Mcai-Alpinismo Su Roccia

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I Manuali del Club Alpino Italiano 16

ALPINISMO
SU ROCCIA

COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI ALPINISMO, SCI ALPINISMO E ARRAMPICATA LIBERA


I “Manuali del Club Alpino Italiano”

16

ALPINISMO SU ROCCIA

Club Alpino Italiano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo,


Sci Alpinismo e Arrampicata Libera
Club Alpino Italiano
Via A. Petrella, 19 - 20124 Milano

Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo, Sci Alpinismo e Arrampicata Libera


Commissione Centrale per le Pubblicazioni

Collana “I Manuali del Club Alpino Italiano”


n°16 - I a edizione: luglio 2008

Proprietà letteraria riservata


Riproduzione vietata (diversamente solo con autorizzazione scritta del CAI)

Testo a cura di:


Giuliano Bressan e Claudio Melchiorri
Coordinamento tecnico e redazione:
Giuliano Bressan e Claudio Melchiorri
Progetto grafico editoriale:
Gruppo Ixelle sas - www.ixelle.it - Venezia-Mestre
Disegni:
Alessandro Bimbatti
Fotografie e disegni:
archivio CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico), CNSASA (Commissione Nazionale
Scuole di Alpinismo, Sci Alpinismo e Arrampicata Libera), Gianni Bavaresco, Giuliano Bressan e Oskar
Piazza
In sovracopertina:
Pale di S. Martino - Mulaz - via del Pilastro Grigio, foto di Francesco Cappellari
Finito di stampare
Luglio 2008 - presso Chinchio Industria Grafica S.p.A. - Rubano - Padova
Alpinismo su roccia Presentazione del
Presidente Generale

CLUB ALPINO ITALIANO

Questo nuovo indispensabile manuale completa la trilogia dei volumi


dedicati alla diffusione delle conoscenze tecniche e culturali delle tre forme
principali di frequentazione alpinistica delle alte terre nelle loro situazioni
geomorfologiche e ambientali più caratteristiche: la montagna innevata, la 3
montagna glaciale e la montagna rocciosa.
Ecco quindi “Sci alpinismo” nel 2004, “Alpinismo su ghiaccio e misto” nel
2005 ed ora “Alpinismo su roccia”. Un volume - quest’ultimo - che, per le
implicazioni innovative legate all’evoluzione moderna di tale disciplina,
risulta necessariamente ponderoso quanto il precedente dedicato al ghiaccio
e misto.
Non deve intimidire tuttavia la mole dell’opera, laddove si pensi che
il primo “Manuale della Montagna” curato dal CAI - allora Centro
Alpinistico Italiano - nel 1939, constava di 433 pagine ed il successivo 1°
volume, di tre, de “L’Alpinismo” del 1944, curato sempre per il CAI da
autori quali Balliano, Bertoglio, Castiglioni, Nangeroni, Saglio - solo per
citarne alcuni - constava di 506 pagine, in un’epoca in cui l’alpinismo e
gli alpinisti, si suddividevano in due categorie: occidentale e orientale, cioè
ghiaccio e granito da una parte e dolomia dall’altra.
Le attuali corpose pagine non stupiscano, quindi, di fronte alla maggior
complessità delle conoscenze, soprattutto tecniche, e all’esigenza di presen-
tarle in modo chiaro e dettagliato, onde evitare equivoci interpretativi che
possono avere gravi conseguenze sulla sicurezza della progressione.
Il tutto, nel quadro di quell’andar per monti in sicurezza che costituisce
uno dei cardini della ragion d’essere del Club Alpino Italiano.
Bisogna inoltre pensare che, sempre nell’ottica di una frequentazione
consapevole della montagna, l’esposizione della materia non può ridursi
ad un’asettica descrizione dei materiali e del loro impiego proprie di una
tendenza tecnicistica attualmente diffusa particolarmente in alcuni ambiti
dell’arrampicata sportiva, bensì deve essere sempre rapportata alle condi-
zioni ambientali - geologiche, altimetriche, meteorologiche e così via - in
cui si svolge l’attività, nonchè al “fattore umano” - non meno importante
- di chi le svolge.
Merito quindi agli estensori di una così vasta materia di averla presentata
in forma non solo organica e dettagliata, ma altresì tanto facilmente acces-
sibile ai singoli quanto idonea per gli scopi didattici cui è destinata nelle
nostre scuole di alpinismo.
Annibale Salsa
Presidente Generale
Club Alpino Italiano
Presentazione e Alpinismo su roccia
ringraziamenti

PRESENTAZIONE E RINGRAZIAMENTI
DELLA CNSASA
Il manuale “Alpinismo su roccia” fa parte di una serie di pubblicazioni curate
dalla Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo Scialpinismo ed Arrampicata
Libera del Club Alpino Italiano con le quali s’intende fornire a tutti gli appassionati
4 informazioni aggiornate e dettagliate per frequentare la montagna non solo nei suoi
aspetti più “sportivi”, ma anche con nozioni scientifiche, storiche e culturali che
caratterizzano l’ambiente montano.
In particolare questo manuale, frutto delle esperienze della Scuola Centrale di
Alpinismo e Arrampicata Libera e degli studi della Commissione Materiali e
Tecniche, intende rappresentare una fonte di riferimento aggiornata sulle tecniche e
attrezzature per l’alpinismo su roccia.
Il testo è stato scritto principalmente per gli Istruttori delle Scuole di Alpinismo del
CAI ed i loro allievi, anche se si auspica possa essere di interesse per tutti gli appas-
sionati di questi argomenti.
Ci si augura inoltre che questo testo rappresenti un ulteriore passo verso quello che è
uno degli obiettivi del CAI e della CNSASA: l’aumento della conoscenza dell’am-
biente montano e della “sicurezza” nella frequentazione.
Riteniamo importante che in tutte le zone di montagna dove si pratica l’alpinismo,
compresa la bassa valle, si preservi la possibilità di scegliere sia percorsi a più tiri
attrezzate a spit, sia itinerari caratterizzate da una chiodatura tradizionale evitando
che questi vengano riattrezzati con fix o resinati lungo il percorso.
E’, infatti, in aumento la richiesta di una frequentazione della montagna che privi-
legia il piacere e il divertimento, il cosiddetto stile “plaisir”; si tratta di arrampicate
su vie a spit, realizzate su roccia buona e prive di pericoli evidenti, che non richiedo-
no l’uso di chiodi e martello, che offrono avvicinamenti corti con ritorni lungo le vie
di salita e che si possono salire con abbigliamento leggero e senza zaini sulla schiena.
Non vogliamo disprezzare questo modo di frequentare la montagna che favorisce il
piacere ludico e il movimento arrampicatorio però le Scuole di Alpinismo devono
soprattutto portare gli allievi a percorrere vie classiche, anche di alta montagna e su
terreno di misto; si tratta di un modo di fare alpinismo che privilegia il raggiungi-
mento di una vetta, che prevede un percorso dotato di una chiodatura tradizionale
o in casi particolari mista nelle soste e soprattutto che richiede di valutare volta per
volta le condizioni del percorso, della cordata e della situazione meteorologica.
Vivere la sola esperienza “plaisir” allontana l’allievo da quello che è il reale ambiente
di montagna e si mortificano l’avventura e i sogni. L’attività in falesia può essere
Alpinismo su roccia Presentazione e
ringraziamenti

finalizzata al superamento del passaggio e al miglioramento del gesto tecnico ma


deve restare di natura propedeutica orientata all’ esperienza futura in montagna;
bisognerebbe trasmettere l’idea che se in palestra curi l’aspetto atletico, in montagna,
con la dovuta preparazione puoi soddisfare anche lo spirito.

Occorre insegnare a scegliere l’ascensione più adatta in base alle capacità della
cordata, è importante conservare l’abitudine all’uso del martello e dei chiodi per
5
rinforzare le soste e per posizionare ancoraggi intermedi, va sviluppata la capacità
di collocare in maniera adeguata protezioni veloci. Gli allievi alla fine di un corso
devono capire che l’aver svolto solo arrampicata in falesia a più tiri su fix o fittoni
resinati non educa ad affrontare in sicurezza le pareti alpine dove esistono difficoltà
oggettive come la qualità della roccia, la distanza delle protezioni, la lunghezza
della via, l’orientamento, lo zaino, la quota; un ambiente in sostanza nel quale “è
vietato volare”.
Una reale crescita prevede una necessaria gradualità nella scelta delle difficoltà per-
ché ciò consente l’acquisizione di una solida esperienza. Spesso s’incorre nell’errata
abitudine di confondere le difficoltà di un’ascensione alpinistica con il grado di diffi-
coltà che presenta il tratto più impegnativo; in realtà le problematiche e le incognite
vanno ben al di là del singolo passaggio: bisogna, infatti, intuire il punto di attacco
della via, studiare l’itinerario prima e durante la salita, tastare la roccia prima di
affidarsi ad appigli e appoggi, integrare le protezioni, avere idee chiare sulla via di
discesa, valutare capacità e forza d’animo nei confronti delle varie situazioni.

La Commissione vuole ringraziare:


− Giuliano Bressan e Claudio Melchiorri che hanno curato i gruppi di lavoro e la
redazione del testo;
− gli Istruttori della Scuola Centrale di Alpinismo e Arrampicata Libera;
− tutti coloro che si sono fattivamente adoperati per la realizzazione di questo
manuale, già citati nella prefazione:
− la Commissione Pubblicazioni per il supporto e la collaborazione;
− la Sede Centrale che, tramite il proprio ufficio legale, ha favorito la pubblicazione
di questa opera;
− Guido Coppadoro per la cura e la precisione dimostrate nella correzione delle bozze.
La Commissione vuole infine ricordare con affetto Sergio Billoro per il grande
impegno dedicato alle Scuole del nostro sodalizio.

Maurizio Dalla Libera


Presidente Commissione Nazionale
Scuole di Alpinismo, Sci Alpinismo e Arrampicata Libera
Prefazione Alpinismo su roccia

PREFAZIONE

Sono passati numerosi anni dalla pubblicazione dell’ultima edizione del


manuale di alpinismo su roccia da parte del Club Alpino Italiano e della
Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo, Scialpinismo ed Arrampicata
Libera. In questo periodo, molti sono stati gli sviluppi e molte le innovazioni
6
di materiali, tecniche, attrezzature e, in definitiva, anche del modo di avvi-
cinare e frequentare la montagna da parte degli alpinisti.
Era quindi opinione diffusa e forte esigenza di tutti, istruttori ed appassio-
nati, che venisse pubblicato un nuovo manuale su questi argomenti, con lo
scopo di presentarne in forma organica e dettagliata lo stato dell’arte, che al
momento non è reperibile alla maggior parte degli interessati se non in forma
disorganizzata e frammentaria.
Questo manuale ha appunto lo scopo di presentare quello che è lo stato attua-
le di conoscenza sulla principale attrezzatura alpinistica e sul suo corretto
uso, sulle principali tecniche di progressione - individuale e di cordata - su
diversi tipi di terreno, sulle principali tecniche di autosoccorso di cordata ed
infine sulla organizzazione e conduzione di una ascensione in montagna. In
questa ottica, questo manuale è stato pensato e scritto per gli appassionati di
arrampicate su roccia, per gli istruttori delle Scuola del CAI e per i loro allie-
vi, in modo da poter essere utilizzato come un riferimento per una didattica
completa ed aggiornata su questi temi.

Il manuale è suddiviso in 14 Capitoli e due Appendici:


Cap. 1 Equipaggiamento
Cap. 2 Attrezzatura alpinistica
Cap. 3 Nodi principali
Cap. 4 Catena dinamica di assicurazione e tecniche di assicurazione
Cap. 5 Tecnica individuale
Cap. 6 Ancoraggi e soste
Cap. 7 Corde doppie, corde fisse, risalita corde
Cap. 8 Tecniche di assicurazione in parete
Alpinismo su roccia Prefazione

Cap. 9 Progressione in conserva su pendii e creste


Cap. 10 Progressione con mezzi artificiali
Cap. 11 Emergenze
Cap. 12 Preparazione e condotta della salita
Cap. 13 Le scale delle difficoltà
7
Cap. 14 Richiesta di soccorso
App. A Brevi richiami di fisica
App. B Cenni storici sull’evoluzione dei materiali e delle tecniche
Bibliografia

I primi due capitoli trattano dell’equipaggiamento e dell’attrezzatura speci-


fica per affrontare salite su roccia di ogni difficoltà ed ambiente: dalla salita
in falesia di bassa quota ad una complessa ascensione che richiede più giorni
di permanenza in parete. Agli appassionati di materiali, si raccomanda
anche la lettura del manuale “I materiali per alpinismo e relative norme”,
scritto a cura della Commissione Centrale Materiali e Tecniche e pubblicato
nel 2007, che riporta e descrive in dettaglio le varie norme e specifiche di
progetto dell’attrezzatura alpinistica.
Il capitolo 3 presenta una selezione dei nodi principali di corrente uso in
alpinismo. Pur non riportando un elenco esaustivo di tutti i possibili nodi,
quelli presentati sono quelli che si ritiene - a seguito di una lunga esperienza
sul campo - essere i più indicati per gli utilizzi proposti.
Il capitolo 4 presenta la costituzione e i principi di funzionamento della
cosiddetta “catena dinamica di assicurazione”, elemento fondamentale per la
sicurezza degli alpinisti e della cordata durante una salita in parete.
Il capitolo 5, scritto dalla Guida Alpina Paolo Caruso, riporta i principi
della tecnica individuale di progressione, ed insegna quelli che sono i principi
fondamentali per una progressione “sicura” ed “efficiente”. Ulteriori appro-
fondimenti su questi aspetti sono riportati sui manuali di arrampicata libera
di prossima pubblicazione da parte del CAI.
I capitoli 6 e 7 illustrano le tecniche realizzative e le caratteristiche principali
dei diversi tipi di soste da utilizzare in parete; descrivono anche le modalità
Prefazione Alpinismo su roccia

di posizionamento e utilizzo di corde doppie e corde fisse.


Il capitolo 8 riporta lo stato attuale delle conoscenze sulle tecniche di assicu-
razione dinamica, presentando un panorama su di esse e discutendone i vari
pregi e difetti. Si tratta ovviamente di un argomento di estrema importanza
per gli alpinisti, che merita di essere conosciuto in dettaglio.
I capitoli 9 e 10 discutono diverse modalità di progressione di una cordata in
8
ambienti “particolari”: su terreno “facile”, nel quale si può decidere di proce-
dere normalmente, non con la modalità di progressione “tiro per tiro” ma con
quella “in conserva”, e su terreno in cui si deve adottare la tecnica di progres-
sione in “artificiale”, cioè avvalendosi dell’uso di chiodi e di altri ancoraggi
artificiali/naturali non solo per la sicurezza ma anche per la progressione.
Il capitolo 11, importante anche se molto tecnico, illustra quelle che sono le
principali manovre di autosoccorso della cordata, grazie alle quali una cor-
data di due o tre alpinisti può cercare di mettere in pratica operazioni atte a
soccorrere uno dei componenti in caso di incidenti.
I capitoli 12 e 13 riguardano informazioni generali sulla preparazione
delle salite in montagna. In particolare, il capitolo 12 presenta i possibili
pericoli che si possono presentare durante una ascensione, ed alcuni consigli
per evitarli. Si parla anche del concetto di responsabilità e della conduzione
di persone in montagna. Il capitolo 13 introduce ad un aspetto spesso sotto-
valutato, ovvero alla corretta lettura delle guide alpinistiche, da cui trarre
importanti informazioni riguardo alle difficoltà tecniche ed ambientali della
salita programmata.
Il capitolo 14 ricorda quelle che sono le modalità di chiamata del soccorso
organizzato e le semplici regole di comportamento da tenere in questo caso.
L’appendice A richiama alcuni brevi cenni di fisica, utili a chiarire alcuni dei
concetti discussi nel manuale; l’appendice B da qualche cenno sull’evoluzione
dei materiali e delle tecniche.
Si sottolinea che questo manuale segue, completa e fa riferimento ad altre
pubblicazioni su tecniche e materiali alpinistici redatte dalla CNSASA e
dalla CCMT. In particolare, si fa riferimento ai manuali di “Alpinismo su
ghiaccio e misto”, “I materiali per alpinismo e relative norme”,
“La sicurezza sulle vie ferrate: materiali e tecniche”, che specializzano
Alpinismo su roccia Prefazione

ed approfondiscono in alcuni aspetti parte del vasto materiale qui presentato.


Si consigliano anche, se pur al momento non disponibili (in quanto di
prossima pubblicazione), i due manuali a cura della CNSASA riguardanti
l’arrampicata libera (tecnica, allenamento e materiali).

Si vuole qui ricordare e sottolineare che anche se da un lato l’arrampicata su


9
roccia, ma più in generale l’alpinismo e la frequentazione della montagna,
è un magnifico esercizio che si svolge all’aperto, nella natura e in luoghi
particolarmente meravigliosi, in grado di dare all’appassionato molte soddi-
sfazioni da diversi punti di vista, è però anche un’attività che va affrontata
con gradualità e rispetto, con coscienza innanzi tutto delle proprie capacità
tecniche e morali, e quindi delle difficoltà e dei vari aspetti dell’ambiente in
cui si va ad operare.
In questo senso, anche la lettura di un manuale come questo non deve fare
dimenticare che, in definitiva, sono l’esperienza personale e le capacità deri-
vanti dalla pratica e dalla continua frequentazione dell’ambiente montano le
prime ed essenziali caratteristiche che permettono di affrontare “in sicurezza”
ascensioni e salite in montagna.
In conclusione gli autori, per assicurando di avere controllato con cura ed
attenzione tutto il materiale qui presentato, invitano in ogni caso i lettori a
leggere e studiare quanto esposto con un atteggiamento critico, senza prendere
nulla per “garantito”, e ringraziano sin da ora per eventuali segnalazioni di
errori o imprecisioni.
La scrittura di un manuale come questo richiede l’impegno, la competenza,
la dedizione e la passione di numerose persone, volontari e professionisti, che
fanno della sicurezza in montagna quasi una missione.
Se pur l’organizzazione e la razionalizzazione finale di tutto il materiale
è stata fatta dagli scriventi, è d’obbligo citare coloro che hanno contribuito
a questo manuale, e che vanno ben al di là della sola Scuola Centrale di
Alpinismo che ha avuto l’onore di curare questa pubblicazione.
Prefazione Alpinismo su roccia

In particolare, si desidera ringraziare per quanto fatto:

- Paolo Caruso per la preparazione del capitolo 5.


- Carlo Barbolini, per avere raccolto una bozza preliminare di parte di questo
manuale e per la collaborazione alla scrittura del capitolo 10.
- Valerio Folco per la collaborazione al capitolo 10.
10
- Lucio Calderone, Anna Ceroni, Giacomo Cesca, Lorenzo Giacomoni, Luca
Leoni per la collaborazione alla stesura del capitolo 11.
- Gianni Mandelli per la preparazione del capitolo 13.
- Mario Bertolaccini e Luciano Bosso, per avere seguito la riscrittura delle
prime bozze di alcuni capitoli.
- Gli autori del manuale “Alpinismo su ghiaccio e misto”, dal quale è stato
tratto parte del materiale riportato in vari capitoli.
- Gli istruttori della Scuola Centrale di Alpinismo che, nel corso degli anni,
hanno tutti contribuito in modo diverso, con contributi scritti, discussioni,
proposte, prove sul campo e quanto altro, alla finalizzazione del materiale
qui presentato.
- La CNSASA per avere curato e seguito tutti gli aspetti generali e di gestione
che hanno portato alla pubblicazione di questo manuale.
- I colleghi ed amici della CCMT, ed in particolare Vittorio Bedogni e Carlo
Zanantoni per la lunga collaborazione sulle questioni relative ai materiali e
alle tecniche di assicurazione dinamica.
- Gianni Bavaresco, Massimo Bazzolo, Lucio Calderone, Diego Filippi,
Michele Malfione, Bruno Moretti, Emiliano Olivero, Oskar Piazza e Mauro
Petronio per le numerose immagini e fotografie.
- Guido Coppadoro per la cura, la precisione e l'attenzione dimostrate nella
correzione delle bozze.
- Le aziende Beal, Black Diamond, Camp, Faders, Grivel, Kong, Petzl,
Raumer e Trango che hanno permesso la riproduzione di fotografie e/o schizzi
tratti dai loro cataloghi.

Un ringraziamento particolare, infine, va alle nostre famiglie per la infinita


pazienza e comprensione dimostrata…ancora una volta!

Giuliano Bressan, Istruttore SCA


Claudio Melchiorri, Direttore SCA
Indice Alpinismo su roccia

clicca sui titoli in rosso per andare al capitolo desiderato


INDICE
• Presentazione del Presidente Generale pag. 3
• Presentazione e ringraziamenti della CNSASA pag. 4
• Prefazione pag. 6
• Indice pag. 12
12
Capitolo 1: Equipaggiamento
Premessa pag. 16
Abbigliamento pag. 19
Attrezzatura varia pag. 27
Materiale da bivacco pag. 40

Capitolo 2: Attrezzatura alpinistica


Premessa pag. 46
Normativa internazionale pag. 47
Materiale tecnico omologato pag. 53
Corde pag. 53
Cordini, fettucce e preparati pag. 63
Moschettoni pag. 72
Imbracatura pag. 76
Casco pag. 81
Chiodi da roccia pag. 82
Blocchetti da incastro fissi e regolabili pag. 87
Bloccanti (maniglie) pag. 90
Piastrine multiuso pag. 90
Dissipatori pag. 94
Pulegge pag. 95
Materiale tecnico non omologato pag. 95
Freni automatici pag. 95
Freni non automatici (freni dinamici) e discensori pag. 96
Martelli pag. 98
Altri attrezzi pag. 98
Manutenzione e invecchiamento del materiale pag. 102

Capitolo 3: Nodi principali


Premessa pag. 106
Nodi pag. 106
Nodi d'uso generale pag. 108
Nodi di collegamento della corda all’imbracatura pag. 110
Realizzazione di imbracature di emergenza pag. 114
Nodi per assicurazione e autoassicurazione pag. 114
Nodi autobloccanti pag. 118
Nodi di giunzione pag. 125
Alpinismo su roccia Indice

Capitolo 4: Catena dinamica di assicurazione e tecniche di


assicurazione
Premessa pag. 132
Principi della catena di assicurazione pag. 133

Capitolo 5: Tecnica individuale


Concetti generali pag. 162
Concetti base pag. 165 13
Esercizi propedeutici pag. 194
Tecniche e progressioni pag. 199

Capitolo 6: Ancoraggi e soste


Premessa pag. 250
Ancoraggi pag. 250
Soste pag. 262

Capitolo 7: Corde doppie, corde fisse, risalita corde


Corde doppie pag. 280
Corde fisse pag. 298
Risalita della corda con i nodi autobloccanti pag. 312

Capitolo 8: Tecniche di assicurazione in parete


Premessa pag. 316
Ancoraggi di sosta, ancoraggi intermedi e autoassicurazioni pag. 318
Richiami sull'assicurazione dinamica sui freni pag. 324
Tecniche di assicurazione dinamica al primo di cordata pag. 330
Tecniche di assicurazione al secondo di cordata pag. 351
Assicurazione con metodo tradizionale a spalla pag. 357
Progressione della cordata su terreno alpinistico pag. 359
Passaggio delle corde in carico dal tuber alla sosta pag. 365

Capitolo 9: Progressione in conserva su pendii e creste


Premessa pag. 370
Indicazioni e suggerimenti pag. 372

Capitolo 10: Progressione con mezzi artificiali


Premessa pag. 392
Tecnica di arrampicata in artificiale pag. 393
Materiali specifici per l'arrampicata artificiale pag. 402

Capitolo 11: Emergenze


Premessa pag. 412
Autosoccorso della cordata pag. 413
Introduzione pag. 414
Indice Alpinismo su roccia

Recupero del compagno alla sosta pag. 427


Calata del compagno pag. 433
Altre manovre pag. 457

Capitolo 12: Preparazione e condotta della salita


Premessa pag. 462
I pericoli pag. 464
Pericoli oggettivi pag. 466
14
Pericoli soggettivi pag. 490
Preparazione di una salita pag. 495
La responsabilità dell'accompagnatore pag. 501

Capitolo 13: Le scale delle difficoltà


Premessa pag. 512
Chi valuta e come si valuta una dfficoltà pag. 512
Un po' di storia e un po' di chiarezza pag. 515
Difficoltà su roccia pag. 520
Difficoltà d'insieme pag. 529
Il boulder pag. 532
Conclusione pag. 535

Capitolo 14: Richiesta di soccorso


Premessa pag. 538
Numero di chiamata del Soccorso Alpino sulle Alpi pag. 539
Segnali internazionali di Soccorso Alpino pag. 539
Il soccorso aereo pag. 542
Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezza pag. 545

Appendici
A - Brevi richiami di fisica pag. 558
B - Cenni storici sull’evoluzione dei materiali e di alcune tecniche pag. 565

Bibliografia pag. 572


Alpinismo su roccia Equipaggiamento

capitolo 1
Equipaggiamento

INDICE
Premessa
Abbigliamento
• Indumenti a contatto con la pelle
• Pantaloni
• Sovrapantaloni
• Giacca a vento
• Giacca imbottita
• Copricapo
• Guanti
• Occhiali
• Crema solare

Attrezzatura varia
• Scarpette
• Scarpe da avvicinamento
• Scarponi
• Ghette
• Zaino
• Sacchetto porta magnesite
• Lampada frontale
• Thermos e borracce
• Telo termico
• Bastoncini regolabili
• Farmacia
• Relazione salita, cartina topografica, strumentazione
• A.R.VA.
• Documenti e tessera del C.A.I.
• Accessori vari
Materiale da bivacco
• Il bivacco imprevisto
• Il bivacco organizzato
• Fornello
• Pentole e posate
• Viveri e bevande
• Materassini
• Amaca e portaledge
• Sacco a pelo e sacco da bivacco
• Tendina

torna al sommario
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

PREMESSA
In questo capitolo viene presentata una panoramica generale sull’equipag-
giamento non “tecnico”(vestiario, calzature, ecc.) che è opportuno utilizzare
in ambiente di montagna. Il materiale tecnico, strettamente orientato alla
arrampicata su roccia, sarà illustrato in dettaglio nei capitoli seguenti.
16 La trattazione di questo capitolo è volutamente generale e comprende anche
capi e materiali che si utilizzano normalmente su neve e ghiaccio in quanto
può capitare di affrontare salite su roccia che comprendono avvicinamenti
e/o rientri su neve/ghiaccio, come ad esempio le numerose ascensioni nel
gruppo del Monte Bianco. In particolare, in questo capitolo sono illustrate
tre grandi categorie di equipaggiamento: abbigliamento, attrezzatura varia
e materiale da bivacco.
Il vestiario ha importanza primaria in alta montagna e in connessione con
attività a spiccato contenuto tecnico come quella alpinistica.
È importante indossare vari strati di indumenti sottili e leggeri.
Le principali funzioni del vestiario sono:
- proteggere da condizioni atmosferiche avverse;
- favorire o perlomeno non ostacolare i processi di termoregolazione del corpo;
- proteggere da effetti meccanici dannosi dell’ambiente (quali sfregamento
contro superfici ruvide, penetrazione di elementi taglienti, ecc.);
- garantire comodità, senza ostacolare i movimenti.
Per quanto riguarda il primo punto va ricordato che il corpo umano è
termoregolato attraverso un complesso sistema fisiologico attorno a una tem-
peratura ottimale di 37°C; variazioni anche di pochi gradi rispetto a tale
valore (febbre, ipotermia) comportano forte riduzione della funzionalità
e in particolare della capacità di produrre lavoro. Gran parte dell’energia
prodotta dal corpo umano viene utilizzata per produrre calore: in normali
condizioni di attività fisica e di condizioni ambientali solo circa il 25%
dell’energia prodotta viene trasformata in lavoro muscolare. Lo scambio
di calore con l’esterno, che consente di mantenere costante la temperatura
interna, avviene essenzialmente attraverso l’apparato circolatorio periferico e
attraverso l’evaporazione tramite sudorazione.
Tali processi sono resi critici da condizioni ambientali particolarmente
avverse: elevate temperature e insolazione, basse temperature, forte vento,
pioggia o umidità elevata. Nel caso di temperature ambientali elevate ed
elevata umidità atmosferica, sotto fatica, il processo di ablazione del calore
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

da parte della circolazione sanguigna e il processo di sudorazione non devono


essere ostacolati dal vestiario, pena il rischio di sovra riscaldamento e infine
di “colpo di calore”. Nel caso di temperature basse, soprattutto se in presenza
di umidità e vento, è in primo luogo il vestiario che deve assistere i processi
fisiologici che combattono l’insorgere dell’ipotermia, dell’assideramento e del
congelamento locale. Un buon capo di vestiario, in dipendenza ovviamente
dalla sua funzione specifica, deve essenzialmente essere caratterizzato da un 17
certo grado di isolamento termico e da una certa capacità di traspirazione.
La prima proprietà dipende essenzialmente dallo spessore e dalla struttu-
ra dei tessuti, in particolare dalla quantità di aria da essi trattenuta. La
seconda proprietà, più difficile da ottenere in misura soddisfacente, dipende
essenzialmente dalla struttura e dalla capacità della fibra tessile di condurre
l’umidità; è comunque dipendente dalle condizioni dell’ambiente in quanto
la traspirazione richiede un sufficiente gradiente termico e di umidità ed è
quindi favorita in ambiente fresco e asciutto.
Attualmente sono disponibili sul mercato tessuti sia in fibra naturale che in
fibra sintetica, questi ultimi in misura sempre crescente. Diamo nel seguito
solamente alcune indicazioni essenziali in quanto i materiali disponibili sul
mercato, soprattutto quelli in fibra sintetica, sono estremamente numerosi
e spesso differenziati solamente per caratteristiche secondarie o addirittura
sostanzialmente identici malgrado la diversa denominazione.
Le fibre naturali (cotone, lana, seta) sono caratterizzate essenzialmente da:
- resistenza (allo strappo) buona per il cotone e la seta, cattiva per la lana;
- resistenza all’usura (sfregamento) buona per il cotone, cattiva per la lana
e la seta;
- elevata capacità di assorbire umidità e quindi vantaggio per la pelle (salvo
“allergie”, frequenti nel caso della lana);
- asciugamento lento, soprattutto nel caso della lana;
- buon isolamento termico, maggiore nel caso della lana e della seta, minore
nel caso del cotone;
- deformabilità elevata per la lana e la seta, scarsa per il cotone.
Il cotone è ancora usato nell’abbigliamento alpinistico; la lana classica lo
è sempre meno mentre per il freddo intenso si sta diffondendo nel mercato
la nuova lana merino; la seta è utilizzata principalmente nella biancheria
intima, per sottocalze o sottoguanti. Le fibre sintetiche, come già detto, sono
presenti sul mercato in numero elevato e con caratteristiche sensibilmente
diverse. La loro scarsa capacità di assorbire umidità le ha rese per lungo
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

tempo poco adatte al contatto con la pelle, ma esistono oggi numerosi tessuti
che, per composizione e struttura, superano sostanzialmente tale problema.
In media le caratteristiche principali sono le seguenti:
- resistenza (allo strappo) migliore di quella delle fibre naturali
- resistenza all’usura (sfregamento) migliore di quella delle fibre naturali
- scarsa o quasi nulla capacità di assorbire umidità
18 - asciugamento rapido
- isolamento termico in genere di per sé modesto, ma buono in combinazione
con altri materiali e/o in strutture particolari
- peso specifico minore di quello delle fibre naturali
- tendenza ad assumere carica elettrostatica e quindi a sporcarsi rapidamente.
Un esempio interessante di tessuto in fibra sintetica è il Goretex. Si tratta
essenzialmente di un laminato, cioè di un tessuto costituito da più strati di
cui uno, interno, protetto meccanicamente su ambo i lati da strati più ester-
ni, è costituito da una membrana di Teflon i cui pori sono di dimensioni tali
da permettere il passaggio di acqua sotto forma di vapore, e quindi la tra-
spirazione, ma non il passaggio di gocce d’acqua anche piccolissime, per cui
risulta impermeabile. Risolve quindi abbastanza soddisfacentemente il pro-
blema di indumenti che devono essere impermeabili e contemporaneamente
sufficientemente traspiranti, quali giacche a vento, sovrapantaloni, ghette,
guanti. Il suo principale difetto è quello di non possedere di per sé elevata
resistenza meccanica. In combinazione con altri materiali peraltro può essere
e viene normalmente utilizzato anche per scarpe, zaini, tende.
Le fibre sintetiche vengono utilizzate anche per produrre il pile, tessuto,
simile a pelo sintetico, utilizzato per determinati indumenti (giacche, calze,
guanti, copricapi, ecc.).
Tale rivestimento viene ottenuto direttamente dalla struttura portante in
fibra del tessuto e costituisce con esso quindi corpo unico; ha ottime proprietà
termiche, ma scarsa impermeabilità al vento e, per poter essere utilizzato con
buoni risultati anche in tali condizioni, deve essere dotato di un rivestimento
interno opportuno chiamato “windstopper”.
Per quanto riguarda gli indumenti a contatto della pelle (guanti leggeri,
passamontagna, slip, sottopantaloni e maglia,...) si segnalano materiali come
il polipropilene, il fleece, il capilene.
Passiamo ora in rapida rassegna il principale equipaggiamento in uso nella
pratica dell’alpinismo anche in alta quota; gli attrezzi tecnici vengono invece
descritti nel capitolo 2.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

ABBIGLIAMENTO
Indumenti a contatto con la pelle
Gli indumenti a contatto con la pelle devono
essere scelti in funzione dell’ambiente in cui
si svolge l’attività e delle caratteristiche della
19
stessa. Attività con elevato impegno aerobico
(es. lunghe salite in quota) produrranno grosse
quantità di liquidi che richiedono di essere
smaltite e quindi necessitano di indumenti
che trasportino all’esterno il più rapidamente
possibile, di strato in strato, il sudore. Attività con elevato
impegno aerobico pro-
Capi in filato di capilene e di polipropilene
durranno abbondanti
sono molto traspiranti, si asciugano rapida- quantità di liquidi da
mente e favoriscono l’“espulsione” dei liquidi smaltire; necessitano
quindi indumenti che
verso l’esterno attenuando la spiacevole sen- trasportino all’esterno il
sazione di bagnato. La biancheria di cotone sudore il più rapidamen-
possiede gradevoli proprietà a contatto con te possibile di strato in
strato. In alta montagna
la pelle, ma si inzuppa piuttosto rapidamente vengono normalmente
col sudore e risulta quindi poco pratica a basse impiegati indumenti in
temperature. pile o simili che, avendo
un basso coefficiente di
Oggi, specie in alta montagna o nelle spedizio- inzuppamento, si asciu-
ni extraeuropee, vengono normalmente impie- gano molto rapidamente.
gati indumenti in pile o simili, che, avendo un
basso coefficiente di inzuppamento, si asciuga-
no molto rapidamente.
Si può ottenere un’efficace protezione dal fred-
do e dal vento indossando più capi sovrapposti
che producono la formazione d’intercapedini
isolanti fra gli strati. Inoltre, in caso di pioggia,
avendo più capi a disposizione, ci si trova ad
avere sempre qualcosa d’asciutto da indossare
ed è possibile dosare meglio la protezione ter-
mica del corpo.
Le calze devono essere robuste e in grado di tra-
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

sportare rapidamente il sudore verso l’esterno.


Oggi sono preferiti i tessuti sintetici in quan-
to combinano favorevolmente i pregi d’altri
materiali: hanno buone proprietà
termiche, che si mantengono anche
allo stato bagnato, sono sufficien-
20 temente robusti e non ostacolano
particolarmente la sudorazione; i
calzini si trovano con spessore fine
e spesso in polipropilene mentre le
calze pesanti sono prodotte in pile.
Le calze di lana, o più spesso un
misto lana-sintetico, sono ancora
in uso, ma sono poco robuste e di
calzata in genere meno comoda.
Per evitare dolorosi sfregamenti sotto
le calze pesanti di pile o lana, a
Fig. 1.01 Indumenti contatto pelle: diretto contatto con la pelle, è conveniente
maglietta in capilene, calzamaglia,
slip in capilene, calzini in polipropilene indossare calzini sottili di polipropilene oppure
di cotone.
Una volta si utilizzava la camicia di lana o
di cotone, tipicamente di flanella: tuttavia
s’inzuppava rapidamente di sudore e quindi,
L’abbigliamento in mon- soprattutto in condizioni di basse temperature,
tagna, soprattutto d’in- l’indumento doveva essere cambiato con una
verno, deve rispondere
a un duplice requisito:
certa frequenza ad evitare pericolosi raffredda-
protezione dal freddo, menti. Anche per quest’indumento, tradizio-
che può essere anche nalmente legato alle fibre naturali, sono oggi
intenso, e possibilità di
regolazione. disponibili ottime versioni in fibre sintetiche
che favoriscono in particolare la sudorazione e
sono di rapido asciugamento.
L’abbigliamento in montagna, soprattutto d’in-
verno, deve rispondere a un duplice requisito:
protezione dal freddo, che può essere anche
molto intenso, e possibilità di regolazione.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Riguardo quest’ultimo punto si tenga presente


che il caldo eccessivo e sudorazione sono fat-
tori negativi. Entrambi affaticano l’organismo Il sudore per asciugare
assorbe il calore d’eva-
e richiedono un’assunzione supplementare di porazione dal corpo. Più
liquidi che può essere difficile reperire. che pochi indumenti
La sudorazione, inoltre, è responsabile della pesanti, conviene avere
numerosi “strati” più
sensazione di freddo improvviso che può sottili e leggeri, che per-
21

cogliere durante le soste anche se ci si è coperti mettono una migliore


subito. Infatti, per asciugare, il sudore assorbe il regolazione e una mag-
giore coibentazione.
calore d’evaporazione dal corpo. Più che pochi
indumenti molto pesanti, conviene dunque
avere numerosi “strati” più sottili e leggeri, che
da un lato permettono una migliore regola-
zione e dall’altro una maggiore coibentazione,
grazie ai cuscinetti d’aria calda che si formano
tra l’uno e l’altro (inoltre c’è la possibilità di
eliminare l’indumento bagnato di sudore senza
pregiudizio della copertura totale). In genere,
quando alla mattina l’organismo è freddo,
si parte molto coperti. Bisogna avere l’av-
vertenza, man mano che l’attività musco-
lare produce calore in eccesso, di scoprirsi
gradualmente, evitando di accaldarsi e di
sudare troppo. Durante le soste al freddo,
venendo a mancare la produzione di calore
del movimento, è indispensabile coprirsi
subito, soprattutto se si è sudati e se c’è
vento, anche se la fermata è breve.
Passiamo ora in rapida rassegna i principali
capi di vestiario in uso nella pratica dell’alpi-
nismo, ricordando che l’importanza di un ade-
guato abbigliamento non va mai sottovalutata Fig. 1.02 Indumenti intermedi:
maglietta a pelle, una maglia con maniche
e che quindi va posta estrema cura nella sua lunghe con collo e un pile in windstopper
scelta e non soltanto in quella d’attrezzi tecni-
camente soddisfacenti.
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Pantaloni
Non esistono suggerimenti particolari per la
scelta dei pantaloni per arrampicate su strutture
in bassa quota e soleggiate. In genere, comun-
que, devono permettere libertà di movimenti,
non essere irritanti per la pelle, essere robusti,
22 non inzupparsi facilmente, avere buone pro-
prietà termiche e sufficiente traspirazione,
asciugare rapidamente. Queste caratteristi-
che si ottengono in media assai meglio con
tessuti misti che con sole fibre naturali, ed
esistono oggi numerose soluzioni valide
proposte dal mercato. Per l’attività in
alta montagna, la forma più adatta è la
salopette in elasticizzato che presenta il
vantaggio di fornire protezione alle reni e
allo stomaco e di possedere una maggior dota-
Fig. 1.03 Pantaloni e sovrapantaloni
zione di tasche appropriate.

Sovrapantaloni
Per l’attività in alta Devono essere impermeabili e antivento pur
montagna, la forma più consentendo una certa traspirazione. I sovra
adatta è la salopette in
elasticizzato che presen- pantaloni in nylon sono impermeabili, ma non
ta il vantaggio di fornire traspiranti. Molto più efficienti dal punto di
protezione alle reni e allo
vista della traspirazione sono quelli in Goretex.
stomaco e di possedere
una maggior dotazione Esistono anche sovra pantaloni imbottiti adatti
di tasche appropriate. alle condizioni di basse temperature e vento.
Nella maggior parte dei casi però l’impermea-
bilità dopo un certo periodo di uso viene a
ridursi considerevolmente.
È importante siano provvisti di cerniere laterali
che permettano di indossarli anche con gli scar-
poni e i ramponi ai piedi.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Giacca a vento
Deve essere in tessuto impermeabile e traspi-
rante, meglio se dotata di cappuccio non aspor-
tabile, eventualmente integrato nel colletto, di
grandezza tale da poter essere indossato anche La migliore vestibilità è
con il casco. È opportuno che la cerniera di quella che consente di
estendere completamente 23
chiusura sia lunga fino al mento e munita di in alto le braccia senza
doppio cursore, per poter indossare la giacca scoprire le reni, ed è otte-
nuta di solito con mani-
sopra l’imbracatura lasciando fuoriuscire la
che larghe e comode,
corda di cordata. La cerniera deve essere in pla- chiuse da polsini rego-
stica, poiché quelle di metallo, come già detto, labili.
a temperature molto basse risultano dolorose
al contatto.
La migliore vestibilità è quella che consente
di estendere completamente in alto le braccia
senza scoprire le reni, ed è ottenuta di solito
con maniche larghe e comode, chiuse da pol-
sini regolabili. Molto utili le tasche, ampie e,
possibilmente, chiuse da cerniere. Dal punto
di vista dei materiali sono oggigiorno da scon-
sigliare, per l’uso in alta montagna, le
giacche in nylon o “perlon” imbottito
che non sono traspiranti. Le giacche in
Goretex o similare hanno ottime pro-
prietà d’impermeabilità e traspirazio-
ne. È da verificare con cura che tutte le
cuciture siano termosaldate per evitare
la penetrazione dell’acqua. Esistono oggi
soluzioni assai interessanti dal punto di vista
delle proprietà termiche, della traspirazione e
del peso, che utilizzano, in funzione di isolanti,
combinazioni di diversi materiali e strutture Fig. 1.04 Giacca a vento
quali corotherm, thinsulate e altri, e come tra-
spirante il Goretex.
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Giacca imbottita
È costituita di norma da un involucro esterno
e da un’imbottitura che, in alcuni modelli, è
estraibile. L’imbottitura interna può essere in
piumino d’oca o in varie fibre sintetiche.
Le giacche con imbottitura in piumino natu-
24 rale hanno migliori proprietà termiche, ma, se
bagnate, perdono almeno temporaneamente la
loro capacità isolante e l’imbottitura tende a
distribuirsi in modo non uniforme.
Le giacche con imbottitura sinteti-
ca sono meno isolanti ma soffrono
in misura minore delle conseguenze
dell’inzuppamento. Sono comunque capi di
Fig. 1.05 Giacca imbottita vestiario da utilizzare solamente in alta quota,
con condizioni di temperatura molto bassa o
per bivacco. In altre condizioni sono vantag-
giosamente sostituite dalle combinazione di
una normale giacca a vento e di un corpetto
imbottito, da usare in caso di necessità.

Copricapo
Un buon copricapo deve proteggere adeguata-
mente dal freddo e dal vento ed essere abba-
stanza ampio da poter coprire nuca, fronte e
orecchie. Inoltre il berretto potrebbe essere
indossato sotto il casco. Il passamontagna è un
ottimo riparo in situazioni meteo severe (vento
forte, basse temperature, tormenta).
Può essere anche in lana o in tessuto misto
e anche in pile e deve permettere una certa
traspirazione; versioni di pile “wind stopper”
Fig. 1.06 Copricapi: berretto da sole, costituiscono una soluzione efficace. Un fou-
passamontagna in capilene, copricapo
indossabile anche sotto il casco, foulard
lard ripara dal vento, impedisce al sudore di
colare sugli occhi, abbinato al berretto da sole
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

ripara le orecchie. Nelle escursioni estive, un


cappellino di tela è molto utile per proteggere
il capo dall’azione diretta del sole: può essere
dotato di frontino oppure di tesa larga.

Guanti
Funzioni essenziali dei guanti sono: Un guanto impermeabile 25
a cinque dita risulta più
- protezione dal freddo; pratico, mentre per quel
- protezione da eventuali abrasioni e urti sul che riguarda la protezio-
ghiaccio (es. con la tecnica “piolet traction”). ne dal freddo le moffole
(di lana infeltrita e/o con
Un guanto impermeabile a cinque dita risulta imbottitura in pile) sono
più pratico, mentre per quel che riguarda la senz’altro da preferire.
protezione dal freddo le moffole (di lana infel-
trita e/o con imbottitura in pile) sono senz’altro
da preferire. Infatti, rispetto ai guanti a cinque
dita contengono una maggior quantità d’aria,
offrendo un isolamento superiore; racchiudono
inoltre in un unico involucro le quattro dita,
che si scaldano a vicenda. In caso di freddo
intenso, può essere utile l’uso di un sottoguan-
to in acrilico o in seta o di una sopramoffola;
la sopramoffola in perlon protegge dall’inzup-
pamento. Anche il Goretex viene utilizzato in
combinazione con pile o altri tessuti.
Molto validi sono guanti in materiale “wind
stopper” che proteggono dal vento: va infatti
ricordato che, ad esempio, le moffole in lana,
estremamente calde in assenza di vento, per-
dono con quest’ultimo molta della loro ter-
micità al punto da richiedere sopraguanti in Fig. 1.07 Guanti da sinistra a destra dall’alto:
nylon o equivalenti. Vengono anche utilizzati wind stopper, moffola in lana, a 5 dita in lana,
guanto tecnico in neoprene, sottoguanto
in arrampicata guanti privi delle dita. in capilene, copriguanto in Goretex
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Fig. 1.08 Occhiali

Occhiali
In ambiente di alta montagna, soprattutto se
nevoso, è indispensabile l’impiego di appositi
26 occhiali, che devono assolutamente essere di
qualità e adatti all’uso specifico. Essi devono
garantire:
• efficiente assorbimento della radiazione UV;
• un ragionevole assorbimento nella regione
visibile dello spettro solare; tale assorbimento
viene ottenuto tramite opportuna colorazione
delle lenti ed è normalmente compreso tra il
50% e l’80%. Le colorazioni più opportune
sono quelle comprese nella gamma grigiover-
de - grigio - grigio bruno. Altre colorazioni,
soprattutto quelle assai marcate, sono da evita-
re in quanto alterano eccessivamente le caratte-
ristiche della percezione;
• assorbimento pressoché totale della radiazio-
ne IR (infrarossa);
• angolo di visione sufficiente: alcuni tipi
ancora in commercio, allo scopo di proteggere
lateralmente, risultano di dimensioni troppo
piccole e limitano il campo visivo.
La forma migliore è quella a “goccia”;
• robustezza e sicurezza; da questo punto di
vista sono preferibili le lenti in materiale sinte-
tico. La montatura deve essere sufficientemente
robusta e può essere in nylon, materiale leggero
Fig. 1.09 Occhiali e casco e indeformabile, in plastica o in poliflex;
• ventilazione adeguata, tale da evitare eccessivo
appannamento; le lenti in materiale sintetico si
appannano meno.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Crema solare
In ascensioni in quota, è importante applicare
una crema solare sul viso, le labbra, il naso, le
orecchie e in generale sulle parti esposte alle
radiazioni solari. Oltre alla crema unica con
alto grado di protezione si può utilizzare un
27
prodotto specifico per le parti più delicate
come ad esempio le labbra. Da notare che la
crema protegge anche dal vento freddo. Tenere
inoltre presente che la crema dopo 6 mesi
perde metà del suo potere protettivo.

ATTREZZATURA VARIA
Scarpette
Anche se le scarpe leggere a gomma liscia, le
“scarpette di arrampicata”, sono diventate di Nei primi anni del ‘900
i rocciatori utilizzavano
uso comune in Italia a partire dalla fine degli per le ascensioni pedule
anni ‘70, non bisogna scordare che in realtà leggere con suola di panno
esse hanno una storia ben più lunga. Già nei compresso (il cosiddetto
mancio); erano molto
primi anni del ‘900, infatti, i rocciatori utilizza- diffuse all’epoca delle
vano per le ascensioni pedule leggere con suola prime salite di “sesto
di panno compresso (il cosiddetto mancio), ed grado” (Solleder, Rossi,
Micheluzzi, ecc.).
erano molto diffuse nell’epoca delle prime sali-
te di “sesto grado” (Solleder, Rossi, Micheluzzi,
ecc.). Sono state poi introdotte le scarpe con
suole di gomma (Comici). Dopo l’introduzione
in ambiente occidentale delle suole “Vibram”
da parte di Vitale Bramani negli anni ‘30, si
utilizzavano scarponi più pesanti, in grado di
essere usati sia per l’avvicinamento e il rientro
dalle vie, sia per la salita vera e propria. Per
qualche decina d’anni l’uso di questi scarponi è
stato assoluto, e si è assistito alla produzione di
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

scarpe sempre più rigide (si utilizzavano lamine


d’acciaio inserite nelle suole) che ha implicato
anche lo sviluppo di una tecnica di arrampicata
specifica. La reintroduzione delle scarpette a
suola liscia ha permesso un deciso aumento
dei livelli tecnici e di difficoltà dell’arrampica-
28 ta, grazie alle loro maggiori caratteristiche di
aderenza e alla possibilità di sfruttare piccoli
appoggi, sia di lato che di punta.
Esistono sul mercato diversi tipi di scarpe,
ognuna adatta ad un uso specifico: arrampicata
“classica” vedi Fig. 1.10a (vie di difficoltà non
estrema e di diverse lunghezze di corda), “spor-
tiva” (monotiri di alta difficoltà), di aderenza,
ecc. Sono state anche realizzate scarpette molto
Fig. 1.10a Scarpette d'arrampicata leggere, le cosiddette “ballerine”, di durata
inferiore ma che consentono una “sensibilità”
ed una precisione in genere superiore, (Fig.
1.10b).
La mescola con cui vengono realizzate le suole
può essere più o meno abrasiva, rendendo con-
seguentemente la scarpetta più adatta al calcare
piuttosto che al granito.
Si deve sottolineare che però nella pratica del-
l’alpinismo “classico” c’è la necessità di recarsi
Fig. 1.10b Ballerine all’attacco della via e di scendere dopo l’ascen-
sione, il che comporta di doversi dotare di tipi
di calzature adeguate e in alcuni casi anche di
scarponi da neve/ghiaccio. Infine, va ricordato
che su certi tipi di vie di roccia in alta quota
potrebbe essere consigliabile anche oggi l’im-
piego di scarponi (tipo classico).
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Scarpe da avvicinamento
In ascensioni che non presentano né tratti di
neve o ghiaccio per recarsi all’attacco o per il
rientro, né lunghi tratti di percorsi accidentati
(ghiaioni o morene), conviene utilizzare un
paio di scarpe robuste ma che siano più leggere Senza voler ricorrere ad
un paio di buone scarpe 29
del classico scarpone. Senza voler ricorrere ad da ginnastica, esistono
un paio di buone scarpe da ginnastica, esisto- in commercio scarpe che
no in commercio scarpe che uniscono doti di uniscono doti di robu-
stezza e buona aderenza
robustezza e buona aderenza su terreni impervi su terreni impervi ad una
ad una notevole leggerezza, che le rendono notevole leggerezza, che
quindi adatte a questo tipo di uso. Sono anche le rendono quindi adatte
a questo tipo di uso.
diffusi modelli di scarponi leggeri (general-
mente in Goretex), abbastanza comodi e che
permettono l’impiego di ramponi per brevi
avvicinamenti su neve/ghiaccio.

Scarponi
Nell’arrampicata su neve e ghiaccio si può uti-
lizzare uno scarpone dotato di scafo in plastica
oppure uno scarpone in cuoio con parti in
plastica. Le scarpe di materiale plastico sono
sempre dotate di scarpetta interna che può
essere in pelle imbottita internamente con
vari materiali coibenti oppure completa-
mente di materiale sintetico.
Le calzature in cuoio sono
disponibili sia senza, che con
scarpetta interna. I pregi prin-
cipali dello scarpone con scafo in
plastica sono:
• maggior termicità;
• maggior impermeabilità;
Fig. 1.11 Scarponi da ghiaccio
• maggior resistenza;
• minor manutenzione.
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

I pregi principali dello scarpone in cuoio con


parti in plastica sono:
• maggior “sensibilità” e mobilità consentita
Le scarpe di materia- alla caviglia;
le plastico sono sempre • maggiore durata nel tempo (con il passare del
dotate di scarpetta inter-
tempo la plastica si deteriora);
na che può essere in pelle
30
imbottita internamente • migliore sensibilità nell’arrampicata;
con vari materiali coiben- • maggiore traspirabilità.
ti oppure completamente
di materiale sintetico.
Le calzature in cuoio sono La forma maggiorata dello scafo degli scarponi
disponibili sia senza, che in plastica può limitare la sensibilità nell’arram-
con scarpetta interna.
picata su roccia e misto, il suo impiego princi-
pale è comunque su neve e su ghiaccio.
Alcuni consigli:
- non serrare eccessivamente la scarpa per non
compromettere con il tempo la circolazione,
favorendo l’insorgere di eventuali congela-
menti;
- evitare i giri morti dei lacci intorno alle cavi-
glie perché tendono quasi sempre ad allentarsi
e divenire quindi pericolosi;
- scegliere un tipo di scarpa le cui suole debor-
dino il meno possibile dallo scafo, ma che
abbiano ben marcata la scanalatura anteriore
e posteriore se si prevede l’utilizzo di ramponi
con attacco rapido;
- dopo ogni ascensione far asciugare accurata-
mente lo scarpone avendo cura di estrarre la
scarpetta interna;
- in caso di bivacco con freddo intenso, evitare
di tenere all’esterno lo scafo o lo scarpone nel
caso sia in cuoio, che con la bassa temperatura
tende a indurirsi notevolmente rendendo poi
difficile la calzata. In ogni caso tenere la scar-
petta interna nel luogo più caldo possibile.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Ghette
Servono innanzitutto per evitare che la neve
possa entrare nello scarpone e, inoltre, per
proteggere ulteriormente il piede e parte della
gamba dal freddo. Possono essere al ginocchio
(o sopra) oppure corte.
31
Sono realizzate con vari materiali: “cordura”,
Goretex, nylon. Le ghette in tela pesante sono
particolarmente robuste, ma si inzuppano facil-
mente e sono pesanti. Il Goretex costituisce
una buona soluzione, ma non è particolarmen-
te robusto. Il nylon è impermeabile, ma non
traspirante. Spesso viene utilizzata una combi-
nazione di due tessuti.
Sono normalmente provviste di chiusura poste-
riore o laterale (cerniera o altro). La cerniera
deve essere in plastica, poiché quelle di metallo
a temperature molto basse risultano dolorose al
contatto. Devono essere trattenute allo scarpo-
ne tramite un opportuno sistema di aggancio:
il più comune è costituito da fibbie o laccioli o
cavetti che passano sotto la suola: devono essere
assai robusti e pratici da maneggiare. Le ghette
integrali, particolarmente adatte per alpinismo
invernale d’alta quota o spedizioni, avvolgono
completamente lo scarpone e lasciano libera
soltanto la suola, assicurando così un maggior
potere coibente.

Fig. 1.12 Dall'alto al basso sono


mostrate ghette in cordura, Goretex,
nylon-cordura
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Zaino
Deve avere dimensioni contenute ed essere
privo di tasche laterali e di cinghie inutili che
potrebbero diventare di impaccio durante
la salita. La sorpassata intelaiatura metallica
è ora sostituita da irrigidimenti incorporati,
32 più funzionali e leggeri; in molti casi tali
irrigidimenti sono flessibili e possono essere
adattati alla conformazione della schiena. Si
trovano sul mercato zaini differenziati per
taglia e adatti all’uno e all’altro sesso. Sono
costruiti oggigiorno quasi esclusivamente in
nylon; alcune ditte usano anche il “cordura”,
un nylon tessuto con elevate caratteristiche di
resistenza all’usura; altre ancora il “delfion”,
avente caratteristiche simili. Gli spallacci,
molto larghi e imbottiti, devono distribuire
bene il peso; molto importante è la presenza
di un cinturone che blocca lo zaino in
vita con la funzione di scaricare parte
del peso sulle anche alleggerendo
così la pressione sulla colonna
vertebrale, aspetto non trascurabile
Fig. 1.13 Zaino medio quando si debbano portare carichi
importanti. Il cinturone ha inoltre la
funzione di aumentare la stabilità evitando
sbilanciamenti. Una piccola cinghia che collega
sul petto gli spallacci migliora ulteriormente la
Si trovano sul mercato stabilità evitando lo scivolamento dalle spalle.
zaini differenziati per
In alcuni modelli il dorso è termoformato in
taglia e adatti all’uno
e all’altro sesso. Sono modo da creare un appoggio ottimale sulla
costruiti oggigiorno schiena e una corretta circolazione di aria.
quasi esclusivamente L’adattabilità del dorso dello zaino alla schiena
in nylon; alcune ditte
costituisce un aspetto che va attentamente
usano anche il “cordura”,
un nylon tessuto con ponderato. Per un eventuale uso su ghiaccio,
elevate caratteristiche di è utile che lo zaino sia fornito di due porta
resistenza all’usura; altre piccozze situati in posizione opportuna e cioè
ancora il “delfion”, avente
in modo da consentire un facile inserimento
caratteristiche simili.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

ed estrazione della piccozza. Esistono modelli


per ogni tipo d’attività
anche con prolunga per
aumentarne la capienza e
anche adattabile a sacco
da bivacco d’emergenza.
Meglio se si può evitare di 33
appendere all’esterno parte
d e l l’ e q u i p a g g i a m e n t o :
si evita di bagnarlo, di
perderlo e si diminuisce lo
sbilanciamento.
Per l’arrampicata, è bene
che lo zaino sia privo di
tasche laterali e di cinghie
inutili, che potrebbero
diventare di impaccio
durante la salita, e
che sia possibilmente
di dimensioni contenute.
Anche la leggerezza dello zaino
è un requisito importante.
Per un’escursione che si svolge in giornata Fig. 1.14 Zaino grande
si consiglia uno zaino di 30-35 litri di capacità.
Nel caso di escursioni di più giorni è consigliabile
utilizzare uno zaino con capacità di 45-50 litri.
Alcuni zaini recano all’interno un pezzo di
materiale espanso utilizzabile come materassino
di emergenza, molto utile per l’isolamento dalla
roccia o dalla neve. Una “pattella” ampia è utile
per tenere gli oggetti di pronto utilizzo.

Sacchetto porta magnesite


Serve per contenere la polvere di magnesio
usata per asciugare le mani dal sudore ed
aumentare l’attrito con la roccia. Va collegato
all’imbracatura con un moschettoncino. Fig. 1.15 Sacchetto porta magnesite
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Lampada frontale
Il modello più diffuso è costituito da un
proiettore completo di batteria che si monta
direttamente sul capo o sul casco con un
sistema di fissaggio ad elastico appositamente
predisposto. Il corpo illuminante è orientabile
34 ed è dotato di un semplice dispositivo a effetto
“zoom” che consente la regolazione dell’apertura
del fascio luminoso.
L’impiego della tecnologia a LED (diodi a
emissione luminosa) ha portato diversi vantaggi:
minor consumo di energia (1/10) rispetto ad
una lampadina normale, resistenza agli urti e
alle vibrazioni, 100.000 ore di durata, migliore
visibilità; l’unico svantaggio dei LED è che
producono un fascio luminoso fino alla distanza
di 15 metri. Per avere un cono luminoso più
potente è necessario ricorrere all’impiego di
lampade normali a incandescenza oppure a
lampade alogene.
Inoltre ci sono modelli di frontali che, a seconda
dell’attività che si sta svolgendo, rendono
Fig. 1.16 Lampada su casco
disponibili, anche grazie alla presenza di un
doppio faro, 3-4 livelli diversi di illuminazione:
economico, normale, massimo, per lunghe
distanze.
Tra gli svariati modelli offerti dal mercato si
segnala una gamma di lampade che possono
soddisfare le esigenze di un alpinista, il
quale pernotta in un rifugio non custodito
(illuminazione ravvicinata con risparmio di
energia) e che si muove durante le ore notturne
(livello di illuminazione regolabile):
a) modelli classici con portapile sulla testa dotati
di zoom con unico faro su cui è possibile inserire
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

una lampada standard a incandescenza da 4,5 V


(distanza 30 metri con autonomia di circa 10
ore) oppure una alogena da 4,5 V (distanza 100
metri con autonomia di circa 6 ore ).
Il vano batterie può alloggiare una pila quadra
da 4,5 V oppure, tramite adattatore, 3 pile
alcaline stilo AA da 1,5 V (vedi Fig. 1.17). 35
Fig. 1.17 Frontale classica
b) modelli compatti e leggeri con portapile sulla
testa dotati di doppio faro LED/alogeno; con
LED si ottiene una distanza fino a 10-15 metri
ed un’autonomia di circa 150 ore, oppure con
lampada alogena da 6 V si ottiene una distanza
di 100 metri ed una autonomia di 4 ore.
Il vano batterie può alloggiare 4 pile alcaline
stilo AA da 1,5 V. A seconda dei modelli sono
disponibili da 3 a 5 livelli di illuminazione (vedi
Fig. 1.18).
c) modelli a lunga autonomia anche in
condizioni di temperature molto basse con
portapile staccato e dotati di doppio faro LED/ Fig. 1.18 Frontale doppio faro
alogeno; con LED si ottiene una distanza fino
a 10-15 metri ed una autonomia fino a circa
300 ore, oppure con lampada alogena da 6 V
si ottiene una distanza di 100 metri ed una
autonomia di 9 ore. Poiché in caso di freddo
intenso la funzionalità e durata delle batterie
possono risultare molto ridotte, il portapile, che
alloggia 4 batterie alcaline LR14, viene messo
a tracolla, meglio se sotto gli indumenti onde
evitarne l’eccessivo raffreddamento (vedi Fig.
1.19). I contenitori sono in materiale plastico
e non più di metallo come un tempo: risultano
quindi più leggeri e duraturi.
La manutenzione consiste essenzialmente in
una periodica pulizia dei contatti e nell’evitare
Fig. 1.19 Frontale con portapile staccato
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

di lasciare le pile nel loro alloggiamento per


periodi molto lunghi in caso d’inattività.

Thermos e borracce
Thermos: classici in plastica con interno in vetro
(efficaci ma delicati) o totalmente metallici (più
36 robusti, meno efficaci) con smaltatura interna.
Capacità: 1 litro o ½ litro. È molto importante
disporre durante la salita di bevande calde:
soprattutto con il freddo, un buon sorso di
the zuccherato fornisce nuove energie e a volte
aiuta a completare l’escursione.
Borraccia in metallo con smaltatura interna o
in plastica: per bevande fredde.
Fig. 1.20 Thermos e borracce

Telo termico
Si tratta di una protezione d’emergenza
estremamente leggera e utile in caso di incidenti
o soste forzate. Occupa pochissimo spazio; è
consigliabile sia per bivacchi di fortuna sia per
riparare un ferito nell’attesa di soccorso.
Il mercato offre teli di consistenza diversa: in
figura è mostrato un tipo leggero color oro da 70
g e un altro pesante di color argento da 200 g.
Un telo leggero è spesso presente anche nella
confezione di prima medicazione.

Fig. 1.21 Teli termici Bastoncini regolabili


I bastoncini di tipo telescopico a due o tre
elementi sono utili in varie circostanze:
• aiutano a mantenere l’equilibrio durante la
marcia soprattutto se si portano zaini pesanti;
• alleggeriscono la sollecitazione sulle ginocchia
in fase di discesa;
• consentono di tenere il busto più verticale
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

rispetto all’uso della piccozza come appoggio


verticale.
Di contro presentano lo svantaggio di un certo
ingombro quando si pongono sullo zaino.

Farmacia
37
Confezione di primo soccorso ad uso personale
Si consiglia un kit minimo di dotazione personale
da tenere nello zaino durante le escursioni:
• nastro di cerotto non elastico alto da 3 a 5 cm;
• salviette imbevute di disinfettante;
• garze sterili; Fig. 1.22 Bastoncini regolabili

• cerotti medicati di varie misure;


• cerotto e strisce adesive tipo “steril strip”;
• 1 benda rigida e 2 bende elastiche
(da 5 e da 10 cm);
• pastiglie per il mal di testa;
• pastiglie per la nausea e il vomito;
• pastiglie per diarrea;
• collirio leggero per gli occhi.

Medicine personali
Chiunque abbia bisogno di medicine particolari
deve ricordare di portarsele.

Piccola cassetta di primo soccorso e medicine


per un gruppo
All’elenco dei materiali di primo soccorso Fig. 1.23 Farmacia

sopra descritto, oltre ad essere ampliato come


quantità, può essere aggiunto:
• confezione di forbici, guanti monouso,
pinzette;
• spray di ghiaccio secco;
• spray raffreddante (contusioni, ustioni);
• antifebbrili in compresse;
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

• antidolorifici in compresse;
• pastiglie per dolori addominali.
Per gruppi numerosi è indispensabile dotarsi
di una cassetta contenente il necessario per un
primo soccorso anche per brevi gite.
Il sistema più semplice è quello di portare il kit
38 raccomandato dalla commissione medica del
C.A.I..
Per gruppi numerosi Questa cassetta, oltre alla lista dei farmaci,
è indispensabile dotarsi dovrebbe contenere anche istruzioni dettagliate
di una cassetta contenente
il necessario per un per il loro uso; è bene conservare allegati ai
primo soccorso anche per medicinali i foglietti delle case produttrici con
brevi gite. indicazioni, avvertenze e controindicazioni
Il sistema più semplice
è quello di portare il ed inoltre bisogna controllare regolarmente il
kit raccomandato dalla contenuto e la data di scadenza.
commissione medica del
C.A.I.; questa cassetta,
oltre alla lista dei farmaci, Relazione salita, cartina topografica,
dovrebbe contenere anche
istruzioni dettagliate per
strumentazione
il loro uso. È importante portare con sé non solo la
relazione di salita e di discesa relativa al percorso
progettato ma anche relazioni di itinerari
alternativi effettuabili in zona.
È bene dotarsi di cartina topografica, in scala
dettagliata (1:25.000, 1:50.000), di bussola e di
altimetro anche se si conosce la zona, perché in
caso di scarsa visibilità anche i più esperti senza
strumentazione corrono il rischio di perdersi.
Può risultare utile il G.P.S. (ricevitore satellitare
di posizione) sia per seguire una rotta impostata
sia per ritornare sui propri passi.
Alpinismo su roccia Equipaggiamento

A.R.VA.
L’A.R.VA. (Apparecchio di Ricerca in VAlanga)
è un apparecchio elettronico di ricerca travolti
da valanga. Nell’attività alpinistica estiva
su neve, se l’escursione è stata progettata
correttamente, il pericolo da valanghe è scarso
39
e quindi l’impiego di tale apparecchio risulta
inutile. Diversamente se l’attività si svolge nel
periodo invernale o all’inizio della primavera,
nei periodi nei quali la neve è recente e non si Fig. 1.24 A.R.VA.
è assestata (per recarsi all’attacco di vie, salita
di canali, attraversamento di pendii ripidi...),
ai fini della sicurezza diventa utile l’impiego
Nell’attività alpinistica
dell’A.R.VA., accompagnato da una sonda e estiva su neve, se l’escur-
una pala da neve. sione è stata progettata
correttamente, il pericolo
da valanghe è scarso e
Documenti e tessera del C.A.I. quindi l’impiego del-
Documenti utili: carta d’identità, eventuale l'A.R.VA. risulta inutile.
passaporto, patente per l’auto. Si ricordi di
portare con sé la tessera del C.A.I. quando si
pernotta in rifugi del Club Alpino Italiano o di
altri club esteri con trattamento di reciprocità.
Si tenga presente inoltre che la tessera del C.A.I.
copre fino a un certo massimale le spese di
soccorso, in caso di incidente, con una formula
assicurativa.

Accessori vari
Orologio con sveglia, accendino, fiammiferi,
fischietto, temperino multiuso, materiale
fotografico, matita e fogli di carta, telefono
cellulare con numeri utili per chiamata rifugi e
soccorso, articoli per toilette.
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

MATERIALE DA BIVACCO
Il bivacco imprevisto
La possibilità che si verifichi un bivacco forzato
Avere con sé un sacco
e provocato da cause esterne come incidenti,
da bivacco, un telo ter- ritardi, cattive condizioni della montagna,
40 mico, il fornello, dei cattivo tempo, è più o meno elevata a seconda
viveri liofilizzati d’emer-
genza, vestiario adegua- della difficoltà e della lunghezza delle salite. In
to, maglietta e guanti un certo tipo di ascensioni impegnative, avere
di ricambio, può esse- con sé un sacco da bivacco, un telo termico,
re un’utile precauzione
nelle ascensioni lunghe il fornello, dei viveri liofilizzati di emergenza,
ed impegnative. vestiario adeguato, maglietta e guanti di
ricambio, può essere un’utile precauzione.

Il bivacco organizzato
A seconda delle caratteristiche dell’ascensione
si possono sommariamente prevedere tre
situazioni in cui si necessita di attrezzatura da
bivacco e che presentano livelli crescenti di
complessità:
• dormire e mangiare in locale non custodito
(bivacco, locale invernale di un rifugio)
• pernottare in tenda e preparare i pasti
• organizzare uno o più bivacchi in parete.

Fig. 1.25 Fornello e set da cucina


Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Le scelte dell’attrezzatura minima per poter


passare la notte in condizioni sufficientemente
confortevoli, dei viveri e del materiale da
cucina sono legate all’esperienza oltre che alle
condizioni climatiche e di quota. Pertanto
non si esiti a chiedere consigli a chi ha già
sperimentato tali condizioni. 41

In questa sede presentiamo un elenco generico Fig. 1.26 Fornello in funzione


di attrezzature senza entrare nel merito delle tre
situazioni sopra citate.

Fornello
A seconda del tipo di impiego e della
temperatura il mercato offre fornelli a gas con
ricariche di varie dimensioni adeguate al tempo
di utilizzo e fornelli a combustibile liquido:
• Bombole a solo gas butano: molto diffuse,
pratiche ma a bassa temperatura non
garantiscono un buon funzionamento;
• Bombole con miscela di gas butano-propano:
Fig. 1.27 Fornello e set tegami
miglior resa alle basse temperature;
• Fornello a combustibile liquido (benzina,
petrolio,…): è impiegato in luoghi dove è
difficile reperire le bombole di gas e richiede
una certa pratica d’uso.

Pentole e posate
Si consigliano pentolini in metallo leggero, un
set di posate e una scodella di plastica oppure
una tazza di plastica pieghevole.
Nelle tre figure a lato viene mostrato un sistema
di fornello, dotato di parafiamma, due tegami,
bruciatore e bombola, che può essere appeso e
quindi ricomposto in una unica confezione.

Fig. 1.28 Assieme chiuso


Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Viveri e bevande
Segnaliamo un elenco di viveri da consumare
nel corso della giornata e alla sera con l’ausilio
del fornello: barrette (cioccolato, torrone),
merendine, bustine di the, bustine di caffé,
zucchero, miele in tubetti piccoli, tubo di
42 latte condensato, müesli, biscotti integrali,
misto di frutta secca, fette biscottate, salumi
in busta sottovuoto (prosciutto crudo, speck,
bresaola), formaggio grana senza crosta in busta
sottovuoto, liofilizzati a base di carne e verdure,
risotto, minestrone in busta a cui aggiungere
acqua calda, dadi per brodo, tortellini, buste di
arancia liofilizzata, sali e integratori per acqua.

Materassini
Esistono due tipi di materassini:
a) materassino in espanso a cellule chiuse:
modelli da 1 m oppure lunghi fino ai piedi, di
forma a rotolo oppure richiudibili a Z;
b) materassino auto gonfiabile con contenitore
cilindrico in nylon: modelli da 1 m oppure da
1,80 m, di tipo pesante oppure leggero.
Dovendo impiegare la tenda per più giorni
conviene utilizzare quello a cellule chiuse a
contatto con il catino e sopra posizionare il tipo
gonfiabile. Nel caso di bivacchi a cielo aperto
per economizzare il peso conviene utilizzare un
espanso a cellule chiuse di 1 m e abbinare lo
schienale estraibile dello zaino; nella situazione
di bivacco su parete verticale il materassino può
essere sostituito da un’amaca o addirittura da
una “portaledge”.

Fig. 1.29 Materassini e sacco a pelo


Alpinismo su roccia Equipaggiamento

Amaca e Portaledge
L’amaca è costituita normalmente da un telo di
materiale sintetico o una rete che viene collegata
ad uno o più chiodi in parete. Offre il vantaggio
della leggerezza ma, normalmente, risulta
abbastanza scomoda. La portaledge, sviluppata
43
negli Stati Uniti per potere trascorrere più
giorni in parete, è una amaca con una struttura
metallica che la rende più comoda, anche se più Fig. 1.30 Portaledge
singolo a sinistra, doppio a destra
pesante.

Sacco a pelo e sacco da bivacco


In commercio sono reperibili diversi modelli
di sacchi a pelo, diversi essenzialmente per
materiale di costruzione (piumino, materiale
sintetico) e temperature minime di utilizzo. Se
si presume di rimanere più giorni al freddo con
un sacco a pelo che rischia di restare bagnato,
conviene orientarsi su una imbottitura in
materiale sintetico piuttosto che sulla piuma.
Sacco da bivacco: è un sacco non imbottito in
cui la persona può infilarsi completamente. Pesa
poco e ha un’ottima efficienza. È da preferire
Equipaggiamento Alpinismo su roccia

Se si presume di rimanere in Goretex o materiali simili per conservare


più giorni al freddo
con un sacco a pelo che
l’impermeabilità all’acqua, evitare la condensa
rischia di restare bagnato, interna e consentire la traspirazione. Spesso
conviene orientarsi su una dovendo trasportare il materiale da bivacco si
imbottitura in materiale
sintetico piuttosto che può scegliere il sacco da bivacco e il sacco a pelo
sulla piuma. (soluzione pesante) oppure il sacco da bivacco
44 e una giacca imbottita detta anche “duvet”
(soluzione leggera); sacco da bivacco e zaino
dotato di prolunga dentro cui inserire le gambe
e parte del busto (soluzione molto leggera).

Tendina
Se la tenda viene collocata nella neve su
ghiacciaio conviene scegliere un modello
quattro stagioni, con falde larghe da distendere
sul terreno, una buona aerazione, sufficienti
tiranti e picchetti a vite lunghi in plastica, il cui
peso è compreso tra i 2 e i 3 kg. Esistono anche
tendine da bivacco senza paleria, ancorabili
alla parete con chiodi da roccia; altri modelli
possono essere utilizzati come mantellina o
“poncho”.

Fig. 1.31 Tendina modello 4 stagioni


Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

capitolo 2
Attrezzatura alpinistica

INDICE
Premessa
Normativa internazionale
Materiale tecnico omologato
• Corde
• Cordini, fettucce e preparati
• Moschettoni
• Imbracatura
• Casco
• Chiodi da roccia
• Blocchetti da incastro fissi e regolabili
• Bloccanti (maniglie)
• Piastrine multiuso
• Dissipatori
• Pulegge
Materiale tecnico non omologato
• Freni automatici
• Freni non automatici (freni dinamici) e discensori
• Martelli
• Altri attrezzi
Manutenzione e invecchiamento del materiale

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Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

PREMESSA
In questo capitolo sono trattati i principali attrezzi utilizzati nella pratica
alpinistica su roccia. Viene fatta una suddivisione tra materiali soggetti a
norme, quali corde, caschi, imbracatura, moschettoni, chiodi, ecc. e quelli
non soggetti a norme. Per tutti, vengono descritte solo le caratteristiche essen-
46 ziali, suggerendone il modo di uso più corretto e demandando però a testi più
specifici [1] il compito di ulteriori e più specifici approfondimenti.
Questa scelta è giustificata dal fatto di offrire al lettore una panoramica del-
l’attrezzatura, senza entrare in questa sede in particolari tecnici per i quali
sono già stati prodotti appositi testi.
Per quanto riguarda la normativa internazionale, si fa presente che esistono
al momento due tipi di norme per i materiali alpinistici: le norme U.I.A.A.
e quelle EN.
Le prime sono state definite da un’associazione, l'U.I.A.A. (Unione
Internazionale delle Associazioni Alpinistiche) a cui aderiscono 65 paesi e
sono “volontarie”, nel senso che sta al fabbricante decidere se vuole, oppure
no, produrre attrezzi che soddisfano tali norme. La marchiatura U.I.A.A.
assicura l’alpinista che il prodotto soddisfa a determinati requisiti e che è
controllato ogni due anni.
Le seconde definite dal CEN (Comitato Europeo di Normazione)
sono invece cogenti per quanto riguarda la vendita di attrezzatu-
ra alpinistica in Europa e quindi tali prodotti, per essere posti in
commercio, devono riportare, oltre ad eventuali altre indicazioni:

- il marchio EN seguito dal numero della norma: ad esempio EN892


per le corde;
- il marchio CE seguito da un numero che identifica l’Ente che rilascia il
certificato (a parte discensori, freni e piastrine autobloccanti).

È importante che l’alpinista utilizzi materiale certificato CE o comunque


omologato U.I.A.A., sia per propria sicurezza personale sia per non incorrere
in contestazioni di negligenza nel caso di incidenti. Per una descrizione
dettagliata del funzionamento di parte dell’attrezzatura per l’arrampicata
su roccia e su ghiaccio (la "Catena dinamica di assicurazione") si rimanda
al capitolo 4 e alla collana dei Manuali del CAI.
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

N O R M A T I V A
INTERNAZIONALE
Norme U.I.A.A.
Esistono norme di validità internazionale che
definiscono alcune delle caratteristiche di 47
costruzione e resistenza/durata che gran parte
dell’attrezzatura alpinistica deve possedere.
Da un punto di vista storico, le prime norme
ad essere introdotte per il materiale alpinistico Le prime norme ad essere
hanno considerato le corde. introdotte per il materia-
le alpinistico hanno con-
I primi studi sulle caratteristiche delle corde siderato le corde.
da alpinismo furono, infatti, pubblicati sui I primi studi sulle carat-
teristiche delle corde da
numeri del novembre 1931 e maggio 1932
alpinismo furono, infatti,
dell’Alpin Journal. Nell’agosto successivo, a pubblicati sui numeri del
Chamonix, fu fondata l’U.I.A.A. novembre 1931 e maggio
1932 dell’Alpin Journal.
Nel 1965 il Marchio (label) U.I.A.A. è regi-
strato in campo internazionale e nello stesso
tempo è applicato alle corde che superano le
prove stabilite. Nel 1969 entrano in vigore le
norme relative ai moschettoni, nel 1977 quelle
alle piccozze e ai martelli da ghiaccio, nel 1980
quelle riguardanti imbracature e caschi, nel Le norme U.I.A.A. sono
1983 sono approvate le norme per i cordini e definite da un’associazio-
le fettucce. Successivamente, molti altri attrezzi ne che, dal punto di vista
formale, ha sede a Berna
in uso nella pratica alpinistica - come blocchi (Svizzera) e alla quale
da incastro, risalitori, dissipatori, viti e chiodi aderiscono 65 paesi.
da ghiaccio - sono stati vagliati e assoggettati a
normativa U.I.A.A..
Si fa presente che le norme U.I.A.A. sono
definite da un’associazione a cui aderiscono 65
paesi e che dal punto di vista formale ha sede
a Berna (Svizzera). Le norme U.I.A.A. sono
“volontarie”, nel senso che sta al fabbricante
decidere se vuole oppure no produrre attrezzi
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

che soddisfano tali norme. La marchiatura


U.I.A.A. assicura l’alpinista che il prodotto
soddisfa a certi requisiti e che è controllato
ogni due anni.

Norme EN
48 Le norme EN sono espressione della volontà
Il Parlamento Europeo del Parlamento Europeo, il quale ha appro-
ha approvato nel 1989 vato nel 1989 la Direttiva 89/686/CEE che
la Direttiva 89/686/CEE
che stabilisce una serie
stabilisce una serie di regole che riguardano
di regole che riguardano tutti gli attrezzi usati in campo industriale
tutti gli attrezzi usati in per prevenire le conseguenze di una caduta
campo industriale per
prevenire le conseguenze
dall’alto. In seguito a questa Direttiva, a livello
di una caduta dall’alto: le europeo è in atto, da parte del CEN (Comité
norme EN. Européen de Normalisation), un processo di
“armonizzazione” delle varie norme nazionali
e internazionali relative ad attrezzature di pro-
tezione individuale (PPE=Personal Protective
Equipment, o in italiano DPI=Dispositivo di
Protezione Individuale) nell’ambito di attività
lavorative, sportive, ricreative, ecc..
Per quanto riguarda l’at- Per quanto riguarda l’attrezzatura alpinistica,
trezzatura alpinistica, le le prime norme EN sono entrate in vigore il
prime norme EN sono
entrate in vigore il 1°
1° luglio 1995; il gruppo di lavoro che le ha
luglio 1995; il gruppo di elaborate è formato praticamente dalle stesse
lavoro che le ha elaborate persone che hanno redatto le norme U.I.A.A..
è formato praticamente
dalle stesse persone che
Le norme EN sono quasi sempre una tradu-
hanno redatto le norme zione delle norme U.I.A.A. anche se in alcuni
U.I.A.A.. casi per le norme più recenti si è verificato il
processo inverso.
Le norme EN hanno validità solo in Europa e
sono vincolanti per i costruttori: la normativa
europea EN (European Norms=rispondenti alle
norme europee) deve cioè essere fatta propria
dalle varie legislazioni nazionali e quindi non
possono essere commercializzati, in Europa,
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

prodotti che non possiedano le caratteristiche


dettate dalle norme.
Attualmente (maggio 2007) è soggetta a nor-
mativa CEN una buona parte degli attrezzi
specifici dell’alpinismo:
cordini EN 564
49
fettucce EN 565
anelli cuciti EN 566
bloccanti e risalitori EN 567
ancoraggi da ghiaccio EN 568
chiodi EN 569
corde EN 892
ramponi EN 893
set di autoassicurazione per "via ferrata" EN 958
tasselli o spit EN 959
blocchi da incastro EN 12270
connettori (moschettoni) EN 12275
blocchi da incastro meccanici (friend) EN 12276
imbracature EN 12277
pulegge EN 12278
caschi EN 12492
piccozze e martelli da ghiaccio EN 13089

Norme EN e marchiatura CE
Le norme EN sono individuate con la sigla
EN (European Norm) seguita dal numero
di identificazione; per esempio il testo della
norma sulle corde ha il n° EN 892. Questa
sigla non ha nulla a che vedere con la marchia-
tura degli attrezzi alpinistici che devono pre-
sentare, se corrispondenti alle norme europee,
un marchio con le lettere CE (Conforme aux
Exigences=conforme alle esigenze).
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

Categorie di rischio
I Dispositivi di Protezione Individuale - DPI
(detti anche Personal Protective Equipment,
PPE) che vengono impiegati nel lavoro e in
settori sportivi come l’alpinismo sono suddivisi
in tre categorie, in relazione all’importanza che
50
rivestono per la sicurezza della persona, dal
rischio da cui proteggono ed alla loro comples-
sità di progettazione:
- Categoria 1: protezione contro danni fisici
di lieve entità;
- Categoria 2: protezione contro danni di
media entità;
L’appartenenza di un - Categoria 3: protezione contro rischi di
prodotto ad una cate- morte o lesioni gravi di carattere permanente
goria di rischio richie-
de determinati requisiti (dispositivi che proteggono da cadute di altezza
qualitativi e comporta superiore ai 2 metri).
particolari tipi di con-
trollo della produzione L’appartenenza di un prodotto ad una categoria
da parte di un Notified di rischio richiede determinati requisiti quali-
Body (organismo noti-
ficato).
tativi e comporta particolari tipi di controllo
della produzione da parte di un Notified Body
(organismo notificato). Si tratta, in pratica, di
un istituto di analisi e controllo ufficialmente
riconosciuto dal governo, che può avere al
suo interno uno o più laboratori per le prove
(anch’essi riconosciuti) o appoggiarsi ai labo-
ratori esterni.
L’istituto controlla la qualità di produzione e
la sua rispondenza alle dichiarazioni commer-
ciali e deve essere “notified”, cioè notificato dal
proprio governo alla Commissione Europea
quale istituto capace di espletare correttamente
questi compiti.
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Marchiatura
Prima del 1997 la marchiatura prevedeva che
dopo la sigla CE fosse riportato anche l’an-
no di approvazione della norma, seguito dal
numero di identificazione dell’Ente che rilascia
il certificato.
A partire dal ‘97 la regola è cambiata; per evita- 51

re in particolare errate interpretazioni da parte


dei fabbricanti e degli acquirenti sul significato
dell’anno da inserire nelle marcature, si è deciso
di eliminarlo [2] [3]. Resta dunque la sigla CE
seguita dal numero di identificazione (ID) del
“Notified Body” che ha eseguito o esegue con
continuità il controllo. Nel primo caso si tratta
di un “Notified Body” che si limita ad eseguire Alcuni dispositivi, in base
all’attuale normativa, non
le prove di laboratorio necessario per verificare possono essere certificati
la rispondenza alle norme dei materiali (PPE CE perché da soli non
che rientrano in Categoria 2). Nel secondo proteggono l’individuo
da una caduta mortale
caso si tratta di un Notified Body che mantiene (discensori, freni, piastri-
sotto controllo la fabbrica, eseguendo o facen- na autobloccante); infat-
do eseguire prove di laboratorio sui prodotti ti, per ridurre il rischio,
di caduta devono essere
con una frequenza da esso stesso decisa (PPE abbinati a nodi autobloc-
che rientrano in Categoria 3). Fanno parte canti.
della Categoria 3 i seguenti dispositivi di uso
alpinistico e quindi certificabili CE: corde, fet-
tucce cucite, imbracature, moschettoni, chiodi,
dadi, friend, autobloccanti meccanici, caschi.
Alcuni dispositivi, in base all’attuale normati-
va, non possono essere certificati CE perché da
soli non proteggono l’individuo da una caduta
mortale (discensori, freni, piastrina autobloc-
cante); infatti, per ridurre il rischio di caduta
devono essere abbinati a nodi autobloccanti.
Comunque, per alcuni di loro si sta lavorando
al momento (aprile 2008) per la definizione di
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

opportune norme in ambito U.I.A.A..


Il costruttore ha la facoltà di apporre entrambi
i marchi CE ed U.I.A.A.: in questo caso pro-
pone i suoi prodotti sia per il mercato europeo
sia per quello internazionale.

52 Conclusioni e consigli
Tutti gli attrezzi sopra elencati, per essere posti
in commercio, dovranno riportare, oltre ad
eventuali altre indicazioni:
• il marchio EN seguito dal numero della
norma: ad esempio EN 892 per le corde;
• il marchio CE seguito da un numero che
identifica l’Ente che rilascia il certificato.
In caso di incidente il Si raccomanda di utilizzare sempre materia-
Giudice è tenuto a con- le omologato.
siderare l’evoluzione tec-
nologica che ha caratte- Come abbiamo visto, per i materiali alpinistici
rizzato tutte le attività la marcatura CEN-CE sta sostituendo il label
produttive per cui dovrà U.I.A.A.. Il marchio può rivestire un ruolo
valutare se la condotta
dell’indagato sia stata importante nei giudizi di responsabilità pena-
conforme “alla migliore le e civile. In caso di incidente il giudizio di
scienza ed esperienza”
responsabilità richiede l’accertamento rigoroso,
del momento storico in
cui si è verificato l’inci- caso per caso, delle cause che lo hanno determi-
dente. nato; nell’ambito di questa indagine il Giudice
è tenuto a considerare l’evoluzione tecnologica
che ha caratterizzato tutte le attività produttive
per cui dovrà valutare se la condotta dell’inda-
gato sia stata conforme “alla migliore scienza
ed esperienza” del momento storico in cui si è
verificato l’incidente.
Pertanto è doveroso che guide alpine, istruttori,
accompagnatori di escursionismo, capi gita ed
organizzatori, in genere, consegnino ai parteci-
panti all’escursione materiali alpinistici a norma
e verifichino che le attrezzature personali degli
stessi siano ugualmente a norma.
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

MATERIALE
TECNICO OMOLOGATO
CORDE
Le corde per l’alpinista e per l’arrampicatore
sono realizzate per trattenere cadute in modo
53
“dinamico”, termine che viene usato per indi-
care che l’arresto del volo deve avvenire con
gradualità: la corda deve sviluppare per quanto
possibile bassi valori di forza durante le fasi di
trattenuta di una caduta.
Per questo motivo, esse sono “elastiche” e
quindi se sottoposte ad un carico si allungano.
Sono dunque anche chiamate “dinamiche”,
a differenza delle corde “statiche” che sono La corda deve sviluppare
per quanto possibile bassi
realizzate per reggere carichi con allungamenti valori di forza durante le
trascurabili. Le corde statiche sono utilizzate ad fasi di trattenuta di una
esempio per l’attività speleologica o, in campo caduta. Per questo moti-
vo, esse sono “elastiche”
alpinistico, per la posa di corde fisse. e quindi se sottoposte ad
Vi sono tre tipi di corde dinamiche per l’alpi- un carico si allungano.
nismo:
- corde “semplici” o “intere” (simbolo “1”)
progettate per essere impiegate da sole in
arrampicata;
- mezze corde (simbolo “½”) progettate per
essere impiegate sempre in coppia con un’altra
mezza corda;
- corde gemellari (simbolo “ ”) progettate
per essere impiegate necessariamente ed esclu-
sivamente in coppia come se si trattasse di
un’unica corda semplice.
Le corde, realizzate in fibra poliammidica
(nylon, perlon, ecc.), sono strutturalmente
composte da due parti principali: l’anima, la
parte interna (che rappresenta circa il 70% della
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

corda), e la camicia (o calza) che è il rivestimen-


to esterno e che costituisce il restante 30%. Si
noti che sia l’anima che la camicia concorrono
alla resistenza alla rottura della corda, parame-
tro che peraltro non è di interesse per le norme
e che dipende per circa un 70% dall’anima e
54 per un 30% dalla calza, numeri proporzionali
appunto alla composizione della corda.
L’anima è costituita da un insieme di trefoli,
a loro volta formati da una terna di stoppini;
questi sono ottenuti da 6 fascetti più sottili
cosituiti da un insieme di monofilamenti for-
temente torsionati tra loro.
Il diametro dei trefoli varia da 2,5 a 3,0 mm.
Fig. 2.01 Anima e camicia
Il numero totale di monofilamenti, 2/3 del
totale, è di circa 40.000.
La calza, a struttura tubolare, è ottenuta per
intreccio di un insieme di stoppini o "fusi" tra
loro perpendicolari e disposti a circa 45° rispet-
La calza, a struttura to all’asse longitudinale della corda. Il numero
tubolare, è ottenuta per
intreccio di un insieme di totale di monofilamenti è all’incirca 1/3 del
stoppini tra loro perpen- totale: mediamente circa 20.000.
dicolari e disposti a circa
La calza ha la duplice funzione di contenimen-
45° rispetto all’asse lon-
gitudinale della corda. to e protezione dell’anima e di “bilanciamento”
Il numero totale di delle caratteristiche dinamiche della corda. A
monofilamenti è all’in-
circa 1/3 del totale.
parità di diametro un numero di "fusi" elevato
(che risultano quindi singolarmente di dia-
metro inferiore) conferisce alla corda maggio-
re allungamento esaltandone le caratteristiche
dinamiche, anche se diminuiscono un po' le
caratteristiche di resistenza all'abrasione.
Le corde oggi in commercio hanno diametri
variabili da 8 a 11 mm in funzione della loro
destinazione d’uso, anche se sarebbe meglio
parlare di peso per unità di lunghezza vista
la poca precisione del diametro. In ogni caso,
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

ai fini di un loro corretto utilizzo e norma-


tiva ufficiale, non è il diametro l’elemento
importante da tenere in considerazione, bensì
i criteri di progetto e di prova che portano ad
avere i tre citati tipi di corde (semplici, mezze
e gemellari).
Una corda, per essere omologata, deve superare 55

diverse prove, per alcune della quali si utilizza il

Fig. 2.02 Tipi di corde

Per un corretto utilizzo


cosiddetto “apparecchio Dodero”[4] [5]. delle corde (normativa
Le prove riguardano: ufficiale), non è il diame-
tro l’elemento importan-
• la deformabilità a carico statico: applicando te da tenere in conside-
staticamente un peso di 80 kg l’allungamento razione, bensì i criteri di
deve essere minore del 10% per la corda sem- progetto e di prova che
portano ad avere i tre tipi
plice e le corde gemellari e deve essere inferiore di corde: semplici, mezze
al 12% per la singola mezza corda; e gemellari.
• lo scorrimento della calza: viene misurato uti-
lizzando una apparecchiatura specifica che per-
mette di evidenziare lo scorrimento della calza
rispetto all’anima; lo scorrimento non deve
superare i 20 mm su un campione di 2 m;
• la resistenza dinamica:
a) una corda semplice deve essere in grado di
resistere senza rompersi ad almeno 5 cadute
con massa di 80 kg all’apparecchio Dodero, e
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

la forza di arresto (FA) alla prima caduta deve


essere minore di 12 kN;
b) una mezza corda deve essere in grado di resi-
stere senza rompersi ad almeno 5 cadute con
massa di 55 kg, e la forza di arresto alla prima
caduta deve essere minore di 8 kN;
56 c) due corde gemellari (assieme) devono essere
in grado di resistere senza rompersi ad almeno
12 cadute con massa di 80 kg e la forza di
arresto alla prima caduta deve essere minore
di 12 kN;
• la deformabilità dinamica: viene misurata al
Dodero e non deve superare il 40% durante la
prima caduta rispettivamente con massa di 80
kg per corda semplice e corde gemellari e massa
Una corda semplice deve
di 55 kg per la singola mezza corda.
essere in grado di resi-
stere senza rompersi ad Vi sono poi altre caratteristiche delle corde,
almeno 5 cadute con
massa di 80 kg e la FA non sottoposte a norme ma importanti per il
alla prima caduta deve loro utilizzo, tra le quali:
essere > 12 kN;
una mezza corda deve
essere in grado di resi- • Maneggevolezza anche in condizioni ambien-
stere senza rompersi ad tali difficili; in queste situazioni risulta vantag-
almeno 5 cadute con gioso l’uso di corde cosiddette “everdry” (altre
massa di 55 kg, e la FA
alla prima caduta deve denominazioni: “drylonglife”, “superdry” ecc.),
essere > 8 kN; che hanno la particolarità di avere i filamenti,
due corde gemellari
della camicia o anche dell’anima, trattati con
(assieme) devono esse-
re in grado di resistere idrorepellenti che riducono l’assorbimento di
senza rompersi ad alme- acqua. Ciò permette alla corda di mantenere
no 12 cadute con massa
di 80 kg e la FA alla
buone caratteristiche di maneggevolezza anche
prima caduta deve essere con pioggia e gelo. Questa caratteristica può a
> 12 kN. volte dare risultati inferiori alle aspettative oltre
a ridursi con l’utilizzo della corda.
• Migliore resistenza all’effetto spigolo: si tratta
di una caratteristica su cui alcuni costruttori
stanno lavorando. La corda sotto carico viene
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

fatta passare su di uno spigolo vivo di 0,75 mm


di raggio. Si sta anche pensando alla esecuzione
di prove di tenuta di un volo su di uno spigolo
vivo [6].
• Facilità di scorrimento nei moschettoni,
comoda annodabilità e poca propensione all’at-
torcigliamento. 57

La lunghezza delle corde utilizzate in campo


alpinistico varia solitamente da 50 a 70 metri.
Il peso delle corde (espresso solitamente in
grammi/metro) vale:
corda semplice 58-85 g/m
mezze corde 42-55 g/m (singola)
corde gemellari 76-94 g/m (la coppia)
I produttori offrono varie
gamme di corde a secon-
I produttori offrono varie gamme di corde a
da dell’uso. Ad esempio,
seconda dell’uso. Ad esempio, in arrampicata in arrampicata sportiva
sportiva vengono privilegiate la leggerezza e la vengono privilegiate la
leggerezza e la manovra-
manovrabilità, in alpinismo classico la resisten- bilità, in alpinismo classi-
za e l’impermeabilità, in alpinismo più impe- co la resistenza e l’imper-
gnativo la robustezza e la resistenza. meabilità, in alpinismo
più impegnativo la robu-
Gli elementi essenziali da controllare al stezza e la resistenza.
momento dell’acquisto della corda (oltre al
tipo e alla lunghezza), che vengono obbligato-
riamente riportati sul tagliando attaccato alla
corda stessa, sono il “numero di cadute” e la
“forza di arresto” (o “di impatto”). Si consiglia
di acquistare modelli che presentano un elevato
numero di cadute e bassa forza di arresto.
In alpinismo è molto diffuso l’uso di due mezze
corde. Può non risultare conveniente l’acquisto
di corde gemellari perché, dovendosi utilizzare
sempre appaiate, non si può legare un compa-
gno ad un solo capo, dovendosi utilizzare sem-
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

pre appaiate, e quindi risultano meno versatili


delle mezze corde (anche se meno pesanti).
In generale non è opportuno scegliere corde
(mezze o semplici) di diametro troppo piccolo
perché i freni attualmente presenti in com-
mercio lavorano peggio, inoltre la presa delle
58 mani su corde sottili è più problematica. In
ogni caso, corde di diametro inferiore avranno
in genere una durata inferiore e quindi sarà
necessario cambiarle più di frequente.

Decadimento delle prestazioni dina-


miche delle corde
Per dare indicazioni sullo stato di invecchia-
mento di una corda ci si riferisce unicamente al
numero di cadute massime che essa è in grado
di sopportare: l’invecchiamento corrisponde
alla riduzione percentuale delle cadute soppor-
Si considera non più uti- tate al Dodero rispetto a quelle garantite dal
lizzabile (non più suffi- costruttore con corda nuova [7].
cientemente sicura) una
corda che non sia più in
Oggi i costruttori producono corde in grado
grado di sopportare un di reggere a un numero di cadute ben supe-
numero di cadute pari riore (10-15) a quello richiesto dalle norme.
a quelle richieste dalle
norme. Si considera non più utilizzabile (non più
sufficientemente sicura) una corda che non
sia più in grado di sopportare un numero di
cadute pari a quelle richieste dalle norme. Va
fatto rilevare che alcune delle attuali corde a
diametro ridotto (molto apprezzate per il loro
basso peso) hanno un numero di cadute con-
sentite più basso (ma comunque superiore a 5)
e pertanto sono sottoposte a un decadimento
più accelerato; inoltre, come già fatto notare,
sono più scorrevoli dentro freni e in operazioni
di recupero.
Le prestazioni dinamiche, cioè il numero mas-
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

simo di cadute sopportabili, si riducono a causa


dei seguenti fattori: usura durante le ascensioni
(micro voli compresi), luce solare, acqua e
ghiaccio.

Utilizzo in arrampicata
E’ ormai assodato che una corda non subisce 59

una riduzione di resistenza se non viene adope-


rata e lasciata in luogo asciutto e non esposto Una corda non subisce
una riduzione di resisten-
alla luce. Viceversa, lo stato di efficienza di za se non viene adope-
una corda dipende fortemente dal tipo di uso rata e lasciata in luogo
che ne viene fatto e dalla sporcizia (polvere) asciutto e non esposto
alla luce.
che la corda raccoglie. A questo proposito, è
noto che i microcristalli (sabbia, polvere, ecc.)
penetrati nella corda durante l’utilizzo tendono
a tranciare i filamenti di nylon che compon-
gono la corda stessa. Questo effetto viene reso
ancora più marcato dall’uso in corda doppia o
in moulinette, sia per un effetto meccanico di
compressione che di micro fusione di filamenti
della calza dovuto al riscaldamento per attrito.
Inoltre, non va dimenticato che la calza, che è
sottoposta maggiormente a questo fenomeno, Lo stato di efficienza di
una corda dipende for-
contribuisce per il 30% alla resistenza della temente dal tipo di uso
corda. Pertanto se la calza presenta lesioni evi- che ne viene fatto e dalla
denti, si deve ritenere che la corda non ha più i sporcizia (polvere) che la
corda raccoglie. A questo
margini di sicurezza richiesti. proposito, è noto che i
Dal grafico, che prende spunto da dati speri- microcristalli (sabbia,
mentali e fa riferimento a un utilizzo medio su polvere, ecc.) penetrati
nella corda durante l’uti-
terreni diversi, si nota che dopo circa 10.000 lizzo tendono a tranciare
metri di arrampicata la resistenza di una corda i filamenti di nylon che
è scesa al 30%. Ciò significa che una corda compongono la corda
stessa.
nuova che sopportava ad esempio 9 cadute
prima di rompersi, dopo 10.000 metri di
arrampicata può sostenerne solo 3 e quindi
non risulterebbe più a norma. Se la corda
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

nuova fosse stata in grado di reggere almeno 15


cadute dopo 10.000 metri ne sosterrebbe anco-
ra 5, garantendo quindi prestazioni in accordo
con le normative.
Questi dati si riferiscono ad un uso della corda
in alpinismo, non in falesia: la situazione peg-
60 giora, infatti, nel caso di impiego frequente in
moulinette a causa dello stress prodotto dallo
scorrimento dentro gli anelli di calata e dall’uso
di discensori.

decadimento proprietà dinamiche


delle corde per usura naturale
100
90
80
70
resistenza (%)

60
50
40
30
20
10
0
0 5000 10000 15000 20000 25000 30000

metri in arrampicata
Fig. 2.03 Arrampicata e usura

Esposizione alla luce solare


Poiché il nylon è sensibile alla luce solare e in
modo particolare alle radiazioni UV si assiste
ad un notevole decadimento delle prestazioni
dinamiche della corda se esposta al sole. Infatti,
dopo 3 mesi di esposizione in quota, il numero
di cadute sopportate al Dodero si riduce al
50%, in alcuni casi anche al 25%.
Il decadimento di prestazioni è più vistoso per
le corde esposte ad altitudini più elevate (l’in-
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

tensità della componente UV della luce solare


cresce all’aumentare della quota). La degrada-
zione dei colori dei fili della camicia è un indi-
ce del decadimento delle loro caratteristiche
meccaniche e quindi delle proprietà dinamiche
Il decadimento di pre-
della corda [8]. Pertanto, nel peggiore dei casi stazioni è più vistoso per
una corda, che da nuova si rompe dopo 10 le corde esposte ad alti- 61
tudini più elevate (l’in-
cadute, in seguito ad impiego prolungato in
tensità della componen-
ambiente, specie se di alta montagna, può te UV della luce solare
tenere solo 5 cadute. cresce all’aumentare della
quota).

Corde bagnate e corde gelate


Le corde dinamiche bagnate e ghiacciate pre-
sentano, rispetto alle stesse corde asciutte, un
decadimento delle prestazioni.
Nel caso di corde bagnate si ha una riduzione
anche del 66%, cioè la resistenza residua è circa
1/3 di quella iniziale a corda asciutta! Ciò signi-
fica che una corda nuova che si romperebbe Nel caso di corde bagna-
te si ha una riduzione
asciutta dopo 15 cadute, una volta bagnata ne anche del 66%, cioè la
può tenere solo 5, ovvero che una corda usata resistenza residua è circa
che terrebbe 6 cadute, da bagnata ne tiene 1/3 di quella iniziale a
corda asciutta! Ciò signi-
2. Tale comportamento è indipendente dalla fica che una corda nuova
durata dell’ammollo. che si romperebbe dopo
Anche la corda ghiacciata presenta un deca- 15 cadute, una volta
bagnata ne può tenere
dimento della resistenza rispetto alla corda solo 5, ovvero che una
asciutta, anche se la riduzione è meno preoc- corda usata che terrebbe
6 cadute, da bagnata ne
cupante.
tiene 2.
In ogni caso, le corde bagnate, dopo un essic-
camento completo, in ambiente in ombra e
arieggiato, presentano un recupero completo
delle caratteristiche dinamiche iniziali, anche
dopo diversi trattamenti di bagna-asciuga [9].
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

Conclusioni sul decadimento delle


prestazioni dinamiche delle corde
Ipotizzando che dopo circa 10.000 metri di
arrampicata, per effetto della luce solare e
dell’usura, la resistenza dinamica si sia ridotta
al 30%, significa che una corda, che da nuova
62 teneva per esempio 9 cadute, ne sosterrà solo
3; se poi tale corda si bagna, le sue prestazioni
diminuiscono ulteriormente del 66%. Vale
Si consiglia di acquistare
a dire che la nostra corda usata e bagnata
corde semplici e mezze
corde che offrano un può reggere 1 caduta. Si consiglia quindi
numero elevato di cadu- di acquistare corde semplici e mezze corde
te, di scegliere diame-
tri non eccessivamente
che offrano un numero elevato di cadute, di
ridotti perché altrimenti scegliere diametri non eccessivamente ridotti
il sistema mano-freno perché altrimenti il sistema mano-freno lavora
lavora meno efficace-
mente e di cambiare la
meno efficacemente e di cambiare la corda
corda sia in seguito ad sia in seguito ad abrasioni o voli importanti
abrasioni o voli impor- e comunque anche se integra dopo i 10.000
tanti e comunque anche
se integra dopo i 10.000 metri di salite [10] [11].
metri di salite.
Utilizzo delle mezze corde
E’ piuttosto diffuso il fatto di utilizzare in salite
di montagna due mezze corde anziché una
corda semplice.
Ciò per vari motivi:
a) effettuare discese in corda doppia sfruttando
calate di 40-50 metri anziché di soli 20-25;
b) con ancoraggi non particolarmente affi-
dabili, allo scopo di ridurre la sollecitazione
sugli ancoraggi in caso di caduta del primo di
cordata, adottare l’assicurazione ventrale (vedi
cap. 8);
c) effettuare la progressione in conserva su
ghiacciaio impiegando una sola mezza corda
[12] [32].
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Nel caso di progressione in conserva su


tratti rocciosi e su creste dove sono presenti
spuntoni e lame si sconsiglia di usare una
sola mezza corda: è meglio usarla doppiata
(cioè ad esempio con 50 metri ci si lega ad una
distanza di 25 metri passandola doppia). In
questa situazione, in caso di volo di uno dei 63

componenti, se la mezza corda usata singola


dovesse impigliarsi attorno ad uno spuntone si
creerebbe una situazione di corda bloccata, e la
mezza corda potrebbe non avrebbe la capacità
di sopportare questo tipo di caduta.

CORDINI, FETTUCCE E
PREPARATI
Cordini e fettucce sono destinati a resistere a
forze e non ad assorbire energia mediante il loro
allungamento; hanno pertanto caratteristiche Cordini e fettucce sono
destinati a resistere a forze
strutturali differenti dalle corde di arrampicata e non ad assorbire energia
e non devono quindi per nessun motivo essere mediante il loro allun-
gamento; hanno pertanto
utilizzati al posto delle corde, neppure a parità
caratteristiche strutturali
di diametro o sezione. Cordini e fettucce sono differenti dalle corde di
generalmente costituiti con “nylon”, anche se arrampicata e non devono
quindi per nessun motivo
sempre più spesso vengono utilizzati altri mate- essere utilizzati al posto
riali, quali il “kevlar” e il “dyneema” che presen- delle corde.
tano caratteristiche di resistenza più elevate.

Cordini
Per quanto riguarda i cordini realizzati in fibra
poliammidica, riportiamo di seguito i dati sulla
resistenza minima che, secondo la normativa
europea EN 564, deve essere garantita dalle
ditte costruttrici. I produttori devono indicare
(sul rocchetto della confezione) la normativa
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

EN 564, il proprio nome o marchio, il diame-


tro nominale o resistenza di carico Rc (espressa
in daN). Nel caso di cordino non annodato,
il carico minimo che deve sopportare senza
rompersi secondo le norme va calcolato nel
seguente modo:
64 Rc = d² * 20
dove d è il diametro (espresso in mm) e 20
(daN/mm²) è un fattore moltiplicativo.
Le resistenze imposte
dalle norme si riferiscono
alle condizioni “nomina- d (mm) cordini Rc (kN)
li”, cioè a un tratto di 4 3,2
cordino o fettuccia non
annodato. Nella pratica, 5 5,0
bisogna considerare che
i cordini/fettucce sono
6 7,2
generalmente usati sotto 7 9,8
forma di anello chiuso
da un nodo, la cui pre- 8 12,8
senza ne riduce le carat-
teristiche di tenuta.
Le resistenze imposte dalle norme si riferiscono
alle condizioni “nominali”, cioè a un tratto di
cordino o fettuccia non annodato.
Nella pratica, bisogna considerare che i cordi-
ni/fettucce sono generalmente usati sotto forma
di anello chiuso da un nodo, la cui presenza ne
riduce le caratteristiche di tenuta. Infatti, da
numerose prove eseguite, il fattore di riduzione
di un nodo, pur variando da tipo a tipo, può
essere assunto pari a circa 0,5 (valore conserva-
tivo). Per il calcolo della resistenza complessiva
di un anello chiuso (con 2 rami portanti), si
deve quindi moltiplicare per 2 la tenuta del
singolo ramo ma, in virtù della presenza del
nodo, si deve poi moltiplicare il risultato per
0,5 (vedi Effetto dei nodi e degli spigoli-fattori
di riduzione).
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

In conclusione un anello chiuso ha, con buona


approssimazione, una resistenza pari ad un ramo
di cordino/fettuccia non annodato. Quindi, la
Per il calcolo della resi-
resistenza di un anello di cordino/fettuccia stenza complessiva di un
(Ranello) con due o più rami e un nodo può anello chiuso (con 2 rami
essere calcolata come: portanti), si deve quin-
di moltiplicare per 2 la
Ranello=(Rc) x (n° di rami) x (Fnodo) tenuta del singolo ramo
65

dove ma, in virtù della presen-


za del nodo, si deve poi
Rc resistenza nominale del moltiplicare il risultato
cordino/fettuccia per 0,5.
n° rami numero di rami di
cordino/fettuccia nell’anello
Fnodo fattore (<1) riduttivo per
effetto nodo, per esempio 0,5

A titolo di esempio, dovendo realizzare un


anello (quindi con nodo), con un cordino di
7 mm (Rc=10 kN) che presenti una resistenza
complessiva di 20 kN (si veda "Moschettoni")
si deve avere il seguente numero di rami:
n° rami = Ranello/(Rc x Fnodo) =
20/(10 x 0,5) = 4
Anche gli spigoli riducono il carico di rottura
dei cordini/fettucce: si veda, al proposito il
relativo paragrafo.
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

Fettucce
Per le fettucce non precucite (per le quali que-
sta informazione è riportata su una apposita
etichetta) le norme europee EN 565 non pre-
scrivono al costruttore di correlare la resistenza
con la sezione, ma di fornire l’indicazione del
66 carico di rottura direttamente sulla fettuccia
per mezzo di fili paralleli, colorati, equidistanti,
chiaramente identificabili, incorporati nella fet-
Fig. 2.04 Anelli di fettuccia
tuccia lungo la sua lunghezza (fili spia). Ciascun
filo rappresenta 5 kN: ad esempio tre fili corri-
spondono a 15 kN. La resistenza minima non
deve comunque essere inferiore a 5 kN.
Il carico di rottura è dunque dato da:
Rc = n° fili spia * 500 daN
Il costruttore deve indicare (sul rocchetto della
confezione) la normativa EN 565 e il proprio
nome o marchio.
Per gli anelli cuciti di fettuccia le norme euro-
pee EN 566 prescrivono che il carico di rottura
sia non inferiore a 22 kN, cioè un poco supe-
riore a quello prescritto per l’asse maggiore del
moschettone normale (20 kN), e che la cucitura
Fig. 2.05 Rinvio consigliato sia evidenziata con una colorazione contrastan-
te con quella di base per permettere un più
agevole controllo del suo stato. In figura 2.04 a
sinistra è mostrata una fettuccia in poliammide,
mentre a destra una in dyneema.
Il mercato offre misure variabili da 24 cm a 150
cm. Il costruttore deve indicare la normativa
EN 566 e il proprio nome o marchio.
Dovendo preparare un rinvio, si tenga dunque
presente che il carico di rottura consigliato
per i cordini e fettucce impiegati nei rinvii è
di circa 20 kN.
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Quindi, per ottenere un carico di rottura mini-


mo, conviene utilizzare 4 rami con un cordino
di nylon da 7 mm di diametro oppure un cor-
dino in kevlar o dyneema da 6 mm di diametro
(chiusi con nodo a contrasto doppio) oppure
una fettuccia chiusa con nodo fettuccia.
67
Un altro aspetto impor-
Effetto nodo, effetto spigolo e fattori tante che influenza la
di riduzione resistenza di cordini/fet-
tucce è l’appoggio che
Come già esposto i cordini/fettucce sono gene- questi componenti pos-
ralmente usati sotto forma di anello chiuso da sono avere su uno spi-
un nodo, la cui presenza ne riduce le caratteri- golo con un certo raggio
di curvatura: quanto più
stiche di tenuta. il raggio di curvatura è
Un altro aspetto importante che influenza la piccolo (al limite una
resistenza di cordini/fettucce è l’appoggio che lama) tanto più l’effetto
di riduzione di resistenza
questi componenti possono avere su uno spi- è elevato.
golo con un certo raggio di curvatura: quanto
più il raggio di curvatura è piccolo (al limite
una lama) tanto più l’effetto di riduzione di
resistenza è elevato.
Ancora, prove di laboratorio dimostrano che
questo effetto è molto più marcato quanto
maggiore è il diametro del cordino.
Questo porta a suggerire che per ridurre l’effet-
to spigolo è meglio usare un cordino di piccolo
diametro con più rami piuttosto che un cordi-
no di diametro maggiore con due soli rami (il
confronto deve essere fatto a parità di sezione
resistente totale).
In generale si possono dare le seguenti indi-
cazioni:
• il raggio di curvatura dei moschettoni che
rispettano le norme non produce mai la rottura
di cordini o fettucce per effetto spigolo; la rottu-
ra avviene sempre in corrispondenza del nodo;
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

• per quanto riguarda l’effetto di lame o bordi


di roccia la fettuccia ha in generale una resi-
stenza maggiore rispetto al cordino, purché i
vari rami possano lavorare senza limitare reci-
procamente, per effetto di “schiacciamento”, la
deformazione.
68 Ecco una sintesi della tabella tratta dalla pubbli-
cazione “Prove comparative su cordini e fettuc-
ce” [13]; per ulteriori informazione si rimanda
Fig. 2.06 Effetto dei nodi e ai punti [1] [14] [15] [16].
degli spigoli

EFFETTO DEI NODI Fatt. di rid. sulla resistenza


Tipo di nodi FETTUCCE CORDINI
Nodo fettuccia 0,63 0,54
Nodo delle guide 0,42 0,48
Nodo a contrasto inglese doppio 0,58
EFFETTO DEGLI SPIGOLI
(bordi con sezione a forte curvatura o smussati)

Caratteristiche tecniche

Anello passante per foro ø 30 mm


ricavato su lamiera: spess. 4 mm, 0,52 0,51
bordo arrotondato

Spess. 3 mm, bordo smussato 0,33 0,45

Passante per l'occhiello del chiodo


0,36 0,44
(spessore lamiera 4mm)
Anello passante a "strozzo"
0,34 0,48
- nodo sul braccio sottostante
- nodo sul braccio sovrastante 0,27

anello passante per l'occhiello del


0,23
chiodo (4 rami): - rami sovrapposti

- rami non sovrapposti 0,27


Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Si riportano, a conclusione, i calcoli dello


sforzo sopportabile da una fettuccia avente
3 fili spia in relazione al modo con cui viene
sistemata sull’ancoraggio.
I casi sono illustrati nella figura 2.07.
Rc N° rami Fattore Rc di carico
69
riduzione (daN)
1500 3 0,63 1890
1500 4 0,63 3780
1500 4 0,23 1380
Fig. 2.07 Sforzo sopportabile
1500 2 0,27 810 da una fettuccia con tre fili spia

R~1890 R~3780 R~1380 R~810


daN daN daN daN

Kevlar, Dyneema, Spectra Il kevlar è chimicamente


Il kevlar è una fibra aramidica di recente tecno- simile al nylon ma con
caratteristiche fisico-
logia produttiva (1965), chimicamente simile meccaniche che lo ren-
al nylon ma con caratteristiche fisico-mecca- dono più resistente sia
niche che lo rendono più resistente del perlon allo strappo sia all’effet-
to di nodi e spigoli.
sia allo strappo sia all’effetto di nodi e spigoli.
Dopo la sua introduzione e diffusione soprat-
tutto nell’ambito marino, ha trovato impiego
in molti altri settori (avionica, meccanica,
hobbistica, ecc.) e tende a sostituire sempre più
spesso l’acciaio nelle corde a fibra leggera.
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

In alpinismo, viste le sue caratteristiche, è


molto usato come cordino accessorio. Rispetto
a cordini di nylon, quelli in kevlar presentano
Rispetto a cordini di
una rigidezza superiore. Questa caratteristica,
nylon, quelli in kevlar che in taluni usi si rivela molto comoda, d’altra
presentano una rigidezza parte fa sconsigliare l’utilizzo del kevlar in tutte
superiore. Questa carat-
70
teristica, che in taluni usi le situazioni che richiedono un frequente anno-
si rivela molto comoda, damento e scioglimento o uno scorrimento
d’altra parte fa sconsi- ripetuto del cordino sotto carico (p.e. pulegge).
gliare l’utilizzo del kevlar
in tutte le situazioni che E’ infatti possibile che in queste condizioni
richiedono un frequente le fibre rigide del kevlar possano danneggiarsi
annodamento e sciogli- (snervamento), riducendo la resistenza del cor-
mento o uno scorrimen-
to ripetuto del cordino dino (si parla comunque di migliaia di cicli).
sotto carico. Sono presenti, sul mercato, cordini di due
dimensioni con diametro 5,5 o 6 mm, con cari-
chi di rottura di circa 18 kN, superiori a quelli
di cordini di nylon di 9 mm (16,2 kN).
In commercio si trovano cordini (e fettucce)
realizzati, oltre che in kevlar, anche in dyneema
e spectra, che sono fibre di polietilene (PE HT)
prodotte dalla DSM con il marchio Dyneema
o dalla ALLIED con il marchio Spectra. Sono
Fig. 2.08 Confronto tra cordini costruttivamente molto robusti, con caratteri-
in nylon e kevlar
stiche meccaniche simili al kevlar.

nylon ø 7 mm kevlar ø 5,5 mm


effetto
nodo 12,5 kN 18,2 kN

effetto
7,5 kN 15,2 kN
spigolo

effetto
7,6 kN 10,4 kn
strozzo
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Una caratteristica dei cordini in kevlar, dynee-


ma o spectra è quella che, se sottoposti a
trazione, l’anima tende a sfilarsi dalla camicia
(che è realizzata in nylon). Si raccomanda per
questo motivo di annodare i cordini in kevlar Una caratteristica dei cor-
solamente con il nodo inglese doppio, o meglio dini in kevlar, dyneema
o spectra è quella che,
triplo, in quanto altri nodi potrebbero di fatto se sottoposti a trazione,
71

sciogliersi se sottoposti a forti carichi. l’anima tende a sfilarsi


A titolo di riferimento mostriamo una tabella di dalla camicia .

comparazione tra cordini in nylon e cordino in


kevlar (figura 12.08).

Daisy chain
Si tratta di una fettuccia che presenta una serie
di anelli cuciti (vedi figura 2.09a).
Utilizzata alle due estremità ha un carico di

4 kN 22 kN Fig. 2.09a Daisy chain

rottura di 22 kN, come specificato dalle norme,


mentre se è impiegata come longe offre una
resistenza minore, pari a 3-4 kN. Non biso-
gna commettere il grave errore di collegare il
moschettone tra due anelli perché la cucitura
presenta una scarsa tenuta. Inoltre, se messo
male, la rottura della cucitura potrebbe anche
provocare il distacco del moschettone dalla
fettuccia (vedi figura 2.09b). Le daisy chain
trovano impiego in particolare nell’arrampicata
Fig. 2.09b Daisy chain-collegamento errato
artificiale e nelle big-walls. Vengono collegate
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

da un lato direttamente all’imbraco (nodo a


strozzo) e dall’altra ad un moschettone. Sono
impiegate anche alle soste e nei bivacchi, per
predisporre ordinatamente il materiale.

Preparati
72 Per quanto riguarda i rinvii preparati, chiamati
anche “express”, come detto la normativa fissa
per la fettuccia un carico di rottura minimo di
22 kN, mentre i moschettoni, come specificato
di seguito, devono avere un carico di almeno 20
Fig. 2.10 Preparati equivalenti
kN. In figura 2.10 è illustrata la collocazione
dei moschettoni; dal punto di vista delle tenute,
è equivalente porre le aperture entrambe da una
parte oppure disporle ai lati opposti [29] [30].
Inoltre in alpinismo, dove è bene mantenere
l’angolo della corda che passa nel moschetto-
ne il più vicino possibile a 180°, in modo da
ridurre gli attriti, si consiglia di usare preparati
lunghi, da 16 a 25 cm, piuttosto che corti, che
risultano più adatti all’arrampicata in falesia
(figura 2.11).

Fig. 2.11 Preparati corti e lunghi MOSCHETTONI


L’aggancio della corda all’ancoraggio è possibile
tramite il moschettone. Questo attrezzo, inven-
tato nel 1912 da Otto Herzog, oggigiorno è
costruito in lega leggera, ha la forma di un anel-
lo schiacciato che varia alquanto secondo l’im-
piego specifico dell’attrezzo. E’ apribile da un
lato per mezzo di una leva azionabile manual-
mente, la quale ritorna in sede per effetto di una
molla. La normativa inserisce i moschettoni nei
dispositivi chiamati connettori.
Nella figura 2.12 sono mostrati 6 tipi di
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

moschettoni molto usati nell’alpinismo: uno


di tipo B (base) con leva dritta, un altro di tipo
B con leva curva, un moschettone ovale con
ghiera, un moschettone a base larga tipo H
dotato di ghiera per effettuare l’assicurazione
con il freno mezzo barcaiolo, un moschettone
a base larga tipo K dotato di leva manuale, più 73

robusto e adatto alle vie ferrate e un moschet-


tone con leva a filo.

Fig. 2.12 Moschettoni principali


In base alla normativa EN12275 la tipologia
dei moschettoni (e più in generale i connettori)
presenta 7 tipi diversi di moschettoni: B (base),
H (per mezzo barcaiolo), K (per ferrata), D
(direzionale), A (per ancoraggi), Q (con chiu- 1 punto di impiglio 2 punti di impiglio

sura a vite - maglie rapide), X (ovale). Ciascuna


di queste categorie è caratterizzata, oltre che
dal tipo di impiego del moschettone, da diversi
carichi di resistenza lungo gli assi dello stesso. 1 punto di impiglio KEY-LOCK
Nei moschettoni da rinvio la leva può essere
diritta, curva e a filo mentre la chiusura consi-
gliata è quella di tipo KEY-LOCK.
Secondo le norme, sul corpo del moschettone
devono essere riportati in modo indelebile: il
tipo di moschettone, i valori della resistenza
(in kN) lungo le diverse direzioni in cui può
venire ad essere sollecitato, il nome o marchio
del costruttore. Anche se differenziati da tipo a
tipo, il carico minimo lungo l’asse maggiore a
leva chiusa è stabilito in almeno 20 kN, quello Fig. 2.13 Moschettoni-
tipi di chiusura della leva
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

a leva aperta in 7 kN per i moschettoni B e D


e in 6 kN per il tipo H. Il carico minimo lungo
l’asse maggiore è di 7 kN.
I moschettoni da rinvio possono essere di
ghiera manuale vario tipo: con leva diritta, curva o a filo, con
chiusura a dente sulla leva, a dente sul corpo,
74 key-lock. Viene consigliata la chiusura key-
lock perché viene eliminato qualsiasi dente di
chiusura sia sul corpo che sulla leva: in questo
ghiera automatica express modo si evita che la corda si impigli durante
Fig. 2.14 Ghiera manuale ed express
l’inserimento e lo sgancio.
I moschettoni a base larga dotati di ghiera pos-
sono richiedere modalità diverse per l’apertura
della leva. In alpinismo il moschettone più
usato è dotato di ghiera manuale, che viene
impiegato nelle manovre di assicurazione.
Per il corretto funzionamento del moschettone
con ghiera è sempre importante prima dell’uso
chiudere la ghiera. Nella figura 2.15 è illustrata
la procedura per l’apertura di un moschettone
con ghiera automatica tipo twist lock. Invece
nella figura 2.16 è illustrata la procedura per
Fig. 2.15 Ghiera twist lock
l’apertura di un moschettone con ghiera auto-
matica tipo auto lock.
Una serie di prove condotte sui connettori dalla
Commissione Materiali e Tecniche Lombarda,
documentate anche da un video su supporto
DVD [17] [18], ha evidenziato che:
- sui moschettoni H a ghiera, nella versione “a
base larga” adatta all’uso con il mezzo barcaio-
lo, la ghiera, pur avendo lo scopo principale di
mantenere la leva in sede, contribuisce anche ad
aumentare il carico di rottura del moschettone;
perciò bisogna avere cura di chiudere bene la
ghiera prima di usare il moschettone;
Fig. 2.16 Ghiera auto lock
- la ghiera chiusa sul corpo del moschettone, se
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

soggetta ad una forza che tende a farla uscire


dalla sede (test non considerato dalle norme),
presenta una resistenza piuttosto bassa (poche
decine di daN);
- un moschettone posto a lavorare in fles-
sione offre un carico di rottura piuttosto basso
(340 daN); 75

- moschettone con leva (o dito) a filo: i risul-


tati hanno messo in evidenza che il filo non
costituisce il punto debole perché la rottura
avviene sul corpo. In prove di rottura sull’asse
minore il filo non indebolisce particolarmente
il moschettone: in due prove eseguite si sono
misurati 1100 e 1300 daN;
- Vecchio moschettone marcato L: si fa
presente che la vecchia normativa U.I.A.A.
prevedeva l’utilizzo di due tipi di moschettoni:
“normale” marcato N e “leggero” marcato L.
Per il tipo L era consentito un carico a dito
aperto di 6 kN: si consiglia di non utilizzare
questo moschettone perché tale basso valore
nel rinvio, in situazioni critiche, è facilmente
raggiungibile.
Fig. 2.17 Moschettoni in flessione

Fig. 2.18 Moschettone dito-aperto


Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

IMBRACATURA
Generalità
L’imbracatura è indispensabile per ogni alpi-
nista o arrampicatore. In caso di caduta l’im-
bracatura ha il compito principale di ripartire
76
la sollecitazione soprattutto sul bacino e sulla
parte superiore delle cosce e lo strappo deve
essere trasmesso al corpo tramite un punto
di applicazione posto superiormente al suo
baricentro; inoltre non deve essere possibile, in
alcun caso, lo sfilamento.

Scelta e regolazione
In commercio si trovano tre tipi di imbracatura
regolamentati dalla normativa EN12277: bassa
(cosciale), alta (pettorale) e intera (o completa).
Non è possibile usare da sola la parte alta ma
essa deve essere abbinata con la parte bassa. In
alpinismo per questioni di comodità conviene
utilizzare l’imbracatura bassa oppure, se si
arrampica con lo zaino, la combinata, costitui-
Fig. 2.19 Imbracatura bassa ta cioè da parte bassa più alta (il pettorale non
deve necessariamente essere della stessa marca
dell’imbracatura bassa). L’impiego dell’imbra-
catura bassa e combinata e il collegamento
con la corda sono aspetti che vanno curati
con attenzione ad evitare, in caso di caduta o
di particolari manovre, cattive condizioni di
sospensione che possono avere conseguenze
assai gravi.
Poiché il mercato offre vari tipi di imbracatura,
per l’alpinismo consigliamo di scegliere un
Fig. 2.20 Pettorale modello che presenti le seguenti caratteristiche:
- disponga di porta materiali funzionali: quelli
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

anteriori abbastanza rigidi per avere i rinvii a


portata di mano e quelli posteriori più morbidi
L’impiego dell’imbraca-
per evitare punti di appoggio con lo zaino; tura bassa e combinata
- abbia un buon sistema di regolazione dei e il collegamento con la
cosciali e dei sistemi di sostegno per evitare che corda sono aspetti che
vanno curati con atten-
i cosciali scivolino lungo le gambe; zione ad evitare, in caso
- il pettorale sia regolabile e le bretelle aggiu- di caduta o di particolari 77

stabili in modo da avere circa una spanna sotto manovre, cattive condi-
zioni di sospensione che
le ascelle; possono avere conseguen-
- l’imbracatura deve essere comoda e non deve ze assai gravi.
ostacolare la libertà di movimento;
- eventualmente sia di tipo regolabile in modo
da poterla indossare anche con ramponi o sci
ai piedi.

Nel caso di imbracatura nuova, soprattutto


se combinata, è utile provarla in sospensione
prima di servirsene sul terreno. Durante la
sospensione il corpo va tenuto completamente
rilassato (simulazione dello svenimento): in
tali condizioni la posizione di equilibrio deve
essere simile a quella di una persona seduta, Particolare importanza
con le gambe un po’ piegate, senza che si deb- assumono la posizione
bano lamentare costrizioni eccessive, soprat- del punto di sospensio-
ne, che deve trovarsi tra
tutto sotto le ascelle e in corrispondenza dei l’ombelico e il principio
genitali. dello sterno (né troppo
Particolare importanza assumono la posizione basso, né troppo alto),
e il punto di attacco dei
del punto di sospensione, che deve trovarsi tra cosciali, che deve essere il
l’ombelico e il principio dello sterno (né troppo più possibile frontale.
basso, né troppo alto), e il punto di attacco dei
cosciali, che deve essere il più possibile frontale,
cosa che in talune imbracature non avviene in
quanto presentano due attacchi troppo laterali.
Non devono manifestarsi formicolii o addirit-
tura blocchi della sensibilità dopo periodi di
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

sospensione relativamente brevi e la postura


non deve essere caratterizzata da accentuata
lordosi (inarcamento all’indietro della spina
Le imbracature vanno
controllate periodica- dorsale, causato da sospensione troppo alta, o
mente con particolare troppo lasca, cioè da scaricamento del peso sul
attenzione alle cuciture torace invece che sulle cosce). Nel caso delle
e alle abrasioni che pos-
78
sono aver indebolito ele- donne si consiglia di utilizzare un pettorale a
menti portanti. otto di misura leggermente abbondante (in
relazione allo sviluppo del torace), in combina-
zione con un cosciale ad attacco anteriore cen-
trale (cosciale “a seggiolino”). Le imbracature
vanno controllate periodicamente con partico-
lare attenzione alle cuciture e alle abrasioni che
possono aver indebolito elementi portanti.

Utilizzo dell’imbracatura
Si danno di seguito alcune indicazioni sull’uti-
lizzo e sul collegamento dell’imbracatura alla
corda di cordata.
Per approfondimenti sull’impiego dell’imbra-
catura, si rimanda alle pubblicazioni predi-
sposte e diffuse dalla Commissione Centrale
Materiali e Tecniche e dalla Scuola Centrale di
Alpinismo della CNSASA [20] [21].

Alcune considerazioni di base:


- Per uso alpinistico e scialpinistico vengono
utilizzati sostanzialmente due tipi di imbra-
cature: l’imbracatura bassa (definita “coscia-
le” dalle norme) e l’imbracatura combinata
(cosciale + pettorale separati). Esistono in com-
mercio anche imbracature complete (cosciale e
pettorale non separabili) che trovano maggiore
uso nelle vie ferrate (sconsigliabili per l'accen-
tuata lordosi).
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

- Lo scopo principale dell’imbracatura è quel-


lo di distribuire sul corpo umano, in modo
razionale e non traumatico, la forza d’arresto
proveniente dalla corda in caso di caduta. Lo scopo principale del-
l’imbracatura è quello
- L’imbraco basso offre inoltre la non trascura- di distribuire sul corpo
bile comodità di poter togliere o indossare con umano, in modo razio-
più facilità vari capi di vestiario. nale e non traumatico, 79
la forza d’arresto prove-
- In caso di volo all’indietro, con il solo imbra- niente dalla corda in caso
co basso è più facile riportare lesioni alla spina di caduta.
dorsale, specialmente se si porta lo zaino.
- In un’eventuale sospensione, in special modo
con il peso dello zaino, è innegabile la scomo-
dità dell’imbracatura bassa (ribaltamento); si
dovrebbe allora avere indossata la parte alta
(pettorale) o predisporre un sistema (fettuccia
o cordino che collega gli spallacci dello zaino
alla corda mediante un moschettone) in modo
tale da potersi facilmente agganciare, in caso di
sospensione, alla corda di trattenuta.
- Nel caso del procedimento in cordata di Nel caso del procedimen-
to in cordata di conserva
conserva nell’attraversamento di un ghiacciaio, nell’attraversamento di
chi deve trattenere un’eventuale caduta del un ghiacciaio, chi deve
compagno è facilitato se si trova incordato trattenere un’eventuale
caduta del compagno è
“basso” (quindi mediante l’utilizzo della sola facilitato se si trova incor-
imbracatura bassa) e cioè se il punto d’appli- dato mediante l’utilizzo
cazione dello strappo (nodo di collegamento della sola imbracatura
bassa e cioè se il punto
corda-imbracatura) si trova vicino al baricentro d’applicazione dello
del corpo, poco sopra il bacino. Un ulteriore strappo si trova vicino al
vantaggio dell’imbracatura bassa è dato dalla baricentro del corpo.

maggior prontezza e resistenza dei muscoli più


potenti del corpo (quadricipiti femorali) allo
sforzo improvviso che si verifica.
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

Uso imbracatura solo bassa combinata


progressione da capo cordata o da
x x
secondo senza zaino
progressione da capo cordata o da
x
secondo con zaino
80
discesa a corda doppia con zaino x
discesa a corda doppia senza zaino x x
attraversamento di ghiacciaio con o
x
senza sci
Osservazioni sul prospetto:
• Il contrassegno “X” presente nella casella
indica il corretto impiego;
• Si può notare, ad esempio, che mentre
nella progressione da capocordata con zaino è
necessario disporre dell’imbracatura combinata
(cosciale più pettorale), nella progressione da
capocordata senza zaino è consentito sia l’uso
della sola imbracatura bassa che di quella
combinata.

Per concludere questa descrizione sulle imbra-


L’anello di servizio pre-
sente in molti modelli è cature, si sottolinea che l’anello di servizio pre-
il punto al quale viene sente in molti modelli è il punto al quale viene
collegata la corda nei
collegata la corda nei test di omologazione.
test di omologazione.
Pertanto, di fatto, que- Pertanto, di fatto, questo è il punto più sicuro
sto è il punto più sicuro dell’imbracatura e sarebbe idealmente possibile
dell’imbracatura e sareb-
be idealmente possibile
collegare direttamente (e solamente) la corda
collegare direttamente (e ad esso. Ovviamente nella pratica è più pratico
solamente) la corda ad ed immediato collegare la corda passandola
esso.
direttamente nell’imbracatura e non (solo) in
questo anello di servizio che, in effetti, con
imbrachi molto vecchi potrebbe arrivare a per-
dere le necessarie caratteristiche di robustezza.
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Si consiglia, se vi sono dubbi di questo tipo,


di predisporre un ulteriore anello di cordino
(nylon o kevlar) o, ancora meglio, sostituire
l’imbracatura con una nuova!

CASCO
Il casco da alpinismo è costituito da una 81

calotta di materiale sintetico talvolta rafforzato


mediante fibra di vetro o carbonio che deve
resistere a urti e colpi di una certa entità. È
provvisto di sottogola il cui attacco al bordo
deve essere realizzato mediante due punti per
lato; deve essere aerato e avere una struttura
portante interna che permetta di regolare la
distanza testa-involucro. Deve proteggere la Fig. 2.21 Casco

testa e la colonna vertebrale dell’alpinista da


sollecitazioni violente che possono derivare
da caduta di pietre o ghiaccio, da urti contro
la parete o altri ostacoli durante una caduta,
dalle conseguenze di manovre errate, ecc. Deve
quindi essere in grado di assorbire energia suf-
ficiente senza che la calotta si rompa e senza
trasmettere sollecitazioni eccessive al corpo sot-
tostante; deve inoltre ripartire la sollecitazione
in misura adeguata sulla volta cranica evitando
eccessive pressioni locali e deve evitare il con-
tatto diretto del cranio con corpi acuminati o
taglienti.
I caschi sono soggetti alla normativa EN
12492, che prevede diverse prove di assorbi-
Fig. 2.22 Intelaiatura casco
mento di energia e di comodità di utilizzo.
Una caratteristica critica del casco è la resisten-
za all’invecchiamento. Va ricordato che il casco
è particolarmente esposto alle intemperie e alla
radiazione solare. Alcuni materiali sintetici,
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

specie alcuni che venivano usati nel passato,


sono molto sensibili alla radiazione solare e
invecchiano rapidamente diventando fragi-
li. Tali materiali non dovrebbero oggigiorno
essere più impiegati dai costruttori e proprio
Fig. 2.23 Caschi vari
a questo scopo le norme richiedono che venga
82 riportato il periodo per il quale le caratteristi-
che meccaniche del casco sono garantite. Va
comunque fatto notare che l’alpinista tende a
considerare eterno il proprio casco, non essen-
do l’invecchiamento e l’aumento della fragilità
rilevabili tramite una semplice ispezione visiva.
Questo atteggiamento mentale è poco condivi-
sibile, tanto più se si considerano i cosiddetti
caschi “ultraleggeri”, che hanno un peso molto
inferiore rispetto a quelli normali, vantaggio
Fig. 2.24 Casco leggero ottenuto sovente a scapito della durata.

CHIODI DA ROCCIA
Si devono distinguere due grandi categorie di
L’alpinista tende a consi-
derare eterno il proprio
chiodi: i chiodi “normali” (da fessura) e i chiodi
casco, non essendo l’in- a perforazione (o “chiper”). I primi vengono
vecchiamento e l’aumen- piantati in fessure naturali presenti nella roccia,
to della fragilità rilevabi-
li tramite una semplice mentre i secondi, per l’infissione, necessitano
ispezione visiva. preliminarmente di un lavoro di foratura della
roccia stessa. Nella seconda categoria rientrano
i ben noti “spit” (fix, ecc.), comuni nelle falesie
e palestre d’arrampicata.

Chiodi da fessura
Hans Fiechtl, guida austriaca, è riconosciuto
come il “padre storico” del chiodo da roccia.
Si considera il 1909 come l’anno in cui questo
strumento è stato introdotto “ufficialmente”
nell’alpinismo, anche se non mancano alcuni
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

episodi antecedenti d’uso di strumenti simi-


li. I primi chiodi erano realizzati in acciaio
dolce forgiato ed erano usati prevalentemente
I primi chiodi erano
per l’assicurazione e non per la progressio- realizzati in acciaio
ne. Successivamente, con l’introduzione del dolce forgiato ed erano
moschettone nel 1912, l’importanza del chiodo usati prevalentemen-
te per l’assicurazione e
per la progressione è andata sempre aumentan- non per la progressione.
83

do, sino ad arrivare alla notevole produzione Successivamente, con l’in-


troduzione del moschet-
attuale di chiodi di forme e materiali diversi,
tone nel 1912, l’impor-
arrivati oggi ad una specializzazione notevole. tanza del chiodo per la
progressione è andata
sempre aumentando.
Il chiodo è composto da tre parti principali,
presenti in ogni modello: la testa, la lama e
l’anello. In base all’orientamento reciproco
della lama e della testa si hanno:

1) chiodi orizzontali, con l’anello perpendicolare


alla lama;
2) chiodi verticali, con l’anello nello stesso piano
della lama;
3) chiodi universali, con l’anello a 45° rispetto
alla lama.

In base al tipo di metallo con cui sono realizzati


i chiodi sono suddivisi in:

1) Chiodi in metallo tenero: si deformano per


adattarsi alla fenditura in cui sono infissi (chio-
di ad “U” e universali).
2) Chiodi in metallo duro: praticamente inde-
formabili, realizzano la tenuta mediante l’in-
castro nella fenditura in cui vengono infissi
(chiodi ad “V”, universali e a lama).
3) Chiodi in titanio: resistenti e leggeri (chiodi
ad “L” e a “V”).
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

I chiodi in acciaio dolce I chiodi di gran lunga più comuni sono in


sono usati prevalente-
mente su calcare; tuttavia acciaio dolce e in acciaio temprato. L’acciaio
se realizzati con acciaio dolce privo di trattamento termico permette al
semiduro sono impiega- chiodo di adattarsi meglio alle irregolarità della
bili anche su granito.
fessura in cui è piantato, ma d’altra parte ne
rende più difficile l’estrazione e ne riduce (con
84 l’uso) le caratteristiche di resistenza.
I chiodi in acciaio dolce sono usati prevalente-
mente su calcare (vedi figura 2.25); tuttavia se
realizzati con acciaio semiduro sono impiegabi-
li anche su granito.
I chiodi d’acciaio temprato sono realizzati in
acciaio al cromo e subiscono un trattamento
termico che ne rende difficile la deformazione.
Tengono per incastro e quindi sono maggior-
mente usati su granito (vedi figura 2.26).
Secondo la normativa EN 569, esistono due
categorie di chiodi:

- chiodo di sicurezza: chiodo che presenta un


alto carico di rottura e ha una lunghezza di
Fig. 2.25 Chiodi in acciaio dolce almeno 90 mm - presenta stampigliata la let-
tera “S”;
- chiodo di progressione: chiodo che presenta
un carico di rottura inferiore al chiodo di
sicurezza.

Per ottenere il label i chiodi devono presen-


tare determinate caratteristiche costruttive e
resistere a prove statiche di rottura con carichi
applicati secondo tre direzioni perpendicolari
all’asse di infissone.
Si può facilmente comprendere che la resisten-
za di un chiodo infisso dipende, oltre che dalle
sue caratteristiche meccaniche, dalla resistenza
Fig. 2.26 Chiodi in acciaio temprato
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

che esso oppone all’estrazione dalla fessura in


cui è stato infisso e dalla resistenza allo sfalda-
mento di quest’ultima. Questi aspetti sono di
non facile valutazione e solo una consolidata
esperienza permette di valutare (con notevole
incertezza!) la “tenuta” di un chiodo.
85

Chiodi a pressione
Il chiodo a pressione è costituito da un occhiel-
lo e da un’asta leggermente conica alla sua
estremità, lungo circa 35 mm e con diametro
di 8 mm. Si inserisce in un foro di diametro di
7.5 mm eseguito preventivamente nella roccia
(profondità 4 cm ca.). Fig. 2.27 Chiodo a pressione

Chiodi a perforazione
Il “chiper” (chiodo a perforazione) è composto
in genere da due parti: l’asta (infissa nel foro
ed ivi mantenuta per effetto di pressione, dila-
tazione o mediante colla) e la piastra (con un
occhiello per l’introduzione del moschettone).
Il materiale di costruzione deve essere resistente
alla corrosione. Molta importanza ha in questo
caso la corrosione dovuta alla salsedine in zone
vicine al mare e/o a eventuali minerali presenti
nella roccia.
Per ottenere il label, i chiper devono resistere
a prove statiche di rottura ed estrazione (si
usa un blocco di cemento con caratteristiche
opportune). Il costruttore è tenuto a riportare
per iscritto: il nome o il marchio del fabbri-
cante, o del fornitore, o dell’importatore; il
numero della normativa (EN 959); il nome e le
dimensioni del modello (se ne esistono più di
uno); il significato di ogni simbolo sul prodot-
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

to; tutti gli elementi che costituiscono il chiper;


istruzioni sul suo uso; istruzioni sul suo piaz-
zamento; modo di scelta di altri elementi del
sistema; avviso del fatto che il chiper può avere
una durata inferiore a causa della salsedine.
Fig. 2.28 Struttura di un chiper
Il chiper deve riportare in forma indelebile: il
86 nome o il marchio del fabbricante, o del forni-
tore, o dell’importatore; il nome e le dimensio-
ni del modello (se ne esistono più di uno).
I "chiper" sono generalmente conosciuti come
spit, fix, resinati.

Spit
Lo spit (o tassello a bussola autoperforante)
è stato inizialmente concepito ed usato nel-
l’edilizia. È costituito da due parti di acciaio
(o acciaio-inox): un cilindro vuoto ed un
cuneo a forma tronco-conica. Il cilindro è
lungo 30 mm ed ha un diametro di 11.5 mm
e presenta una filettatura interna (bussola) ad
un’estremità ed una fresa dall’altra (usata per la
perforazione della roccia). Il cuneo, introdotto
nella parte della fresa, ne consente l’espansione
ed il fissaggio. In commercio esistono spit di
varie lunghezze e misure, ed i più utilizzati nel-
l’arrampicata sono di 8, 10 ed anche 12 mm.
Fig. 2.29 Spit o tasselli autoperforanti
Offrono garanzie di tenuta e resistenza molto
superiori rispetto ai chiodi a pressione.

Tasselli o Fix
I tasselli o fix rappresentano una evoluzione del
concetto di spit, e sono anch’essi utilizzati mol-
tissimo in edilizia. È costituito da un cilindro
con ad una estremità un cuneo ad espansione
e all’altra un filetto a cui viene fissata la pia-
strina con un bullone. A differenza dello spit,
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

non si usa il tassello stesso per la creazione del


buco, che viene in genere fatto con un trapano.
Offrono una tenuta a carichi radiali e all’estra-
zione molto maggiori rispetto allo spit. In
commercio esistono tasselli di varie lunghezze e
misure, ed i più utilizzati nell’arrampicata sono
di 10 e 12 mm. 87

Fig. 2.30 Fix


Resinati
Nelle falesie si utilizzano anche tasselli e chiodi
che sono fissati alla roccia con resine epossi-
diche e fiale chimiche. Per la loro messa in
opera si deve praticare nella roccia un foro di
dimensioni maggiori rispetto al diametro del
tassello (p.e. 2 mm di larghezza e 1 o 2 cm di
profondità) in cui inserire il collante. Offrono
in genere maggiori prestazioni in termini sia di
sicurezza sia di durata rispetto ai tasselli non
resinati. Fig. 2.31 Resinati

BLOCCHETTI DA INCA-
STRO FISSI E REGOLABILI
Negli anni ‘60, dapprima nell’ambiente alpi-
nistico inglese e poi in quello americano, sono
stati sviluppati attrezzi per la predisposizione
di punti di assicurazione “puliti”, cioè che non
rovinano la roccia a causa del loro frequente
inserimento ed estrazione (cosa che succede
con i chiodi). Sono stati così ideati i “bloc-
chi da incastro”, sia fissi (meglio noti come
“nut”, “chock”, “stopper”, ecc.) sia regolabili
(“friend”), molto diffusi ed utilizzati oggi-
giorno. Per entrambi i modelli sono in vigore
norme che ne definiscono le caratteristiche di
tenuta. Si deve peraltro sottolineare che tali
norme definiscono solamente le caratteristiche
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

costruttive di questi attrezzi, che chiaramente


non possono essere prese a riferimento nel caso
di uso improprio o in circostanze non “ottima-
li”. Per tutti i modelli di blocchetti da incastro,
le norme non impongono un valore minimo
del carico di rottura, ma solamente che il
88 costruttore ne riporti il valore in modo chiaro.
Occorre quindi prestare attenzione a questo
valore al momento dell’acquisto in modo da
essere sempre consapevoli della tenuta del bloc-
chetto nel momento del suo utilizzo.

Blocchi da incastro fissi


Secondo le norme EN 12270, un blocco da
incastro fisso è un corpo di metallo a forma di
cuneo non regolabile, collegato ad un anello di
metallo o cordino.
Esistono in commercio blocchi di forma diver-
sa: a piramide tronca (bicunei o stopper), a
sezione esagonale o asimmetrica (eccentrici),
telescopici, a forma di T.
Il costruttore è tenuto a riportare per iscritto: il
nome del fabbricante, il numero della norma-
tiva, minima resistenza in kN.
Nella figura 2.32 sono mostrate tre serie di
blocchi da incastro.

Blocchi da incastro regolabili


Secondo le norme EN 12276, un blocco da
incastro regolabile è un blocco che può essere
regolato ed incastrato nelle fessure della roccia
collegato ad un anello di metallo, cordino o
fettuccia.
Esistono in commercio diversi tipi e modelli di
blocchi regolabili. Tra i più comuni ed apprez-
Fig. 2.32 Blocchi da incastro fissi
zati sono i “friend” (figura 2.33) e più in gene-
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

rale tutti i dispositivi a camme girevoli (noti nei


paesi anglosassoni come SLCDs, spring-loaded
camming devices). Questi sono meccanismi
che presentano tre o quattro camme incernie-
rate su uno o due perni e la cui forma, a spirale
logaritmica, consente un adattamento ottimale
in un certo range di ampiezze delle fessure 89

naturali presenti nella roccia.


I primi friend sono stati ideati in Yosemite,
USA, da Ray Jardine. I dispositivi a quattro
camme hanno maggior resistenza e stabilità
nelle fessure, mentre quelli a tre camme sono
più adatti per le piccole fessure. Anche se
ormai abbastanza rari, si trovano ancora in
commercio attrezzi con “bracci” rigidi anziché
flessibili. Questi ultimi ne permettono l’uso in
un maggiore ventaglio di possibilità, consen-
tendo un piazzamento anche orizzontale senza
pericolo che il braccio possa spezzarsi, come
potrebbe avvenire con quelli rigidi nel caso di
forte sollecitazione. Fig. 2.33 Blocchi da incastro regolabili
Il costruttore è tenuto a riportare per iscritto: il Friend

nome del fabbricante; il numero della norma-


tiva (EN 12276); il nome e le dimensioni del
modello (se ne esistono più di uno); minima
resistenza in kN approssimata per difetto all’in-
tero più vicino.

Cunei, Bong
Ancora oggi su molte vie classiche si trovano
vecchi cunei di legno che venivano utilizzati
come mezzo di assicurazione o progressione in
fessure troppo larghe per contenere chiodi. Dai
vecchi cunei di legno, si è poi passati a cunei Fig. 2.33 Simulazione di utilizzo
in metallo, di dimensione e forma opportu- di un blocco da incastro regolabile
a tre alberi
na. Peraltro anche questi cunei, detti anche
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

“bong”, sono stati di fatto oggigiorno soppian-


tati dall’uso dei blocchi regolabili (friend).

BLOCCANTI (MANIGLIE)
Servono principalmente per risalire corde fisse e
in manovre di soccorso. Ne esistono diversi tipi
90 e sono vincolati dalla normativa EN 567. Sono
Fig. 2.34 Cuneo e Bong
attrezzi costituiti tipicamente da una maniglia
ed un dispositivo di bloccaggio che permette
lo scorrimento di una corda in una direzione,
bloccandola automaticamente nell’altra. Per la
risalita, la maniglia è collegata normalmente ad
un cordino, una fettuccia o una staffa.

PIASTRINE MULTIUSO
Le piastrine multiuso stanno avendo una forte
espansione dovuta alla praticità d’utilizzo, alla
loro versatilità ed al peso molto ridotto. La pia-
strina può essere impiegata in vari modi:
a) come freno quando la piastrina svolge la
funzione di discensore;
b) come bloccante quando la piastrina è uti-
lizzata nei recuperi di uno-due secondi di
cordata;
c) come bloccante nelle manovre di autosoc-
corso con il grande vantaggio, rispetto ai ben
noti bloccanti fatti con i cordini, di essere
Fig. 2.35 Maniglie
rigido e di non perdere tratti di corda faticosa-
mente recuperata.
Non è possibile l’uso della piastrina per rea-
lizzare un’assicurazione dinamica del primo di
cordata.
Si fa notare che esistono in circolazione piastri-
ne dotate di una costolatura in rilievo rispetto
al piano e collocata da una sola parte, posta
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

tra le due feritoie in cui sono passate le corde,


anche se nei modelli più recenti tale costolatura
non è più presente.

A) Piastrina impiegata come discen-


sore
La figura 2.37 mostra la discesa in corda doppia 91

utilizzando due corde semplici: viene inserito


un moschettone a ghiera che si appoggia sul
lato senza costolatura. La figura 2.38 illustra
invece la discesa in corda doppia adoperando
due mezze corde: in questo caso per aumen-
Fig. 2.36 Piastrine multiuso
tare l’azione frenante vengono consigliati due
moschettoni sempre appoggiati sul lato piatto.

B) Piastrina utilizzata come bloccan-


te nel recupero di due secondi di cor-
data
La piastrina è molto comoda per il recupero di
uno o due “secondi” di cordata. Vi è comun-
que sempre da prestare molta attenzione nel
suo uso a causa di alcuni fattori o situazioni
critiche: Fig. 2.37 Uso piastrina
a) l’utilizzo di corde intere o mezze corde (uno Corda doppia con corde semplici
o due secondi);
b) la possibilità, con corde adoperate singo-
larmente specie se di diametro ridotto, che la
corda si “giri” nell’asola trasformando la fun-
zionalità dell’attrezzo da bloccante a freno;
c) la fattibilità di controllare la corda di un
secondo che sta salendo qualora l’altra corda
sia sottoposta a carico, cioè gravata dal peso
dell’altro secondo di cordata che risulta appeso
o che addirittura sia “volato”;
d) il recupero di uno o due secondi in traversi; Fig. 2.38 Uso piastrina
Corda doppia con mezze corde
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

e) la possibilità che l’attrezzo, usato come bloc-


cante e sottoposto a un carico elevato possa
portare al grave danneggiamento delle corde
(caso in cui il secondo di cordata è coinvolto
in un volo con corda lasca o in una caduta ‘’a
pendolo’’);
92 Per approfondimenti sull’argomento, si riman-
da all’articolo “Le piastrine multifunzionali in
montagna” [22].

Utilizzo di corde intere e mezze corde:


dall’analisi delle prove di laboratorio, sia stati-
Nel verificare, in labora-
torio, il comportamento che (carico applicato con gradualità) che dina-
statico dell’attrezzo si è miche (corda lasca e volo di 4 metri), non si è
infatti osservato che, in mai notato un danneggiamento significativo
assenza di un’azione di
trattenuta sul ramo di della corda né tanto meno il taglio della stessa.
corda scarico e con carico Sebbene si verifichi lo scorrimento della corda
applicato con continuità, dentro la piastrina, quando essa viene usata
a seconda dei modelli di
piastrina, i valori con cui come bloccante, l’assicurazione al primo non
la corda comincia a scor- è opportuna, anche perché i carichi misurati
rere variano da 110 a
come freno dinamico sono molto alti (da 500
500 daN.
a 600 daN con corda semplice o due mezze
corde) e ciò senza applicare una forza di tratte-
nuta sul ramo scarico della corda.
Nel verificare, in laboratorio, il comportamen-
to statico dell’attrezzo si è infatti osservato che,
in assenza di un’azione di trattenuta sul ramo
di corda scarico e con carico applicato con
continuità, a seconda dei modelli di piastrina,
i valori con cui la corda comincia a scorrere
variano da 110 a 500 daN.
Durante il recupero di un solo secondo di cordata
potrebbe capitare che la corda si giri nell’aso-
la trasformando la piastrina da posizione di
bloccante a quella di freno; questo evento può
avvenire in modo aleatorio e fra i fattori che lo
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

determinano sicuramente concorre il diametro


della corda e la larghezza dell’asola.
Per evitare questa involontaria trasformazio-
ne, da bloccante a freno ed avere la massima
sicurezza conviene agganciare il moschettone a
quello di sosta in modo da impedirne la rota-
zione; ciò vale specialmente con corde sottili. 93

(Fig. 2.39).

Recupero contemporaneo di due secondi:


nel recupero di due secondi può avvenire che,
se uno dei due vola mentre l’altro è appeso per
qualsiasi motivo alla piastrina, la corda di chi
vola non venga bloccata ma scorra se non viene
trattenuta. Lo scorrimento è imputabile a vari Fig. 2.39 Recupero di 1 corda
su piastrina
fattori; tra questi il rapporto dei pesi gioca un
ruolo importante (se chi grava è decisamente
più pesante di chi cade, anche solo di 15 kg, la
piastrina non blocca e viceversa). Il diametro
della corda, la larghezza della feritoia ed altri
fattori concorrono comunque a determinare il
funzionamento dell’attrezzo.
Un caso particolare è rappresentato dal recupe-
ro di uno o di due secondi di cordata in un
traverso; in questa circostanza l’attrezzo, anche
se non blocca la corda in caso di volo, può
generare forze elevate sugli ancoraggi e sugli
alpinisti, in quanto si ha un volo con fattore di
caduta 1. Sarebbe quindi più opportuno usare,
in questo caso, il mezzo barcaiolo al posto della
piastrina.
In conclusione: si può affermare che la piastri-
na non deve essere considerata un autobloc-
cante automatico in assoluto, ma va manovrata
garantendo sempre l’azione di trattenimento Fig. 2.40 Recupero di 2 corde
su piastrina
della corda. Basta infatti una modesta forza
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

di trattenimento per impedire o arrestare lo


scorrimento della corda in qualsiasi situazione
di utilizzo come bloccante; per essere tranquilli
si dovrebbe considerare la piastrina come un
freno e non come un autobloccante e quindi
impugnare sempre la corda!
94 Esistono in commercio altri attrezzi che pos-
sono essere utilizzati come discensore, per il
recupero di uno o due secondi di cordata ed
anche anche per l’assicurazione al primo di
cordata (cosa non possibile con le piastrine).
Si veda il paragrafo “Freni non automatici” per
una loro descrizione.

DISSIPATORI
Secondo la norma EN 958, un sistema di assor-
bimento di energia, o dissipatore, è un disposi-
tivo con due o più punti di collegamento usato
per ridurre la forza di arresto sull’ancoraggio
e sul corpo dell’alpinista durante una caduta
(figura 2.41a). Esistono in commercio diversi
tipi di dissipatori che vengono utilizzati con
Fig. 2.41a Funzionamento di un
dissipatore in arrampicata
una corda singola o una mezza corda. Anche se
l’uso di gran lunga più comune per i dissipatori
è nelle vie ferrate, esistono circostanze in cui
può rivelarsi utile anche per l’arrampicata su
roccia o ghiaccio.
Per le vie ferrate, esistono in particolare in
commercio i set da ferrata, sistemi costituiti da
un dissipatore, corda o fettuccia di lunghezza
opportuna, e due moschettoni di tipo “K”
(figura 2.41b).
Questi set, definiti dalla norma EN 958, sono
divenuti obbligatori per la frequentazione delle
ferrate [23].
Fig. 2.41b Set da ferrata
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

PULEGGE
Le pulegge sono soggette alla normativa EN
12278. Una carrucola è composta da una o più
pulegge che possono essere usate per collegare
una corda ad un moschettone, riducendo in
questo modo l’attrito che la corda genera.
95
Vengono utilizzate principalmente in opera-
zioni di soccorso organizzato, anche se ovvia-
mente potrebbero risultare comode anche in
operazioni di autosoccorso della cordata.

MATERIALE TECNICO NON


OMOLOGATO Fig. 2.42 Pulegge

FRENI AUTOMATICI
Da diversi anni, probabilmente a causa della
sempre maggiore diffusione dell’arrampicata
sportiva, sono stati ideati e messi in commercio
dispositivi di frenaggio che vengono utiliz-
zati nell’assicurazione del primo di cordata e
nell’autoassicurazione (arrampicata solitaria).
Caratteristica comune di questi dispositivi è
quella di essere il più possibile “automatici”,
cioè funzionanti con poca o nessuna attenzio-
ne da parte di chi esegue l’assicurazione (cosa
invece necessaria nel caso di assicurazione ese-
guita con il “mezzo barcaiolo”- vedi cap. 3).
Tra gli attrezzi che hanno avuto la maggior dif-
fusione si possono elencare il GriGri, il Cinch,
il Sum-Faders, per quanto riguarda l’assicura-
zione al compagno su vie sportive, e lo Shunt e
il Soloist per quanto riguarda l’autoassicurazio-
ne in arrampicata solitaria.
Si noti che questi attrezzi, così comuni nelle
Fig. 2.43 Freni automatici
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

falesie, non sono freni dinamici, ma bloccano


staticamente la corda. Senza voler entrare in
dettagli, peraltro importanti, sulle differenze
dal punto di vista di dinamicità della frena-
ta (questi dispositivi sono essenzialmente di
natura statica e quindi la frenata o è istantanea
96 oppure è resa dinamica principalmente dal peso
dell’assicuratore) è però, necessario rilevare che
un loro uso scorretto (unito a distrazione) o su
vie di più lunghezze di corda è estremamente
pericoloso.

FRENI NON AUTOMATICI


(freni dinamici) e DISCENSORI
I freni sono attrezzi che servono per frenare lo
scorrimento della corda. Alcuni vengono uti-
lizzati sia per le discese in corda doppia sia per
l’assicurazione dinamica al compagno di corda-
ta; altri invece sono utilizzati esclusivamente per
effettuare discese in corda doppia.
Alcuni di essi possono essere utilizzati anche
per il recupero contemporaneo di due secondi
Fig. 2.44 Discensori di cordata, anche se questa è una manovra che
richiede una certa esperienza e una perfetta
conoscenza del funzionamento del meccanismo;
bisogna inoltre considerare che tutti i discensori,
anche se in misura diversa, tendono a rovinare
in modo sensibile le corde (effetto di compres-
sione). Di seguito, viene presentata una sintetica
panoramica dei discensori e dei freni più diffusi.
Per approfondire le caratteristiche dei freni si
rimanda comunque ai capitoli 4 e 8, mentre per
l’impiego dei discensori bisogna fare riferimento
al cap. 7. Nella fig. 2.44 sono mostrati alcuni
tipi di discensori; dall'alto al basso: piastrina
Fig. 2.45 Otto e Robot
multiuso (già illustrata nella precedente sezio-
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

ne), Tuber, Robot, Otto, Reverso. Nella fig.


2.45 vengono mostrate le modalità con cui la
corda veste un Otto e un Robot; nella successiva
figura 2.46 si vede invece un Tuber usato in
una discesa in corda doppia. L’Otto, rispetto al
Robot e al Tuber, tende ad attorcigliare molto
le corde rendendo difficoltoso il loro recupero 97

e riutilizzo in doppie consecutive. Il Robot è un


attrezzo polivalente che può funzionare anche
come dispositivo di recupero; come discensore
si adatta a corde di tutti i diametri. Inoltre
l'Otto, sempre a causa dell’attorcigliamento, è Fig. 2.46 Corda doppia con Tuber

il discensore che rovina maggiormente le corde


(da questo punto di vista, il migliore è il Robot,
o anche la piastrina). Nella fig. 2.47 sono evi-
denziati vari casi di inserimento di corde aventi
diametri diversi. ø 5÷7 9 10÷11 9+9 9+11 11÷11

Nella figura 2.48 è infine presentata una rasse-


gna di freni impiegati nell’assicurazione dinami- Fig. 2.47 Doppia con Robot
ca, cioè un sistema di assicurazione che permette
uno scorrimento della corda nel freno dissipan-
do gran parte dell’energia di caduta sotto forma
di calore. Da sinistra a destra e dall'alto al basso:
mezzo barcaiolo realizzato con moschettone a
base larga HMS, Sticht, Otto, Tuber, Reverso e
Toucan. Per le caratteristiche tecniche e le capa-
cità frenanti si rimanda ai capitoli 4 e 8.
(N.B. nell'esecuzione pratica ricordarsi di chiu-
Fig. 2.48 Freni
dere la ghiera del proprio moschettone).
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

MARTELLI
Esistono in commercio molti tipi diversi di
martello per alpinismo. I modelli attuali sono
in genere caratterizzati da un manico in metal-
lo con impugnatura di gomma (figura 2.49).
98 I modelli più comuni presentano una massa
battente a forma di parallelepipedo da un lato
e appuntita dell’altro, in modo più o meno
accentuato, per facilitare l’estrazione di chiodi
o blocchi da incastro. Per una buona battuta,
è importante che il martello presenti un buon
Fig. 2.49 Martelli da roccia bilanciamento. Nel corso di una ascensione,
il martello è portato nel porta-martello, ed è
collegato all’imbracatura da un piccolo cordino
di lunghezza opportuna.
Nel caso si preveda di dovere, nel corso di
un’ascensione, estrarre molti chiodi, conviene
predisporre un pezzo di catena (o di cavetto
metallico) lunga 30 cm circa, collegata a due
moschettoni. È possibile anche formare una
catena con più moschettoni (figura 2.50); si
collega uno dei due moschettoni al chiodo e
l’altro al martello.
N.B. Questi moschettoni non potranno poi
essere utilizzati nell'arrampicata, vista la natura
Fig. 2.50 Estrazione di un chiodo "distruttiva" di questo tipo di impiego.
con la catena

ALTRI ATTREZZI
Maglie rapide e catene
Le vie di arrampicata sportiva sono ormai tutte
dotate, almeno in campo europeo, di attrez-
zatura fissa che consente una pratica relativa-
mente sicura dell’arrampicata. Oltre ai punti
fissi intermedi, costituiti ancora per la maggior
parte da spit o fix ma per i quali si sta sempre
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

più diffondendo l’uso di resinati, queste vie


presentano quasi sempre ottime soste, attrezza-
te con almeno due spit e, in genere, una catena
con moschettone a maglia rapida (maillon
rapide). Ovviamente questo tipo di soste, oltre
a garantire un livello di sicurezza molto elevato,
facilita molto le manovre di assicurazione ed 99

eventualmente di calata. Si consiglia vivamente


l’uso di maglie rapide a norma CEN (vedi
anche connettori tipo Q).

Staffe
Le staffe sono scalette con un numero di gradi-
ni compreso tre 3 e 5 (solitamente 4). Esistono
modelli realizzati sia in fettuccia (solitamente
già pronti) sia con cordino e gradini di plastica
o metallo. In questo caso, è possibile costruire
le staffe su misura dell’alpinista. Entrambi i
modelli devono presentare nella parte supe-
riore un anello che permetta il collegamento
e l’aggancio tramite un moschettone (o un
fifi) all’ancoraggio. Si consiglia di predisporre
in questo primo anello anche un secondo, di
fettuccia, entro il quale introdurre la mano per
facilitare le trazioni durante i passaggi (figura
2.51). Per una descrizione dell’utilizzo delle
staffe, come pure di altro materiale tipico del-
l’artificiale, si rimanda al cap. 10.

Gancio per staffe (fifi)


Il “fifi” è un attrezzo che viene utilizzato per
appendere le staffe ai chiodi o ai moschettoni
durante le scalate in artificiale. Oltre che diret-
tamente alla staffa, il fifi viene legato, tramite
un sottile cordino di lunghezza opportuna,
Fig. 2.51 Staffe
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

anche all’imbraco dell’alpinista (figura 2.52).


In questo modo è possibile un recupero age-
vole della staffa dopo il superamento di un
passaggio in artificiale. Esistono anche modelli
di fifi che non vanno collegati alla staffa, ma
bensì direttamente all’imbraco dell’alpinista,
100 consentendogli quindi di attaccarsi diretta-
mente ad un ancoraggio e di regolare a piacere
Fig. 2.52 Ganci per staffe (fifi)
la lunghezza del collegamento.

Perforatore, pianta-spit
Il perforatore è composto da una punta inter-
cambiabile di acciaio ad alta resistenza, da
una impugnatura di plastica e da una parte
superiore metallica per la battuta del martello.
Serve per effettuare fori nella roccia per chiodi
a pressione o ad espansione.
Il pianta-spit ha una struttura simile al perfora-
tore: l’unica differenza è che al posto della punta
intercambiabile ha un filetto sul quale si avvita
il cilindro dello spit (figura 2.53). Utilizzando
gli spit, è chiaro che è necessario avere a dispo-
sizione anche una chiave per avvitare il bullone
di fissaggio della placchetta al cilindro inserito
Fig. 2.53 Perforatore e pianta-spit nella roccia. E’ consigliabile legare all’imbraco,
con un cordino sottile, sia il perforatore (o il
piantaspit) sia l’eventuale chiave.

Estrattore
L’estrattore (figura 2.54), è uno strumento
indispensabile per posizionare e soprattutto
estrarre i blocchi da incastro. È spesso molto
difficile, se non impossibile, l’estrazione di un
blocco da incastro ben posizionato senza l’aiuto
di questo attrezzo.
Fig. 2.54 Estrattore
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

Ancorette, ganci
Sono attrezzi utilizzati esclusivamente per la
progressione artificiale (figura 2.55). Il loro uso
corretto richiede una grande esperienza.

Copperhead, circlehead
101
Sono stati introdotti in Yosemite negli anni
'70 da Bill Forrest per l’arrampicata su granito. Fig. 2.55 Ancorette, ganci
I copperhead sono costruttivamente simili a
piccoli nut, con il blocco metallico costituito
da un pezzo di rame o alluminio che viene
martellato in piccole fessure. I circlehead sono
molto simili, con un anello di cavo metallico
recante uno o due blocchi di rame o alluminio,
e sono più adatti a fessure orizzontali (figura
2.56). Vengono utilizzati per la progressione
artificiale, in quanto in genere non sono in
grado di resistere ad un volo del capocordata.

Materiale da “Big Wall”


Le “big wall” richiedono, sia in apertura che
in ripetizione, un impegno di scalata che si
prolunga per più giorni. E’ un tipo di scalata Fig. 2.56 Copperhead e circlehead
molto impegnativo, ed è abbastanza comune
soprattutto negli Stati Uniti, dove le tecniche
per questo tipo di ascensione sono state inven-
tate e perfezionate. Una salita di questo tipo
richiede una notevole quantità di materiale, da
valutare di volta in volta con attenzione, che
dipende dal tipo di salita e dall’etica e stile con
la quale viene affrontata. Di solito, il materiale
tecnico per una cordata comprende: 2 o 3 set di
friend, 2 o 3 set di stopper, 2 o 3 set di nut, una
ottantina di moschettoni, 30-50 chiodi di vario
tipo, 3-5 ganci, 10-20 copperhead, pulegge, 2 o
3 corde. A questo si deve aggiungere il materiale
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

personale degli alpinisti: casco, maniglie, martel-


lo, staffe. Vi è poi il materiale non tecnico, come
le amache (portaledge), 1 saccone, viveri, acqua,
lampade, fornellini, set per cucina e di primo
soccorso, vestiti, sacco a pelo. Se si è d’accordo
sul loro uso, nell’apertura di nuovi itinerari si
102 può aggiungere al materiale sopra elencato una
scelta di spit o chiodi a perforazione.

Piccozza, ramponi
Pur essendo utilizzati essenzialmente nell’al-
pinismo su neve e ghiaccio, questi attrez-
zi possono talvolta essere indispensabili per
recarsi all’attacco o per il rientro da certe vie,
soprattutto di alta montagna. Si rimanda per
una loro descrizione dettagliata al Manuale di
"Alpinismo su ghiaccio e misto" e alla lettera-
tura tecnica specifica.

MANUTENZIONE ED INVEC-
CHIAMENTO DEL MATERIALE

Per la manutenzione dell’attrezzatura alpinisti-


ca, come per tante altre cose, si devono seguire
alcune semplici regole. Di seguito si riportano
alcuni consigli relativi al materiale di maggior
usura per l’alpinista.
Corde: le corde si sporcano con l’uso, spe-
cialmente a causa di polvere e fango col quale
possono entrare in contatto. E’ possibile lavar-
le, con appositi detergenti neutri e in acqua
fredda o tiepida. Devono essere conservate in
ambiente fresco, non al sole, per via di un loro
indebolimento causato dai raggi ultravioletti,
e lontano da fonti di calore. Ovviamente, si
devono sostituire dopo un certo periodo, che
Alpinismo su roccia Attrezzatura alpinistica

dipende principalmente dal tipo e frequenza di


utilizzo. A tale proposito sarebbe consigliabile
tenere un “diario” dell’uso delle corde, riportan-
do la lunghezza delle vie che si fanno e i tratti
in corda doppia (moltiplicati per il numero di
alpinisti). Come illustrato in precedenza, è stato
verificato che una corda dopo 15-20.000 metri 103

di uso perde gran parte delle sue caratteristiche


di robustezza e tenuta, si veda figura 2.03 [1].

Caschi: si deve osservare la durata riportata dal


costruttore, specialmente per i caschi “superleg-
geri”. Essendo in materiale plastico, sono sen-
sibili all’azione dei raggi solari. L’imbottitura
interna può essere lavata con acqua e sapone
senza detergente. Vanno cambiati senz’altro
dopo un urto di rilevo.

Moschettoni: sono in materiale durevole,


anche se soggetti ad usura. Si deve diffidare di
quelli trovati alla base delle pareti a causa delle
possibili microfratture generate da urti violenti,
non osservabili ad occhio nudo, che indeboli-
scono la struttura. Si deve prestare attenzione
che la molla della leva sia perfettamente funzio-
nante; in caso non si richiuda completamente
(o se la leva è molto indurita), si può lavare con
acqua calda e oliare con olio minerale.
Se il difetto è ancora presente, è bene cambia-
re il moschettone. Nei rinvii, sarebbe buona
norma usare sempre lo stesso moschettone da
passare entro il chiodo.

Cordini, fettucce: sono da cambiare con una


certa regolarità (tre - quattro anni), in modo
Attrezzatura alpinistica Alpinismo su roccia

particolare i cordini utilizzati per l’autoassicura-


zione nelle discese in corda doppia (si logorano)
e nelle soste.

Imbracatura: occorre prestare attenzione che


le cuciture siano in ordine e che le fettucce che
104 la compongono non siano usurate. I punti più
critici sono i cosciali per lo sfregamento a cui
vengono sottoposti (se si cammina molto, o
quando ci si mette a sedere) e il punto di attacco
con la corda (in caso di volo, come nell’arram-
picata sportiva). L’imbracatura può essere lavata
con acqua tiepida e sapone per tessuti delicati.
Andrebbe sostituita dopo cadute importanti.

Blocchi da incastro: per quelli fissi, si deve


in pratica controllare solamente che il cordino
di collegamento (metallico o di nylon) sia in
buono stato. Per quelli regolabili, si deve con-
trollare che il meccanismo delle camme a molle
sia perfettamente funzionante. Se diviene duro,
è opportuno pulirlo ed ingrassarlo, mentre
se si rompe qualche componente è in genere
più opportuno ricorrere al negoziante che non
cercare di aggiustarlo da sé. Controllare sempre
che il cordino o la fettuccia di collegamento al
rinvio siano in buone condizioni e provvedere,
nel caso, alla loro sostituzione.
Alpinismo su roccia Nodi principali

capitolo 3
Nodi principali

INDICE
Premessa
Nodi
• Generalità

Nodi d'uso generale


• Nodo delle guide con frizione
• Nodo bulino
• Nodo delle guide doppio con frizione

Nodi di collegamento della corda all’imbracatura


• Nodo delle guide con frizione (Otto) infilato
• Nodo bulino infilato
• Nodo bulino per allargare imbracature strette
• Collegamento di imbracature combinate

Realizzazione di imbracature di emergenza


• Nodo bulino doppio con bretella

Nodi per assicurazione e autoassicurazione


• Nodo barcaiolo
• Nodo mezzo barcaiolo
• Asola di bloccaggio, controasola

Nodi autobloccanti
• Generalità
• Nodo Prusik
• Nodo Machard
• Nodo bloccante a cuore
• Nodo bloccante Edi o Lorenzi
• Sistema autobloccante “va e vieni”
• Nodo "svizzero" (o "bellunese")

Nodi di giunzione
• Nodo copiato (o "fettuccia")
• Nodo inglese doppio (a contrasto doppio)
• Nodo guide semplice (o “galleggiante semplice”)
• Nodo guide doppio
• Nodo pacco e paranco di Poldo

torna al sommario
Nodi principali Alpinismo su roccia

PREMESSA
In questo capitolo si illustrano i nodi principali che si utilizzano in alpini-
smo.
I nodi si possono distinguere in:
- nodi di uso generale
106 - nodi di collegamento della corda all’imbracatura
- nodi per assicurazione ed autoassicurazione
- nodi e sistemi autobloccanti
- nodi di giunzione .
Tra tutti i nodi possibili, quelli illustrati in ciascuna di queste categorie sono
stati scelti sia perché di semplice realizzazione sia perché di facile sciogli-
mento, anche dopo essere stati sottoposti a carico. La loro esecuzione richiede
comunque attenzione ed è quindi necessario, soprattutto all’inizio, pazienza
ed esercizio per il loro corretto apprendimento.

NODI
Generalità
I nodi sono indispensabili per legarsi in cordata
e per l’attuazione delle diverse manovre di corda
quali ad esempio l’autoassicurazione e l’assicu-
razione del compagno, la giunzione di corde,
I nodi devono essere di
il collegamento degli ancoraggi, le manovre di
facile esecuzione e adatta-
mento in qualsiasi circo- autosoccorso, ecc. Essi devono rispondere alle
stanza e condizione; seguenti caratteristiche:
devono potersi sciogliere
facilmente anche dopo
- devono essere di facile esecuzione e adatta-
essere stati sottoposti a mento in qualsiasi circostanza e condizione;
forti trazioni o con corde - devono potersi sciogliere facilmente anche
bagnate; non devono scio-
gliersi spontaneamente.
dopo essere stati sottoposti a forti trazioni o con
corde bagnate;
- non devono sciogliersi spontaneamente.
Affinché il nodo possa svolgere correttamente
la sua funzione, è necessario conoscerne alla
perfezione l’esecuzione e la corretta applica-
zione nelle varie manovre; è anche necessario
Alpinismo su roccia Nodi principali

averne chiari i meccanismi di funzionamento.


Ciò si può ottenere solamente esercitandosi
continuamente e analizzandoli criticamente.
Occorre cioè ripetere l’esecuzione dei nodi sino
a diventarne padroni e rifarli periodicamente
per non dimenticarli.
I nodi impiegati nella pratica alpinistica sono 107

numerosi. Tuttavia, per non creare pericolose


confusioni, è importante in primo luogo cono-
scere bene il migliore di essi per ogni manovra.
Per questo motivo, di seguito sono descritti
dapprima i principali nodi di uso generale e poi Per quanto riguarda
quelli di uso più specifico. i molti altri nodi che
esistono è opportuno e
Per quanto riguarda i molti altri nodi che prudente usare cautela
esistono e possono essere utilizzati nella pra- nell’adottarli, basandosi
tica dell’alpinismo, è opportuno e prudente sempre su un’attenta ana-
lisi delle loro caratteri-
usare cautela nell’adottarli, basandosi sempre stiche e proprietà e su di
su un’attenta analisi delle loro caratteristiche e una loro sperimentazione
controllata.
proprietà e procedendo dapprima a una speri-
mentazione controllata.
Una nota generale che riguarda la corretta ese-
cuzione di tutti i nodi è la seguente: per evitare
che con la trazione e i conseguenti possibili
scorrimenti il nodo si sciolga, è bene che i capi
del cordino che fuoriescono dal nodo abbiano
una lunghezza pari circa a 10 volte il diametro
del cordino stesso.
Ad esempio, eseguendo un nodo con un
cordino di 6 mm di diametro, i capi che
escono devono essere lunghi almeno 6 cm, 8
cm nel caso di cordino di 8 mm e così via.
Analogamente le fettucce dovranno avere le
estremità che fuoriescono dal nodo di almeno
7 - 8 cm.
Nodi principali Alpinismo su roccia

NODI D'USO GENERALE


Nodo delle guide con frizione
Il “nodo delle guide con frizione” (detto anche
“nodo Savoia” o nodo a “Otto”) trova ampio
impiego perché ha la caratteristica di poter
108
essere sciolto abbastanza facilmente anche dopo
essere stato sottoposto a forti sollecitazioni.
Sostituisce efficacemente il “nodo delle guide
semplice”, ben noto ma difficile da sciogliere
dopo che è stato sottoposto a trazione, in tutti
gli impieghi (fig. 3.01).

Nodo bulino
E’ un nodo che ha molteplici applicazioni in
varie manovre di corda. E’ di esecuzione abba-
stanza facile (fig. 3.02) e offre notevoli vantaggi
tra cui quello di poter essere sciolto facilmente
anche se è stato sottoposto a forte tensione.
Possiede anzi la tendenza a sciogliersi sponta-
neamente, per cui è necessario effettuare un
nodo di blocco sul capo corto, ben accostato al
nodo principale, per evitare tale inconveniente.
E’ utile saperlo eseguire nelle varie situazioni di
arrampicata.

Nodo delle guide doppio con frizione


Rispetto al nodo delle guide con frizione, con-
sente di ottenere un’asola a doppio occhiello.
Proprio per questo trova frequente utilizzo,
in mancanza di imbracatura, per ottenere dei
cosciali e costruire un'imbracatura di emergen-
za, anche con la stessa corda di cordata.
Alpinismo su roccia Nodi principali

109

Fig. 3.01 Nodo delle guide con


frizione

ramo ramo ramo


di collegamento di collegamento di collegamento

capo capo
capo
terminale terminale
terminale

ramo
di collegamento

nodo di
capo sicurezza
terminale

Fig. 3.02 Nodo bulino

Fig. 3.03 Nodo delle guide doppio


con frizione
Nodi principali Alpinismo su roccia

NODI DI COLLEGAMENTO
DELLA CORDA ALL’IMBRA-
CATURA
Anche in questo caso prendiamo in conside-
razione solamente i nodi che presentano, per
l’uso specifico in discussione, le caratteristiche
110
migliori. Prendiamo dapprima in esame il
caso delle imbracature intere e successivamente
quello delle imbracature combinate (vedi cap.
2). Nel caso di imbraco completo, prima di
legarsi con la corda di cordata, si deve chiudere
in maniera indipendente l’imbracatura con
uno spezzone di cordino (diametro 5 o 6 mm),
facendone uscire le estremità dalla parte infe-
riore delle asole dell’imbracatura e unendole
col nodo copiato.
Tale collegamento è mostrato nella figura 3.04,
dove il cordino è usato doppio per maggiore
sicurezza. Ciò è necessario perché quando
viene tolta la corda l’imbracatura non si sfili e
Fig. 3.04 Collegamento imbracatura
perché si possano sempre effettuare manovre di
autoassicurazione (ad esempio nel caso di corda
doppia), ecc..
Nel caso di imbraco com-
pleto, prima di legarsi
con la corda di cordata, Nodo delle guide con frizione (Otto)
lo si deve chiudere in infilato
maniera indipenden- Si ottiene componendo a parte sulla corda un
te con uno spezzone di
cordino facendone uscire nodo delle guide con frizione e ripetendolo
le estremità dalla parte in senso inverso dopo aver passato l’estremità
inferiore delle asole del- della corda nelle asole dell’imbracatura (figura
l’imbracatura e unendole
col nodo copiato. 3.05). E’ il nodo di collegamento all’imbra-
catura più sicuro e di più facile esecuzione e
quindi il più frequentemente usato.
Benchè non abbia la tendenza a sciogliersi
spontaneamente è in ogni modo opportuno,
visto l’uso, fare un nodo di blocco.
Alpinismo su roccia Nodi principali

A B

C D 111

Fig. 3.05 Nodo a Otto infilato

Nodo bulino infilato


Dà maggiori garanzie di solidità rispetto a
quello semplice; si ottiene ripassando la corda
nel primo bulino eseguito direttamente entro le
asole dell’imbracatura (figura 3.06).
Meno consigliabile del precedente, in quanto
di esecuzione meno semplice e con spiccata
tendenza a sciogliersi spontaneamente; per que-
st’ultimo motivo richiede sempre un nodo di
blocco bene eseguito.
Fig. 3.06 Nodo bulino infilato

A B C

D E F
Nodi principali Alpinismo su roccia

Nodo bulino per allargare


imbracature strette
Quando le asole non sono sufficientemente
vicine, ad esempio a causa dell’uso di indu-
menti pesanti, utilizzando i nodi precedente-
mente indicati potrebbero verificarsi pericolose
112 compressioni della gabbia toracica in caso di
strappo violento. Si può allora usare un tipo
di allacciatura basato sull’uso del nodo bulino
(figura 3.07). Essa funziona correttamente nel
caso in cui l’imbracatura, come avviene spesso
per quelle intere, sia dotata di due asole soltan-
to. E’ importante anche in questo caso fare un
nodo di blocco. Nel caso di più di due asole (tre
o quattro, solitamente) si può procedere come
indicato successivamente per le imbracature
combinate.

Collegamento di imbracature com-


binate
Per un’imbracatura combinata il requisito fon-
damentale è che la corda per congiungere coscia-
le e pettorale (solitamente alquanto distanti tra
loro) non deve formare un unico anello il quale,
in caso di strappo o caduta, provocherebbe un
assetto scorretto dell’alpinista ed in particolare
della colonna vertebrale. Il problema può essere
efficientemente risolto nel modo rappresentato
(vedi figura 3.08):
- chiudere le asole del pettorale con un cordi-
no annodato stretto, tale da non consentire al
Fig. 3.07 Nodo per allargare nodo a Otto della corda principale di passarvi
imbracature strette all’interno;
- infilare la corda di cordata nell’asola ottenuta
mediante il cordino annodato stretto nel pet-
torale;
Alpinismo su roccia Nodi principali

- legare la corda di cordata direttamente all’im-


bracatura bassa, avendo l’accortezza di mante-
nere il nodo sufficientemente alto in modo che
in caso di caduta questo vada in appoggio sul
cordino annodato stretto del pettorale.
In questo modo la trazione verrà esercitata
in massima parte sui cosciali ed il pettorale 113

interverrà solamente ad evitare il rovescia-


mento o comunque a mantenere la posi-
zione corretta. Il collegamento imbra- anello di cordino

catura bassa e pettorale è da adottarsi nodo di blocco

soprattutto nei casi di progressione nodo a Otto infilato


da capo cordata con zaino e di
discesa a corda doppia con zaino.

Sull’uso dell’ imbracatura fare riferimen-


to alla tabella sottostante. Fig. 3.08 Collegamento di
imbracatura combinata

SOLO
USO IMBRACATURA COMBINATA
BASSA
Progressione da capo cordata
X X
o da secondo senza zaino
Progressione da capo cordata
X
o da secondo con zaino

Discesa a corda doppia con zaino X

Discesa a corda doppia senza zaino X X


Tabella uso imbracatura
Nodi principali Alpinismo su roccia

REALIZZAZIONE DI IMBRA-
CATURE DI EMERGENZA
Nodo bulino doppio con bretella
Viene comunemente utilizzato su terreni facili
114
per realizzare una legatura di emergenza con
uno spezzone di corda, non disponendo del-
l’imbracatura (ad esempio, per autoassicurarsi
durante un’assicurazione tradizionale a spalla).
E’ sufficiente disporre di uno spezzone di corda
lungo almeno 3,5 - 4 metri (figura 3.09). Si
ottiene passando la corda doppia attorno alla
vita e indossando a tracolla la bretella chiusa
che fuoriesce dall’asola del nodo bulino dop-
pio, che va posizionato frontalmente.
A pagina 108 citiamo il nodo delle guide dop-
pio con frizione anch'esso utile nella realizza-
zione di imbracature di emergenza.

NODI PER ASSICURAZIONE


E AUTOASSICURAZIONE

Nodo barcaiolo
Universalmente usato per l’autoassicurazione
(cap. 8); per questo motivo va sempre eseguito
Fig. 3.09 Nodo per imbracatura di su un moschettone a ghiera. Di veloce esecu-
emergenza
zione esso permette una rapida regolazione
della distanza dell’autoassicurato dall’ancorag-
gio, e ciò - proprietà assai importante - senza
staccarsi da esso. E’ importante saperlo eseguire
velocemente in qualsiasi posizione e in partico-
lare direttamente sul moschettone con una sola
mano (figura 3.10).
Fig. 3.10 Nodo barcaiolo
Non deve essere utilizzato per applicazioni
Alpinismo su roccia Nodi principali

diverse da quella qui considerata quando possa


essere soggetto ad elevate sollecitazioni, in
quanto, per strozzamento, indebolisce forte-
mente la corda (nodo “autotranciante”).

Nodo mezzo barcaiolo


E’ sostanzialmente un freno e come tale viene 115

usato in vari casi come ad esempio quando


necessiti frenare una calata. La sua applicazione
di gran lunga più importante peraltro è per
effettuare l’assicurazione dinamica su ancorag-
gio fisso, che sarà esaminata dettagliatamente
nell’apposto capitolo. C L
E’ stato adottato a tale scopo dall’U.I.A.A. e
ad esso si fa esplicito riferimento nelle norme
EN (moschettone di tipo H). Può essere quindi
considerato nella pratica alpinistica il nodo più
importante ed è perciò assolutamente necessa-
rio saperlo eseguire in modo veloce e corretto
anche con una sola mano e comunque diretta- C L
mente entro il moschettone. Dovendo essere
utilizzato in manovre in cui è fondamentale
che funzioni perfettamente, al suo apprendi-
mento va dedicato il dovuto impegno, anche
perché, soprattutto le prime volte, è facile
commettere errori. Alla sua corretta esecuzio-
ne, così come al suo corretto utilizzo, va posta
C L
la massima attenzione anche da parte di chi ne
ha già acquisito esperienza.
Il nodo è mostrato in figura 3.11, ove viene
indicato con C il capo carico della corda che
riceve lo strappo in caso di caduta dell’assi-
curato, primo o secondo di cordata che sia, o
che deve sostenere il peso in caso di calata o di
C L
altre manovre; con L viene indicato invece il
Fig. 3.11 Nodo mezzo barcaiolo
Nodi principali Alpinismo su roccia

capo libero della corda, tenuto da chi trattiene


(o cala). Il nodo mezzo barcaiolo è composto
da due asole, una chiusa e una aperta. Infilata
la corda entro il moschettone (asola aperta),
Il nodo mezzo barcaiolo
va usato per dare corda l’asola chiusa va eseguita col capo L, nella
(al primo di cordata, in maniera indicata nella figura (e cioè inserendo
casi particolari al secon-
116 tale asola nel moschettone dopo avere effettua-
do) o per recuperarla
(dal secondo di cordata, to una mezza rotazione nel verso evidenziato),
in casi particolari dal tenendo presente che il capo C, cioè quello da
primo): per passare dal-
l’una all’altra condizio-
cui può provenire la sollecitazione, deve sempre
ne il nodo va rovesciato trovarsi dalla parte del braccio senza apertura
all'interno del moschet- del moschettone, onde garantire la condizione
tone.
ottimale di funzionamento del moschettone
stesso.
Il nodo così ottenuto va usato, a seconda della
direzione di movimento di chi arrampica, per
dare corda (al primo di cordata, in casi partico-
lari al secondo) o per recuperarla (dal secondo
di cordata, in casi particolari dal primo): per
passare dall’una all’altra condizione il nodo va
rovesciato attorno al moschettone. In questo
Con il mezzo barcaiolo
modo il capo C, sottoposto a strappo o carico,
bisogna evitare di usare si troverà sempre dalla parte del braccio del
moschettoni con angolo moschettone senza apertura.
di lavoro acuto, in quan-
to si renderebbe difficol-
Il nodo va dunque eseguito come mostrato
toso il ribaltamento del nella figura e poi portato nella posizione cor-
nodo (specialmente con retta caso per caso (vedi figura 3.11).
corde semplici) e in caso
di caduta si potrebbe di Il rovesciamento deve avvenire senza pericolo
conseguenza produrre di bloccaggio. Per questo bisogna evitare di
strozzamento e addirit- usare moschettoni con angolo di lavoro acuto,
tura rottura della corda.
in quanto si renderebbe difficoltoso il ribal-
tamento del nodo (specialmente con corde
semplici) e in caso di caduta si potrebbe di
conseguenza produrre strozzamento e addirit-
tura rottura della corda. Dovranno essere usati,
perciò, moschettoni con l’angolo di base quan-
Alpinismo su roccia Nodi principali

to più aperto possibile, e muniti di ghiera per


evitare il pericolo di apertura, cioè moschettoni
del tipo H (cap. 2).
Il nodo deve essere sempre manovrato con due
mani, una sul capo C e l’altra sul capo L.

Asola di bloccaggio, controasola 117

L
L L
C C C
C C
Fig. 3.12 a - Asola di bloccaggio

L
C
L L
L C C C

E’ molto usata nelle manovre di soccorso in Fig. 3.12 b - Controasola

quanto permette di bloccare e, se necessario,


successivamente liberare, lo scorrimento della
corda (per esempio nel nodo mezzo barcaiolo
per effetto della caduta di un alpinista), lascian-
do libere le mani di colui che manovra.
Data la sua grande utilità è necessario saperla
eseguire bene e velocemente in ogni situazione.
Nodi principali Alpinismo su roccia

Per maggior sicurezza è opportuno eseguire


sempre anche la controasola che evita il rischio
Data la sua grande utili- di sciogliere l’asola con una trazione involonta-
tà è necessario saper ese- ria del capo di corda che ne esce. In alternativa
guire bene e velocemente
l'asola di bloccaggio in
può essere utilizzato un moschettone inserito
ogni situazione. nell’asola. L’esecuzione dell’asola di bloccaggio
118 Per maggior sicurezza è con la relativa controasola si effettua come
opportuno eseguire sem-
pre anche la controaso- mostrato nella figura 3.12 “a” e “b” dove si è
la che evita il rischio indicato, come già in precedenza, con C il capo
di sciogliere l’asola con della corda che sostiene il carico e con L il capo
una trazione involonta-
ria del capo di corda che di manovra. Per sciogliere l’asola è sufficiente
ne esce. tirare con forza il capo L (ovviamente dopo aver
sciolto la controasola).

NODI AUTOBLOCCANTI
Generalità
Sono in generale ottenuti avvolgendo, con o
senza l’interposizione di un moschettone, più
spire di cordino attorno alla corda. Vengono di
seguito descritti i più importanti e più efficienti
Un nodo autobloccante al cui uso è normalmente opportuno limitarsi:
ha la proprietà di scorre- esistono infatti numerosi altri nodi di questo
re se impugnato in cor- tipo e numerose varianti, ma occorre fare molta
rispondenza dei giri di
cordino che lo formano attenzione alle loro caratteristiche che spesso
e di bloccarsi automati- non li rendono adeguati all’uso alpinistico.
camente se sottoposto a Un nodo autobloccante ha la proprietà di scor-
trazione applicata all’aso-
la che da esso esce. rere se impugnato in corrispondenza dei giri
di cordino che lo formano e di bloccarsi auto-
maticamente se sottoposto a trazione applicata
all’asola che da esso esce.
Ai fini della tenuta il numero delle spire deve
essere scelto in funzione della differenza di
diametro esistente fra corda e cordino, e pre-
cisamente deve essere tanto più alto quanto
Alpinismo su roccia Nodi principali

minore è la differenza tra i diametri. Il nume-


ro delle spire deve essere inoltre aumentato
qualora i materiali utilizzati (corde e cordini)
siano più rigidi della norma (ad esempio per Agli effetti della scorre-
effetto del gelo). Agli effetti della scorrevolezza volezza dell’autobloccan-
dell’autobloccante sulla corda, è buona norma te sulla corda, è buona
norma non segnare la
non segnare la metà e i quarti della medesima metà e i quarti della
119

con giri di nastro adesivo per non provocare il medesima con giri di
bloccaggio del nodo nei punti segnati, deter- nastro adesivo per non
provocare il bloccaggio
minando in tal modo situazioni che possono del nodo nei punti segna-
risultare pericolose. ti.
Vengono inoltre descritti tre sistemi autobloc-
canti unidirezionali (“Cuore”, “Edi”, “va e
vieni”) eseguibili direttamente sulla corda di
cordata, principalmente per manovre di recu-
pero e di autosoccorso in genere, ma anche
per l’esecuzione dell’assicurazione statica nei
confronti del secondo di cordata.

Nodo Prusik
E’ il più classico e antico dei nodi autobloc-
canti. Si esegue con uno spezzone di cordino del
diametro preferibilmente non inferiore a 6 mm
(se inferiore si consiglia kevlar o dyneema), come Nel Prusik si consiglia
di evitare un numero di
un comune nodo a strozzo, avvolgendolo due o giri tanto elevato da pro-
più volte intorno alla corda prima di stringerlo vocare un eccessivo bloc-
(figure 3.13 e 3.14). Si consiglia di evitare un caggio sotto carico del
nodo, con conseguente
numero di giri tanto elevato da provocare un difficoltà di sbloccaggio
eccessivo bloccaggio sotto carico del nodo, con e di scorrimento lungo la
conseguente difficoltà di sbloccaggio e di scor- corda a nodo scaricato.
rimento lungo la corda a nodo scaricato.
Generalmente il Prusik si esegue con un anel-
lo di cordino della lunghezza di circa 60 cm
(figura 3.13), ma può essere necessario anche
eseguirlo con uno spezzone di cordino aperto
Nodi principali Alpinismo su roccia

chiudendo poi l’anello con un nodo bulino


bloccato (figura 3.14). Durante l’esecuzione del
nodo ci si deve assicurare che i giri sulla corda
non si accavallino tra di loro e siano esattamente
Il Prusik ha la proprietà disposti come nella figura. Il nodo di giunzione
di essere autobloccante
del cordino deve risultare in posizione tale da
in tutte e due le direzio-
120 ni (bidirezionale) e può non interferire con il meccanismo di bloccaggio
essere utilizzato, oltre che e da non ostacolare l’applicazione del carico. Il
per manovre di soccorso
e per le corde doppie,
Prusik ha la proprietà di essere autobloccante in
anche per la risalita sulla tutte e due le direzioni (bidirezionale).
corda garantendo una Il nodo Prusik può essere utilizzato, oltre che
discreta tenuta anche su
corde bagnate. per manovre di soccorso e per le corde doppie,
anche per la risalita sulla corda e garantisce una
discreta tenuta anche su corde bagnate. Una
sua caratteristica è che, una volta messo in tra-
zione, resta bloccato anche se viene a contatto
con la parete.

Fig. 3.13 Nodo Prusik, esecuzione utilizzando un anello preformato di cordino

Fig. 3.14 Nodo Prusik con capo solo


Alpinismo su roccia Nodi principali

Nodo Machard
Il nodo Machard può essere eseguito in due
modi: con una sola asola (figura 3.15 a sinistra)
o con due asole di cordino e un moschettone
(fig. 3.15 a destra). Con un’asola blocca in una
sola direzione (monodirezionale), mentre con
121
due asole blocca in ambedue le direzioni, come Il Machard, su corde
il Prusik. Possiede la proprietà di funzionare ghiacciate, è consigliabile
effettuarlo unidireziona-
anche quando viene eseguito con uno spezzone le. Grazie alla facilità di
dello stesso diametro della corda, purché si uti- sbloccaggio è consiglia-
lizzino almeno quattro spire. Su corde ghiaccia- to invece bidirezionale
come autobloccante di
te è consigliabile effettuarlo con una sola asola. sicurezza nella discesa a
Con due asole, grazie alla facilità di sbloccaggio corda doppia, per la risa-
è consigliato come autobloccante di sicurezza lita sulla corda e per le
manovre di recupero.
nella discesa a corda doppia, per la risalita sulla
corda e per le manovre di recupero.

I due nodi autobloccanti descritti sono senz’al-


tro i più utilizzati nelle manovre comuni in
campo alpinistico. E’ peraltro conveniente in
talune manovre di soccorso o autosoccorso uti-
lizzare altri tipi di nodi, che presentano alcuni
vantaggi che li rendono più adatti per l’impie-
go specifico. Di seguito sono descritti alcuni
di questi nodi, molto impiegati in manovre di
soccorso.

Fig. 3.15 Nodo Machard


Machard unidirezionale Machard bidirezionale
Nodi principali Alpinismo su roccia

Nodo bloccante a cuore


Il nodo a cuore deve essere eseguito con due
moschettoni uguali, entrambi trapezoidali e
privi di ghiera. E’ un sistema autobloccante
semplice ed efficace che però deve sempre
Il nodo a cuore è un siste-
ma autobloccante sem- essere tenuto sotto un certo carico in quanto i
122 plice ed efficace che però moschettoni potrebbero incrociarsi e dare pro-
deve sempre essere tenu-
blemi (figura 3.16).
to sotto un certo carico
in quanto i moschettoni Nella fase di esecuzione, considerato che il cari-
potrebbero incrociarsi e co sia a sinistra, bisogna passare la corda entro
dare problemi.
i due moschettoni e far rientrare il tratto di
corda che esce dal moschettone destro dentro il
solo moschettone sinistro, entrando da sinistra.
E’ importante che l’asola che avvolge i due
moschettoni sia un po’ verso l’alto, sul corpo
centrale degli stessi.

Fig. 3.16 Nodo bloccante a cuore

Nodo bloccante Edi o Lorenzi


Il nodo Edi o Lorenzi è molto comodo come
Il nodo Edi ha il van- autobloccante quando si eseguono dei paranchi
taggio rispetto al cuore per il recupero di feriti, in quanto consente di
di essere realizzato con
moschettoni qualsiasi
non “perdere” corda già recuperata.
ed in assenza di carico E’ di esecuzione molto semplice, come illustrato
non rischia di mettersi in in figura 3.17 a, b, c, d. Ha il vantaggio rispetto
posizioni critiche.
al cuore di essere realizzato con moschettoni
Alpinismo su roccia Nodi principali

qualsiasi ed in assenza di carico non rischia di


mettersi in posizioni critiche (al suo posto può
essere utilizzata una placchetta, tipo Gi-Gi).
Nella fase di esecuzione, ipotizzando il carico
posto sul ramo sinistro della corda, si passa
il ramo scarico nel moschettone agganciato
all’ancoraggio e si raddoppia la spira in modo 123

da creare un anello. Si fa salire questo anel- Fig. 3.17 a Nodo Edi


lo lungo l’asse maggiore del moschettone,
quindi si aggancia il secondo moschettone
(quello posto più in basso) in modo che venga
schiacciato dall’anello. Infine si inseriscono nel
moschettone inferiore i due rami di corda che
scendono dal moschettone principale.

Sistema autobloccante “va e vieni”


Si tratta di un sistema autobloccante unidi- Fig. 3.17 b Nodo Edi
rezionale semplice ed efficace: può, infatti,
essere eseguito con due moschettoni uguali di
qualsiasi tipo (anche a ghiera), a condizione
che siano utilizzate solo corde di diametro
superiore a 8,5 mm.
Il punto di forza di questo sistema rispetto
a tutti gli altri autobloccanti unidirezionali
sta nella possibilità di poter dare agevolmen-
te corda sul ramo sotto carico, durante un
Fig. 3.17 c Nodo Edi
recupero. In tale evenienza è, infatti, suf-
ficiente inserire all’interno del moschettone
un’asola del ramo di corda scarico, tirandolo
con forza dall’altro lato: si crea così un nodo
mezzo barcaiolo già in posizione di discesa, che
lavora attorno ad entrambi gli assi maggiori
dei due moschettoni, e che può essere facil-
mente governato (per la calata) sul ramo “di
manovra”. A questo punto è sufficiente anche
Fig. 3.17 d Nodo Edi
Nodi principali Alpinismo su roccia

un leggero richiamo del ramo “di manovra”


per reintrodurre automaticamente la funzione
autobloccante (di recupero) del sistema.
A
Per realizzare il nodo, si inseriscono nell’anco-
raggio i due moschettoni uguali in posizione
contrapposta con le aperture verso il basso.
124 Viene quindi inserita in entrambi la corda, in
modo tale da avvolgere i due assi maggiori dei
moschettoni, ripassandola quindi all’interno
Fig. 3.18 a Sistema "va e vieni"
Posizioni di recupero
del primo moschettone d’ingresso, creando
Il ramo a destra (guardando) è cari- così sulla base di quest’ultimo, un anello
co ed il ramo a sinistra (di manovra)
è utilizzato per il recupero. “schiacciato”. Si ottengono in questo modo un
B ramo di corda “carico” ed uno “di manovra”
(vedi figura 18 a, b, c).

Nodo “svizzero” (o “bellunese”)


Questo nodo consente di realizzare nodi auto-
bloccanti anche con corde dello stesso diame-
tro, pure utilizzando il capo della stessa corda
Fig. 3.18 b Sistema "va e vieni"
Asola per "dare corda" sotto impiegata per il recupero (unica possibilità in
carico
L'asola viene "strattonata" con
caso di mancanza di cordini). Viene utilizzato
decisione, mentre la mano non come nodo bloccante di sicurezza nel caso di
inquadrata tiene con forza il ramo
di manovra. calata di ferito e/o soccorritore.
Nella fase di esecuzione, si posiziona il pollice
C
(o l’indice) parallelo alla corda verso il basso,
in direzione del carico, e si avvolge lo spezzone
di corda iniziando a monte e dando tre giri sul
“dito e corda” e poi ancora almeno tre giri sulla
sola corda. Si porta ora il capo dello spezzone in
alto, lo si infila al posto del dito per poi uscire
Fig. 3.18 c Sistema "va e vieni"
Posizione di calata a metà degli avvolgimenti. Successivamente si
Il ramo di manovra (a sinistra) è
utilizzato per la calata; non appena
stringono bene i vari avvolgimenti sulla corda
"richiamato", tornerà in posizione e, infine, si realizza un nodo semplice sul capo
di recupero.
libero (figura 3.19).
Il nodo svizzero va posto in tensione e tenuto
Alpinismo su roccia Nodi principali

sempre sotto costante controllo, in quanto 1


potrebbe non funzionare correttamente quan-
do posto a trazione. La parte che svolge la
maggior funzione di tenuta è quella delle spire
dal lato dell’ancoraggio (avvolgimenti su "dito"
e "corda"); è quindi importante che il nodo sia
ben stretto. Se si hanno dubbi sulla tenuta del 125

nodo è possibile aumentare il numero di spire


verso monte: il numero di spire consigliato
2
affinché il nodo dia buone garanzie di tenuta
è di tre + tre, eventualmente aumentabili su
entrambi i lati in base al tipo di corda e all’au-
mento del carico.

NODI DI GIUNZIONE
Servono per unire tra di loro singole estremità
di corde, cordini e fettucce o per unire due
corde per la calata in corda doppia o per for-
mare anelli di cordino e fettuccia. 3

Nodo copiato (o "fettuccia")


Questo nodo è caratterizzato da semplicità di
costruzione ed efficace bloccaggio sia su corde
che su cordini di diverso diametro. E’ quello
che meglio garantisce un’unione sicura di fet-
tucce (per cui è detto anche “nodo fettuccia”).
L’esecuzione è abbastanza semplice: si forma
su una estremità un nodo semplice senza 4
stringerlo e con l’altra estremità lo si ripercorre
completamente in senso inverso (figura 3.20);
si stringe poi il nodo.
E’ indispensabile, per evitarne l’accidentale
scioglimento (con l’uso tende a scorrere), strin-
gere sempre con forza il nodo, tirando un capo
alla volta, controllarne periodicamente lo stato Fig. 3.19 Nodo svizzero
Nodi principali Alpinismo su roccia

e, una volta tensionato, lasciare almeno 10 cm


tra le estremità libere ed il nodo. Può essere ese-
guito anche con frizione, con relativa maggiore
facilità all’atto dello scioglimento. Il nodo a
fettuccia non è adatto per formare anelli chiusi
di cordino perché, in recenti prove, si è rilevato
126 che spesso questa giunzione riduce maggior-
mente il carico di rottura rispetto al nodo a
contrasto doppio.

Fig. 3.20 Nodo copiato o fettuccia

Nodo inglese doppio (a contrasto


doppio)
Il nodo inglese doppio viene utilizzato per la
Il nodo a contrasto dop- composizione di anelli di cordino o per con-
pio, per le sue caratte-
ristiche di sicurezza, è
giungere spezzoni di corda, anche di diametro
l’unico nodo che si deve diverso. E’ molto sicuro, anche se di non sem-
adottare per gli anelli di plice esecuzione, e si può sciogliere facilmente
kevlar o dyneema.
anche dopo essere stato sottoposto a sollecita-
zioni rilevanti.
Per le sue caratteristiche di sicurezza, è l’unico
nodo che si deve adottare per gli anelli di kevlar
o dyneema. La sua esecuzione è illustrata in
Alpinismo su roccia Nodi principali

figura 3.21: esercitando una trazione sulle due


corde i due nodi vengono a contrastarsi e si
bloccano a vicenda. Per scioglierlo, è necessario
allargarlo tirando i capi liberi delle corde che,
nell’esecuzione, devono essere lasciati sufficien-
temente lunghi.
127

Fig. 3.21 Nodo inglese doppio

Nodo guide semplice (o “galleggiante


semplice”)
Viene usato soprattutto per collegare due corde
da utilizzare per la calata in corda doppia.
In tale caso, infatti, rispetto agli altri nodi di
Il nodo galleggiante,
giunzione, si posiziona sempre sul lato di corda viene usato soprattutto
non aderente al terreno, riducendo così il peri- per collegare due corde
da utilizzare per la calata
colo di incastrarsi nelle fessure. in corda doppia.
Questo nodo, appena realizzato, va sempre
stretto con forza un capo alla volta e controllato
prima dell’utilizzo. Per la corda doppia, lasciare
sempre almeno 25 - 30 cm tra il nodo e le due
estremità di corda.
Nodi principali Alpinismo su roccia

Nodo guide doppio


Viene prevalentemente utilizzato per formare
anelli chiusi di cordino da impiegare su anco-
raggi intermedi (clessidre, spuntoni, ecc.) e
di sosta. E’ anch’esso “galleggiante”, sebbene
più voluminoso del nodo semplice e, come
quest’ultimo, va stretto con forza un capo alla
volta, lasciando almeno 10 cm tra il nodo e le e
Fig. 3.22 Nodo guide semplice le estremità libere.
per collegare le corde doppie

A conclusione di questo paragrafo dedicato ai


nodi, bisogna ricordare che tutti i nodi, anche
se in misura leggermente diversa, indeboliscono
la corda, il cordino o la fettuccia su cui sono
eseguiti come già illustrato nel cap. 2. Infatti,
in prossimità di un nodo in una corda sotto-
posta a carico, si generano delle compressioni
tali che fanno sì che la corda si rompa a carichi
molto inferiori rispetto a quelli nominali. Pur
essendo, come già detto, questo effetto diverso
in dipendenza del tipo di nodo (e del fatto che
sia eseguito su fettuccia o cordino), si può dire
cautelativamente che la resistenza di una corda
(cordino o fettuccia) risulta essere ridotta a circa
il 50% di quella nominale.
Per esempio, un cordino di 8 mm di diametro
che ha un carico nominale di rottura di 12,8
kN presenta, con un nodo, un carico di rottura
di circa 6,4 kN. A causa di questa riduzione, un
anello di cordino o fettuccia (che ha due rami
ed un nodo) presenta lo stesso carico di rottura
di un solo ramo senza nodo. Si rimanda, per
un'analisi più completa degli effetti dei diversi
nodi sulla rottura di fettucce e cordini, alle pub-
blicazioni della CCMT [1] [14] [15] [16].
Fig. 3.23 Nodo guide doppio
Alpinismo su roccia Nodi principali

Nodo pacco e paranco di Poldo


È un nodo particolare che viene utilizzato per
collegare e mettere in tiro due ancoraggi (ad
esempio due nut).
Con riferimento alla figura 3.24 nella fase A si
realizzano sulla prima estremità di un cordino
un nodo a Otto e un nodo semplice; nella fase 129

B si inserisce dentro al nodo semplice la secon-


da estremità del cordino; nella fase C si porta in
trazione tirando il capo del cordino; nella fase
D si realizza un'asola di bloccaggio.

Fig. 3.24 Esecuzione nodo pacco


Il paranco di Poldo (vedi figura 3.25) è un altro
sistema per collegare e mettere in tensione due
ancoraggi. Nella fase A si relizza sulla prima
estremità di un cordino un nodo delle guide
e lo si fa passare dentro al secondo capo; nella
fase B si forma sul secondo capo del cordino
un altro nodo delle guide che si aggancia al
moschettone.
Nodi principali Alpinismo su roccia

Infine nella fase C si effettua la trazione,


tirando verso sinistra il ramo superiore e verso
destra quello inferiore.

A
130

Fig. 3.25 Paranco di Poldo


Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

capitolo 4
Catena dinamica di assicurazione
e tecniche di assicurazione
INDICE
Premessa
Principi della catena di assicurazione
• Sollecitazioni sul corpo umano in seguito a caduta
• Energia cinetica e deformazione della corda
• Fattore di caduta
• Forza di arresto (o di impatto)
• Sollecitazione sulla sosta a corda bloccata senza rinvii
• Aumento della forza d’arresto nei voli successivi
• Effetto carrucola sul rinvio
• Attrito prodotto dal moschettone
• Carico di rottura di un rinvio
• Assicurazione dinamica e funzione dei freni
• Prove di caduta con freno senza rinvio
• Prove di caduta con freno in presenza di rinvii
• Fasi della trattenuta dinamica
• Rinvii angolati e aumento delle forze sul rinvio

torna al sommario
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

PREMESSA
Si definisce “catena di assicurazione” l’unione di tutti gli elementi che con-
corrono alla sicurezza della cordata nel caso in cui si verifichi una caduta.
Premettendo che il volo in ambiente di montagna è visto sempre come un
evento non abituale e che va evitato, la “catena di assicurazione” si pone
132 l’obiettivo di ridurre al minimo i danni sia a colui che cade, sia a chi, in
sosta, sta assicurando. Infatti, anche colui che assicura può subire seri traumi
causati ad esempio dalle bruciature prodotte da uno scorrimento eccessivo
della corda dentro la mano oppure dallo sbattere violentemente contro la
parete. Oltre ai componenti essenziali quali corda, cordini, fettucce, imbra-
catura e moschettoni viene qui anche studiato il comportamento dei freni e
degli ancoraggi naturali e artificiali. Infatti, dopo aver richiamato alcuni
concetti propedeutici di fisica, si parlerà delle sollecitazioni che subiscono
l’alpinista, l’ancoraggio di sosta e l’ultimo rinvio in caso di volo del primo di
cordata, sia nel caso di corda bloccata che in quello di corda frenata.
Verranno quindi descritte le principali tecniche di assicurazione dinamica, le
cui caratteristiche verranno sviluppate con maggiori dettagli nel capitolo 8.
Per una trattazione più completa delle caratteristiche dei materiali nonché
per l’approfondimento delle tecniche di assicurazione, si rimanda comunque
alla letteratura specifica prodotta dalla Commissione Centrale Materiali e
Tecniche [24] [25] [26].
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

PRINCIPI DELLA CATENA


DI ASSICURAZIONE
Si riportano di seguito alcune spiegazioni e
definizioni utili a capire il funzionamento della
“catena dinamica di assicurazione”. 133

Sollecitazioni sul corpo umano in se-


guito a caduta
Si considerino i componenti della catena di
assicurazione, analizzando in particolare cosa
succede quando un corpo umano cade, allo
scopo di determinare quale sia l’elemento prin- Nella caduta, in caso di
cipale tra corda, imbracatura, rinvii, ecc., che urti con la roccia, le even-
elimina, o quantomeno riduce, gli eventuali tuali ferite sono dovute
all’impatto e non ai mate-
danni ai componenti della cordata. riali e alle tecniche adot-
Poiché in caso di urti con la roccia le eventuali tate. Quindi si considera
ferite sono dovute all’impatto e non derivano solamente che cosa può
accadere agli organi inter-
dai materiali e dalle tecniche adottate, si con- ni in caso di un volo in
sidera solamente che cosa può accadere agli cui il corpo umano non
urti contro la parete e la
organi interni in caso di un volo in cui il corpo
caduta sia arrestata dal-
umano non urti contro la parete e la caduta sia l’intervento esclusivo della
arrestata dall’intervento esclusivo della catena catena di assicurazione.
di assicurazione.
Il considerare questo caso limite permette il
confronto del volo di un alpinista con fenomeni
che si verificano normalmente in altre attività,
come ad esempio nel paracadutismo. Infatti,
da ricerche e studi svolti dall’aeronautica fran-
cese in particolare durante il secondo conflitto
mondiale, è stato scoperto che in alcuni casi
all’apertura del paracadute si verificavano danni
agli organi interni dei paracadutisti.
Questi danni erano collegati all’accelerazione, o
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

meglio alla decelerazione, che il corpo umano


subiva al momento dell’apertura del paracadu-
te. E’ opportuno chiarire che si parla di accele-
razione o decelerazione esattamente alla stessa
maniera, in quanto non cambia l’effetto sul
corpo umano. Infatti, se una massa viene acce-
134 lerata o decelerata, essa diviene sede di forze di
inerzia. Nel caso del corpo umano, al verificarsi
di una caduta e conseguentemente all’entrata
in azione della corda (o del paracadute), si ha
come effetto una forte decelerazione e quindi la
generazione di forze d’inerzia.
Paracadute troppo piccoli implicano un effetto
frenante troppo basso, per cui il paracadutista
rischierà quantomeno gravi traumi all’impatto
con il suolo.
Fig. 4.01 Paracadute: il diametro del Paracadute molto ampi invece causano l’effetto
paracadute determina la violenza
della decelerazione (valore di negativo di cui si parlava in precedenza: dopo il
sicurezza sopportabile 15g) lancio e la conseguente accelerazione del corpo,
che ne annulla la sensazione di peso durante
il volo libero, all’apertura del paracadute la
decelerazione può risultare talmente forte da far
perdere i sensi al paracadutista, anche se questo
si trova in posizione eretta.
Di fronte a questi dati e considerazioni, i ricer-
catori si sono posti il problema di valutare il
massimo valore di decelerazione sopportabile,
per poi dimensionare di conseguenza il diame-
15 g tro del paracadute. Tale valore è stato definito
in 15 volte g, dove g è il valore dell’accelerazione
Fig. 4.02 Decelerazione di gravità convenzionale. Mettiamo fin d’ora
in evidenza che il valore di 15 g è il limite di
sicurezza, sopportabile peraltro per periodi molto
brevi (secondi o anche meno) e a testa in alto (caso
in cui il sangue affluisce verso il basso).
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

In caso di caduta a testa in basso la decelerazione


farebbe affluire il sangue alla testa, sede di molti
vasi capillari delicati, per cui il valore di mas-
sima decelerazione sopportabile è di qualche “g”
appena (4-6 g).
Il valore di 15 g, applicato ad una massa m di 80
kg, che è la massa di riferimento di un alpinista e 135

anche il valore assunto dall’UIAA per le prove sui


materiali, equivale ad una forza In alpinismo, la mag-
f = m*15*g = 1200 kg peso (circa 1200 daN). giore decelerazione che
si può verificare è quan-
Questo valore è stato dunque assunto come limite do, ad esempio, la corda
di sicurezza fisiologico. resta per qualche motivo
Volendo applicare questi concetti all’alpini- bloccata in sosta, oppure
incastrata in una fessura o
smo, cerchiamo di definire quale può essere attorno ad uno spuntone.
il caso peggiore di decelerazione (azione del Questo è chiaramente un
“paracadute”) per l’alpinista. In alpinismo, la caso limite, in quanto se
la corda scorre dentro un
maggiore decelerazione che si può verificare è freno, come normalmente
quando, ad esempio, la corda resta per qualche accade, la decelerazione
sarà certamente inferiore.
motivo bloccata in sosta, oppure se si inca-
stra in una fessura o uno spuntone. Questo
è chiaramente un caso limite, in quanto se la
corda scorre dentro un freno, come normal-
mente accade, la decelerazione sarà certamente
inferiore. Comunque, è evidente che anche
in questo caso la massima sollecitazione a cui
viene sottoposto l’organismo umano deve risul-
tare inferiore al massimo tollerabile. In questo
caso, comunque, è la sola corda che interviene,
con le sue caratteristiche elastiche, a decelerare
gradualmente il corpo dell’alpinista che cade: è
la corda “il paracadute” dell’alpinista. Infatti, le
norme UIAA-CEN prescrivono che le corde si
deformino almeno quanto è necessario perchè
il valore massimo della forza generata durante
un volo non superi i 1200 daN.
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

E’ questa una delle principali norme che defi-


niscono le proprietà delle corde dinamiche per
l’alpinismo. Ovviamente, si richiede anche che
la corda non si rompa nel trattenere una cadu-
ta: a questo scopo le norme, facendo ancora
riferimento al caso limite di corda bloccata,
136 prescrivono che essa resista ad almeno 5 cadute
di una massa di 80 kg.

Energia cinetica e deformazione della


corda
Nel caso dell’alpinista Analizziamo ora l’energia cinetica che deve
che cade, l’energia cine- essere assorbita dalla corda mediante la sua
tica è nulla sia quando
l’alpinista sta per cade-
capacità di deformazione. Nel caso dell’alpini-
re, cioè all’inizio della sta che cade, l’energia cinetica è nulla sia quan-
caduta, che alla fine del do l’alpinista sta per cadere, cioè all’inizio della
volo, quando il corpo è
di nuovo fermo. L’energia caduta, che alla fine del volo, quando il corpo
cinetica ha invece un valo- è di nuovo fermo. L’energia cinetica ha invece
re massimo praticamente un valore massimo praticamente nel momento
nel momento in cui la
corda inizia l’azione fre- in cui la corda inizia l’azione frenante vera e
nante vera e propria. propria. Questo perchè, come sarà descritto
in Appendice A, l’energia cinetica di un corpo
è proporzionale alla sua velocità (o meglio: al
quadrato della velocità), e quindi è nulla quan-
do il corpo è fermo. Tutta l’energia cinetica che
il corpo possedeva un attimo prima dell’inizio
dell’azione della corda viene quindi assorbita
da uno o più elementi che compongono la
catena dinamica di assicurazione, ma quali?
La risposta dipende dalla modalità con cui la
catena sta funzionando:
- se la corda è bloccata in sosta, allora l’energia
viene assorbita quasi tutta dalla corda mediante
la sua deformazione;
- se invece nella catena di assicurazione è presente
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

un freno (½ barcaiolo, Tuber, Otto, Sticht,...)


buona parte dell’energia cinetica di caduta viene
dissipata da attriti presenti nel freno stesso e non
dalla corda con la sua deformazione. Quando la corda comin-
cia a scorrere nel freno,
Infatti, quando la corda comincia a scorrere
a causa dei forti attriti
nel freno, a causa dei forti attriti presenti, gran presenti, gran parte del-
parte dell’energia cinetica viene trasformata l’energia cinetica viene 137
trasformata in energia
in energia termica e quindi dispersa nell’am- termica e quindi dispersa
biente. nell’ambiente.
Bisogna capire a fondo questa differenza di
situazioni per non generare confusione, in
seguito, sull’utilità di concetti come forza di
arresto e fattore di caduta.

Fig. 4.03 Energia cinetica e deformazione

DOVE VA A FINIRE
L'ENERGIA DI CADUTA?

CON CORDA CON CORDA


BLOCCATA FRENATA
quasi tutta sulla corda quasi tutta sul freno

Fig. 4.04 Corda bloccata e frenata


Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

Fattore di caduta
Il fattore di caduta FC è il rapporto tra lunghez-
za del volo Lv e lunghezza di corda interessata
Lc:
FC = Lv/Lc
Un aspetto importante da chiarire subito è che
138 ha senso parlare di fattore di caduta solo nel caso
in cui la corda sia bloccata in sosta.
Maggiore è l’altezza di
caduta, maggiore sarà Per capire il perché, si osserva che l’energia in
l’energia cinetica da dis- gioco in una caduta dipende dall’altezza del
sipare. In tal caso ha però
volo e, nel caso in cui la corda sia bloccata,
senso misurare anche la
lunghezza di corda che viene assorbita completamente dalla corda
interviene a dissipare tale mediante la sua deformazione. Maggiore è l’al-
energia: maggiore è la
lunghezza di corda, mag-
tezza di caduta, maggiore sarà l’energia cinetica
giore è la sua capacità di da dissipare. In tal caso ha però senso misurare
assorbire energia. anche la lunghezza di corda che interviene a
dissipare tale energia: maggiore è la lunghezza
di corda, maggiore è la sua capacità di assorbire
energia. E’ stato verificato sperimentalmente
che le sollecitazioni che si sviluppano durante
una caduta con corda bloccata NON dipen-
dono dalla sola lunghezza del volo, ma dal
Le sollecitazioni che si rapporto tra lunghezza del volo e lunghezza
sviluppano durante una della corda che interviene a frenare la caduta:
caduta con corda bloc-
cata non dipendono dipendono dunque dal fattore di caduta.
dalla sola lunghezza del Analizziamo qualche esempio (si ricordi: si deve
volo, ma dal rapporto considerare la corda come bloccata in sosta). Se
tra lunghezza del volo
e lunghezza della corda ci si alza dalla sosta per 5 metri senza mettere
che interviene a frenare rinvii e si cade, il volo sarà di 10 metri, mentre
la caduta cioè dipendono
la lunghezza di corda in grado di assorbire
dal fattore di caduta.
energia sarà di 5 metri; in questo caso il fattore
di caduta risulta Lv/Lc = 10/5 = 2. Se ci si alza
di 10 metri, sempre senza rinvii, il volo sarà di
20 metri e la corda interessata 10 metri, per cui
il fattore di caduta risulta 20/10 = 2, identico al
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

precedente come identica sarà la forza massima


con cui la corda reagisce (bloccata in sosta),
figura 4.05. Naturalmente in arrampicata si
usano i freni ma, è bene saperlo, il volo a corda
bloccata è una situazione che può capitare real-
mente quando è impedito lo scorrimento della
corda, figura 4.06. 139

Nella pratica dell’alpinismo, al di fuori delle


vie ferrate, il valore massimo di FC è pari a 2,
e corrisponde al caso in cui nella progressione
verticale non sono presenti rinvii tra l’ancorag-
gio di partenza (sosta) e chi cade (alpinista 1°
di cordata).

IL FATTORE DI CADUTA
SI DETERMINA A CORDA BLOCCATA

5 m di corda
10 m di volo
10:5=2
fattore di caduta 2
H=12

10 m di corda
20 m di volo
20:10=2
fattore di caduta 2
fattore di caduta 0,3

12
H/L = − =0,3
40
L=40

F=600 daN

Fig. 4.05 Fattori di caduta 2 Fig. 4.06 Fattore di caduta 0,3


Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

2 metri di corda Altro caso è quando, in seguito ad una caduta


2 metri di volo del primo, la corda si blocca su uno spuntone,
4:2=2 figura 4.07.
Le corde sono appunto progettate per lavorare
lunghezza volo:
4 metri anche in questo caso limite (FC = 2), nel quale
fattore
di caduta 2 devono garantire che le sollecitazioni che si
140 generano siano in ogni caso tollerabili per il
corpo umano.
spezzone
di corda
bloccato
2 metri
Fattore di caduta superiore a 2 nelle
vie ferrate e impiego di un dissipa-
Fig. 4.07 Corda bloccata da spuntone
tore
La conoscenza del fattore di caduta permette di
comprendere l’assoluta necessità del dissipatore
lunghezza nell’assicurazione lungo le funi d’acciaio, tese
corda: 1 metro
verticalmente, delle ferrate. In questa situazio-
ne si potrebbero verificare fattori di caduta 5,
distanza 6, 7 e più, alle quali nessuna corda (e quindi
tra gli ancoraggi
6 metri anche il nostro stesso organismo) reggerebbe
in quanto non progettata per lavorare in tali
condizioni.
1 metro di corda
6 metri di volo E’ pertanto necessario utilizzare un set da fer-
6:1=6
rata completo e preconfezionato dal costruttore
fattore di caduta 6 secondo le norma europea EN 958 e costituito
Fig. 4.08 Caduta in ferrata
da un dissipatore, uno spezzone di corda o fet-
tuccia e due moschettoni adeguati. Tra le varie
specifiche, la norma impone un valore massimo
per la forza di arresto di 6 kN (600 daN) e che
lo scorrimento della corda all’interno del dissi-
patore deve iniziare a carichi superiori a 1,2 kN
(120 daN).
Si noti che un set assemblato acquistando le
singole parti non è a norma, in quanto solo
un sistema omologato EN 958 dà la completa
garanzia del corretto funzionamento [23].
Fig. 4.09 Set ferrata
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

Forza di arresto (o di impatto)


La forza di arresto FA è il valore massimo di
forza che si sviluppa sulla corda e sull’alpinista
durante una caduta.
Quando la corda entra in azione per trattenere
l’alpinista che cade, essa comincia a tendersi e
141
ad allungarsi, quindi ad assorbire energia.
La tensione della corda, ossia la forza che agisce La tensione della corda,
su di essa e che si scarica sull’alpinista, aumenta ossia la forza che agisce
su di essa e che si scarica
progressivamente fino a toccare il valore più
sull’alpinista, aumenta
elevato in corrispondenza al massimo allunga- progressivamente fino
mento della corda, cioè al momento di arresto a toccare il valore più
elevato in corrisponden-
della caduta; di qui il termine forza d’arresto. za al massimo allunga-
Tale valore dipende dalle caratteristiche di mento della corda, cioè al
deformabilità della corda: a parità di massa momento di arresto della
caduta; di qui il termine
che cade e di fattore di caduta, corde poco forza d’arresto.
deformabili (“rigide”) determinano forze di
arresto elevate, pericolose per l’alpinista e per
gli ancoraggi, mentre si ottengono valori bassi
con corde molto deformabili (“elastiche”), che
sono però poco pratiche nelle manovre.
Una buona corda dovrà perciò rappresentare il
giusto compromesso tra le esigenze di funziona-
Una buona corda dovrà
lità e la necessità di contenere la forza di arresto perciò rappresentare il
entro limiti accettabili anche nelle peggiori giusto compromesso tra
condizioni di caduta. A riguardo, la normativa le esigenze di funzionalità
e la necessità di contenere
UIAA stabilisce che la forza d’arresto alla prima la forza di arresto entro
caduta - per un volo a corda bloccata, con massa limiti accettabili anche
di 80 kg, a fattore di caduta 2 - non debba supe- nelle peggiori condizioni
di caduta.
rare il valore di 1200 daN. Per motivi di mano-
vrabilità ed utilizzo dei freni le norme stesse
impongono altresì un limite all’allungamento
delle corde (minore o uguale al 10% per una
corda semplice e minore o uguale al 12% per
una mezza corda e per le corde gemellari).
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

A parità di resistenza dinamica (numero di


cadute sopportate senza rompersi secondo la
suddetta norma UIAA), è pertanto sempre da
sosta
preferire una corda caratterizzata da bassa forza
d’arresto al fine di limitare i danni ad alpinista
ed ancoraggi in caso di volo.
142 In realtà sono commercializzate corde semplici
che presentano una forza di arresto ben inferio-
re al valore limite con valori che vanno da 700
daN a 950 daN.
Attenzione, infine, a non confondere la forza
d’arresto con il carico a rottura della corda, che è
la forza che è necessario applicare per romperla.
Il carico a rottura, sempre ben superiore alla
forza d’arresto, è un parametro di scarso inte-
resse per l’alpinista. Non viene specificato dalle
norme ed è in ogni caso poco importante ai fini
della scelta di una buona corda, anche se può
Fig. 4.10 Forza d'arresto
fornire utili informazioni sulle sue caratteristi-
che. Comunque, a titolo orientativo, per una
corda semplice il carico di rottura vale circa 24
kN (30 volte il peso di un alpinista di 80 kg),
mentre per una mezza corda vale circa 16 kN
(20 volte il peso di un alpinista di 80 kg).

Sollecitazione sulla sosta a corda


bloccata senza rinvii
Se una massa viene appesa ad un rinvio o ad
una sosta, sull’ancoraggio viene a gravare la
relativa forza peso; se quindi si collega all’an-
coraggio uno strumento di misura (una cella
di carico), appendendo una massa di 80 kg si
rileva una forza di 80 kg peso (fig. 4.11).
Si ipotizza ora il caso di una corda bloccata alla
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

sosta e di un alpinista che, in fase di salita, cada


senza aver posizionato rinvii intermedi: l’al-
tezza del volo è doppia rispetto alla lunghezza
della corda interessata. Come detto, in questo
caso è la sola corda che assorbe l’energia cineti-
ca mediante la sua deformazione.
143

F = 80 daN

cella di carico
per la
misura
della forza

corda

80 daN

strumento di
misura
massa
80 kg
Fig. 4.11 Sollecitazione su ancoraggio

F = 80 daN
“Altezza del volo” è il
“volo libero”, cioè la lun-
Si intende qui con “altezza del volo” il “volo ghezza della caduta fino
libero”, cioè la lunghezza della caduta fino al al momento in cui entra
in tensione la corda:
momento in cui entra in tensione la corda:
l’altezza del volo totale
l’altezza del volo totale è data dalla somma del è data dalla somma del
volo libero più l’allungamento della corda. Si volo libero più l’allunga-
mento della corda.
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

considerino tre casi: altezza del volo di 4, di 8 e


di 20 m. In tutti questi casi la sollecitazione
che riceve sia l’alpinista che la sosta è sempre
data dalla forza di arresto della corda.
Quindi, corde con basse forze di arresto (per
esempio 900 daN) sono da preferire a corde
144 con elevate FA (valore massimo 1200 daN).
E’ quindi importante controllare questa carat-
Le prove a corda blocca-
ta, con fattore di caduta teristica al momento dell’acquisto della corda!
2, rappresentano il test
più impegnativo per
una corda d’alpinismo e Aumento della forza d’arresto nei
permettono di valutar- voli successivi
ne le caratteristiche e il
degrado delle prestazioni Le prove a corda bloccata, con fattore di cadu-
dovuto all’usura. ta 2, rappresentano il test più impegnativo
per una corda d’alpinismo e permettono di
valutarne le caratteristiche e il degrado delle
prestazioni dovuto all’usura. Mostriamo i risul-
tati di alcune prove svolte dalla Commissione
Materiali e Tecniche presso la Torre di Padova.
La tabella di figura 4.12 riporta i valori della
forza di arresto registrata sulla sosta con uno
spezzone corda semplice già usata, bloccata in
sosta e fattore di caduta 1.
Altezza di 1˚ volo 2˚ volo 3˚ volo
FC = 1
caduta (m) FA (daN) FA (daN) FA (daN)
Lunghezza
2 520 642 705
spezzone = 2 m
Lunghezza
4 517 643 717
Spezzone = 4 m
Fig. 4.12 Voli e forza di arresto

La tabella di figura 4.13 riporta i valori della


forza di arresto registrata sulla sosta con uno
spezzone corda semplice già usata, bloccata in
sosta e fattore di caduta 2.
Possiamo osservare che il valore della forza di
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
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che di assicurazione

Altezza di 1˚ volo 2˚ volo 3˚ volo


FC = 2
caduta (m) FA (daN) FA (daN) FA (daN)
1023
Lunghezza
4 707 914 rottura
spezzone = 2 m
spezzone
1138
Lunghezza
8 759 951 rottura
Spezzone = 4 m 145
spezzone
arresto non dipende tanto dalla lunghezza del Fig. 4.13 Voli e forza di arresto
volo, bensì dal fattore di caduta: si passa, infat-
ti, da circa 500 daN con FC = 1 a circa 700
daN con FC = 2.
Si nota che nei voli successivi al primo il valore
della forza di arresto è aumentato: ciò è dovuto
al danneggiamento progressivo della corda e di
conseguenza alla sua diminuita elasticità.

Effetto carrucola sul rinvio


Prendiamo ora in esame la sollecitazione che
riceve un rinvio intermedio con alcuni esempi
di situazione “in quiete”, cioè studiando carichi
appesi e non in movimento.
Nel primo caso, propedeutico, sul rinvio viene
posizionata una puleggia che presenta un attrito
trascurabile. Per trattenere il peso di 80 kg appli-
cato sul ramo di sinistra bisogna applicare 80 kg
sul ramo di destra. Si osserva che il rinvio deve
sostenere la somma delle due sollecitazioni, cioè
circa 160 daN.
Il secondo caso rappresenta un’applicazione del
primo esempio: il ramo di destra della corda è
bloccato alla sosta mentre sul ramo di sinistra è
appeso un alpinista con massa di 80 kg.
Sul rinvio si produce l’effetto carrucola e la
forza con cui è complessivamente sollecitato
vale 160 daN.
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
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F3= 160 daN F3 = 160 daN

carrucola
carrucola

146

corda
corda

massa
80 kg F2 = 80 daN

F1= 80 daN F2= 80 daN F1= 80 daN


Fig. 4.14 Effetto carrucola (1) Fig. 4.15 Effetto carrucola (2)

Attrito prodotto dal moschettone


Nella realtà, sul rinvio non è applicata una
puleggia (che non presenta attriti) bensì un
Lo scorrimento di una moschettone che introduce un attrito tra corda
corda tesa, appoggiata ad e metallo. Secondo risultati di prove effettuate
un perno cilindrico con in laboratorio, lo scorrimento di una corda
raggio 5 mm (moschetto-
ne) all’incirca per mezzo tesa, appoggiata ad un perno cilindrico con
giro (180°), dà luogo ad raggio 5 mm (moschettone) all’incirca per
una riduzione dello sfor- mezzo giro (180°), dà luogo ad una riduzione
zo tra il ramo traente e
quello resistente sia in dello sforzo tra il ramo traente e quello resi-
condizioni statiche, che stente dell’ordine di 1,7 in condizioni statiche,
in condizioni dinamiche.
mentre può variare da 1,35 a 1,50 in condizio-
ni dinamiche.
Pertanto per trattenere un peso di 170 kg col-
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
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legato al ramo di destra è sufficiente applicare


una forza di 100 daN sul ramo di sinistra: la
forza generata dall’attrito compensa gli altri 70
daN! Ovviamente, si parla di fattore di ridu-
zione o amplificazione a seconda del verso nel
quale viene studiato.
147

Carico al rinvio
F3=270 daN

angolo d’attrito Superficie d’attrito


180°= π rad corda/metallo

Alla sosta Al peso


F1=100 daN F2=170 daN

F1/F2=1,7 Fig. 4.16 Attrito del moschettone

Carico di rottura di un rinvio


Come discusso a proposito della forza di arre-
sto che può essere generata da una corda dina-
mica, nel caso di caduta a corda bloccata e in
presenza di un rinvio, sul ramo a cui è collegato
l’alpinista si può generare al massimo una forza
F2 = 1200 daN.
A causa dell’attrito prodotto dal moschettone,
sul ramo connesso alla sosta è sufficiente una
forza F1 inferiore per trattenere la caduta:
assumendo un coefficiente di attrito cautela-
tivamente più basso (F2/F1=1,5) la forza che
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
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si deve applicare sul ramo della


800+1200=2000 daN
sosta vale 1200/1,5 = 800 daN.
Il rinvio è quindi soggetto alla
somma delle due forze:
F1 + F2 = 2000 daN.
Di conseguenza, le norme fissa-
148 no il valore di 2000 daN come
800 daN 1200 daN carico minimo per la rottura di
moschettoni; mentre fissano a
2200 quello per cordini e fettuc-
ce, a causa del degrado subito
nel tempo per effetto dei raggi
alpinista
sosta
che cade
UV e dell’usura e del fatto che
una riduzione di tale carico non
porterebbe ad alcun apprezzabile
beneficio in termini di maggiore leggerezza o
Fig. 4.17 Carico di rottura
di un rinvio minori dimensioni per questi elementi.

Assicurazione dinamica e funzione


dei freni
Le analisi e considerazioni riportate in prece-
Nella pratica alpinistica denza si riferiscono a situazioni in cui la corda
si effettua al primo di è bloccata. Nella pratica alpinistica si effettua
cordata una assicura-
zione dinamica, cioè un al primo di cordata una assicurazione dinamica,
sistema di assicurazione cioè un sistema di assicurazione che permette
che permette uno scor- uno scorrimento della corda nel freno dissipando
rimento della corda nel
freno dissipando gran gran parte dell’energia di caduta in attrito, cioè
parte dell’energia di sotto forma di calore. Infatti, toccando ad
caduta in attrito, cioè
esempio il moschettone utilizzato per il freno
sotto forma di calore.
mezzo barcaiolo subito dopo la trattenuta di
un volo si può constatare che è caldo: l’energia
potenziale della massa (si veda l’Appendice) si è
trasformata in energia cinetica e questa in calore
durante la decelerazione operata dal freno.
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
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Nel caso di corda fre-


forza a monte
nata, cioè di assicura- del freno (mano)
zione dinamica, non ha
senso parlare di “fattore
di caduta”. E’ il sistema Fm Fa
mano-freno che svolge freno
l’azione prevalente di 149

“paracadute”; all’effetto
di deformazione della
corda con l’estremità Fs forza a valle
del freno (corda)
bloccata, si sostituisce
ora quello dello scorri-
mento della corda den- forza scaricata sull’ancoraggio
o sull’imbracatura
tro il freno, che assume
quindi il compito di dis-
sipare l’energia cinetica.
Il freno è un attrezzo che, pilotato dalla mano Fig. 4.18 Freno come moltiplicatore di forza.
Un qualsiasi freno può essere considerato
dell’assicuratore, permette di rallentare ed arre- un “moltiplicatore di forza”:
stare la caduta. Tutti i freni hanno una caratte- • Fm = forza in “ingresso” al freno,
generata dalla mano
ristica comune: in virtù degli attriti si compor- • Fa = forza in “uscita” dal freno,
tano come moltiplicatori della forza applicata che arresta la caduta
dalla mano. Vale la relazione:
Si deve considerare il fatto che un alpinista genera Fa = K Fm

mediamente, con l’azione della mano, una forza Il valore del “fattore di moltiplicazione”
di 15-30 daN, e che questa viene “moltiplicata” (K o anche FMF) dipende dal freno
(efficacia del freno).
dall’azione del freno.
L’efficacia della frenata è quindi data dall’effetto
combinato:
- della forza esercitata dalla mano dell’assicu-
ratore;
- dalla capacità frenante dell’attrezzo.
Ciò significa che, in linea teorica, si può otte-
nere lo stesso effetto di frenata sia con una
“debole” forza della mano combinata con un
freno molto efficace sia, viceversa, con una
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elevata forza applicata dalla mano con un freno


meno efficiente.
Vale tuttavia la pena di sottolineare che è
meglio avere un freno efficace che può essere
E' meglio avere un freno modulato morbidamente in caso di richiesta
efficace che può essere
modulato morbidamen-
di basse forze frenanti piuttosto che un freno
150 te in caso di richiesta di poco efficace che non permette di trattenere
basse forze frenanti piut- opportunamente cadute importanti.
tosto che un freno poco
efficace che non permette Va inoltre chiarito un importante aspetto: non
di trattenere opportuna- è sempre detto che l'entità della forza di arresto
mente cadute importanti. sia inversamente proporzionale allo scorrimen-
to (cioè che a maggiori forze corrispondano
minori scorrimenti). Questo sarebbe vero nel
caso in cui il valore di forza generata dal freno
fosse costante nel tempo. Invece, come spie-
gato meglio di seguito, esso presenta un picco
massimo dopo pochi decimi di secondo (la
forza di arresto) e poi una “coda” più lunga con
La capacità frenante di
un freno è espressa dal valori di forza inferiore. In questo tratto si ha
“fattore di moltiplicazio- lo scorrimento della corda nel freno, e la sua
ne della forza”, defini- durata (quindi l’entità dello scorrimento) non
to come rapporto tra la
forza nella corda a valle ha niente a che fare con il valore di picco, che a
e la forza a monte del questo punto è già avvenuto!
freno. Vari possono essere i freni utilizzati per l’assicu-
razione: il nodo “mezzo barcaiolo”, riconosciu-
to in sede UIAA quale “Italian hitch”, l’Otto, il
Tuber e la piastrina Sticht.
La capacità frenante è espressa dal “fattore di
moltiplicazione della forza”, definito come rap-
porto tra la forza nella corda a valle e la forza a
monte del freno.
Dalla tabella di figura 4.20, che riporta i fattori
di moltiplicazione misurati per i vari freni, si
nota che, ad esempio per il mezzo barcaiolo, i
valori tipici sono compresi tra 8 e 12.
Fig. 4.19 Tipi di freno Questo significa che forze della mano (a monte
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del freno) dell’ordine di 15-30 daN generano


una forza frenante a valle del freno di 120-360
daN. Inoltre, dalla tabella risulta evidente come
il mezzo barcaiolo sia l’unico che presenti la
massima capacità frenante quando i due rami Il mezzo barcaiolo è
di corda sono tra loro paralleli, come nel caso l’unico freno che presenti
di trattenuta di una caduta in assenza di rinvii e la massima capacità fre- 151
nante quando i due rami
quindi nel caso peggiore che si possa presentare. di corda sono tra loro
Gli altri freni si comportano in modo opposto, paralleli, come nel caso
nel senso che la maggior forza frenante si svi- di trattenuta di una cadu-
ta in assenza di rinvii e
luppa quando i rami operano a 180°, ovvero in quindi nel caso peggiore
presenza di un rinvio. che si possa presentare.
Fa

Fm Fa Fm

FMF=Fa/Fm
fattore di moltiplicazione del freno

Rami a
Rami paralleli
180°
mezzo barcaiolo 8-12 6-8
Otto 2-3 4-6
Tuber 1,5-2 3-5
piastrina Sticht 1,5-2 3-5 Fig. 4.20 Efficacia freni

Fm = forza a monte del freno


Fa = forza a valle del freno

Prove di caduta con freno senza rinvio


Riportiamo i risultati di alcune prove svolte
ancora dalla CMT presso la Torre di Padova. In
questo tipo di prova non sono stati impiegati
freni come l’Otto o il Tuber perché tali sistemi
richiedono per il loro buon funzionamento la
presenza di un rinvio.
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
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Forza
N° prova Lunghezza Altezza arresto Corsa corda
corda (m) volo (m) (daN) nel freno (cm)

1 1 2 437 65
2 1 2 262 180

152
3 2 4 295 225
4 2 4 378 150
5 3 6 453 260
6 3 6 363 310
7 3 6 520 165
Fig. 4.21 Prove con “mezzo
barcaiolo” senza rinvio
La tabella 4.21, riporta i valori della forza di
F3= 330daN
arresto registrata sulla sosta utilizzando uno
spezzone di corda semplice e come freno un
mezzo barcaiolo. Non essendovi rinvii, l’al-
cella
tezza del volo è sempre doppia della lunghezza
interessata.
Osservando i risultati si possono trarre le
seguenti considerazioni:
F1= 30 daN a) la sollecitazione sulla sosta è uguale alla
somma della forza generata dalla mano e da
quella subita dall’alpinista che cade; nel caso di
330 daN
figura. 4.22 vale 330 daN;
strumento di b) confrontando i valori di forza d’arresto con
misura
quelli ottenuti nelle prove di caduta con corda
bloccata (nella figura 4.13 la forza di arresto
varia da un minimo di 707 ad un massimo di
F2= 300 daN 1138 daN), si nota una notevole diminuzione
Fig. 4.22 Freno senza rinvio delle forze in gioco (da 262 a 520 daN);
c) voli con la stessa altezza di caduta possono
presentare valori anche molto differenti di forza
d’arresto: ciò dimostra la diversa forza impressa
da chi assicura. Si confrontino la prova 1 con la
2; le prove 3 e 4; le prove 5, 6 e 7;
d) in queste prove, in genere si ha che maggiore
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è la forza di arresto e minore risulta lo scorri-


mento della corda anche se questo, come detto,
non è un risultato generale;
e) nonostante si usi un freno efficace, anche per
Per fermare un volo senza
altezze di caduta modeste (6 m) gli scorrimenti rinvii intermedi vi è uno
della corda nel freno sono notevoli (160-310 scorrimento di corda nel
cm) e ben difficilmente un assicuratore potrà freno pari a circa un terzo 153
della lunghezza del volo
dare così tanta corda senza ustionarsi la mano. stesso.
Da diverse prove eseguite, si può, infatti, con-
siderare che per fermare un volo senza rinvii
intermedi vi è uno scorrimento di corda nel
freno pari a circa un terzo della lunghezza del
volo stesso! Pur applicando la buona norma
che la mano dell’assicuratore deve essere tenuta
distante dal freno sarà molto difficile in parete
tenerla ad una distanza maggiore di 60-70 cm,
anche per esigenze di manovra della corda.

F3= 810 daN


Prove di caduta con freno in pre-
senza di rinvii
In queste prove sono stati impiegati come
freni il mezzo barcaiolo, l’Otto e il Tuber, cella

posizionati direttamente in sosta al fine di


rendere più agevole il loro confronto.
La tabella 4.24 riporta i valori della forza di
arresto registrata sull’ultimo rinvio utilizzan-
do uno spezzone di corda semplice. La massa F1= 300 daN

viene fatta cadere da 2 metri sopra il rinvio, 810 daN

per cui l’altezza di caduta è di 4 metri. F0= 30 daN


strumento
di misura

F2= 510 daN


Fig. 4.23 Freno con rinvio
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Forza sul
Altezza Corsa corda
N° prova Freno rinvio
volo (m) nel freno (cm)
(daN)
1 ½ barcaiolo 4 800 30
2 Tuber 4 610 110
3 Otto 4 640 84
154 4 ½ barcaiolo 4 730 85
5 ½ barcaiolo 4 900 45
6 Tuber 4 567 105
Fig. 4.24 Prove freni con rinvio

Osservando i risultati si possono trarre le seguen-


ti considerazioni:
a) a parità di volo (4 m), lo scorrimento della
corda nel freno (30-110 cm) è sensibilmente
ridotto rispetto alle prove senza rinvio (150-
225 cm). Ciò è dovuto alla presenza del rinvio
che, grazie all’attrito generato dal moschettone
sulla corda, contribuisce a frenare la caduta ed
I freni Tuber e Otto amplifica la forza frenante prodotta dal sistema
sono più “dinamici” del
mezzo barcaiolo; infatti, mano-freno.
a parità di energia da Dalla figura si può osservare che la forza frenan-
dissipare e a parità di te uscente dal freno (300 daN) moltiplicata per
tenuta dell’assicuratore,
si generano forze di arre- il coefficiente di attrito (F2/F1= 1,7) produce
sto inferiori, ma anche una forza frenante complessiva di 510 daN
maggiori scorrimenti di
(300*1,7= 510) applicata al corpo dell’alpinista.
corda che possono creare
all’assicuratore seri pro- b) I freni Tuber e Otto sono più “dinamici” del
blemi nel trattenere la mezzo barcaiolo: a parità di energia da dissipare
caduta del compagno.
e a parità di tenuta dell’assicuratore generano
forze di arresto inferiori e tipicamente maggiori
scorrimenti di corda; di contro le elevate corse
della corda dentro il freno creano all’assicura-
tore seri problemi nel trattenere la caduta del
compagno.
c) A parità di volo e di freno, a seconda della
forza impressa dalla mano, l’azione frenante del
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
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sistema mano-freno è diversa e diverso risulta


lo scorrimento della corda: l’assicuratore che
imprime una trattenuta energica ottiene bassi
scorrimenti ed elevati carichi sull’ultimo rinvio. La forza applicata sul-
l’ultimo rinvio è uguale
Si effettui un confronto delle prove 1 con 4 e alla somma di due forze:
con 5, e 2 con 6. la forza frenante prove-
d) La forza applicata sull’ultimo rinvio è ugua- niente da chi assicura e 155
la forza esercitata sul-
le alla somma di due forze: la forza frenante l’alpinista che cade; esse
proveniente da chi assicura e la forza eserci- sono tra loro dipendenti
tata sull’alpinista che cade; esse sono tra loro perché è la forza frenante
che determina la forza di
dipendenti perché è la forza frenante che arresto.
determina la forza di arresto. La prima è
quella applicata dall’assicuratore per trattenere
la caduta (F1=300 daN); la seconda è la forza
che riceve l’alpinista, che è pari all’azione fre-
nante prodotta dal sistema mano-freno molti-
plicata il coefficiente di attrito del moschettone
(F2=300*1,7=510 daN). In forma più semplice
possiamo dire che la forza applicata sull’ultimo
rinvio è circa il doppio della forza di arresto
subita da colui che cade.

In conclusione risulta di fondamentale


importanza per la sicurezza della cordata
posizionare il primo rinvio prima possibile e
comunque entro i primi 3 metri dalla sosta.
&
In questo modo otteniamo due risultati posi-
tivi: si riduce l’altezza di caduta e soprattutto
l’azione frenante del sistema mano-freno viene
moltiplicata dall’attrito del rinvio, permettendo

così di diminuire lo scorrimento della corda
entro valore più facilmente gestibili. ฀
& &


฀ ฀ ฀

Fig. 4.25 Sollecitazione ultimo rinvio


Catena dinamica di Alpinismo su roccia
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Fasi della trattenuta dinamica


Riportiamo in forma sintetica i risultati di
studi e prove condotte dalla CMT sul com-
portamento della mano e del freno nel corso
di una assicurazione dinamica effettuata con
un freno collegato all’ancoraggio di sosta, con
156 la presenza di un unico rinvio e di una massa
che cade.
Va tenuto presente che nell’assicurazione dina-
mica, per tutta la fase di trattenuta fino all’ar-
resto della caduta, si ha una corsa della corda

fase inerziale fase muscolare corda bloccata nel freno


700

600
FORZA (daN)

500

400
forza sul rinvio
300

200
forza sulla sosta
100

0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
TEMPO(s)

fase inerziale fase muscolare corda bloccata nel freno

2
CORSA DELLA CORDA (m)

1,5

corsa totale nel freno


1

0,5
corsa nella fase inerziale

0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1
TEMPO(s)

Fig. 4.26 Forze e corse


Alpinismo su roccia Catena dinamica di
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nel freno che dissipa l’energia; tale corsa è


tanto maggiore quanto minori sono gli attriti
(roccia, rinvii, ecc.) presenti nella catena di
assicurazione. Nella fase inerziale della
Il fenomeno della trattenuta può essere sche- trattenuta, la mano del-
l’assicuratore che impu-
maticamente suddiviso in due fasi: la fase iner- gna la corda subisce una
ziale e la fase muscolare. forte accelerazione in 157

La prima fase, quella inerziale, ha una durata quanto tende ad acqui-


stare la velocità del corpo
molto breve, circa 0,2 secondi. La mano del- che cade.
l’assicuratore che impugna la corda subisce una
forte accelerazione in quanto tende ad acqui-
stare la velocità del corpo che cade. Si genera
quindi in questa fase una forza frenante in cui
prevale la forza d’inerzia dovuta al trascinamen-
to della mano, e che determina con il contri-
buto del freno la “forza di arresto” cioè il picco
di massima forza generata durante la caduta.
Nel grafico di esempio vengono riportati gli
andamenti delle forze sul rinvio e sulla sosta e
si nota che il picco di forza sul rinvio vale 600
daN e si verifica dopo circa 0,25 secondi. Nella fase muscolare della
Tale valore si ha ovviamente prima dell’arresto trattenuta interviene
prevalentemente l’azio-
della massa che cade. Infatti, la corsa della ne dell’assicuratore che,
corda nel freno in questa fase è appena iniziata; opponendo resistenza
dal grafico si osserva che dopo 0,25 secondi lo con la propria forza ed
anche con parte del pro-
scorrimento all’interno del freno è stato di circa prio peso, mantiene bloc-
50 cm, a fronte di una corsa totale di 130 cm. cata la corda o la lascia
scorrere in modo più o
Nella seconda fase, detta muscolare, interviene
meno controllato.
prevalentemente l’azione dell’assicuratore che,
opponendo resistenza con la propria forza ed
anche con parte del proprio peso, mantiene
bloccata la corda o la lascia scorrere in modo
più o meno controllato. In questa fase l’entità
della corsa nel freno, fino al completo arresto
della caduta, dipende dal valore medio della
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

forza frenante esercitata dall’assicuratore.


Si noti che all’aumentare del volo la forza
frenante del sistema mano-freno resta la stessa
mentre deve aumentare la corsa della corda
dentro il freno, figura. 4.27.
Tutto ciò comunque, va a ribadire un concet-
158 to messo in evidenza dall’analisi delle prove
condotte sul campo su una massa che cade
in assenza di rinvii e trattenuta dal freno più
efficace (punto "e" pagina 153).
Dalla tabella di figura 4.21, si osserva che un
gruppo di assicuratori, per trattenere un volo di
6 metri e preparati psicologicamente all’evento,
hanno fatto scorrere dentro il freno mediamen-
te 245 cm di corda.
Diverse prove condotte con varie altezze di
caduta confermano che un volo in assenza
di rinvii e con il freno più efficace richiede
uno scorrimento pari a circa 1/3 dell’altezza
di caduta.

Rinvii angolati e aumento delle forze


sul rinvio
La presenza nel tratto di corda di rinvii e lo
sfregamento della corda sulla roccia aumenta-
no l’attrito il quale a sua volta facilita l’azione
frenante del sistema mano-freno.
Se gli ancoraggi intermedi mantengono la
corda abbastanza allineata, non si producono
significativi attriti e il freno lavora in pratica
come se vi fosse un solo rinvio - caso A della
figura 4.28. Diversamente, se sono presenti
Fig. 4.27 Volo importante ed numerosi rinvii angolati, si può giungere alla
effetti dello scorrimento situazione limite nella quale il freno pratica-
(bruciatura mani)
Alpinismo su roccia Catena dinamica di
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

CASO A L2 CASO B

H
159
L1

2H
FC=
L1+L2+H

solo da questo punto


la corda si allunga
ma non scorre

azione frenante: il freno solo con corda


allungamento + non interviene bloccata si può
scorrimento parlare di fattore
di caduta

mente interviene molto poco perché la corda Fig. 4.28 Rinvii sfalsati
tende a bloccarsi a causa degli attriti nei rinvii
intermedi. Di conseguenza, si determinano sul-
Se sono presenti numero-
l’ultimo rinvio e sull’alpinista che cade elevati si rinvii angolati, si può
valori della forza di arresto, che si avvicinano giungere alla situazione
al caso di corda bloccata, come mostra il caso limite (con elevati valori
di forza d'arresto) nella
B della figura 4.28. In questi casi si ritorna quale il freno pratica-
a parlare di fattore di caduta e, per ridurre la mente interviene molto
poco perché la corda
sollecitazione sul rinvio e sull’alpinista, tornano
tende a bloccarsi a causa
ad essere molto importanti le caratteristiche degli attriti nei rinvii
di elasticità della corda, motivo per il quale è intermedi.
più opportuno dotarsi di corde con bassa forza
d’arresto nominale.
Catena dinamica di Alpinismo su roccia
assicurazione e tecni-
che di assicurazione

Nella figura 4.29 sono confrontate tre corde


FORZA DI ARRESTO
SULL'ULTIMO RINVIO (kN) aventi forze di arresto diverse: si nota che quella
dotata del valore più piccolo (720 daN) deter-
mina sull’ultimo rinvio una sollecitazione infe-
10 kN
riore (650 daN) rispetto agli altri modelli.
9 kN
8,4
8 kN
160 7,7
A conclusione di questo capitolo sulla catena di
7 kN
6,5 sicurezza si sottolinea che quanto qui esposto
6 kN
non comprende la illustrazione effettiva ed il
5 kN
confronto di pregi e difetti delle tecniche di
assicurazione dinamica che è possibile adottare
nell’arrampicata (“classica”, “ventrale”, “bilan-
ciata”). Per una loro trattazione dettagliata si
rimanda al cap. 8.
7,2 9 10
CORDE CON FORZE
DI ARRESTO DIVERSE

Fig. 4.29 Confronto fra corde


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

capitolo 5
Tecnica individuale
di Paolo Caruso, ideatore del metodo Caruso, Guida Alpina

INDICE
161
Concetti generali
Concetti base
• Equilibrio
• Movimento del bacino nell'arrampicata
• Movimento degli arti nell'arrampicata
• "Isolare" il bacino
• Caricare i piedi: appoggio e aderenza
• Uso dei piedi
• Previsione
• Anticipo
• Respirazione
• Capacità motoria e continuità di movimento
• Scelta del terreno
• La tecnica di arrampicata come mezzo per migliorare
anche la propria consapevolezza e la percezione
• Punto Focale e alcuni concetti base per l'insegnamento

Esercizi propedeutici
• Esercizio n° 1
• Spostamento del peso da un piede all'altro
• Esercizio n° 2
• Isolare il bacino
• Esercizio n° 3
• Isolare il bacino con distribuzione del peso

Tecniche e progressioni
• Progressione incrociata simultanea
• La sicura a spalla e la sua evoluzione - schema incrociato
• Progressione Fondamentale: le quattro posizioni base
• Progressione Fondamentale con due appoggi
• Progressione Fondamentale con bilanciamento
• Progressione Fondamentale con spaccata
• Progressione Fondamentale con sfalsata
• Progressione Fondamentale in traverso
• Accoppiamento dei piedi
• Sostituzione semplice o di base
• Sostituzione mista
• Camini
• Dülfer di base
• Fessure a incastro
• Passaggio misto
• Progressione a triangolo di base (con bilanciamento) con due passi
• Progressione a triangolo di base (con bilanciamento) con quattro passi

torna al sommario
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Ci è sembrato opportuno inserire in questo manuale, a proposito della tec-


nica individuale di arrampicata, un capitolo di Paolo Caruso. Riteniamo
che il testo, orientato forse più agli istruttori, possa essere molto utile anche
per chi istruttore non è. Lo lasciamo quindi nella sua impostazione origi-
nale, certi della sua fondamentale importanza non solo per insegnare, ma
anche per apprendere, i principi basilari dell’arrampicata.
162

CONCETTI GENERALI
Sono trascorsi diversi anni dalla pubblicazione della prima edizione de
“L’arte di arrampicare” (Ed. Mediterranee, 1993) nella quale sono stati
esposti i primi risultati della ricerca sulla tecnica del movimento nell’arram-
picata elaborata in base al metodo di Paolo Caruso. In un primo momento
le nuove tesi hanno suscitato una certa perplessità, dato che era diffusa l’idea
preconcetta che si sarebbe potuto imparare a scalare grazie a una non meglio
precisata facoltà “istintiva”. Di conseguenza, si riteneva che una vera e pro-
pria tecnica non dovesse essere studiata, insegnata e appresa con un metodo
e tramite un programma didattico. Si trattava in realtà di una convinzione
senza fondamento, derivante da una scarsa conoscenza dei principi generali
che regolano il movimento, specialmente quello inerente la dimensione ver-
ticale. C’era per la verità anche un’altra teoria in base alla quale si aggirava
l’intera questione propriamente tecnica in favore di un esasperato sviluppo
delle capacità condizionali e, in particolar modo, di uno specifico poten-
ziamento tendineo-muscolare degli arti superiori perseguito fin dai primi
passi. In molti casi ne sono nati degli arrampicatori certamente strutturati
nella parte muscolare specifica, ma con lacune vistose sul fronte della tecnica
del movimento. La gran parte degli istruttori considera oramai un simile
approccio decisamente limitante e in via generale poco corretto. Sarebbe
come se nella pratica dello sci, ad esempio, un maestro si improvvisasse pre-
paratore atletico e allenasse i suoi allievi con esercizi di potenziamento delle
gambe piuttosto che svolgere il proprio ruolo insegnando le varie tecniche di
discesa. Nel caso specifico dell’arrampicata, oltretutto, non è certo difficile
rendersi conto che si è di fronte a una disciplina molto complessa, in cui
l’aspetto tecnico e motorio non può che risultare prioritario. Negli ultimi
anni un entusiasmo crescente ha accolto gli studi sul movimento in verticale
su roccia e su ghiaccio: è anche grazie a ciò che ulteriori sviluppi hanno
potuto portare a un metodo sempre più completo. Gli istruttori del Club
Alpino Italiano, mostrando sensibilità e interesse per la nuova “filosofia” del
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

movimento, hanno condiviso la convinzione della necessità di dare vita a un


nuovo strumento teorico, finalizzato a raccogliere i principi fondamentali e
le meccaniche del movimento nell’arrampicata, che si ponesse come punto di
riferimento didattico, selezionando nello stesso tempo i movimenti migliori
da sviluppare così come gli errori da eliminare.
Vengono dunque esposti in questo capitolo tutti gli aspetti più avanzati e
aggiornati del metodo, con l’intento di portare un contributo al migliora- 163
mento tecnico, didattico e, più in generale, culturale. In ragione di ciò, le
tecniche qui esposte costituiscono, nel loro insieme, un metodo organico nato
dalla sopra indicata esigenza di individuare e studiare, nel caso dell’arram-
picata, quei principi generali dell’atto atletico che sono universali, vale a
dire oggettivamente validi per ogni praticante. E’ stato necessario, pertanto,
andare oltre una visione personale e soggettiva delle cose, liberandosi delle
idee preconcette e di quegli automatismi involontari che determinano il
movimento casuale che viene generalmente definito “istintivo”.
Sono più che evidenti i limiti che il linguaggio scritto ha nell’esposizione di
una materia riguardante lo sport, il quale necessita per lo più di applicazioni
pratiche. Proprio in considerazione di ciò, si ritiene importante sottolineare
che coloro i quali si pongono come istruttori dovrebbero avere ben chiari
i tre aspetti fondamentali su cui si basa l’insegnamento di questo metodo:
conoscenza teorica della materia, capacità di saper eseguire le tecniche qui
illustrate e saper apportare le giuste correzioni al lavoro degli allievi. Se la
teoria non viene messa in pratica con coerenza, si rischia di generare qualcosa
di completamente difforme, che potrebbe essere perfino in antitesi con ciò che
ci si propone nel presente lavoro.
In questo capitolo le tecniche sviluppate sono esposte in modo sintetico al fine
di facilitarne la comprensione. Uno dei primi obiettivi specifici consiste nel
rendere effettivamente formativo il ruolo dell’insegnante. Ci si propone, in
pratica, di lavorare in modo mirato nella direzione dello sviluppo della capa-
cità motoria prevenendo sin dagli inizi l’insorgere di quegli errori e difetti di
cui si è detto, insegnando a ricercare l’equilibrio ottimale del corpo, riducen-
do lo sforzo e favorendo di conseguenza una maggiore sicurezza nell’arrampi-
catore. In questo quadro, il risultato pratico (la prestazione) che ciascuno può
proporsi di raggiungere non costituisce più la motivazione predominante, ma
diventa una logica conseguenza delle capacità e delle conoscenze acquisite.
Tanto premesso, ciò su cui sembra importante porre l’attenzione è il fatto che,
migliorando la qualità del movimento, gli stessi orizzonti motori si amplia-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

no, dando risalto a tutti i molteplici aspetti che vi sono compresi e che spesso
vengono invece ignorati o sminuiti. L’arrampicata può diventare una disci-
plina molto bella e utile, estremamente formativa, non solo per il fisico. Può
divenire uno strumento per ampliare la consapevolezza e la conoscenza di noi
stessi, anche sotto il profilo di quei valori che rendono completa l’esperienza
esistenziale. Al di là di vuote retoriche, è sempre più importante capire quale
164 sia il modo migliore per interagire con ciò che ci circonda, salvaguardando
l’ambiente naturale e attribuendo il giusto rispetto a chi è venuto prima di
noi, alle vie che ha tracciato e, allo stesso modo, a chi verrà dopo. Ciò vale
anche per le grandi lezioni di sobrietà e, perché no, di modestia che è possibile
trarre dalla scalata, quando ci si accosta ad essa con un giusto approccio.
Se invece tutti questi aspetti sono trascurati, se la pratica della scalata viene
costretta e rinchiusa in un numero, o in un grado di difficoltà, si rischia
di perdere di vista l’aspetto sostanziale del problema, vale a dire i valori
formativi e cognitivi, a vantaggio di una superficiale esteriorità che nel caso
specifico si esprime esasperando la ricerca della prestazione come fine a se
stessa. Si finisce così per sacrificare la qualità dell’esperienza nel suo insieme e
quindi nei suoi più autentici significati. In simili casi diviene predominante
un sentimento che esaspera in modo eccessivo l’affermazione dell’ego, sup-
portato quasi sempre da un elemento di arroganza e di aggressività, mentre
l’aspetto competitivo diventa esorbitante, con tutte le conseguenze negative
che ne derivano.
Per raggiungere il massimo livello nell’apprendimento motorio e di conse-
guenza un armonico sviluppo psicofisico (nonché, in senso lato, anche una
più vasta conoscenza), è necessario armonizzare le capacità tecniche e coor-
dinative, dette anche capacità “interne” (coordinazione, equilibrio, tattica,
sensibilità, ecc.) con quelle condizionali o “esterne” (resistenza, forza, sciol-
tezza ecc.), evitando di sacrificare le prime in favore di una esaltazione uni-
voca delle seconde. Non esiste al mondo uno scalatore che non vorrebbe essere
più forte, ma il vero obiettivo da raggiungere non consiste tanto nell’acquisire
sempre maggior forza, quanto nell’imparare a usare nel modo più appropria-
to le risorse che abbiamo a nostra disposizione, a seconda delle circostanze,
delle doti naturali con cui siamo nati, dell’allenamento, dell’età, ecc.
Gli insegnanti dovrebbero avere coscienza del fatto che trasmettere una disci-
plina, i cui modelli culturali sono basati essenzialmente sul record e sulla pre-
stazione, risulta sicuramente pericoloso e limita necessariamente gli orizzonti
degli allievi, oltre a rendere più difficile il conseguimento del risultato.
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

CONCETTI BASE
Equilibrio
Come in seguito andremo ad esporre in modo
dettagliato, possiamo individuare due capacità
differenti e complementari che permettono di
165
conseguire l’equilibrio ottimale nella dimensio-
Si consegue l'equilibrio
ne verticale: ottimale spostando il
A) capacità di ricercare l’equilibrio attraverso lo peso del corpo, in par-
spostamento del peso del corpo, in particolar ticolar modo il baricen-
tro. In questo primo caso
modo del baricentro (nel corpo umano il bari- l’equilibrio è determina-
centro viene rappresentato da un punto situato to dallo spostamento del
all’interno del bacino e per semplificazione si bacino in relazione agli
arti.
indicherà genericamente il bacino come bari-
centro del corpo). In questo caso l’equilibrio
è determinato dallo spostamento del bacino in
relazione agli arti. Esempio: spostamento del
peso da un piede all’altro.
B) capacità di spostare gli arti in modo da favo-
Si consegue l'equilibrio
rire l’equilibrio del corpo grazie a una maggiore
ottimale spostando gli
stabilità del baricentro (bacino). In questo arti in modo da favorire
secondo caso l’equilibrio è determinato dallo una maggiore stabilità
del baricentro (bacino).
spostamento degli arti in relazione al bacino. In questo secondo caso
Citiamo qui due esempi pratici che sono stati l’equilibrio è determi-
illustrati successivamente nella parte riguardan- nato dallo spostamento
degli arti in relazione al
te le tecniche di arrampicata: la progressione bacino.
incrociata (piuttosto che in ambio, su terreno
molto appoggiato) oppure il passo al centro
nella progressione fondamentale.
Per facilitarne l’apprendimento, inizialmente è
preferibile studiare separatamente i due aspetti
(A e B), tuttavia deve essere evidente fin d’ora
che, con il miglioramento della capacità moto-
ria, entrambi si andranno a integrare armoniz-
zandosi, in modo da favorire un’esecuzione del
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

movimento precisa, sicura, efficace, armoniosa


e priva di sforzi superflui.

Movimento del bacino


nell'arrampicata
Nell’arrampicata si possono individuare tre
166
principali movimenti del bacino:
1) destra/sinistra (spostamento del peso del
corpo da un piede all’altro o da una mano
all’altra);
E’ opportuno ricordare,
2) avanti/dietro o dentro/fuori, in relazione
inoltre, l’importanza di alla parete (posizione statica/dinamica oppure
saper eseguire la retro- in appoggio o in aderenza);
versione del bacino che
consiste in una parzia-
3) rotazione (esempi: posizione in bilancia-
le rotazione sull’asse mento, posizione laterale).
orizzontale dello stesso; E’ opportuno ricordare, inoltre, l’importanza
azione che permette di
caricare il peso del corpo di saper eseguire la retroversione del bacino
sugli arti inferiori in che consiste in una parziale rotazione sull’asse
modo ottimale. orizzontale dello stesso; azione che permette
di ridurre la lordosi lombare (curvatura della
parte inferiore della colonna vertebrale) e di
caricare il peso del corpo sugli arti inferiori in
modo ottimale. L’altro movimento basso/alto
(o viceversa) del bacino non necessita di una
specifica disamina visto che in ultima analisi
si concretizza nel semplice atto del salire (o
viceversa dello scendere).

Movimento degli arti


nell’arrampicata
Anche gli schemi di movimento degli arti si
possono dividere in tre differenti gruppi. Per
facilitarne la comprensione si consiglia di con-
siderare dapprima lo spostamento simultaneo
di due arti a coppia. Tuttavia, anche quando
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

lo spostamento non è simultaneo (cioè quan-


do avviene in due tempi, muovendone uno
alla volta), non di meno si rientra in uno dei
seguenti schemi di movimento:
1) incrociato (movimento della gamba destra e
del braccio sinistro oppure della gamba sinistra
e del braccio destro); 167

2) omologo (movimento delle due braccia


oppure delle due gambe);
3) omolaterale o ambio (movimento della
gamba destra e del braccio destro oppure della Quando camminiamo,
gamba sinistra e del braccio sinistro). il bacino, il torace e la
testa sono, generalmente,
allineati lungo lo stesso
"Isolare" il bacino asse verticale e si spo-
Quando camminiamo, il bacino, il torace e stano simultaneamente.
In arrampicata, invece,
la testa sono, generalmente, allineati lungo diventa necessario impa-
lo stesso asse verticale e si spostano simulta- rare a separare il movi-
neamente. In arrampicata, invece, dato che si mento del bacino da
quello degli arti.
utilizzano anche gli arti superiori per progre-
dire, diventa necessario imparare a separare il
movimento del bacino da quello degli arti, così
come da quello del busto e della testa, in modo
da distribuire più equamente il peso sugli arti
sollecitati. Di qui l’importanza di aumentare
la flessibilità del tronco in tutte le direzio-
ni, ma soprattutto lateralmente, movimento
quest’ultimo che nella vita ordinaria è meno
frequente.

Caricare i piedi: appoggio e aderenza


Con il termine “caricare” un piede o un appog-
gio s’intende l’atto di esercitare una spinta con
la relativa gamba, in modo tale da arrivare a
sollevare il corpo soltanto dopo aver trovato,
con particolare precisione, l’equilibrio sull’ap-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

poggio. D’altra parte, nei casi in cui non si pre-


senta la necessità di sollevare il corpo, caricare il
peso su di un appoggio equivale a trasferire il
Per appoggio si intende proprio peso sul piede (e quindi sull’appoggio)
una superficie netta e in ricercando l’equilibrio ottimale. Da notare che
linea di massima oriz-
quanto appena esposto è ugualmente valido se
zontale, anche molto pic-
168
cola, in grado di soste- si lavora in aderenza.
nere il peso del corpo a Per appoggio si intende una superficie netta e
seguito di una pressione
esercitata con un piede
in linea di massima orizzontale, anche molto
lungo l’asse verticale del- piccola, in grado di sostenere il peso del corpo a
l’appoggio stesso. seguito di una pressione esercitata con un piede
lungo l’asse verticale dell’appoggio stesso.
Nel caso dell’aderenza, invece, il piede pog-
gia su una superficie liscia più o meno incli-
nata (un’ondulazione o un tratto uniforme di
parete). A differenza di quanto avviene per
gli appoggi, che devono essere sollecitati sulla
verticale, nel caso dell’aderenza si ottiene una
maggiore tenuta dei piedi allontanando il ba-
cino dalla parete, in modo tale da aumentare
la forza di attrito tra la suola della scarpetta e la
Lavorando in aderenza,
roccia. Infatti, la capacità di tenuta del piede è
nel caso in cui si possie- garantita dalla pressione che determina la forza
dono buoni appigli per di attrito, ovvero dalla componente di spinta
le mani, risulta facile
portare il bacino in fuo-
perpendicolare alla superficie di contatto.
ri (allontanandolo dalla Lavorando in aderenza, nel caso in cui si pos-
parete) per aumentare siedono buoni appigli per le mani, risulta facile
l’aderenza sui piedi.
portare il bacino in fuori (allontanandolo dalla
parete) per aumentare l’aderenza sui piedi. Le
difficoltà, invece, nascono quando gli appigli
sono piccoli: dovremo perciò sviluppare una
particolare capacità atta a individuare il punto
limite di tenuta delle scarpette, in modo tale
da consentire il lavoro in aderenza. Eviteremo
così, da un lato, che gli appigli sfuggano dalle
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

mani, e dall’altro che si possa determinare una


perdita di aderenza sui piedi.

Uso dei piedi


Imparare a utilizzare i piedi in modo ottimale
Il corretto uso dei piedi
è probabilmente il traguardo più importante permette di diminuire lo 169
da raggiungere nell’apprendimento della tec- sforzo delle braccia e fa-
nica in arrampicata. Il corretto uso dei piedi vorisce l’azione di spinta
delle gambe, arti che gra-
permette di diminuire lo sforzo delle braccia e zie alla loro costituzione
favorisce l’azione di spinta delle gambe, arti che e alla maggior mole sono
grazie alla loro costituzione e alla maggior mole più idonei allo scopo.
sono più idonei allo scopo. Inoltre, bisogna
considerare che un corretto uso dei piedi influi-
sce sul mantenimento dell’equilibrio e questo è
determinante anche ai fini dell’incolumità fisi-
ca dell’arrampicatore.
Innanzitutto è importante evitare di “tastare”
la roccia poggiando i piedi ripetutamente sul-
lo stesso punto, come per verificarne la tenuta.
Ciò genera insicurezza e impedisce la continuità Se i piedi non vengono
di movimento. Se i piedi non vengono ben po- ben posizionati sulla
sizionati sulla roccia è praticamente impossibile roccia è praticamente im-
possibile caricarvi il peso
caricarvi il peso del corpo adeguatamente, con del corpo adeguatamente,
la conseguenza che bisognerà ricorrere a uno con la conseguenza che
sforzo maggiore degli arti superiori. Tanto per bisognerà ricorrere a uno
sforzo maggiore degli arti
fare un esempio, ciò equivarrebbe a poggiare un superiori.
peso su di un appoggio insicuro o poco stabile.
La presente metodologia, dunque, si pone tra gli
obiettivi primari quello di favorire il raggiungi-
mento dell’equilibrio e di conseguenza, a que-
sto stesso fine, il perfezionamento dell’azione
di spinta delle gambe, azione che è in grado di
dare luogo a un movimento più sicuro, efficace
e meno faticoso. Per fini pratici è opportuno,
quindi, fornire alcuni consigli specifici sull’uso
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

dei piedi; essi sono indispensabili, oltretutto,


per acquisire un assetto corretto fin dai primi
passi. Con il progredire dell’apprendimento si
impara a utilizzare i piedi in tutti i modi possi-
bili (dall’appoggio del lato esterno all’aggancio
Con il progredire dell’ap- del tallone e della punta): è innanzitutto fonda-
prendimento si impara a
170
utilizzare i piedi in tutti mentale, però, impostare correttamente le più
i modi possibili (dall’ap- semplici ma efficaci posizioni di base, cosa che
poggio del lato esterno
è tutt’altro che scontata.
all’aggancio del tallone
e della punta): è innan- Al contrario di quanto viene spesso ritenuto,
zitutto fondamentale, non è conveniente poggiare la punta della scar-
però, impostare corretta-
mente le più semplici ma
petta alzando il tallone, soprattutto nella fase
efficaci posizioni di base, iniziale dell’apprendimento. La posizione in
cosa che è tutt’altro che punta dei piedi, infatti, favorisce il “tremore”
scontata.
dei polpacci, tende a far flettere le gambe e
conseguentemente a far spostare il bacino in
fuori, allontanandolo dalla parete con la conse-
guente tendenza all’iperlordosi lombare. In so-
stanza, questa posizione ostacola il caricamento
ottimale del peso del corpo sugli appoggi (ciò
può essere facilmente verificato, sul piano teo-
rico, ricorrendo alla scomposizione delle forze),
nonché la retroversione del bacino. Una volta
assunta questa postura scorretta, per compen-
sare la mancanza di equilibrio si tende ad av-
vicinare il petto e la testa alla parete in quella
tipica posizione che è la meno favorevole in ar-
rampicata. Per ovviare a ciò, i primi concetti da
acquisire sono i seguenti:
A) se l’appoggio è grande, poggiamo il piede
perpendicolarmente alla parete coinvolgendo
tutto l’avampiede e in particolar modo la linea
costituita dalle articolazioni che uniscono il me-
tatarso alle falangi, che chiamerò per semplicità
Fig. 5.01 Appoggio grande linea di flessione (cioè la zona compresa tra la
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

fine dell’arco plantare e le dita dei piedi).


(Vedi Fig 5.01)
Bisogna inoltre tener presente che risulta scon-
veniente:
- poggiare una parte maggiore del piede fino a
coinvolgere l’arco plantare in quanto si sposte-
rebbe in avanti la base d’appoggio che è eviden- 171

temente legata al piede e alla sua posizione. In


Fig. 5.02 Appoggio grande-errore
questo caso, pertanto, il baricentro verrebbe ad
essere meno sostenuto dalla base d’appoggio.
Tutto ciò, oltretutto, penalizza la sensibilità sul
piede. (Vedi Fig 5.02)
- poggiare soltanto la punta delle dita del pie-
de senza coinvolgere la linea di flessione dato
che, in tal caso, saremmo costretti a sollevare il
tallone per compensare la flessione del pie-
de (con le conseguenze già descritte), cosa che
Fig. 5.03 Appoggio grande-errore
tenderebbe comunque e inevitabilmente a far
sfuggire le dita dall’appoggio. (Vedi Fig 5.03)
B) nel caso in cui l’appoggio da utilizzare sia
piccolo o poco profondo, si appoggia il piede
con il lato interno coinvolgendo l’alluce e in
particolar modo l’articolazione compresa tra
falange e metatarso. (Vedi Fig 5.04)
Anche in questo caso, infatti, se poggiassimo
soltanto la punta dell’alluce dovremo sollevare
il tallone per compensare la flessione del piede.
C) con appoggi ancora più piccoli si utilizza
sempre il lato interno della scarpetta ponendo Fig. 5.04 Appoggio taglio interno

sull’appoggio l’articolazione che collega le due


falangi dell’alluce. (Vedi Fig 5.05)
E’ anche possibile poggiare la parte esterna del-
la scarpetta in corrispondenza del dito migno-
lo, ma nelle fasi iniziali se ne sconsiglia l’inse-
gnamento sia perché il mignolo è meno forte
Fig. 5.05 Appoggio falange
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

dell’alluce sia perché è consigliabile utilizzare


l’esterno del piede solo quando è effettivamente
necessario (vale a dire sopratutto nelle tecniche
più avanzate), in modo da evitare complicazio-
ni inutili se non negative per l’apprendimento.
D) nel caso dell’aderenza poggeremo il piede
172 perpendicolarmente alla parete cercando sem-
pre di coinvolgere la linea di flessione in modo
da abbassare il tallone. (Vedi Fig 5.06)
Tenere alto il tallone in aderenza risulta ancora
più sconveniente perché, come abbiamo visto,
la forza d’attrito dipende essenzialmente dalla
componente di spinta perpendicolare alla su-
perficie di contatto: alzando il tallone spostia-
Fig. 5.06 Aderenza
mo in avanti la direzione di spinta che cesserà
di essere ortogonale alla parete, comprometten-
do così l’aderenza stessa. (Vedi Fig 5.07)
Al contrario, se coinvolgiamo la linea di flessio-
ne e abbassiamo il tallone favoriremo l’uscita in
fuori del bacino rispetto alla parete, miglioran-
do così l’aderenza per i motivi sopra esposti.
Imparare a poggiare i piedi come qui descritto
è già un buon punto di arrivo ed è sufficiente,
ad esempio, per poter eseguire correttamente la
progressione fondamentale e quella a triangolo
(come vedremo in seguito).
In altri casi è necessario utilizzare i piedi di
punta: ad esempio, nei buchi e nei passi inter-
medi su piccoli appoggi, così come in aderenza
Fig. 5.07 Aderenza-errore
su terreni molto verticali o strapiombanti, so-
prattutto quando si utilizzano appigli molto
piccoli o sfuggenti, ovviamente non potremo
coinvolgere la linea di flessione.
E’ importante comprendere, allora, che la ne-
cessità di sollevare il tallone è inversamente
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

proporzionale alla forza che siamo in grado di


sviluppare con le dita dei piedi e soprattutto con
l’alluce. In altri termini, a una maggiore forza
dell’alluce corrisponde una minore necessità di
sollevare il tallone. (Vedi Fig 5.08 e 5.09)
Quando si inizia ad arrampicare, in genere, si
ha poca forza nelle dita dei piedi ed è importan- 173

te quindi svilupparla adeguatamente per evitare


di automatizzare un assetto che vede i talloni
alti, difetto che sarà poi ben difficile da correg-
gere. A parte alcuni esercizi specifici di poten-
ziamento, è possibile rinforzare le dita dei piedi
anche praticando l’arrampicata stessa. Questo,
purchè si utilizzino delle scarpette non eccessi- Fig. 5.08 Punta

vamente strette con una forma che ci permetta


di mantenere le dita dei piedi distese o quasi. Se
la scarpetta ci costringe a tenere le dita piegate
con le nocche verso l’alto, ci verremo a trovare
nell’impossibilità di fare qualsiasi tipo di movi-
mento con le dita stesse e di conseguenza non
potremo allenarle in modo adeguato. Per fare
un esempio, sarebbe come voler sviluppare i
muscoli degli arti superiori utilizzando le brac-
cia sempre piegate in bloccaggio. E’ noto, infat-
ti, che il movimento completo dei capi artico-
lari è molto importante per aumentare la forza
di qualsiasi muscolo e tendine. Logicamente,
ai fini della prestazione, le scarpette piccole ci
offrono dei vantaggi (la totale coesione piede-
Fig. 5.09 Punta-errore
scarpetta fornisce un maggior sostegno), ma
se normalmente utilizziamo una misura giusta
daremo alle dita dei piedi la possibilità di rin-
forzarsi, cosa che, di fatto, migliorerà le nostre
potenzialità a prescindere dalla scarpetta.
Siccome non è mai stata analizzata approfon-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

ditamente la problematica inerente alla linea


di flessione dei piedi in relazione alla scalata,
in genere le scarpette che vengono prodotte si
Per garantire maggior so-
stegno all'insieme piede- flettono prevalentemente ed eccessivamente
scarpetta non è necessa- proprio in corrispondenza del punto debole del
rio calzare misure piccole piede, vale a dire lungo la linea di flessione. E’
che costringano il piede a
174 rimanere con le dita pie- generalmente diffusa l’idea che sia necessario
gate e con le nocche verso calzare misure piccole che costringano il piede
l’alto, in una posizione
a rimanere con le dita piegate e con le nocche
poco naturale.
verso l’alto, in una posizione poco naturale, in
modo da garantire maggior sostegno all’insieme
piede-scarpetta. In pratica, si cerca di non com-
promettere la sensibilità sul piede utilizzando
scarpette eccessivamente flessibili che non ga-
rantiscono il sostegno adeguato lungo la linea di
flessione e che, per questo motivo, devono essere
calzate molto strette nel tentativo di ottenere un
maggior sostegno. Si potrebbe più intelligente-
mente risolvere il problema comprendendo che
il piede lavora meglio in una posizione naturale,
quando non si costringono le dita a rimanere
piegate con le nocche verso l’alto, soprattutto
nel momento in cui, grazie a una scarpetta adat-
Il piede lavora meglio in
una posizione naturale, ta, si riuscisse a predisporre (nella scarpetta) un
soprattutto nel momento sostegno adeguato per l’intera zona interessata
in cui, grazie a una scar-
alla linea di flessione. Il problema rimane quin-
petta adatta, si riuscisse a
predisporre (nella scar- di aperto, tuttavia bisogna rendersi conto che
petta) un sostegno ade- utilizzare misure eccessivamente piccole non
guato per l’intera zona
interessata alla linea di
risolve il problema alla radice: come si è detto,
flessione. sicuramente in questo modo l’avampiede diven-
ta più rigido ma la linea di flessione rimarrà un
punto debole in cui, sotto la spinta del peso del
corpo, si produrrà una dispersione della forza-
peso. Per concludere, il consiglio che si può dare
consiste nello scegliere, per quanto possibile, dei
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

modelli di scarpette d’arrampicata che sosten-


gano maggiormente i piedi lungo la linea di
flessione e non quelli che si flettono eccessiva-
Nel caso di vie e passaggi
mente proprio lungo la suddetta linea. Per mag- su terreno strapiomban-
giore completezza, bisogna tener presente che, te, il peso del corpo grava
nel caso di vie e passaggi su terreno strapiom- maggiormente sugli arti
superiori e i piedi, evi-
bante, il peso del corpo grava maggiormente dentemente, sostengono
175

sugli arti superiori e i piedi, evidentemente, so- una parte minore del peso
stengono una parte minore del peso del corpo: del corpo: solo in tali casi,
pertanto, è opportuno
solo in tali casi, pertanto, è opportuno utilizza- utilizzare scarpette in via
re scarpette in via di principio più flessibili, ma di principio più flessibili,
ma dotate comunque di
dotate comunque di un certo sostegno lungo la
un certo sostegno lungo
linea di flessione. la linea di flessione.
Come ultima considerazione, ricordiamo che
le scarpette eccessivamente strette possono ge-
nerare dei danni e delle deformazioni ai piedi,
motivo ulteriore per utilizzare una misura ap-
propriata e rinforzare le dita in modo naturale.

Previsione
La capacità di “prevedere”, nel senso di scegliere
in anticipo gli appigli e gli appoggi da utilizzare
visualizzando il movimento da eseguire, è una Prima che l’aspetto tecni-
tecnica vera e propria. Essa può essere messa in co dell’arrampicata fosse
pratica grazie a un’attitudine che risulta essere studiato in modo scienti-
fico, al pari di ciò che av-
di fondamentale importanza e che, proprio per viene nelle altre discipline
questo, dovrebbe essere sviluppata fin dai primi sportive, generalmente si
riteneva che il principian-
passi. Come si è detto nella parte iniziale, pri-
te dovesse salire in modo
ma che l’aspetto tecnico dell’arrampicata fosse istintivo.
studiato in modo scientifico, al pari di ciò che
avviene nelle altre discipline sportive, general-
mente si riteneva che il principiante dovesse sa-
lire in modo istintivo, quasi inconsapevole e che
un eventuale lavoro sulla tecnica, laddove se ne
ammettesse l’esistenza, avrebbe dovuto semmai
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

riguardare esclusivamente le difficoltà più eleva-


te. Questo modo di pensare si è rivelato decisa-
mente scorretto e fuorviante.
In realtà, la previsione, così come tutto l’aspetto
tecnico in senso lato, diventa essenziale soprat-
tutto quando un arrampicatore affronta diffi-
176 coltà elevate rispetto al proprio livello. Da
Il principiante, in modo notare, però, che in questo caso non si tratta di
particolare, può benefi- difficoltà assolute, bensì relative. Ne consegue
ciare della metodologia
riguardante la “previsio-
che, a maggior ragione, sarà proprio il princi-
ne”; infatti, questa con- piante a poter beneficiare dei principi basilari
tribuisce a determinare della tecnica dell’arrampicata e, quindi, della
un atto motorio piena-
mente consapevole, ba- metodologia riguardante la “previsione”. Que-
sato su una scelta volon- sta contribuisce a determinare un atto motorio
taria e non casuale degli pienamente consapevole, basato su una scelta
appigli e degli appoggi
da utilizzare, e quindi volontaria e non casuale degli appigli e degli ap-
un’esecuzione precisa del poggi da utilizzare, e quindi un’esecuzione pre-
movimento che si vuole cisa del movimento che si vuole compiere. In
compiere.
pratica, la corretta applicazione delle differenti
tecniche esposte nel presente manuale risulta
strettamente correlata alla capacità di prevedere
i punti ottimali (per posizione o per dimensio-
ne) sui quali poggiare le mani e i piedi.
Come vedremo successivamente, tali tecniche
alternano una posizione statica (o posizione
base) a una fase dinamica; quest’ultima costitui-
Per cominciare a lavo-
rare sulla previsione si sce evidentemente il momento più complesso
consiglia di individuare della progressione e, pertanto, dovrebbe essere
dalla posizione statica
eseguita con particolare precisione al fine di fa-
(sicuramente favorevole
per l’osservazione) gli cilitare il movimento nel suo insieme. Per co-
appoggi finali sui quali si minciare a lavorare sulla previsione si consiglia
intende portare a termi-
ne la fase dinamica della
di individuare dalla posizione statica (sicura-
progressione. mente favorevole per l’osservazione) gli appog-
gi finali sui quali si intende portare a termine la
fase dinamica della progressione; tanto più che
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

la scelta di questi appoggi è fondamentale per


il conseguimento della successiva posizione di
maggior equilibrio.
Con il miglioramento della capacità tecnica, in
un secondo tempo si potrà dare importanza an-
che agli appoggi intermedi. In questo modo si
riuscirà gradualmente ad ampliare la capacità di 177

previsione estendendola, quando necessario, a Con il miglioramento


una sequenza di movimenti sempre più ampia. della capacità tecnica si
potrà dare importanza
Sarà quindi possibile individuare gli appoggi anche agli appoggi inter-
migliori in base agli appigli utilizzati, ma anche medi. In questo modo si
il contrario, scegliendo gli appigli in relazione riuscirà gradualmente ad
ampliare la capacità di
alla posizione degli appoggi che si vogliono uti- previsione estendendola,
lizzare. quando necessario, a una
In definitiva, se si riesce a impostare corretta- sequenza di movimenti
sempre più ampia.
mente l’aspetto tecnico fin dall’inizio, risulterà
molto più facile sviluppare al meglio le poten-
zialità dell’allievo eliminando lacune e difetti.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Anticipo
Come la precedente, anche la capacità di “an-
ticipare” un movimento è un’attitudine poco
evidente ma che risulta invece di grande im-
portanza. L’anticipo facilita e spesso rende pos-
sibile l’esecuzione del movimento che abbiamo
178 “previsto”, soprattutto quando l’esecuzione del
L’"anticipo" facilita e movimento stesso si presenta complessa. In al-
spesso rende possibile tri termini, anziché arrivare al passaggio difficile
l’esecuzione del mo-
vimento che abbiamo con un assetto più o meno casuale, possiamo in
“previsto”, soprattutto precedenza disporre il corpo, o parti di esso, in
quando l’esecuzione del un modo ben preciso, così da anticipare e age-
movimento stesso si pre-
senta complessa. volare proprio la successiva esecuzione di quello
stesso passaggio che costituisce in sé il momen-
to più complesso della sequenza. In pratica, i
due concetti di previsione e di anticipo sono
strettamente collegati. Non bisogna pensare,
però, ad applicazioni complesse degli stessi, so-
prattutto nelle fasi iniziali. E’ importante invece
imparare a metterli in pratica in modo semplice
e naturale fin dai primi passi, al fine di favorire
l’apprendimento e lo sviluppo dell’intelligenza
Anziché arrivare al pas-
motoria.
saggio difficile con un as-
setto più o meno casuale, Esempio n° 1: se prevediamo di raggiungere
possiamo in precedenza una posizione in spaccata a destra, prima di ef-
disporre il corpo, o parti
di esso, in un modo ben
fettuare la spaccata dovremo poggiare il piede
preciso, così da anticipa- sinistro con il tallone verso destra, in modo da
re e agevolare proprio la raggiungere la posizione prevista in modo otti-
successiva esecuzione di
quello stesso passaggio
male.
che costituisce in sé il Esempio n° 2: per superare un passaggio verso
momento più complesso sinistra, anticiperemo la posizione delle mani
della sequenza.
scegliendo degli appigli sulla sinistra. Logica-
mente, se necessario, prima di spostare le mani
anticiperemo i piedi spostandoli sulla sinistra.
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Respirazione
Nelle discipline sportive la respirazione è un
momento fondamentale che favorisce la funzio-
nalità dell’organismo e ciò tenendo conto che
sono molteplici gli elementi che rientrano in
questa funzione, a prescindere dall’aspetto me-
ramente fisiologico. 179

Dato che, al pari di tutte le altre componenti Al pari di tutte le altre


concernenti il movimento, anche la respirazione componenti concernenti
il movimento, anche la
può essere allenata, è necessario dare la giusta respirazione può essere
importanza a questo aspetto sin dalla prima fase allenata; è necessario dare
la giusta importanza a
didattica perché, altrimenti, risulterà molto dif-
questo aspetto sin dalla
ficile riuscire a respirare correttamente durante prima fase didattica.
le diverse fasi del movimento e dello sforzo.
Per una corretta pratica si ritiene indispensabile
la conoscenza teorica dei principi di base che
vengono qui descritti.
Come è noto, la respirazione diaframmatica
deve il suo nome al fatto che, coinvolgendo la
parte bassa dei polmoni, determina il movimento
del diaframma, la membrana muscolo-tendinea
che separa i polmoni dalla cavità addominale.
La respirazione diafram-
La respirazione diaframmatica consente una matica consente una
respirazione profonda e completa, favorisce il respirazione profonda
rilassamento ed esercita un effetto benefico sulla e completa, favorisce il
rilassamento ed esercita
paura e sull’ansia, facilita la mobilità del bari- un effetto benefico sulla
centro e l’applicazione della forza coinvolgen- paura e sull’ansia, faci-
do maggiormente i muscoli addominali; tende lita la mobilità del bari-
centro e l’applicazione
inoltre a contrastare il fenomeno dell’apnea che della forza coinvolgendo
si verifica generalmente quando si è sotto sfor- maggiormente i muscoli
zo, dopo aver inspirato. Bisogna tenere presente addominali.

che è preferibile, a tal proposito, dare maggiore


importanza alla fase di espirazione piuttosto che
a quella di inspirazione, in modo da evitare il
rischio di bloccare la funzione respiratoria rima-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

nendo appunto in apnea.


Ai fini dell’arrampicata, è innanzitutto impor-
tante verificare che siamo in grado di eseguire la
respirazione diaframmatica, cosa tutt’altro che
scontata; ci si può quindi allenare allungando
le due fasi del respiro e coordinandole al mo-
180 vimento.
Si espira: I principi generali più importanti da rispettare
-quando si sposta il peso; sono i seguenti. Si espira:
-quando si effettua lo
sforzo; - quando si sposta il peso;
-durante la contrazione - quando si effettua lo sforzo;
muscolare; - durante la contrazione muscolare;
-nei passaggi più difficili,
delicati e precari. - nei passaggi più difficili, delicati e precari.
Nel caso non si riuscisse ad eseguire bene la
respirazione diaframmatica, conviene esercitar-
si da fermi in una posizione rilassata (seduti o
sdraiati), evitando pertanto, in questa fase, di
coordinare il movimento con la respirazione.
La respirazione diaframmatica, in conclusione,
favorisce la corretta esecuzione del movimento
atletico in generale e ostacola l’insorgere del-
l’ansia e della paura.
La respirazione dia-
frammatica favorisce la
corretta esecuzione del
movimento atletico in Capacità motoria e continuità di
generale e ostacola l’in-
sorgere dell’ansia e della movimento
paura. Lo sviluppo della capacità motoria è uno degli
obiettivi basilari del metodo qui esposto dato
che consente di acquisire una maggiore libertà
di movimento, ovvero di utilizzare adeguata-
mente le differenti tecniche. Essa, infatti, for-
nisce più vaste possibilità di scelta in relazione
all’esecuzione del movimento che si presenta
di volta in volta più appropriato alle singole
circostanze. D’altra parte, la molteplicità delle
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

progressioni, viste nel loro insieme, costituisce


la base per l’apprendimento di tutti gli schemi
motori utili all’arrampicata. Infatti, la ripetizio-
ne delle varie tecniche, e conseguentemente la
comprensione e automatizzazione delle stesse,
risulta essere proprio la chiave più efficace per
sviluppare la capacità motoria. 181

Come avviene per altre discipline, in un pri- La ripetizione delle varie


mo momento si consiglia di separare la fase tecniche, e conseguente-
mente la comprensione
dell’allenamento relativa all’apprendimento e automatizzazione delle
delle tecniche (cioè la ripetizione delle progres- stesse, risulta essere pro-
sioni) da quella dell’applicazione delle stesse su prio la chiave più efficace
per sviluppare la capacità
vie particolari e su gradi elevati di difficoltà. In motoria.
questo modo diventa possibile automatizzare le
tecniche e sviluppare la capacità motoria, pre-
requisiti essenziali dell’azione sportiva in senso
lato. La prestazione viene quindi ad essere la
logica conseguenza dell’aumento delle capacità
generali.
Sintetizzando:
A) il primo obiettivo consiste nel migliorare la Si consiglia di separare la
capacità motoria apprendendo le differenti tec- fase dell’allenamento, re-
lativa all’apprendimento
niche, in modo tale da riuscire a muovere il cor- delle tecniche, da quella
po in tutti i possibili modi (vale a dire secondo dell’applicazione delle
gli schemi più corretti e utili all’arrampicata); stesse su vie particolari e
su gradi elevati di diffi-
B) il secondo obiettivo riguarda invece la capa- coltà.
cità di saper scegliere la tecnica migliore a se-
conda delle diverse situazioni che si incontrano
nei differenti terreni d’arrampicata;
C) il terzo obiettivo è prerogativa di un livello
d’apprendimento avanzato e necessita il pre-
ventivo raggiungimento dei primi due. Esso
consiste nella capacità di applicare delle varianti
secondarie alle progressioni, laddove si rendano
necessarie a causa della presenza di passaggi che
presentano caratteristiche particolari.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

La capacità motoria e la capacità di eseguire un


movimento continuo sono strettamente legate.
L’interruzione di un movimento, infatti, neces-
sita di uno sforzo ulteriore nel momento in cui
è necessario riprendere il moto: ogni volta che
è indispensabile vincere la forza d’inerzia, come
182 è noto, si verifica un dispendio di energia. Pos-
L’interruzione di un mo- siamo dire, quindi, che ogni interruzione del
vimento necessita di uno movimento ci obbliga a compiere uno sforzo
sforzo ulteriore nel mo-
mento in cui è necessario supplementare. E’ anche in vista di ciò che le
riprendere il moto: ogni differenti tecniche hanno, tra le altre, la fun-
volta che è indispensabile zione di insegnare l’esecuzione di movimenti
vincere la forza d’inerzia,
come è noto, si verifica continui, vale a dire che devono essere eseguiti
un dispendio di energia. in continuità tra una posizione base e l’altra.
In tal senso, eseguire una progressione equivale
a distinguere, nel movimento, la fase statica da
quella dinamica.
Anche per questo motivo, risulta importante
iniziare il movimento che determina lo sposta-
mento del baricentro soltanto da una posizione
favorevole (innanzitutto da una delle quattro
posizioni base che andremo a studiare), dalla
La continuità è molto quale potremo meglio contribuire con tutti gli
importante ed è il pre-
requisito per la fluidità elementi del corpo allo spostamento del peso.
del movimento, caratte- La continuità è molto importante ed è il prere-
ristica che è considerata, quisito per la fluidità del movimento, caratte-
a ragione, l’elemento che
più di altri indica il livel- ristica che è considerata, a ragione, l’elemento
lo di capacità raggiunto che più di altri indica il livello di capacità rag-
in qualsiasi attività fisica
giunto in qualsiasi attività fisica e sportiva.
e sportiva.
Bisogna considerare, inoltre, che l’apprendi-
mento viene facilitato da un’esecuzione dei
movimenti lenta e a velocità costante. Il mo-
vimento lento, infatti, fornisce maggiori infor-
mazioni propriocettive e permette di acquisire
una più ampia consapevolezza del proprio cor-
po in movimento, facilitando anche le eventua-
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

li correzioni.
Per converso, via via che il livello d’apprendi-
mento cresce, diventerà sempre più facile ese-
guire, là dove occorre, un movimento veloce
con i necessari cambi di ritmo e accelerazioni.

Scelta del terreno 183

L’abilità di scegliere il terreno adatto al livello La prima strategia di


metodo consiste nella
di capacità degli allievi e alle tecniche che si
ripetizione delle diffe-
vogliono insegnare è estremamente importan- renti progressioni su un
te per un istruttore. Un terreno inadatto può terreno “non obbligato”
cioè che consente all’al-
pregiudicare l’apprendimento anche in modo lievo una molteplicità di
determinante. movimenti differenti: un
E’ possibile utilizzare due strategie metodolo- terreno facile in rapporto
al livello del soggetto che
giche nell’insegnamento della tecnica dell’ar- sperimenta la tecnica.
rampicata, ciascuna delle quali necessita di un
terreno appositamente scelto su cui operare.
A) La prima consiste nella ripetizione del-
le differenti progressioni su un terreno “non
obbligato”. Per “non obbligato” si intende un
terreno che consente all’allievo una molteplici-
tà di movimenti differenti: un terreno facile in
rapporto al livello del soggetto che sperimenta
la tecnica. In questo caso l’allievo potrà concen-
trarsi sull’esecuzione della progressione che gli
viene proposta, non dovendo scontrarsi con le
eccessive difficoltà determinate dalla carenza di
prese oppure da un terreno troppo verticale o
strapiombante. Potrà quindi scegliere da solo
gli appigli e gli appoggi necessari per eseguire la
progressione.
In altri termini, in questo caso si indica lo sche-
ma motorio da eseguire ma non le prese da
utilizzare. E’ evidente che applicare corretta-
mente le tecniche su un terreno non obbliga-
to è cosa tutt’altro che facile, perché bisogna
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

imparare a scegliere una serie di appigli e ap-


poggi adatti in modo specifico all’esecuzione di
quello schema motorio che si vuole eseguire.
E’ necessario, pertanto, sviluppare la capacità
di “lettura” della roccia, cosa che pone l’allie-
vo nelle condizioni di diventare autosufficiente
184 proprio grazie all’esercizio di scegliere in modo
La seconda strategia di adeguato gli appigli e gli appoggi da utilizzare e
metodo consiste nello di lavorare in modo specifico sulla previsione
scegliere un terreno (un
passaggio o una sequen-
(vedi il relativo paragrafo). Tale esercizio, che
za) che obblighi l’allievo può dare notevoli risultati a livello formativo, è
a eseguire l’esercizio pre- anche propedeutico per l’arrampicata “a vista”
scelto, utilizzando speci-
fici appigli e appoggi. (vale a dire su una via che non si è mai salita).
Non è un caso che le persone che iniziano ad
arrampicare senza aver ricevuto alcuna imposta-
zione tecnica, seguendo soprattutto le sequenze
prestabilite o numerate (come avviene di mas-
sima nelle strutture indoor), diventano con il
tempo molto forti muscolarmente ma restano
generalmente poco capaci di “leggere e inter-
pretare” la roccia.
B) Il secondo modo di lavorare sulla tecnica
consiste, al contrario del primo, nello scegliere
un terreno (un passaggio o una sequenza) che
obblighi l’allievo a eseguire l’esercizio pre-
scelto, utilizzando specifici appigli e appoggi.
In questo caso, dunque, l’istruttore “traccia”
un passaggio o una sequenza di movimenti in
modo da rendere “obbligato” il terreno (cioè gli
appigli e gli appoggi da utilizzare), così che l’al-
lievo possa eseguire esattamente il movimento
prestabilito. Rispetto al caso precedente, senza
dubbio, è possibile aumentare la difficoltà dei
singoli passaggi perché l’allievo, non dovendo
scegliere gli appigli e gli appoggi da utilizzare,
si può concentrare totalmente sul movimento
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

da eseguire. Ricordiamo a questo proposito che


una regola base per rendere più agevole l’assimi-
lazione di qualunque materia, consiste nel far
imparare una sola cosa alla volta. Insegnare
tenendo conto di questo principio favorisce
l’apprendimento e ne velocizza i tempi.
Lavorare sul terreno obbligato, pertanto, è 185

meno formativo riguardo alla capacità di “leg- Lavorare sul terreno ob-
gere e interpretare” la roccia (in questo caso l’al- bligato è meno formativo
riguardo alla capacità di
lievo è solo un esecutore e non deve scegliere le “leggere e interpretare”
prese da utilizzare), ma permette di aumentare la roccia, ma permette di
la difficoltà dei passaggi e di curare i particola- aumentare la difficoltà
dei passaggi e di curare i
ri. L’istruttore dovrebbe però essere in grado di particolari.
tracciare dei passaggi obbligati che permettano
di applicare la specifica tecnica su cui si vuole
lavorare, evitando così il rischio di far automa-
tizzare all’allievo dei movimenti poco corretti
che contrastano con i principi generali di una
corretta tecnica d’arrampicata. In altri termini,
i passaggi obbligati non dovrebbero essere trac-
ciati casualmente ma piuttosto dovrebbero con-
sentire, nel modo più preciso possibile, l’appli-
cazione della differenti tecniche.

La tecnica di arrampicata come mezzo La tecnica di arrampica-


ta non ha tanto lo scopo
per migliorare anche la propria consa- di insegnare movimen-
pevolezza e la percezione ti specifici ma, è più in
La tecnica di arrampicata, in senso lato, non ha generale uno strumento
particolare che facilita
tanto lo scopo di insegnare dei movimenti fini a l’apprendimento, permet-
se stessi (le differenti tecniche) ma, come abbia- tendo inoltre di sviluppa-
re la capacità motoria del
mo visto, è più in generale uno strumento parti-
praticante.
colare che facilita l’apprendimento, permetten-
do inoltre di sviluppare la capacità motoria del
praticante. In altri termini, il presente metodo
non costituisce il fine, ma è piuttosto un mez-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

zo che ci può consentire di raggiungere come


risultato lo sviluppo delle migliori potenzialità
psico-fisiche. Certamente l’istruttore ha il com-
pito di dirigere l’allievo per portarlo ad eseguire
con precisione le varie tecniche, tuttavia non
bisogna dimenticare il ruolo di grande impor-
186 tanza del principio della maieutica (metodo
L’istruttore ha il compito pedagogico fondato sulla partecipazione attiva
di dirigere l’allievo per del soggetto) perchè è indispensabile per favo-
portarlo ad eseguire con
precisione le varie tecni-
rire una maggiore consapevolezza nell’allievo.
che, tuttavia non bisogna E’ necessario, pertanto, armonizzare l’insegna-
dimenticare il metodo mento della tecnica (da parte dell’istruttore)
pedagogico fondato sulla
partecipazione attiva del
con l’esigenza di stimolare l’allievo a intuire gli
soggetto (maieutica), in- aspetti corretti del movimento grazie alla pro-
dispensabile per favorire pria percezione. Un metodo tecnico-didattico
una sua maggiore consa-
pevolezza. realmente formativo non può prescindere da
questi due aspetti.
Un insegnamento che si ponesse in modo pre-
valentemente dogmatico difficilmente potrebbe
“risvegliare” la percezione e l’intuizione dell’al-
lievo: la materia risulterebbe in tale caso come
un qualcosa di “estraneo”, non facilmente assi-
milabile. D’altra parte, è ormai comprovato che
Insegnare tecniche cor-
rette equivale a favorire cercare di risvegliare simili prerogative avvalen-
percezioni adeguate, faci- dosi di metodi “istintivi” e puramente casua-
litando l’apprendimento.
li, prescindendo dall’insegnamento dei principi
e delle tecniche che regolano il movimento,
porta decisamente poco lontano.
Insegnare tecniche corrette equivale, dunque,
a favorire percezioni adeguate facilitando l’ap-
prendimento. Lasciare invece che l’allievo au-
tomatizzi movimenti e posizioni carenti dal
punto di vista dell’equilibrio, ricorrendo a un
uso eccessivo e superfluo della forza, non può
che favorire percezioni scorrette e, in definitiva,
ostacolare l’apprendimento; a non voler tenere
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

in conto, poi, che anche la sicurezza e la stabilità


della progressione ne risulterebbero inevitabil-
mente compromesse.
In definitiva, l’istruttore ha essenzialmente il
compito di formare l’allievo stimolandolo ad as-
sumere un ruolo attivo nel processo d’appren-
dimento. A tal fine egli ha il dovere di ricercare 187

il metodo ideale d’insegnamento, il quale viene L’istruttore ha il compito


a costituire anche il miglior terreno d’incontro di formare l’allievo stimo-
landolo ad assumere un
tra le funzioni dell’istruttore e le esigenze dell’al- ruolo attivo nel processo
lievo. Volendo ricorrere a una metafora, l’istrut- d’apprendimento. A tal
tore deve indicare la strada migliore ma l’allievo fine egli ha il dovere di
ricercare il metodo ideale
la deve percorrere e sperimentare in prima per- d’insegnamento che viene
sona. E’ certamente possibile “portare” lungo a costituire anche il mi-
qualche itinerario d’arrampicata un allievo sen- glior terreno d’incontro
tra le funzioni dell’istrut-
za avergli fornito in precedenza insegnamenti tore e le esigenze dell’al-
adeguati, ma in questo caso sarà certamente dif- lievo.
ficile renderlo autonomo e consapevole.
Un istruttore che si dedica veramente all’inse-
gnamento non dovrebbe prescindere da questi
due aspetti.

Punto Focale e alcuni concetti base


per l’insegnamento
E’ noto che il ruolo dell’istruttore è di grande
responsabilità perché influisce sulla formazione
degli allievi. In senso lato, si può affermare che
gli istruttori, anche attraverso l’insegnamento
della tecnica, hanno il compito di contribuire
a diffondere quei valori che storicamente sono
stati i motivi fondanti di ogni vera civiltà e dai
quali chi pratica una attività sportiva non do-
vrebbe prescindere, tanto più che l’attuale crisi
di valori sembra riflettersi in modo sempre più
evidente anche nello sport.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Molto spesso l’eccessiva importanza che si attri-


buisce alla prestazione, alla notorietà e al guada-
gno, spinge gli sportivi a usare qualsiasi mezzo
pur di ottenere il risultato. Mentalità degradata
che, a ben vedere, è in fondo anche alla base del-
l’uso sempre più diffuso del doping. In questa
188 ottica, si rischia di perdere di vista non solo il
Il primo obiettivo di un valore formativo dello sport (di cui si è già accen-
bravo istruttore dovrebbe nato), ma anche l’importanza di conciliare sport
essere quello di acquisire
consapevolezza dei valori
e salute, sport e sicurezza, o ancora sport e ri-
presenti alla base di un spetto per gli altri e per l’ambiente naturale: tutti
insegnamento corretto. aspetti che invece dovrebbero essere considerati
come fondamentali. Il primo obiettivo di un
bravo istruttore dovrebbe quindi essere quello di
acquisire consapevolezza dei valori che devono
essere alla base di un insegnamento corretto.
Vi sono ancora molti arrampicatori che credono
sia sufficiente cimentarsi con difficoltà elevate
per essere dei bravi insegnanti. In realtà, la ri-
cerca della prestazione fine a se stessa può essere
Se la motivazione ideale molto distante dalle qualità che sono da consi-
di un allievo fosse esclu-
derarsi basilari per essere validi istruttori.
sivamente la prestazione,
la scalata verrebbe ridot- Si è già accennato, infatti, di come il risultato e
ta a un numero nel suo la prestazione dovrebbero essere l’effetto di un
significato meramente
quantitativo; qualora
procedimento tecnico-didattico che racchiuda
le prestazioni raggiun- in sé anche i valori formativi. Pur non essendo
te non fossero adeguate questa la sede per affrontare tale argomento in
alle aspettative, l’interes-
se verrebbe facilmente a
modo esaustivo, si ritiene comunque importan-
mancare. te fare alcuni accenni in merito. Ad esempio, se
la motivazione ideale di un allievo (e anche di
un istruttore) fosse esclusivamente la prestazio-
ne, la scalata verrebbe ridotta a un numero nel
suo significato meramente quantitativo; qualo-
ra le prestazioni raggiunte non fossero adeguate
alle aspettative, l’interesse verrebbe facilmente a
mancare. Laddove invece la motivazione prin-
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

cipale è costituita dall’interesse e dal piacere di


praticare l’attività in se stessa, nell’ambito di un
processo formativo e migliorativo che coinvolge
il praticante nella completezza della sua perso-
na, gli interessi verso l’attività stessa diventano
sicuramente più solidi e profondi. In questa ot-
tica, tra l’altro, è spesso più facile raggiungere 189

dei risultati anche nelle prestazioni. Un bravo istruttore do-


Ciò premesso, diremo che, per insegnare cor- vrebbe essere preparato
su tre livelli.
rettamente, un bravo istruttore dovrebbe essere • Conoscere bene la mate-
preparato su tre livelli. ria che insegna nella teo-
A) Innanzitutto, è importante conoscere bene ria, riuscendo a esporla
correttamente fornendo
la materia che insegna (nel caso specifico la spiegazioni semplici, ef-
tecnica dell’arrampicata) nella teoria, riuscendo ficaci ed esaustive delle
a esporla correttamente (capacità didattica). In differenti tecniche.
• Essere in grado di ese-
altri termini, dovrebbe essere capace di fornire guire sul piano pratico
una spiegazione semplice, efficace ed esaustiva una dimostrazione cor-
delle differenti tecniche. retta delle tecniche che
espone.
B) In secondo luogo dovrebbe essere in grado di • Saper intervenire per
eseguire sul piano pratico una dimostrazione correggere in modo ade-
guato eventuali errori de-
corretta delle tecniche che espone.
gli allievi.
C) In ultimo, è importante saper intervenire per
correggere in modo adeguato eventuali errori
degli allievi.
A parte la maieutica (vedi paragrafo preceden-
te), questi tre aspetti sono gli strumenti, i canali
di comunicazione attraverso cui un istruttore
può interagire con gli allievi. Allo stesso modo,
maieutica a parte, gli allievi possono imparare
attraverso questi stessi “canali”.
Alcuni di loro potrebbero avere più sviluppato
l’aspetto “intellettuale” e quindi beneficiare par-
ticolarmente di approfondite spiegazioni teori-
che; altri invece imparano di più osservando le
dimostrazioni pratiche dell’insegnante; per altri
ancora è determinante la fase della correzione.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Resta il fatto che un istruttore padrone di tutti


e tre gli aspetti sopraindicati può comunicare
meglio con qualunque tipo di allievo.
Bisogna considerare, a questo fine, che la cono-
scenza completa e reale della materia si ha sol-
tanto quando la teoria va di pari passo con la
190 pratica. Sono sicuramente in molti a essere in
La conoscenza completa grado di spiegare sufficientemente un argomen-
e reale della materia si ha to ma spesso non sono in grado di eseguire una
soltanto quando la teoria
va di pari passo con la
dimostrazione pratica, così come sono in molti a
pratica. superare difficoltà elevate senza avere la capacità
di spiegare e dimostrare le differenti tecniche.
Ne consegue che per un bravo istruttore la ca-
pacità di essere coerente nell’insegnamento di-
venta una qualità determinante che lo contrad-
distingue da un qualsiasi praticante. Egli sarà
infatti in grado di dire ciò che fa e di fare ciò
che dice. Questo non significa che l’istruttore
deve necessariamente conoscere tutto lo scibile
L’istruttore non deve ne- della disciplina in questione, così come non è
cessariamente conosce- necessario che possa superare alti gradi di dif-
re tutto lo scibile della ficoltà, ma piuttosto deve conoscere bene gli
disciplina in questione,
così come non è neces- aspetti della materia che insegna all’interno
sario che possa superare del piano didattico prefissato. In altri termini,
alti gradi di difficoltà, un bravo istruttore, quando insegna, dovrebbe
ma piuttosto deve co-
noscere bene gli aspetti cercare di non commettere errori. E’ meglio,
della materia che insegna infatti, insegnare le poche cose di cui si è certi
all’interno del piano di-
piuttosto che “sbilanciarsi” asserendo qualcosa
dattico prefissato.
di impreciso o sbagliato. Si potrebbe affermare
che questa è una delle caratteristiche più impor-
tanti che evidenziano il livello dell’istruttore.
Diventa quindi fondamentale, per chi insegna,
capire come fare per ridurre al minimo i propri
errori, considerando che sarebbero soprattutto
gli allievi a farne le spese. La capacità di insegna-
re coerentemente e di unire la teoria alla pratica
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

dà vita a una metodologia estremamente inci-


siva sul piano formativo, tanto da poter essere
considerata da parte dell’istruttore obiettivo di
primaria importanza. Difficilmente faremo
errori se conosciamo la teoria di ciò che inse-
gniamo, se sappiamo dimostrarla praticamente
attraverso il movimento e se, correggendo gli 191

allievi, siamo in grado di aiutarli a raggiungere Difficilmente faremo er-


il risultato voluto. Si consiglia quindi di evitare rori se conosciamo la teo-
ria di ciò che insegniamo,
argomenti o tecniche complicate fintanto che se sappiamo dimostrarla
non si sia raggiunta l’opportuna padronanza dei praticamente attraverso
concetti di base. il movimento e se, cor-
reggendo gli allievi, sia-
Venendo ora ad uno degli aspetti più complica- mo in grado di aiutarli
ti della presente trattazione, diremo che per un a raggiungere il risultato
istruttore, la capacità di apportare la correzione voluto.

più adeguata è senza dubbio la più difficile da


raggiungere. La conoscenza del Punto Focale
è determinante per sviluppare questa capacità.
Tale concetto (che si ritiene essere una vera e
propria tecnica, tra le più evolute e complesse)
è stato descritto per la prima volta nella secon-
da edizione de “L’arte di arrampicare”, cui si ri-
manda per eventuali approfondimenti, in quan-
to se ne possono tracciare qui solo gli elementi Il Punto Focale è l’aspetto
principali. principale del movimen-
Il Punto Focale, che per semplicità chiameremo to che stiamo eseguen-
do, il quale ci permette
PF, è l’aspetto principale del movimento che anche di evidenziare il
stiamo eseguendo, il quale ci permette anche di problema primario che
risulta di impedimento
evidenziare il problema primario che risulta di
all’obiettivo che ci siamo
impedimento all’obiettivo che ci siamo propo- proposti.
sti. In pratica, il PF è l’elemento chiave che ci
può consentire di portare a termine un de-
terminato passaggio nel modo adeguato. La
capacità di individuare il PF, di conseguenza,
consente di intervenire con precisione sulla cau-
sa che è all’origine degli eventuali errori relativi
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

all’esecuzione dei differenti movimenti. Tale


causa può dipendere da una lacuna tecnica o
coordinativa, può riguardare le capacità condi-
zionali, la respirazione, la concentrazione ma
anche la sfera psicologica.
L’abilità di individuare il PF è senza dubbio il
192 traguardo di un lungo processo di training. Essa
La capacità di individua- necessita di una grande esperienza per poter es-
re il Punto Focale con- sere applicata, oltre a una grande elasticità men-
sente di intervenire con
precisione sulla causa che tale e capacità autocritica da parte dell’istrut-
è all’origine degli errori tore, ed è conseguente alla conoscenza delle
relativi all’esecuzione dei tecniche del movimento. Senza una giusta dote
differenti movimenti.
di umiltà, l’istruttore è portato più facilmente
a cadere in errore e a trascurare gli aspetti a lui
meno congeniali. Si consiglia quindi di evitare
improvvisazioni e di affrontare innanzitutto gli
aspetti più semplici e concreti della tecnica.
Nell’esecuzione di un esercizio ci possono esse-
re uno o più aspetti da migliorare. Nel caso si
tratti di un solo aspetto, il compito si presenta
facilitato in quanto individuare il PF equivale a
identificare quell’unico elemento che impedisce
Nell’esecuzione di un un’esecuzione ottimale del movimento. Spesso,
esercizio ci possono es- però, sono presenti contemporaneamente di-
sere uno o più aspetti da versi errori o imperfezioni e, a loro volta, questi
migliorare. Nel caso si
tratti di un solo aspetto, assumono generalmente livelli d’importanza
il compito si presenta differenti. Per fare in modo che si possa ottene-
facilitato in quanto in-
re un miglioramento sostanziale dovremo allora
dividuare il Punto Focale
equivale a identificare riconoscere l’errore principale, che non sempre
quell’unico elemento che si presenta come il più evidente. In pratica, se
impedisce un’esecuzione
ottimale del movimento.
andiamo a correggere o modificare aspetti mar-
ginali, il risultato che si otterrà sarà poco signi-
ficativo o nullo.
Il procedimento per individuare il PF è a grandi
linee il seguente: l’istruttore deve osservare in-
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

nanzitutto il movimento dell’allievo nella sua


globalità, grazie a una valutazione d’insieme
che gli consente di capire l’aspetto che più di
ogni altro ostacola l’esecuzione corretta del mo-
vimento; quindi, dovrà mettere a fuoco quel
particolare aspetto per identificare la causa
dell’errore o dell’imprecisione che contiene in 193

sé. Dopo aver eseguito la correzione o un even- Se si è individuato il


tuale approfondimento del movimento in que- Punto Focale e se l’allie-
vo riesce a modificare il
stione, l’istruttore tornerà a una valutazione suo movimento sulla base
globale osservando nuovamente il movimento della correzione suggerita
dell’allievo nel suo insieme. Se si è individua- dall’istruttore, l’esecuzio-
ne della sequenza o del
to il PF e se l’allievo riesce a modificare il suo singolo passaggio miglio-
movimento sulla base della correzione sugge- reranno istantaneamente.
rita dall’istruttore, l’esecuzione della sequenza
o del singolo passaggio miglioreranno istanta-
neamente. Quando questo avviene, si realizza
un’esperienza molto interessante sul piano di-
Se l’allievo non riesce a
dattico perché si è potuto trovare il canale di modificare e a corregge-
comunicazione giusto con l’allievo e le sue pro- re il movimento anche
blematiche. Qualora accada che l’allievo non quando il Punto Focale è
stato individuato corret-
riesca a modificare e a correggere il movimento tamente dall’istruttore,
anche quando il PF è stato individuato corret- è necessario cambiare il
tamente dall’istruttore, è necessario cambiare il terreno in modo da far
sperimentare la stessa
terreno in modo da far sperimentare la stessa sequenza su una minore
sequenza su una minore difficoltà. difficoltà.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

ESERCIZI PROPEDEUTICI
Alcuni esercizi propedeutici permettono di per-
cepire con precisione il baricentro del corpo e
quindi di migliorare l’equilibrio attraverso lo
spostamento del bacino.
194
In pratica, detti esercizi tendono a sviluppare
Alcuni esercizi propedeu- una maggiore capacità di gestione degli sposta-
tici tendono a sviluppare
una maggiore capacità
menti del baricentro; ciò implica il superamento
di gestione degli sposta- dei limiti insiti nella rigidità del corpo umano,
menti del baricentro; ciò derivante dalla mancanza di autonomia motoria
implica il superamento
dei limiti insiti nella ri-
e coordinativa dei suoi differenti segmenti (arti,
gidità del corpo umano, busto e bacino).
derivante dalla mancan- Schematizzando, gli aspetti da evidenziare e le
za di autonomia motoria
e coordinativa dei suoi finalità da conseguire sono i seguenti:
differenti segmenti (arti,
busto e bacino). - Imparare a separare il movimento dei piedi
da quello del bacino.
- Migliorare le modalità di spostamento del
peso del corpo da un piede all’altro.
- Migliorare l’equilibrio rimanendo su un solo
piede.
- Imparare a poggiare l’avampiede con precisione
coinvolgendo la “linea di flessione”.
- Percepire l’importanza di mantenere i talloni
bassi ai fini dell’equilibrio.
- Imparare a distinguere la fase statica da quella
dinamica.

Per eseguire gli esercizi in modo completo biso-


gna saper coordinare il movimento con la respi-
razione corretta.
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Esercizio n° 1
Spostamento del peso da un piede
all’altro
Per eseguire questo esercizio si cammina su
degli appoggi sufficientemente grandi (es:
ciocchetti di legno di circa 15 cm di altezza e
10 cm di diametro,vedi Fig 5.10) separando 195

lo spostamento dei piedi dal movimento del


bacino.
(Vedi Fig 5.11, 5.12, 5.13, 5.14, 5.15, 5.16)
Fig. 5.10 Particolare piede

Fig. 5.11 Spostamento del peso Fig. 5.12 Spostamento del peso Fig. 5.13 Spostamento del peso

Fig. 5.14 Spostamento del peso Fig. 5.15 Spostamento del peso Fig. 5.16 Spostamento del peso
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Esercizio n° 2
Isolare il bacino
L’esercizio descritto sviluppa la percezione del-
l’equilibrio del baricentro, che si raggiunge
anche a prescindere dalla posizione del busto e
della testa nel momento in cui si utilizzano gli
196 arti superiori.
Si passa da un appoggio basso a uno più alto e
stretto (es: ciocchetto di legno di circa 15 cm
di altezza e 5 cm di diametro), appoggiandosi
a una parete con l’avambraccio e spingendo su
di esso. In questo modo il bacino, spostandosi
lateralmente, raggiunge l’equilibrio sull’appog-
gio mentre la testa e le spalle rimangono pra-
ticamente ferme. E’ importante spingere senza
staccare il gomito dalla parete in quanto, se lo
facciamo, spostiamo il torace e non isoliamo il
bacino.
La difficoltà dell’esercizio cresce con il dimi-
nuire delle dimensioni dell’appoggio, con l’au-
mento dell’altezza dello stesso e della distanza
dell’appoggio dalla parete.
(Vedi Fig. 5.17, 5.18, 5.19, 5.20, 5.21, 5.22,
5.23 con particolare piede, 5.24 con particolare
piede errato)
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

197

Fig. 5.17 Isolare bacino Fig. 5.18 Isolare bacino Fig. 5.19 Isolare bacino

Fig. 5.20 Isolare bacino Fig. 5.21 Isolare bacino Fig. 5.22 Isolare bacino

Fig. 5.23 Particolare piede Fig. 5.24 Particolare piede-errato


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Esercizio n° 3
Isolare il bacino con distribuzione del
peso
Questo esercizio prevede l’aiuto di un compa-
gno. Colui che esegue l’esercizio apre braccia e
gambe e, inclinando il corpo in avanti, si appog-
198 gia con il proprio peso sulle mani del compagno;
quest’ultimo si posiziona con un piede avanti
e uno dietro per maggiore stabilità. L’esercizio
consiste nello spostare il peso da un piede all’al-
tro (alzando alternativamente i piedi da terra).
Fig. 5.25 A coppia
Per eseguirlo correttamente occorre isolare il
movimento del bacino e distribuire in eguale
quantità il peso sulle mani. Colui che sostie-
ne il compagno nell’esecuzione del movimen-
to non deve irrigidirsi; potrà così evidenziare
l’eventuale sbilanciamento che inevitabilmente
si verifica tutte le volte in cui un carico eccessi-
vo va a gravare in modo prevalente su una sola
mano. C’è da tener presente che generalmente
si è portati a sovraccaricare la mano del lato in
cui si sposta il bacino (secondo lo schema sfavo-
revole dell’ambio).
Questo esercizio può anche essere fatto da soli
Fig. 5.26 A coppia
appoggiandosi a un muro.
(Vedi fig. 5.25, 5.26, 5.27)

Fig. 5.27 A coppia con movimento errato


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

TECNICHE
E PROGRESSIONI

Progressione incrociata simultanea


Tutte le tecniche sono caratterizzate da peculia-
rità diverse ma tra loro complementari e hanno 199
lo scopo di favorire lo sviluppo della capacità
che si concretizza in un movimento sicuro ed
efficace, basato sul minimo sforzo. Le differenti
progressioni si basano sull’alternanza di una po-
sizione statica (chiamata anche posizione base) e
di un movimento dinamico. Eseguendo la pro-
gressione incrociata si migliora quella capacità
di coordinare il movimento degli arti che è alla
base di tutte le progressioni. Inoltre, insegnando
ad evitare il movimento in ambio o omolaterale
(equilibrio instabile vedi fig. 5.29), che è meno
sicuro e più faticoso, si favorisce nell’allievo an-
che il raggiungimento dell’equilibrio ottimale
(equilibrio stabile vedi fig. 5.28).

Fig. 5.28 Equilibrio stabile Fig. 5.29 Equilibrio instabile


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Per apprendere lo schema incrociato occorre


imparare a coordinare lo spostamento simul-
taneo dei due arti incrociati.
(Vedi fig. 5.30, 5.31, 5.32, 5.33, 5.34)
Naturalmente questo schema, soprattutto nel-
le fasi iniziali, deve essere applicato su terreni
200 molto semplici e sicuri. Una placca facile in

Fig. 5.30 P. Incrociata simultanea Fig. 5.31 P. Incrociata simultanea Fig. 5.32 P. Incrociata simultanea

Fig. 5.33 P. Incrociata simultanea Fig. 5.34 P. Incrociata simultanea

aderenza costituisce il terreno di pratica idea-


le, ma l’applicazione di questo schema riguarda
anche altri terreni: vie ferrate, scalette, pendii di
neve o ghiaccio ecc.
È logico che con l’aumentare della difficoltà,
qualora dovessimo ricercare una maggiore sicu-
rezza pur rimanendo nell’ambito dello schema
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

incrociato, potremmo spostare un solo arto per


volta (prima il piede e poi la mano opposta).
Eseguiremo così la Progressione incrociata
non simultanea.
(Vedi Fig 5.35, 5.36, 5.37, 5.38, 5.39)
Inoltre, la progressione incrociata è prope-
deutica alle successive, in particolar modo alle 201

progressioni a triangolo e a quelle laterali che


si basano sullo schema incrociato (ma non si-
multaneo) degli arti.
In linea generale, per sviluppare al meglio la ca-
pacità motoria e l’apprendimento delle progres-
sioni, si consiglia di eseguire le tecniche, oltre
che in salita, anche in discesa e in traverso.

Fig. 5.35 Prog. incrociata non Fig. 5.36 Prog. incrociata non Fig. 5.37 Prog. incrociata non
simultanea simultanea simultanea

Fig. 5.38 Prog. incrociata non Fig. 5.39 Prog. incrociata non
simultanea simultanea
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

202

Fig. 5.40 Prog. incrociata in Fig. 5.41 Prog. incrociata in Fig. 5.42 Prog. incrociata in
traverso traverso traverso

Nel caso della progressione incrociata in tra-


verso, nella fase iniziale è preferibile evitare
l’incrocio degli arti, in modo da facilitare l’ap-
prendimento. (Vedi fig 5.40, 5.41, 5.42)
Successivamente è però utile sperimentare det-
to incrocio (alternando l’incrocio delle mani a
quello dei piedi) per poter ampliare il movi-
mento. (Vedi fig. 5.43, 5.44)

Fig. 5.43 Prog. incrociata in traverso con Fig. 5.44 Prog. incrociata in traverso con
incrocio degli arti incrocio degli arti
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Ai fini di una conoscenza completa, si illustra


qui una sequenza di progressione in ambio non
simultanea; lo scopo che ci si prefigge è quel-
lo di aiutare a riconoscere, e quindi evitare, il
movimento omolaterale (in ambio) che è il più
faticoso e instabile.
(Vedi fig. 5.45, 5.46, 5.47, 5.48, 5.49) 203

Fig. 5.45 Ambio non simultaneo Fig. 5.46 Ambio non simultaneo Fig. 5.47 Ambio non simultaneo

Fig. 5.48 Ambio non simultaneo Fig. 5.49 Ambio non simultaneo
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

La sicura a spalla e la sua evoluzione


- schema incrociato
Potendo essere utilizzata in differenti occasioni,
non sarà vano in questa sede spendere qualche
parola sull’assicurazione a spalla (vedi anche ca-
pitolo 8).
204 L’ assicurazione a spalla, individuata e scoper-
ta dai nostri predecessori alpinisti e tramanda-
ta fino ai nostri giorni, prevedeva il passaggio
della corda dietro la schiena fin sopra la spalla
opposta alla gamba che veniva puntata verso il
compagno, per farla scendere poi davanti al pet-
to. Le mani rimanevano lungo i relativi fianchi
impugnando i due rami della corda.
La posizione del corpo era di fianco o, là dove il
terreno lo consentiva, leggermente in diagonale
per ridurre la possibilità di rotazione e di sbilan-
ciamento del corpo. (Vedi fig. 5.49 a, 5.49 b)

Fig. 5.49 a Sicura a spalla, in ambio Fig 5.49 b Sicura a spalla, in ambio
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Studiando l’assicurazione a spalla alla luce dei


principi che costituiscono la base della nuova
metodologia, è stato possibile rielaborare que-
sta manovra grazie all’applicazione dello sche-
ma incrociato. Ciò ha permesso (svincolando
così la manovra dallo schema in ambio) di ot-
timizzare il rapporto tra la stabilità, l’impiego 205

della forza del soggetto che opera e la sicurezza


della cordata.
La corda passa davanti al petto e sotto la spal-
la opposta alla gamba che sostiene l’eventuale
caduta, sale da dietro fin sopra l’altra spalla e
scende poi nuovamente davanti al petto. Per
ottenere la massima stabilità, le braccia si incro-
ciano (la mano opposta alla gamba che sostiene
l’eventuale caduta tiene il ramo della corda che
scende dalla spalla verso il basso). In tale caso, Fig. 5.49 c Sicura a spalla incrociata
la corda lavora secondo una diagonale che rien-
tra nella logica dello schema incrociato: di con-
seguenza, nel caso di eventuali sollecitazioni, il
corpo dell’assicuratore garantirà una maggiore
stabilità.
Logicamente, il corpo si posizionerà di fianco
per ostacolare, così facendo, l’eventuale rotazio-
ne nonché lo sbilanciamento. E’ consigliabile
verificare nella pratica entrambi i sistemi, non
solo per sperimentarne la differenza ma soprat-
tutto per corroborare lo schema incrociato con
tutti i vantaggi che ne derivano.
(Vedi fig. 5.49 c, 5.49 d)

Fig. 5.49 d - Sicura a spalla incrociata


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione Fondamentale:
le quattro posizioni base
Quando il terreno diventa più ripido e tende
al verticale, lo schema incrociato non è più
vantaggioso. La Progressione Fondamentale,
perciò, si basa sul movimento omologo che
206 consente di separare lo spostamento delle mani
La Progressione Fonda- da quello dei piedi, in modo tale da favorire
mentale si basa sul mo-
l’azione di spinta delle gambe.
vimento omologo che
consente di separare lo Questa progressione favorisce il movimento
spostamento delle mani destra-sinistra del bacino e quello avanti-
da quello dei piedi, in
modo tale da favorire
dietro, ci insegna a passare dall’appoggio
l’azione di spinta delle all’aderenza (e viceversa) e a distinguere la
gambe. fase statica del movimento da quella dina-
mica. Si tratta generalmente della progressione
più sicura perché si basa sull’equilibrio migliore
e sulla riduzione dello sforzo. Quando sollevia-
mo le mani (una per volta) il nostro peso viene
a essere distribuito sui piedi in modo ottimale.
Viceversa, quando eseguiamo uno o più pas-
si al centro, le mani favoriscono nel migliore
Le posizioni base più dei modi l’equilibrio e l’azione di spinta delle
vantaggiose sono quat- gambe. Le posizioni base più vantaggiose sono
tro e dipendono dal dif- quattro e dipendono dal differente assetto degli
ferente assetto degli arti
inferiori, mentre le mani arti inferiori, mentre le mani utilizzano appigli
utilizzano appigli situati situati più o meno alla stessa altezza.
più o meno alla stessa La Progressione Fondamentale può così essere
altezza.
di quattro tipi che si differenziano, appunto,
per la diversa posizione di partenza (e di arrivo)
degli arti inferiori:

1) Con due appoggi: posizione base a gambe


distese, con i piedi su due appoggi non eccessi-
vamente lontani (larghezza delle spalle).
(Vedi fig. 5.50)
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

2) Con bilanciamento: posizione base a gam-


be distese, una in appoggio e l’altra in bilancia-
mento. Il piede in bilanciamento tocca la parete
con il lato interno grazie a una pressione per-
pendicolare alla parete stessa, impressa con la
rotazione del bacino. (Vedi fig. 5.50 e 5.51)
3) Con spaccata: posizione base a gambe diste- 207

se, con i piedi su due appoggi distanti, anche ad Queste quattro posizioni
altezze differenti. (Vedi fig. 5.52) sono le più vantaggiose
in quanto permettono di
4) Con sfalsata: posizione base con una gamba caricare nel modo miglio-
distesa (il piede è su un appoggio in basso) e re il peso del bacino sui
l’altra completamente piegata al fine di utiliz- piedi mentre le mani uti-
lizzano due appigli non
zare un appoggio in alto, situato a un’altezza eccessivamente in alto,
compresa tra il ginocchio e l’anca della gamba posti all’incirca alla stessa
tesa. (Vedi fig. 5.53) altezza, per consentire di
allontanare leggermente
Queste posizioni sono le più vantaggiose in le spalle dalla parete, di-
quanto permettono di caricare nel modo mi- stendendo le braccia.
gliore il peso del bacino sui piedi. Le mani uti-
lizzano due appigli non eccessivamente in alto,
posti all’incirca alla stessa altezza, per consentire
di allontanare leggermente le spalle dalla parete,
distendendo le braccia. Le quattro posizioni ci
permettono, inoltre, di evitare l’unica altra po-
sizione possibile, la quinta, che è la peggiore e
la più svantaggiosa. (Vedi fig. 5.54)
In questa posizione, infatti, ci si viene a trovare
con una gamba distesa e con l’altra leggermente
piegata, in una sorta di sfalsata incompleta, che
non consente di distribuire il peso del corpo su
entrambi i piedi in modo omogeneo e ottima-
le. Infatti, a causa della conformazione dell’ar-
ticolazione dell’anca (coxofemorale), il bacino
non potrà essere accostato adeguatamente alla
perpendicolare che passa sugli appoggi e rimar-
rà all’infuori, sovraccaricando così le braccia;
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

208

Fig. 5.50 Con due appoggi Fig. 5.51 Con bilanciamento

Fig. 5.52 Con spaccata Fig. 5.53 Con sfalsata

Fig. 5.54 Quinta posizione


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

queste, oltretutto, si troveranno ad essere ine-


vitabilmente piegate perché, per contrastare la
carenza d’equilibrio, sarà necessario avvicinare
le spalle e la testa alla parete.
Oltre a ciò, la quinta posizione impedisce di
passare correttamente dall’appoggio all’ade-
renza, ostacolando per di più la continuità 209

di movimento.
In pratica quest’ultima posizione, che era ge-
neralmente la più utilizzata prima della nascita
della progressione fondamentale, diventa la
quinta in ordine di importanza e di preferenza.
In altri termini, dato che lo scopo della tecnica
è anche quello di abituarci a trovare le soluzioni
più vantaggiose, il bravo arrampicatore tenderà
a utilizzare la quinta posizione solo e quando
non è possibile ricorrere alle prime quattro.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione Fondamentale
con due appoggi
Si inizia dalla posizione base con il peso di-
stribuito su due appoggi (alla stessa altezza):
il bacino è sulla verticale dei piedi e le spalle
sono leggermente arretrate. Se le mani sono
210 troppo in basso, per prima cosa le solleviamo
Solleviamo le mani su su appigli più alti, avendo l’accortezza di non
appigli un po' più alti,
avvicinare eccessivamente il petto alla parete
avendo l’accortezza di
non avvicinare eccessiva- (logicamente, nel caso in cui ci trovassimo già
mente il petto alla pare- con le mani in alto, inizieremo la sequenza spo-
te; si spostano poi i piedi
con almeno tre passi, di
stando gli arti inferiori). Si spostano poi i piedi
cui il primo al centro e con almeno tre passi, di cui il primo al centro
gli ultimi due sugli ap- e gli ultimi due sugli appoggi finali (sempre
poggi finali.
grossomodo alla stessa altezza). Il primo passo
deve essere piccolo non solo in senso vertica-
le (non deve superare il ginocchio della gamba
in appoggio), ma anche in senso orizzontale (il
piede deve poggiare possibilmente vicino alla
gamba in appoggio). Dapprima si impara la
sequenza con il minimo dei passi, cioè tre, ma
poi per migliorare tecnicamente si consiglia di
eseguirne in numero maggiore facendone due
o tre al centro, raggiungendo appoggi situati
più in alto. Nei passi al centro, che sono inter-
medi, i piedi vengono poggiati preferibilmente
in aderenza, perpendicolarmente alla parete. Si
termina l’esercizio in una nuova posizione base
su due appoggi. Durante la progressione il ba-
ricentro si sposta lateralmente da una gamba
all’altra, ma anche verso l’esterno (movimento
dentro-fuori): il bacino, infatti, viene dapprima
spostato in fuori per favorire l’aderenza e per
permettere di vedere gli appoggi, successiva-
mente viene riavvicinato alla parete per caricare
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

i piedi in modo ottimale.


Si continua la progressione spostando nuova-
mente le mani verso l’alto su due nuovi appigli.
Per quanto riguarda l’isolamento del bacino, la
testa e le spalle tendono a rimanere ferme ri-
spetto alle mani, in posizione centrale, mentre
il bacino si sposta per caricare il peso del corpo 211

alternativamente sui piedi.


Naturalmente, se i piedi verranno posizionati
molto in alto, l’isolamento del bacino divente-
rà ancor più importante ed evidente: in questo
caso, per facilitare l’esecuzione, si consiglia di
portare la testa dalla parte opposta al bacino,
come per guardare il piede sollevato.
(Vedi fig. 5.55, 5.56, 5.57, 5.58, 5.59, 5.60,
5.61, 5.62)

Fig. 5.55 Prog. Fond. Fig. 5.56 Prog. Fond. Fig. 5.57 Prog. Fond. Fig. 5.58 Prog. Fond.
con due appoggi con due appoggi con due appoggi con due appoggi

Fig. 5.59 Prog. Fond. Fig. 5.60 Prog. Fond. Fig. 5.61 Prog. Fond. Fig. 5.62 Prog. Fond.
con due appoggi con due appoggi con due appoggi con due appoggi
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione Fondamentale
con bilanciamento
Nella posizione base, si carica con un piede un
solo appoggio che deve essere sufficientemente
grande. L’altro piede è in bilanciamento. Il peso
del bacino cade quindi totalmente sull’appog-
212 gio mentre il piede in bilanciamento determina
Si spostano verso l’alto stabilità grazie alla rotazione della vita che im-
le mani, una per volta, prime, attraverso la gamba e con la parte interna
evitando sempre di avvi-
cinare esageratamente il del piede, una spinta perpendicolare alla parete.
petto alla parete, e suc- Questa posizione permette di avvicinare com-
cessivamente si muovo- pletamente il bacino alla parete, mantenendo le
no i piedi con almeno
tre passi. Si muove per gambe distese e i piedi alla stessa altezza, anche
primo il piede in bilan- quando vi è un solo appoggio a disposizione.
ciamento che si poggia Dalla posizione base si spostano verso l’alto le
al centro, preferibilmen-
te in aderenza. Il primo mani, una per volta, evitando sempre di avvici-
passo tende a essere più nare esageratamente il petto alla parete, e suc-
corto dei successivi.
cessivamente si muovono i piedi con almeno tre
passi. Si muove per primo il piede in bilancia-
mento che si poggia al centro, preferibilmente
in aderenza. Il primo passo tende a essere più
corto dei successivi. Nella progressione il ba-
ricentro si sposta lateralmente da una gamba
all’altra, ma anche verso l’esterno (movimento
dentro-fuori): il bacino, infatti, viene dappri-
ma spostato in fuori per favorire l’aderenza del
primo passo e per vedere meglio gli appoggi,
successivamente viene riavvicinato alla parete
per caricare il peso sui piedi in modo ottimale.
Si termina l’esercizio in una nuova posizione
con bilanciamento. Inizialmente si impara la
sequenza con il minimo dei passi, cioè tre, ma
in seguito per migliorare tecnicamente si consi-
glia di eseguirne in numero maggiore facendo-
ne due o tre al centro, in modo tale da poter
raggiungere appoggi situati più in alto.
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

I passi al centro sono dei passi intermedi e i pie-


di vengono preferibilmente poggiati in aderen-
za, perpendicolarmente alla parete. Si continua
la progressione spostando nuovamente le mani
verso l’alto su due nuovi appigli.
Sarebbe fuori luogo approfondire in questa
fase la tematica del numero dei passi, che per 213

questioni didattiche è più opportuno studiare E' il numero dei passi


successivamente nella Progressione a triangolo. intermedi che andrà a
determinare quale piede
E’ qui comunque necessario considerare che è posizioneremo sull’ap-
il numero dei passi intermedi che andrà a de- poggio finale, quindi, se
terminare quale piede posizioneremo sull’ap- vogliamo cambiare piede,
è sufficiente variare il nu-
poggio finale. Pertanto, se vogliamo cambiare mero dei passi intermedi,
piede, è sufficiente variare il numero dei passi facendone uno in più o
intermedi, facendone uno in più o in meno. in meno. Questo accor-
gimento è ugualmente
Questo accorgimento è ugualmente valido an- valido anche per le altre
che per le altre progressioni. progressioni.
Se saliamo molto con i piedi l’isolamento del
bacino diventa ancora più rilevante ed evidente:
anche in questo caso, per facilitare l’esecuzione
si consiglia di tenere la testa dalla parte oppo-
sta al bacino, sul lato del piede che solleviamo,
come se dovessimo guardarlo.
(Vedi fig. 5.63, 5.64, 5.65, 5.66, 5.67, 5.68, 5.69)
Logicamente, negli itinerari alpinistici la posi-
zione in bilanciamento tenderà ad essere utiliz-
zata meno che in falesia e i motivi di ciò sono
molteplici. Innanzitutto, nelle vie classiche,
contraddistinte da difficoltà contenute, è più
facile individuare due appoggi alla stessa altez-
za. In secondo luogo, ai fini di una maggiore
sicurezza è preferibile poggiare entrambi i piedi
(utilizzando le posizioni con due appoggi, con
spaccata e con sfalsata), in modo da ripartire
il peso sui due appoggi; anche quando il peso
non è distribuito in parti uguali sugli arti infe-
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

riori si evita, in ogni caso, di sollecitare un solo


punto, diminuendo tra l’altro la possibilità di
cedimento dell’appoggio.

214

Fig. 5.63 Prog. Fondamentale Fig. 5.64 Prog. Fondamentale Fig. 5.65 Prog. Fondamentale
con bilanciamento con bilanciamento con bilanciamento

Fig. 5.66 Prog. Fondamentale Fig. 5.67 Prog. Fondamentale Fig. 5.68 Prog. Fondamentale
con bilanciamento con bilanciamento con bilanciamento

Fig. 5.69 Prog. Fondamentale


con bilanciamento
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Progressione Fondamentale
con spaccata
La posizione base è in spaccata, con le gambe
distese in modo da avvicinare completamente
il bacino alla parete. Per assumere questa po-
sizione si possono utilizzare sia appoggi situati
215
alla stessa altezza che ad altezze differenti. Nel
primo caso il peso è distribuito sui piedi in par- Per assumere questa posi-
zione si possono utilizza-
ti uguali, nel secondo il peso grava principal- re sia appoggi situati alla
mente sul piede più basso. Questa distinzione stessa altezza che ad altez-
è utile per capire che è preferibile spostare per ze differenti. Nel primo
caso il peso è distribuito
primo il piede più alto, cioè quello su cui grava sui piedi in parti uguali,
un minor carico. Nel caso in cui gli appoggi nel secondo il peso grava
fossero alla stessa altezza, si può spostare indif- principalmente sul piede
più basso.
ferentemente l’uno o l’altro (come avviene nella
Progressione Fondamentale con due appoggi).
Come descritto per le precedenti progressioni,
dopo aver sollevato le mani, si spostano i piedi
con almeno tre passi. Con il primo passo si ri-
chiude la spaccata e si poggia il piede al centro.
In alcuni casi, per chiudere più facilmente la
spaccata, si piega leggermente la gamba che in-
tendiamo muovere per prima, in modo da darci
una leggera spinta, tale da spostare il bacino sul
piede in appoggio senza bisogno di “trazionar-
si” con le braccia.
Nella progressione il baricentro si sposta lateral-
mente da una gamba all’altra, ma anche verso
l’esterno (movimento dentro-fuori): il bacino,
infatti, viene dapprima spostato in fuori per fa-
vorire l’aderenza e per individuare gli appoggi;
successivamente viene riavvicinato alla parete
per caricare il peso del corpo sui piedi in modo
ottimale. Si termina l’esercizio in una nuova
posizione con spaccata.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Inizialmente si impara la sequenza con il mini-


mo dei passi, cioè tre, ma in seguito per miglio-
rare tecnicamente si consiglia di eseguirne in
numero maggiore facendone due o tre al cen-
tro, in modo tale da poter raggiungere appoggi
situati più in alto. I passi al centro sono dei passi
216 intermedi ove i piedi vengono preferibilmente
poggiati in aderenza, perpendicolarmente alla
parete. Si continua la progressione spostando
nuovamente le mani verso l’alto su due nuovi
appigli. Per quanto riguarda l’isolamento del
bacino, la testa e le spalle tendono a rimanere
ferme rispetto alle mani, in posizione centrale,
mentre il bacino si sposta per caricare il peso
del corpo alternativamente sui piedi (la testa ri-
mane dalla parte opposta del bacino, come per
guardare il piede che viene sollevato).
Una peculiarità di questa progressione consiste
nell’insegnare a raggiungere appoggi lontani
fra loro. (Vedi fig. 5.70, 5.71, 5.72, 5.73, 5.74,
5.75, 5.76)

Fig. 5.70 Prog. Fondamentale con spaccata Fig. 5.71 Prog. Fondamentale con spaccata
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

217

Fig. 5.72 Prog. Fondamentale con spaccata Fig. 5.73 Prog. Fondamentale con spaccata

Fig. 5.74 Prog. Fondamentale con spaccata Fig. 5.75 Prog. Fondamentale con spaccata

Fig. 5.76 Prog. Fondamentale con spaccata


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione Fondamentale
con sfalsata
La posizione base con sfalsata prevede di utiliz-
zare due appoggi ad altezze differenti in modo
da avere una gamba distesa e l’altra completa-
mente piegata, con il piede in appoggio sotto
218 il gluteo. In questo modo si favorisce la mo-
bilità articolare dell’anca per caricare in modo
Fig. 5.77 Prog. Fondamentale con sfalsata adeguato il peso del corpo sugli appoggi molto
distanti.
Si ricorre a questa posizione quando non è pos-
sibile utilizzare le prime tre (con due appoggi,
con bilanciamento, con spaccata) permetten-
doci anch’essa di evitare la quinta posizione.
In questa progressione risulta evidente l’impor-
tanza di abbassare il piede della gamba sfalsata
prima di iniziare il movimento. Il piede appog-
giato in alto, infatti, ci consente di assumere
una posizione d’equilibrio quando dobbiamo
spostare le mani ma certamente non ci permet-
te di raggiungere appigli più alti. Per questo,
dopo aver sollevato le mani, è importante ri-
chiudere in basso il piede sfalsato in modo da
Fig. 5.78 Prog. Fondamentale con sfalsata
utilizzare l’azione di spinta della gamba.
Nella progressione il baricentro si sposta lateral-
mente da una gamba all’altra, ma anche verso
l’esterno (movimento dentro-fuori): il bacino,
infatti, viene dapprima spostato in fuori per fa-
vorire l’aderenza e per individuare gli appoggi,
successivamente viene riavvicinato alla parete
per caricare il peso del corpo sui piedi in modo
ottimale. Si termina l’esercizio in una nuova
posizione con sfalsata.
Inizialmente si impara la sequenza con il mi-
nimo dei passi, cioè tre, ma poi per migliorare

Fig. 5.79 Prog. Fondamentale con sfalsata


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

tecnicamente si consiglia di eseguirne in nume-


ro maggiore facendone due o tre al centro, in
modo tale da poter raggiungere appoggi situati
più in alto. I passi al centro sono dei passi inter-
medi e i piedi vengono preferibilmente poggiati
in aderenza, perpendicolarmente alla parete. Si
continua la progressione spostando nuovamen- 219

te le mani verso l’alto su due nuovi appigli.


Per quanto riguarda l’isolamento del bacino, la Fig. 5.80 Prog. Fondamentale con sfalsata
testa e le spalle tendono a rimanere ferme ri-
spetto alle mani, in posizione centrale, mentre
il bacino si sposta per caricare il peso del corpo
alternativamente sui piedi (la testa rimane dalla
parte opposta del bacino, come per guardare il
piede che viene sollevato).
(Vedi fig. 5.77, 5.78, 5.79, 5.80, 5.81, 5.82)

Fig. 5.81 Prog. Fondamentale con sfalsata

Fig. 5.82 Prog. Fondamentale con sfalsata


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione Fondamentale
in traverso
Come già detto nel caso della Progressione
Incrociata, è sempre consigliabile allenarsi ri-
petendo tutte le progressioni anche in discesa
e in traversata. Per quanto riguarda la discesa,
220 non è necessaria alcuna considerazione aggiun-
tiva perché è sufficiente ripetere la sequenza in
senso inverso.
Nel caso della traversata si consiglia di eseguire
la Progressione Fondamentale con quattro pas-
si: per esempio, se la direzione della traversata è
verso sinistra, spostiamo prima la mano destra
e poi la sinistra (anticipo della mani) e conti-
nuiamo muovendo i piedi nel seguente ordine:
destro/sinistro/destro/sinistro. In pratica, rag-
giungeremo i due appoggi finali facendo due
passi intermedi.
In questo modo, sviluppiamo la capacità di am-
pliare i movimenti e di utilizzare i piedi soste-
nendo e spostando il peso del corpo nel modo
migliore.
Qualora fosse necessario effettuare dei piccoli
spostamenti, logicamente, è possibile procedere
con due soli passi (nell’esempio: destro/sini-
stro) diminuendo la complessità di previsione
e di anticipo dei piedi.
(Vedi fig. 5.83, 5.84, 5.85, 5.86, 5.87, 5.88,
5.89)

Fig. 5.83 Prog. in traverso


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

221

Fig. 5.84 Prog. in traverso Fig. 5.85 Prog. in traverso Fig. 5.86 Prog. in traverso

Fig. 5.87 Prog. in traverso Fig. 5.88 Prog. in traverso Fig. 5.89 Prog. in traverso

Accoppiamento dei piedi


Questa tecnica si esegue per passare da un ap-
poggio basso ad uno molto più alto, situato ad
un’altezza compresa tra le ginocchia e il bacino,
quando non è possibile effettuare la Progres-
sione Fondamentale con i relativi passi inter-
medi (ad esempio, nel caso in cui gli appigli
siano troppo piccoli per consentire l’aderenza,
o quando non siano presenti altri appoggi).
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Per eseguire l’accoppiamento, solleviamo innan-


zitutto un piede sull’appoggio alto assumendo
la posizione sfalsata. Spostiamo poi tutto il peso
del corpo su questo piede sedendoci sul tallone.
In questo modo raggiungiamo l’equilibrio che
ci consente di alzare l’altro piede e di poggiarlo
222 più o meno alla stessa altezza su un altro ap-
Questa tecnica, conside- poggio, assumendo una posizione accucciata
rata complementare, è con le gambe divaricate. Nel caso in cui il se-
senz’altro importante ma
non è particolarmente condo appoggio non sia disponibile, possiamo
formativa. Infatti, pas- lavorare con il piede in aderenza allontanando
sando direttamente da il ginocchio dalla parete, in modo da avere una
un appoggio all’altro, si
evita l’uso dell’aderenza componente di spinta perpendicolare alla pare-
e il movimento che ne te stessa. Dopo aver spostato il peso per caricare
consegue è molto meno entrambi i piedi, ci solleviamo spingendo con
complesso; la continui-
tà di movimento e lo tutte e due le gambe.
spostamento del bacino L’accoppiamento dei piedi ci permette di evi-
dentro/fuori sono prati-
tare lo sforzo necessario per sollevare il corpo
camente ininfluenti.
con una sola gamba (in questo caso verrebbero
sovraccaricate anche le braccia).
Questa tecnica, considerata complementare, è
senz’altro importante ma non è particolarmen-
te formativa. Infatti, passando direttamente da
un appoggio all’altro, si evita l’uso dell’aderen-
za e il movimento che ne consegue è molto
meno complesso; la continuità di movimento
e lo spostamento del bacino dentro/fuori sono
praticamente ininfluenti. Si consiglia pertanto,
ai fini dell’apprendimento, di utilizzarla sola-
mente quando non è possibile eseguire la Pro-
gressione Fondamentale che è ben più ricca di
contenuti tecnici.
(Vedi fig. 5.90, 5.91, 5.92, 5.93, 5.94, 5.95)
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

223

Fig. 5.90 Accoppiamento dei piedi Fig. 5.91 Accoppiamento dei piedi Fig. 5.92 Accoppiamento dei piedi

Fig. 5.93 Accoppiamento dei piedi Fig. 5.94 Accoppiamento dei piedi Fig. 5.95 Accoppiamento dei piedi

Sostituzione semplice o di base


La sostituzione si esegue sostanzialmente quan-
do, non essendo possibile posizionare il bacino
in equilibrio sulla verticale di un piede, è tut-
tavia necessario progredire spostando il piede
opposto.
Si può applicare su tutti i tipi di terreni (ade-
renza, placca, strapiombo, ecc) ma sicuramente
la peculiarità di questo movimento riguarda in
modo specifico i diedri e i camini.
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

I diedri sono formati da due pareti aperte “a


libro” che spesso presentano al centro una fes-
sura. La posizione d’inizio è con i piedi in spac-
cata sulle due facce del diedro con una mano in
presa al centro (nella fessura o su un appiglio).
L’altra mano viene poggiata alla parete per “so-
224 stituire” il piede corrispondente: si esercita,
cioè, una spinta in direzione del piede stesso
allo scopo di liberarlo dal peso.
In pratica, se spostiamo in alto la mano sini-
stra, con la destra andiamo a sostituire il piede
destro spingendo sulla faccia destra del diedro,
verso il basso. In questo modo possiamo sposta-
re il piede e poggiarlo più in alto.
Cambieremo quindi il ruolo delle braccia met-
tendo la mano destra al centro su una presa più
alta, o eventualmente sulla stessa, in modo da
poter sostituire il piede sinistro con la mano
sinistra spingendo sulla faccia sinistra del die-
dro. Si continua spostando la mano sinistra al
centro e ripetendo la sequenza. Bisogna consi-
derare che nel momento in cui sostituiamo il
Fig. 5.96 Sostituzione di base piede, il baricentro deve raggiungere una nuova
posizione d’equilibrio tra la mano che spinge e
il piede opposto (in appoggio).
Il bacino si sposta quindi in alto e sul lato del
piede in appoggio. Per favorire questo sposta-
mento poggeremo lateralmente verso il basso
la mano che dovrà lavorare in spinta. In linea
generale, si consiglia di poggiare la mano poco
al di sopra dell’appoggio su cui andremo a po-
sizionare il piede. Se i piedi sono in aderenza
dobbiamo evitare passi troppo ampi per evitare
che perdano di tenuta. Come la maggior parte
delle tecniche, anche la sostituzione permette
Fig. 5.97 Sostituzione di base
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

di sviluppare la capacità di isolare il bacino dal


busto.
(Vedi fig. 5.96, 5.97, 5.98, 5.99, 5.100, 5.101,
5.102, 5.103)

225

Fig. 5.98 Sostituzione di base Fig. 5.99 Sostituzione di base

Fig. 5.100 Sostituzione di base Fig. 5.101 Sostituzione di base

Fig. 5.102 Sostituzione di base Fig. 5.103 Sostituzione di base


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Sostituzione mista
Questa tecnica deriva dall’unione della Progres-
sione Fondamentale con la Sostituzione sem-
plice. La posizione di partenza è la stessa della
tecnica precedente ma alla fine della sequenza
avremo sollevato entrambi i piedi.
226 Dopo aver sostituito un piede, invece di spo-
starlo subito sull’appoggio finale, come nel caso
della Sostituzione semplice, effettuiamo un
passo intermedio sul lato opposto alla mano
che è in spinta. In pratica, mantenendo le mani
ferme, ci solleviamo eseguendo tre passi.
Ad esempio, se la mano sinistra è in alto su
di un appiglio e la destra in sostituzione, spo-
stiamo il piede destro poggiandolo sulla faccia
sinistra del diedro, di fianco al piede sinistro.
Spostiamo quindi più in alto il piede sinistro e,
infine, spacchiamo a destra con il piede destro.
Si continua l’esercizio alzando la mano destra al
centro e ripetendo la sequenza sull’altro lato.
In pratica, la sostituzione mista consente di al-
zare entrambi i piedi e quindi di salire più in
alto senza bisogno di spostare le mani.
Richiede, inoltre, una maggiore coordinazione
e previsione per gestire adeguatamente il gioco
dei piedi (e quindi allena la capacità motoria).
(Vedi fig. 5.104, 5.105, 5.106, 5.107, 5.108)

Fig. 5.104 Sostituzione mista


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

227

Fig. 5.105 Sostituzione mista Fig. 5.106 Sostituzione mista

Fig. 5.107 Sostituzione mista Fig. 5.108 Sostituzione mista


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Camini
Come già accennato, le tecniche della Sostitu-
zione semplice e mista si utilizzano anche per
superare i camini. Questi sono costituiti da due
pareti più o meno parallele, sufficientemen-
te distanziate da permettere di arrampicare al
228 loro interno. L’unica differenza che esiste con
le tecniche della Sostituzione finora analizzate
riguarda il fatto che, per ovvie ragioni, non po-
tendo prendere con una mano un appiglio al
Fig. 5.109 Sostituzione mista camino
centro, dovremo far lavorare entrambe le mani
in spinta sulle due pareti. Si consiglia, comun-
que, per favorire l’equilibrio, di poggiare più
in alto la mano opposta a quella che lavora in
sostituzione. Per completa chiarezza si illustra
una sequenza di Sostituzione Mista in camino,
tralasciando quella di base che è del tutto simile
a quella già descritta precedentemente.
(Vedi fig. 5.109, 5.110, 5.111, 5.112, 5.113)
Nel caso di camini stretti non è possibile aprire
le gambe in spaccata. Poggeremo allora il ba-
cino e la schiena su una parete utilizzando la
Fig. 5.110 Sostituzione mista camino spinta degli arti per rimanere in equilibrio e
sollevare il corpo secondo i principi già analiz-
zati. In genere, si consiglia di poggiare gli arti
sulle pareti in base agli schemi dei movimenti
omologo e incrociato. Se poggiamo i piedi sulla
parete di fronte a noi, spingeremo con le mani
contro quella alle nostre spalle (movimento
omologo, vedi fig. 5.114). Anche nel caso in
cui poggiamo un piede avanti e l’altro dietro,
sotto il bacino, entrambe le mani spingono sul-
la parete posteriore o, in alternativa, possono
essere appoggiate alle due pareti rispettando il
principio degli arti incrociati. (Vedi fig. 5.115)
Fig. 5.111 Sostituzione mista camino
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

229

Fig. 5.112 Sostituzione mista camino Fig. 5.113 Sostituzione mista camino

Fig. 5.114 Sostituzione camino stretto Fig. 5.115 Sostituzione camino stretto
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Dülfer di base
Questa tecnica si utilizza prevalentemente per
superare lame, scaglie o fessure che forniscono
una presa per le mani. Generalmente non sono
presenti appoggi e quindi i piedi lavorano in
aderenza. Per eseguire correttamente la sequen-
230 za di movimenti bisogna cercare di mantenere
uguale l’ampiezza dei due “archi” omolaterali,
determinati l’uno dal braccio e dalla gamba de-
stri e l’altro dal braccio e dalla gamba sinistri.
Ad esempio, se prendiamo il bordo della fessura
con la mano destra più in alto della sinistra, è
necessario poggiare il piede destro in aderenza
più in alto del sinistro.

Fig. 5.116 Dülfer Fig. 5.117 Dülfer

Fig. 5.118 Dülfer Fig. 5.119 Dülfer


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Questa è la
posizione più
stabile e meno
faticosa che
dovremo cer-
care di man-
tenere durante 231

la progressione
spostando per
Fig. 5.120 Dülfer
primi gli arti
in posizione arretrata rispetto alla nostra dire-
Fig. 5.121 Dülfer-errore
zione. Nel caso specifico l’ordine di spostamen-
to degli arti è il seguente: piede sinistro/piede
destro, mano sinistra/mano destra. (Vedi fig.
5.116, 5.117, 5.118, 5.119 , 5.120)
Iniziando la sequenza con i piedi già in alto,
sposteremo prima le mani e poi i piedi ma nello
stesso ordine: mano sinistra/mano destra, piede
sinistro/piede destro. Il concetto non cambia.
Se eseguiamo la progressione correttamente,
eviteremo di invertire la posizione dei piedi o
delle mani poggiando, ad esempio, il piede si-
nistro più in alto del destro o la mano sinistra
Fig. 5.122 Dülfer-errore
più alta della destra. Qualora ciò si verificasse,
assumeremo una posizione più svantaggiosa e
saremo portati a riprodurla durante la progres-
sione, cosa che penalizzerà l’equilibrio e ci co-
stringerà a sforzi superflui.
(Vedi fig. 5.121, 5.122, 5.123)
L’unico caso in cui è necessario invertire la po-
sizione dei piedi si verifica nelle situazioni che
tendono a far ruotare il corpo sbilanciando-
lo: in tal caso alzeremo il piede più basso e lo
apriremo verso la direzione della rotazione, in
modo da raggiungere l’equilibrio necessario.
Fig. 5.123 Dülfer-errore
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Questi casi sono comunque eccezioni che do-


vrebbero essere ben distinte dalla norma.
Durante le fasi iniziali dell’apprendimento,
inoltre, si sconsiglia di incrociare le braccia, nel
momento in cui le spostiamo, in modo tale da
semplificare il movimento e quindi imparare
232 più facilmente la sequenza.
Si eviterà così di fermarsi con le braccia incro-
ciate, in particolar modo quando si spostano i
piedi. E’ però possibile incrociarle momenta-
neamente, soprattutto quando si vuole aumen-
tare l’ampiezza del movimento.
(Vedi fig 5.124, 5.125, 5.126, 5.127, 5.128)
Fig. 5.124 Dülfer incrocio mani

Fig. 5.125 Dülfer incrocio mani


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Fig. 5.126 Dülfer incrocio mani

233

Fig. 5.127 Dülfer incrocio mani

Fig. 5.128 Dülfer incrocio mani


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Fessure a incastro
Generalmente le fessure della roccia si salgono
incastrando gli arti al loro interno.
(Vedi fig. 5.129)
Fig. 5.129 Fessura a incastro

234

Per evitare di inserire mani e piedi a caso, cosa


che difficilmente consente di ottenere buoni in-
castri, si consiglia di dare la giusta importanza
alla individuazione delle strozzature più utili
ai fini degli incastri stessi. Dopo aver scelto il
punto, si inserisce l’arto subito al di sopra cer-
cando di imprimere una rotazione. In genere
è necessario posizionare la mano in modo tale
da esercitare una pressione sulle due facce della
fessura al fine di creare un attrito sufficiente ai
fini dell’incastro.
A seconda della larghezza della fessura si utiliz-
zano gli arti con modalità differenti. Per quanto
riguarda le mani, nelle fessure strette si incastra-
no le articolazioni delle dita.
(Vedi fig. 5.130, 5.131)
Nelle fessure di dimensioni più grandi, l’in-
castro avviene inserendo la mano di taglio.
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

235

Fig. 5.130 Incastro dita Fig. 5.131 Incastro dita

All’occorrenza è possibile chiudere il pollice


mettendolo davanti al palmo in modo tale da
aumentare lo spessore della mano.
(Vedi fig. 5.132)

Fig. 5.132 Incastro mano


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Aumentando la larghezza della fessura, si ese-


gue un incastro con il pugno. (Vedi fig. 5.133)
Esistono fessure ancora più larghe che tuttavia
non raggiungono le dimensioni dei camini e
non consentono quindi di entrarvi completa-

236

Fig. 5.133 Incastro pugno

mente. In questi casi, il corpo può essere inse-


rito solo parzialmente all’interno della fessura
e gli incastri si ottengono esercitando pressioni
con il palmo e il gomito o con il palmo e la
spalla. Queste fessure, denominate anche “off
width”, sono generalmente molto faticose pro-
prio perché richiedono vere e proprie pressioni
isometriche. (Vedi fig. 5.134 e 5.135)

Fig. 5.134 Incastro mano gomito Fig. 5.135 Fessura camino


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Una importante considerazione di carattere ge-


nerale riguarda il fatto che gli incastri, molto
spesso, possono essere sollecitati soltanto verso
il basso e quindi è preferibile mantenere il go-
mito il più possibile vicino alla roccia flettendo
le braccia, in modo tale da sollecitare l’incastro
secondo una direzione più favorevole, parallela 237

alla parete. (Vedi fig. 5.136) Gli incastri, molto spesso,


possono essere sollecitati
soltanto verso il basso e
quindi è preferibile man-
tenere il gomito il più
possibile vicino alla roc-
cia flettendo le braccia, in
modo tale da sollecitare
l’incastro secondo una
direzione più favorevole,
parallela alla parete.

Fig. 5.136 Incastro mani gomito

In pratica, mentre nel caso degli appigli (so-


prattutto quelli netti) è spesso conveniente di-
stendere le braccia per non affaticarle, quando
incastriamo le mani in fessura è generalmente
preferibile mantenere le braccia piegate per evi-
tare di compromettere l’efficacia degli incastri.
A tal proposito, si precisa che per lo stesso mo-
tivo è preferibile piegare le braccia quando si
utilizzano appigli molto piccoli o sfuggenti.
Anche i piedi si possono incastrare in fessura
inserendoli di taglio, in modo da provocarne
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

la rotazione durante la fase di caricamento del


peso del corpo. (Vedi fig. 5.137, 5.138)

238

Fig. 5.137 Incastro piede Fig. 5.138 Incastro piede Fig. 5.139 Incastro piede

Nei casi in cui è necessario avvicinare il bacino


alla parete per spostare le mani, in particolar
modo quando l’incastro di un solo piede si ri-
vela sufficiente, non conviene mantenere tutti
e due i piedi nella fessura. Questi, infatti, si
verrebbero a trovare ad altezze differenti lun-
go lo stesso asse costringendoci ad assumere la
sfavorevole quinta posizione che sovraccarica le
braccia. In questi casi pertanto, in carenza di
appoggi esterni alla fessura, potremo utilizzare
il bilanciamento. (Vedi fig. 5.139)
Nelle fessure più larghe è possibile ricercare
l’incastro con la punta e il tallone.
(Vedi fig. 5.140). Con dimensioni ancora mag-
giori, si possono incastrare i piedi trasversal-
mente l’uno contro l’altro.

Fig. 5.140 Incastro piede con punta e tallone


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Passaggio misto
Questa tecnica è molto interessante perché evi-
denzia alcuni aspetti importanti del movimen-
to e permette di sviluppare la capacità motoria
generale. Il nome indica la necessità di dover
unire in modo determinante l’aderenza all’ap-
239
poggio.
Come si è visto, nella Progressione fondamen- Tecnica molto interessan-
te perché evidenzia alcu-
tale sfalsata e nell’Accoppiamento dei piedi,
ni aspetti importanti del
utilizziamo contemporaneamente due appoggi movimento e permette di
(in posizione sfalsata) situati ad altezze diffe- sviluppare la capacità mo-
toria generale. "Passaggio
renti, ma non più distanti della lunghezza di misto" indica la necessità
una gamba. Qualora la distanza degli appoggi di dover unire in modo
fosse maggiore, non sarebbe possibile passare determinante l’aderenza
all’appoggio.
dall’uno all’altro. In questi casi, è possibile ri-
correre al Passaggio misto che prevede di effet-
tuare uno o più passi intermedi in aderenza per
poggiare un piede sull’appoggio più alto in po-
sizione sfalsata. Il piede basso, pertanto, lavora
in aderenza, particolare che caratterizza questo
tipo di passaggio.
Per eseguire correttamente il passaggio misto,
bisogna focalizzare soprattutto tre aspetti.
Il primo riguarda la scelta dell’altezza della
posizione del piede che per ultimo lavora in
aderenza. Questa posizione dovrà consentire
di estendere completamente la gamba prima
di raggiungere l’appoggio in posizione sfalsata.
Poggiare il piede più in basso o più in alto è
ugualmente sbagliato: nel primo caso non po-
tremo raggiungere l’appoggio e nel secondo,
qualora lo raggiungessimo, non riusciremmo
a caricarlo correttamente con il peso del corpo
(quinta posizione).
Il secondo riguarda il movimento avanti-dietro
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

del bacino. In genere, si verifica la tendenza ad


avvicinare anticipatamente il bacino alla parete,
nella fase in cui stiamo ancora per raggiungere
l’appoggio con il piede. Se ciò avviene, il piede
che lavora in aderenza tende a scivolare. In tal
caso, è opportuno ritornare ad approfondire gli
240 esercizi iniziali relativi alla separazione piedi/
bacino e bacino/busto.
Il terzo aspetto importante riguarda la conti-
nuità di movimento che risolve sul piano di-
namico la precarietà dell’aderenza, che è co-
munque necessaria per raggiungere l’appoggio.
Dato che i passi in aderenza sono determinanti,
se interrompiamo il movimento tenderemo a
scivolare e dovremmo fare uno sforzo enorme
per ripartire.
A parte questi tre aspetti, il passaggio misto
permette di acquisire una grande coordinazione
e di migliorare la capacità di sollevare il corpo
grazie alla spinta delle gambe.
Il terreno ideale di pratica è costituito da una
placca inclinata con un appoggio molto alto,
situato al di sotto degli appigli.
Questi dovrebbero essere sufficientemente
sfuggenti da non permettere di tirarsi su con le
braccia, cosa che, se si verificasse, ci allontane-
rebbe dall’obiettivo della tecnica in questione.
(Vedi fig. 5.141, 5.142, 5.143, 5.144, 5.145)

Fig. 5.141 Passaggio misto


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

241

Fig. 5.142 Passaggio misto Fig. 5.143 Passaggio misto

Fig. 5.144 Passaggio misto Fig. 5.145 Passaggio misto


Tecnica individuale Alpinismo su roccia

Progressione a triangolo di base


(con bilanciamento) con due passi
Questa progressione favorisce l’apprendimento
del movimento più efficace e sicuro su terreno
verticale e strapiombante, migliorando l’azione
di spinta delle gambe nel sollevamento del cor-
242 po. Si inizia da una posizione su tre punti: una
Questa progressione fa- mano è sull’appiglio in alto, il piede opposto è
vorisce l’apprendimento
in appoggio e l’altro in bilanciamento.
del movimento più effi-
cace e sicuro su terreno L’altra mano è libera oppure utilizza un appi-
verticale e strapiomban- glio in basso senza interferire con l’equilibrio
te, migliorando l’azione
di spinta delle gambe nel
generale raggiunto in tale posizione.
sollevamento del corpo. (Vedi fig. 5.146)

Fig 5.146 Posizione triangolo


Alpinismo su roccia Tecnica individuale

I tre punti di contatto con la roccia vanno a


determinare i vertici del triangolo (isoscele).
Per progredire si sposta sull’appiglio successivo
la mano che non è funzionale all’equilibrio rag-
giunto nella posizione. Si eseguono due passi,
iniziando con il piede in bilanciamento, e si
raggiunge una nuova posizione a triangolo. Si 243

continua la sequenza nello stesso modo, spo-


stando prima la mano e poi i piedi con due
passi. Ad esempio, se iniziamo la sequenza con
un triangolo a sinistra, la mano sinistra sarà sul-
l’appiglio, il piede destro in appoggio e il sini-
stro in bilanciamento.
La mano destra è su un appiglio più basso e sul-
la destra. La si alza, quindi, possibilmente in
diagonale a destra, sull’appiglio successivo. Si
sposta quindi il piede sinistro (quello che nella
posizione iniziale era in bilanciamento) e lo si
porta direttamente sul nuovo appoggio.
Per ultimo, si esegue il bilanciamento con il
piede destro. Avremo così raggiunto una posi-
zione a triangolo a destra.
Per continuare si spostano gli arti in quest’ordi-
ne: mano sinistra, piede destro, piede sinistro.
(Vedi fig. 5.147, 5.148, 5.149, 5.150, 5.151,
5.152, 5.153)

Fig 5.147 Progressione a trian-


golo con due passi
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

244

Fig 5.148 Progressione a triangolo con due passi Fig 5.149 Progressione a triangolo con due passi

Fig 5.150 Progressione a triangolo con due passi Fig 5.151 Progressione a triangolo con due passi

Fig 5.152 Progressione a triangolo con due passi Fig 5.153 Progressione a triangolo con due passi
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

Naturalmente, è possibile eseguire la progres-


sione a triangolo partendo da tutte e quattro
le posizioni base (due appoggi, bilanciamento,
spaccata e sfalsata) ma, quando possibile, si
consiglia l’uso del bilanciamento, come nella
sequenza descritta. Esistono vari motivi per cui
la suddetta posizione è da preferire alle altre. In 245

primo luogo è importante sottolineare l’aspet- Nel caso di vie alpini-


to didattico della posizione con bilanciamento, stiche, essendo queste
generalmente meno si-
che in questo contesto facilita l’apprendimento cure delle vie di falesia
della progressione a triangolo. Utilizzando il (roccia friabile, numero
bilanciamento, infatti, si mette l’allievo nelle minore di protezioni
ecc.), soprattutto quando
condizioni di poter eseguire il movimento più abbiamo a disposizione
semplice. In pratica, il bilanciamento ci indica gli appoggi necessari, è
il piede che dobbiamo muovere per primo. Se, preferibile utilizzare le
posizioni su due appoggi
siamo infatti in una posizione che utilizza due in spaccata e in sfalsata,
appoggi, è più facile sbagliarsi movendo per a discapito di quella con
bilanciamento.
primo il piede corrispondente alla mano che è
stata appena sollevata. Disattenderemo così il
principio del movimento incrociato degli arti,
su cui la progressione a triangolo si basa, e ci
troveremo ad essere penalizzati dalla posizione
in ambio. Bisogna precisare però che nel caso
di vie alpinistiche, essendo queste generalmente
meno sicure delle vie di falesia (roccia friabile,
numero minore di protezioni ecc.), soprattut-
to quando abbiamo a disposizione gli appoggi
necessari, è preferibile utilizzare le posizioni su
due appoggi in spaccata e in sfalsata, a discapito
di quella con bilanciamento. Per quanto riguar-
da l’isolamento del bacino, la testa e le spalle
tendono a rimanere ferme rispetto alle mani,
in posizione centrale, ma a differenza della Pro-
gressione Fondamentale, la quale utilizza due
appigli alla stessa altezza, la testa è rivolta dalla
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

parte opposta al piede sollevato: il concetto ri-


mane lo stesso ma l’applicazione è diversa.

Progressione a triangolo di base


(con bilanciamento) con 4 passi
Questo schema motorio è un’evoluzione della
246 Progressione a triangolo a due passi e permet-
Come per la precedente te di raggiungere appoggi distanti effettuando
progressione, si inizia da quattro passi.
una posizione a triango-
lo: una mano è sull’ap- I primi due sono intermedi e contraddistin-
piglio, il piede opposto guono questa progressione differenziandola
è in appoggio e l’altro dalla precedente. Questi due passi intermedi
in bilanciamento. L’altra
mano può utilizzare un favoriscono l’anticipo dei piedi, facilitando il
appiglio in basso senza posizionamento corretto del piede (con la parte
interferire con l’equili-
interna) sull’appoggio finale che viene raggiun-
brio generale della posi-
zione. to con il terzo passo. Il quarto e ultimo passo si
esegue preferibilmente in bilanciamento.
Come per la precedente progressione, si ini-
zia da una posizione a triangolo: una mano è
sull’appiglio, il piede opposto è in appoggio e
l’altro in bilanciamento. L’altra mano può uti-
lizzare un appiglio in basso senza interferire
con l’equilibrio generale della posizione. Per
progredire si sposta questa mano, alzandola
preferibilmente in diagonale. Si eseguono poi
quattro passi, iniziando sempre con il piede in
bilanciamento, e si raggiunge la nuova posizio-
ne a triangolo. Per maggiore chiarezza: i primi
due sono passi intermedi, il terzo è in appoggio
e l’ultimo in bilanciamento.
Ad esempio, se iniziamo la sequenza con un
triangolo a sinistra, solleviamo la mano destra
sull’appiglio successivo. Si eseguono quindi i
due passi intermedi iniziando con il piede si-
nistro (quello che nella posizione iniziale era
Alpinismo su roccia Tecnica individuale

in bilanciamento), si continua raggiungendo


l’appoggio con il terzo passo (piede sinistro) e
si termina con il piede destro in bilanciamento.
Da questa posizione a triangolo a destra, con-
tinueremo la sequenza alzando la mano sinistra
e, spostando per primo il piede destro, effettue-
remo quattro passi per terminare in bilancia- 247

mento con il piede sinistro.


(Vedi Fig. 5.154, 5.155, 5.156, 5.157, 5.158,
5.159, 5.160)

Fig 5.154 Progressione a triangolo con Fig 5.155 Progressione a triangolo con
quattro passi quattro passi

Fig 5.156 Progressione a triangolo con Fig 5.157 Progressione a triangolo con
quattro passi quattro passi
Tecnica individuale Alpinismo su roccia

E’ forse opportuno, in questo contesto, ricor-


dare l’importanza di imparare le progressioni
per favorire lo sviluppo della capacità motoria e
semplificare l’apprendimento.
Quando si raggiunge un livello tecnico suffi-
cientemente elevato, riuscendo ad eseguire con
248 buona padronanza le tecniche descritte nel pre-
sente manuale, si consiglia di unire e collegare
le differenti progressioni in modo da utilizzare
lo schema più adatto a ciascuna circostanza.
Fig 5.158 Progressione a
triangolo con quattro passi
E’ possibile, quindi, iniziare con una sequenza
a triangolo a due passi e continuare con un’altra
a quattro passi e viceversa. Allo stesso modo, è
importante saper collegare la progressione fon-
damentale alla progressione a triangolo.
Qualora risultasse difficile eseguire questi
esercizi collegandoli in sequenza, si consiglia
di continuare a ripetere individualmente le
sequenze di base. Per quanto riguarda l’isola-
mento del bacino, la testa e le spalle tendono
a rimanere ferme rispetto alle mani, in posizio-
ne centrale, ma a differenza della Progressione
Fig 5.159 Progressione a Fondamentale, la quale utilizza due appigli alla
triangolo con quattro passi
stessa altezza, la testa è rivolta dalla parte oppo-
sta al piede sollevato.
Il concetto è lo stesso con una diversa applica-
zione.

Paolo Caruso

Fig 5.160 Progressione a


triangolo con quattro passi
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

capitolo 6
Ancoraggi e soste

INDICE
Premessa
Ancoraggi
• Classificazione degli ancoraggi
• Ancoraggi naturali
• Ancoraggi artificiali
Soste
• Collegamenti in parallelo
• La sosta mobile
• La sosta fissa
• La sosta semimobile
• La sosta con asola inglobata
• Collegamento in serie
• Uso dei blocchi da incastro in opposizione

torna al sommario
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

PREMESSA
In questo capitolo si affronta la tematica della progressione della cordata
in parete, considerando in particolare la predisposizione di ancoraggi di
progressione e di sosta, la realizzazione di soste per la salita e per le calate
in corda doppia.
250 Per quanto riguarda nello specifico le tecniche di assicurazione dal secondo
al primo di cordata, si daranno qui le indicazioni principali sulle modalità
e tecniche corrette da adottare, rimandando per una trattazione dettagliata
al cap. 8 e alle pubblicazioni [1] [12], che riportano anche numerosi test ed
esperimenti condotti negli anni su questi argomenti.
Infine, per la particolarità della tecnica, si demanda al capitolo 10 l’illu-
strazione di alcuni aspetti delle tecniche di predisposizione di ancoraggi in
arrampicata artificiale, così come pure dei materiali specifici.

ANCORAGGI
Classificazione degli ancoraggi
Prima di parlare del corretto uso della corda
per effettuare le manovre di autoassicurazio-
ne e assicurazione, è necessario esaminare le
modalità di ancoraggio della cordata alla pare-
te. Infatti, condizione essenziale per una salita
sicura è che sulla parete esistano, o che vi si
possano applicare, ancoraggi sufficientemente
solidi che consentano il collegamento dei com-
ponenti della cordata alla parete stessa.
Gli ancoraggi possono essere di due tipi:
naturali o artificiali. Con ancoraggi naturali si
intendono: spuntoni di roccia, fori comuni-
canti (clessidre), alberi, sassi incastrati, massi e
strozzature. Con ancoraggi artificiali si inten-
dono: chiodi da roccia, blocchetti da incastro
fissi o regolabili, cunei, spit/fix.
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

In diretto collegamento con gli ancoraggi si


utilizzano anelli di cordino o di fettuccia e
moschettoni.

Ancoraggi naturali Con ancoraggi naturali si


intendono: spuntoni di
Sono a volte numerosi, ma spesso anche difficili roccia, fori comunicanti 251
da usare correttamente in quanto vi è il rischio (clessidre), alberi, sassi
di un’errata valutazione della loro resistenza e incastrati, massi e stroz-
funzionalità: occorre colpo d’occhio, esperienza zature. Con ancoraggi
artificiali si intendono:
e molta attenzione per ricavare da essi una suf- chiodi da roccia, bloc-
ficiente garanzia di sicurezza. Ad esempio, un chetti da incastro fissi o
semplice e spesso malsicuro masso su un pendio regolabili, cunei, spit/fix.
ghiaioso può essere spesso scambiato per un so-
lido spuntone di roccia.

Spuntoni
E’ necessario precisare che sugli spuntoni vanno
sempre usati anelli di cordino o fettuccia e solo
eccezionalmente (nel caso di mancanza di mate-
riale) la corda di cordata. Dato per scontato l’ac-
certamento della loro solidità, gli inconvenienti
che questo tipo di ancoraggio presenta sono:
- possibilità di taglio dell’anello di cordino o
fettuccia, in caso di strappo, da parte di spigoli
taglienti della roccia;
- possibilità di sfilamento degli anelli di cordino
o fettuccia dallo spuntone.
Al primo inconveniente si può almeno in parte
ovviare smussando col martello gli spigoli o im-
piegando più anelli. Il secondo inconveniente
comporta un rischio maggiore e limita la pos-
sibilità di impiego dello spuntone come anco-
raggio al punto di sosta. Quando l’assicurazione
è effettuata al primo di cordata, nel caso di una
sua caduta, lo strappo può essere rivolto verso
Fig. 6.01 Spuntone utilizzato per
l’alto (la corda è passata attraverso altri anco- corda doppia
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

raggi di rinvio) e chi assicura può quindi essere


strappato via insieme con l’anello infilato nello
spuntone.
Quale ancoraggio a un punto di sosta lo spun-
tone può essere quindi usato solamente nei casi
in cui:
- venga solamente recuperato un secondo di
252
cordata, senza che poi lo stesso ancoraggio ven-
Per effettuare una ca- ga riutilizzato per il primo;
lata a corda doppia lo
spuntone offre un buon - si è certi che l’ancoraggio non possa essere sol-
ancoraggio, con scarse lecitato verso l’alto, nemmeno in caso di caduta
possibilità di sfilamento del primo, cosa che può avvenire su terreno faci-
in quanto la sollecitazio- le, dove per procedere più speditamente si tende
ne avviene solo verso il
basso. a evitare per quanto possibile l’uso di ancoraggi
artificiali; è necessario verificare tale condizione
con attenzione;
- la sua conformazione è tale (ad esempio a fun-
go) da non consentire, se correttamente usato,
uno sfilamento (caso raro).
Per effettuare una calata a corda doppia lo spun-
tone offre un buon ancoraggio, con scarse pos-
sibilità di sfilamento in quanto la sollecitazione
avviene solo verso il basso. Anche in questo caso
è opportuno passare un anello di fettuccia o
cordino sullo spuntone e passare la corda entro
quest’ultimo (figura 6.01).

Clessidre
Fori comunicanti naturali o clessidre possono
essere presenti anche in grande quantità su pa-
reti di calcare o dolomia, mentre sono rarissimi
su granito. Verificatene le dimensioni e la solidi-
tà, una clessidra può essere utilizzata come buon
punto di ancoraggio, sia come rinvio che come
sosta (figura 6.02). Spesso, risulta più convenien-
te e facile l’uso di cordini o fettucce in kevlar o
dyneema, per la minore dimensione e anche per
la maggiore rigidezza che a volte consentono un
Fig. 6.02 Utilizzo di una clessidra
migliore e più semplice piazzamento.
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

Sassi incastrati
Sassi o blocchi incastrati possono essere pre-
senti in fessure o camini e vengono utilizzati,
dopo una verifica della solidità dell’incastro, av-
volgendovi attorno un cordino o una fettuccia
(figura 6.03).
253

Fig. 6.03 Utilizzo di un blocco

Massi e strozzature
Per quanto riguarda i massi, accertatane la soli-
dità, si procede come nel caso di spuntoni. Le
strozzature formate da grossi massi appoggiati
alla parete con uno dei loro spigoli possono co-
stituire ottimi ancoraggi. Per utilizzarli è suffi-
ciente passare dietro e sopra la strozzatura un
cordino o una fettuccia (figura 6.04).

Fig. 6.04 Utilizzo di un masso

Alberi
Gli alberi, se presenti, offrono solitamente ot-
timi punti di ancoraggio e sosta. Si deve ovvia-
mente verificarne la robustezza e diffidare delle
piante secche (figura 6.05).
Il collegamento (cordino o fettuccia) deve es-
sere predisposto alla base del tronco; è sconsi-
gliabile predisporre il cordino o la fettuccia di
collegamento “a strozzo”, a causa dell’effetto
“taglio” che si può venire a creare.
Fig. 6.05 Alberi
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

Ancoraggi artificiali
L’uso di ancoraggi artificiali è reso necessario
dalla diminuzione o assenza di ancoraggi natu-
rali presenti in parete. Gli ancoraggi artificiali
possono essere talvolta di aiuto non solo per
l’assicurazione, ma anche per la progressione
254 vera e propria della cordata (arrampicata ar-
tificiale). La creazione di ancoraggi artificiali
Una scorta di materiale
per predisporre ancorag- avviene tramite la predisposizione in loco di
gi artificiali deve essere chiodi, blocchi da incastro, spit, ecc.
in dotazione ad ogni cor- Una scorta di materiale per predisporre anco-
data su vie di stampo al- raggi artificiali deve essere in dotazione ad ogni
pinistico. La scelta sia del
tipo di materiale sia della cordata su vie di stampo alpinistico. La scelta
sua quantità dipende sia del tipo di materiale (chiodi, blocchi da in-
dalla difficoltà e dal tipo castro, ecc.) sia della sua quantità dipende dalla
di terreno della salita. difficoltà e dal tipo di terreno della salita. Men-
tre è chiaro che su vie di arrampicata sportiva
è normalmente superfluo avere attrezzatura
di questo tipo, per vie “di ambiente” almeno
una dotazione minima di blocchi da incastro è
consigliata. Su vie di un certo impegno o poco
frequentate, oltre ai blocchi da incastro è op-
portuno avere anche una scelta più ampia di
chiodi. Il tipo, la dimensione e l’effettiva quan-
tità di questo materiale devono essere valutati
di volta in volta, con attenzione, in dipendenza
dalla salita che si intende affrontare.

Chiodi da roccia
L'utilizzo corretto dei Per utilizzare al meglio i chiodi in ogni situazio-
chiodi ha bisogno di ne è necessaria una grande esperienza, spirito
una grande pratica per
di osservazione, fantasia e pazienza. Infatti, il
acquisire la capacità di
individuare caso per caso loro utilizzo corretto ha bisogno di una grande
e rapidamente il tipo, il pratica per acquisire la capacità di individuare
posizionamento e le ca- caso per caso e rapidamente il più opportu-
pacità di tenuta.
no posizionamento e dimensione/fattezza del
chiodo, oltre che per valutarne correttamente
le capacità di tenuta. Purtroppo, nella pratica
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

alpinistica capita sempre meno frequentemente


di piantare chiodi, poiché sempre più spesso si
frequentano vie con già una buona chiodatura
o addirittura vie con fix/spit. Questo, se da un
lato può apparire positivo in quanto si frequen-
tano itinerari che presentano già una buona
chiodatura e quindi più sicuri, fa sì che gli al- 255
pinisti siano sempre meno esperti nel piantare
chiodi. Sarebbe auspicabile quindi un esercizio
anche di questa tecnica per poterla utilizzare
nei modi opportuni se e quando necessario.
Nel piantare un chiodo bisogna considerare
molti aspetti:
- valutare il tipo e la dimensione delle fessure o
dei buchi nella roccia in funzione dei chiodi a
disposizione;
- scegliere il chiodo adatto, individuandolo
possibilmente al primo tentativo;
- piantare il chiodo tenendo conto della forma
della roccia in modo da lasciare attorno alla sua
testa uno spazio sufficiente per infilarvi il mo-
schettone;
- valutare quali direzioni possono avere le forze
applicate al chiodo in caso di caduta e piantarlo Fig. 6.06 Effetto torsione su chiodo
in modo che queste lo sollecitino con compo- verticale (a) e orizzontale (b)
nenti assiali di compressione o, se di trazione,
quanto più limitate possibile;
- tenere presente che il secondo di cordata do-
vrà toglierlo e perciò di non piantarlo in modo
irrecuperabile.
I chiodi vanno portati appesi a moschettoni o
ad appositi portachiodi. E’ bene non mettere
troppi chiodi in un solo moschettone per faci-
litare le operazioni di scelta e sgancio dal mo-
schettone stesso.
Si è visto nel cap. 2 che esistono diverse catego-
rie di chiodi:
1) chiodi orizzontali, con l’anello perpendicola-
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

re alla lama (utilizzo per fessure verticali);


2) chiodi verticali, con l’anello nello stesso pia-
no della lama (utilizzo per fessure orizzontali);
3) chiodi universali, con l’anello a 45° rispetto
alla lama (utilizzo in entrambi i casi).

Utilizzati in questo modo, infatti, in caso di sol-


256
lecitazione sul chiodo si viene sempre a creare
sulla lama una componente torsionale che ne
Fig. 6.07 Effetto torsione su
aumenta l’attrito contro la roccia, diminuendo
chiodo universale il pericolo di una sua estrazione (figure 6.06 e
6.07). Il chiodo per fessure verticali può anche
essere usato in fessure orizzontali purché sia in-
fisso fino all’anello. In questo caso infatti l’effet-
to torsionale sulla lama è sostituito dell’appog-
gio dell’anello alla roccia (figura 6.08).
Come già illustrato nel cap. 2, con riferimento
al materiale di costruzione, i chiodi si dividono
in:

- chiodi di acciaio dolce, non trattato e facilmen-


Fig. 6.08 Appoggio anello
chiodo alla roccia te deformabile;
- chiodi di acciaio temprato.

La tenuta di un chiodo in acciaio dolce è do-


vuta soprattutto alle pressioni che si formano
sulle pareti della fessura in relazione alle forze
Quando la profondità o applicate per l’infissione, alla forma del chiodo
la dimensione della fes- stesso e alle deformazioni della lama dovute alla
sura non consentono di tortuosità della fessura. Si deteriorano abbastan-
piantare il chiodo fino
za rapidamente, specialmente quelli a lama sot-
all’anello e non ci sono
altre possibilità di chio- tile. Il loro impiego è molto utile su rocce tenere
datura, al fine di dimi- (dolomia in genere), ove il chiodo duro provoca
nuire l’effetto “leva” si rotture che ne diminuiscono la tenuta. Quando
deve piegare la parte di
la profondità o la dimensione della fessura non
lama esterna alla parete.
consentono di piantare il chiodo fino all’anello
e non ci sono altre possibilità di chiodatura, al
fine di diminuire l’effetto “leva” si deve piegare
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

la parte di lama esterna alla parete (figura 6.09).


I chiodi in acciaio temprato sono molto adatti
per il granito e le rocce dure in genere, anche
se possono essere utilizzati su dolomia o calcare
quando queste sono compatte e non friabili. In
genere, danno maggior sicurezza dei chiodi in
acciaio dolce, in quanto sono più resistenti, si
deteriorano molto meno, si piantano e si tol-
gono più facilmente. A differenza dei chiodi in
acciaio dolce, quelli in acciaio temprato, non
si deformano e non seguono le tortuosità della
fessura. E’ opportuno, nel piantarli, che entrino
nella fessura sino alla metà della lama prima di
batterli con il martello. Fig. 6.09 Diminuzione dell'effetto leva

D’altra parte, in alcuni casi particolari e quan-


do non ci sono altre possibilità di chiodatura,
alcuni tipi di questi chiodi possono penetrare in
fessure anche parzialmente bloccate e dare una
sufficiente garanzia di tenuta.
I tipi più comuni sono:

- chiodi a lama sottile;


- chiodi piatti orizzontali;
- chiodi ad angolo (a “L” o “V”).

I chiodi a lama sottile sono chiodi orizzontali


adatti per fessure strette; quelli piatti orizzontali
possono essere di vario spessore e di diverse lun-
ghezze. I chiodi ad angolo hanno una lunghezza
che varia tra i 7 ed i 12 cm e con la dimen-
sione minima dell’ala di circa 1-2,5 cm. Nelle
fessure orizzontali occorre piantarli con l’anello
ed il lato aperto della “V” rivolti verso il basso;
per piantarli sono necessari solo pochi colpi di
martello.
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

Infissione dei chiodi


Per ottenere il massimo di tenuta è indispensa-
bile piantarli energicamente (sfruttando le fes-
sure o i fori naturali della roccia), possibilmente
fino all’anello. In fessure verticali, devono essere
infissi con l’angolazione ottimale di circa 70°-
80° rispetto alla parete (figura 6.10).
258
Normalmente, il chiodo deve essere piantato
Fig. 6.10 Angolo ottimale per con una mano sola; lo si infila nella fessura, lo
l'infissione di un chiodo
si consolida con alcuni colpi di assestamento e
infine lo si batte definitivamente. Quando entra
lentamente e regolarmente nella fessura il suo
ancoraggio generalmente è ottimo. In questo
caso, il suono provocato dai colpi del martello
sulla testa è chiaro e argentino e si suole dire
che il chiodo entrando “canta”. Se viceversa il
chiodo non entra “cantando” è inutile insistere:
il risultato sarebbe solamente quello di rovinare
il chiodo e di sprecare energie.
Nel caso non si riesca a piantare il chiodo com-
pletamente e non si hanno alternative alla chio-
Fig. 6.11 Riduzione del braccio datura, si deve ridurre il braccio di leva mediante
di leva con chiodo orizzontale in
acciaio tenero
un cordino con nodo barcaiolo (figura 6.11).
Se non si hanno chiodi adatti alle fessure e si
deve assolutamente chiodare, occorre esperienza
e “lavorare di fantasia”. Sovente si può trovare
una soluzione con l’accoppiamento di due chio-
di, come illustrato in figura 6.12.
Ovviamente, quando si ricorre a tali artifici, che
richiedono grande esperienza, bisogna control-
lare bene la capacità di tenuta del sistema.
Arrampicando, si trovano spesso chiodi già
infissi. E’ buona norma, prima di utilizzarli,
verificarne sempre la tenuta. Un buon sistema
per controllare la solidità di un chiodo infisso è
quello di battere leggermente col martello la te-
sta nel senso della fessura, come per l’estrazione.
Fig. 6.12 Accoppiamento di due chiodi Se il martello rimbalza elasticamente, il chiodo
in fessura verticale
ha una buona tenuta, altrimenti sarebbe oppor-
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

tuno ripiantarlo o sostituirlo.


I chiodi infissi dal capocordata debbono essere,
per quanto possibile, tolti dal secondo.
Questa operazione deve essere rapida, richiedere
poca fatica all’alpinista che la compie ed essere
fatta in modo da non deformare eccessivamen-
te i chiodi recuperati. A tal fine, è opportuno 259
che il secondo di cordata operi in posizione il
più comoda possibile e in equilibrio. Per otte-
nere queste condizioni, si può far bloccare la
corda dal primo e rimanervi appesi durante la
schiodatura. L’estrazione del chiodo si effettua
mediante una serie di colpi di martello battuti
nei due sensi lungo l’andamento della fessura,
fino a provocare l’allentamento e la progressiva
fuoriuscita, che viene completata a mano con
movimenti alternativi o con uno strappo.
La violenza dei colpi di martello deve essere re-
golata in funzione del tipo di chiodo da togliere.
Per il chiodo di acciaio temprato bastano spesso
delle serie di piccoli colpi rapidi e, quando il
chiodo ha preso gioco nella fessura, lo si toglie Estrazione di un chiodo con cavetto
con la mano o facendo leva con il becco del
martello. Il chiodo di acciaio dolce se ben pian-
tato risulta, a causa della sua deformabilità ed
adattabilità alle fessure, più difficile da estrarre. L’estrazione del chiodo
Dopo averlo smosso lateralmente, per l’estrazio- si effettua mediante una
ne può essere conveniente usare una catena di serie di colpi di martel-
moschettoni o un cavetto metallico preparato lo battuti nei due sensi
lungo l’andamento della
all’uopo (vedi cap. 2). fessura, fino a provocare
l’allentamento e la pro-
Tutte queste considerazioni hanno peraltro un gressiva fuoriuscita, che
valore indicativo e generico, essendo suscettibili viene completata a mano
con movimenti alternati-
di adattamento ai singoli casi che si presentano vi o con uno strappo.
di volta in volta. In ogni caso, essendo l’inseri-
mento e l’estrazione dei chiodi operazioni che
richiedono un notevole dispendio di energia
e di tempo e che implicano, se fatte male, un
accresciuto pericolo potenziale, è opportuno
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

acquisire esperienza ed essere adeguatamente


preparati.

Chiodi a pressione, spit, fix, resinati


A differenza dei chiodi classici, per questi chiodi
deve essere preventivamente effettuato un foro
nella roccia per il loro inserimento. A parte il
260
caso particolare di apertura di nuovi itinerari e
su difficoltà in ogni caso sostenute, non sono
di uso comune in vie di ambiente. Al giorno
d’oggi in pratica non si utilizzano più i chiodi a
pressione, essendo stati sostituiti di fatto dai fix,
che si trovano spessissimo nelle falesie e anche
su vie di ambiente aperte in ottica “moderna”.
I resinati sono utilizzati solamente nelle falesie
per attrezzare itinerari di arrampicata sportiva.
Essendo l’infissione di spit e resinati una prati-
ca decisamente non comune per la stragrande
maggioranza degli alpinisti e richiedendo que-
ste operazioni in ogni caso una grande pratica
ed esperienza sia per l’individuazione del posto
migliore sia delle modalità di infissione, non si
ritiene opportuno entrare in questa sede in det-
Resinati tagli che non risulterebbero di interesse per la
maggioranza dei lettori.

Blocchi da incastro
Al giorno d’oggi in pra- Il loro uso è oggigiorno molto diffuso: se utiliz-
tica non si utilizzano
più i chiodi a pressione, zati bene, consentono di effettuare velocemente
essendo stati sostituiti di buone protezioni intermedie senza richiedere
fatto dai fix, che si tro- un eccessivo dispendio di energia. Inoltre, il
vano spessissimo nelle loro utilizzo non rovina la roccia come succede
falesie e anche su vie di
ambiente aperte in ottica invece con ripetute chiodature e schiodature di
“moderna”. fessure. Serve ovviamente esperienza e buon col-
po d’occhio per la loro corretta predisposizio-
ne: se mal posizionati possono, infatti, risultare
inaffidabili e pericolosi.
Il principio su cui si basano, sia i blocchi fissi
sia quelli regolabili, è di creare un ancoraggio
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

fisso incuneandosi nelle fessure o nei fori del- A


la roccia sfruttando irregolarità e variazioni di
larghezza. Si deve tenere bene presente che han-
no una buona tenuta, anche se ben posizionati,
solamente in una direzione (vedi figura 6.13).
Anche se si cerca di far sì che la tenuta coincida
con la direzione lungo la quale avverrà la solleci- 261
tazione, non si ha la garanzia che questo avven-
ga realmente. Inoltre il blocchetto, una volta in-
serito, può essere spostato anche dai movimenti
della corda. Per evitare questo effetto, si deve
utilizzare un rinvio intermedio tra l’anello del
blocchetto e la corda.
Alcune regole elementari per l’impiego dei bloc-
chi da incastro fissi sono le seguenti:
- il blocco deve essere più grande, anche se solo
di poco, della fessura in cui è inserito;
- potendo scegliere tra due blocchi, è bene uti- B
lizzare quello più grande in quanto tende ad es-
sere più sicuro;
- si deve utilizzare il blocco che corrisponde
maggiormente alla geometria della fessura e con
la maggior superficie possibile a contatto con la
roccia; a
- possibilmente, si deve inserire il blocco ben
dentro la fessura, non solo nella direzione verti-
cale ma anche in quella orizzontale; b
- si deve orientare il cavo del blocco verso la di-
rezione prevista dell’eventuale sollecitazione; si
deve tenere presente che spesso non è possibile
prevedere con sicurezza la direzione della solleci-
tazione sul blocco, in quanto essa può cambiare
con il posizionamento dell’ancoraggio successi-
vo; in particolare questa precauzione deve essere
presa con il primo ancoraggio.
Fig. 6.13 Impiego dei blocchetti su
fessura verticale (A)
I blocchi da incastro più comodi sono senz’altro Impiego dei blocchetti su fessure
quelli regolabili, anche se più costosi. orizzontali (B): per incastro (a)
per torsione (b)
Consentono un inserimento molto rapido e,
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

adattandosi automaticamente alla dimensione


della fessura, danno una maggiore garanzia di
tenuta. Regole elementari per il loro uso sono:
- allineare il cavo del blocco verso la direzione
prevista di sollecitazione;
- interporre un rinvio tra la corda e il cavo del
blocco per evitare che questo si muova dalla
262
sede di inserzione;
- non inserire il blocco troppo dentro la fessura,
sia per poterlo estrarre meglio sia per poter veri-
ficarne la solidità;
- il blocco non deve essere inserito al limite di
Fig. 6.14 Posizionamento di chiusura, sia perché non offrirebbe garanzie di
un blocco regolabile tenuta sia perché potrebbe risultare molto pro-
blematica la sua estrazione;
- per ottenere la massima sicurezza, si deve op-
tare per il blocco con dimensioni tali che, una
volta posizionato, presenti circa il 50% di chiu-
sura (figura 6.14);
- non utilizzare mai un blocco con un’asta me-
tallica in una fessura orizzontale, ma solo in fes-
sure verticali (figura 6.15).

Fig. 6.15 Posizionamento di


SOSTE
un blocco con asta rigida
Di seguito si riassumono alcune indicazioni e
considerazioni sulle tipologie di soste adottate
per l’assicurazione di una cordata in arrampica-
ta su roccia, ricordandone le principali caratteri-
stiche e modalità di predisposizione [34].
Per predisporre un punto
di sosta, salvo casi ecce- Dando per scontato che per predisporre un
zionali, si devono sempre punto di sosta, salvo casi eccezionali, si devo-
utilizzare almeno due an-
no sempre utilizzare almeno due ancoraggi, una
coraggi.
prima distinzione tra i modi di effettuare una
sosta per assicurazione è tra le soste effettuate
collegando “in parallelo” i punti di assicurazione
(chiodi, spit, ecc.) ovvero “in serie”.
Tradizionalmente, si effettuano soste in paralle-
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

lo ritenendo che il fatto di ripartire il carico su


più punti in modo (grosso modo) uniforme sia SOSTA IN PARALLELO
meglio che non sollecitarne uno solo.
Questa considerazione, che sembra molto sem-
plice e ovvia, non è peraltro mai stata effettiva-
mente verificata (aprile 2008) con test pratici freno sul
tesi a controllare effettivamente i vantaggi della vertice del
263
collegamento
sosta in parallelo rispetto a quella in serie.
Uno svantaggio evidente della sosta in parallelo compagno
è il fatto che, nel caso di cedimento di uno degli che
ancoraggi, sul punto rimanente si ha una sol- assicura
lecitazione “a strappo” molto forte, effetto non
presente - o perlomeno non con la stessa entità
- nel caso di sosta in serie. SOSTA IN SERIE
Altro aspetto non molto approfondito è la ve-
rifica di come sia effettivamente distribuito il
freno sul
carico sui punti di ancoraggio: infatti, in virtù singolo
di attriti, strizioni su cordini o fettucce e altri ancoraggio

effetti “spuri”, in generale è difficile che gli an-


coraggi si trovino effettivamente a lavorare in
condizioni ottimali, ed in genere si potrà sup- compagno
porre che il carico non sia distribuito in modo che
assicura
uniforme tra loro, arrivando a squilibri del cari-
co anche molto forti.
Fig. 6.16 Collegamento in parallelo
Nonostante questi aspetti, la sosta in paralle- o in serie
lo è ancora, al momento, quella da ritenersi la
Uno svantaggio evidente
migliore in quanto si adatta meglio alle diverse
della sosta in parallelo è il
circostanze. fatto che, nel caso di cedi-
mento di uno degli anco-
Collegamento in parallelo raggi, sul punto rimanen-
te si ha una sollecitazione
Considerando dapprima le sole soste “in paralle- “a strappo” molto forte.
lo”, che vengono di fatto adottate nella maggior
parte dei casi, è possibile effettuare la seguente
classificazione:
1) sosta mobile;
2) sosta fissa;
3) sosta semimobile;
4) ad asola inglobata.
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

Prima di entrare nei dettagli delle singole tipo-


logie, è bene premettere alcune considerazioni
generali:
a) Per la realizzazione di soste
A parte il caso ovvio di quelle predisposte per le
corde doppie, per le quali si infila direttamente
il cordino o la fettuccia nei punti di ancoraggio
264
(chiodi o altro), è sempre opportuno utilizza-
re moschettoni a ghiera per il collegamento del
cordino o della fettuccia ai punti di ancoraggio.
Questo per ovviare a possibili aperture della leva
del moschettone che possono crearsi ad esem-
pio per ribaltamenti della sosta o in ogni caso
da posizioni sbagliate di lavoro dei moschettoni
stessi. Infatti, trovandosi a lavorare eventual-
mente a leva aperta, il moschettone potrebbe
anche arrivare a rottura, con le immaginabili
spiacevoli conseguenze. Esistono oggigiorno in
commercio moschettoni di dimensione adatta
per la realizzazione di soste e se ne consiglia vi-
vamente l’utilizzo. Si ricorda che i moschettoni
devono sempre lavorare nella direzione corretta;
nel caso illustrato nelle figure a lato per realiz-
zare in modo sicuro il collegamento al punto di
ancoraggio è necessario utilizzare un anello di
cordino, meglio in kevlar o dyneema, con nu-
mero di rami adeguato (vedi punto d).
b) Per realizzare la sosta è bene utilizzare un
cordino, possibilmente in kevlar o dyneema,
chiuso con un nodo inglese doppio o triplo, di
lunghezza adeguata. Se il cordino è in nylon, è
opportuno che sia almeno di diametro 7 mm,
quindi con carico di rottura su 4 rami di circa
20 kN. Con diametri inferiori, si deve ovvia-
mente realizzare un numero di rami maggiore
per raggiungere una tenuta complessiva della so-
sta di 20 kN. Si possono utilizzare anche anelli
di fettuccia in nylon o in dyneema di larghezza
adeguata (20/50 mm). Larghezze inferiori po-
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

trebbero, infatti, a causa dell’effetto di “schiac-


ciamento” sul moschettone posto sul vertice del
triangolo, causarne, in casi limite, addirittura la
rottura.
c) Nella realizzazione di una sosta su vie di più
tiri, il primo di cordata si deve autoassicurare
ad un punto di ancoraggio il prima possibile, 265
non aspettando quindi di avere realizzato com-
pletamente la sosta prima di autoassicurarsi alla
stessa.
d) Calcolo del numero di rami
Come detto precedentemente, il cordino da uti-
lizzare in sosta deve avere un diametro minimo
di 7 mm. Questa scelta è dovuta al fatto che si
deve ottenere in ciascun elemento della catena
dinamica di assicurazione una resistenza di al-
meno 20 kN. Essendo il cordino di sosta utiliz-
zato in modo che siano presenti almeno quattro
rami, e considerando per precauzione un fattore
di riduzione del nodo del 50% del carico utile,
si vede come un cordino di 7 mm, che presenta
un carico di rottura pari a 7*7*20 = 9,8 kN,
sia di fatto sufficiente (per la precisione, sarebbe
Il cordino da utilizzare in
leggermente scarso: 9,8*4/2 = 19,60 kN). sosta deve avere un dia-
Questo tipo di ragionamento va sempre appli- metro minimo di 7 mm.
cato, nel caso non si abbia a disposizione un Questa scelta è dovuta al
fatto che si deve ottenere
cordino di diametro adeguato, per ottenere in
in ciascun elemento della
ogni caso una sosta sufficientemente sicura. catena dinamica di assi-
Se, per esempio, si ha a disposizione solo un curazione una resistenza
cordino di diametro 6 mm (carico di rottura 7,2 di almeno 20 kN.
kN) quattro rami non sono sufficienti (7,2*4/2
= 14,4 kN) e se ne devono utilizzare almeno sei
(si ha infatti 7,2*6/2 = 21,6 kN). In generale
(vedi cap. 2), detto Rc il carico di rottura del
cordino a disposizione, si dovrà utilizzare un
numero di rami maggiore o uguale a

N = 20 * 2/Rc
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

La sosta mobile
Questo è il tipo “classico” di sosta. Su uno dei
tratti dell’anello di cordino che unisce gli an-
coraggi (nella figura quello di destra) si forma
un occhiello che, insieme all’altro tratto (nella
figura quello di sinistra), si fa passare entro un
266
moschettone a ghiera a base larga (tipo H) da
utilizzare per l’assicurazione al compagno (figu-
ra 6.17).
Questa manovra è necessaria per utilizzare in-
sieme i due rami dell’anello di cordino evitando
Fig. 6.17 Sosta mobile
però che, in caso di cedimento (rottura, estra-
collegamento di due ancoraggi zione) di uno degli ancoraggi, il moschettone si
sfili: i possibili errati collegamenti sono mostra-
ti nella figura 6.18. Il sistema di collegamento
descritto crea così un unico punto centrale in
cui mettere il moschettone su cui si realizza l’as-
sicurazione al compagno ed eventualmente la
propria autoassicurazione. Esso può essere este-
so al caso di più di due ancoraggi (ad esempio
tre) sempre passando il moschettone entro un
occhiello ottenuto su uno dei rami e poi in tutti
gli altri rami, per evitarne lo sfilamento (figura
Fig. 6.18 Sosta mobile
6.19).
collegamenti errati La sosta mobile offre certamente una serie di
vantaggi, ma è giusto sapere che ha anche alcuni
aspetti potenzialmente negativi.

Vantaggi
1) Suddivide il carico in modo più o meno
uguale su tutti i punti di ancoraggio.
2) Funziona bene qualunque sia la direzione del
carico.

Svantaggi
1) In caso di ribaltamento, se si è adottata la
Fig. 6.19 Sosta mobile collegamento tecnica di assicurazione “classica” con mezzo
di tre ancoraggi
barcaiolo effettuato sul vertice della sosta, porta
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

tipicamente a generare forze di arresto maggiori


e quindi sollecitazioni maggiori sull’ultimo rin-
vio (questo per come si viene a trovare la mano
di chi effettua l’assicurazione).
2) Nel caso di rottura di uno dei rami di cordi-
no, tutta la sosta è compromessa, con le conse-
guenza deleterie facilmente immaginabili. Nella predisposizione
della sosta mobile il nodo 267
3) Nel caso di fuoriuscita di uno degli ancoraggi
di giunzione del cordino
vi è una (forte) sollecitazione a strappo sul (sui) va collocato nel tratto
rimanente(i). “corto” del triangolo, in
modo che, in caso di ri-
baltamento della sosta,
Nella predisposizione di questo tipo di sosta, si
non vada ad interferire
deve ricordare che è bene che il nodo di giunzio- con lo scorrimento del
ne del cordino (o la cucitura della fettuccia) sia moschettone con cui si
collocato nel tratto “corto” del triangolo, come effettua l’assicurazione
dinamica, situazione che
mostrato in figura 6.17. In questo modo, in caso
potrebbe causare una non
di ribaltamento della sosta, si evita la possibilità uniforme ripartizione del
che il nodo vada ad interferire con il moschet- carico.
tone con cui si effettua l’assicurazione dinamica
(o la propria autoassicurazione), situazione che
potrebbe causare una non uniforme ripartizione
del carico (e al limite la sollecitazione su un solo
punto di ancoraggio).
Inoltre sarebbe bene che i punti di ancoraggio
fossero quanto più possibile sulla verticale tra
loro, in modo da ridurre l’angolo di apertura del
triangolo. Si ricorda, infatti, che sugli ancoraggi
si viene a creare una componente “orizzontale”
(o, per essere più precisi, diretta lungo la linea
congiungente gli ancoraggi) che, per angoli su-
periori ai 120 gradi, genera su ciascuno di essi
una sollecitazione superiore a quella applicata
sul vertice del triangolo. Fig. 6.20 Sosta mobile con tipo
di assicurazione classica
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

carichi

268

gradi

Forza orizzontale (blu) e


complessiva (rosso)
sul singolo ancoraggio (daN)
Angolo al vertice (gradi)

50 daN 50 daN

Fig. 6.21 Andamento, al variare


dell’angolo al vertice, della forza
orizzontale (blu) e complessiva (rossa)
applicata ad un ancoraggio.
Il carico totale sul vertice della sosta
è di 100 daN; se l’angolo al vertice
è pari a 120°, su ciascun ancoraggio
sono applicati 100 daN. 100 daN
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

Dalla figura 6.21 risulta evidente che sono asso-


lutamente da evitare angoli maggiori di 120°, o
anche soltanto poco inferiori a tale valore.
Per un angolo di 120° la sollecitazione totale su
Nella sosta mobile sono
ciascuno degli ancoraggi è uguale a quella appli-
assolutamente da evitare
cata al vertice e se l’angolo è superiore si hanno angoli maggiori di 120°.
carichi addirittura maggiori. Per un angolo di 120° la 269
Una condizione limite potrebbe essere conside- sollecitazione totale su
ciascuno degli ancoraggi
rata quella in cui l’angolo è di 90°: in tal caso
è uguale a quella applica-
la sollecitazione su ciascun ancoraggio è pari a ta al vertice e se l’angolo è
circa il 70% di quella complessiva applicata al superiore si hanno carichi
sistema. Per ottenere un angolo al vertice di 90° addirittura maggiori.
è necessario utilizzare un anello di cordino di
lunghezza pari a circa 1,5 volte la distanza tra
gli ancoraggi.
Assai meglio sarebbe comunque non superare i
60°, il che comporta l’utilizzo di un anello di
cordino di lunghezza pari a circa il doppio della
distanza tra gli ancoraggi (in questo caso la sol-
lecitazione su ciascun ancoraggio è inferiore al
60% di quella applicata al sistema).
Angoli troppo piccoli possono comportare lun-
ghezze del cordino di collegamento eccessive.
A parte le ovvie difficoltà connesse con distanze
troppo grandi dagli ancoraggi, in caso di strap-
po verso l’alto il tratto di caduta in cui il freno
non è operativo (durante il ribaltamento della Il tenere ridotta il più
possibile la lunghezza del
sosta) sarebbe troppo elevato con conseguente
cordino nella sosta mobi-
maggior sollecitazione “a strappo” sul capo- le riduce anche la solleci-
cordata. Si consideri anche che il nodo mezzo tazione che consegue ad
barcaiolo verrebbe trascinato fuori dalla portata una eventuale fuoriuscita
di uno degli ancoraggi.
di chi assicura, rendendo difficoltose successive
manovre. Il tenere ridotta il più possibile la lun-
ghezza del cordino riduce anche la sollecitazio-
ne che consegue ad una eventuale fuoriuscita di
uno degli ancoraggi.
Le considerazioni di cui sopra possono essere
estese al caso di più di due ancoraggi, anche se
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

con evidenti complicazioni e la necessità di uti-


lizzare collegamenti più lunghi.
Una nota a parte riguarda la sollecitazione uni-
forme che si suppone questo tipo di sosta ge-
neri sui punti di ancoraggio. Questa situazione
ideale, evidentemente, si realizza solamente nel
270
caso in cui non vi siano attriti sui moschettoni
e in assenza di “strizioni” particolari sul cordi-
no o fettuccia con cui si realizza la sosta. Nella
realtà, ben difficilmente la sollecitazione sarà
esattamente equilibrata su tutti i punti di an-
coraggio e in casi limiti si potrebbe verificare la
situazione in cui solo uno degli ancoraggi viene
sollecitato.

La sosta fissa
Questo tipo di sosta (vedi figura 6.22), presenta
le seguenti caratteristiche:

Vantaggi
1) Nel caso di rottura di uno dei rami di cor-
dino, l’incolumità della sosta non è completa-
mente compromessa, come avviene per la sosta
dinamica.
2) Nel caso di fuoriuscita di uno degli ancorag-
gi, non vi è una sollecitazione “a strappo” sul
(sui) rimanente(i).

Svantaggi
1) E’ direzionale, cioè ripartisce il carico in
modo uniforme sugli ancoraggi solamente se la
sollecitazione proviene da una ben precisa dire-
zione; diversamente, solo uno degli ancoraggi
viene sollecitato.
2) In caso di ribaltamento, oltre alla analoga
considerazione fatta per la sosta dinamica, il
Fig. 6.22 Sosta fissa con unico carico va ad interessare solamente uno degli
nodo sui rami (in alto) o nodi separati ancoraggi.
sui singoli rami (in basso)
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

Dato che in arrampicata è ben difficile pre-


vedere esattamente la direzione da cui verrà
l’eventuale sollecitazione, questo tipo di sosta
non trova di fatto applicazione in alpinismo e
in arrampicata quando si deve effettuare l’assi-
curazione del primo di cordata. Il caso peggiore La sosta statica trova im-
sarebbe infatti il volo del capocordata prima di piego, di fatto, solo nella 271
avere posizionato un rinvio (volo trattenuto di- realizzazione dell'anco-
rettamente sulla sosta); se si realizzasse la sosta raggio per corde doppie
o per particolari manovre
considerando questa condizione, si andrebbe di soccorso (es. calata di
peraltro ad operare per la quasi totalità dei casi ferito) nelle quali si cono-
(volo del primo dopo avere posizionato almeno sce a priori la direzione
un rinvio) in condizioni non ottimali. del carico applicato sulla
sosta.
D’altronde nella predisposizione della sosta
spesso non si sa dove verrà posizionato il primo
rinvio dal primo di cordata.
Questa considerazione fa sì che il tipo di sosta
statica trovi impiego di fatto solo nella realizza-
zione di soste per corde doppie (si veda il cap.
7), ovvero per particolari manovre di soccorso
(es. calata di ferito) nelle quali si conosce a prio-
ri la direzione del carico applicato sulla sosta.
Si noti che, anche se si utilizza una tecnica di Anche se si utilizza una
assicurazione ventrale o bilanciata, non si ha la tecnica di assicurazione
ventrale o bilanciata,
certezza che l’eventuale sollevamento dell’assi- non si ha la certezza che
curatore, derivante da un volo del capocorda- l’eventuale sollevamento
ta, non causi una sollecitazione violenta sulla di chi assicura, derivante
sosta. Se questa è realizzata in modo statico, da un volo del capocor-
data, non causi una sol-
provenendo in questo caso la sollecitazione lecitazione violenta sulla
dall’alto, si verrebbe a sollecitare uno solo de- sosta.
gli ancoraggi, generando quindi una situazione
non ottimale.
Per quanto riguarda il collegamento del cordi-
no, vi sono due modi per realizzare questo tipo
di sosta, rappresentati in figura 6.22. Nel primo
viene formata una sola asola utilizzando con-
temporaneamente tutti i rami di cordino, nel
secondo vengono effettuate due asole legando
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

separatamente i due rami. Anche se non vi sono


differenze da un punto di vista delle caratteri-
stiche statiche tra le due soluzioni, per questio-
Anche se non vi sono dif- ni di praticità è da preferire la seconda nel caso
ferenze da un punto di di cordini di diametro grosso, avendo cura in
vista delle caratteristiche questo caso di realizzare i due nodi in modo che
statiche tra le due solu- risultino sfalsati tra loro.
272 zioni (con unica asola o
con due asole) nel caso Si noti che in ogni caso la realizzazione di più
di cordini di diametro nodi sull’anello di cordino non ne inficia ul-
grosso, per questioni di teriormente la tenuta (già ridotta a circa il
praticità, è da preferire 50% dalla presenza del nodo di collegamento).
la seconda, avendo cura
di realizzare i due nodi in Come sappiamo, infatti, la realizzazione di un
modo che risultino sfal- nodo su un cordino o fettuccia fa diminuire
sati tra loro. in modo molto sensibile la tenuta statica (resi-
stenza nominale a rottura) degli stessi: si dice,
con una certa approssimazione, il 50%. Se sullo
stesso cordino o fettucia si realizzano due o più
nodi, la tenuta complessiva sarà sempre il 50%
di quella senza nodi.

La sosta semimobile
Questo tipo di sosta è un compromesso tra le
due precedenti. Viene realizzata su due punti di
ancoraggio realizzando un nodo su ciascuno dei
rami provenienti dagli ancoraggi stessi (figura
6.23).

Vantaggi
1) Nel caso di rottura di uno dei rami di cordi-
no, la tenuta della sosta non è completamente
compromessa; peraltro se la rottura avviene in
particolare sul ramo di cordino in cui scorre il
moschettone, rimane solo l'altro ramo a tratte-
nere il volo (come pure nella sosta fissa).
2) Nel caso di fuoriuscita di uno degli anco-
raggi, vi è una sollecitazione “a strappo” sul ri-
Fig. 6.23 Sosta semimobile manente che risulta inferiore rispetto al caso di
sosta dinamica, in quanto lo scorrimento del
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

moschettone viene fermato dal nodo (scorri-


mento minore).
3) Garantisce un carico equilibrato sui due
ancoraggi con sollecitazioni provenienti da un Nel caso di rottura di
uno dei rami di cordino
certo range di direzioni, definito dalla posizio- della sosta semimobile, la
ne dei due nodi aggiuntivi realizzati sul cordi- tenuta della sosta non è
no; più questi sono vicini agli ancoraggi, mag- completamente compro- 273
giore sarà l’escursione possibile ma, nel caso di messa; peraltro se la rot-
tura avviene in particola-
fuoriuscita di uno dei due, maggiore anche la re sul ramo di cordino in
sollecitazione sul rimanente. cui scorre il moschettone,
rimane solo l'altro ramo a
Svantaggi trattenere il volo.
1) Se non si pone la dovuta attenzione nella rea-
lizzazione dei due nodi, in caso di ribaltamento
della sosta viene a lavorare solo uno dei punti
di ancoraggio.
2) Può essere realizzata solo con due ancoraggi,
non con tre o quattro (a meno di arrangiamenti
molto macchinosi e di dubbia praticità).
3) Può non risultare completamente omnidi-
rezionale.
4) Analogamente alla sosta dinamica, in caso
di ribaltamento (se si adotta una tecnica di as-
sicurazione “classica” con mezzo barcaiolo sul
vertice della sosta) porta a generare forze di ar-
resto maggiori e quindi sollecitazioni maggiori
sull’ultimo rinvio. Questa sosta va realizzata La sosta semimobile va
solamente da persone con una certa esperienza, realizzata solamente da
persone con una certa
capaci di valutare al momento della costruzione esperienza, capaci di va-
il corretto posizionamento dei nodi, al fine di lutare al momento della
non inficiare la sua efficienza. costruzione il corretto
E’ peraltro una soluzione molto interessante posizionamento dei nodi,
al fine di non inficiare la
quando uno dei due punti di ancoraggio non sua efficienza.
offre le desiderate garanzie di tenuta: in questo
caso il fare un nodo sul ramo di corda che va
a questo ancoraggio può essere una soluzione
raccomandabile per evitare sollecitazioni trop-
po elevate sull’altro nel caso di fuoriuscita.
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

La sosta con asola inglobata


Questo tipo di sosta è a tutti gli effetti una sosta
mobile e pertanto ne ha gli stessi pregi e difet-
ti. Viene realizzata unendo il cordino, anziché
con un nodo doppio inglese o simile, con la
274 cosiddetta “asola inglobata” (figura 6.24a), ed
utilizzando direttamente questa per il vertice
del triangolo di sosta [27]. E' possibile anche
realizzare la sosta con un anello di cordino già
chiuso come illustrato in figura 6.24b.

Vantaggi:
1) Suddivide il carico in modo più o meno
uguale su tutti i punti di ancoraggio.
2) Funziona bene qualunque sia la direzione del
carico.
3) Non ci si deve preoccupare del posiziona-
mento del nodo sul ramo più corto della sosta,
in quanto il nodo ad asola inglobata non andrà
mai ad interferire con lo scorrimento del mo-
schettone nel cordino.
4) L’asola inglobata è il punto ottimale dove
andare a porre il primo rinvio nel caso di assi-
curazione ventrale o bilanciata, con il vantaggio
di non dovere “incrociare” i moschettoni.
5) Nel caso di assicurazione classica con mezzo
barcaiolo, se ci si autoassicura sul vertice della
sosta, si ottiene di fatto una assicurazione bilan-
ciata, in quanto il sollevamento del moschet-
tone con il mezzo barcaiolo provoca anche il
sollevamento dell’assicuratore.

Svantaggi
1) In caso di ribaltamento, se si adotta una
tecnica di assicurazione “classica” con mezzo
barcaiolo effettuato sul vertice della sosta e au-
toassicurazione su uno degli ancoraggi, porta a
Fig. 6.24a Sosta ad asola inglobata
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

generare forze di arresto maggiori e quindi sol-


lecitazioni maggiori sull’ultimo rinvio.
2) Nel caso di rottura di uno dei rami di cordi-
no, tutta la sosta è compromessa (ad eccezione
del caso fortuito di rottura della sola asola in-
globata).
3) Nel caso di fuoriuscita di uno degli ancorag- 275
gi vi è una (forte) sollecitazione a strappo sul
(sui) rimanente(i).

Collegamento in serie
Talvolta, per esempio a causa della loro distanza
relativa, non risulta possibile collegare i chiodi
di una sosta in parallelo nei modi descritti in
precedenza. Si ricorre in questi casi ad un altro
tipo di collegamento, detto in serie. Si tratta di
collegare due chiodi con un cordino in modo
tale che il collegamento risulti già, per quanto
possibile, tensionato. A tal fine è possibile uti-
lizzare diversi tipi di collegamento fra i quali il
cosidetto “nodo pacco”, come mostrato in figu-
ra 6.25 (vedi capitolo 3).

Questo tipo di collegamento si deve necessa-


riamente mettere in atto quando si utilizzano
blocchetti da incastro.

In conclusione di questa illustrazione delle va-


rie tipologie, si può dire che comunque la sosta
che viene tuttora consigliata ed adottata è quel-
la mobile (ad eccezione dell’arrampicata libera,
per motivi pratici e viste le particolari condi-
zioni). Si ricorda comunque che è auspicabile
che i frequentatori della montagna abbiano
una conoscenza “aperta” su questi argomenti,
per potere essere in grado di adottare di volta
in volta la tecnica migliore che offre le maggiori
garanzie di sicurezza. Fig. 6.24b Sosta ad asola inglobata
con anello già chiuso
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

Uso dei blocchi da incastro in oppo-


sizione
Nel predisporre i punti di assicurazione di una
sosta con i blocchi da incastro, si deve prestare
molta attenzione in quanto questi attrezzi non
possono resistere a sollecitazioni provenienti
276 da tutte le direzioni. Si deve perciò procedere
unendo almeno due blocchi contrapposti, in
modo tale da creare un punto di assicurazione
in grado di lavorare in tutte le direzioni.
I blocchi vanno collegati e messi in tensione tra
loro mediante un cordino fissato per esempio
con il nodo pacco (figura 6.26 a). Una fettuccia
(o un cordino) viene poi utilizzata per collegar-
li al moschettone di rinvio o di assicurazione:
è questa fettuccia che fa lavorare in entrambe
le direzioni l’ancoraggio così realizzato (figura
6.26 b).
Fig. 6.25 Collegamento di
due chiodi in serie

Fig. 6.26 Uso dei blocchi da


incastro in opposizione a-b a
Alpinismo su roccia Ancoraggi e soste

E’ importante capire che una coppia di bloc-


chi così collegati è da considerarsi equiva-
lente ad un solo chiodo del punto di sosta,

277

e che quindi si deve avere o predisporre un altro


punto di assicurazione per ottenere una sosta
sicura (cioè un chiodo, una clessidra, altri due
blocchi da incastro, ecc.), figura 6.27.

Fig. 6.27 Sosta mobile su blocchi


da incastro e chiodo
Ancoraggi e soste Alpinismo su roccia

278
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

capitolo 7
Corde doppie, corde fisse,
risalita corde
INDICE

Corde doppie
• Generalità
La discesa in corda doppia
• Ancoraggi per corda doppia
• Attrezzatura personale per corda doppia
• Autoassicurazione alla sosta
• Aggancio della corda all’ancoraggio
• Doppia con una o due corde
• Lancio della corda
• Discesa lungo la doppia
• Discesa di più persone
• Discesa di lunghi tratti
• Il discensore
• Il freno moschettone
• Recupero della corda
• Corda doppia guidata dall’alto
• Corda doppia guidata dal basso
• Discesa con tecnica Piaz
• Discesa con tecnica Comici

Corde fisse
• Generalità
• Le corde
• Gli ancoraggi
• Il collegamento della corda agli ancoraggi
• Messa in posa
• Progressione su corda fissa
Risalita delle corde con i nodi autobloccanti

torna al sommario
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

CORDE DOPPIE
Generalità
Nella pratica dell’arrampicata, capita sovente
di dovere scendere un tratto di parete o pendio
con difficoltà troppo elevate per essere discese in
280
arrampicata. In questi casi, si deve ricorrere a
una manovra di corda molto comune e nota come
“corda doppia”. Se effettuata con tutte le precau-
zioni, questa manovra comporta dei rischi molto
accettabili, anche se non si deve dimenticare che
purtroppo molti incidenti, spesso mortali, sono
legati a leggerezza o troppa confidenza con questa
manovra.
Il principio della corda doppia consiste nel:
- collocare una corda (di lunghezza almeno
doppia del tratto da discendere) a metà della sua
lunghezza attorno ad un punto fisso (ancoraggio
naturale o artificiale) in modo che poi possa essere
recuperata dal basso;
- calarsi su di essa;
- recuperare la corda tirandone una estremità.
Il sistema, anche se semplice, deve essere messo in
pratica con la massima attenzione perché la più
semplice trascuratezza può portare a conseguenze,
come già detto, fatali.

La manovra comprende le seguenti fasi:


1. messa in opera dell’ancoraggio;
2. autoassicurazione all’ancoraggio;
3. aggancio della corda all’ancoraggio stesso;
4. lancio della corda;
5. allestimento della corda per la calata;
6. inserzione della corda nel discensore;
7. discesa con tutti gli accorgimenti relativi, com-
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

presa l’autoassicurazione durante la calata;


8. prova di recupero (scorrimento) della corda;
9. recupero della corda.

Nel seguito questi punti vengono descritti in


dettaglio, come pure le tecniche principali che si
devono adottare per massimizzare la sicurezza in 281

questo tipo di manovra.

LA DISCESA IN CORDA
DOPPIA
Ancoraggi per corda doppia Si dà per scontato in tutti
i casi la solidità dell’an-
L’ancoraggio per la corda doppia può essere
coraggio, che deve essere
costituito da: verificata nel caso lo si
a) elemento naturale (spuntone di roccia, albe- trovi già predisposto.
ro, ecc.);
b) chiodi o altri ancoraggi artificiali;
c) catene (arrampicata sportiva).
Si dà per scontato in tutti i casi la solidità
dell’ancoraggio, che deve essere verificata nel
caso lo si trovi già predisposto. Utilizzando due
ancoraggi artificiali (chiodi), il tipo di collega- Utilizzando due anco-
raggi artificiali (chiodi),
mento consigliato per le corde doppie è quello il tipo di collegamento
“fisso” (si veda cap. 6), passando il cordino che consigliato per le corde
verrà lasciato in loco direttamente nei chiodi, doppie è quello “fisso”.

senza utilizzare i moschettoni.

Attrezzatura personale per corda


doppia
Per eseguire velocemente ed in sicurezza una
corda doppia, è necessario disporre di un mini-
mo di materiale, spesso utile anche per altre
manovre.
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Tale materiale consiste in:


- cordino (diametro 6-7 mm, lunghezza 2,5-
3 m) oppure un anello di fettuccia precucito
(lunghezza 1,40 m circa) e due moschettoni
(obbligatoriamente a ghiera) per l’autoassicura-
zione ed il collegamento al discensore;
282 - cordino per l’autobloccante con un moschet-
tone a ghiera;
Una longe si crea con - discensore, realizzabile comunque con 2
un cordino di circa 3 moschettoni uguali (freno moschettone).
m che si fissa all’imbra-
L’uso di questo materiale è descritto nei punti
co con un nodo delle
guide infilato, facendo in seguenti.
modo che i due rami che
escono dal nodo abbiano
lunghezza diversa. Uno,
Autoassicurazione alla sosta
lungo circa 1 m, serve Quando si inizia una calata in corda dop-
per il collegamento alla pia, è necessario, immediatamente dopo avere
sosta; l’altro, di 30-40
cm, serve per il collega-
approntato l’ancoraggio, autoassicurarsivi. A tal
mento al discensore. fine, non si può ovviamente utilizzare la corda
che serve per la calata e si deve usare un cordino
ausiliario. Conviene, sia per questo che per la
calata vera e propria, soprattutto se si devono
effettuare più calate consecutive, predisporre il
sistema illustrato in figura 7.01. E’ necessario
avere un cordino in nylon (diametro 6-7 mm),
oppure in kevlar o dyneema di 2,5-3 metri di
lunghezza, con cui si crea una longe.
A tal fine si fissa il cordino all’imbraco con un
nodo delle guide infilato, facendo in modo che
i due rami che escono dal nodo abbiano lun-
ghezza diversa. Uno, lungo circa 1 m, serve per
il collegamento alla sosta; l’altro, di 30-40 cm,
serve per il collegamento al discensore.
Questo metodo è il più pratico e sicuro per ese-
guire sempre in modo sicuro e veloce l’autoassi-
Fig. 7.01 Utilizzo del cordino
(longe) per autoassicurarsi curazione. Ovviamente, alle estremità del cordi-
nelle doppie no vengono fissati due moschettoni (meglio se a
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

ghiera) per gli opportuni collegamenti. A


Se si dispone di un anello chiuso di cordino o di
fettuccia precucita di circa 1,40 m (ad esempio
fettuccia chiusa in dyneema) si può adottare
un metodo alternativo. Si lega l’anello all’im-
bracatura con il sistema di fissaggio indicato
nella figura 7.02 (onde evitare il nodo a strozzo, 283
che potrebbe per disattenzione essere sciolto).
B
Il collegamento della fettuccia all’imbracatu-
ra può essere realizzato anche con modalità
diverse; l’importante è che nella realizzazione
del nodo si crei un’asola chiusa sull’anello del-
l’imbracatura. Sull’anello chiuso di fettuccia va
quindi realizzato, a poca distanza dal fissaggio
all’imbracatura, un nodo guide semplice o con
frizione, in modo tale da ottenere un’asola sfal- C
sata, nella quale verrà inserito il moschettone
collegato al discensore.
All’asola terminale sarà infine fissato (nodo
barcaiolo) il moschettone a ghiera di autoassi-
curazione alla sosta (figura 7.03).
Nella corretta posizione di calata, anche in
questo caso la longe del discensore non deve Fig. 7.02 Fettuccia su imbracatura
superare i 30-40 cm, in modo che il discensore a-b-c

stesso durante la discesa si posizioni all’altezza


degli occhi e sia quindi raggiungibile facilmen-
te per eventuali operazioni che si rendessero
necessarie.

Aggancio della corda all’ancoraggio


Nel caso di elemento naturale, è consigliabile
non passare direttamente la corda nell’ancorag-
gio (per esempio attorno ad un albero) poiché
gli attriti che si vengono a creare potrebbero
renderne impossibile il recupero ed in ogni caso
danneggiare inutilmente la camicia della corda. Fig. 7.03 Longe con fettuccia
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Si deve pertanto utilizzare un anello di fettuc-


cia o di cordino in nylon (diametro 6-7 mm)
oppure in kevlar o dyneema, che deve essere
passato intorno all’ancoraggio ed al quale si
fissa la corda doppia. L’anello deve essere di
lunghezza opportuna per evitare angoli troppo
284 aperti; inoltre si deve tenere il nodo di unione
del cordino lontano dal punto di ancoraggio
della corda (figura 7.04). E’ buona norma
diffidare dei cordini o delle fettucce che si
trovano eventualmente già in loco, e sostituirli
senza indecisioni se si ha anche solo il minimo
dubbio sulla loro solidità.
Fig. 7.04 Predisposizione di una
corda doppia su ancoraggio naturale
Nel caso di chiodi, si tenga presente che è
necessario che siano almeno due, come in una
sosta. I chiodi devono poi essere collegati con
un cordino realizzando una sosta fissa come
in figura 7.05a (si veda capitolo 6); è possibi-
le altresì predisporre l’ancoraggio effettuando
un’asola su entrambi i rami del cordino di
collegamento, come illustrato in figura 7.05b.
In entrambi i modi, infatti, oltre a ottenere una
migliore distribuzione del carico sugli anco-
raggi, si minimizza il pericolo di tranciamento
A
del cordino dovuto per esempio ad una scarica
di sassi.
Nell’arrampicata sportiva, spesso capita di
effettuare corde doppie su catene già predispo-
ste a tale scopo. Si deve infilare la corda entro
uno degli anelli della catena o entro la “maglia
rapida” o nel moschettone se presente (figura
7.06) e non passarla a cavallo della catena in
quanto la rottura di uno degli ancoraggi provo-
B cherebbe la caduta dell’arrampicatore.
Fig. 7.05 Predisposizione di una Questa accortezza è ovviamente valida anche
corda doppia su chiodi
su altri tipi di soste.
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

Doppia con una o due corde


Se il tratto da scendere è inferiore ai 25 metri,
una sola corda (singola, mezza o una gemellare)
è sufficiente. Altrimenti, si devono collegare due
corde con un nodo di giunzione (consigliato il
nodo galleggiante-si veda il cap. 3), per potersi
calare ovviamente fino ad un massimo pari alla 285

lunghezza delle due corde. Non è né pratico né


consigliabile effettuare calate più lunghe, unen-
do più corde, sia per le difficoltà che si incontra-
no nel passaggio del discensore nei nodi inter-
medi sia per l’ovvia difficoltà (impossibilità) che
si crea nel recupero.
Passando le corde nell’ancoraggio, si deve fare
attenzione che il nodo non cada a cavallo del-
l’anello di cordino, e soprattutto si deve me-
morizzare quale capo di corda si deve tirare per
il recupero (figura 7.07). E’ inoltre opportuno
che il nodo di giunzione sia sul sul lato interno
(verso la roccia) dell’anello di cordino, in quan-
to altrimenti la tensione della corda durante il Fig. 7.06 Corda doppia su ancoraggi fissi
recupero premerebbe l’anello contro la roccia,
rendendo più difficoltoso il recupero stesso. In
realtà quello che conta, nodo o non nodo di
giunzione, sarebbe di recuperare sempre tirando
verso il basso il lato interno all’anello.
Infine è bene che, prima della discesa dell’ulti-
mo alpinista, si effettui una prova di recupero
per evidenziare possibili pericoli di incastro del-
la corda.

Lancio della corda


Agganciata la corda all’ancoraggio facendola
passare all’interno del cordino, la si deve lancia-
re nel vuoto. Prima del lancio si devono anno-
Fig. 7.07 Corda doppia con due corde
dare le estremità libere per evitare di cadere alla
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

fine della corda doppia non accorgendosi che è


finita (incidente già accaduto).
Si consiglia di annodare singolarmente le estre-
mità, con due nodi separati, e segnare il capo
da tirare (ad esempio inserendo un moschet-
tone).
286 Pregi: le corde si lanciano separatamente e si
attorcigliano meno in fase di discesa.
Difetti: se non si scioglie il nodo della corda
che sale, la fase di recupero diventa impossibile
fintanto che non si riesca a scioglierlo.
È anche possibile realizzare un unico nodo con
i due capi liberi di corda.
Pregi: si forma un unico anello di corda e nel
caso si inizi a recuperare con il nodo ancora da
sciogliere, si può ovviare facilmente recuperan-
do la corda in senso opposto.
Nodi all'estremità delle corde Difetti: le corde devono essere lanciate contem-
poraneamente e durante la discesa, indipen-
dentemente dal tipo di discensore impiegato,
tendono ad attorcigliarsi molto di più.
Per il lancio, si raccol- Ovviamente, prima del recupero e indifferente-
gono i rami singoli della
mente dalla modalità scelta, si devono sciogliere
corda in ampi anelli e si
lanciano nel vuoto il più i nodi.
distante possibile dalla Per il lancio, si raccoglie la corda (meglio se i
parete (quasi orizzontal-
mente) uno alla volta,
due rami singolarmente) in ampi anelli e la si
cercando, per quanto lancia nel vuoto il più distante possibile dalla
possibile, di non farli parete (quasi orizzontalmente), cercando, per
attorcigliare su spuntoni
o di farli cadere su ter-
quanto possibile, di non farla attorcigliare su
razzi sottostanti. spuntoni o di farla cadere su terrazzi sottostanti.
E’ buona norma, soprattutto se ci si trova in
luoghi frequentati da altri alpinisti, avvisare del
lancio gridando “corda”.
In caso di terreno con ostacoli, come piante o
rocce sporgenti, può convenire scendere con le
corde appese all’imbracatura per evitare che si
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

incastrino nel lancio. Le corde vanno avvolte


in asole di uguale lunghezza (una bracciata),
In caso di terreno con
piegate su se stesse e disposte alternativamen-
ostacoli, come piante
te a destra e a sinistra sulla mano; il mazzo o rocce sporgenti, può
delle asole va chiuso quindi con un cordino e convenire scendere con le
corde avvolte in asole di
agganciato ad un anello dell’imbracatura (in uguale lunghezza appese
corrispondenza della mano sulla quale è stata all’imbracatura per evi- 287
avvolta la corda), facendo in modo che, durante tare che si incastrino nel
lancio.
la discesa, le corde possano svolgersi da sole.

Nota sui nodi: in caso di forte vento o in pre-


senza di situazioni particolari si può scegliere
di non predisporre i nodi finali, in quanto si
potrebbero bloccare in fessure o altro, fuori
dalla linea di discesa, rendendo problematica la
discesa. E’ ovvia la raccomandazione in questi
casi di prestare molta attenzione avvicinandosi
alla fine delle corde.

Discesa lungo la doppia


Ricordando che in ogni caso si deve essere
autoassicurati alla sosta sin dall’inizio delle
operazioni (quindi anche da prima del lancio
della corda), si devono eseguire nell’ordine le
seguenti operazioni:

1. preparazione di un autobloccante (Machard


o Prusik) sulla corda, fissato all’imbracatura con
moschettone a ghiera (al quale è bene, nel caso
di più doppie, collegare il cordino dell’auto-
bloccante con nodo barcaiolo);
2. predisposizione del discensore (si veda dopo)
sulla corda a monte dell’autobloccante;
3. collegamento del discensore alla longe;
4. distacco dell’autoassicurazione dalla sosta; Fig. 7.08 Predisposizione di discesa
5. discesa (figura 7.08). in corda doppia
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Si deve tenere una mano sull’autobloccan-


te, per farlo scorrere, e utilizzare l’altra per
manovrare la corda (figura 7.09); nel caso ci si
debba momentaneamente fermare, è sufficiente
rilasciare il cordino dell’autobloccante che, in
questo modo, si blocca; per ripartire si deve
288 nuovamente riafferrare in mano il nodo auto-
Fig. 7.09 Corda doppia - posizione mani
bloccante. Durante la discesa si deve mantenere
una posizione con le gambe diritte e divaricate
(per favorire l'equilibrio orizzontale), a circa 90°
rispetto alla parete (figura 7.08). La discesa deve
essere continua e regolare, senza sbalzi e scossoni
per non sollecitare l’ancoraggio con strappi vio-
lenti (è stato verificato che sulla sosta si possono
venire a creare sollecitazioni pari anche a 2-3
volte il peso dell’alpinista). Particolare attenzio-
ne richiede il movimento della partenza: prima
di iniziare a calarsi è bene gravare il peso del
corpo sull’ancoraggio mettendo in tensione la
corda doppia. Se l’ancoraggio è molto basso, si
deve assumere una posizione di massima raccol-
ta o addirittura seduta, si tengono bloccate le
corde con la mano a valle in modo da caricarvi
il peso del corpo lasciandosi scivolare nel vuoto
e successivamente si lasciano scorrere le corde
iniziando il movimento di discesa. Lo stesso
sistema si può usare per superare gli strapiombi
(figura 7.10). Una volta terminata la discesa, si
avvisa il compagno che la corda è libera.
Fig. 7.10 Superamento di
uno strapiombo Discesa di più persone
Nel caso debbano scendere più persone lungo la
stessa doppia, oltre a raccomandare la massima
celerità nella manovra, è opportuno citare alcu-
ni accorgimenti utili a ridurre alcuni pericoli
che potrebbero verificarsi.
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

- Doppia asola sul cordino della sosta: si effettua


un’asola su entrambi i rami del cordino; in
questo modo, anche se si rompe un ramo (per
esempio per una caduta sassi), si rimane in ogni
caso ancorati alla sosta.
- Corda bloccata: su almeno uno dei due rami di
corda si effettua un nodo barcaiolo (o un’asola) 289

su un moschettone indipendente collegato alla


sosta. In questo modo si evita lo sfilamento
della doppia conseguente alla eventuale rottura
di uno dei rami o anche nel caso di diverso dia-
metro, lo scorrimento ineguale delle corde nel
discensore che potrebbe frenare meno quella
con diametro inferiore.
E’ naturale che l’ultimo, prima di calarsi, deve Fig. 7.11 Corda doppia per gruppi
sciogliere questo/i nodo/i per poter recuperare
la corda.

Discesa di lunghi tratti


Scende il più esperto che provvede a disten-
dere la corda nel caso essa sia ingarbugliata e
a cercare un luogo opportuno per predisporre Per risparmiare tempo
è buona norma che chi
il successivo punto di sosta. Una volta arrivato scende, appena giunto
attrezza la sosta, vi si autoassicura con la longe, alla sosta successiva, vi
si stacca dalla corda doppia e avvisa che questa si colleghi con la longe,
faccia passare un metro
è libera. Scendono quindi gli altri alpinisti, o due di corda entro il
lasciando per ultimo quello più esperto tra i nodo autobloccante,
rimanenti. Questo si deve accertare che la corda tolga il discensore dalla
corda e avvisi chi deve
doppia possa essere recuperata facilmente e deve ancora scendere che la
sciogliere il barcaiolo nel caso sia stato fatto. corda è libera e quindi,
Per risparmiare tempo è buona norma che chi come ultima cosa, sciolga
il nodo autobloccante.
scende, appena giunto alla sosta successiva, vi si
colleghi con la longe, faccia passare un metro
o due di corda entro il nodo autobloccante,
tolga il discensore dalla corda e avvisi chi deve
ancora scendere che la corda è libera (si grida
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

“libera”) e quindi, come ultima cosa, sciolga il


nodo autobloccante. Il primo che scende deve
quindi infilare (dal di sotto) il capo della corda
da recuperare nella sosta in modo da essere già
pronto per il recupero nella nuova sosta; in
questa maniera quando l’ultimo sarà disceso, si
290 è pronti al recupero ed alla predisposizione della
successiva calata. Chi deve scendere, se possi-
bile appresta il nodo autobloccante durante la
discesa del primo; deve quindi solo predisporre
il discensore, scollegare la longe ed iniziare la
discesa.

Il discensore
Il funzionamento di un Esistono in commercio diversi attrezzi che con-
discensore consiste nel sentono una discesa controllata in corda doppia
far passare la corda dop-
pia attraverso l’attrezzo (discensori). Il loro funzionamento consiste nel
in modo da creare suffi- far passare la corda doppia attraverso l’attrezzo
ciente attrito nello scor- in modo da creare sufficiente attrito nello scor-
rimento della corda, tale
da consentire, durante la rimento della stessa, tale da consentire, durante
calata, il frenaggio desi- la calata, il frenaggio desiderato.
derato. Dal punto di vista funzionale i discensori sono
tutti sostanzialmente equivalenti. Differenze
possono essere riscontrate sugli effetti meccani-
ci che creano in modo più o meno accentuato
L’utilizzo del discensore sulla corda: alcuni, come ad esempio l’Otto,
in corda doppia tende tendono ad “attorcigliarla” e a rovinarla mag-
sempre ad usurare rapi- giormente per via degli attriti tra i rami di
damente le corde, sia per
effetto delle compres- corda, ecc..
sioni meccaniche che si Si deve a questo proposito ricordare, come già
creano nell’anima che,
detto al cap. 2, che l’utilizzo in corda doppia
per la inevitabile presen-
za di cristalli di polvere, tende sempre ad usurare rapidamente le corde,
tagliano i filamenti della sia per effetto delle compressioni meccaniche
corda stessa, sia per la
generazione di calore che
che si creano nell’anima e che (per la inevitabile
rovina la camicia. presenza di cristalli di polvere) tagliano i fila-
menti della corda stessa, sia per la generazione
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

291

Fig. 7.12 Corda doppia con piastrina Fig. 7.13 Corda doppia con Otto Fig. 7.14 Corda doppia con Tuber

di calore che rovina la camicia.


Tra i discensore più comuni sono da citare la
piastrina Gi-Gi, l’Otto, il Tuber, il Robot, ecc.
(figure 7.12, 7.13, 7.14). Per quanto riguarda
gli effetti di usura sulle corde, da numerose
prove ed esperienze si può dire che il Robot è
quello che le rovina meno, come pure in genere
tutti quelli che mantengono separate le corde
nella discesa (piastrina Gi-Gi, Tuber, ecc.).

Il freno moschettone
Il freno moschettone può essere utilizzato per
la discesa in corda doppia o in certi tipi di
manovre di soccorso della cordata (cap. 11).
E’ costituito da un complesso di due o più
moschettoni a ghiera opportunamente aggan-
ciati, come illustrato in figura 7.15. I moschet-
toni devono essere uguali e si consideri che i
modelli migliori per questo scopo sono quelli
ovali e a “D”. Il pregio più evidente del freno
moschettone rispetto ad altri discensori è che Fig. 7.15 Il freno moschettone
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

può essere eseguito con il materiale sicuramente


già disponibile a qualsiasi arrampicatore.
Sia il discensore che il freno moschettone vanno
collegati alla longe di calata, preferibilmente
con moschettone a ghiera. Si presti particolare
attenzione nel caso di calata su corde di diame-
292 tro diverso perché quella di diametro inferiore
potrebbe non essere frenata dal discensore (o
freno moschettone) e quindi scorrere nell’an-
coraggio, con le conseguenze che si possono
facilmente immaginare.

Recupero della corda


Questa operazione è di vitale importanza ed è
quindi necessario attuarla, rimanendo ben assi-
curati al punto di sosta, con attenzione e tenendo
presente i seguenti accorgimenti:
- prima della calata dell’ultimo, assicurarsi che la
corda scorra sull’ancoraggio, tirando per un certo
tratto (ad esempio 1 m) il capo opportuno;
Fig. 7.16 Corda doppia con
freno moschettone - prima di iniziare il recupero vero e proprio,
divaricare i due rami di corda fra di loro e
scostarli il più possibile dalla parete, facendo
attenzione che non si siano attorcigliati. A tale
Prima della calata del- scopo, l’ultimo che scende può avere l’accortezza
l’ultimo componente la di tenere le corde separate facendo scorrere un
cordata, assicurarsi che
la corda scorra sull’an- moschettone, mentre scende, lungo una delle
coraggio, tirando per un due corde;
certo tratto (ad esempio - la trazione sul tratto di corda da recuperare deve
1 m) il capo opportuno.
essere esercitata in maniera regolare e continua;
- nel caso di più corde doppie consecutive, per
accelerare le operazioni di discesa, mentre un alpi-
nista procede al recupero un altro inserisce il ramo
di corda recuperato nell’asola del nuovo ancorag-
gio, predisponendo così la calata successiva;
- quando l’estremità del tratto di corda che sale
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

sta per passare attraverso l’anello dell’ancoraggio


(figura 7.17), si deve prestare particolare atten-
zione per evitare possibili attorcigliamenti della
corda sulla sosta o su arbusti, ovvero incastri in attenzione
ai nodi
asperità della roccia.
Se la corda, nonostante tutte le precauzioni, si
incastra o si blocca durante il recupero, si cerca 293

dapprima di liberarla con oscillazioni ed ondu-


corda
lazioni; in caso negativo si esercitano trazioni
anche violente (attenzioni ad eventuali con-
traccolpi). Se anche queste falliscono non resta
altro che risalire in arrampicata per tentare di
sbloccarla, o almeno di recuperarne la maggior Fig. 7.17 Recupero corda doppia
lunghezza possibile, usufruendo dell’assicurazio-
ne all’ancoraggio di sosta messa in opera con il
tratto di corda già recuperato. Ovviamente, se
entrambe le estremità della corda doppia sono
ancora al punto di recupero, è possibile risalire
lungo di essa autoassicurandosi sulla stessa con
un autobloccante in caso di arrampicata, o con
la tecnica di risalita su corda fissa (si veda di
seguito).

Corda doppia guidata dall’alto


Questa manovra può essere utile ogniqualvolta
si ritenga opportuno assicurare dall’alto compa-
gni non in grado di compiere autonomamente
una discesa in corda doppia. Il capocordata pre-
dispone la corda nello stesso modo illustrato per
la discesa di gruppi numerosi, ma raccogliendo
in anelli e lanciando in basso solo uno dei due
rami; i compagni scenderanno uno alla volta,
adottando la medesima tecnica della calata in
doppia, ma sul singolo ramo. L’altro ramo di
corda sarà di volta in volta utilizzato dal capo-
Fig. 7.18 Doppia guidata dall'alto
cordata per assicurare dall’alto, tramite discen-
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

sore (o mezzo barcaiolo) fissato all’ancoraggio


stesso, i compagni che scendono.

Corda doppia guidata dal basso


In caso di compagni non sufficientemente auto-
nomi nelle manovre di calata con discensore e
294 autobloccante, qualora il sistema della corda
doppia guidata dall’alto non sia ritenuto sicuro
dal capocordata (calate su strapiombi, scarsa
visibilità, difficoltà nell’individuare dall’alto il
punto di arrivo della calata, successivi ancoraggi
di calata da realizzare in parete, ecc.), si può
ricorrere a questo sistema.
Il capocordata autoassicura alla sosta il compa-
gno e inserisce le corde di calata nel discensore;
L’operazione è effet-
tuabile anche con più inserisce poi sul tratto di corda appena a valle
compagni, collegandoli del discensore del compagno il proprio freno
tutti, tramite i rispettivi e l’autobloccante. Quindi, una volta messe in
discensori, nella corda
doppia e facendoli poi tensione le corde di calata, inizia la discesa,
scendere uno alla volta, lasciandolo il compagno presso l’ancoraggio.
a partire da quello più a Giunto in fondo alla corda doppia e predispo-
valle. Tale metodo con-
sente anche di verificare sto il nuovo ancoraggio, avendo avuto cura di
la correttezza delle ope- mantenere sempre le corde in tensione con il
razioni di calata da parte
peso del proprio corpo, il capocordata invita
degli altri componenti.
il compagno a togliere l’autoassicurazione e a
staccarsi dalla parete; regola quindi la velocità
di discesa dal basso con una opportuna trazione
sulle corde. L’operazione è effettuabile anche
con più compagni, collegandoli tutti tramite i
rispettivi discensori, nella corda doppia e facen-
doli poi scendere uno alla volta, a partire da
quello più a valle. Tale metodo consente anche
di verificare la correttezza delle operazioni di
calata da parte degli altri componenti.
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

ancoraggio di calata

discensore già collegato


secondo compagno alla doppia
295
in attesa

primo compagno

capocordata
autoassicurato in sosta;
regola dal basso la velo-
cità di discesa

Fig. 7.19 Doppia guidata dal basso


Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Discesa con tecnica Piaz


Nel caso in cui si sia senza discensore o senza i
moschettoni necessari per un freno moschetto-
ne, si possono adottare due tecniche più com-
Con la tecnica di discesa
alla Piaz si genera l’at- plesse (che possono risultare anche dolorose
trito che consente una per eventuali bruciature che ci si può procura-
calata frenata non con
296
un dispositivo meccani-
re), ma che non richiedono l’uso di materiale
co ma bensì direttamente per la calata. Si tratta, infatti, di generare l’attri-
con il proprio corpo. to che consente una calata frenata non con un
dispositivo meccanico, ma bensì direttamente
con il proprio corpo.
La tecnica Piaz è illustrata in figura 7.20.
Con la faccia a monte si passano i rami della
corda tra le gambe, riprendendoli dal di dietro
e, facendoli contornare una coscia, li si riporta
sul davanti in diagonale sul petto sino alla
spalla opposta alla coscia avvolta, facendoli
infine ricadere dietro la schiena (p.e. si avvolge
la coscia destra e si passa sopra la spalla sini-
stra). Si impugna la corda con le due mani: la
mano relativa alla coscia avvolta afferra la corda
dietro la schiena, mentre quella relativa alla
spalla impugna la corda davanti (nell’esempio
la mano sinistra afferra la corda davanti, che
scende dall’ancoraggio, mentre la destra afferra
Fig. 7.20 Discesa con tecnica "Piaz" la corda di dietro, a valle).
La discesa viene regolata solo dalla mano a valle
(dietro), mentre la mano a monte (davanti)
La discesa viene regolata
serve per far scendere l’autobloccante, oltre
solo dalla mano a valle
(dietro), mentre la mano che per la guida e l’equilibrio. L’ampiezza degli
a monte (davanti) serve spostamenti e la velocità di discesa dipendono
per far scendere l’auto-
bloccante, oltre che per
dalle circostanze, dalla natura del terreno,
la guida e l’equilibrio. dall’abilità e dall’esperienza. La discesa può
essere arrestata portando le corde impugnate
con la mano a valle verso la mano a monte, in
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

modo da formare una specie di imbracatura che


sostiene il corpo e non permette lo scorrimento
della corda.

Discesa con tecnica Comici


Ad integrazione del metodo precedente si usa
un anello di cordino a forma di 8, infilato sulle 297

gambe (un occhio per gamba). La corda doppia


si aggancia all’incrocio del cordino con uno o
due moschettoni (a ghiera o appaiati e ad aper-
ture contrapposte); si passa la corda in diagonale
davanti al petto e la si lascia cadere dietro alla
schiena. Si impugna la corda come per la tecnica
“Piaz”: a valle con la mano opposta alla spalla
(pollice in basso) e a monte con l’altra (pollice in
Fig. 7.21 Discesa con la
alto), figura 7.21. Questa tecnica di discesa risul- tecnica “Comici”
ta in genere meno dolorosa della precedente.

La tecnica di discesa alla


Comici usa un anello di
cordino a forma di 8,
infilato sulle gambe.
La corda doppia si
aggancia all’incrocio del
cordino con uno o due
moschettoni, si passa
in diagonale davanti al
petto e si lascia cadere
dietro alla schiena.
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

CORDE FISSE
Generalità
Vi sono diverse circostanze nella pratica dell’al-
pinismo, dell’escursionismo o del soccorso alpino
in cui, per potere superare in sicurezza un tratto
298
impervio, può risultare opportuno o addirittura
necessario attrezzare un tratto di parete o di terre-
no con una corda fissa. Questo capita sia su pareti
di roccia o neve/ghiaccio, quando una cordata di
alpinisti deve superare più volte un tratto partico-
larmente difficile e vuole rendere più veloci e sicu-
re le operazioni, sia su terreno “più facile”, quando
una comitiva di escursionisti si trova, magari in
modo inaspettato ed anche solo per pochi metri,
ad affrontare un tratto impervio e pericoloso. In
Sapere attrezzare un trat-
to di terreno con una
questi casi può essere opportuno utilizzare una
“corda fissa” è dunque corda, che è fissata in modo statico ad ancoraggi
importante per potere opportunamente predisposti, per agevolare il supe-
affrontare con maggior
tranquillità e senso di
ramento delle difficoltà.
responsabilità l’ambiente Sapere attrezzare un tratto di terreno con una
montano, in modo parti- “corda fissa” è dunque importante per potere
colare se si ha la respon-
sabilità della conduzione affrontare con maggior tranquillità e senso di
di gruppi escursionistici responsabilità l’ambiente montano, in modo par-
o se s’intende affrontare ticolare se si ha la responsabilità della conduzione
una grande parete.
di gruppi escursionistici o se s’intende affrontare
una grande parete.
Si noti che “corde fisse” possono essere utilizzate
per tratti in salita, in discesa ovvero in traverso;
inoltre, come già accennato, può essere necessario
predisporle su roccia, su neve/ghiaccio o su ter-
reno misto, cosa che richiede da parte di chi le
predispone una grande abilità ed esperienza per
l’installazione dei necessari ancoraggi intermedi
e delle soste.
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

Di seguito viene descritto brevemente il materiale


che si deve utilizzare per la posa in opera di corde
fisse, si illustrano le modalità da seguire per la loro
predisposizione e sono infine analizzate diverse
circostanze d’impiego di queste tecniche.

Le corde 299

Per attrezzare corde fisse si possono usare sia


corde “dinamiche” sia “statiche”.

Corde dinamiche - Sono le normali corde


in dotazione agli alpinisti e certamente le più
diffuse tra gli appassionati di montagna. Per
tale motivo sono utilizzate, per la maggior L’elasticità di una corda
parte dei casi, anche quando si deve realizzare dinamica usata come
una corda fissa non prevista, come ad esempio corda fissa può creare
problemi durante la risa-
durante una escursione. D’altra parte l’elasticità lita su terreno verticale,
delle corde dinamiche, caratteristica fondamen- generare sensazione di
tale per la sicurezza in arrampicata, si rivela insicurezza negli attra-
versamenti orizzontali e
un inconveniente nell’allestire una corda fissa. creare difficoltà nel ten-
Infatti, l’elasticità di una corda dinamica usata derla in quanto è difficile
come corda fissa: capire se è tesa a suffi-
cienza.
- può creare problemi durante la risalita su
terreno verticale;
- generare sensazione di insicurezza negli attra-
versamenti orizzontali;
- creare difficoltà nel tenderla in quanto è diffi-
cile capire se è tesa a sufficienza.

Corde statiche - Le corde statiche hanno


caratteristiche di elasticità trascurabili e quindi
sarebbero le più adatte per attrezzare corde fisse
in quanto sono certamente più comode nella
risalita di tratti verticali, danno maggiore sicu-
rezza a colui che percorre la corda fissa e sono
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

facilmente tensionabili. A parità di diametro


sono anche più robuste rispetto a quelle dina-
miche e hanno anche un costo tendenzialmente
inferiore. D’altro canto, non essendo elastiche,
non fanno parte della normale dotazione alpi-
nistica; non è possibile, infatti, utilizzarle come
300 sicurezza per il capocordata in arrampicata per-
ché generano sollecitazioni superiori nel caso di
una eventuale caduta, sollecitazioni che possono
causare danni a chi le sta utilizzando o la rottura
di eventuali punti fissi. Questa considerazione
vale ovviamente anche nella predisposizione di
corde fisse su tratti di una certa lunghezza e dif-
ficoltà, in cui il primo può trovarsi costretto ad
arrampicare a tutti gli effetti (e dovrà quindi uti-
lizzare per la progressione una corda dinamica).
Come detto, nella pratica comune, a parte il
caso di spedizioni, vengono utilizzate quasi
sempre le corde dinamiche perché sono quelle
normalmente a disposizione durante un’uscita
o un’escursione.
Le corde statiche sono utilizzate prevalente-
Chi affronta grandi pare- mente quando si devono attrezzare in modo
ti, o nel particolare caso permanente tratti di parete, come nel caso di
organizza spedizioni e
prevede di predisporre apertura di nuove vie su roccia o in spedizione.
corde fisse per la salita In questi casi è, infatti, preferibile l’uso di corde
è divenuto comune l’uso statiche poiché come detto, sono più comode in
di corde statiche in kev-
lar o dyneema in quanto, quanto meno elastiche e si rovinano meno nelle
a parità di tenuta, pesano ripetute fasi di salita/discesa. Per chi affronta
molto meno. grandi pareti, in particolare nel caso di spedi-
zioni, e prevede di dovere utilizzare corde fisse
per la salita è divenuto comune l’uso di corde
statiche in kevlar o dyneema in quanto, a parità
di tenuta, pesano molto meno.
E’ opportuno ricordare che le corde dinami-
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

che si dividono secondo la normativa vigente


in “corde singole”, “mezze corde” e “corde
gemellari”. Dato che le sollecitazioni che si
vengono a creare su una corda fissa, anche nel
caso di rottura di un ancoraggio, sono di entità
abbastanza modesta rispetto a quelli che sono i Dato che le sollecitazioni
carichi di rottura di una corda è possibile utiliz- che si vengono a creare 301

zare per questo scopo, oltre alla classica “corda su una corda fissa, anche
nel caso di rottura di un
singola”, anche una “mezza corda”. I carichi ancoraggio, sono di enti-
sviluppati potrebbero anche essere sopportati tà abbastanza modesta
da una “corda gemellare”, che però invecchia rispetto a quelli che sono
i carichi di rottura di una
e si usura più rapidamente delle altre e quindi corda è possibile utiliz-
è necessario cambiarla con maggior frequenza zare per questo scopo,
(essendo costituita da meno materiale, il suo oltre alle classiche “corde
singole”, anche le “mezze
utilizzo la porta a deteriorarsi più rapidamente). corde”.
Non si raccomanda in ogni caso un utilizzo di
una corda gemellare singola in quanto esse sono
sempre testate in coppia.
Per quanto riguarda la scelta di quale tipo di
corda è più conveniente utilizzare (e dando per
scontato il fatto che in alpinismo le corde in
dotazione si possono utilizzare tranquillamente
Per quanto riguarda la
per questo scopo) si può dire che nella pratica scelta di quale tipo di
dell’escursionismo uno spezzone di corda di corda è più conveniente
20-30 m (sia corda singola che mezza corda) utilizzare si può dire che
nella pratica dell’escur-
è spesso sufficiente per il superamento delle sionismo uno spezzone di
difficoltà che si possono incontrare. corda di 20-30 m (corda
singola o mezza corda)
è spesso sufficiente per
Gli ancoraggi il superamento delle dif-
Per la migliore sicurezza e funzionalità, le corde ficoltà che si possono
fisse, oltre ad essere “fissate” in modo statico incontrare.

alle due estremità a soste opportunamente


predisposte, devono essere collegate al terreno
mediante ancoraggi intermedi in corrisponden-
za di eventuali cambi di direzione e, in ogni
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

caso, al massimo ogni 5-6 m. A questa regola


fanno eccezione le corde fisse usate per la risa-
lita verticale di lunghi tratti di parete che, di
fatto, sono collegate alla stessa solo alle soste.
Di seguito, ci si focalizza principalmente nella
predisposizione di ancoraggi nell’uso di corde
302 fisse per il superamento, da parte di una comi-
Gli ancoraggi utili ad
una corda fissa, sia quel- tiva di escursionisti o alpinisti, di un tratto di
li intermedi sia quelli terreno che presenta difficoltà.
delle soste, devono dare
una assoluta garanzia di
In generale gli ancoraggi, sia quelli intermedi
tenuta nella direzione di sia quelli delle soste, devono dare una assoluta
sollecitazione. garanzia di tenuta nella direzione di sollecita-
zione. Si noti che la corda, essendo “fissata” in
modo statico, trasmette le sollecitazioni agli
ancoraggi secondo direzioni ben determinate,
a differenza di quanto avviene per esempio
sulle soste in arrampicata, dove le sollecitazioni
potrebbero provenire virtualmente da ogni dire-
zione. Attenzione particolare va posta quindi ai
cosiddetti ancoraggi “monodirezionali”, come i
nut su roccia o corpi morti, piccozze e fittoni
Come ancoraggi potran- su neve, che reggono solo se caricati lungo una
no essere utilizzati sia
elementi naturali sia
direzione particolare.
artificiali. Per ridurre al Come ancoraggi potranno essere utilizzati sia
minimo il materiale uti- elementi naturali (su roccia in particolare: cles-
lizzato (quindi da por-
tarsi dietro) è ovviamen- sidre, alberi, sassi incastrati) sia artificiali (su
te opportuno cercare di roccia: chiodi, nut o friend; su neve/ghiaccio:
sfruttare il più possibile chiodi da ghiaccio, piccozze, sci, corpi morti,
gli ancoraggi naturali.
funghi e viti di ghiaccio, ecc.). Per ridurre al
minimo il materiale utilizzato (quindi da por-
tarsi dietro) è ovviamente opportuno cercare di
sfruttare il più possibile gli ancoraggi naturali.
Il posizionamento reciproco degli ancoraggi
deve essere tale da ridurre il più possibile l’en-
tità della caduta nel caso di cedimento di uno
di essi. Inoltre, nei casi di predisposizione di
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

un ancoraggio a monte di un tratto in verticale


(quindi di arrivo in un tratto in salita o di
partenza in un tratto in discesa) e di partenza
e di arrivo di un tratto in traverso, sarebbe
opportuno predisporre una vera e propria sosta
con due ancoraggi (ovviamente se non si pos-
sono utilizzare ancoraggi naturali di opportuna 303

robustezza, come ad esempio un albero o un


masso).

Il collegamento della corda agli anco-


raggi
Rimandando al successivo paragrafo la descrizio-
ne delle operazioni da fare per la messa in opera
di una corda fissa, si ricorda qui che la corda
fissa viene collegata staticamente ad una delle
sue estremità (solitamente la prima) con un’aso-
la o un barcaiolo, mentre alla seconda estremità
deve essere eseguito un paranco per poterla ten-
sionare, come illustrato in figura 7.22.

Fig. 7.22 Sistema per tendere


una corda fissa
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Per quanto riguarda gli ancoraggi intermedi,


la modalità di collegamento della corda varia a
seconda che si stia percorrendo un tratto verti-
Nel caso di tratti orizzon-
cale ovvero orizzontale.
tali o cambi di direzione, Nel caso di tratti orizzontali o cambi di dire-
per fissare la corda, si zione, come descritto anche ai punti successivi,
utilizzeranno cordini con
304 autobloccanti, mentre per fissare la corda si utilizzeranno cordini con
nei tratti verticali da fare autobloccanti, mentre nei tratti verticali da
in salita si utilizzeranno fare in salita si utilizzeranno normali rinvii. In
normali rinvii.
entrambi i casi, è necessario che il capocordata
possa avere la possibilità di allungare o accor-
ciare l’ancoraggio: per questo motivo può essere
conveniente fissare il cordino di collegamento
all’ancoraggio con un nodo barcaiolo, in modo
da poterne aggiustare la lunghezza.
Per ridurre l’entità di una possibile scivolata, è
conveniente che chi percorre una corda fissa in
orizzontale si trovi sempre più basso della corda
stessa. Nei traversi gli ancoraggi intermedi
vanno posti ben più in alto rispetto alla linea
di passaggio e sono collegati alla corda con un
Prusik e un cordino di lunghezza adeguata.
Nei traversi il Prusik può essere sostituito con
Per ridurre l’entità di il nodo delle guide con frizione, in quanto i
una possibile scivolata, è capi della corda mantengono lo stesso in asse
conveniente che chi per- orizzontale (va osservato che il nodo delle
corre una corda fissa in
orizzontale si trovi sem- guide con frizione se sollecitato con i due capi
pre più basso della corda allineati, tende a rovesciarsi, pur restando vali-
stessa. do come tenuta).
Nel posizionamento degli ancoraggi e nel col-
legamento ad essi della corda fissa, si devono
prestare particolari attenzioni, soprattutto nel
caso di corda fissa utilizzata da molte persone o
in una spedizione:
- gli sfregamenti della corda sulla roccia, in
particolar modo su spigoli e in prossimità degli
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

ancoraggi alle estremità, possono rovinare la


corda e comprometterne la tenuta anche con il punto di
passaggio di poche persone. In questi casi con- sfregamento

viene distanziare la corda dalla roccia mediante


moschettoni (figura 7.23), oppure allungare la
sosta o utilizzare un autobloccante sulla corda
al di sotto del punto di frizione e collegato alla 305

sosta, ovvero interporre qualcosa che non faccia


sfregare la corda direttamente sulla roccia;
- se si utilizzano chiodi da fessura, prestare
attenzione in quanto eventuali ripetute solleci-
tazioni laterali trasmesse dalla corda potrebbero
avere lo stesso effetto delle martellate che si
danno per toglierli;
- nella predisposizione di ancoraggi con blocchi
da incastro, prestare particolare attenzione al
fatto che siano costantemente in trazione; even-
tualmente si debbono utilizzare due blocchi
contrapposti uniti dal classico “nodo pacco” (si
veda cap. 6);
- sarebbe opportuno fermare i moschettoni
utilizzati per collegare la corda agli ancoraggi
con un nodo barcaiolo per impedire che si giri-
no andando a lavorare sulla leva o di traverso,
posizioni nelle quali potrebbero non sopportare
le sollecitazioni.
Ovviamente, il materiale utilizzato per gli anco-
raggi (in particolare gli eventuali cordini di
collegamento) deve garantire la tenuta statica e
quindi deve essere scelto in modo adeguato.

punto di
attrito

Fig. 7.23 Casi di attrito tra


corda e parete
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Messa in posa
La corda fissa, per essere tale, deve essere soli-
tamente ben tesa, fatta eccezione per i tratti da
percorrere in discesa in corda doppia.
Quando si tende una corda, soprattutto se
Dopo aver teso una
prima volta la corda,
dinamica, occorre ricordare che a causa dell’ela-
306 sopratutto se dinamica, sticità essa non sembrerà mai veramente tesa.
è opportuno sollecitarla, Questo effetto viene peraltro anche aumentato
per stringere ulterior-
mente i nodi, prima di inizialmente dal fatto che i nodi si stringono.
tenderla definitivamente. Per questo motivo è consigliato, dopo aver teso
una prima volta la corda, sollecitarla, per strin-
gere ulteriormente i nodi, prima di tenderla
definitivamente.
Di norma è la persona più esperta del gruppo
che provvederà sia alla messa in opera che al
recupero della corda fissa, operando secondo
uno dei seguenti schemi:
Traverso facile ma esposto
Dopo aver fatto un nodo di sicura su un capo,
il capocordata fissa l’altra estremità della corda
Ad ogni ancoraggio si
provvede a tensionare
ad un ancoraggio (con barcaiolo o nodo delle
la tratta di corda, even- guide con frizione) e si autoassicura con un
tualmente utilizzando autobloccante alla corda stessa. Procede poi
una semplice carrucola
formata dal nodo auto-
lungo il tratto esposto ponendo degli ancoraggi
bloccante Prusik e un intermedi, che vanno collegati alla corda con
moschettone. nodi autobloccanti. Ad ogni ancoraggio si
provvede a tensionare la tratta di corda, even-
tualmente utilizzando una semplice carrucola
formata dal nodo autobloccante Prusik e un
moschettone.
Durante queste operazioni il capocordata rima-
ne autoassicurato alla corda con l’autobloccan-
te. Una volta finita la traversata, fisserà l’altro
capo della corda con nodo mezzo barcaiolo,
asola e controasola, dopo aver tensionato la
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

corda con il sistema illustrato in figura 7.22.


Da notare che in questo caso il capocordata Quando tutto il gruppo
ha superato il traverso,
porta con se tutta la corda, facendola filare
il capocordata torna al
durante la progressione. Quando tutto il grup- punto iniziale e provvede
po ha superato il traverso, il capocordata torna al recupero della corda,
operando in modo inver-
al punto iniziale e provvede al recupero della so a quanto fatto per la
corda, operando in modo inverso a quanto messa in opera. 307

fatto per la messa in opera (autoassicurazione


con autobloccante e recupero del materiale).
In figura 7.24 è mostrato un esempio di corda
fissa orizzontale. Fig. 7.24 Corda fissa in orizzontale

Traverso difficile
Si opera in modo analogo al precedente, con la
differenza che la corda serve anche come aiuto
alla progressione. In questo caso può essere
necessario che il capocordata proceda, per la
posa della corda, come durante una normale In questo caso può essere
necessario che il capocor-
scalata, assicurato dai compagni con mezzo bar- data proceda, per la posa
caiolo al punto di sosta e con dei normali rinvii della corda, come durante
intermedi. Superato il traverso, si provvederà a una normale scalata, assi-
curato dai compagni con
fissare le due estremità della corda e a sostituire mezzo barcaiolo al punto
i rinvii intermedi con degli autobloccanti. di sosta e con dei normali
Pendio o parete ripida o verticale rinvii intermedi.
Anche in questo caso la corda serve più che
altro per la sicurezza. Il capocordata procede
come durante una salita normale, assicurato alla
sosta con mezzo barcaiolo, e procedere predi-
sponendo dei rinvii intermedi.
Alla fine, il capocordata scenderà nuovamente
al punto iniziale e risalendo provvederà al recu-
pero del materiale.
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

particolare Cambi di pendenza o percorso


Può capitare di dover installare una corda fissa
in parte orizzontale ed in parte verticale, oppure
di dover cambiare sostanzialmente la direzione
della corda stessa (angoli, diedri, ecc.). In questi
casi è bene disaccoppiare i vari tratti di corda
308 fissa (orizzontale-verticale, ecc.) predisponendo
un doppio punto intermedio, come illustrato
in figura 7.25.
E’ ovvio che nel caso in cui nel gruppo vi siano
due persone in grado di fungere da capocorda-
ta, una provvederà alla messa in opera e l’altra al
recupero del materiale alla fine. Per velocizzare
Fig. 7.25 Corda fissa con cambi di le operazioni di stesura di una corda fissa, uno
pendenza o percorso dei due procederà assicurato dal compagno
sistemando gli ancoraggi intermedi fino al ter-
mine del tratto da superare, dove bloccherà la
corda. Il secondo risalirà quindi la corda assicu-
rato con autobloccante, mettendo in tensione la
corda ed eliminando gli angoli troppo acuti.
La trazione e il bloccaggio di un tratto di corda,
fra un ancoraggio e un altro, deve essere tale da
renderlo indipendente dai tratti adiacenti senza
che si trasmettano sollecitazioni dovute ai pas-
saggi sulle diverse tratte.
Nel caso di tratto verticale da percorrere in
discesa si può prevedere, se ritenuto opportuno,
di tendere la corda facendo appendere alla stessa
(per l’imbracatura) uno del gruppo ovvero un
grappolo di zaini. Si può anche lasciarla lasca
agli ancoraggi intermedi, per poterla utilizzare
come corda doppia (figura 7.26).
Se per superare il tratto critico non è sufficiente
una sola corda e se ne impiegano due, le si deve
Fig. 7.26 Corda fissa in verticale collegare, oltre che ad un ancoraggio, anche tra
utilizzabile come corda doppia
di loro eseguendo due asole, come illustrato in
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

figura 7.27. In questo modo, si ha la completa


sicurezza della continuità della corda fissa,
anche in caso di cedimento dell’ancoraggio.
Con neve dura è opportuno, durante la stesura
della corda, fare gradini o piazzole, o intagliare
una traccia nei traversi, per facilitare il percorso
a chi la deve attraversare. 309

Spesso si pensa che, in caso di caduta in tratto


orizzontale, la sollecitazione che si genera sugli
ancoraggi sia minima per la piccola entità del
volo e addirittura tanto minore quanto più la
corda è tesa. La realtà invece è ben diversa.
Se si scompone infatti la forza generata sugli
ancoraggi dovuta alla caduta si può vedere che
la componente orizzontale diventa elevatissima
(sarebbe addirittura infinita nel caso di corda
infinitamente rigida e perfettamente tesa).
Questa componente diminuisce se la corda è
lasca (cosa da sconsigliare poiché non servireb-
be molto come corda fissa) o se si allunga, come
nel caso di una corda dinamica.
Si noti infine che, in caso di cedimento di un
ancoraggio, se quelli adiacenti vengono a con-
tatto con la roccia gli autobloccanti potrebbero
“scaricarsi” lasciando scorrere la corda.

Fig. 7.27 Nodo di unione


di due corde e ancoraggio
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

Progressione su corda fissa


Le persone che percorrono una corda fissa nel
limite del possibile devono indossare casco e
imbracatura o imbraco d’emergenza, essere
muniti di “longe” (tratto di cordino o fettuccia,
annodato in modo da formare due capi per
310 collegare gli autobloccanti all’imbracatura), due
moschettoni a ghiera automatica, due cordini
per eseguire i nodi autobloccanti e, se il caso lo
richiede, dissipatore.
Come detto in precedenza, nei tratti orizzontali
la corda fissa è collegata agli ancoraggi inter-
medi tramite un autobloccante: in questo caso
chi la percorre procede autoassicurato con un
moschettone. Nei tratti verticali la corda fissa è
collegata agli ancoraggi con moschettoni (rin-
vii) e chi la percorre è autoassicurato tramite
autobloccante. Si utilizzano queste due tecniche
diverse per aumentare la sicurezza e la velocità
di percorrenza della corda fissa.
Quale nodo autobloccante si usa il Prusik che,
otre ad essere bidirezionale, risulta di facile
apprendimento e memorizzazione, nonché ese-
guibile anche in condizioni difficili e di relativo
stress psicofisico. Il nodo autobloccante di
assicurazione risulterà molto scomodo e d’im-
piccio alla progressione se la corda fissa non è
ben tesa.
La progressione sulla corda fissa deve essere
fatta adottando le seguenti regole:
- all’inizio della corda fissa, nei tratti in salita e
in discesa, chi la percorre si assicura ad essa con
un Prusik e procede fino al primo rinvio. Qui
si assicura al secondo tratto con un altro Prusik
e dopo scioglie quello precedentemente predi-
sposto e prosegue lungo il percorso attrezzato.
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

Questa operazione va eseguita ad ogni rinvio.


- Nelle traversate sicuramente orizzontali è
possibile, per velocizzare l’attraversamento e lo
scavalcamento degli ancoraggi, utilizzare due
moschettoni collegati agli estremi della “longe”,
come se si fosse in un tratto di ferrata.
- La longe non dove essere né troppo corta (cosa 311

che limiterebbe i movimenti) né troppo lunga,


cosa che farebbe aumentare la lunghezza del
volo in caso di scivolata.
- Nei casi di pendenza accentuata, o dove le
condizioni del terreno, o lo stato psicofisico
dei componenti del gruppo lo richiedano, in
salita e in discesa, può essere conveniente che
un membro esperto del gruppo assicuri con una
corda chi sta attraversando la corda fissa.
- Ciascun tratto di corda deve essere impegnato
da una sola persona alla volta.
- In caso di scivolata percorrendo un tratto
in verticale di una corda fissa bisogna fare
attenzione a non aggrapparsi alla corda al di
sopra dell’autobloccante di sicura; così facendo
si scarica il nodo che non esercita più la sua
funzione e si prolunga la caduta fino al primo
ancoraggio sottostante, aumentando le possibi-
lità di infortunio.
Se vi sono più persone esperte, per velocizzare i
tempi di percorrenza della corda fissa da parte
di gruppi numerosi può risultare opportuno
agire come descritto in seguito. Ogni rinvio
deve essere presidiato da una persona esper-
ta autoassicurato, che avrà a disposizione un
cordino e un moschettone a ghiera con i quali
predispone un autobloccante Prusik sul tratto
di corda successivo.
Colui che percorre la corda fissa, facendo scor-
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

rere il Prusik, procede fino al primo rinvio,


dove la persona esperta presente gli aggancia
all’imbracatura l’autobloccante predisposto sul
tratto successivo e quindi scioglie quello che lo
assicurava al tratto appena percorso. Solo allora
il meno esperto può procedere verso il rinvio
312 seguente, rimanendo costantemente assicurato
alla corda fissa, mentre il più esperto avrà anco-
ra a disposizione un cordino e un moschettone
per predisporre l’autobloccante per il passaggio
di un’altra persona. La stessa operazione può
essere ripetuta ad ogni rinvio per velocizzare al
massimo la percorrenza.

p1
R I S A L I TA DELLE
CORDE CON I NODI
AUTOBLOCCANTI
È una manovra che consente di salire lungo una
p2 corda in condizioni di costante sicurezza. Può
essere necessario ricorrere a questo sistema per
risalire un tratto di corda al quale si è rimasti
appesi, come ad esempio durante una corda
doppia se non si trova un adeguato punto di
sosta, nella risalita di corde fisse strapiombanti,
o anche come manovra di emergenza in par-
ticolari situazioni (es. recupero corda doppia
bloccata). Nel caso di risalita di corde doppie,
i nodi autobloccanti (vedi sotto) devono essere
avvolti intorno ad entrambe le corde contem-
poraneamente, evitando assolutamente di risa-
lire su una corda sola.
Per la risalita si utilizzano due cordini: uno per
il busto e l’altro per un piede. Il primo viene
collegato all’imbracatura dopo aver realizzato
Fig. 7.28 Risalita con autobloccanti sulle corde un nodo autobloccante Machard
Alpinismo su roccia Corde doppie, corde
fisse, risalita corde

(figura 7.28-p1). Il secondo è collegato ad C = corda


un altro nodo autobloccante Machard (figura I = imbracatura
p1-p2 = autobloccanti
7.28-p2), posizionato al disotto del precedente;
S = staffa
con questo cordino si realizza un’asola, chiusa
con nodo delle guide con frizione, che va usata p1
come staffa per il piede.
p2
Il cordino della staffa, se passato all’interno 313

dell’imbracatura, consente di restare in asse


D
durante la distensione della gamba.
Nella figura 7.29 è rappresentata schemati-
camente la successione delle varie fasi della s c
manovra di risalita. Le operazioni vengono p2 p1
descritte partendo dal basso. Prima di iniziare
il movimento è opportuno verificare la tenuta
degli autobloccanti.
C
Nella fase A il peso grava tutto sul piede (staffa).
Nella fase B si distende la gamba e si innalza s
l’autobloccante collegato all’imbracatura p1.
Nella fase C ci si appende all’autobloccante c
collegato all’imbracatura, si scarica il peso dal p1
piede e si fa scorrere quanto più possibile in
alto l’autobloccante p2 connesso alla staffa.
Nella fase D si carica l’autobloccante del piede p2
e si distende la gamba; si ritorna così nella posi- B
zione iniziale.
Al posto dei nodi autobloccanti si possono
ovviamente utilizzare autobloccanti meccanici
s
(es. maniglie Jumar) se disponibili.
p1

p2
A

s c
Fig. 7.29 Fasi di risalita
Corde doppie, corde Alpinismo su roccia
fisse, risalita corde

314
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

capitolo 8
Tecniche di assicurazione in
parete
INDICE

Premessa
Ancoraggi di sosta, ancoraggi intermedi e autoassicurazione
• Ancoraggi di sosta
• Ancoraggi intermedi o di protezione ("rinvii")
• Autoassicurazione
Richiami sull'assicurazione dinamica e sui freni
Tecniche di assicurazione dinamica al primo di cordata
• Generalità
• Tecniche senza sollevamento dell'assicuratore
• Tecniche con sollevamento dell'assicuratore
• Considerazione sull'utilizzo del freno mezzo barcaiolo
Tecniche di assicurazione al secondo di cordata
• Recupero con nodo mezzo barcaiolo
• Recupero con piastrina
• Assicurazione nell'arrampicata sportiva
Assicurazione con metodo tradizionale a spalla
Progressione della cordata su terreno alpinistico
Passaggio delle corde in carico dal Tuber alla sosta

torna al sommario
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

PREMESSA
Per assicurazione si intende l’insieme delle manovre di corda che, attuate
su un ancoraggio di sosta, consentono di ridurre al minimo o neutralizzare
le conseguenze prodotte dalla eventuale caduta di uno dei componenti la
cordata.
316
Tutte le tecniche di progressione applicate su qualsiasi tipo di terreno, a parte
il movimento della cordata “in conserva” (vedi capitolo 9), sono basate su due
presupposti fondamentali:

1) l’autoassicurazione;
2) l’assicurazione del compagno (primo e secondo di cordata).

In questo capitolo sono presentate quelle tecniche che, sulla base di un’amplis-
sima sperimentazione, sia nella pratica alpinistica che nelle prove di labora-
torio, appaiono presentare le maggiori garanzie di sicurezza e, in generale,
di efficienza. Essendo tuttora il settore in costante evoluzione sono comunque
prevedibili, in futuro, innovazioni.

Vengono dapprima ripresi in forma sintetica alcuni elementi che riguardano


la catena di assicurazione: le soste, i rinvii, l’autoassicurazione, l’impiego dei
freni nell’assicurazione dinamica, le sollecitazioni sugli alpinisti, sulle soste e
sull’ultimo rinvio. Si prosegue mettendo a confronto le tecniche di assicurazio-
ne al primo di cordata, descrivendo i sistemi più idonei da adottare in base
all’affidabilità degli ancoraggi di sosta e intermedi. Vengono quindi trattate
le tecniche di assicurazione al secondo o ai due secondi di cordata. Infine,
viene trattata la progressione in parete della cordata di due o tre elementi con
ancoraggi di sosta, mentre il movimento della cordata in conserva e su terreno
facile (creste, neve, ecc.) verrà trattato nei capitoli successivi. L’impiego della
corda, che costituisce un vincolo materiale tra due o tre compagni impegnati
nella stessa impresa e che ne rafforza l’unità psicologica e morale, è imperniato
su regole molto semplici ma inderogabili, le quali richiedono di essere cono-
sciute e applicate con la massima attenzione ed elevato senso di responsabilità.
E’ pertanto indispensabile che ogni alpinista conosca le manovre di assicura-
zione e che le sappia eseguire con correttezza e rapidità in tutte le situazioni.
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

L’assicurazione eseguita sommariamente, con leggerezza o, peggio, con una


manovra sbagliata, non consente di fermare l’eventuale caduta del compagno
e mette a repentaglio la vita di tutti i componenti la cordata.
La Commissione Centrale Materiali e Tecniche (CCMT), d’intesa con la
Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo (CNSASA),
con la Scuola Centrale di Alpinismo e con rappresentanti della Commissione
Tecnica del Collegio Nazionale delle Guide Alpine, ha eseguito, nel corso di 317
due anni, una dettagliata serie di esperimenti nelle più diverse condizioni di
utilizzo, sia su ghiaccio che su roccia, sulle tecniche di assicurazione al primo
di cordata che implicano o meno il sollevamento dell’assicuratore.
I risultati di tali prove, a cui rimandiamo il lettore per un esame più appro-
fondito, sono riportati in diversi documenti, tra i quali il filmato “Tecniche
di assicurazione: confronto tra classica e ventrale” e nel quaderno allegato ”Le
tecniche di assicurazione in parete”, prodotti dalla CCMT e distribuiti nel
2001 a cura della CNSASA [19] [24] [25] [26] [28].
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

ANCORAGGI DI SOSTA,
ANCORAGGI INTERMEDI E
AUTOASSICURAZIONE
Ancoraggi di sosta
Per le caratteristiche degli ancoraggi di sosta
318
ed al collegamento dei medesimi, si rimanda
al capitolo 6. La sosta costituisce il punto
chiave della catena di sicurezza, in quanto dalla
sua affidabilità dipende l’incolumità dell’intera
cordata. Data l’importanza degli ancoraggi di
sosta, essi devono essere quanto più affidabili
possibile, compatibilmente con il tipo di terre-
no e le difficoltà di posizionamento.
La sosta costituisce il Si ricorda comunque che:
punto chiave della cate-
na di sicurezza, in quan-
to dalla sua affidabilità • arrampicando lungo itinerari ove non vi
dipende l’incolumità siano soste già predisposte, bisogna cercare di
dell’intera cordata; quin-
di gli ancoraggi di sosta
individuare preventivamente il punto di sosta,
devono essere quanto più possibilmente riparato da scariche (di sassi
affidabili possibile, com- o ghiaccio) e sufficientemente comodo: una
patibilmente con il tipo
di terreno e le difficoltà
buona soluzione potrebbe essere una rientranza
di posizionamento. della parete, oppure il lato di un canale, un
terrazzino, ecc.;
• nella realizzazione di una sosta non si deve
usare mai un solo ancoraggio; a meno di
casi eccezionali (tronchi d’albero, manufatti in
acciaio, cemento, ecc.) vanno sempre utilizzati
almeno due ancoraggi: in casi particolari può
essere, infatti, necessario utilizzarne tre o più;
• nel predisporre gli ancoraggi di sosta ed il
loro collegamento va tenuto presente che gli
stessi devono formare un sistema in grado di
resistere a forze provenienti da tutte le direzioni:
le sollecitazioni possono, infatti, provenire dal
basso (in caso di caduta del secondo di cordata
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

o anche del primo che ancora non abbia posi-


zionato rinvii intermedi), ovvero dall’alto (in
caso di caduta del primo di cordata, qualora
questi abbia posizionato almeno un rinvio al di
sopra della sosta), o ancora da direzioni laterali
a seconda dei casi;
• l’angolo al vertice del triangolo di sosta, 319
effettuato con cordino di nylon di almeno 7 Nel predisporre gli anco-
mm di diametro o in kevlar - dynaeema, deve raggi di sosta ed il loro
collegamento va tenuto
essere inferiore ai 90° per ridurre le componenti
presente che gli stessi
“orizzontali” sugli ancoraggi; devono formare un siste-
• compatibilmente con la distribuzione dei ma in grado di resistere a
forze provenienti da tutte
carichi sugli ancoraggi di sosta, è opportuno le direzioni.
realizzare un triangolo di sosta il più corto pos-
sibile, in modo da ridurre l’effetto negativo del
ribaltamento della sosta in caso di caduta del
primo di cordata su rinvii intermedi; la soluzio-
ne ideale sarebbe costituita da ancoraggi posti
sulla stessa verticale, in quanto questo permette
di ridurre a zero l’angolo e di avere la lunghezza
del triangolo più corta in assoluto.

L’autoassicurazione è indispensabile in fase di


assicurazione: è, infatti, l’unica garanzia contro
E'opportuno realizzare
le conseguenze di un malore, caduta di sassi o un triangolo di sosta il
ghiaccio, un movimento falso, una distrazione. più corto possibile, in
A questo proposito si tenga presente che l’au- modo da ridurre l’effetto
negativo del ribaltamen-
toassicurazione è una manovra da eseguire, oltre to della sosta in caso di
che nelle soste su terreno alpinistico, anche caduta del primo di cor-
data su rinvii intermedi.
durante le discese in corda doppia e durante
l’esecuzione delle manovre di soccorso (recupe-
ri, calate). In questi ultimi casi, in cui gli alpini-
sti non sono legati in cordata, ci si autoassicura
fissando il moschettone di autoassicurazione ad
una “longe” di cordino o di fettuccia opportu-
namente legata all’imbracatura (vedi cap. 7).
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Ancoraggi intermedi o di protezione


(“rinvii”)
Su terreno alpinistico, lungo il tratto di arram-
picata che è consentito dalla lunghezza della
corda, per ridurre la lunghezza di una eventuale
caduta il capocordata passa la corda attraverso
320 ancoraggi intermedi.
In genere, questi ancoraggi sono costituiti da
chiodi da roccia (o da ghiaccio), blocchetti
da incastro, anelli di cordino o di fettuccia su
spuntoni rocciosi e clessidre, ecc..
Gli ancoraggi intermedi
Tali materiali devono essere collocati, secondo
sono costituiti da chiodi una prudente valutazione del capocordata,
da roccia, blocchetti da prima di iniziare il superamento di passaggi
incastro, anelli di cor-
dino o di fettuccia su ritenuti difficili.
spuntoni rocciosi e cles- La corda di cordata viene collegata all’anco-
sidre, ecc.; devono essere raggio intermedio tramite cordino o fettuccia
collocati, secondo una
prudente valutazione del e moschettone o, più comunemente, tramite
capocordata, prima di una fettuccia precucita alle cui estremità sono
iniziare il superamento fissati due moschettoni (i cosiddetti “rinvii”
di passaggi ritenuti dif-
ficili. o “preparati”), per permettere lo scorrimento
della corda.
Come successivamente evidenziato, è partico-
larmente importante che il primo di cordata
posizioni il primo rinvio, una volta partito
dalla sosta, prima possibile e comunque non
Fig. 8.01 Ancoraggi intermedi
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

oltre 3 metri dalla sosta stessa.


In un rinvio, sia il moschettone a contatto con
l’ancoraggio che quello in cui scorre la corda
devono avere la leva di apertura rivolta verso
l’esterno rispetto alla parete, per evitare che pos- Fig. 8.02a Rinvio corretto
sano accidentalmente aprirsi premendo contro
una sporgenza della stessa (vedi figura 8.02a). 321
Durante la progressione, il capocordata deve
inserire la corda nel moschettone del rinvio
sempre dall’interno (lato parete) verso l’ester-
no, onde evitare, in caso di caduta, pericolose
torsioni del rinvio e soprattutto il rischio che la
corda possa sfilarsi dal rinvio stesso.
Per lo stesso motivo, il rinvio va posizionato
sempre con le leve di apertura di entrambi i
moschettoni rivolte in direzione opposta a quel-
la di progressione figura 8.02b [29] [30].
Nella figura 8.03 e 8.03a si nota un errato Fig. 8.02b Rinvio corretto
inserimento della corda dentro il moschettone:
in caso di caduta del primo di cordata potrebbe
verificarsi la fuoriuscita della corda.

Autoassicurazione
L’alpinista che assicura il compagno che arram-
pica deve essere fermo, in posizione sicura e di
massima stabilità. Per ottenere ciò, l’alpinista
si deve “autoassicurare” alla sosta, fissandovi Fig. 8.03 Rinvio sbagliato
un moschettone a ghiera e realizzando su que-
st’ultimo un nodo barcaiolo, con il tratto della
corda di cordata, a poca distanza (50-100 cm)
dalla propria legatura.
La modalità di autoassicurazione, cioè del col-
legamento di chi assicura, dipende dall’affidabi-
lità dell’ancoraggio che, a sua volta condiziona
il tipo di assicurazione al compagno. Per com-
Fig. 8.03a Rinvio sbagliato
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

La modalità di autoassi- pletare la presente sezione anticipiamo in modo


curazione, cioè del colle-
gamento di chi assicura
sommario la descrizione dell’autoassicurazione
alla sosta, dipende dal- la quale, a seconda del terreno, può essere rea-
l’affidabilità dell’anco- lizzata su uno dei punti di ancoraggio oppure al
raggio che, a sua volta
condiziona il tipo di assi-
vertice. Le tecniche di assicurazione dinamica
curazione da effettuare al sono trattate in modo approfondito in una
322 compagno. sezione successiva.

Soste su ancoraggi affidabili


Con soste particolarmente sicure, che utilizzano
quindi ancoraggi affidabili, viene impiegata
l’assicurazione classica, adottando quale freno
il nodo mezzo barcaiolo (vedi cap. 3) con un
moschettone a base larga (tipo HMS) munito
di ghiera.
Si realizza il collegamento mobile tra i punti di
ancoraggio:
• mediante il sistema “classico”;
• con asola inglobata.
Il moschettone di autoassicurazione viene fis-
sato all’ancoraggio - tra quelli collegati - rite-
nuto più sicuro, in modo da non intralciare la
manovra di assicurazione. Il freno viene invece
applicato, tramite un moschettone a ghiera,
direttamente al vertice inferiore del triangolo
di sosta (vedi in seguito la sezione “Tecniche
di assicurazione dinamica”). I moschettoni da
utilizzare per gli ancoraggi debbono preferibil-
mente essere muniti di ghiera.

Fig. 8.04 Sosta con sistema "classico"


Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

Soste su ancoraggi non particolarmente affi-


dabili
Con ancoraggi di sosta non particolarmente
affidabili oppure non bidirezionali, è necessa-
rio impiegare una assicurazione che preveda il
sollevamento dell’assicuratore in quanto que-
sta, a causa della minore forza esercitata dalla 323
mano con questa modalità, permette di ridurre
i carichi e produce una minore sollecitazione
sulla sosta. Il moschettone di autoassicurazione
va applicato al vertice del triangolo di sosta
e l’autoassicurazione viene effettuata con un
nodo barcaiolo sulla corda di cordata (vedi fig
Fig. 8.05 Sosta con asola inglobata
8.06); verrà quindi realizzata l’assicurazione
classica bilanciata o l’assicurazione ventrale
(vedi fig 8.07), tecniche che saranno illustrate
di seguito.
Il tipo di collegamento degli ancoraggi di sosta
(mobile oppure semimobile) dipende dal tipo
di terreno e dalla direzione che potrebbe assu-
mere il sistema in caso di ribaltamento.
In genere si privilegia il collegamento semimo-
bile se un punto di ancoraggio non è partico- Fig. 8.06 Sosta su ancoraggi non
affidabili
larmente sicuro e soprattutto se le distanze sono
cospicue (distanze tra i punti di ancoraggio e
distanza tra assicuratore e vertice della sosta).

Fig. 8.07 Assicurazione ventrale


Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

RICHIAMI
S U L L’ A S S I C U R A Z I O N E
DINAMICA E SUI FRENI
Il lettore, per una maggiore comprensione degli
argomenti trattati, può consultare il cap. 4
324
L’assicurazione dinamica “Catena dinamica e tecniche di assicurazione”
è l’insieme delle tecniche del presente manuale, oppure, se desidera ulte-
di assicurazione che per-
riori approfondimenti, può fare riferimento alla
mettono la dissipazione
per attrito di una parte documentazione prodotta dalla Commissione
rilevante dell’energia Centrale Materiali e Tecniche [19][24][25][28]
cinetica acquistata dal-
[26].
l’alpinista durante una
caduta in parete.
Assicurazione dinamica
L’assicurazione dinamica è l’insieme delle tecni-
che di assicurazione che permettono la dissipa-
zione per attrito di una parte rilevante dell’ener-
gia cinetica acquistata dall’alpinista durante una
caduta in parete. In situazione di corda frenata,
questa energia viene quasi completamente dissi-
pata da un freno e da altri attriti eventualmente
presenti. Con attriti elevati lungo la catena di
sicurezza (rinvii angolati, corda a contatto con
Un’assicurazione dina- la parete, ecc.), il freno potrebbe anche non
mica, cioè l'arresto della
caduta con un opportu- entrare in azione, determinandosi così una
no frenaggio progressivo situazione di corda bloccata.
della corda, riduce forte- Mettendo in atto un’assicurazione dinamica,
mente sia lo strappo rice-
vuto da chi cade, sia le cioè arrestando la caduta con un opportuno
forze applicate all’anco- frenaggio progressivo della corda, si riducono
raggio di sosta ed all’ul- fortemente sia lo strappo ricevuto da chi cade,
timo ancoraggio posizio-
nato dal capocordata. sia le forze applicate all’ancoraggio di sosta ed
all’ultimo ancoraggio posizionato dal capocor-
data.
E’ da sottolineare che è la forza frenante eser-
citata dal sistema mano-freno che determina
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

le sollecitazioni su tutta la catena di assicu-


razione, ed in particolare:
• sull’alpinista che cade;
• sull’ancoraggio di sosta;
• sull’ultimo ancoraggio.

Richiami sui freni 325

Il freno è un attrezzo che, pilotato dalla mano


dell’assicuratore, permette di rallentare ed arre-
stare la caduta. Tutti i freni hanno una caratte-
ristica in comune: si comportano come molti-
plicatori di forze, cioè come amplificatori della
forza applicata alla mano, e generano in questo
modo la forza frenante che agisce, attraverso la Fig. 8.08 Impiego del nodo
mezzo barcaiolo
corda, sul corpo che cade. La forza frenante è
il risultato dell’effetto combinato:

• della forza esercitata dalla mano dell’assicura-


tore (15-30 daN) all’entrata nel freno;
• della capacità frenante del freno (definito
FMF, ovvero Fattore di Moltiplicazione delle
Forze, cioè il rapporto tra forza uscente e forza
entrante - esercitata dalla mano - nel freno).

Questo significa che si ottiene lo stesso risul-


tato frenante operando sia con un freno con
elevato FMF e modesta trattenuta, sia con un
freno con basso FMF ed elevata trattenuta.

Tra i vari freni oggi esistenti che possono


essere impiegati per l’assicurazione, in questa
sede tratteremo l’uso del classico nodo mezzo
barcaiolo, riconosciuto in sede U.I.A.A. quale
“Italian hitch” e l’uso del cosiddetto secchiello,
denominato più correttamente Tuber.
Fig. 8.09 impiego del Tuber (secchiello)
Il valore del fattore di moltiplicazione delle
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

forze per il mezzo barcaiolo è maggiore di


quello di altri freni. Quindi la forza frenante
sviluppata dal mezzo barcaiolo, sebbene risen-
ta molto dell’abilità dell’assicuratore, risulta
normalmente maggiore di quella sviluppata ad
esempio da un Tuber, a fronte di una identica
326 forza generata dalla mano trattenente. A parità
di condizioni e con i rami di corda posti a 180°
(situazione di trattenuta in presenza di rinvii
intermedi - sollecitazione verso l’alto), si svilup-
Fig. 8.10 Posizione del mezzo pano le seguenti forze frenanti:
barcaiolo con rami di corda,
in entrata e uscita dal freno,
posti a 180°
mezzo barcaiolo:
da 90 daN a 240 daN (FMF 6~8)
Tuber:
da 45 daN a 150 daN (FMF 3~5).

Va rimarcato che con i rami di corda, in


entrata e in uscita dal freno, posti a 0°, e
cioè paralleli tra loro (situazione di trattenuta
in assenza di rinvii intermedi - sollecitazione
verso il basso) molti freni meccanici come il
Tuber e lo Sticht presentano un FMF di circa
Fig. 8.10 Posizione del Tuber 1,5~1,7 (come un rinvio) e cioè estremamente
con rami di corda, in entrata e
uscita dal freno, posti a 180° basso, mentre il mezzo barcaiolo, in questa
situazione, ha al contrario un FMF di circa
10, e cioè vantaggiosamente molto alto. Si
evidenzia, inoltre, che il valore del FMF del
freno (½ barcaiolo, Tuber, ecc.) dipende
molto dal tipo di corda e dalla geometria del
freno stesso.

Corsa della corda nel freno


Nell’assicurazione dinamica, per tutta la fase di
trattenuta fino all’arresto della caduta, si ha una
corsa della corda nel freno che dissipa l’energia
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

cinetica posseduta dal corpo che cade.


Orientativamente, e in termini molto semplifi-
cati, vale la relazione:
Corsa della corda =
Energia cinetica/(Forza frenante+Attriti vari)

Perciò la lunghezza di corda che scorre dentro il 327

freno dipende dall’energia cinetica da dissipare, La lunghezza di corda


che scorre dentro il freno
dal tipo di freno adottato, dalla mano dell’assi- dipende dall’energia cine-
curatore, dalla presenza di attriti dovuti ai rinvii tica da dissipare, dal tipo
e al contatto della corda con la parete. di freno adottato, dalla
mano dell’assicuratore,
A puro titolo di esempio numerico (non rica- dalla presenza di attriti
vato da dati sperimentali), riportiamo il caso di dovuti ai rinvii e al con-
caduta di un alpinista di 80 kg che, salito sopra tatto della corda con la
parete.
la sosta di 8 metri, cade dopo aver posizionato
un rinvio intermedio 4 metri sopra la sosta.
L’energia da dissipare, in questo caso, è circa
data da: 8 m di volo x 80 kgp = 640 daN x m.
Il secondo esegue un’assicurazione ventrale,
rispettivamente, con il freno mezzo barcaiolo e
il Tuber. Si ricorda che il coefficiente di attrito
del rinvio moltiplica per 1,7 la forza frenante
del freno.
freno forza forza forza carico corsa della
utiliz- entrante uscente frenante totale su corda nel
zato nel dal freno su rinvio ultimo freno
freno rinvio
Fm Ff=Fm*FMF Fr=Ff*1,7 Ft=Fr+Ff C=E/Fr
mezzo
barcaiolo 30 daN 240 daN 408 daN 648 daN 157 cm
(FMF = 8)
Tuber
30 daN 150 daN 255 daN 405 daN 251 cm
(FMF = 5)
Fig. 8.11 Azioni frenanti del mezzo
barcaiolo e Tuber
Nella tabella, per il calcolo della corsa della
corda nel freno, si è supposto che questa sia
uguale alla distanza percorsa dal corpo che cade
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

durante la frenata, e quindi si è utilizzata la


relazione corsa = energia/forza frenante, non si
sono considerati gli attriti e si è considerata una
forza entrante nel freno (applicata dalla mano)
Impiegando un freno costante. I dati in tabella sono quindi puramen-
con maggiore capacità
frenante e mantenen- te orientativi e hanno il solo scopo di mostrare
328 do la stessa tecnica e lo come, impiegando un freno con maggiore capa-
stesso comportamento
cità frenante (FMF più elevato) e mantenendo
dell’assicuratore in fase
di trattenuta, si ottenga- la stessa tecnica e lo stesso comportamento del-
no corse della corda nel l’assicuratore in fase di trattenuta, si ottengano
freno più basse a prezzo
di sollecitazioni più alte
corse della corda nel freno più basse a prezzo,
sull’alpinista che cade e tuttavia, di sollecitazioni più alte sull’alpinista
sull’ultimo rinvio. che cade (forza d’arresto) e sull’ultimo rinvio
(vedi figura 8.12).
Con questo modello semplificato, si può pertan-
to dedurre che è possibile ottenere bassi carichi,
nella catena di sicurezza, a prezzo di maggiori
corse della corda nel freno. E’ però importante
ribadire che, a prescindere dal freno usato, la
forza frenante dipende molto dal comporta-
Durante la caduta di un mento di colui che assicura e che modulandola
alpinista, la forza frenan- opportunamente si possono ottimizzare sollecita-
te ha un valore che varia
moltissimo nel tempo:
zioni e scorrimenti.
presenta un valore mas- Infatti, si ricorda che, durante la caduta di un
simo (forza di arresto) alpinista, la forza frenante ha un valore che varia
pochi decimi di secondo
dopo l’inizio della tenuta
moltissimo nel tempo: presenta un valore mas-
vera e propria, per poi simo (la cosiddetta “forza di arresto”, con valori
scendere al valore del di qualche centinaio di daN) pochi decimi di
peso dell’alpinista al ter-
mine della caduta stessa. secondo dopo l’inizio della tenuta vera e propria,
per poi scendere al valore del peso dell’alpinista
al termine della caduta stessa. Con una “cattiva”
tenuta da parte di chi fa assicurazione, si potreb-
bero quindi avere elevati valori di forza di arresto
(fase “inerziale” della trattenuta, si veda il cap.
4) e anche elevati scorrimenti della corda (fase
“muscolare”).
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

E’ perciò opportuno esercitarsi in palestra,


effettuando prove di trattenuta, sia per capire
le sollecitazioni in gioco, sia per conoscere
meglio i freni impiegati.
Un volo di 8 metri è una caduta già importante:
nella pratica alpinistica la corsa della corda nel
freno con un mezzo barcaiolo, senza la presenza Un volo di 8 metri è una 329

di rinvii, è pari a circa 1/3~1/4 dell’altezza di caduta già importante


dove la corsa della corda
caduta e cioè circa 2 metri. Ben difficilmente, nel freno con un mezzo
senza utilizzare dei guanti, l’assicuratore potrà far barcaiolo, senza la pre-
senza di rinvii, è pari a
scorrere così tanta corda senza subire delle lesio-
circa 2 metri. Ben diffi-
ni. E’ perciò fondamentale che il capocordata, in cilmente, senza utilizzare
partenza da una sosta, posizioni il primo anco- dei guanti, l’assicuratore
potrà far scorrere così
raggio intermedio appena possibile, e comunque tanta corda senza subire
non oltre 3 metri circa dalla sosta stessa. delle lesioni.

Effetto del rinvio


Il moschettone dell’ultimo rinvio posizionato
prima di una caduta produce un attrito sulla
corda per cui la forza a valle (verso il corpo in
caduta) risulta maggiore della forza a monte
(verso il freno) di un coefficiente pari a 1,5~1,7.
ultimo rinvio

810 daN

300
freno daN
forza frenante (300 daN) +
forza d'arresto (510 daN) =
carico all'ultimo rinvio (810 daN)

510 daN Fig. 8.12 Carico sul rinvio


Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Anche il rinvio può essere considerato come un


amplificatore della forza frenante prodotta dal
sistema mano-freno.
Il rinvio può essere con- Osservando la figura 8.12, si traggono le seguen-
siderato come un ampli-
ti considerazioni:
ficatore della forza fre-
nante prodotta dal siste- - la forza frenante del sistema mano-freno, che
330 ma mano-freno. sarà moltiplicata dal rinvio di circa 1,7, assume
in questo esempio il valore di 300 daN;
- la forza di arresto sull’alpinista che cade è pari
alla forza frenante amplificata per effetto del
rinvio (e di eventuali attriti sulla parete) ed in
questo caso vale 510 daN;
- sull’ultimo rinvio si sommano la forza frenan-
te (diretta verso la sosta) e la forza di arresto
L’ancoraggio intermedio
(verso il corpo che cade). In pratica l’ancoraggio
su cui si verifica la cadu- intermedio su cui si verifica la caduta riceve una
ta riceve una sollecitazio- sollecitazione quasi doppia rispetto a quella
ne quasi doppia rispetto
a quella subita dall’alpi- subita dall’alpinista caduto.
nista caduto.
TECNICHE DI
ASSICURAZIONE
DINAMICA AL PRIMO DI
CORDATA
Generalità
Le tecniche di assicurazione dinamica vengono
divise in due categorie:

1. tecniche che non implicano un sollevamento


dell’assicuratore: assicurazione classica.
2. tecniche che producono il sollevamento del-
l’assicuratore: assicurazione classica bilanciata
e assicurazione ventrale.

E’ opportuno far rilevare che, oltre all’innalza-


mento o meno dell’assicuratore, esiste un altro
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

importante aspetto che contraddistingue le due


famiglie di assicurazioni e che ne rende consi-
gliabile di volta in volta l’impiego, in funzione
L'assicurazione con solle-
dell’affidabilità degli ancoraggi di sosta e di vamento dell’assicuratore
protezione sui quali si opera. registra carichi all’ultimo
Nel caso di assicurazione con sollevamento rinvio inferiori di circa il
10~20% rispetto all’as-
dell’assicuratore, si registrano carichi all’ultimo sicurazione classica, ma
331

rinvio inferiori di circa il 10~20% rispetto anche una diminuzione


all’assicurazione classica. sostanziale della forza
che si riesce ad applicare
Da un’analisi della meccanica della trattenuta si al freno.
evidenzia che questo alleggerimento dei carichi
sul rinvio (e su tutti gli elementi della catena di
sicurezza) non dipende tanto dall’entità del
sollevamento dell’assicuratore quanto dal
fatto che con questa tecnica non si riesce ad
applicare al freno forze di grande entità.
E’ quindi opportuno limitare l’innalzamento
dell’assicuratore realizzando un collegamento di
sosta più corto possibile compatibilmente con
la giusta ripartizione dei carichi sugli ancoraggi
di sosta, senza con questo nulla togliere ai van-
E’ opportuno limitare
taggi di questo tipo di assicurazione. l’innalzamento dell’assi-
curatore realizzando un
collegamento di sosta più
Vi sono altresì molte varianti di esecuzione delle corto possibile compa-
predette tecniche, da attuare in relazione alle tibilmente con la giusta
caratteristiche del terreno, all’affidabilità dell’an- ripartizione dei carichi
sugli ancoraggi di sosta.
coraggio di sosta, all’esistenza di ancoraggi inter-
medi e all’attrezzatura alpinistica a disposizione.
Si è ritenuto sufficiente descrivere in questo
manuale le tecniche di assicurazione più valide
che trovano applicazione nei vari terreni, avva-
lendosi come freni, dell’utilizzo di:
- nodo mezzo barcaiolo;
- freno Tuber.
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Tecniche senza sollevamento dell’as-


sicuratore

Assicurazione classica
Questo metodo, caratterizzato da diverse
varianti, è comunemente adottato nelle scuole
332 del CAI. Il freno va applicato al vertice inferiore
del triangolo di sosta e l’assicuratore è autoas-
sicurato, con la corda di cordata ed un nodo
barcaiolo, al più sicuro degli ancoraggi di sosta
(vedi precedente sezione “Autoassicurazione”).
Nell’assicurazione classica come freno viene
Fig. 8.13 Assicurazione classica
utilizzato il nodo mezzo barcaiolo. Questa
scelta è dovuta al fatto che gli altri tipi di freno
(Tuber, piastrina Sticht, ecc.), quando operano
con i rami della corda in entrata e in uscita dal
freno paralleli tra loro (come in caso di caduta
del capocordata in assenza di rinvii intermedi),
non garantiscono un sufficiente fattore di mol-
Nell’assicurazione clas- tiplicazione delle forze.
sica come freno viene
utilizzato il nodo mezzo
barcaiolo. Questa scelta Pro
è dovuta al fatto che gli
I pregi si possono così riassumere:
altri tipi di freno quando
operano con i rami della • assicuratore non coinvolto dal volo;
corda paralleli tra loro • elevata forza frenante in caso di caduta con
(vedi caduta del capocor-
data in assenza di rinvii),
scarsi attriti e/o senza rinvii intermedi (caduta
non garantiscono un suf- diretta sulla sosta);
ficiente fattore di molti- • minori problemi, dopo la caduta, nelle mano-
plicazione delle forze.
vre di autosoccorso.
Contro
• forte sollecitazione sulla sosta e sull’ultimo
rinvio posizionato dal primo di cordata prima
della caduta;
• durante la trattenuta da parte dell’assicura-
tore, vi è una prima fase in cui il freno non è
operativo: tale fase dura tutto il tempo richiesto
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

per il completo ribaltamento verso l’alto del


triangolo di sosta. Solo allora, infatti, il freno
inizia la sua funzione.
Questo comportamento determina due aspetti
negativi: L'assicurazione classica è
- la caduta dell’alpinista è prolungata di un’en- una manovra consigliabi-
tità pari al doppio dell’altezza del triangolo di le principalmente quan- 333
do si opera con soste e
sosta (realizzare triangoli corti); ancoraggi affidabili, sia
- in tal modo si verrà ad operare un forte carico su roccia che su ghiac-
sulla corda in quanto il freno, con il ribalta- cio perchè sviluppa una
forza frenante più elevata
mento, si solleva molto e l’assicuratore tende a rispetto alle tecniche con
tirare la corda dal basso con più forza e buona sollevamento dell'assicu-
parte della sua massa. Il risultato sarà un’elevata ratore.

forza frenante (ad esempio 300 daN) con un


conseguente elevato valore di carico sull’ultimo
rinvio (810 daN).
• è facile generare, specie con il mezzo bar-
caiolo posizionato alto rispetto all’assicuratore,
un lasco di corda che prolunga la caduta del
capocordata.
• essendo funzionale all’uso del solo freno
mezzo barcaiolo, non permette di attuare la
progressione con mezze corde passate alternate
nei rinvii.

Conclusioni
Sviluppando una forza frenante più elevata
rispetto alle tecniche con sollevamento dell’as-
sicuratore, è una manovra consigliabile princi-
palmente quando si opera con soste e ancoraggi
affidabili, sia su roccia che su ghiaccio.
In definitiva, si può raccomandare, in generale,
di creare un triangolo di collegamento il
più corto possibile, compatibilmente con
la funzione di ripartizione dei carichi sugli
ancoraggi di sosta collegati, trovando cioè
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

un ragionevole compromesso tra lunghezza del


cordino (o fettuccia) di collegamento e angolo
al vertice del triangolo di sosta. Così facendo
si ridurrà l’entità del ribaltamento della sosta
traendo benefici da una minor violenza della
trattenuta.
334 In genere, la posizione ideale dell’assicura-
tore, per eseguire un’efficace assicurazione
con tecnica classica, si ottiene mantenendo il
freno all’altezza del busto.
Un corretto utilizzo del freno mezzo barcaio-
lo richiede infatti che la mano trattenente
non venga mai tenuta troppo vicina al nodo,
bensì che sia posizionata a 40-50 centimetri
dallo stesso in modo da consentire una corsa
“controllata” della corda e permettere così di
modulare la frenata (vedi figura 8.14). La mano
trattenente non deve quindi impugnare troppo
rigidamente (a meno che non si abbia a che fare
con voli importanti) la corda bensì, pur tenen-
dola saldamente (onde evitarne lo scorrimento
incontrollato), deve cercare di accompagnarla
Fig. 8.14 Corretto utilizzo del freno verso il freno. Da uno scorrimento minimo
mezzo barcaiolo di 40-50 cm della corda nel moschettone
(che avviene anche se chi assicura si irrigidisce
istintivamente nella trattenuta), con un ade-
guato allenamento in palestra si può arrivare a
scorrimenti controllati di lunghezza superiore,
che consentono di ridurre notevolmente le sol-
lecitazioni sulla sosta e sull’ultimo ancoraggio
intermedio.
Si sottolinea che il nodo mezzo barcaiolo
deve sempre trovarsi lontano da ostacoli
(nodi, roccia, altri moschettoni, ecc.) e in
posizione di scorrimento verso il primo di
cordata (vedi figura 8.15).
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

In caso di recupero di corda “lasca”, l’assicura-


tore deve sempre ricordarsi di “ricapovolgere”
dopo il recupero il mezzo barcaiolo in direzione
favorevole allo scorrimento verso il primo di
cordata. Infatti, qualora il primo di cordata
al
dovesse cadere con il nodo “capovolto”, il freno capocordata
se realizzato su moschettone non di tipo "H" 335

potrebbe non funzionare, verificandosi così una


situazione di corda bloccata.

Tecniche con sollevamento dell’assi-


curatore Fig. 8.15 Freno mezzo barcaiolo in posizione di
Laddove non sia possibile posizionare ancoraggi assicurazione al primo di cordata

affidabili, deve essere utilizzata un’assicurazione


che preveda il sollevamento dell’assicuratore, in
quanto questa permette di ridurre i carichi all’ul-
timo rinvio, alla sosta e alla persona che cade.
In funzione della situazione particolare e delle Laddove non sia possibi-
priorità che l’assicuratore si darà di volta in le posizionare ancoraggi
affidabili, deve essere uti-
volta, verrà scelta l’assicurazione classica bilan- lizzata un’assicurazione
ciata o l’assicurazione ventrale, tenendo conto che preveda il solleva-
mento dell’assicuratore,
dei pro e dei contro di seguito illustrati.
in quanto questa per-
In caso di ancoraggi non particolarmente affi- mette di ridurre i cari-
dabili, si ricorda che il collegamento semimobi- chi all’ultimo rinvio, alla
sosta e alla persona che
le in parallelo degli ancoraggi di sosta garanti- cade.
sce, rispetto ai collegamenti mobili, un ridotto
spostamento del vertice del triangolo di sosta
in caso di cedimento improvviso di uno degli
ancoraggi collegati.
Va ribadito che, salvo in presenza di attriti con-
siderevoli, il sollevamento a cui è sottoposto
il corpo dell’assicuratore è spesso di entità
tale che è la sosta stessa che lo blocca.
Attenzione quindi a:
- utilizzare ancoraggi bidirezionali,
- non effettuare questo tipo di assicurazione
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

quando sopra la sosta vi sono sporgenze o tetti


contro i quali si può andare a sbattere!

Assicurazione classica bilanciata


L’assicurazione classica bilanciata (in quanto il
peso dell’assicuratore bilancia in parte la forza
336 verso l’alto) è indicata quando si opera con
ancoraggi di sosta non particolarmente affida-
bili. La tecnica trae origine, quale variante della
assicurazione classica, dalle necessità di attenuare
gli effetti del ribaltamento del triangolo di sosta
e di ridurre le sollecitazioni sull’ultimo rinvio.
L’autoassicurazione va realizzata al vertice del
triangolo di sosta, tramite la corda di cordata ed
un nodo barcaiolo effettuato su moschettone a
ghiera.
Con il collegamento degli ancoraggi di tipo
semimobile, sul moschettone di autoassicura-
zione va inserito un secondo moschettone sul
quale si effettua l’assicurazione mediante mezzo
barcaiolo (vedi figura 8.16).
Fig. 8.16 Ass. bilanciata semimobile
Con collegamento ad asola inglobata il moschet-
tone di assicurazione va inserito dentro l’asola;
in questo modo il moschettone di autoassicura-
zione è meno coinvolto da una eventuale caduta
del primo di cordata (vedi figura 8.17).
L’assicuratore, posizionato a circa 40-60 cm dal
barcaiolo di autoassicurazione, può essere sia
appeso alla sosta sia con i piedi appoggiati a terra
(ma sempre con il ramo di autoassicurazione
ben teso).
Si tratta quindi di una tecnica che utilizza come
freno il nodo mezzo barcaiolo, analogamente a
quanto capita per l’assicurazione classica (l’uni-
co freno con FMF efficace in caso di caduta del
Fig. 8.17 Ass. bilanciata con asola primo senza rinvii intermedi).
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

La figura 8.18 fa riferimento un collegamen-


to semimobile (realizzato con cordino o con
fettuccia precucita) e mostra in primo piano il
moschettone di assicurazione che si aggancia
a quello di autoassicurazione. Invece la figura
8.19 fa riferimento ad un collegamento (mobi-
le oppure semimobile) con asola inglobata e 337

descrive nel particolare il moschettone di assicu-


Fig. 8.18 Ass. bilanciata su moschettone
razione che si aggancia dentro l’asola.

Pro
• la forza frenante esercitata dal sistema mano-
freno è inferiore rispetto all’assicurazione classi-
ca, anche se maggiore rispetto a quella dell’assi-
curazione ventrale;
• rispetto all’assicurazione classica, si generano
Fig. 8.19 Ass. bilanciata su asola
sollecitazioni minori sull’ultimo rinvio e, in
genere, sulla sosta;
• rispetto all’assicurazione ventrale, in caso di
ribaltamento della sosta si ottiene un solleva-
mento dell’assicuratore più contenuto in virtù
La caduta del primo di
del collegamento diretto del freno al triangolo di cordata su rinvii interme-
sosta, che ammortizza l’innalzamento. di solleverà sempre, più o
meno violentemente, l’as-
Contro
sicuratore (in funzione
• la caduta del primo di cordata su rinvii inter- dell’altezza del triangolo
medi solleverà sempre, più o meno violente- di sosta e dell’autoassi-
curazione), salvo il caso
mente, l’assicuratore (in funzione dell’altezza in cui siano presenti rin-
del triangolo di sosta e dell’autoassicurazione), vii angolati o comunque
salvo il caso in cui siano presenti rinvii angolati importanti attriti della
corda sulla parete e non.
o comunque importanti attriti della corda sulla
parete e non;
• nel caso in cui l’assicuratore sia solo appoggia-
to e non sospeso alla sosta, la presenza di laschi
di corda creerà sicuramente strappi dannosi per
una buona trattenuta; è pertanto preferibile
restare appesi;
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

• si manifesta una maggiore difficoltà nell’ap-


prontamento delle manovre di autosoccorso,
specialmente in caso di sollevamento cospicuo;
• come per la tecnica classica, l’utilizzo del
mezzo barcaiolo genera dei laschi di corda che
allungano la caduta del capocordata;
338 • essendo funzionale all’uso del solo freno
mezzo barcaiolo, non può essere attuata in caso
di progressione con mezze corde passate alter-
nate nei rinvii.

Considerazioni sulle soste realizzate con anco-


raggi poco affidabili
La riduzione dei carichi (dal 10 al 20%) che
questa manovra genera rispetto all’assicurazione
classica, è in larga parte determinata da un diver-
so comportamento della mano dell’assicuratore e
solo in minima parte dall’entità del sollevamento
stesso. Sotto questo aspetto è quindi opportuno,
laddove è possibile, limitare tale innalzamento
mediante una ridotta lunghezza del triangolo
di sosta.
In genere, con punti di ancoraggio non parti-
colarmente affidabili e con il vertice della sosta
abbastanza distante dall’assicuratore, risulta più
conveniente adottare il collegamento semimobi-
le; in assenza di rinvii intermedi e in seguito al
cedimento improvviso di uno degli ancoraggi di
sosta, il collegamento semimobile rispetto a quel-
lo mobile garantisce una ridotta sollecitazione
sull’ancoraggio superstite.
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

Assicurazione ventrale L’assicurazione ventrale


è nata con l’intento di
L’assicurazione ventrale è nata nei paesi anglo- contrapporre il peso del-
foni con l’intento di contrapporre il peso del- l’assicuratore alle forze
l’assicuratore alle forze derivanti dalla caduta, derivanti dalla caduta,
cercando così di preser-
cercando così di preservare la sosta da carichi vare la sosta da carichi
eccessivi. eccessivi.
Sebbene l’assicurazione in vita tramite Tuber 339

possa essere effettuata sia con una corda che con


due mezze corde, viene qui descritta la versione
in cui si impiegano due mezze corde che pas-
sano in modo alternato nei rinvii. Lo scopo è
quello di ridurre al minimo le sollecitazioni sui
rinvii e possibilmente sulla sosta qualora ci si
trovi ad operare con ancoraggi particolarmente
precari. E’, infatti, questo (mezze corde passate
in modo alternato e assicurazione ventrale con
Tuber) il modo tra quelli esposti che genera le
minori sollecitazioni nella catena dinamica di
sicurezza.
La figura 8.20 fa riferimento ad un collegamen-
to semimobile (realizzato con cordino o con Fig. 8.20 Assicurazione ventrale-
pseudo rinvio su moschettone
fettuccia precucita) e mostra lo pseudo rinvio
che si aggancia a quello di autoassicurazione.
Invece la figura 8.21 fa riferimento ad un colle-
gamento mobile (oppure semimobile se vengo-
no realizzati i nodi sui rami) con asola inglobata
e mostra lo pseudo rinvio che si aggancia dentro
l’asola.

Le caratteristiche di questo metodo di assicura-


zione sono le seguenti:
- l’assicuratore, tramite la corda di cordata, è
autoassicurato al vertice del triangolo di sosta
(nodo barcaiolo su moschettone a ghiera);
- il freno è applicato all’imbracatura trami- Fig. 8.21 Assicurazione ventrale-
pseudo rinvio su asola inglobata
te moschettone a ghiera che comprende sia
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

l’anello di servizio che l’asola formata dalle due


corde;
- condizione indispensabile nell’esecuzione del-
l’assicurazione ventrale è che il primo di corda-
ta, prima di partire, passi le due mezze corde in
un moschettone posto al vertice del triangolo di
340 sosta (pseudo rinvio). Ciò allo scopo di evitare
che, in caso di caduta prima di aver posizionato
almeno un rinvio sopra la sosta, le sollecitazioni
si scarichino direttamente sull’imbracatura del-
l’assicuratore, rendendo quantomeno proble-
matica la trattenuta;
- al fine di facilitare la trattenuta di un eventuale
volo nella progressione a corde alternate, le due
mezze corde vanno comunque passate appaiate
nello pseudo rinvio e nei primi due ancoraggi
intermedi, che vanno posizionati entro i primi
5-6 m dopo la sosta; in questo modo si crea
un minimo di attrito nei primi ancoraggi che
2° rinvio faciliterà la tenuta (figura 8.22);
- lo pseudo rinvio consente anche di limita-
re l’innalzamento dell’assicuratore nel caso di
caduta del primo di cordata che abbia posizio-
1° rinvio nato almeno un rinvio intermedio.
Nella figura 8.23 è illustrata una assicurazione
ventrale con Tuber in vita in cui passano due
mezze corde. Il collegamento dei punti di anco-
pseudo rinvio raggio è consigliabile di tipo semimobile.
Nella figura 8.24 è mostrato il particolare dello
pseudo rinvio che è agganciato al moschettone
di autoassicurazione.
Come già esposto è possibile anche agganciare
lo pseudo rinvio all'asola (vedi figura 8.21).

Fig. 8.22 Ass. ventrale


con corde sfalsate
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

341

Fig. 8.23 Ass. ventrale con Tuber in vita

Fig. 8.24 Ass. ventrale-


particolare pseudo rinvio
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Pro
• rispetto all’assicurazione classica e alla classica
bilanciata, l’assicurazione ventrale, per il modo
di operare indotto nell’assicuratore (il moto
della mano trattenente è orizzontale e non coin-
volge la forza peso della mano stessa), genera
342 una forza frenante minore e quindi minori
carichi su tutta la catena di sicurezza;
• l’uso di due mezze corde passate in modo
alternato nei rinvii (attuabile solo con questa
tecnica), riduce notevolmente il carico sull’ulti-
mo rinvio e sulla sosta in caso di caduta;
• permette di limitare al massimo i laschi di
corda nella manovra del freno, non prolungan-
do in tal modo la caduta del capocordata;
• l’assicurazione ventrale con impiego del Tuber
e di una corda semplice è frequentemente
utilizzata anche nell’arrampicata sportiva su
percorsi caratterizzati da ancoraggi affidabili e
vicini tra loro: in questo caso eventuali voli del
capocordata non dovrebbero creare particolari
problemi a colui che assicura e nel contempo
il Tuber in vita consente a quest’ ultimo una
gestione più precisa della corda rispetto ad altri
Fig. 8.25 Assicurazione ventrale
sistemi frenanti.
Contro
Solo la presenza di attri- • la caduta del primo di cordata solleverà quasi
ti e rinvii angolati può sempre, più o meno violentemente, l’assicu-
giustificare il passaggio
alternato delle corde nei ratore; l’entità del sollevamento è in funzione
rinvii, da ciò deriva una della differenza di peso degli alpinisti, della
notevole riduzione della
lunghezza del triangolo di sosta e del ramo di
sicurezza nell’avere una
sola mezza corda interes- autoassicurazione (vedi figura 8.26);
sata al volo. • solo la presenza di attriti e rinvii angolati può
giustificare il passaggio alternato delle corde
nei rinvii; da ciò deriva una notevole riduzione
della sicurezza nell’avere una sola mezza corda
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

interessata al volo (caduta sassi o ghiaccio, volo


su una lama affilata, ecc.);
• soprattutto nella progressione con passaggio
alternato delle corde nei rinvii, si determinano
corse della corda nel freno molto alte, anche
oltre 2 metri. Infatti, citando a titolo di esempio
una delle prove di caduta effettuate con Tuber 343

in vita, si osserva che operando con due mezze


corde accoppiate viene prodotto un carico di
499 daN con una corsa nel freno di 65 cm,
mentre operando con due mezze corde alternate
si produce un carico di 326 daN con una corsa
nel freno di ben 265 cm (indispensabile l’uso dei
guanti, pena lesioni alle mani; figura 8.27);
• rispetto alle assicurazioni classica e classica
bilanciata, presenta una maggiore difficoltà
nell’approntamento delle manovre di autosoc-
corso, specie nei casi di sollevamento cospicuo.
Fig. 8.26 Ass. ventrale e sollevamento
dell'assicuratore
Conclusioni
L’assicurazione ventrale viene impiegata soprat-
tutto quando si opera su terreni e protezioni
non particolarmente affidabili. Questa manovra
genera carichi inferiori, rispetto all’assicurazione
classica e a quella bilanciata, riconducibili in larga
parte ad un diverso comportamento della mano
dell’assicuratore e solo in minima parte all’entità
del sollevamento stesso. E’ quindi opportuno
limitare tale innalzamento - che potrebbe anche
essere traumatico per l’assicuratore - mediante
una ridotta lunghezza del triangolo di sosta,
senza nulla togliere alle prerogative di questo tipo
di assicurazione. In generale, in caso di pro-
gressione con due mezze corde, in presenza di
buoni ancoraggi e quando la preoccupazione Fig. 8.27 Assicurazione ventrale
con mezze corde - uso guanti
maggiore è di evitare la rottura della corda per
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

una caduta di sassi o per una caduta su di una


lama di roccia, è consigliabile passare le corde
accoppiate nei rinvii. In caso di ancoraggi
precari o addirittura, in casi limite, quando non
è possibile allestire soste con buona tenuta bidi-
rezionale e comunque, in generale, nelle situa-
344 zioni in cui l’obiettivo principale è ridurre i
carichi nella catena di sicurezza, è preferibile
adottare l’assicurazione ventrale con corde
passate in modo alternato nei rinvii.
Nelle seguenti tabelle sono riassunte le conside-
razioni sviluppate in precedenza sui vari tipi di
assicurazione. In conclusione si può affermare
che le tecniche che prevedono il sollevamento
dell’assicuratore generano carichi inferiori sia al
Fig. 8.28 Corde accoppiate nei rinvii
rinvio (dal 15 al 20%) sia alla sosta (fino a circa
il 50%) rispetto alle tecniche in cui non vi è sol-
levamento; inoltre non è tale sollevamento che
riduce i carichi.
assicurazione classica - parallelo assicurazione classica - serie
• Gli ancoraggi sono collegati tra loro • Gli ancoraggi sono collegati insieme
in parallelo, l’assicuratore è connesso con un cordino in trazione, l’assicura-
al più sicuro degli ancoraggi e il freno tore è connesso ad un ancoraggio e il
(di solito il ½ barcaiolo) è posizionato freno è posizionato direttamente su un
al vertice. altro ancoraggio.
• Presenta il pregio di garantire una • Questa variante non presenta l’in-
maggiore sicurezza all’operatore in conveniente del ribaltamento del ver-
sosta. tice e quindi consente una riduzione
• Un aspetto negativo è dovuto al fatto della forza frenante e produce minori
che durante la trattenuta vi è una fase sollecitazioni nella catena di assicu-
in cui il freno non è operativo: essa razione.
dura per tutto il tempo richiesto per • Per contro il sistema non consente
il completo ribaltamento del triangolo una ripartizione dei carichi sui vari
di sosta; solo allora il freno opera. punti, rendendo quindi meno sicura
• L’assicuratore, che si trova il freno la sosta. Tuttavia tale obiezione decade
sollevato, tende a tirare la corda dal se gli ancoraggi si rivelano partico-
basso con buona parte del suo peso: larmente affidabili. La CCMT ha in
ciò determina una elevata forza fre- previsione studi su tale sistema.
nante.
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

assicurazione classica bilanciata assicurazione ventrale


• Si tratta di una variante dell’assicu- • Questa assicurazione è nata nei paesi
razione classica. anglofoni con l’intento di contrappor-
• L’assicuratore è collegato tramite la re il peso dell’assicuratore alle forze
corda di cordata e un nodo barcaiolo derivanti dalla caduta.
al vertice del triangolo di sosta ove è • L’assicuratore è collegato al vertice
anche posizionato il freno; è legato ad del triangolo di sosta e il freno è 345
una distanza di circa 40-60 cm dal connesso all’imbracatura. Il freno in
nodo barcaiolo; può essere sia appeso genere è un Tuber ed ha bisogno, per
che in piedi appoggiato a terra. poter funzionare efficacemente, di far
• La caduta del capocordata solleverà passare la corda in uscita dallo stesso
sempre, in modo più meno consi- attraverso un moschettone posto al
stente l’operatore, salvo casi in cui vertice del triangolo (chiamato pseu-
siano presenti più rinvii angolati o in do rinvio). Anche in questo caso
ogni caso un notevole attrito contro la caduta del capo cordata solleverà
la roccia. sempre, in modo più meno consi-
• Il movimento verticale della mano stente l’operatore durante la fase di
consente di ridurre i carichi sull’ulti- trattenuta.
mo rinvio e sulla sosta. • Il movimento orizzontale della
• Il sollevamento dell’assicuratore mano rende la forza frenante inferio-
riduce invece le sollecitazioni solo di re rispetto all’assicurazione bilanciata.
circa il 5-10% rispetto alla assicura- L’effetto del sollevamento è invece
zione classica. simile alla bilanciata, non è cioè l’in-
nalzamento a ridurre la forza di arre-
sto sul rinvio.

Fig. 8.29 Assicurazione a spalla Fig. 8.30 Assicurazione con nodo mezzo barcaiolo
anni ‘60 anni ‘90
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Considerazioni sull’utilizzo del freno


mezzo barcaiolo
In tema di assicurazione dinamica si attribuisce
sempre al nodo mezzo barcaiolo un’importanza
fondamentale, sebbene le tecniche di assicu-
razione si siano differenziate a seconda delle
346 caratteristiche del terreno di progressione e
siano presenti nel mercato altri tipi di freni.
Infatti, in molte situazioni di progressione in
montagna si ricorre al nodo mezzo barcaiolo,
che è un freno che richiede però adeguata spe-
Fig. 8.31 Mezzo barcaiolo rimentazione, come già descritto nella tecnica
classica di assicurazione e come emerge dalle
seguenti caratteristiche.

Il freno mezzo barcaio- Difetti del freno mezzo barcaiolo


lo non è utilizzabile con Soprattutto in caso di utilizzo di mezze corde,
due mezze corde passa-
te alternate nei rinvii in il mezzo barcaiolo produce fastidiosi attorciglia-
quanto, in caso di cadu- menti; a questo inconveniente si può ovviare
ta del primo di corda-
sfilando accuratamente la corda per tutta la sua
ta, nel nodo si verifica
uno scorrimento di una lunghezza e avvolgendola con cura al termine
corda sull’altra e quindi dell’ascensione.
un possibile danneggia-
mento.
Non è utilizzabile con due mezze corde passate
alternate nei rinvii in quanto, in caso di caduta
del primo di cordata, nel nodo si verifica uno
scorrimento di una corda sull’altra e quindi un
possibile danneggiamento.
Qualora utilizzato impropriamente (ad esem-
pio, “capovolto” in senso opposto a quello di
scorrimento; posto a contatto con ostacoli, altri
nodi, moschettoni; realizzato su moschettoni
non di tipo H), il mezzo barcaiolo genera forze
frenanti eccessive, potendo addirittura arrivare
a situazioni critiche di corda bloccata.
A differenza di altri freni “metallici”, è l’unico
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

freno che genera un attrito diretto corda su


corda; in caso di cadute importanti produce
un forte deterioramento della corda nel tratto
in cui è avvenuta la dissipazione.
Il nodo mezzo barcaiolo
è il freno che fornisce
Pregi del freno mezzo barcaiolo la massima capacità fre-
Rispetto ad altri tipi di freni, a parità di attriti nante in caso di caduta. 347
Questo fatto può essere
sulla corda e di forza esercitata dalla mano molto positivo quando
trattenente dell’assicuratore, il nodo mezzo chi esegue l’assicurazione
barcaiolo è il freno che fornisce la massima è persona poco esperta o
di peso inferiore rispetto
capacità frenante in caso di caduta. Questo al primo.
fatto può essere molto positivo quando chi
esegue l’assicurazione è persona poco esperta
o di peso inferiore rispetto al primo. Inoltre,
il mezzo barcaiolo è l’unico freno che fun-
ziona nel caso in cui non vi siano ancoraggi
intermedi; anzi, in questo caso esso è in
grado di esercitare la massima capacità frenante
(FMF massimo).
Gli altri freni eserciterebbero un FMF solo di
1,5-2, contro 8-12 del mezzo barcaiolo.
Il freno mezzo barcaiolo
Si pensi ad esempio al caso in cui l’assicurato-
amplifica la forza eserci-
re sia colto di sorpresa: un freno con elevata tata dalla mano e quindi
capacità frenante come il mezzo barcaiolo può la forza frenante dipende
molto anche dal compor-
salvare la situazione. tamento di chi assicura.
Volendo ottenere basse forze frenanti, si tenga
comunque presente che il freno amplifica la
forza esercitata dalla mano e quindi la forza
frenante dipende molto anche dal comporta-
mento di chi assicura.

Confronto tra le tecniche di assicurazione al


primo di cordata
Il seguente prospetto sintetico mette a confron-
to le tecniche senza sollevamento dell’assicu-
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

assicurazione pregi difetti tecnica


Assicurazione • facile mano- • maggiori • assicurazione
senza vrabilità sollecitazioni classica
sollevamento • assicuratore sulla sosta
non coinvolto e sull’ultimo
dalla caduta rinvio
348
• minori pro-
blemi nell’ap-
prontamento
di eventuali
manovre di
autosoccorso
Assicurazione • minori solle- • sollevamento • assicurazione
con citazioni sulla e forte strappo ventrale
sollevamento sosta e sull’ulti- all’assicuratore,
mo rinvio con possibili • classica
• facile mano- significativi urti bilanciata
vrabilità e contro la parete
comodità • maggiori dif-
• maggior pre- ficoltà nell’ap-
cisione nella prontamento
gestione della di eventuali
corda manovre di
autosoccorso
• maggiore lun-
ghezza del volo
di chi cade

ratore (classica) con quelle che implicano tale


sollevamento (ventrale).
Il prospetto va opportunamente integrato con
le seguenti precisazioni:

- la sollecitazione sull’ultimo rinvio deter-


minata da tecniche di assicurazione senza
sollevamento è molto maggiore di quella
prodotta da tecniche con sollevamento; tale
differenza si determina solo in caso di scarso
attrito della corda lungo il percorso (ad es.
un solo rinvio) e va riducendosi notevolmen-
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

te fino a diventare trascurabile se gli attriti


aumentano;
- operando con soste e ancoraggi affidabili
(spit, fix, ottimi chiodi, ecc.), le tecniche che
non implicano il sollevamento dell’assicuratore Operando con soste e
sono da preferirsi in quanto non coinvolgono ancoraggi affidabili le
tecniche che non impli-
il corpo dell’assicuratore stesso e permettono cano il sollevamento
349

corse limitate della corda nel freno; dell’assicuratore sono


- operando con soste e ancoraggi non partico- da preferirsi in quanto
non coinvolgono il corpo
larmente affidabili, le tecniche che implicano il dell’assicuratore stesso e
sollevamento dell’assicuratore sono migliori in permettono corse limita-
quanto sollecitano in modo minore la catena te della corda nel freno.
di sicurezza: in tal senso, allo stato attuale l’as-
sicurazione ventrale è da preferirsi rispetto alla
classica bilanciata;
- si ribadisce che la forza frenante deriva
dall’effetto combinato della forza trattenente
della mano e della capacità frenante del freno
(FMF). Ciò significa, in linea di principio,
che un freno vale l’altro salvo saper modu-
lare opportunamente la forza della mano
trattenente; tuttavia è preferibile utilizzare
un freno efficace che può essere modulato
morbidamente in caso di richiesta di basse Una forza frenante debo-
forze frenanti, piuttosto che un freno poco le richiede lunghe corse
efficace che non permette di trattenere cadu- della corda nel freno e
solo azioni frenanti vigo-
te importanti. Va ricordato che una forza fre- rose sono in grado di fer-
nante debole richiede lunghe corse della corda mare voli consistenti.
nel freno e che solo azioni frenanti vigorose
sono in grado di fermare voli consistenti. E’,
infatti impensabile arrestare una caduta impor-
tante senza un lungo scorrimento della corda
nella mano (a meno che la catena di sicurezza
non presenti rinvii angolati e forte attrito della
corda sulla parete): diventa allora indispensa-
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

bile l’uso dei guanti da parte dell’assicuratore,


salvo bruciarsi le mani e/o perdere il controllo
della corda;
- in caso di utilizzo di due mezze corde
“alternate”, nell’assicurazione al primo di
Un opportuno esercizio
all’uso delle varie tec-
cordata è indispensabile l’uso di un freno
350 niche consente di rag- che tenga separate le due corde (Tuber o
giungere una conoscen- piastrina Sticht), per evitare pericolosi sfrega-
za ottimale delle stesse,
specialmente per quan-
menti tra le due mezze corde come capita, ad
to riguarda il controllo esempio, in caso di utilizzo del mezzo barcaiolo
dello scorrimento della o di freni tipo “Otto”.
corda nel freno.
Un opportuno esercizio all’uso delle varie tec-
niche consente di raggiungere una conoscenza
ottimale delle stesse, specialmente per quanto
riguarda il controllo dello scorrimento della
corda nel freno. Si può concludere osservando
che il miglior sistema in assoluto non esiste.
Si raccomanda pertanto di:
- esercitarsi nell’applicazione delle varie tecni-
che;
- imparare ad utilizzare le diverse tecniche di
assicurazione con spirito critico, in modo da
saper adottare quella più adatta in relazione alla
situazione specifica.
Per quanto sopra, ricordando che l’obiettivo
primario, in fase di assicurazione, è quello di
adottare il dispositivo che meglio consente, da
un lato, di trattenere efficacemente una caduta
del compagno e dall’altro lato, di sollecitare
il meno possibile gli elementi della catena di
assicurazione, si può concludere che solo un
addestramento costante e specifico alle varie
forme di assicurazione, sperimentando di per-
sona la propria capacità di modulare la frenata
(tenuta decisa o tenuta “morbida” della mano
trattenente) con i diversi metodi di assicura-
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

zione, con i vari tipi di freni e con diversi


gradi di angolazione della corda (o di due
corde appaiate o sfalsate) sui rinvii intermedi,
può consentire di adottare la scelta di volta
in volta più oculata per una progressione della
cordata in sicurezza.
351

TECNICHE DI
ASSICURAZIONE AL
SECONDO DI CORDATA
L’assicurazione al secondo di cordata pone
meno problemi in quanto, salvo il caso di tra-
versate, una caduta non provoca sollecitazioni
di intensità elevata, pericolose per l’ancoraggio
di sosta.

a) Recupero con nodo mezzo barcaiolo


Il freno mezzo barcaiolo può essere adottato
per l’assicurazione di un secondo di cordata
su una corda semplice o su due mezze corde,
adoperate come fossero una sola corda.
Colui che assicura, con una mano recupera la
corda proveniente dal basso e con l’altra, cioè
quella che dovrà trattenere l’eventuale caduta,
tira la corda che scorre attraverso il nodo. E’
sempre bene tenere tesa la corda che proviene
dal secondo di cordata, mantenendo il nodo
sempre in posizione di recupero onde impedire
lo scorrimento dello stesso in caso di caduta
del compagno.
Questo tipo di assicurazione, su ancoraggi
molto affidabili, può essere eseguito autoassi-
curandosi sull’ancoraggio di sosta più sicuro e
fissando il moschettone del mezzo barcaiolo al Fig. 8.32 Recupero con mezzo barcaiolo
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

vertice del triangolo di sosta: ciò permetterà,


in caso di progressione a comando alternato,
di non dover cambiare tipo di manovra per
la prosecuzione della progressione nella lun-
ghezza successiva, nel caso venga adottata la
tecnica di assicurazione classica del primo di
352 cordata (vedi in precedenza). Nella figura 8.33
è mostrata una sosta in cui si applica l’assi-
curazione classica. Nella figura 8.34 è invece
illustrata una assicurazione bilanciata.

b) Recupero con piastrina


Il recupero di uno o di due secondi di cordata
in simultanea (vedi progressione della cordata
a tre, successivamente trattata), può essere
eseguito realizzando un’assicurazione “statica”,
Fig. 8.33 Recupero mezzo barcaiolo
ass. classica attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi auto-
bloccanti.
Nella figura 8.35 è mostrata una piastrina
autobloccante: si tratta di un attrezzo leggero
e versatile che, oltre a permettere il recupero
di una o due corde contemporaneamente, può
essere anche utilizzato come discensore per la
corda doppia nonché per altre manovre di corda
e di autosoccorso.
In caso di utilizzo di piastrine con una “costola”
da un lato (tipo quella della figura), il recupero
di due secondi in simultanea va sempre effet-
tuato applicando il moschettone a contrasto
Fig. 8.34 Recupero mezzo barcaiolo (quello trasversale alla piastrina) dal lato dell'at-
ass. bilanciata
trezzo privo di costola.
Il funzionamento della piastrina autobloccante
nel recupero di una e di due corde è illustrato
nella figura 8.36. Il ramo superiore della corda
è quello che va al compagno da recuperare.
Fig. 8.35 Piastrina autobloccante
Così come avviene per l’assicurazione con il
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

mezzo barcaiolo, anche nel recupero di due


secondi con la piastrina l’assicuratore deve sem-
pre tenere impugnate le corde in uscita dalla
piastrina stessa.

353

al compagno

Inserimento corda Recupero di una corda Recupero di due corde Fig. 8.36 Piastrina autobloccante

Fig. 8.37 Recupero di un secondo Fig. 8.38 Recupero di due secondi


con piastrina con piastrina
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

Assicurazione nell’arrampicata
sportiva
Un discorso a parte merita la tecnica di assicu-
razione che si attua nell’arrampicata sportiva,
[31]. Precisato che nel caso di vie di più tiri è
opportuno ricorrere alle stesse modalità che si
354 applicano nel caso di arrampicate in ambiente,
sia nel caso di assicurazione al primo sia al
secondo, si deve peraltro dire che la maggior
parte delle arrampicate sportive consiste di
monotiri, con protezioni sicure e poste a
distanza relativamente ravvicinata. In questi
casi, il predisporre soste per effettuare l’assicu-
razione al compagno che sale diventa un com-
pito ritenuto noioso ed inutile e raramente si
vedono arrampicatori che se ne preoccupano.
Pur ritenendo in ogni caso validi i concetti
sopra riportati riguardanti la sicurezza, si deve
riconoscere che, vista la maggior sicurezza e
numerosità dei punti di assicurazione, le sol-
lecitazioni che si verificano nell’arrampicata
sportiva sono in genere (anche se non è sempre
così) molto inferiori a quelle che si verificano
in ambiente. Sono pertanto, se realizzate
correttamente, da ritenersi ragionevolmente
Vista la maggior sicurez-
za e numerosità dei punti
sicure le tecniche adottate dalla maggior parte
di assicurazione, le solle- degli arrampicatori sportivi. Si devono peraltro
citazioni che si verificano precisare alcuni fatti importanti, che sembrano
nell’arrampicata sportiva
sono in genere molto
talvolta essere ignorati o poco considerati.
inferiori a quelle che si
verificano in ambiente. Assicurazione in vita: la differenza di peso
E’ prassi comune nell’arrampicata sportiva
eseguire l’assicurazione al primo collegandola
direttamente all’imbracatura. In questo caso,
se la sollecitazione causata dal primo che vola
è forte, l’assicurante tende ad essere “strappa-
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

to” via dalla sua posizione, e trascinato verso


la parete o sollevato verso l’alto (figura 8.39).
Questo effetto è molto più accentuato nel caso
di meccanismi automatici di frenatura (come il
GriGri o attrezzi similari, descritti in seguito)
e nel caso in cui il peso di chi cade sia superiore
a quello di chi assicura. Conseguenze possono 355

essere il rilascio della corda frenata (e caduta


a terra del primo), lo sbattere violentemente
contro la parete, o lesioni (anche se leggere)
anche per chi assicura. E’ pertanto buona
norma, anche nel praticare l’assicurazione in
vita, predisporre un punto per l’autoassicura-
zione di chi rimane a terra. Nel caso di vie di
più tiri, sulle soste in parete è opportuno che
l’assicuratore si autoassicuri in sosta e, nel caso
faccia sicura in vita, il primo inserisca subito Fig. 8.39 Possibili conseguenze
un rinvio direttamente in sosta al fine di evi- negative dell'assicurazione in vita

tare conseguenza disastrose nel caso di caduta


prima di raggiungere il primo ancoraggio.

Freni automatici: assicurazione statica


Sono disponibili in commercio meccanismi di
arresto automatico di un volo (vedi cap. 2), tra
cui il più diffuso è il GriGri (figura 8.40). Pur
riconoscendo una certa praticità e facilità di
uso di questi dispositivi, si deve puntualizzare
che non sono freni dinamici e che bloccano
staticamente la corda in caso di caduta. Questo
vuol dire che l’energia generata da un volo
viene assorbita in modo minore dalla corda
e, principalmente, dal peso dell’assicuratore
il quale subisce, in caso di voli seri, violente
sollecitazioni con possibili lesioni. E’ inoltre
presente, in modo più marcato che non con
Fig. 8.40 GriGri
freni dinamici, il pericolo per l’assicuratore
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

di essere sbattuto contro la roccia o sollevato


verso l’alto. Tutti questi effetti sono ovviamen-
te maggiormente enfatizzati nel caso in cui la
differenza di peso tra l’assicuratore e chi vola
è rilevante.
Ultimo commento sull’assicurazione al primo
356 su monotiri lo si deve fare riguardo all’attenzio-
Vi sono stati purtrop-
po numerosi incidenti ne da porre nel caso di calata del primo dopo
dovuti al fatto che la la salita. Vi sono stati purtroppo numerosi inci-
corda utilizzata per la
salita non fosse lunga il
denti, anche molto gravi, dovuti al fatto che la
doppio del monotiro. La corda utilizzata per la scalata non fosse lunga
poca attenzione di chi il doppio del monotiro. La poca attenzione di
assicurava, infatti, ha
fatto sì che alla fine della chi assicurava, infatti, ha fatto sì che alla fine
calata la corda si sia sfila- della calata la corda si sia sfilata dal freno e il
ta dal freno e il primo sia primo sia caduto a terra. Se non si è sicuri della
caduto a terra.
lunghezza del tiro (o della corda) è bene fare un
nodo al capo libero della corda in modo che si
blocchi in ogni caso al termine della calata!
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

ASSICURAZIONE CON
METODO TRADIZIONALE
A SPALLA
Questa manovra viene, di norma, eseguita su
terreno facile e solo in presenza di partico-
357
lari condizioni di sicurezza, successivamente
descritte (fig. 8.41). L’assicurazione a spalla va
usata anche quando non sia possibile appron-
tare un punto di sosta adatto a realizzare un’as-
sicurazione dinamica con freni.
E’ eseguibile anche senza disporre di imbraca-
verso il basso
tura, verso il basso o verso l’alto, sia nei con-
fronti del secondo che del primo di cordata.
Trattandosi di un metodo “indiretto”, che
sfrutta l’attrito della corda attorno al corpo
dell’assicuratore, va posto in essere solo quando
siano stati attentamente valutati gli effetti di
un’eventuale caduta o scivolata del compagno
assicurato (vedi cap. 5 - La sicura a spalla e la
sua evoluzione).
Ci si deve innanzitutto autoassicurare ad un
ancoraggio di sosta ritenuto affidabile (anche se
può sostenere sollecitazioni in una sola direzio-
ne): per fare ciò in mancanza di imbracatura,
è necessario quantomeno legarsi in vita con
la stessa corda o con uno spezzone di corda o
cordino (vedi cap. 3 - Realizzazione di imbra-
catura di emergenza).
Gli elementi essenziali sono la posizione del
corpo e il modo di vestire la corda.
L’alpinista che procede a questa manovra nei
confronti del secondo di cordata, una volta verso l'alto

autoassicuratosi, si dispone in piedi di fianco al


Fig. 8.41 Assicurazione a spalla
pendio, con la gamba a valle tesa, la gamba a
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

monte leggermente piegata e la spalla a monte,


se la pendenza del pendio lo consente, possi-
bilmente appoggiata alla parete. Il corpo assu-
me così una posizione inclinata verso monte,
secondo l’asse dell’eventuale strappo. Lo strap-
po viene assorbito dal corpo grazie all’effetto
358 ammortizzante delle gambe. La corda che
proviene dal compagno, impugnata dalla mano
esterna con braccio disteso e pollice rivolto
verso il basso, passa sotto l’ascella esterna (a
valle), dietro al dorso e sopra la spalla a monte,
scende davanti al corpo e viene impugnata
dalla mano interna con il braccio piegato e il
Fig. 8.42 Assicurazione a spalla pollice rivolto verso l’alto. I gomiti sono tenuti
al secondo di cordata
aderenti ai fianchi e le mani saldamente chiuse
a pugno. In caso di caduta del compagno, le
braccia devono essere rapidamente incrociate
davanti al petto in modo da bloccare la corda
ottenendo il massimo attrito.
L’assicurazione a spalla nei confronti del
secondo di cordata va eseguita sempre a
corda tesa, onde ridurre al minimo un’even-
tuale scivolata del compagno e la conseguente
sollecitazione proveniente dalla corda (vedi
figura 8.42).
E’ importante che il sistema costituito da anco-
raggio - assicuratore - compagno si mantenga
in linea. Una eventuale caduta viene ammortiz-
Fig. 8.43 Assicurazione a spalla zata dall’assicuratore che a sua volta è sostenuto
al primo di cordata dall’ancoraggio.
Nell’assicurazione a spalla al primo di corda-
ta invece, poiché quest’ultimo deve disporre
sempre di corda a sufficienza per poter effet-
tuare i movimenti senza alcun impedimen-
to, in caso di caduta l’assicuratore riceverà
uno strappo considerevole direttamente sul
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

proprio corpo, e di riflesso, sulla sosta alla


quale è autoassicurato.
Proprio per questo motivo l’assicurazione al
L’assicurazione al primo
primo di cordata con metodo tradizionale va
di cordata con metodo
effettuata solo per brevi tratti e a condizione tradizionale va effettuata
che vengano posizionati numerosi ancoraggi solo per brevi tratti e a
condizione che vengano
intermedi, il primo dei quali, ancor prima che posizionati numerosi
359

il capocordata si muova dalla sosta, sarà subito ancoraggi intermedi, il


collegato alla medesima (vedi figura 8.43). E’ primo dei quali, ancor
prima che il capocorda-
consigliabile altresì eseguire questa manovra ta si muova dalla sosta,
solo su terreni poco pendenti, misti o di sarà subito collegato alla
cresta, dove abbondano spuntoni e cambi medesima.
di direzione. Solo in tali condizioni, infatti,
gli attriti della corda nel tratto interessato alla
caduta potranno permettere all’assicuratore di
trattenere la stessa efficacemente e senza pre-
giudicare la tenuta dell’ancoraggio di sosta. A
tale proposito si rimanda il lettore al cap. 9.

PROGRESSIONE DELLA
CORDATA SU TERRENO
ALPINISTICO
Generalità
Su terreno alpinistico per motivi di velocità e di
sicurezza le cordate devono essere composte da due
o, al massimo, tre componenti. Su terreno alpinistico
Per quanto riguarda la formazione della cordata per motivi di velocità e
di sicurezza le cordate
vanno considerati tre aspetti: devono essere composte
- il numero dei componenti; da due o, al massimo, tre
- il loro modo di legarsi alla corda; componenti.
- la loro posizione reciproca, che dipende dalle
rispettive capacità nonché dalla natura e dalle con-
dizioni del terreno.
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

In relazione al tipo di terreno, possiamo distinguere


tre diversi movimenti della cordata:
- in parete (su roccia, ghiaccio e misto);
- in attraversamento di ghiacciaio;
- su itinerari su creste (eventualmente anche di
misto o ghiaccio) con difficoltà modeste.
360
Numero dei componenti
Possono formarsi cordate di due o tre alpinisti.
Una cordata di tre per- Solitamente il numero ideale dei componenti
sone, rispetto ad una di
due, potrebbe compor-
di una cordata è due. Tuttavia una cordata di
tare taluni vantaggi in tre persone, rispetto ad una di due, potrebbe
determinate circostanze comportare taluni vantaggi in determinate
di tempo e luogo. Ad
esempio, per salite com- circostanze di tempo e luogo. Ad esempio,
plesse o per l’attraversa- per salite complesse o per l’attraversamento di
mento di ghiacciai. ghiacciai la formazione a tre è da preferirsi: nel
primo caso per la maggiore duttilità della cor-
data a fronte di situazioni particolari, previste
o impreviste che siano; nel secondo caso per la
maggiore disponibilità di persone e mezzi in
caso di caduta in crepaccio.

Cordata di due persone


Nel caso di una cordata a due le corde da uti-
L'utilizzo di due mezze lizzare possono essere una corda semplice, due
corde ha il vantaggio di gemellari o due mezze corde. Le due mezze
consentire calate in corda
doppia più lunghe e di
corde hanno il vantaggio di consentire calate
facilitare, in alcuni casi, in corda doppia più lunghe e di facilitare, in
determinate manovre di alcuni casi, determinate manovre di emergen-
emergenza; inoltre, in
caso di caduta sassi si
za; inoltre, in caso di caduta sassi si dimezza il
dimezza il rischio che le rischio che le corde risultino danneggiate.
corde risultino danneg- I componenti si legano alle estremità della corda
giate.
con uno dei nodi visti in precedenza nel cap. 3.
Utilizzando due mezze corde, risultano meno
ingombranti due nodi a Otto infilati rispetto a
due bulini infilati.
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

Il principio fondamentale è che i due alpinisti


si muovano uno alla volta: mentre uno è in
movimento, l’altro è fermo e autoassicurato e
provvede all’assicurazione del compagno.
Una cordata di due elementi, nella progressio- Nella cordata a due il
principio fondamentale
ne in assicurazione con una corda, procede nel è che i due alpinisti si
modo seguente, scambiandosi le comunicazio- muovano uno alla volta: 361

ni verbali sottoindicate: mentre uno è in movi-


mento, l’altro è fermo e
- il capocordata comincia a salire dopo essersi autoassicurato e provvede
accertato che il secondo sia autoassicurato e in all’assicurazione del com-
posizione di assicurazione dinamica; pagno.
- il secondo “fila” la corda al capocordata e
lo assicura, controllando la sua progressione
e avvisandolo, se opportuno, della disponibi-
lità di corda rimasta (gridando, ad esempio,
“CINQUE”, per comunicare il numero di
metri approssimativamente mancanti alla fine
della corda);
- quando il capocordata arriva al punto di
sosta, si autoassicura al primo ancoraggio affi-
dabile (trovato in posto o realizzato), dopodi- Quando il capocordata
arriva al punto di sosta,
chè, posizionati gli altri ancoraggi di sosta (o si autoassicura al primo
verificata la solidità di quelli trovati in posto), ancoraggio affidabile
li collega opportunamente (vedi cap. 6) e grida (trovato in posto o rea-
lizzato), dopodichè, posi-
al secondo “MOLLA TUTTO”; a questo zionati gli altri ancoraggi
avviso il secondo, rimanendo autoassicura- di sosta (o verificata la
to in sosta, smonta l’assicurazione, liberando solidità di quelli trova-
ti in posto), li collega
la corda eccedente, e risponde al compagno opportunamente.
“LIBERA” (spesso per segnalare l’arrivo in
sosta si usa il termine “molla tutto”; tuttavia
persone poco esperte potrebbero interpretare
male tale espressione e togliere anche la loro
autoassicurazione prima che il compagno li
prenda in carico);
- il capocordata recupera quindi la corda ecce-
dente sino a che il compagno non comunica
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

“FINITA”; a questo punto predispone l’assicu-


razione per il recupero del secondo (piastrina
autobloccante o mezzo barcaiolo, sempre fis-
sata al vertice dell’ancoraggio) comunicandogli
Il secondo libera il col-
“PARTI” o “VIENI”;
legamento dagli anco- - il secondo libera il collegamento dagli anco-
362 raggi di sosta (rimuo- raggi di sosta (rimuovendoli qualora non pree-
vendoli qualora non
preesistenti), stacca per
sistenti), stacca per ultimo quello della propria
ultimo quello della pro- autoassicurazione e risponde al capocordata
pria autoassicurazione e “PARTO” o “VENGO”;
risponde al capocordata
“PARTO”. - durante la progressione, il secondo potrà
comunicare al capocordata: “RECUPERA”
in caso di corda non tesa, “MOLLA” qualora
abbia bisogno di corda (per abbassarsi o aggira-
re ostacoli) e “BLOCCA” o “TIENI” qualora
stia per perdere l’equilibrio ovvero necessiti di
riposare sulla corda, anche per rimuovere le
protezioni intermedie posizionate dal capocor-
data (in montagna è comunque buona norma
che il secondo di cordata eviti di “appendersi”
alla corda di cordata, magari sfruttando, se
Raggiunto il primo, il necessario, le protezioni intermedie quali punti
secondo si autoassicura
all’ancoraggio e conse-
di riposo);
gna tutto il materiale - raggiunto il primo, il secondo si autoassicura
recuperato nel tiro sot- all’ancoraggio e consegna tutto il materiale
tostante al capocordata
che nel frattempo può recuperato nel tiro sottostante al capocordata
smontare il dispositivo di che nel frattempo può smontare il dispositivo
assicurazione. di assicurazione;
- prima di togliere la propria autoassicurazione,
il capocordata si accerta che il secondo sia già in
posizione di assicurazione dinamica, e può quin-
di partire per il nuovo tratto di arrampicata.
La sequenza sopra illustrata è ovviamente rela-
tiva alla progressione con un unico capocordata
per l’intera ascensione, mentre nella progressio-
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

ne detta “a comando alternato”, ad ogni punto


di sosta, chi procede in un tiro di corda quale
secondo di cordata, prosegue nel tiro di corda
successivo diventando capocordata.

Cordata di tre persone


Nel caso di una cordata di tre componenti, L’assicurazione al primo
363

viene qui descritta la formazione a V rovesciata, di cordata deve esse-


re sempre effettuata su
meglio nota come cordata “a forbice”.
entrambe le mezze corde,
Possono essere utilizzate due mezze corde o mentre in caso di utilizzo
anche due corde semplici. Disponendo di una di due corde semplici, il
capocordata sarà assicu-
sola corda in tre persone il capocordata si lega rato su una sola delle due
a metà corda (si consiglia il nodo bulino) e alle corde.
due estremità si legano gli altri alpinisti.
L’assicurazione al primo di cordata deve essere
sempre effettuata su entrambe le mezze corde,
mentre in caso di utilizzo di due corde semplici,
il capocordata sarà assicurato su una sola delle
due corde; per la sicurezza dei due secondi, le
corde singole vanno comunque sempre passate
entrambe negli ancoraggi intermedi.
L’assicurazione a ciascun secondo di cordata
può essere effettuata anche su una sola mezza La formazione a forbice è
la più funzionale e veloce
corda, in quanto le sollecitazioni in caso di per cordate di tre ele-
caduta sono, di regola, significativamente infe- menti, perché consente al
riori a quelle del primo di cordata. capocordata di recupera-
re contemporaneamente i
La formazione a forbice è la più funzionale due “secondi” (se il terre-
e veloce per cordate di tre elementi, perché no non è particolarmen-
consente al capocordata di recuperare contem- te difficile); ha inoltre il
vantaggio di non lasciare
poraneamente i due “secondi” (se il terreno mai solo l’alpinista meno
non è particolarmente difficile); ha inoltre il esperto.
vantaggio di non lasciare mai solo l’alpinista
meno esperto. Richiede tuttavia un certo affia-
tamento della cordata e punti di sosta sufficien-
temente ampi.
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

I tempi di progressione e le comunicazioni tra


i componenti la cordata sono gli stessi descritti
per la cordata a due, con le seguenti partico-
larità:
- il capocordata viene assicurato sulle due mezze
corde dal secondo più esperto, mentre il terzo
364 componente “fila” le corde (figura 8.44a);
- i due secondi saranno assicurati e recuperati
dal capocordata mediante assicurazione statica
con una piastrina autobloccante fissata al verti-
ce dell’ancoraggio;
Fig. 8.44a Progressione in parete - cordata a tre - ricevuto l’ordine di salire, il primo a partire
dei due secondi, ove non concordato in pre-
cedenza, griderà al capocordata il colore della
corda da recuperare (in caso di due mezze
corde) oppure strattonerà due-tre volte con
decisione la corda da recuperare (in caso di
utilizzo di corda unica monocolore);
- i due “secondi” devono avere l’avvertenza di
arrampicare a qualche metro di distanza uno
dall’altro, per non intralciarsi a vicenda ed
evitare il rischio che la caduta di uno coinvolga
l’altro (figura 8.44b);
- su tratti con roccia instabile, difficoltà elevate
o in traverso, il capocordata valuta se fare salire
i compagni uno alla volta; analoghe decisioni
Fig. 8.44b Progressione in parete - cordata a tre saranno di volta in volta prese in discesa e in
traversata.

Posizionamento del primo ancoraggio


intermedio
Qualora il primo di cordata cada dopo essersi
alzato di 3-4 metri dalla sosta senza aver ancora
posizionato alcun ancoraggio intermedio, rea-
lizzerà un volo di oltre 7-8 metri: tale caduta
causerà un corsa della corda nel freno fino a
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

un terzo dell’altezza di caduta (oltre 2 metri) e


difficilmente, senza guanti, l’assicuratore potrà
garantire un tale scorrimento della corda senza
subire lesioni alle mani. E’ quindi determinan-
te posizionare il primo ancoraggio intermedio Il moschettone del rin-
vio ha anche la proprietà
il più vicino possibile all’ancoraggio di sosta, e di amplificare la forza
comunque non oltre 3 m dallo stesso. esercitata dal sistema 365
mano-freno, per cui un
Si ricordi, a tal proposito, che il moschettone
opportuno e tempe-
del rinvio ha anche la proprietà di amplificare stivo posizionamento
di circa 1,5-1,7 volte la forza esercitata dal del primo rinvio, oltre
a ridurre l’altezza della
sistema mano-freno, per cui un opportuno e caduta, consente di otte-
tempestivo posizionamento del primo rinvio, nere anche una maggiore
oltre a ridurre l’altezza della caduta, consente azione frenante ed una
significativa riduzione
di ottenere anche una maggiore azione frenante dello scorrimento della
ed una significativa riduzione dello scorrimento corda nel freno.
della corda nel freno.

PASSAGGIO DELLE CORDE


IN CARICO DAL TUBER
ALLA SOSTA
Nel caso in cui si verifichi la caduta del primo
di cordata, il compagno che sta effettuando una
assicurazione ventrale con l’impiego del freno
Tuber riceve una spinta verso l’alto; a seconda
della sollecitazione egli, dopo aver eseguito
la trattenuta, può trovarsi ancora appeso alla
sosta oppure trovarsi sopra gli ancoraggi che si
sono ribaltati. In ogni caso le corde in carico
che vanno al compagno bloccano l’assicura-
tore; pertanto è necessario spostare il carico
delle corde dal Tuber alla sosta per svincolare
l’assicuratore che dovrà poi mettere in atto le
operazioni di soccorso più idonee.
Si descrive in forma sintetica la successione delle
Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

fasi. Nelle foto si è impiegata una sola corda per


rendere più chiare le operazioni; la manovra è
eseguibile in modo analogo con due corde.
Le figure 8.45 e 8.46 mostrano gli ancoraggi
collegati con asola inglobata, l' autoassicurazio-
ne effettuata al vertice del triangolo di sosta, lo
366 pseudo rinvio inserito nell’asola e la corda che
va al capocordata inserita nel pseudo rinvio.
Dopo la trattenuta del compagno, con una
mano sul Tuber si tiene bloccata la corda.
Fig. 8.45 Tuber-sosta 1
Con la mano libera si prende la corda non in
carico e la si passa all’interno del moschettone
formando un’asola; si passa la mano all’interno
dell’asola così formata e si prende la corda che
fuoriesce dalla parte opposta del moschettone
(figura 8.47). L’asola viene bloccata (figura
8.48) e si può costruire anche la controasola.
Si realizza quindi sulla corda in carico un nodo
autobloccante e lo si collega al relativo moschet-
tone, tramite nodo barcaiolo, ad uno spezzone
di cordino (figura 8.49). Lo spezzone va col-
legato al vertice della sosta tramite un nuovo
moschettone eseguendo un mezzo barcaiolo,
Fig. 8.46 Tuber-sosta 2 asola di bloccaggio e controasola (figura 8.50).
A questo punto si può mettere in carico lo
spezzone e sfilare la corda di cordata dal Tuber,
sciogliendo controasola e asola di bloccaggio.
Dapprima si scioglie la corda di cordata e si
mette in carico lo spezzone, poi si inserisce al
vertice della sosta un moschettone e si collega
la corda di cordata con mezzo barcaiolo, asola e
controasola di bloccaggio (figura 8.51).
Si scioglie il mezzo barcaiolo dello spezzone e
il carico passa così alla corda di cordata (figura
8.52). Per l'esecuzione delle manovre d'emer-
Fig. 8.47 Tuber-sosta 3 genza si veda al capitolo 11.
Alpinismo su roccia Tecniche di assicura-
zione in parete

367

Fig. 8.48 Tuber-sosta 4 Fig. 8.49 Tuber-sosta 5

Fig. 8.50 Tuber-sosta 6 Fig. 8.51 Tuber-sosta 7

Fig. 8.52 Tuber-sosta 8


Tecniche di assicura- Alpinismo su roccia
zione in parete

368
Progressione in
conserva su pendii e
creste

capitolo 9
Progressione in conserva su
pendii e creste
INDICE
Premessa
Indicazioni e suggerimenti
• Tipi di terreno e modalità di progressione in conserva
• Terreno facile su neve e roccia - conserva corta
• Tratti rocciosi e creste di bassa difficoltà - conserva media
• Percorsi facili - conserva lunga

torna al sommario
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

PREMESSA
Nella pratica alpinistica capita spesso di dover procedere su terreni conside-
rati “facili” attuando una progressione in conserva, nella quale i componenti
della cordata sono legati e si muovono in contemporanea. Si tratta di itinera-
ri di vario genere: tratti facili di roccia, creste, facili itinerari di misto che si
370 caratterizzano dall’alternanza di passaggi di neve, di ghiaccio e di roccia.
La lunghezza di questi itinerari, la necessità di rimanere esposti a eventuali
pericoli oggettivi il minor tempo possibile, la possibile esigenza di conservare
delle buone condizioni di neve, impongono di dover procedere rapidamente
pur conservando un certo grado di sicurezza. Per questo motivo su tratti
facili di molte ascensioni e in numerose discese si preferisce non adottare le
tecniche di assicurazione su parete che prevedono il movimento di un com-
ponente alla volta assicurato dagli altri compagni, vincolati a loro volta al
terreno da opportune soste. Questo ultimo tipo di progressione “tiro per tiro”
è poco consigliabile, a meno che uno dei compagni non abbia esperienza o
sia infortunato o non si senta bene.
Su questi terreni “facili” i componenti della cordata potrebbero slegarsi e pro-
cedere indipendentemente; questa soluzione, che da un lato è buona perché
permette un notevole risparmio di tempo, è anche potenzialmente pericolosa
perché un appiglio che cede o l’essere colpiti da un sasso possono causare la
perdita d’equilibrio e anche una caduta impossibile da arrestare.
Solo raramente, quando i membri della cordata hanno elevata esperienza,
medesime capacità ed un alto margine di sicurezza rispetto alle difficoltà che
devono superare, il procedere slegati può risultare un rischio accettabile; nella
maggior parte dei casi il pericolo a cui si espone la cordata viaggiando slegata
non giustifica la riduzione dei tempi e l’eliminazione dei fastidi prodotti
dall’uso della corda.
Il miglior sistema resta dunque la progressione in conserva che prevede la
legatura in cordata ma senza l’adozione delle normali procedure di assicu-
razione e che tuttavia richiede molta esperienza, attenzione e decisione da
parte dei componenti, soprattutto del più esperto se nella cordata vi sono
elementi che presentano una netta differenza di competenza.
Ci sono due aspetti importanti che devono essere valutati di volta in volta
dalla persona più esperta.
Il primo elemento è costituito dalla grande varietà di situazioni offerte
dal terreno che necessitano la conoscenza di un gran numero di tec-
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

niche non sempre facili da gestire.


Il secondo elemento da considerare è costituito dal fatto che il vincolo tra
la cordata e la montagna è realizzato dai componenti la cordata stessa,
mancando spesso ancoraggi naturali e artificiali, cioè ogni persona svolge
contemporaneamente il ruolo di colui che assicura e di chi viene assi-
curato; l’errore di un componente si ripercuote subito sull’intera cordata e le
conseguenze negative potrebbero essere elevate. 371
La persona più esperta deve quindi saper adottare in qualsiasi momento le
scelte necessarie a garantire la sicurezza applicando le tecniche più opportune
sia in base al terreno che alle condizioni psicofisiche della cordata; infatti, a
condizionare l’andatura e il tipo di progressione sarà sempre il più debole.
Inoltre anche l’aspetto psicologico non va sottovalutato, soprattutto quando
fra i componenti vi è una netta differenza di esperienza: l’alpinista esperto
deve saper capire, anche su terreni facili, quando è meglio legare alla
corda una persona inesperta oppure stanca. Oltre a fornire una sicurez-
za psicologica si produrrà una velocità di progressione maggiore.
Di seguito si illustrano le modalità e le tecniche di progressione in conserva
privilegiando il terreno roccioso. Dato che questa tecnica è molto utilizzata
anche su neve e ghiaccio, per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura
del Manuale del CAI “ Alpinismo su ghiaccio e misto” [12] .

Fig. 9.01 Cordata a tre su cresta Fig. 9.02 Cordata a due in discesa
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

INDICAZIONI
E SUGGERIMENTI

Prima di descrivere le varie tipologie di assicura-


zione adottabili nella progressione in conserva,
372 riportiamo una serie di raccomandazioni frutto
Se non si è sicuri di poter
praticare la progressione di anni di frequentazione della montagna.
in conserva è meglio pro- - Si deve cercare, per quanto possibile, di man-
cedere realizzando soste
e tiri di corda.
tenere sempre il contatto visivo tra i compo-
nenti della cordata.
- Se non si è sicuri di poter praticare questo
tipo di assicurazione “mobile” è meglio proce-
dere realizzando soste e tiri di corda.
- La corda tra i due alpinisti deve stare sempre
tesa; se essa rimane troppo lasca e si trascina
sul suolo, in molti casi è minacciata la sicurezza
della cordata. Con corda tesa l'eventuale caduta
è arrestata immediatamente per il fatto che essa
è quasi inesistente. Viceversa con corda lasca il
colpo che si riceve dalla persona che cade e che
Si consiglia in discesa, acquista velocità è tale da rendere assai difficile
finché la pendenza e le
proprie capacità lo con- l’arresto.
sentono, di scendere con - Si consiglia in discesa, finché la pendenza e
la faccia a valle perché si le proprie capacità lo consentono, di scendere
ha una visione d’insieme
del pendio che permette con la faccia a valle perché si ha una visione
di scegliere l’itinerario d’insieme della discesa che permette di sce-
migliore.
gliere l’itinerario migliore; viceversa scendendo
con la faccia a monte la vista è più limitata e
spesso per capire dove si vuole andare bisogna
prima sporgersi per esaminare la discesa e poi
raccogliersi nuovamente per proseguire.
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

Tipi di terreno e modalità di progres-


sione in conserva
Per quanto riguarda le tecniche di progressione
in conserva adottabili, si ribadisce il fatto che
le situazioni in montagna sono molto varie
ed è quindi difficile stabilire in base al tipo di Le situazioni in monta-
terreno un elenco standardizzato di sistemi di gna sono molto varie ed è 373
quindi difficile stabilire in
assicurazione. Come sovente accade, in materia base al tipo di terreno un
di alpinismo non esiste una soluzione ideale. elenco standardizzato di
La scelta del tipo di progressione dipende: sistemi di assicurazione.

• dalle caratteristiche del terreno;


• dalle capacità ed esperienza dei componenti
la cordata;
• dalla valutazione del rischio;
Fatte queste premesse, le tecniche di progressio-
ne in conserva si possono suddividere in:

1. Conserva corta: legatura a 5 metri

2. Conserva media: legatura a 10 metri

3. Conserva lunga: tutta la corda

Fig. 9.03 Vari tipi di progressione


in conserva
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

Terreno facile su neve e roccia -


conserva corta
Su terreno facile, sul quale il movimento non
richiede l’uso degli arti superiori, costituito
da ampie creste rocciose e nevose, con poca
pendenza, cenge e gradoni con brevi tratti più
374 impegnativi, pendii nevosi non ripidi, si adotta
una progressione in conserva corta che presenta le
seguenti modalità:

La progressione in con-
serva corta si basa sul
1) utilizzare corda semplice oppure mezza corda
principio di arrestare la e legare le estremità alle imbracature con nodo
scivolata prima anco- a Otto infilato;
ra che inizi. Per questo
motivo tra i componen- 2) raggiunti i 5 m di distanza tra due com-
ti della cordata la corda ponenti fissare la corda all’anello di servizio
deve rimanere il più tesa tramite moschettone a ghiera e nodo barcaiolo;
possibile.
disporre la corda rimanente a tracolla e fissarla
mediante il nodo bulino con bretella.
Nella cordata a tre il 2° (la persona meno
esperta) si lega alla metà della corda con nodo
barcaiolo all’anello di servizio tramite moschet-
La corda deve essere tesa tone con ghiera;
e la distanza effettiva 3) il capocordata tiene 3-4 asole “aperte” in mano
tra due alpinisti è circa
2 m; si tratta quindi di
di lunghezza decrescente con la accortezza che
un tratto molto corto la corda che va al compagno esca dalla mano
che permette la marcia in direzione del compagno. Nella cordata a
senza toccarsi e soprat-
tutto consente di “senti-
tre anche il 3° tiene su una mano le asole di
re” subito l’inizio della corda;
scivolata del compagno 4) la corda deve essere tesa e la distanza effettiva
e quindi l’immediato
intervento. tra due alpinisti è circa 2 m; si tratta quindi di
un tratto molto corto che permette la marcia
senza toccarsi e soprattutto consente di “senti-
re” subito l’inizio della scivolata del compagno
e quindi l’immediato intervento;
5) su neve, non si realizzano i nodi a palla e
nemmeno il cordino Prusik sulla corda;
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

6) il più esperto procede da primo in salita e primo di cordata


nei traversi e da ultimo in discesa;
7) se il percorso segue un tratto diagonale fian-
co al pendio gli alpinisti tengono la corda nella
mano a valle e, nel caso di neve, la piccozza in
quella a monte con la dragonne ben stretta al
al secondo
polso. che segue dietro
375

La progressione in conserva corta si basa Fig. 9.04 Asole per secondo che segue
sul principio di arrestare la scivolata prima
ancora che inizi. Per questo motivo tra i terzo di cordata

componenti della cordata la corda deve rima-


nere il più tesa possibile. È fondamentale che
il capocordata, soprattutto nella cordata a due,
tenga sempre sotto controllo il movimento del
compagno: infatti, in caso di scivolata di que- al secondo
st’ultimo bisogna reagire immediatamente per che avanza
Fig. 9.05 Asole per secondo che avanza
avere buone possibilità di arrestare la caduta.

secondo
di cordata primo
di cordata

2 m (legatura a 5m)

metà corda

Fig. 9.06 Conserva corta a due


terzo primo
di cordata di cordata

secondo
di cordata

metà
corda
2m 2m

legatura a 5 m legatura a 5 m

Fig. 9.07 Conserva corta a tre


Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

La figura 9.08 mostra una discesa su terreno


misto nella quale il capocordata si trova più
a monte e controlla la progressione del meno
esperto. In caso di scivolata del primo l’inter-
Fig. 9.08 Corta con asole in discesa vento è immediato. Invece nella figura 9.09 si
osserva cosa può capitare se la corda rimane
376 lasca; in questo caso i due hanno risposto pron-
tamente ed entrambi sono in posizione corretta
per poter arrestare la scivolata, figura 9.10.
Fig. 9.09 Corta con asole e blocco
Anche se questo problema è più evidente su
neve, si raccomanda di procedere senza laschi
di corda anche su terreno roccioso.

Fig. 9.10 Scivolata con corda lasca Le asole di corda in mano


Le asole di corda tenute in mano (figure 9.11
e 9.12) servono per regolare la distanza qualora
si presentino dei tratti più complessi e possono
servire a dilazionare nel tempo la sollecitazione
prodotta dalla caduta e consentire quindi al
compagno (cordata a due) oppure ai compagni
(cordata a tre) di bloccare la scivolata (girando
la corda attorno ad uno spuntone, gettandosi
dall’altro lato della cresta prima che la corda si
Fig. 9.11 Anelli chiusi metta in tiro,…).

Situazione di pari livello


Nella cordata a due componenti di pari livello
conviene che entrambi tengano qualche asola di
corda. Nella cordata a tre le asole possono essere
tenute dal 1° e dal 3°.

Progressione su cenge con detriti e gradoni


rocciosi
Su terreni rocciosi facili come cenge e gradoni
tendono a fermarsi molti detriti; è quindi più
probabile che sia gli alpinisti durante la marcia
Fig. 9.12 Asole aperte
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

che il trascinamento della corda sul suolo pos-


sano causare movimento di sassi.
Mantenere una corda tesa sollevata dal suolo
riduce la caduta di pietre mentre la breve
distanza tra i componenti riduce la possibilità
che un sasso mosso, data la scarsa velocità, possa
arrecare seri danni (figura 9.13). 377

Nel caso di gradoni che presentano in salita


brevi tratti più impegnativi (2-4 m) si possono
adottare due sistemi di progressione:

a) il primo accelera l’andatura facendo svolge-


re le asole di corda, supera il salto di roccia e
realizza una sicurezza a spalla; in questo modo
egli si posiziona fuori dalle difficoltà prima che
queste vengano affrontate dal secondo;
Fig. 9.13 Conserva corta su gradoni
b) il secondo di cordata si ferma (ed eventual- in salita
mente anche il terzo); il primo supera il salto e
tramite un cordino o fettuccia attorno ad uno
spuntone realizza una assicurazione tramite
nodo mezzo barcaiolo (figura 9.14). In presenza
di salti nella fase di discesa il più esperto, che
sta a monte e possibilmente sulla verticale, una
volta accertata la fattibilità del percorso, può
assicurare la calata del compagno sia a spalla che
ricorrendo ad assicurazione veloce con cordino
o fettuccia passante intorno a spuntoni o ad
ancoraggi vari.

Fig. 9.14 Conserva corta su gradoni


in salita
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

Ulteriori considerazioni sulla conserva corta


La progressione in conserva corta è un metodo
veloce in quanto non viene impegnato tempo
in operazioni di assicurazione e la speditezza
Nella cordata a due se il della cordata è limitata dall’impaccio di muo-
meno esperto, che pro-
cede dietro, dovesse sci- versi con la corda in mano e dalla necessità di
378 volare, deve avvertire il mantenere la corda tesa.
primo chiamando a gran Tuttavia la sicurezza della cordata è riposta
voce in modo da cercare
di non coglierlo total- nella capacità dei compagni di trattenere la
mente impreparato. scivolata.
Nella cordata a due se il meno esperto (che pro-
cede dietro) dovesse scivolare, deve avvertire il
primo chiamando a gran voce in modo da cer-
care di non coglierlo totalmente impreparato.
La cordata a tre viene in generale considerata
più sicura di quella a due; valutiamo alcune
situazioni in fase di salita o di traverso:
a) la scivolata del meno esperto, posizionato al
centro, sebbene venga osservata da chi procede
dietro, richiede comunque di essere segnalata
E' importante valutare da colui che cade per dar modo al primo di
la pericolosità del per- reagire prontamente;
corso e le conseguenze b) nel caso dovessero scivolare il terzo o il
di una scivolata collet-
tiva; in caso di dubbio primo, i quali tengono in mano gli anelli, la
è meglio affrontare dei capacità di trattenuta offerta da due persone è
singoli tratti di itinerario comunque superiore al caso di caduta del più
applicando le tecniche
usuali di assicurazione in esperto in una cordata a due.
parete.
Va comunque ribadita l’importanza di valutare
la pericolosità del percorso e le conseguenze
di una scivolata collettiva; in caso di dubbio è
meglio affrontare dei singoli tratti di itinerario
applicando le tecniche usuali di assicurazione
in parete.
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

Tratti rocciosi e creste di bassa dif-


ficoltà - conserva media
Su tratti rocciosi e su creste che presentano
basse difficoltà (I - II grado), sui quali il movi-
mento richiede l’uso degli arti superiori e dove
sono presenti spuntoni e lame, si adotta una
379
progressione in conserva media che presenta le
Su tratti rocciosi e su cre-
seguenti modalità: ste che presentano basse
difficoltà (I - II grado),
1) Utilizzare corda semplice oppure mezza corda sui quali il movimento
richiede l’uso degli arti
doppiata e tenere una distanza tra i componenti superiori e dove sono
di circa 10 m. presenti spuntoni e lame,
si adotta una progressio-
2) Con corda semplice: nella cordata a due si
ne in conserva media.
legano le estremità alle imbracature con nodo a
Otto infilato; posizionarsi circa al centro della
corda e, lasciando una distanza di 10 m (5+5),
fissare entrambi la corda all’anello di servizio
tramite moschettone a ghiera e nodo barcaiolo;
disporre la corda rimanente a tracolla.
Nella cordata a tre il 2° (la persona meno
esperta) si lega alla metà della corda con nodo
barcaiolo su moschettone con ghiera all’anello
di servizio; si tengono 10 m + 10 m di distanza;
la corda rimanente va posta dal 1° e dal 3° a tra-
colla. Si utilizza il medesimo sistema di legatura
adottato nella conserva corta, con la differenza
Fig. 9.15 Conserva media a tre con
che si allunga la distanza tra i componenti. corda semplice

otto otto
infilato infilato
barcaiolo barcaiolo

barcaiolo
corda a
tracolla
corda a 10 m 10 m
tracolla
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

3) Con mezza corda: è consuetudine l'uso sin-


golo anche se in questa situazione è consigliabi-
le il suo raddoppio. In ogni caso si dovrà saper
valutare volta per volta il terreno, in quanto, in
caso di volo di uno dei componenti, se la corda
si dovesse impigliare attorno ad uno spuntone,
380 si creerebbe una situazione di corda bloccata: la
mezza corda non avrebbe la capacità di soppor-
tare questo tipo di caduta (per ulteriori dettagli
vedere il cap. 4).
Nella cordata a due si adotta la stessa legatura
del caso con corda semplice: 10 m di distanza,
nodo barcaiolo su moschettone con ghiera col-
Fig. 9.16 Conserva media a due legato all’anello di servizio dell’imbracatura e
con mezza corda corda rimanente a tracolla per entrambi.

bulino

bulino
barcaiolo

barcaiolo

tratto di corda da
raccogliere 10 m tratto di corda da
raccogliere

Nella cordata a tre disponendo di una mezza


Nella cordata a tre si corda lunga 50 m si realizza una cordata a V
realizza una cordata a rovesciata: il capocordata si lega all’imbracatura
V rovesciata: il capocor- a circa metà corda con bulino, raccoglie a tra-
data si lega all’imbraca-
tura a circa metà corda colla circa 10 metri di corda e blocca i due rami
con bulino, raccoglie a con due barcaioli all’anello di servizio. I secondi
tracolla circa 10 metri si legano alle rispettive estremità con nodo a
di corda e blocca i due
rami con due barcaioli Otto infilato avendo l’accortezza di restare in
all’anello di servizio. posizione sfalsata in modo da evitare interferen-
ze durante la progressione.
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

12 m

bulino

1° barcaiolo

otto infilato
2° barcaiolo 381

otto infilato
corda a tracolla

10 m
Fig. 9.17 Conserva media a tre
con mezza corda

4) Non si tengono asole di corda in mano.


È a volte opportuno che
5) Il più esperto procede da primo in salita e nei il capocordata posizioni
traversi e da ultimo in discesa. dei rinvii sfruttando gli
ancoraggi naturali; in tal
6) La corda non deve rimanere lasca e viene caso è da prevedere dei
fatta passare intorno a lame e spuntoni perché punti di ricongiungimen-
questi aumentano la possibilità di trattenere to della cordata per la
riconsegna del materiale
eventuali cadute. al primo.
È a volte opportuno che il capocordata posizio-
ni dei rinvii sfruttando gli ancoraggi naturali;
in tal caso è da prevedere dei punti di ricon-
giungimento della cordata per la riconsegna del
materiale al primo.
In caso di brevi passaggi tecnici può essere
adottata una sicura a spalla o una sosta veloce Si ribadisce l’importanza
di controllare la bontà
(cordino o fettuccia attorno a spuntone e nodo degli ancoraggi naturali
mezzo barcaiolo). Si ribadisce l’importanza di perché a volte su basse
controllare la bontà degli ancoraggi naturali difficoltà si possono tro-
vare blocchi o lame insta-
perché a volte su basse difficoltà si possono bili.
trovare blocchi o lame instabili.
7) Su terreno di misto, con cioè la presenza di
neve e roccia, a volte per superare un passaggio
bisogna impegnare entrambe le mani: in tal
caso la piccozza, che deve essere facilmente
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

disponibile e comunque assicurata con un cor-


dino può essere posta sullo spallaccio oppure
tenuta su un fianco sfruttando il portamateriale
dell’imbracatura.
8) Se si dovesse verificare la caduta di un com-
ponente della cordata mentre si percorre il filo
382 di cresta, bisogna aver fiducia nelle proprie
capacità di trattenere il compagno e spostarsi
velocemente sul versante opposto per controbi-
lanciare il volo.

Fig. 9.18 Cordata a tre su cresta di misto


Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

Percorsi facili - conserva lunga


Su percorsi facili su roccia, pareti di neve, pen-
dii di ghiaccio facile, creste che presentano tratti
con pendii aperti nevosi o ghiacciati oppure su
successione di gradoni sui quali non si ritiene
necessario eseguire tiri di corda e relative soste,
383
si adotta una progressione in conserva lunga
che presenta le seguenti modalità.
1) Utilizzare corda semplice oppure due mezze
corde e tenere la corda completamente distesa. Nell’ipotesi si disponesse
di una sola mezza corda
2) Nella cordata a due si legano le estremità alle bisogna considerare che
imbracature con nodo a Otto infilato; nella cor- essa va usata doppia;
data a tre si adotta la formazione a V rovesciata infatti, il primo di cor-
data non può collegare
dove il capocordata si lega al vertice e i due all’imbracatura una sola
secondi si legano alle estremità sfalsati di 3-4 mezza corda in quanto,
in caso di volo, se essa
m in modo da seguire singolarmente le tracce
dovesse impigliarsi attor-
del primo ed evitare di intralciarsi a vicenda. no ad uno spuntone si
Nell’ipotesi si disponesse di una sola mezza creerebbe una situazione
di corda bloccata.
corda bisogna considerare che essa va usata
doppia (25 metri di distanza massima tra i com-
ponenti con una corda lunga 50 m); infatti, il
primo di cordata non può collegare all’imbraca-
tura una sola mezza corda in quanto, in caso di
volo, se essa dovesse impigliarsi attorno ad uno
spuntone si creerebbe una situazione di corda
bloccata e la mezza corda potrebbe non avere la
capacità di sopportare una caduta con fattore 2
(per ulteriori dettagli vedere il cap. 4).
3) Il movimento del secondo o dei secondi deve
essere tale da mantenere la corda sempre il più
tesa possibile.
4) Nessuno degli alpinisti tiene in mano asole
di corda.
5) Il più esperto procede da primo in salita e nei
traversi e da ultimo in discesa.
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

6) Il primo deve predisporre delle protezioni


intermedie (chiodi, anelli di cordino su spun-
toni e lame, nut e friend,…) che vengono
recuperati dai secondi durante la progressione
in conserva. È bene avere sempre almeno due
punti intermedi tra il capocordata e gli altri
384 componenti: infatti, nel caso di caduta del
primo la sicurezza della cordata è riposta nella
tenuta delle protezioni intermedie la cui solle-
citazione potrebbe essere molto forte. A questo
proposito va sottolineato che su pendii inne-
vati anche di modesta inclinazione (dai 30° in
avanti) e a maggior ragione su tratti ghiacciati
Fig. 9.19 Conserva lunga a due - salita un corpo che cade produce uno scarso attrito
sulla superficie e acquista in breve tempo alta
velocità ed elevata energia cinetica.
Si ribadisce perciò l’importanza di controllare
la bontà degli ancoraggi naturali.
7) Quando il primo di cordata è prossimo a
terminare il materiale deve predisporre una
sosta e recuperare i compagni. Una volta
ripreso il materiale il capocordata ricomincia
la progressione e riprende la posa delle varie
Fig. 9.20 Conserva lunga a due - sosta
protezioni.
8) Se la cordata percorre il filo di una cresta
rocciosa sarebbe opportuno collocare la pro-
tezione su un lato, poi spostarsi sull’altro e
posizionare la successiva protezione: i rinvii
vengono così collocati in modo sfalsato.
9) Può risultare utile l’impiego di un bloccante
meccanico che posto in corrispondenza di un
rinvio intermedio, consenta alla corda di muo-
versi solo in un verso: così utilizzato l’autobloc-
cante trattiene l’eventuale scivolata del secondo
di cordata senza coinvolgere il primo.
Viceversa il volo del capocordata è trattenuto
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

dalla presenza di un rinvio e dall’azione del


secondo, mentre il bloccante non è interessato.
A questo scopo possono essere utilizzati alcuni
dispositivi meccanici (figura 9.21).

Considerazioni sui bloccanti meccanici


Questi tipi di attrezzo possono essere impiegati 385

come risalitore (figura 9.22) oppure per realiz-


zare un paranco di recupero. Fig. 9.21 Tibloc e Ropeman
Sono in pratica bloccanti statici che funzio-
nano su corde aventi diametri compresi fra 8
e 11 mm. Non sono progettati per trattenere
forti cadute e quindi esercitando sul dispositivo
una sollecitazione di 400 daN (400 kg forza) i
dentini possono (fattore di caduta=1) tranciare
la corda. Applicando invece una forza non
superiore a 300 daN (300 kg forza) la camicia
può lesionarsi ma la corda non si rompe: questa
situazione si manifesta quando la corda non è
tesa e presenta un lasco di 50 cm (fattore di
caduta=0,5). Fig. 9.22 Uso del Tibloc come risalitore
A riguardo del "fattore di caduta" si ricorda che
l’energia in gioco in una caduta dipende dall’al-
tezza di quest’ultima e viene assorbita dalla
corda come lavoro di deformazione.
Lo sforzo massimo, nel caso di corda bloccata,
dipende unicamente dal rapporto tra l’altezza
della caduta e la lunghezza di corda interes-
sata: questo rapporto prende come già visto il
nome di “fattore di caduta”.
Nel nostro caso - secondo di cordata che
procede in conserva lunga e cade o scivola - è
auspicabile che il fattore di caduta, nella peg-
giore delle ipotesi, non assuma mai un valore
superiore ad 1 (questo succede soltanto se il
Fig. 9.23 Impiego del Tibloc
secondo di cordata sale al disopra dell’ultimo
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

bloccante) [32].
Nella figura 9.23 il Tibloc è montato su un
rinvio ed ha un orientamento tale da impedire
lo scorrimento della corda verso il basso. Nella
figura 9.24 si può osservare meglio il partico-
lare. La progressione in conserva prevede che i
386 componenti della cordata si muovano contem-
poraneamente; il primo di cordata posiziona i
rinvii e il compagno che segue man mano che
sale li raccoglie.
È importante che il secondo mantenga la corda
tesa e non consenta laschi superiori a mezzo
Fig. 9.24 Impiego del Tibloc
particolare metro, perché altrimenti come in precedenza
esposto, in caso di scivolata, si produrrebbero
gravi lesioni alla corda e ripercussioni sulla
sicurezza della cordata.
Se il primo di cordata dovesse cadere, il Tibloc
non interviene e il rinvio svolge il normale
compito di protezione (vedi figura 9.25).
Al posto del Tibloc, può essere utilizzato anche
il Magic Ring [33], anello di materiale plastico
che viene utilizzato assieme ad un autobloccan-
te Machard o Prusik e che svolge la stessa fun-
zione di blocco della corda nel caso di caduta
del secondo (vedi figura 9.26a e 9.26b).
Fig. 9.25 Tibloc e caduta del primo Il Magic Ring ha un minore effetto di danneg-
giamento delle corde rispetto al Tibloc [16].
Con una cordata a due, composta da alpinisti
di buone capacità e di pari livello e che dispone
di 2 bloccanti si propone la seguente progres-
sione:
a) il capocordata posiziona dei rinvii inter-
medi e una volta arrivato alla fine della prima
lunghezza di corda, colloca un ancoraggio e vi
collega un Tibloc;
Fig. 9.26a Magic Ring e il suo impiego
b) la cordata prosegue in contemporanea a
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

corda distesa e quando il secondo giunge al


rinvio con Tibloc, il capocordata predispone
un ancoraggio con un secondo Tibloc; suc-
cessivamente il secondo toglie l’ancoraggio e
il primo Tibloc e quindi la cordata riprende il Al posto del Tibloc, può
movimento in conserva; essere utilizzato anche
il Magic Ring, anello di
c) alla fine della terza lunghezza, terminati i materiale plastico che
387

Tibloc e considerando comunque che saranno viene utilizzato assie-


state posizionate 5-8 protezioni, si realizza una me ad un autobloccante
Machard o Prusik e che
sosta nella quale si ricongiunge la cordata e si svolge la stessa funzio-
consegna il materiale al capocordata; ne di blocco della corda
d) bisogna far notare che con l’uso dei Tibloc il nel caso di caduta del
secondo.
secondo non può scendere, perché il bloccante
impedisce alla corda di muoversi verso il basso
e quindi egli non deve commettere degli errori
di percorso in particolare nei tratti rocciosi.

Fig. 9.26b Magic Ring e il suo impiego


Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

PROVA SU CORDE E BLOCCANTI [32]

fattore forza tipo bloc-


Tipo corda note
caduta d’arresto cante
1 487 Tibloc rottura camicia
1 393 Ropeman rottura camicia
388
corda semplice 1 459 nodo Prusik
nuova 0,5 371 Tibloc inizio rottura camicia corda
diametro mm
10,5 0,5 349 Ropeman
0,5 408 nodo Prusik
1 511 Tibloc rottura camicia
1 523 Ropeman rottura camicia
corda semplice
vecchia 1 514 nodo Prusik
diametro mm 0,5 410 Tibloc inizio rottura camicia corda
11
0,5 406 Ropeman
0,5 420 nodo Prusik
1 407 Tibloc rottura camicia
1 397 Ropeman
mezza corda 1 441 nodo Prusik
nuova 0,5 368 Tibloc
diametro 9
mm 0,5 372 Ropeman
0,5 361 nodo Prusik
1 500 Tibloc rottura camicia
1 406 Ropeman rottura camicia
1 508 nodo Prusik camicia leggermente fusa
mezza corda
vecchia 0,5 418 Tibloc inizio rottura camicia corda
diametro 9 rottura camicia e rottura di 2
mm 0,5 393 Ropeman
trefoli
0,5 400 nodo Prusik camicia leggermente fusa

Le prove sono state eseguite nel marzo '06 - massa = 80 kg - Fattore di caduta = 1 e 0,50
Lunghezza corda = 1m - Prusik a 6 spire con cordino diametro 5 mm
La forza d'arresto (FA) riportata è riferita alla 1a caduta

Dati delle prove svolte dalla CCMT su Tibloc, Ropeman e nodo autobloccante.
Alpinismo su roccia Progressione in
conserva su pendii e
creste

PROSPETTO RIASSUNTIVO DELLA


PROGRESSIONE IN CONSERVA
Tipo di terreno Tipo di assicu- Modalità di progressione
razione
• distanza di legatura 10 m, corda tesa
• corda eccedente su zaino oppure a
Conserva
Ghiacciaio tracolla
media 389
• cordino prusik all’imbracatura
• nodi a palla con superficie innevata
Terreno facile:
• legatura a 5 m, distanza effettiva 2 m
pendii nevosi non ripidi,
• 3-4 asole in mano
creste nevose e
• corda tesa
rocciose ampie e con
• nodo barcaiolo su moschettone con
poca pendenza, cenge Conserva corta
ghiera collegato all’anello di servizio della
e gradoni con singoli
imbracatura e corda rimanente a tracolla
brevi tratti più
• il più esperto procede da primo in salita
impegnativi (3 m)
e nei traversi e da ultimo in discesa

• legatura a 5 m e corda tesa


• non si tengono le asole in mano
• si procede lungo la linea di massima
pendenza
Pendio di neve privo
Conserva corta • nodo barcaiolo su moschettone con
di crepacci
ghiera collegato all’anello di servizio della
imbracatura e corda rimanente a tracolla
• aggirare spuntoni; assicurazioni veloci
• la mezza corda va usata doppiata
• legatura a 10 m, corda tesa
Tratti rocciosi e • non si tengono le asole in mano
creste che presentano • nodo barcaiolo su moschettone con
Conserva
basse difficoltà e dove ghiera collegato all’anello di servizio della
media
sono presenti spuntoni imbracatura e corda rimanente a tracolla
e lame • aggirare spuntoni; assicurazioni veloci
• la mezza corda va usata doppiata
• corda semplice oppure due mezze corde,
corda completamente distesa e tesa
• almeno due protezioni intermedie tra
Percorsi facili di roccia,
il capocordata e gli altri componenti;
pareti di neve, creste
quando il primo è prossimo a terminare
che presentano tratti
Conserva lunga il materiale deve predisporre una sosta e
con pendii aperti nevosi
recuperare i compagni
oppure successione di
• utile un bloccante meccanico ( Tibloc)
gradoni
posto in un rinvio per trattenere un
secondo di cordata senza coinvolgere il
primo
Progressione in Alpinismo su roccia
conserva su pendii e
creste

390
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

capitolo 10
Progressione con mezzi
artificiali
INDICE
Premessa
Tecnica di arrampicata in artificiale
• Assicurazione
• Progressione
• Bounce test
• Salita del secondo
• Recupero del saccone
• Imbracatura - parte alta
Materiali specifici per l'arrampicata artificiale
• RURP
• Bird Beak o Pecker
• Crack-N-Up
• Copperhead
• Circlehead
• Hook o ganci
• Rivet hanger
• Chiodi
• Knifeblade “KB” o Lama
• Lost Arrow “LA”
• Angle o chiodo a U
• Bong
• Leeper o chiodo a Z
• Sawed-Off o Baby Angle
• Sandwich - unione di più chiodi

torna al sommario
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

PREMESSA
La progressione artificiale può essere definita come quell’insieme di tecni-
che che vengono adottate quando, per procedere nell’arrampicata, si usano
ancoraggi naturali ed artificiali in sostituzione di appigli e appoggi. La
progressione artificiale può essere quindi considerata un sistema per superare
392 tratti problematici più o meno lunghi, impraticabili in arrampicata libera.
E’ meglio precisare tuttavia che anche il solo uso di un chiodo o della corda
come mezzo per progredire è da considerarsi arrampicata artificiale.
Attualmente la tecnica artificiale è assai sofisticata, avendo subito negli
anni diversi notevoli sviluppi, come pure sono molto evoluti i materiali che
si utilizzano. Si può, infatti, parlare in generale di artificiale “classica” e
di artificiale “moderna”. Con la prima si intende l’arrampicata su vie che
normalmente presentano già in loco chiodi, sia da fessura che a pressione, che
consentono a chi arrampica di procedere senza dovere in genere preoccuparsi
della chiodatura (salvo ovviamente un controllo ed eventualmente un ripri-
stino di chiodi od ancoraggi mancanti o ritenuti non sicuri). Con il termine
“artificiale moderna” si intende invece un’etica ed uno stile di progressione
che tende a fare uso esclusivamente di chiodi da fessura (che vengono tolti
dopo il passaggio), di protezioni veloci (friend e nut) e di altri tipi di anco-
raggi che non rovinano la roccia, come i copper head, i ganci, ecc. Si tratta
dunque di una disciplina in cui si deve essere disposti ad accettare un grado
di pericolo maggiore, in quanto chi sale deve in genere predisporre le prote-
zioni che, per loro natura, possono non offrire garanzie ottimali di tenuta
nell’eventualità di una caduta.
In ogni caso, la salita in artificiale richiede dei tempi normalmente molto
più lunghi dell’arrampicata libera, specialmente se è necessario infiggere le
protezioni. Una descrizione dettagliata delle tecniche e dell’uso dei materiali
dell’artificiale moderna esula dagli obiettivi di queste note. Qui ci si limiterà
a dare indicazioni di massima sul materiale tecnico principale e sulle moda-
lità elementari del suo utilizzo. Infine, per quanto riguarda la valutazione
delle difficoltà in arrampicata artificiale, nel capitolo 11 “Le scale delle
difficoltà” si riporta in dettaglio la scala in uso in Europa.
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

TECNICA DI ARRAMPICATA
IN ARTIFICIALE
La dotazione minima per l’arrampicata in artifi-
ciale è costituita dalle staffe, scalette di cordino
con appositi gradini metallici oppure intera-
Il fifi, se collegato con 393
mente di fettuccia. Le staffe possono essere cordino o daisy-chain
collegate ad un “fifi”, gancetto metallico con all’imbracatura, può
cordino di recupero, che consente di aggan- anche essere usato per
appendersi provvisoria-
ciarle e di recuperarle facilmente, oppure ad un mente ad un ancoraggio.
moschettone. Il fifi, se collegato con cordino o
daisy chain all’imbracatura, può anche essere
usato per appendersi provvisoriamente ad un
ancoraggio.
Nell'arrampicata artificale moderna vengono
inoltre impiegate una o due "daisy chain" che
servono a collegare l'imbracatura alla protezio-
ne per verificarne la tenuta (vedi Bounce test).

Fig. 10.01 Collegamento dell'imbraco alle daisy chain e ai fifi per l'arrampicata artificiale moderna
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

Assicurazione
Le manovre di assicurazione si effettuano nella
stessa maniera già trattata per la progressione
della cordata in arrampicata libera. Qualora
si ritenga opportuno, per diminuire la forza
d’arresto sull’ultimo rinvio e/o per ridurre
394 gli attriti della corda, si utilizzano due mezze
Chi assicura il capocor- corde: il capocordata, dopo aver passato almeno
data sceglie il tipo di
freno più opportuno, nel primo rinvio (meglio anche nel secondo)
considerando il numero entrambe le corde, le inserisce alternativamente
e la qualità degli anco- nei successivi; chi lo assicura sceglie il tipo di
raggi, nonché l’eventuale
decisione di utilizzare freno più opportuno, considerando il numero
le mezze corde alternate e la qualità degli ancoraggi, nonché l’eventuale
nei punti di ancoraggio decisione di utilizzare le mezze corde alternati-
intermedi.
vamente nei punti di ancoraggio intermedi.

Oltre che per la sua funzione principale di assi-


curazione, la corda può essere adoperata anche
come mezzo di progressione, sostanzialmente in
questi modi:

• Trazione laterale - La traversata può essere


facilitata dalla corda tenuta tesa dal compagno
Fig. 10.02 Trazione laterale
come in figura 10.02.
Il capo cordata risulta così aiutato nella ricerca
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

e nello sfruttamento di appigli ed appoggi in


quanto la corda tesa costituisce un ulteriore
punto di sostegno.

• Pendolo - Quando il tratto da attraversare non


è superabile neppure con il sistema anzidetto, si
può ricorrere al pendolo. Vi sono diversi modi
395
di effettuare questa manovra, in dipendenza
della lunghezza del tratto da superare, del tipo
e quantità di materiale a disposizione e del ter-
reno su cui ci si trova ad operare. Posto un ancoraggio
intermedio in alto, possi-
bilmente verso la direzio-
Si fa riferimento qui di seguito ad alcune mano-
ne di spostamento e fatta
vre di carattere generale, che possono essere passare la corda, il capo
adottate in diverse circostanze. cordata si fa calare quel
tanto che gli consenta di
Per il pendolo del capocordata, si faccia riferi- raggiungere, con alcune
mento alla figura 10.03. Posto un ancoraggio oscillazioni (pendolo), la
intermedio in alto, possibilmente verso la dire- fine della traversata.
zione di spostamento e fatta passare la corda,
il capo cordata si fa calare quel tanto che gli
consenta di raggiungere, con alcune oscillazio-
ni, la fine della traversata. Da qui riprende la
salita ponendo ovviamente nel caso anche rinvii
intermedi. Il secondo, raggiunto l’ancoraggio
posto nel punto più alto, nel caso la cordata sia
dotata di due corde rimane assicurato con una
corda ed utilizza la seconda per calarsi in doppia
fino alla fine del pendolo (figura 10.04).
Se il pendolo è breve, ovvero nel caso si dispon-
ga di una corda sola, il secondo può sistemarla
come nella figura 10.05; il capo cordata regola
la calata fino a che il compagno sarà in grado
di effettuare il pendolo. Questi, giunto sulla
verticale del primo, se può si autoassicura,
altrimenti si pone in buona posizione e sgancia
dal moschettone dell’imbracatura la corda che
il primo recupera.
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

396

Fig. 10.03 Pendolo da capocordata Fig. 10.04 Pendolo del secondo di cordata - due corde

Fig. 10.05 Pendolo del secondo di cordata - una corde


Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

Progressione
La sequenza dei movimenti di progressione è
la seguente:
Gli ancoraggi possono
essere utilizzati come
1) predisposizione dell’ancoraggio; appoggi o come appigli.
Questa semplice modalità
2) applicazione del rinvio (senza il passaggio di progressione artificiale
della corda) e aggancio della staffa o all’anco- 397
risulta assai ovvia, ma è
raggio o al moschettone superiore del rinvio; importante sollecitare gli
ancoraggi in maniera cor-
3) verifica della tenuta (operazione detta anche retta, tenendo presenti i
bounce test, particolarmente importante su principi di impiego degli
ancoraggi precari - si veda di seguito); stessi per non provocarne
la fuoruscita.
4) innalzamento;
5) passaggio della corda nel rinvio.

Il passaggio della corda nel rinvio è l’ultima


operazione da fare, dopo essersi innalzati il
più possibile verso l’ancoraggio, per evitare
- nel caso di una sua fuoriuscita - di aumen-
tare la lunghezza della caduta e di provocare
una sollecitazione importante dell’ancoraggio
sottostante.

Gli ancoraggi possono essere utilizzati come


appoggi o come appigli (non infilare le dita
negli occhielli di chiodi e piastrine: è meglio
utilizzare un moschettone o, meglio, il rinvio
ad essi applicato!). Questa semplice - seppur
faticosa, in particolare per i novizi - modalità di
progressione artificiale risulta assai ovvia, ma è
importante sollecitare gli ancoraggi in maniera
corretta, tenendo presenti i principi di impiego
degli stessi per non provocarne la fuoruscita.
Nella progressione artificiale risulta essenziale
mettere in atto tutti quegli accorgimenti che con-
sentono di mantenere il corpo in equilibrio per Fig. 10.06 Posizione degli arti
non affaticare troppo gli arti superiori. inferiori su parete verticale
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

Su parete verticale, per assumere una posizione


più comoda e sicura si incrociano gli arti infe-
riori come nella figura 10.06. Il piede libero
viene posto anteriormente a quello in staffa e
così bloccato contro la parete; a questo punto
è possibile liberare gli arti superiori per fissare
398 un successivo ancoraggio o avere, comunque,
le mani libere.

Su parete strapiombante non è possibile applica-


re tale accorgimento; è necessario, allora, stac-
care il corpo dalla parete e per farlo ci si siede
sul piede inserito nella staffa (figura 10.07); con
la gamba libera, tenuta tesa e appoggiata con la
punta del piede alla parete, si spinge il corpo
verso l’esterno fino a raggiungere la posizione
più stabile.
Nel superamento di un tetto la posizione da
assumere è identica a quella precedentemente
Fig. 10.07 Posizione di riposo descritta; la sola differenza consiste nel fatto
su tratti strapiombanti

Fig. 10.08 Superamento di un tetto


Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

che il piede della gamba libera non poggia sulla Su parete strapiombante
o tetto è necessario stac-
parete per cui, eventualmente, si può utilizzare care il corpo dalla parete
una seconda staffa per puntellare il piede libero e per farlo ci si siede sul
ed aumentare la possibilità di spostamento piede inserito nella staf-
fa; con la gamba libera,
(figura 10.08). tenuta tesa e appoggiata
La posizione di equilibrio ha un raggio d’azio- con la punta del piede
ne limitato e per liberare entrambe le mani si alla parete o su di una 399
seconda staffa, si spinge il
deve agganciare l’imbracatura all’ancoraggio. corpo verso l’esterno fino
a raggiungere la posizio-
ne più stabile.
Bounce test
Prima di innalzarsi sulle staffe è sempre buona
norma verificare la tenuta del nuovo ancorag-
gio. In particolare si deve prendere questa pre-
cauzione nel caso di uso di copperhead o altri
dispositivi “precari” (si veda in seguito).
In questi casi, si procede a questa operazione
collegando, tramite per esempio una daisy
chain, la propria imbracatura alla protezione e,
rimanendo in equilibrio sulla staffa agganciata
alla protezione sottostante, facendo dei piccoli
ma decisi saltelli per verificare la tenuta di quel-
la che si é appena messa.
Questa operazione ovviamente andrebbe appre-
sa esercitandosi in condizioni sicure, per esem-
pio in una palestra o falesia. Inoltre, si deve in
ogni caso prestare molta attenzione se la nuova
protezione (o l’ultima da cui ci si innalza) è
costituita da un gancio (hook).

Salita del secondo


Normalmente, il secondo risalirà adottando
le stesse tecniche di progressione del primo di
cordata (uso delle staffe, posizioni, ecc).
La sequenza di manovre da eseguire è:
1. si sfila la corda dal rinvio successivo;
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

2. si aggancia la staffa a tale rinvio;


3. ci si innalza;
4. si tolgono la staffa e il rinvio precedente.
Nel caso di lunghe salite in artificiale può però
Nel caso di lunghe salite risultare più conveniente la risalita delle corde
in artificiale può però con bloccanti meccanici (maniglie Jumar),
400 risultare più conveniente levando in ogni caso i rinvii e le protezioni
per il secondo la risalita
delle corde con bloccan- (eventualmente anche schiodando), mano a
ti meccanici (maniglie mano che si risale. Anche se apparentemente
Jumar), levando in ogni
semplice, questo tipo di risalita è abbastanza
caso i rinvii e le protezio-
ni (eventualmente anche complessa e faticosa per il secondo, special-
schiodando), mano a mente nell’eventualità di traversi e di tratti
mano che si risale.
strapiombanti, casi nei quali si corre sempre il
rischio di piccoli “voli”.
Normalmente si utilizzano due maniglie, col-
legate ciascuna sia ad una staffa (per risalire),
sia all’imbracatura (per appendersi e riposare).
Durante la salita non ci si slega dalla corda di
cordata ma, anzi, ci si collega anche con un
nodo autobloccante che potrà servire, durante
la risalita, per accorciare la propria autoassicu-
razione alla corda.

Recupero del saccone


Nel caso di salite in artificiale molto impegnati-
ve e lunghe, è necessario avere al seguito molto
materiale, sia per la salita (chiodi, nut, friend,
corde, ecc.) sia per bere, mangiare e dormire.
In questi casi normalmente la cordata ha anche
al seguito un saccone entro il quale tutto questo
materiale viene normalmente posto durante la
salita. Il saccone viene recuperato dal primo di
cordata una volta che ha raggiunto e predisposto
la sosta successiva. Anche per questa manovra vi
sono diverse possibili tecniche ed è bene in ogni
caso avere un minimo di attrezzatura adeguata.
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

Normalmente, è utile avere una carrucola ed


un paio di bloccanti meccanici.
Si passa la corda del sacco entro la carrucola e si Nel caso di salite in arti-
predispone un primo bloccante tra la carrucola ficiale molto impegnati-
ve e lunghe, è necessario
e il sacco in modo da impedirne la discesa. avere al seguito molto
Si mette il secondo bloccante sul tratto di corda materiale, sia per la salita
lasca uscente dalla carrucola e lo si collega, per sia per bere, mangiare e 401
dormire. In questi casi la
ulteriore sicurezza, alla propria imbracatura cordata ha anche al segui-
con un cordino o daisy chain. A questo punto to un saccone entro il
si inizia il recupero, usando le gambe e il peso quale tutto questo mate-
riale viene normalmente
del corpo per non affaticarsi troppo (in genere posto.
è necessario anche allungare la propria autoas-
sicurazione). Ovviamente, se si sta contempo-
raneamente recuperando il secondo, è neces-
saria la massima attenzione nell’esecuzione di
questa manovra.

Imbracatura - parte alta


Nelle salite in artificiale moderno si fa largo uso
di materiale (chiodi, cliff, copper head, friend,
nut, moschettoni, fettucce, cordini, ecc.).
Di solito grande parte di questo materiale
viene tenuto in sosta e passato di volta in volta
al primo di cordata su richiesta mediante un
cordino di collegamento.
E’ comunque bene per il primo avere a dispo-
sizione molto materiale e per questo motivo
torna molto utile una parte alta dell’imbraca-
tura con molti porta oggetti oppure l’utilizzo
di appositi portamateriali.
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

MATERIALI SPECIFICI
PER L’ARRAMPICATA
ARTIFICIALE

La progettazione e la costruzione dei materiali


402 specifici per l’arrampicata artificiale sono state
Esistono in commercio
diversi attrezzi deriva- storicamente prerogativa del singolo praticante.
ti da prototipi studiati Esistono in commercio diversi attrezzi derivati
sopratutto negli U.S.A., da prototipi studiati sopratutto negli U.S.A.,
dove le lisce pareti della
Yosemite Valley sono dove le lisce pareti della Yosemite Valley sono
state il terreno ideale per state il terreno ideale per l’evoluzione di questo
l’evoluzione di questo tipo di arrampicata. Di conseguenza i nomi dei
tipo di arrampicata.
materiali sono sempre espressi in lingua inglese
ed il loro uso è specifico per la roccia granitica,
anche se questo non significa che, con qualche
modifica, possano essere usati anche su altri
tipi di roccia. Questi attrezzi sono di solito
posizionati in situazioni precarie e richiedono
una grande esperienza (che si può acquisire
con molto esercizio) ed una buona dose di
La filosofia che ispira sangue freddo. La filosofia che ispira l’impiego
l’impiego di attrezzi spe- di attrezzi specifici è quella di lasciare la roccia
cifici è quella di lasciare
la roccia il più possibile il più possibile pulita dopo ogni ascensione e
pulita dopo ogni ascen- forse questa prerogativa è stata quella che ha
sione e forse questa pre-
fatto sviluppare questa disciplina soprattutto
rogativa è stata quella
che ha fatto sviluppare negli U.S.A..
questa disciplina soprat- Come già detto, i materiali descritti di seguito
tutto negli U.S.A..
hanno tenute alquanto aleatorie ed è quindi
sempre consigliabile saggiarne la tenuta prima
di caricare, con il peso del proprio corpo, l’an-
coraggio appena predisposto (bounce test).
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

RURP
Inventato da Ivon Chouinard negli anni '60, iI
RURP (Realized Ultimate Reality Piton) è in
sostanza un piccolo chiodo che presenta una
sottile lama con alcuni fori nei quali, a seconda
della penetrazione nelle esilissime fessure, s’in-
serisce una fettuccia, un cordino o un cavetto di 403

acciaio già predisposto. E’ ottimo in fessurine


orizzontali, un po’ meno in quelle verticali.

Bird Beak o Pecker


Inventata da Jim Bridwell negli anni settanta, Fig. 10.09 RURP

è una piccola e fine lametta, sagomata a becco


d’aquila, che ha praticamente soppiantato l’uso
del RURP nei piazzamenti in fessure verticali
perché è più sicuro come tenuta ed è più facile
rimuoverlo. Ha una penetrazione eccezionale
anche nelle fessure superficiali cieche o quasi
inesistenti. Si può usare anche per piazzamenti
in fessurine orizzontali, dove il RURP non
entra, usando il foro vicino alla lametta.
E’ disponibile in varie misure.

Crack-N-Up Fig. 10.10 Bird Beak

Anche questa è una piccola lama a forma di


ancoretta, simile al Bird Beak se non che pre-
senta due “becchi” anzichè uno solo.

Copperhead
I Copperhead (o Alluminhead a seconda del
materiale con cui sono costruiti: rame o allumi-
nio) sono dei piccoli cilindretti con un cavetto
collegato, ideati da Bill Forrest negli anni ’70 in
Yosemite. La differenza principale sta nel fatto
che quelli in rame possono essere riutilizzati un
paio di volte se non sono troppo rovinati, men-
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

tre per quelli di alluminio la cosa risulta un


po’ dubbia. Le misure più piccole di solito
sono fatte in rame, le altre in alluminio.
Spesso si trovano questi attrezzi costruiti
anche col piombo, che presenta le stesse
caratteristiche del rame ed è forse
404 meno costoso.
La tecnica di posizionamento è
quella di battere la testa (spalmarla)
su di una rugosità o una piccola incavatu-
ra con la punta del martello o un piccolo
Fig. 10.11 Copperhead e Alluminhead scalpello fino a quando non si attaccano alla
roccia, prestando attenzione a non danneggiare
il cavetto al quale poi ci si dovrà appendere.
Sono in ogni caso protezioni “a tempo”, nel
senso che in genere rimangono in loco solo
poche decine di secondi e che servono solo
La tecnica di posiziona- per una rapida progressione verso il successivo
mento dei Copperhead è ancoraggio.
quella di battere la testa
(spalmarla) su di una
rugosità o una piccola Circlehead
incavatura con la punta Mentre i Copperhead o gli Alluminhead sono
del martello o un piccolo
scalpello fino a quando da utilizzare esclusivamente in fessure o rugo-
non si attaccano alla roc- sità verticali, altrimenti la leva causata dal
cia, prestando attenzio- cavetto provocherebbe facilmente un loro cedi-
ne a non danneggiare il
cavetto al quale poi ci si mento, i circlehead sono stati ideati per essere
dovrà appendere. piazzati in rughe o fessurine cieche orizzontali.
Sono realizzati anch’essi in rame, piombo od
alluminio ed hanno in genere un cavetto cir-
colare in acciaio con due o più testine. Bisogna
stare attenti perchè una delle testine serve per
l’accoppiamento del cavetto e quindi non va
toccata. Il cavetto circolare serve a ripartire al
meglio il peso applicato alla testina, riducendo
il braccio di leva e aumentando la tenuta.
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

Hook o ganci
Gli hook sono chiamati anche in molti altri
modi: cliff, ancorette, sky-hook, ganci, ecc..
Sono in pratica degli uncini che si usano ap-
poggiati su piccole incavature della roccia e che
permettono la progressione esercitando su di
essi un caricamento graduale e nella direzione 405

perpendicolare al loro asse.


Assieme ai copperhead hanno fatto la storia del-
l’arrampicata artificiale.
Esistono moltissimi modelli di hook di varie
dimensioni con i quali si possono “agganciare”
varie misure di tacchette, lame, gocce o piccole
asperità orizzontali: bisogna sempre scegliere la
dimensione e la forma giusta e quindi sarebbe
opportuno, su scalate in artificiale impegnative,
avere con sé diversi ganci, dai più piccoli sino
ai più grandi.
Tra i più noti citiamo il Cliff hanger ed il Talon
(vedi figura 10.12).
Il posizionamento di un gancio è un’opera-
zione molto delicata che richiede esperienza
e il massimo dell’attenzione nel momento del
caricamento dello stesso con il peso del proprio
corpo. Il gancio non deve fare leve strane con la
roccia su cui è appoggiato e la punta non deve
retrocedere al momento del caricamento, pena
la fuoriuscita dalla sua sede. E’ buona norma
accertarsi della solidità della roccia su cui si
vuole appoggiare il gancio, in quanto in alcuni
Fig. 10.12 Hook o ganci
casi l’uncino aiuta il distacco di piccole scaglie.
Una volta superata con i piedi la sede dove è
stato posizionato un gancio è quasi impossibile
ritornare indietro cercando di ricaricare l’an-
coraggio, in quanto difficilmente si riuscirà a
ritornare nella posizione precedente. Esistono
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

anche hook chiamati “pointed”, cioè limati in


punta in modo da poter entrare in piccoli fori
creati artificialmente con il perforatore, fori da
6 mm chiamati “Drilled Hook”.

Rivet hanger
406 Sono cavetti d’acciaio o piastrine che vengono
messi attorno alle teste di rivetti che nor-
malmente si trovano già infissi in parete. Ne
esistono vari tipi e di varie misure secondo il
diametro del cavetto, che può variare da 2 a
6 millimetri: dal classico “hanger” in cavetto
che strozza la testina, ai vari tipi di “Key-hole
hanger”, piastrine di acciaio simili a quelle per
gli spit, ma sagomate in maniera tale da poter
essere facilmente messe e tolte con le dita.

Fig. 10.13 Rivet hanger Chiodi


Oltre a dispositivi quali i ganci e i copperhead,
negli Stati Uniti sono stati ideati e sviluppati
anche alcuni tipi di chiodi per utilizzo specifico
in fessure di piccole dimensioni. Inoltre, è ora-
mai diffusa la terminologia anglosassone per la
loro denominazione e quindi si ritiene oppor-
tuno riportare qui una loro breve descrizione.

Knifeblade “KB” o Lama


E’ un chiodo sottile (disponibile in due misure)
per fessure strette, e non é sempre facile da
piantare. Quando la fessura è quella giusta que-
sto chiodo può tenere il peso del corpo anche
se piantato per pochi millimetri (6-8 mm). E’
chiaro che in questo caso si resenta l'estremo e
il chiodo va sempre strozzato con una piccola
fettuccia per eliminare la leva; occorre tenere
Fig. 10.14 Knifeblade
ben presente che lunghe sezioni su questi chiodi
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

sono sempre da affrontare con il dovuto rispet-


to. Esiste anche una versione di KB con la lama
più spessa chiamato "Bugaboo" (disponibile in
4 misure) che va piazzato di solito in fessurine
che cominciano ad essere un po’ usurate e non
utilizzabili nè con un Knifeblade nè con Lost
Arrow. 407

Lost Arrow “LA”


E’ disponibile in 8 misure anche se le più usate Fig. 10.15 Lost Arrow
sono le più corte. E’ un chiodo usatissimo e
indispensabile per la totalità delle vie di arti-
ficiale vista la sua forma e la grande varietà di
misure.

Angle o chiodo a U
Per la sua forma aderisce alla roccia sempre con
3 punti di contatto che ne aumentano la tenuta
in caso di volo. Di questo chiodo esistono 6 Fig. 10.16 Angle o chiodo a U

misure che sono espresse in pollici negli USA


(1/2”, 5/8”, 3/4”, 1”, 1 1/4”, 1 1/2”) e con
numeri dall’ 1 al 6 in Italia; oltre queste misure
si passa ai Bong.

Bong
Poco utilizzati oggigiorno, a causa dei friend
che presentano le stesse dimensioni di apertura,
sono di fatto dei chiodi a U di grosse dimensio-
Fig. 10.17 Bong
ni. Presentano in genere dei fori nel corpo per
potere inserire cordini o fettucce e ridurre così
eventuali effetti di leva.

Leeper o chiodo a Z
E’ un chiodo conformato in maniera tale che
una volta piantato può avere 4 punti di contat-
Fig. 10.18 Leeper o chiodi a Z
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

to con la roccia e risulta quindi molto sicuro;


caratteristica di questo chiodo è la sua elasticità
quando viene messo in fessure più strette rispet-
Un sandwich è la unio- to alla sua misura ideale.
ne di due o più chiodi
precari per realizzare un
punto di ancoraggio che
Sawed-Off o Baby Angle
408 dia un minimo di garan- Non sono altro che Angle tagliati a metà e quin-
zia di tenuta. di più corti del normale usati nelle rughe o nelle
fessure poco profonde. Sono usati anche nelle
vecchie vie di artificiale dove i ripetuti passaggi
hanno provocato l’apertura della fessura in sen-
so orizzontale.

Sandwich - unione di più chiodi


Un sandwich è l'unione di due o più chiodi
precari per realizzare un punto di ancoraggio che
dia un minimo di garanzia di tenuta. Si devono
accoppiare insieme (o in serie) i chiodi al fine di
ottenere la stabilità degli stessi all’interno di una
fessura larga, oppure nel caso in cui i chiodi non
sono piantati completamente. Si devono dappri-
ma passare piccole fettucce all’interno dell’oc-
chiello di ogni chiodo, che non devono andare
in tiro perchè la leva sarebbe troppo svantaggiosa
e si rischierebbe di strappare tutto; queste fettuc-
ce servono solamente per non perdere i chiodi se
questi dovessero uscire. Poi si mette un’altra fet-
tuccia a strozzo attorno al sandwich o al chiodo;
questa ultima fettuccia deve essere posizionata il
più possibile vicino alla roccia in modo che la
leva generata sia minima. Sarà solo quest’ultima
Fig. 10.19 Sandwich fettuccia a sostenere il peso dell’arrampicatore.
Tutte le fettucce devono infine essere passate
dentro al moschettone. Si noti che in genere
bisogna munirsi di molte (30-40) fettucce di
piccola sezione e di lunghezze varie (da 20 a 30
Alpinismo su roccia Progressione con
mezzi artificiali

cm di diametro). In condizioni particolari, si può


pensare di applicare lo stesso principio dell’accop-
piamento di più protezioni anche ai nut, accoppian-
done due o più all’interno di una sola fessura.

409
Progressione con Alpinismo su roccia
mezzi artificiali

410
Alpinismo su roccia Emergenze

capitolo 11
Emergenze

INDICE
Premessa
Autosoccorso della cordata
Introduzione
• Alcune considerazioni generali sui paranchi
• Sforzi da applicare per il recupero con paranchi
• Sostituzione del mezzo barcaiolo in sosta

Recupero del compagno alla sosta


• Paranco semplice o con rinvio al compagno
• Paranco doppio
• Paranco di recupero “Mezzo Poldo”
• Paranco di recupero “Mezzo Poldo” con spezzone ausiliario

Calata del compagno


• Compagno in grado di collaborare - calata controllata dall’alto
• Compagno in grado di collaborare - corda doppia regolata dal basso
• Compagno non in grado di collaborare - corda doppia con ferito
• Compagno non in grado di collaborare - calata con giunzione di corde
• Compagno non in grado di collaborare - calata con bilancino
• Manovra per il ricongiungimento della cordata

Altre manovre
• Il “paranco ultrarapido”

torna al sommario
Emergenze Alpinismo su roccia

PREMESSA
Le manovre illustrate in questo capitolo costituiscono un grande patrimonio
tecnico, sia individuale che di gruppo, e consentono, in caso di necessità o di
incidente non grave, il recupero o la calata del compagno senza l’intervento
del Soccorso Alpino, che ovviamente rimane indispensabile nei casi più gravi
412 e complessi.
È quindi di grande importanza la perfetta conoscenza pratica di queste
manovre che, oltre poter in casi semplici trarre d’intralcio una cordata, por-
tano in genere ad una riduzione dei tempi d’intervento e possono agevolare
anche le condizioni psicologiche del ferito. Prima di intraprendere qualsiasi
manovra è comunque necessaria una valutazione, per quanto possibile, delle
condizioni dell’infortunato, al fine di non peggiorare eventuali condizioni
critiche.
L’eventuale adattamento delle manovre presentate di seguito, alle diverse
condizioni che caratterizzano ogni singolo caso, dovrà essere lasciato al giu-
dizio ed all’esperienza dell’alpinista. Diverse varianti sono, infatti, possibili,
ma la loro utilità e sicurezza dovranno preventivamente essere vagliate con
particolare attenzione.
Queste manovre sono - fortunatamente - di applicazione assai poco frequen-
te ed è quindi facile dimenticarne la tecnica di esecuzione, trovandosi così
nell’emergenza incapaci di effettuarle; si sottolinea quindi che è opportuno,
soprattutto nel caso di Istruttori, ma più in generale di tutti coloro che si
assumono la responsabilità della conduzione di una cordata, esercitarsi
periodicamente nella loro esecuzione.
Il materiale usato nelle manovre illustrate di seguito è quello normalmente in
dotazione della cordata, considerando salite di difficoltà medio-alte: si utiliz-
zano quindi moschettoni, cordini ed altro materiale standard. Ovviamente,
le manovre descritte possono avvalersi anche di materiale tecnico specifico,
come ad esempio pulegge, bloccanti meccanici, ecc., pur mantenendo criteri
di semplicità e praticità.
Un ultimo commento di tipo generale riguarda il fatto che per effettuare la
stessa operazione possono esistere più manovre differenti. Quelle elencate nel
seguito sono quelle che al momento appaiono essere le più valide ed efficienti
nel caso in cui si debba soccorrere e recuperare un compagno di cordata senza
l’intervento del soccorso organizzato.
Alpinismo su roccia Emergenze

AUTOSOCCORSO DELLA
CORDATA
Si illustrano di seguito le manovre di autosoccor-
so che possono essere messe in pratica nel caso
di cordate di due o tre alpinisti nella eventualità
413
di un volo o in ogni caso di situazioni proble- Nelle manovre di auto-
soccorso si presuppone
matiche di uno dei componenti. Anche se nella ovviamente che il soc-
descrizione di tutte le manovre, per brevità corritore, in tutte le fasi
descrittiva, questo particolare non è riportato, delle manovre, sia sempre
autoassicurato alla sosta
si sottolinea che si presuppone ovviamente che mediante la corda di cor-
il soccorritore, in tutte le fasi delle manovre, data oppure con apposita
sia sempre autoassicurato alla sosta mediante longe di sicurezza.
la corda di cordata ovvero con apposita longe
di sicurezza.
È, ovviamente, dato per scontato che è anche
necessario accertarsi della solidità della sosta.
Le manovre illustrate di seguito si distinguono
in due grandi categorie:

1) recupero del compagno alla sosta;


2) calata del compagno.

In ciascun caso, si deve inoltre distinguere il


fatto che il compagno sia in grado di collabora-
re oppure non lo sia.
Si considera infine a parte la delicata e comples-
sa manovra di ricongiungimento della cordata,
che può rendersi necessaria nel caso di un volo
del capocordata che alla fine non sia in grado
di collaborare.
Emergenze Alpinismo su roccia

INTRODUZIONE
Alcune considerazioni generali sui
paranchi
In condizioni norma- La forza necessaria per recuperare mediante la
li, un uomo medio può corda di cordata il compagno appeso può arri-
applicare una forza di
414
trazione che consente vare a circa il doppio del peso del caduto stesso.
di recuperare una massa Questo a causa degli attriti che si verificano
pari circa alla metà del per lo sfregamento tra la corda e la roccia, tra
suo peso mentre il cadu-
to, causa gli attriti per lo la corda e i moschettoni e per l’angolo che si
sfregamento della corda, genera tra la verticale del caduto e la direzione
potrebbe pesare il dop-
secondo la quale viene esercitata la trazione per
pio del proprio peso.
effettuare il recupero stesso. Si consideri inoltre
che, in condizioni normali, un uomo medio
può applicare una forza di trazione che consen-
te di recuperare una massa pari circa alla metà
del suo peso.
Questi due fatti implicano che per sollevare un
alpinista, con una trazione diretta sulla corda
alla quale questi è appeso, potrebbero essere
necessarie ben 4 persone.
Per il recupero di un Dato che, ad eccezione degli interventi di
compagno è quindi soccorso organizzato, raramente ci si trova ad
necessario sapere predi-
sporre paranchi con il operare in gruppi numerosi, risulta necessario
materiale a disposizione mettere in atto manovre (i paranchi) ed accor-
della cordata e conoscere
gimenti al fine di ridurre la forza necessaria per
esattamente la sequenza
delle manovre necessarie il recupero, mantenendo d’altro canto a livelli
per l’effettuazione del accettabili la complessità e il tempo impiegato
recupero.
nelle operazioni.
Per il recupero di un compagno è quindi neces-
sario sapere predisporre paranchi con il mate-
riale a disposizione della cordata e conoscere
esattamente la sequenza delle manovre necessa-
rie per l’effettuazione del recupero.
Per quanto riguarda gli attriti presenti nel siste-
ma di recupero, numerose prove sperimentali
Alpinismo su roccia Emergenze

hanno evidenziato che questi risultano inferiori


nel caso di impiego di carrucole (figura 11.01),
al posto di moschettoni, e se si utilizza una
mezza corda invece di una semplice. In questi
Nel recupero, normal-
casi, di conseguenza, anche la forza richiesta per mente la direzione di tiro
il recupero risulta essere minore. deve essere dal basso verso
D’altra parte, una corda di diametro inferiore: l’alto per due motivi: 415
- si può sfruttare la forza
- tende a scorrere di più nelle mani del soccor- della gambe aumentando
ritore, comportando una presa più difficoltosa l’efficienza della manovra
per colui che recupera; e riducendo gli sforzi;
- si evita di sovraccaricare
- più frequentemente richiede di essere passata inutilmente la sosta, cosa
intorno alle spalle per sfruttare la spinta delle particolarmente racco-
mandabile in molti casi.
gambe.

Una ultima considerazione di carattere generale


riguarda il fatto che normalmente la direzione
di tiro deve essere dal basso verso l’alto.
Questo essenzialmente per due motivi:
1) si può sfruttare la forza della gambe aumen-
tando l’efficienza della manovra e riducendo
gli sforzi;
2) si evita di sovraccaricare inutilmente la sosta,
cosa particolarmente raccomandabile in molti
casi.

Fig. 11.01 Carrucola


Emergenze Alpinismo su roccia

Sforzi da applicare per il recupero sui


paranchi
Nel seguito si propongono diversi paranchi, di
complessità crescente, che consentono d’altra
parte il recupero del compagno con sforzi via
via inferiori. Per un confronto diretto, si rias-
416 sumono qui le loro principali caratteristiche. Si
noti che in tutti i paranchi esiste una relazione
ben precisa che lega il rapporto tra la forza F da
Nel paranco semplice,
la quantità di corda da
applicare per il recupero e la quantità di metri
recuperare è due volte di sollevamento del compagno.
maggiore di quanto deve Ad esempio, dimezzando la forza F risulte-
essere sollevato il compa-
gno (per sollevare il com-
rà dimezzato anche il sollevamento. Pulegge,
pagno di 1 metro occor- carrucole e paranchi sono anche brevemente
re recuperare 2 metri di descritti in Appendice A.
corda).

Paranco semplice
Questo tipo di paranco, illustrato schematica-
mente in figura 11.02, si chiama “semplice” in
quanto fa uso di una sola carrucola.
La quantità di corda da recuperare è due volte
maggiore di quanto deve essere sollevato il
compagno (per sollevare il compagno di 1
metro occorre recuperare 2 metri di corda).
50 50
Si ha dunque un rapporto 2:1 tra la lunghezza
di corda recuperata e l’innalzamento del com-
pagno. In condizioni ideali (assenza di attriti),
la forza necessaria al sollevamento del caduto
mediante una carrucola semplice corrisponde
alla metà del peso dell’alpinista; nella pratica, a
causa degli attriti, può essere molto superiore e
100
il recupero con questa tecnica potrà non risul-
tare possibile.

Fig. 11.02 Paranco semplice e schema


di funzionamento (ad una carrucola)
Alpinismo su roccia Emergenze

Paranco doppio
Il paranco doppio ha questo nome in quanto
per la sua realizzazione sono necessarie due
carrucole, come illustrato in figura 11.03. Una
delle due carrucole è mobile (quella a valle)
mentre l’altra è fissa (in sosta); si veda l’Appen- Nel paranco doppio, la
dice A. La quantità di corda da recuperare è tre quantità di corda da recu- 417
perare è tre volte maggio-
volte maggiore di quanto deve essere sollevato re di quanto deve essere
il compagno (per sollevare il compagno di 1 sollevato il compagno
metro, occorre recuperare 3 metri di corda). Si (per sollevare il compa-
gno di 1 metro, occor-
ha dunque un rapporto 3:1 tra la lunghezza di re recuperare 3 metri di
corda recuperata e l’innalzamento del compa- corda).
gno. D’altro canto, in condizioni ideali (assenza
di attriti), la forza necessaria al sollevamento del
caduto mediante una doppia carrucola corri-
sponde ad un terzo del peso dell’alpinista; nella
pratica, a causa degli attriti, equivale invece a
circa il peso stesso. In tali condizioni il recupero
potrà essere effettuato in presenza di almeno
due soccorritori (es. cordata da tre).

33.3

33.3
66.6

100 Fig. 11.03 Paranco doppio e schema


di funzionamento (a due carrucole)
Emergenze Alpinismo su roccia

Paranco Mezzo Poldo


La forza necessaria al Questo paranco è schematizzato in figura
sollevamento del caduto 11.04. A causa dell’attrito, lo spezzone di corda
mediante paranco Mezzo
Poldo corrisponde quin-
ausiliario con cui si realizza il Mezzo Poldo
di, in assenza totale di non scorre nel moschettone posto in sosta.
attriti, a un quarto del Per questo motivo, anche se si utilizzano tre
peso dell’alpinista, men-
418
tre la quantità di corda moschettoni, il sistema presenta solo due carru-
da recuperare è quattro cole, di tipo mobile (i due moschettoni a valle).
volte maggiore di quanto La forza necessaria al sollevamento del caduto
deve essere sollevato il
compagno. mediante paranco Mezzo Poldo corrisponde
quindi, in teoria (cioè in assenza totale di attri-
ancoraggio
definitivo ti), a un quarto del peso dell’alpinista, mentre
la quantità di corda da recuperare è quattro
piastrina volte maggiore di quanto deve essere sollevato il
bloccante
compagno. Si ha dunque un rapporto 4:1 tra la
lunghezza di corda recuperata e l’innalzamento
spezzone per il Mezzo del compagno. A causa degli attriti, invece, da
Poldo (può essere
anche un tratto della prove condotte dalla CMT del VFG [35], la
corda di cordata)
forza da applicare nel recupero di un peso di 77
daN è di circa 42 daN, mentre scende a circa
recupero
35 daN con una puleggia; in altre parole con
questo paranco e senza pulegge si richiede una
forza circa pari alla metà del peso del caduto.

12,5

12,5

nodo barcaiolo
per bloccare il 25 50
capo dello spez- 25
zone del Mezzo
Poldo
50

100

Fig. 11.04 Paranco Mezzo Poldo


e schema di funzionamento
(a due carrucole)
100
Alpinismo su roccia Emergenze

Paranco Mezzo Poldo


con spezzone ausiliario
Con questo paranco, in
Questo tipo di paranco è illustrato schemati- assenza di attriti, la forza
camente in figura 11.05. Presenta 3 carrucole necessaria al sollevamen-
di tipo mobile, e quindi, in assenza di attriti, to del caduto corrisponde
ad un ottavo del peso
la forza necessaria al sollevamento del caduto dell’alpinista, mentre
corrisponde in teoria ad un ottavo del peso la quantità di corda da 419

dell’alpinista, mentre la quantità di corda da recuperare è otto volte


maggiore di quanto viene
recuperare è otto volte maggiore di quanto sollevato il compagno.
viene sollevato il compagno. Si ha dunque un
rapporto 8:1 tra la lunghezza di corda recupera-
ta e l’innalzamento del compagno. ancoraggio
Da prove condotte dalla CMT del VFG [35], in definitivo

cui è stato considerato l’attrito della corda sul


piastrina
bordo di roccia, per sollevare un peso di 77 daN bloccante
la forza da applicare, usando moschettoni, è di spezzone per
circa 28 daN, mentre diventa di circa 23 daN il Mezzo Poldo
(può essere
con una puleggia: con questo paranco e senza anche un trat-
to della corda
pulegge si richiede quindi una forza circa pari di cordata)

ad un terzo del peso del caduto.


recupero

nodo barcaiolo per bloc-


25 50 care il capo dello spezzo-
25 ne del Mezzo Poldo

50
nodo barcaiolo per
bloccare il capo dello
100 spezzone ausiliario del
Mezzo Poldo

Fig. 11.05 Paranco Mezzo Poldo


100 con spezzone ausiliario e schema
di funzionamento (a tre carrucole)
Emergenze Alpinismo su roccia

Nella tabella seguente sono riassunti i valori


di lunghezza di corda recuperata e delle forze
da applicare (teorici e reali, considerando una
massa di 80 kg) nei tre paranchi.

paranco Mezzo Mezzo Poldo


con spezzone
420
doppio Poldo ausiliario
sollevamento compagno (m) 1 1 1
corda recuperata (m) 3 4 8
sforzo ideale (daN) 26,7 20 10
sforzo reale (daN) 80 43,6 29,1

Sostituzione del mezzo barcaiolo in


sosta
Nelle manovre illustrate di seguito, per potere
mantenere sempre assicurato il compagno in
modo ottimale si deve collegare la corda alla
sosta tramite una piastrina (tipo Gi-Gi) o un
nodo autobloccate (Edi o Cuore). Se inizial-
mente ci si trova nella situazione di avere un
mezzo barcaiolo, come quando si assicura un
primo di cordata, è necessario mettere in atto
A
una serie di manovre per sostituire tale mezzo
barcaiolo con la piastrina o un autobloccante.
Vengono qui descritte due di tali manovre.

Manovra “A”
Supponendo di essere in una situazione iniziale
con triangolo di sosta con moschettone a ghiera
montato sul vertice ed assicurazione al compagno
effettuata con nodo mezzo barcaiolo, si deve:
1) bloccare con asola e controasola la corda di
B cordata, avendo l’accortezza di lasciare almeno
Fig. 11.06 Predisposizione asola 60 cm di asola lasca in uscita dalla controasola;
Alpinismo su roccia Emergenze

2) passare l’asola lasca all’interno del moschet-


tone sul quale è realizzato il mezzo barcaiolo, la
si ricongiunge con se stessa e la si chiude con
un moschettone a ghiera (vedi figura 11.06);
su questo moschettone si inserisce la piastrina ancoraggio
per il recupero (non si impiega il moschettone definitivo

di sosta per poter eseguire più facilmente le 421

sucessive manovre);
3) predisporre sulla corda di cordata che va al
compagno (il più lontano possibile dalla sosta)
un autobloccante (Machard);
4) realizzare con uno spezzone ausiliario un
paranco Mezzo Poldo (vedi figura 11.07).
asole di ancoraggio per la piastrina
ricavate dall'asola residua della contro-
asola di bloccaggio (fig 11.06)

moschettone a ghiera con base larga

piastrina bloccante

moschettone a ghiera con base larga

recupero

nodo barcaiolo con nodino di sicurezza


per bloccare il capo dello spezzone del
Mezzo Poldo

nodo Machard a cui collegare


con un moschettone lo spez-
zone del Mezzo Poldo

Fig. 11.07 Mezzo Poldo


Emergenze Alpinismo su roccia

A questo punto si deve inserire la corda in ten-


sione nella piastrina.
A tal fine:
5) si inizia il recupero fino a quando sul ramo
di corda inizialmente in tensione si crea un
lasco tale da consentirne l’inserimento nella
422 piastrina;
6) si blocca mediante asola di bloccaggio e
controasola lo spezzone del Mezzo Poldo, man-
tenendolo in tensione (vedi figura 11.08);
7) si inserisce la corda recuperata nella piastrina
nella modalità bloccante e si recupera con la
piastrina stessa tutta l’eventuale corda lasca
rimanente; per la massima sicurezza al fine di
impedire che la corda (sopratutto se di diametro
ridotto) possa girare nella piastrina, conviene
agganciare il moschettone a quello di sosta (vedi
figure 2.39 e 8.36);
8) si scioglie infine la contro-asola e l’asola di
bloccaggio dallo spezzone del Mezzo Poldo e si
inizia il recupero vero e proprio.
Ovviamente, se non si ha a disposizione una
piastrina, al suo posto si deve realizzare un nodo
Edi o Cuore.

Manovra “B”
Si propone di seguito una metodologia alterna-
Fig. 11.08 Predisposizione asola
e controasola di bloccaggio tiva che consente di passare indifferentemente
sul Mezzo Poldo dalla situazione di mezzo barcaiolo in sosta a
quella di recupero mediante paranco doppio o
paranco con Mezzo Poldo.
Con riferimento alla figura 11.09 si suppone di
essere in una situazione iniziale con triangolo
di sosta con moschettone a ghiera chiamato “A”
montato sul vertice ed assicurazione al compa-
gno effettuata con nodo mezzo barcaiolo.
Alpinismo su roccia Emergenze

Da questa situazione, con il compagno appeso


alla corda, procedere come segue:
1) realizzare l’asola di bloccaggio e contro
asola di sicurezza sulla corda di cordata (figura
11.09);
2) su uno dei punti di ancoraggio del triangolo
(quello ritenuto più sicuro, nel dubbio rinforza- 423

re) montare un moschettone a ghiera “B”;


3) sul ramo in tensione della corda di cordata
montare un nodo autobloccante;
4) per mezzo di un moschettone collegare il
nodo autobloccante ad un cordino che a sua
volta va bloccato al moschettone “B” con nodo
mezzo barcaiolo, asola di bloccaggio e controa-
sola di sicurezza (figura 11.10); Fig. 11.09 Asola e contro-asola

5) mettere in tensione il cordino collegato ten-


dendo il nodo autobloccante;
6) inserire nel vertice del triangolo un secondo
moschettone a ghiera “C” in parallelo a quello
esistente “A”;
7) inserire la piastrina (ad es. Gi-Gi) nel
moschettone “C”;
8) inserire nella piastrina il ramo scarico della
corda di cordata in uscita dalla contro asola.
La corda deve essere inserita nella piastrina in
modo che si blocchi quando la trazione avviene
dal lato della contro asola;
9) per aumentare la sicurezza della manovra,
realizzare un’asola auto-sciogliente sul lato lasco Fig. 11.10 Predisposizione autobloccante
e cordino ausiliario
della corda di cordata in uscita dalla piastrina
(figura 11.11);
10) sciogliere la contro asola e l’asola di bloc-
caggio fatte sulla corda di cordata e operando
sul nodo mezzo barcaiolo trasferire il peso del
compagno dal moschettone “A” al sistema
costituito dal moschettone “B” e cordino con
Emergenze Alpinismo su roccia

nodo autobloccante (figura 11.12);


11) per sicurezza recuperare nella piastrina parte
della corda che prima era impiegata nell’asola di
bloccaggio e nella contro asola;
12) il moschettone “A” ora è scarico per cui
è possibile aprirlo per togliere il nodo mezzo
424 barcaiolo e per rimuoverlo;
13) recuperare e tensionare sulla piastrina tutta
la corda di cordata lasca controllandone il
bloccaggio;
14) togliere l’asola auto-sciogliente di sicurezza
(figura 11.13);
15) sciogliere sul moschettone “B” la contro
asola e l’asola di bloccaggio fatte sul cordino e
operando sul nodo mezzo barcaiolo trasferire il
peso del compagno dal nodo autobloccante al
moschettone “C” con piastrina;
16) scollegare il nodo autobloccante dal cordi-
no; il nodo autobloccante con relativo moschet-
tone è quindi già predisposto per la preparazio-
ne di un paranco (figura 11.14).

Fig. 11.11 Inserimento moschettone "C" e piastrina Fig. 11.12 Trasferimento del carico sul cordino ausiliario
Alpinismo su roccia Emergenze

425

Fig. 11.13 Predisposizione della piastrina Fig. 11.14 Trasferimento del carico sulla piastrina

L’assetto ora è il seguente: il compagno appeso


è assicurato al vertice del triangolo di sosta
per mezzo della piastrina montata tramite il
moschettone “C”.
Questa disposizione permette quindi di poter
eseguire indifferentemente uno o l’altro dei
paranchi precedentemente sopra indicati (figu-
re 11.15 e 11.16), utilizzando il nodo auto-
bloccante, predisposto precedentemente sulla
corda di cordata.
Inoltre, dato che la piastrina viene inserita
direttamente nel moschettone “C” al verti-
ce della sosta, si consideri che si guadagna,
rispetto ad altre tecniche, spazio utile per le
manovre.
Emergenze Alpinismo su roccia

426

Fig. 11.15 Realizzazione del paranco a doppia carrucola

E' importante ricordare


che usando la piastrina
con una corda sottile,
essa può ruotare all'in-
terno della finestrella tra-
sformando il sistema da
autobloccante meccanico
a discensore, con le pos-
sibili gravi conseguenze
che ne potrebbero deri-
vare.
Per evitare l'inconvenien-
te si può agganciare il
moschettone della piastri-
na attorno al quale passa
la corda al moschettone a
cui è appesa la piastrina
stessa (vedi cap. 2 e 8).

Fig. 11.16 Realizzazione del paranco mezzo Poldo


Alpinismo su roccia Emergenze

RECUPERO DEL
COMPAGNO ALLA SOSTA
Si illustrano ora le manovre che si possono
applicare nel caso in cui il primo debba recu-
perare un compagno verso la sosta in cui già ci 427
si trova. E’ il caso ad esempio in cui il secondo L’uso della piastrina,
di cordata non riesce a superare un tratto di oltre ad essere comodo
salita, per difficoltà tecnica o per altri motivi. nel recupero del o dei
secondi, agevola molto le
Si presuppone che il primo di cordata, in sosta, eventuali operazioni di
stia recuperando il secondo (o i secondi) con soccorso.
mezzo barcaiolo o, ancora meglio, con piastri-
na. L’uso della piastrina, oltre ad essere comodo
nel recupero del o dei secondi, agevola molto le
eventuali operazioni di soccorso.
La decisione di effettuare il recupero deve
comunque tener sempre conto dei possibili
rinvii ancora collegati alla corda che, se non
vengono tolti dal compagno, le impediscono la
realizzazione a meno che il primo di cordata o
chi per esso, non si cali per toglierli.
Sono possibili quattro soluzioni diverse.

Paranco semplice o con rinvio al


compagno
Anche se su roccia questa manovra trova poca
possibilità di applicazione ed è di limitata uti- Questa manovra trova
poca possibilità di appli-
lità, è una manovra di base molto semplice da
cazione ed è di limitata
realizzare e per questo motivo viene qui descrit- utilità; è però una mano-
ta. Per eseguirla è necessario innanzi tutto che il vra di base molto sem-
plice da realizzare e per
primo di cordata, in sosta, blocchi la corda che questo motivo viene qui
va al compagno con asola e controasola di sicu- descritta.
rezza. Deve quindi calare al compagno un’ansa
di corda con un moschettone a ghiera.
Il secondo deve collegare questo moschettone
Emergenze Alpinismo su roccia

alla propria imbracatura; è anche opportuno


che predisponga, sul ramo di corda in tensio-
ne, un autobloccante che deve essere collegato
con un altro moschettone a ghiera alla propria
imbracatura e che verrà utilizzato come sicu-
Con questa tecnica di rezza durante la risalita. Il primo inizia a recu-
428 recupero, il primo deve perare tirando il capo di corda libera che viene
in generale esercitare una
forza molto elevata, pari, dal compagno, il quale può collaborare alla
in assenza di attriti, a manovra sia trazionando il ramo di corda del
circa la metà del peso paranco che scende dalla sosta, sia arrampican-
del compagno. E’ quindi
una manovra di scarso do (e quindi alleggerendo il carico). Il secondo,
interesse in roccia e trova salendo, avrà cura di fare scorrere l’autobloccan-
più applicazione su neve te sulla corda bloccata in sosta.
e ghiaccio.
Con questa tecnica di recupero, il primo deve
in generale esercitare una forza molto elevata
pari, in assenza di attriti, a circa la metà del peso
del compagno. E’ quindi una manovra di scarso
interesse in roccia e trova più applicazione su
neve e ghiaccio [12]. Si noti anche che questa
manovra è applicabile solamente se il secondo
si trova ad una distanza dalla sosta al massimo
pari ad un terzo della lunghezza della corda di
cordata (es. 18-20 m con una corda di 60 m).

Queste manovre sono Paranco doppio


molto facili da realizzare Nel caso in cui il compagno possa arrampicare,
se chi è in sosta utilizza ma non si sente sicuro e risulta quindi oppor-
la piastrina per il recu-
pero del secondo, risul- tuno aiutarlo nei tratti più impegnativi, può
tano invece un poco più convenire aiutarlo attuando un paranco dop-
complesse se si utilizza il pio. Ovviamente, nel caso servisse diminuire
mezzo barcaiolo.
ulteriormente lo sforzo di recupero, si potrà
adottare un paranco con Mezzo Poldo (vedi
cap. 3), o anche un Mezzo Poldo con spezzone
ausiliario, descritti nel seguito.
Come già fatto notare, queste manovre sono
molto facili da realizzare se chi è in sosta utilizza
Alpinismo su roccia Emergenze

la piastrina per il recupero del secondo, risulta-


no invece un poco più complesse se si utilizza il
mezzo barcaiolo (si veda precedente paragrafo
“Sostituzione del mezzo barcaiolo in sosta”).
Nel caso di piastrina, il paranco doppio è
molto facile da eseguire (figura 11.15):
1) dopo avere bloccato la corda di cordata con 429

asola e controasola sul ramo lasco, per garan-


tire l’assicurazione durante la preparazione del
paranco si predispone sul ramo che va al com-
pagno (il più lontano possibile dalla sosta) un
autobloccante (Machard) con moschettone;
2) si fa passare la corda lasca che esce dalla
piastrina nel moschettone collegato all’auto-
bloccante;
3) dopo avere sciolto l’asola e controasola, si
recupera verso l’alto la corda di cordata che sale
dal moschettone dell’autobloccante, recupe- Fig. 11.15 Paranco a doppia carrucola
rando di conseguenza il compagno: il fatto che
la corda sia inserita nella piastrina impedisce di
perdere la corda recuperata;
4) quando l’autobloccante si trova troppo
vicino alla sosta, impedendo il recupero, lo si
allontana facendolo scorrere verso il basso sulla
corda tesa.

Paranco di recupero “Mezzo Poldo”


Se, a causa di attriti o di peso notevole, non si
riesce a recuperare il compagno con il paranco
semplice o doppio, si può utilizzare il paranco
con “Mezzo Poldo”, che necessita nel recupero
di una forza idealmente pari ad un quarto del
peso del caduto, mentre la lunghezza di corda
da recuperare è quattro volte maggiore di quan-
to deve essere sollevato il compagno.
Emergenze Alpinismo su roccia

Questa manovra richiede:


- uno spazio minimo per la manovra di circa
1,20 m;
- una piastrina bloccante oppure nodo Edi o
nodo Cuore;
- n° 5 moschettoni (meglio se a base larga);
430 - n° 1 cordino per autobloccante Machard;
- n° 1 spezzone di cordino per la realizzazione
del paranco (si può utilizzare anche l’altra estre-
mità della corda);
- una eventuale puleggia da inserire nel
moschettone sul ramo di corda recuperato dal
soccorritore (lo sforzo si riduce del 18%).

Si suppone di partire da una situazione di


corda bloccata in sosta che passa entro una
piastrina (se si stava utilizzando un mezzo
barcaiolo, si veda il paragrafo “Sostituzione del
mezzo barcaiolo in sosta”).
C Da questa situazione:
1) Si predispone sulla corda tesa, più lontano
possibile dalla sosta, un Machard con moschet-
tone (A). Si passa poi a realizzare il Mezzo
Poldo con uno spezzone di corda lungo m 3
circa, di Ø 8-9 mm. Si può anche utilizzare
B a questo scopo l’altra estremità della corda
(ovviamente, autoassicurandosi in ogni caso!).
2) Ad una estremità dello spezzone si collega
A un moschettone (B) mediante un barcaiolo
con nodo di sicurezza e lo si passa dentro il
moschettone del Machard a valle (A).
3) Si risale alla sosta, si inserisce un moschet-
tone nel foro libero della piastrina (C), o lo
si collega alla sosta e vi si passa lo spezzone.
Fig. 11.16 Realizzazione del paranco Nota: lo spezzone potrebbe anche essere infi-
“Mezzo Poldo”
lato direttamente dentro il foro della piastrina,
Alpinismo su roccia Emergenze

con risparmio di un moschettone e di spazio


necessario per la manovra.
4) L’altro capo dello spezzone, ancora libero,
viene infine infilato nel moschettone collegato
allo spezzone stesso (B), completando così il
Mezzo Poldo (figura 11.16).
A questo punto, si inizia il recupero, tirando 431

verso l’alto il capo libero del Mezzo Poldo ed


aiutandosi eventualmente con i muscoli delle
gambe (si assume, se possibile, la posizione
della “sicura a spalla”). Per garantire che il
compagno sia sempre in sicurezza, ad ogni
fase di trazione si deve anche recuperare l’ansa
che si forma nella corda principale, facendola
scorrere entro la piastrina. Dopo ogni fine
corsa si abbassa il bloccante e si riprende così
in successione la manovra fino a concludere il
recupero.

Paranco di recupero “Mezzo Poldo”


con spezzone ausiliario
E’ questa una manovra che permette un’ulterio-
re riduzione del peso da sollevare ed è allo stes-
so tempo di grande praticità. Immediatamente Questa è una manovra
dopo la caduta del compagno, si deve bloccare che permette un’ulterio-
re riduzione del peso da
la corda con asola di bloccaggio e controasola sollevare ed è allo stesso
di sicurezza. Se si utilizza un mezzo barcaiolo, tempo di grande prati-
lo si deve sostituire con una piastrina (o auto- cità.

bloccante Edi o Cuore), come già illustrato in


precedenza.
A questo punto la situazione è di avere una
piastrina in sosta, con corda bloccata con asola
e controasola:
1) Si aggancia un moschettone alla sosta e,
utilizzando uno spezzone di corda di m 3,
si costruiscono due nodi barcaioli con nodi
Emergenze Alpinismo su roccia

di sicurezza: uno sul moschettone appena


agganciato alla sosta, l’altro su di un secondo
moschettone collegato all’estremità opposta
dello spezzone.
2) Si predispone sulla corda tesa un autobloc-
cante Machard con moschettone e vi si fa pas-
432 sare lo spezzone, a scorrere (1° paranco).
3) A questo punto si costruisce il paranco
Mezzo Poldo, come descritto in precedenza,
utilizzando come moschettone a valle, non
quello collegato direttamente al Machard, ma
quello dello spezzone ausiliario (figura 11.17).
4) Si inizia la manovra di recupero con trazione
verso l’alto; dopo ogni fase di recupero si deve
abbassare spezzone e mezzo Poldo e recuperare
la corda sulla piastrina; si devono ripetere que-
ste operazioni fino a concludere la manovra di
recupero.

PIASTRINA
BLOCCANTE

RECUPERO

Nodi barcaiolo con nodini


di sicurezza per bloccare
il capo dello spezzone
ausiliario e del Mezzo Poldo
Fig. 11.17 Realizzazione del paranco
“Mezzo Poldo” con spezzone ausiliario
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CALATA DEL COMPAGNO


Compagno in grado di collaborare -
calata controllata dall’alto
Può capitare, per questioni di rapidità o altro,
di dover calare il secondo con un mezzo bar-
433
caiolo, controllandone quindi la discesa dal-
l’alto. Questo può succedere, per esempio, se si
devono predisporre corde doppie in particolari Se si devono predisporre
condizioni (es. con forte vento, con molta vege- corde doppie in partico-
lari condizioni, oppure se
tazione o se non si ha la certezza di trovare un il secondo non riesce in
punto di sosta a valle), oppure se il secondo nessun modo a risalire
non riesce in nessun modo a risalire e si decide e si decide di scendere
dalla parete, o in altri
di scendere dalla parete o in altri casi analoghi. casi analoghi si esegue
Vengono di seguito descritti tre casi di esecuzio- la manovra di calata del
compagno controllata
ne di questa manovra.
dall'alto.

1) La situazione più semplice è quella in cui si


deve eseguire questa manovra durante la salita
del secondo, che quindi non è ancora giunto
in sosta, e lo si sta recuperando con mezzo
barcaiolo.
In questo caso, il primo blocca momentanea-
mente la corda in sosta con asola e controasola;
predispone sulla corda che va al compagno, a
valle del mezzo barcaiolo, un nodo autobloc-
cante (es. Machard) e lo collega ad un cordino
di diametro 7-8 mm fissato in sosta con mezzo
barcaiolo, asola e controasola.
A questo punto, si scioglie l’asola e la controa-
sola sulla corda di cordata e si inizia la calata,
controllando attentamente la velocità di disce-
sa, utilizzando l’autobloccante come sicurezza.
Quando il compagno giunge alla sosta a valle,
vi si autoassicurerà e il primo potrà predisporsi
Emergenze Alpinismo su roccia

per la calata in corda doppia (le modalità di


allestimento e di discesa di una corda doppia
sono illustrate in dettaglio nel capitolo 7).
2) Una variante a questa manovra si applica
nel caso in cui il primo utilizzi, per il recupero
del secondo, una piastrina al posto del mezzo
434 barcaiolo. In questo caso per potere eseguire
Una variante a questa la manovra si deve sostituire la piastrina con il
manovra si applica nel mezzo barcaiolo.
caso in cui il primo uti-
lizzi, per il recupero del A questo scopo, una volta bloccata la corda di
secondo, una piastrina al cordata con asola e controasola, il primo predi-
posto del mezzo barcaio- spone come nel caso precedente l’autobloccan-
lo. In questo caso per
potere eseguire la mano- te collegato in sosta con spezzone di cordino e
vra si deve sostituire la mezzo barcaiolo, asola e controasola. Sblocca
piastrina con il mezzo
la corda di cordata, sfilandone un mezzo metro
barcaiolo.
circa dalla piastrina (il compagno è tenuto
in questa fase dal nodo autobloccante) e crea
su questa un’asolina autosciogliente (figura
11.18); nel caso di scivolamento della corda
l'asolina si bloccherebbe contro l’autobloccante
impedendo che la corda di cordata possa "scap-
pare" attraverso la piastrina. Il primo libera
quindi la corda dalla piastrina, predispone con
moschettone a ghiera un mezzo barcaiolo e
blocca nuovamente la corda con asola e con-
troasola. Scioglie l’asolina autosciogliente e
rimette in tensione la corda, agendo sul nodo
Fig. 11.18 Asolina autosciogliente autobloccante o eventualmente sullo spezzone
di cordino. Si è ora nella stessa situazione del
punto precedente.
3) Se il primo e il secondo sono insieme alla
sosta, questa manovra ha senso per facilitare la
predisposizione di una corda doppia. Chi viene
calato si deve legare normalmente ad un capo
di corda (o ai due capi di corda).
Alpinismo su roccia Emergenze

Su questa si predispone un mezzo barcaiolo in


sosta e a valle di questo l’autobloccante colle-
gato come nel caso precedente. Chi rimane in
sosta sarà autoassicurato con una longe (se si è
gia predisposto per la discesa in corda doppia)
o normalmente con la corda di cordata collega-
ta alla sosta con nodo barcaiolo. 435

La calata avviene come già descritto.

Compagno in grado di collaborare -


corda doppia regolata dal basso
Se il compagno è ferito agli arti superiori ed
è in grado di usare gli arti inferiori, lo si può
calare con corda doppia regolata dal basso Questa manovra può
(le discese in corda doppia sono illustrate nel essere eseguita solo se
cap. 7). Si noti che questa manovra può essere inizialmente i due com-
pagni si trovano alla stes-
eseguita solo se inizialmente i due compagni si sa sosta.
trovano alla stessa sosta.
Da questa situazione:
1) Il soccorritore, mantenendosi sempre autoas-
sicurato alla sosta, allestisce una corda doppia
e collega ad essa il ferito con un freno (cioè
una piastrina, un robot, ecc.) ma senza auto-
bloccante.
2) Il soccorritore si prepara e scende sulla
stessa corda con discensore e autobloccante
(Machard) di sicurezza fino alla sosta successi-
va, avendo l’accortezza di mantenere sempre la
corda doppia tesa (in questo modo si impedi-
sce, di fatto, la discesa del compagno).
3) Giunto alla sosta successiva, il soccorri-
tore prima si autoassicura e quindi toglie il
discensore, lasciando collegato il Machard di
sicurezza.
4) Comunica al compagno ferito di tenersi
Emergenze Alpinismo su roccia

pronto alla manovra; il ferito inizia la discesa,


assumendo una posizione di “camminata a
ritroso”, tenendosi a distanza dalla parete.
Il soccorritore, dal basso, regola la velocità di
discesa del compagno mediante la tensione
sulla corda (se questa è tesa, la discesa viene
436 fermata).

La regolazione della disce- La regolazione della discesa del compagno è


sa del compagno è una
manovra di grande sensi- una manovra di grande sensibilità: si consiglia
bilità: si consiglia perciò perciò di esercitarsi spesso. La trazione è con-
di esercitarsi spesso.
dizionata dal tipo di freno che viene usato, che
verrà scelto in base al peso della persona da
calare e dal tipo di corda (diametri diversi o
corde più o meno rigide).

Compagno non in grado di collabo-


A
rare - corda doppia con ferito
Se il compagno ferito non è in grado di usare
gli arti inferiori e quindi non è in grado di
scendere da solo, si dovranno realizzare delle
S corde doppie scendendo con il ferito posto
F
davanti e portato “in braccio” dal soccorri-
tore.
Questa manovra è tanto più efficace quanto
B più la parete è verticale. Nel caso di pareti
appoggiate, potrebbe risultare molto diffi-
coltoso o addirittura impossibile scendere
con questa tecnica e si dovrà adottare un’al-
tra manovra (calata del ferito).
S F La sequenza operativa è la seguente:
1) Sulla corda doppia si predispone un
freno (piastrina, robot, moschettoni, ecc.)
e lo si collega, tramite un moschettone a
ghiera, all’imbracatura del ferito (F).
Alpinismo su roccia Emergenze

2) Il soccorritore (S) si autoassicura alla corda C


doppia (a valle del freno) con un autobloc-
cante.
3) Utilizzando un cordino lungo m 2-2,5 di
diametro adeguato, si realizza all’imbracatura
del ferito un nodo delle guide con frizione;
con l’altra estremità del cordino si collegano le 437

due imbracature, infilando il cordino per più


giri nelle due asole delle stesse, regolandone la
distanza, e chiudendolo successivamente con
un asola di bloccaggio e controasola (figura
11.19).
4) Il soccorritore sistema di traverso il ferito
davanti a se ed inizia la calata regolando la velo-
cità di discesa con l’autobloccante sulla corda
doppia (figura 11.20). F
S
Durante la discesa, il soccorritore deve prestare Fig. 11.19 a-b-c
attenzione ad individuare attentamente un Collegamento delle due imbracature e del freno

punto idoneo a creare un nuovo ancoraggio:

A) in un punto comodo (terrazzino), per sosta-


re in attesa dell’intervento del Soccorso Alpino
o per proseguire la calata in coppia con il siste-
ma a corda doppia;
B) in parete, per proseguire la calata in coppia
con il sistema a corda doppia fino al primo
posto comodo.

Nel primo caso (A - individuazione di un


terrazzino), proseguire la calata fino ad esso;
svincolarsi dall’infortunato ed adagiarlo a terra.
Quindi, rimanendo vincolati alla corda di
cordata e allo spezzone del ferito, predispor-
re un nuovo ancoraggio per l’assicurazione
Fig. 11.20 Manovra di discesa
dell’infortunato e del soccorritore; riprendere
Emergenze Alpinismo su roccia

eventualmente la calata.
Nel secondo caso (B - individuazione di un
punto in parete), proseguire fino a breve distan-
za da esso. Svincolarsi dall’infortunato lasciando
lo spezzone utilizzato per il collegamento a
pendere verso il basso. Rimanendo appeso alla
438 Rimanendo appeso alla corda di cordata e quindi mantenendola tesa
corda di cordata e quindi
mantenendola tesa per
per evitare che l’infortunato possa scendere, si
evitare che l’infortunato deve attrezzare la nuova sosta, operazione che
possa scendere, si deve potrebbe in queste condizioni risultare alquanto
attrezzare la nuova sosta,
operazione che potreb- difficoltosa. Si vincola lo spezzone, già utilizzato
be in queste condizioni per il collegamento, ad uno degli ancoraggi
risultare alquanto diffi- della sosta mediante mezzo barcaiolo. Con
coltosa.
azione combinata di calata mediante discensore
(alleggerendo la tensione sulla corda) e recupe-
ro mediante spezzone con mezzo barcaiolo, il
soccorritore recupera l’infortunato il più vicino
possibile all’ancoraggio e lo autoassicura infine
con asola di bloccaggio e controasola (figura
11.21). Il soccorritore provvederà quindi ad
autoassicurarsi, procederà con il recupero delle
corde e ripeterà la manovra sopra esposta fino
alla base della parete.

F
nuova sosta per successiva discesa

Fig. 11.21 Manovra di discesa


Alpinismo su roccia Emergenze

Compagno non in grado di collabo-


rare - calata con giunzione di corde
(doppia piastrina o freno moschettone)
La calata con la giunzione di corde è possibile
se si dispone ovviamente di almeno due corde
idonee. La manovra che richiede buone capacità
tecniche, permette di calare il ferito abbastanza 439

velocemente (a condizione che non sia grave); Questa manovra richiede


sarebbe inoltre auspicabile la preventiva cono- buone capacità tecniche;
sarebbe inoltre auspicabi-
scenza della parete. le la preventiva conoscen-
Se la cordata è composta da due soli alpinisti ed za della parete.
uno si ferisce (in modo lieve), si consiglia di adot-
tare questa tecnica esclusivamente per risolvere un
unico tratto (ad esempio se la cordata si trova o a
80-90 m da terra o da una cengia che permetta
un rientro più agevole).
Per intraprendere invece lunghe calate, quindi
più giunzioni, oltre al ferito devono essere presenti
almeno altre due persone (operatore e soccorrito- Per intraprendere lunghe
re). Si noti che in questa manovra può convenire calate, quindi con più
giunzioni, oltre al ferito
in generale realizzare, ove possibile, soste di tipo devono essere presenti
“statico” (direzionali), in quanto offrono miglio- almeno altre due persone
ri garanzie di sicurezza nel caso di fuoriuscita di (operatore e soccorrito-
re).
uno degli ancoraggi o rotture del cordino con
cui sono realizzate (caduta sassi, ecc.).
La sequenza operativa è la seguente:
1) L’infortunato viene legato ad un capo della
corda direttamente all’imbracatura con il nodo
a Otto.
2) Se vi sono tre persone, il soccorritore, che
verrà calato dall’operatore assieme al ferito, pre-
dispone un’asola sulla corda di calata, un metro
circa a monte del ferito, e si collega a questa con
una longe regolabile (es. con barcaiolo e nodino
di sicurezza).
Emergenze Alpinismo su roccia

3) ) Il ferito verrà poi caricato sulle spalle per


l’operazione di discesa, utilizzando una
fettuccia o un cordino di lunghezza adeguata.
Si noti che la discesa risulterà meno difficoltosa
se i rami che collegano il ferito e il soccorritore
alla corda di calata sono di lunghezza opportu-
440 na (regolabile mediante la longe).
Nel caso di più calate consecutive, è opportuno
La discesa risulterà meno che il soccorritore si colleghi al ferito anche
difficoltosa se i rami che mediante un cordino di lunghezza adeguata
collegano il ferito e il
soccorritore alla corda di
(2-2,5 m) e diametro almeno di 7 mm, fissato
calata sono di lunghez- da un lato con nodo ad Otto all’imbracatura
za opportuna (regolabili del ferito e dall’altro alla propria. Questo cor-
mediante la longe).
dino servirà per assicurare il ferito alle soste
successive.
4) L’operatore (che rimane in sosta) prepara
sulla stessa corda il freno di calata (meglio dop-
pia piastrina, oppure doppio freno moschetto-
ne o altro…) che va scelto in base alla sezione
delle corde e al peso della persona (o delle
persone) da calare; realizza poi a valle del freno
un bloccante di sicurezza (bellunese - vedi
cap. 3) con un capo di cordino di Ø 7-8 mm
La calata del ferito è con- lungo m 2,5-3 (o ancora meglio con un capo
trollata con entrambe le
mani ed il controllo del della seconda corda) collegato alla sosta con un
bloccante di sicurezza va moschettone a ghiera, mezzo barcaiolo, asola
fatto con la coscia o il
di bloccaggio e controasola. È preferibile effet-
piede.
tuare questo ultimo collegamento su un anello
di corda per spostare il mezzo barcaiolo dello
spezzone di sicurezza.
5) Dovendo effettuare una calata lunga, convie-
ne collegare sin dall’inizio le due corde insieme
con nodo delle guide galleggiante, lasciando
30-35 cm di corda lasca, e predisporre anche
un nodino di sicurezza al termine della seconda
Alpinismo su roccia Emergenze

Fig. 11.22 Giunzione di corda


con passaggio dei nodi - fase 1

SOSTA FISSA
(statica-metodo soccorso) 441
anello di corda per
spostare il "mezzo
barcaiolo" dello
spezzone di sicurezza

calata con freno a


"doppia piastrina"

nodo di giunzione per


nodo di giunzione corde di calata "guide
"doppio inglese" galleggiante"

spezzone di sicurezza
con "mezzo barcaiolo",
asola di bloccaggio e
controasola
lunghezza minima dei
capi liberi=30-35 cm

nodo di sicuezza in
nodo autobloccante "bellunese" fondo al capo della
corda
Emergenze Alpinismo su roccia

corda ( figura 11.22).


6) La calata del ferito è controllata con entram-
be le mani ed il controllo del bloccante di sicu-
rezza va fatto con la coscia o il piede.
Terminata la corda, l’operatore si prepara alla
manovra di passaggio del nodo di giunzione.
442 7) Quando la corda di calata sta per finire (si
deve lasciare circa 1 m a monte del freno di
calata) si mette in azione l’autobloccante: in
questo modo si scarica il peso del ferito sul ramo
di corda ausiliario.
8) Si fa scorrere un tratto di corda attraverso il
freno di calata e, a monte dell’autobloccante, si
effettua sulla corda una asolina autosciogliente
Per impedire lo sciogli- di sicurezza che, bloccandosi contro l’autobloc-
mento accidentale della
asolina autosciogliente si
cante, impedirebbe in ogni caso lo scorrimento
può inserire un moschet- della corda - per impedire lo scioglimento acci-
tone nella stessa e nella dentale della asolina si può inserire un moschet-
relativa corda.
tone nella stessa e nella relativa corda.
9) Si deve ora far passare il nodo di giunzione
attraverso il freno. Nel caso di piastrine, la
manovra è molto rapida: si toglie dapprima la
corda dalla piastrina a monte e la si reinserisce
avendo spostato il nodo a valle della stessa (figu-
ra 11.23); successivamente si ripete la manovra
anche con la piastrina a valle.
10) A questo punto, il nodo di giunzione si
trova a valle del freno di calata, ma a monte
del nodo autobloccante che in questa fase è in
trazione.
11) Si deve ora realizzare, sulla corda a monte
del freno di calata, una seconda asolina auto-
sciogliente che impedisca lo scorrimento della
corda bloccandosi contro la piastrina (figura
11.24). Conviene anche, a maggior sicurezza,
realizzare un Machard sulla corda a monte del
Alpinismo su roccia Emergenze

Fig. 11.23 Giunzione di corda


con passaggio dei nodi - fase 2

443

passaggio del nodo di giunzione


attraverso la prima piastrina

nodo di giunzione "galleggiante"

corda di calata allentata


spezzone di sicurezza per poter far passare il
con nodo "bellunese", nodo dalla prima piastrina
in tensione per poter
scaricare ed allentare la
corda di calata
asolina autosciogliente
di protezione, per evitare
la corda di calata possa
passare attraverso il nodo
"bellunese"
Emergenze Alpinismo su roccia

Fig. 11.24 Giunzione di corda


con passaggio dei nodi - fase 3

444

asolina autosciogliente di
protezione, per evitare che
la corda di calata possa
scappare attraverso i freni

nodo di giunzione "galleggiante",


fatto passare attraverso le due
piastrine che compongono il freno
spezzone di sicurezza di calata
con nodo "bellunese",
in tensione per poter
scaricare ed allentare la
corda di calata

corde lasche per


permettere la manovra
di passaggio del nodo
di giunzione

asolina di protezione,
per evitare che la corda
di calata possa scorrere
attraverso il nodo
"bellunese"
Alpinismo su roccia Emergenze

freno e collegarlo alla propria imbracatura (serve


a gestire meglio la corda di calata). In alternativa
alla asolina autosciogliente, si può realizzare una Conviene anche, a mag-
asola e controasola con la corda di calata. gior sicurezza, realizzare
un Machard sulla corda
12) Si scioglie l’asolina autosciogliente a valle del a monte del freno e colle-
freno (cioè la prima che si era realizzata). garlo alla propria imbra-
catura: serve a gestire
13) A questo punto si deve agire sullo spez- 445
meglio la corda di calata.
zone ausiliario, che in tutte queste manovre
sosteneva il carico del compagno. Si scioglie la
controasola e l’asola di sicurezza dello spezzone
e, con attenzione, si cala il compagno mediante
il mezzo barcaiolo fino a quando entra in ten-
sione nuovamente la corda di cordata (è molto
importante per questa manovra avere uno spez-
zone di lunghezza adeguata!). In questa fase la
corda di calata è tenuta in sicurezza dall’asolina
autosciogliente a monte delle piastrine (vedi
figura 11.25) o dall’asola e controasola.
Nel primo caso - asolina autosciogliente - per
poter procedere in sicurezza nella calata, si deve
bloccare nuovamente lo spezzone ausiliario con
asola e controasola (vedi riquadro fig. 11.25).
A questo punto, per spostare il nodo autobloc-
cante bellunese a monte del nodo di giunzione,
bisogna prima sciogliere l’asolina autoscioglien-
te a monte del freno (cioè la seconda che si era
realizzata) e quindi bloccare la corda di calata
con asola e controasola (vedi fig. 11.26). È pos-
sibile ora sciogliere la controasola e l’asola dello
spezzone ausiliario, sciogliere il nodo bellunese
e ricomporlo infine a monte del nodo di giun-
zione delle corde.
Nel secondo caso - asola e controasola sulla
corda di calata - basta invece sciogliere il nodo
bellunese e ricomporlo a monte del nodo di
giunzione delle corde (vedi figura 11.26).
Emergenze Alpinismo su roccia

446

Il nodo di giunzione "galleggian-


asolina di protezione per evita-
*
te" , deve essere recuperato il
re che la corda di calata possa
più possibile vicino alle piastrine.
per errore, scappare attraverso il
Questo per poter risparmiare più
freno a "doppia piastrina"
spazio possibile e mettere in cari-
co la corda di calata il più presto
possibile.

asola e controasola di bloc-


caggio, vengono sciolte per *
far scorrere lentamente lo
spezzone di sicurezza con il
nodo "bellunese", mediante
l'azione frenante del "mezzo
barcaiolo" sino al punto ove
la corda di calata entrerà in
tensione (in carico)

il nodo "bellunese" deve avere lo spa-


zio sufficiente per potersi muovere
verso il basso, in modo da mettere
poi in carico la corda di calata

Fig. 11.25 Giunzione di corda


con passaggio dei nodi - fase 4
Alpinismo su roccia Emergenze

447
La corda di calata va governa-
ta e tenuta opportunamente;
in caso di necessità è consi-
Lo spezzone di sicurezza con gliabile inserire un bloccante
il nodo "bellunese" va fatto "Machard" collegato all'imbra-
scorrere lentamente mediante catura.
nodo "mezzo barcaiolo", finchè
il carico non è passato comple-
tamente sulla corda di calata
che nel frattempo è andata gra-
dualmente in tensione.
Dopo di che, la fase successiva
vedrà sciogliere il nodo "bel-
lunese" per poi ricostruirlo a
monte del "nodo di giunzione"
galleggiante.

Fig. 11.26 Giunzione di corda


con passaggio dei nodi - fase 5
Emergenze Alpinismo su roccia

14) Dopo aver sciolto la controasola e l’asola


sulla corda di calata, si è ora pronti a riprendere
la discesa fino alla fine della corda.
Una volta terminata la calata, il compagno a
valle si autoassicura alla sosta successiva (o, se
si è in tre, provvede il soccorritore che scende
448 con il ferito). L’operatore infine si cala in corda
doppia (normalmente dovrà per questo prima
recuperare le corde, a meno di non averne altre
a disposizione) alla sosta dove si trova il ferito
(o il soccorritore con il ferito). Recuperate le
corde, si decide quale tipo di manovra adottare
per le eventuali calate successive.

Compagno non in grado di collabo-


rare - calata con bilancino
Questa manovra va effettuata nel caso in cui
Fig. 11.27a - Calata con bilancino il ferito si trovi sotto il punto di sosta non
oltre la metà della corda e non è in grado di
collaborare. Si tratta di una manovra con la
quale si può scendere al massimo per la metà
della lunghezza della corda a disposizione; si
adotta quindi solamente per ricongiungersi al
compagno ferito e condurlo ad una sosta dalla
quale si possono poi adottare altre manovre
che consentano calate maggiori (e quindi una
maggiore rapidità delle operazioni).
Supponendo di essere in una situazione iniziale
con un mezzo barcaiolo in sosta, si deve dap-
prima effettuare una manovra che consenta di
togliere questo nodo, simile a quanto illustrato
nel paragrafo “Sostituzione del mezzo barcaiolo
in sosta”. A tale fine, si deve realizzare un’asola
di bloccaggio con controasola di sicurezza
(figura 11.27a). E’ anche opportuno rinforzare
la sosta (se ritenuto necessario) o attrezzare una
Fig. 11.27b - Calata con bilancino
Alpinismo su roccia Emergenze

sosta secondaria ad asole indipendenti.


Si costruisce un nodo bloccante bidirezionale
sul ramo di corda che va al compagno (ramo
caricato); si collega l'autobloccante, mediante
un moschettone, ad uno spezzone ausiliario,
lungo m 2,5-3 di opportuno diametro, con
nodo barcaiolo e nodino di sicurezza. Si vincola 449

lo spezzone al punto di derivazione del nuovo


ancoraggio tramite un nodo mezzo barcaiolo,
asola di bloccaggio e controasola di sicurezza;
bisogna avere l'accortezza di portare il più
possibile verso l'alto il nodo autobloccante e di
predisporre il mezzo barcaiolo in posizione di
calata (figura 11.27b).
È anche possibile costruire un bloccante uni-
direzionale (nodo “bellunese”) sulla corda in
tensione utilizzando la parte terminale della
corda di cordata (in questo caso il soccorritore Fig. 11.27c - Calata con bilancino
dovrà assicurarsi alla sosta con una longe).
Si scioglie controasola e asola di bloccaggio
della corda di cordata e gradualmente si cala il
ferito tramite il freno mezzo barcaiolo, man-
dando così in tensione lo spezzone ausiliario.
Si scioglie il mezzo barcaiolo e si passa sempli-
cemente la corda entro un secondo moschetto-
ne a ghiera posto sulle asole chiuse del nuovo
punto di calata (figura 11.27c), ricostruendo
per sicurezza asola e controasola; questo secon-
do moschettone sarà abbandonato alla fine
della manovra.
Il soccorritore si predispone quindi per la calata
fino al compagno in corda doppia usando, sulla
corda lasca, un discensore ed il bloccante di
sicurezza.
Si scioglie l'asola e la controasola di sicurezza
costruita sulla corda, si recupera nel discensore Fig. 11.27d - Calata con bilancino
Emergenze Alpinismo su roccia

quanta corda lasca possibile; si carica con il


proprio peso la corda di cordata in modo da
predisporsi a bilanciare il peso dell'infortunato
(figura11.27d).
Si deve quindi sciogliere controasola e asola
dello spezzone ausiliario e si cala lentamente
450 l'infortunato, mediante il mezzo barcaiolo, fino
a scaricare completamene lo spezzone. Si con-
trobilancia il peso del ferito - questa è una fase
delicata; si recupera lo spezzone e per quanto
possibile il materiale della sosta. È opportuno
realizzare anche un bloccante costruito sull’al-
tra corda, quella del compagno, bloccante che
viene poi agganciato (tramite uno spezzone di
cordino - lunghezza 2 m circa) all’imbracatura
del soccorritore. In questo modo nel caso di
rottura della corda, eventualmente lesionatasi
nel tratto compreso tra l’autobloccante stesso
e il compagno, o nel caso in cui questi si sle-
gasse durante la discesa del soccorritore, tale
collegamento (che determina un anello chiuso)
impedirebbe alla corda di sfilarsi dall’ancorag-
gio. Ciò implica anche un controllo obbligato
da parte del soccorritore sullo stato della corda
nel tratto compreso tra il mezzo barcaiolo e
l'infortunato (figura 11.27e). Si inizia la discesa
Fig. 11.27e - Calata con bilancino
in corda doppia, in contrappeso all'infortuna-
to, accompagnando i due autobloccanti (uno
sul ramo di corda che va all'infortunato e
uno sul ramo del soccorritore). Si continua la
Con la calata con bilan-
cino si può scendere al discesa sino al raggiungimento del compagno
massimo di una lunghez- ferito, portandosi leggermente più in basso
za pari a metà della corda
dello stesso.
a disposizione, ed è quin-
di una manovra che serve Il soccorritore slega dalla propria imbracatura
sostanzialmente a ricon- lo spezzone collegato con l'autobloccante sul
giungere la cordata.
ramo di corda dell'infortunato e tramite un
Alpinismo su roccia Emergenze

nodo delle guide con frizione lo collega all'im-


bracatura dello stesso; elimina quindi l'auto-
bloccante, recuperando cordino e moschetto-
ne. Il soccorritore collega al proprio imbraco
l'infortunato, regolandone la posizione, tra-
mite lo spezzone ausiliario, asola e controasola
(vedi figura 11.19). 451

Si prosegue nella discesa tenendo il ferito


davanti a se (vedi paragrafo “Compagno non
in grado di collaborare - corda doppia con
ferito”), fino ad un punto idoneo che permetta
di attrezzare un’altra sosta per poter proseguire
la calata con una delle altre manovre (calata in
doppia, calata con giunzione, ecc.).
Si sottolinea che con questa manovra si può
scendere al massimo di una lunghezza pari a
metà della corda a disposizione; è quindi una
manovra che serve sostanzialmente a ricon-
giungere la cordata prima di operazioni succes-
sive (o in attesa di soccorso).

Manovra per il ricongiungimento


della cordata
La manovra per il ricon-
E’ questa una manovra particolarmente com- giungimento della corda-
plessa, che richiede di avere ben chiare le opera- ta si deve mettere in atto
zioni da eseguire e la loro corretta sequenza. quando il capo cordata:
- caduto dopo aver più
Si deve mettere in atto quando: volte rinviato, non può
- il primo di cordata, dopo aver rinviato delle collaborare;
- salendo, si è spostato
protezioni, è caduto e non può collaborare;
lateralmente dalla verti-
- il primo, salendo, si è spostato lateralmente cale della sosta ed una
dalla verticale della sosta ed è caduto; in questo volta caduto, anche se si
avesse corda a sufficienza
caso, anche se si avesse corda a sufficienza per per calarlo non si riusci-
calarlo non si riuscirebbe a raggiungerlo. rebbe a raggiungerlo.
Per poter realizzare la manovra è necessario che:
- il secondo di cordata, in sosta, abbia il mate-
riale o riesca a recuperarne a sufficienza per
Emergenze Alpinismo su roccia

attrezzare una sosta (martello, chiodi, nut,


friend,…);
- il secondo sia autoassicurato in sosta (a uno
dei due ancoraggi o al vertice) e assicuri il
compagno al vertice con mezzo barcaiolo (assi-
curazione classica o bilanciata).
452 La manovra è fattibile anche con assicurazione
ventrale e falso rinvio posizionato al vertice,
anche se in questo caso risulta leggermente più
complessa.
La sequenza delle operazioni da eseguire è la
seguente:
In caso di assicurazione classica o bilanciata,
dopo aver trattenuto il volo del compagno, il
secondo blocca il mezzo barcaiolo con asola
e controasola e regola la propria autoassicura-
zione per muoversi liberamente, soprattutto in
caso di assicurazione bilanciata.
In caso di assicurazione ventrale, è presumi-
bile che il secondo sia stato sollevato fino al
falso rinvio posizionato al vertice; è necessario
pertanto portare le corde in carico dal freno
(Tuber) alla sosta per poter mettere poi in atto
Passaggio delle corde in carico le operazioni di soccorso più idonee.
dal Tuber alla sosta.
Nelle foto si è impegata una sola corda
Si deve quindi, senza calare il compagno, ese-
per rendere più chiare le operazioni. guire una asola di bloccaggio e controasola sul
Analogamente la manovra è eseguibile
con due corde.
freno in modo da liberare le mani.
Alpinismo su roccia Emergenze

Si realizza sulla corda in carico un nodo auto-


bloccante e si collega al relativo moschettone,
tramite nodo barcaiolo, uno spezzone di cor-
dino. Lo spezzone va collegato al vertice della
sosta tramite un secondo moschettone, meglio
se a ghiera, eseguendo un mezzo barcaiolo,
asola di bloccaggio e controasola. 453

A questo punto si può mettere in carico lo


spezzone e sfilare la corda di cordata dal Tuber,
sciogliendo controasola e asola di bloccaggio.
Dapprima si scioglie la corda di cordata e si
mette in carico lo spezzone, poi si inserisce al
vertice della sosta un moschettone e si collega
la corda di cordata con mezzo barcaiolo, asola
e controasola di bloccaggio.
Si toglie il Tuber e si recupera l’eccesso di
corda.
Emergenze Alpinismo su roccia

Solo ora l'operatore risulta svincolato dal peso


del compagno; la sequenza operativa sia nel
caso di assicurazione classica o bilanciata sia
ventrale è adesso la seguente:
1. Si valuta la sosta e nel caso la si rinforza.
2. Il secondo si autoassicura con un autobloc-
454 cante bidirezionale sulla corda tesa (Machard o
Prusik), collegandolo all’imbracatura con una
longe già organizzata per la discesa in corda
doppia; scioglie la propria autoassicurazione e
si slega dalla corda di cordata. Ovviamente, la
corda che va al compagno è sempre bloccata
in sosta.
3. Recupera dalla prima sosta il materiale
in eccesso, eventualmente, impiegato nelle
manovre precedentemente illustrate (cordini,
moschettoni, ecc.).
4. Facendo molta attenzione, risale la corda e,
evitando di fare scendere il compagno, ripassa
eventualmente le protezioni.
5. Una volta raggiunta la penultima protezione
Una volta raggiunta la (quella prima di quella che ha tenuto il volo),
penultima protezione valuta se questa è molto distante dall’ultima e,
(quella prima di quella nel caso, salendo posiziona almeno una ulterio-
che ha tenuto il volo),
valuta se questa è molto re protezione intermedia.
distante dall’ultima e, 6. Il secondo, raggiunto il rinvio che ha tenuto
nel caso, salendo posizio-
il volo, deve creare un nuovo punto di sosta;
na almeno una ulteriore
protezione intermedia. posiziona quindi un altro ancoraggio e si auto-
assicura anche su questo. Collega infine tutti
gli ancoraggi con una sosta direzionale.
7. Accoppia al rinvio che ha trattenuto il volo
un moschettone a ghiera collegato al vertice
della sosta appena creata.
8. Sempre al vertice, posiziona due moschetto-
ni a ghiera (uno deve essere a base larga).
Alpinismo su roccia Emergenze

9. Con un cordino sufficientemente lungo


crea, sul ramo di corda che va al compagno, un
Prusik infilato e lo collega - con mezzo barcaio- E' fondamentale che il
Prusik infilato funzioni
lo bloccato con asola e controasola - alla sosta bene ed è quindi necessa-
nel moschettone a base larga; è fondamentale rio eseguire molte spire,
stringendolo e tensionan-
che questo autobloccante funzioni bene ed è
dolo opportunamente.
quindi necessario eseguire molte spire, strin- 455

gendolo e tensionandolo molto bene.


10. Sul ramo della corda che va alla prima
sosta (quella in basso), e a monte del proprio
autobloccante, con un altro cordino si crea un
Machard e lo si inserisce nel secondo moschet-
tone a ghiera. Questo Machard ha il compito
eventuale di bloccare la corda nel caso questa si
dovesse rompere nel tratto che va al compagno
per il danneggiamento causato dal volo (serve
per la sicurezza del secondo e non per quella
del primo che è caduto).
11. Ora, sempre con l’autobloccante ancora
inserito, il secondo deve scendere la corda,
ancora in tensione, fino alla prima sosta.
12. Raggiunta la prima sosta, la smonta e recu-
pera tutto il materiale possibile.
13. Il secondo esegue quindi un nodo delle Il secondo, prima di
risalire assicurato con
guide con frizione a un metro dal capo della un autobloccante, ese-
corda e lo collega all’imbracatura. Questa gue un nodo delle guide
con frizione a un metro
accortezza serve per facilitare il recupero della
dal capo della corda e lo
corda lasca durante la salita, al fine di evitare collega all’imbracatura.
possibili incastri della stessa (vedi punto 16). Questa accortezza serve
per facilitare il recupero
14. La corda non sarà ora più in tiro e, nel caso della corda lasca durante
il secondo non riuscisse ad arrampicare, dovrà la salita, al fine di evita-
risalire la corda utilizzando la tecnica di risalita re possibili incastri della
stessa.
(vedi capitolo 7).
15. Mentre risale, il secondo deve recuperare
la corda all’imbracatura con asole sfalsate, met-
Emergenze Alpinismo su roccia

tendo cioè asole di corda sopra la corda legata in


vita alternativamente a destra e a sinistra.
16. Raggiunto nuovamente il nuovo punto di
sosta, il secondo vi si autoassicura. Ci si trova
ora nella situazione descritta per la manovra
di calata con bilancino (il compagno, ferito, si
456 Nel caso di corda lesio- trova sotto la sosta).
nata, si dovrebbe met- Si procede quindi come già descritto nel para-
tere in atto una serie di
manovre complesse atte grafo “Calata con bilancino”.
a trasferire il compagno 17. Il secondo scioglie il Machard posizionato
dal tratto di corda lesio- nel nuovo punto di sosta.
nata a quello integro.
18. Toglie il rinvio che ha tenuto il volo e si pre-
para per la corda doppia, ovviamente sul ramo
libero della corda.
19. Recupera tutta la corda in eccesso, fino a
creare con il proprio peso un contrappeso al
compagno.
20. Il secondo scioglie l'asola e controasola del
Prusik, trovandosi quindi a sostenere il com-
pagno con il proprio peso; scioglie il mezzo
barcaiolo, recupera il moschettone e collega il
cordino del Prusik alla propria imbracatura; in
questo modo si crea un anello chiuso, che serve
a tutelare il secondo da eventuali rotture della
corda fra il Prusik e il compagno (se, infatti,
questa dovesse rompersi, senza Prusik il secon-
do precipiterebbe). Nel caso di corda lesionata,
si dovrebbe mettere in atto una serie di mano-
vre complesse atte a trasferire il compagno dal
tratto di corda lesionata a quello integro.
21. Il secondo toglie la propria autoassicurazio-
ne e si cala senza fare scendere il compagno; per
riuscirci occorre che presti attenzione e, oltre
a caricare bene il peso sulla corda, deve fare in
modo che il Prusik non vada mai in trazione;
mentre scende il secondo controlla che la corda
Alpinismo su roccia Emergenze

non sia danneggiata.


22. Raggiunto il compagno, si procede con la
normale manovra del bilancino.

ALTRE MANOVRE
Le manovre illustrate in precedenza, come
457
detto nell’introduzione, consentono di risolvere
svariate situazioni problematiche permettendo
il recupero o la calate di un compagno ferito.
Esistono numerose varianti a queste manovre,
molte delle quali sostanzialmente equivalenti a
Si raccomanda, spe-
quelle esposte. Si raccomanda quindi, special-
cialmente per chi è alle
mente per chi è alle prime armi, di apprendere prime armi, di appren-
una sola modalità e di ripeterla con una certa dere una sola modalità e
di ripeterla con una certa
frequenza, in modo tale da potere essere sicuro frequenza, in modo tale
di saperla eseguire correttamente anche in da potere essere sicuro di
situazioni di stress. saperla eseguire corretta-
mente anche in situazioni
In ogni caso, esistono varianti ad alcune delle di stress.
manovre esposte in precedenza che può essere
utile conoscere. Una tra queste varianti, il
paranco “ultrarapido”, è descritto di seguito.

Il “paranco ultrarapido”
Si illustra ora una alternativa al paranco Mezzo
Poldo per il recupero di un secondo.
Questa manovra, illustrata in figura 12.21, ha
le seguenti modalità di svolgimento:
1) Si blocca la corda con asola e controasola,
lasciando questa lunga 60 cm circa e ripassan-
dola nel moschettone; la si ricongiunge con se
stessa e la si chiude con un moschettone a ghie-
ra (vedi figura 11.06). Su questo moschettone
si inserisce la piastrina per il recupero con un
moschettone nel secondo foro.
2) A valle sulla corda tesa si realizza un nodo
Emergenze Alpinismo su roccia

autobloccante Machard con moschettone e si


infila in questo la corda lasca.
3) Si passa la corda nel moschettone inserito
nella piastrina
4) Si inserisce un secondo moschettone in
quello dell’autobloccante Machard, passandovi
458 la corda proveniente dal moschettone della
Questo paranco è rapi-
do e facile da eseguire, piastrina.
proprietà particolarmen- 5) Si inizia il recupero, fino a creare sulla corda
te utili quando il com- che va al compagno un lasco sufficiente per
pagno in sosta, che si
trova ad agire come soc- il suo inserimento nella piastrina (posizione a
corritore, si trova sotto “bloccare”); il paranco è realizzato.
stress come tipicamente
6) Si recupera, spostando a valle quando neces-
accade in situazioni che
richiedono manovre par- sario il Machard sulla corda in tensione e recu-
ticolari. perando la corda lasca entro la piastrina.
Questo paranco ha le seguenti caratteristiche:
- è rapido e facile da eseguire, proprietà parti-
colarmente utili quando il compagno in sosta,
che si trova ad agire come soccorritore, si trova
sotto stress come tipicamente accade in situa-
zioni che richiedono manovre particolari;
- per l’esecuzione non servono cordini, spezzo-
ni di corda o tratti di corda libera, che possono
facilmente creare confusione: la manovra parte
direttamente dalla corda scarica che fuoriesce
dall’asola di bloccaggio;
- presenta un notevole sfruttamento dello
spazio di azione rispetto al Mezzo Poldo e
soprattutto al Mezzo Poldo con spezzone ausi-
liario, visto che i moschettoni inseriti nell’asola
dell’autobloccante sono fissi;
- la resistenza di carico si può frazionare più
volte aumentando le carrucole (rappresentate
dai moschettoni) e i giri della corda su di esse;
- lo sforzo di recupero è paragonabile a quello
Alpinismo su roccia Emergenze

del Mezzo Poldo con spezzone ausiliario;


- viene eliminato il tempo morto ed il conse-
guente dispendio di energie dato dallo scorri-
mento del Mezzo Poldo alla fine della sua corsa
per ripristinare la sua efficienza;
- i moschettoni applicati all’autobloccante pos-
sono creare attrito sulla corda, riducendo in 459

parte l’efficienza della manovra; per ovviare a


questo inconveniente si potrebbe, per esempio,
inserire nell’anello di cordino dell’autobloccan-
te un moschettone per il primo passaggio e due,
a catena ed in parallelo rispetto al primo, per il
secondo passaggio.

1 - asola di bloccaggio con asola raddoppiata


2 - piastrina di recupero (corda lasca)
3 - il sistema è migliorabile; per diminuire l'attrito
si può per esempio usare tre moschettoni

Nota: questo paranco è stato


denominato la “Cìdule” - che
significa “carrucola” in lingua
friulana - quale tributo del
suo ideatore alla sua regione.

Fig. 11.21 Il paranco "ultrarapido"


Emergenze Alpinismo su roccia

460
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

capitolo 12
Preparazione e condotta della
salita
INDICE
Premessa
• Conoscenza delle proprie capacità e stima del pericolo
I pericoli
Pericoli oggettivi
• Scarsa visibilità
• Vento ed effetti sul corpo umano
• Temporale e segnali premonitori
• Fulmini
• Vetrato
• Pioggia, grandine e nevischio
• Tormenta
• Pericolo di valanghe
• Crepacci e ponti di neve
• Cambiamenti climatici e instabilità del terreno
• Caduta di pietre
• Caduta di ghiaccio
• Bivacco di fortuna
• Consigli utili per il bivacco
Pericoli soggettivi
• Mancanza di conoscenze e impreparazione tecnica
• Incapacità e impreparazione fisica
• Stato d’animo e condizione psicologica inadeguati
• Cordata poco equilibrata nelle capacità
• Rischi di caduta e scivolate
Preparazione di una salita
• Guide alpinistiche e classificazione delle difficoltà
• Studio dell’itinerario con la carta topografica
• Studio dell’itinerario di ritorno
La responsabilità dell’accompagnatore
• Concetto di colpa generica e di causalità
• Forme della colpa generica
• Gite sezionali organizzate con diligenza

torna al sommario
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

PREMESSA
Conoscenza delle proprie capacità e stima del pericolo
L’ascensione di una montagna, ovvero l’avvicinarsi ad essa e poi il salirla
lungo un certo itinerario, non comincia nel momento in cui si parte al mat-
tino dal rifugio o dalla macchina ma molto tempo prima, già da quando
462 si inizia ad elaborare il progetto. Infatti, sovente gli alpinisti sognano certe
salite anche con anni di anticipo, e spesso progettano e preparano una salita
per diversi mesi, studiando non solo il tipo di preparazione e di attrezzatura
necessarie, ma anche la stagione e il periodo migliore per effettuarla.
Le ragioni della scelta di una salita sono numerose e personali: l’immagine di
una certa montagna, una cresta particolare, una parete o una via rinomata.
L’alpinismo riesce ad esprimere un’ampia serie di motivazioni: l’esplorazione
e il desiderio di avventura, la conoscenza della natura, la capacità di sentire
la montagna e di adattarsi all’ambiente, il superamento delle difficoltà, la
scoperta delle nostre capacità e dei nostri limiti, il confronto e il rapporto
con gli altri.
Per dedicarsi all’attività alpinistica, soprattutto di un certo livello tecnico,
oltre alle motivazioni e ad una buona dose di entusiasmo sono necessarie
altre doti, quali la preparazione tecnica, fisica e morale, la prudenza e la
lucidità mentale. Essere lucidi significa mantenere la capacità di valutare
la situazione evitando che fatica e stress emotivi pregiudichino la visione
d’insieme; l’alpinista deve conservare un sufficiente distacco dalle condizioni
contingenti per prendere decisioni obiettive. Ad esempio, prima della salita
bisogna accertarsi che le proprie capacità e quelle dei componenti della cor-
data siano adeguate al tipo di ascensione programmata; durante la salita
bisogna essere in grado di fare il punto della situazione onestamente, metten-
do da parte le passioni e la voglia di riuscire ad ogni costo per valutare con
precisione gli eventuali pericoli e le forze psico-fisiche della cordata, allo scopo
di decidere se continuare oppure ritornare.
L’alpinista deve rendersi conto che non è possibile eliminare total-
mente i pericoli legati ad una salita alpina e che quindi spetta a lui
scegliere la giusta via tra l’audacia e la prudenza.
Quando un’azione interessa non solo l’incolumità della nostra persona ma
anche quella dei compagni e di eventuali soccorritori, la preparazione richie-
sta non tollera pressappochismo o un distorto senso dell’avventura.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Un’attenta pianificazione e scelta dell’escursione deve essere considerata come


parte integrante dell’azione.
L’obiettivo è di adottare tutte le misure precauzionali affinché l’attività alpi-
nistica comporti un rischio residuo accettabile: per questo dobbiamo essere
prudenti anche se la prudenza è un margine di sicurezza che dipende dalle
capacità e conoscenze dell’individuo e dal tipo di situazione.
Conoscere i pericoli per poter meglio evitarli è una regola fondamen- 463
tale.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

I PERICOLI
La pratica dell’alta montagna presenta due
tipologie di pericoli:
- quelli oggettivi, dovuti alle condizioni meteo-
rologiche (pioggia, neve, vento, nebbia, tempo-
464
Il grado di percezione rali,…), alla caduta di pietre e ghiaccio, ai cre-
del rischio dipende dalla pacci e ponti di neve, alla caduta di valanghe;
persona: anche l’esperto - quelli soggettivi, che riguardano la persona
accetta maggiori incogni-
te quando affronta salite stessa (incapacità e impreparazione fisica, ina-
impegnative o situazioni deguata forza d’animo, insufficienza tecnica,
difficili. Nessuno è quin- imprudenza).
di al riparo da incidenti,
siano essi principianti o Il rischio residuo dipende da molti fattori ed è
alpinisti affermati. perciò molto difficile da valutare. Sono sicura-
mente importanti le capacità e l’esperienza dei
partecipanti: in una stessa situazione gli esperti
corrono un rischio minore dei principianti.
Il grado di percezione del rischio dipende
dalla persona: anche l’esperto accetta maggiori
incognite quando affronta salite impegnative o
situazioni difficili. Nessuno è quindi al riparo
da incidenti, siano essi principianti o alpinisti
affermati. Ciò che conta è essere coscienti della
propria capacità di valutazione: bisogna assume-
Per conoscersi c’è un
unico sistema: analizzare re un atteggiamento critico nei confronti delle
e non giustificare i propri proprie conoscenze e abilità. Per conoscersi c’è
errori o i propri momen-
ti di debolezza, ascoltare
un unico sistema: analizzare e non giustificare i
e valutare le critiche, i propri errori o i propri momenti di debolezza,
consigli e le osservazioni ascoltare e valutare le critiche, i consigli e le
dei compagni di salita.
osservazioni dei compagni di salita. Bisogna
ricercare con umiltà e tenacia i segni che la
natura spesso ci offre, ascoltare se stessi e con-
servare il senso di rispetto verso la montagna.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Un’accurata pianificazione è fondamentale


per la riuscita della escursione in montagna.
Il successo dipende, oltre che dalle proprie capa- A volte, pur se a malin-
cità, anche dalla scelta appropriata del luogo cuore, è necessario rinvia-
re la realizzazione di una
dove svolgere l’escursione e dalle condizioni salita perché vengono a
meteorologiche. A volte, pur se a malincuore, è mancare le condizioni di
necessario rinviare la realizzazione di una salita sicurezza: cattive condi- 465
zioni del tempo possono
perché vengono a mancare le condizioni di costringere a rinunciare
sicurezza: cattive condizioni del tempo possono ad una ascensione da
costringere a rinunciare ad una ascensione da tempo agognata.
tempo agognata.
Di seguito vengono presentati i principali peri-
coli, oggettivi e soggettivi, nonché la condotta
più opportuna da adottare durante una salita in
ambiente montano. Viene trattata la scelta del-
l’ascensione in base alle capacità della cordata e
si descrivono quindi le fasi di preparazione di
una salita.
Si conclude il capitolo con una serie di consi-
derazioni sui compiti e le responsabilità di chi
coordina un gruppo.
Per maggiori approfondimenti su questi argo-
menti, che sono in realtà molto complessi, si
rimanda al Manuale Ghiaccio e Misto [12].
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

PERICOLI OGGETTIVI
I pericoli oggettivi sono quelli legati all’ambien-
te e alle condizioni meteorologiche in cui ci si
trova ad operare, e come tali sono spesso, anche
se non sempre, prevedibili e quindi evitabili.
466

Scarsa visibilità
Il grado di visibilità in montagna dipende da
Cattive condizioni di molti fattori e gli elementi che la comprometto-
visibilità, oltre a deter- no maggiormente sono la nebbia, le nubi basse
minare problemi di
orientamento, diminui- o le nevicate. Cattive condizioni di visibilità,
scono il nostro livello di oltre a determinare problemi di orientamento,
percezione dei pericoli
diminuiscono il nostro livello di percezione
oggettivi.
dei pericoli oggettivi. La concentrazione nella
ricerca della direzione e il corretto utilizzo di
carte, bussola, altimetro, GPS, ecc., consentono
di orientarci, anche se distolgono l’attenzione
dal cogliere i segnali dell’ambiente. La cattiva
visibilità influenza inoltre la nostra disposizio-
ne mentale verso ciò che si sta facendo, può
aumentare il nervosismo verso i compagni e
creare tensioni all’interno del gruppo.

Come comportarsi
E' importante orientarsi • Osservare costantemente le condizioni meteo-
continuamente, in modo
da conoscere esattamen- rologiche ed accorgersi per tempo che la visibi-
te la propria posizione, lità sta diminuendo.
seguendo i riferimenti • Utilizzare carta, bussola ed altimetro per fare il
naturali ed approfitta-
re di ogni schiarita per punto prima che la visibilità sia troppo scarsa.
aggiornare il punto sulla • Orientarsi continuamente, in modo da cono-
carta topografica. scere esattamente la propria posizione, seguen-
do i riferimenti naturali ed approfittare di ogni
schiarita per aggiornare il punto sulla carta
topografica.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

• Attendere che la nebbia si alzi oppure, in certi


casi, non esitare a tornare sui propri passi per
ritrovarsi nel punto noto sulla carta topografica.

467

Fig. 12.01 Visibilità ridotta

Vento ed effetti sul corpo umano


La sensazione di caldo o di freddo non dipende
solo dallo stato della persona e dalla temperatura
dell’aria, ma anche da altri fattori come la radia-
zione solare, l’umidità dell’aria, della pelle e degli In condizioni normali
la pelle disperde calore
indumenti e nel caso in questione dalla velocità all’esterno per compensa-
del vento. In condizioni normali la pelle disperde re la produzione interna
calore all’esterno per compensare la produzione di energia e mantenere
così la temperatura del
interna di energia e mantenere così la tempera- corpo costante a circa
tura del corpo costante a circa 37° C. A parità 37° C.
di temperatura e di indumenti, una crescita di
velocità del vento aumenta la dispersione di
calore e quindi la sensazione di freddo; più forte
A parità di temperatura
è il vento e più in fretta sarà rimossa la pellicola e di indumenti, una cre-
d’aria calda che si forma sopra la pelle non coper- scita di velocità del vento
ta da indumenti come ad esempio il viso oppure aumenta la dispersione di
calore e quindi la sensa-
le mani. A titolo orientativo forniamo alcuni zione di freddo.
esempi del potere raffreddante del vento:
1) il corpo umano ha la medesima sensazione
di freddo a +10° C a 45 km/h di vento come a
-30° C in assenza di vento;
2) con una temperatura di -30° C e in assenza
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

assoluta di vento potrebbe essere possibile muo-


versi, opportunamente vestiti; invece con -20° C
e vento a 60 km/h la sensazione di freddo equi-
vale ad operare a -50° C in assenza di vento.

Presentiamo una classificazione della velocità del


468 vento basata sugli effetti riconoscibili sulla neve,
al suolo, sul corpo umano e sugli oggetti fissi.

grado intensità velocità


km/h effetti riconoscibili in montagna

il fazzoletto si muove debolmente; nessun


1 debole 0-18
accumulo di neve.

2 moderato 18-36 il fazzoletto è completamento teso al vento; inizio


di accumuli di neve.
il vento si fa sentire (fremito del bosco, bastoncini
3 forte 36-60 e cavi tesi “cantano”; rischio di congelamenti a
–10° C.
diventa difficile procedere contro vento; sono pos-
molto sibili congelamenti locali a partire da –5° C;
4 60-90
forte le vette e le creste “fumano”; il vento fischia,
urla e spezza i rami degli alberi.
si lotta per conservare l’equilibrio e la progressione
5 fortissima >90 in posizione eretta risulta molto difficile; danni
alle costruzioni e alberi sradicati.
Fig. 12.02 Tabella velocità del vento

La velocità del vento misurata in km/h aumen-


ta normalmente con la quota; venti deboli in
La velocità del vento fondo valle non devono far pensare che a quote
misurata in km/h aumen-
ta normalmente con la superiori la situazione sia la stessa. L’attenta
quota; venti deboli in osservazione del movimento delle nubi può
fondo valle non devono
dare un’idea dell’attività del vento prima che si
far pensare che a quote
superiori la situazione inizi un’escursione. Ad esempio se lo zero ter-
sia la stessa. mico è previsto a 2000 metri con forti venti, a
3600 m di quota ci sono da aspettarsi all’incirca
–10° C e una velocità del vento di 60 km/h: la
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

perdita di calore corrisponde ad una situazione


in cui la temperatura si aggira sui –35° C con
rischio quindi di congelamento per la pelle
esposta al vento.

Temporale e segnali premonitori


Gli alpinisti, prima di intraprendere una salita, 469

dovrebbero sempre ascoltare il bollettino meteo:


in alcuni Paesi confinanti con l’Italia, nel caso di
incidente, il mancato ascolto del bollettino viene
addirittura considerato in giurisprudenza come
un atto di negligenza!
Le condizioni del tempo possono tuttavia cam-
biare o peggiorare più rapidamente del previsto,
Fig. 12.03 Azione del vento
ed è quindi buona norma, oltre alla consulta-
zione del bollettino, anche osservare sempre
l’evoluzione meteorologica durante la giornata.
Riportiamo alcune regole che in genere indicano Le condizioni del tempo
un peggioramento del tempo e l’avvicinarsi del possono tuttavia cambia-
temporale, basate sull’osservazione di alcuni fat- re o peggiorare più rapi-
damente del previsto, ed
tori quali la pressione atmosferica, la visibilità, il è quindi buona norma,
vento e le nubi. Per l’approfondimento si riman- oltre alla consultazio-
da il lettore a manuali di meteorologia e alla serie ne del bollettino, anche
osservare sempre l’evo-
di diapositive “La meteorologia in montagna” luzione meteorologica
prodotta dal SVI del CAI, da cui sono ricavate durante la giornata.
in sintesi illustrazioni e commenti [37].

Indicatori di instabilità: pressione, tempera-


tura, visibilità e vento
Si deve pensare ad una instabilità e/o un peg-
gioramento quando si osserva:
a) A parità di quota una diminuzione della
pressione atmosferica.
b) Un raffreddamento in quota.
c) Un aumento della foschia in montagna.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

d) Il vento da nord cambia direzione in senso


antiorario.
e) L’intensificazione del vento in quota, per
esempio con provenienza da sud ovest con
apporto di nuvolosità.

470 Aloni del sole e della luna


L’alone è un cerchio luminoso di colore bianco
che si forma attorno al sole o alla luna. L’alone
Il cielo rosso all’al- indica la presenza di cristalli di ghiaccio alle
ba segnala la presenza quote elevate e si può osservare in concomitan-
di nubi di ghiaccio alle
quote elevate e probabil-
za con cirri o cirrostrati o con la loro imminente
mente il cielo sarà velato formazione. Dopo un periodo di tempo buono
per tutta la giornata. l’alone segnala la presenza di umidità in quota
e può presagire l’arrivo di una perturbazione
ancora prima dell’arrivo dei cirri.

Rosso di mattina (peggioramento da ovest)


Il colore del cielo è normalmente azzurro e più
l’aria è secca più la tonalità del blu sarà intensa.
Il cielo rosso all’alba segnala la presenza di nubi
di ghiaccio alle quote elevate e probabilmente
il cielo sarà velato per tutta la giornata; se il
vento in quota proviene da ovest è possibile che
le nubi siano il primo segno dell’arrivo di un
fronte caldo.

Altocumuli
Gli altocumuli (che formano il cosiddetto “cielo
a pecorelle”), sono nubi medie con base tra
3000 e 4000 metri. Sono generalmente disposti
in modo regolare, in bande trasversali alla dire-
zione di provenienza del vento. Se si osservano
già al primo mattino esse preludono con buone
probabilità a uno sviluppo pomeridiano di
Fig. 12.04 Altocumoli
cumuli con successivo arrivo di temporali; in
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

tal caso tenderanno ad invadere il cielo, prima


sgombro da nubi, e a divenire più scuri.

Nuvolosità stratiforme in quota seguita da


nubi basse da ovest (arrivo di una pertur-
bazione)
Gli strati, altostrati e nembostrati sono nubi 471

medie a carattere stratificato che tendono a


coprire il cielo in modo uniforme e hanno la
caratteristica di assorbire la luce quanto più
sono cariche d’acqua. Gli altostrati presenta- Gli strati, altostrati e
nembostrati sono nubi
no una base compresa tra 3000 e 4000 metri medie a carattere stra-
e sono le principali portatrici di pioggia o di tificato che tendono a
neve, insieme ai nembostrati (base fino a 1000 coprire il cielo in modo
uniforme e hanno la
metri), che si formano quando i primi diven- caratteristica di assorbire
tano più densi e spessi. La precipitazione dura la luce quanto più sono
almeno qualche ora. cariche d’acqua.

Fig. 12.05 Altostrati e nembostrati

Nubi cumuliformi con forte sviluppo vertica-


le e base scura (rovesci o temporali)
I cumuli, se già presenti al mattino, indicano
condizioni di instabilità più elevate ed il riscal-
damento dell’aria a contatto con il suolo non fa
altro che aumentare tale instabilità. Si avrà così
un maggior sviluppo di nubi convettive, che
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

diverranno più spesse nel corso della giornata


e, se la parte di cielo coperta diviene maggiore
della parte di cielo sereno, vi è alta probabilità
che si verifichino rovesci o temporali.

Un cumulo ingrossa-
to assume la forma di
472 un cavolfiore oppure,
a causa di instabilità
maggiore, è composto
da protuberanze sulla
sua sommità a forma di
torri, sinonimo di accre-
scimento verticale.

Fig. 12.06 Cumuli

L’imminenza della precipitazione è in relazione


sia al colore della nube sia al colore scuro della
base. Un cumulo ingrossato assume la forma
di un cavolfiore oppure, a causa di instabilità
maggiore, è composto da protuberanze sulla sua
sommità a forma di torri, sinonimo di accresci-
mento verticale.
I rovesci associati ai cumuli interessano un’area
di circa 10-12 km quadrati e durano approssi-
mativamente dai 10 ai 30 minuti. Invece rove-
sci associati al fronte freddo hanno una durata

Fig. 12.07 Cumuli a cavolfiore


Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Cumulonembi
I cumulonembi sono le nubi più spesse in atmo-
sfera e si sviluppano in verticale dal suolo fino a
10-12 km ed anche in orizzontale raggiungono
i 16-20 km. A volte la base dei cumulonembi
non si trova al suolo bensì ad una certa quota
(figura 12.08). Alla sommità essi si allargano 473

e si espandono assumendo la tipica forma ad


incudine. I fenomeni associati a questo tipo di
Fig. 12.08 Cumulonembi
nube possono essere molto violenti (temporali,
grandine, forti rovesci).
L’esperienza ci insegna che in montagna la
frequenza dei temporali è maggiore nel pome-
riggio piuttosto che durante la mattinata; anche L’esperienza ci insegna
che in montagna la fre-
nel caso di precipitazioni dovute a cumulonem- quenza dei temporali è
bi si assiste alla formazione di cumuli già duran- maggiore nel pomeriggio
te il mattino. Quando i bordi netti della nube piuttosto che durante la
mattinata.
temporalesca cominciano a sfilacciarsi significa
che il temporale è maturo.

Fulmini
Valutare la vicinanza del temporale
E’ possibile stimare la distanza tra il temporale
e il luogo in cui ci si trova sfruttando la diffe-
rente velocità di propagazione del fulmine e del Poiché il suono si pro-
tuono prodotto dalla scarica. Poiché il suono si paga nell’aria con una
velocità di circa 340 m
propaga nell’aria con una velocità di circa 340 al secondo è sufficiente
m al secondo è sufficiente moltiplicare il nume- moltiplicare più volte il
ro dei secondi trascorsi tra il lampo e il tuono numero dei secondi tra-
scorsi tra il lampo e il
per 340 metri. Eseguendo più volte questo tuono per capire se il
calcolo si può capire se il temporale si allontana temporale si allontana
oppure si avvicina.
oppure si avvicina.

Luoghi più probabili di scarica del fulmine


Il fulmine si abbatte preferibilmente sulle punte,
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

cioè in luoghi che sporgono in modo evidente


rispetto ai dintorni come ad esempio cime dei
La frequenza delle scari- monti, creste, campanili, pinnacoli, alberi alti,
che elettriche in monta-
gna, soprattutto in quota,
edifici e alberi isolati. Inoltre va ricordato che la
è nettamente superiore a frequenza delle scariche elettriche in montagna,
quella di pianura. soprattutto in quota, è nettamente superiore a
474 quella di pianura.
A partire dal punto di impatto si forma un
campo elettrico di forma circolare ed intensità
decrescente verso l’esterno per cui i luoghi com-
presi in un raggio variabile dai 10 ai 30 metri
sono considerati pericolosi.

scariche scariche scariche zona di sicurezza scariche


probabili molto probabili relativa probabili
frequenti
Fig. 12.09 Fulmini e punte
Il raddrizzarsi dei capelli o il crepitio dell’aria
sulle punte sono evidenti segnali di un forte poten-
ziale elettrico che ci impongono di abbandonare al
più presto quel posto.
Le folgorazioni dirette producono la morte; se
invece il fulmine cade nelle vicinanze le conse-
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

guenze sul corpo umano dipendono dai punti


di contatto della persona con il terreno. Se toc- Se tocchiamo due punti a
chiamo due punti a potenziale elettrico diverso potenziale elettrico diver-
il corpo verrà attraversato da una corrente che so il corpo verrà attraver-
sato da una corrente che
oltre a produrre bruciature e ustioni determi- oltre a produrre brucia-
na pesanti effetti anche sul sistema nervoso: ture e ustioni determina
ad esempio contrazioni muscolari involontarie pesanti effetti anche sul 475
sistema nervoso.
capaci di gettare lontano la persona, come se
qualcuno le imprimesse una improvvisa spinta.
La regola è pertanto quella di toccare un solo
punto del terreno.
Bisogna pertanto allontanarsi prima possibile
dai luoghi dove è più elevata la probabilità di
scariche.

bassa differenza
di potenziale

elevata differenza di potenziale elettrico


Fig. 12.10a Fulmine e differenza
di potenziale
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

fulmine
476

corrente

roccia

ddp
alta

Fig. 12.10b Fulmine e differenza


di potenziale (ddp)

Il passaggio di corrente è facilitato dalla pre-


senza di corde metalliche (ad esempio ferrate),
dal terreno o dal vestiario bagnato; anche una
È un errore cercare ripa-
ro sotto uno strapiombo
fessura oppure un foro comunicanti tra grotta
o ai piedi di una fessura ed esterno possono diventare un canale di pas-
verticale perché in que- saggio per la corrente. È un errore cercare riparo
sti posti si propagano le
correnti di superficie. sotto uno strapiombo o ai piedi di una fessura
verticale perché in questi posti si propagano le
correnti di superficie (vedi figura 12.12).
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Riportiamo alcuni consigli:


• Allontanarsi dalle punte prima possibile.
• Rifugiarsi su zone piane, meglio su un ripiano;
si può trovare riparo anche in caverne purché si
eviti di restare in entrata.
• Stare seduti nella zona di ingresso e toccare
solo un punto del terreno; cercare di isolarsi Si possono allontanare gli 477

interponendo zaino, corda. oggetti metallici; tuttavia


si tenga presente che essi
• In luoghi esposti assicurarsi alla parete per non attirano i fulmini,
evitare di essere sbalzati nel vuoto. semmai favoriscono il
• Si possono allontanare gli oggetti metallici; passaggio di corrente.

tuttavia si tenga presente che essi non attirano


i fulmini, semmai favoriscono il passaggio di
corrente.
• Nel caso di incidente le persone interessa-
te da scariche elettriche sono da soccorrere
immediatamente con primi soccorsi e, nel caso,

Fig. 12.12 Evitare il riparo sotto strapiombi e canali


Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

con procedure di rianimazione. Se la persona


è cosciente e presenta delle bruciature queste
vanno trattate con bende sterili. Da ricordare
Il soggetto colpito da comunque che il soggetto quanto prima va
fulmine quanto prima sottoposto ad accertamenti medici; infatti, oltre
va sottoposto ad accer-
tamenti medici; infatti, alle bruciature si possono verificare disturbi del
478 oltre alle bruciature si ritmo cardiaco e alterazioni del sistema nervoso
possono verificare distur-
centrale. Se la persona è incosciente bisogna
bi del ritmo cardiaco e
alterazioni del sistema valutare i segni vitali (respirazione e circolazio-
nervoso centrale. ne sanguigna); si tenga presente che la morte a
causa del fulmine avviene per paralisi dell’appa-
rato respiratorio e per arresto cardiaco: perciò
possono risultare efficaci operazioni, peraltro
assai delicate, quali la respirazione artificiale e il
massaggio cardiaco.

NO SI

Fig. 12.11 Fulmine e zone da evitare


Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Vetrato
Se si verifica un brusco abbassamento di tem-
peratura, l’acqua di scorrimento presente sulle
rocce oppure l’acqua di fusione prodotta dai
nevai sospesi si trasformano in vetrato, cioè una
pellicola di ghiaccio sottile e spesso trasparente,
estremamente scivolosa. 479

In queste situazioni la progressione diventa più


lenta, si richiede a volte l’uso dei ramponi e
diventa spesso necessario scrostare con il mar-
tello la pellicola di ghiaccio che ricopre appigli
e appoggi.

Pioggia, grandine e nevischio


La pioggia, la grandine e il nevischio, oltre ad
abbassare considerevolmente la temperatura,
rendono la roccia molto scivolosa. Se la precipi-
tazione è abbondante, nei canaloni e nei camini
si possono formare dei ruscelli d’acqua o addi-
rittura delle piccole cascate, che trascinano nella
loro corsa le pietre staccate; questo fenomeno
è particolarmente temibile sulla roccia sedi-
mentaria (argille, marne, arenaria, calcare,…), Fig. 12.13 Vetrato

è meno frequente sulla roccia metamorfica


(gneiss, micascisti,…), mentre è occasionale su
Sulle superfici nevose la
roccia magmatica (granito, granodiorite,…). precipitazione di neve
Sulle superfici nevose la precipitazione di neve pallottolare, una volta
pallottolare (grani arrotondati simili a chicchi che questa sia stata coper-
ta da successive nevicate,
di grandine ma più leggeri), una volta che que- può produrre uno strato
sta sia stata coperta da successive nevicate, può di scorrimento.
produrre uno strato di scorrimento.

Tormenta
Una tormenta è caratterizzata da vento impe-
tuoso e precipitazioni nevose. Questo fenome-
no, che causa altresì scarsa visibilità e un forte
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

abbassamento della temperatura, può durare


parecchie ore e a volte anche qualche giorno. In
Con l’arrivo del brutto questa situazione gli alpinisti devono indossare
tempo si tende ad agire gli indumenti più adatti e progredire con calma
in fretta e a trascurare
certe operazioni di sicu- e prudenza: con l’arrivo del brutto tempo si
rezza adottate in condi- tende, infatti, ad agire in fretta e a trascurare
zioni normali.
480 certe operazioni di sicurezza adottate in con-
dizioni normali. Se la progressione diventa
impossibile, bisogna cercare un riparo contro
il vento, proteggersi con teli termici dalla pre-
cipitazione, rimanere vicini e mantenere alto il
morale.

Pericolo di valanghe
Le valanghe non caratterizzano solo il periodo
invernale. In alta montagna, anche d’estate,
dopo il passaggio di un fronte freddo che ha
apportato neve fresca, sui pendii con inclinazio-
ne di almeno 30° sussiste il pericolo di valanghe.
Il quantitativo critico di Si consideri inoltre che il quantitativo critico di
neve fresca che potrebbe
risultare pericoloso su neve fresca che potrebbe risultare pericoloso su
pendii o canali non è pendii o canali non è legato solo allo spessore
legato solo allo spesso- della neve caduta, ma dipende anche da con-
re della neve caduta, ma
dipende anche da condi- dizioni addizionali quali la forza del vento, la
zioni addizionali quali la superficie della neve vecchia e la temperatura. Il
forza del vento, la super- quantitativo critico di neve fresca determina una
ficie della neve vecchia e
la temperatura. situazione di pericolo di grado 3 o di grado 4.
In montagna, se non si vogliono correre grossi
rischi, dopo una nevicata di 30-40 cm si resta
a casa o in un luogo sicuro per qualche giorno.
Particolarmente critico é il PRIMO GIORNO
BELLO dopo un periodo di tempo perturbato,
anche se sono necessari 2-3 giorni di bel tempo
per dare agli strati di neve la consistenza neces-
saria. A volte bisogna attendere un periodo più
lungo soprattutto se c’è stata un’azione impor-
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

tante del vento, sia durante la precipitazione


che dopo il periodo di brutto tempo.
Per una descrizione dettagliata della formazione
della neve, dei pericoli delle valanghe e delle
tecniche di soccorso da prestare in questi casi, si
faccia riferimento ai manuali specifici prodotti
dalla CNSASA [38]. 481

Crepacci e ponti di neve


Può capitare che per recarsi all’attacco di certe
vie in quota si debbano attraversare ghiacciai,
che presentano in genere crepacci.
Su questi in ogni stagione, quindi anche in
piena estate, dopo una caduta di neve sotto
l’azione del vento possono formarsi ponti, più
o meno fragili. Per questo motivo nell’attraver- Fig. 12.14 Valanga di lastrone da vento
sare un ghiacciaio l’alpinista deve essere sempre
attento a quelle ondulazioni della superficie
nevosa che possano far rivelare la presenza di
un crepaccio. Il crepaccio dovrà quindi sempre
essere superato con le precauzioni del caso. Nell’attraversare un
ghiacciaio l’alpinista deve
Altrettanto pericolosi sono sia i bordi dei torren- essere sempre attento a
ti che si formano sulla superficie del ghiacciaio, quelle ondulazioni della
sia i ponti creati da coni di valanga che coprono superficie nevosa che
possano far rivelare la
l’acqua che scorre al di sotto. In entrambi i casi presenza di un crepaccio.
l’acqua scava e l’alpinista deve fare attenzione Il crepaccio dovrà quindi
sempre essere superato
a non trovarsi su un arco estremamente fragile
con le precauzioni del
che potrebbe aprirsi sotto i suoi piedi. caso.

Fig. 12.15 Sondaggio di un ponte


di neve
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

Cambiamenti climatici e instabilità


del terreno
Fino a questo punto abbiamo trattato i pericoli
dovuti agli agenti atmosferici; passiamo ora a
valutare altri pericoli quali la caduta di pietre,
di ghiaccio e di seracchi che rappresentano i
I cambiamenti climati-
482
ci oggi in atto hanno pericoli più severi ai quali è esposto l’alpinista.
ulteriormente aggravato I cambiamenti climatici oggi in atto hanno
la situazione ponendo ulteriormente aggravato la situazione ponendo
questi pericoli al primo
posto e riducendo la questi pericoli al primo posto e riducendo la
possibilità di effettuare possibilità di effettuare durante la stagione
durante la stagione esti-
estiva molte ascensioni su ghiaccio e misto che,
va molte ascensioni su
ghiaccio e misto che, viceversa, alcuni anni fa si svolgevano normal-
viceversa, alcuni anni fa mente nei mesi di luglio e agosto.
si svolgevano normal-
mente nei mesi di luglio
Gli anni novanta sono stati globalmente il
e agosto. decennio più caldo da quando sono disponibili
strumenti di misurazione affidabili (attorno al
1860); i risultati di diversi studi indicano che il
riscaldamento fatto registrare nel XX secolo è un
fenomeno mai riscontrato dall’inizio del millen-
nio. L’aumento della temperatura ha prodotto
nelle Alpi l’arretramento dei ghiacciai e l’in-
L’aumento della tempe- nalzamento del limite del permafrost che a sua
ratura ha prodotto nelle volta ha determinato un forte aumento di frane,
Alpi l’arretramento dei smottamenti, cadute di massi e di ghiaccio.
ghiacciai e l’innalzamen-
to del limite del perma- Con il termine permafrost si intende un qual-
frost che a sua volta ha siasi terreno che rimane al di sotto della tem-
determinato un forte
peratura di 0° C per più di due anni; inoltre
aumento di frane, smot-
tamenti, cadute di massi si definisce come strato attivo lo strato di
e di ghiaccio. terreno posto immediatamente al di sopra del
permafrost che subisce annuali congelamenti e
scongelamenti.
In alta montagna il permafrost si forma sia su
roccia solida, sia su materiali sciolti, conoidi
detritiche e morene. Negli ultimi 100 anni
nelle Alpi il limite del permafrost si è innalzato
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

di 150 - 200 metri di altezza. Attualmente la


fascia altimetrica del permafrost si sviluppa al di
sotto delle regioni glaciali a partire all’incirca da La riduzione del perma-
frost aumenta l’instabi-
2600 m di quota; ricerche condotte in Svizzera lità dei versanti; canali e
prevedono, per i prossimi 50 anni e per un conoidi perdono con il
riscaldamento tra 1 e 2° C, un ulteriore sposta- ghiaccio il collante che
li rende coerenti e si può
mento in altezza di 200 - 750 metri. prevedere una maggior 483

La riduzione del permafrost aumenta l’instabi- frequenza di frane, cadu-


te di ghiaccio e smotta-
lità dei versanti; canali e conoidi perdono con
menti.
il ghiaccio il collante che li rende coerenti e si
può prevedere una maggior frequenza di frane,
cadute di ghiaccio e smottamenti.

Fig. 12.16 Arretramento del


ghiacciaio - Miage
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

Caduta di pietre
La caduta di pietre in genere si verifica sugli
itinerari dominati da pareti di roccia friabile,
soprattutto nei canali che le solcano e con-
vogliano i sassi, oppure all’interno dei pendii
costituiti da detriti e ricoperti più o meno com-
484 pletamente da ghiaccio e neve. Su terreno misto
la caduta di pietre generalmente è provocata
dall’alternanza di gelo e disgelo e si manifesta
con maggior frequenza all’arrivo del sole e con
l’aumento della temperatura. Per queste ragioni
nel corso di estati calde e secche queste cadute
sono più frequenti e in certi casi assumono le
Fig. 12.17 Scariche di sassi proporzioni di vere e proprie frane.
Grand Capucin

Riassumiamo la condotta da tenere per preveni-


re, sia su neve che su roccia, la caduta di pietre:
a) scegliere con oculatezza l’escursione;
Su terreno misto la cadu-
ta di pietre generalmente b) osservare le zone soggette alle scariche: strisce
è provocata dall’alter- nere di detrito, solchi scavati nella neve, presen-
nanza di gelo e disgelo
za di blocchi;
e si manifesta con mag-
gior frequenza all’arrivo c) superare le zone pericolose prima del levar
del sole e con l’aumento del sole;
della temperatura.
d) evitare i canali e prendere di preferenza i
dossi e le creste;
e) posare i piedi con precauzione e tenere la
corda sollevata in modo da non smuovere sassi;
f ) in parete scegliere i posti più protetti dove
effettuare le soste;
g) evitare i percorsi troppo frequentati soprat-
tutto se ci sono cordate che ci precedono.
Se, malgrado le precauzioni prese, ci si trova
sorpresi dalla caduta di pietre (che sentiamo
fischiare intorno), è necessario:
a) lanciare il grido di avvertimento “sassi”;
Fig. 12.18 Osservare la caduta di pietre
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

b) in parete, appiattirsi fortemente contro il


terreno, meglio se sotto delle asperità;
c) mantenere la calma, osservare con attenzione
la traiettoria dei sassi, individuare un luogo più
sicuro e, quando pronti, raggiungerlo.

Caduta di ghiaccio 485

Le scariche di ghiaccio si manifestano con la


caduta di piccoli blocchi di ghiaccio instabili,
La traiettoria dei blocchi
con il crollo di cornici, con la caduta di serac- di ghiaccio è più lineare
chi. I primi due fenomeni si verificano soprat- di quella dei sassi: non
tutto sulle pareti esposte all’azione del sole e rimbalzano in modo vario
e tendono ad ammuc-
durante le ore più calde. chiarsi su uno spazio più
La traiettoria dei frammenti è più lineare di ristretto.
quella dei sassi; i blocchi non rimbalzano in
modo vario e tendono ad ammucchiarsi su uno
spazio più ristretto.
Fig. 12.19 Arrampicata su terreno misto
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

Le cornici si formano sulle creste e presentano


strapiombi di neve sul versante del pendio
sotto vento. Esse presentano un duplice peri-
colo: minacciano il pendio sottostante perché il
crollo oltre a produrre frammenti può causare
486 Le cornici presentano l’innesco di valanghe; la cornice può anche
un duplice pericolo:
minacciano il pendio crollare sotto il peso dell’alpinista che si muove
sottostante perché il sul balcone di neve o che, raggiungendola dal
crollo oltre a produrre pendio, la deve oltrepassare.
frammenti può causare
l’innesco di valanghe; E’ difficile prevedere in anticipo la linea di pos-
possono crollare sotto
il peso dell’alpinista che
corrente d'aria
si muove sul balcone di
neve o che, raggiungen-
dola dal pendio, la deve
oltrepassare. pendio sopra
vento
pu
nt

pendio sotto
od

vento
ip
os
sib
ile
ro
ttu
ra

Fig. 12.20 Rottura di cornice

sibile rottura; il cedimento può provocare non


solo la caduta della parte strapiombante, ma
anche di una parte di cresta a cui fa parte.
La caduta di seracchi è determinata soprattutto
dal movimento del ghiacciaio e dalla instabilità
che una parte di esso subisce quando la colata
glaciale deve superare un brusco salto o dove
il fondo roccioso si solleva a dosso. Il crollo di
seracchi è perciò casuale e non ha orari tipici.
Di fatto si è notato che la frequenza della cadu-
ta di seracchi è aumentata nei periodi in cui la
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

quota dello zero termico era superiore ai 4000


metri.
Segnaliamo alcuni comportamenti da adottare
nell’attraversamento di zone a rischio per cadu-
ta di ghiaccio o crollo di seracchi: In parete vanno scelti i
posti più protetti dove
a) osservare i frammenti già caduti e chiedersi se effettuare le soste. Evitate
sono recenti e da dove sono caduti; di sostare nelle rigole, 487

b) in parete scegliere i posti più protetti dove meglio rimanere in dire-


zione di speroni di roccia
effettuare le soste (evitare di sostare nelle rigole, che possono deviare le
rimanere in direzione di speroni di roccia che scariche e ripararsi sotto
sporgenze.
possono deviare la caduta, ripararsi sotto spor-
genze, …);
c) ridurre al minimo il tempo di esposizione
nelle zone a rischio sotto i seracchi instabili, evi-
tando le fermate ed effettuando veloci attraver-
samenti; con esposizioni previste troppo lunghe
rinunciare al passaggio e trovare un percorso
alternativo più sicuro.

Bivacco di fortuna
In montagna può capitare che particolari cir-
costanze, come una tormenta improvvisa, lo
smarrimento dell’itinerario, la nebbia, l’al-
lungamento dei tempi richiesto dalla salita, In alta montagna, poten-
costringano gli alpinisti a bivaccare. In questi do scegliere tra realizza-
re il bivacco nella neve
casi è necessario decidere il bivacco per tempo, oppure su roccia è bene
organizzandosi bene, per evitare che l’affatica- preferire la prima perché
mento e la notte non permettano di trovare un all’interno di un antro di
neve la temperatura è più
posto adatto. alta che all'esterno.
La scelta del luogo dipende dalla disponibilità
di tempo, dalla natura del terreno e dai mezzi
per effettuare un eventuale scavo.
In alta montagna, potendo scegliere tra rea-
lizzare il bivacco nella neve oppure su roccia
è bene preferire la prima perché all’interno di
un antro di neve la temperatura è più alta che
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

all'esterno.
Luoghi idonei per costruire una caverna si tro-
vano dove la neve è stata ammucchiata, cioè su
pendi sottovento, in conche, intorno a grandi
massi e in prossimità di rocce. In un primo
In un primo tempo si
488 scava una nicchia suf-
ficiente per rimanere
seduti; successivamen-
te si può ingrandire il
vano per poter dormire
sdraiati.

Fig. 12.21 Bivacco su neve

tempo si scava una nicchia sufficiente per rima-


nere seduti; successivamente si può ingrandire
il vano per poter dormire sdraiati. Il soffitto
deve essere leggermente a volta e ben liscio, per
evitare lo stillicidio dell’acqua.
L’apertura del bivacco deve essere piccola e
chiusa con blocchi di neve oppure con pietre.
Su roccia bisogna sce- Il soffitto deve essere basso e le cuccette soprae-
gliere un luogo riparato levate, per sfruttare meglio il calore (la tempe-
dal vento e dalle scariche ratura all’interno sale in genere fino ad alcuni
di sassi; si può trovare
rifugio sotto un picco- gradi sopra 0° C). Le dimensioni del ricovero
lo tetto della parete e consigliate sono da 2 a 4 persone.
costruire intorno dei
L’aerazione si assicura mediante fori praticati
muretti di sassi.
nel soffitto o lateralmente che, in caso di nevi-
cate, devono essere costantemente tenuti liberi.
Su roccia bisogna scegliere un luogo riparato
dal vento e dalle scariche di sassi; si può trovare
rifugio sotto un piccolo tetto della parete e
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

costruire intorno dei muretti di sassi. Conviene


usare il telo termico per avvolgere le persone
come una coperta: in questo modo si impedisce
la dispersione del calore e ci si protegge contro Conviene usare il telo
termico per avvolgere le
le gocce d’acqua che provengono dall’alto.
persone come una coper-
È preferibile che il posto si trovi qualche metro ta: in questo modo si
al di sopra del fondo di una valletta o di un impedisce la dispersione 489
del calore e ci si protegge
canalone perché si gode di una temperatura di contro le gocce d’acqua
5-10° C gradi superiore (a condizione che il che provengono dall’alto.
luogo sia riparato dal vento), in quanto l’aria
fredda, più pesante, si accumula in basso.

Consigli utili per il bivacco


• Indossare indumenti asciutti direttamente
a contatto con la pelle, mettere sopra quelli
umidi e sedersi possibilmente su materiali iso-
lanti; infilare i piedi dentro lo zaino.
• Massaggiare regolarmente le dita dei piedi e
delle mani; qualora sussista pericolo di conge-
lamento bisogna muoversi in continuazione e
controllarsi a vicenda.
• Mantenere la calma e intrattenersi a vicenda
con un atteggiamento positivo.
• Conoscere l’effetto del freddo sul corpo e
come proteggersi; in pratica esiste un allena- Quando un individuo sa
mento psicologico a situazioni avverse. Quando contro cosa deve lottare,
si difende molto meglio.
un individuo sa contro cosa deve lottare, si
Se conosce gli effetti di
difende molto meglio. Se conosce gli effetti di una tempesta di neve, se
una tempesta di neve, se ha imparato a pro- ha imparato a proteggersi
da essa, non lasciandosi
teggersi da essa, non lasciandosi prendere dal prendere dal panico, lot-
panico, lotterà coscientemente con più effica- terà coscientemente con
cia. Questo ragionamento e’ valido per qualsiasi più efficacia.
agente e per qualsiasi pericolo. In montagna i
rigori del clima fanno parte del gioco, bisogna
perciò conoscerli e saper proteggersi.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

PERICOLI SOGGETTIVI
In montagna i pericoli soggettivi dipendono
dall’individuo stesso:
L’esperienza ci insegna
a) mancanza di conoscenze e impreparazione
che la maggior parte tecnica;
490 degli incidenti in monta- b) incapacità e impreparazione fisica;
gna non sono causati dai
pericoli oggettivi bensì
c) stato d’animo e condizione psicologica ina-
dipendono dall’alpini- deguati;
sta; proprio perché sono d) formazione della cordata poco equilibrata
legati alla persona, i peri-
coli di natura soggettiva nelle capacità;
possono e dovrebbero e) incapacità di superare le difficoltà con le pro-
essere evitati. prie forze e probabilità di una caduta;
f ) superficialità nell’organizzazione della salita;
stima non corretta delle difficoltà in rapporto
alla propria esperienza con possibili errori nella
scelta della ascensione.
Tali argomenti verranno trattati nella sezione
“Preparazione della salita”.
L’esperienza ci insegna che la maggior parte
degli incidenti in montagna non sono causati
dai pericoli oggettivi bensì dipendono dall’alpi-
nista; proprio perché sono legati alla persona, i
pericoli di natura soggettiva possono e dovreb-
bero essere evitati.

Mancanza di conoscenze e imprepa-


Conoscendo l’ambiente
si sa come affrontarlo, si razione tecnica
applicano le tecniche ade- La conoscenza approfondita dell’ambiente e
guate, si attivano i mezzi
delle tecniche relative al tipo di disciplina è il
fisici e la forza mentale,
si sceglie l’attrezzatura e modo migliore per prevenire ed evitare gli inci-
l’abbigliamento. denti: si tratta in primo luogo di una questione
di cultura. Infatti, conoscendo l’ambiente si sa
come affrontarlo, si applicano le tecniche ade-
guate, si attivano i mezzi fisici e la forza menta-
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

le, si sceglie l’attrezzatura e l’abbigliamento. In


duecento anni di alpinismo e nella lunghissima
convivenza con l’ambiente naturale da parte di
chi vive in montagna è stata elaborata una cul- Modelli di comporta-
tura e sono state messe insieme le conoscenze mento che privilegiano
il “tutto e subito” e una
capaci di far fronte alle avversità e di prevenire certa stampa sensibile
le situazioni potenzialmente pericolose. solo agli exploit, oltre a 491

Modelli di comportamento che privilegiano il dare informazioni pres-


sappochiste, tendono a
“tutto e subito” e una certa stampa sensibile banalizzare e a trasforma-
solo agli exploit, oltre a dare informazioni re in fatti ordinari attivi-
pressappochiste, tendono a banalizzare e a tra- tà che richiedono invece
anni di preparazione ed
sformare in fatti ordinari attività che richiedono esperienza.
invece anni di preparazione ed esperienza.
L’impreparazione tecnica e la mancanza di
conoscenze in campo scientifico e culturale

Fig. 12.22 Conoscenza dell’ambiente

costituiscono una fonte importante di pericoli


non solo per chi già si dedica all’attività alpini-
Il principiante è soggetto
stica, ma soprattutto per l’alpinista esordiente. a due aspetti negativi: la
Il principiante è, infatti, soggetto a due aspetti mancanza di esperienza,
che lo porta a sottovalu-
negativi: la mancanza di esperienza, che lo
tare il pericolo, e l’ecces-
porta a sottovalutare il pericolo, e l’eccesso so di entusiasmo, che lo
di entusiasmo, che lo spinge a sopravvalutare spinge a sopravvalutare le
sue capacità.
le sue capacità. Si sottolinea che non solo gli
aspetti tecnici (materiali, loro impiego, tecnica
di progressione, ecc.), ma anche - e da diversi
punti di vista soprattutto - gli aspetti culturali
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

hanno importanza nella frequentazione della


montagna: è importante conoscere chi ha fatto
E’ importante capire che la storia delle salite alpine e leggere i loro rac-
la sola conoscenza delle conti, apprendere gli usi e i costumi di chi vive
tecniche non è sufficiente
per formare un alpinista,
in montagna, studiare la flora e la fauna alpina
ma che è anche neces- per apprezzare questa grande ricchezza che la
492 sario formarsi un’etica natura ci offre.
di comportamento che
tuteli l’ambiente natura-
E’ importante capire che la sola conoscenza
le e che si ispiri a valori delle tecniche non è sufficiente per formare un
di rispetto e solidarietà alpinista, ma che è anche necessario formarsi
nei confronti delle perso-
ne con cui si arrampica o un’etica di comportamento che tuteli l’ambien-
si viene in contatto. te naturale e che si ispiri a valori di rispetto e
solidarietà nei confronti delle persone con cui
si arrampica o si viene in contatto.
L’istruttore o colui che
guida il gruppo non In questo ambito l’istruttore o colui che guida
esercita solo un ruolo il gruppo non esercita solo un ruolo di accom-
di accompagnamento
ma deve svolgere anche
pagnamento ma deve svolgere anche un’azione
un’azione culturale ed culturale ed educativa.
educativa.

Incapacità e impreparazione fisica


La persona che vuole praticare l’alpinismo deve
in primo luogo conoscere le prestazioni che il
suo fisico gli consente di esprimere. Si tratta di
una attività che richiede una buona resistenza
agli sforzi da sostenere e, in certi casi, anche una
adeguata acclimatazione per affrontare i percor-
si che si sviluppano oltre i 3000 metri.
Sono necessari quindi una adeguata preparazio-
ne fisica e un grado di allenamento rapportati
al tipo di ascensione, considerando anche situa-
zioni impreviste (ad es. il cattivo tempo) che
potrebbero richiedere un impegno maggiore.
La conoscenza dei propri limiti si apprende
solamente con la pratica sul terreno affrontando
itinerari di impegno crescente con gradualità.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

493

Fig. 12.23 Pratica sul terreno


(impegno graduale)
Stato d’animo e condizione psicolo-
gica inadeguati
Questa caratteristica è intesa anche come impre-
parazione morale, come l’incapacità psicologica
di portare a buon fine una ascensione.
Svolgere una attività alpinistica è anche uno
sport, ma chi si arrampica in montagna si pone
in una situazione assai differente da buona
parte degli altri sportivi; questi ultimi, infatti,
se colti da stanchezza o da avverse condizioni
ambientali, possono ritirarsi dalla competizio-
ne. Chi si dedica all’alpinismo invece sa che
a volte non gli è consentito di rinunciare e di
lasciarsi andare: certe ascensioni non si posso-
no arrestare (anche se si è sfiniti, con il mal di
testa, in preda al vento turbinoso o sotto un
acquazzone violento). Anche e a seguito di un
incidente si deve sempre reagire con lucidità e
senza perdersi d’animo. Fig. 12.24 Reagire alle difficoltà
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

Cordata poco equilibrata nelle capa-


cità
La scelta delle persone che andranno a formare
la cordata riveste una importanza determinante,
non solamente per il successo o l’insuccesso della
salita ma anche e in primo luogo per la sicurez-
494 za della cordata stessa. Soprattutto se l’ascensio-
ne non si sviluppa solo con tiri di corda, quindi
Se l’ascensione non si
sviluppa solo con tiri con il movimento di un solo componente per
di corda, quindi con il volta, ma anche con progressione in conserva,
movimento di un solo
componente per volta,
l’inesperienza, la lentezza, la non adeguata tenu-
ma anche con progres- ta psicologica di uno dei componenti possono
sione in conserva, l’ine- pregiudicare la buona riuscita dell’ascensione.
sperienza, la lentezza, la
non adeguata tenuta psi-
Si ribadisce che la forza di una cordata risiede
cologica di uno dei com- nel suo elemento più debole, e che la sicurezza
ponenti possono pregiu- e l’efficienza della cordata dipenderanno dalla
dicare la buona riuscita
dell’ascensione. perfetta conoscenza reciproca di ognuno dei
componenti; per quanto riguarda le reciproche
posizioni degli alpinisti all’interno della cordata
si rimanda ai capitoli 8 e 9.

Fig. 12.25 Formazione della cordata

Rischi di caduta e scivolate


I rischi di una caduta dipendono dalla capacità
fisica e dalla tecnica dell’alpinista; la valutazione
corretta delle difficoltà in rapporto alle pro-
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

prie forze è il miglior modo per prevenire tale


eventualità. Su roccia la caduta può avvenire
per rottura dell’appiglio oppure per perdita di L’alpinista deve abituar-
si a provare gli appigli
equilibrio. prima di effettuare la
L’alpinista deve abituarsi a provare gli appigli trazione e di provare gli
prima di effettuare la trazione e di provare gli appoggi prima di appog-
giare il peso del corpo.
appoggi prima di appoggiare il peso del corpo. 495

Va inoltre sempre accertata l’affidabilità delle


soste presenti in parete e grande attenzione va
La scivolata resta la causa
riservata all’utilizzo dei cordini o delle fettucce principale degli incidenti
che collegano gli ancoraggi impiegati per effet- in montagna: l’alpinista
tuare calate in corda doppia. Si fa notare che la non dovrà mai cessare di
sorvegliare i suoi passi,
scivolata resta la causa principale degli incidenti soprattutto alla fine della
in montagna: l’alpinista non dovrà mai cessare salita, quando la soddi-
di sorvegliare i suoi passi, soprattutto alla fine sfazione della buona riu-
scita, la fretta di rientrare
della salita, quando la soddisfazione della buona e la fatica accumulata
riuscita, la fretta di rientrare e la fatica accumu- riducono l’attenzione.
lata riducono l’attenzione.

PREPARAZIONE DI UNA
SALITA
In montagna la regola principale è la prudenza:
ciò non vuol dire essere paurosi, bensì osare in
maniera calcolata, ovvero valutare oggettiva-
mente le proprie capacità in rapporto al tipo di
ascensione.
Bisogna eliminare progressivamente il rischio di
errori e di pericoli di una ascensione attraverso
tre momenti.

a) Fase di progettazione: una notevole parte del


rischio si riduce progettando la salita a tavolino,
a casa o in rifugio.
b) Fase preliminare: una volta sul posto, il
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

giorno precedente la partenza, un’altra quota


di rischio viene eliminata valutando il tempo, il
terreno e scegliendo con cura il percorso.
c) Fase di conduzione: durante l’ascensione il
rischio rimanente può venire ulteriormente
ridotto valutando con buon senso le situazioni
496 e gli imprevisti che si presentano (preparazione
Durante l’ascensione il psico-fisica, tempo, terreno, compagni di cor-
rischio rimanente può
venire ulteriormente data,…) e sapendo rinunciare se le condizioni
ridotto valutando con non sono favorevoli.
buon senso le situazioni
e gli imprevisti che si
presentano (preparazio- Presentiamo un prospetto che descrive in forma
ne psico-fisica, tempo, riassuntiva la procedura da seguire durante le
terreno, compagni di
cordata,…) e sapendo
fasi di progettazione e durante la fase prelimi-
rinunciare se le condizio- nare.
ni non sono favorevoli. Lo scopo è duplice: da un lato si vuole fornire
un promemoria delle operazioni da svolgere e
dall’altro si intendono dare alcune indicazioni
che consentano di valutare la fattibilità del
programma.
I singoli concetti relativi alla scelta e preparazio-
ne della salita vengono quindi successivamente
trattati in modo approfondito.

1 - FORMAZIONE DELLA CORDATA E


SCELTA DELLA SALITA

condizioni degli alpinisti condizioni della montagna


• Situazione personale: forma fisica e • Scelta del tipo di salita (gruppo
allenamento; condizione psicologica; pre- montuoso, parete o cresta, roccia,
parazione tecnica. ghiaccio, neve, misto) in relazio-
• Compagni di cordata: esperienza alpini- ne a stagione, quota, temperatura,
stica e competenze tecniche (arrampicare luoghi meno esposti alle scariche
da capocordata, progressione in conserva, di sassi e di ghiaccio.
effettuare manovre di corda e recuperi da
crepaccio); capacità psico-fisiche.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

2 - CONDIZIONI NIVO-METEO
bollettino valanghe
bollettino informazioni
(emesso durante l’inverno
meteorologico complementari
e la primavera)
• precipitazioni • grado di pericolo (con grado • gestori di rifugi,
previste e visibilità; 3 evitare i pendii ripidi oltre i guide locali, uffi-
• temperatura: con 30°); cio guide, persone 497
quota dello zero ter- • altezza critica della neve fresca esperte e fidate.
mico oltre i 4000 m (pericolo marcato o superiore)
valutare attentamente a) con 40-50 cm di neve recente
la fattibilità; rinunciare all’uscita;
• venti: direzione ed b) bastano 20/30 cm di neve
intensità in riferimento recente e condizioni sfavorevoli
alla quota (con 50 km/ per cambiare itinerario o rinun-
h cambiare itinerario o ciare all’ascensione;
rinunciare); • segnali d’allarme di forte peri-
• previsioni a breve colo (itinerario molto pericoloso
e medio termine. e da evitare): valanghe sponta-
nee cadute in giornata, fessure e
rumori “woum” al momento del
carico del manto nevoso.

3 - INFORMAZIONI SULLA SALITA

guide, carte topografiche, tracciato di rotta


• accesso al massiccio, avvicinamento al rifugio;
• caratteristiche dell’itinerario: difficoltà, dislivello,
quota, orientamento dei versanti, accesso
alla parete, ritorno;
• individuazione zone critiche: tratti esposti alla cadu-
ta di pietre e ghiaccio, crepacci, seracchi, pendii ripidi
da attraversare;
• carte topografiche 1:25.000, bussola e altimetro,
GPS;
• preparazione del tracciato di rotta
(marcia al buio, zona sconosciuta, nebbia);
• studio delle possibili varianti e relativo tracciato di
rotta;
• individuazione di itinerari alternativi.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

4 - ATTREZZATURA
equipaggiamento ed attrezzatura
individuale e collettiva
• equipaggiamento e viveri;
• attrezzatura alpinistica individuale;
• equipaggiamento ed attrezzatura collettiva;
498 • materiale di pronto soccorso.

5 - CONTROLLO PRIMA DELLA


PARTENZA
effettuare sempre ultimi contolli su
• orari;
• condizioni del tempo.

6 - DURANTE L'USCITA
mantenere sempre un opportuno comportamento
in rifugio o bivacco e durante l'ascienzione
In rifugio:
• si deve rispettare il silenzio dalle ore 22 alle 6;
• si devono rispettare i bisogni e le necessità degli
altri;
• seguire le indicazioni del gestore;
• mantenere la pulizia dei locali;
• firmare il “libro dei visitatori”.
Durante la salita:
• osservare sempre lo stato d’animo e fisico dei
compagni;
• cercare di rispettare sempre gli orari program-
mati per le varie fase dell’ascensione;
• sapere rinunciare se qualcosa non va secondo
quanto programmato.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Guide alpinistiche e classificazione


delle difficoltà
La scelta dell’ascensione più adatta alle condi-
zioni degli alpinisti e alle condizioni della mon-
tagna si basa anche molto sulla consultazione
di guide, testi o riviste di settore che forniranno
indicazioni dettagliate riguardo la marcia di 499

avvicinamento, le difficoltà, il dislivello, la


quota, l’orientamento, il ritorno, i tempi di
percorrenza medi, l’esistenza di eventuali rifugi
o punti di appoggio.
Tutte le valutazioni riportate nelle guide fanno Tutte le valutazioni ripor-
tate nelle guide fanno
comunque riferimento alla montagna in buone riferimento alla monta-
condizioni e con tempo favorevole; esse valgono gna in buone condizioni
per alpinisti preparati fisicamente e psicologica- e con tempo favorevole;
esse valgono per alpini-
mente per il livello di difficoltà prescelto. sti preparati fisicamente
Le difficoltà sono espresse con quattro tipi di e psicologicamente per il
indicazioni: livello di difficoltà pre-
scelto.
1 - difficoltà su roccia;
2 - caratteristiche della via;
3 - valutazione d’insieme;
4 - difficoltà su neve e ghiaccio.
Per la descrizione delle difficoltà si veda il capi-
tolo 13.

Studio dell’itinerario con la carta


topografica
Carte topografiche
L’itinerario della salita deve essere studiato nei Una buona lettura della
carta topografica con-
particolari consultando guide alpinistiche e
sente di individuare la
anche carte topografiche che riportano i percorsi conformazione generale
e i sentieri alpinistici. Una buona lettura consen- del terreno, l’esposizione
dei versanti che saran-
te di individuare la conformazione generale del no percorsi in salita e
terreno, l’esposizione dei versanti che saranno discesa, eventuali rifugi
percorsi in salita e discesa, eventuali rifugi, punti e i punti di riferimento
significativi.
di riferimento significativi.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

Si determina sulla carta l’itinerario migliore e


più sicuro anche in funzione delle condizioni
della montagna evidenziando eventuali aree cre-
pacciate, zone impervie, ecc.. In questo modo
Determinando sulla si possono ridurre i problemi di orientamento
carta l’itinerario miglio-
re e più sicuro si pos- durante la marcia effettuata nelle ore notturne
500 sono ridurre i problemi o nel caso si manifestino situazioni di scarsa
di orientamento durante visibilità.
la marcia effettuata nelle
ore notturne o nel caso si Si consiglia vivamente di dedicarsi con costan-
manifestino situazioni di za a questa prassi; oltre ad interpretare più
scarsa visibilità. facilmente i riferimenti topografici ed acquista-
re maggiore familiarità con la strumentazione,
si otterrà il grande vantaggio, quando serve, di
essere tempestivi nelle decisioni e soprattutto
di non sbagliare la direzione di marcia.

Raccolta di informazioni
Oltre alle principali fonti di informazioni
costituite dalle guide e dalle carte topografiche
è buona cosa chiedere notizie e suggerimenti al
gestore del rifugio o ad altri alpinisti che hanno
già fatto la salita.

Studio dell’itinerario di ritorno


Le informazioni sull’iti-
Le informazioni sull’itinerario di ritorno devo-
nerario di ritorno devono
essere curate quanto la no essere curate quanto la marcia di avvici-
marcia di avvicinamento namento e la relazione di salita. La fatica, la
e la relazione di salita.
scarsa visibilità, il ritardo con cui si arriva in
vetta rendono spesso complicata la ricerca del
percorso di discesa.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

LA RESPONSABILITÀ
DELL’ACCOMPAGNATORE
Il responsabile di un gruppo, l’istruttore o il
capogita esperto dovrebbero avere alcuni requi-
siti di base:
501
• Essere aggiornati sulle tecniche della propria
disciplina e sulle misure di sicurezza.
• Mantenere una costante attività in monta-
gna e conservare buone condizioni fisiche per
evitare che la fatica pregiudichi le capacità di
valutazione e per essere in grado di aiutare chi
si trova in difficoltà.
• Avere una visione di insieme ed essere tempe- Avere una visione di
stivi nell’adozione delle misure precauzionali. insieme ed essere tempe-
stivi nell’adozione delle
• Maturare la capacità di prendere la decisione misure precauzionali
più corretta sulla base di informazioni incom- sono doti importanti per
un istruttore o accompa-
plete e contraddittorie (intuizione).
gnatore.
• Sviluppare la capacità di ragionare anche sotto
stress ed essere in grado di assumersi la respon-
sabilità di decidere.
• Cercare di esprimersi con chiarezza. Dare
poco per scontato. Accrescere la capacità di
comunicare, di scambiare opinioni, di con-
frontarsi, di accettare le critiche e riconoscere
gli errori.
• Ricercare una concordanza di intenti all’inter-
no del gruppo, spiegando la situazione e moti- Il responsabile di un
vando le scelte piuttosto che imporre le decisio- gruppo, oltre a dimostra-
ni in modo autoritario e senza giustificazioni. re in varie occasioni com-
petenza e buon senso,
deve tenere in opportuna
Il responsabile di un gruppo, oltre a dimo- considerazione le respon-
strare in varie occasioni competenza e buon sabilità che vengono
attribuite al capo comi-
senso, deve tenere in opportuna considera- tiva dall’ordinamento
zione le responsabilità che vengono attribuite giuridico.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

al capo comitiva dall’ordinamento giuridico.


L’accompagnatore (istruttore, capo gita, col-
laboratore), nello svolgimento della propria
attività nell’ambito dell’organizzazione CAI, si
pone in relazione con altri soggetti, interni od
esterni all’organizzazione, che si affidano ad essa
502 Con l’iscrizione ad un per svolgere attività alpinistiche (o sportive in
corso (o ad una gita) l’al-
lievo (o il partecipante) genere). Con l’iscrizione ad un corso (o ad una
si affida all’organizzazio- gita) l’allievo (o il partecipante) si affida all’or-
ne CAI, che agisce attra-
ganizzazione CAI, che agisce attraverso i propri
verso i propri accom-
pagnatori, confidando accompagnatori, confidando sull’esperienza e
sull’esperienza e sugli sugli insegnamenti di questi. Nello svolgimento
insegnamenti di questi.
della propria attività l’accompagnatore, oltre a
tenere un comportamento etico, cioè conforme
ai principi che ispirano l’attività dell’organizza-
zione cui appartiene (CAI), deve primariamen-
te rispettare il diritto assoluto di ogni persona a
non subire pregiudizio alla propria vita, integri-
tà ed incolumità personale.
L’organizzazione e l’accompagnatore, cui l’allie-
L’organizzazione e l’ac- vo del corso o il partecipante alla gita si sono
compagnatore, cui affidati, sono perciò chiamati a rispondere
l’allievo del corso o il
(responsabilità) nel caso in cui, nello svolgi-
partecipante alla gita si
sono affidati, sono per- mento della loro attività, si verifichi una lesione
ciò chiamati a rispondere del diritto all’integrità fisica dell’accompagnato.
(responsabilità) nel caso
in cui, nello svolgimen-
Ciò avviene, tuttavia, soltanto quando tale
to della loro attività, si lesione deriva da un comportamento dell’ac-
verifichi una lesione del compagnatore contrario alle regole dell’ordina-
diritto all’integrità fisica
dell’accompagnato.
mento giuridico (comportamento illecito).
Tale responsabilità può venire in rilievo su due
principali piani:
• Responsabilità penale, consistente nella
violazione di una norma penale (reato), che
comporta la irrogazione della sanzione penale
(reclusione, arresto, multa o ammenda).
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

La responsabilità penale è strettamente perso- La responsabilità penale


è strettamente personale,
nale, cioè ascrivibile unicamente alla persona cioè ascrivibile unica-
fisica che ha tenuto il comportamento illecito mente alla persona fisica
causativo della lesione (esempio: Art. 590 C.P. che ha tenuto il compor-
tamento illecito causativo
“Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesio- della lesione.
ne personale è punito con la reclusione fino a
tre mesi o con la multa fino a euro 309”). 503

• Responsabilità civile, consistente nella vio- La responsabilità civile,


lazione di una norma civile (inadempimento di consiste nella violazio-
ne di una norma civile
un obbligo), che comporta il pagamento di una (inadempimento di un
somma di denaro a risarcimento del danno. In obbligo), che comporta il
tal caso l’obbligo di risarcire il danno può far pagamento di una somma
di denaro a risarcimento
capo anche a soggetti diversi dall’autore della del danno.
lesione, tenuti a rispondere insieme con lui
(CAI) o a garantirlo (Assicurazione). Si veda
ad esempio l’art. 2043 C.C. “Qualunque fatto
doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto
a risarcire il danno”.
In entrambi i casi, perché si possa parlare di
responsabilità dell’accompagnatore, è necessa-
rio che la lesione del diritto all’integrità fisica
dell’accompagnato sia derivata da un compor-
tamento quantomeno colposo dell’accompa-
gnatore.
La colpa è un difetto della condotta concreta La colpa è un difetto
rispetto ad un modello di condotta astratta della condotta concreta
rispetto ad un modello di
imposto da una regola (legale o non legale) condotta astratta impo-
finalizzata ad evitare il turbamento della civile sto da una regola (legale
o non legale) finalizzata
convivenza. Quando il comportamento che ha
ad evitare il turbamento
causato la lesione non è stato conforme alla della civile convivenza.
condotta astratta prevista da una norma di
legge, di regolamento o altre discipline, anche
tecniche, dettate nel nostro campo di azione,
si parla di colpa specifica, quando invece vi è
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

violazione delle regole comuni di prudenza,


diligenza e perizia si parla di colpa generica.

Concetto di colpa generica e di


causalità
Per l’accompagnatore la colpa generica consiste
504 non solo nella violazione delle comuni regole di
prudenza, diligenza e perizia, che valgono per
ogni persona, ma anche di quelle che derivano
dall’esperienza e dalla natura dell’attività eserci-
tata. Il parametro astratto di valutazione della
condotta concreta dell’accompagnatore non sarà
soltanto quello del comportamento del buon
padre di famiglia, cioè della diligenza solitamen-
te usata in identiche circostanze dai componenti
della collettività, ma del soggetto che esercita
una attività qualificata, quella appunto di istrut-
Fig. 12.26 Fase di salita tore-accompagnatore. Il criterio di valutazione a
cui si ricorre è quello della cosiddetta prevedibi-
lità dell’evento: sussiste colpa se il responsabile
era in grado di prevederlo o aveva il dovere di
Il criterio di valutazione farlo, usando la propria esperienza o quella che è
a cui si ricorre è quello doveroso pretendere in chi ricopre una determi-
della cosiddetta prevedi-
bilità dell’evento: sussiste
nata qualifica o assume un determinato ruolo ai
colpa se il responsabile fini della tutela della sicurezza di altre persone.
era in grado di preve- L’evento dannoso (lesione dell’incolumità fisica
derlo o aveva il dovere
di farlo, usando la pro- dell’accompagnato) avrebbe cioè potuto essere
pria esperienza o quella evitato e doveva essere evitato se l’accompagna-
che è doveroso preten- tore avesse tenuto un comportamento diligente,
dere in chi ricopre una
determinata qualifica o prudente e perito. Se a determinare l’evento
assume un determinato dannoso ha concorso il comportamento negli-
ruolo ai fini della tutela gente, imprudente ed imperito di più persone, si
della sicurezza di altre
persone. verificherà un concorso di persone nell’illecito e
tutti saranno chiamati a rispondere dell’inciden-
te e delle sue conseguenze (sanzioni).
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Naturalmente è necessario che tutte le diverse


azioni od omissioni poste in essere dai vari sog- È fonte di responsabilità
getti concorrenti esplichino una efficacia causale non solo il comporta-
mento attivo che produ-
adeguata al prodursi dell’evento dannoso, secon-
ce l’evento dannoso, ma
do le regole della comune esperienza. È fonte di anche la mancata adozio-
responsabilità non solo il comportamento attivo ne (omissione) di misure
idonee ad impedirlo che
che produce l’evento dannoso, ma anche la l’accompagnatore ha, in
505

mancata adozione (omissione) di misure idonee quanto tale, l’obbligo di


ad impedirlo che l’accompagnatore ha, in quan- attuare.
to tale, l’obbligo di attuare.
Il rapporto di causalità tra l’azione/omissione e
l’evento dannoso è escluso soltanto dalla causa
sopravvenuta che sia da sola sufficiente a pro-
Possono venire rileva-
durre l’evento. È bene ricordare che l’attività te, nel caso di incidente
dell’accompagnatore si svolge in forma organiz- ascrivibile a comporta-
mento illecito dell’ac-
zata nell’ambito della struttura del CAI. compagnatore, anche
Possono perciò venire rilevate, nel caso di le responsabilità degli
incidente ascrivibile a comportamento illecito altri soggetti, gerarchica-
mente o funzionalmente
dell’accompagnatore, anche le responsabilità sovraordinati a questo,
degli altri soggetti, gerarchicamente o funzio- che hanno l’obbligo di
nalmente sovraordinati a questo, che hanno vigilanza sulla sua azio-
ne (Direttore del Corso,
l’obbligo di vigilanza sulla sua azione (Direttore Direttore della Scuola,
del Corso, Direttore della Scuola, Presidente di Presidente di Sezione).
Sezione).

Forme della colpa generica


Imprudenza
È la violazione di comandi negativi (divieti). Le L’imprudenza è avventa-
tezza, insufficiente pon-
regole della prudenza vietano, infatti, determi-
derazione, scarsa consi-
nati comportamenti o loro modalità di attuazio- derazione della realtà, del
ne. L’imprudenza è avventatezza, insufficiente pericolo, degli interessi
altrui.
ponderazione, scarsa considerazione della realtà,
del pericolo, degli interessi altrui. Al contrario
è persona prudente chi osserva, chi adotta un
atteggiamento accorto, cauto. È imprudente chi
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

agisce in contrasto con le norme di sicurezza det-


È imprudente chi agi- tate dall’esperienza; colui che arrischia troppo e
sce in contrasto con le va incontro a pericoli; chi dimostra leggerezza,
norme di sicurezza detta- spericolatezza, precipitazione. È imprudente, ad
te dall’esperienza; colui
che arrischia troppo e esempio, iniziare una escursione in caso di previ-
va incontro a pericoli; sione di forte maltempo, affrontare pendii ripidi
chi dimostra leggerezza,
506 con forte innevamento o sovraccaricare con un
spericolatezza, precipita-
zione. gruppo numeroso pendii ritenuti sospetti, non
attrezzare con corde fisse o corde doppie tratti
alpinistici decisamente impegnativi rispetto al
livello tecnico dei partecipanti; in un ghiacciaio
girovagare a piedi senza corda, sopravvalutare le
capacità e la resistenza dell’allievo, frequentare
un luogo totalmente sconosciuto, ecc..

Negligenza
È la violazione di regole positive (comandi). Le
regole di diligenza sono quelle che prevedono
E' persona negligente le modalità con cui vanno compiute le azioni,
chi presta scarsa cura al
soprattutto l’attenzione. È persona diligente
compito da svolgere; chi
dimostra trascuratezza, chi esegue un compito con cura e scrupo-
disattenzione, dimen- lo. Viceversa è persona negligente chi presta
ticanza, pigrizia, difetti
dovuti ad incuria.
scarsa cura al compito da svolgere; chi dimo-
stra trascuratezza, disattenzione, dimenticanza,
pigrizia, difetti dovuti ad incuria. È negligente
non ascoltare il bollettino nivo-meteo prima
di intraprendere una salita; utilizzare materiale
alpinistico non adatto o in cattive condizioni;
durante un’escursione procedere in testa al
gruppo senza più curarsi della situazione degli
accompagnati e dell’andamento della salita.
Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

507

Fig. 12.26 b Fase di salita

Imperizia
È la violazione delle regole tecniche prescritte
per il compimento di una determinata atti-
vità. È persona competente (perita) chi tiene
un comportamento conforme alle regole della
buona tecnica dettate nel suo campo di azione,
ponendole in essere senza difficoltà ed in modo
tempestivo, per le quali è adeguatamente prepa-
rato, esperto ed aggiornato.
È il caso della guida alpina, del maestro di sci, L’imperizia è il mancato
o difettoso impiego delle
dell’istruttore, che hanno acquisito nozioni proprie competenze e
teoriche e maturato abilità pratiche mediante l’impreparazione a svol-
consolidata attività; tali competenze costitui- gere certe attività.
Dimostra imperizia la
scono il necessario bagaglio di chi opera in un persona che svolge con
determinato settore. Viceversa, l’imperizia è scarsa competenza un
il mancato o difettoso impiego di tali nozioni compito, per inesperien-
za o vera e propria inca-
e abilità, e l’impreparazione a svolgere certe pacità.
attività. Dimostra imperizia la persona che
svolge con scarsa competenza un compito, per
inesperienza o vera e propria incapacità. Si
manifesta imperizia nello scegliere un percorso
tecnicamente troppo impegnativo per le capaci-
tà dei partecipanti al gruppo, sbagliare in modo
grossolano la direzione di marcia disponendo di
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

cartina topografica, bussola e altimetro; posizio-


nare in modo errato un ancoraggio, ecc..

Gite sezionali organizzate con


diligenza
Il gruppo numeroso, la difficoltà di imporre la
508 disciplina, la scarsità di collaboratori esperti,
richiedono che la gita sezionale sia organizzata
con diligenza. Devono essere curati in modo
particolare la scelta del capo gita e degli even-
tuali collaboratori, il livello tecnico dell’escur-
sione, le caratteristiche dei partecipanti, l’orga-
In caso di incidente, la nizzazione dell’uscita. In caso di incidente, la
scelta di un capo comi- scelta di un capo comitiva poco esperto per quel
tiva poco esperto per particolare percorso, oppure l’affidamento della
quel particolare percor-
so, oppure l’affidamen- gestione di un gruppo particolarmente nume-
to della gestione di un roso ad un solo responsabile, senza la collabo-
gruppo particolarmente
razione di altri alpinisti esperti, sono elementi
numeroso ad un solo
responsabile, senza la che possono far ricondurre le responsabilità al
collaborazione di altri Presidente di Sezione.
alpinisti esperti, sono
elementi che possono
far ricondurre le respon-
sabilità al Presidente di
Sezione.

Fig. 12.27 Discesa in corda doppia


Alpinismo su roccia Preparazione e
condotta della salita

Indicazioni per una condotta corretta del


responsabile del gruppo
a) L’accompagnatore deve essere dotato di capa-
cità ed esperienza adeguate al tipo di escursione
e possedere una buona condizione fisica.
b) Nel caso di gite che richiedono un impegno
alpinistico, si deve informare sulle capacità 509

fisiche e tecniche dei partecipanti e si deve assi- Nel caso di gite che
richiedono un impegno
curare che essi siano adeguatamente attrezzati. alpinistico, il responsabi-
Inoltre deve valutare la necessità di eventuali le si deve informare sulle
collaboratori. capacità fisiche e tecniche
dei partecipanti e si deve
c) Il responsabile di gita sezionale gode di assicurare che essi siano
autonomia di valutazione ed ha la facoltà di adeguatamente attrezzati.
stabilire i requisiti di accesso alla escursione, di Inoltre deve valutare la
necessità di eventuali col-
accettare o escludere la presenza di alcuni sog- laboratori.
getti, di opporsi a che il gruppo diventi troppo
numeroso.
d) L’accompagnatore durante l’escursione ha
la prerogativa di effettuare le scelte che si ren-
dono più opportune, secondo i canoni della
prudenza e della diligenza (e della perizia nel
caso dell’accompagnatore professionale e di
quello qualificato). La negligenza da parte del- La negligenza da parte del-
l’accompagnato potrebbe escludere o ridurre la l’accompagnato potreb-
be escludere o ridurre la
responsabilità di chi lo accompagna. Gli ordini responsabilità di chi lo
vanno impartiti con chiarezza e decisione e con accompagna. Gli ordini
la dovuta autorevolezza. vanno impartiti con chia-
rezza e decisione e con la
e) L’accompagnatore ha l’obbligo di ammonire dovuta autorevolezza.
e richiamare coloro che nelle escursioni si com-
portano in modo imprudente.
f ) In caso di indicazioni non veritiere circa le
proprie capacità, al partecipante può esser impe-
dito di continuare il corso o di prendere parte
alla gita. Nell’ambito di una escursione, anche
davanti a manifesti segni di incapacità e spossa-
tezza, nessuno però potrà essere lasciato solo.
Preparazione e Alpinismo su roccia
condotta della salita

g) Poiché in montagna non si possono mai


prevedere in modo totale i rischi di incidenti
(es. perdita di orientamento, scivolata, malore),
occorre prestare attenzione a tutti i parteci-
panti ed essere in grado di prestare eventuale
assistenza.
510
Indicazioni per una condotta corretta del
partecipante al gruppo
a) A carico degli accompagnati, se richiesto,
esiste il dovere di informazione circa le proprie
capacità e conoscenze tecniche. Le precedenti
esperienze da parte dell’escursionista o alpinista
Le precedenti esperienze sono a volte determinanti per accettare la sua
da parte dell’escursioni-
sta o alpinista sono a partecipazione ad un corso o ad una gita.
volte determinanti per b) Il partecipante deve possedere una prepara-
accettare la sua presenza zione fisica e tecnica adeguata al tipo di gita.
ad un corso o ad una
gita. c) Il partecipante deve contribuire alla buona
realizzazione dell’escursione con un comporta-
mento prudente e con impegno.
d) L’accompagnato dovrà adeguare il suo com-
portamento alle indicazioni di chi lo guida; in
caso di disubbidienza assumerà in proprio le
conseguenze e l’accompagnatore verrà sollevato
dalle responsabilità.
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

capitolo 13
Le scale delle difficoltà

INDICE

Premessa
Chi valuta e come si valuta una difficoltà
Un po’ di storia e un po’ di chiarezza
Difficoltà su roccia
Difficoltà d'insieme
Il boulder
Conclusione

torna al sommario
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

PREMESSA

In questo capitolo si analizzeranno i numerosi sistemi in uso per classificare


le difficoltà su roccia, cercando di proporre un punto di partenza per creare
un minimo di conoscenza storica e critica nei confronti delle scale stesse.
512
Attualmente, nella maggior parte dei casi, le gradazioni delle difficoltà sono
usate in maniera eccessivamente disinvolta, tanto da trarre spesso in inganno
chi si appresta ad intraprendere una scalata (di qualsiasi genere). Perciò
conoscere e distinguere i numerosi sistemi di valutazione che tuttora vengono
utilizzati serve per capire e confrontare fra loro le relazioni di scalate, in base
alle loro reali difficoltà. Oltre a passare in rassegna i pregi e i difetti delle
numerose scale presenti in arrampicata e in alpinismo, si cercherà poi di
capire perché è opportuno indicare le difficoltà di una scalata.

CHI VALUTA E COME SI


VALUTA UNA DIFFICOLTÀ
Non è sempre facile stabilire la difficoltà di un
Nella maggior parte dei passaggio appena superato oppure di un’intera
casi per la valutazione
delle difficoltà funziona
lunghezza di corda: nella maggior parte dei
la legge del confronto casi funziona la legge del confronto o del cam-
o del campionamento, pionamento, che nella testa di uno scalatore
dove nella testa di uno
scalatore si confronta la confronta la situazione attuale con altre già vis-
situazione attuale con sute (difficoltà). Si può quindi tranquillamente
altre già vissute (diffi- affermare che più situazioni (esperienze) lo
coltà).
scalatore ha vissuto più avremo una valutazione
corretta delle difficoltà, anche se come in ogni
attività umana anche in questa esiste il rischio
della soggettività. Ovviamente non si possono
oggettivamente quantificare la grandezza degli
appigli e degli appoggi per classificare un pas-
saggio, di conseguenza il fattore soggettivo, in
alcune situazioni e in alcuni casi, entra pesan-
temente in gioco. Una corretta valutazione può
essere falsata dalle abitudini degli alpinisti o
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

arrampicatori locali, che in alcuni casi incidono


pesantemente sui giudizi. Chi è abituato a muo-
versi in un certo ambiente può dare alle diffi-
coltà una valutazione che si discosta parecchio
L'eccesso di confidenza
dalla realtà e, di conseguenza, tali valutazioni in un certo ambiente può
possono creare qualche problema a chi si acco- dare alle difficoltà una
valutazione che si disco-
sta per la prima volta a quell’ambiente. Un altro 513
sta parecchio dalla realtà
problema non marginale è il linguaggio in uso e, di conseguenza, tali
fra gli addetti ai lavori. L’esempio più banale valutazioni possono crea-
re qualche problema a chi
può essere la definizione di “facile” o “difficile”: si accosta per la prima
se per alcuni il “difficile” comincia ad un certo volta a quell’ambiente.
livello è altrettanto vero che sotto a quella soglia
esistono non poche “sfumature”, nelle quali
possono muoversi una moltitudine di persone.
Ultimo, ma assai complesso problema che si
pone a chi valuta delle difficoltà (specialmente
in montagna), sono le condizioni ambientali, La difficoltà espressa
dovrebbe sempre essere
che ovviamente sono da catalogare come fattore riferita alle condizioni
oggettivo e si manifestano nell’arrampicata su ottimali della parete o del
roccia in situazioni di roccia bagnata, oppure passaggio.
ghiacciata, che possono addirittura pregiudicare
la riuscita di una scalata. La difficoltà espressa
dovrebbe sempre essere riferita alle condizioni
ottimali della parete o del passaggio.
Infine ci si dovrebbe chiedere perché è utile
classificare le difficoltà. "Le difficoltà si devono
Una prima risposta potrebbe essere che le dif- definire sia per agevolare
ficoltà superate possono costituire dei punti di la scelta di un’ascensione
sia per evitare che l’alpi-
confronto con se stessi e con gli altri, perciò la nista o l’arrampicatore si
definizione delle difficoltà può essere un chiaro trovi di fronte a passag-
riferimento del proprio livello di prestazione gi tecnici o a situazioni
ambientali superiori alle
nonché dell’evoluzione stessa della scalata. Una sue capacità".
seconda risposta, invece, potrebbe essere quella Gino Buscaini
che Gino Buscaini usava premettere prima di
addentrarsi in un’esposizione sulle scale delle
difficoltà: “Le difficoltà si devono definire sia
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

per agevolare la scelta di un’ascensione sia


per evitare che l’alpinista o l’arrampicatore si
trovi di fronte a passaggi tecnici o a situazioni
ambientali superiori alle sue capacità”. Questo
Classificare le difficoltà
di una scalata o di un pensiero Buscaini lo scriveva nella prefazione
singolo passaggio non è dei volumi della “Guida dei Monti d’Italia”,
soltanto un esercizio per
514 collana del CAI-TCI che egli coordinò per
sancire grandi prestazio-
ni in arrampicata o gran- 34 anni e che sotto la sua direzione diede alle
di exploit alpinistici, ma stampe ben 46 volumi. Ne consegue che classi-
diventa uno strumento
per trasmettere informa-
ficare le difficoltà di una scalata o di un singolo
zioni corrette e per creare passaggio non è soltanto un esercizio per san-
un certo tipo di cultura cire grandi prestazioni in arrampicata o grandi
alpinistica.
exploit alpinistici, ma diventa uno strumento
per trasmettere informazioni corrette e per
creare un certo tipo di cultura alpinistica.
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

UN PO' DI STORIA E UN
PO' DI CHIAREZZA
Dopo la sua nascita, l’alpinismo ha dovuto
subito fare i conti con la valutazione delle Nelle prime relazioni, per
difficoltà e, anche se agli albori non esistevano classificare una difficoltà
gli scalatori usavano ter- 515
ancora le scale, esisteva però il confronto fra le mini come “minore” o
diverse scalate effettuate. Nelle prime relazio- “maggiore” instaurando
ni, per classificare una difficoltà gli scalatori un paragone tra scalate.
usavano termini come “minore” o “maggio-
re” instaurando un paragone tra scalate; poi
s’introdussero altri termini come passaggio
“agevole” o “difficile” o addirittura “ardito”.
Quindi si cominciò a classificare con valutazio-
ni numeriche le ascensioni più conosciute e si
stabilirono sommariamente tre livelli, chiamati
Verso la fine dell’Otto-
in seguito gradi. cento, vi furono presta-
Successivamente, verso la fine dell’Ottocen- zioni individuali entrate
nella storia e nell’evolu-
to, vi furono prestazioni individuali entrate
zione dell’alpinismo che
nella storia e nell’evoluzione dell’alpinismo, superarono di volta in
superando di volta in volta un limite sempre volta un limite sempre
ritenuto impossibile.
ritenuto impossibile. Così abbiamo assistito
al raggiungimento del IV grado ad opera di
Mummery sulla parete ovest del Grépon nel
gruppo del Monte Bianco (1881) e di Winkler
che scalò la Torre del Vajolet nel 1887, da solo
e a soli 17 anni, quella delle tre Torri del Vajolet Nei primi anni del
(Dolomiti, Catinaccio) che ancora oggi porta il Novecento un altro impul-
suo nome. Nei primi anni del Novecento un so portò il livello ancora
più in alto raggiungendo
altro impulso portò il livello ancora più in alto sulle Dolomiti il V grado,
e, più o meno contemporaneamente, Dülfer, in mezzo a non poche
Preuss, Piaz e Dibona raggiunsero il V grado polemiche sull’uso e sul-
l’abuso del chiodo, allora
sulle Dolomiti, in mezzo a non poche pole- inteso solo come mezzo
miche sull’uso e sull’abuso del chiodo, allora di protezione.
inteso solo come mezzo di protezione.
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

La misurazione delle difficoltà in alpinismo


e in arrampicata aveva preso una sua precisa
fisionomia e sembrava che si aspettasse soltan-
Quando Solleder e
Lettenbauer superaro- to un’ufficializzazione di quella che sembrava,
no la storica via sulla a tutti gli effetti, una scala delle difficol-
parete nord ovest della
Civetta e la valutarono
tà. L’occasione si presentò nel 1925, quando
516 di VI grado, si sancì che Solleder e Lettenbauer superarono la storica
il VI grado era il livello via sulla parete nord ovest della Civetta e la
massimo umanamente
possibile e si costruì la valutarono di VI grado. Dopo questo nuovo
scala delle difficoltà con impulso, al quale ne seguirono altri di ben noti
questo criterio. alpinisti, si sancì che il VI grado era il livello
massimo umanamente possibile e si costruì
la scala delle difficoltà con questo criterio.
La scala prese il nome da Willo Welzenbach,
La scala prese il nome
da Willo Welzenbach,
colui che la presentò alla platea alpinistica, ma
colui che la presentò alla era frutto dell’elaborazione degli alpinisti di
platea alpinistica, ma era Monaco di Baviera e per questo fu anche chia-
frutto dell’elaborazione
degli alpinisti di Monaco
mata la Scala di Monaco. Negli anni successivi
di Baviera e per questo l’italiano Domenico Rudatis suggerì l’inseri-
fu anche chiamata la mento dei segni “–” (meno) e “+” (più) che
Scala di Monaco.
dovevano accompagnare i sei livelli della scala
Welzenbach. Intanto in Francia Lucien Devies
cominciò a parlare di valutazioni delle diffi-
coltà d’insieme e non solo di passaggi tecnici.
Nel 1936 Devies spiegò il suo concetto propo-
Nel 1936 Lucien Devies
cominciò a parlare di
nendo sei livelli di valutazione per le difficoltà
valutazioni delle difficol- d’insieme che dovevano rappresentare, secon-
tà d’insieme e non solo di do il loro ideatore, la difficoltà media di una
passaggi tecnici; propose
sei livelli che dovevano
scalata e non il passaggio tecnico più difficile.
rappresentare la difficol- Inoltre (e questo fattore era ed è fondamentale
tà media di una scalata e nelle Alpi Occidentali) la valutazione d’insieme
non il passaggio tecnico
più difficile. teneva conto anche delle difficoltà oggettive di
una parete. Nel 1943 il GHM (Groupe Haute
Montagne) ufficializzò la scala di valutazione
d’insieme di Devies con le sigle: F, PD, AD,
D, TD e ED, proponendo anche le sigle per
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

classificare l’arrampicata artificiale con A1, A2,


A3 e A4.
Nel 1967 l’ormai famosa scala Welzenbach
diventa ufficialmente la scala U.I.A.A. (Unione
Internazionale Associazioni Alpinistiche): essa Nel 1967 l’ormai famo-
era composta dai simboli romani dal I al VI, sa scala Welzenbach
seguiti dal segno “+” (più) o “–” (meno). In diventa ufficialmen- 517
te la scala U.I.A.A.
quell’occasione l’U.I.A.A. inserì nei suoi proto- (Unione Internazionale
colli anche le valutazioni introdotte da Devies e Associazioni Alpinisti-
dal GHM nel 1943 per le valutazioni d’insieme che): essa era composta
dai simboli romani dal
delle ascensioni e per la scala di difficoltà in I al VI, seguiti dal segno
arrampicata artificiale. Da quegli anni fino ai “+” (più) o “–” (meno).
giorni nostri l’U.I.A.A. è diventata il punto di
riferimento per quanto riguarda la scala delle
difficoltà, ma l’evoluzione delle prestazioni,
sempre incalzante, ha costretto l’associazione
a modificare nel tempo le proprie posizioni
ed alcune volte ad accettare dei fatti ormai
avvenuti. Così successe per il riconoscimento
del VII grado, avvenuto tardivamente dopo
che numerosi alpinisti e arrampicatori come Negli USA durante gli
Reinhold Messner (sul Pilastro di Mezzo del anni Sessanta il livel-
lo dell’arrampicata era
Sass d’la Crusc) e Reinhard Karl (lungo la fes- schizzato molto più in
sura “Pumprisse” sulla Fleischbank) nei primi alto rispetto all’Europa
anni Settanta avevano già infranto il tabù del e questo era dovuto alla
maniera diversa che ave-
VI+. L’U.I.A.A. introdusse il VII grado soltan- vano gli alpinisti califor-
to nel 1978. niani di avvicinarsi alle
Negli USA durante gli anni Sessanta il livello pareti, ai materiali inno-
vativi ed anche alla scala
dell’arrampicata era schizzato molto più in alto adottata da questi ultimi,
rispetto all’Europa e questo era dovuto alla che era una scala aperta.
maniera diversa che avevano gli alpinisti cali-
forniani di avvicinarsi alle pareti, ai materiali
innovativi ed anche alla scala adottata da questi
ultimi, che era una scala aperta.
E’ proprio negli anni Settanta che si sviluppano
in Italia le nuove idee dell’arrampicata, con il
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

“Nuovo mattino” di Gian Piero Motti e con


il “Gioco arrampicata” di Ivan Guerini: movi-
menti finalizzati al piacere dell’arrampicata,
intesa come divertimento e superamento delle
difficoltà su pareti che non necessariamente
Anche l’arrampicata portavano in cima ad una montagna, ma nella
europea svincolata dal-
518
l’impegno pressante del maggior parte dei casi sbucavano in bucoli-
raggiungimento della ci alpeggi. Così anche l’arrampicata europea
cima potè liberarsi dai svincolata dall’impegno pressante del raggiun-
molti condizionamenti e
sull’esempio degli alpi- gimento della cima potè liberarsi dai molti
nisti californiani scoprì condizionamenti e sull’esempio degli alpinisti
il gusto della prestazione californiani scoprì il gusto della prestazione
atletica.
atletica. Ovviamente ci furono un’esplosione
di prestazioni tanto che l’U.I.A.A. sette anni
dopo l’introduzione del VII grado (1985) aprì
definitivamente la scala verso l’alto, introdu-
cendo anche nelle valutazioni d’insieme la sigla
EX come “Eccezionalmente difficile”, visto che
gli alpinisti cominciarono a trasportare sulle
L’esigenza di quantificare pareti di alta montagna le prestazioni fornite
delle prestazioni superio- sulle pareti di bassa quota.
ri al VI grado se l’era
posta proprio Lucien L’esigenza di quantificare delle prestazioni supe-
Devies, che nelle Guide riori al VI grado se l’era posta proprio Lucien
Vallot (1978) cominciò Devies, che nelle Guide Vallot (1978) comin-
ad usare le valutazioni
VIa, VIb, ecc. per valuta- ciò ad usare le valutazioni VIa, VIb, ecc. per
re le difficoltà superiori valutare le difficoltà superiori al VI grado. Nel
al VI grado. frattempo, sulle pareti di bassa quota francesi,
comparvero valutazioni che differenziavano la
difficoltà superiore al VI grado e nacquero le
sigle 6a, 6b, ecc.. Negli anni Ottanta del secolo
scorso il livello dell’arrampicata su roccia si
innalzò a tal punto che in alcuni casi, per certe
ascensioni, ci si ritrovò senza una valutazione
adeguata. Fu così che, in un bar di Chamonix,
nacque la valutazione d’insieme ABO (abo-
minable, non riconosciuta dall’U.I.A.A.): una
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

sigla che dovrebbe significare il livello massimo


raggiungibile. Verso la fine degli anni Ottanta,
François Labande, compilatore di guide fra
le quali quella del Dauphinè (Delfinato) pre-
sentò la scala francese per le ascensioni alpine Verso la fine degli
confrontandola con la U.I.A.A., sostituendo anni Ottanta, François
Labande presentò la scala
i numeri romani VIa, VIb, ecc. con i numeri francese per le ascensio-
519

arabi 6a, 6b, ecc. e comparando il VI grado ni alpine confrontandola


U.I.A.A. con il grado “5a”. In effetti, le sigle con la U.I.A.A., sosti-
tuendo i numeri roma-
6a, 6b, ecc. esistevano già, ma Labande, in ni VIa, VIb, ecc. con i
quell’occasione, usò quella scala per ufficializ- numeri arabi 6a, 6b, ecc.
e comparando il VI grado
zare la scala francese che oggi molti conoscono.
U.I.A.A. con il grado
Non di poco conto, però, fu la retromarcia “5a”.
compiuta dallo stesso Labande qualche anno
dopo tornando (per la guida “Dauphinè vol.
II”) ai numeri romani prima delle lettere (VIa,
VIb, ecc. ): finora non si conoscono ancora le
affinità o come confrontare il VIa e il 6a.
Questo per quanto riguarda la cerchia alpina,
ma, se allarghiamo lo sguardo anche alla sola
Europa, ci accorgiamo che in ogni zona dove
si svolgono attività alpinistiche e/o d’arram-
picata esistono delle scale di difficoltà diverse,
come ad esempio nel Regno Unito o sulle torri
d’arenaria lungo il corso del fiume Elba e in
Boemia; per non parlare poi dei paesi dell’ex
blocco comunista, dove sono sempre esistite
scale diverse. Altre realtà ben note, come gli
Stati Uniti, l’Australia e il Sud Africa, hanno
vissuto le loro evoluzioni con parametri di rife-
rimento sempre locali e difficilmente esporta-
bili. Attualmente in Italia la mentalità è quella
di un uso distorto delle due scale di valutazione
più comuni e cioè la francese e la U.I.A.A. in
quanto nella maggior parte dei casi non si usa
correttamente né una né l’altra scala.
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

DIFFICOLTÀ SU ROCCIA
In Italia si va sempre più affermando la classi-
ficazione delle difficoltà con la scala francese.
In alcuni casi per le vie classiche viene usata la
scala U.I.A.A. fino al V+, per poi introdurre
520
L’attuale scala francese il 6a, 6b, ecc.. In altri, invece, si usa la scala
è una scala nata per la
francese per qualsiasi tipo di relazione classica
falesia ossia per l’arram-
picata sportiva, in quan- o moderna e, nella moltitudine di riscritture
to esprime la valutazione di relazioni di vie famose, s’ incontrano spesso
sulla lunghezza di corda
e non sul singolo pas-
non solo incongruenze e inesattezze ma vere e
saggio. proprie contraddizioni. Forse sarebbe il caso di
chiarire i pregi e i difetti delle due scale.
Come abbiamo visto nel breve riepilogo sto-
rico, l’attuale scala francese è una scala nata
per la falesia ossia per l’arrampicata sportiva,
in quanto esprime la valutazione sulla lun-
Per le vie sportive la
ghezza di corda e non sul singolo passaggio: la
ricerca della via di salita differenza appare abbastanza chiara quando si
è data dalla continuità ha esperienza su entrambi i terreni (il classico
delle difficoltà, mentre
per le vie classiche la e lo sportivo). Per le vie sportive la ricerca
logica era (ed è) quella della via di salita è data dalla continuità delle
della “ricerca del faci- difficoltà, mentre per le vie classiche la logica
le nel difficile”, come
amava dire delle sue sca- era (ed è) quella della “ricerca del facile nel
late Bruno Detassis. difficile”, come amava dire delle sue scalate
Bruno Detassis. Perciò, inevitabilmente, nel
caso di scalate classiche (nelle cui lunghezze
di corda è presente discontinuità di passaggi),
dovrà essere usato un sistema di valutazione
adatto. Quindi: è pressoché inutile valutare
con la scala francese delle vie che non hanno
le caratteristiche per esserlo, è più “realistico”
usare la scala U.I.A.A., classificando passaggi
singoli con valutazioni differenti all’interno
della stessa lunghezza di corda. È anche vero
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

che, ultimamente, la scala francese viene usata


in maniera diversa, in quanto anche nelle fale-
sie le linee morfologicamente adatte a garantire
una certa continuità cominciano a scarseggiare
e di conseguenza, in alcuni casi, sullo stesso Un’altra difficoltà della
tiro s’incontrano difficoltà poco omogenee e scala francese è il suo
confronto con altre scale.
la valutazione cambia, ma bisognerebbe usare Alla sua comparsa, il
521

questa scala almeno in maniera corretta. livello 6a era assimilato


al VI+ U.I.A.A..
Un’altra difficoltà della scala francese è il suo
Ora, per stessa ammissio-
confronto con altre scale. Alla sua comparsa, il ne dell’U.I.A.A., lo stes-
livello 6a era assimilato al VI+ U.I.A.A.. Ora, so livello è paragonato
al VI.
per stessa ammissione dell’U.I.A.A., lo stesso
livello è paragonato al VI. Lo stesso discorso
vale per le difficoltà inferiori. L’U.I.A.A., fino-
ra, non ha prodotto una parametrazione per
i gradi sotto al IV, anche se su guide e riviste
circolano tabelle fino al III U.I.A.A., che viene
tradotto con il 3a della scala francese. Più che
francese, però, questo è il risultato di una scala
affermatasi nel tempo fra svizzeri, francesi e La mancanza di chiarezza
italiani, che hanno risolto il problema dei gradi caratterizza spesso anche
i compilatori di rela-
bassi (i famosi gradi plaisir) con una scala unica
zioni che usano la scala
che sostituisce la U.I.A.A. per vie di livello U.I.A.A.. Il riferimento
inferiore e perfettamente attrezzate. è all’uso indiscriminato
delle cifre arabe - che si
La mancanza di chiarezza caratterizza spesso leggono come numeri
anche i compilatori di relazioni che usano la cardinali (“5” si legge
scala U.I.A.A.. Il riferimento è all’uso indi- “cinque”), al posto delle
romane, che si leggono
scriminato delle cifre arabe - che si leggono come numeri ordinali
come numeri cardinali (“5” si legge “cinque”), (“V” si legge “quinto”)
al posto delle romane, che si leggono come - per indicare una dif-
ficoltà.
numeri ordinali (“V” si legge “quinto”) - per
indicare una difficoltà. Non è una questione
irrilevante, come potrebbe sembrare: le cifre
arabe non appartengono alla scala U.I.A.A. e,
scegliendo di usare una scala, è meglio farlo
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

correttamente. Già negli anni Trenta e poi


successivamente negli anni Settanta del secolo
Negli anni Trenta e poi scorso e fino ai giorni nostri, nelle relazioni di
successivamente negli vie dolomitiche compaiono spesso le cifre arabe
anni Settanta del secolo
scorso e fino ai giorni per valutare difficoltà U.I.A.A.. Tuttavia questa
nostri, nelle relazioni di maniera di esprimere le valutazioni, chiamata
vie dolomitiche com-
522 “scala veneta”, non può essere la regola, in
paiono spesso le cifre
arabe per valutare diffi- quanto è fonte di confusione.
coltà U.I.A.A.. Tuttavia Una puntualizzazione è necessaria anche sulle
questa maniera di espri-
mere le valutazioni, chia-
diffuse indicazioni di difficoltà obbligatorie.
mata “scala veneta”, non Nella maggior parte delle relazioni di vie spor-
può essere la regola, in tive si indica la valutazione massima e quindi
quanto è fonte di con-
fusione.
la difficoltà obbligatoria es. “7a, (6b obbl.)”;
non si tratta però di un modo corretto di dare
un’indicazione quando la via è stata aperta
dal basso (ossia quando l’apritore, prima di
tutto, ha superato la difficoltà obbligatoria e
soltanto in seguito ha scalato in arrampicata
libera l’itinerario). Si dovrebbe perciò antepor-
re la difficoltà obbligatoria a quella in libera
Nei monotiri e nelle
vie tracciate dall’alto è
ed eventualmente aggiungere i passaggi in
doverosa l’indicazione di artificiale compiuti: es. “6b obbl. e A0”. Lo
una sola difficoltà: quella stesso vale per gli itinerari classici “liberati”,
della progressione senza
resting o riposiziona-
che dovrebbero mantenere intatta la loro con-
menti (cioè soste di ripo- dizione di chiodatura lasciando ai ripetitori la
so) ottenuti con l’aiuto facoltà di salirli completamente o parzialmente
dei fix.
in arrampicata libera. Un discorso diverso
meritano invece i monotiri e tutte le vie trac-
ciate dall’alto. Lo scopo evidente di questi iti-
nerari è quello dell’arrampicata sportiva, perciò
è doverosa l’indicazione di una sola difficoltà:
quella della progressione senza resting o riposi-
zionamenti (cioè soste di riposo) ottenuti con
l’aiuto dei fix.
Un capitolo a parte merita infine la scala per
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

523

Scala UIAA e comparazioni


Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

la classificazione delle difficoltà in artificiale,


disciplina un po’ snobbata in Europa ma che
negli Stati Uniti ha incontrato il favore di mol-
Esistono parametri
diversi nell’uso della
tissimi appassionati. Esistono parametri diversi
stessa scala artificiale nell’uso della stessa scala e le sigle (A0, A1, A2,
e le sigle (A0, A1, A2, A3, A4 e A5) sono interpretate in funzione
A3, A4 e A5) sono inter-
524
pretate in funzione del del tipo di arrampicata, che negli States è ben
tipo di arrampicata, che diverso rispetto a quello praticato in Europa.
negli States è ben diverso La mentalità d’oltreoceano della scalata artifi-
rispetto a quello pratica-
to in Europa. ciale è concepita in funzione della potenziale
lunghezza di una caduta e del rischio di inci-
dente, anche perchè vengono usati materiali
e mezzi abbastanza aleatori e il distacco di un
punto di progressione a volte può determinare
il collasso di parecchi altri. La scala Europea
invece classifica la difficoltà in artificiale usan-
do il parametro della fatica che si deve fare
Visto che una scala delle per superare dei tratti di parete ed il rischio è
difficoltà non è altro evidenziato solo nell’ultimo grado.
che la misura di alcu- Visto che una scala delle difficoltà non è altro
ne prestazioni, è più
che normale che in ogni che la misura di alcune prestazioni, è più che
ambiente di alpinisti e/o normale che in ogni ambiente di alpinisti e/o
arrampicatori si tenda a arrampicatori si tenda a creare scale a proprio
creare scale a proprio uso
seguendo le idee o le per- uso seguendo le idee o le performances dei
formances dei campioni campioni locali. In ogni nazione all’infuori
locali.
dell’arco alpino dove si sono sviluppate attività
arrampicatorie, che poco avevano a che fare
con l’alpinismo, sono nate scale di classificazio-
ne delle difficoltà diverse. Per restare in Europa
la scala inglese e quella nata per classificare le
scalate sulle torri di arenaria nel bacino del
fiume Elba, a cavallo fra la Germania e la
Repubblica Ceca, sono gli esempi più noti e
meglio conosciuti. Entrambe hanno una carat-
teristica comune ed è quella delle regole severe
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

che condizionano l’arrampicata, che si con-


densano in poche e chiare parole: le protezioni
fisse (chiodi, fix o spit) non esistono, o meglio Nella scalata sulle torri
esistono solo in alcune specifiche situazioni d'arenaria le protezioni
fisse (chiodi, fix o spit)
come nei punti di sosta e nei punti di maggior non esistono, o meglio
pericolo. Questa scelta sulle torri di arenaria è esistono solo in alcu-
stata dettata soprattutto dalla fragilità della roc- ne specifiche situazioni 525
come nei punti di sosta
cia, essendo composta da sabbia pressata, che e nei punti di maggior
in alcune situazioni accetta solo degli incastri pericolo.
fatti con nodi su cordini. Per quanto riguarda
l’arrampicata inglese, invece, le regole sono di
natura etica: la roccia, secondo la mentalità
anglosassone, deve rimanere pulita prima e
dopo l’ascensione.
Nell’arrampicata inglese
Questa nella maggior parte delle strutture le regole sono di natura
rocciose del Regno Unito è una regola che etica: la roccia, secondo
condiziona ulteriormente la valutazione delle la mentalità anglosasso-
ne, deve rimanere pulita
difficoltà, in quanto il posizionamento di un prima e dopo l’ascensio-
ancoraggio buono o cattivo determina una ne.
valutazione diversa del passaggio.
Anche negli Stati Uniti vige un’etica abbastan-
za severa tanto che gli ancoraggi fissi (chiodi,
spit o fix) dove ci sono fessure sono banditi
e vengono usati dagli scalatori solo mezzi da
incastro. Ovviamente anche in questa realtà è Negli Stati Uniti vige
nata e si è sviluppata una scala delle difficoltà un’etica abbastanza seve-
ra tanto che gli ancoraggi
autoctona e non pochi europei hanno provato fissi (chiodi, spit o fix)
l’ebbrezza del 5.10 locale all’inizio degli anni dove ci sono fessure sono
Settanta, quando quel livello era paragonato banditi e vengono usati
dagli scalatori solo mezzi
al VII grado. L’U.I.A.A. negli anni ha sempre da incastro.
prodotto nuove tabelle di parametrazione fra le
varie scale di difficoltà, anche se attualmente
pochi compilatori di relazioni ne fanno rife-
rimento.
In questi ultimi anni, con l’esasperata specia-
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

lizzazione in arrampicata, si sono create nuove


scale usate alcune volte impropriamente: in
alcuni casi occorrerebbe stabilire il campo
La scala “E” è nata per d’azione e quindi cercare di interpretare e
classificare le prestazioni tradurre le varie sigle che normalmente riassu-
“a vista” in arrampicata. mono le difficoltà di una scalata.
526 Detto questo si potrebbe parlare di altre scale
specialistiche, come la scala “E”, nata per clas-
sificare le prestazioni “a vista” in arrampicata
o quella “headpointing”, anch’essa usata da
arrampicatori specialmente anglosassoni, ma
andremmo a sconfinare in una spiccata spe-
cificità ed aumenteremmo la gran confusione
che già esiste.
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

A0 o C0 sull’itinerario da salire sono presenti delle protezioni fisse.


sull’itinerario, le protezioni sono facili da posizionare e ciascuna
di esse è, teoricamente, in grado di sostenere una caduta. Viene
A1 o C1
spesso impiegato il sistema “french free”, ove si sale afferrando la
protezione fissa.
le protezioni sono solide, ma potrebbe essere complicato riuscire a
A2 o C2 posizionarle ed inoltre, sul numero complessivo di protezioni, un
paio potrebbero essere poco efficaci e non affidabili. 527

rappresenta una difficoltà come l’A2, ma le probabilità di caduta


A2+ o C2+
sono maggiori, anche da altezze comprese fra i 6 e i 10 metri.
la possibilità di proteggere la via risulta piuttosto difficile, necessi-
tano svariate ore per completare un tiro di corda e c’è la concreta
A3 o C3 possibilità di un volo di 18-24 metri, ma senza il rischio di toccare
terra o riportare ferite gravi. Prima di essere utilizzate, le protezio-
ni necessitano di essere testate.
come per il grado “A3”, ma c’è la possibilità di subire ferite gravi in
A3+ o C3+
caso di caduta. Le protezioni risultano poco resistenti.
c’è la possibilità di una caduta di 24-30 metri, con un atterraggio
A4 o C4 molto pericoloso, con delle protezioni che sono in grado di soppor-
tare soltanto il peso dello scalatore.
come per il grado “A4”, ma con pericoli ancora maggiori e più
A4+ o C4+
tempo per completare l’ascensione.
lungo la via, le protezioni sono in grado di sopportare soltanto il
peso del corpo dello scalatore per un intero tiro di corda e non
A5 o C5 sono presenti protezioni solide come chiodi ad espansione.
Una caduta del capocordata su un tiro di grado A5 comporta un
volo di 90 metri.
con questo grado, si indica una classificazione teorica, ma che in
recenti salite è stata sfiorata (o toccata). Essa indica difficoltà come
A5+
quelle di “A5”, ma con degli ancoraggi di assicurazione precari e di
cattiva qualità. In caso di caduta lo scalatore precipita fino a terra.

Note:
• Le valutazioni possono essere accompagnate dal segno + che indica il grado intermedio
fra due numeri.
• La lettera "e" può accompagnare le valutazioni fino all’A2 e indica che sono stati utilizzati
per la progressione chiodi ad espansione e/o e pressione.
• La lettera "C" (clean-aid climbing) sostituita o affiancata alla A (C1, C2, …, AC1,
AC2,… o A1C, A2C,…, può indicare che alcune lunghezze di corda vengono salite piaz-
zando le protezioni solo con le mani, senza usare il martello.
• Negli ultimi anni, in seguito all’evoluzione della tecnica e delle attrezzature, si è affiancata
alla valutazione classica una classificazione, cosiddetta new-wave, che rivede, comprimendo-
le, le difficoltà dell’arrampicata artificiale. Tale scala, a volte identificata con il suffisso “new
wave”, viene oggi adottata, per esempio, sulle vie aperte in Yosemite dopo il 1980.

Tabella valutazione delle difficoltà


in artificiale USA
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

SCALA EUROPEA
La valutazione delle difficoltà in arrampicata artificiale si esprime normalmente con la lettera A, segui-
ta dai numeri dallo 0 al 5 che esprimono l’aumento delle difficoltà, che sono non solo tecniche ma
anche di pericolo per cadute che possono essere irreparabili.

è il grado minimo di utilizzo di materiale per la progressione.


A0 Normalmente consiste nell’afferrare un rinvio o un chiodo già infisso,
528 senza particolari difficoltà o nell’uso della corda per manovre particolari.
può comportare l’ausilio di una staffa o di un cordino e può essere neces-
A1
sario aggiungere materiale per la progressione.
con questo grado di difficoltà comincia ad intervenire una certa dose di
esperienza per il dosaggio dello sforzo nel chiodare con difficoltà, superare
A2
strapiombi o nel raggiungere protezioni un po’ lunghe su placche lisce
impiegando doppie staffe.
crescono le difficoltà tecniche di manovra e messa in posa delle protezioni;
A3
spesso si ha a che fare con tetti molto pronunciati.
è fondamentale l’uso di moderni strumenti di progressione artificiale (cliff
hanger, rurp, sky-hook, nut particolari in materiali “spalmabili” come
A4
rame e ottone) per cui la catena del sistema di sicurezza della cordata,
oltre la sosta, assume una certa precarietà.
il rischio di caduta e relativo strappo del materiale dalla parete è sempre
A5
più alto…

Scala valutazioni per l’artificiale


Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

DIFFICOLTÀ D’INSIEME
Le difficoltà d’insieme sono un po’ la descrizio-
ne e la classificazione dell’ambiente nel quale si
svolge un itinerario che si vuole scalare. Sono Le difficoltà d'insieme
necessarie quando l’ambiente presenta delle sono necessarie quando
l’ambiente presenta delle 529
caratteristiche per le quali non è sufficiente caratteristiche per le quali
dare una valutazione delle sole difficoltà tecni- non è sufficiente dare una
valutazione delle sole dif-
che, ma deve tenere in debito conto dei fattori
ficoltà tecniche.
legati a:
• lunghezza della via,
• tipo di chiodatura,
• possibilità di ritirata,
• isolamento,
• difficoltà di avvicinamento e di discesa,
• pericoli oggettivi,
• reperibilità della via
e altri fattori che incidono pesantemente sulla
riuscita di un’ascensione.
Questo concetto riguarda principalmente le
sigle F, PD, AD, D, TD, ED, EX introdotte
dall’U.I.A.A. e spesso usate impropriamente per
esprimere valutazioni che non hanno niente a
che vedere con i concetti appena esposti. Queste
sigle non corrispondono ai gradi U.I.A.A. I, II, Con le difficoltà d'insie-
III e così via fino al VII, ma sono informazioni me si ha così una scala a
cosiddetta “doppia en-
che, anteposte alla difficoltà tecnica dei passag- trata” con classificazione
gi, danno una valutazione d’insieme che defini- sulle difficoltà d’insieme
sce le caratteristiche di una scalata. ed una sulla massima dif-
ficoltà tecnica.
Si ha così una scala a cosiddetta “doppia entra-
ta” con classificazione sulle difficoltà d’insieme
ed una sulla massima difficoltà tecnica. Un
esempio tipico può essere fatto per alcune vie di
roccia in alta montagna, che dovrebbero essere
valutate con una seconda difficoltà d’insieme in
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

quanto possono avere avvicinamenti e discese


lunghe e pericolose, quindi con la difficoltà
tecnica massima (es. TD, VI). La difficoltà
La difficoltà d’insieme è
per sua stessa definizio- d’insieme è per sua stessa definizione un insie-
ne un insieme di fattori me di fattori che contribuiscono a racchiudere
che contribuiscono a rac- in una sigla un giudizio immediato sul livello
chiudere in una sigla un
530
giudizio immediato sul di un’ascensione, che più sarà complessa e più
livello di un’ascensione, dovrà essere corredata di particolari, come
che più sarà complessa
commenti e raccomandazioni. La scala d’in-
e più dovrà essere corre-
data di particolari, come sieme U.I.A.A. non produce confusione di
commenti e raccoman- numeri o sigle e dovrebbe essere adattabile ad
dazioni.
ogni gruppo montuoso, come veniva proposto
nelle prime pagine dei volumi della collana
“Guida dei Monti d’Italia” dove si incontrava
un intero capitolo dedicato alla descrizione
e alla parametrizzazione delle ascensioni del
gruppo montuoso in questione con le scale
delle difficoltà usate per classificare le ascen-
sioni riportate. Questo lavoro, di grandissimo
valore, era svolto da Gino Buscaini, che non
lasciava niente al caso e spesso si interrogava
sulla bontà e sulla qualità delle sue scelte, che
ponderava con estrema saggezza non rincorren-
do mai nuove mode o velleitarie tendenze.
Gli attuali alpinisti e arrampicatori hanno però
alcune esigenze che vanno oltre le valutazioni
classiche e che portano a condizionare le scelte
Nicola Tondini ha con- degli itinerari: si tratta delle protezioni. In
figurato una scala delle alcuni casi si assiste al sistematico abbandono
difficoltà a “tripla entra-
ta”, differenziando la di vie classiche molto belle per il solo fatto
valutazione d’insieme che hanno poche protezioni fisse e, al contra-
dalla proteggibilità ed
rio, si assiste a rivalutazioni di vie poco o per
aggiungendo la valuta-
zione tecnica. niente entusiasmanti ma che sono protette
in modo perfetto. Intuendo quest’esigenza,
Nicola Tondini ha configurato una scala delle
difficoltà a “tripla entrata”, differenziando la
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

valutazione d’insieme dalla proteggibilità ed


aggiungendo la valutazione tecnica. Il risul-
tato, attualmente usato in parecchie guide, è
La novità di questa scala
soddisfacente e nella guida di Diego Filippi è quella di usare sei livelli
“Pareti del Sarca” raggiunge degli ottimi livelli di proteggibilità, da R1
a R6, a secondo della
di sintesi. La novità di questa scala è quella di
distanza e della quali-
usare sei livelli di proteggibilità, da R1 a R6, tà della chiodatura e la
531

a secondo della distanza e della qualità della possibilità d’integrazione


delle protezioni e, inoltre,
chiodatura e la possibilità d’integrazione delle di altri sei livelli da S1 a
protezioni e, inoltre, di altri sei livelli da S1 a S6 quando le protezioni
S6 quando le protezioni sono a fix o spit. Lo sono a fix o spit.
schema è quindi integrato dalle difficoltà tec-
niche in scala U.I.A.A. o francese a seconda del
tipo di itinerario (classico o sportivo), oltre ad
essere completato da una valutazione d’insieme
su sette livelli espressi in numeri romani. Lo
scopo è quello di dare un quadro completo
dell’ascensione al primo sguardo e, se non fosse
per i numeri romani delle valutazioni d’insie-
me e per alcune descrizioni delle stesse, l’idea
sarebbe perfetta. Comunque, anche con questo
piccolo difetto, rimediabile usando altre sigle
e descrizioni più consone, il problema delle Quando si parla di scale
valutazioni su roccia raggiungerebbe un buon di difficoltà usate da
alpinisti e arrampicato-
livello di chiarezza. Per tornare però a gettare ri bisogna convenire che
uno sguardo su quello che succede nel mondo, il motto “paese che vai
usanza che trovi” in que-
quando si parla di scale di difficoltà usate da
sto campo è più che mai
alpinisti e arrampicatori bisogna convenire che azzeccato. Di conseguen-
il motto “paese che vai usanza che trovi” in za è necessario sapere che
esistono scale locali d’in-
questo campo è più che mai azzeccato. Di con- sieme e tecniche in quasi
seguenza è necessario sapere che esistono scale tutti i paesi del mondo.
locali d’insieme e tecniche in quasi tutti i paesi
del mondo (scale che hanno una loro specifici-
tà ed una loro logica) ma che resta sconsigliato
farne uso lontano dalla loro realtà, anche se
nell’odierno villaggio globale spesso e volentieri
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

si incontrano sigle e numeri che non si riescono


ad interpretare. Così possiamo affermare che
la scala d’insieme russa può essere parametrata
con quella U.I.A.A., mentre quella alaskana,
che mette in evidenza il nome Alaska prima
di un numero romano (attualmente i livelli
532 sono sette) non è parametrabile con altre scale
conosciute.
Valutazione d’insieme
F facile
PD poco difficile
AD abbastanza difficile
D difficile
TD molto difficile
ED estremamente difficile
Scala difficoltà d’insieme UIAA EX eccezionalmente difficile

IL BOULDER
Anche nel Boulder esistono varie scale, anche
se la più comune usata in Europa è la scala
francese sviluppatasi a Fontainebleau: la culla
Il termine “Boulder”
deriva dal nome della
dell’arrampicata su blocchi del vecchio conti-
cittadina del Colorado nente. Il termine “Boulder” deriva dal nome
dove si sviluppò questa della cittadina del Colorado dove si sviluppò
attività di arrampicata su
massi e dagli States ci
questa attività di arrampicata su massi e dagli
arrivano varie scale per States ci arrivano varie scale per classificare le
classificare le prestazioni prestazioni degli arrampicatori. Per le prime
degli arrampicatori.
classificazioni di passaggi, gli americani usaro-
no la loro scala di valutazione e cioè 5.9, 5.10,
5.11, ecc., facendo precedere la valutazione
dalla lettera B (Boulder). Poi, con il tempo e
con lo sviluppo di quest’attività, maturò in
chi si arrampicava sui blocchi l’esigenza di
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

differenziarsi dalle comuni prestazioni quan-


tificabili con dei numeri e nacque la “Scala
B” concepita da John Gill. Questa scala non
è una comune scala delle difficoltà, ma si basa
Questa scala non è una
su una diversa visione della difficoltà come comune scala delle diffi-
misura di una prestazione. È quindi basata non coltà, ma si basa su una
diversa visione della dif-
sulla difficoltà oggettiva del passaggio ma sul ficoltà come misura di
533

numero di ripetizioni già riuscite dello stesso una prestazione. È quindi


passaggio. Ad esempio la classificazione B0 basata non sulla difficol-
tà oggettiva del passaggio
era attribuita ad un passaggio molto ripetuto, ma sul numero di ripe-
mentre la valutazione B1 era per un passaggio tizioni già riuscite dello
più impegnativo del precedente che aveva ben stesso passaggio.
poche ripetizioni ed infine la valutazione B2
era riservata a passaggi superati una sola volta
ed in attesa di ripetizioni. Ovviamente le valu-
tazioni dei passaggi cambiavano nel tempo,
un passaggio valutato inizialmente B2, con il
crescere della capacità degli arrampicatori era
destinato a scendere ad una valutazione infe-
riore. La scala però risultava limitata dal fatto
che raggruppava entro pochi valori una gran
quantità di passaggi, motivo per il quale è stata
progressivamente sostituita da altre scale. L’idea
di John Gill però fu molto originale e potrebbe
essere una maniera per differenziare non solo
sulla prestazione, ma anche dal punto di vista
della mentalità, l’arrampicata sui blocchi dalle
altre attività arrampicatorie.
Un altro sistema di valutazione, sempre ame-
ricano, è quello proposto da John Shermann
che si basa su concetti classici di valutazione
usando una scala detta “V” e che parte da un
livello minimo di “V0” fino ad un livello attua-
le compreso tra il “V14” e il “V15”.
Ovviamente anche questa scala è aperta verso
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

l’alto e con le prestazioni in crescita degli attua-


Anche in Italia, verso la li atleti il livello è destinato ad innalzarsi.
metà degli anni Settanta
del secolo scorso, si affer- Anche in Italia, verso la metà degli anni
mò la pratica del Boulder, Settanta del secolo scorso, si affermò la pratica
che inizialmente fu chia-
del Boulder, che inizialmente fu chiamata “sas-
mata “sassismo”: non era
solo l’attività di scalare sismo”: non era solo l’attività di scalare sassi ma
534 sassi ma una vera e pro- una vera e propria filosofia.
pria filosofia.
Avviato da Ivan Guerini in Val Masino, il
movimento dei “sassisti” confezionò anch’es-
Scale di valutazione nel boulder
so una sua scala per clas-
SCALE DI VALUTAZIONE NEL BOULDER sificare i passaggi che si
incontravano sui massi
Scala Scala SCALA SCALA che facevano da contor-
U.K. GILL V FOINTAINEBLEAU no al Sasso di Remenno.
Antonio Boscacci e soci
5b V0 inventarono una scala di
B0 V1 5c valore 100, nella quale il
V2 passaggio più facile valeva
5c
V3 6a 1 e il più difficile si avvi-
6a V4 6b cinava a 100, ma era una
B1
V5 6c scala bloccata ed ebbe vita
breve: ora anche in Val
V6 6c - 7a
di Mello si usa la scala di
6c V7 7a \ 7a+ Fontainebleau.
La scala più usata nel-
V8 7b \ 7b+
l’arrampicata sui massi
7a V9 7b+ \ 7c (“Boulder”) è dunque
V10 7c \ 7c+ quella francese con le sigle
B2
composte da numeri arabi
V11 7c+ \ 8a
seguiti da lettere minuscole
7b V12 8a \ 8a+ (6a, 6b, ecc…) che ovvia-
mente non hanno lo stesso
V13 8b \ 8b+
valore delle valutazioni dei
V14 8b+
V15 8c passaggi in parete, ma sono
… … molto più stretti.
Alpinismo su roccia Le scale delle
difficoltà

CONCLUSIONI
L’interpretazione e la capacità di usare corret-
tamente le scale delle difficoltà dovrebbero fare
parte del bagaglio culturale di ogni arrampica-
tore e/o alpinista, di conseguenza si spera con
Chi consulta guide o rac- 535
questo di aver contribuito a fare un po’ di chia-
colte di itinerari dovreb-
rezza nella giungla di sigle e d’interpretazioni be leggere attentamente
che si danno alle scale esistenti. Si potrebbero il capitolo che parla della
fare alcune raccomandazioni sull’uso di una scala usata per classificare
le difficoltà delle ascen-
sola scala nella stesura di relazioni e, preferibil- sioni proposte.
mente, di una scala chiara in tutti i suoi livelli di
difficoltà. Quindi chi consulta guide o raccolte
di itinerari dovrebbe leggere attentamente il
capitolo che parla della scala usata per classifica-
re le difficoltà delle ascensioni proposte.
Per quanto riguarda invece la conoscenza e l’in-
terpretazione delle scale esistenti, si dovrebbe
essere sempre sufficientemente aggiornati sia
sulle nuove tendenze del “movimento verticale”
sia, di conseguenza, sulle nuove sigle; questo, A volte la mentalità di
oggi, diventa sempre più difficile viste le nume- una singola specializ-
rose specializzazioni esistenti. zazione invade con le
proprie regole il campo
A volte la mentalità di una singola specializ- di altre, generando con-
zazione invade con le proprie regole il campo fusione non solo in chi
legge ma anche in chi
di altre, generando confusione non solo in chi
deve esprimere delle valu-
legge ma anche in chi deve esprimere delle valu- tazioni.
tazioni. Stendere delle relazioni in modo corret-
to, per fare conoscere montagne, pareti, falesie
o blocchi ad un numero sempre maggiore di
persone, in alcuni casi è utile, ma così facendo
si rovina la natura originale dell’alpinismo, che
è quella della scoperta e dell’esplorazione.
Si potrebbe anche terminare con le parole che
Lucien Devies scriveva al termine di un suo
Le scale delle Alpinismo su roccia
difficoltà

articolo sulla Rivista del CAF nel 1936:


“Le scale delle difficoltà hanno un grande difet-
to - come i Club Alpini, le riviste e le guide
- contribuiscono a togliere alla montagna la sua
parte inesplorata e il suo mistero”.

536
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

capitolo 14
Richiesta di soccorso

INDICE
Premessa
Numeri di chiamata del Soccorso Alpino sulle Alpi
Segnali internazionali di Soccorso Alpino
• Segnalazione acustica o ottica
• Segnalazione visiva
Il soccorso aereo
• Richiesta di soccorso
Scelta della zona di atterraggio e misure di sicurezza
• Fase di atterraggio
• Avvicinamento e allontanamento dal velivolo
• Fase di decollo
• Operazioni di imbarco e sbarco con elicottero in volo

torna al sommario
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

PREMESSA
Riportiamo in questo capitolo le norme fondamentali di comportamento da
osservare in caso di richiesta di soccorso e durante il suo svolgimento. La trat-
tazione è divisa in due parti; nella prima si richiamano al lettore i segnali che,
per convenzione internazionale, devono essere adottati in caso di richiesta di
538 soccorso. Nella seconda viene considerato il caso, particolarmente importante,
del soccorso aereo, cioè tramite elicottero.
Vengono ovviamente fornite solo le indicazioni che appaiono essenziali per
potere efficacemente interagire e collaborare con i soccorritori, nonché le infor-
mazioni che possono risultare di particolare utilità all’alpinista. Per ulteriori
informazioni e precisazioni anche di natura tecnica si può consultare la lette-
ratura più specializzata e in particolare il manuale tecnico di soccorso alpino,
edito dal CAI-CNSAS.
A conclusione di questa premessa, si ricorda che l’intervento del soccorso, se pur
essenziale a volte per salvare vite umane, non è una “opzione” a cui si deve
sempre e necessariamente ricorrere al minimo imprevisto. Purtroppo invece
negli ultimi tempi sono sempre più frequenti chiamate del soccorso in casi
in cui non è assolutamente necessario un intervento di tale tipo, con l’ovvia
conseguenza di costi inutili sostenuti dalla comunità e, soprattutto, il fatto che
se vi sono nel frattempo incidenti gravi i mezzi e gli uomini potrebbero non
essere in grado di intervenire in tempo utile. Per cercare di limitare questi casi,
molto frequenti da quando il telefono cellulare è così diffuso, in alcune regioni
italiane (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, …) è richiesto il pagamento di
una parte o addirittura dell'intero soccorso nei casi ritenuti non “gravi”.
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

NUMERI DI CHIAMATA DEL


SOCCORSO ALPINO SULLE
ALPI
In montagna è possibile che la chiamata ricada
su centrali diverse da quella di riferimento.
539
È perciò indispensabile fornire l’esatta località
di partenza della escursione e possibilimente la
località dell'incidente. Sarà compito della cen-
trale operativa allertare la squadra di soccorso
più idonea.

ITALIA: 118
FRANCIA: 15
SVIZZERA: 144
GERMANIA: 110
AUSTRIA: 144
SLOVENIA: 112

SEGNALI INTERNAZIONALI
DI SOCCORSO ALPINO

Si possono distinguere fondamentalmente due


condizioni in cui può essere necessario utilizza-
re segnali di soccorso alpino, cioè a seconda che
sia impossibile o possibile il contatto visivo tra
chi invia e chi deve ricevere il messaggio.
Nel primo caso i segnali possono essere di tipo
acustico, in genere la voce, o di natura ottica,
in genere una segnalazione luminosa. Nel
secondo caso vengono anche utilizzati partico-
lari atteggiamenti o posizioni del corpo di una
o più persone. I segnali in questione, sia acusti-
ci che ottici, debbono assolutamente rispettare
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

il più accuratamente possibile il codice stabilito


per convenzione internazionale, che viene sotto
I segnali di soccorso riportato.
alpino debbono assolu-
tamente rispettare, il più
accuratamente possibile, Segnalazione acustica o ottica
il codice stabilito per La segnalazione acustica o ottica è codificata
540 convenzione internazio- per i due casi di interesse: richiesta (chiamata)
nale.
di soccorso e risposta di soccorso.
I segnali da utilizzare nei due casi sono descritti
nelle figure.

Fig. 14.01 Segnali di chiamata

Fig. 14.02 Segnali di risposta


Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

Segnalazione visiva
Quando esiste il contatto visivo tra colui o colo-
ro che necessitano di aiuto e colui o coloro che
possono intervenire, direttamente (soccorso) o
indirettamente (avviso al posto di soccorso), si
utilizzano i segnali illustrati nella figura.
Come è evidente dalla loro descrizione, le 541

segnalazioni di cui sopra sono utilizzate nor-


malmente nel caso di soccorso tramite elicot-
tero ed è questa quindi la loro applicazione più
frequente e importante.

Segnalazione convenzionale
di avvenuto avvistamento
con l’oscillazione usata
quando esiste il contatto
visivo e non è possibile
quello acustico.

Posizione: Posizione:
in piedi con le braccia alza- in piedi con un braccio
te, e spalle al vento. alzato e uno abbassato, e
• Risposta affermativa ad spalle al vento.
eventuali domande poste • Non serve soccorso.
dai soccorritori. • Risposta negativa a even-
• Atterrate qui, il vento è tuali domande poste dai
alle mie spalle. soccorritori. Fig. 14.03 Segnali convenzionali visivi
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

Il SOCCORSO AEREO

Il soccorso aereo è oggi efficientemente orga-


L’elicottero è il mezzo nizzato in tutti i paesi in cui si pratica l’attività
più idoneo per effettua- alpinistica. L’elicottero è il velivolo che, per le
re in ambiente montano
operazioni di soccorso
sue peculiari caratteristiche tecniche, costituisce
542
e sgombero urgente di il mezzo più idoneo per effettuare in ambiente
ammalati e/o traumatiz- montano operazioni di soccorso e sgombero
zati gravi, sempre che le
condizioni meteorolo-
urgente di ammalati e/o traumatizzati gravi,
giche ne consentano il sempre che le condizioni meteorologiche ne
volo. consentano il volo.

Fig. 14.04 Elicottero per soccorso

La figura 14.05 mostra la calata di un soccor-


ritore da elicottero mediante verricello; l’imma-
gine 14.06 illustra il recupero di soccorritore e
barella con verricello.

Fig. 14.05 Uso del verricello


Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

543

Fig. 14.06 Uso del verricello

Richiesta di soccorso
Ci riferiamo qui a richieste di intervento effet-
tuate per via telefonica o radio.
1. Digitare il numero di telefono del soccorso
sanitario (per l’Italia 118).
2. Specificare all’operatore che ci si trova in
montagna e comunicare il nome della località
in cui è avvenuto l’incidente.
3. Fornire il nome di chi chiama e il numero
di telefono da cui si sta chiamando (se la chia-
mata dovesse interrompersi è importante che
il telefono venga lasciato libero per consentire
alla centrale operativa di richiamare).
4. Specificare il luogo esatto dove è avvenuto
l’evento e la sua quota o in ogni caso un rife-
rimento importante di ricerca, rilevabile dalla
cartina.
5. Riferire cosa è successo (lasciarsi in ogni
caso intervistare dall’operatore di centrale che
avrà la necessità di conoscere la dinamica del-
l’incidente).
6. Precisare quante persone sono state coin-
volte; possibilmente, specialmente nel caso di
dispersi, precisare il colore del loro abbiglia-
mento.
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

7. Dire quando è successo (la conoscenza


dell’ora dell’evento può far scattare diverse
procedure).
8. Comunicare la posizione dell’infortunato
(appeso, disteso, seduto, sepolto dalla neve) e se
la persona coinvolta ha difficoltà respiratorie, se
544 è cosciente, se perde molto sangue.
9. Di norma l’intervento di soccorso è già scat-
tato, ma in ogni caso è indispensabile rispon-
dere alle domande dell’operatore, che servono
per inquadrare con più precisione quanto potrà
essere necessario all’equipe di elisoccorso.
10. Informare sulle condizioni meteo del luogo:
eventuali precipitazioni in corso, vento e visi-
bilità.
11. Informare sulla situazione del terreno sul
quale avrà luogo l’atterraggio (terreno aperto,
bosco, pendio ripido, presenza di cavi sospesi,
linee elettriche, funivie).
12. Fornire altre notizie che possono risultare
utili per meglio organizzare l’operazione di
soccorso.
13. Non allontanarsi dal posto di chiamata per
rendere possibile un nuovo collegamento con i
soccorritori.

Si tenga inoltre presente che, sebbene si sia in


attesa dell’arrivo dell’elicottero, le eventuali ope-
razioni di autosoccorso condotte dai componenti
della cordata o della comitiva devono continuare.
Questo a maggior ragione su neve/ghiaccio
se sussiste una situazione di travolgimento da
valanga nella quale la velocità di ritrovamento
dei sepolti riveste la massima importanza.
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

SCELTA DELLA ZONA DI


ATTERRAGGIO E MISURE
DI SICUREZZA

L’elicottero, per le sue caratteristiche, può atter-


rare e/o decollare quasi ovunque. In fase di 545

soccorso il velivolo può appoggiarsi al suolo con


i pattini, oppure può operare in volo stazionario
in prossimità del suolo (hovering), ovvero non
potendosi avvicinare al terreno resta in volo
ed utilizza un verricello per effettuare calate e
recuperi. Se non si è legati in cordata in parete,
entro i limiti del possibile il punto di atterrag-
gio deve essere scelto in base ai seguenti criteri:
1. si scelgano aree pianeggianti sopraelevate,
evitando zone corrispondenti a conche o avval-
lamenti o disposte sui pendii;

Fig. 14.07 a Zone di atterraggio:


evitare gli avvallamenti
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

2. l’area deve essere lontana da fili tesi quali


linee elettriche, impianti a fune, teleferiche;

546

Fig. 14.07 b Zone di atterraggio:


lontano da fili tesi

3. devono essere evitate zone dove sia elevato


il rischio di caduta di pietre o ghiaccio o di
franamento di terra o ghiaia e quindi canaloni
e luoghi sottostanti le pareti;

Fig. 14.07 c Zone di atterraggio:


non trovarsi sotto la caduta
di pietre o ghiaccio

4. devono essere possibili traiettorie di atterrag-


gio e di successivo decollo con inclinazioni non
superiori a 20° rispetto all’orizzontale;
5. la piazzola deve avere il fondo solido e di
dimensioni tali da consentire all’elicottero di
appoggiare i pattini, e cioè circa m 4x4; deve
essere pianeggiante, libera da vegetazione alta
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

più di 20-30 cm e sgombra a terra da qualsiasi


oggetto. Il terreno circostante deve essere libero
da vegetazione e altri ostacoli per un’area di
almeno m 40x40;

547

Fig. 14.07 d Zone di atterraggio:


terreno pianeggiante privo di vegetazione

Fig. 14.07 e Zone di atterraggio:


area libera e sufficientemente ampia

6. non devono essere presenti materiali od


oggetti che possano essere sollevati dal flusso
d’aria generato dal rotore: indumenti lasciati
sul terreno o malamente indossati e svolazzanti,
copricapo mal fissati, corde e cordini, attrezzi
sporgenti, giacche, possono costituire serio
pericolo sia per l’elicottero che per i presenti;
7. qualora l’area di atterraggio fosse su terreno
innevato, la neve deve essere ben battuta attorno
alla piazzola, ciò per ridurre il turbinio di neve
che provoca il flusso d’aria del rotore e compat-
tare la superficie (spesso in presenza di neve il
velivolo non si appoggia al suolo per evitare di
sprofondare in modo irregolare);
8. eventuali altre cordate o singoli alpinisti
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

presenti sul luogo dell’intervento devono rima-


nere il più possibile fermi e in posizione non
troppo vicina, per non ostacolare le operazioni
o addirittura mettere in pericolo persone e
mezzi (scariche di sassi, ghiaccio o altro); ciò è
particolarmente importante nel caso si trovino
548 in posizione sovrastante l’area delle operazioni
e/o lo stesso elicottero;
9. è bene raggruppare in un unico punto, in
condizioni di sicurezza e ben visibili da parte
del pilota, le persone presenti e non diretta-
mente coinvolte nelle manovre.

Fig. 14.08 Fase di atterraggio - a Fase di atterraggio


La piazzola viene segnalata da una sola persona,
che si pone con le braccia alzate, le spalle al
vento, e resta immobile dinanzi al punto dove
si vuole che atterri l’elicottero.
Chi segnala non deve muoversi, perché in quel
momento è l’unico punto di riferimento per il
pilota; prima che l’elicottero atterri bisogna abbas-
sarsi e restare fermi, in attesa di indicazioni da
parte dell’equipaggio o del pilota. Questa regola
Fig. 14.08 Fase di atterraggio - b vale soprattutto in caso di terreno innevato
in cui, a causa della neve sollevata dalle pale,

Fig. 14.09 Arrivo elicottero Fig. 14.10 Atterraggio elicottero


Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

diventa estremamente difficile per il pilota


valutare la profondità e in quelle situazioni egli
va quasi ad appoggiarsi con l’elicottero contro
il segnalatore.
In alcune situazioni - ad esempio persone che
dall’alto possono confondersi con l’ambiente
- è utile segnalare la propria posizione svento- 549

lando un indumento dal colore sgargiante, che


cioè ben contrasti con lo sfondo circostante.
Non dimenticare di allacciare bene indumenti
e copricapo e fare attenzione ad oggetti che
potrebbero volare creando situazioni di peri-
colo.

Avvicinamento e allontanamento dal


velivolo
Per le operazioni di imbarco e sbarco da un
elicottero, è necessario adottare alcune impor-
tanti regole:
1. quando l’elicottero è appena atterrato si
deve attendere il segnale del personale di bordo
prima di avvicinarsi, salire o scendere ed allon-
tanarsi;
2. non avvicinarsi mai al rotore di coda!;
3. in piano ci si avvicina obliquamente dai due
quadranti anteriori e mai frontalmente;
4. su terreno in pendenza ci si avvicina e ci si
allontana dall’elicottero dal lato a valle e non si
deve mai percorrere il lato a monte;
5. procedere in posizione piegata e restare in
contatto visivo con i membri dell’equipaggio;
6. non avvicinarsi con indumenti o materiale
che possano volare via (cappelli, giacche a vento
aperte, ecc.) e con equipaggiamento o attrezzi
che possano aumentare l’ingombro verticale
(sci, piccozze, zaini a “torre”, ecc.).
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

Come detto, nel caso ci si trovi in prossimità


di parete o di un pendio, per l’accesso e per
l’allontanamento si utilizza il lato a valle. Se
esistono degli avvallamenti che permettono di
sostare in condizioni di sicurezza, è possibile
restare accovacciati sul lato a monte e attendere
550 indicazioni dall’equipaggio, per salire a bordo.

Fig. 14.11 Avvicinamento

STOP OK

Fig. 14.12 a Imbarco:


per muoversi aver conferma
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

551

Fig. 14.12 b Imbarco:


al velivolo accede
una persona alla volta

Fig. 14.12 c Imbarco:


attenzione alla testa quando
le pale si fermano

Fig. 14.12 d Imbarco:


non alzare oggetti lunghi

OK

Fig. 14.12 e Imbarco:


avvicinarsi da valle e
non camminare verso monte

Fig. 14.12 f Imbarco:


avvicinamento su pendio
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

Fase di decollo
Si tenga presente che anche nella fase di decollo
si deve rimanere fermi e in posizione abbassa-
ta, finché l’elicottero non si sia allontanato.

552

Fig. 14.13 Decollo

Operazioni di imbarco e sbarco con


elicottero in volo
Spesso, per mancanza di spazi o conformazio-
ne del luogo (cengia, terrazzo, parete, guglia,
pendio), non è possibile, in fase di soccorso,
l’atterraggio del velivolo.
In questi casi l’elicottero resta in volo stazio-
nario, in prossimità del suolo (hovering, fig.
14.14) oppure non potendo avvicinarsi al ter-
reno utilizza un verricello per effettuare sbarchi
ed imbarchi di persone (fig. 14.15).

Fig. 14.14 Recupero in hovering


Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

Il verricello è una piccola gru posizionata


all’esterno oppure all’interno dell’abitacolo,
che può essere di tipo pneumatico, idraulico o
elettrico. Esso è dotato di un cavo, che consen-
te il recupero di persone, feriti, barellati e non,
e materiali. La lunghezza del cavo è diversa a
seconda del tipo di velivolo e può variare indi- 553

cativamente da 25 fino a 90 metri. La portata Fig. 14.15 Recupero con verricello


del verricello è generalmente compresa tra 200
e 300 kg e, a seconda dei modelli, può recupe-
rare una o due persone alla volta.
Vengono ora rappresentate alcune situazioni in
cui il velivolo si appoggia con un solo pattino,
resta in hovering oppure impiega il verricello.
La cosa più importante prima di agire è sempre
quella attendere indicazioni e conferme da parte
dell’equipaggio.
Nella figura 14.16 è rappresentata l’operazione
di recupero con appoggio di un singolo patti-
no, in quanto le dimensioni della cima o cresta
non consentono l’atterraggio. Fig. 14.16 Appoggio su singolo pattino
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

Nella figura 14.17 è raffigurata una situazione


in volo stazionario (hovering), dove non è
possibile l’appoggio dei pattini per problemi
relativi ad ostacoli al rotore principale.

554

Fig. 14.17 Volo stazionario (hovering)

Nella figura 14.18 è illustrata un’operazione di


soccorso in parete, in cui la calata o il recupero
è effettuato tramite verricello.

Fig. 14.18 Uso verricello

La figura 14.19 a e b illustra il recupero di un


ferito condotto da un soccorritore, la successiva
14.20 mostra il trasporto di un ferito adagiato
in una barella e condotto da un soccorritore.
Alpinismo su roccia Richiesta di soccorso

555

Fig. 14.19 a - b Soccorritore e ferito

Fig. 14.20 Soccorritore e barella

Alcuni consigli in caso di recupero di una


cordata in parete
Se la situazione lo consente, è opportuno recu-
Quando procede al recu-
perare le corde di cordata, porle nello zaino e pero il soccorritore si col-
autoassicurarsi alla sosta con una longe o con lega, assieme alla persona
un cordino. I motivi di tale accorgimento sono da trasportare, al verricel-
lo e taglia il collegamento
i seguenti: che vincola questi alla
• le corde sospese o svolazzanti possono ostaco- parete.
lare le manovre dell’elicottero;
• si agevola il lavoro del tecnico del soccorso e si
evita che la corda venga tagliata. Il soccorritore,
in genere, non si vincola contemporaneamente
in modo fisso sia alla parete che all’elicottero;
quando procede al recupero il soccorritore si
collega, assieme alla persona da trasportare, al
verricello e taglia il collegamento che vincola
questi alla parete.
Richiesta di soccorso Alpinismo su roccia

CHIAMATA DI SOCCORSO: SCHEDA SINTETICA

Telefono= 118 (ITALIA)


Altri recapiti telefonici________________________________
Annunciare l'incidente in modo conciso e rispondere alle domande
556
Chi?
-nome di chi chiama e dell'organizzazione
-numero di telefono o nome in codice (radio) di chi chiama
-luogo dove ci si trova e quota
Cose è successo?
Dov'è avvenuto l'incidente?
Quando è avvenuto l'incidente?
Numero, gravità e tipo delle ferite?
Quanti soccorritori sono già sul posto?
Condizioni meteo nella zona dell'incidente
Visibilità: - meno di 200 m
- fino a 1 km
- più di un km

Indicazioni per l'atterraggio dell'elicottero sul luogo dell'incidente:


Terreno aperto?
C'è bosco?
C'è vento forte?
Cavi sospesi? (linee elettriche, teleferiche, funivie)

Numeri telefonici dei Paesi Alpini


ITALIA:118
AUSTRIA: 144
FRANCIA: 15
GERMANIA: 110
SLOVENIA: 112
SVIZZERA: 144
Alpinismo su roccia Appendici

Appendici

APPENDICE A
Brevi richiami di fisica
• Il concetto di forza
• Il concetto di baricentro
• I concetti di lavoro e di energia
• Energia cinetica
• Energia potenziale
• Energia elastica
• Paranchi, carrucole e pulegge

APPENDICE B
Cenni storici sull'evoluzione dei materiali e di alcune tecniche

torna al sommario
Appendice A Alpinismo su roccia

APPENDICE A
Brevi richiami di fisica
In diverse parti di questo manuale si fa riferimento a concetti elementari di
fisica che, se pur di grande diffusione, a volte possono creare alcune difficoltà
in lettori che hanno poca dimestichezza con l’ambito fisico-matematico e/o
558
che non hanno molte opportunità di utilizzare di frequente queste conoscen-
ze. Si ritiene quindi opportuno richiamare quelle che sono le definizioni
principali di interesse per gli argomenti illustrati, in particolare i concetti
di forza, di baricentro, di energia. Esula ovviamente dalle nostre finalità la
trattazione rigorosa di questi argomenti, che comunque possono essere appro-
fonditi su un qualsiasi testo di Fisica.
Di seguito verranno quindi date solamente alcune definizioni, per lo più
intuitive, che tuttavia permettono, a nostro avviso, una interpretazione cor-
retta di queste grandezze e delle loro relazioni.
Vengono anche riportate per comodità del lettore le definizioni e le caratte-
ristiche principali dei paranchi e in particolare dei loro elementi costitutivi:
le carrucole e le pulegge.

Il concetto di forza
La nozione di forza può essere semplicemente dedot-
ta dalle tre esemplificazioni che seguono, passando da
quella che più si avvicina ad una definizione rigorosa
a quella, più intuitiva, che è maggiormente legata agli
argomenti che vengono trattati nel manuale.

La forza è definita come:


• la grandezza fisica che, applicata ad un corpo, ne
cambia lo stato di moto o la forma.

Alcuni esempi possono chiarire meglio questo con-


cetto:
• la forza è la grandezza fisica che, in una frenata su
un’auto, proietta in avanti i passeggeri; in questo caso
si parla di forza d’inerzia;
• la forza è la grandezza fisica che, applicata ad una
corda elastica, ne provoca l’allungamento.
Alpinismo su roccia Appendice A

La forza si esprime con le seguenti unità di misura:


N (Newton) forza che, applicata alla massa
di 1 kg, le imprime una accelerazione di
1 m/s2
daN (deca Newton) forza di 10 N
kN (kilo Newton) forza di 1000 N
kp (kg peso) forza peso che agisce sulla massa
559
di 1 kg (ad esempio 1 litro di acqua).

Poiché la forza peso applicata ad una massa è stretta-


mente correlata all’accelerazione di gravità (che sulla
Terra è pari a 9,806 m/s2), valgono le seguenti rela-
zioni:

1 kp = 9,806 N = 0,9806 daN ~= 1 daN


~ 1000 N = 1 kN
100 kg peso (un quintale) =

Il concetto di baricentro
Nell’esperienza di tutti i giorni, è evidente che cia-
scuna massa fisica occupa un dato volume. Per esem-
pio, il corpo di un alpinista, con una certa massa M,
occupa un certo “volume” di spazio e su tutti i punti
di questo volume possono essere applicate forze, per
esempio la forza di gravità che agisce su tutte le parti
del corpo.
Dato un corpo con massa M, si definisce baricentro il
punto che rappresenta il centro di massa: il nome ba-
ricentro etimologicamente significa appunto centro
del peso (quindi di tutte le forze dovute alla gravità).
Da un punto di vista fisico, vi sono molti casi in cui
gli effetti di forze applicate alla massa M sono equiva-
lenti a quelli che si otterrebbero se tutta la massa fosse
concentrata appunto nel baricentro. Ad esempio, se
il corpo è immerso in un campo di gravità unifor-
me (come avviene, con buona approssimazione, sulla
superficie terrestre, dove l’accelerazione di gravità si
può ritenere costante), allora il moto del baricentro
Appendice A Alpinismo su roccia

è equivalente al moto di caduta, sotto l’azione della


forza peso, di un punto materiale in cui è concentra-
ta la massa totale del corpo.
Nell’essere umano, in piedi e fermo, il baricentro è
un punto interno al corpo posizionato poco sopra il
bacino. Come detto, questo punto per definizione è
dove viene a collocarsi la risultante di tutte le forze
560
di gravità.

I concetti di lavoro e di energia


Anche in questo caso si può illustrare il concetto di
lavoro e di energia a partire da una definizione di
tipo generale per poi passare ad altre la cui compren-
sione è più intuitiva.

Da un punto di vista fisico/matematico, il lavoro è


definito come: il prodotto di una forza per lo sposta-
mento del suo punto di applicazione.

Ad esempio, spingendo con una forza di 1000 N un


carrello per 2 metri si compie un lavoro il cui valore è
appunto dato dal prodotto 1000*2 (= 2000 Joule).

A sua volta, l’energia viene definita come:


la capacità di un certo sistema a compiere del lavoro.

Alcuni esempi possono chiarire meglio questo con-


cetto:
• l’energia è la grandezza fisica che esprime il lavoro
fatto per deformare un corpo;
• l’energia è la grandezza fisica che esprime il lavoro
fatto per sollevare un peso;
• l’energia è la grandezza fisica che esprime il lavoro
fatto per allungare una corda;
• l’energia è la grandezza fisica associata a una massa
in movimento con una certa velocità (energia cine-
tica); essa corrisponde al lavoro fatto per accelerare
la massa fino a quella velocità, o a quello che si deve
compiere per fermarla.
Alpinismo su roccia Appendice A

J (Joule) prodotto della forza di 1


Newton per lo spostamento
di 1 metro
daJ (deca Joule) energia di 10 J
kJ (kilo Joule) energia di 1000 J
561
kpm (kp per metro) energia spesa per innalzare di
1 metro la massa di 1 kg

L’energia si misura con le seguenti unità di misura:


Vale la pena ricordare che anche il calore è una forma
di energia; l’esempio più vicino agli argomenti tratta-
ti è il calore prodotto in un freno per attrito derivante
dalla trasformazione dell’energia cinetica di caduta.
Questo calore in parte è disperso nell’atmosfera e in
parte va ad incrementare la temperatura del freno.

Energia Cinetica
Come ben noto dai principi elementari della fisica,
un corpo in caduta libera viene accelerato dalla gravi-
tà e quindi la sua velocità cresce nel tempo in modo
lineare, cioè secondo una legge del tipo

v=g·t

essendo v la velocità del corpo, g = 9,806 m/s2 l’ac-


celerazione di gravità e t il tempo. Quando un corpo
con una massa M si muove con velocità v, ad esso è
associata una energia cinetica (dovuta cioè al movi-
mento) data da:

Ec = ½ · M · v2

che è quindi dipendente dal quadrato della velocità.


Ovviamente, ad un corpo fermo viene associata una
energia cinetica nulla (essendo nulla la sua velocità).
Appendice A Alpinismo su roccia

Energia Potenziale
E’ cosa evidente che un corpo, posto ad una certa
altezza h da terra, se lasciato andare inizierà a cadere
accelerando e aumentando la propria energia cineti-
ca secondo la relazione appena vista. Si dice allora
che il corpo, posto ad una altezza h, se pure immo-
bile, è dotato di una energia potenziale (in quanto si
562
manifesta in modo evidente solo se lasciato cadere).
Questa energia potenziale è proporzionale all’altezza
h e vale

Ep = M · g · h

Da ragionamenti fisici, se un corpo cade per una al-


tezza h assume una velocità v per cui vale la relazione

Ep = M · g · h = 1⁄2 · M · v2 = Ec

Energia elastica
Dalla definizione di lavoro, si può facilmente ricava-
re che l’energia immagazzinata da una corda elastica
soggetta ad una forza f è data da

Ee = ½ · K · Δx2

essendo Δx l’allungamento e K il coefficiente elastico


della corda stessa.
Da ragionamenti fisici, se un corpo che cade viene
arrestato da una corda elastica, nell’istante in cui la
velocità è nulla tutta l’energia cinetica della caduta
è stata assorbita dall’allungamento della corda, che
quindi è in possesso di una energia elastica pari a

Ee = ½ · K ·Δx2 = ½ · M · v2 = Ec
Alpinismo su roccia Appendice A

Paranchi, carrucole e pulegge


La carrucola è una “macchina semplice” (ovvero co-
stituita da pochi ed elementari pezzi) atta al solleva-
mento di carichi. La carrucola è costituita da una ruo-
ta, detta puleggia, imperniata su una staffa, sul bordo
della quale è scavato un solco in cui scorre una corda,
una fune od una catena. Nella pratica alpinistica, al 563
posto delle pulegge si utilizzano normalmente i mo-
schettoni e la corda è quella di cordata o uno spezzo-
ne ausiliario di lunghezza e diametro opportuno.
Nella carrucola fissa, l’asse della puleggia è fisso (cioè
non si muove con il carico) e la ruota ha la sola fun-
zione di deviare la forza applicata ad una estremità
della corda. L’altra estremità della corda è collegata
al carico. Il vantaggio meccanico, cioè il rapporto tra
la forza attiva e la forza resistente all’equilibrio, è pari
ad uno.
Le carrucole mobili sono carrucole in cui l’asse della
puleggia è mobile e si muove con il carico sollevato.
L’estremità della corda opposta a quella che viene ti-
rata è vincolata ad un punto fisso rispetto al sistema
(ad esempio la sosta). In condizioni di equilibrio la
forza applicata alla corda è pari alla metà della forza
peso agente sulla carrucola. Il vantaggio meccanico è
quindi pari a 2.
Per la legge di conservazione dell’energia, per avere
sul carico lo stesso lavoro compiuto traendo la corda
con forza dimezzata, è necessario che la velocità di
sollevamento del carico sia la metà rispetto alla velo-
cità di trazione della corda. In pratica, per sollevare
il carico di un metro è necessario tirare la corda per 100 N
due metri. 100 N

100 N
100 N

A-1 1 Carrucola fissa: la corda


è collegata al carico e la puleggia è fissa
Appendice A Alpinismo su roccia

Una carrucola composta è un insieme di due o più car-


50 N
rucole, in parte fisse ed in parte mobili.
50 N
Il vantaggio meccanico di questo sistema dipende dal
numero e dalla disposizione delle carrucole presenti e
può assumere valori molto elevati.
Ovviamente, maggiore è il vantaggio meccanico, mi-
nore sarà la forza che si deve esercitare nel recupero e
564
però, d’altra parte, si avrà lo stesso rapporto anche tra
la velocità (lunghezza) di trazione e la velocità (lun-
100 N
ghezza) di sollevamento.
I sistemi di carrucole multiple sono anche detti pa-
A-2 Carrucola mobile: un capo
ranchi. Questa macchina semplice è stata usata fin
della corda è fisso e la puleggia dai tempi antichi per amplificare enormemente la
si muove assieme al carico.
forza umana, per sollevare elementi architettonici,
colonne, obelischi, trascinare blocchi di marmo, tira-
re navi in secca, ecc..

50 N
50 N
50 N

50 N

100 N

Fig. A.3 Carrucola composta


o paranco.
Alpinismo su roccia Appendice B

APPENDICE B
Cenni storici sull'evoluzione dei materiali e di alcune
tecniche
Queste note [1] hanno lo scopo di dare un piccolo contributo ad un aspetto
minore della storia dell’alpinismo quale l’evoluzione dei materiali tecnici
565
che ha accompagnato l’alpinismo nel corso della sua evoluzione; si spera che
questo possa stimolare i lettori ad approfondire questo aspetto per una più
completa comprensione dell’evoluzione tecnica.
Di seguito vengono indicati gli anni di introduzione dei principali attrezzi e
questo permette di vedere meglio come grandi salite abbiano avuto sviluppo
a partire dalla disponibilità di certa attrezzatura.

1900 La pedula - Questo componente fondamentale


dell’equipaggiamento, che torna oggi a svolgere un
ruolo di primo piano nelle tecniche di arrampica-
ta, viene correntemente usato nei primi anni del
‘900.
La tomaia è in pelle o in tela, la suola generalmente
in feltro pressato (manchon).
Le pedule erano state usate per la prima volta da
Grohmann, nel 1869, nell’ascensione ai Tre Scar-
peri. Egli dichiarò di essersi ispirato agli «scarpet»
usati dai montanari cadorini, sopravvissuti sino
ai tempi nostri: si tratta di calzature la cui suola è
costituita da numerosi strati di stoffa o tela, fitta-
mente trapunti.

1900 I ramponi - Oskar Eckenstein va a Courmayeur


per farsi costruire da Grivel i primi ramponi a 10
punte. Fino ad anni recenti il suo nome resterà le-
gato ai ramponi più prestigiosi e al loro uso.
Appendice B Alpinismo su roccia

1909 Il chiodo - Il tedesco Hans Fiechtl inventa il chio-


do in acciaio dolce forgiato. Il chiodo ad anello
esisteva forse già fin da prima; esso è comunque
citato nell’edizione 1911 del manuale di Zsigmon-
dy (rif. 1). Dallo stesso manuale si può verificare
(fig. A-1) che esisteva il concetto di auto assicura-
566 zione ma che ancora non si era trovato il modo di
evitare di passare direttamente la corda nell’anello
del chiodo. È interessante notare che nella edizione
del 1908 queste tecniche non sono citate e la figura
non esiste. Il chiodo forgiato con occhiello è usato
nello stesso periodo anche da altri (per es. Angelo
Dibona, Croz dell’Altissimo, 1910). Un chiodo
assai prossimo a questo, ricavato da un pezzo di
tondino di acciaio, la cui estremità era stata mar-
tellata a caldo a formare una specie di coda, poi
arricciata e saldata alla sua estremità contro il corpo
cilindrico del chiodo a formare un anello chiuso, fu
usato da Pooli per assicurazione sulla famosa parete
Pooli-Trenti del Campanile Basso (1904).

Fig. app A-1 Il chiodo e


l'assicurazione (da rif. 1)
Alpinismo su roccia Appendice B

1910 La tecnica di discesa a corda doppia - È già conosciuta


da parecchi anni (Grohmann ne fa cenno a proposito
della discesa dal Sorapiss, 1864), per quanto non nella
forma attuale, come dimostra fig. A-2, ancora estratta
dal manuale di Zsigmondy del 1911 (rif. 1); ancora una
volta il confronto con l’edizione 1908, che non riporta
questa figura, consente di datare con buona approssi- 567
mazione la nascita di questa tecnica. Anche la tecnica di
discesa alla Dulfer, ancora oggi usata da alcuni, fu messa
a punto in quegli anni, in ogni caso prima della guerra
1914-18, in cui Dulfer trovò la morte. Consiste nel far
passare una corda sotto ognuna delle cosce; le corde si
incrociano quindi sul petto e restano in posizione sulle
spalle perché l’alpinista tiene le corde che lo sostengono
con ambo le mani.

1912 Il moschettone - Hans Dulfer usa per la prima volta il


moschettone sulla parete est della Fleischbank (Kaiser-
gebirge). L’anno seguente Hans Fiechtl e Otto Herzog
usano i moschettoni sulla parete sud della Schuesselkar-
spitze (Wetterstein).

Fig. app A-2 Discesa a corda


doppia (da rif. 1)
Appendice B Alpinismo su roccia

1920 Assicurazione a spalla - Non è chiaro quanti anni se-


gua l’introduzione del moschettone. Sta di fatto che nel
manuale «Alpinismo», pubblicato nel 1919 dalla Sezio-
ne Universitaria del CAI (rif. 2) si parla di ancoraggio e
di manovre di sicurezza, ma non si parla di assicurazio-
ne a spalla. Anche la Bibbia dell’alpinista di allora, così
568 pare venisse considerato il manuale «Mountain Craft»
di J. W. Young (rif. 3), nella edizione del 1920 descrive
tecniche di assicurazione ancora primitive: consiglia al
secondo in cordata di ancorare la corda a un punto fisso
(spuntone o chiodo), passando però la corda in qualche
modo attorno a parti del proprio corpo (braccia, spalle)
in modo da ridurre lo strappo sull’ancoraggio. Come si
vede, ci si sta avviando verso una assicurazione «a spalla»
o «ai fianchi»; con lentezza, però, se si può dedurlo dalla
descrizione dell’incidente occorso a Giuseppe Bianchi
e Pino Prati durante quello che si pensava (per caren-
ze di informazione, essendo la salita stata compiuta da
Buratti nel 1924) fosse il primo tentativo di ripetizione
della via Preuss al Campanile Basso, nel 1927 (rif. 4):
Prati non si era autoassicurato ed aveva avvolto la corda
attorno al suo braccio.
1924 Il chiodo da ghiaccio - Viene usato nella prima ascen-
sione della parete nord del Wiesbachhorn (F. Riegele,
W. Welzenbach) e l’anno successivo nella prima ascen-
sione della parete nord della Dent D’Hérens (E. All-
wein, W. Welzenbach).
1929 I ramponi a 12 punte - I fratelli Laurent e Aimé Grivel
lasciano sbalordita una cordata francese, superandola a
gran velocità sulla parete nord della Aiguille d’Argen-
tière: calzano i primi ramponi a 12 punte.
1931 Karl Prusik, musicista e alpinista austriaco, introduce
nell’alpinismo il famoso nodo autobloccante, che ve-
niva usato per tendere le corde di violino.
Alpinismo su roccia Appendice B

1932 L’ “arrampicata artificiale” - Comici diffonde la tecni-


ca «a forbice» con due corde e l’uso delle staffe.
1935 Scarponi a suola di gomma - Nell’agosto del 1935
un gruppo di alpinisti milanesi, fra cui Vitale Brama-
ni, dopo aver lasciato gli scarponi alla base e calzato
le pedule, compie l’ascensione alla Rasica per la cresta
569
sud. Colti dal maltempo, gli alpinisti sono costretti a
passare la notte nella crepaccia terminale, senza poter
raggiungere l’attacco e riparare quindi almeno i piedi
negli scarponi. AI mattino sei di loro sono morti. So-
pravvivono Vitale Bramani, Bozzoli Parasacchi, Piero
Ghiglione, Ninì Pietrasanta, Eugenio Fasana e altri. È
questa esperienza che suggerisce a Bramani di studiare
suole di gomma che possano consentire di arrampicare
con gli scarponi. Le prime suole VIBRAM, che da lui
prendono il nome, vengono fabbricate dalla Pirelli. Già
nel 1936 vengono usate da Gervasutti.
1941 Chiodo a pressione - Nino Oppio lo usa per la prima
volta sulla parete sud del Corno di Salarno (Gruppo
dell’Adamello).

1945 Corde di nylon - Giungono in Europa dagli USA le


prime corde, sviluppate durante la guerra dall’esercito
americano per equipaggiarne truppe speciali e per il
traino di alianti. Esse sono ancora del tipo ritorto.
Risale a quei tempi la discussione sull’uso del nylon a
forte allungamento per ridurre la tensione in caso di
strappo. Si decide di mantenere l’allungamento entro
limiti ristretti per evitare inconvenienti di manovra.

(rif. 1) Emil Zsigmondy,W. Paulcke–Die gefahren der Alpen, Vienna, 1911.


(rif. 2) Carlo Valentino–Evoluzione dei materiali alpinistici, Lo Scarpone, 1980.
(rif. 3) Geoffrey Winhtrop Young–Mountain Craft, London, 1920.
(rif. 4) “Pino Prati, 1902-1927”, Fascicolo pubblicato a cura della Società Alpinisti
Tridentini, 1958.
Appendici Alpinismo su roccia

570
Materiali per alpinismo e norme Bibliografia

Bibliografia

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Bibliografia Materiali per alpinismo e norme

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“Ieri moschettoni, oggi connettori”
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“Imbracature a confronto”
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La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 1999
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La Rivista del Club Alpino Italiano, settembre-ottobre 2001
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Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo
“La sicurezza sulle vie ferrate: materiali e tecniche”
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pubblicazione Commissione Centrale Materiali e Tecniche, settembre 1994
[25] V. Bedogni, G. Bressan, C. Melchiorri, G. Signoretti, C. Zanantoni
“Le tecniche di assicurazione in parete”
Pubblicazione Commissione Centrale Materiali e Tecniche, luglio 2001
La Rivista del Club Alpino Italiano, gennaio-febbraio 2002
[26] Commissione Centrale Materiali e Tecniche e Commissione Nazionale
Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo
“Le Tecniche di Assicurazione in parete”
(di prossima pubblicazione)
[27] V. Baù
“L'asola inglobata”
La Rivista del Club Alpino Italiano, settembre-ottobre 2003

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“Tecniche di assicurazione: confronto tra classica e ventrale”
pubblicazione e VHS, 2001
[29] V. Bedogni
“Preparati per arrampicata”
La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 2000
[30] V. Baù
“Come mettere i moschettoni nei rinvii?”
La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio-giugno 2001
Materiali per alpinismo e norme Bibliografia

[31] Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo,


“Tecnica di arrampicata libera”
(di prossima pubblicazione)
[32] G. Bressan
“Progressione di conserva della cordata”
La Rivista del Club Alpino Italiano, settembre-ottobre 2007
[33] L. Calderone 575
“Disco Magic Ring”
La Rivista del Club Alpino Italiano, luglio-agosto 2006
[34] C. Melchiorri
“Le soste in alpinismo e in arrampicata”
La Rivista del Club Alpino Italiano, marzo-aprile 2006
[35] Commissione VFG Materiali e Tecniche
“Sistemi di carrucole per l'autosoccorso della cordata 1-2-3-4-5”
Le Alpi Venete, da primavera-estate 2003 a primavera-estate 2005
[36] Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo,
Scuole Centrali di Alpinismo e di Sci Alpinismo
“Aggiornamento su tecniche e manovre di corda”
documento Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo,
novembre 1999
[37] CAI - SVI, 1999
“La meteorologia in montagna”
serie di diapositive con fascicolo
[38] Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo,
“Sci Alpinismo”
I Manuali del CAI, 2004
Bibliografia Materiali per alpinismo e norme

Altre pubblicazioni:
Commissione VFG Materiali e Tecniche
“La catena di Assicurazione”, gennaio 1995

A. Carboni
“La Torre di Padova - didattica di assicurazione e test dei materiali 1-2”
576 Le Alpi Venete primavera-estate 2002 e autunno-inverno 2002

S. Metzeltin Buscaini
Geologia per alpinisti
Edizioni Zanichelli, 1986

G. Kappenberger, J. Kerkmann
“Il tempo in montagna”
Edizioni Zanichelli, 1997

P. Caruso
“L’arte di arrampicare su roccia e ghiaccio”
Edizioni Mediterranee, 2002

Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane


“Sicurezza”
Vivalda editori, 2002

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