Potenziometria
Potenziometria
Potenziometria
La potenziometria e' una tecnica analitica che si basa sulla misura di differenze di potenziale nelle
celle elettrochimiche o pile in condizioni di equilibrio (assenza di corrente).
Le pile
Una pila è un sistema elettrochimico in grado di convertire l’energia chimica di una reazione di
ossidoriduzione in energia elettrica; il “trucco” sta nel far avvenire separatamente le reazioni di
riduzione e di ossidazione.
In generale una pila è costituita da due elettrodi, entrambi a contatto con un opportuno elettrolita
(nei casi che saranno trattati gli elettroliti saranno sempre soluzioni elettrolitiche acquose).
Molto spesso i due elettrodi sono a contatto con soluzioni diverse tra loro e tenute separate da un
ponte salino che ha la funzione di mantenere il “contatto elettrico” nella pila e di minimizzare il
potenziale interliquido che sempre si genera al contatto tra due soluzioni diverse per concentrazione
e/o composizione (per la trattazione dei potenziali interliquido si rimanda al corso di chimica
analitica; da qui in avanti i potenziali interliquido verranno considerati sempre nulli).
L’equazione di Nerst
Il potenziale della cella, come vedremo attraverso degli esempi, dipende dalle attività delle specie
che partecipano alla reazione di ossidoriduzione. Ricordiamo infatti che esiste una relazione di
fondamentale importanza, l’equazione di Nerst, che lega la differenza di potenziale E (in
condizioni reversibili) che esiste tra gli elettrodi di una pila all’energia libera +G della reazione
redox che avviene nella pila stessa:
G = -nFE oppure E = - G/ nF
NOTA 1
per la generica reazione aA+bB=cC+dD:
ricordare che le aX sono unitarie se la
G = G° + RT ln [(aCc· aDd)/ (aAa· b
aB )] specie x è un liquido/solido puro o se è il
solvente di una soluzione diluita e che
per i gas si utilizza la pressione px
dove le aX sono le attività attuali delle specie in soluzione
Se la reazione è all’equilibrio:
1
L’equazione di Nerst permette di esprimere la ddp di cella per la reazione aA+bB=cC+dD come:
Ecella = E +- E-
Quindi per la semireazione generica scritta nel senso della riduzione aOx + ne@ cRed
NOTA 2
Quindi il potenziale standard di riduzione per una generica reazione redox, scritta nel senso della
riduzione e dove le attività delle specie coinvolte nella reazione sono unitarie, può essere sia
positivo che negativo, a seconda che E0cella = E0Ox/Red - EHSE = E0 Ox/Red sia positiva o negativa (in
quest’ultimo caso una ddp negativa significa semplicemente che la reazione che avviene
spontaneamente è la riduzione dell’idrogeno e che per ottenere una ddp positiva basta invertire la
polarità della pila).
Ai fini pratici risulta utile esprimere l’equazione di Nerst introducendo i logaritmi in base 10 (log)
al posto dei logaritmi naturali (ln), quindi l’espressione che utilizzeremo d’ora in avanti (e che è del
tutto equivalente) sarà:
Per la cella Ecella = E°cella - k/n· log [(aCc· aDd)/ (aAa· aB b)]
k = 2,303(RT/F)
Per il semielemento E = E°- k/n ·log [(aRedc)/ (aOxa)]
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Esempio 1:
Nello schema seguente è rappresentata la pila Daniell in cui la semicella di sinistra è costituita da un
elettrodo di zinco immerso in una soluzione di ZnSO4 e la semicella di destra da un elettrodo di
rame immerso in una soluzione di CuSO4. I due elettrodi sono collegati ad un potenziometro, cioè
un dispositivo in grado di misurare la differenza di potenziale tra i due elettrodi.
potenziometro
O
Ponte salino
+
Zn2+
Ox Zn2+ Cu2+ Red
Zn2+
Cu2+
2+
Zn
• per calcolare la Ecella a partire dalle E+/- di semicella, considerando le due semireazioni
(SCRITTE NEL VERSO DELLA RIDUZIONE E BILANCIATE !!!)
al polo + Cu2+ + 2e @ Cu
al polo - Zn2+ + 2e @ Zn
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Se consideriamo che la reazione avvenga a 25°C, possiamo inserire nell’espressione di k i valori
delle costanti R, F, quello di T (298 K) ottenendo infine l’equazione:
Notiamo che la ddp della cella dipende dalle E° per le due semireazioni e dall’attività dei due ioni
in soluzione, quindi
Esempio 2:
In questo caso la ddp della cella dipende dalla E°cella, dalle attività delle specie in soluzione e
inoltre dalla pressione dell’idrogeno.
In particolare in potenziometria diretta si misura il potenziale di una cella per determinare l’attività
di una specie, in potenziometria indiretta (titolazioni potenziometriche) si misura la variazione del
potenziale di una cella durante una titolazione (la variazione del potenziale dipende dalla variazione
delle attività delle specie in soluzione) per determinarne il punto finale.
In tutti i casi è necessario operare utilizzando un opportuno elettrodo indicatore (in grado di
“sentire” la specie che si vuole determinare), un elettrodo di riferimento (a potenziale costante), un
potenziometro (per misurare le ddp) e naturalmente la soluzione elettrolitica che si vuole analizzare.
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Potenziometria diretta
Elettrodi di riferimento
Un elettrodo di riferimento ha idealmente un potenziale noto, costante e indipendente dalla
composizione della soluzione da analizzare. L’elettrodo standard a idrogeno (HSE) non si presta
facilmente a questo scopo (troppo complesso!). Normalmente viene utilizzato come riferimento
l’elettrodo a calomelano saturo (SCE) il cui potenziale a 25°C è 0,244 V o l’elettrodo ad
argento/cloruro d’argento (Ag/AgCl) in soluzione concentrata o satura di KCl il cui potenziale, nel
caso di KCl saturo, è 0,199 V.
Elettrodi indicatori
L’elettrodo indicatore è un elettrodo il cui potenziale varia, in maniera rapida e riproducibile, in
funzione dell’attività dello ione che si vuole determinare.
Esistono due classi generali di elettrodi indicatori: metallici e a membrana
• Elettrodo redox – costituito da un metallo inerte immerso in una soluzione che contiene
una coppia redox. Ad esempio il potenziale di un filo di Pt immerso in una soluzione che
contiene Fe3+ e Fe2+ ha potenziale:
E = E°Fe2+/Fe3+- 0,059 · log[aFe2+/(aFe3+)]
• Elettrodo a gas – particolare elettrodo redox costituito da un gas (H2, Cl2) adsorbito sulla
superficie di un metallo inerte immerso in una soluzione di suoi ioni (H+, Cl-). Ad esempio
il potenziale dell’elettrodo a idrogeno (non standard) è:
E = EHSE - k · log[(pH2)1/2/(aH+)]
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Elettrodi a membrana o ISE (Ion Selective Electode)
Un elettrodo ionoselettivo risponde selettivamente ad una determinata specie i in soluzione.
In generale gli ISE sono costituiti da un elettrodo di prima o seconda specie (indicatore interno) la
cui soluzione dello ione caratteristico (a concentrazione nota e costante) è mantenuta separata,
attraverso una membrana ionoselettiva, dalla soluzione esterna in cui è presente lo stesso ione a
concentrazione incognita.
Una membrana ionoselettiva per la specie i è una membrana che permette selettivamente il
passaggio della specie i, o più correttamente è una membrana per la quale il numero di trasporto i
per la specie i W 1.
Le membrane IS differiscono tra loro per la composizione chimica e fisica: esistono infatti
membrane in vetro, cristalline, liquide e biocatalitiche (la più nota è quella in vetro usata
nell’elettrodo a vetro per la misura del pH).
dove U è una costante che dipende da elettrodi e soluzioni di riferimento interni ed esterni, mentre zi
è la carica della specie i presa con il suo segno.
Ex = U (k/zi)· pax
Dunque:
pax = paS1 + (Ex ES1)/( (k/zi)
Questa procedura non è ottimale perchè implica il calcolo a tavolino della pendenza (k/zi).
Potremmo ad esempio non conoscere la temperatura di misura; inoltre gli ISE, invecchiando,
tendono tipicamente ad esibire una pendenza E vs pa inferiore a quella nernstiana.
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Determinazione di pax con taratura mediante due standard
(metodo della forcella degli standard)
E’ preferibile utilizzare due standard per determinare la pendenza reale E vs pa. Eseguiamo quindi tre
misure (possibilmente scegliendo i 2 standard in modo che l’incognito sia compreso tra di loro):
1) ES1 = U (k/zi)paS1
2) ES2 = U (k/zi)paS2
3) Ex = U (k/zi)pax
dunque:
(k/zi) = (ES2 ES1) / (paS2 paS1)
e quindi :
pax = paS1 + (Ex ES1) (paS2 paS1) / (ES2 ES1)
NOTA 3
Carattere convenzionale della determinazione di pax
La determinazione di pax ha un significato puramente convenzionale ed operazionale, perchè
• In realtà degli standard conosciamo esattamente solo la concentrazione mS (visto che
materialmente li prepariamo); ne possiamo valutare l’attività aS = mS S da inserire nelle
equazioni su riportate solo calcolando il coefficiente di attività ionico singolo S.
• Non è dimostrabile l’effettivo azzeramento dei potenziali interliquidi coinvolti nella misura.
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Salvo casi straordinari, come l’elettrodo a vetro (DL ad aH+ 10 14 mol kg-1) e l’elettrodo a S= (DL
ad aS= 10 17 mol kg-1) un buon ISE ha DL ad ai 10 5/10 6; un DL ad ai 10 7/10 8 risulterebbe
eccezionale.
Naturalmente un grafico di taratura E vs logci risulta una curva (curva B) anche all’interno del
campo di risposta rettilineo perchè le ci differiscono dalle ai per i coefficienti di attività, che variano
non linearmente con la forza ionica. Però, qualora si operi con forza ionica tamponata (ad esempio
aggiungendo un elettrolita inerte in concentrazione molto superiore a quella dello ione sentito), i
coefficienti d’attività si possono supporre costanti e quindi il grafico E vs logci risulta uguale e
parallelo a quello E vs logai (curva C).
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Appendice
Cavo Cavo
schermato schermato con Elettrodo a
con EISE sul EISE sul centrale vetro per pH
centrale e Erif sullo "combinato"
schermo
tappo per refill del
Elettrodo a ponte salino
vetro per pH
"singolo"
Elettrodo di rif.
esterno
Elettrodo di riferimento ad Ag|AgCl
interno ad Ag|AgCl
Soluz. di rif. interna, Soluz. di rif.
ad aH+ e aCl- fisse esterna, ad
aCl- fissa
(KCl conc. che funge
anche da ponte salino)
Membrana di vetro
permeoselettiva
ad H+ (tH+ 1) setto poroso per il
contatto del rif.
con la soluzione
incognita
Schema dell’elettrodo a vetro “singolo” e combinato
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riferimento (che risulta così comunque a terra), mentre nulla verrà inserito sulla boccola non
schermata.
Si può scegliere di avere la risposta direttamente in mV (in genere con la risoluzione di 1 mV),
oppure in pH (in genere con la risoluzione di 1 centesimo di grado pH) , se si sta operando con
elettrodo a vetro per pH.
In questo ultimo caso è possibile eseguire la taratura con 1 o 2 standard, come descritto
precedentemente, e l’apparecchio stesso farà il conto (nei modelli vecchi mediante un circuito più
complesso, in quelli nuovi con un microprocessore) fornendo all’utente direttamente il valore di pH.
I pHmetri che verranno usati per le esercitazioni di laboratorio hanno una manopola “standardize”
ed una “slope”, e si procede così:
a) S1 “Standardize”
Il primo ed eventualmente unico standard usato deve avere un valore di pH che sia vicino al
valore che azzera la f.e.m. della pila operazionale; con la maggior parte dei sistemi
commerciali pHmetro/elettrodo a vetro/riferimento, tale valore è pH =7.
Inseriamo perciò ad esempio uno standard a pH = 7; se il valore segnato sul display è 7.00,
agiamo sulla manopola “Standardize” fino a portarlo a 7.00.
Questo equivale ad avere eliminato la costante U dall’equazione operazionale.
b) S2 “Slope”
Disponendo di un secondo standard (possibilmente scelto in modo tale che il pH incognito
cada all’interno della “forcella” costituita dai due standard), si ha la possibilità di correggere
anche la pendenza con la manopola “Slope”.
Ad esempio, dovendo misurare pH < 7, inseriamo un secondo standard a pH = 4; se non
leggiamo 4.00, giriamo “Slope” fino a portare sul display quel valore.
c) misura
A questo punto leggeremo i pH incogniti direttamente sul display.
In generale è più che sufficiente tarare il sistema prima di ogni seduta (qualche ora) di misure, se
però non vi sono drastici cambiamenti nelle condizioni operative (temperatura, stato
dell’elettrodo...)
Sul pHmetro infine vi possono essere altre manopole relative a compensazioni fini di temperatura.
Perchè la determinazione di pH sia valida, è strettamente necessario che sia la misura della ddp ES
sullo standard a pHS che quella della ddp EX sul prelievo a pHX incognito vengano eseguite
• con la stessa coppia di elettrodi
• con lo stesso ponte salino
• alla stessa temperatura
• nello stesso solvente
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Potenziometria indiretta
Il potenziale di un sistema elettrochimico può essere anche E (o pH)
utilizzato non per ricavare direttamente informazioni sulle
attività o concentrazioni, come in potenziometria diretta, ma
semplicemente come indicatore del grado di avanzamento di
una titolazione (titolazioni potenziometriche). In questo caso,
anche se la pila è la stessa della potenziometria diretta, cioè dE/dV
elettrodo di riferimento con ponte salino | soluzione | elettrodo sensore Vtit
non sono necessarie tutte le precauzioni sulla taratura, i
coefficienti di attività, i potenziali interliquidi, la temperatura
ecc., perchè non si elaborano i singoli dati di potenziale, ma se
ne segue la variazione coll’avanzare della titolazione che dà
luogo ad una curva E vs (volume titolante) sigmoide, in cui
cioè i punti di equivalenza sono dei flessi (e non dei punti d(dE/dV)
angolosi come nelle titolazioni conduttimetriche); inoltre in Vtit
/dV
corrispondenza del punto finale la derivata prima di tali curve
fornisce una cuspide e la derivata seconda un asintoto
verticale.
Il metodo è applicabile ad ogni reazione di titolazione in cui sia Vtit
coinvolta una specie per cui si disponga di un elettrodo sensore.
Un vantaggio generale di questo metodo è che non si possono commettere errori visivi nella
determinazione del punto finale, e si raggiunge una precisione molto elevata. Soprattutto nelle
titolazioni di sistemi colorati e torbidi, o di sistemi per i quali non si disponga di adatti indicatori
visivi, i metodi potenziometrici hanno grande importanza.
Il limite alla precisione del metodo è data dall’accuratezza con cui si può aggiungere il titolante (a
seconda delle burette, 0.1 0.02 cm3) e soprattutto dall’entità del salto di potenziale al punto di equi-
valenza. Generalmente soluzioni al di sotto di 10 3 M non danno punti di equivalenza abbastanza
netti.
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