatto con una situazione altrimenti
inavvicinabile e di accertare se il sospetto corrisponda ad uno stato patologico e quanto sia
grave. Ad esempio: il soggetto, che chiuso nella sua stanza da giorni rifiuta ogni contatto,
visita del Medico inclusa, non mangia, probabilmente non dorme, “negli ultimi tempi non
è più lui”, parla da solo, impreca o piange senza motivi apparenti, minaccia se stesso o i
familiari senza una ragione comprensibile: soffre con fondato sospetto di alterazioni psi­
chiche, tali da richiedere urgenti interventi terapeutici. Suggeriamo sia per il T.S.O. sia per
l’A.S.O. due rispettivi schemi di proposta ricordando, nel caso del T.S.O.:
-  Il paziente deve essere visitato da due Medici e quando ciò debba avvenire in ambiente
extraospedaliero, dovendo il secondo Medico (il convalidante) appartenere all’ASL (Art. 34
Legge 833/78), si fa riferimento al D.S.M., al Servizio d’Igiene e Prevenzione o al D.E.A. ma,
qualora non siano attivi i rispettivi servizi territoriali a causa dell’orario, della disponibilità
di personale o di diverse disposizioni, il Medico di Continuità Assistenziale è considerato a
tutti gli effetti personale medico dell’ASL e quindi abilitato a convalidare una proposta di
T.S.O. Quando solo può chiamare il Collega del 118; se questo non è attivo, valutare Art. 54
del CP (stato di necessità).
-  La descrizione delle condizioni cliniche del paziente deve essere più ampia e dettagliata
possibile e non limitarsi alla sola diagnosi.
-  La notifica e l’esecuzione di un’ordinanza di T.S.O. si configurano, sul piano giuridico,
come atti di polizia amministrativa e non come atti sanitari: essi sono quindi di competenza
del Corpo di Polizia Municipale, ma al momento dell’esecuzione è prevista e doverosa la
presenza contestuale di personale sanitario, che trova il suo fondamento nell’ambito più
generale dell’assistenza al malato.
Nel caso dell’A.S.O.:
-  Si tratta di un procedimento che obbliga il cittadino a sottoporsi ad una visita psi­
chiatrica che si svolge di norma al Pronto Soccorso.
Ribadiamo che questo strumento può essere utilizzato solo qualora sia impossibile
accertarsi, con i comuni mezzi del Medico, delle sue reali condizioni di salute. In tal caso è
necessaria una sola certificazione e viene quindi interessato, al momento della proposta, un
solo Medico: gli aspetti di responsabilità e coscienza nell’agire sono particolarmente esaltati
nell’uso di questo strumento, che dovrebbe rivestire un carattere di sostanziale eccezionalità.
-  Circa notifica ed esecuzione si rimanda a quanto sopra detto per il T.S.O.
- L’A.S.O. non può essere effettuato in regime di degenza ospe­daliera.
140 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Dr………………… Lì………………………………

Al Sig. Sindaco di…………………………

PROPOSTA DI TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO

Si richiede trattamento sanitario obbligatorio in regime di ricovero ospedaliero per il Sig.


..........................................................................................................................................
nato a ...............................................................................................................................
il........................................................................................................................................
e residente in via...............................................................................................................
..........................................................................................................................................
presenta.............................................................................................................................
Sono presenti alterazioni psichiche tali da richiedere urgente intervento terapeutico.
Il paziente suddetto non accetta l’intervento terapeutico propostogli.
Non ci sono al momento attuale condizioni e circostanze che consentano di adottare
tempestive ed idonee misure curative extra­ospedaliere.
Luogo, data, ora, firma (leggibile)

Visitato il Sig……… convalido quanto certificato dal Dr……………………………


Luogo, data, ora, firma (leggibile)

Dr………………… Lì………………………………
Al Sig. Sindaco di…………………………

PROPOSTA DI TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO

Si richiede trattamento sanitario obbligatorio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di


...........................................................................................................................................
...........................................................................................................................................
per il Sig. ...........................................................................................................................
nato a ................................................................................................................................
il.........................................................................................................................................
e residente in via................................................................................................................
in quanto vi è il fondato sospetto che il suddetto presenti alterazioni psichiche tali da
richiedere urgenti interventi terapeutici poiché ……………………………………..
Luogo, data, ora, firma (leggibile)
Pneumologia
⊲  A. Recanatini  ⊲  L. Antonicelli  ⊲  R. Antonicelli
⊲  M.C. Braschi  ⊲  G.E. Zagami

Le pa­to­lo­gie che in­te­res­sa­no pol­mo­ni e vie ae­ree in ge­ne­ra­le so­no tra le più fre­quen­ti durante
la continuità assistenziale. Spa­zia­no dal ba­na­le raf­fred­do­re al­l’em­bo­lia pol­mo­na­re, con
sin­to­ma­to­lo­gia spes­so sfu­ma­ta e si­mi­le tra lo­ro.

Dispnea
La dispnea, che può essere definita come una sensazione fastidiosa di difficoltà respi­
ratoria, è uno dei sintomi più frequentemente riferiti al Medico di Continuità Assistenziale.
Le cause più comuni di dispnea sono le patologie respiratorie o cardiache, ma tale
sintomo può essere anche legato ad uno stato emozionale, all’anemia, ad alterazioni della
parete toracica di origine muscolare, scheletrica o neurologica, a condizioni di acidosi
metabolica e ad alterazioni del sistema nervoso centrale (per stimolazione diretta o riflessa
dei centri respiratori).
L’esame obiettivo può dare utili informazioni: il riscontro di un aumentato carico di lavoro
della respirazione, evidenziato dall’uso dei muscoli accessori della ventilazione, da even­
tuali retrazioni sopraclavicolari e della posizione del tripode (posizione seduta con le mani
appoggiate sulle ginocchia), è più indicativo di alterazioni della componente ventilatoria,
generalmente per un aumento delle resistenze delle vie aeree.
È fondamentale la valutazione dei parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arte­
riosa, frequenza respiratoria, saturazione arteriosa, stato di coscienza e temperatura); oltre
a valutare la frequenza respiratoria (v.n. 12-20 atti/min), occorre considerare anche il ritmo
respiratorio (regolare o intervallato da fasi di apnea) e l’ampiezza del respiro. I pazienti che
presentano dispnea da sforzo dovrebbero essere inviati ad uno specialista.

Bron­chio­li­te
È una sindrome clinica che col­pi­sce in ge­ne­re i bam­bi­ni sot­to i 2 anni d’età (in genere
nei bambini sopra i due anni e negli adulti i sintomi sono lievi e si risolvono con semplici­
tà), so­prat­tut­to du­ran­te i pe­rio­di di e­pi­de­mia in­fluen­za­le (l’agente eziologico principale è
il Virus Respiratorio Sinciziale) ed è caratterizzata da sintomi delle alte vie respiratorie (in
genere rinorrea) e successivamente infezione/infiammazione delle basse vie respiratorie con
dispnea, fischi e rantoli. Occasionalmente può essere causata anche da infezioni batteriche
(Mycoplasma pneumoniae). La presenza di dispnea, febbre, tosse persistente, alitamento
delle pinne nasali, il rientramento degli spazi intercostali, subcostali e sovrasternali,
l’utilizzo dei muscoli accessori (indici di incrementato sforzo respiratorio), una SpO2 <95%
al pulsossimetro, apnea, sono segni di un quadro severo (American Academy of Pediatrics
raccomandazione forte, livello B) e si de­ve pro­ce­de­re al ri­co­ve­ro o­spe­da­lie­ro im­me­dia­to,
as­si­cu­ran­do nel frat­tem­po un a­de­gua­to ap­por­to di li­qui­di per os e cercando di risolvere la
congestione/ostruzione nasale e garantendo un attento monitoraggio (American Academy
of Pediatrics raccomandazione forte, livello X). La diagnosi differenziale è con l’asma (da
considerare soprattutto se gli episodi di wheezing sono ricorrenti o se c’è anamnesi familiare
di atopia), polmonite (se temperatura >39 C° e sono presenti crepitii all’auscultazione),
displasia broncopolmonare, aspirazione di corpi estranei, fibrosi cistica.
142 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Bron­chi­ti, broncopol­mo­ni­ti
La tosse è il sintomo cardine nei pazienti con bronchite acuta, una tosse che dura da
almeno 5 giorni e che può anche durare fino a 1-3 settimane, associata o meno a espettorato
biancastro o purulento. Se questa diventa prolungata ( >3 settimane) può insorgere dolore
toracico o muscolo-scheletrico sotto-sternale. L’esordio della bronchite si accompagna
o meno a sintomi aspecifici (raffreddore, cefalea, congestione nasale, mal di gola). In
alcuni casi è presente una lieve dispnea e rumori stenotici all’auscultazione del torace. La
diagnosi di bronchite è fondamentalmente clinica ma se compaiono febbre o altri sintomi
sistemici con presenza di espettorato purulento, il sospetto deve virare verso l’influenza o
forme di polmonite. In quest’ultimo caso, la presenza di tachipnea, tachicardia, SpO2 <95%
al pulsossimetro, alterazione stato mentale in soggetti di età >75 anni ci impongono di far
eseguire al paziente una radiografia del torace) (Tabella 1).
Per la maggior parte dei pazienti i sintomi si risolvono spontaneamente nell’arco di
1-3 settimane. L’utilizzo empirico di antibiotici non è raccomandato (Uptodate grado 1B)
(importante è a tal proposito discutere con il paziente sui rischi/benefici che può comportare
un utilizzo inappropriato di antibiotici). Trova indicazione invece l’utilizzo di farmaci per il
controllo dei sintomi (Uptodate grado 2C).
Se a­ve­te dia­gno­sti­ca­to u­na pol­mo­ni­te bat­te­ri­ca, oc­cor­re­rà ri­co­ve­ra­re:
a) il pa­zien­te con fo­co­lai bron­co­pneu­mo­ni­ci mul­ti­pli, spe­cie se pre­sen­ta ve­sci­co­le e/o
pu­sto­le cu­ta­nee (an­che se po­che): pro­ba­bi­le sta­fi­lo­coc­cia!!!
b) il pa­zien­te con alterazioni dello stato neurologico;

Tabella 1.

CLINICA POLMONITE BRONCHITE


Esordio Brusco Graduale
Febbre In genere elevata, frequentemente In genere di
  preceduta da brivido, meno sensibile   media entità
   agli antipiretici
Dolore puntorio Frequente, costante Assente (talvolta
  toracico   in una sede, accentuato dagli   sensazione di bruciore
 atti respiratori  retrosternale)
Condizioni Compromesse, possibile Buone
 generali   Herpes labialis
Espettorato Muco purulento, Giallastro
  a volte rugginoso
  o striato di sangue
Auscultazione Rantoli a piccole bolle Rantoli più o
  o crepitanti, MV ridotto   meno grossolani
  oppure abolito e sostituito
  da soffio bronchiale*,
  sfregamenti pleurici
  specie nella sede
  del dolore puntorio
Percussione Ipofonesi, ottusità**

Il soffio bronchiale è di norma “aspro”, diventa “dolce” quando concomita versamento pleurico.
*

Può coesistere versamento pleurico.


**
Pneumologia 143

c) il pa­zien­te an­zia­no, spe­cie se scar­sa­men­te as­si­sti­to, de­fe­da­to o con con­co­mi­tan­ti pa­


to­lo­gie di ti­po si­ste­mi­co (car­dio­va­sco­la­ri, re­spi­ra­to­rie, dia­be­te);
d) il bam­bi­no pic­co­lo o quel­lo con con­di­zio­ni ge­ne­ra­li com­pro­mes­se (at­ten­zio­ne al­la su­
bcia­no­si dei pro­la­bi). Ri­cor­da­te che un lat­tan­te con in­te­res­sa­men­to pol­mo­na­re non si a­li­men­ta
e si di­si­dra­ta ra­pi­da­men­te;
e) residenza disagiata (fredda) o lontana da ospedali (es. località montana) o in ogni caso
qualsiasi paziente la cui anamnesi suggerisca un’inadeguata compliance terapeutica o rispetto
alla necessità di riposo domiciliare. Il pa­zien­te in buo­ne con­di­zio­ni ge­ne­ra­li, con fo­co­laio u­ni­co,
può es­se­re con­ve­nien­te­men­te trat­ta­to a do­mi­ci­­­lio, rac­co­man­dan­do pe­rò con­trol­lo da par­te del
Me­di­co Cu­­ran­te. Se il paziente non presenta comorbilità, non ha assunto antibiotici nei 3 mesi
precedenti e risiede in aree dove Macrolido-resistenza è bassa po­te­te in­co­min­cia­re con u­na
te­ra­pia an­ti­bio­ti­ca di questo ti­po (UptoDate grado 2A):
- Azitromicina 500 mg cpr, 1 cpr/die per 3 gg
- Claritromicina 500 mg cpr, 1 cpr ogni 12 ore per 5 giorni.
Se invece il paziente presenta comorbilità o ha assunto di recente un antibiotico allora è
consigliabile instaurare una terapia di questo tipo (UptoDate grado 2A):
- Amoxicillina/clavulanato 2 g x 2/die + Claritromicina 500 mg x 2/die (per pazienti a
rischio allungamento intervallo QT preferibile associazione beta-lattamico + doxiciclina).
Un­’e­ve­nien­za frequente so­prat­tut­to in sog­get­ti gio­va­ni è la pol­mo­ni­te da My­co­pla­sma; po­tre­
ste for­mu­la­re ta­le so­spet­to dia­gno­sti­co quando la sintomatologia è sfumata oppure tro­van­do­vi
di fron­te a sog­get­ti, già in trat­ta­men­to con an­ti­bio­ti­ci be­ta-­lat­ta­mi­ci, che non mo­stra­no al­cun
be­ne­fi­cio dal­la te­ra­pia in at­to.
In questa circostanza, dopo aver valutato con attenzione il quadro clinico e gli eventuali
esami radiologici disponibili, impostare una terapia con Macrolidi:
Azitromicina (cpr 500 mg × 1/die) per 3 giorni consecutivi oppure Claritromicina (cpr o
bustina da 500 mg ogni 12 ore per 5-7 giorni).
Per l’e­ven­tua­le sin­to­ma­to­lo­gia al­gi­ca è an­che qui in­di­ca­to l’A­SA o il Paracetamolo (Vedi
paragrafo “Analgesici, antinfiammatori, antipiretici”). Se il pa­zien­te è un bam­bi­no gran­di­cel­lo
ed in buo­ne con­di­zio­ni ge­ne­ra­li, la te­ra­pia è analoga.
Nel caso il bambino si inserisca nel contesto di una piccola epidemia nell’ambito familiare
o scolastico (come tipicamente si verifica per il Mycoplasma pneumoniae), si prescriva:
1. Azitromicina (10 mg/kg/die per os), in unica somministrazione giornaliera, per 3 giorni
consecutivi oppure Claritromicina (125 mg/5 ml o 250 mg/5 ml granulato per sospensione
orale 15 mg/kg/die suddivisi in due somministrazioni giornaliere).
Se avete percepito con il fonendoscopio soltanto rantoli grossolani e siete orientati verso
una bronchite cronica, potete trattarla a domicilio con terapia antibiotica e con antipiretico
al bisogno ed eventualmente aggiungere cortisonico e/o diuretico; se il paziente è un adulto
somministrate:
1. Amoxicillina/Acido clavulanico (cpr 1 g × 2/die) oppure Cefditoren Pivoxil (cpr 200 mg × 2/
die) oppure Cefixima (cpr 400 mg 1 cpr/die) oppure Claritromicina (cpr o bustina da 250 mg
ogni 12 ore) oppure Azitromicina (cpr 500 mg × 1/die) per 3 giorni consecutivi ed inoltre:
2. ASA (1 cpr × 3/die).
Per un bambino somministrate:
1. Amoxicillina/Acido clavulanico (50 mg/kg/die) oppure Cefixima (gran. 8 mg/kg/die in un’uni­
ca somministrazione) oppure Claritromicina (granulato 15 mg/kg/die in 2 somministrazioni)
oppure Azitromicina (10 mg/kg/die per os), in unica somministrazione giornaliera, per 3
giorni consecutivi ed inoltre:
2. Paracetamolo (v. Antipiretici).
144 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Par­ti­co­la­ri pro­ble­mi ven­go­no po­sti dall’anziano, dal bron­chi­ti­co cro­ni­co e dal bam­bi­no di
e­tà in­fe­rio­re ad un an­no:
a) nell’anziano: feb­bre, tos­se ed e­spet­to­ra­zio­ne pos­so­no pre­sen­tar­si in­gan­ne­vol­men­te
ri­dot­te; per­cus­sio­ne ed a­uscul­ta­zio­ne pos­so­no es­se­re o­sta­co­la­te da en­fi­se­ma o da scar­sa col­
la­bo­ra­zio­ne. In sif­fat­te cir­co­stan­ze ri­chie­de­te u­na ra­dio­gra­fia del to­ra­ce d’ur­gen­za, o ricoverate;
b) il paziente con broncopneumopatia cronica ostruttiva è di so­li­to un sog­get­to an­zia­no o
comunque di età superiore a 40 anni e/o for­te fu­ma­to­re, ex-fumatore o sottoposto per diversi
anni ad inquinanti ambientali, il qua­le va in­con­tro a pe­rio­di­che ria­cu­tiz­za­zio­ni (au­men­to di
tos­se e dispnea o e­spet­to­ra­zio­ne ad esordio acuto) spe­cie nei me­si in­ver­na­li.
Le riacutizzazioni possono essere pericolose (fino all’insufficienza respiratoria) ma nella
maggior parte dei casi vengono gestite ambulatorialmente con una terapia antibiotica, cor­
ticosteroidea sistemica con l’eventuale somministrazione di Ossigeno gassoso. Al­l’i­spe­zio­ne
ed al­la per­cus­sio­ne sa­rà possibile rilevare un atteggiamento della gabbia toracica di tipo
enfisematoso ed all’au­scul­ta­zio­ne sussisterà riduzione del MV e ru­mo­ri sec­chi si as­so­ce­ran­
no a quel­li u­mi­di. In que­sti pa­zien­ti è de­ci­si­vo va­lu­ta­re le con­di­zio­ni ge­ne­ra­li, la presenza di
dispnea e tachipnea, l’e­ven­tua­le pre­sen­za di su­bcia­no­si, i ca­rat­te­ri del­l’e­spet­to­ra­to ed in­fi­ne
la tem­pe­ra­tu­ra cor­po­rea. Se c’è un incremento dell’espettorazione, l’e­spet­to­ra­to ap­pa­re gial­
la­stro e/o c’è feb­bre, co­min­ce­re­te u­na te­ra­pia che preveda antibiotici, cortisonici orali o e.v.,
broncodilatatori per via inalatoria; a seconda della gravità utilizzate:
1. Azitromicina (cpr 500 mg × 1/die) per 3 giorni consecutivi oppure Claritromicina (cpr
500 mg, 2 cpr/die) unitamente a beta-lattamici come cefalosporine per via intramuscolare
ad es. Ceftriaxone (1fl 1gr i.m./die) o Ceftazidima (1 fl 1 gr i.m. 1-2/die)
2. Cefditoren Pivoxil (cpr 200 mg × 2/die) oppure Cefixima (cpr 400 mg/die).
Una volta risolta la riacutizzazione della BPCO, va implementato o adattato il trattamento
a lungo termine della malattia. Una terapia farmacologica adeguata del paziente con BPCO
può ridurre i sintomi della malattia, prevenire la frequenza delle riacutizzazioni, migliorare
lo stato di salute e la tolleranza all’esercizio fisico. La scelta della terapia dovrebbe essere
guidata dalle caratteristiche cliniche e funzionali dei singoli pazienti. Per i pazienti con storia
di riacutizzazioni è indicato il trattamento con un broncodilatatore beta2-agonista a lunga
durata d’azione associato ad uno steroide inalatorio. La scelta dei vari dispositivi in commercio
è imprescindibile dall’esecuzione di un esame spirometrico dove, in base alla gravità dell’even­
tuale ostruzione documentata (FEV1), si associano i vari dispositivi terapeutici inalatori [es.
Fluticasone Furoato/Vilanterolo 92/22 mcg (1 inalaz/die); Fluticasone propionato/Salmeterolo
50/ 500 mcg ( 1 inal x 2/die); Beclometasone dipropionato/Formoterolo 100/6 mcg (1 inalaz x
2/die); Budesonide/Formoterolo 160/4,5 mcg (1 inalaz x 2/die)]. Per i pazienti la cui malattia non
è caratterizzata da una storia di riacutizzazioni ma dalla presenza dei sintomi, in particolare di
dispnea, è invece indicato l’utilizzo di un’associazione di due broncodilatatori con meccanismi
d’azione sinergici e complementari, cioè di un anticolinergico a lunga durata d’azione e di un
beta2-agonista a lunga durata d’azione [ad es. Umeclidinio/Vilanterolo 55/22 mcg (1 inalazione
1 volta al giorno) Indacaterolo/Glicopirronio 85/43 mcg (1 inalaz/die); Aclidinio/Formoterolo
340/12 mcg (1 inalz x 2/die)]. Nei pazienti con BPCO da moderata a severa, che non sono
adeguatamente trattati dalla combinazione di un ICS/LABA o da una combinazione LABA/
LAMA, è indicato l’utilizzo della triplice terapia inalatoria ICS/LAMA/LABA (ad es. fluticasone
furoato/umeclidinio/vilanterolo 92/55/22 mcg una volta al giorno).
c) il bambino di età inferiore ad un anno può essere colpito da bronchiolite (v. pag. 141).

Per­tos­se
La pertosse è una malattia altamente contagiosa, causata dai batteri gram-negativi
Bordetella Pertussis. È caratterizzata da tipici accessi di tosse spasmodica che terminano con
un’inspirazione prolungata di tono acuto stridente e sono seguiti dall’emissione di un muco
denso, con possibilità di quadri di asfissia, soprattutto nei lattanti. È una malattia tipica
dei bambini, ma può talora manifestarsi anche in soggetti adulti non vaccinati. Il vaccino si
Pneumologia 145

basa su batteri interi inattivati dal calore. È spesso associato con il vaccino antidifterico e
antitetanico (Dtp). In Italia la vaccinazione è obbligatoria. Viene somministrata nei bambini
a partire dal compimento dell’ottava settimana di vita. A causa della perdita di immunità
nel tempo, sono necessari più richiami: la prima dose, la seconda e la terza vengono fatte
a 6-8 settimane di distanza, a cui si aggiunge un’ultima dose di richiamo verso i 2 anni. La
malattia ha un periodo di incubazione di 5-14 giorni (in media 10 giorni circa) e a differenza
delle altre malattie infantili, l’immunità conferita da una prima infezione non è definitiva,
ma declina col tempo; la trasmissione avviene, da malato a sano, tramite le goccioline di
Flügge durante lo stadio catarrale e quello parossistico precoce (1a-4a settimana), mentre
il contagio indiretto è raro.
È una malattia endemica in tutto il mondo. Po­trà ca­pi­tar­e di tro­var­vi “im­mer­si” in u­na
e­pi­de­mia di per­tos­se: ri­cer­ca­te sem­pre il cri­te­rio e­pi­de­mio­lo­gi­co (al­tri ca­si in fra­tel­li­ni o
a­mi­chet­ti, nel­la scuo­la). Pen­sa­te al­la per­tos­se quan­do in un bam­bi­no la tos­se in­sor­ge nel­le
o­re tar­de del­la not­te, ha ca­rat­te­re ca­tar­ra­le ma è stiz­zo­sa, op­pu­re a­ve­va ca­rat­te­re ca­tar­ra­le
ed o­ra è di­ve­nu­ta sec­ca e ma­ga­ri per­si­ste do­po che un Col­le­ga ha pre­scrit­to un se­da­ti­vo
pe­ri­fe­ri­co del­la tos­se.
L’o­biet­ti­vi­tà to­ra­ci­ca frequentemente è ne­ga­ti­va; per la te­ra­pia l’an­ti­bio­ti­co consigliato
è un macrolide, es. (UptoDate grado 2B):
- Azitromicina da 10 a 12 mg/kg per os 1 volta/die per 5 giorni.
- Trimetoprim/sulfametossazolo può essere sostituito nei pazienti di ≥2 mesi che sono
intolleranti o ipersensibili agli antibiotici macrolidi.
I pazienti trattati a domicilio devono essere tenuti isolati, in particolare verso i bambini
predisposti, per almeno 4 settimane dall’inizio della malattia e fino alla risoluzione dei
sintomi. La dia­gno­si non co­sti­tui­sce pro­ble­ma quan­do sia­no già com­par­si i ti­pi­ci ac­ces­si,
in tal ca­so la som­mi­ni­stra­zio­ne del­l’an­ti­bio­ti­co ha lo sco­po di eliminare il batterio produttore
di tossina e di ri­dur­re il pe­rio­do con­ta­gio­so; per la tos­se po­trà in par­te gio­va­re un se­da­ti­vo
cen­tra­le non nar­co­ti­co:
De­stro­me­tor­fa­no (gtt: 5-10 gtt × 2-3/die; nell’adulto 15-30 gtt × 2-3/die).
Du­ran­te le cri­si è con­si­glia­bi­le che il pa­zien­te ven­ga man­te­nu­to in sta­zio­ne e­ret­ta. La
de­nun­cia del­la ma­lat­tia è ob­bli­ga­to­ria.

Pleu­ri­te e versamento pleurico


La pleurite può essere primitiva o secondaria a malattie polmonari o sistemiche, di
natura infettiva (ad es. TBC, polmoniti), disreattiva (ad es. malattie reumatologiche) o
neoplastica (ad es. mesotelioma, metastasi). Inoltre, un versamento pleurico trasudatizio
può verificarsi nell’insufficienza cardiaca congestizia, nella sindrome nefrosica, nell’uremia,
nella denutrizione, nella cirrosi epatica.
Un ra­gio­ne­vo­le so­spet­to di pleu­ri­te (feb­bre, do­lo­re pun­­to­rio in u­na de­ter­mi­na­ta re­gio­ne
to­ra­ci­ca, tos­se sec­ca stiz­zo­sa, e­ven­­­tua­le ri­du­zio­ne del M.V. e del F.V.T. nel­le zo­ne pol­mo­na­ri
col­pi­te ed ottusità alla percussione) de­ve sem­pre spin­ger­vi a ve­ri­fi­ca­re la si­tua­zio­ne con
u­na ra­dio­gra­fia del to­ra­ce.
Di so­li­to la ne­ces­si­tà di ac­cer­ta­men­ti dia­gno­sti­ci, per sta­bi­li­re l’e­sat­ta e­zio­lo­gia, ri­chie­de
il ri­co­ve­ro o­spe­da­lie­ro (tan­to più ur­gen­te, quan­to più il paziente è dispnoico ed ab­bon­dan­te
vi sem­bra l’e­ven­tua­le ver­sa­men­to). Non è per­tan­to op­por­tu­no i­ni­zia­re te­ra­pie specifiche
mentre va valutata nel singolo caso l’indicazione a terapia analgesica.

A­sma
La crisi di dispnea è u­na e­ven­tua­li­tà piut­to­sto fre­quen­te in cor­so di Continuità Assi­
stenziale; in que­sti ca­si prin­ci­pa­le com­pi­to del Me­di­co è sta­bi­li­re se si trat­ta di un a­sma
146 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

bron­chia­le o car­dia­co op­pu­re di di­spnea psi­co­ge­na. An­che in que­sto ca­so, l’a­nam­ne­si vi


sa­rà di gran­de aiu­to: sa­pe­re se vi tro­va­te di fron­te ad un car­dio­pa­ti­co, ad un asmatico o
ad un paziente con una riacutizzazione in corso di broncopneumopatia cronica ostruttiva
(BPCO) (vedi paragrafo Bronchiti e Broncopolmoniti), vi può u­til­men­te in­di­riz­za­re in un
sen­so o nel­l’al­tro; valutare l’eventuale assunzione di ASA prima della comparsa dei sintomi
respiratori; non è raro osservare crisi respiratorie in seguito all’assunzione di ASA legato
ad un’attivazione della via metabolica della lipoossigenasi con liberazione di leucotrieni a
spiccata attività infiammatoria.
Dal pun­to di vi­sta pra­ti­co, è mol­to im­por­tan­te os­ser­va­re l’at­teg­gia­men­to del pa­zien­te: se
que­sti è a­gi­ta­to, ma­ga­ri ap­pog­gia­to ad un ta­vo­lo o ad u­na fi­ne­stra con l’at­teg­gia­men­to di u­no
che re­spi­ra a fa­ti­ca, co­me se non ce la fa­ces­se a riem­pi­re i pol­mo­ni ed a svuo­tar­li, è mol­to
pro­ba­bi­le che ci si tro­vi di fron­te ad u­na cri­si di tipo respiratorio. Se il pa­zien­te è sdraia­to
sul let­to, con di­ver­si cu­sci­ni die­tro la schie­na, im­mo­bi­le, qua­si che il più pic­co­lo sfor­zo gli
co­stas­se u­na gran­de fa­ti­ca, con u­na e­spres­sio­ne d’in­ten­sa sof­fe­ren­za, è più pro­ba­bi­le un
a­sma car­dia­co. In caso di paziente adulto con lieve broncospasmo può essere sufficiente
un broncodilatatore con aerosol dosato ed idealmente distanziatore es.:
Salbutamolo (spray 2 puff×4/die).

ATTENZIONE: È importante ricordare al paziente che un buon controllo


dell’asma si ottiene solo con una terapia regolare con farmaci di fondo,
cioè corticosteroidi inalatori (ICS) da soli o in associazione a
broncodilatatori b2-agonisti a lunga durata d’azione (LABA).

Nel paziente adulto, adolescente e bambino di 6-11 anni con una esacerbazione asma­
tica (paziente agitato, dispnoico, fischi e sibili chiaramente udibili alla auscultazione,
atti respiratori aumentati, PEF compreso tra l’80 e il 60% del teorico o del migliore valore
personale in pazienti che già monitorizzano il PEF) si consiglia nelle forme lievi-moderate
(Tabella 2) la somministrazione ripetuta di b2-stimolanti a breve durata d’azione (SABA),
ad esempio salbutamolo spray, 4-10 puff da ripetere ogni 20’ per 1 ora, eventualmente
associato a corticosteroide per via sistemica, ad esempio prednisolone (adulti 1 mg/kg,
max 50 mg; bambini 1-2 mg/kg, max 40 mg) e ad ossigenazione controllata (se possibile),
con target di saturazione 93-95% (94-98% nei bambini). Se la valutazione della risposta
terapeutica dopo 1 ora mostra un peggioramento del quadro clinico, va disposto il ricovero
ospedaliero con trasferimento in unità di terapia intensiva. Le forme di riacutizzazioni
gravi sin dall’esordio richiedono il ricovero urgente del paziente. Per i criteri di valutazione
della gravità della riacutizzazione e la gestione negli adulti, adolescenti e bambini 6-11
anni, vedi Tabella 2.

ATTENZIONE: È importante ricordare che fino ad un 30% dei pazienti con


asma bronchiale riacutizzato possono non rispondere alla somministrazione
dei b2-stimolanti a breve durata d’azione e che la terapia steroidea può
avere frequentemente una latenza di oltre 4 ore nell’effetto terapeutico.

Qualora le condizioni si presentino già di base particolarmente gravi (oltre ai sintomi


suddetti anche cianosi o riduzione del PEF<60% atti respiratori >30/min e FC >120 bpm),
disponete per il ricovero, nel frattempo trattate con b2-stimo­lanti a breve durata d’azione
ad alte dosi es.:
Salbutamolo (4 puff in rapida successione) più steroidi per via parenterale: Betametasone
(f 4 mg 1-2 f e.v. in unica somministra­zione).
Pneumologia 147
Tabella 2. Gestione delle riacutizzazioni asmatiche in medicina generale (adulti, adolescenti, bambini di
6-11 anni)

Medicina generale
Il paziente si presenta con riacutizzazione di asma acuta o sub-acuta.

Valutazione del paziente


È asma?
Fattori di rischio per morte legata ad asma?
Qual è la gravità della riacutizzazione?

LIEVE O MODERATA GRAVE POTENZIALMENTE


Riesce a formulare frasi, Comunica con singole parole, MORTALE
preferisce sedere e non stare siede chino in avanti, Sonnolenza, confusione o
sdraiato, non è agitato. è agitato. assenza di rumori respiratori.
Frequenza respiratoria Frequenza respiratoria
aumentata. >30 atti/min.
Muscoli accessori non Muscoli accessori utilizzati
utilizzati nel respirare. nel respirare. urgente
Polso 100-120 bpm. Polso >120 bpm.
Saturazione O2 (in aria Saturazione O2
ambiente) 90-95% (in aria ambiente) <90%
PEF>50% del teorico o PEF≤50% del teorico o TRASFERIMENTO IN UNITÀ
del migliore valore di PEF del migliore valore di PEF DI TERAPIA INTENSIVA
misurato. misurato. Durante l’attesa:
dare SABA,
INIZIO TRATTAMENTO se peggiora O2, corticosteroidi sistemici.
SABA: 4-10 puff con pMDI + SPACER
ripetere ogni 20’ per 1 ora.
PREDNISOLONE: adulti 1 mg/kg, max
50 mg; bambini 1-2 mg/kg, max 40 mg.
OSSIGENAZIONE CONTROLLATA
(se possibile): target di saturazione
93-95% (bambini: 94-98%)

Continuare il trattamento con SABA secondo la necessità.


se peggiora
Valutazione della risposta dopo 1 ora (o prima).
se migliora

VALUTAZIONE DI UN’EVENTUALE PREPARAZIONE ALLA DIMISSIONE


DIMISSIONE Terapia al bisogno: continuare secondo la necessità.
Sintomi: migliorati, SABA non necessari. Terapia di mantenimento: inizio o step up.
PEF: in miglioramento e >60-80% Controllare la tecnica inalatoria e l’aderenza
del teorico o del migliore valore di PEF terapeutica.
misurato. Prednisolone: continuare per 5-7 giorni
Saturazione ossigeno: >94% in aria (3-5 giorni per i bambini).
ambiente. Follow up: entro 2-7 giorni.
Risorse domiciliari: adeguate.

FOLLOW UP
Farmaci al bisogno: secondo la necessità.
Farmaci di mantenimento: Continuare con alte dosi a breve termine (1-2 settimane) o a lungo
termine (3 mesi) in base al background della riacutizzazione.
Fattori di rischio: Controllare e correggere i fattori di rischio modificabili che potrebbero aver
contribuito alla riacutizzazione, inclusa la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica.
Piano terapeutico: È stato compreso dal paziente? È stato messo in atto appropriatamente?
C’è bisogno di modifiche?
O2: ossigeno; PEF: picco di flusso espiratorio; SABA: b2-agonisti a breve durata d’azione
(le dosi si riferiscono al salbutamolo)
148 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Se la risposta al Salbutamolo non si manifesta entro 30-40 minuti è sconsigliabile


continuare a somministrare tale farmaco ed è opportuno disporre un ricovero nel più breve
tempo possibile. Ricovero immediato in ospedali dotati di strutture di rianimazione se il
paziente appare confuso, cianotico, spesso prostrato fisicamente da una crisi asmatica
in corso da molte ore, specie se vi è assenza di sibili e fischi all’esame obiettivo toracico.
Quando disponete per il ricovero del paziente asmatico, ricordate che il trasporto alle
strutture sanitarie (specie se lontane) deve essere effettuato per mezzo di ambulanza
dotata di ossigeno.

ATTENZIONE: La esacerbazione severa dell’asma, se poco sensibile alla


terapia, è una condizione potenzialmente a rischio di morte per arresto
respiratorio.

Alcuni fattori possono identificare i pazienti potenzialmente a rischio di asma fatale e


tra questi ricordate:
•  una storia clinica di asma grave persistente
•  pazienti che non utilizzano corticosteroidi inalatori
•  storia di pregressa ospedalizzazione
•  ricovero in PS negli anni precedenti
Non trovano alcun razionale impiego nella crisi d’asma:
• sedativi della tosse;
• sodio cromoglicato;
• mucolitici.
Alla luce delle più recenti linee guida del trattamento della crisi asmatica non si
raccomanda l’uso dell’Amino­fil­lina endovena in pazienti domiciliari durante le prime ore.
Per quanto riguarda i bambini con età ≤5 anni, i criteri di valutazione iniziale della
gravità della riacutizzazione di asma sono riportate nella Tabella 3, mentre la Tabella 4
mostra l’algoritmo raccomandato dalle linee guida GINA per la gestione delle riacutizzazioni
di asma in tale fascia di età.

Tabella 3. Valutazione iniziale della riacutizzazione di asma in bambini con età ≤5 anni.
Sintomi Lieve Grave*
Alterazione dello stato di No Agitato, confuso o soporoso
coscienza
Ossimetria iniziale (SaO2)** >95% <92%

Eloquio† Frasi Parole


Frequenza cardiaca <100 battiti/min >200 battiti/min (0–3 anni)
>180 battiti/min (4–6 anni)
Cianosi centrale Assente Probabilmente presente
Intensità del sibilo Variabile Il torace può essere silente
*La presenza di una o più di queste caratteristiche indica una riacutizzazione grave. **Ossimetria prima del trattamento con
ossigeno o con broncodilatatore. †Considerare le capacità del bambino in relazione all’età.
Pneumologia 149

Nelle forme lievi-moderate, va iniziato subito il trattamento con SABA (2-6 puffs ogni 20
minuti per la prima ora) e va monitorata la necessità di somministrazione di ossigeno (con
l’obiettivo di mantenere la saturazione tra 94-98%). L’immediato trasferimento all’ospedale
del bambino con età ≤5 anni affetto da riacutizzazione asmatica viene raccomandato nei
seguenti casi: se vi sono elementi tipici della riacutizzazione grave (vedi Tabella 3); se non
c’è risposta alla terapia inalatoria con SABA entro 1-2 ore; se le risorse per l’assistenza
domiciliare del bambino sono insufficienti; se la saturazione di ossigeno è <92% in aria am­
biente. Poiché le riacutizzazioni asmatiche sono un indicatore di scarso controllo dell’asma,
una volta risolta la riacutizzazione, andrà rivalutato il trattamento regolare di mantenimento
della malattia, alla luce delle Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma). Tali linee guida
hanno introdotto una classificazione del livello di controllo dell’asma, particolarmente utile
dal punto di vista operativo:
• asma controllato;
• asma parzialmente controllato;
• asma non controllato.
L’attribuzione a un determinato livello di controllo è fondata sulla valutazione dei sintomi
(inclusi quelli notturni), della limitazione nelle attività quotidiane, della necessità di terapia
“al bisogno” (reliever/rescue), della funzionalità respiratoria e del numero di riacutizzazioni.
Un concetto fondamentale nelle Linee Guida GINA è quello della gestione dinamica in
“step-up” o “step-down”, ossia l’aumento o la riduzione dell’intensità del trattamento
a seconda che lo stato di gravità della malattia tenda, rispettivamente, a peggiorare o
migliorare. La terapia va pertanto adattata in relazione al livello di controllo della malattia.
Nella maggior parte degli step terapeutici dell’asma un ruolo fondamentale è rivestito
dall’associazione tra corticosteroide inalatorio e b2-agonista a lunga durata d’azione (ICS/
LABA) [ad es. Budesonide/Formoterolo 160/4,5 mcg e 320/9 mcg polvere per inalazione
oppure Fluticasone propionato/Salmeterolo, formulazione spray (25/50 mcg, 25/125 mcg e
25/250 mcg) e formulazione polvere per inalazione (50/100 mcg, 50/250 mcg e 50/500 mcg)
oppure Fluticasone Furoato/Vilanterolo 92/22 mcg o 184/22 mcg oppure Beclometasone/
Formoterolo polvere da inalazione 100/6 mcg e 200/6 mcg].
Altre opzioni in casi selezionati, includono le basse dosi di teofillina a rilascio prolungato
oppure l’antagonista muscarinico long-acting (LABA) ad es. Tiotropio come terapia aggiuntiva
in adulti o adolescenti con storia di riacutizzazioni.
L’asma è una malattia cronica frequente, nel bambino causa episodi ricorrenti di
dispnea, tosse, respiro sibilante. Particolarmente importante è la diagnosi differenziale
dell’asma in età pediatrica, anche perché più il bambino è piccolo, maggiore è la possibilità
di una diagnosi alternativa che spieghi il respiro sibilante ricorrente. La sintomatologia di
broncostenosi nei bambini sotto l’anno di età non è dovuta ad asma, bensì a bronchiolite.
Note:
a) Un buon apparecchio per aerosol per essere efficace deve: - nebuliz­zare la soluzione a
particelle di ∅ tra 6 e 2,5 micron, tali da raggiungere le vie aeree interessate dal processo
infiammatorio senza però raggiungere gli alveoli polmonari dove sarebbero assorbiti a
livello sistemico: - essere dotato di riscaldamento; - erogare la dose in tempi non superiori
ai 10 minuti. Non è strettamente necessario che il bambino porti la mascherina aderente al
volto; può essere sufficiente che essa sia accostata al volto e che il piccolo possa magari
afferrarla per gioco.
b) Possibile effetto collaterale sia del Salbutamolo sia dell’Aminofillina è la tachicardia:
sorvegliate pertanto la FC, specie durante l’infusione venosa.
c) I beta2-stimolanti come il Salbutamolo sono scarsamente efficaci nei primi 2 anni di vita.
150 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Tabella 4. Gestione delle riacutizzazioni asmatiche nei bambini di età ≤5 anni

CURE PRIMARIE Il bambino presenta riacutizzazioni di asma acute


o sub-acute o episodi di sibilo acuti

VALUTARE IL BAMBINO Considerare altre diagnosi - Fattori di rischio per


l’ospedalizzazione - Gravità o riacutizzazioni

LIEVE O MODERATO
Respiro affannoso o agitato
Pulsazioni ≤200 bpm (0-3 anni) o ≤180 (4-5 anni)
Saturazione ≥92%

INIZIARE IL TRATTAMENTO
Salbutamolo 100 mcg 2 puff di pMDI + spacer o
  2.5 mg con nebulizzatore
Ripetere ogni 20 minuti per la prima ora se necessario
Controllare l’ossigeno (se necessario e disponibile):
monitorare la saturazione 94-98%

MONITORARE STRETTAMENTE per 1 o 2 ore


Trasferire in un reparto di cure intensive se si Peggioramento
presenta uno dei seguenti sintomi: o assenza di
• Mancanza di risposta al salbutamolo per più di 1-2 ore miglioramento
• Qualsiasi segno di riacutizzazione grave
• Aumento della frequenza respiratoria
• Diminuzione della saturazione dell’ossigeno

Miglioramento

CONTINUARE IL TRATTAMENTO SE NECESSARIO Peggioramento o


Monitorare strettamente come sopra mancata risposta
Se i sintomi si ripresentano entro 3-4 ore a 10 puff di
• Somministrare ancora salbutamolo 2-3 puff all’ora salbutamolo in
3-4 ore
• Somministrare prednisolone 2 mg/kg (max 20 mg sotto i 2 anni;
max 30 mg fra i 2 e i 5 anni) per via orale

Miglioramento

PIANO DI DIMISSIONI/FOLLOW-UP
Assicurarsi che le risorse a casa siano adeguate
Farmaco al bisogno: continuare se necessario
Farmaco di controllo: valutare l’adeguatezza della terapia in atto
o l’eventuale necessità di un adattamento terapeutico
Controllare la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica
Follow-up entro 1 settimana
Fornire e spiegare il piano terapeutico
Pneumologia 151

GRAVE O PERICOLOSO PER LA VITA


Uno dei seguenti:
Incapace di parlare o bere
Cianosi centrale
Confusione o sonnolenza
Evidenti retrazioni
Evidenti retrazioni subcostali e/o subglottiche
Ossigenazione <92%
Torace silente all’auscultazione
Pulsazioni >200 bpm (0-3 anni) o >180 bpm (4-5 anni)

Urgente

TRASFERIRE IN UN REPARTO DI CURE INTENSIVE


(per esempio: unità di terapia intensiva)
Nell’attesa del trasferimento somministrare:
Salbutamolo 100 mcg 6 puff da pMDI+spacer (o 2.5 mg
nebulizzati): ripetere ogni 20 minuti se necessario.
Ossigeno (se disponibile) per mantenere la saturazione tra 94%
e 98%.
Prednisolone 2 mg/kg (max 20 mg sotto i 2 anni, max 30 mg fra
i 2 e i 5 anni) come dose iniziale.
Considerare di somministrare 160 mcg di ipratropio bromuro
(250 mcg con nebulizzatore). Ripetere ogni 20 minuti per
un’ora se necessario

VISITA DI FOLLOW-UP
Farmaco al bisogno: ridurre allo stretto necessario
Farmaco di controllo: continuare o adattare in base alla causa
della riacutizzazione e alla necessità di dosi extra di salbutamolo
Fattori di rischio: controllare e correggere i fattori di rischio
modificabili che potrebbero aver contribuito alla riacutizzazione,
incluse la tecnica inalatoria e l’aderenza terapeutica.
Piano terapeutico: È stato compreso correttamente? È stato
applicato in modo appropriato? C’è bisogno di modificarlo?
Programmare la prossima visita di follow-up
152 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Em­bo­lia pol­mo­na­re
L’embolia polmonare si manifesta spesso con un drammatico quadro clinico, talvolta
seguito da morte improvvisa, determinato dall’incuneamento di un trombo-embolo massivo
nell’arteria polmonare o in un suo ramo principale, con conseguente interruzione della
corrente ematica nell’arteria stessa.
L’embolo proviene comunemente dal circolo periferico profondo del sistema ileo-femorale.
Ta­le pa­to­lo­gia va so­spet­ta­ta quan­do un pa­zien­te de­nun­cia im­prov­vi­sa­men­te di­spnea,
ac­com­pa­gna­ta o me­no da do­lo­re vio­len­to, spes­so ta­le da ar­re­star­gli il re­spi­ro in fa­se d’in­
spi­ra­zio­ne, lo­ca­liz­za­to in se­de toracica, a volte associato ad emottisi. Que­sta e­ven­tua­li­tà è
tan­to più pro­ba­bi­le se il pa­zien­te:
• è al­let­ta­to da lun­go tem­po;
• ha un ar­to in­ges­sa­to;
• ha un recente ictus;
• è un car­dio­pa­ti­co o un bronchitico cronico in fase di scompenso cardiorespiratorio;
• è sta­to di re­cen­te sot­to­po­sto ad in­ter­ven­to chi­rur­gi­co in particolare in sede pelvica,
specie nella donna.
La stima della probabilità clinica pre-test nell’EP è stata validata mediante l’effettua­
zione di scale (score di Wells, score di Ginevra, score di Pisa) in cui a un determinato reperto
(anamnestico, clinico, laboratoristico, strumentale) viene assegnato un punteggio (score)
che in ultima analisi identifica tre classi pazienti a differente probabilità di avere una EP:
bassa, moderata, alta probabilità clinica pre-test.
Score di Wells:
- Sintomi di TVP (3 punti)
- Nessuna diagnosi alternativa è in grado di spiegare la malattia in maniera più soddi­
sfacente (3 punti)
- Tachicardia con pulsazioni >100 (1,5 punti)
- Immobilità (>=3 giorni) o intervento chirurgico nelle ultime quattro settimane (1,5 punti)
- Anamnesi di TVP o embolia polmonare (1,5 punti)
- Presenza di emottisi (1 punto)
- Presenza di malignità (1 punto)
- Punteggio >6: Alta probabilità
- Punteggio >= 2 e <= 6: Moderata probabilità
- Punteggio <2: Bassa probabilità.
È spesso possibile riscontrare anche dolore, aumento di volume e tumefazione degli arti
inferiori, provocato da trombosi venosa profonda (TVP); occorre infatti ricordare che la TVP
è presente in circa il 70-80% dei casi di embolia polmonare.

ATTENZIONE: Tale patologia va sospettata anche nelle giovani donne


fumatrici che assumono estroprogestinici e comunque non va mai esclusa
nei casi in cui un’intensa sintomatologia soggettiva (dolore, dispnea) non
trovi un correlato obiettivo o quadro radiologico di particolare significato (es.
minimo versamento pleurico all’Rx torace). È impellente nel sospetto di embolia
polmonare predisporre il ricovero in ospedale.
Pneumologia 153

Non dimenticate al fine di inquadrare tale sospetto nel giusto ambito prognostico, che
questa condizione rappresenta la prima causa di arresto cardiaco su cuore sano! È oppor­
tuno inoltre che in questi casi il paziente venga trasportato in barella (altrimenti possono
“partire” altri emboli).
Se vi trovate in una zona molto lontana da ospedali, con una sintomatologia chiara e
grave (dispnea, tachipnea, dolore violento al torace, tachicardia, sudorazione algida), in
assenza di controindicazioni (ferite recenti, ulcera peptica, emorragia intracranica, ecc.) è
utile, prima di avviare il paziente in ospedale, praticare:
1. Mor­fi­na 10 mg fl 1/2 f e.v.
2. Os­si­ge­no­te­ra­pia ad alti flussi (6 l/min mediante cannule nasali o mediante Ventimask)
se pos­si­bi­le (ossigeno in bombole disponibile in farmacia) per brevi lassi di tempo in
attesa di giungere in ospedale.
3.  E­pa­ri­na 5.000 u­ni­tà e.v.
Nel paziente ad alto rischio di embolia polmonare e/o di altri eventi tromboembolici
maggiori in particolare in pazienti in chemioterapia per tumore pancreas (DynaMed Plus
raccomandazione forte) o polmone con basso rischio di sanguinamento, è utile consigliare
una profilassi con eparina a basso peso molecolare Enoxaparina (4000 UI 1 fl sc/die) oppure
Fondaparinux 2,5 mg 1 f s.c./die.

Pneu­mo­to­ra­ce
Per pneumotorace s’intende la penetrazione di aria nel cavo pleurico. Molti casi di
pneumotorace sono di origine traumatica, ma esiste anche la possibilità di un evento
spontaneo primitivo (quando la comunicazione diretta tra albero bronchiale e cavità pleurica
è causata dalla rottura di una formazione bollosa più o meno grande, in genere apicale, in
comunicazione con un bronchiolo con un meccanismo a valvola) o secondario a varie cause
patologiche (polmoniti batteriche, infarti polmonari, neoplasie pleuriche o broncopolmonari,
sarcoidosi, berilliosi, silicosi, TBC, fibrosi cistica, ecc.).
An­che di fron­te ad u­na dia­gno­si dub­bia di que­sto ti­po (do­lo­re a­cu­to tra­fit­ti­vo, tos­se
sec­ca, di­spnea im­prov­vi­sa, emi­to­ra­ce in­te­res­sa­to e­span­so ed i­po­mo­bi­le, i­per­fo­ne­si al­la
per­cus­sio­ne, FVT e MV a­bo­li­ti, deviazione dell’asse tracheale rispetto alla linea mediana o
spostamento dell’itto della punta) pre­di­spo­ne­te per il ri­co­ve­ro.
Se il pa­zien­te pre­sen­ta gra­vissime dif­fi­col­tà re­spi­ra­to­rie, cianosi con rischio di morte
imminente, è opportuno tentare una decompressione dell’emitorace: per­cuo­te­te ac­cu­ra­
ta­men­te il to­ra­ce ed i­den­ti­fi­ca­te un­’a­rea i­per­fo­ne­ti­ca ver­so la ba­se e lon­ta­na dal cuo­re;
pre­di­spo­ne­te quin­di un a­go da si­rin­ga, gros­so, mu­ni­to di un di­to di guan­to di gom­ma fo­ra­to,
fis­sa­to con un e­la­sti­co o un ce­rot­to al­l’e­stre­mi­tà (quel­la do­ve c’è il rac­cor­do per la si­rin­ga)
in mo­do che for­mi un pal­lon­ci­no.
Disinfettate accuratamente ed in­fig­ge­te l’a­go, co­sì pre­pa­ra­to, sci­vo­lan­do dal bas­so ver­so
l’al­to lun­go il mar­gi­ne su­pe­rio­re di u­na co­sta. Sor­ve­glia­te che il di­to di guan­to la­sci sfug­gi­re
a­ria quan­do il pa­zien­te in­spi­ra. Ta­le o­pe­ra­zio­ne va com­piu­ta in en­tram­bi gli e­mi­to­ra­ci se
il pneu­mo­to­ra­ce è bi­la­te­ra­le.
154 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

E­mot­ti­si
Porre diagnosi differenziale rispetto all’ematemesi:
EMOTTISI EMATEMESI
EMOTTISI EMATEMESI
Sangue Rosso vivo Rosso scuro (digerito)
Materiale emesso Schiumoso per la presenza di bolle di aria Di odore acido o frammisto a cibo
Eventi precedenti Tosse Dolore addominale

In ca­so di e­mot­ti­si è ne­ces­sa­ria una valutazione in ambito ospedaliero. Nel ca­so che sot­to
i col­pi di tos­se ven­ga e­mes­so e­screa­to e­ma­ti­co, rac­co­man­da­te al pa­zien­te di con­sul­ta­re al
più pre­sto il Me­di­co Cu­ran­te per le op­por­tu­ne in­da­gi­ni; nel frattempo la somministrazione di
Acido Tranexamico 1-2 f per os tre volte al dì e sedativi della tosse (Diidrocodeina/Pentetrazolo
20 gtt fino ad un max di 60 gtt/die) può essere presa in considerazione nel singolo caso.
Primo intervento
⊲  S. Polonara  ⊲  R. Antonicelli  ⊲  V. Menditto
⊲  F. Salvi  ⊲  F. Lucchetti  ⊲  G. Misiano

Sebbene tra i compiti del Medico di Continuità Assistenziale non rientri la gestione delle
emergenze/urgenze ma solo quella delle prestazioni non differibili, può accadere, in presenza
di situazioni cliniche evolutive, di dover gestire un paziente critico e quindi assumere la
responsabilità del Primo Intervento in attesa che arrivino gli operatori del 118 (ricordiamo
che in alcune Regioni è attivo il numero unico emergenze, 112).

Rianimazione cardio-polmonare (R.C.P.)


Un’adeguata conoscenza delle manovre di rianimazione cardio-polmonare può risultare
essenziale per la salute di un paziente, poiché in caso di arresto cardio-respiratorio il tempo a
disposizione è veramente poco: l’arresto respiratorio provoca ipossiemia, ipercapnia e arresto
cardiaco entro 5-10 minuti; l’arresto cardio-circolatorio comporta perdita di coscienza dopo
10-15 secondi e dopo 5 minuti provoca lesioni cerebrali praticamente irreversibili che esitano
in necrosi neuronale multifocale. È importante quindi che i primi interventi rianimatori siano
effettuati immediatamente, ovunque ci si trovi, anche senza l’ausilio di apparecchiature.
Ciò che si richiede al Medico, primo soccorritore, è il sostegno delle funzioni vitali (B.L.S.
- Basic Life Support), sarà poi compito del Medico dell’Emergenza Territoriale o del Medico
di Pronto Soccorso il ripristino delle funzioni vitali (A.L.S. - Advanced Life Support) e del
Medico Rianimatore il mantenimento delle stesse (P.L.S. - Prolonged Life Support). Secondo
le linee guida ERC e AHA 2015, aggiornate nel 2017 per quanto riguarda il B.L.S., il primo
soccorritore deve operare le seguenti attività:
1. Messa in sicurezza della scena, accertandosi che sé stesso, la vittima e gli astanti siano
sicuri.
2. Il soccorritore deve determinare lo stato di coscienza: scuotere gentilmente la vittima,
afferrandolo dalle spalle (se sospettate un trauma cervicale o cranico dovete spostare la
vittima solo se assolutamente necessario) e chiamarla ad alta voce o gridare “Signore,
signore, mi sente?”. Il paziente è cosciente, se dà una risposta verbale alle tue domande
e/o si muove dietro comando. In tal caso:
• La vittima non necessita di RCP al momento
• Chiama aiuto se necessario
• Lascia l’infortunato nella posizione in cui l’hai trovato, assicurandoti che non sia in
pericolo
• Rivaluta con regolarità le sue condizioni cliniche ogni due minuti.
Il paziente non è cosciente se non risponde da un punto di vista verbale né motorio. Il
soccorritore deve chiamare aiuto allertando il sistema di emergenza e chiedendo un DAE.
Se la vittima non risponde, si deve attivare rapidamente il sistema 118, la vittima deve
essere posta supina, con le braccia lungo il corpo, su una superficie piatta e rigida (meglio il
pavimento che il letto). Il soccorritore deve posizionarsi a lato della vittima. Il sostegno delle
funzioni vitali (B.L.S.) ha come obiettivo il mantenimento di una adeguata ossigenazione
cerebrale e si effettua in tre (o eventualmente 4) tempi:
A) Apertura e controllo delle vie aeree
B) Breath (Respirazione)
C) Circolazione artificiale
D) Defibrillazione.
156 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

A) Nel paziente in coma o in arresto cardio-respiratorio la prima manovra da effettuare


è il controllo delle vie aeree; l’orofaringe infatti può essere ostruito da sangue e/o vomito,
oppure dalla base della lingua che, quando la testa è in posizione intermedia o flessa,
collabisce con la parete posteriore del faringe (Figura 1).

Figura 1 - Ostruzione del faringe ad opera della base della lingua se la testa è flessa.

La manovra di iperestensione del capo e sollevamento del mento (Figura 2) e l’apertura


della bocca comportano lo stiramento delle strutture anteriori del collo e il distacco della
base della lingua dalla parete posteriore del faringe. Le dita non devono premere in profondità
nel tessuto molle sotto il mento perché potrebbero ostruire le vie aeree.
Va raccomandato che se ci si trova di fronte ad un possibile politrauma, non va mai
iperesteso il collo, ma l’apertura della bocca dovrà essere eseguita tramite una manovra
di sublussazione della mandibola (vedi in Soccorso al Traumatizzato).
B) Valuta la presenza di respiro spontaneo, la presenza di segni di circolo e il polso
carotideo ponendo la testa vicino alla bocca del paziente per massimo 10 secondi:
• Guarda che il torace espanda.
• Ascolta i rumori prodotti dal flusso respiratorio.
• Senti l’eventuale flusso sulla guancia.

Figura 2 - Manovra di iperestensione del capo, sollevamento del mento e apertura della bocca.
Primo intervento 157

Figura 3 - La valutazione del polso deve essere effettuata non a livello dell’arteria radiale, bensì della carotide.

• Valuta il polso carotideo facendo scorrere le dita indice e medio dalla prominenza
laringea (cosiddetto pomo di Adamo) alla piega posta tra essa e il muscolo laterale
del collo (Figura 3).
In presenza di attività respiratoria conservata in vittima priva di coscienza, è possibile
utilizzare la posizione laterale di sicurezza (PLS) (Figura 4), che permette di:
• Mantenere l’iperestensione del capo (e quindi la pervietà delle vie aeree);
• Favorire la fuoriuscita all’esterno del cavo orale di materiale (es. vomito, sangue, ecc),
evitandone l’aspirazione nelle vie aeree;
• Mantenere la stabilità del corpo della vittima, evitandone il rotolamento.
La PLS va utilizzata solo nel caso in cui sia necessario allontanarsi dalla vittima, in
caso contrario la si mantiene in posizione supina assicurando la pervietà delle vie aeree
mediante l’iperestensione del capo.
Attendere l’arrivo dei soccorsi, rivalutando periodicamente le condizioni della vittima
ogni due minuti.
Se il paziente non respira ma è presente il polso, mantenere soltanto l’attività respiratoria,
praticando una insufflazione ogni 5 secondi sino alla ripresa della respirazione spontanea

Figura 4 - Posizione laterale di sicurezza.


158 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

o all’arrivo dei soccorsi avanzati. Nel dubbio della presenza del polso, o in assenza di polso
iniziate immediatamente le compressioni toraciche, cioè la fase C. La presenza di respiro
agonico (gasping) equivale ad assenza di attività respiratoria: consiste in contrazioni dei
muscoli respiratori accessori senza che venga prodotta una espansione del torace. Si tratta
di un respiro inefficace.
C) Il soccorritore deve perseguire l’obiettivo di comprimere il torace di circa 5 cm di pro­
fondità (evitando profondità di compressione eccessive, ovvero superiori a 6 cm, Figura 5) ad
una frequenza 100 compressioni al minuto, per permettere la completa retrazione della cassa
toracica e ridurre al minimo le interruzioni tra le compressioni.
Bisogna porre la parte prossimale del palmo della mano al centro del torace, facendo
attenzione ad appoggiarla sullo sterno; intrecciare le dita delle due mani sovrapposte, per
assicurarvi che rimangano sollevate e non comprimano le coste, e tenete le braccia tese e
verticali rispetto al paziente per sfruttare il peso del corpo.
La profondità delle compressioni toraciche deve essere di almeno 1/3 del diametro
antero-posteriore del torace e quindi di circa 4 cm nel lattante e di circa 5 cm nel bambino
utilizzando 2 dita nel lattante ed una o due mani nel bambino a seconda delle sue dimensioni.
Nell’adulto, si deve garantire un rapporto compressioni/ventilazioni pari a 30:2 (30
compressioni seguite da 2 ventilazioni = 1 ciclo) eseguendo 5 cicli in 2 minuti; nel bambino
e nel lattante, se sono presenti 2 soccorritori, il rapporto può essere 15:2 eseguendo 10
cicli in 2 minuti. In caso di gravidanza, quando la madre è supina, l’utero può comprimere
i vasi iliaci, la vena cava inferiore e l’aorta addominale, dando origine ad una ipotensione
parafisiologica e ad una riduzione della gittata cardiaca, con possibile evoluzione verso un
arresto cardiaco.
Pertanto, la paziente deve essere posizionata in decubito laterale sinistro sollevando
il fianco destro di circa 15-30°, in modo tale da migliorare il ritorno venoso al cuore e
aumentare la gittata cardiaca.

Figura 5 - Posizione corretta degli arti superiori e delle mani sullo sterno durante il massaggio cardiaco esterno.
Primo intervento 159

Per eseguire correttamente le insufflazioni, ponetevi in ginocchio accanto alla sua testa,
mettetegli sulla bocca una garza o un fazzoletto; mantenendo pervie le vie aeree mediante
sollevamento del mento e apertura della bocca, fate aderire le vostre labbra alle sue, chiu­
dete le narici con le due dita della mano posta sulla fronte della vittima, ed eseguite due
insufflazioni profonde di 1,5-2 secondi ciascuna per fornire una buona espansione toracica e
ridurre la possibilità di distensione gastrica; il soccorritore dovrebbe fare un respiro dopo ogni
ventilazione; se soffiando si incontra resistenza, chiudete la bocca e insufflate aria dal naso.
Controllate che durante l’insufflazione il torace si espanda, poi allontanate la bocca da
quella del paziente e lasciate che espiri passivamente (Figura 6).
Se non riuscite a far espandere il torace, ricontrollate che le vie aeree siano libere; se
ancora il torace non si espande dovete sospettare una ostruzione da corpo estraneo (vedi
paragrafo sul Soffocamento). Nel caso in cui siano presenti due soccorritori, uno avrà il
compito della ventilazione, l’altro del massaggio cardiaco. È importante che chi effettua le
insufflazioni tenga conto dei cicli effettuati, comunicandolo all’altro soccorritore.

ATTENZIONE: Nei bambini e nei neonati soffiate su bocca e naso


contemporaneamente utilizzando piccoli sbuffi di aria per evitare lesioni
polmonari.

Decisamente utile è l’impiego di un dispositivo a maschera con valvola. Il dispositivo di


respirazione bocca-maschera è costituito da una maschera trasparente con una valvola a
una via nel boccaglio. La valvola a una via dirige il respiro del soccorritore nelle vie aeree
della vittima, mentre esclude il contatto del primo con l’aria espirata dalla seconda. Alcuni
dispositivi hanno un adattatore che permette la somministrazione di ossigeno supplementare.
Le linee guida indicano che il sistema più appropriato rimane il pallone autoespansibile-
maschera con l’aggiunta di O2. Dopo 5 cicli, e successivamente ogni pochi minuti, ricontrollate
la presenza di segni di circolo e il polso carotideo; se è assente, continuate; non interrompete
mai la R.C.P. per più di 10 secondi. La sequenza viene interrotta dopo aver attaccato la
“placca” solo dall’utilizzo di un DAE (Defibrillatore Automatico Esterno) o dalla ripresa di
una respirazione efficace, dall’arrivo del soccorso avanzato o dall’esaurimento fisico del
soccorritore. Nel caso di ricomparsa di segni di circolo durante il massaggio (MO.TO.RE. :
movimenti, tosse, respiro), si ricontrollerà il polso, e, se presente, si ritornerà al punto B
ricercando la presenza di attività respiratoria spontanea.

Figura 6 - Respirazione bocca a bocca con apertura delle vie aeree mediante sollevamento del mento: a sinistra
insufflazione, a destra espirazione passiva.
160 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

D) Se il soccorritore ha a disposizione un apparecchio defibrillatore manuale (DAE) o


semiautomatico, il suo utilizzo è prioritario; in altre parole, non appena il DAE è disponibile,
la sequenza BLS, in qualsiasi fase essa si trovi, deve essere interrotta per consentire l’uso
del DAE. La posizione ideale delle piastre autoadesive sul torace è quella che garantisce
il maggior passaggio di corrente attraverso il miocardio. Le piastre sono assolutamente
intercambiabili: una deve essere posizionata a destra dello sterno appena al di sotto della cla­
vicola, l’altra sull’emitorace sinistro al di sotto del capezzolo, lungo la linea ascellare media.
Con le linee guida AHA 2015 si hanno 3 posizioni alternative delle piastre (antero-
posteriore, anteriore sinistra interscapolare e anteriore destra interscapolare). L’applicazione
delle piastre autoadesive per DAE sul torace nudo della vittima in una qualsiasi delle quattro
posizioni è accettabile. La defibrillazione deve essere sempre eseguita in regime di assoluta
sicurezza per la vittima e per i soccorritori.
È fondamentale che nessuno sia a contatto diretto con il paziente sia durante l’analisi
del ritmo cardiaco sia soprattutto durante l’erogazione dello shock: per questo motivo il
soccorritore deputato all’utilizzo del DAE prima di premere il tasto “shock” deve gridare
a voce alta un messaggio di sicurezza quale “via io via tu via tutti” o “libero io, libero tu,
liberi tutti”, controllando ancora visivamente che tutti si siano allontanati dalla vittima,
compreso il soccorritore deputato alla gestione delle vie aeree. È importante eliminare tutti
quei fattori che aumentano l’impedenza toracica: cerotti transdermici; asciugare la vittima
se bagnata; rimuovere eventuale peluria.
Il defibrillatore semiautomatico esterno (DAE) è in grado di analizzare autonomamente
il ritmo cardiaco: le piastre autoadesive, infatti, servono non solo ad erogare lo shock, ma
anche a registrare il ritmo cardiaco.
Se lo SHOCK è indicato, il DAE si carica automaticamente ed è pronto ad erogare la
scarica elettrica non appena l’operatore preme il tasto “shock”.
Tutto ciò viene comunicato al soccorritore tramite istruzioni vocali.
La defibrillazione precoce da parte del primo soccorritore è di vitale importanza, dal
momento che è proprio il ritardo nell’erogazione del primo shock il principale fattore che
influenza la sopravvivenza della vittima di un arresto cardiaco: infatti, la probabilità di
convertire un’aritmia maligna (FV o TV senza polso) in un ritmo di perfusione si riduce del
7-10% per ogni minuto trascorso dall’arresto, del 3-4% se si mettono in atto una RCP ed
una defibrillazione precoci.
L’utilizzo del DAE prevede la somministrazione di una unica scarica a cui fa seguito una
pausa della macchina per 2 minuti, durante i quali occorre praticare 5 cicli di RCP, in attesa
dalla successiva valutazione del ritmo da parte delle piastre, senza rivalutare mai il polso
carotideo, solo osservando la eventuale ricomparsa di segni MO.TO.RE.
La somministrazione di farmaci non fa parte del BLS, ma è utile sapere che in caso
di arresto cardiaco (soprattutto in presenza di altri soccorritori e nel caso fosse reperibile
una vena) l’ALS prevede la somministrazione ev di Adrenalina 1 mg (seguita da wash out
di fisiologica 10 ml) ogni 3-5 min (quindi a partire dal 2 ciclo, e successivamente ai cicli
pari). Solo nei ritmi defribillabili (VF/pVT) si può aggiungere Amiodarone (a bolo, 300 mg
al 3 ciclo, 150 mg al 5 ciclo).
Una considerazione va fatta sul rischio che corre il soccorritore di contrarre un’infezione
durante il BLS, in particolare la respirazione bocca-bocca: negli ultimi 30 anni non è stato
descritto nessun caso di trasmissione di HIV, HBV (verso cui comunque tutti gli operatori
sanitari dovrebbero essere vaccinati), HCV o CMV, e soltanto 15 casi accertati in tutto (per
lo più batteri quali Neisseria meningitidis).
Il rischio è stato calcolato compreso tra 1:2000 e 1:200.000 per tutte le infezioni e 1 su
milione per l’HIV (il rischio è estremamente basso anche in caso di paziente HIV+ noto).
Primo intervento 161

D’altra parte si dovrebbe tenere in conto anche la possibilità inversa: la trasmissione di


un’eventuale infezione dal soccorritore alla vittima, ma in questo caso le probabilità sono
ancora più basse!

Soccorso al traumatizzato
Anche se non rientra nei suoi compiti specifici, anche al Medico di Continuità Assistenziale
può capitare di ritrovarsi sulla scena di un incidente stradale o di un infortunio sul lavoro
o, più in generale, di dover gestire un politraumatizzato, in attesa dell’arrivo dei soccorsi
avanzati. L’approccio al paziente traumatizzato che qui consigliamo segue il metodo proposto
dall’ATLS (Advanced Trauma Life Support) ampiamente utilizzato nel mondo da diversi anni
e diventato quasi una “Bibbia” per gli operatori dell’emergenza, seppure altri approcci sono
pure disponibili. Lo schema proposto è quello basato sull’“ABCDE” che definisce l’ordine
specifico di valutazione e di eventuale trattamento:
A)  Airway: vie aeree con protezione della colonna cervicale
B)  Breathing: respirazione
C)  Circulation: circolazione e controllo delle emorragie esterne
D)  Disability: invalidità o stato neurologico
E) Exposure and Environment: esposizione (svestire) ed ambiente (controllo della
temperatura).
Prima ancora di applicare tale algoritmo dovete mettere il paziente, voi stessi, ed eventuali
altri operatori che siano con voi, in sicurezza.
Una volta posto il paziente su una tavola spinale lunga (se disponibile) o per terra, passate
alla valutazione A: aprite la bocca del paziente eseguendo una o entrambe le due manovre
chiamate chin lift (sollevamento mento) e jaw thrust (spinta sulla mandibola), rimuovete
eventuali corpi estranei o coaguli di sangue con le dita; se fosse la lingua ad ostruire le vie
aeree un presidio aggiuntivo di grande aiuto è rappresentato dalla cannula orofaringea.
Essa va collocata aprendo la bocca del paziente e facendola avanzare rovesciata (con la
parte convessa rivolta verso il basso) ed una volta raggiunto il faringe girarla rapidamente
in modo che la parte concava “agganci” la lingua tenendola in basso e ristabilendo la
pervietà delle vie aeree superiori.
A questo punto, se potete farvi aiutare da qualcuno, chiedetegli di tenere ferma la testa,
mentre voi applicate un collare cervicale (se disponibile) o comunque cercate di immobilizzare
con asciugamani arrotolati il collo del soggetto, nel sospetto di lesione del rachide. Infine
un’occhiata al collo per escludere la presenza di turgore delle giugulari, deviazione da un
lato della trachea (vedi sotto) e di ematomi (ematoma della carotide in espansione). Passate
quindi rapidamente alla valutazione B:
- vedo: un paziente agitato o con cianosi può essere ipossiemico, così come se obnubilato
può essere ipercapnico;
- scopro il torace e vedo i movimenti toracici: un movimento paradosso di un emitorace
(rientramento in inspirazione) deve fare pensare ad un lembo costale, mentre una breccia
sulla parete toracica che soffia aria ad un pneumotorace (PNX) aperto;
- palpo i 2 emitoraci: scroscii e viva dolorabilità indirizzano verso una o più fratture costali;
la presenza di enfisema sottocutaneo (crepitio come di neve fresca che si scioglie) si
associa a PNX;
- percuoto i 2 emitoraci: iperfonesi? (PNX) o ottusità? (emo­torace);

- ausculto i 2 emitoraci: il murmure vescicolare è ridotto o assente in caso di PNX, emotorace
o contusione polmonare;
- se disponibile controllare anche la saturimetria (nel traumatizzato deve essere almeno
95%, altrimenti all’arrivo dell’ambulanza, nell’eventualità che non sia presente il medico
a bordo, indicare ai volontari di mettere una maschera con reservoir a 10-12 l/min (se
pz con BPCO potrà mantenerla massimo un’ora).
162 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

In questa fase pre-ospedaliera l’unica diagnosi che non dovrebbe essere fallita perché
potenzialmente curabile con una manovra semplice ed immediata è quella di pneumotorace
iperteso. Il quadro clinico è tipico: paziente agitato, dispnoico, con turgore delle giugulari e
deviazione della trachea, iperfonesi alla percussione toracica e murmure vescicolare assente
all’auscultazione dell’emitorace interessato.
Si deve eseguire una toracentesi con ago d’emergenza: isolare il II spazio intercostale
sulla emiclaveare nel lato del PNX iperteso ed inserire un’agocannula da 14G scorrendo sopra
il margine superiore della costa sottostante; una volta punta la pleura parietale rimuovere
il Luer-Lok dall’estremità distale dell’agocannula; si ascolta un improvviso flusso di aria,
che indica l’avvenuta distensione del PNX iperteso.
Valutare quindi la C:
- Presenza del polso radiale (indicativamente, se lo percepisco la PAS sarà >0-90 mmHg)
- Misurazione PAO
- Verificare se sono presenti segni di difesa alla palpazione in tutti e quattro i quadranti
addominali
- Verificare la stabilità del bacino premendo una volta sulla cresta iliaca
- Valutare anche il tempo di riempimento capillare al letto ungueale (valore normale è
inferiore a 2 secondi)
- Osserva se presenti importanti emorragie esterne (subito da tamponare).
Se in possesso del materiale necessario, incannulate una o meglio due vene (idealmente
una grossa vena dell’arto superiore con cannula 14G). I primi segni di shock sono comunque
ancora una volta clinici: agitazione psico-motoria, cute fredda, pallida e sudata, poi la
tachicardia, una pressione differenziale (pressione arteriosa sistolica-pressione arteriosa
diastolica) ridotta, una pressione sistolica <90 mmHg (indicativamente, se percepisco il
polso radiale la PAS sarà >80-90 mmHg) ed una tachipnea “chiuderanno il cerchio” della
vostra diagnosi di imminente shock emorragico. Il presidio è l’idratazione tramite soluzione
fisiologica (infondere liquidi molto rapidamente, sfruttando possibilmente entrambi gli ac­
cessi venosi, l’obiettivo è il raggiungimento di una PAS di 80-90, o di 110 in caso di trauma
cranico) e 2 fl di ac. tranexemico 500 mg. Si raccomanda che qualora ci si trovi di fronte
ad un paziente in cui vi sia la possibilità di un’emorragia interna. A titolo esemplificativo si
riporta una stima della perdita ematica associata a lesioni in differenti distretti corporei:
• frattura di arto superiore 250-750 ml;
• frattura di femore 750-2000 ml;
• frattura di bacino 1000-3000 ml;
• rottura di milza o emotorace 1500-2000 ml.
Tramite la descrizione delle pupille e del GCS (Glasgow Coma Scale) (vedi capitolo
“Neurologia”).
Per quanto riguarda le pupille, se ne deve osservare l’isocoria (le pupille hanno lo stesso
diametro), l’isociclia (le pupille hanno la stessa forma ovale) ed il riflesso pupillare alla
luce. Circa il GCS va precisato che ormai unanimamente di fronte ad un GCS <8 si parla
di coma e sarebbe consigliata l’intubazione. Infine, giunti alla valutazione E, il paziente
andrebbe spogliato completamente, e controllato dalla testa ai piedi tramite osservazione
e palpazione. Ogni emorragia esterna va immediatamente trattata. Se il ferito presenta
corpi estranei penetrati in profondità, non si deve assolutamente rimuovere l’oggetto, ma
va applicato un tampone di garza o cotone idrofilo sterile, onde evitare un aggravamento del
sanguinamento. In caso di avulsione od amputazione, bisogna recuperare la parte avulsa o
amputata, avvolgerla in una garza sterile e mantenerla alla temperatura più bassa possibile.
Negli altri casi, sollevate il lembo sanguinante e comprimetelo sulla ferita dopo averla
coperta con una garza, successivamente applicate un bendaggio compressivo (Figura 7).
Primo intervento 163

Figura 7

Ricordarsi, una volta terminata la visita, di riscaldare il paziente con coperte, perché
il paziente traumatizzato è molto suscettibile all’ipotermia. Se disponibile, avvolgetelo in
un telo riflettente. Se possibile, a questo punto raccogliere l’anamnesi mediante lo schema
AMPLE (Allergie, Medication: farmaci assunti, Patologie concomitanti, Lunch: se ha mangiato,
Events: dinamica dell’accaduto).
L’approccio ATLS può sembrare a prima vista complesso e laborioso, ma in realtà le varie
tappe del processo diagnostico-terapeutico possono essere eseguite quasi in simultanea
e molto rapidamente; inoltre esso rappresenta uno strumento molto efficace da impiegare
nella trasmissione delle informazioni tra un operatore sanitario e un altro.

Avvelenamenti
Una rapida diagnosi è la base del trattamento efficace del paziente intossicato, il quale
spesso però non può fornirvi indicazioni utili. L’avvelenamento, inoltre, dovrebbe sempre
essere considerato nella diagnosi differenziale, di fronte a segni e sintomi inspiegabili,
soprattutto nel bambino. Essenziale è l’identificazione del veleno ed una valutazione della
quantità ingerita: importante quindi effettuare una approfondita anamnesi e ricercare
alcool, farmaci e contenitori che dovrebbero essere raccolti e conservati per una corretta
identificazione della sostanza ingerita.
Predisponete il ricovero urgente e nel frattempo valutate la necessità di iniziare a do­
micilio il trattamento, tenendo presente che molte sostanze non richiedono alcuna terapia
(è sempre opportuno consultare telefonicamente un Centro Antiveleni).
Inoltre il latte non è un antidoto universale, anzi incrementa l’assorbimento dei veleni
solubili nei grassi. È importante ricordare che l’intossicazione o l’avvelenamento possono
dipendere dal contatto con tossici aventi spesso diverse caratteristiche fisico-chimiche:
• Tossici volatili (gas, vapori, CO...)
• Liquidi che hanno investito l’intossicato
• Farmaci o sostanze ingerite o somministrate e.v. o i.m.; ampia categoria comprendente:
- Farmaci - Sostanze d’uso domestico
- Droghe - Vegetali (foglie, semi, ecc.)

Diagnosi di intossicazione
1. Anamnesi: spesso incompleta o inattendibile (il paziente o i familiari possono avere
interesse a celare la verità tutta o in parte). È comunque importante:
164 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• Interrogare il paziente se è in grado di rispondere


• Interrogare i familiari sui farmaci o altri tossici disponibili in casa.
2. Esame fisico del paziente riconoscimento di eventuali sindromi tipiche.
3. Ricercare ovunque (anche nella spazzatura) eventuali scatole o contenitori vuoti e fornirli
al medico del Pronto Soccorso che accetterà il paziente.

PARTICOLARE ATTENZIONE andrà prestata se soggetti che vivono in una


stessa abitazione, in particolare se con riscaldamento, presentano gli
stessi sintomi influenzali aspecifici: deve essere sempre sospettata
un’esposizione al monossido di carbonio.

4. Valutare l’ambiente dove viene trovato l’intossicato (odori particolari, presenza di caldaie,
stufe, ecc.)

Trattamento
Il primo approccio deve essere quello standard per ogni paziente acuto: valutare il
respiro, il circolo e lo stato di coscienza e procedere se necessario secondo il protocollo BLS.
Innanzitutto: Allontanare il paziente dall’ambiente in cui si trova ogni volta che si
sospetti un avvelenamento da tossici volatili dispersi nell’ambiente, arieggiando subito la
stanza con cautela per non mettere a rischio anche i soccorritori. Fornire O2 se disponibile.
La Decontaminazione: può essere di fondamentale importanza effettuare immediata­
mente la decontaminazione della cute e degli occhi onde evitare che il tossico possa essere
a lungo assorbito per tali vie (es. organofosforici) o per evitare un ulteriore danno locale
(es. sostanze caustiche).
Nell’effettuare la Decontaminazione della cute:
• Attenzione innanzitutto a non contaminarsi!
• Rimuovere gli indumenti contaminati
• Lavare abbondantemente con acqua (con particolare attenzione le pieghe cutanee),
usando shampoo e sapone per le sostanze oleose
• Se vi sono lesioni (vescicole, bolle o aree con aspetto necrotico, ecc.) non usare farmaci
o unguenti; proteggere solo con garza sterile o un telo pulito. Per quanto riguarda la
decontaminazione degli occhi: agire rapidamente ricordandosi di:
• Rimuovere lenti a contatto
• Irrigare abbondantemente con soluzione fisiologica o semplicemente con acqua del
rubinetto tiepida. Utilizzare collirio anestetico (Oxibuprocaina Cloridrato coll.) prima
del lavaggio. Si può usare un deflussore da flebo per dirigere il flusso dell’acqua verso
l’angolo interno dell’occhio. Irrigare a lungo ed abbondantemente ogni occhio, poi bendare
ed inviare il paziente dall’oculista.
L’uso di antidoti è da limitarsi all’ambito ospedaliero. Gli antidoti che il medico può sicu­
ramente utilizzare a domicilio, se disponibili, sono il Naloxone (0,4 mg fl: 1-2 fiale i.m. - e.v.
ripetibili dopo 3 min. se necessario fino a massimo 10 mg) e il Flumazenil (0,1-0,2 mg/kg ev
a bolo, emivita 1h, controindicato se il paziente ha assunto anche antidepressivi triciclici).

ATTENZIONE: L’emivita del Naloxone è di circa 45 minuti ed è più breve di


quella degli oppiacei, da cui il rischio di ripresa dei sintomi di sedazione.
Primo intervento 165

Sindromi tipiche (segni clinici utili nell’orientamento diagnostico in caso di anamnesi muta o generica)

SINDROME SENSORIO PUPILLE PA FC ROT‡ SUDORAZIONE PERISTALSI


S. alfa adrenergica Allucinazioni + + – + + –
(fenilpropanolamina
- fenilefrina)
S. beta adrenergica Allucinazioni +– +– + +– +– +–
(teofillina -
caffeina)
S. mista alfa-beta Allucinazioni + + + + + –
adrenergica
(cocaina
- amfetamina
- ecstasy)
S. simpaticolitica Coma* –– – – – – –
(oppiacei -
barbiturici
- benzodiazepine
- clonidina
- metildopa
- etanolo)
S. colinergica Confusione –– +– +– + + +
(insetticidi
organofosforici
e carbammati
- fisostigmina
- alcuni funghi)
S. anticolinergica Delirio** + + + + –– ––
(atropina
- scopolamina
- antistaminici
- antidepressivi
- antipsicotici
- antiparkinsoniani
- amantadina
- miorilassanti)
PA: pressione arteriosa; FC: frequenza cardiaca; +: aumento; ++: notevole aumento; –: diminuzione;
– –: notevole diminuzione; + –: effetto misto, nessun effetto o effetto imprevedibile; *Nei casi gravi,
anche associato a depressione respiratoria e ipotermia; ** nei casi gravi, anche associato ad aritmie ed
ipertermia; ‡ riflessi osteotendinei
166 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

CENTRI ANTIVELENI (REPERIBILI ANCHE SU


WWW.SALUTE.GOV.IT/SERVIZIO/DOCUMENTI/CENTRI_ANTIVELENI.PDF)
Centro Antiveleni
Azienda Ospedaliera “S. G. Battista” Molinette di Torino - Corso A. M. Dogliotti, 14 - Torino
Tel. 011/6637637 - Fax. 011/6672149
Centro Antiveleni
Ospedale Niguarda CA’ Granda - P. zza Ospedale Maggiore, 3 - Milano
Tel. 02/66101029 - Fax. 02/64442769
Cen. Naz. Inform. Tossic.
Fond. S. Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione - Via A. Ferrata, 8 - Pavia
Tel. 0382/24444 - Fax. 0382/24605
Serv. Antiveleni
Cen. Interdipartimentale di Ricerca sulle Intossicazioni Acute - Dip. di Farmac. “E. Mene­
ghetti” - Università degli Studi di Padova - Largo E. Meneghetti, 2 - Padova
Tel. 049/8275078 - Fax. 049/8270593
Centro Antiveleni
Serv. Pr. Socc., Accett. e Oss. - Istituto Scientifico “G. Gaslini” - Largo G. Gaslini, 5 - Genova
Tel. 010/5636245 - Fax. 010/3760873
Centro Antiveleni
U. O. Tossicologia Medica - Azienza Ospedaliera Careggi - Viale G. B. Morgagni, 65 - Firenze
Tel. 055/4277238 - Fax. 055/4277925
Centro Antiveleni
Policlinico “A. Gemelli” - Università Cattolica del Sacro Cuore - Largo F. Vito, 1 - Roma
Tel. 06/3054343 - Fax. 06/3051343
Centro Antiveleni
Istituto di Anestesiologia e Rianimazione - Università degli Studi di Roma “La Sapienza” -
Viale del Policlinico, 155 - Roma
Tel. 06/49970698 - Fax. 06/4461967
Centro Antiveleni
Azienda Ospedaliera A. Cardarelli - Via Cardarelli, 9 - Napoli
Tel. 081/7472870 - Fax. 081/7472880
Può essere utile conoscere alcuni antidoti specifici ai tossici più diffusi:
Tossico Antidoto specifico
- Antidepressivi triciclici Bicarbonato di sodio
- Atropina Piridostigmina
- Benzodiazepine Flumazenil †
- Calcio-antagonisti Calcio
- Cianuro Nitriti, ossigeno
- Dicumarolici Vitamina K1
- Digitale Fab anti-digitale
- Ferro Deferoxamina
- Insetticidi organofosforici Atropina
- Metanolo, glicoli Alcool etilico
- Monossido di carbonio Ossigeno
- Oppiacei Naloxone
- Paracetamolo N-acetil-L-cisteina


Non utilizzare se esiste anche solo il sospetto di intossicazioni miste con farmaci ad attività anticolinergica
o potenzialmente convulsivante (per es. antidepressivi o neurolettici)
Primo intervento 167

Soffocamento
Di fronte ad una persona che sta soffocando per la presenza di un corpo estraneo nelle
prime vie aeree, ricordatevi che la tosse provoca un aumento di pressione all’interno delle
vie aeree che è superiore a quello causato da qualsiasi manovra, quindi, se il paziente è
cosciente, con ostruzione parziale, stimolatelo a tossire.
Nel caso che la tosse si riveli inefficace, o l’ostruzione sia completa, è giustificato tentare
con manovre di percussione del dorso tenendo una mano sul torace della vittima e flettendolo
in basso e battendo con l’altra mano tra le scapole fino a 5 volte o, soprattutto nei bambini,
mettendo le dita all’interno della cavità orale per cercare di afferrare il corpo estraneo.
Nella situazione in cui tutto si riveli inutile, è indispensabile effettuare la manovra di
Heimlich (Figura 8): porsi dietro il paziente ed applicare una mano stretta a pugno sotto
la gabbia toracica a livello epigastrico e premerla con l’altra mano, applicando le spinte
veloci e ripetute dirette verso l’alto.
Se il soccorritore non è in grado di cingere l’addome della vittima, per cui può soltanto
eseguire compressioni toraciche, sfruttando il medesimo repere del massaggio cardiaco
ma con una frequenza minore.
Se tale manovra da sola non è efficace ed il paziente rimane cosciente rivaluta la cavità
orale nel tentativo di visualizzare e rimuovere il corpo estraneo e quindi alterna 5 compressioni
epigastriche con 5 percussioni al dorso. Nel caso in cui si renda necessario effettuare la
manovra di Heimlich in una donna in gravidanza, quest’ultima va effettuata a livello del
terzo inferiore dello sterno anziché a livello dell’addome.
Nel momento in cui la vittima perde conoscenza avviare il BLS e allertare immediata­
mente il 118.

ATTENZIONE: Effettuate con cautela la manovra di Heimlich nei neonati,


nei bambini sino ad 1 anno e nelle donne in gravidanza per la possibilità di
lesioni agli organi addominali (effettuare spinte toraciche sullo stesso
punto utilizzato per il massaggio cardiaco).

Figura 8
168 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Annegamento
Nelle postazioni particolarmente vicine al mare potrà presentarsi l’eventualità di soccor­
rere un soggetto con principi di annegamento. In questa evenienza si può avere interruzione
degli scambi respiratori con conseguente asfissia e spesso morte del paziente.
• Valutate stato di coscienza, respiro e polso, e agire immediatamente di conseguenza
come da protocollo BLS (unica differenza: in caso di assenza di polso iniziare dalle 2
insufflazioni e successivamente partire con le 30 compressioni).
• Trattate l’eventuale ipotermia (togliere gli abiti bagnati; asciugare con asciugamani e
riscaldare con coperte).
• Non perdete tempo prezioso (specie in caso di arresto cardio-respiratorio) in tentativi
di drenaggio di acqua dai polmoni, tentativo molto scenografico, ma potenzialmente
pericoloso (ritardo nell’attuare la rianimazione cardio-respiratoria).
• Organizzate comunque il trasferimento in ospedale.

Trattamento delle ferite


La conoscenza di alcuni principi e di alcune tecniche di base è sufficiente a garantire
un corretto trattamento della maggior parte delle ferite. Le ferite che possono essere chiuse
per prima intenzione sono quelle trattate entro 6-8 ore (per le ferite del viso entro 24 ore)
che non siano contaminate in maniera grossolana o provocate da morso di animale, in tutti
gli altri casi la riparazione della ferita avviene per seconda intenzione previa un’accurata
pulizia e disinfezione della stessa. Cronologicamente nel trattamento di una ferita possiamo
distinguere i seguenti tempi:
A) Detersione grossolana della cute intorno alla ferita da effettuarsi, preferibilmente con
soluzione fisiologica
B) Rasatura, quando possibile, per un tratto di 3-5 cm intorno alla ferita sia per motivi di
asepsi sia per facilitare eventuali bendaggi adesivi
C) Disinfezione della cute intorno alla ferita. Il disinfettante deve essere applicato in maniera
centrifuga, cioè partendo dai margini della ferita e andando verso l’esterno; la tecnica
può essere a cerchi concentrici o radiale (Figura 9).
Nel caso la ferita sia inquinata (terra, sassolini, ecc.) lavare abbondantemente con
soluzione fisiologica cercando di rimuovere le sostanze estranee.
Come disinfettanti per la cute si possono usare:
1) Acqua ossigenata e/o
2) Betadine
D) Anestesia locale: quando possibile deve essere effettuata.

ATTENZIONE: Escludere sempre, con una accurata anamnesi, precedenti


reazioni indesiderate agli anestetici locali (per esempio dal dentista); inoltre,
prima di procedere, valutate sempre sensibilità e motilità della parte lesa.

Figura 9
Primo intervento 169

Figura 10

L’anestesia locale viene praticata impiegando un ago 25-27 G su una siringa da 10 ml


a piccole dosi e con due modalità (Figura 10):
- Anestesia per infiltrazione con iniezioni circoscriventi la ferita. (Nel caso di ferite inqui­
nate evitare di infiltrare dal margine interno della ferita per la possibile disseminazione
di germi nei tessuti circostanti).
- Anestesia per conduzione: viene effettuata sulle dita delle mani e dei piedi con iniezione
dell’anestetico alla base delle dita, sia sulla superficie mediale, sia su quella laterale
provocando in tal modo un blocco nervoso.

ATTENZIONE: Durante l’iniezione aspirare più volte con la siringa per


controllare che l’anestetico non venga iniettato in un vaso.

Come anestetici locali si possono usare:


1) Lidocaina (2% dose max 3-4 mg/kg, inizio dell’effetto in 3-5’ e durata fino a 2 ore)
2) Mepivacaina (dose max 5 mg/kg, inizio dell’effetto in 5-10’ e durata fino a 3 ore).
E) Revisione della ferita per valutare l’estensione ed eventuali danni ai tessuti profondi. Sono
importanti un’accurata escissione dei tessuti devitalizzati ed una revisione dei margini
cutanei da effettuarsi con il bisturi e non con le forbici che schiacciano i margini cutanei
provocando ischemia. La revisione dovrebbe sempre essere effettuata in anestesia locale
e se possibile in ischemia: ciò si effettua nelle dita delle mani e dei piedi applicando un
laccio emostatico alla loro base (Figura 11).

ATTENZIONE: Di fronte ad una ferita profonda con interessamento fasciale


e/o muscolare e/o tendineo inviare il paziente in ospedale.
F) Sutura: abitualmente della cute (filo non riassorbibile), più raramente anche di sottocute,
fascia, muscolo (filo riassorbibile). Qualsiasi tipo di ferita trova nella sutura il più logico
e razionale trattamento, l’intervento migliore per ottenere la guarigione più rapida e
più favorevole del tessuto lesionato con esiti cicatriziali minori e più veloce recupero
funzionale.

Figura 11
170 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Le suture vanno eseguite con tecnica corretta e rispettando i seguenti principi:


• esatto combaciamento dei margini della ferita;
• affrontamento dei tessuti analoghi;
• assenza di eccessiva trazione sui lembi;
• impiego di aghi e fili di tipo e dimensioni idonei al tessuto da suturare.
È importante evitare la sovrapposizione dei margini cutanei e la formazione di gradini
(eventuali gradini possono essere corretti spostando il nodo della sutura verso il margine
più basso).
La punta del porta-aghi deve afferrare l’ago in corrispondenza del terzo prossimale e
l’ago deve penetrare nei tessuti perpendicolarmente alla superficie cutanea.
Per ottenere l’estroflessione dei margini della ferita, l’ago deve penetrare più in profondità
di quanto sia la distanza in superficie tra il punto di entrata e quello di uscita. In genere la
distanza tra ciascun punto (3-5 mm) deve essere di poco superiore alla distanza tra il luogo
di entrata del punto e il margine della ferita (2-3 mm).
La sutura viene effettuata con punti staccati semplici (Figura 12) o con punti di Donati
(Figura 13). Il punto di Donati è più traumatizzante, ma garantisce un migliore affrontamento
dei margini, una maggiore tenuta delle zone con notevole tensione ed una maggiore azione
emostatica. È importante che i nodi di sutura vengano annodati molto accuratamente con
la giusta tensione, senza stringere eccessivamente onde evitare edema ed ischemia. I
nodi possono essere eseguiti con notevole sicurezza effettuando tre legature per la seta e
quattro per il nylon.
I fili non riassorbibili disponibili per la sutura sono seta e nylon con diametro da 1/0 a 6/0.
Si consiglia:
- Cuoio capelluto 3-0 seta
- Volto 5-0/6-0 nylon o seta
- Cavo orale 3-0/4-0 seta
- Dorso 3-0 nylon o seta
- Parete toracica 3-0/4-0 nylon o seta
- Arti 4-0/5-0 nylon o seta

Figura 12

Figura 13
Primo intervento 171

Figura 14

Nelle ferite superficiali a margini netti, in zone con scarsa tensione, previa accurata
rasatura e detersione della cute, è possibile ottenere un buon affrontamento dei margini
con l’applicazione di sterilstrip o cerottini a farfalla disposti perpendicolarmente alla ferita
(Figura 14) lasciando sempre tuttavia qualche piccolo spazio tra i cerottini affinché la ferita
possa rilasciare le secrezioni sierose. Soprattutto nei bambini si può ricorrere agli adesivi
sintetici. In ogni caso, dopo l’accostamento dei margini della ferita va eseguita una medi­
cazione occlusiva che aiuta il processo di granulazione della ferita stessa. Tale medicazione
va sostituita dopo 3-4 giorni al fine di rimuovere con essa parte dei detriti tissutali.
G) Profilassi antitetanica: il comportamento che si deve tenere nei confronti della profilassi
antitetanica è basato sul tipo di ferita e sullo stato immunologico del paziente.
La tabella 1 mostra alcune delle caratteristiche cliniche delle ferite che sono a rischio per
lo sviluppo di tetano. La presenza di uno o più di questi segni clinici deve far considerare la
ferita a rischio. Sulla base delle caratteristiche cliniche della ferita, il Medico deve decidere
se è a rischio di tetano e, una volta ottenute dal paziente informazioni sicure sul suo stato
immunitario, meglio se documentate, procedere alla profilassi antitetanica (Tabella 2).
In pratica: Tossoide tetanico a tutti i pazienti con ferita tranne in caso di ferita pulita
ed ultima dose <5 anni; TIG solo a pazienti con ferita a rischio di tetano e vaccinazione non
completata o ultima dose non nota, ed in ogni caso se la ferita è ad alto rischio (per esempio
contaminazione con concime). La dose di immunoglobulina umana antitetanica attualmente
consigliata è di 250 U i.m. Poiché si tratta di un emoderivato, è necessario, a norma delle
disposizioni del Ministero della Salute, acquisire prima dell’iniezione il consenso informato
da parte del paziente. Quando si somministrano contemporaneamente tossoide tetanico e
immunoglobulina antitetanica si devono usare siringhe differenti e punti di inoculazione
differenti. Se il paziente non è immunizzato fate seguire alla prima dose di vaccino altre
due dosi da praticare l’una dopo 6-8 settimane, l’altra dopo 6-12 mesi; poi è sufficiente
effettuare un richiamo ogni dieci anni.

ATTENZIONE: È importante tenere presente che la seconda e terza dose


risultano efficaci anche se effettuate rispettivamente entro 1 e 5 anni dalla
dose precedente.

Il tipo di immuno-profilassi effettuata deve essere registrato su apposito tesserino da


consegnare al paziente.

H) Profilassi antibiotica: La terapia antibiotica non è indicata per tutte le ferite e dovrebbe
essere riservata alle ferite che appaiono clinicamente infette. Non ci sono prove pubblicate
a sostegno della terapia antibiotica come “profilassi” in ferite croniche non infette o per
migliorare il potenziale di guarigione delle ferite senza evidenza clinica di infezione. I
segni clinici di infezione che giustificano la terapia antibiotica includono sintomi locali
(cellulite, striature linfangitiche, essudato purulento, cattivo odore, cancrena umida,
172 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Tabella 1. Classificazione delle ferite


CARATTERISTICHE CLINICHE FERITA A RISCHIO DI TETANO FERITA NON A RISCHIO DI TETANO

Tempo trascorso >6 ore ≤6 ore


Aspetto Ferita stellata,
avulsione, abrasione Ferita lineare
Profondità >1 cm ≤1 cm
Modalità della ferita Proiettile, schiacciamento, Superfici taglienti
  ustione, congelamento   (es. vetro, coltello)
Segni di infezione Presenti Assenti
Tessuti devitalizzati Presenti Assenti
Sostanze contaminanti
(es. sporcizia, terra, feci, saliva) Presenti Assenti
Tessuti denervati e/o ischemici Presenti Assenti

Tabella 2. Profilassi antitetanica


FERITE A RISCHIO DI TETANO FERITE NON A RISCHIO DI TETANO
STATO VACCINALE T.T. TIG T.T. TIG
Non noto o <3 dosi Sì Sì Sì No
≥3 dosi No* No No** No
T.T.: Tossoide tetanico 0,5 ml i.m.
TIG: Immunoglobulina umana antitetanica 250 U i.m.
* Sì se sono trascorsi più di 5 anni dall’ultima dose
** Sì se sono trascorsi più di 10 anni dall’ultima dose

osteomielite, ecc.) e sintomi sistemici (febbre, brividi, nausea, ipotensione, iperglicemia,


leucocitosi, confusione).
Ci sono deboli evidenze per la profilassi antibiotica in caso di morso di cane o di gatto,
nel caso in cui le ferite abbiano una delle seguenti caratteristiche:
- hanno richiesto la riparazione chirurgica
- sulla mano, in viso o area genitale
- in prossimità di un osso o articolazione (comprese le articolazioni protesiche)
- in aree di compromissione venosa e/o linfatica sottostante (inclusi innesti vascolari)
- in ospiti immunocompromessi (incluso il diabetico)
- se non sono stati medicate ≥12 ore (≥24 ore sul viso)
- ferite profonde o con lacerazione (soprattutto a causa di morsi di gatto)
L’amoxicillina-clavulanato (875/125 mg x 2/die, nei bambini 45 mg/kg/die in due som­
ministrazioni, massimo 875/125 mg per dose) è il farmaco di prima linea per la profilassi.
In alternativa si può usare l’associazione Cefuroxima (500 mg x 2/die, nel bambino 20-
30 mg/kg in 2 somministrazioni) o Trimetropin/Sulfametoxazolo (800/160 mg x 2/die, nel
bambino 6 mg/kg, componente trimetropin in 2 somministrazioni) CON metronidazolo (off
label) (500 mg x3/die, nel bambino 30 mg/kg in 3 somministrazioni).
La durata della profilassi è di 3-5 giorni, sotto stretto follow up.
I) Rimozione di punti di sutura: viene effettuata dopo 4-5 giorni per le suture del volto (mi­
nore possibilità di formazione di cicatrici); dopo 7-10 giorni sul cuoio capelluto, sul dorso
e sulla parete toracica; dopo 10-14 giorni sulle superfici articolari degli arti. La tecnica
di rimozione del punto è la seguente: si afferra con una pinza anatomica un’estremità
del filo in prossimità del nodo, si tira leggermente verso l’alto allontanando il filo dalla
Primo intervento 173

Tabella 3. Profilassi antirabbica


CONDIZIONI DELL’ANIMALE RACCOMANDAZIONI
AL MOMENTO DELL’ATTACCO PER LA PROFILASSI
ANIMALE E NEI GIORNI SUCCESSIVI POST-ESPOSIZIONE
Cani e gatti Sani e a disposizione Profilassi soltanto se l’animale
per 10 giorni di osservazione   sviluppa sintomi della rabbia
Volpi e la Da considerare come rabbico, Vaccinazione immediata
maggior parte   a meno che non appartenga  
degli altri carnivori;   ad aree geografiche senza casi
tassi, martore,   di rabbia silvestre o dopo che
pipistrelli   l’animale sia risultato negativo
agli esami di laboratorio
Bestiame, Consultare il Medico
roditori (lepri,   di Sanità pubblica. I morsi
conigli, scoiattoli,   dei roditori non richiedono quasi
ratti, topi)   mai il trattamento antirabbico

Figura 15

superficie cutanea, si infila sotto il filo una punta di forbice o il bisturi, si taglia e si tira
il filo in maniera che la parte situata all’esterno non scorra nel tessuto e non vi trasporti
germi (Figura 15).

Morso di zecca
In caso di morso di zecca rimuovere il parassita (Ixodes scapularis) immediatamente
utilizzando una pinzetta che deve essere avvicinata il più possibile alla cute e maneggiata
con delicatezza in modo tale da riuscire a portare via anche la testa del parassita. Essa infatti
è tenacemente adesa al paziente attraverso il rostro con lo scopo di suggere il sangue del
paziente. La rimozione della zecca ha anche la finalità di evitare la trasmissione attraverso la
saliva del parassita di Borrelia burgdorferi (in realtà in Europa è più frequente B. afelii), che
veicola la malattia di Lyme (eritema migrante, mono- o oligo-artrite, manifestazioni neurolo­
giche, tra cui la paralisi di Bell e manifestazioni cardiache, quali blocchi atrio-ventricolari).
Soggetti che hanno subito la rimozione di una zecca dovrebbero eseguire un follow-up di
30 giorni per la valutazione dell’insorgenza di segni e sintomi come lesioni cutanee (malattia
di Lyme) o temperatura > 38°C. Nonostante sia routinario l’uso di una profilassi antibiotica
o in alcuni casi l’esecuzione di test sierologici dopo rimozione di zecca, attualmente non
è raccomandata alcuna terapia antibiotica poiché il rischio di contrarre malattia è <5%.
174 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Alcuni esperti raccomandano la terapia antibiotica per pazienti morsi da Ixodes scapularis
(Ixodes dammini) se l’insetto è rimasto in sede per più di 48 h. In ogni caso la determinazione
della specie non è fattibile in un contesto routinario e gli attuali dati risultano insufficienti
a dimostrare l’efficacia della terapia antimicrobica in questo setting.

Rimozione di ami da pesca


Potrà capitarvi la comica situazione di un pescatore che si è “pescato” infilandosi l’amo
nella cute. Data la particolare conformazione dell’amo, per rimuoverlo è necessario agire
con particolare cautela (Figura 16):
1) infiltrare l’anestetico locale in corrispondenza della punta dell’amo;
2) afferrare con un porta-aghi il corpo dell’amo ed esercitare un movimento di rotazione
finché la punta non fuoriesca dalla cute;
3) tagliare la punta con la tronchese;
4) estrarre in senso retrogrado l’ago privo di punta.

Figura 16

Attacco infiammatorio acuto dell’iperuricemia cronica


con deposito di cristalli di urato monosodico (gotta)
L’iperuricemia cronica con deposito di cristalli di urato monosodico è una malattia
dismetabolica cronica che può provocare complicanze renali (nefrolitiasi e/o nefropatia
cronica) e/o articolari (artrite distruttiva e perdita della funzionalità articolare) e che si
associa ad un aumentato rischio di insorgenza di malattia cardiovascolare. La clinica
dell’attacco infiammatorio acuto è in genere molto nota ed il più delle volte è il paziente
stesso, sofferente da tempo, ad orientarvi subito.
In ogni caso la situazione classica vede il soggetto (di solito un uomo di mezza età)
andato a letto in buona salute, spesso dopo abusi di tipo alimentare, svegliarsi nel cuore
della notte con dolori violenti all’alluce, più di rado al ginocchio, alla caviglia, al calcagno,
al collo del piede.
Segue una sensazione di freddo e brividi con un pò di febbre; il dolore nel frattempo
aumenta localizzandosi in genere alle ossa ed ai legamenti del tarso e del metatarso.
La sensibilità della parte colpita diviene così vivace ed esasperata che il paziente non
può sopportare neanche il peso delle lenzuola. I livelli ematici di acido urico durante un
attacco di gotta possono essere normali, quindi non escludono la diagnosi. In tal caso sono
da ricontrollare alla risoluzione del quadro.
Primo intervento 175

Somministrate uno tra:


1) Indometacina (cps 50 mg 1 × 3/die da continuare per altri 2-3 giorni dopo la risoluzione
del quadro clinico) oppure Naprossene 500 mg x 2/ die (DynaMed Plus: forte raccoman­
dazione); non usare acido acetilsalicilico.
2) Colchicina 1 mg (dose da carico di 1 mg, seguita 1 ora dopo da una dose da 0,5 mg (1/2
cpr assunta entro 12-36 h (DynaMed Plus: forte raccomandazione).
3) Prednisolone 30-35 mg x1/die per 5 giorni (DynaMed Plus: forte raccomandazione).
In caso di attacco particolarmente severo alcuni autori suggeriscono l’associazione della
colchicina al FANS o cortisone.
È quindi importante, qualora l’attacco infiammatorio acuto articolare si verifichi durante
il trattamento con un farmaco ipouricemizzante, non sospendere quest’ultimo, ma trattare
simultaneamente la riacutizzazione infiammatoria secondo le esigenze del singolo paziente.
Non iniziare la terapia ipouricemizzante (ULT) al primo attacco di gotta o in pazienti con
attacchi non frequenti (meno di 2 attacchi l’anno) (DynaMed Plus: forte raccomandazione).
Non ci sono indicazioni particolari su quando iniziare la ULT, ma tradizionalmente si inco­
mincia dopo 2 settimane dalla fine dell’attacco. La terapia si avvale di allopurinolo 100
mg/die, titolato di 100 mg/die ogni settimana fino a raggiungere il livello di acido urico
target (< 6 mg/dl o <5 nei casi più gravi) (DynaMed Plus: forte raccomandazione). In caso
di inizio di ULT è raccomandato il trattamento con colchicina 0,5 x 1-2/die per almeno 6
mesi (DynaMed Plus: forte raccomandazione).
TAO/DOAc - Terapia
con anticoagulanti orali:
dalla scelta del dosaggio
alla gestione
delle complicanze
⊲  G. Misiano  ⊲  L. Lenza  ⊲  R. Antonicelli

Non è raro, per il Medico di Continuità Assistenziale (MCA), trovarsi nella condizione di
dover assistere un paziente in trattamento con anticoagulanti orali (AO) e dover decidere se
modificarne il dosaggio, sospendere la terapia, o se somministrare un farmaco.

Controllo della TAO in pazienti senza sanguinamento


in atto
Per ottimizzare l’efficacia e la sicurezza degli AO occorre che i pazienti siano periodica­
mente controllati sia dal punto di vista clinico che laboratoristico. Il controllo di laboratorio
si ottiene con la misurazione dell’INR. Il range terapeutico ottimale per ogni singolo paziente
viene stabilito all’inizio del trattamento e varia in base alla condizione morbosa di base (INR
fra 2 e 3 per la maggior parte di esse, fra 2,5 e 3,5 per trombosi dell’atrio sinistro, valvole
meccaniche cardiache, e bambini con dispositivi di assistenza al ventricolo). Le decisioni
cliniche da adottare nel corso della visita di controllo sono le seguenti:
Decidere la dose settimanale (DS). Se l’INR rientra nel range terapeutico raccomandato
per il tipo di patologia è opportuno che il paziente assuma la stessa dose presa fino a quel
momento. Gli aggiustamenti posologici devono basarsi sulla DS ricordando che il rapporto
tra la dose di AO e INR non è di tipo lineare, per il fatto che anche piccole variazioni della
DS (5-10%) possono far variare in maniera significativa l’INR (Tabella 1).
Quando l’INR risulta essere nel range terapeutico, basterà consigliare al paziente di
continuare con la stessa dose assunta e invitarlo ad un nuovo controllo dopo 4-6 settimane.
Nelle altre situazioni sarà fondamentale un’anamnesi accurata volta a stabilire la causa
per la quale l’INR è fuori range e agire come indicato nella Tabella 1.
La somministrazione di vitamina K non è indicata per valori di INR <4,5.

Tabella 1. Range di INR (per un target terapeutico 2-3) e suggerimenti per la variazione della DS (Linee
guida ASH 2014)
RANGE DELL’INR AZIONE
INR <2 Aumentare la DS del 10-15%. Ripetere INR entro una settimana
INR tra 3,1 e 3,5 Diminuire la DS del 0-10%. Ripetere INR entro due settimane
INR tra 3,6 e 4 Non far assumere l’AO per un giorno. Riprendere diminuendo la DS del
10-15%. Ripetere INR entro una settimana
INR tra 4,1 e 8,9 Non far assumere l’AO per uno-due giorni. Riprendere diminuendo la DS del
10-15%. Ripetere INR dopo 2 giorni
IINR >9 Non far assumere l’AO per due giorni. Riprendere diminuendo la DS del 15-
20%. Ripetere INR il giorno dopo
TAO/DOAc-Terapiaconanticoagulanti
TAO/DOAc
orali:dalla
- scelta
Terapia
deldosaggio
con alla
anticoagulanti
gestionedellecomplicanze
orali 177

Nel contesto di un paziente che non sta sanguinando, basse dosi di vitamina K (da 1
a 2,5 mg) possono essere somministrate oralmente per valori di INR compresi tra 4,5 e 10
(le LG del 2012 dell’ACCP offrono tale opzione, mentre le LG del 2018 ASH suggeriscono di
non somministrarla). Per valori di INR superiori a 10, è invece indicata la somministrazione
orale di Vitamina k (da 2,5 a 5 mg) e il monitoraggio giornaliero dell’INR. Non vi è alcun
beneficio nella somministrazione per via endovenosa (a meno che il paziente non possa
assumere il farmaco per via orale).

Interazioni farmacologiche: aspetti pratici


L’associazione di altri farmaci agli AO può profondamente influenzare la condotta
della TAO.
Dal punto di vista clinico ed epidemiologico, il fenomeno assume un’importanza rilevante
in quanto la maggior parte dei pazienti per i quali viene prescritta la TAO, per lo più anziani
con comorbilità, richiedono in genere terapie farmacologiche complesse. Gli AO hanno ca­
ratteristiche farmacologiche particolarmente sfavorevoli che li rendono facilmente coinvolti
in fenomeni di interazione con altri farmaci.
Per tale motivo, prima di prescrivere o somministrare un nuovo farmaco ad un paziente
in TAO è bene che il medico sappia perfettamente l’effetto che tale atto medico determina
su quel paziente. A tale scopo e onde evitare estesi e poco maneggevoli elenchi di farmaci
potenzialmente interferenti con gli AO si propone un elenco più ristretto, nel quale vengono
considerate solamente le interazioni clinicamente significative (livello 1 di evidenza causa-
effetto) (Tabella 2).
Si ricorda che l’introduzione di un nuovo farmaco può richiedere un rapido aggiustamento
della dose in considerazione dell’effetto previsto (potenziamento o inibizione).

Tabella 2.
ANTIBIOTICI, CARDIO- ANTIINFIAMMA- NEUROLOGICI GASTRO- MISCELLANEA
ANTIMICOTICI VASCOLARI TORI, INTESTINALI
ANALGESICI
Potenzianti Ciprofloxacina Amiodarone Fenilbutazone Alcool Cimetidina Steroidi
l’effetto Cotrimossazolo Clofibrato Piroxicam Citalopram Olio di pesce anabolizzanti
degli AO Eritromicina Diltiazem Paracetamolo Disulfiram† Mango Fluorouracile
Fluconazolo Fenofibrato Celecoxib Fenitoina† Omeprazolo Tamoxifene
Isoniazide Propafenone Interferone Cloraridrato† Spremuta di Gentamicina
Miconazolo Propranololo Tramadolo Fluvoxamina† Ananas
(per via orale o Sulfinpirazone ASA† SSRI†
vaginale) ASA†
Variconazolo Fluvastatina† Ketorolac**
Amoxicillina† Simvastatina†
Levofloxacina† Gemfibrozil
Claritromicina†
Tetracicline†

Inibenti Griseofulvina Colestiramina Mesalamina Barbiturici Cibi Mercaptopurina


l’effetto Ribavirina Azatioprina† Carbamazepina contenenti Ginseng
degli AO Rifampicina Clordiazepossido alte dosi Terapia
Ritonavir† di Vit. K chelante
Dicloxacillina† (in elevata Vaccino
quantità) antinfluenzale
Latte di soia† Vitamine†
Sucralfato†

Effetto probabile; **Possibile sanguinamento gastrointestinale
178 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Evitare l’uso di FANS non selettivi per il trattamento del dolore o della febbre, preferendo
farmaci come il paracetamolo, eventualmente associato a codeina. Se viene utilizzato
un FANS, limitarlo al più breve tempo possibile, eventualmente adoperando un inibitore
selettivo della COX-2.

Complicanze emorragiche
La complicanza che più frequentemente si registra durante il trattamento AO è la com­
parsa di manifestazioni emorragiche che possono ovviamente essere a varia localizzazione
e di diversa gravità e che possono comparire spontaneamente o dopo un trauma anche
lieve - moderato.
Il comportamento del medico di fronte ad un paziente con emorragia dipenderà
dall’importanza e dalla localizzazione della zona sanguinante e dal livello di INR. In caso
di emorragie maggiori si impone l’immediato e urgente ricovero ospedaliero. In urgenza,
nell’attesa dell’ambulanza, è possibile somministrare 10 mg di vitamina K mediante
infusione endovenosa lenta (ad esempio, da 20 a 60 minuti). Sempre in urgenza, in caso
di sanguinamento da trauma, somministrare 2 fl di ac. tranexemico ev. In caso di emor­
ragie minori (ad es. epistassi) nella maggior parte dei casi non è necessario sospendere
il trattamento, ed è in genere sufficiente mantenere un’adeguata compressione per alcuni
minuti. È possibile utilizzare garze imbevute con antifibrinolitici (es. acido tranexamico).
In caso di persistenza inviare il paziente in pronto soccorso. L’ematuria è spesso dovuta ad
altri fattori (ad esempio lesioni anatomiche o infezioni), ed è quindi importante valutarne
la causa sottostante. Nel caso di sanguinamento gengivale, è possibile utilizzare l’acido
tranexamico in fiale per effettuare degli sciacqui.
Le emorragie congiuntivali hanno in questi pazienti uguale incidenza rispetto a quella
che si registra nella popolazione generale.
Le ecchimosi non richiedono la sospensione della TAO.

Altri antitrombotici (DOAc)


Gli Anticoagulanti Orali Diretti (detti anche NAO, Nuovi Anticoagulanti Orali), si dividono
in inibitori diretti della trombina - Dabigatran - e gli inibitori diretti e selettivi del fattore
Xa, Apixaban, Edoxaban e Rivaroxaban.

Ultima assunzione di farmaco prima di un intervento chirurgico


DABIGATRAN APIXABAN/RIVAROXABAN/EDOXABAN
MODERATO RISCHIO DI SANGUINAMENTO E/O POSSIBILITÀ ADEGUATA DI EMOSTASI LOCALE:
LIVELLI MINIMI DI ASSUNZIONE (ES. DA 12 ORE A 24 ORE DOPO L’ULTIMA SOMMINISTRAZIONE)
BASSO ALTO BASSO ALTO
RISCHIO RISCHIO RISCHIO RISCHIO
CrCl >80 ml/min >24 h >48 h >24 h >48 h
CrCl 50-80 ml/min >36 h >72 h >24 h >48 h
CrCl 30-50 ml/min >48 h >96 h >24 h >48 h
CrCl 15-30 ml/min non indicato non indicato >36 h >48 h
CrCl <15 ml/min non ci sono indicazioni ufficiali per uso
Caratteri marcati in neretto differenziano dalla regola di >24 h basso rischio >48 h alto rischio.
Basso rischio= interventi con basso rischio di sanguinamento; alto rischio di sanguinamento.
CrCl= Creatinina clearance.
TAO/DOAc-Terapiaconanticoagulanti
TAO/DOAc
orali:dalla
- scelta
Terapia
deldosaggio
con alla
anticoagulanti
gestionedellecomplicanze
orali 179

A differenza delle cumarine, non necessitano di un monitoraggio continuo dell’attività


anticoagulante e quindi non espongono il paziente all’obbligo di eseguire periodicamente
prelievi di sangue. Come descritto nel capitolo precedente, in caso di emorragie maggiori
si impone l’immediato ricovero ospedaliero. Nel caso di emorragie minori, si potranno
invece attuare i trattamenti conservativi descritti precedentemente.
Essendo attualmente sottoposti a Piano Terapeutico la loro prescrizione è esclusi­
vamente a carico dello specialista; potrebbe però capitare che qualcuno debba essere
urgentemente sottoposto a procedure interventistiche e/o interventi chirurgici, in questo
caso può essere utile conoscere i tempi per una corretta sospensione di questi farmaci,
specie in relazione alla tipologia di procedura da effettuare.

Classificazione interventi chirurgici secondo il rischio


di sanguinamento
Interventi che non necessariamente richiedono la sospensione della terapia
anticoagulante:
a) Interventi odontoiatrici
1. Estrazioni da 1 a 3 denti
2. Chirurgia parodontale
3. Incisione di accessi
4. Posizionamento impianti
b) Interventi oftalmologia
1. Interventi di cataratta o glaucoma
c) Endoscopia senza operazione
d) Interventi specifici (incisioni di accessi, piccole incisioni dermatologiche)

Interventi con basso rischio di sanguinamento:


1. Endoscopia con biopsia
2. Biopsia prostatica o vescicale
3. Studi elettrofisiologici e/o rimozione terapia ablativa inclusa puntura transettale
4. Procedure angiografiche
5. Impianto Pacemaker o ICD (tranne posizionamenti anatomici complessi, es. proce­
dure su cardiopatie congenite

Interventi con alto rischio di sanguinamento:


1. Ablazione della FA o della TV
2. Anestesia epidurale, puntura lombare
3. Intervento di chirurgia toracica
4. Intervento di chirurgia addominale
5. Interventi ortopedici maggiori
6. Biopsia del fegato
7. Resezione Prostata transuretrale
8. Biopsia rene
Uroandrologia
⊲  M. Melappioni  ⊲  R. Antonicelli  ⊲  D. Angioni Contenuti web
aggiuntivi

Priapismo
Si tratta di una condizione di erezione prolungata (>2-4 ore) dolorosa (in particolar
modo se priapismo su base ischemica) non accompagnata da sensazioni di eccitamento
e/o desiderio sessuale; il glande ed il corpo spongioso dell’uretra non appaiono interessati
dall’erezione, essendo il processo limitato ai corpi cavernosi. È una patologia rara, ma
grave, che, se non trattata nei modi e nei tempi prescritti, evolve inesorabilmente verso
l’impotenza definitiva.
Può verificarsi in pazienti affetti da leucemia, anemia a cellule falciformi o neoplasie
pelviche, ma può essere provocata anche dall’iniezione intra­cavernosa di sostanze vasoattive
impiegate nella terapia di alcune forme di impotenza.
L’ospedalizzazione in reparto urologico si impone soprattutto al fine della tempestività
e appropriatezza delle cure.

Torsione del funicolo spermatico


Il quadro clinico, definito scroto acuto, consiste nell’improvvisa comparsa di dolore a un
testicolo, aumento di volume nell’emiscroto e iperemia della cute scrotale, dolore ai quadranti
addominali inferiori; spesso nausea e vomito (circa il 90%).
È una situazione più frequente negli adolescenti e deve essere risolta tempestivamente
in quanto il testicolo non tollera deficit perfusionali superiori alle 4-6 ore e il deficit protratto
potrebbe indurre una atrofia testicolare.
L’esame obiettivo può evidenziare innalzamento e orizzontalizzazione del testicolo pro­
vocati dall’accorciamento del funicolo; segno caratteristico, quando presente, l’aumento
del dolore in seguito al sollevamento del testicolo verso l’inguine. Diagnosi differenziale va
posta con: traumi, infezione parotitica, epididimite.
L’epididimite, rara prima della pubertà, è solitamente accompagnata o preceduta da
disturbi minzionali e piuria. Un quadro di epididimite inoltre, in genere, si associa a sollievo
dal dolore quando il testicolo viene sollevato (al contrario di quanto accade per la torsione).
La terapia prevede la derotazione, manuale (se impossibilità di accedere rapidamente
alla chirurgia) o chirurgica, che deve essere effettuata da mani esperte.

Sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS)


I sintomi delle vie urinarie inferiori (LUTS) sono molto frequenti e possono essere causati
da varie patologie; la più comune è sicuramente l’ipertrofia prostatica benigna (IPB), disturbo
estremamente frequente nel maschio con >50 anni, ma non va dimenticata la possibilità
che i LUTS vengano provocati da prostatite cronica o da disfunzioni neurologiche a carico
delle basse vie urinarie.
I LUTS si dividono in due gruppi principali:
- Sintomi irritativi (pollachiuria, nicturia, urgenza minzionale, disuria)
- Sintomi ostruttivi (flusso minzionale ipovalido, esitazione minzionale, gocciolamento
post-minzionale, tenesmo vescicale).
Uroandrologia 181

I sintomi irritativi sono in genere quelli più fastidiosi per i pazienti e che più frequente­
mente lo spingono a richiedere la visita medica. Tuttavia, nel lungo termine, la sintomatologia
ostruttiva è più temibile, in quanto può spesso predisporre a complicanze, ad es. infezioni
urinarie, ematuria, stasi urinaria. La terapia medica dell’IPB con sintomi lievi o con sintomi
moderati che il paziente non riferisce come invalidanti si basa su terapia comportamentale
e watchful waiting (NICE/EAU raccomandazione forte).
La terapia medica dell’IPB con sintomi moderato-severi può avvalersi della sommini­
strazione a lungo termine di:
1) Alfa-litici, ad es. tamsulosina (1 cpr/die), sono la prima linea di terapia per la maggio­
ranza dei pazienti (NICE/EAU raccomandazione forte).
2) Inibitori della 5-alfa reduttasi sono considerati una alternativa appropriata se in presenza
di aumento delle dimensioni prostatiche (>40 mL) (EAU raccomandazione forte).
3) Aggiunta di inibitori della 5-alfa reduttasi, ad es. finasteride (5 mg 1 cpr/die) in pazienti
con sintomi moderato-severi, aumento delle dimensioni prostatiche (prostata >40 mL) e
non adeguata risposta terapeutica al dosaggio massimo di alfa-litico (UpToDate grado
2A)
4) Farmaci fitoterapici hanno dimostrato efficacia dubbia di conseguenza non sono consi­
gliati in prima battuta.

Prostatite acuta
È un’infezione della prostata che provoca pollachiuria, stranguria, febbre con brivido,
dolore perineale talvolta alla punta del pene, diminuzione della libido, disuria, mialgia e
urine torbide. L’esplorazione rettale evidenzia una prostata dolorante, tumefatta ed indurita.
Talvolta l’infezione prostatica può coinvolgere i testicoli dando luogo ad un’epididimite.
La terapia nei casi non complicati (che non richiedono ospedalizzazione) si basa nella gran
parte delle occasioni su fluorochinoloni e trimetoprim-sulfametossazolo (UpToDate grado 2C):
1) Ciprofloxacina (500 mg 1 cpr × 2 per 2-6 setti­mane)*
2) Levofloxacina (500 mg 1 cpr per 2-6 settimane)*
3) Trimetoprim-Sulfametossazolo (800+160 mg 1 cpr x 2/die per 2-6 settimane)
4) Tamsulosina 0,4 mg 1 cp/die, se presenti LUTS
5) È ipotizzabile l’utilizzo di antinfiammatori per ridurre i sintomi (anche per via rettale come
Diclofenac supp. 1-2 supp./die o Beclometasone diproprionato supposte 1-2 supp./die).
Inoltre è importante consigliare sempre di evitare o ridurre l’assunzione di sostanze
potenzialmente irritanti per la vescica, come gli alcolici, le bevande contenenti caffeina ed
i cibi particolarmente acidi e speziati.
Benché non vi siano forti evidenze a riguardo, la dieta che potrebbe essere suggerita
per la prostatite dovrebbe essere ricca di liquidi e costituita da alimenti leggeri, di facile
digestione, con pochi grassi di origine animale. In pratica, per quanto concerne i suggerimenti
nutrizionali per la prostatite è utile consigliare:
• Bere almeno 2 litri di acqua al giorno
• Incrementare i cereali integrali ed i legumi
• Incrementare soprattutto gli ortaggi e anche la frutta fresca
• Eliminare le bevande alcoliche, Energy drink e limitare assunzione di caffè e cioccolata
• Eliminare cibi piccanti

*Per limitazioni vedi Nota pag.17


182 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

• Eliminare il tabagismo
• Praticare attività fisica regolare.
È molto importante curare tempestivamente la forma acuta impedendone l’evoluzione a
cronica, patologia più pericolosa per i postumi, lunga e complicata da trattare.

Epididimite
Solitamente è una complicanza dell’uretrite o della prostatite, può essere unilaterale o
bilaterale. La sintomatologia è caratterizzata da eritema e dolore scrotale, talvolta minzione
dolorosa o necessità urgente o frequente di urinare, dolore durante i rapporti o l’eiacula­
zione, emospermia; febbre, brividi e stato generale scaduto indicano un’infezione grave o
eventualmente un ascesso.
L’esame obiettivo rivela tumefazione, rossore, calore, indurimento, edema di una porzione
o di tutto l’epididimo interessato, dolorabilità marcata a volte irradiata al testicolo adiacente,
perdite sierose dall’uretra.
La manovra di sollevare lo scroto porta sollievo (“segno di Prehn”).

ATTENZIONE: Nei pazienti di età inferiore ai 30 anni l’epididimite deve essere


posta in diagnosi differenziale con la torsione del testicolo, condizione che
comporta il trattamento specialistico nel minor tempo possibile.

Il trattamento di prima scelta è inizialmente una cura medica con antibiotici/FANS/


analgesici:
- Se la causa è più probabilmente legata a trasmissione sessuale (tipicamente <35
anni): Ceftriaxone 250 mg intramuscolo in unica dose oppure Doxiciclina 100 mg x 2/
die per 10 giorni (UpToDate grado 2C)
- Se la causa è più probabilmente legata a microrganismi enterici (tipicamente >35
anni): Levofloxacina* 500 mg x 1/die per 10 giorni (UpToDate grado 2C)
- Se si sospetta una causa mista (enterica e sessualmente trasmessa): Ceftriaxone
250 mg intramuscolo in unica dose + Levofloxacina* 500 mg x 1/die per 10 giorni
(UpToDate grado 2C).
Ulteriori misure consistono in:
- Riposo a letto e supporto allo scroto per sollevarlo al fine di alleviare il dolore

Disfunzione erettile
La disfunzione erettile (DE) presenta nella popolazione maschile italiana una prevalenza
del 12.8%. Oltre all’età (la prevalenza è maggiore nella popolazione anziana), altri impor­
tanti fattori di rischio per DE includono il diabete mellito, l’ipertensione, l’iperlipidemia,
la depressione ed il fumo di sigaretta; anche l’ipotiroidismo, le malattie renali, l’obesità,
l’eccessivo consumo di alcol e la sedentarietà possono contribuire alla comparsa di questo
problema. In alcuni casi, l’origine della DE è di natura iatrogena (ad es. chirurgia pelvica,
trattamento con antidepressivi triciclici o MAO-inibitori).
La valutazione della DE deve includere una determinazione delle cause potenziali che
sono alla base della patologia e l’identificazione del trattamento appropriato a seguito di
un’adeguata valutazione a livello specialistico.

*Per limitazioni vedi Nota pag.17


Uroandrologia 183

Di conseguenza, è opportuno consigliare al paziente, che eventualmente si rivolga in prima


istanza al Medico di Continuità Assistenziale per esporre il proprio problema, di rivolgersi al
più vicino Centro Urologico/Andrologico, al fine di diagnosticare con certezza la disfunzione
erettile e determinare le cause che possono essere alla base della patologia.
Il trattamento farmacologico “on demand” con inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE-5),
da assumere prima di una prevista attività sessuale (ad es. sildenafil 25, 50 o 100 mg
oppure tadalafil 5, 10 o 20 mg oppure vardenafil 5, 10 o 20 mg oppure avanafil, cpr 50, 100
o 200 mg 1 cpr al bisogno) potrà essere effettuato solo dopo una accurata valutazione delle
condizioni cardiovascolari del paziente.
Va considerato che gli inibitori della fosfodiesterasi presentano proprietà vasodilatatorie
e possono potenziare l’effetto ipotensivo dei nitrati.

Eiaculazione precoce
Sebbene non esista una definizione universalmente accettata dell’eiaculazione precoce
(EP), sono state formulate, da parte di diverse autorevoli Società Scientifiche internazionali,
delle definizioni di EP che hanno tre elementi in comune tra di loro:
• tempo di latenza dell’eiaculazione, cioè tra l’inizio della penetrazione vaginale e l’eia­
culazione vera e propria, breve (in alcuni soggetti l’eiaculazione avviene già prima della
penetrazione vaginale, cosiddetta ejaculatio ante portam);
• percezione di una mancanza di controllo eiaculatorio;
• conseguenze negative sulla qualità della vita del paziente (ad es. stress, disagio, fru­
strazione e/o evitamento dell’intimità sessuale) e sulle relazioni di coppia.
L’EP può insorgere sin dall’inizio dell’attività sessuale maschile (EP lifelong o primaria)
oppure verificarsi ad un certo punto della vita, dopo periodi di attività sessuale normale
(EP secondaria o acquisita); in quest’ultimo caso l’EP può essere in relazione a patologie
endocrine (ipogonadismi, ipertiroidismi), urologiche (ad es. prostatiti, fimosi, disfunzione
erettile), neurologiche (neuropatia periferica, processi espansivi midollari, sclerosi multipla,
ecc.), problemi psicologici o di relazione, come pure all’assunzione di farmaci (amfetamine,
agonisti dopaminergici) o di droghe (cocaina).
Il Medico di Continuità Assistenziale rappresenta spesso l’interfaccia professionale
iniziale per il paziente con eiaculazione precoce, che può esporgli il proprio problema e
ricevere gli opportuni consigli diagnostici e terapeutici di prima istanza; successivamente
il paziente potrà essere ulteriormente inquadrato con approfondimenti specialistici presso
Centri Urologici/Andrologici.
La terapia farmacologica dell’EP, che in passato si basava solo su farmaci utilizzati “off-
label” e di incerta efficacia, ha compiuto alcuni anni fa (2013) un significativo progresso
con l’introduzione di dapoxetina, un inibitore selettivo della ricaptazione neuronale della
serotonina (SSRI), il primo ed unico farmaco orale ufficialmente approvato per il tratta­
mento dell’EP in uomini di età compresa tra 18 e 64 anni. La dose iniziale raccomandata
di dapoxetina è di 30 mg; va assunta una cpr al bisogno circa 1-3 ore prima dell’attività
sessuale, per non più di una volta nelle 24 ore.
Nel 2018 è stato inoltre introdotto in commercio un prodotto ad uso topico in forma di
spray a base di anestetici (lidocaina + prilocaina) con indicazione per il trattamento dell’EP
primaria in uomini adulti.
Vaccinazioni e reazioni
indesiderate ai vaccini
⊲  R. Antonicelli  ⊲  T. Maio  ⊲  F. Testa

Una delle evenienze che potreste trovarvi ad affrontare durante il turno di Continuità
Assistenziale è dovere offrire counselling vaccinale a chi sta per eseguire una vaccinazione o
visitare un soggetto con una sospetta reazione indesiderata ad un vaccino. In alcune realtà
italiane, inoltre, sono state avviate sperimentazioni che prevedono la partecipazione attiva
dei medici di Continuità Assistenziale nelle campagne vaccinali.
Ci appare pertanto utile riportare di seguito informazioni relative alle vaccinazioni
disponibili e alle principali reazioni ai vaccini.

Le Vaccinazioni (calendario vaccinale per la vita)


Negli ultimi anni le Società Scientifiche che si occupano, tra i loro temi più rilevanti, di
vaccinazioni (Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica - SItI, e Società
Italiana di Pediatria - SIP) e le più importanti Federazioni che rappresentano le cure primarie
per l’adulto (FIMMG - Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) e per il bambino (FIMP
- Federazione Italiana Medici Pediatri) hanno costituito un board scentifico per l’elaborazione
condivisa di una proposta di calendario vaccinale che, partendo dalla nascita, arriva alla
senescenza con l’inclusione di tutti i vaccini utili alla promozione di un ottimale stato di salute.
L’iniziativa è nata dalla necessità di favorire un rilancio delle vaccinazioni, non solo
nell’ambito pediatrico ma anche in quello della medicina generale, in un contesto storico
in cui hanno assunto notevole rilevanza posizioni anti vaccinali - non suffragate da evi­
denze scientifiche ma egualmente divulgate da media e social network - i cui drammatici
effetti sono testimoniati dalla ripresa di alcune malattie che si era sul punto di debellare
definitivamente.Riteniamo utile riportare di seguito (pag. 185) l’edizione più aggiornata
del Calendario Vaccinale per la vita, ispirato ad un Documento congiunto SItI, SIP, FIMP,
FIMMG, poiché esso è ormai diventato riferimento per la definizione delle strategie vaccinali
di diversi sistemi sanitari regionali.

Le vaccinazioni obbligatorie per i minori (0-16 anni)


Il Calendario vaccinale, incluso nel Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV)
2017-2019, approvato in Conferenza Stato-Regioni con Intesa del 19 gennaio 2017, è
stato inserito nel DPCM sui Livelli essenziali di assistenza (LEA). Il Decreto legge 7 giugno
2017 (GU n. 130 del 7-6-2017) ha successivamente reso obbligatorie per i minori di 16
anni dieci delle vaccinazioni e ne ha fortemente raccomandate quattro ad offerta attiva
e gratuita. Nel PNPV 2017-2019 sono altresì indicate in offerta attiva e gratuita anche le
vaccinazioni antipapilloma virus (HPV) negli undicenni e anti-meningococcica tetravalente
ACWY nell’adolescenza. Attualmente sono offerte gratuitamente e attivamente dal Servizio
sanitario nazionale (SSN) le seguenti vaccinazioni:

Bambini da zero a 6 anni


• Anti-difterica: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbligatoria
per i nati dal 2001)
• Anti-poliomielite: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbli­
gatoria per i nati dal 2001)
Calendario Vaccinale
Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019

3° 4° 5° 6° 7° 11° 13°-15° 6° 12°-18° 19-49 50-64 >64


mese mese mese mese mese mese mese anno anno anni anni anni
Esavalente Esa Esa Esa
DTPa + IPV DTPa DTPa
+ IPV + IPV
DTPa DTPa DTPa DTPa
Pneumococco PCV PCV PCV
MPRV MPVR MPVR
Meningococco C Men
MenC ACWY
Meningococco B MenB MenB MenB MenB
HPV HPV
Influenza Flu
Herpes Zoster
Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini

HZ
Rotavirus Rot Rot Rot
185
186 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso
(continuazione di pag. 185)
Legenda e note calendario Vaccinale
IPV = vaccino antipolio inattivato
Ep B = vaccino contro il virus dell’epatite B
Hib = Vaccino contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo b
DTPa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare
dTpa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare, formulazione per adulti
dTpa-IPV = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare e polio inattivato, formulazione per adulti
MPRV = Vaccino tetravalente per morbillo, parotite, rosolia e varicella
MPR = Vaccino trivalente per morbillo, parotite, rosolia
V = Vaccino contro la varicella
PCV = Vaccino pneumococcico coniugato
PPSV = Vaccino pneumococcico polisaccaridico
MenC = Vaccino contro il meningococco C coniugato
MenB = Vaccino contro il meningococco B
HPV = Vaccino contro i papillomavirus
Influenza = Vaccino contro l’influenza stagionale
Rotavirus = Vaccino contro i rotavirus
Ep A = vaccino contro il virus dell’epatite A
ESA = DTPa + IPV + Hib + EpB
Note:
*) Nei figli di madri HBsAg positive, somministrare entro le prime 12-24 ore di vita, contemporaneamente alle Ig
specifiche, la prima dose di vaccino. Il ciclo va completato con la 2a dose a distanza di 4 settimane dalla prima;
a partire dalla 3a dose, che deve essere effettuata dal 61° giorno, si segue il calendario con il vaccino combinato
esavalente.
*^) Pur lasciando ai decisori territoriali la valutazione finale della schedula migliore in funzione dell’offerta vac­
cinale locale e delle sue tempistiche, si ritiene utile suggerire uno schema di inserimento della vaccinazione anti-
meningococcica B. La sequenza di vaccinazione raccomandata è la seguente (i giorni sono ovviamente indicativi e non
cogenti): • Esavalente + Pneumococco ad inizio 3° mese di vita (61° giorno di vita). • Meningococco B dopo 15
giorni (76° giorno). • Meningococco B dopo 1 mese (106° giorno). • Esavalente + Pneumo dopo 15 giorni, ad inizio
5° mese di vita (121° giorno). • Meningococco B dopo 1 mese, ad inizio 6° mese di vita (151° giorno). • Esavalente
+ Pneumococco a 11 mesi compiuti. • Meningococco B al 13° mese. • Meningococco C, sempre dopo il compimento
dell’anno di vita.
**) La terza dose va somministrata ad almeno 6 mesi di distanza dalla seconda.
***) La quarta dose, l’ultima della serie primaria, va somministrata nel 5°-6° anno di età. È possibile anche
utilizzare dai 4 anni la formulazione tipo adulto (dTpa) a condizione che i genitori siano adeguatamente informati
dell’importanza del richiamo all’adolescenza e che siano garantite elevate coperture vaccinali in età adolescenziale.
****) I successivi richiami vanno eseguiti ogni 10 anni.
*****) In riferimento ai focolai epidemici degli scorsi anni, si ritiene opportuno, oltre al recupero dei soggetti suscet­
tibili in questa fascia di età (catch-up) anche una ricerca attiva dei soggetti non vaccinati (mop-up).
^) Soggetti anamnesticamente negativi per varicella. Somministrazione di due dosi di vaccino a distanza di ≥1
mese l’una dall’altra.
^^) Bambini che inizino la vaccinazione nel corso del secondo anno di vita devono eseguire due dosi; qualora
iniziassero nel corso del terzo anno è sufficiente una dose singola.
L’offerta di una dose di PCV contenente un numero di valenze maggiore è fortemente raccomandata a bambini mai
vaccinati o che abbiano in precedenza completato il ciclo di vaccinazione con PCV7. Nel caso si tratti di bambini in
condizioni di rischio sono raccomandate due dosi.
§) Dose singola. La vaccinazione contro il meningococco C viene eseguita per coorte al 13°-15° mese di vita. Per
la seconda coorte a 12-14 anni, si raccomanda che una dose di vaccino Men ACWY coniugato sia effettuata sia ai
soggetti mai vaccinati in precedenza, sia ai bambini già immunizzati nell’infanzia con Men C o Men ACWY. Nei soggetti
a rischio la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui
l’ultima, comunque, dopo il compimento dell’anno di vita.
°) Somministrare due dosi a 0 e 6 mesi (vaccino bivalente tra 9 e 14 anni; vaccino quadrivalente tra 9 e 13 anni);
tre dosi ai tempi 0, 1, 6 (bivalente) o 0, 2, 6 mesi (quadrivalente) nelle età successive.
°°) Vaccinare con il vaccino stagionale, i soggetti a rischio previsti dalla Circolare Ministeriale.
#) Somministrazione raccomandata a una coorte di soggetti di 65 anni di età.
##) Raccomandato in offerta universale, co-somministrabile con tutti gli altri vaccini previsti per i primi mesi di vita.
Vaccinazioni per soggetti ad aumentato rischio (per i dettagli si rimanda alle apposite sezioni del presente Piano)
(1) dTpa: numero di dosi a seconda che si tratti di ciclo di base o di booster; per le donne, al terzo trimestre di ogni
gravidanza (idealmente 28a settimana). (2) Epatite B: 3 Dosi, Pre Esposizione (0, 1, 6 mesi) 4 Dosi: Post Esposizione
(0, 2, 6 sett. + booster a 1 anno) o Pre Esposizione imminente (0, 1, 2, 12). (3) Hib: per soggetti a rischio di tutte le
età mai vaccinati in precedenza - numero di dosi come da scheda tecnica a seconda dell’età. (4) PCV: fino ai 5 anni,
poi PCV/PPSV. (5) MPR: 2 dosi ad almeno 4 settimane di distanza; a seconda dell’età e dello stato immunitario nei
confronti della varicella, è anche possibile la co-somministrazione del vaccino trivalente MPR con quello monovalente
contro la varicella o l’impiego del tetravalente MPRV. (6) Varicella: 2 dosi ad almeno 4 settimane di distanza; a
seconda dell’età e dello stato immunitario nei confronti di morbillo, parotite e rosolia, è anche possibile la cosommi­
nistrazione del vaccino monovalente contro la varicella con quello trivalente MPR o l’impiego del tetravalente MPRV.
(7) Ai soggetti ad aumentato rischio offrire, menigococco ACYW e meningococco B - numero di dosi come da scheda
tecnica a seconda dell’età. (8) HPV: tutte le età come da scheda tecnica - numero di dosi come da scheda tecnica
a seconda dell’età. (9) Influenza: tutte le età come da scheda tecnica - numero di dosi come da scheda tecnica a
seconda dell’età. (10) Herpes zoster: a partire dai 50 anni di età. (11) EpA: numero di dosi come da scheda tecnica.
Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini 187

• Anti-tetanica: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbligatoria
per i nati dal 2001)
• Anti-epatite virale B: 3 dosi nel primo anno di vita (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-pertosse: ciclo di base 3 dosi nel primo anno di vita e richiamo a 6 anni (obbligatoria
per i nati dal 2001)
• Anti-Haemophilus influenzae tipo b: 3 dosi nel primo anno di vita (obbligatoria per i nati
dal 2001)
• Anti-meningococcica B: 3 o 4 dosi nel primo anno di vita, a seconda del mese di som­
ministrazione della prima dose (fortemente raccomandata per i nati a partire dal 2017)
• Anti-rotavirus: 2 o 3 dosi nel primo anno di vita, a seconda del tipo di vaccino (fortemente
raccomandata per i nati a partire dal 2017)
• Anti-pneumococcica: 3 dosi nel primo anno di vita (fortemente raccomandata per i nati
a partire dal 2012)
• Anti-meningococcica C: 1° dose nel secondo anno di vita (fortemente raccomandata
per i nati a partire dal 2012)
• Anti-varicella: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2017)
• Anti-morbillo: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2001)
• Anti-parotite: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i
nati dal 2001)
• Anti-rosolia: 1° dose nel secondo anno di vita e 2° dose a 6 anni (obbligatoria per i nati
dal 2001)

Adolescenti
• Anti-difterica: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-poliomielite: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-tetanica: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-pertosse: richiamo (obbligatoria per i nati dal 2001)
• Anti-HPV per le ragazze e i ragazzi (2 dosi nel corso del 12° anno di vita)
• Anti-meningococcica tetravalente ACWY135 (1 dose)

Adulti
• Anti-pneumococcica nei 65enni
• Anti-zoster nei 65enni
• Anti-influenzale per tutte le persone oltre i 64 anni.

Categorie a rischio
Il PNPV 2017-2019 prevede anche l’offerta a diverse categorie di persone sulla base
dell’esistenza di determinate condizioni di rischio.
188 L’esame
La clinica:obiettivo:
sintomi, approccio
segni e gestione
al caso del
clinico
caso

Lo schema sintetico degli obblighi vaccinali, in relazione all’anno di nascita, è il seguente:

2017 ➜
Anno
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
Vaccinazione

anti-poliomielitica X X X X X X X  X X X X X X X X X X
anti-difterica X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-tetanica X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-epatite B X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-pertosse X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-Haemophilus
X X X X X X X X X X X X X X X X X
tipo b1
anti-morbillo X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-rosolia X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-parotite X X X X X X X X X X X X X X X X X
anti-varicella X

1
Il vaccino anti Hib singolo trova indicazioni, come da scheda tecnica, solo per i bambini; tuttavia, come per i soggetti ad alto
rischio, è possibile utilizzarlo in qualsiasi età.

Inoltre, secondo lo stesso Decreto Legge, sono fortemente raccomandate e gratuitamente


e attivamente offerte dalle Regioni, le vaccinazioni anti-meningococcica B, anti-meningococ­
cica C, anti-pneumococcica e anti-Rotavirus per i nati dopo il 2017 e anti-meningococcica C
e anti-pneumococcica per i nati dal 2012 al 2016.

Le reazioni ai vaccini
Le reazioni più frequenti, sono rappresentati da eritema, edema o dolore nel sito di
iniezione, febbre lieve. Sintomi meno comuni sono nausea, vomito, diarrea, cefalea.
Questi quadri si risolvono generalmente in pochi giorni, anche se, in qualche caso, la
tumefazione in corrispondenza del sito di iniezione può impiegare più di una settimana
per risolversi.
Più raramente possono manifestarsi febbre alta, convulsioni febbrili indotte da alcuni
vaccini, come quello per il morbillo, parotite e rosolia.
Per controllare la sintomatologia dolorosa consigliare la somministrazione di para­
cetamolo secondo i dosaggi previsti per l’età ed il peso del soggetto (Vedi “Antipiretici”).
Può essere utile applicare del ghiaccio sul sito di inoculazione.
In caso di febbre, assicuratevi che il soggetto abbia un normale stato di idratazione,
nel caso di un bambino controllate che non sia eccessivamente coperto e somministrate
paracetamolo secondo la posologia prevista per l’età e il peso.
Per ulteriori approfondimenti suggeriamo di consultare il sito www.vaccinarsi.org.
Vi ricordiamo infine l’obbligo di segnalare le reazioni avverse ai vaccini agli uffici preposti
alla Farmacovigilanza della vostra Azienda Sanitaria di appartenenza.
La segnalazione può essere fatta compilando ed inviando via fax la apposita scheda di
segnalazione o più rapidamente anche dal vostro smartphone o tablet attraverso una appo­
sita App, denominata ADR FIMMG AIFA disponibile gratuitamente sui siti www.fimmgca.org
e www.fimmg.org.
PRINCIPALI VACCINI, VIE DI SOMMINISTRAZIONE ED EVENTI INDESIDERATI CORRELATI (MODIFICATO DA WWW.VACCINARSI.ORG)
VACCINO VIA DI EVENTI INDESIDERATI
SOMMINISTRAZIONE
DTPa Intramuscolare L’evento più frequente (1/3 dei bambini) è la febbre. Le reazioni locali (presenti nel 20% dei casi) quali dolore, rossore ed edema nella sede di
(Difterite-Tetano- iniezione, compaiono entro 48 ore e si risolvono in un paio di giorni. La loro frequenza aumenta con il numero delle dosi somministrate e talora
Pertosse acellulare) il bambino può manifestare un esteso edema all’arto ove è stata eseguita l’iniezione. In rari casi (1-2/10.000) si possono avere manifestazioni
più importanti (quali convulsioni correlate a iperpiressia). Le reazioni allergiche di tipo anafilattico sono del tutto eccezionali (meno di 1 caso
ogni milione di vaccinati).
Vaccino esavalente Intramuscolare Lievi reazioni localizzate nel punto di iniezione quali rossore, gonfiore e tumefazione; è possibile la comparsa di febbre. La frequenza di tali
(Difterite-tetano- manifestazioni, che si presentano entro 24 ore dalla somministrazione e permangono per massimo 2 giorni, è di 1 bambino su 4. Molto più
pertosse acellulare, raramente possono verificarsi gravi reazioni allergiche.
Polio, Hib, Epatite B)
Vaccino anti Polio Intramuscolare Dolore o infiammazione nel sito di iniezione.
Vaccino anti Epatite Intramuscolare Dolore nella sede di iniezione, cefalea, inappetenza, debolezza.
A (HAV)
Vaccino anti Epatite Intramuscolare Febbre, dolore, rossore e gonfiore nella sede di iniezione.
B (HBV) Tali sintomi compaiono in genere entro 48 ore dalla vaccinazione e si protraggono in genere per non più di 48 ore.
In rari casi si possono avere convulsioni legate alla febbre alta.
Vaccino anti Intramuscolare Dolore, arrossamento, gonfiore e tumefazione nella sede di inoculazione in 1 bambino su 4; febbre oltre 39 in 1 bambino ogni 20.
Haemophilus
influenzae tipo B (Hib)
Vaccino anti Rotavirus Orale Irritabilità, perdita di appetito, lieve e transitorio rialzo febbrile, diarrea e/o vomito.
I vaccini attualmente in uso non hanno determinato un aumento del rischio d’invaginazione intestinale, a differenza dei vecchi vaccini.
Il rischio stimato è di circa 1 caso ogni 100.000 lattanti.
Vaccino anti Papilloma Intramuscolare Dolore, arrossamento, gonfiore e prurito nella sede di inoculazione sono in genere lievi/moderate e transitorie ma molto comuni
virus umano (HPV) (fino all’80% dei casi).
Vaccinazioni e reazioni indesiderate ai vaccini

Altri eventi avversi sono la febbre, solo per il bivalente la cefalea, nausea, vomito, diarrea o dolore addominale, dolore muscolare o articolare.
Vaccino anti Varicella Intramuscolare Dolore o edema nel sito di iniezione in 1 bambino su 5 e fino a 1 su 3 adolescenti e adulti. Febbre in meno di un caso su 10. Eruzione cutanea
lieve fino ad un mese dopo la vaccinazione in 1 persona su 25. Molto rare sono manifestazioni più gravi quali convulsioni (spasmi o contratture)
189

causate da febbre, polmonite. Assolutamente rare gravi manifestazioni di interesse neurologico o diminuzione del numero di cellule del sangue.
Vaccino MPR (Morbillo- Sottocutanea Oltre alle comuni reazioni (gonfiore, arrossamento e dolore) nel punto dove è stata fatta la vaccinazione, si possono verificare: febbre, lieve
190

Parotite-Rosolia) esantema, gonfiore al viso e dietro il collo (da 6 a 14 giorni dopo la vaccinazione), convulsioni febbrili, artralgie, artrite, piastrinopenia
(1/30.000 entro 2 mesi).
La

Vaccino Intramuscolare Arrossamento o dolore nel punto di iniezione, malessere, nausea, cefalea, dolori muscolari che permangono per 1-2 giorni e sono meno frequenti
antimeningococcico rispetto a quelli determinati dal coniugato tetravalente.
L’esame

coniugato contro il Nel 2% dei casi si può avere lieve rialzo febbrile.
sierotipo C.
Vaccino Intramuscolare Arrossamento o dolore nel punto di iniezione, malessere, nausea, cefalea, dolori muscolari che permangono per 1-2 giorni e sono più frequenti
antimeningococcico rispetto a quelli determinati dal coniugato contro il sierotipo C.
clinica:obiettivo:

coniugato tetravalente Nel 2% dei casi si può avere lieve rialzo febbrile.
contro i sierotipi A, C,
W135,Y.
sintomi, approccio

Vaccino Intramuscolare Nei bambini indolenzimento ed eritema in sede di iniezione, febbre, irritabilità. Negli adolescenti e negli adulti le reazioni avverse più comuni
antimeningococcico a osservate sono state dolore in sede di iniezione, malessere, cefalea. Le gravi reazioni allergiche sono estremamente rare e si manifestano entro
4 componenti contro pochi minuti dalla somministrazione.
segni e gestione

meningococco di tipo B
al caso del

Vaccino anti influenzale Intramuscolare Arrossamento, gonfiore, indurimento nella sede dell’iniezione sono le reazioni locali più frequenti e si manifestano tra 6 e 24 ore dopo la
clinico

o intradermico vaccinazione, sintomi sistemici lievi simil-influenzali che si presentano per breve durata (massimo 2 giorni).
caso

Reazioni avverse gravi (comprendenti morte, pericolo della vita, disabilità permanenti, ospedalizzazioni o loro prolungamento, ricorso al pronto
soccorso) si manifestano con una frequenza di 2,6 × 10.000.
Vaccino Intramuscolare Nei Bambini sonnolenza dopo la vaccinazione, perdita temporanea dell’appetito, arrossamento e tumefazione nella sede della puntura; febbre
antipneumococcico moderata /alta, irritabilità e/o nervosismo.
Negli adulti, diminuzione dell’appetito, cefalea, diarrea, rash, brividi, fatica, febbre, reazioni nel sito d’iniezione, artralgia e mialgia.
Vaccino anti Herpes Sottocutanea Le reazioni più comuni prevedono eritema, gonfiore, prurito, dolorabilità, talvolta ecchimosi o indurimento nella sede di somministrazione, più
Zooster raramente cefalea e dolore alle estremità.
Esiste il rischio teorico di trasmettere il virus vaccinico attenuato ad un soggetto suscettibile.
DISCIPLINA DELLA
PRESCRIZIONE
E NOTE DI
MEDICINA LEGALE
Aspetti contrattuali
⊲  T. Maio  ⊲  S. Scotti

L’attività del Medico di Continuità Assistenziale (MCA) è regolata dalle norme dell’Accordo
Collettivo Nazionale per la Medicina Generale che disciplina i rapporti tra i professionisti e
le Aziende Sanitarie, sia per i contenuti normativi che economici. Lo svolgimento dell’attività
di MCA non può dunque prescindere da un’approfondita conoscenza delle norme contrattuali
che descrivono i compiti, le conseguenti responsabilità, il modello organizzativo in cui si
svolge la professione. Altri importanti capitoli riguardano la sicurezza, le modalità di ac­
cesso alla graduatoria della Medicina Generale, agli incarichi di sostituzione e l’inserimento
negli incarichi di titolarità. Di seguito riportiamo gli articoli 62, 67 e 69 del Capo III che
descrivono i compiti del MCA. Ciascuno dei tre articoli è preceduto da una breve introduzione
ed è integralmente riportato, affiancando a ciascun comma una nota esplicativa. L’ACN,
nella versione completa, è consultabile all’indirizzo www.fimmg.org. Concludono il capitolo
i contenuti dell’ACN 2018 di maggiore interesse per i Medici di Continuità Assistenziale.
Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina gene-
rale ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni
CAPO III - LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
ART. 62 - CRITERI GENERALI
In questo articolo vengono descritte le funzioni, gli ambiti di assistenza, le modalità
organizzative e la delimitazione temporale del Servizio di Continuità Assistenziale (SCA).
Le caratteristiche innovative delineate - quali ad esempio la sostituzione del termine
urgenza, presente nell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) precedente, con quello di pre­
stazione non differibile, l’introduzione dell’associazionismo, l’integrazione con i medici di
famiglia - sanciscono l’inserimento della Continuità Assistenziale nel sistema delle Cure
Primarie sottraendolo agli equivoci degli ACN precedenti che ne mantenevano una ambigua
prossimità ai compiti dell’emergenza.

TESTO NOTE ESPLICATIVE


1. Al fine di garantire la continuità dell’assistenza • La responsabilità dell’organizzazione delle attività del
per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni Servizio di Continuità Assistenziale (SCA) è attribuita alle
della settimana, le aziende, sulla base della or­ Aziende che la definiscono su base distrettuale rispettan-
ganizzazione distrettuale dei servizi e nel rispetto do gli indirizzi fissati dalla programmazione regionale.
degli indirizzi della programmazione regionale, • Appare per la prima volta il concetto della prestazione
organizzano le attività sanitarie per assicurare la non differibile quale attività legata ad uno specifico
realizzazione delle prestazioni assistenziali territo­ livello assistenziale proprio dei medici di Continuità
riali non differibili, dalle ore 10 del giorno prefestivo Assistenziale. Per la definizione di prestazione non
alle ore 8 del giorno successivo al festivo e dalle ore differibile si rimanda al capitolo “Il ruolo del medico di
20 alle ore 8 di tutti i giorni feriali. Continuità Assistenziale nell’organizzazione del sistema
di Cure Territoriali”.
• Viene definita la sede di svolgimento delle attività che
non è più esclusivamente domiciliare ma “territoriale”,
aprendo la strada alla possibilità di un’attività ambu-
latoriale strutturata.
• Viene fissata la delimitazione temporale dei turni.
L’attivazione del servizio in ore diverse da quelle
indicate, per esempio in ore diurne feriali, deve essere
contrattualizzata.
• In alcune regioni l’inizio dei turni diurni prefestivi è
stato anticipato alle ore 8 nell’ambito di progettualità
di integrazione con i medici di famiglia.
Aspetti contrattuali 193

2. Il servizio di Continuità Assistenziale è indirizzato • Viene delimitato l’ambito di assistenza ai residenti


a tutta la popolazione, in ambito aziendale, in ogni nel territorio aziendale fatto salvo un diverso
fascia di età, sulla base di uno specifico livello assi­ indirizzo stabilito in sede di accordi regionali ove
stenziale. Le prestazioni sono realizzate da: in alcuni casi si è convenuto di ampliare l’ambito
a. da medici convenzionati sulla base della disciplina di competenza a tutta la Regione.
di cui agli articoli seguenti del presente Capo; • È sancita la competenza del servizio sui pazienti
b. da medici di cui alla lettera a) organizzati in forme di tutte le fasce d’età e quella pediatrica diventa
associative con i medici di assistenza primaria per area specifica di assistenza del SCA.
gli assistiti che hanno effettuato la scelta in loro • Sono elencati secondo un ordine graduato di
favore in ambiti territoriali definiti; priorità gli operatori tenuti alle prestazioni proprie
c. da un singolo convenzionato per l’assistenza della Continuità Assistenziale. Tali prestazioni, in
primaria residente nell’ambito territoriale. presenza di un contratto che spinge la medicina
Per quanto previsto dalle lettere b), c) le attività di generale verso processi di assistenza erogati attra-
Continuità Assistenziale possono essere assicurate verso forme organizzative complesse, qualificano
anche in forma di servizio attivo in disponibilità in quelle stesse forme l’esclusività dello specifico
domiciliare. livello assistenziale in capo ai medici convenzionati
sulla base della disciplina del Capo III.
• La lettera b introduce la possibilità di forme
associative proprie della CA.
• È introdotta la possibilità che l’attività possa es-
sere espletata in forma di disponibilità domiciliare.
3. Nell’ambito delle attività in équipe, UTAP o altre • Il ruolo del Medico di Continuità Assistenziale
forme associative delle cure primarie, ai medici di (MCA) è inserito con piena dignità nei processi di
Continuità Assistenziale sono attribuite funzioni aggregazione delle cure primarie.
coerenti con le attività della medicina di famiglia, • Nelle forme organizzative complesse delle cure
nell’ambito delle rispettive funzioni, al fine di un più primarie, il SCA assume funzioni coerenti con
efficace intervento nei confronti delle esigenze di quelle della medicina di famiglia ma specifiche
salute della popolazione. del proprio Livello Essenziale di Assistenza (LEA),
ossia delle proprie funzioni.
• Tale atto allontana ulteriormente il SCA dal sistema
dell’emergenza sanitaria territoriale (EST).
4. L’attività di Continuità Assistenziale può essere • Vengono chiarite le modalità erogative del servizio
svolta in modo funzionale, nell’ambito delle équipes nelle forme organizzative complesse, descrivendo
territoriali, secondo un sistema di disponibilità due modelli al fine di rispondere alle specificità
domiciliare o in modo strutturato, in sedi territoriali delle varie realtà locali.
adeguatamente attrezzate, sulla base di apposite • Le due modalità possono coesistere, possono
determinazioni assunte nell’ambito degli Accordi essere diversificate oppure essere modulate nel
regionali. tempo in funzione di elementi quali numero di
operatori, sedi, morbosità, ecc.
• La scelta delle modalità è oggetto di trattativa
regionale.
• Teoricamente possibile la presenza di uno studio
autonomo di Continuità Assistenziale.

5. Nell’ambito degli accordi regionali, i medici incari­ • Il comma apre la possibilità di sperimentare nuovi
cati di espletare il servizio di Continuità Assistenziale modelli finalizzati alla facilitazione delle attività
in uno specifico ambito territoriale, possono essere istituzionali del servizio quali:
organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le - forme di associazionismo tra i medici di Con-
attività istituzionali e l’integrazione tra le diverse tinuità Assistenziale;
funzioni territoriali. - modelli organizzativi flessibili che prevedano
una copertura differenziata delle fasce tempo-
rali, dei carichi di lavoro legati a stagionalità o
epidemie, degli obiettivi di assistenza;
- attività, anche finalizzate ad obiettivi di assi-
stenza, coordinate da referenti di sede.
194 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

6. I compensi sono corrisposti dall’Azienda, a ciascun • Viene introdotta la possibilità di remunerare le


medico che svolge l’attività nelle forme di cui al attività di continuità di assistenza anche attra-
comma 2 lettere b) e c), anche mediante il pagamento verso una quota capitaria aggiuntiva.
per gli assistiti in carico di una quota capitaria • Essa può essere corrisposta:
aggiuntiva definita dalla contrattazione regionale, e - a MCA, per le attività nell’ambito delle forme
rapportata a ciascun turno effettuato, salvo quanto associative, in aggiunta alla quota oraria;
previsto dagli articoli seguenti. - a singoli medici di famiglia che svolgono
le funzioni di continuità di assistenza in
aggiunta alle voci ordinarie di compenso.
• La definizione dei contenuti di questo comma è
oggetto di trattativa regionale.

7. Nell’ambito degli Accordi regionali, per garantire la • I due sistemi – SCA e EST – vengono individuati
massima efficienza della rete territoriale e la integra­ come entità separate tra le quali realizzare
zione con quella ospedaliera, limitando le soluzioni percorsi di sinergia, atti a limitare soluzioni di
di continuità nei percorsi di assistenza al cittadino, continuità nell’assistenza erogata ai cittadini.
si possono prevedere meccanismi di operatività • Per le problematiche relative alle relazioni tra
sinergica tra il servizio di Continuità Assistenziale e i due sistemi e la loro evoluzione si rimanda
quello di emergenza sanitaria territoriale al fine di al capitolo “Il ruolo del medico di Continuità
arricchire il circuito professionale dell’emergenza e Assistenziale nella organizzazione del sistema di
della medicina di famiglia. Cure Territoriali”.

ART. 67 - COMPITI DEL MEDICO


L’articolo descrive i compiti del MCA. Va ricordato che, a quelli di seguito elencati, si
aggiungono i compiti definiti dagli accordi periferici, regionali e aziendali, per i quali il MCA
deve ricevere compensi aggiuntivi.
TESTO NOTE ESPLICATIVE
1. Il medico di Continuità Assistenziale assicura • Il comma stabilisce che l’attività assistenziale del
le prestazioni sanitarie non differibili ai cittadini MCA è riferita ai residenti nell’ambito territoriale
residenti nell’ambito territoriale afferente alla sede di afferente alla sede, salvo quanto diversamente
servizio. In presenza di forme associative strutturate definito dagli accordi regionali. Si ricorda infatti
delle cure primarie e di attività organizzata in équipe, che in diverse regioni si è convenuto in sede di
l’attività di Continuità Assistenziale è erogata nei trattativa regionale di ampliare l’ambito territoriale
confronti della popolazione che ha effettuato la scelta a tutta la Regione.
in favore dei medici facenti parte dell’associazione • Nel caso delle forme aggregative – funzionali
medesima. o strutturate – il carico assistenziale è riferito
alla popolazione in carico ai medici appartenenti
all’associazione stessa.
• Per la definizione di prestazione non differibile
si rimanda al capitolo “Il ruolo del medico di
Continuità Assistenziale nell’organizzazione del
sistema di Cure Territoriali”.
2. Il medico che assicura la Continuità Assistenziale • Dalla lettura si desume, oltre all’obbligo di
deve essere presente, fin dall’inizio del turno in ser­ puntualità per il MCA, anche la possibilità che la
vizio attivo, nella sede assegnatagli dalla Azienda o sede sia assegnata direttamente dall’Azienda o in
nelle altre modalità specifiche previste per le équipe, alternativa sia individuata sulla base delle moda-
le UTAP o altre forme associative delle cure primarie, lità erogative della forma associativa complessa
e rimanere a disposizione, fino alla fine del turno, di appartenenza.
per effettuare gli interventi, domiciliari o territoriali. • Gli interventi possono essere domiciliari o terri-
toriali e quindi realizzabili anche nell’ambito di
un’attività ambulatoriale strutturata.
Aspetti contrattuali 195

3. In relazione al quadro clinico prospettato dall’utente • Il comma interviene sul concetto di appropriatezza
o dalla centrale operativa, il medico effettua tutti gli degli interventi.
interventi ritenuti appropriati, riconosciuti tali sulla • Viene chiarita l’autonomia del medico nel processo
base di apposite linee guida nazionali o regionali. decisionale attraverso il quale egli individua gli
Secondo le indicazioni aziendali, in particolari situazioni interventi appropriati; viene sottolineata la necessità
di necessità e ove le condizioni strutturali lo consentano, che tale autonomia sia però supportato da apposite
il medico può eseguire prestazioni ambulatoriali definite linee guida nazionali o regionali.
nell’ambito degli Accordi regionali. • Queste determinazioni avrebbero dovuto determinare
un processo di evoluzione culturale con l’avvio di
progetti formativi specifici e percorsi di validazione
di linee guida a garanzia della scelta della tipologia
di intervento che invece sono stati avviati solo in
poche Aziende Sanitarie.
• Le attività ambulatoriali strutturate sono definite
sulla base di accordi regionali che devono prevederne
modalità organizzative (sedi, tempi di apertura,
numero di medici, sicurezza) e remunerazione.
4. Nell’ambito delle attività in équipe o in UTAP o in • La possibilità di definire in sede di AIR esperienze
altre forme organizzative delle cure primarie, con di triage nell’ambito delle aggregazioni tanto fun-
Accordi regionali, possono essere sperimentate forme di zionali che strutturali, amplifica le procedure di or-
triage per realizzare risposte di Continuità Assistenziale ganizzazione della risposta alle richieste dell’utenza
maggiormente appropriate. nell’ambito della realizzazione delle forme associative
funzionali e/o strutturate della M.G.
5. I turni notturni e diurni festivi sono di 12 ore, quelli • In alcune regioni italiane, quali ad esempio la Lombar-
prefestivi di 10 ore. dia, l’Accordo integrativo regionale ha fissato la durata
del turno diurno prefestivo a 12 ore, nell’ambito di
progettualità di integrazione con i medici di famiglia.
• In molte aziende i turni diurni vengono frazionati
in unità di 6 ore al fine di favorire la copertura del
Servizio in virtù di quanto enunciato al comma 6 (vedi
commento successivo).
6. A livello aziendale sono definite le modalità di eser­ • Sulla base di una apposita contrattualizzazione
cizio dell’attività, ai fini dell’eventuale organizzazione aziendale possono essere individuati soluzioni atte
dell’orario, anche ai fini del ristoro psico-fisico del a garantire il ristoro psicofisico dei medici quali
medico, particolarmente nei mesi estivi. frazionamento dei turni, pausa pranzo, erogazione di
buoni pasto, rotazione turni nei mesi estivi.
7. Le chiamate degli utenti devono essere registrate • Vengono dettagliatamente elencati i dati che il Me-
e rimanere agli atti. Le registrazioni devono avere dico deve raccogliere al momento del primo contatto
per oggetto: con l’assistito o suo incaricato.
a nome, cognome, età e indirizzo dell’assistito; • La mancata registrazione dei dati dei contatti con
b generalità del richiedente ed eventuale relazione gli utenti configura gli estremi dell’omissione di
con l’assistito (nel caso che sia persona diversa); atto d’ufficio.
c ora della chiamata ed eventuale sintomatologia • Si consiglia pertanto, qualora non fosse stato
sospettata; possibile raccogliere i dati richiesti, di esplicitare
d ora dell’intervento (o motivazione del mancato per iscritto, sul registro della sede, la causa della
intervento) e tipologia dell’intervento richiesto ed mancata rilevazione: ad esempio il paziente rifiuta
effettuato. di fornire i dati, interruzione improvvisa della
comunicazione, ecc.
8. Per le prestazioni effettuate, il sanitario in servizio, al • La compilazione dell’allegato M è un atto dovuto a
fine di assicurare la Continuità Assistenziale in capo al meno di diverse modalità informative individuate da
medico di libera scelta, è tenuto a compilare, in duplice accordi periferici specifici.
copia, il modulario informativo (Allegato M), di cui una • L’informatizzazione del SCA dovrebbe prevedere
copia è destinata al medico di fiducia (o alla struttura anche la possibilità per il medico di usufruire di
sanitaria, in caso di ricovero), da consegnare all’as­ smartphone, tablet o penne ottiche che consentano la
sistito, e l’altra viene acquisita agli atti del servizio. redazione e l’invio dell’Allegato M in formato digitale.
196 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

9. Il medico utilizza solo a favore degli utenti registrati, • Il comma definisce le responsabilità prescrittive
anche se privi di documento sanitario, un apposito del SCA.
ricettario, con la dicitura “Servizio Continuità Assi­ • L’istituzione del nuovo ricettario unico con la legge
stenziale”, fornitogli dalla Azienda per le proposte di 326 del 2003 ha determinato l’adeguamento della
ricovero, le certificazioni di malattia per il lavoratore modulistica precedentemente utilizzata per le pre-
per un massimo di 3 giorni, le prescrizioni farmaceu­ scrizioni farmaceutiche.
tiche per una terapia non differibile sulla base del • Per le certificazioni di malattia si rimanda al capitolo
ricettario di cui alla Legge 326/2003 e secondo le “Problemi medico legali”.
disposizioni vigenti in materia. • Interesse strategico per lo sviluppo del servizio è la
partecipazione a livello regionale ai processi legati
alla ricetta elettronica.
10. Il medico in servizio attivo deve essere presente fino • Viene sottolineata la responsabilità del medico nel
all’arrivo del medico che continua il servizio. Al medico garantire la continuità di erogazione del servizio.
che è costretto a restare oltre la fine del proprio turno, • L’abbandono della sede prima dell’arrivo del medico
anche per esigenze di servizio, spettano i normali che inizia il nuovo turno è passibile di contestazione
compensi rapportati alla durata del prolungamento del di interruzione di pubblico servizio.
servizio, che sono trattenuti in misura corrispondente
a carico del medico ritardatario.
11. Il medico di Continuità Assistenziale che ne ravvisi • La discrezionalità della scelta effettuata dal medico
la necessità deve direttamente allertare il servizio di nel definire la tipologia di intervento appropriata è
urgenza ed emergenza territoriale per l’intervento esercitata nei limiti della responsabilità di contri-
del caso. buire, attraverso il passaggio informativo all’ EST,
all’erogazione dei livelli essenziali e appropriati
di assistenza.
12. Il medico in servizio di Continuità Assistenziale può • Le prestazioni aggiuntive, eseguibili nell’ambito
eseguire, nell’espletamento dell’intervento richiesto, dell’intervento a giudizio del medico e senza autoriz-
anche le prestazioni aggiuntive di cui al Nomenclatore zazione dell’ASL sono:
Tariffario dell’Allegato D, finalizzate a garantire una Prima medicazione (*)
più immediata adeguatezza dell’assistenza e un mi­ Sutura di ferita superficiale
nore ricorso all’intervento specialistico e/o ospedaliero. Successive medicazioni
Rimozione di punti di sutura e medicazione
Cateterismo uretrale nell’uomo
Cateterismo uretrale nella donna
Tamponamento nasale anteriore
Fleboclisi (unica eseguibile in caso di urgenza)
Lavanda gastrica
Iniezione di gammaglobulina o vaccinazione an-
titetanica
Iniezione sottocutanea desensibilizzante (**)
Tampone faringeo, prelievo per esame batteriologico
(solo su pazienti non ambulabili)
(*) Per la prima medicazione va intesa quella eseguita
su ferita non precedentemente medicata. In caso di
sutura si aggiunge la relativa tariffa.
(**) Praticabile solo negli studi dotati di frigorifero.
13. Le prestazioni di cui al precedente comma 12 • Va ricordato che, sulla base di accordi specifici,
sono retribuite aggiuntivamente rispetto al compenso possono venire fissati i tetti massimi che la re-
orario spettante. munerazione di tali prestazioni non può superare
in termini di percentuale rispetto al compenso
mensile, in analogia a quanto accade con le ADP
la cui remunerazione non può superare il 20% dei
compensi mensili del professionista, salvo esplicite
diverse indicazioni nell’accordo regionale.
Aspetti contrattuali 197

14. Nell’ambito degli Accordi regionali e sulla base • Affida alla trattativa regionale la contrattualiz-
del disposto dell’art. 32, è organizzata la continuità zazione delle prestazioni erogate ai cittadini non
dell’assistenza ai cittadini non residenti nelle località residenti nelle località turistiche (ex art. 59 D.P.R.
a forte flusso turistico. 270/2000).
15. Nell’espletamento delle attività di cui al preceden­ • Si precisano le modalità prescrittive nei confronti
te comma, il medico è tenuto a utilizzare, il modello dei cittadini non residenti.
prescrizione-proposta del SSN secondo le disposizioni
vigenti, indicando la residenza dell’assistito.
16. Sono inoltre obblighi e compiti del medico: • Per le certificazioni si rimanda al paragrafo speci-
a) la redazione di certificazioni obbligatorie, quali: fico presente nel capitolo “Problemi medico legali”.
certificazione di malattia per i lavoratori turnisti, • Nei commi di cui alla lettera b1 e b2 viene ribadita
la certificazione per la riammissione al lavoro degli l’obbligatorietà di adesione alle forme associative
alimentaristi laddove prevista; complesse della medicina generale, AFT e UCCP,
b1) l’adesione alle aggregazioni funzionali e alle unità che sono realizzate secondo modalità definite in
complesse delle cure primarie di cui rispettivamente sede di trattativa regionale.
agli artt. 26 bis e 26 ter con particolare riferimento • Il comma ci introduce tra i compiti del MCA il
alla continuità dell’assistenza nelle strutture protette rispetto degli adempimenti legislativi relativi alla
e nei programmi di assistenza domiciliare; tessera sanitaria e alla ricetta elettronica.
b2) gli adempimenti di quanto previsto all’art. 59 ter; • Nel rispetto della logica della continuità di assi-
c) lo sviluppo e la diffusione della cultura sanitaria stenza, è rilevante compito del MCA la trasmissione
e della conoscenza del Servizio sanitario nazionale, informativa al medico di famiglia dei casi di
in relazione alle tematiche evidenziate all’art. 45 particolare complessità.
comma 4; • Mentre la constatazione di decesso è un compito
d) la segnalazione personale diretta al medico di del MCA, invece NON rientrano negli obblighi
assistenza primaria che ha in carico l’assistito dei certificativi della Continuità Assistenziale (Norma
casi di particolare complessità rilevati nel corso degli finale 8 dell’ACN):
interventi di competenza, oltre a quanto previsto 1. Certificato di morte (redatto dal medico
dall’art. 69; necroscopo)
e) la constatazione di decesso. 2. Denuncia di causa di morte (MODULO ISTAT)
che può essere,anch’esso, redatto dal medico
necroscopo
3. L’autorizzazione al trasporto della salma.
17. Il medico di Continuità Assistenziale partecipa al­ • Comma significativo che definisce:
le attività previste dagli Accordi regionali e aziendali. ––La partecipazione a pieno titolo alle attività previste
Per queste attività vengono previste quote variabili dagli accordi decentrati
aggiuntive di compenso, analogamente agli altri ––La remunerazione aggiuntiva determinata dalle
medici di medicina generale che ad esse partecipano. attività previste dagli accordi decentrati
Tali attività sono primariamente orientate, in coerenza ––L’orientamento generale dell’ACN verso la piena
con l’impianto generale del presente Accordo, a integrazione tra i professionisti della medicina
promuovere la piena integrazione tra i diversi profes­ generale
sionisti della Medicina generale, anche mediante la ––La possibilità di attività ambulatoriali.
regolamentazione di eventuali attività ambulatoriali.

18. Con gli accordi regionali e aziendali sono indi­ • All’elenco dei compiti sin qui definiti vanno aggiunti
viduati gli ulteriori compiti e le modalità di parteci­ i compiti eventualmente previsti dagli accordi
pazione del medico di Continuità Assistenziale alle aziendali e regionali.
attività previste nelle équipes territoriali, nelle Utap • Si affida agli accordi regionali il compito di de-
e nelle altre forme organizzative delle cure primarie. finire le modalità di partecipazione dei MCA alle
attività nelle forme associative complesse delle
cure primarie.
198 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

ART. 69 - RAPPORTI CON IL MEDICO DI FIDUCIA E LE STRUTTURE SANITARIE


L’articolo regolamenta i rapporti dei MCA con le strutture sanitarie e con i medici di
famiglia nonché le modalità con cui le strutture regionali controllano la corretta applicazione
delle convenzioni.

Testo Note esplicative


1. Ai fini del corretto rapporto tra i medici di Conti­ • Le regioni individuano i servizi e le figure
nuità Assistenziale e le Aziende sanitarie locali in dirigenziali preposte al controllo della corretta
merito al controllo della corretta applicazione delle applicazione delle convenzioni sia in termini
convenzioni, per quel che riguarda gli aspetti sanitari, sanitari che amministrativi.
ed il rispetto delle norme in essi contenute, le Regioni
individuano, secondo la legislazione regionale in
materia di organizzazione della Azienda, i servizi e
le figure dirigenziali preposte.
2. I medici convenzionati di cui al presente Capo • I medici sono tenuti a collaborare con le strutture
sono tenuti a collaborare con le suddette strutture preposte nei limiti di quanto definito dall’ACN.
dirigenziali in relazione a quanto previsto e discipli­
nato dalla presente convenzione.
3. Il sanitario in servizio, al fine di assicurare la • I medici sono tenuti ad interagire con i medici
continuità dell’assistenza ed un’efficace integra­ di famiglia e con le strutture aziendali secondo
zione delle professionalità operanti nel territorio, modalità definite dagli accordi regionali.
interagisce con il medico di fiducia e con le strutture • La definizione di una obbligatorietà della collabo-
aziendali, secondo modalità da definirsi nell’ambito razione con le strutture ed i medici di famiglia as-
degli Accordi regionali. sicura l’integrazione tra le figure professionali che
devono garantire la continuità dell’assistenza.
4. In attesa che le regioni definiscano le procedure • Definisce la finalità della compilazione dell’Alle-
di cui ai commi precedenti del presente articolo, e gato M - di cui permane, in attesa delle disposi-
modelli di interazione professionale, il sanitario in zioni regionali, l’obbligatorietà- quale garanzia
servizio, al fine di assicurare la Continuità Assisten­ della continuità informativa tra le figure coinvolte
ziale in capo al medico di libera scelta, è tenuto a nella Continuità Assistenziale.
compilare, in duplice copia, il modulario informativo
(allegato “M”), di cui una copia è destinata al me­
dico di fiducia (o alla struttura sanitaria, in caso di
ricovero), da consegnare all’assistito, e l’altra viene
acquisita agli atti del servizio.
5. La copia destinata al servizio deve specificare, • L’annotazione del dato relativo al cittadino non
ove possibile, se l’utente proviene da altra regione o residente consente la valutazione dei carichi as-
da Stato straniero. sistenziali aggiuntivi rispetto a quelli determinati
dal rapporto ottimale applicato a livello regionale.
6. Nel modulo dovranno essere indicate succinta­ • Definisce le caratteristiche e le modalità di
mente: la sintomatologia presentata dal soggetto, compilazione dell’allegato M.
l’eventuale diagnosi sospetta o accertata, la terapia • Nell’Allegato M introdotto con l’ACN 2005 sono
prescritta o effettuata e - se del caso - la motivazione state eliminate le voci relative alle procedure di
che ha indotto il medico a proporre il ricovero ed urgenza. È stato inoltre ideato in modo da con-
ogni altra notizia ed osservazione che egli ritenga sentire la trasformazione in formato elettronico.
utile evidenziare.
7. Saranno, altresì, segnalati gli interventi che non • Sancisce l’obbligo di segnalare gli accessi inap-
presentino caratteristiche di indifferibilità. propriati al Servizio.
Aspetti contrattuali 199

L’ACN 2018
Il 21 Giugno 2018 è entrato in vigore l’ACN 2018 che, in attesa della negoziazione dell’ACN
relativo a tutti gli aspetti economici e normativi del triennio 2016-2018 integra e sostituisce,
ove espressamente previsto, l’ACN 23 marzo 2005 e s.m.i.
Il valore di questo breve ACN sta nell’aver ratificato alcune importanti innovazioni ormai
indispensabili per stabilizzare il Servizio di Continuità Assistenziale: rendere più rapido
l’accesso agli incarichi, migliorarne la programmazione, semplificare ed informatizzare
l’ingresso in graduatoria, rendere certo il punteggio per le colleghe in gravidanza (Art. 16
comma 4), fatto questo di non secondaria importanza se si considera che il numero di donne
medico di CA è già superiore al 60% degli incaricati.
Infine vogliamo sottolineare il valore della Dichiarazione finale n.1 con la quale si dà ai
Comitati Aziendali, ove siedono i rappresentanti sindacali, il potere di controllare i requisiti
di sicurezza delle sedi di servizio e di intervenire sulle modalità di erogazione dell’attività
ambulatoriale, in modo da preservare i medici dalle aggressioni che si realizzano con mas­
sima frequenza nelle sedi isolate e nelle ore notturne (dalla 1 alle 5).
Di seguito riportiamo le parti di interesse per i Medici di Continuità Assistenziale o
aspiranti agli incarichi di Continuità Assistenziale. Per ogni eventuale dubbio o chiarimento
Vi invitiamo a contattare i referenti regionali FIMMG CA di cui è presente l’elenco nella
premessa di questo testo.

ART. 2 – GRADUATORIA REGIONALE E GRADUATORIE AZIENDALI PER INCARICHI


TEMPORANEI E SOSTITUZIONI
1. A partire dalla graduatoria predisposta in base alle domande presentate successi­
vamente all’entrata in vigore del presente Accordo, l’articolo 15 dell’ACN 23 marzo 2005 e
s.m.i. è sostituito dal seguente:

“ART. 15 – GRADUATORIA REGIONALE E GRADUATORIE AZIENDALI PER INCARICHI TEM-


PORANEI E SOSTITUZIONI.
1. I medici da incaricare per la medicina generale sono tratti da una graduatoria per
titoli, di validità annuale, predisposta a livello regionale dall’Assessorato alla Sanità con
procedure informatiche tese allo snellimento burocratico e al rispetto dei tempi.
2. I medici che aspirano all’iscrizione nella graduatoria non devono trovarsi nella con­
dizione di cui all’articolo 17, comma 2, lettere b) e f) e devono possedere, alla scadenza del
termine per la presentazione della domanda, i seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana o di altro Paese appartenente alla UE, incluse le equiparazioni
disposte dalle leggi vigenti;
b) iscrizione all’Albo professionale;
c) titolo di formazione in medicina generale, o titolo equipollente, come previsto dal
D.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 e successive modifiche e integrazioni. Possono altresì
presentare domanda di inserimento in graduatoria i medici che nell’anno acquisiranno
il titolo di formazione. Il titolo deve essere posseduto ed autocertificato entro il 15
settembre ai fini dell’inserimento nella graduatoria provvisoria di cui al comma 5.
3. Ai fini dell’inclusione nella graduatoria i medici di cui al comma 2 devono trasmet­
tere a mezzo procedura telematica definita dalla Regione, entro il termine del 31 gennaio,
all’Assessorato regionale alla Sanità, o alla Azienda Sanitaria individuata dalla Regione, una
domanda in bollo integrata ai sensi della normativa vigente con dichiarazione sostitutiva
di certificazione e di atto notorio relativamente a requisiti, titoli accademici, di studio e di
servizio. Ai fini della determinazione del punteggio valido per la graduatoria sono valutati
i titoli accademici, di studio e di servizio posseduti alla data del 31 dicembre dell’anno
200 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

precedente, oltre al punteggio per il titolo di cui al precedente comma 2, lettera c). La
domanda di inclusione deve essere presentata ogni anno. La stessa deve eventualmente
contenere le dichiarazioni concernenti i titoli che comportino modificazioni al precedente
punteggio a norma dell’articolo 16. La Regione può prevedere che nella medesima domanda
il medico esprima la propria disponibilità ad essere inserito nelle graduatorie aziendali di
cui al comma 6.
4. L’amministrazione regionale o l’Azienda Sanitaria individuata dalla Regione, sulla
base dei titoli e dei criteri di valutazione di cui all’articolo 16, predispone la graduatoria,
specificando, a fianco di ciascun nominativo, il punteggio conseguito ed evidenziando
l’eventuale possesso del titolo di formazione specifica in medicina generale.
5. La graduatoria provvisoria è resa pubblica entro il 30 settembre sul sito istituzionale
della Regione. Entro 15 (quindici) giorni dalla pubblicazione i medici interessati possono
presentare all’Assessorato regionale alla Sanità, o alla Azienda Sanitaria individuata dalla
Regione, istanza motivata di riesame della loro posizione in graduatoria. La graduatoria
definitiva è approvata dall’Assessorato regionale alla Sanità che provvede alla pubblicazione
sul Bollettino Ufficiale entro il 30 novembre di ciascun anno. La pubblicazione sul BUR e sul
sito istituzionale della Regione costituisce notificazione ufficiale. La graduatoria ha validità
dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno successivo.
6. Le Aziende, fatte salve diverse determinazioni in sede di AIR relativamente alla
tempistica, entro 15 (quindici) giorni dalla pubblicazione della graduatoria definitiva
di cui al comma precedente, pubblicano sul proprio sito istituzionale un avviso per la
predisposizione di graduatorie aziendali di medici disponibili all’eventuale conferimento
di incarico provvisorio, a tempo determinato o all’affidamento di sostituzione, secondo il
seguente ordine di priorità:
a) medici iscritti nella graduatoria regionale secondo l’ordine di punteggio;
b) medici che abbiano acquisito il titolo di formazione specifica in medicina generale
successivamente alla data di scadenza della presentazione della domanda di
inclusione in graduatoria regionale.
Ai sensi dell’articolo 19, comma 11, della L. 28 dicembre 2001, n. 448, per il solo
affidamento di sostituzione:
c) medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale;
d) medici che abbiano acquisito l’abilitazione professionale successivamente alla data
del 31/12/1994;
e) medici iscritti ai corsi di specializzazione.
7. Le domande di partecipazione all’avviso di cui al comma 6, in bollo, devono essere
trasmesse entro 30 (trenta) giorni dalla pubblicazione sul sito dell’Azienda, fatto salvo il caso
di adozione della procedura di cui al comma 3, ultimo capoverso. I medici di cui al precedente
comma, lettere da b) a e) sono graduati nell’ordine della minore età al conseguimento del
diploma di laurea, del voto di laurea e della anzianità di laurea.
8. I medici già titolari di incarico a tempo indeterminato in un settore di cui all’articolo
13, comma 1 del presente Accordo possono partecipare per graduatoria regionale solo in
un settore diverso da quello in cui sono titolari.
9. Il medico che accetta l’incarico in un settore di cui all’articolo 13, comma 1 del pre­
sente Accordo non può concorrere all’assegnazione di ulteriori incarichi dello stesso settore
in base alla medesima graduatoria regionale.
10. La Regione può provvedere alla attuazione di quanto disposto dal presente articolo
adottando differenti modalità di trasmissione delle domande tese comunque alla sempli­
ficazione dell’iter amministrativo, alla riduzione degli adempimenti dei medici aspiranti
all’incarico ed alla limitazione degli oneri sostenuti.”
Aspetti contrattuali 201

ART. 3 – TITOLI PER LA FORMAZIONE DELLA GRADUATORIA REGIONALE


1. A partire dalla graduatoria predisposta in base alle domande presentate successi­
vamente all’entrata in vigore del presente Accordo, l’articolo 16 dell’ACN 23 marzo 2005 e
s.m.i. è sostituito dal seguente:

“ART. 16 – TITOLI PER LA FORMAZIONE DELLA GRADUATORIA REGIONALE


I titoli valutabili ai fini della formazione della graduatoria sono elencati di seguito con
l’indicazione del relativo punteggio:
I. TITOLI ACCADEMICI E DI STUDIO:
diploma di laurea conseguito con voto 110/110 e 110/110 p. 1,00
e lode o 100/100 e 100/100 e lode:
diploma di laurea conseguito con voti da 105/110 a p. 0,50
109/110 o da 95/100 a 99/100:
diploma di laurea conseguito con voti da 100/110 a p. 0,30
104/110 o da 90/100 a 94/100:
specializzazione in discipline equipollenti ed affini a quella per ciascuna
di medicina generale ai sensi della normativa vigente: specializzazione: p. 0,50
titolo di formazione specifica in medicina generale di cui p. 7,20
al D.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 e successive modifiche e
integrazioni:
conoscenza della lingua inglese documentata dal complessivamente
possesso di certificato non inferiore al livello B2 del p. 0,20
Quadro Comune Europeo (QCE):
conoscenza dei principali programmi informatici complessivamente
documentata dal possesso della Patente Europea per p. 0,20
l’utilizzo del PC (ECDL):

II. TITOLI DI SERVIZIO:


a. attività medico di assistenza primaria, sia con incarico a per ciascun mese
tempo indeterminato che con incarico provvisorio, complessivo: p. 0,20
Il punteggio è elevato a 0,30 per l’attività nell’ambito della
Regione nella cui graduatoria si chiede l’inserimento:
b. attività di sostituzione del medico di assistenza primaria per ciascun mese
solo se svolta con riferimento a più di 100 utenti e per complessivo: p. 0,20
periodi non inferiori a 5 giorni continuativi (le sostituzioni
dovute ad attività sindacale del titolare sono valutate anche
se di durata inferiore a 5 giorni). Le sostituzioni effettuate
su base oraria sono valutate con gli stessi criteri di cui alla
lettera c):
c. servizio effettivo di medico di continuità assistenziale, p. 0,20
con incarico a tempo indeterminato, determinato,
provvisorio o anche a titolo di sostituzione
per ogni mese corrispondente a 96 ore di attività.
(Per ciascun mese solare non può essere considerato
un numero di ore superiore a quello massimo consentito
dall’Accordo nazionale relativo al settore):
202 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

d. servizio effettivo con incarico a tempo indeterminato, per ogni mese di


determinato, provvisorio o anche a titolo di sostituzione nella attività: p. 0,20
emergenza sanitaria territoriale:
e. servizio effettivo con incarico a tempo indeterminato o di p. 0,20
sostituzione nella medicina dei servizi territoriali,
per ogni mese di attività corrispondente a 96 ore di attività:
f. servizio effettivo con incarico a tempo indeterminato, p. 0,20
determinato o anche a titolo di sostituzione di medico di
assistenza penitenziaria/servizio effettivo in rapporto di
convenzionamento con il SSN, presso gli Istituti penitenziari,
per ogni mese di attività corrispondente a 96 ore di attività:
g. attività di medico addetto all’assistenza sanitaria negli p. 0,20
Istituti penitenziari sia a tempo indeterminato che di
sostituzione per conto del Ministero di Giustizia, ai sensi
della L. 9 ottobre 1970, n. 740, per ogni mese di attività:
h. servizio effettivo nelle attività territoriali programmate, p. 0,10
per ogni mese di attività corrispondente a 52 ore:
i. attività medica di assistenza ai turisti organizzata dalle p. 0,20
Regioni o dalle Aziende, per ciascun mese complessivo:
j. turni di reperibilità programmata nei servizi territoriali, di p. 0,05
continuità assistenziale o di emergenza sanitaria territoriale,
ai sensi del presente Accordo, per ogni mese corrispondente
a 96 ore di attività:
k. attività, anche in forma di sostituzione, di medico p. 0,10
pediatra di libera scelta se svolta con riferimento ad almeno
70 (settanta) utenti e per periodi non inferiori a 5 giorni
continuativi, per ciascun mese complessivo:
l. medico specialista ambulatoriale nella branca di medicina p. 0,05
interna; medico generico di ambulatorio ex enti mutualistici;
medico generico fiduciario e medico di ambulatorio
convenzionato per il servizio di assistenza sanitaria ai
naviganti, per ciascun mese:
m. servizio militare di leva (o sostitutivo nel servizio civile) p. 0,10
anche in qualità di Ufficiale Medico di complemento e per
un massimo di 12 mesi, svolto dopo il conseguimento del
diploma di laurea in medicina, per ciascun mese:
(tale punteggio è elevato a 0,20/mese se il servizio militare di leva è
stato svolto in concomitanza di incarico convenzionale conferito da
Azienda Sanitaria nell’area della medicina generale e solo per il periodo
concomitante con tale incarico)
n. servizio civile volontario espletato per finalità e scopi p. 0,10
umanitari o di solidarietà sociale, ai sensi della L. 64/2001,
svolto dopo il conseguimento del diploma di laurea in
medicina, per ciascun mese, fino ad un massimo di 12 mesi:
(tale punteggio è elevato a 0,20/mese se il servizio civile è svolto in
concomitanza di incarico convenzionale conferito da Azienda Sanitaria
nell’area medicina generale e solo per il periodo concomitante con tale
incarico)
Aspetti contrattuali 203

o. attività di ufficiale medico militare in servizio permanente p. 0,20


effettivo, di medico della Polizia di Stato, per ogni mese di
attività:
p. servizio prestato presso aziende termali (con le modalità p. 0,20
di cui all’articolo 8 della legge 24 ottobre 2000, n.323)
equiparato all’attività assistenziale, per ciascun mese
complessivo:
q. servizio effettivo, svolto in paesi dell’Unione Europea, p. 0,20
riconducibile all’attività di medico di assistenza primaria,
della continuità assistenziale e di emergenza sanitaria
territoriale; servizio prestato ai sensi della Legge 11 agosto
2014, n. 125 e assistenza sanitaria prestata da medici
italiani ai sensi del Decreto Ministeriale 1 settembre 1988,
n. 430, per ciascun mese complessivo:
2. Ai fini del calcolo dei punteggi relativi ai titoli di servizio, tutte le frazioni di mese
dell’anno sono sommate. L’eventuale residuo superiore a 15 giorni è valutato come
mese intero. I residui non valutati sono sommati alle integrazioni dei titoli di servizio
eventualmente presentati negli anni successivi.
3. Relativamente al servizio calcolato su base oraria, per frazione di mese da valutare
come mese intero si intende un numero complessivo di ore di attività superiore
alla metà. I residui non valutati sono sommati alle integrazioni dei titoli di servizio
eventualmente presentati negli anni successivi.
4. Il servizio effettivo indicato nel presente articolo è determinato dalle sole ore di
attività svolte ed i periodi di sospensione dall’attività convenzionale non concorrono al
computo, ad eccezione del periodo di astensione obbligatoria per gravidanza.
5. I titoli di servizio non sono cumulabili se riferiti ad attività svolte nello stesso
periodo, ad eccezione del servizio di cui alla lettera j). In caso di servizi concomitanti è
valutato quello che comporta il punteggio più alto. Le attività di servizio eventualmente
svolte durante il corso di specializzazione sono alternative a quello riconosciuto al
comma 1, punto I, lettera d) del presente articolo.
6. A parità di punteggio complessivo prevalgono, nell’ordine, la minore età, il voto di
laurea e l’anzianità di laurea.
7. Non sono valutabili attività che non siano espressamente previste ed elencate dal
presente Allegato.

ART. 6 – PROCEDURE PER L’ASSEGNAZIONE DI INCARICHI DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE


1. A partire dalla prima pubblicazione utile successiva al 1 gennaio 2019 degli incarichi
vacanti di medico di continuità assistenziale, l’articolo 63 dell’ACN 23 marzo 2005 e s.m.i.
è sostituito dal seguente:

“ART. 63 – PROCEDURE PER L’ASSEGNAZIONE DI INCARICHI DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE.


1. Entro la fine di marzo di ogni anno ciascuna Regione, o il soggetto da questa in­
dividuato, pubblica sul Bollettino Ufficiale l’elenco degli incarichi vacanti di continuità
assistenziale e di quelli che si renderanno disponibili nel corso dell’anno, individuati dalle
Aziende sulla base dei criteri di cui al successivo articolo 64.
2. Gli aspiranti, entro 20 (venti) giorni dalla pubblicazione di cui al comma 1, presentano
alla Regione, o al soggetto da questa individuato, domanda di assegnazione, con apposizione
del bollo secondo la normativa vigente, per uno o più incarichi vacanti.
204 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

3. Possono concorrere al conferimento degli incarichi:


a) per trasferimento, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato di continuità
assistenziale da almeno 2 anni in un’Azienda della Regione che pubblica l’avviso
e quelli titolari in un’Azienda di altra Regione da almeno 3 anni che al momento di
attribuzione dell’incarico non svolgano altre attività a qualsiasi titolo nell’ambito
del SSN, eccezion fatta per i medici titolari di incarico a tempo indeterminato di
assistenza primaria con un carico inferiore a 650 assistiti. I trasferimenti sono
possibili fino alla concorrenza della metà degli incarichi disponibili in ciascuna
Azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano
alla unità più vicina. In caso di disponibilità di un solo posto può essere esercitato
il diritto di trasferimento;
b) i medici inclusi nella graduatoria regionale valida per l’anno in corso;
c) i medici che abbiano acquisito il diploma di formazione specifica in medicina gene­
rale successivamente alla data di scadenza della presentazione della domanda di
inclusione in graduatoria regionale valida per l’anno in corso, autocertificandone il
possesso all’atto della presentazione della domanda di cui al comma 2.
4. I medici già titolari d’incarico di continuità assistenziale a tempo indeterminato
possono concorrere all’assegnazione solo per trasferimento.
5. I medici di cui al comma 3, lettera a) sono graduati in base all’anzianità di incarico
a tempo indeterminato di medico di continuità assistenziale, detratti i periodi di eventuale
sospensione dall’incarico di cui all’articolo 18, comma 1.
6. I medici di cui al comma 3, lettera b) sono graduati nell’ordine risultante dai seguenti
criteri:
a) punteggio riportato nella graduatoria regionale di cui all’articolo 15;
b) punti 5 a coloro che nell’ambito dell’Azienda, nella quale è vacante l’incarico per il
quale concorrono, abbiano la residenza fin da due anni antecedenti la scadenza del
termine per la presentazione della domanda di inclusione nella graduatoria regionale
e che tale requisito abbiano mantenuto fino al conferimento dell’incarico;
c) punti 20 ai medici residenti nell’ambito della Regione da almeno due anni antecedenti
la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di inclusione nella
graduatoria regionale e che tale requisito abbiano mantenuto fino al conferimento
dell’incarico.
7. I medici di cui al comma 3, lettera c) sono graduati nell’ordine della minore età al
conseguimento del diploma di laurea, del voto di laurea e dell’anzianità di laurea.
8. In caso di pari posizione in graduatoria, i medici di cui al comma 3, lettera a) e b)
sono graduati nell’ordine della minore età, del voto di laurea e della anzianità di laurea.
9. Le graduatorie per l’assegnazione degli incarichi vacanti sono formulate sulla base
dell’anzianità, dei relativi punteggi e criteri indicati, con la precisazione, per ciascun
nominativo, degli incarichi per cui concorre.
10. La Regione, o il soggetto da questa individuato, interpella i medici di cui al comma
3, lettera a) e, successivamente, i medici di cui al comma 3, lettera b) sulla base delle
percentuali di riserva di cui ai successivi commi ed infine i medici di cui al comma 3, lettera
c) con priorità di interpello per i residenti nel territorio aziendale, in seguito nella Regione
e da ultimo fuori Regione.
11. Per l’assegnazione degli incarichi di cui al comma 3, lettera b), le Regioni riservano
una percentuale, calcolata sul numero complessivo di incarichi a livello regionale:
a) 80% a favore dei medici in possesso del titolo di formazione specifica in medicina
generale;
b) 20% a favore dei medici in possesso di titolo equipollente al titolo di formazione
specifica in medicina generale.
Aspetti contrattuali 205

12. Qualora non vengano assegnati, per carenza di domande, incarichi spettanti ad una
delle riserve di cui al comma precedente, gli stessi vengono assegnati all’altra.
13. Gli aspiranti all’assegnazione degli incarichi possono concorrere esclusivamente per
una delle riserve di cui al comma 11, fatto salvo il disposto di cui al precedente comma 12,
e dichiarano nella domanda la riserva per la quale intendono concorrere.
14. I quozienti frazionali derivanti dall’applicazione delle percentuali di riserva di cui al
comma 11 sono approssimati alla unità più vicina. In caso di quoziente frazionale pari per
entrambe le riserve, il relativo posto viene assegnato alla riserva più bassa.
15. Espletate le procedure di cui ai commi precedenti, qualora uno o più incarichi
rimangano vacanti, la Regione o il soggetto da questa individuato, predispone specifica
comunicazione inerente la disponibilità degli incarichi sul proprio sito istituzionale e chiede
pubblicazione del relativo link sul sito della SISAC al fine di favorire la partecipazione di tutti i
medici interessati. La Regione rende altresì evidente sul proprio sito la data di pubblicazione
da parte della SISAC da cui decorre il termine di 30 (trenta) giorni per la presentazione
delle domande, in bollo, da parte dei medici, purché non titolari di altro incarico a tempo
indeterminato ai sensi del presente Capo.
La Regione, o il soggetto da questa individuato, procede alla valutazione delle domande
pervenute secondo il seguente ordine di priorità:
a) medici inseriti nelle graduatorie di altre Regioni;
b) medici in possesso del titolo di formazione specifica in medicina generale.
I candidati di cui alla lettera a) sono graduati sulla base del punteggio già attribuito
nella vigente graduatoria di provenienza ed in caso di pari punteggio prevalgono, nell’ordine,
la minore età, il voto di laurea e l’anzianità di laurea. I candidati di cui alla lettera b) sono
graduati nell’ordine della minore età al conseguimento del diploma di laurea, del voto di
laurea e dell’anzianità di laurea, con priorità di interpello per i medici residenti nel territorio
aziendale, successivamente nella Regione e fuori Regione.
16. La Regione, o il soggetto individuato, indica nell’avviso di cui al comma 1 la data
e la sede di convocazione dei candidati ovvero provvede, secondo modalità dalla stessa
definite, alla convocazione dei medici con un preavviso di 15 (quindici) giorni. Gli stessi
termini e modalità si applicano alle procedure di cui al comma 15.
17. Al momento dell’interpello il medico deve, a pena di decadenza, dichiarare l’incarico
che accetta o rinunciare all’assegnazione.
18. La mancata presentazione costituisce rinuncia all’incarico. Il medico oggettivamente
impossibilitato a presentarsi può dichiarare, secondo modalità definite dalla Regione o in
assenza di tale definizione mediante telegramma, raccomandata A/R o PEC, la propria
disponibilità all’accettazione con l’indicazione dell’ordine di priorità tra gli incarichi per i
quali abbia presentato domanda; in tal caso gli sarà attribuito il primo incarico disponibile
tra quelli indicati.
19. Il medico che accetta per trasferimento decade dall’incarico di provenienza, fatto
salvo l’obbligo di garantire l’attività convenzionale nel periodo di preavviso di cui all’articolo
19, comma 1, lettera c). La rinuncia o decadenza dal nuovo incarico non consente il ripristino
dell’incarico di provenienza.
20. All’atto dell’assegnazione dell’incarico il medico deve rilasciare una dichiarazione
sostitutiva di atto notorio attestante la posizione giuridica. Eventuali situazioni di incom­
patibilità di cui all’articolo 17 devono essere risolte all’atto dell’assegnazione dell’incarico
e comunque cessare prima del conferimento dello stesso.
21. La Regione, o il soggetto individuato, espletate le formalità per l’assegnazione degli
incarichi, invia gli atti alle Aziende interessate e, in caso di assegnazione per trasferimento
ad un medico proveniente da altra Regione, comunica alla Azienda di provenienza l’avvenuta
accettazione dell’incarico ai fini di quanto previsto al comma 19.
206 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

22. Qualora l’incarico venga assegnato ad un medico già titolare in altra Regione di
incarico di assistenza primaria, la Regione, o il soggetto individuato, comunica all’Azienda
di provenienza l’avvenuto conferimento dell’incarico, ai fini della verifica di eventuali
incompatibilità e dei conseguenti effetti.
23. L’Azienda conferisce definitivamente l’incarico a tempo indeterminato, con provvedi­
mento del Direttore Generale che viene comunicato all’interessato mediante raccomandata
con avviso di ricevimento, con l’indicazione del termine di inizio dell’attività, da cui decorrono
gli effetti giuridici ed economici.
24. Per impreviste vacanze di incarichi o per sopravvenute esigenze straordinarie la Re­
gione, o il soggetto da questa individuato, successivamente alla conclusione delle procedure
di cui ai commi 1 e 15, può procedere, in corso d’anno, alla pubblicazione di ulteriori avvisi
secondo i termini, i criteri e le modalità determinati nel presente articolo.”

NORME TRANSITORIE
Norma transitoria n. 1
I medici che abbiano acquisito il diploma di formazione specifica in medicina generale
successivamente al 31 gennaio 2018 possono presentare domanda per l’inserimento nella
graduatoria regionale entro il 15 settembre 2018. La domanda deve essere corredata
dall’autocertificazione del titolo nel frattempo acquisito e dei titoli accademici e di servizio
posseduti alla data del 31 dicembre 2017.
Norma transitoria n. 2
Fino all’entrata in vigore degli articoli 5, 6 e 7 del presente Accordo, alle procedure per
l’assegnazione degli incarichi vacanti, pubblicati sul Bollettino Ufficiale dalla Regione o
dal soggetto da questa individuato, è consentita la partecipazione anche ai medici che
abbiano acquisito il titolo di formazione specifica in medicina generale successivamente
alla data di scadenza della presentazione della domanda di inclusione in graduatoria re­
gionale. Tali medici concorrono successivamente ai trasferimenti ed ai medici inclusi nella
graduatoria regionale valida per l’anno in corso e sono graduati nell’ordine della minore età
al conseguimento del diploma di laurea, del voto di laurea e anzianità di laurea, con priorità
di interpello per i residenti nell’ambito carente o territorio aziendale, rispettivamente per
gli incarichi di assistenza primaria, di continuità assistenziale e di emergenza sanitaria
territoriale e successivamente nella Regione e fuori Regione. Il possesso del diploma di cui
sopra deve essere autocertificato nella domanda di partecipazione all’assegnazione degli
incarichi vacanti.

DICHIARAZIONI CONGIUNTE
Dichiarazione congiunta n. 1
Le parti concordano che, al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza per i medici di
continuità assistenziale, l’attività ambulatoriale, sentito il Comitato aziendale, venga svolta
solo presso sedi idonee e che nell’ambito degli Accordi Integrativi Regionali, in coerenza con
la programmazione regionale, vengano definite le modalità organizzative per regolamentare
il libero accesso dei pazienti in orari diurni e serali prestabiliti e divulgati ai cittadini.
Dichiarazione congiunta n. 2
Le parti concordano sulla opportunità che le graduatorie regionali consentano di indi­
viduare lo stato occupazionale dei medici presenti in graduatoria.
Dichiarazione congiunta n. 3
Le parti considerano auspicabile che, nell’ambito degli AAIIRR, si possa prevedere la
fornitura di fattori di produzione per lo svolgimento di attività di diagnostica di primo livello
da parte dei medici di assistenza primaria, anche attraverso società di servizio o cooperative.
La prescrizione
per principio attivo
⊲  S. Marras  ⊲  M. Ferrara  ⊲  F. Napoleone

L’applicazione delle norme legislative che hanno introdotto la prescrizione per principio
attivo coinvolge in modo significativo i Medici di Continuità Assistenziale i quali, operando
su pazienti di cui non è nota la storia anamnestica e in assenza di continuità informativa
con i medici di famiglia, si troveranno nella condizione di valutare in ogni intervento
l’applicazione del dettato legislativo oltre che di essere esposti al rischio di potenziale
conflittualità con utenti inconsapevoli dei nuovi obblighi imposti dalla legge. È utile sotto­
lineare preliminarmente come il Legislatore sia stato particolarmente attento a subordinare
all’atto curativo da parte del Medico - e non al solo atto prescrittivo farmacologico- qualsiasi
ulteriore disposizione non necessariamente o immediatamente presente, ribadendo pertanto
l’interpretazione d’insieme ed olistica della cura. Nella prescrizione il medico terrà dunque
conto dell’anamnesi individuale farmacologica del soggetto, individuando le situazioni in
cui la buona pratica clinica, ispirata al criterio di prudenza, determina l’opportunità di non
ricorrere a farmaci mai utilizzati nel singolo paziente in presenza di farmaco già utilizzato,
risultato efficace e che non abbia prodotto effetti indesiderati. Da quanto premesso, appare
evidente che la raccolta dell’anamnesi farmacologica dei pazienti che afferiscono alle cure
del Servizio di Continuità Assistenziale, essendo, di norma, pazienti occasionali dei quali il
medico non conosce la storia clinica, rappresenta l’elemento più significativo nel determinare
la responsabilità medico legale in una eventuale valutazione ex post dell’applicazione della
legge. È pertanto fortemente consigliato ai Medici di Continuità Assistenziale, essendo le
prescrizioni soggette all’analisi a posteriori degli organismi aziendali preposti al controllo
amministrativo, lasciare una traccia scritta a tutela del proprio operato. Suggeriamo, in
particolare, di esporre per iscritto nell’allegato M e nel registro della sede di guardia l’anam­
nesi farmacologica raccolta dal paziente al fine di documentare la conoscenza acquisita dei
precedenti utilizzi di farmaci quale elemento di indirizzo della nostra scelta prescrittiva, con
particolare riferimento all’efficacia e all’assenza di precedenti reazioni avverse.
Il Medico di Continuità Assistenziale potrà trovarsi incontro alle seguenti situazioni:
1. Paziente già in terapia
2. Inizio di terapia per patologia cronica
3. Nuovo episodio di patologia non cronica

Paziente già in terapia


Per le terapie avviate prima dell’emissione della legge, le norme approvate nel decreto
"Spending review" e s.m.i. non si applicano. Pertanto, se prescriviamo un farmaco per
l’ipertensione (malattia cronica) ad un paziente già in trattamento con un determinato
antipertensivo, la ricetta che redigeremo sarà uguale a quella redatta in passato (Figura 1).
Le attuali caratteristiche organizzative del setting rendono impossibile la verifica, dalla
cartella clinica del medico di famiglia, della pregressa assunzione di un preciso farmaco
generico o branded, che, pertanto, risulta tale dalla sola dichiarazione del paziente. Di
tale dichiarazione è opportuno lasciare traccia, scrivendo sul registro e sull’allegato M
che il paziente riferisce trattarsi di terapia cronica assunta da tempo.
Se riteniamo opportuno che il farmacista si attenga “alla lettera” alla nostra prescri­
zione e non consegni al paziente un farmaco diverso contenente lo stesso principio attivo
dovremmo apporre la clausola “non sostituibile” come nell’esempio in figura 2. Gli esperti
legali consigliano ai medici di CA, per i motivi di cui sopra, di scrivere anche in questo caso,
pur se non richiesta dalle norme, una sintetica motivazione come: “aderenza farmaco”.
208 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

Rossi Mario
Via Garibaldi 16 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 X 1 4 F 8 3 9 X

X RM1 0 1

Nome commerciale X X X

X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 1.

Rossi Mario
Via Garibaldi 16 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 X 1 4 F 8 3 9 X

X RM1 0 1

Nome commerciale X X X
non sostituibile
X X X
(aderenza farmaco)
FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 2.

Paziente con patologia cronica per il quale si inizia la cura


Nel caso di una prima prescrizione per patologia cronica, il medico deve invece indicare
il principio attivo, da solo o accompagnato a un nome commerciale del farmaco. Le figure 3
e 4 esemplificano le modalità di prescrizione nell’ipotesi di un paziente cui è diagnosticata
l’ipertensione e viene prescritta una terapia per la prima volta. Il farmacista che riceverà
la ricetta della figura 3 consegnerà al paziente il farmaco a prezzo più basso contenente
quel principio attivo, a meno che l’assistito stesso non opti per altro farmaco, contenente
il medesimo principio attivo ma più costoso, pagando al farmacista una somma pari alla
differenza fra i due prezzi. La figura 4 rappresenta invece l’esempio della seconda possibile
modalità prescrittiva (nome commerciale + principio attivo). Tale indicazione è vincolante
per il farmacista solo se il farmaco indicato ha un prezzo pari a quello di rimborso; in caso
contrario, egli può sostituirlo, salvaguardando comunque la scelta del paziente. Affinché
La prescrizione per principio attivo 209

Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X

X RM1 0 1

Principio attivo X X X

X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 3.

Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X

X RM1 0 1

Nome commerciale (principio attivo) X X X

X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 4.

la prescrizione del prodotto commerciale sia sempre vincolante per il farmacista, il medico
prescrittore deve apporre la clausola "non sostituibile" e motivarla sinteticamente, come
nell’esempio di figura 5.

Paziente affetto da un nuovo episodio di patologia


non cronica
Anche nei casi di patologie non croniche, es. faringo-tonsillite purulenta, il medico pre­
scrittore è tenuto a indicare in ricetta il nome del principio attivo, da solo o accompagnato
ad un nome commerciale. Nel caso della cefixima, ad esempio, potrà agire come in figura 6
o compilare la ricetta come in figura 7, aggiungendo cioè il nome di un farmaco brandizzato.
Tale indicazione non è vincolante per il farmacista che potrà consegnare ugualmente al
paziente il generico a prezzo più basso.
210 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

Bianchi Francesco
Via Diaz 24 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y Z FN C 0 0 M 0 7 D 6 1 2X

X RM1 0 1

Nome commerciale (principio attivo) X X X


Non sostituibile per riferite pregresse intolleranze a farmaci
X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 5.

Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X

X RM1 0 1

Principio attivo X X X

X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 6.

Affinché la scelta del prodotto commerciale sia vincolante per il farmacista, il medico
prescrittore dovrà apporre la clausola di non sostituibilità e motivarla sinteticamente (es.
L.A.S.A. = Look-Alike/Sound-Alike – vedi figura 8). Come abbiamo visto, per apporre la
clausola di non sostituibilità nei casi 2 e 3 è necessaria una motivazione sintetica. Tale
motivazione può essere riferita a:
A. motivi clinici, compresi quelli collegati all’anamnesi farmacologica; in tal caso si
consiglia di indicare una breve descrizione, come, ad esempio, aderenza a terapia
prescritta, riferita pregressa intolleranza a farmaci, riferita pregressa intolleranza ad
eccipienti, riferita allergia al farmaco, rischio teratogeno in paziente in gravidanza
o in corso di ricerca di gravidanza;
B. "LASA" acronimo di "Look-Alike/Sound-Alike"; per LASA si intendono quei farmaci
che possono essere scambiati con altri per la somiglianza grafica della confezione
La prescrizione per principio attivo 211

Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X

X RM1 0 1

Nome commerciale (principio attivo) X X X

X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 7.

Verdi Maria
Via Colonna 34 - 00100 ROMA

XXXXXX
X Y ZMR A 0 0 S 4 5 F 2 0 5 X

X RM1 0 1

Nome commerciale (Principio attivo) X X X


non sostituibile per L.A.S.A.
X X X

FIRMA E
TIMBRO DEL MEDICO
1 15 08 12
1

Rossi Mario

Figura 8.

e/o fonetica del nome; questa circostanza può indurre facilmente ad errori in terapia
farmacologica e ciò si osserva soprattutto nei soggetti fragili; per studiare, prevenire,
fornire indicazioni agli operatori, ecc., il Ministero della Salute ha, infatti, attivato
il progetto “Farmaci LASA e Sicurezza dei pazienti”;
al link http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=2459&menu=
sicurezza possono trovarsi ulteriori informazioni.
Anche in questi casi è opportuno che tutte le motivazioni delle prescrizioni di farmaci
"brandizzati" siano riportate nel registro del presidio della guardia e nell’allegato M.
Ricordiamo, infine, che l’AIFA mette a disposizione sul proprio sito le liste di trasparenza,
mensilmente aggiornate, dei farmaci equivalenti e dei relativi farmaci originator. Tali liste so­
no reperibili all’indirizzo: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/liste-di-trasparenza-
e-rimborsabilita; o consultabili da smartphone e tablet con la app gratuita: ADR FIMMG AIFA.
Problemi medico-legali
⊲  S. Ghiggi  ⊲  P. Persico  ⊲  C. Scola

Il medico di Continuità Assistenziale opera in doppia veste: come medico in quanto


tale (ed è tenuto a rispettare gli obblighi legali e deontologici che riguardano la generalità
dei Sanitari) e come medico Convenzionato con il SSN (e sotto questo aspetto valgono le
regole dei Codici legislativi e della Convenzione). Appena uscito dall’Università il Medico
ha, in genere, scarsa cognizione del peso che l’atto medico riveste nei confronti della legge
e spesso affronta il primo turno di Continuità Assistenziale senza averne chiara coscienza.
I recenti cambiamenti della funzione del medico di Continuità Assistenziale, sanciti dal
nuovo accordo collettivo nazionale (ACN) e l’entrata in vigore delle norme sulla privacy del
paziente, sottopone il medico a nuove e più complesse responsabilità. Utile, a tal proposito,
sarebbe leggere attentamente l’articolo 67 del nuovo ACN per avere un’idea abbastanza
precisa dei propri doveri e dei limiti del proprio operato all’interno del Servizio di Continuità
Assistenziale. In assenza di linee guida nazionali e regionali sulla definizione di appropria­
tezza degli interventi da scegliere relativamente alle richieste effettuate dall’utenza, è buona
norma definire in maniera informata con il paziente le modalità e i tempi di esecuzione
dell’intervento. Questo capitolo cercherà di guidare il medico di Continuità Assistenziale
all’interno dei suoi compiti, facendogli osservare una serie di situazioni che lo possono
mettere a rischio da un punto di vista legale.

Privacy
Diamo un occhio alle norme sulla privacy prima di addentrarci nei ruoli propri del servizio
di Continuità Assistenziale. Il D. Lgs. 30 giugno 2003 nº 196, anche denominato codice o
legge sulla privacy, è basato su una serie di concetti fondamentali che è necessario conoscere
bene per poter comprendere lo spirito della normativa.
Il Garante sulla Privacy ha reso nota la prescrizione più importante, quella riguardante
il trattamento dei dati personali e sensibili in ambito sanitario. Al cittadino che entra in
contatto con le strutture sanitarie pubbliche e private deve essere garantita la più assoluta
riservatezza nel più ampio rispetto dei suoi diritti fondamentali e della sua dignità. Con la
prescrizione vengono ribadite le misure minime di sicurezza che tutti i Titolari e gli Incaricati
del trattamento devono adottare.
Considerato che il medico di Continuità Assistenziale rientra tra il personale che effettua
il trattamento di dati personali per conto dell’Azienda, alla luce di quanto premesso, ed ai
sensi dell’art. 30, comma 1 e dell’art. 30 comma 2 del D.Lgs. 196/03, egli assume il ruolo di
Incaricato dei seguenti trattamenti: consultazione, raccolta, registrazione, comunicazione,
estrazione dei dati personali dell’assistito. Inoltre il medico di Continuità Assistenziale è
responsabile dei trattamenti succitati, solo nel suo orario di servizio. Alla luce del nuovo ACN,
possiamo identificare nell’attività del medico di Continuità Assistenziale, due fattispecie,
una più propriamente medico-gestionale ed una certificativa.
La prima la possiamo suddividere in tre grandi attività:
1. Il consulto telefonico
2. La visita domiciliare
3. La visita ambulatoriale.
La seconda, di cui parleremo più avanti, si suddivide essa stessa in due grandi attività:
1. La certificazione
2. La prescrizione.
Problemi medico-legali 213

Il consulto telefonico
La sua istituzionalizzazione come attività propria della Continuità Assistenziale, rap­
presenta la vera novità della nuova convenzione. Tuttavia, come già detto, l’assenza di
linee guida Nazionali e Regionali che la strutturino con chiarezza, mette molto a rischio
il medico, pertanto non deve essere utilizzata come uno strumento riduttivo dell’attività
domiciliare. Si ricorda in tal senso l’Art. 328 C.P. (rifiuto di atti d’ufficio. Omissione) che
frequentemente viene chiamato in causa dal giudice in caso di danno per mancata visita
domiciliare: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente
rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine
pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione
da sei mesi a due anni.

La visita domiciliare
Rappresenta il momento vero di confronto tra il paziente e il medico di Continuità
Assistenziale, ed in esso possono rintracciarsi diverse fattispecie legali a cui prestare at­
tenzione. Nel suo esercizio il medico di Continuità Assistenziale può incorrere in varie specie
di responsabilità, penale, civile e disciplinare, che conseguono a inosservanza degli obblighi
o violazione dei divieti imposti al medico dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano
l’esercizio della professione, errata applicazione delle regole diagnostico-terapeutiche da
cui derivi un danno al paziente (lesione personale o morte).
L’errore è la fattispecie più comune in cui può incorrere il medico. Esso si divide in:
ERRORE DIAGNOSTICO: si verifica quando, essendo una situazione clinica inequivocabil­
mente chiara e manifesta in quanto a segni e sintomi, in relazione a patologie ed infermità
note, il caso non viene correttamente inquadrato (per diagnosi errata o non fatta) a causa
di negligenza, imprudenza o imperizia.
ERRORE TERAPEUTICO: si verifica quando, pur essendo stato individuato un indirizzo dia­
gnostico esatto, si prescrive una terapia errata a causa di negligenza, imprudenza o imperizia.
ERRORE OPERATIVO: si verifica, per negligenza e/o imprudenza e/o imperizia, quando
nell’esecuzione di un procedimento diagnostico e/o terapeutico, si erra nella sua applica­
zione provocando un danno, temporaneo o permanente al paziente, per comparsa di lesioni
o menomazioni.
ERRORE DI VALUTAZIONE: si verifica quando a causa di negligenza, imprudenza o
imperizia si commette un errore sui provvedimenti da intraprendere (ad es.: ci penso io o
chiamo l’ambulanza?).
ERRORE CERTIFICATIVO: si verifica quando a causa di negligenza, imprudenza o imperizia
vengono commessi errori, omissioni o peggio falsi nell’atto certificativo.
Anche l’omissione di soccorso e l’interruzione di pubblico servizio possono incorrere
nell’attività propria del medico di Continuità Assistenziale. Si ha il dovere di prestare il
soccorso possibile e necessario considerati i mezzi, il tempo ed il luogo per evitare o mini­
mizzare il danno. Il medico può essere interessato tuttavia a due diversi tipi di obbligo: un
“obbligo di soccorso” che riguarda tutti i medici, tenuti a prestare la loro opera nei casi di
effettiva necessità, e un “obbligo contrattuale” derivante dai doveri d’ufficio del medico
pubblico o convenzionato.
Art. 593 C.P. Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli
anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente e
di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità, è
punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro. Alla stessa pena
soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona
ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato
214 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

avviso all’Autorità. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la
pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata. L’interruzione di pubblico
servizio può avvenire anche per mancata tempestiva comunicazione della propria assenza.
Art. 331 C.P. (interruzione d’un servizio pubblico o di pubblica necessità): “Chi, esercitando
imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il
lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è
punito con la reclusione da sei mesi a un anno e mezzo e con la multa…. Omissis.

La visita ambulatoriale
Segue gli stessi criteri della visita domiciliare. Attenzione particolare va prestata alla
eventuale violazione della privacy (in sede ci sono i registri) ed alla idoneità dei locali ad
ambulatorio.

Denuncia di reato
La denuncia è l’atto col quale il sanitario informa una pubblica autorità relativamente a
fatti o notizie appresi nell’esercizio della professione, di cui è obbligato per legge a riferire.
Le sue caratteristiche sono:
- l’obbligatorietà,
- l’iniziativa del denunciante,
- la professionalità,
- l’oggetto,
- la finalità,
- la destinazione,
- la sanzione.
Si distinguono tre tipi di denunce in base all’oggetto:
1. amministrative (nascita o morte),
2. sanitarie (malattie infettive contagiose, le malattie veneree, le vaccinazioni obbligatorie...),
3. penali (referto e rapporto).
Recenti sentenze della Corte Suprema di Cassazione hanno riconosciuto al Medico di
Continuità Assistenziale la qualifica ora di Pubblico Ufficiale, ora di Incaricato di un Pubblico
Servizio. La denuncia va consegnata senza ritardo all’Autorità Giudiziaria (Procuratore della
Repubblica presso la Pretura Circondariale o presso il Tribunale) anche attraverso gli Ufficiali
o Sottufficiali dei Carabinieri o della Polizia, in quanto Ufficiali di Polizia Giudiziaria. Non
dimenticate mai che essa è una descrizione, non un giudizio. Questo concetto deve essere
ben presente nella vostra mente, mentre la redigete con tutta la precisione e la prudenza di
cui siete capaci. Al Medico è richiesto di descrivere con ordine ed in termini chiari ciò che
ha toccato con mano, visto, udito in prima persona. Quindi nessun giudizio avventato, anzi,
nessun giudizio di alcun genere.
Art. 365 C.P. (omissione di referto): “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione
sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri
di un delitto per quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità
indicata nell’art. 361, è punito con la multa…. Questa disposizione non si applica quando
il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Art. 362 (omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio): “L’incaricato
di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo
precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, è
punito con la multa…./ Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile
a querela della persona offesa né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche
socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione
del programma definito da un servizio pubblico”.
Problemi medico-legali 215

Va ricordato che in seguito alla legge 23/03/2016 n.41 sono stati introdotti i reati di
omicidio stradale (art. 589-bis) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art.
590-bis), commessi in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Il nuovo articolo 590-bis si applica in tutti quei casi in cui la malattia derivante dal
sinistro stradale ha una durata superiore a 40 giorni, per cui la procedibilità è d’ufficio e la
competenza è rimessa al Tribunale in composizione monocratica; per le lesioni con prognosi
di guarigione entro 40 giorni, invece, rimane la procedibilità a querela e la competenza del
Giudice di Pace.
Pertanto, il Medico che riscontri un caso di lesioni colpose gravi o gravissime (cioè con
prognosi superiore a 40 giorni) secondarie a incidenti stradali ha l’obbligo di redigere il
referto oppure la denuncia, nel caso rivesta la qualifica di Pubblico Ufficiale o Incaricato
di Pubblico Servizio.
Ai fini pratici e dal punto di vista formale non vi sono sostanziali differenze tra il re­
ferto e la denuncia, in quanto anch’essa deve essere trasmessa senza ritardo e contenere
l’esposizione degli elementi essenziali del fatto, il giorno dell’acquisizione della notizia, le
generalità della persona offesa ed eventuali ulteriori circostanze utili alla ricostruzione del
fatto. Il referto o la denuncia possono essere inoltrati ad un ufficiale di Polizia Giudiziaria
(Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Polizia Penitenziaria) o diretta­
mente presso la Procura della Repubblica.

Prescrizione
La prescrizione dei farmaci costituisce un atto medico caratterizzato non solo da aspetti
clinici ma anche amministrativi ed etici. La crescente attenzione che le Aziende Sanitarie
rivolgono alla prescrizione, al fine di renderla appropriata, rende l’aspetto amministrativo
particolarmente importante unitamente alla efficacia/efficienza dei trattamenti. Occorre
definire cos’è e cosa si intende per ricetta medica e quale è la sua natura e valenza giuridica,
quali sono le indicazioni prescrittive che ha la C.A. sia relative alla tipologia di farmaci da
prescrivere e sia alla durata della terapia.
Nella compilazione della ricetta è buona norma seguire alcune indicazioni generali.
Per ricetta s’intende l’autorizzazione, data in forma scritta al farmacista, perché questi
possa consegnare uno o più medicinali al paziente che ne necessita. La “spedizione” di una
ricetta quindi non è un precetto (ordine) ma un’autorizzazione alla quale il farmacista dà effetto
giuridico, dopo averne accertata la conformità di legge. Esistono varie tipologie di ricette.
Nuovo ricettario SSN
Il Decreto 18.5.2004 (GU n 251 del 25.10.2004 – S.O. n. 159) sostituito dal decreto
17/03/2008 (GU SO 11-4-08) ha definito le caratteristiche della nuova ricetta SSN ovvero del
“modello di ricetta medica a lettura ottica destinato ad essere utilizzato per le prescrizioni di
prestazioni sanitarie con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, del Ministero della
Salute e delle istituzioni estere in base alle norme comunitarie o accordi internazionali, presso
strutture a gestione diretta o accreditate”. I nuovi ricettari sono utilizzabili oltre che per tutti
coloro che sono iscritti al SSN anche per le prescrizioni ai cittadini italiani o stranieri, residenti
o in temporaneo soggiorno in Italia, il cui onere è a carico di istituzioni estere in base alle
norme comunitarie o altri accordi bilaterali di sicurezza sociale. II nuovo modello di ricetta
è unico per tutte le regioni. L’assegnazione del ricettario al medico prescrittore rileva tutte
le caratteristiche di appartenenza dell’Azienda sanitaria di erogazione della prescrizione. È
pertanto necessaria una attribuzione univoca del ricettario ad un unico prescrittore che ne
è completamente responsabile.
Il medico di Continuità Assistenziale deve utilizzare un apposito ricettario con la dicitura
“Servizio di Continuità Assistenziale” (art.67 comma 9 ACN 25/03/2005). Dal momento che i
216 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

dati di prescrizione verranno inviati direttamente dalle farmacie che dispensano i medicinali
e dalle strutture di erogazione delle prestazioni sanitarie (per il tramite della regione) al
Ministero dell’Economia e delle Finanze è importante la massima cura nella conservazione
e nell’uso del ricettario allo scopo di evitare lacerazioni, abrasioni e macchie che possano
risultare di pregiudizio alle operazioni di lettura ottica.
Si raccomanda di utilizzare per i timbri inchiostri neri e non oleosi e per la compilazione
manuale penne a sfera ad inchiostro nero. Si raccomanda inoltre, qualora non ci si avvalga di
stampanti ed apparecchiature informatiche, la massima chiarezza nella trascrizione manuale
di caratteri numerici o alfabetici. Nel caso in cui ci si avvalga di stampanti è necessario
controllare l’intensità dell’inchiostro per permetterne la rilevazione da parte dei lettori ottici.
Deve essere posta la massima cura nella compilazione manuale di caratteri numerici o
alfabetici, all’interno delle opportune caselle; pertanto occorre:
- scrivere con la massima chiarezza e semplicità evitando ornati e grafismi;
- riportare un solo carattere per casella; non uscire dai bordi colorati delle caselle;
- non legare i caratteri tra loro;
- evitare cancellature o correzioni dei caratteri già scritti;
- evitare puntini, lineette, virgole o barrature tra i caratteri;
- non barrare o annullare le caselle inutilizzate tranne i campi previsti: ricetta non esente
o casella note CUF/AIFA che vanno barrati in tutti i casi in cui non sono utilizzate;
- la biffatura (barratura) va effettuata apponendo un segno evidente (come una X) all’in­
terno del cerchio contenuto nella casella o annerendo il cerchio.
L’indicazione in chiaro del cognome e del nome dell’assistito, ovvero delle iniziali,
nonché del domicilio dello stesso nei casi previsti dalla legge, costituisce un adempimento
necessario per la validità dell’atto prescrittivo anche in presenza dell’indicazione del
codice fiscale. Il codice dell’assistito deve essere sempre indicato dal medico prescrittore
nelle caselle contigue predisposte per la lettura ottica destinate alla indicazione del codice
fiscale dell’assistito SSN e del personale navigante iscritto al SASN o, nel caso degli stranieri
temporaneamente presenti sul territorio, in attesa della piena operatività delle procedure
informatizzate di stampa del codice a barre relativo al codice fiscale dell’assistito da parte
dei medici prescrittori, prevista dall’articolo 3 del decreto, è infatti consentito ai predetti
medici di riportare in “chiaro” il codice fiscale dell’assistito. In caso di mancata indicazione
del codice nell’area a ciò destinata l’erogazione della prestazione non può avvenire a carico
del SSN e quindi il costo della prestazione dovrà essere pagato per intero.
Solo nel caso di soggetto assicurato da istituzioni estere l’elemento non deve essere
compilato e i dati assicurativi dell’assistito dovranno essere riportati sul verso della
ricetta. Area Esenzione: il prescrittore deve barrare la casella contrassegnata dalla lettera
“N” in caso di assenza di esenzione per patologia, mentre nel caso in cui l’assistito abbia
diritto all’esenzione il medico riporterà il codice corrispondente alla tipologia di esenzione
riconosciuta; la compilazione dell’area esenzione per reddito deve essere effettuata da
parte del soggetto erogatore, mediante la marcatura della casella contrassegnata dalla
lettera “R. Di fondamentale importanza è, da parte del prescrittore, compilare i campi
“SIGLA PROVINCIA” e “CODICE ASL” (se individuabile) nel caso in cui la prescrizione venga
rilasciata a cittadini non residenti nella Azienda sanitaria di erogazione della prestazione
per permettere l’assegnazione del rimborso della prescrizione stessa. Area timbro e firma
del medico: area a riempimento obbligatorio riservata alla apposizione del timbro e della
firma autografa del medico.
La compilazione del campo “NUMERO CONFEZIONI/ PRESTAZIONI” è obbligatoria; si sotto­
linea a tal proposito che è richiesta la compilazione con allineamento a sinistra: (es. |2|_|_|)
Il campo “TIPO RICETTA” non va compilato per assistititi SSN residenti. Va compilato
nel caso di:
- assistiti SASN italiani (codice NA per visita ambulatoriale, ND per visita domiciliare);
Problemi medico-legali 217

- assistiti SASN stranieri (codice NE per soggetti assistiti da istituzioni estere europee,
NX per soggetti assistiti da istituzioni estere extra europee);
- soggetti assicurati da istituzioni estere (codice UE istituzioni europee, EE istituzioni extra
europee).(in questo caso oltre a compilare il retro della ricetta con tutti i dati inclusi il
numero di tessera europea, dobbiamo compilarne una seconda in cui riporteremo il tipo
di prestazione erogata, tale ricetta verrà consegnata all’ASL che provvederà al rimborso
della prestazione
La data di prescrizione deve essere sempre indicata trascrivendo nella apposita area i
due caratteri numerici identificativi di giorno, mese e anno.
La ricetta contenente prescrizioni farmaceutiche ha validità di 30 giorni dalla data di
prescrizione, escluso il giorno stesso dell’emissione.
I medici di Continuità Assistenziale utilizzano i ricettari forniti secondo le modalità
stabilite da ogni azienda.
Il farmaco va scritto in maniera chiara specificando il tipo di confezione (compresse
fiale, ecc.) ed il dosaggio desiderato; esempio:
R/Unasyn 1 gr + 500 mg due scatole
R/Claritromicina 500 cp una scatola
In una singola ricetta al medico di Continuità Assistenziale è consentita la prescrizione
di due confezioni e non dello stesso farmaco, fanno eccezione quei farmaci, vedi Antibiotici
Iniettivi, per cui possiamo prescriverne fino a sei confezioni; comunque alla Continuità
Assistenziale competono solo prescrizioni farmaceutiche per una terapia non differibile fino
a 72 ore ponendo, al momento della prescrizione, timbro e firma.

Ricetta ministeriale speciale (RMS) e prescrizioni


di medicinali stupefacenti o psicotropi
(Normativa di riferimento: DPR n. 309/90; art. 90 D.Lgs 219/2006; L. n.12/2001; L.
49/2006; DM 10.3.2006; DM 18.04.2007; Decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, Decreto
Ministero della Salute 18 maggio 2018 G.U. Serie Generale, n. 126 del 01 giugno 2018).
La L. 49/2006 ha profondamente modificato la classificazione degli stupefacenti e, sulla
base di questo nuovo ordinamento, ha introdotto nuove modalità di prescrizione rispetto a
quelle precedentemente previste dal DPR 309/90, un nuovo tipo di ricettario da utilizzare
e ha modificato i tempi di conservazione delle ricette. Il Decreto legge 20 marzo 2014 ha
suddiviso gli stupefacenti in 4 tabelle:
- la Tabella I sez. A raccoglie tutte le sostanze stupefacenti incluso l’oppio e le so­
stanze da esso derivate, le foglie di coca e loro derivati anche sostanze ottenute dalla loro
trasformazione chimica, le sostanze di tipo amfetaminico ad azione eccitante sul sistema
nervoso centrale; ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed
abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine
superiore a quelle precedentemente indicate; gli indolici, siano essi derivati triptaminici
che lisergici, e i derivati feniletilamminici, che abbiano effetti allucinogeni o che possano
provocare distorsioni sensoriali; i tetraidrocannabinoli, i loro analoghi, le sostanze ottenute
per sintesi o semisintesi che siano ad essi riconducibili per struttura chimica o per effetto
farmaco-tossicologico; ogni altra pianta o sostanza naturale o sintetica che possa provocare
allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per
sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso
centrale; le preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente lettera, in conformità
alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di cui alla lettera e);
- la Tabella I Sezione B che comprende i principi attivi delle sostanze sottoposte a
controllo dopo il 27 febbraio 2006;
218 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

- la Tabella II che comprende i principi attivi delle sostanze medicinali quali la cannabis
indica e i prodotti da essa ottenuti; le preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente
lettera, in conformità alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di cui alla lettera e);
- la Tabella III che comprende, i barbiturici che hanno notevole capacità di indurre
dipendenza fisica o psichica o entrambe, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo
ad essi assimilabili. Sono pertanto esclusi i barbiturici a lunga durata e di accertato effetto
antiepilettico e i barbiturici a breve durata di impiego quali anestetici generali, sempre che
tutte le dette sostanze non comportino i pericoli di dipendenza innanzi indicati; le preparazioni
contenenti le sostanze di cui alla presente lettera, in conformità alle modalità indicate nella
tabella dei medicinali di cui alla lettera E);
- la Tabella IV comprende, le sostanze per le quali sono stati accertati concreti pericoli
di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti
dalle sostanze elencate nelle tabelle I e III; le preparazioni contenenti le sostanze di cui
alla presente lettera, in conformità alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di
cui alla lettera E).
Il decreto 20 Marzo 2014 introduce la tabella delle specialità medicinali classificandole
in Sezioni A-B-C-D-E.
Sezione A: i medicinali contenenti le sostanze analgesiche oppiacee naturali, di
semisintesi e di sintesi; i medicinali di cui all’allegato III -bis al presente testo unico;
i medicinali contenenti sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati
accertati concreti pericoli di induzione di grave dipendenza fisica o psichica; i medicinali
contenenti barbiturici che hanno notevole capacità di indurre dipendenza fisica o psichica
o entrambe, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo ad essi assimilabili. Essi
sono soggetti a prescrizione Medica Speciale, ricetta Ministeriale a ricalco (RMS), tranne
che per i farmaci inseriti nella tabella III bis, che usufruiscono delle modalità prescrittive
semplificate nella Terapia del Dolore.
Sezione B: i medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le
quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di
intensità e gravità minori di quelli prodotti dai medicinali elencati nella sezione A; i medici­
nali contenenti barbiturici ad azione antiepilettica e quelli contenenti barbiturici con breve
durata d’azione;i medicinali contenenti le benzodiazepine, i derivati pirazolopirimidinici ed
i loro analoghi ad azione ansiolitica o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di
abuso e generare farmacodipendenza;
- Medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta (Ricetta NON
ripetibile).
Sezione C: i medicinali contenenti le sostanze elencate nella tabella dei medicinali,
sezione B, da sole o in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico, per
i quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica;
- Medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta (Ricetta NON
ripetibile).
Sezione D: i medicinali contenenti le sostanze elencate nella tabella dei medicinali,
sezioni A o B, da sole o in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico
quando per la loro composizione qualitativa e quantitativa e per le modalità del loro uso,
presentano rischi di abuso o farmacodipendenza di grado inferiore a quello dei medicinali
compresi nella tabella dei medicinali, sezioni A e C, e pertanto non sono assoggettate alla
disciplina delle sostanze che entrano a far parte della loro composizione; i medicinali ad
uso parenterale a base di benzodiazepine; i medicinali per uso diverso da quello iniettabile,
i quali, in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico non stupefacenti
contengono alcaloidi totali dell’oppio con equivalente ponderale in morfina non superiore
allo 0,05 per cento in peso espresso come base anidra; i suddetti medicinali devono essere
tali da impedire praticamente il recupero dello stupefacente con facili ed estemporanei
Problemi medico-legali 219

procedimenti estrattivi; 3-bis) in considerazione delle prioritarie esigenze terapeutiche


nei confronti del dolore severo, composti medicinali utilizzati in terapia del dolore elencati
nell’allegato III-bis, limitatamente alle forme farmaceutiche diverse da quella parenterale;
- Medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta (Ricetta NON
ripetibile), tranne che per i farmaci inseriti nella tabella III bis, che usufruiscono delle
modalità prescrittive semplificate nella Terapia del Dolore.
Sezione E: i medicinali contenenti le sostanze elencate nella tabella dei medicinali, sezioni
A o B, da sole o in associazione con altre sostanze attive ad uso farmaceutico, quando per la
loro composizione qualitativa e quantitativa o per le modalità del loro uso, possono dar luogo
a pericolo di abuso o generare farmacodipendenza di grado inferiore a quello dei medicinali
elencati nella tabella dei medicinali, sezioni A, B, C o D. Nelle tabelle di cui al comma 1 sono
compresi, ai fini della applicazione del presente testo unico, tutti gli isomeri, gli esteri, gli
eteri, ed i sali anche relativi agli isomeri, esteri ed eteri, nonché gli stereoisomeri nei casi
in cui possono essere prodotti, relativi alle sostanze incluse nelle tabelle I, II, III e IV, e ai
medicinali inclusi nella tabella dei medicinali, salvo sia fatta espressa eccezione, almeno
una delle denominazioni sopra indicate, purché idonea ad identificarla.
- Medicinali soggetti a prescrizione Medica Ripetibile.

Il nuovo modello di ricetta RMS


La L. 49/2006 ha introdotto un nuovo modello di ricetta a ricalco, approvata poi con
D.M. 10.03.2006, che sostituisce sia la “vecchia” ricetta ministeriale a madre e figlia (il
cosiddetto ricettario giallo distribuito dall’Ordine dei Medici) che la ricetta a ricalco prece-
dentemente utilizzata per la prescrizione di analgesici stupefacenti dell’allegato III bis. Il
Decreto Ministeriale è entrato in vigore il 15 aprile 2006.
Il nuovo ricettario va utilizzato solo per la prescrizione dei medicinali compresi nella
Tabella II Sezione A (con l’eccezione di Paracetamolo/codeina fosfato, che è in Tabella II
sezione D, per le indicazioni rimborsate dal SSN e cioè per il trattamento del dolore nella
patologia neoplastica o degenerativa).
Il nuovo ricettario, prevede un unico modello da compilare in duplice copia a ricalco per
i medicinali non forniti dal SSN e in triplice copia a ricalco per i medicinali invece forniti
in regime di SSN e si presenta in blocchetti da trenta ricette numerate progressivamente.
La CIRCOLARE del  MINISTERO DELLA SALUTE  del 4 novembre 2003, n. 7990 per la
prescrizione di farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore. (Gazzetta Ufficiale n. 7
del 10/1/2004)  in applicazione della legge 8 febbraio 2001, n. 12, così recita:
.... Tutti i laureati in medicina e chirurgia e in medicina veterinaria, abilitati alla pro-
fessione, devono ritirare il ricettario autocopiante presso la AUSL a cui fanno riferimento. Il
ricettario autocopiante è sempre personale del medico o del veterinario, è utilizzato anche
per prescrizioni che originano in strutture sanitarie convenzionate con il SSN ed è valido su
tutto il territorio nazionale....
Le Aziende Sanitarie Locali provvedono alla distribuzione delle ricette ai medici operanti
nel territorio di competenza, in ragione del fabbisogno preventivato dagli stessi. I ricettari
sono consegnati direttamente al medico.

Norme d’uso dei nuovi ricettari RMS


La ricetta deve essere utilizzata per prescrivere medicinali compresi nella tabella II
sezione A e nell’allegato III bis del T.U. stupefacenti; la ricetta ha validità di 30 giorni,
escluso quello di emissione.
220 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

COGNOME E NOME
INDIRIZZO DELL’ASSISTITO

CODICE FISCALE
XXXXXX

ESENZIONE CODICE ASL

PRESCRIZIONI NOTA
AIFA
FIRMA E
NUMERO TIMBRO DEL MEDICO
CONFEZIONI DATA

Figura 1 - Ricetta del SSN.

Il medico può prescrivere, con ogni ricetta, una terapia per un periodo non superiore a
trenta giorni. Ricordate che al Medico di Continuità Assistenziale competono solo prescrizioni
farmaceutiche per una terapia non differibile fino a 72 ore.
La posologia indicata deve comportare che l’assunzione dei medicinali prescritti sia
completata entro trenta giorni. Fatti salvi i casi in cui è necessario adeguare la terapia, la
prescrizione non può essere ripetuta prima del completamento della terapia indicata con la
precedente prescrizione. (Con riferimento a tale previsione, appare opportuno sottolineare
che ogni responsabilità in merito alla eventuale “ripetizione” della prescrizione rimane
esclusivamente in carico al medico prescrittore. Pertanto il farmacista potrà spedire le ricette
che gli vengono presentate purché formalmente corrette, senza essere tenuto ad effettuare
comparazioni tra diverse prescrizioni).
Per le prescrizioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, il medico rilascia all’assistito
la ricetta in originale e la copia del SSN (che il farmacista invia alla AUSL di competenza
per il rimborso) da consegnare in farmacia e la copia assistito/prescrittore che l’assistito
conserva come giustificativo del possesso dei medicinali. In caso di auto prescrizione per uso
“professionale urgente”, il medico conserva la copia assistito/prescrittore come giustificativo
del possesso dello stupefacente che dovrà essere caricato su di un registro entrata e uscita.
Non esiste un modello ufficiale di registro; il registro deve essere conservato per due anni
a far data dall’ultima registrazione. La ricetta risulterà firmata dal medico, in originale su
tutte le copie. Anche il timbro deve comparire su tutte le copie.

Obblighi dei medici


La prescrizione dei medicinali indicati nella Tabella II, sezione A (ad es. oppiacei o flu­
nitrazepam), può comprendere un solo medicinale per una cura di durata non superiore a
trenta giorni. Ricordate che al Medico di Continuità Assistenziale competono solo prescrizioni
farmaceutiche per una terapia non differibile fino a 72 ore.
Scompare pertanto il limite di cura di 8 giorni contenuto nella precedente legislazione.
Il D.M.S. 28.06.2006, G.U. del 12.07.06 ha abrogato precedente D.M.S. che limitava la pre­
scrizione di flunitrazepam ad una sola confezione contenente non più di 60 mg di principio
attivo. In pratica, l’unico limite rimasto alla prescrizione di flunitrazepam è la durata della
terapia che non deve superare i 30 giorni.
Problemi medico-legali 221

Ai fini del calcolo del termine di validità delle ricette, non deve essere considerato il
giorno di redazione delle ricette stesse.
Nella ricetta devono essere indicati:
- cognome e nome dell’assistito;
- la dose prescritta, la posologia ed il modo di somministrazione;
- l’indirizzo e il numero telefonico professionali del medico chirurgo da cui la ricetta è
rilasciata;
- la data e la firma per esteso di nome e cognome del medico chirurgo da cui la ricetta è
rilasciata;
- il timbro personale del medico chirurgo da cui la ricetta è rilasciata.
Pertanto, rispetto alla precedente normativa, scompare l’obbligo di indicare la residenza
dell’ammalato e scompare l’obbligo di indicare a tutte lettere la dose prescritta, e la poso­
logia. Il timbro personale del medico, che non era previsto dal testo dell’articolo 43 del DPR
309/90, viene ora esplicitamente richiesto.
Con nota prot. N. 800 UCS/Ag1/L2884 del Ministero della Sanità è stato chiarito che il
medico può utilizzare abbreviazioni del tipo i.m. (intramuscolo), mg. (milligrammi), cpr.
(compresse) in quanto abbreviazioni non equivocabili e universalmente riconosciute.
La prescrizione farmaceutica in caso di urgenza terapeutica o di necessità e di dimissione
ospedaliera in orari coperti dalla continuità assistenziale è compilata anche dai medici
dipendenti e dagli specialisti convenzionati interni, secondo le disposizioni di cui all’ art.15-
decis del decreto legislativo n.502/92 e successive modificazioni (DPR 28/7/2000, N. 270,
art.36 comma 7). Nel caso sopra descritto, nello spazio della ricetta destinato all’indicazione
dell’indirizzo professionale del medico, deve essere riportata la denominazione e l’indirizzo
della struttura sanitaria convenzionata con il SSN dove svolge attività il medico prescrittore.
Le ultime disposizioni di legge prevedono infine, per i pazienti che necessitano che il medico
debba poter praticare la terapia del dolore anche a domicilio, per cui in questo caso il medico
di Continuità Assistenziale è tenuto a trasportare il farmaco che si è autoprescritto mettendo
sulle ricette al posto del nome la dicitura AUTOPRESCRIZIONE ed omettendo la posologia.

Ricetta medica ripetibile


È sostanzialmente un documento scritto, dal medico per il farmacista, a consegnare
farmaci che vanno venduti con autorizzazione (Normativa di riferimento: D.Lgs. 219 del
2006 art. 88; Norma Tecnica: Tab. 4 F.U. XIa ed.). La ripetibilità è ammessa, salvo diversa
indicazione del medico prescrivente, per un periodo non superiore a 6 mesi dalla data di
compilazione della ricetta e comunque per non più di dieci volte.
La validità della ricetta è pertanto di 6 mesi dalla data del rilascio.

ATTENZIONE: Per quanto riguarda la ripetibilità fanno eccezione le ricette di


farmaci appartenenti alla Tabella II sezione E delle sostanze stupefacenti e
psicotrope (ad esempio farmaci a base di benzodiazepine ad uso orale) che
sono ripetibili per un massimo di tre volte in un mese.

Ricetta medica non ripetibile


È una ricetta resa obbligatoria dal Ministero della Salute per tutti quei farmaci con
rischi potenziali di tossicità acuta e cronica, o determinanti assuefazione e tolleranza con
conseguente possibilità di abuso da parte del paziente che comunque possono comportare
rischi particolarmente elevati per la salute (Normativa di riferimento: D.Lgs. 219 del 2006
art. 89; Norma Tecnica: Tab. 5 F.U. XI a ed.)
222 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

La ricetta ha validità limitata a 30 giorni escluso quello del rilascio se vengono prescritte
specialità o medicinali galenici preconfezionati uso umano. Con il prolungamento del periodo
di validità delle prescrizioni non ripetibili fino a 30 giorni è stato uniformato il periodo di
validità della ricetta al periodo di validità ai fini del rimborso SSN. Con la pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2016 rientrano in tale tipologia (ricetta medica non
ripetibile) anche le prescrizioni di pillole anticoncezionali quando la terapia si protragga
per oltre due mesi. La modifica del regime di prescrizione interessa le forme anticoncezio­
nali nella forma farmaceutica orale appartenente alle classi ATC G03AA (progestinici ed
estrogeni, combinazioni fisse), G03AB (progestinici ed estrogeni, preparazioni sequenziali)
G03AC (progestinici).
Il Medico deve indicare sulla ricetta il codice fiscale anche nel caso di prescrizioni su
ricette a pagamento di medicinali Tabella II sezione B e C degli stupefacenti. Il farmacista
annoterà quindi il codice fiscale nel registro di carico e scarico degli stupefacenti. In merito
alla possibilità di utilizzare le sole iniziali del nome e cognome, va detto che le sole con­
dizioni attualmente previste dalla legge per la salvaguardia dell’anonimato riguardano la
prescrizione di specialità medicinali per indicazioni o vie di somministrazione o modalità di
somministrazione diverse da quelle autorizzate e le prescrizioni di preparazioni magistrali
di cui alla Legge n. 94 del 1998.
Un’interpretazione più estensiva alla luce della legge sulla privacy porta alla conclusione
che le iniziali del nome e cognome del paziente possano essere indicate sulle ricette non
ripetibili ogni qualvolta si manifestino ragionevoli motivi di riservatezza. Va inoltre aggiunto
che esistono attualmente delle previsioni di garanzia dell’anonimato per quanto riguarda
le rilevazioni epidemiologiche e statistiche dell’infezione HIV (DM 13.10.1995) e nel caso di
terapia volontaria e anonimato da parte di chi faccia uso di sostanze stupefacenti (art. 120
DPR 9.10.1990, n. 309). In nessun caso però si fa menzione di anonimato nelle prescrizioni
mediche di farmaci antiretrovirali o stupefacenti). Va indicato inoltre il dosaggio (ne esiste
più di uno), forma farmaceutica (cpr, cps, fiale, ecc.), numero di unità posologiche per
confezioni, numero di confezioni totali, la data e firma. Il medico di Continuità Assistenziale
deve essere identificabile mediante chiara indicazione delle sue generalità (stampigliatura
a stampa, timbro o scrittura chiara).

Ricetta limitativa
I medicinali soggetti a ricetta medica limitativa sono quelli la cui prescrizione o la
cui utilizzazione è limitata a taluni medici o a taluni ambienti. Sono medicinali erogabili
al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti (art. 93 D.Lgs 219/2006).
Sebbene utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, richiedono che la diagnosi sia effettuata
in ambienti ospedalieri o in centri che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, oppure
che la diagnosi stessa ed eventualmente il controllo in corso di trattamento, siano riservati
allo specialista. Questi medicinali devono recare sull’imballaggio esterno o, in mancanza
di questo, sul confezionamento primario, dopo le frasi «Da vendersi dietro presentazione di
ricetta medica», o «Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola
volta», la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione.

ATTENZIONE: Le limitazioni riportate riguardano esclusivamente il regime di


dispensazione, non quello di concedibilità a carico del SSN, per il quale
valgono i contenuti delle specifiche note AIFA.

In particolare, l’art. 70 del collegato alla Finanziaria 1999 ha previsto che l’AIFA, quando
sottopone a particolari condizioni o limitazioni l’erogazione di un medicinale a carico del SSN,
può prevedere, anche nel caso di prodotti soggetti a “ricetta limitativa”, che la diagnosi
Problemi medico-legali 223

e il piano terapeutico siano stabiliti da centri o medici specializzati e che la prescrizione


delle singole confezioni, secondo il piano predetto, potrebbe essere affidata anche al
medico di Continuità Assistenziale. Non è necessario allegare alla ricetta SSN alcun piano
terapeutico in originale o in fotocopia, essendo obbligo del Centro che redige il piano stesso
di trasmetterne copia al servizio farmaceutico dell’ASL. All’atto di ricettare però il Medico
di Continuità Assistenziale deve invece verificare l’esistenza di tale Piano Terapeutico sul
documento rilasciato al paziente.

La Ricetta elettronica
Il decreto legge del 18 ottobre 2012 n° 179 “Ulteriori Misure Urgenti per la crescita del
Paese” all’art.13 stabiliva che al fine di migliorare i servizi ai cittadini e rafforzare gli interventi
in tema di monitoraggio della spesa del settore sanitario, accelerando la sostituzione delle
prescrizioni mediche di farmaceutica e specialistica a carico del SSN in formato cartaceo
con le prescrizioni in formato elettronico, generate secondo le modalità di cui al decreto del
Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 2 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 264 del 12 dicembre 2012, concernente la dematerializzazione della ricetta car­
tacea di cui all’articolo 11, comma 16, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le regioni e le province autonome, entro
6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge, dovevano provvedere alla graduale
sostituzione delle ricette cartacee con quelle elettroniche. Ad oggi tutte le regioni, con per­
centuali variabili da regione a regione, inviano in modalità dematerializzata le ricette relative
alle prescrizioni farmaceutiche, di esami di laboratorio e specialistiche, restando invece su
ricetta SSN le ricette per prescrizioni di farmaci DPC ed i ricoveri. Con la pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2015 entra in vigore il DPCM del 14 novembre 2015 che
rende spendibile la ricetta dematerializzata in tutte le farmacie d’Italia. Al paziente che richiede
prescrizioni di farmaci viene stampato dal medico di AP un promemoria a titolo di ricevuta.

Sanzioni per il medico


La non osservanza delle modalità di prescrizioni (art. 89 D.Lgs n.219/06) comporta la
sanzione amministrativa da € 300,00 a € 1.800,00 (art. 148, c.9, D.Lgs n.219/06). L’inosser­
vanza della prescrizione delle ricette in formato elettronico comporta l’applicazione di quanto
previsto dall’articolo 55-septies, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Certificazioni di malattia
Il certificato medico è una attestazione scritta richiesta dal paziente di fatti e com­
portamenti, tecnicamente apprezzabili e valutabili dal medico nell’esercizio della sua
attività, destinato a provarne la verità, riproduzione integrale, fedele, obiettiva, di fatti
biologici direttamente constatati dal certificante (Medico Curante) la cui dimostrazione può
produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge ovvero determinare
particolari conseguenze a carico dell’individuo o della società, aventi rilevanza giuridica
e/o amministrativa. Le certificazioni da parte del medico di Continuità Assistenziale sono
regolamentate dall’art 67 commi 9 e 16 lettera a):
“Il medico utilizza solo a favore degli utenti registrati, anche se privi di documento sa-
nitario, un apposito ricettario, con la dicitura “Servizio Continuità Assistenziale”, fornitogli
dalla Azienda per le proposte di ricovero, le certificazioni di malattia per il lavoratore per
un massimo di 3 giorni, le prescrizioni farmaceutiche per una terapia non differibile sulla
base del ricettario di cui alla Legge 326/2003 e secondo le disposizioni vigenti in materia.
224 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

Sono inoltre obblighi e compiti del medico: la redazione di certificazioni obbligatorie,


quali: certificazione di malattia per i lavoratori turnisti, la certificazione per la riammissione
al lavoro degli alimentaristi laddove prevista; la constatazione di decesso”.
L’art. 22 del Codice di Deontologia Medica così recita “il medico non può rifiutarsi di
rilasciare direttamente al cittadino certificati relativi al suo stato di salute. Il medico,
nel redigere certificazioni, deve valutare ed attestare soltanto dati clinici che abbia
direttamente constatato.”
Il certificato medico deve inoltre avere: diagnosi (Nei limiti del d.lg. 30 giugno 2003,
n. 196) e prognosi (chiaramente esplicitate e derivanti in modo conseguente dai fatti
riportati), attesta l’incapacità lavorativa temporanea specifica e non può mai indicare
una data d’inizio successiva a quella del rilascio rilasciato gratuitamente.
Il medico di Continuità Assistenziale è più suscettibile ad essere ingannato con sin­
tomi vaghi da chi desideri avvalersi di un certificato medico per sottrarsi ai suoi doveri.
Dovrebbe diagnosticare solo quanto da lui personalmente riscontrato. È però possibile e
plausibile che alcuni stati morbosi di breve durata ma di elevata intensità inabilitante
provochino disturbi che non siano visibili o che siano scomparsi all’atto della visita
medica: per es. una crisi di emicrania, una nevralgia del trigemino, una crisi di vertigine
acuta, un’enterite con diarrea profusa ma transitoria. Il medico di Continuità Assisten­
ziale anche in questi casi deve rilasciare al paziente il certificato perché anche di fronte
alla più subiettiva delle infermità egli non può escludere che quella infermità sussista
e non può contrastare o eludere l’interesse del paziente ad ottenere il certificato. In tal
caso il medico deve certificare che il paziente “accusa“ o “riferisce” ad esempio cefalee
o colica renale che è formula idonea a lasciare al paziente la paternità e responsabilità
di quanto egli dice al medico in merito ad infermità “non obiettivabili“ (Boll. O. M. di
Roma e Prov., n.3, 1983). Il medico che certifica una malattia inesistente o che per banale
accondiscendenza dà i giorni di malattia a un paziente che non è malato commette un
falso in atto pubblico e rischia fino a sei anni di reclusione (Corte di Cassazione Sezione
V sentenza 18 marzo 1999 numero 352).
La produzione di una attestazione non rispondente al vero di dati obiettivamente rilevati
(non il giudizio interpretativo diagnostico e/o prognostico che da essi può derivare) rientra
invece nella falsità ideologica. È previsto dal codice penale che: ”Chiunque, nell’esercizio
di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta
falsamente con un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito
con la reclusione fino ad un anno o con la multa da euro 50 fino ad euro 500. Tali pene
si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro”. (art. 48 C.P.).
Trattandosi di un delitto contro la fede pubblica, il reato è consumato con il solo rilascio
del certificato, anche se il fine prefissato non viene raggiunto. Quando il certificato è un
atto pubblico, in quanto redatto da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio,
le pene sono più elevate.

ATTENZIONE: Il Medico di Continuità Assistenziale nei confronti degli


assistiti iscritti negli elenchi del SSN viene considerato, nella certificazione,
un pubblico ufficiale.

Per i medici pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblico servizio la compilazione
ed il rilascio di un certificato costituiscono non solo un dovere deontologico, ma in alcuni
casi anche un obbligo di legge, configurandosi nel rifiuto alla certificazione l’omissione
di atti d’ufficio. Ogni medico di Continuità Assistenziale tuttavia deve rifiutare di redi­
gere i certificati su diagnosi e prognosi attestate da altri (medici ospedalieri, specialisti
ambulatoriali, specialisti privati) oppure certificazioni non corrispondenti al vero e le
certificazioni non espressamente previste dal Capo III° dell’ACN.
Problemi medico-legali 225

La Certificazione di malattia online


Il decreto 26 febbraio 2010 “Definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e
l’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC”, emanato secondo quanto
previsto dall’articolo 8 comma 3 del DPCM 26 marzo 2008, stabilisce le regole tecniche per la
trasmissione telematica dei certificati medici per il settore privato.
Analogamente, il decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, con l’articolo 69 dispone
che per la trasmissione telematica dei certificati medici per i dipendenti pubblici si applicano
le medesime modalità stabilite per la trasmissione dei certificati medici nel settore privato. Il
Medico di CA ha l’obbligo di ritirare le credenziali di accesso al sito Sistema TS, mentre le ASL
devono fornire le sedi di guardia di computer e collegamenti alla rete internet. Sono state svilup­
pate nel corso del 2015 applicazioni per l’invio tramite telefono cellulare come “FIMMG TOOLS,
strumenti per il MMG” che consentono l’invio delle certificazioni in maniera semplice e veloce.
Il servizio di trasmissione telematica dei certificati di malattia è finalizzato a consentire l’invio,
da parte dei medici del SSN, dei certificati attestanti l’assenza per malattia per i lavoratori sia
del settore privato sia del settore pubblico all’INPS e, per il suo tramite, ai rispettivi datori di
lavoro ovvero all’INPDAP. Dal 13 settembre 2011 scompare l’obbligo per il medico di stampare
il certificato telematico, potendo il medico di CA rilasciare attestazione di invio telematico; le
aziende invece hanno l’obbligo di scaricare attraverso il Sistema TS le certificazioni di malattia
dei propri lavoratori (Circolare INPS 117 del 9/9/2011).
Sono esonerati dall’invio telematico della certificazione, i dipendenti della pubblica ammi­
nistrazione, in regime di diritto pubblico, che dispongono di ordinamenti particolari ai sensi
del disposto decreto 30 marzo 2001 n°165 [magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli
avvocati e procuratori dello Stato, i professori e ricercatori universitari, il personale della carriera
diplomatica, il personale della carriera prefettizia, il personale del Comitato interministeriale
per il credito e il risparmio (CICR), il personale della Commissione nazionale per le società e la
borsa (CONSOB), il personale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il personale
militare, le forze di polizia di Stato, il personale della carriera dirigenziale e direttiva penitenziaria
e il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il
personale volontario e il personale volontario di leva]. Per l’anno 2018 la Presidenza del Consi­
glio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica con Decreto del 17 ottobre 2017 n. 206,
pubblicato sulla G.U. n. 302 del 29/12/2017 ha emanato il regolamento recante le modalità per
lo svolgimento delle visite fiscali e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia,
nonché l’individuazione delle fasce orarie di reperibilità. In particolare l’art. 4 stabilisce le
esclusioni dall’obbligo della reperibilità per:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione
unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente
della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del
medesimo decreto;
c) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, pari o superiore
al 67%.
L’esonero dalla reperibilità deve essere certificato dal medico che emette il certificato di
malattia biffando (nell’area dati diagnosi) l’apposito elemento (a, b, c).

La Certificazione INAIL - Certificato Medico di Infortunio


o Malattia professionale
Ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo 151/2015 viene disposto che “Qualunque medico
presti la prima assistenza a un lavoratore infortunato sul lavoro o affetto da malattia professio-
nale è obbligato a rilasciare certificato ai fini degli obblighi di denuncia di cui al presente articolo
e a trasmetterlo esclusivamente per via telematica all’Istituto assicuratore. Ogni certificato di
226 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

infortunio sul lavoro o di malattia professionale deve essere trasmesso esclusivamente per via
telematica all’Istituto assicuratore, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria com-
petente al rilascio, contestualmente alla sua compilazione. La trasmissione per via telematica
del certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, di cui ai commi ottavo e nono,
è effettuata utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Istituto assicuratore. I dati
delle certificazioni sono resi disponibili telematicamente dall’istituto assicuratore ai soggetti
obbligati a effettuare la denuncia in modalità telematica, nel rispetto delle disposizioni di cui
al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni”.
A tale riguardo, il Ministero della salute con circolare n. 7348 del 17 marzo 2016, ai fini
dell’individuazione dei soggetti tenuti all’obbligo dell’invio telematico dei certificati medici ha
chiarito il concetto di prima assistenza. Il riferimento a qualunque medico è necessariamente
da circoscrivere alla sola previsione di richiesta di intervento professionale che rientri in una
prestazione inquadrabile come “prima assistenza” intesa quale prestazione professionale
qualificata rientrante nell’ambito di procedure organizzative strutturate per fornire assistenza
medica, anche solamente di base”. Pertanto il Medico di Continuità Assistenziale ha l’obbligo
di munirsi delle credenziali per l’invio telematico di tali certificazioni (Allegati A e B).
La circolare ministeriale interviene anche in merito al termine dell’invio della certificazione
medica, stabilendo che l’obbligo si considera correttamente assolto ogni qualvolta la compi­
lazione del certificato e il relativo invio siano avvenuti entro le ore 24 del giorno successivo
all’intervento di prima assistenza nei termini su specificati.

Allegato A
ABILITAZIONE AI SERVIZI TELEMATICI PER MEDICI ESTERNI/PRESIDI OSPEDALIERI
Istruzioni per l’utilizzo del modulo
Il modulo deve essere utilizzato per la richiesta delle credenziali necessarie all’accesso al servizio di rilascio
della certificazione medica di Infortunio e Malattia Professionale.
La domanda di abilitazione potrà essere presentata alternativamente:
- Presso le sedi territoriali Inail allegando al modulo di richiesta compilato e firmato copia fronteretro del
documento d’identità in corso di validità.
- in via telematica, con le seguenti modalità:
- Utente in possesso di Carta Nazionale dei Servizi (CNS), credenziali Inps o credenziali dispo­
sitive Inail: dovrà utilizzare, per l’invio della richiesta, il servizio InailRisponde disponibile
nella sezione Contatti (o Supporto) del portale www.inail.it, utilizzando la categorizzazio­
ne “Prestazioni a tutela del Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed
autenticazione”.
- Utente in possesso di credenziali generiche (Cittadino generico o medico competente): dovrà
utilizzare, per l’invio della richiesta, l’apposito servizio online “Richiedi credenziali dispositive”
presente sul portale istituzionale www.inail.it, utilizzando la categorizzazione “Prestazioni a tutela del
Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed autenticazione”.
- Utente sprovvisto di credenziali: dovrà, prioritariamente, registrarsi come “Utente generico/Cittadino”
ed utilizzare, per l’invio della richiesta, l’apposito servizio online “Richiedi credenziali dispositive”
presente sul portale istituzionale www.inail.it, utilizzando la categorizzazione “Prestazioni a tutela del
Lavoratore – Assistenza ai servizi online – Registrazione ed autenticazione”.
L’Istituto, ricevuta la richiesta telematica, provvederà al rilascio delle credenziali. In caso di mancata
corrispondenza tra i dati anagrafici indicati nella domanda e quelli contenuti nel documento d’identità,
l’utente riceverà una mail/PEC informativa con indicati i motivi di rifiuto della richiesta di attribuzione
del proprio profilo. In caso di urgenza si consiglia di richiedere l’abilitazione alla sede Inail territoriale
più vicina. La domanda di abilitazione deve essere firmata e ad essa va allegata copia fronteretro del
documento d’identità in corso di validità.
Regole di riservatezza della password
È necessario adottare un comportamento di riservatezza per le credenziali di accesso al portale INAIL.
Non è consentito:
• Comunicare le credenziali di autenticazione (codice identificativo e password) o condividerle con altre
persone;
• Consentire a terzi l’accesso al servizio con le proprie credenziali utente;
• Accedere al servizio utilizzando le credenziali di un altro utente.
Problemi medico-legali 227

Allegato B

Alla sede INAIL di________________________

Pec__________________________________

Email_________________________________

OGGETTO: Richiesta di attribuzione “codice medico” e di abilitazione ai servizi online INAIL


per i medici esterni.

Il sottoscritto_____________________________Nato a _____________Prov.____

Il________________Residente in______________________________Prov.____

Via/Piazza_______________________________________N._____Cap________

Codice fiscale________________________Tel.___________Cell.*____________

Pec*_________________________________Email_______________________

CHIEDE

L’attribuzione del “codice medico” e l’abilitazione all’accesso ai servizi disponibili nella


sezione “Servizi online” del portale www.inail.it.
A tal fine, consapevole delle sanzioni previste dall’art. 76 del d.p.r. n. 445/2000 per le false
dichiarazioni, sotto la propria responsabilità

DICHIARA

Di essere iscritto all’albo dei medici chirurghi della provincia di____________al n.___
Il sottoscritto si impegna a comunicare tempestivamente alla competente sede INAIL il
venir meno anche di una sola delle condizioni cui è subordinata l’attribuzione del codice.
Allega alla presente domanda copia del documento di riconoscimento, in corso di validità.

data______________ Firma____________________________

*Campo obbligatorio
Tutela dei dati - Il richiedente dichiara di essere stato informato sulle modalità e finalità del trattamento dei dati ai
sensi dell’art. 13 del d.lgs. 196/2003. Ulteriori info: www.inail.it > privacy
Modulo aggiornato al 22/03/2016
228 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

La certificazione per la riammissione al lavoro


degli alimentaristi
Il medico di Continuità Assistenziale rilascia al lavoratore alimentarista apposita certi­
ficazione per la riammissione al lavoro dopo malattia (di qualsiasi natura) indicando nella
certificazione: l’assenza di condizioni morbose e segni clinicamente rilevabili di malattie
contagiose in atto controindicanti la ripresa dell’attività.
La clausola di cui al comma 3 dell’art. 47 del Contratto degli Alimentaristi (certificato
di non contagiosità) è stata aggiornata sulla base dell’evoluzione delle normative regionali,
che in alcuni casi sono intervenute nei confronti delle ASL prevedendo la soppressione, tra i
certificati medici da rilasciare ai sensi di legge, di quello di “non contagiosità” per gli addetti
all’industria alimentare, necessario ai fini della riammissione al lavoro degli alimentaristi
summenzionati dopo un’assenza, di durata superiore ai cinque giorni, per malattia.

La constatazione di decesso
Il medico di Continuità Assistenziale constata (diagnostica) l’avvenuto decesso indicando
le generalità del defunto, la data e l’ora della constatazione (es: si constata l’avvenuto
decesso del sig/ra …identificato mediante (documento) il giorno … alle ore… timbro e
firma del medico)
NON rientrano negli obblighi certificativi della Continuità Assistenziale:
1. Certificato di morte (redatto dal medico necroscopo)
2. Denuncia di causa di morte (MODULO ISTAT)
3. L’autorizzazione al trasporto della salma.

Modifiche al Testo Unico degli Stupefacenti (2014)


Con il Decreto legge 20 marzo 2014, n. 36 (pubblicato sulla G. U. n 67 del 21 marzo 2014)
sono state apportate alcune modifiche al Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90), a seguito
della sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale che ha ripristinato il sistema sanzionatorio
collegato agli illeciti relativi alle sostanze stupefacenti e psicotrope suddivise in quattro tabelle
(I e III sanzioni maggiori; II e IV sanzioni minori), che sono state aggiornate con i nuovi
inserimenti riportati nella sezione B della tabella I.
Per quanto riguarda i medicinali, è stata istituita una nuova tabella dei medicinali che
consente la completa continuità nella produzione, prescrizione, distribuzione e dispensazione
dei medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, con particolare riferimento alle
prescrizioni dei medicinali per la terapia del dolore e dei medicinali impiegati in corso di
trattamento per la disassuefazione degli stati di dipendenza. Le modalità di prescrizione e
di dispensazione restano, pertanto, invariate per tutte le terapie con medicinali a base di
stupefacenti, restano invariate anche le modalità di gestione dei medicinali da parte degli
operatori del settore farmaceutico.
Tutti gli stupefacenti e le sostanze psicotrope sono iscritti in cinque tabelle che vengono
aggiornate ogni qualvolta si presenti la necessità di inserire una nuova sostanza o di variarne
la collocazione o di provvedere ad una eventuale cancellazione.
I medicinali che usufruiscono delle modalità prescrittive semplificate sono inclusi
nell’Allegato III bis.
Nelle prime quattro tabelle, collegate al sistema sanzionatorio per gli usi illeciti, sono
elencate le sostanze stupefacenti e psicotrope poste sotto controllo internazionale e nazionale.
Problemi medico-legali 229

Nella tabella dei medicinali sono indicati i medicinali a base di sostanze attive stupe­
facenti e psicotrope di corrente impiego terapeutico ad uso umano o veterinario ed il regime
di dispensazione ad uso di medici, farmacisti e operatori del settore farmaceutico. In modo
sintetico le tabelle comprendono:
Tabella I
• Oppio e derivati oppiacei (morfina, eroina, metadone, ecc.)
• Foglie di Coca e derivati
• Amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs)
• Allucinogeni (dietilammide dell’acido lisergico - LSD, mescalina, psilocibina,
fenciclidina, ketamina, ecc.)
Tabella II
• Cannabis indica
Tabella III
• Barbiturici
Tabella IV
• Benzodiazepine
Tabella dei medicinali
Nella Tabella dei medicinali sono inserite le sostanze attive che hanno attività farmaco­
logica e pertanto sono usate in terapia e le relative preparazioni farmaceutiche.
La tabella originale è suddivisa in cinque sezioni indicate con le lettere A, B, C, D ed
E dove sono distribuiti i medicinali in relazione al decrescere del loro potenziale di abuso,
nelle tabelle originali è anche indicato il regime di dispensazione.
• Medicinali a base di morfina e sostanze analgesiche oppiacee
• Medicinali di origine vegetale a base di Cannabis
• Barbiturici
• Benzodiazepine (diazepam, flunitrazepam, lorazepam, ecc.)
Le tabelle sono aggiornate generalmente con Decreto ministeriale (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) ogniqualvolta se ne presenti la necessità,
cioè, ad esempio, quando:
• vengono modificate le liste delle sostanze classificate a livello internazionale come
stupefacenti o psicotrope
• una sostanza diventa oggetto di abuso
• qualche nuova droga viene immessa nel mercato clandestino
• quando viene registrato un nuovo medicinale ad azione stupefacente o psicotropa.
L’elenco di medicinali con forte attività analgesica che godono di particolari facilitazioni
prescrittive per il trattamento dei pazienti affetti da dolore severo costituisce l’Allegato III
bis al Testo unico degli stupefacenti:
• Buprenorfina • Metadone
• Codeina • Morfina
• Diidrocodeina • Ossicodone
• Fentanyl • Ossimorfone
• Idrocodone • Tapentadolo
• Idromorfone
230 L’esame obiettivo:
Disciplina della prescrizione
approccioealnote
casodiclinico
medicina legale

TABELLA A TABELLA E
ALFENTANILE CLORIDRATO ALPRAZOLAM
BUPRENORFINA CLORIDRATO AMITRIPTILINA CLORIDRATO/CLORDIAZEPOSSIDO
BUPRENORFINA CLORIDRATO/NALOXONE CLORIDRATO
CLORIDRATO DIIDRATO BROMAZEPAM
FENTANIL CITRATO BROMAZEPAM/PROPANTELINA BROMURO
FLUNITRAZEPAM BROTIZOLAM
KETAMINA CLORIDRATO BUXAMINA/
DIAZEPAM
METADONE CLORIDRATO
BUXAMINA/FENOBARBITAL/FENITOINA
METILFENIDATO CLORIDRATO
CLIDINIO BROMURO/CLORDIAZEPOSSIDO
MORFINA CLORIDRATO
CLOBAZAM
MORFINA CLORIDRATO/ CLONAZEPAM
ATROPINA SOLFATO
CLORAZEPATO DIPOTASSICO
NANDROLONE DECANOATO
CLORDIAZEPOSSIDO CLORIDRATO
PETIDINA CLORIDRATO
CLOTIAZEPAM
REMIFENTANIL CLORIDRATO CODEINA BROMIDRATO/EDERAGENINA
SUFENTANIL CITRATO DELORAZEPAM
DIAZEPAM
TABELLA B
DIAZEPAM/
DELTA-9-TETRAIDRO-CANNABINOLO/ ISOPROPAMIDE IODURO
CANNABIDIOLO DIIDROCODEINA RODANATO
SODIO OXIBATO DIIDROCODEINA/
ACIDO BENZOICO
TABELLA C ESTAZOLAM
ETIZOLAM
FENOBARBITAL
FENITOINA/METILFENOBARBITAL
FENOBARBITAL SODICO
FENITOINA/METILFENOBARBITAL/FENOBARBITAL
PENTAZOCINA LATTATO
FLURAZEPAM MONOCLORIDRATO
TABELLA D KETAZOLAM
LORAZEPAM
BUPRENORFINA LORMETAZEPAM
CODEINA BROMIDRATO/EDERAGENINA MIDAZOLAM CLORIDRATO
DELORAZEPAM NITRAZEPAM
DIAZEPAM NORDAZEPAM
FENTANIL OCTATROPINA METILBROMURO/DIAZEPAM
FENTANIL CITRATO OTILONIO BROMURO/DIAZEPAM
IDROMORFONE CLORIDRATO OXAZEPAM
LORAZEPAM PARACETAMOLO/CODEINA FOSFATO
MIDAZOLAM CLORIDRATO PINAZEPAM
MORFINA SOLFATO PRAZEPAM
OXICODONE CLORIDRATO PROPIFENAZONE/BUTALBITAL/
OXICODONE CLORIDRATO/NALOXONE CLORIDRATO CAFFEINA
DIIDRATO TRIAZOLAM
OXICODONE CLORIDRATO/PARACETAMOLO TRIMEBUTINA/MEDAZEPAM
PARACETAMOLO/CODEINA FOSFATO ZALEPLON
PENTETRAZOLO/DIIDROCODEINA RODANATO ZOLPIDEM TARTRATO
TAPENTADOLO CLORIDRATO ZOPICLONE
COMUNICAZIONE
E COUNSELING
La comunicazione
tra medico e paziente
⊲  F. Napoleone  ⊲  S. Marras

La sfida della comunicazione per stabilire una relazione


“Originariamente le parole erano magie e, ancor oggi, la parola ha conservato molto del
suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice l’altro o spingerlo alla
disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli allievi, con le parole
l’oratore trascina con sé l’uditorio e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano
affetti e sono il mezzo comune con il quale gli uomini si influenzano tra loro” (Sigmund Freud).
Perché privarsi di uno strumento che può aggiungere o sottrarre efficacia e rapidità
di azione alle soluzioni mediche che possiamo proporre nel contesto della Continuità
Assistenziale?

Le premesse per una corretta relazione comunicativa


La parola comunicare deriva da “cum-munus” e significa “mettere in comune”; in termini
“attuali” possiamo tradurre col termine “condividere”. Di conseguenza, quando un paziente
cerca di comunicarci qualcosa egli condivide con noi il suo vissuto, noi lo elaboriamo alla
luce delle nostre conoscenze scientifiche, e infine condivideremo con lui le possibili soluzioni.
È da sottolineare che nel processo della condivisione chi vi partecipa non attribuisce ai
contenuti condivisi lo stesso significato. La stessa parola per ognuno di noi può veicolare
contenuti emozionali diversi e talora anche significati semantici diversi.
Persino il silenzio è comunicazione e anch’esso può nascondere significati diversi a
seconda del contesto.

I primi 30 secondi
Il setting della Continuità Assistenziale è particolarmente delicato. Innanzitutto non si
conosce il grado di sensibilità emotiva e il vissuto sociale del paziente, in secondo luogo il
contesto può variare da caso a caso, perché il contatto può essere telefonico, con o senza
il tramite di una centrale operativa, può avvenire al domicilio del paziente o direttamente
in ambulatorio.
I primi trenta secondi della relazione col medico sono condizionati da quanto percepito
dai sensi del paziente. Molti pensano: “Chi sta realmente male non dovrebbe lasciarsi
condizionare dall’aspetto, ma badare alla sostanza!”. Benché tale affermazione per certi
versi appaia comprensibile, nei fatti non lo è!
Sotto il profilo biologico infatti tutti gli animali (uomo compreso) immessi in un nuovo
contesto hanno pochi secondi per comprendere se ciò che hanno davanti rappresenta o meno
una minaccia per la propria vita e, per farlo, ricorrono ai propri sensi, allontanandosi così
da tutto ciò che appare pericoloso o percepito come “non buono” (reazione di attacco-fuga).
Quindi anche l’uomo, attraverso i propri sensi cerca tutte le informazioni non rassicuranti.
Il Medico di Guardia Medica non può scegliere il proprio setting (ambulatorio o ambiente
di lavoro). Per migliorare la comunicazione bisogna necessariamente lavorare al meglio
sugli altri elementi modificabili in modo che il proprio aspetto sia congruo con il ruolo che
si riveste: se il contesto lo permette un bel sorriso non guasta, ma non un sorriso accennato
con le labbra, un sorriso vero con tutti i muscoli del volto, viceversa in un clima di sofferenza
La comunicazione tra medico e paziente 233

come durante una constatazione di decesso è meglio conformare il proprio volto a quello
dei nostri interlocutori.
Il nostro sguardo deve poi mirare agli occhi del paziente con modo non inquisitorio ma
benevolo, la voce deve avere un tono calmo e non esitante; i toni alti vanno usati preferibil­
mente nelle domande, mentre quelli bassi nelle prescrizioni/raccomandazioni/indicazioni.
Questi piccoli accorgimenti possono migliorare sensibilmente le reazioni del paziente nei
nostri confronti, stimolando la fiducia nel nostro operato e favorendo la sua compliance
alle nostre indicazioni.
Anche l’abbigliamento è importante: è la prima cosa che un individuo vede del proprio
interlocutore. I messaggi che l’abbigliamento invia riguardo a sesso, status sociale, ecc.
mettono colui che si relaziona con gli altri in condizione di adattare il proprio comportamento
alle circostanze molto prima, ad esempio di quanto lo permettano l’analisi dell’espressione
del viso o del modo di parlare.
La comunicazione del medico nei confronti del paziente affinché possa essere efficace
in termini di assertività - lo vedremo nei paragrafi successivi - deve essere coerente in
tutti i suoi aspetti, verbale e non verbale; tutto deve essere allineato e comunicare lo stesso
messaggio. Importante infine è la gestione degli spazi, cioè una adeguata gestione della
distanza tra il paziente ed il professionista (prossemica), di cui si parlerà più avanti, e delle
eventuali barriere (monitor del pc, ecc.) che vi si frappongono.

L’ascolto
Durante la visita medica l’ascolto è fondamentale: una buona capacità d’ascolto è il
miglior investimento che possiamo fare per stabilire una buona relazione. Dobbiamo però
opportunamente distinguere tra l’ascolto tecnico finalizzato alla diagnosi che ovviamente fa
già parte della nostra attività quotidiana e l’ascolto attivo finalizzato alla comunicazione.Il
saper ascoltare si traduce nel prestare attenzione non solo al contenuto razionale ma anche
a quello emotivo della comunicazione. Tale attività è caratterizzata dai seguenti elementi:
–– dare feedback al paziente attraverso la richiesta di chiarimenti, la mimica e la postura;
–– osservare una descrizione non valutativa del comportamento evitando stereotipi, pre­
giudizi, attenendosi ai fatti senza interpretarli e giudicarli;
–– osservare il linguaggio del corpo del paziente contestualizzandolo rispetto al riferito;
–– notare il tipo di canale sensoriale utilizzato nelle descrizioni (visivo, cinestetico o uditivo)
in modo da poterlo usare nella fase di rispecchiamento di cui si parlerà dopo;
–– è importante infine che il contatto visivo, sia condiviso e non invasivo; esso infatti è un
elemento comunicativo molto intimo tra due persone.

La comunicazione verbale
Rappresenta l’insieme di parole e scelte lessicali che l’uomo utilizza per comunicare,
può essere parlato o scritto ed è la parte che solitamente si tende a controllare nel contesto
comunicativo attraverso la scelta della terminologia che si ritiene essere più appropriata
in uno specifico contesto.
Spesso è ricco di termini tecnici non comprensibili a tutti, altre volte ascoltiamo i pazienti
utilizzare gli stessi tecnicismi in modo però errato. Più spesso osserviamo come attraverso
la nominalizzazione di un sintomo e la sua generalizzazione lo stesso sintomo assume la
connotazione di malattia (ad es. un episodio di vomito privo di resti alimentari diventa per il
paziente vomito biliare o una singola scarica diarroica viene riferita come dissenteria, ecc.).
Va rilevato che il linguaggio verbale, come dimostrato dagli studi condotti già negli anni
’70 da Albert Mehrabian, nella sua componente semantica rappresenta soltanto il 7% del
processo di comunicazione.
234 L’esame obiettivo:
Comunicazione e counseling
approccio al caso clinico

Le modalità di comunicazione sono però molte e va precisato che questa affermazione


non è applicabile nel caso di un testo. Qui il significato semantico è dominante. Ed oggi, con
il largo uso che si fa di e-mail, sms, messaggi WhatsApp, ecc., la comunicazione testuale
è sicuramente divenuta molto frequente.
Nel caso del colloquio telefonico il significato del processo di comunicazione è affidato in
parte alla componente verbale ed in altra parte a quella paraverbale (tono, ritmo della voce).
Infine, nelle forme di comunicazione mediate da strumenti elettronici come videoconfe­
renza o Skype ritroviamo tutte le componenti: verbale, paraverbale ed il linguaggio del corpo.

La comunicazione analogica non verbale


Abbiamo già visto come solo una piccola parte della comunicazione sia affidata al
significato delle parole, mentre gran parte di essa è correlata al linguaggio non verbale. In
esso distinguiamo il linguaggio del corpo e quello paraverbale. Dato lo spazio disponibile
limiteremo la trattazione della comunicazione non verbale ad alcuni elementi che con
maggiore frequenza si riscontrano nel corso del consulto medico.

Cosa possiamo notare attraverso il linguaggio del corpo?


È sicuramente meno facile da controllare rispetto alla comunicazione verbale, lascia
filtrare contenuti profondi, è semplice, immediato, sintetico e rafforza (o contraddice)
il linguaggio verbale. La comunicazione non verbale può esistere anche in assenza di
comunicazione verbale, poiché, in alcuni contesti, può trasmettere messaggi altrettanto
significativi ed in particolare, durante le fasi di ascolto attivo, può offrire dei feedback al
nostro interlocutore. La comunicazione non verbale comprende:
• La prossemica ovvero lo spazio o distanza che intercorre tra le persone in comu­
nicazione tra loro. Ovviamente minore è la distanza tra due persone, maggiore è la
relazione di intimità che esiste tra loro. Nel corso di un consulto medico tale elemento
è variabile e condizionato da alcune necessità operative ad esempio l’esame obiettivo
(0.35 cm). Si distinguono (Hall) una distanza intima (0-40 cm), una distanza personale
(35-100 cm), una distanza sociale (1-3 mt) e una distanza pubblica (dai 3 mt in su).
• L’atteggiamento tenuto nel corso del racconto anamnestico:
–– ad esempio possiamo notare la direzione dello sguardo: il paziente con lo sguardo
verso il basso è spesso imbarazzato, con difficoltà a riferire, paziente che si guarda
intorno, soprattutto se guarda attraverso porte o finestre, ci comunica che è in
cerca di una via di fuga magari dopo una domanda;
–– è poi possibile apprezzare l’andatura che può essere distesa o scomposta o gli
atteggiamenti come quello della schiena curva, come se a curvarla ci fosse un
peso di cui il paziente vuole liberarsi.
• La mimica caratterizzata da tensione muscolare oppure rilassamento dei muscoli
del volto, l’analisi del sorriso, i movimenti delle sopracciglia, ecc.
• La gestualità (cinetica): i gesti possono essere emblematici e sostituire la parola;
descrittivi, che arricchiscono di senso la parola; di regolazione dei comportamenti
dell’interlocutore (es. assenso o dissenso); di adattamento alla situazione, per
dominare i propri stati d’animo o le emozioni.
È importante osservare che un comportamento va sempre valutato nella sua interezza
ed in particolare cercando di verificare che sia allineato il linguaggio verbale e paraverbale
e in questo modo scopriremo che, ad esempio, non sempre chi incrocia le gambe ha un
atteggiamento di chiusura evitando così di generalizzare in modo errato i comportamenti.
La comunicazione tra medico e paziente 235

Cosa possiamo notare nel linguaggio paraverbale?


I segni paralinguistici o paraverbali appartengono allo stile personale espressivo tipico
di ogni persona, tuttavia sono in grado di indicare l’umore, stati d’animo e intenzioni
dell’individuo.
La melodia di una frase, così come le differenti intonazioni consentono di riconoscere
se una frase è interrogativa, esclamativa, imperativa, ironica, ecc. e, insieme al linguaggio
del corpo e a quello verbale, trasmettono con maggiore efficacia il messaggio che vogliamo
comunicare al nostro interlocutore e ci aiutano a dare risalto ad un concetto piuttosto che
ad un altro. Questa componente insieme con il linguaggio verbale rappresenta una delle
principali modalità di comunicazione nel contesto della Continuità Assistenziale. Infatti
in questa specifica attività il primo contatto con il paziente è frequentemente telefonico,
quindi privo del supporto fornito dal linguaggio del corpo. Quindi la giusta scelta lessicale
e l’adeguato uso del linguaggio paraverbale possono essere fondamentali per stabilire una
buona relazione di contatto e anche di cura.
Tra le principali caratteristiche del linguaggio paraverbale possiamo notare:
• Ritmo. Può essere caratterizzato da pause nell’eloquio che danno una sensazione di
affaticamento nell’iniziare una frase, tipico di chi è stanco fisicamente e/o emotiva­
mente, oppure al contrario dall’assenza di pause. In quest’ultimo caso generalmente si
tratta di persone molto focalizzate sulla immediata risoluzione delle proprie necessità.
• Volume. Potrà essere basso come nel caso di chi non ritiene di avere molte scelte
oppure alto come quello di chi teme di non essere ascoltato mai abbastanza o
di non essere compreso.
• Tono. È un indicatore dell’intenzione comunicativa, del senso che si vuole dare
a quanto si dice: tono interrogativo, tono riflessivo, tono sfidante, ecc.
• Espressioni sonore intenzionali o automatiche quali: sospirare, sbuffare, tossire.

Errori comuni nel processo di comunicazione


Tra i comuni errori che sono alla base di cattive interpretazioni del messaggio e sono
quindi da evitare durante un processo di comunicazione ci sono gli atteggiamenti o i discorsi
ambigui, le allusioni, il parlare a qualcuno perché il messaggio giunga a terzi, ecc.
Le generalizzazioni (“succede sempre che…”, “tutti…”, “mai una volta che…”, “va
sempre nello stesso modo”) andrebbero evitate. Non sono ovviamente sbagliate in senso
assoluto ma sicuramente non contribuiscono a creare una relazione efficace.
Va aggiunto che anche se spesso utilizziamo alcuni termini in modo completamente
inconscio, evochiamo con essi, nelle persone, delle emozioni. L’utilizzo di alcuni termini evoca
sicuramente delle emozioni negative che in alcuni contesti è sicuramente utile evitare. Molte
di queste parole sono ovviamente correlabili ai singoli contesti ed alla soggettiva sensibilità
del paziente e dell’operatore.

La comunicazione assertiva
L’assertività (dal latino “ad serere” che significa “asserire” o anche affermare sé stessi)
è una modalità di comunicazione che permette di conseguire in maniera efficace risultati
positivi, suscitando nell’interlocutore simpatia, autorevolezza e leadership. Ciò che soprat­
tutto caratterizza il comportamento assertivo è la capacità di affermare i propri punti di
vista, senza prevaricare né essere prevaricati, con estrema chiarezza e nel rispetto degli altri.
La premessa fondamentale per sviluppare leadership nelle relazioni interpersonali è la
capacità di essere chiari nell’esporre i concetti e i contenuti di ciò che si desidera comunicare.
La mancanza di chiarezza e di obiettivi precisi nei confronti del proprio interlocutore pone
lo stesso nella condizione di attribuire un significato arbitrario alla comunicazione, che agli
236 L’esame obiettivo:
Comunicazione e counseling
approccio al caso clinico

occhi del paziente appare come una sorta di autorizzazione ad agire d’impulso o secondo
le proprie convinzioni o percezioni del momento, decidendo per esempio se, quando e come
assumere un farmaco. L’assertività, inoltre, permette di impostare relazioni equilibrate ed
efficaci creando uno spirito positivo e costruttivo con l’interlocutore: in altre parole, cementa
il rapporto fiduciario con il paziente e promuove l’alleanza terapeutica. Quindi possiamo
affermare che le premesse fondamentali ad una comunicazione assertiva sono:
–– simpatia, autorevolezza e leadership
–– chiarezza del messaggio
–– capacità di impostare relazioni sincere ed equilibrate
–– capacità di gestire la conflittualità
–– promozione dell’alleanza terapeutica.

Strategia di comunicazione
Spesso nel corso della nostra attività ci capita di dover dire “NO” per diverse ragioni,
in primis ci viene richiesta una prestazione che non è possibile erogare spesso perché
contraria alla normativa vigente. Nascono talora momenti in cui gli animi si surriscaldano
e si favoriscono malintesi e contenziosi. Talvolta anche quando dobbiamo persuadere un
paziente ad effettuare dei controlli specialistici, oppure a seguire in modo attento la tera­
pia prescritta si sviluppano contrasti e tensioni. In questo ultimo paragrafo esamineremo
alcuni tecniche che possono aiutarci nei contesti appena descritti, si tratta di accorgimenti
molto utili che, se correttamente applicati, possono ridurre (si spera!) l’escalation durante
un’animata discussione.
1. Il NO empatico: Dire NO in modo empatico significa comprendere le difficoltà del
nostro interlocutore senza cedere alla sua richiesta. Anche qui è utile che nel dire
“no” tutti i sistemi di comunicazione disponibili debbano essere coerenti: il corpo
sarà partecipativo (es. si scuote la testa lateralmente, con mimetica dispiaciuta)
e il tono della voce dispiaciuto, ma fermo e deciso. Dobbiamo utilizzare la stessa
modalità con cui ad es. decliniamo l’invito a cena di un amico dicendo “Ti ringrazio
dell’invito, mi fa molto piacere averlo ricevuto ma non posso venire perché ho già
altri impegni”.
2. Il NO ragionato: Si nega qualcosa indicando in modo chiaro le ragioni del rifiuto. Se
le ragioni non sono una scusa il messaggio è onesto anche se non empatico. Es. “Ti
ringrazio dell’invito, ma ho del lavoro urgente da sbrigare…”.
3. Il disco rotto. È una forma di difesa efficace quando l’interlocutore pretende di far
cambiare opinione al soggetto a tutti i costi tentando di manipolarlo. Consiste nel
reiterare più volte il proprio punto di vista, senza cambiare né le parole, né tanto meno
la qualità dell’eloquio, così come fa un vero e proprio disco rotto, es. - Dottore posso
evitare di prendere la compressa qualche volta? - Il medico potrebbe rispondere: -
Mi dispiace, capisco il suo bisogno di prendersi una pausa dalla terapia, ma deve
assumere il farmaco in modo corretto e quindi sempre – quest’ultima affermazione
può essere ripetuta più volte nella stessa modalità ad ogni tentativo manipolativo
del paziente.
4. L’asserzione negativa. In presenza di un atteggiamento manipolativo ammettiamo
il nostro errore quando c’è, senza provare ansia. Ciò oltre a essere prova di onestà
intellettuale non sminuisce la nostra immagine personale, anzi l’aumenta, ci evita
di rispondere in modo aggressivo o passivo e tende a ridurre o estinguere l’animosità
nei nostri confronti. All’asserzione negativa potrà seguire l’inchiesta negativa.
5. L’inchiesta negativa. Consiste nel fare delle domande finalizzate a chiarire il conte­
nuto di una critica che viene fatta dall’interlocutore epurando dal significato emotivo
la critica ed eventualmente rinnovando il diniego alla richiesta.
APPROFONDIMENTI
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Indice analitico
240 Indice analitico

A Aneurisma dissecante dell’aorta, 28


Angina pectoris, 27, 136
A.L.S., 155 Anoressia, 39, 70, 79
A.S.O., 137-139 Antiacidi, 28, 30
Abuso sessuale, 77, 78 Antibiotici, 16, 17, 40, 45, 51, 56, 57,
Accidenti cerebrovascolari, 97, 105 60, 63, 87, 92, 117, 118, 122, 142-
ACE-inibitori, 125 145, 177, 182, 217
Acetazolamide, 119, 128 Antibiotico-resistenza, 16, 92
Acetilsalicilato di Lisina, 108 Anticoagulanti orali (AO), 133, 176-178
Acetossietilcefuroxima, 16 Antidoto, 52, 163, 164, 166
Aciclovir, 51, 52, 57, 87, 127, 128 Antiistaminici, 54, 57, 103
Acido, 3, 14, 17, 42, 47, 51, 55, 57, Antinfiammatori, 3, 11, 14, 69, 110,
73, 108, 118, 122, 127, 132, 143, 143, 181
154, 174, 175, 178, 229, 230 Antipiretici, 3, 14, 15, 60, 87, 102,
- fusidico, 47, 51, 55, 57 142, 143, 188
- tranexamico, 3, 42, 78, 154, 178 Apixaban, 178
ACN, 6, 192, 197-199, 201, 203, 212, APP, 188, 211
215, 224 Appendicite acuta, 70, 74, 90
Acufeni, 63, 125, 127, 128 Aritmie ipercinetiche, 32, 34-37, 60,
Addome acuto chirurgico, 64, 66, 67, 98, 103, 160, 165
75, 79 Arresto cardiaco, 32, 153, 155, 158,
Adrenalina, 3, 19, 34, 48, 49, 160 160
Agitazione, 12, 40, 42, 60, 64, 88, 104, ASA, 14, 29, 69, 105, 143, 146, 177
106, 135, 137, 138, 162 ASA/acido ascorbico, 14
Alcool piperidinpropilico, 110 Asma, 18, 20, 45, 119, 141, 145-150
Algeldrato, 30, 69, 110 Assistiti SASN, 216, 217
Algie pelviche, 77, 78, 81, 86 Astenia, 10, 29, 31, 35, 38, 39, 48, 63,
Allegato III bis, 219, 228, 229 81, 106, 123
Allopurinolo, 175 ATLS (Advanced Trauma Life Support),
161, 163
Alluminio idrossido, 30, 110
Atropina, 3, 40, 165, 166, 230
Aloperidolo, 43, 44, 104, 135, 137,
138 Attacco acuto di glaucoma, 63, 107,
119, 120, 179
Amfetamina, 33, 165, 229
Avanafil, 183
Aminofillina, 63, 148, 149
Avvelenamenti, 49, 163, 164
Aminoglicosidi, 121
Azitromicina, 16, 87, 129, 143-145
Amiodarone, 160, 177
Amitriptilina, 52, 230
Amlodipina, 33 B
Amoxicillina, 16, 17, 53, 57, 85, 87,
92, 129, 130, 143, 177 B.L.S., 155
Amoxicillina/ac. clavulanico, 16, 17, Baclofene, 44, 128
53, 85, 87, 143 Bagni freddi, 15
Ampicillina, 16 Beclometasone, 46, 144, 149, 181
Ampicillina/sulbactam 130 Beclometasone/Formoterolo, 149
Analgesici, 14, 25, 73, 75, 85, 91, 125, Benzilpenicillina, 87
130, 132, 143, 177, 182, 219 Beta2-agonisti, 144
Indice analitico 241

Betametasone, 3, 19, 40, 48, 50, 51, Certificazione per la riammissione al


57, 128, 130, 146 241
lavoro degli alimentaristi, 197, 224,
Bicarbonato di sodio, 166 228
Bifonazolo, 49, 57, 68 Cervicobrachialgia, 97, 110, 112
Bilastina, 18, 54 Cetirizina, 18, 48, 50, 54, 57, 87, 124
Bradicardia, 35, 36, 103, 104 Cheratite erpetica, 118
Brivudina, 52 Cheratosi solare, 57
Bronchiolite, 141, 144 Chetoacidosi diabetica, 58, 59, 136
Bronchiti, 17, 32, 88, 142, 143, 146 Chinolonici, 17, 125
Broncopolmoniti, 142, 146 Ciclopiroxolamina, 49
Budesonide, 144, 149 Ciprofloxacina, 17, 91, 117, 118, 122,
177, 181
Budesonide/Formoterolo, 144, 149
Cistite acuta, 90, 91
Buprenorfina, 3, 229, 230
Cistite non complicata, 17, 91
Butilbromuro, 66, 74
Claritromicina, 16, 17, 53, 57, 122,
143, 144, 177, 217
C Classificazione delle ferite, 172
Clindamicina, 130
Calazio, 116, 117 Clinostatismo, 28, 30, 69
Calcipotriolo, 50, 57 Clobetasone, 48
Calendario vaccinale per la vita, 184 Clopidogrel, 132
Carbamazepina, 52, 109, 177 Clorfenamina, 18, 48, 57
Cardiopalmo, 33, 35, 60 Clorpromazina, 43-45
Caregiver, 10, 12 Codeina, 25, 94, 110, 178, 229, 230
Causticazioni corneo-congiuntivali, 117 Colangite, 73, 74
Cefaclor, 16, 17 Colchicina, 30, 175
Cefalea, 2, 3, 33, 63, 81, 95, 97, 100, Colecistite acuta, 73, 74
101, 103, 105-108, 123, 142, 188- Colica, 40, 61, 63, 65, 70, 73, 74, 90-
190, 224 92, 132, 224
Cefalea da ipertensione endocranica, Colica renale, 63, 90-92, 132, 224
107
Colite ischemica, 66, 72
Cefalea da sindrome meningea, 107 Colpo di frusta, 109
Cefalea primaria, 107 Coma, 58, 59, 95, 97-99, 101, 108,
Cefalee secondarie a lesione cerebrale, 156, 162, 165
107 Coma chetoacidosico, 59
Cefalosporina, 85 Coma ipoglicemico, 58, 99
Cefalosporine, 16, 20, 87, 144 Complicanze emorragiche, 178
Cefditoren, 16, 143, 144 Complicazioni di traumi cranici, 97, 106
Cefixima, 16, 17, 129, 143, 144, 209 Compressioni/ventilazioni, 158
Ceftazidima, 75, 144 Compromissione dello stato di
Ceftriaxone, 75, 144, 182 coscienza, 97, 98
Centri antiveleni, 138, 166 Comunicazione, 12, 16, 95, 153, 195,
Certificato medico di infortunio o 205, 212, 214, 231-236
malattia professionale, 225 - analogica, 234
Certificazione di malattia online, 225 - assertiva, 235, 236
Certificazione INAIL, 225 - verbale, 5, 8, 12, 97, 155, 233-235
242 Indice analitico

Conati di vomito, 26 Denuncia, 64, 82, 145, 152, 197, 214,


Constatazione di decesso, 197, 224, 215, 225, 226, 228
228, 233 Denuncia di reato, 214
Consulto telefonico, 212, 213 Dermatite allergica da contatto, 51
Contraccezione di emergenza, 80-82 Dermatite seborroica, 49, 57
Conversione degli oppioidi, 41 Dermatiti da celenterati (meduse
Convulsioni febbrili, 15, 87, 106, 188, attinie), 47
190 Dermografismo, 103
Coronaropatia, 26, 27 Desametasone, 39, 40, 43
Corpi estranei, 77, 86, 94, 116, 117, Desloratadina, 18, 124
123, 126, 127, 141, 159, 161, 162,
Destrometorfano, 145
167
Dexketoprofene trometamolo, 80, 91,
- nasali, 123, 126, 127, 141, 153
111
- nel condotto uditivo, 125, 126
Dexketoprofene/tramadolo, 14, 25, 90,
Cortisonici, 15, 18, 43-45, 48, 49, 51,
110
57, 69, 72, 103, 118, 119, 143, 144
Diabete, 8, 19, 26, 56, 58-60, 63, 67,
Coscienza, 12, 31, 35, 45, 59, 80, 95,
73, 93, 95, 107, 111, 130, 143, 182
97-102, 106, 107, 136, 137, 141,
148, 155, 157, 164, 168, 212 Diabete mellito, 26, 60, 73, 182
Costocondralgia, 28 Diarrea, 7, 17, 34, 38, 44, 60, 61, 63,
Coxartrosi, 112 65-68, 70, 74, 89, 129, 188-190,
224
Crisi, 15, 29, 33, 35, 41, 58-60, 71,
74, 80, 83, 95, 97, 98, 101, 102, Diastasi delle suture, 64, 103
104, 106, 109, 132, 136, 137, 145, Diazepam, 3, 15, 42, 44, 45, 62, 102,
146, 148, 224 110, 128, 135, 229, 230
- ipertensiva, 29, 33 Diclofenac, 3, 14, 25, 49, 50, 57, 74,
- ipertensiva in gravidanza, 33 80, 90, 94, 108, 110, 111, 181
- maniacale, 137 Digossina, 3, 36
- psicotica, 137 Diidrocodeina, 45, 154, 229, 230
- tireotossica, 58, 60 Diidrocodeina/pentetrazolo, 154
Crisi d’ansia, 136 Dimeticone, 30, 110
Crisi epilettica, 95, 97, 98, 101, 102, Diminuzione o perdita improvvisa della
104, 106 vista, 120
Crisi epilettiche post-traumatiche, 106 Diosmectite, 66
Crisi ipoglicemica, 58, 59 Disfunzione erettile, 182, 183
Cruralgia, 97, 107, 111, 112 Dismenorrea, 78-80, 86
Cure palliative, 38, 45 Dispnea, 26, 28, 29, 31, 33-35, 38-41,
108, 109, 141, 142, 144-146, 149,
152, 153
D
Dissezione aortica, 29, 30, 33
Dabigatran, 178 Distorsioni, 217
Dacriocistite acuta, 117 Disturbi del ritmo, 34
Decontaminazione, 164 Diverticoli colici, 72
Decreto-legge 20 marzo, 217, 228 Dolore addominale, 40, 44, 61-64, 66-
Deficit neurologico focale, 97, 104, 105 68, 70-75, 78, 79, 81, 109, 154, 189
Deflazacort, 19, 91 Dolore cervicale, 97, 107, 109
Indice analitico 243

Dolore della superficie anteriore del Errore certificativo, 213


tronco, 97, 107, 111 243
Errore di valutazione, 213
Dolore precordiale, 26, 30 Errore diagnostico, 213
Dolore sovrapubico, 91 Errore operativo, 213
Dolori peristaltici, 73 Errore terapeutico, 213
Domperidone, 39, 63 Esantema, 87-89, 190
Doxiciclina, 125, 143, 182 Esofagite da reflusso, 69
Esomeprazolo, 3, 30, 69, 70, 110
E Estroprogestinici, 152
Extrasistoli, 34-37
Eczema, 50-52, 57, 88
Edema palpebrale, 116, 117 F
Edema polmonare acuto, 26, 31
Edoxaban, 178 Famciclovir, 52
Eiaculazione precoce, 183 Familiari, 4, 8, 11, 38-40, 45, 100,
Eloquio, 95, 105, 148, 235, 236 106, 107, 137-139, 163, 164
Ematemesi, 34, 42, 63, 68, 154 FANS, 11, 12, 14, 20, 24, 25, 30, 40,
Ematocolpo, 78, 79 41, 56, 63, 65, 68, 69, 73, 75, 80,
90, 108, 110, 111, 132, 134, 175,
Ematoma subdurale cronico, 106
178, 182
Ematometra, 78, 79
Farmaci in gravidanza, 86
Embolia polmonare, 10, 28, 31, 35,
Fecaloma, 43, 44, 66, 71
136, 141, 152, 153
Fenobarbital, 230
Emicrania con e senza aura, 97, 107,
108 Fenomeno di Raynaud, 132
Emoperitoneo, 70, 78, 79 Fentanil, 42, 230
Emorragia dopo tonsillectomia, 126 Fermenti lattici, 66, 75, 92
Emorragia subaracnoidea (ESA), 90, Fibrillazione atriale, 34-37, 131
91, 95, 98, 99, 105, 106, 121-123, - cronica, 17, 24, 29, 32, 44, 49, 54,
148, 185, 186 65, 67, 68, 72, 73, 75, 84, 87, 106,
131, 143, 144, 146, 149, 174, 180,
Emorroidi, 76, 77, 86
182, 207-209, 221
Emottisi, 42, 68, 152, 154
Fibroma uterino, 78, 86
Enantema, 88
Finasteride, 181
Enoxaparina, 133, 153
Fluconazolo, 49, 177
Enuresi notturna, 8
Flumazenil, 100, 164, 166
Eosina, 51, 57
Flunitrazepam, 220, 229, 230
Eparina a basso peso molecolare, 153
Fluocinolone/ketocaina, 76
Epididimite, 180-182
Fluorometolone, 119
Epiglottite acuta, 130
Fluticasone, 124, 144, 149
Epilessia, 63, 107 Fluticasone furoato/Umeclidinio/
Epistassi, 42, 127, 178
Vilanterolo, 144
Ergotamina, 109
Fluticasone furoato/Vilanterolo, 144,
Eritromicina, 177
149
Ernia jatale, 28, 30 Fluticasone propionato/Salmeterolo,
Ernie, 62, 63, 72 144, 149
Ernie strozzate, 72 Flutter atriale, 36, 37
244 Indice analitico

Fondaparinux sodico, 133 Impetigine, 52, 57


Forme associative funzionali, 195 Indometacina, 30, 109, 175
Frattura del pavimento orbitario, 117 Infarto miocardico acuto, 27, 29, 63
Frequenza cardiaca, 6, 7, 28, 31, 35, Infarto renale, 93
60, 77, 100, 103, 141, 148, 165 Infiammazione pelvica, 78, 86
Frovatriptan, 109 Ingenolo mebutato, 50
Fumo, 26, 69, 77, 129, 133, 182 Inibitori di pompa protonica, 30, 69,
Funzioni vitali, 95, 98, 99, 102, 104, 70, 110
155 INR (standard internazionale), 176-177
Furosemide, 3, 32, 33, 39, 40, 42 Intossicazione, 63, 64, 67, 95, 99, 100,
103, 107, 108, 136, 163
G - da benzodiazepine, 100
- da monossido di carbonio, 107
Gastrite, 63, 69 Invaginazione intestinale, 67, 71, 189
Gastroduodenite, 69 Ioscina butilbromuro, 66, 74
Gentamicina, 57, 177 Ipercolesterolemia, 26
Ghiaccio, 30, 40, 46, 48, 188 Ipertensione arteriosa, 19, 26, 30, 84,
Glasgow Coma Scale, 97, 98, 162 92, 93, 95, 107, 109
Glomerulonefrite acuta, 92 Iperuricemia cronica con deposito di
Glucagone, 58 cristalli di urato monosodico, 174
Gotta, 91, 93, 111, 174, 175 Ipnoinducente, 11
Grande male, 101, 102 Ipoglicemia, 10, 58, 136
Gravidanza ectopica, 78, 79 Ipopion, 116
Ipotensione, 12, 26, 28-31, 33-36, 63,
65, 72, 75, 84, 94, 104, 108, 132,
H 158, 172
Ipotermia, 163, 165, 168
Herpes simplex, 51, 57
Herpes zoster, 52, 111, 185, 186 Ipouricemizzante, 175
Ipratropio, 151
Iridociclite, 119
I Ischemia acuta degli arti inferiori, 131
Itraconazolo, 49
Ibuprofene, 14, 15, 30, 80, 85, 91,
102, 108, 110, 121, 129
Ictus, 95, 99, 105, 152 K
- emorragico, 50, 63, 95, 105, 126,
162
Ketoprofene, 108, 110, 111
- ischemico, 95, 105
Ketorolac, 14, 52, 90, 94, 110, 177
Idrocodone, 229
Idrocortisone, 60, 84, 122
Idromorfone, 229, 230 L
Idrossizina, 43, 54
Ileo, 62, 63, 71, 73, 79 L.A.S.A., 210, 211
- meccanico, 62, 71, 73, 109 LABA, 144, 146, 149
- paralitico, 62, 63, 71 Lansoprazolo, 42, 69, 70
Imiquimod, 50 Laparoceli, 62
Indice analitico 245

Laringite acuta, 128 Melena, 66, 69


245
Lasègue, 96 Meperidina, 25, 99
Lassativi, 11, 12, 65 Mepivacaina, 49, 169
Lattulosio, 44, 76 Metadone, 25, 229, 230
Lesioni vescicolose, 50, 57 Metadoxina, 104
Levofloxacina, 17, 91, 125, 177, 181, Metamizolo, 15, 42, 102
182 Meteorismo, 62
Levonorgestrel, 80, 81 Metilergometrina, 3
Levosulpiride, 30, 44, 70 Metilfenidato, 230
Lidocaina, 3, 47, 57, 76, 122, 169, 183
Metilprednisolone, 19, 55
Lidocaina/prilocaina, 47, 57, 183
Metoclopramide, 3, 39, 42-44, 63,
Linee guida GINA, 148, 149 109, 128
Litiasi biliare, 63, 73 Miconazolo, 40, 68, 177
Livello essenziale di assistenza, 193
Micosi, 42, 49, 50, 57
Locus valsalvae, 127
Mingazzini, 96
Lombosciatalgia, 97, 107, 111, 112,
Miocamicina, 16
132
Modello di ricetta RMS, 219
Loperamide, 43, 60, 66
Mometasone furoato, 46, 47, 50, 51,
Loratadina, 18, 124
57
Lorazepam, 44, 102, 104, 128,
Morbillo, 88, 89, 186, 188
135-137, 229, 230
LUTS, 94, 180, 181 Morfina, 3, 14, 25, 29, 32, 39-43, 45,
90, 153, 218, 229, 230
Morsi di ragno, 48
M Morso di zecca, 173
Moxifloxacina, 17
Macroematuria, 90, 92, 93
Mupirocina, 52, 57
Macrolidi, 16, 87, 125, 143, 145
Magnesio idrossido/algeldrato, 30, 69,
110 N
Magnesio idrossido/alluminio idrossido,
30 Naloxone, 3, 99, 100, 132, 164, 166,
Malathion, 53, 57 230
Manovra, 70, 74, 85, 90, 94, 96, 107, NAO, 133, 178
126, 128, 156, 162, 167, 182 Nausea, 12, 14, 26, 29, 33, 42, 63, 66,
- di Blumberg, 62, 70 70, 71, 74, 79, 81, 90, 93, 107-109,
- di Brandt, 85 119, 127, 172, 180, 188-190
- di Heimlich, 167 Nevralgia del trigemino, 97, 107, 109,
- di Murphy, 74 119, 224
- di Valsalva, 107 Nevrosi cardiaca, 36
- GAS, 61, 62, 71, 74, 163 Nifedipina, 3, 84, 90, 133
Manovre di rianimazione, 98, 155 Nistatina, 40
Mastite, 85 Nitrati sublinguali, 26
McBurney, 70, 79 Nitroglicerina sublinguale, 28, 29
Mebendazolo, 54 Norfloxacina, 17
Mebeverina cloridrato, 62 Nuovo ricettario SSN, 215
246 Indice analitico

O Parestesie, 52, 89
Parotite, 89, 128, 186, 188
Obblighi dei medici, 82, 220 Parto precipitoso, 84
Occhio rosso, 117-120 Paziente anziano, 9-11, 94, 143
- dolente, 73, 79, 117-120, 133 Pediculosi, 53, 57
- non dolente, 117, 119 Penicilline, 16, 20, 87, 122, 125, 130
Occlusione, 9, 38, 43, 62, 63, 70, 71, Pentazocina, 230
74, 75 Perdita di reattività pupillare, 116
Occlusione intestinale, 9, 38, 43, 62, Perdita ematiche al di fuori della
63, 70, 71, 74, 75 gravidanza, 77
Octatropina metilbromuro/Diazepam, Perdite ematiche vaginali, 77, 86
62, 230 Perforazione di un viscere addominale,
Ofloxacina, 117, 118 72
Omeprazolo, 3, 30, 69, 70, 177 Perforazione uterina, 77
Omicidio stradale, 215 Pericardite, 28, 30, 44
Omissione, 138, 195, 213, 214, 224 Peritonite, 62, 71, 72
Oppioidi, 25, 41, 45, 63 Pertosse, 144, 145
Orticaria, 20, 34, 48, 50, 54, 57 Petidina, 230
Orzaiolo, 116 Piano terapeutico, 133, 147, 150, 151,
Ossicodone, 25, 229 179, 223
Ossido di zinco, 54 PID, 78, 79
Ossigenoterapia, 29, 32, 40, 84, 153 Pielonefrite acuta, 93
Ossimorfone, 229 Pillola dei 5 giorni dopo, 80, 81
Otalgia, 121, 122, 126 Pillola del giorno dopo, 80, 81
Otilonio bromuro, 62, 230 Piridostigmina, 166
Otilonio bromuro/diazepam, 62, 230 Pirosi, 69
Otorragia, 123, 126 Piroxicam, 177
Pitiriasi rosea di Gibert, 50, 57
Otorrea, 121-123
Pleurite, 145
Overdose di oppiacei, 99
Pneumotorace, 153, 161, 162
Oxibuprocaina cloridrato, 117, 164
Polidocanolo, 53
Poligelina, 68
P Polimixina b/neomicina/lidocaina, 122
Polmonite, 9, 10, 16, 67, 88, 141-143,
P.L.S., 155 145, 153, 189
Palpitazioni, 29, 34-37, 60, 136 Precordialgia, 28
Pancreatite acuta, 73, 74, 132 Prednisolone, 126, 146, 147, 150,
Pancreatite cronica, 73 151, 175
Pantoprazolo, 30, 69, 70 Prednisone, 18, 19, 48
Paracetamolo, 11, 14, 15, 24, 25, 41, Prescrizione, 3, 9-11, 14, 30, 51, 69,
42, 60, 85, 87, 94, 102, 108, 110, 80, 83, 110, 179, 191, 192, 196,
121, 129, 132, 143, 166, 177, 178, 207-209, 211, 212, 215-223, 228,
188, 230 233
Paracetamolo/codeina, 94, 110, 219, 230 Presenza delle ‘’6 P’’, 131
Paracetamolo/tramadolo, 14, 25, 110 Priapismo, 180
Paralisi del nervo faciale, 126 Privacy, 212, 214, 222, 227
Indice analitico 247

Probiotici, 66 131, 137, 138, 141, 145, 146, 148,


152, 153, 163, 178, 179, 195, 196, 247
Profilassi antitetanica, 49, 171, 172
Progestinici, 80, 222 198, 223
Propafenone, 177 Rifiuto di atti d’ufficio, 213
Prostatite acuta, 181 Riflessi osteotendinei, 96, 110, 112,
165
Prulifloxacina, 17
Rigidità nucale, 99, 103
Prurito, 7, 38, 43, 48-51, 53, 54, 56,
57, 87, 89, 118, 122-124, 189, 190 Rimozione di ami da pesca, 174
- anale o genitale, 54 Rimozione di punti di sutura, 172, 196
Psicotropi, 217 Rinite allergica, 123
Rinocongiuntivite allergica, 123
Psoriasi diffusa, 57
Rispecchiamento, 233
Psyllium, 76
Ritenzione urinaria acuta, 9, 71, 90, 93
Punti di Donati, 170
Rivaroxaban, 133, 178
Punti ureterali, 90
Rosolia, 88, 89, 186, 188
Punto di McBurney, 79
Rottura di aneurisma dell’aorta
Punture di insetti, 48
addominale, 132
Rupatadina, 18, 54
Q

Quadri clinici del dolore addominale S


acuto, 74
Salbutamolo, 146-151
Quadri clinici neurologici, 97
Sanguinamento vaginale, 78
Sanzioni per il medico, 223
R Scabbia, 53, 57
Scala numerica NRS, 61
Ranitidina, 69, 70
Scala VAS, 61
Rapporti con il medico di fiducia, 198
Scarlattina, 87-89
Rapporto Compressioni/ventilazioni,
Scompenso cardiaco acuto, 28, 31, 32,
158
34, 36
Referto, 106, 214, 215
Scompenso glicemico, 58
Revisione della ferita, 169
Sedazione palliativa, 44, 45
Riacutizzazione della BPCO, 144
Segno di Brudzinski, 99
Riacutizzazione di asma, 147, 148
Segno di Prehn, 182
Rianimazione cardiopolmonare, 155
Sfregamenti pericardici, 30
Ricetta, 5, 80, 81, 196, 197, 207-209, Shock, 19, 32-35, 72, 74, 75, 79, 126,
215-223 132, 135, 160, 162
- elettronica, 196, 197, 223 Sindrome di Ramsay Hunt, 126
- limitativa, 222 Sildenafil, 183
- medica non ripetibile, 221, 222 Sincope, 10, 12, 30, 31, 35, 97, 98,
- medica ripetibile, 219, 221 108, 132
- ministeriale speciale (RMS), 217 Sindrome, 10, 26-28, 30, 40, 44, 58,
Ricettario SSN, 215 59, 63, 64, 66-69, 71, 99, 103, 104,
Ricovero, 26, 29-31, 34, 37, 42, 51, 107, 111, 122, 126-128, 141, 145,
58-60, 68, 69, 71-73, 75, 83, 86, 92, 165
93, 95, 99-101, 104, 106-108, 125, - influenzale, 122, 141, 190
248 Indice analitico

- meningea, 99, 103, 105-107 Tachipnea, 28, 34, 108, 130, 142,
- vertiginosa, 26, 127, 128 144, 153, 162
Sintomatologia algica, 97, 107, 143 Tadalafil, 183
Sinusite, 124, 125 Tamponamento cardiaco, 28, 31
Sistema di cure territoriali, 192, 194 Tamsulosina, 90, 181
Smartphone, 188, 195, 211 TAO, 176-178
Soccorso al traumatizzato, 156, 161 Tappo di cerume, 125, 126
Soffocamento, 159, 167 Tentativo di suicidio, 138
Solfuro di Selenio, 50 Terapia inalatoria con SABA, 149
Sonnolenza, 54, 101, 147, 151, 190 Terapia non differibile, 196, 217, 220,
Sostanze, 21, 33, 65, 82, 123, 163, 223
164, 168, 172, 180, 181, 217-219,
Terapia reidratante, 60, 66
221, 222, 228, 229
Terlipressina, 68
- psicotrope, 221, 228, 229
Test di Romberg, 96
- stupefacenti, 217-219, 221, 222,
228, 229 Testo unico sugli stupefacenti, 228
Spalla dolorosa, 111 Tetracaina/Escina, 76
Spasmolitico, 75 TIA, 98, 104, 105
Spirale, 4, 62, 81 Timololo, 119
Spironolattone, 39, 42 Timpanismo, 63
SSRI, 128, 177, 183 Tiotropio, 149
Stato Tireotossicosi, 34, 60, 107
- confusionale, 12, 38, 40, 44, 95, Tono muscolare, 96, 99
97, 102, 104, 106 Torsione, 64, 74, 78, 79, 86, 90, 180,
- di agitazione psicomotoria, 42, 60, 182
104
- del funicolo, 64, 85, 90, 180
- di delirium, 135
- del testicolo, 70, 180, 182
Stenosi ipertrofica del piloro, 64
- di cisti ovarica, 78, 86
Stipsi, 12, 38, 42-44, 61, 66, 69, 72,
75 Tramadolo, 14, 20, 25, 90, 94, 110,
177
Strozzamento, 62, 72, 73
Strutture sanitarie, 97, 198, 212, 219 Trasmissione telematica dei certificati,
225
Stupefacenti, 217-222, 228, 229
Trattamento delle ferite, 168
Sucralfato, 40, 42, 69, 177
Sudorazione algida, 26, 28, 153 Trattamento sanitario obbligatorio, 140
Suicidio, 34, 95, 96, 104, 138 Trauma cranico, 98, 100, 101, 106,
Sulbactam/ampicillina, 16 123, 162
Sutura, 6, 169, 170, 172, 196 Traumi, 33, 62, 63, 78, 92, 93, 97,
103, 106, 107, 110, 118, 128, 131,
134, 136, 180
T Trimetoprim-sulfametossazolo, 181
Triplice terapia inalatoria, 144
Tabagismo, 68, 73, 182
Tromboflebite, 133
Tablet, 5, 188, 195, 211
Tachicardia, 31, 33, 35-37, 60, 63, 64, Trombosi venosa profonda, 133, 152
72, 103, 108, 142, 149, 152, 153, Trombosi venosa superficiale, 133
162 Tropicamide, 119
Indice analitico 249

U Violenza sessuale, 80, 82, 83


249
Visita, 4-7, 9-12, 36, 76, 78, 86, 98,
Ulcera, 19, 63, 68, 69, 72-74, 79, 107,
99, 106, 111, 116, 118, 130, 133,
118, 119, 132, 153
137, 139, 151, 163, 176, 181, 212-
- duodenale, 69, 72, 74
214, 216, 224, 233
- gastrica, 44, 63, 69, 74, 107, 110,
159, 196 - ambulatoriale, 129, 192, 194, 199,
- peptica, 63, 68, 69, 153 202, 206, 212, 214, 216
Ulipristal acetato, 80, 81 - domiciliare, 5, 111, 143, 149, 192,
Umeclidinio/Vilanterolo, 144 193, 197, 212-214, 216
Unità Stroke, 104, 105, 113 Vitamina K, 176-178
Urea, 53
Volvolo, 71
Uridina triacetato, 52
Vomito, 7, 12, 14, 26, 33, 34, 42, 48,
Ustioni, 46, 55, 57, 172
62-67, 70, 71, 73, 74, 79, 81, 89,
Utilizzo dei farmaci in gravidanza, 86
90, 93, 100, 103, 104, 106-109,
119, 127, 128, 156, 157, 180, 188,
V 189, 233

Vaccinazioni obbligatorie per i minori,


184 X
Vaccini, 144, 145, 171, 177, 184,
186-190 Xerosi senile, 53, 57
Valaciclovir, 52, 127
Vardenafil, 183
Varicella, 87-89, 186, 189 Z
Varici esofagee, 68
Vertigine, 29, 34, 43, 63, 81, 107, 108, Zinco Piritione, 50
122, 125, 127, 128, 224 Zucchero, 58
Roberto Antonicelli
Tommasa Maio
Silvestro Scotti

Silvestro Scotti
Tommasa Maio
Roberto Antonicelli
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