2002 1 PDF
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e teoria musicale
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AvwxmWA
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La didattica musicale e l'analisi
a cura di
Luca Marconi e Franca Ferrari
INDICE
Enrico Strobino
Dall'ascolto all'analisi
11
Emanuele Pappalardo
Analisi e composizione musicale di base
37
Mariateresa Lietti
L'analisi nell'insegnamentostrumentale di base
55
Luca Marconi
Educazione dell'orecchio e teoria musicale
77
Mario Baroni
Riconoscimento stilistico e contestualizzazione
93
Annibale Rebaudengo
L 'analisi neifuturi e possibili curricoli istituzionali
di didattica strumentale
107
CristinaLanduzzi
Analizzare per insegnare composizione
119
INTRODUZIONE
Quali ruoli vengono assunti dall'analisi e dalla teoria nei diversi contesti
della didattica musicale?
Con quali domande i diversi obiettivi dell'insegnamento/apprendimento
interpellano il testo musicale?
Come le varie componenti osservate nella musica durante i1 processo
analitico possono essere inserite nella relazione educativa
insegnante/allievo?
In che cosa l'analisi musicale utile all'insegnante?
In che cosa utile all'allievo?
Per fornire alcune risposte a questi quesiti, formulati da alcuni anni con
una certa ricorrenza nella letteratura sulla pedzgogia e la didattica della
musica', abbiamo innanzitutto distinto diversi settori rispetto ai quali tali
domande ci sembravano particolarmente pertinenti (l'educazione
all'ascolto, lo sviluppo della creativit musicale, l'insegnamento
strumentale, l'educazione dell'orecchio musicale, l'insegnamento della
storia della musica e della composizione) e ci siamo rivolti a dei docenti
che hanno condotto svariate esperienze e riflessioni sull'utilizzo
dell'analisi in tali settori.
Vale la pena sottolineare l'espressione "utilizzo dell'analisi", giacch si
tratta di uno dei principali trait d'union dei contributi raccolti: le diverse
analisi che vengono presentate per esemplificare le teorizzazioni esposte di
volta in volta e le diverse modalit analitiche che vengono suggerite
quando non si forniscono tali esemplificazioni non appaiono mai come
procedure fini a se stesse, ma sono sempre funzionalizzate rispetto a un
progetto didattico2.
Volendo poi trovare altri punti in comune tra i saggi di questo volume, ci
sembra che emerga a pi riprese la segnalazione che un metodo analitico
possa essere utile in ambito didattico quanto pi dotato dei seguenti
requisiti:
- I'applicabilit a diversi tipi di repertori (in modo da consentire lo studio
non solo della musica tonale, ma anche del canto gregoriano o della
polifonia rinascimentale, della musica di tradizione orale e di quella
"contemporanea", rock ecc.);
' Senza alcuna intenzione di voler presentare un elenco esaustivo dei saggi che
hanno affrontato tali quesiti, e ricordando al lettore che in ciascuno dei numeri
bibliografici comparsi ogni secondo semestre su questo bollettino a partire dal
1994, suo anno di nascita, si trova una rubrica dedicata alla relazione tra l'analisi e
la didattica, segnaliamo alcuni testi significativi a integrazione di quelli citati nei
contributi raccolti in questo numero: Bellomi 2000, De Natale 1982; 1983, Ferrari
199 1; 1992; 2001, Piazza 1992, Stefani 1987 e Tafuri 1992.
Su questo tema, vedi anche Tafuri 1992.
- la capacit di render conto non solo delle altezze delle note del brano
considerato, ma anche degli altri parametri in gioco (durate, timbri,
dinamiche, dislocazione nello spazio, densit del suono, transitori
d'attacco ecc.);
- la fniibilit da parte di chi intende realizzare analisi attraverso l'ascolto,
senza passare attraverso la lettura della partitura;
- l'accessibilith (dovrebbe essere un metodo sufficientemente intuitivo e di
facile impiego anche per studenti alle prime armi).
Infme, un ultimo suggerimento che riteniamo opportuno introdurre come
chiave di lettura di questa raccolta & l'idea, sulla quale spesso i nostri
autori insistono, che l'analisi musicale, non solo quando viene praticata da
compositori ed esecutori professionisti, ma anche quando viene realizzata,
pi o meno consapevolmente, da studenti non dotati di competenze
musicali specialistiche, non sia unicamente patrimonio del momento
fruitivo, ma assolva compiutamente le proprie funzioni solo quando sfocia
in una fase di produzione musicale, in un " work in progress" di continua
alternanza tra episodi di maggiore attenzione alla dimensione "estesica"
ed altri dove ci si concentra pi marcatamente sul livello "poieticof13
dell'esperienza musicale.
Esaurite le premesse generali, passiamo ora brevemente in rassegna ci
che caratterizza ciascuno dei saggi che stiamo presentando, indicando
l'ambito didattico nel quale i loro autori operano.
Enrico Strobino insegna educazione musicale nella scuola media a Biella.
Nel suo intervento egli mostra con estrema abilit come sia possibile
seguire percorsi analitici collettivi fornendo agli allievi delle piste per
passare da una fniizione globale degli oggetti musicali da loro stessi
segnalati e proposti ad una individuazione di aspetti particolari (il format
stilistico, l'organizzazione del rapporto figura / sfondo, ecc.) che non
comporti mai un prosciugamento o una sterilizzazione dell'impatto
emotivo iniziale, ma anzi conduca ad una sua valorizzazione, laddove
quegli aspetti particolari divengono i puntelli per la costruzione di nuovi
oggetti espressivi (musicali, teatrali o altro) in cui tutto il gruppo pu
riconoscersi come attore / autore.
Emanuele Pappalardo insegna elementi di composizione per la didattica
nella scuola di didattica del conservatorio di Frosinone. Egli ci restituisce
la prospettiva di stretta relazione tra il momento analitico e quello
compositivo, entrambi visti come atteggiamenti cognitivi e creativi, messa
a punto da Boris Porena per la composizione musicale di base,
confermandola con la propria esperienza e arricchendola con la
descrizione di tre percorsi esemplari.
Mariateresa Lietti insegna violino in una scuola media a indirizzo musicale
di Como. I1 suo intervento illustra con dovizia di esempi l'importanza
dell'analisi, da lei intesa come "tutte le attivit di riflessione finalizzate a
comprendere i meccanismi che regolano i suoni e le emozioni che questi ci
Marco Polo racconta all'imperatore, Kublai Kan, di Despina, una citt fra
le mille da lui visitate; racconta come questa citt viva degli sguardi che
ciascun viaggiatore proietta su di essa. Ad ogni sguardo corrisponde una
forma della citt: esistono quindi tante citt quanti sono gli sguardi
proiettati su di essa.
I1 cammelliere, ad esempio, mentre attraversa il deserto in groppa al suo
cammello, arrivato ai confini di Despina vede il profilo della citt come
una nave; sa che b una citt ma la immagina come un bastimento, come un
veliero, spinto in questa sua fantasia dalla gran voglia di mare che
accompagna il suo viaggio.
I1 marinaio, avvicinandosi alla costa a bordo della sua nave, vede Despina
come la gobba di un cammello; sa che b una citt ma la immagina come
una sella ricamata di frange luccicanti, sognando un viaggio che lo porti
lontano dal deserto del mare, verso oasi d'acqua dolce.
Ogni citt8 riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e cosl il
carnmelliere e il marinaio vedono Despina, citt di confine tra dite
deserti [Calvino 1972, 25-26].
2. IL DESIDERIO
11 verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che
condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare" ...il verbo
"sognare". ..
Naturalmente si pub sempre provare. Dai, forza: "Amami!"
"Sogna!" "Leggi! Ma insomma, leggi, diamine, ti ordino di
leggere!"
"Sali in camera tua e leggi!"
Risultato?
Niente.
Si addormentato sul libro [Pennac 1993, 1 l].
Probabilmente anche il verbo ascoltare non sopporta l'imperativo. Ogni
atto d'ascolto presuppone il piacere di ascoltare, come ad ogni lettura
presiede il piacere di leggere. La differenza sta nel fatto che ragazzi e
ragazze ascoltano senza che ci sia bisogno di esortarli. Pu succedere
tuttavia che lo facciano con musiche diverse da quelle che noi
desidereremmo e in un modo lontano da quello che a noi piacerebbe.
L'ascolto di musica non ha comunque bisogno di un lavoro il cui obiettivo
sia la riconciliazione con l'atto stesso dell'ascoltare: per questo che
l'ascolto proposto a scuola pu non essere gratis, pu richiedere qualcosa
in cambio, pu porre domande, pu porre problemi. Resta tuttavia valido
l'invito di Rousseau a trasformare la lettura - nel nostro caso, a mantenere
l'ascolto - in uno strumento di piacere, che sia in grado di sollecitare la
curiosit e l'interesse presente.
I1 desiderio rimane quindi centrale: Per essere recepita attivamente, la
musica deve andare incontro ad un' aspettativa, soddisfare una curiosit,
anzi un bisogno)) [Delalande 1993, 1l]. Forse l'atteggiamento pi
produttivo proprio quello che cerca la condivisione dei piaceri,
argomentandoli, cercando moventi e giustificazioni reciproche, in un
dialogo a pi voci fra ascoltatori diversi.
L'idea del dialogo, nel nostro caso concretizzato nel riconoscimento e
nella valorizzazione degli ascolti possibili, un valore educativo
importante: fare esercizi di approssimazione, di avvicinamento, di cambio
e scambio di punti di vista, accettando le dissonanze: sensi e significati
interpretati, scambiati, e non semplicemente accettati o dati per kontati.
Solo cos forse si oltrepassa lo status di prodotto di consumo, qualit che,
per restare nell'ambito musicale, non definisce nessuna musica in
particolare ma che pub contagiarle tutte.
14
Ci si pu proporre quindi di individuare all'interno di una serie di brani
proposti da una classe gli ingredienti che maggiormente contribuiscono
alla caratterizzazione del profumo individuato, cio del senso di genere. In
altre parole si tratta di prendere coscienza delle impronte (dei tratti
pertinenti) che, ascoltando un brano, ci fanno pensare a un genere piuttosto
che a un altro.
I brani proposti da ragazzi e ragazze non saranno verosimilmente casi
esemplari di un genere musicale, ma, secondo le logiche della
contaminazione ormai di casa nel repertorio popular, pi facilmente ne
presenteranno soltanto alcune caratteristiche.
4.2. Selezione
Si procede quindi a una prima analisi dei brani in base al criterio della
vicinanza: quali di questi brani vi sembrano in qualche modo, per cos
dire, imparentati?
16
trasformabile in vissuti di allegria. D'altra parte, nelle strofe, il ritmo rock
accentua il carattere "arrabbiato" della voce che canta, arrabbiatura che si
attenua leggermente nel ritornello per l'ingresso di una vena di
romanticismo rinvenibile sia nel testo (((c' qualcosa di grande tra di
noi.. .D) che nella comparsa sullo sfondo dei violini. L'alternanza delle
parti pi ritmiche con quelle meno ritmiche, con la conseguente altalena
tra parti pi "arrabbiate" e altre pi "romantiche" segnalata come
situazione tipica durante i litigi di coppia.
L'ipotesi quindi che chi ha vissuto questa canzone come "triste" abbia
prestato pi attenzione alle parole, mentre chi l'ha vissuta come allegra
abbia dato pi importanza allo sfondo e in particolare alle parti pi
ritmiche ed energetiche. Riteniamo che questa possa essere assunta come
una buona spiegazione dei diversi sentimenti vissuti durante l'ascolto.
4.5. Format
Ogni brano di popular music fa riferimento (pi o meno) a unformat: in
altre parole, in esso sempre individuabile la presenza di alcuni modelli a
cui i vari parametri di una canzone (testo, sound, ritmo, melodia, forma) si
riferiscono. E proprio nella dialettica fra standardizzazione e originalit
che si giocano poi il valore qualitativo e l'appartenenza di genere di una
canzone: la definizione di musica commerciale, o leggera, indica infatti
l'area in cui ilformat, per cos dire, domina; d'autore invece sono definite
le musiche che presentano pi particolarit, pi originalit, pi scelte
personali.
Soprattutto in questo tipo di riflessione si rivela utile affiancare al
momento dell'ascolto il momento del fare musica: la sperimentazione
diretta dei modelli fa s che si comprenda realmente dove e quanto gioca
l'originalit, l'invenzione, la creativit.
In tutte le musiche di derivazione afroamericana il ritmo sovrappone agli
accenti tipici del 414 l'accentuazione del 2" e del 4" movimento, che va a
ricoprire il ruolo pi rilevante nella percezione ritmica di ascoltatori ed
esecutori [Shepherd 1988, 1961. Nel rock questi accenti sono normalmente
affidati al rullante della batteria: pi il colpo sarforte, secco, tagliente,
maggiore sar la percezione di un senso rock.
Gli accenti sul 2" e 4" tempo non bastano comunque a delineare un
identikit soddisfacente del ritmo rock; saranno invece due timbri diversi a
delineare uno schema plausibile, un prototipo che, pur soggetto a molte
varianti, pu essere assunto come tipicamente rock :
r r r r r r r r r r r r
"SI problema della pratica di musica d'insieme applicata al repertoriopopular si
vedano le considerazioni di Agostini 2000 e di Tagg 2000.
18
- la voce quindi a riprendere la stessa melodia, mentre il basso
fornisce un bordone, ritmicamente organizzato in crome suonate all'ottava.
Entra anche la pulsazione di cassa e hit-hat:
voce
Sinth Bass
I I I I I I I I I I I I I I I I
Sinth Bass
Hi-Hat
Mani
cassa
Tastiera
Chit. Sol. 2
Basso
Chit. Ritm.
Maracas
Hi-Hat
J= 84
Voce
Chitarra
Basso
Hi-Hat
Guiro
Rullante
Cassa
Chitarra
Basso
Maracas
Bongos
Apriamo quindi la discussione e il confronto sui valori. Penso che
questa sia una fase fondamentale dell'educazione (anche musicale) [cfr.
Strobino 19961. E penso che anche per la musica valga cib che Pennac
dice riferendosi alla letteratura:
Per essere brevi diciamo a grandi linee che esiste quella che
chiamerei una letteratura industriale che si limita a riprodurre
all'infinito gli stessi tipi di racconti, che fabbrica stereotipi a
catena, fa commercio di buoni sentimenti e sensazioni forti [...]
Ecco, a colpo sicuro, dei cattivi romanzi.
Perch non sono il risultato della creazione ma della riproduzione
di formule prestabilite, perch sono un'opera di semplificazione
(cio di menzogna) mentre il romanzo B arte di verit (cioB di
complessit), perch facendo leva sui nostri automatismi
addormentano la nostra curiosit, e infine, soprattutto, per il fatto
che l'autore non C'&,n la realt che pretende di descriversi.
Insomma, una letteratura "usa e getta" fatta con lo stampo e che in
quello stampo vorrebbe imprigionare anche noi.
[.. .] Dunque ci sono buoni e cattivi romanzi.
Molto spesso sono i secondi che incontriamo per primi sulla nostra
strada.
E, parola mia, quando tocc a me, ricordo di averli trovati "belli un
casino". Ma sono stato fortunato: nessuno mi ha preso in giro,
nessuno ha alzato gli occhi al cielo, nessuno mi ha dato dello
scemo. Qualcuno ha solo lasciato sul mio passaggio qualche
"buon" romanzo guardandosi bene dal proibirmi gli altri. Quella
era saggezza [Pennac 1993, 127-1281.
5. INCONTRI RAVVICINATI
I1 pensiero si forma per coppie. L'idea di "molle" non si forma
prima, o dopo l'idea di "duro", ma contemporaneamente, in uno
scontro che generazione: l'elemento fondamentale del pensiero
questa struttura binaria, non i singoli elementi che la compongono.
La coppia, il paio sono anteriori all'elemento isolato [Rodari 1973,
171.
.,
The Beatles Helu. Emi., 1965: Cathv Berberian. Nel labirinto della voce.
Ermitage, 1993.
"1 Nuovo Canzoniere Italiano, Le canzoni di Bella Ciao, Dischi del sole; Officine
Schwartz. Ciao Bella. in Materiale Resistente. I1 Manifesto Dischi. 1995.
Per un approfondim~ntodi questa pista di 1a;oro cfr.: Prato 1985.
Ascoltiamo due versioni di uno stesso brano, senza fornire alcuna
indicazione: si tratta di Baby please don 't go, nell'esecuzione di M. Willis
(Disco Origina1 Country Blues, Vol.111, South Mississipi & Louisiana, a
cura di Gianni Martucci, Albatros, ALB. 13) e di M. Waters (Disco
Mud& Mississipi Waters Live, BGO 1991).
Chiedo alla classe di tracciarne una sorta di identikit, rispondendo a una
serie di domande (Chi? Come? Dove? Quando? Perch?).
Alcune risposte raccolte in forma di brainstorm in una seconda media:
Il primo brano mi fa venire in mente una canzone suonata in un
paesino, uno di quelli di una volta, in America. Il secondo invece sembra
pi moderno, sembra cantato in un piccolo concerto di citt.
A me il primo brano fa venire in mente un paese texano nella
tranquillit della mattina; molto bello, d un senso di tranquillit, la
voce sembra di una vecchia persona anziana che suona la chitarra su una
sedia a dondolo. Questo mi viene in mente per il silenzio e il canto del
gallo che aumenta la tranquillit: sembrano gli unici due amici. Il secondo
brano mi fa venire in mente una discoteca di citt, nel pieno della serata,
con molta gente che balla. Potrebbe essere un locale di New York. Il primo
un jazz molto lento, il secondo un rock, ma degli anni '50.
' Buoni esempi si possono trovare in Negro Prison Songs, canti di lavoro e blues
registrati da Alan Lomax nel penitenziario di Parchman, Mississipi, nel 1947,
Disco Albatros VPA 8280.
- Si ascoltino brani di Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Aretha
Franklin, James Brown, Ray Charles, Tina Turner, Janis Joplin, Joe
Cocker, Tom Waits: solo alcune tra le pi belle voci nere.
- Miserere, eseguita da Zucchero e Pavarotti: voce lirica e voce rock
s'incontrano all'intemo della stessa canzone. Si ascolti anche la versione di
Andrea Boccelli (in Il mare calmo della sera, Ricordi, 1994) in cui lo
stesso cantante altema i due stili vocali.
- Summertime, cantata da un cantante d'opera (da Porgy and Bess, di
Gershwin) e da Janis Joplin (in Janis Joplin S Gratest Hits, CBS).
Nella popular music anche la pronuncia strumentale spesso vocalizzata e
sporca; naturalmente sono gli strumenti solisti a evidenziare
maggiormente tale caratteristica:
- i1 riff di Smoke on the water, dei Deep Purple, con i1 sound duro,
rabbioso e granitico della chitarra conduttrice, vero e proprio antesignano
delle sonorit heavy metal, ancora oggi conosciutissimo da ragazzi e
ragazze. Basterebbe eseguire il riff con un timbro di organo o di
pianoforte, lasciando inalterate le altre parti (basso e batteria), per sentire
venir meno buona parte della durezza, della forza e dell'energia che lo
caratterizzano.
5.3. Figura / Sfondo
Tagg propone di considerare la relazione tra melodia e accompagnamento
come omologa alla relazione tra unaflgura - un individuo - e lo sfondo -
l'ambiente in cui questo individuo si trova -.
Prendiamo tre esempi musicali come campioni esemplificativi di altrettanti
generi, Hemy metal, Rap e Techno, e confrontiamo le rispettive relazioni
tra figura e sfondo:
- Hemy Metal: melodia acuta e urlante (voce cantante o assolo
strumentale), in continuo s f ~ r z oper emergere al di sopra del trafico,
rappresentato da un vcompagnamento denso, pieno, lo-., un vero e
proprio muro sonoro. E tutto cos rumoroso e potente che si riesce a farsi
sentire solo se si alza la voce, come quando si cerca di parlare con un
amico dall'altra parte di una strada cittadina dove passa continuamente un
flusso costante di automobili. L'equivalente musicale di ci l'urlare al di
sopra di tutti gli altri rumori.
- Rap: proviamo a pensare a questa musica come ad una presa di parola,
in cui in pratica un eroe aiffabulatore emerge dal panorama rumoroso e
caotico della metropoli: rimane il paesaggio denso, sporco, caratterizzato
da sonorit a bassa fedelt, ma ricacciato indietro, in uno sfondo lontano.
E la vittoria dell'eroe e della sua voglia di comunicare; il muro sonoro
abbattuto: non pi la necessit fisica di farsi sentire ad avvicinare il canto
all'urlo, ma la rabbia a trasformare le parole in pugni, piene di senso e di
carica politica.
7. IL TEATRO DELL'ASCOLTO
7.1 Sipari: spazi e tempi rituali
Come nella fiaba il C 'era una volta conduce immediatamente dentro a una
dimensione temporale magica, o come l'uso dell'imperfetto delimita lo
spazioltempo del gioco per i bambini piccoli, cos credo sia importante
inventare dei sipari che introducano nella pratica educativa quotidiana dei
quadri, dei contenitori, degli spaziltempi rituali. In questo caso si tratta
forse, invece che di ingrandire, di miniaturizzare l'esperienza del teatro:
uno spazio scenico preparato, cio non casuale, in cui gli elementi
(persone, parole, oggetti, strumenti, musiche, linguaggi...) assumano ruoli,
dialoghino, si muovano.
7.2. Entrata
r r r r r r r r r r r r
"' Va tuttavia sottolineato che non tutte le musiche sono costruite a partire da un
pensiero del tempo di questo tipo: esistono repertori in tutto il mondo in cui
l'organizzazione delle durate non fa riferimento ad una pulsazione. In questo caso
si parla di tempo liscio, indeterminato, o di ritmo libero.
Prendiamo una di queste musiche, ad esempio il gi citato Chan Cl~an,
di Ry Cooder. La pulsazione pu costituire il riferimento periodico su cui
organizzare diversi tipi di passo:
Pulsazione
(Sinim.) r r r r r r r r r f r r
Passi 1
'
D
r r
S
r r r r
d
Passi 2
P d r
Passi 3 o o o
Strum.1
Strum. 2
Strum. 3
BIBLIOGRAFIA
Per registrare su computer basta avere una normale scheda audio e un programma
che permetta di visualizzare la forma d'onda del file audio e di compiere semplici
operazioni di montaggio .Uno tra i pi diffusi programmi per PC di questo tipo t
Cool Edit Pro.
posizioni da sottoporre ad altri processi analiticolcompositivi.
b) Utilizzare gli elementi di Ligeti e farli interagire con elementi estranei
(modulazione culturale). Ad esempio, si potrebbe pensare di fare interagire
frammenti pi o meno estesi del brano pianistico di Ligeti con frammenti
estratti da altre composizioni(de11o stesso autore o di altri) e dare vita a un
terzo organismo sonoro che tenga conto delle relazioni(arbitrarie ma non
immotivate) tra i primi e i secondi.
C) Sperimentare prassi commutative per verificare la "tenuta" di alcuni
elementi o dell'intera forma del brano. Ad esempio: cosa accade se, la-
sciando inalterata la successione degli eventi nel brano di Ligeti, provo a
modificare solo la dinamica? Oppure il timbro? O provo a creare delle pic-
cole finestre di silenzio? ecc.
Ovviamente si pu proseguire anche senza I'ausilio del computer, pren-
dendo spunto dalla forma di Ligeti per inventare innumerevoli altri pro-
getti musicali da sottoporre al solito processo composizione 1 analisi.
In un terzo esempio il percorso analisi 1 composizione segue un iter ancora
diverso:
- ascolto musicale senza alcuna indicazione preventiva - anche il titolo non
viene reso noto
- - - - - - ~ - - -~ - -
BIBLIOGRAFIA
PREMESSA
Insegno violino nelle scuole medie ad indirizzo musicale e, nel corso degli
anni, ho sperimentato l'importanza che l'analisi musicale pub avere per
quanto riguarda l'esecuzione strumentale, non solo per concertisti e con-
certiste o per allievi e allieve a livello avanzato, ma anche per principianti,
frn dalle prime lezioni. Il mio contributo si pone nell'ottica
dell'applicazione pratica dell'analisi a livelli elementari; non mi sofferme-
rb quindi sull'approfondimento di modelli complessi n entrerb nel merito
delle questioni teoriche attualmente dibattute, anche se tutto cib fa ovvia-
mente da sfondo alle mie riflessioni e proposte.
E ancora:
la didattica delle condotte non dice nulla dei gesti. Essa interviene a
monte; essa dirige il suo intervento verso ci che spinger l'allievo
a trovare i gesti da solo [Delalande 1993, 156-1571.
Appare evidente come tutto ci possa (e debba) capovolgere l'ottica di in-
segnamento di uno strumento musicale, ma moltissime sono ancora le resi-
stenze che si incontrano in questa direzione. Significa non dire pi agli al-
lievi e alle allieve " come si fa", ma inventarsi una strategia perch ognuno
trovi il proprio modo di fare. Mi sembrano significative, a questo proposi-
to, le parole di Gabriel Garcia Marquez: A un bambino regalerei le ali,
ma lascerei che da solo imparasse a volare))l .
QUALE ANALISI
59
gate all'analisi condotta sull'ascolto. Ovviamente queste due modalit ci
permetteranno di cogliere aspetti diversi, ma ritengo che siano entrambe
indispensabili, anche per sviluppare diverse abilit: di tipo pi concettuale-
teorico la prima, di tipo pi percettivo la seconda, anche se i due aspetti
sono (o dovrebbero essere) necessariamente sempre entrambi presenti.
COSA ANALIZZARE
Ho gi espresso la mia convinzione relativa alla possibilit e necessit di
utilizzare l'analisi fin dalle prime lezioni di strumento musicale. E evidente
che non su ogni brano si faranno approfondite riflessioni, ma importante
che chi insegna uno strumento musicale si occupi anche di questo. Non C
compito di altri poich questa attivit va collegata strettamente al suonare.
BRANO I
61
(Es l a) Baa! Baa! Black Sheep [Herfurt 1953,3]
Questo materiale pu essere proposto utilizzando sia il pizzicato (quindi
quando gli allievi non sanno ancora tirare l'arco) sia I'arco. Prevede co-
munque solo l'uso delle quattro corde del violino, senza l'intervento della
mano sinistra.
Per rendere pi evidente la ripetizione del tema opportuno eseguire ini-
zialmente il brano senza la variazione ritmica. Questa (o variazioni analo-
ghe) potr poi essere introdotta chiedendo ad allievi e allieve di capire cosa
b cambiato.
Successivamente si pu provare a scoprire cosa cambia, modificando le
corde vuote d'accompagnamento. In che modo ci piace di pi? Perch?
Quale corda meglio mettere in fondo per dare il senso di fine? E se cam-
bio le durate dei suoni d'accompagnamento? Quali durate meglio lascia-
re alla fine per dare l'idea di conclusione? Cosa cambia pizzicando le cor-
de o usando l'arco? Suonando piano o forte? E se pizzico anche la melo-
dia?
A C I " " ri
BRANO 2
Un buon esercizio quello proposto dal metodo per violino di Eric e Elma
Doflein [1979, pp. 6, 10, 121.
Entrano qui in gioco principi legati alla tonalit, alla curva melodica,
all'andamento ritmico. Siamo nel campo strettamente tonale, ma dobbiamo
tener conto che questo il campo di esperienza dei nostri allievi. La stessa
attivit pub essere proposta inizialmente anche solo con frasi ritmiche o
pu essere arricchita con aspetti di dinamica, agogica, timbro, che qui sono
assenti.
Nulla ci vieta poi di proporre attivit simili in altri ambiti: scale pentafoni-
che, ritmi dispari, scale inventate, effetti timbrici particolari, ecc.
Perch la prima parte viene definita proposta e la seconda risposta?
Proviamo diversi tipi di risposta. Quale ci convince di pi? Perch una
" funziona" meglio e l'altra ci lascia insoddisfatti?
1
b M . 1-8 I 2
baii 9-16
I l I
1A
ban. '-4
l
1B
baii C8
I
l 2A
ban. 9-12
I
2B
bari. 13-16
I
Della stessa serie esistono anche un metodo per clarinetto e uno per pianoforte.
Quest'ultimo, il cui autore Boj, l'unico tradotto in italiano (Ricordi, 1994).
Si rimanda a Boscolo 1997. In questo testo l'autore sottolinea la rilevanza delle
componenti cognitive, affettive e motivazionali nei processi di apprendimento.
I , - 7
., 1 I I I
-.
... /
v .
I
Es. 5
Nell'insegnamento si ricorre troppo raramente a un intenso lavoro
mentale e gli allievi non vengono indotti a concentrare sufficiente-
mente tutta la loro attenzione. [...] Per abituarli uso il sistema di far
apprendere e ritenere a memoria i brani mediante la riflessione.
L'importanza di questo lavoro mentale, che straordinariamente
efficace, non viene sufficientemente apprezzata [Leimer -Gieseking
1933, 81.
Il mio interesse per un lavoro che, a partire dall'analisi, attraverso la me-
morizzazione consapevole, arriva all'esecuzione, dovuto alla possibilit
che questo approccio offre a chi suona di concentrare le proprie energie
sul gesto.
Il gesto gioca un molo cardine tra il suono e l'espressione. A volte
dalla parte della produzione, a volte dalla parte dell'immaginario,
spesso dalla parte di entrambi. E uno dei canali ...grazie al quale la
musica prender senso [Delalande 1993,841.
I1 tipo di analisi del brano scelto funzionale alla sua esecuzione. Si tratta
di un procedimento che, a partire da una complessiva finalit espressiva, si
muove intorno all'individuazione delle situazioni gestuali-sonore presen-
tate dal brano. I1 percorso viene guidato dall'insegnante, dalla macroanali-
si alla microanalisi9, pur ponendo in primo piano gli schemi percettivi e gli
approcci pianistici personali dell'alumo/a. 11 lavoro sulla gestuaiit aiio
strumento infatti in stretta relazione con la ricerca della consapevolezza
corporea e l'efficace utilizzo delle proprie risorse; la medesima richiesta
dell'insegnante trova risposte differenti a seconda delle caratteristiche fisi-
che, emotive e psico-affettive del soggetto a cui si rivolge. L'obiettivo del
lavoro verr pertanto raggiunto in modo pi completo se i1 percorso ri-
spetter le potenzialit individuali.
Come spesso accade nelle raccolte di brani per l'infanzia, il titolo The ma-
gic Smith suggerisce un possibile campo semantico e offre la possibilit
di agganciare il senso musicale a significati legati a situazioni extra-
musicali.
Riporto le fasi fondamentali del percorso di analisi in forma schematica:
fase A- Macroanalisi
fase B- 11 problema del ribattuto: " martellare7'
fase C- Il problema del cromatismo: "limare"
fase D- 11 problema della cantabilit: "risonanze metalliche"
fase E- Eseguire il brano
CONCLUSIONE / INTRODUZIONE
BIBLIOGRAFIA
PREMESSE TERMINOLOGICHE
Se si conviene che si fa della teoria ogni volta che si cercano le leggi che
regolano una pratica, allora teoria musicale qualsiasi riflessione su una
pratica musicale che individua quali leggi la regolano.
E innegabile, per, che spesso col termine "teoria musicale" si intende
qualcosa di pi circoscritto: l'attivit che distingue, denomina e
riconduce a una serie di regole tutte le componenti di un testo musicale
(dalle microcellule pi semplici alle macroforme pi complesse) che non
sono specifiche di quel brano, dato che ricorrono anche in altre
composizioni musicali; ad esempio, in questa accezione che Leonard
Meyer parla di ((music theory)) quando sostiene che essa cerca di scoprire
le leggi generali che regolano il funzionamento degli eventi presenti nei
brani musicali, mentre ((l'analisi critica usa le leggi formulate dalla teoria
musicale [...l per spiegare come e perchC gli eventi particolari presenti in
una composizione specifica sono in relazione l'uno con l'altro)) [Meyer
1973,9].'
In questo senso, mentre insegnare a realizzare l'analisi critica di un testo
musicale consiste nel fare apprendere come rendere conto di ci che
unico, caratteristico solo di quel brano, insegnare la teoria musicale
consiste invece nel fare acquisire una competenza che consenta di
distinguere e denominare consapevolmente le componenti generiche di un
testo musicale, e che permetta di confrontarsi con le distinzioni, le
denominazioni e le esplicitazioni del funzionamento di tali componenti pi
praticate nella cultura alla quale si vuole alfabetizzare lo studente.
Con le componenti non specifiche, ricorrenti in testi musicali diversi, si
confronta anche l'educazione dell'orecchio musicale: per rendersene
conto, basterebbe leggere anche solo i programmi ministeriali per l'esame
di educazione musicale per le medie inferiori del 1979, dove si afferma
che essa ((presupposto del momento espressivo, sia di quello ricettivo)):
per far acquisire allo studente delle competenze che gli consentano di
progredire sia nelle pratiche musicali ((espressive))che in quelle ((ricettive))
l'educazione dell'orecchio musicale deve dunque fare in modo che egli
sappia applicare distinzioni sempre pi fini, che lo rendano capace di
cogliere tutte le sfumature significative delle componenti generiche dei
testi da lui ascoltati, di concepire interiormente quelle che egli intende far
Come stato notato, tra gli altri, da Johannella Tafuri, l'attivit educativa dovr
[...l intervenire [...l proponendo esperienze con materiali tonali nel rispetto delle
tappe evolutive)) [Tafuri 1988, 501, tenendo conto del fatto che tsolo verso gli 8
anni (dopo la comparsa del pensiero reversibile) che comincia a instaurarsi la
capacita di percepire almeno la relazione tonica-dominante-tonicm [Tafuri 1988,
491.
poi all'accordo di sottodominante, si tratter, ad esempio, di far scegliere
tra due successioni di gesti di allontanamento da un centro che si
interrompono, l'una dopo un passaggio da un momento di equilibrio a uno
di grande squilibrio rispetto al quale tutti si aspettano un immediato ritorno
all'equilibrio e al centro, l'altra dopo un passaggio da un momento di
equilibrio a uno nel quale lo squilibrio 6 appena accennato, e che dunque
lascia pi incerti sulla sua continuazione. L'associazione dei due tipi di
successione musicale dapprima con i due tipi di successioni di gesti e poi
con i due termini tecnici corrispondenti consentir di sviluppare delle
attivit espressive e ricettive basate sul loro riconoscimento e sulla loro
produzione.
Continuando con questo metodo si potr arrivare a distinguere diversi
"giri" di accordi (come il "giro di Do'13 o quello del blues) facendo
corrispondere a ciascuno un certo "giro di gesti" analogo.
E importante infine sottolineare che il percorso qui proposto, di rifiessione
sulla relazione tra le percezioni 'cinetico-dinamiche' di un testo musicale e
le componenti in esso presenti, pu essere condotto affrontando distinzioni
non solo di aggregati di note, ma anche di altri tipi di componenti musicali:
infatti, il rilevamento che una certa successione musicale pub apparire
come un aumento o una diminuzione di tensione e di instabilit pi o meno
forte a seconda di come mutano le sue caratteristiche direzionali, di durata,
di intensit e timbriche (rimanendo identici altri aspetti) 6 stato presentato
da numerosi teorici della musica, e in particolare da Wallace Beny
[19761.~
IL METODO PROPOSTO
Rispetto alla distinzione elaborata in Ferrari 1999 dei tre tipi di approccio
didattico, "sintetico", "analitico" e "analitico-sintetico", il metodo che stiamo
esplicitando b riconducibile a quest'ultimo tipo.
Sull'applicazione alla musica della "prova di commutazione", vedi Middleton
1990, Stefani - Marconi - Ferrari 1990 e Tagg 1994.
esperienza (un gesto di perdita di equilibrio).
5) A questo punto si saranno creati i presupposti per associare la presenza
di ciascuna delle componenti affrontate con i termini "tecnici" adottati
dalla teoria musicale e con i segni (grafici ed eventualmente anche
nestuali) utilizzati nella notazione (ed eventualmente anche nella direzione
di un coro o di un gruppo strumentale) tradizionale8.
6) Seguir una fase di esercizi finalizzati a consolidare le competenze che
si inteso far apprendere.
7) Infme si tratter di verificare se tali competenze sono state acquisite,
attraverso attivit sia di ascolto ed esplicitazione dei riconoscimenti
avvenuti che di produzione di musica a partire da stimoli verbali, grafici e
gestuali.
Seguendo la distinzione dei principali parametri del suono, vedremo ora
come possibile applicare questo metodo ai principali ambiti nei quali
vale la pena di realizzare attivit integrate di insegnamento di teoria
musicale e di educazione dell'orecchio.
ogni glissando, oltre che a un movimento, anche a un segno grafico dotato della
stessa direzione.
Ulteriori suggerimenti su come impostare attivit8 di educazione dell'orecchio ed
insegnamento della teoria musicale centrate sugli intervalli si trovano in Stefani -
Marconi - Ferrari [1990,239-2501 e in Marconi 1994.
particolamente frequenti le musiche nelle quali i bicordi 'puri' (cio sentiti
come aventi una loro identit di per s, e non come parti di un aggregato
pi ricco) hanno un'importanza cruciale: non vale allora la pena di
insistere pi di tanto sulla loro distinzione.
Decisamente pi importante 6 che gli studenti siano in grado di
padroneggiare la distinzione degli accordi che ricorrono pi
frequentemente nei repertori nei quali si possono imbattere fuori dalla
scuola; a tale proposito possono essere ripresi alcuni dei discorsi gi
sviluppati nel secondo paragrafo di questo saggio: per insegnare a
distinguere i casi nei quali in un contesto tonale si presenta un accordo
consonante da quelli nei quali si presenta un accordo dissonante occorre
attirare l'attenzione sul fatto che, sostituendo l'uno con l'altro e lasciando
tutto il resto il pi possibile immutato, si sente un aumento di squilibrio e
di tensione e una diminuzione di stabilit e di conclusivit. Nell'insieme
degli accordi dissonanti si potrebbe poi insegnare a distinguere i casi nei
quali si presenta una quadriade di prima specie dai casi nei quali si
presenta un accordo di settima diminuita sulla base del fatto che, a parit di
altri parametri, in presenza del primo si sente una tendenza univoca a
procedere verso la tonica rispetto alla quale la quadriade appare come la
dominante, mentre in presenza del secondo si sente pi suspense, dato che
si rimane incerti su quale possa essere la continuazione. Nell'ambito degli
accordi consonanti il discorso si fa pi scontato: si tratta, ovviamente, di
introdurre la distinzione tra l'accordo maggiore e quello minore, facendo
leva sul fatto che, quando in un brano ci troviamo di fronte al secondo lo
associamo al ricordo dell'inizio e10 della fine di molte musiche improntate
a un patetismo di carattere triste, mentre il primo lo associamo al ricordo
dell'inizio e10 della fine di musiche meno tristi.
l 3 Cos come avviene nel saggio di Anna Maria Freschi, anche in questo scritto i
termini " scansione isocrona" e "pulsazone" verranno usati come sinonimi.
l 4 Come esempio di musica con successioni di durate "dilatate", Freschi propone
l'ascolto di Above Chiangmai, tratto da Ambient l - Plateaux of Mirror di Bian
Eno e Harold Budd, nel quale, attraverso l'uso del pedale di destra del pianoforte,
molti dei suoni eseguiti continuano ad essere percepiti anche quando subentrano i
suoni seguenti; come esempio di musica con durate "spezzate", viene invece
suggerito l'ascolto della Variazione II dalle Variazioni op. 27 per pianoforte di
Webern, dove i suoni sono brevi, marcati e intervallati da continui silenzi
(altrettanto brevi) che 'spezzano' il tessuto sonoro e conferiscono al brano un
carattere concitato)) [Freschi 1991, 451. Per esemplificare un ritmo "misurato",
viene scelto Il fabbro armonioso di Hilndel, mentre Lux Aeterna di Ligeti e il
primo dei Klavierstucke op. 19 di Schonberg vengono indicati come esetnpi
funzionali a presentare il ritmo "non misurato".
se non la stanno ascoltando; vengono presentate a tale proposito diverse
attivit funzionali a conseguire tale prerequisito, quali quella di eseguire
una scansione dapprima in modo "normale" e poi, quando la sua
esecuzione consolidata, togliendo alcune pulsazioni, facendo per in
modo che quelle non omesse continuino la scansione iniziata in modo
regolare;
- la mossa seguente quella di insegnare a distinguere in una successione
di durate ritmicamente misurata il suo ritmo (le relazioni di durate in
essa presenti) dal suo tempo (la pulsazione da questa sottesa); a tal fine
si tratter di proporre l'ascolto e la produzione di uno stesso brano (una
conta, una filastrocca, o una canzone) eseguito a diverse velocit e di brani
diversi eseguiti tutti con la stessa velocit, facendo evidenziare con
notazioni analogiche o tradizionali che nel primo caso muta la velocit
della pulsazione, ma le relazioni di durate rimangono uguali, mentre nel
secondo avviene il fenomeno inverso;
- due ulteriori distinzioni che si suggerisce poi di introdurre nell'ambito
delle scansioni sono quella tra le pulsazioni accentate e quelle non
accentate e quella, ad essa direttamente consequenziale, tra i metri binari,
ternari e quaternari; analogamente a quanto stato indicato pi sopra per la
distinzione degli intervalli, anche in questo caso fondamentale ((partire
dal repertorio dei brani conosciuti)) [Freschi 1991, 231; in altri termini, lo
studente si pu abituare a distinguere i pezzi in metro binario da quelli in
metro ternario sulla base del fatto che i primi gli ricordano le marce a lui
note e i secondi i valzer;
- dopo la distinzione dei metri, viene poi proposto di concentrarsi sulle
loro due suddivisioni principali, quella binaria e quella ternaria, che dano
vita ai tempi semplici e composti; anche in questo caso viene sottolineato
quanto sia importante che lo studente ((percepisca la differenza mettendola
in relazione al suo vissuto e colga le connotazioni espressive e funzionali
legate al tempo composto, avvertendone la presenza con caratteristiche
diverse (velocit, strumentazione, ecc.) all'interno di ninna-nanne,
pastorali e tarantelle)) [Freschi 1991, 32-33];
- come ultimo passo del percorso proposto si invita infine a introdurre la
distinzione tra le cellule ritmiche pi semplici e comuni presenti nel
repertorio al quale si vuole alfabetizzare gli studenti; per affrontare tali
distinzioni, Anna Maria Freschi sottolinea soprattutto due principi
particolarmente importanti: innanzitutto fondamentale che le durate di
ciascun elemento delle cellule ritmiche distinte siano rapportate alla
pulsazione; si potr cos far capire che la scansione isocrona funziona
come misura delle distanze tra l'attacco di un suono e quello del suono
successivo e della quantit di tempo nella quale in un brano musicale si
trovano dei silenzi (le "pause"); altrettanto decisivo poi che le durate
musicali vengano pensate dallo studente non isolatamente, bens
raggruppate in cellule all'interno di contesti musicali reali [Freschi 1991,
421; ancora una volta, dunque, cruciale sar che i discentti si abituino ad
associare ciascuna componente musicale affrontata (in questo caso,
ciascuna cellula ritmica) all'incipit di un frammento a loro ben noto,
facendo leva su tutti i frammenti che sono gi nella loro memoria e
integrandoli con nuovi esempi fatti memorizzare ad hoc.
Ovviamente, il percorso di sviluppo del senso ritmico, dopo queste fasi,
pub poi integrare molte altre distinzioni, soprattutto nell'ambito delle
sovrapposizioni di diverse successioni di durate.
l 5 Sulla relazione tra i concetti di "timbro", " sound e " sinestesia", vedi Stefani
1998, 38-54.
l6 Sull'applicazione alla percezione sonora del concetto di "percezione
fisiognomica", coniato da Heinz Werner, vedi Dogana (1983 e 19901 e Marconi
2001.
l 7 Un'approfondita analisi di questo brano stata realizzata da Moore 2000.
disposti i timbri in questi due brani, vale la pena di usare tale schema per
cercare di produrre, con gli strumenti disponibili in classe, una
disposizione di timbri affine. A partire da un percorso di questo genere, si
tratter poi di esercitarsi a realizzare e a "tradurre" in altri linguaggi brani
che combinano un corpus sempre pi ampio di timbri diversi18.
BIBLIOGRAFIA
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MARCONI
2. ESPRESSIVITA,STRUTTURE E STILE
Senza provare un sia pur vago interesse per la musica che si ascolta, senza
avvertirne anche confusamente un possibile senso, non possibile entrare
in contatto con essa. Dunque, anche da un punto di vista didattico il primo
passo per accostarsi a un repertorio sconosciuto quello di partire
dall'ipotesi che abbia un senso e di provare a decifrarlo. Ma per insegnare
a decifrarlo si incontra subito un problema: quello di parlarne. Forse il
principale ostacolo alla didattica delle comprensione musicale costituito
proprio dalla necessit di usare le parole. Da molti anni, anzi ormai da
quasi un secolo e mezzo, si sono avanzate teorie controverse e sottili pro o
contro la cosiddetta " semantica " della musica [Baroni 19991 proprio
perchd per descrivere i contenuti, o il "senso" di un evento musicale
[Marconi-Stefani 19871 necessario usare parole, cio categorie
concettuali, mentre l'esperienza musicale sfugge a queste categorizzazioni,
non si lascia facilmente addomesticare, si fa conoscere per vie traverse,
soprattutto non verbali.
Eppure a scuola non si pu fare a meno delle parole: il problema per
quello di usarle al modo giusto. Per raggiungere il loro obiettivo in
maniera efficace e non impropria, le parole non possono porsi il compito
di "descrivere" i contenuti della musica, ma solo quello di alludere a un
vissuto che esperito pi col corpo che con la mente, pi con l'affettivit
che con la cognizione, pi con le immagini che con i concetti [Marconi
20011. Per risolvere questo problema, per comunicare con i soggetti di un
suo esperimento, Miche1 Imberty nelle sue ben note ricerche tradotte anche
in italiano 11986, 19901, scelse di usare solo aggettivi, cio tipi di parole
che non indicano oggetti, ma qualit. Un conto, infatti, descrivere un
movimento, una sensazione o un'emozione, un conto indicare una
qualit motoria, sensoriale o emotiva. Per questa ragione l'uso di aggettivi
nelle attivit di didattica musicale si rivelato particolarmente appropriato.
Non questo il luogo per descrivere le tecniche che a partire da quest'uso
sono state elaborate. Mi limiter a dire che questa una delle tecniche
possibili, non l'unica, ma forse una di quelle pi praticabili per la sua
semplicit; in classe non si possono usare le raffinatezze sintattiche e
lessicali che mette in atto la critica musicale per ottenere scopi analoghi.
Ma uno dei limiti, forse il maggiore limite, delle definizioni aggettivali (e
spesso dei discorsi critici) costituito dal fatto che le parole in questo caso
non descrivono la musica ascoltata, ma la risposta soggettiva all'ascolto di
quella musica. Si pone allora il problema di capire quale validit
intersoggettiva abbiano quelle parole: in altri termini, se un ascoltatore
dice "bianco" e uno dice "nero", chi dei due ha ragione? 11 primo passo
per ottenere ragione quello di motivare persuasivamente le proprie scelte:
"ho detto bianco perch.. .." . La ragione primaria, anzi l'unica ragione
plausibile per rendere persuasiva la propria scelta 8 quella di riferirla ai
caratteri strutturali della musica ascoltata: "ho detto cosi perchB la sonorit
degli strumenti ha questo carattere, perch il ritmo di questo tipo, perchB
gl'intervalli hanno questo andamento, ecc.". La scelta delle parole a
questo punto non riferita solo alla propria risposta soggettiva, ma alla
propria percezione, e il modo di percepire, per fortuna, tendenzialmente
uguale per tutti. Dunque, se un accordo B possibile trovarlo, questo B
l'unica via per renderlo plausibile, discutibile, non arbitrario. Gino Stefani
ha dimostrato ormai da molti anni [l9771 che ascoltatori anche inesperti
sono in grado di raggiungere, se opportunamente guidati, motivazioni di
questo tipo, e la didattica musicale italiana si B ampiamente appoggiata a
questi risultati.
Due problemi si delineano molto chiaramente a questo punto, uno di
natura teorica e uno di natura didattica. I1 primo si riferisce al fatto che,
secondo una prospettiva come questa, ai singoli aspetti della struttura
musicale si dovrebbero poter attribuire sempre particolari caratteristiche
espressive. La semiotica musicale degli ultimi decenni ha studiato
attentamente questo problema, e anche la psicologia della musica negli
ultimi anni ha dimostrato interesse per questo tema [Woods - Luck -
Brochard - Seddon - Sloboda 20001. A mio parere molto lavoro b ancora
da compiere perch le cose vengano chiarite fino in fondo, tuttavia B
plausibile che sul piano didattico risorse di questo tipo vengano impiegate,
purch si abbia cura di non avallare teorizzazioni improprie e purch le
parole vengano usate con attenzione.
Il secondo problema, di natura didattica, nasce dal fatto che gli allievi ai
quali si chiede il lavoro dell'interpretazione musicale, per poter risalire
dalla risposta verbale immediata alla sua motivazione strutturale devono
non solo riconoscere molto bene le strutture a cui fare riferimento, ma
devono anche saperle nominare con propriet. In questo caso il problema
del linguaggio da usare B esattamente contrario a quello prima citato:
quanto il linguaggio interpretativo dev'essere sfumato e capace di
ambiguit, tanto quello strutturale dev'essere preciso e non ambiguo. Chi
non possiede i necessari concetti non in grado di motivare le sue scelte
interpretative. Ci significa che da un punto di vista didattico i due
processi, quello di imparare a interpretare e quello di imparare a percepire
e a concettualizzare le strutture, devono andare di pari passo. Non
possibile entrare qui nei particolari della grammatica sonora da
apprendere: dal sistema delle durate a quello delle altezze, delle sonorit,
della forma. Mi limito a sottolineare che l'analisi musicale gioca in questo
tipo di attivit didattica un ruolo insostituibile. Ed del tutto secondario
che si tratti di analisi di un testo ascoltato anzich di un testo scritto.
11 risultato finale di interpretazioni basate su procedimenti di questo tipo
sar quello di ottenere dai ragazzi una sintesi meditata degli aspetti pi
importanti, di senso e di struttura, di ci che hanno ascoltato. Lo scopo
per non solo quello di raccogliere impressioni sparse, aspetti anche
rilevanti, ma isolati e non correlati l'uno con l'altro (la qual cosa risulta
sempre insidiosamente presente nelle iniziali raccolte di dati), bens quello
di procedere ulteriormente verso una sintesi, di indicare quali degli aspetti
messi in luce possano essere giudicati pi importanti e pi caratterizzanti,
e tali da collocare gli altri in posizione ausiliaria o subordinata. In altri
termini si tratta di mettere a fuoco il "carattere" della musica ascoltata, ci
che rende possibile attribuire ad essa una "identit".
Se dopo aver fatto ascoltare, commentare e caratterizzare un Allegro di
Vivaldi noi proponessimo all'ascolto un Adagio dello stesso autore, la
caratterizzazione del brano diventerebbe diversa. La dimensione della
"espressivit", infatti, si riferisce a un esempio singolo, a una
manifestazione momentanea. Nell'interpretarla io devo riuscire a
sintetizzare dalla massa di tratti espressivi che ho di fronte quelli che a mio
parere, e secondo le convenzioni circolanti, posso individuare come
" caratterizzanti" quel particolare episodio. La stessa cosa capita nella vita
3. LE OPERAZIONI DI CONTESTUALIZZAZIONE
I1 termine allude ovviamente a tutti i "contesti" extramusicali che
dobbiamo conoscere per comprendere meglio l'esempio musicale che
stiamo ascoltando. Beninteso, non c' nessun obbligo di contestualizzare,
si pu anche a volte capire abbastanza bene senza necessariamente porsi
quei fastidiosi problemi, tuttavia nei casi in cui la comprensione risulti
difficile, in cui la prima reazione immediata rischi di essere il rifiuto,
oppure anche nei casi in cui sorga la curiosit di capire meglio e pi
approfonditamente ci che gi oggetto d'interesse, il ricorso ai contesti
extramusicali pu essere utile, e pu aiutare i docenti che intendano
insegnare ad ascoltare. I1 problema pi grave, tuttavia, che il termine
"contesto" cosi vago, o se si vuole, cosi esteso, che il suo aiuto, se non si
precisa qualcosa, rischia di diventare quasi nullo. In questo paragrafo
cercher allora di restringere un po' l'argomento e di individuare alcune
tappe del lavoro, perlomeno nei limiti in cui oggi possibile procedere.
La prima tappa consiste nel capire le funzioni che alla musica vengono
attribuite da ciascuna societ. E stato gi fatto notare che per una persona
vissuta da sempre in una societ tribale in cui alla musica vengano
assegnati compiti rituali ben determinati, l'ascolto di un Preludio di
Chopin suonerebbe come una specie di brusio, o forse come il canto di uno
strano uccello. Ma avviene anche che, in alcune trib giovanili in cui la
musica ha funzioni di immediata sollecitazione emotiva, l'ascolto di
un'aria di Verdi non risulti affatto sollecitante [Baroni-Nanni 19891. Cosl,
a qualche trib di ascoltatori di quartetti abituati a contemplare oggetti alla
cui perfezione si arriva solo con un poderoso impegno di silenziosa
concentrazione, l'ascolto di strazianti sonorit rock, o dei ritmi ripetitivi di
qualche rito africano, potrebbe risultare privo d'interesse. In altri termini,
un ascolto possiede sempre un compito implicito, che dipende da un
pregiudizio funzionale che tutti gli ascoltatori possiedono e acquisiscono
nel corso della loro esperienza, ereditandolo dalla societ in cui vivono:
" la musica va ascoltata cos perch serve a.. ." .
4. LE COMPETENZE NECESSARIE
C' una differenza fondamentale fra le operazioni di interpretazione
dell'espressivit e quelle di contestualizzazione. Le prime fanno
riferimento a vissuti di natura motoria, sensoriale, emozionale che, nei loro
aspetti essenziali, vengono acquisiti durante i primi anni di vita e
diventano esperienza comune. Fanno inoltre riferimento a facolt
percettive che vengono anch'esse acquisite in et relativamente precoce
[Tafuri 1988 e 19911. Le seconde invece richiedono competenze pi
specifiche, sia sul piano delle conoscenze, sia su quello delle capacit
percettive. Tuttavia non c'b soluzione di continuit fra l'uno e l'altro dei
due esercizi. Anzi, per contestualizzare con propriet, necessario partire
dal contesto espressivo, e procedere da questa base. Per esempio, per
capire il "carattere" stilistico di un determinato repertorio b necessario
aver saggiato prima il "carattere" espressivo dei singoli brani e poi
metterlo in relazione con la loro situazione storica.
Le difficolt dell'esercizio di contestualizzazione si manifestano
diversamente a seconda dei livelli d'et e di scuola. Per semplificare
l'esposizione mi servirb qui di due soli livelli: quello della scuola
dell'obbligo, e quello di scuole pi specifiche in cui la storia della civilt,
della cultura e delle arti (musica compresa) venga pi sistematicamente
insegnata. Nel primo livello includo bambini e ragazzi dagli otto ai
quindici-sedici anni, e nel secondo, ragazzi di et superiore.
Per quanto riguarda il primo livello non sempre sono previste conoscenze
storiche complesse; si pub comunque fare riferimento a concetti ormai
entrati nel senso comune: medioevo, civilt aristocratica, democrazie
borghesi, epoca delle comunicazioni di massa, possono scandire periodi
storici abbastanza noti. Cos paesi come l'Africa, l'India, il Giappone o la
Cina o eventi come le deportazioni africane in America si possono dare per
conosciuti. Descriveme per sommi capi alcune rudimentali caratteristiche
sociali e culturali, associare ad esse alcuni aspetti di stile musicale e
procedere con comparazioni a funzione orientativa, B sicuramente
possibile.
Da esperienze effettuate in questo campo con bambini dai dieci ai dodici
anni [Addessi-Luzzi-Tafuri 1996, p.751, sembra che i riconoscimenti di
stile possano venire facilitati se si fa riferimento agli apparati audio-visivi:
in particolare film con colonne sonore, documentari ecc. In effetti i
problemi interpretativi e percettivi della contestualizzazione sono
molteplici: chi ascolta deve selezionare alcuni tratti caratteristici dello stile
che sta esaminando. Ma chi nulla sa di quello stile non 8 in grado di
compiere la selezione e perci pu chiedersi legittimamente: perch
proprio quei tratti e non altri? Inoltre deve selezionare aspetti altrettanto
tipici della cultura a cui quello stile appartiene, e anche questa operazione
non pu essere compiuta senza conoscenze adeguate. Infine deve collegare
i tratti strutturali con quelli culturali e giustificare in qualche modo
l'accoppiamento. Ora, pretendere che chi non ha mai visto un quadro di
Caravaggio, non ha mai sentito nominare il re Sole e non ha mai letto un
verso di Shakespeare possa "contestualizzare" un brano di musica
dell'epoca barocca (con cui ha poca dimestichezza) e distinguerlo da un
brano, ad esempio, romantico e possa capire il perch della distinzione, B
in veritl una pretesa non realistica e didatticamente scorretta. Ma la
possibilitl di calare il brano di musica in un contesto in qualche modo
parlante e tangibile, come pu essere quello di immagini filmiche o
documentarie, pu agevolare il compito.
I vantaggi in questo caso sono innumerevoli. Anzitutto non si parte dal
significato di una strana parola (per esempio, "barocco") difficile da
spiegare, o da un'astratta idea di epoca che rischia di rimanere poco pi
che un numero o una formula verbale, ma si parte concretamente da un
ambiente: poniamo dalle immagini di un palazzo aristocratico, dai costumi
dei personaggi, dal loro modo di porgere il corpo e di far gesti, dal loro
modo di parlare (pi ancora che dalle parole pronunciate), dai rapporti fra
le persone, dagli ideali di vita che da quelle immagini si possono dedurre.
Tutto ci fa parte della cultura da contestualizzare, ma di solito non fa
parte dei libri di storia che la narrano. Invece se si vuol capire qualcosa
della relazione con la musica, sono proprio questi particolari aspetti del
contesto storico che emergono e che diventano essenziali.
Ad esempio, l'eleganza degli ambienti, la simmetria delle architetture, la
grazia del portamento, il formalismo, il distacco dall'immediatezza degli
affetti, il procedere misurato e composto, l'amore per le omamentazioni, e
altri tratti simili, ben difficili da descrivere a parole ma relativamente facili
da cogliere con l'occhio, possono essere al tempo stesso ambientali e
musicali. Non occorre - B ovvio - procedere ad analisi esplicite e sottili di
queste concordanze, ma esiste un legame immediato e intuitivo fra i due
ordini di eventi, che li rende non solo reciprocamente compatibili, ma in
un certo senso complementari, e che giustifica senza forzature la loro
appartenenza a una medesima cultura: si tratta in entrambi i casi di
manifestazioni dell'identit culturale dell'epoca. La memorizzazione dello
stile a questo punto si integra quasi naturalmente con il contesto delle
immagini storiche in cui esso ha avuto la sua origine, visto che la sua
propriet sembra essere, appunto, quella di manifestare un'identit
culturale [Baroni1996]. Naturalmente il ricorso a spezzoni fiimici non
indispensabile, ma procedure analoghe a quelle sembrano essere, in una
prima fase, assai efficaci. Pi che la descrizione di nozioni storiche
astratte, dunque importante la visione di immagini, la lettura di testi o
dialoghi, la rappresentazione di ambienti, cio l'appello alla memoria
visiva e uditiva.
L'altro aspetto importante dell'interpretazione di un brano in chiave
culturale quello della comparazione stilistica: se si mettono a confronto
brani di stili diversi pi facile individuare le loro differenze e, su questa
base, capire le ragioni della loro diversa identit. Occorre perb a guesto
punto una premessa sul concetto e la pratica della comparazione. E vero
che esiste una sorta di naturale gesto implicitamente comparativo che tutti
sanno fare: l'esigenza preventiva di chi ascolta musica, infatti, quella di
collocarla subito entro una determinata categoria; solo dopo averne
riconosciuto l'appartenenza a un tipo, si decide se e come ascoltarla; il
caso classico quello di chi spegne la radio o cambia canale se non trova
la musica che cerca. Questo certamente non ancora un atto di
comparazione stilistica, o perlomeno non lo in forma piena. Conviene
tuttavia partire da qui per mettere a fuoco alcune particolarit
dell'operazione. Chi spegne la radio riconosce che il brano non possedeva
le caratteristiche stilistiche di ci che lui desiderava ascoltare. La "non
appartenenza" allo stile desiderato implica perlomeno il riconoscimento di
una categoria "altra", di una categoria cui appartiene tutto il rifiutato,
considerato come un'unit indifferenziata, come un generico "non
corrispondente al desiderio, e non gradito". Tuttavia il rifiuto pub essere
anche consapevole, cio lo stile rifiutato pub essere riconosciuto come
appartenente a una categoria nota e rifiutato proprio per questa ragione. Un
acuto di Pavarotti pub appartenere ad esempio a un non gradito genere
musicale che si chiama "opera", che certamente categoria nota perchk,
come tante altre, appartiene all'esperienza comune e pub venire facilmente
riconosciuta per la sua diffusa presenza nei mass media.
In casi di questo tipo la comparazione stilistica del tutto embrionale. Le
categorie sono riconosciute all'istante per qualche tratto ben percepibile.
Nell'esperienza comune, per esempio dei giovani dagli otto ai sedici anni,
esistono senza dubbio l'opera, la musica classica, la musica da chiesa, il
jazz, la musica africana, la canzone tradizionale, il rock, che sono
immediatamente riconosciuti per qualche tratto fonico tipico, cosi come si
riconosce un tessuto da un altro o una voce nota da una sconosciuta. Ma
qui siamo di fronte semplicemente a categorie della percezione
(landcotone; classicdrock) a cui stato dato un nome come a tanti altri
oggetti del mondo. Il riconoscimento di stile cosa ben pi complessa.
Infatti, se vero che la categoria "rock" pub essere immediatamente
riconosciuta nel modo che ho detto, pur vero che chi ha un po' di
confidenza con essa pu anche saper distinguere una canzone dei Pink
Floyd da una degli U2, e non detto che la distingua semplicemente per il
timbro di voce del cantante o per altri indicatori immediati. Se la riconosce
per una mescolanza di aspetti di "sound, di ritmo, di fraseggio, di
armonia, di emissione vocale, gi mette in atto caratteristiche di stile,
anche se non sa di farlo e se non sa nominarle. Un'osservazione di questo
tipo ci induce ad affermare che non esiste soluzione di continuit fra il
riconoscimento immediato di pure e semplici categorie percettive e la
comparazione di stili musicali: tuttavia si pu parlare di comparazione
stilistica se fra due esempi messi a confronto non si distingue solo un unico
aspetto, o qualche aspetto isolato, ma una mescolanza di aspetti fonici
sentita come intemamente coerente perch dotata di un particolare
"identit". Per "stile" si pu intendere appunto questa coerenza.
La comparazione fra stili dunque non una pratica d'ascolto semplice: va
imparata con una graduale e sempre pi ampia e specifica confidenza con
il repertorio scelto. Per esempio, se il repertorio fosse quello del jazz, un
primo elementare avviamento al riconoscimento di stili al suo intemo
potrebbe consistere nella capacit di differenziare il dixieland dallo swing,
dal bebop, dal free, che sanciscono altrettante epoche della storia di quel
genere musicale. Qui siamo gi di fronte a esempi che per essere distinti
l'uno dall'altro richiedono l'ascolto attento di un complesso sistema di
tratti. Ancor pi sottile potrebbe farsi il riconoscimento se, all'intemo del
" free jazz" ci proponessimo di identificare ci che fa delle musica di John
Coltrane un universo coerente, distinguibile da quello di Albert Ayler. I1
caso della musica jazz estensibile a ogni altra area stilistica. In altri
termini, potremmo dire che gli stili musicali appartengono a universi per
cos dire stratificati e concentrici: possiamo differenziare ad esempio lo
stile musicale europeo da quello della musica indiana; e all'intemo della
musica europea possiamo differenziare stili d'epoca (medioevale, barocco,
romantico, ecc.); all'intemo della stessa epoca possiamo distinguere stili di
genere (la tradizione della musica da chiesa impone uno stile diverso da
quello della musica d'opera o da camera, e cos via) e talora di luogo (la
musica francese ha tradizioni stilistiche diverse da quella tedesca e
italiana); e all'intemo degli stili d'epoca (poniamo tardo romanticismo), di
genere (poniamo musica d'opera) e di luogo (poniamo l'opera italiana)
possiamo differenziare e confrontare un'aria di Puccini da una di Cilea.
Ma non potremmo compiere quest'ultima operazione se non avessimo gi
una certa esperienza dei diversi "strati" di stile a cui Puccini e Cilea
appartengono, cio se non sapessimo che la loro musica musica d'opera
italiana composta fra Otto e Novecento. Sarebbe dunque improprio
considerare quei due esempi come musica da chiesa tedesca del Seicento:
l'idea sembrer assurda a chi ha pratica d'ascolto, ma senz'altro possibile
per un ascoltatore inesperto che non conosca le stratificazioni pi ampie in
cui gli stili personali dei due musicisti s'inseriscono. Dunque, prima di
riconoscere le differenze fra Cilea e Puccini bisogner (a scanso di
equivoci colossali) saper riconoscere quelle fra opera e musica sacra, fra
musica italiana e musica tedesca, fra musica barocca e musica romantica.
In altri termini la didattica delle comparazioni stilistiche va accuratamente
pensata e va messa a fuoco con accortezza.
Contestualizzazione storica e comparazione stilistica sono, come abbiamo
visto, procedimenti didatticamente complementari: per comparare
correttamente due stili, necessario conoscere le stratificazioni appena
nominate, ma anche necessario conoscere i rispettivi contesti storici. Non
ci si pu limitare a mettere in rilievo aspetti isolati di quegli stili: stile
implica coerenza, e la coerenza non si pu spiegare se non facendo appello
all'identit culturale. Ad esempio se decidiamo che le caratteristiche
principali dello stile musicale romantico sono da individuare nella libert
formale, nell'importanza che assumono i tratti emozionali, nella presenza
di forti contrasti dinamici e agogici, e se paragoniamo questi aspetti con
l'amore per la simmetria, per la compostezza, per l'eleganza, delle
musiche settecentesche, non possiamo selezionare le caratteristiche dei due
stili senza essere consapevoli della loro "coerenza", e non possiamo
coglierne la coerenza se non facendo riferimento alle rispettive societ:
all'amore per la libert contrapposto al rispetto della legge, all'indagine sui
moti profondi dell'animo contrapposta al predominio della razionalit, alla
manifestazione impetuosa e sincera degli affetti contrapposta alla
disciplina interiore e al controllo elegante dei comportamenti. Si tratta di
due diversi sistemi di valori motivati dai diversi tipi di societ che li hanno
generati. La grammatica stilistica trae le sue coerenze non da puri e
semplici riferimenti al ritmo, al timbro o alle armonie, ma dal fatto che
quei riferimenti sono interpretabili: culturalmente interpretabili sulla base
dei sistemi di valori e dei comportamenti sociali della loro epoca.
Nella fascia scolare inferiore ci si deve accontentare di processi di
contestualizzazione abbastanza semplici, sia perch le informazioni
storiche sono limitate e la stessa abitudine al pensiero in chiave storica
saltuaria. sia ~ e r c h le es~erienze d'ascolto e di confronto stilistico.
quando esistoio, sono molio ridotte, sia infine perch l'esercizio della
contestualizzazione, in campi non musicali come il letterario e il
figurativo, anch'esso raramente praticato. A questa et dunque
possibile solo iniziare il processo, con esempi isolati, con sondaggi
sperimentali miranti a prendere atto delle difficolt degli studenti. I
risultati degli esercizi di contestualizzazione e di riconoscimento di stile
potranno essere in qualche caso ingenui, in altri casi anche sbagliati, ma il
risultato pi importante non dovr essere individuato nella maggiore o
minore propriet o ampiezza delle interpretazioni proposte dai ragazzi,
bens soprattutto nel fatto che essi comincino a prendere coscienza che il
problema esiste e comincino a cercare gli strumenti per risolverlo.
Una pratica effettiva della contestualizzazione pu avvenire solo a livelli
di et pi maturi, e soprattutto in ambienti scolastici in cui l'abitudine alla
ricostruzione e raffigurazione di eventi lontani nello spazio e nel tempo
diventi sistematica e in cui l'esercizio di interpretazione in chiave culturale
si effettui parallelamente anche su esempi di altra natura, per esempio
letteraria, o figurativa. Solo in questo caso si pu cominciare a pensare di
effettuare operazioni sistematiche di riconoscimento di stile, di
individuazione di coerenze e di identit, di rapporti fra linguaggi espressivi
diversi, di relazioni fra la musica, i valori sociali diffusi, le consuetudini di
comportamento. Anche in questo caso il risultato didattico pi
significativo non sar quello di ottenere sofisticate interpretazioni critiche
di un certo brano di musica; se si possono ottenere ben vengano, ma non
ad esse che occorre puntare. E ben pi importante porsi un altro obiettivo:
quello di sollecitare negli allievi-ascoltatori un rapporto critico con la
musica che ascoltano, una capacit di distacco e di problematizzazione che
fa dell'ascolto un esercizio della mente. oltre che un momento di
partecipazione empatica. Pimportanteche il contatto con universi umani e
culturali come quelli che la musica sa manifestare e trasmettere solleciti
entrambe queste reazioni. I1 rapporto con l'altro impone comunque uno
sforzo di comprensione che deve passare attraverso fasi graduali di
avvicinamento. Ma in questo difficile addestramento alla comprensione
dell'altro che consiste la caratteristica di cib che normalmente si chiama
civilt.
Quanto al ruolo che qui ho assegnato all'analisi, vorrei aggiungere una
precisazione finale. I1 GATM, fin da quando ha cominciato la sua attivith,
ha sempre concepito l'analisi non come un esercizio autosufficiente e
autodirezionato, ma come una disciplina i cui metodi dipendono dalle
intenzioni e dagli obiettivi di chi la usa. In altri termini essa non mai stata
concepita come una " scienza7', ma come uno strumento euristico: serve a
scoprire qualche cosa e pub scoprirlo in modi differenziati. Nel campo
della musicologia storica servir a definire meglio periodi e stili, in quello
dell'esecuzione a capire come si esegue e come si pub insegnare ad
eseguire; nel campo dell'informatica e dell'etnomusicologia dovr adattare
i suoi metodi a musiche che non prevedono partitura, e comunque, ogni
genere musicale le richieder sempre procedure funzionali alla sua
particolare grammatica e ai motivi per i quali viene analizzato. In ognuno
di questi casi l'analisi sar diversa per metodo e per contenuti. E nel nostro
caso? Qui abbiamo visto che i compiti ad essa assegnati sono di due tipi
ben distinti: da un lato si tratta di lavorare con l'espressivit musicale,
dall'altro con lo stile. In tutt'e due i casi le tecniche analitiche sono, come
ho pi volte segnalato, solo abbozzate: dovranno essere ripetutamente
applicate e messe a punto pazientemente in sede didattica. Si tratta di una
ricerca da sviluppare e da completare. I1 campo tuttavia mi sembra gi
sufficientemente dissodato perch il lavoro possa maturare in tempi che
spero e immagino non troppo lontani da noi.
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Compact Disc.
Annibale Rebaudengo
L'ANALISI NEI FUTURI E POSSIBILI CURRICOLI
ISTITUZIONALI DI DIDATTICA STRUMENTALE
INTRODUZIONE
Nell'argomentare sull'analisi musicale nei nascenti licei musicali e nei
Conservatori riformati, cercher di rispondere alle convenzionali
domande: Percht? Come? Cosa? Chi? Dove? Quando?
I1 "percht" avr come riferimento le finalit dell'analisi, il "come"
accenner a possibili metodologie didattiche, il "cosa" esemplificher le
consuete forme musicali, il "chi" ipotizza la tipologia dei docenti che
dovranno insegnarla e la loro formazione, il "dove" collocher la
disciplina nel piano di studi, il "quando" legato ai tempi da dedicare alla
nostra disciplina.
Alcune risposte andranno a interferire su pi domande, o condizioneranno
quelle successive. Man mano la soluzione sar pi semplice e breve.
Nel Liceo a indirizzo musicale e nei Conservatori si formeranno gli
esecutori e i docenti di strumento, oltre che i compositori, i musicologi, gli
esperti delle nuove professionalit dell'area tecnologico-musicale; il sapere
interrogare la pagina musicale sar una necessaria capacit da acquisire per
tutti. Poicht nel Liceo l'orientamento verso una o l'altra specialit
professionale emerger man mano, anche con riorientamenti, sar
necessaria la presenza di pi discipline musicali coerenti con le future
professionalit, oltre che con una completa formazione. Discipline che
utilizzeranno prassi analitiche specifiche percht ((l'analisi procede con
metodi diversi e produce risultati diversi, funzionali ai propri contesti
d'uso)) [Baroni, Dalmonte, Jacoboni 1999, 531. Come dire che, se
dovessimo dar forma alla mappa di un territorio, innanzitutto ci
informeremmo sul suo utilizzo. Solo allora decideremo se evidenziare le
citt sopra i 10.000 abitanti, le aree archeologiche, i fiumi e le montagne, i
giacimenti sotterranei o la densit della popolazione per chilometro
quadrato. Cos per la geografia musicale: saper interrogare la pagina
musicale con dei criteri che abbiano come finalit l'interpretazione
esecutiva il lavoro che mi 6 stato affidato.
Chi suona acquisir un progetto esecutivo basato su una mappa musicale
che tiene conto degli elementi pi significativi e del loro processo. La
dimensione storica e la dimensione analitica di qualsiasi oggetto del
sapere, affiancate contestualmente alla pratica, assicurano una formazione
completa. I1 docente educher al comprendere [Gardner 19931 e l'allievo si
avvarr del sapere musicale e del saper suonare in maniera coerente. Saper
formulare ipotesi, saperle verificare, per capire com' costruita la musica
che si sta studiando, sar quindi una prima finalit dell'analisi.
Conoscere, dare un nome, capire l'articolarsi delle diverse sezioni e il
concatenarsi delle micro-unit di senso musicali-gestuali consentir il
formarsi degli automatismi motori che assicurano la fluidit dei
movimenti. Solo grazie a questi automatismi ogni azione pu essere
riorganizzata in ogni istante. Infatti, l'apprendimento che permette di
acquisire nuove abilit motorie unicamente tramite la ripetizione le
isterilizza e ha come conseguenza un'esecuzione meccanizzata. E da
sottolineare come, invece, nell'apprendimento intelligente sia
fondamentale l'interiorizzazione e la presa di coscienza. La comprensione
del movimento, affinch gli automatismi acquisiti non siano stereotipati,
mette in azione l'intervento corticale (quello che al momento
dell'esecuzione ci fa chiedere: "Oddio, ma dove modula?"). L'intervento di
queste pur legittime domande, se non trova subito una corretta e immediata
risposta dovuta ad uno studio consapevole, porta allo smarrimento. Sono le
tipiche domande in situazioni di soggettiva o oggettiva responsabilit:
l'intervento eccessivo di controllo corticale al momento della performance
pu rendere l'esecuzione non spontanea; necessario dunque metterlo in
moto nella fase di preparazione, quando si studia, per poi "lasciarsi andare"
al momento dell'esecuzione ed essere pronti a riprendere il controllo nei
momenti di pericolo [cfr. Le Boulch 19751. Questa la seconda finalit.
La terza risponde alle strategie di memorizzazione e al controllo di s in
pubblico.
La consapevolezza delle strutture sonore, unitamente alla capacit
di denominarle attraverso l'utilizzo di una terminoloeia adeguata
pub influire in modo determinante sulla capacit di"ricord&e la
struttura di un brano [Deriu 2000,4].
Per lo studio a memoria, la cui utilit . considerata qui da un punto
di vista puramente musicale, si abituerk l'allievo a sostituire la
pratica di mezzi empirici della ripetizione ad oltranza del medesimo
passaggio, che conduce solo alla memoria delle dita, con quello dei
mezzi mnemonici fondati sull'analisi dell'armonia e della forma
[Cortot 1960, 181.
108
studio che suddivida il pezzo in sezioni, per capire, controllare in
continuit le diverse tappe dell'itinerario musicale, un rimedio proposto
dall'autrice che ha indagato Lapaura delpubblico [Ibidem, 102- 1041.
Quarta finalit: la familiarizzazione con i procedimenti analitici permette
una scorrevole lettura a prima vista. Infatti, il sapere individuare il campo
tonale, il saper cogliere le unit metriche, il saper raggruppare le singole
note in unit di senso musicale e strumentale, il saper sintetizzare in
accordi un tratto di arpeggio o riconoscere una scala consentono di
predisporre (all'inizio attraverso ragionamenti, poi inconsapevolmente) le
posizioni della mano e delle dita sullo strumento con diteggiature
appropriate. I1 saper individuare ad un primo sguardo i punti che, per una
loro particolarit musicale-strumentale, potrebbero causare una sorpresa
(un cromatismo, una modulazione, un accordo insolito ecc.) favorisce la
fluidit esecutiva. Si eviteranno cos le imprecisioni, anche nell'andamento
ritmico, di chi si sofferma nel decodificare l'oggetto musicale sconosciuto.
In quinto luogo, l'analisi porta alla conoscenza stilistica degli autori,
consentendone un'esecuzione che tiene conto delle convenzioni
interpretative riconosciute dalla comunit musicale (compositori, esecutori
e ascoltatori). Con la conoscenza dello stile dell'autore si acquisiscono pi
precise idee del timbro, della dinamica, della scelta dei tempi, dell'agogica
dei testi musicali. Questa finalit sovrintende la capacit di prevedere il
decorso musicale e strumentale e rassicura l'esecutore sviluppandone la
convinzione interpretativa e comunicativa. Non si pub negare che una
prolungata immersione negli autori sviluppi la loro implicita conoscenza.
Ma una riflessione sui procedimenti compositivi, parallela alla pratica,
indispensabile quanto lo l'analisi testuale degli autori letterari, soprattutto
se preceduta dall'emozione della lettura. La competenza ottenuta, invece,
unicamente per immersione ha di certo un vantaggio affine
all'apprendimento della lingua materna. Della lingua materna, appunto.
Non della lingua di altre epoche, di altri luoghi, di altre civilt. Non ci
risulta, per esempio, che Louis Armstrong abbia elaborato e nemmeno
praticato modelli analitici finalizzati alle sue improvvisazioni alla tromba,
cos come gli interpreti di altri generi di musica succhiata con il latte
materno. Ma la condizione esistenziale e professionale degli esecutori
d'oggi, anche jazzisti, impone una conoscenza analitica della musica.
Percht essi vivono in un contesto in cui si "devono" eseguire musiche di
epoche lontane nel tempo e nello spazio. Perch il paesaggio sonoro in cui
viviamo quanto mai ricco di diversi generi e stili. I1 rischio di non saper
connotare in maniera stilisticamente appropriata la comunicazione
musicale.
I1 sesto "percht" dedicato a chi insegner. Dall'analisi si otterranno le
risposte ai perch delle scelte interpretative e delle modalith di studio che
si dovranno trasmettere agli allievi perch non siano condizionati dal solo
intuito; oppure, in maniera ancora pi stupefacente, per legittimare a
posteriori l'intuizione interpretativa. D'altra parte, anche quelle creature
che suonano come benedette dal dio della musica, in maniera che per
convenzione diciamo "musicale", crescendo hanno la necessit di
conoscenza. Gi nel ciclo scolastico di base, affrontando un testo verbale,
acquisiscono degli strumenti analitici. La capacit di utilizzarli sar
proporzionata allo sviluppo cognitivo intellettuale, ma l'assenza di una
metodologia che affronti la musica anche spiegandola rischia di relegarla
al mondo dei giochi senza regole. Gi dagli otto anni l'allievo b attento alle
regole dei linguaggi precedentemente praticati [Gardner 1993,
Rebaudengo 19981.
COME
COSA
Premessa. I trattati d'analisi convalidano le teorie di riferimento su alcuni
pezzi o loro segmenti. Quasi sempre gli stessi. Tant' che si venuto a
formare un repertorio ormai consolidato su cui gli esperti fe~orosamente
si esercitano: dal primo Preludio del I volume del Clavicembalo ben
temperato degli schenkeriani [vedi, ad esempio, Drabkin, Pasticci, Pozzi
19951 all'accordo del Tristano, di cui Nattiez [1987, 62-63] ha catalogato e
confrontato trentadue differenti analisi, a La Cathdrale engloutie. Da
principio non capivo questa pertinacia su quei pochi corpicini ancora
viventi, seppur straziati da tanto accanimento analitico. Solo da poco ho
compreso (sono meno sagace di quanto voglia apparire) che gli analisti si
confrontano su limitati campi di battaglia, affinch noi esecutori possiamo
applicare, in altri luoghi sonori e con soddisfazione, le loro strategie
vincenti.
Gli Studi. Ogni forma musicale che il docente e l'allievo affronteranno
suscettibile d'analisi. Compresi gli Studi e le formule d'esercizi tecnici.
Queste ultime, fondate su "pattems" musicali-gestuali che ben conoscono
anche i jazzisti, sono l'unith minima di senso trasportabile in ogni tonalith
con adattamenti motori. I1 saper riconoscere la semplice struttura
intervallare permette di rinforzare coscientemente gli adattamenti. A
questa capacith fanno riferimento le abilit strumentali con un livello
minimo di creativith, ma che hanno comunque bisogno di analisi. C.
Czerny [ l 898, 19161, all'inizio dei suoi metodi sull'improvvisazione
pianistica, propone le cadenze V-I da trasportare in tutti i toni con accordi
e arpeggi per fondare i primi automatismi. Da qui fino all'estemporaneith
di Preludi o forme tripartite, tutte le abilith gestuali vengono fondate sulla
conoscenza analitica dei campi tonali, delle modulazioni, dell'armonia in
genere e della forma. La ripetitivit e il trasporto in altre tonalit
rinforzeranno l'apprendimento gestuale che comunque ha inizio con una
indispensabile conoscenza musicale.
Gli Studi strutturati formalmente, sia quelli didattici che quelli in cui la
rilevanza artistica predominante, sono altrettanti oggetti di analisi. Quelli
didattici, a causa della loro stereotipia musicale-gestuale, sono i pi adatti
per chi inizia ad analizzare. Non sar difficile ritrovare i piani tonali, le
unit musicali che corrispondono ai movimenti corrispondenti e viceversa,
a percepire e schematizzare la forma, l'accumularsi della tensione fino al
punto culminante e il suo defluire. Spesso negli Studi il punto culminante t
posto al termine, congruente con il codice dell'esercizio-gioco-spettacolo:
"difficile" - "ancora pi difficile" - "sospensione" con funzione di segnale
d'attesa - "difficilissimo" - conclusione. Analogo codice interpretante si
pu utilizzare nelle forme che hanno analogie con gli Studi: dalle Toccate
ai pezzi di bravura ad alcuni Preludi del Clavicembalo ben temperato di
Bach [Stefani 1976, 125-1401.
Musica e titoli. I pezzi di carattere hanno un probabile collegamento legato
al titolo che pu far da guida nell'analisi, se si trovano pertinenze fra la
musica e il progetto esecutivo. Cos't che fa s che la Musica della notte di
Bartok, per esempio, sia cos intitolata, e quali sono gli elementi musicali
che possiamo/dobbiamo mettere in evidenza (e in quale modo?) per
trasmettere la connotazione panica di questa "notte musicale"? Le
risposte ci costringono a un metodo analitico che va alla ricerca di forti e
indispensabili elementi comunicativi. Nel caso suindicato penso che siano
i grumi di note alternati a misteriosi richiami su altezze estreme, la lontana
e allucinata melopea a trasmettere la paura della notte. I1 lento incedere, al
confine con la sospensione del tempo, determiner la tensione; i colori
allusivi alle percussioni, che a loro volta rimandano ai "rumori" della notte
All'aria aperta della Transilvania, ci suggeriranno i timbri. 11 sapere quante
volte si ripetono o come si modificano le micro-unit, invece, render pi
sicuro il nostro gesto e ci faciliter la memorizzazione.
La struttura complessa. Le forme codificate, quali quelle della Fuga e della
Sonata, hanno due percorsi analitici in comune. I1 primo (tipico
dell'Armonia complementare) va a rintracciare la forma consegnataci dai
trattati scolastici e quindi tutte le regole osservate dal compositore (la
risposta t alla dominante? Ah! bene. Ci sono gli stretti? Eccoli! Nello
sviluppo della Sonata non ci sono elementi nuovi? No, meno male, avete
visto?). 11 secondo percorso va a rintracciare invece le deviazioni dalle
"regole" che pur bisogna conoscere. Sar allora il momento pi creativo
dell'analisi, consistente nel cercare, trovare e sottolineare l'unicit di quel
determinato autore, di quella determinata composizione. ((Nella prima
Fuga del Clavicembalo ben temperato non ci sono divertimenti, n un vero
controsoggetto essendo il soggetto contrappuntato con se stesso? Una fuga
tutta di stretti? Con 24 entrate! Questo s che interessante, ci servir a
capirla nella sua singolarit)). ((L'Aurora di Beethoven ha il secondo tema
alla terza superiore anziche alla dominante, come, per altro, molte
composizioni di Schubert? Ecco smentito il modello scolastico)). I1 rilievo
non ci far dimenticare mai pi, quando le si suoneranno, il momento
modulante.
Infine. Da questa parziale scorribanda fra Autori, generi e forme si
dovrebbe evincere che quando analizziamo per suonare, cantare o dirigere
necessario avere pi strumenti analitici. Ognuno con un suo codice
pertinente a una finalit. Dalla sovrapposizione di mappe diverse dello
stesso territorio musicale emergeranno gli aspetti che ci aiuteranno a
studiare e a interpretare il testo con consapevolezza costruttiva della
musica, coerenza stilistica, convinzione gestuale, comunicazione con gli
ascoltatori. Come insegnanti avremo poi l'opportunit di raggiungere i
molteplici stili cognitivi degli allievi che, ognuno diverso dall'altro,
preferiranno capire la musica attraverso un codice tecnico musicale-
gestuale, simbolico-immaginativo (l'ermeneutica di noi poveri
strumentisti), storico-estetico, retorico.
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Cristina Landuzzi
ANALIZZARE PER INSEGNARE COMPOSIZIONE
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1 -
derivante dalla contrapposizione, a livelli macro-formali, di
comportamenti articolativi differenti (Schonberg);
2 -
derivante dall'uso di elementi differenti utilizzati per realizzare, a
livelli micro-formali, dialettiche diverse (Webern);
3 -
derivante dal potere strutturante di un evento che con la sua
alternanza di presenza caratterizza fortemente i contesti dei quali fa o
non fa parte;
4 - qualit interna di un contesto, che si rivela quando questo presenta un
cambiamento nelle sue caratteristiche.
I punti 3 e 4 dei blocchi di riflessioni A e B rappresentano la chiave di
volta dei differenti comportamenti compositivi dei due autori; la
"continuit come qualit di un contesto compositivo" esprime il senso di
appartenenza logica ad un accadimento musicale degli elementi che ne
fanno parte, che lo realizzano: dunque, la sede della continuit 6 da
ricercarsi non in un oggetto sonoro o nel modo in cui questo oggetto viene
usato, ma nel rapporto di funzionalit che indiscutibilmente viene a crearsi
tra pi eventi sonori nel momento in cui il compositore, organizzandoli,
esprime attraverso il loro rapportarsi la sua volont creativa.
E il caso di Webern, in cui ogni minimo contesto sonoro e fortemente
organico e viene percepito come un evento altamente definito
internamente, compatto espressivamente, continuo. Webern trova la
dimensione di continuit anche nella riconoscibilit di uno o pi
comportamenti gestuali che si affermano nel corso di tutto il brano.
La discontinuit pu essere interpretata in questo caso come uso di
elementi differenti che chiariscono quegli importantissimi rapporti
funzionali che garantiscono la continuit complessiva dell'evento
musicale.
Schonberg e alla ricerca di una forte omogeneit di arcata complessiva,
dunque di una continuit intesa come capacit mnemonica di uniformare
in un unico progetto le differenti percezioni sonore, che tuttavia
continuano ad avvalersi a livello macro-formale di quelle diversificazioni
di accadimento (discontinuit) indispensabili all'organizzazione sintattica
della forma.
La scelta articolativa, per quanto conceme la definizione dei gesti, appare
dunque improntata ad una profonda diversit nella quale si innesta la
riflessione sul timbro.
In questo campo Schonberg lavora con grande ricchezza di mezzi
coloristici, che non rivelano atteggiamenti espressivo-articolativi
" stagliati" come quelli webemiani ma si orgyizzano in eventi sonori nei
quali il colore supera il profilo della figura. E come se osservassimo una
serie di immagini in contrapposizione tra loro che il nostro occhio coglie in
maniera sfumata, sfocata: ci che percepiamo sono macchie di colore
l'una opposta all'altra.
Webem, diversamente, delinea fortemente il profilo delle figure, oltre a
connotarle timbricamente, e, dunque, in pochi secondi (questa infatti la
durata complessiva del brano) riesce a cogliere tutte le relazioni funzionali
inteme degli oggetti e tra gli oggetti sonori, quindi ad organizzare
un'informazione espressiva compiuta sia sul piano micro-formale che su
quello macro-strutturale.
Schonberg coglie questo obiettivo in tempi espressivi pi ampi, quasi che
il maggiore spazio dell'evento nel suo complesso si renda necessario per
dare alla memoria di chi ascolta il tempo per appropriarsi di accadimenti i
quali, sia nella continuit del gesto unitario sia nella discontinuit della
ripetizione a distanza, trovano una specificit sempre maggiore.
La natura delle riflessioni sul modo in cui creare continuit e discontinuit,
le diversit rilevate nel pensiero compositivo dei due autori, si riversano
inevitabilmente nelle loro diverse concezioni del "tempo" e dello
" spazio".
BIBLIOGRAFIA