Vangelo Di Pietro
Vangelo Di Pietro
Vangelo Di Pietro
Indice
Tradizione del Vangelo di Pietro
Ritrovamento
Datazione, composizione
Contenuto
Note
Bibliografia
Pagina del Vangelo di Pietro
Voci correlate
Datazione seconda metà II secolo
Collegamenti esterni
Attribuzione Pietro apostolo
Luogo Siria
Tradizione del Vangelo di Pietro d'origine
L'esistenza del Vangelo di Pietro è attestata diverse volte nella letteratura Fonti storie primitive della
cristiana antica, ma in tutti i casi meno uno il testo non è citato né se ne passione, vangeli
racconta l'origine. canonici?
Manoscritti VIII-IX secolo
Origene (185-250) cita il Vangelo di Pietro in una sola occasione, nella sua
Destinatari -
vasta produzione. Racconta infatti l'opinione di alcuni, secondo i quali i
fratelli di Gesù erano figli di Giuseppe avuti da una prima moglie, allo scopo Tema testimonianza oculare
di sostenere la dottrina della verginità perpetua di Maria.[1] Il fatto che della passione
Origene faccia riferimento al Vangelo di Pietro «o [al] Libro di Giacomo» fa
ritenere ad alcuni studiosi moderni che non conoscesse il Vangelo di Pietro di prima mano;[2] altri ritengono che il riferimento al
«Libro di Giacomo» sia invece da intendere come un riferimento alProtovangelo di Giacomo.[3]
Nella sua Storia ecclesiastica, Eusebio di Cesarea, scrivendo dopo il 324, riporta la storia di Serapione, vescovo di Antiochia dal 190
al 203.[4] Eusebio riproduce un brano di un'opera di Serapione (forse una lettera) intitolata Sul cosiddetto Vangelo di Pietro e
indirizzata alla comunità di Rhossos, non lontana da Antiochia, nella quale il vescovo ricorda di aver visitato la comunità cristiana
che adottava quel vangelo e, pur negando che il suo vero autore potesse essere l'apostolo Pietro, aveva consentito che lo si leggesse,
essendo conforme alla linea ortodossa prevalente. Tempo dopo, Serapione venne informato che in realtà quel vangelo «celava
un'eresia», che egli sembra attribuire a un certo Marciano,[5] e che lui aveva individuato col docetismo. Serapione riferisce di aver
letto con attenzione il vangelo e di aver avuto modo «di ritrovarvi, insieme a gran parte della vera dottrina del Salvatore, anche alcune
[6]
aggiunte, che abbiamo altresì sottoposto alla vostra attenzione».
Eusebio sottolinea che a Pietro erano stati attribuiti scritti quali gli «Atti di Pietro, il Vangelo detto secondo Pietro, la cosiddetta
Predicazione e la cosiddetta Apocalisse» che tuttavia «non sono stati tramandati fra gli scrittori cattolici, poiché nessuno degli
scrittori ecclesiastici, antichi o moderni, ha fatto ricorso a testimonianze desunte da queste opere» e, respingendo come spuria anche
la cosiddetta Seconda lettera di Pietro, conclude accettando come autentica la solaPrima lettera di Pietro.[7]
Con la fissazione del canone dei libri ortodossi, definito nel concilio di Ippona del 399 e ottenuto in base all'elenco degli scritti
formulato in una lettera del 367 da Atanasio di Alessandria, il Vangelo di Pietro e tutti gli altri scritti eterodossi, non più tramandati o
distrutti, vennero presto dimenticati. Infatti, il posteriore riferimento al Vangelo di Pietro fatto nel V secolo da Teodoreto di Cirro il
quale, riferendosi alla setta dei Nazarei, scrive che «essi sono Giudei che onorano Cristo e usano il vangelo chiamato secondo
Pietro»,[8] è un'affermazione del tutto inverosimile, che dimostra solo come Teodoreto non conoscesse quel vangelo, come non lo
conosceva Girolamo che, interpretando erroneamente il passo di Eusebio, attribuiva al vescovo Serapione il Vangelo di Pietro.[9]
Filippo di Side, infine, intorno al 430, si limita a scrivere che gli antichi «rifiutavano assolutamente il vangelo secondo gli Ebrei,
quello detto di Pietro e quello di Tommaso, affermando che erano opere di eretici».[10]
Esiste anche un reperto archeologico, datato al VI-VII secolo e pubblicato nel 1904, che dimostrerebbe come il Vangelo di Pietro, se
pure in letteratura non venne più citato dal V secolo, continuò a circolare. Si tratta di un ostrakon, un frammento triangolare di
ceramica di 7,5 x 10 x 12,25 cm, dove è raffigurato un uomo barbuto, che regge una croce e ha un gesto di preghiera: sopra la testa è
scritto in greco «San Pietro Evangelista», mentre sul rovescio dell'ostrakon appare la scritta «Veneriamolo, riceviamo il suo
Vangelo». Sembra certo, allora che «qualcuno venerava Pietro e il suo Vangelo, qualcuno che viveva in Egitto circa 400 o 500 anni
dopo che Serapione aveva proibito l'uso del Vangelo; e questo egiziano non era solo, ma doveva far parte di una comunità che aveva
una copia contemporanea del Vangelo e lo accettava come testo sacro. Neanche la comunità di chi scrisse l'ostrakon era isolata: un
frammento del Vangelo venne seppellito, presumibilmente come oggetto caro, nella tomba di un monaco un secolo dopo o forse più.
Noi avremo anche perduto il Vangelo di Pietro, ma nei primi secoli del Cristianesimo era ampiamente usato e continuò a esserlo fino
[11]
all'inizio del Medioevo in alcune parti della chiesa».
Ritrovamento
Nei primi mesi del 1887 gli scavi condotti dall'archeologo francese Eugène Grébaut non lontano dal Cairo portarono alla luce i resti
della città di Akhmim. Nel cimitero cristiano fu aperta la tomba di un monaco, nella quale fu trovato un manoscritto greco risalente al
VII o VIII secolo. Delle 66 pagine di cui è composto, la prima contiene una decorazione a forma di croce, dalla seconda alla
dodicesima il testo identificato come frammento del Vangelo di Pietro, e nelle altre un frammento dell'Apocalisse di Pietro, due passi
del Primo libro di Enoch e un frammento degli Atti di san Giuliano. Il testo fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1892 nelle
«Mémoires publiées par les membres de la mission archéologique française au Caire». L'opera fu divisa in quattordici capitoli
[2]
nell'edizione di Robinson e in sessanta versetti in quella di Harnack, che è quella comunemente seguita.
La pergamena, conservata nel Museo del Cairo e classificata come «P. Cair. 10759», è stata datata al VII–VIII secolo. Esistono altri
tre brevi frammenti greci che sono accostati al codice del Cairo, dei quali solo il «P. Oxy. 2949», datato al II-III secolo e conservato
ad Oxford, attiene quasi certamente al Vangelo di Pietro, riproducendone parzialmente il versetto II, 3: «[Si trovava là Giuseppe],
l'amico di Pilato [e del Signore. E allorché vide che lo avrebbero crocifisso, andò da Pilato e gli chiese il corpo del Signore] per la
sepoltura».
Datazione, composizione
La datazione del Vangelo di Pietro è comunemente fatta risalire intorno al 150 o poco dopo, stante la sua dipendenza dai vangeli
sinottici e da Giovanni, costituendo la lettera del vescovo Serapione riportata da Eusebio il termine ante quem. Chi invece non presta
fede alla testimonianza di Serapione tende a spostare in avanti la data di composizione, a motivo della forte intonazione anti-giudaica
del testo, che attesta sia che il vangelo fu scritto lontano dalla Palestina, sia che la rottura con gli ambienti ebraici era già stata
decisamente consumata. Altri studiosi, comeJohn Dominic Crossan, lo ritengono invece una fonte molto antica.[12]
Secondo Maurer [13] esso sarebbe «un tardo sviluppo del materiale tradizionale dei quattro Vangeli canonici», mentre per Craveri[14]
«è poco più di un centone, composto con espressioni desunte indifferentemente dall'uno o dall'altro dei Vangeli canonici, senza
particolari motivi dottrinali che giustifichino tale scelta. I ritocchi e le aggiunte servono soltanto, nelle intenzioni dell'autore, a
[15] vi si trovano tracce didocetismo.
convalidare e a colorire meglio il racconto canonico». Per Cattaneo
(Vangelo di Pietro , 7)
«Ma io Simon Pietro e Andrea mio fratello prendemmo le nostre reti e andammo al mare.»
(Vangelo di Pietro , 14 )
Quello di associare un testo al nome di un apostolo era una pratica comune che serviva a dare all'opera maggiore autorevolezza.[16]
Poiché il consenso degli studiosi considera il Vangelo di Pietro composto molti anni dopo la morte dell'apostolo, l'opera è ritenuta
pseudoepigrafica; si potrebbe però trattare del più antico scritto tuttora esistente prodotto e fatto circolare sotto l'autorità di Pietro.
Contenuto
Il frammento di Akhmim inizia subito dopo il lavaggio delle mani da parte di Ponzio Pilato (l'episodio, non conservatosi, è intuibile
dal resto del testo), racconta il processo, la morte e la resurrezione di Gesù e termina con
Pietro, Andrea e Levi, probabilmente l'inizio
del racconto dell'apparizione di Gesù risorto allago di Tiberiade.[17]
Caratteristico del vangelo è il violento anti-giudaismo, tanto che la responsabilità della condanna di Gesù è fatta risalire, anziché a
Pilato e ai Romani, direttamente a Erode, il quale consegna Gesù agli Ebrei che lo dileggiano, lo flagellano e infine lo crocifiggono.
I caratteri di docetismo denunciati da Serapione - il quale dovrebbe tuttavia aver letto l'intero vangelo - sono piuttosto vaghi nel
frammento pervenuto: potrebbero essere individuati in IV, 10, in cui, mentre viene inchiodato alla croce, diversamente dai sinottici,
Gesù «taceva, come se non sentisse alcun dolore». Anche il momento della morte di Gesù (V, 19) può essere interpretato in chiave
docetica: «Forza mia, forza mia, mi hai abbandonato! - E detto questo, fu assunto» potrebbe indicare l'abbandono, prima della morte,
del corpo di Gesù da parte del «Cristo divino» e il suo ritorno in cielo.
La parte più originale è la descrizione della risurrezione di Gesù, quale non si trova in nessun altro vangelo. Benché sia sabato - in
contrasto con il ritualismo giudaico - una gran folla viene a vedere la tomba sigillata (IX, 34), quasi che l'autore volesse fugare ogni
dubbio sulla realtà della prossima resurrezione. Durante la notte, alla presenza dei soli soldati e degli anziani, «due giovani» (X, 37-
42) scendono dal cielo, la pietra che chiude il sepolcro rotola via da sé ed essi entrano nel sepolcro, per riuscirne sorreggendo «un
altro uomo», seguiti «da una croce». La testa dei due giovani arriva al cielo, mentre quella «di colui che conducevano per mano
oltrepassava i cieli». A questo punto una voce parla dai cieli, ed è la croce a risponder
gli.
Note
1. ^ «Riguardo poi ai fratelli di Gesù, taluni, prendendo spunto dalla tradizione trasmessa nelangelo
V intitolato secondo
Pietro o dal Libro di Giacomo, affermano che i fratelli di Gesù erano figli diGiuseppe avuti da una prima moglie
vissuta con lui prima di Maria. Coloro che fanno tali affermazioni, intendono conservare sino alla fine il pregio
verginale di Maria, perché quel corpo giudicato degno di servire alla parola che aveva detto: lo Spirito Santo
discenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra non conoscesse letto di uomo, dopo che lo
Spirito Santo era disceso su di lei e la potenza dall'alto l'aveva adombrata». Origene,Commento al vangelo di
Matteo X, 17, 9-11.
2. ^ a b Schneemelcher, p. 217.
3. ^ John Painter, Just James, Continuum International Publishing Group, 2005,ISBN 0567041913, p. 201.
4. ^ Eusebio, Storia ecclesiastica, VI, 12, 2-6
5. ^ Del quale non si sa nulla, né pare possa essere identificato con il notoMarcione.
6. ^ Eusebio, VI, 12, 6
7. ^ Storia ecclesiastica III, 3, 1-4
8. ^ Haereticarum fabularum compendiumII, 2
9. ^ De viris illustribus, I
10. ^ Storia ecclesiastica, frammento
11. ^ B. D. Erhman, I Cristianesimi perduti, p. 45
12. ^ John Dominic Crossan,Four Other Gospels: Shadows on the Contours of Canon(Minneapolis, Winston, 1985),
125-181; citato in Painter, p. 201.
13. ^ C. Maurer, Das Petrusevangelium, in E. Hennecke, Neuetestamentliche Apokryphen, Tübingen 1959
14. ^ M. Craveri, I Vangeli apocrifi, Torino 2005
15. ^ (IT) Enrico Cattaneo, Patres ecclesiae. Un'introduzione alla teologia dei padri della Chiesa
, 2007, Il pozzo di
Giacobbe.
16. ^ Lee Strobel, The Case for Christ, Grand Rapids, Michigan,Zondervan, 1998, p. 27, ISBN 0-310-22655-4.
17. ^ La presenza delle decorazioni sulle pagine precedente e successiva a quelle contenenti il vangelo mostra come il
copista dell'VIII secolo aveva a disposizione solo questo brano. Schneemelcher , p. 217.
Bibliografia
Edizioni
U. Bouriant, "Fragments du texte grec du livre d’Énoch et de quelques écrits attribués à saint Pierre", Mémoires
in
publiés par les membres de la Mission archéologique française au Caireìì, tomo IX, fasc. 1; Paris, Ernest Leroux
1892, pp. 93–147.
J. A. Robinson, M. R. James,The Gospel according to Peter, and the Revelation of Peter: Two Lectures on the
Newly Recovered Fragments together with the Greek eTxts, London, C.J. Clay and Sons, 1892.
A. Lods, Evangelii secundum Petrum et Petri Apocalypseos quae supersunt , Paris, Ernest Leroux, 1892.
Adolf von Harnack, Bruchstücke des Evangeliums und der Apokalypse des Petrus , in «Texte und Untersuchungen
der altchristlichen Literatur», IX 2, Leipzig 1893
C. Maurer, Das Petrusevangelium, in E. Hennecke, Neuetestamentlichen Apokryphen, Tübingen 1959.
Wilhelm Schneemelcher, Robert McLachlan Wilson, New Testament Apocrypha: Volume One: Gospels and Related
Writings, Westminster John Knox Press, 2003,ISBN 066422721X., pp. 216-227.
Paul Foster, The Gospel of Peter. Introduction, Critical Edition and Commentary, Leiden, Brill 2010.
Traduzioni italiane
Studi
Voci correlate
Apocrifi del Nuovo Testamento
Vangeli apocrifi
Pietro apostolo
Vangelo di Gamaliele
Vangelo di Nicodemo
Predicazione di Pietro
Collegamenti esterni
Traduzione italiana dal sito intratext.com
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