Montagne Della Sardegna
Montagne Della Sardegna
Montagne Della Sardegna
DI SARDEGNA
Pubblicazione realizzata dalla Societ Sarda di Scienze Naturali con il contributo dellAssessorato alla Difesa dellAmbiente della Regione Autonoma della Sardegna.
Propaganda forestale 1988.
MONTAGNE
DI SARDEGNA
A CURA DI
IGNAZIO CAMARDA
PRESENTAZIONE
La montagna ha sempre esercitato, in Sardegna, suggestioni e richiami molto forti legati non solo ai
caratteri fisici dei luoghi, ma anche alla societ agropastorale e al mondo arcaico. Ma la montagna una
realt molto complessa che non si lascia facilmente ridurre a schemi precostituiti e questo volume che
tratta di ambiente naturale e umano esprime importanti conferme in questo senso.
Durante il periodo nuragico, di cui restano circa 8.000 torri e villaggi sparsi uniformeniente in tutto
il territorio regionale e che costituiscono testimonianze imperiture non solo della grandiosa monumentalizzazione del nostro paesaggio ma anche di una civilt e di una tecnica costruttiva molto avanzata, la
montagna sarda tu intensamente vissuta.
Nel corso della civilt nuragica montagna e pianura furono interessate da un processo (li sostanziale
omogeneit culturale e produttiva. Una differenziazione netta dal punto di vista sociale, tra le
a/cc di pianura e quelle montane, si ha successivamente sotto linfluenza dei popoli che via via colonizzarono la nostra isola. I Fenicio-Punici con la loin vocazione mercantile si attestaiono soprattutto
sulle aree costiere, ma i Romani penetrarono anche nelle zone pi interne, relegando diversi nuclei pi
forti proprio nelle montagne. A questo pare sia dovuta la persistenza di antichi culti sino al Medioevo, la
conservazione pi che altrove nella toponomastica di termini ancestrali, certe Io/me della religiosit
popolare, dei rapporti sociali e dei costumi.
A quelle vicende storiche legata forse anche limmagine di una Sardegna che, nelle sue montagne,
nelle sue zone interne e nelle comunit pastorali, conserva le radici pi profonde de//ci sua civilt autoctona. Nella montagna si mantengono modi di produzione che hanno visto nellutilizzazione delle riso/se
naturali lunica forma di economia possibile. La pastorizia, la coltivazione del castagno, del noce e dei
nocciolo, il miele, il torrone, ma anche le cibe medici/la/i, hanno rappresentato nel passato la base di
uneconomia di sussistenza. Oggi, queste ,forme di produzione e modi di vita, sotto la pressione di economie pi foiti e di modelli sociali particolarmente dinamici, appaio/lo in difficolt e non in grado di resistere a lungo senza le opportune trasjormazio/ii che le pongano al passo dei tempi. Appare necessario
che la montagna sia messa in condizione di divenire, nellattuale contesto nazionale ed internazionale, un
soggetto attivo e non subalterno rispetto a scelte e decisioni prese da istituzioni non sempre attente alle
problematiche e alle specificit di queste aice.
Oggi, nuove opportunit di attivit imprenditoriali si affacciano nelle aree montane e cercano di penetrarvi in modi contraddittori. Le zone montane si candidano in particolare alle attivit turistiche attratte
da una natura, che per un osservatore superficiale appare incontaminata, ma che in realt permeata frtemcnte dalla presenza millenaria delluomo. Un ambiente che, proprio nelle montagne, si manifesta con
forme tisiche grandiose e singola/i e con specificit biologiche tali c/a aver spinto il legislatore a indicarle come luoghi ideali sci cui realizzare i parchi naturali di interesse regionale e nazionale.
Un ambiente, riconosciuto in modo sempre pi chiaro conic risorsa, ma che stenta ad avere adesioni
pienamente convinte da parte delle popolazioni che proprio nelle montagne vivono. Remore e diffidenze
che, oggi, si esprimono in for/lie di contestazione pi o meno palese e che, lungi dallessere pregiudizialmente negative, possono essere interpretate come la volont delle comunit locali di esercitare
una doverosa riflessione sul futuro di questi luoghi, in cui listituzione dei parchi naturali possa essere
vista come una risorsa aggiuntiva e non come un impedimento alla crescita civile. LAssessorato della
Difesa dellAmbiente, clic ho la responsabilit di guidaie, si muover in tal senso (on lino sguari/o allento e non solo alle montagne, ma alla Sardegna nella sua interezza, se vero che nella nostra Isola si compendiano fnomeni e valori ambientali di rilevanza europea che possono rappresentare una delle pi inlportaflti risorse de/futuro.
Ritengo che questo volume, realizzi/ti) dalla Societ Sarda di Scienze Naturali e frutto del lavoro di
numerosi studiosi, che hanno scandagliato in modo critico aspetti naturalistici, etnologici, economici i
sociali, possa essere anche un strumento in grado di dare ulteriori stimoli alla conoscenza della realt montana. Essi) appare particolarmente utile in un nioiido in rapida trasformazione, ma che riafferma allo stesso tempo lesigenza del/ci salvaguardia ambientale conic uno dei cardini di nuovi modelli di sviluppo, clic
rispondano allo stesso tempo alle aspettative di crescita economica e sociale delle comunit locali.
Emanuele Sanna
Assessore alla Difesa dellAmbiente
Regione Autonoma della Sardegna
PRESENTAZIONE
LAssessorato della Difesa dellAmbiente della Regione Autonoma della Sardegna, nellambito delle
attivit di promozione ambientale per la tutela del patrimonio naturalistico e jrestale dellisola, decise
di affidare alla Societ Sarda di Scienze Naturali la realizzazione di un libro sulle montagne de/la Sardegna.
La Societ Sarda di Scienze Naturali, che ormai da oltre venticinque anni opera in Sardegna con
iniziative di carattere scientifico culturale nel settore naturalistico, ha accettato di buon grado lincarico
ed ha curato, tramite il Socio Prof Ignazio Camarda, il lavoro di coordinamento e di produzione dei diversi capitoli avvalendosi dellopera di numerosi specialisti che operano nella realt isolana.
Oggi mi particolarmente gradito ringraziare tutti i Collaboratori che con entusiasmo e competenza
hanno portato a termine lopera che tratta in modo non convenzionale i complessi aspetti naturalistici,
economici e sociali delle aree montane della Sardegna.
11 taglio dellopera, pur conservando il necessario rigore scientifico, si esprime con un linguaggio
accessibile ad un vasto pubblico cos come era nelle finalit espresse dallAssessorato.
Nella speranza che il volume possa contribuire alla migliore comprensione di questa particolare realt, mi auguro che queste iniziative possano avere un seguito affiancando lopera della Societ Sarda di
Scienze Naturali nella divulgazione delle conoscenze scientifiche dellambiente naturale della Sardegna.
Bruno Corrias
Presidente
della Societ Sarda di Scienze Naturali
PREFAZIONE
La peculiarit della montagna sarda definita soprattutto dai caratteri del rilievo in funzione della
lunga storia geologica, degli eventi paleogeogrqfici e dei tipi litologici, (he determinano ricorrenti aspetti di grande suggestione paesaggistica per lasprezza dei paesaggio e la difficolt di percorrere i luoghi.
In effetti lestensione delle classi di altitudine oltre gli 800 m rappresenta solamente il 7,13 % del totale (Iella superfice dellIsola mentre lafscia oltre i 1.000 m non va oltre il 2,33 %.
In questo volume, pi in particolare, si fatto riferimento, in generale, ai rilievi che superano i 1.000
m di altitudine e vengono pertanto inclusi tenendo conto, evidentemente del contesto geografico complessivo, in quanto sarebbe staio un non senso definirne i limiti sulla base di una pura e semplice linea altimetrica, le aree del Monte Limbara, Monte Lerno, Marghine-Goceano, Montiferru, Monte Albo, Monte
Gonare, Montagna di S. Cosimo, Montagna di S. Basilio, Monti del Gennargentu, Calcari mesozoici della
Sardegna centro-orientale, Monte Linas e Marganai, Santa Vittoria di Esterzili, Sette Fratelli, Monti del
SulcisIglesienie.
Tali aree pur non essendo esaustive dellinsieme delle cime che raggiungono i mille metri, rappresentano senza dubbio le aree pi significative dellidea di montagna che si ha in Sardegna.
Del resto una estensione ad altre aree geografiche importanti, come ad esempio il Monte Aici o i Monti
di Al, avrebbe comportato una mole di lavoro e una dimensione del volume di gran lunga maggiore e che
esulava dagli scopi prefissati.
In effetti una trattazione dei vari aspetti naturalistici e antropici avrebbe richiesto per ogni montagna
uno spazio vasto, ft)rse, quanto tutto questo volume per evidenziare in modo esaustivo la variet dei substrati geolitologici, dei suoli, del clima, della flora e della fauna peculiare che in esse hanno avuto origine e in cui hanno liovaio gli ambienti fvorevoli per la loro speciazione e sopravvivenza.
Limportanza di questi aspetti si rivela pienamente nel contributo alla comprensione di numerosi problemi paleogeogrqfici e storico-genetici di notevole rilevanza scientifica, che tiavalicano
linteresse
locale per
azvumere valenza di carattere generale della storia naturale.
Ma le montagne, come testimoniano anche le recenti scoperte nella grotta di Corbeddu, sono luoghi
vissuti dalluomo da tempi immemorabili in cui peipiangono i segni con le domus de janas, i circoli megalitici. le grandi muraglie, i templi del culto delle acque, i nuraghi imponenti e i villaggi arcaici che
costei/ano il territorio montano, legati fondamentalmente alla fe racit dei suo/i. In questo solco si inserisce la presenza dei numerosi santuari montani di frequentazione secolare, e in alcuni casi millenari, con
la sovrapposizione di culti diversi, ma che rivelano allo stesso tempo la sacralit dei luoghi e la continuit del sentimento religioso delle comunit locali.
Un altro elemento che si riallaccia al vissuto la ricca toponomastica che, Oltre a richiamare numerosi eventi storici, descrive in modo puntuale i caratteri naturali, le potenzialit dei luoghi e linteresse
complessivo per le attivit umane.
Tale rapporto ed interesse si colgono ancora con la sopravvivenza di attivit svolte con modelli arcaici in cui si pu riconoscere la loro forza intrinseca e le motivazioni del loro perdurare anche nelle condizioni attuali, certamente pi articolate e ricche anche rispetto al recente passato.
Rapporti complessi, conflitti secolari e motivazioni profonde di attaccamento al territorio che non
possono essere semplificati banalmente con la pretesa di una improbabile modernizzazione dei sistemi di
produ:ione, nel momento in cui la montagna, non solo in Sardegna, soffi e la concorrenza delle aree pi
favorite dal clima e dalla maggiore facilit di utilizzazione dei suo/i.
Il ruolo della montagna, oggi, potrebbe acquisire nuovo impulso se in esse si riconoscono, senza flui/i
entusiasmi, quelle che sono le reali potenzialit in funzione dei processi economici di carattere nazionale
ed internazionale e allo stesso tempo si comprende che occorre porre dei limiti tali c/a assicurare la
conservazione nel tempo delle risorse diffuse.
Una nuova prospettiva si affccia con la prevista istituzione dei parchi naturali, che potrebbero suscitare, se concepiti non come occasione di svago delle congestionate societ urbane, una opportunit per
rapportarsi con criteri nuovi allambiente.
In tutti i modi i processi di degrado in atto richiedono interventi che non possono essere lasciati alla
esclusiva responsabilit delle comunit locali troppo spesso prive di risorse finanziarie adeguate e non
sempre in grado di furcnulare proposte adeguate ai nuovi compiti.
Non a caso le aree trattate ricadono quasi tutte nellambito di parchi naturali e, non a caso, esse
rappresentano la parte pi consistente del patrimonio ambientale di maggiore interesse della Sardegna.
I capitoli dedicati agli aspetti economici, con le problematiche connnesse alla legislazione vogliono
sollecitare una maggiore capacit pro gettua/e delle comunit insediate nella montagna, unica ed
indispensabile via per invertire una tendenza che vede un sempre maggiore abbandono e, con la scomparsa delluomo, un parallelo inevitabile degrado.
Ignazio Camarda
quello dei passi della statale delle Dolomiti! o. per raggiungerle, bisogna scarpinare a lungo su sentieri incerti e non segnati
in alcun niodo, ci convinciamo facilmente
che non affatto innaturale che molti sardi
conoscano pochissimo le loro montagne.
Se poi, fra di loro, c qualcuno e sono
parecchi ad avere la passione della montagna, allora egli va sulle Alpi, in Vai
dAosta, sulle Dolomiti, in Svizzera: su
montagne iere, che molti sardi infatti
conoscono assai bene.
Ma non posso rimproverarli per ci.
perche altrettanto, a suo tempo, era successo proprio a me. Quando nel 1955 arrivai,
v incitore di concorso a cattedra, in Sardegna.
Trovai nella mia nuova sede cagliaritana. assieme a tante cose simpatiche ed
apprezzabili, un unico neo: la necessit di
rinunciare, nei periodi di mia permanenza
qui, alla mia passione io, nato sulle sponde del Mar Ligure. e che pure non so nuo12
la peninsulare e nella Sicilia, le forze orogenetiche hanno compresso gli strati rocciosi, piegandoli in anticlinali e sinclinali,
e cos dando origine a catene montuose e a
vallate: gli strati formatisi nelle ere precedenti sono stati portati in alto e contemporaneamente metamorfizzati, cos da cancellare, o quasi, il loro primitivo aspetto.
Anche nella vicina Corsica il sollevamento alpino ha agito profondamente, creando
una dorsale spartiacque diretta da nord a
sud e spingendo ben oltre ai 2000 rn di
14
tutti salino clic ogni giorno i canaloni scaricano hordate di massi verso v AC e gli
alpinisti Llevollo spesso regi strare distacchi di roccia che iiiod i licaiio, spesso
sostanzialmente, le vie di salita pi esposte. E sulle Alpi avvengono, di tanto in
tanto, fenomeni franosi anche pi vasti: esempio quello citato da Dante in riva sinistra dellAdige presso Rovereto, o la frana
che origin, due secoli or sono, il lago di
Alleghe, o i distacchi che hanno cambiato
laspetto dei monti attorno a Gemona dopo
lultimo terremoto del Friuli, o infine la disastrosa, recente frana di Morignone nella
Valtellina.
Nelle montagne giovani la Natura
quindi scolpisce a grandi colpi di mazza
le vette, e le circonda di vallate che denunciano a prima vista la loro origine, in alto
quelle glaciali con sezione ad U e pi
sotto quelle erosive a V. Ne deriva un
ambiente severo e imponente, che strappa
lammirazione al turista pi distratto e che
accende negli animi pi forti la passione
della conquista contro ogni difficolt.
Ma in Sardegna, per quel che ho detto,
le cose sono andate diversamente.
Ovviamente, ciascuno dei blocchi spostati
dal sollevamento alpino era precedentemente in equilibrio, e tale sostanzialmente rimasto; per cui in Sardegna troviamo
quasi dovunque gli strati geologici disposti
nella loro sequenza naturale, e risultano
ben poco rimaneggiati dal sollevamento
alpino. Certo doveva essere rifatta, per raccordare la situazione fra un blocco e laltro, la configurazione idrografica; e ci ha
comportato vaste escavazioni per formare
le valli dei fiumi maggiori (Tirso, Flumendosa ecc.) e minori. Cos il Tirso ha scavato ai piedi delle stratificazioni vulcaniche
del Marghine e del Goceano lattuale vallata di Ottana; e il Flumendosa si aperto
una via separando il blocco calcareo del
Sarcidano da quello - identico come formazione di Sadali; e il Flumineddu infine
si incuneato a Gorropu nella massa calcarea del Supramonte, gi incisa verso il
mare da tante codule; e tutto ci ha por16
Fig. 5. Versante meridionale del Marghine con le caratteristiche gradonature delle diverse effusioni vulcaniche.
\ ole ordnianicnto.
Si de e dire anii tilt to che il I Lingo
corso del ti Lime Tirso, pro 1 ingato verso
est da quello del Posad a. taglia diagonalmente la Sardegna da sud oN est verso
nord-est, dividendola in doe grandi
poi/ioni. se pore di seguali. A questa linea
corrisponde. in sponda destra del Tirso e
sinistra del Posada, Un alti ieaniento (li
monti, che partono dalla Costa occidentale
presso S. Caterina di Pittiiiuri poco a nord
del 4t) parallelo e arrivano allisola di TaN
olara poco a sud del 41 coprendo ona lunghezza di 14(1 km Circa. Partendo (la ON
est, si incontra anzitutto il \1 ontiferru. il
vulcano spento pi imponente della Sardegna e che con il NI. Urtinu raggiunge in
1050: poi. dopo il NI. S. Antonio im
800. si segue quella che detta,
impropriamente. catena del NI argh i ne
NI. Santu Padre in 1025. Punta Palai ni
1200, e la successiva del (3occano NI.
Rasn in 12591 Fin qui tutta la dorsale,
come pure i vasti altipiani clic si stendono
verso nord-ovest, la Campcda e il Meilogu. sono tutti derivati dal vnlcancsimo terziario, e quindi basaltici o tracintici. Pin
oltre invece, sempre mantenendo lorientamento descritto, cam. bia sostanzialmente
sia il paesaggio e sia la natura pctrograli ca
delle montagne. perch dora in poi compare il granito: siamo sui monti di l3attada
(NI. Leino in 1094 e di Alii dei Sardi (Pta
di Senalonga ni 1080. clic proscenono col
NI. Olia ) m 8 iL I inn al niare (NI. Ruin in
3 17) dove tcrnnnano coi Capo Ccraso e il
Capo Coda Cavallo, e Luiclic oltre con lisola Nlolara e ii trovante di calcare dolonitico dellisola di bivolara Pta Cannone
ni 564), che continua verso nord col massiccio Capo Figari. a nord est (li 01 b i a.
Considerando ora la parte a nord-ovest
eh questa dorsale. I mv ianio ad ovest la
pianura della Nnrra, clic si rialza verso
ovest coli qualche modesta elevazione (NI.
Forte m 464. M. Doglia m 437) e, sul
IMUC. Cori
Imponente bastionata calcarea del Capo
Caccia I Pta Cristallo ni 326. NI. ii iii
idone m 361 i. Alquanto pi elevati i monti
del 1.ogudoro. spesso di aspetto tabulare
ad aniba NI. Sani u in 733) e dcliAnglona. che arrivano a q. 700: tutti di coniposizione granitica, conic quelli. hen pi elevati. della Gallura. e clic, praticamente,
sono la prosecuzione naturale della vicina
Corsica. In Gallura particolarmente notevole il gruppo del Linihara (!Un B alistreri , ni 1359L che continua verso nordest
coi nioilti di 111tana (N1. Pinu ni 743i e
termina inline sul mare col gi citato capo
Figari: mia tutta la zona costituita da una
serie di rilievi grunitiei, pi o meno scolpiti dalla erosione enlieu, e che si prestano
lettore potr ritrovare, a seconda delle proprie inclinazioni, le zone dove sono pi
evidenti gli aspetti naturalistici e culturali
che egli preferisce; e farsi, in certo qual
senso, un suo programma personale di
visita.
Poi verr il problema di realizzarlo;
perch, almeno fino ad oggi, non esistono
guide sistematiche delle montagne sarde,
ma sono disponibili solo contributi di
carattere locale, e non sempre del tutto
affidabili. Comunque, fra non molto, sar
disponibile qualcosa di pi utile: oltre a
questo volume di impostazione generale e
tematica, lAssessorato Regionale per la
Difesa dellAmbiente ha gi commesso al
Club Alpino Italiano una guida escursionistica alle principali montagne della Sardegna; e questa guida sar volutamente edita
dopo lultimazione di questo libro, cos da
poter descrivere le vie daccesso e i percorsi che portano alle localit pi importanti qui descritte.
Ma le difficolt pratiche non si fermano
qui, anche se possono ritenersi di poco
momento i problemi dellavvicinamento
iniziale alla zona che interessa. Come ho
gi dovuto, purtroppo, riconoscere, limperante stradomania ha reso gi fin dora
anche troppo facile laccesso in auto o in
moto non solo ai punti di accesso a ciascuna escursione, ma spesso, addirittura, al
loro obiettivo finale; e le rotabili sarde,
almeno quelle statali o provinciali, sono
quasi sempre in buone condizioni. Ed
anche per chi preferisce ad esempio per
rendere possibile una traversata luso del
mezzo pubblico, treno o autocorriera, la
Sardegna abbastanza ben servita, come
frequenza e orari delle corse disponibili. In
conclusione, la nostra Isola, per esempio
nei confronti con la vicina Corsica, si
trova, nei riguardi della viabilit su ruote,
in situazione decisamente favorevole.
La situazione si capovolge tuttavia,
quando si tratta di iniziare un qualsiasi percorso a piedi. Mentre in Corsica e cos
pure sulle Alpi o in gran parte dellAppennino da ogni accesso rotabile si diramano
23
terreno del percorso, individuato possibilmente con qualche segnale; tutto il resto,
cio la segnatura definitiva, la predisposizione dei posti tappa e la manutenzione,
dovrebbero essere assunte da enti locali
(Comuni, Comunit montane ecc.). Gli
studi e le ricognizioni sono in progresso; e
si spera entro ii 1992 di potere annunciare
lagibilit sia pure provvisoria della
Sezione Monti del Gerrei e del Sarrabus,
da Tertenia a Castiadas e al mare.
25
30
31
buite allorogenesi ercinica, il Monte Limbara ed il Monte dei Sette Fraris (7 Fratelli) costituiscono i rilievi pi elevati dei settori nordorientale e sud-orientale della
Sardegna. Sono ubicati agli estremi della
dorsale orientale dellisola costituita in
gran parte da litologic del Paleozoico.
La struttura delle rocce granitiche,
formate da una miscela di minerali ben
cristallizzati, rende questo tipo di roccia
particolarmente fragile ed alterabile sia
dallerosione termoclastica, legata alla
variazione della temperatura, sia dalla presenza delle acque di percolazione che
negli interstizi e nella fratture provocano
profonde alterazioni dei silicati che sono
abbondantemente presenti in tali rocce.
Il prodotto di questo disfacimento un
sabbione granulare composto in prevalenza dalla parte silicea della roccia, come il
quarzo, che determina spesso potenti coltri
di questo materiale sul basamento intrusivo.
Queste coltri si accompagnano sempre
agli affioramenti delle rocce granitiche e
rappresentano un evidente moclellamento
del paesaggio che da aspro e selvaggio in
presenza di affioramenti inalterati risulta
invece morbido e dolce, dove coincide con
le coltri costituite da questi sabbioni silicci. II paesaggio che caratterizza solitamente le rocce di natura intrusiva, generalmente definito da accumuli di grossi blocchi, da potenti affioramenti compatti a
forma di guglie spesso profondamente fessurate.
Questi affioramenti rispecchiano quello
che un po landamento in profondit
dellalterazione superficiale, causata
dallinfiltrazione delle acque lungo le fratture e lungo le discontinuit presenti nella
massa intrusiva, quali ad esempio i filoni,
sempre presenti nei graniti, che ne costituiscono una variazione litologica. Lalterazione tende a formare un orizzonte
discontinuo negli affioramenti di graniti e,
come visibile nello schema che accompagna questo discorso, si vede che
esso si approfondisce dove la discontinui33
34
35
36
37
Questo processo di asportazione del materiale, viene favorito nelle zone in cui
lalterazione pi marcata, com visibile
dal disegno, e man mano che una regione
subisce un lento sollevamento, il paesaggio rende sempre pi evidenti gli affioramenti in roccia inalterata granitica.
Il perdurare di questa evoluzione, associata ad un sollevamento generalizzato che
interessa territori sempre pi estesi (come
lintera regione), causa un accentuarsi pi
marcato di questo paesaggio con un consente frastagliamento delle forme in vette,
cime, blocchi, grossi affioramenti di rocce
granitiche. la conseguenza del processo
che.
Il processo metamorfico, che ha prodotto molti litotipi presenti oggi in vaste regioni della Sardegna, chiaramente associato allintrusione granitica ercinica del
tardo Paleozoico. Con il termine di rocce
metamorfiche si comprende una serie
piuttosto complessa di litologie appartenenti tutte al Paleozoico pre-Carbonifero,
tra cui le pi rappresentative e, complessivamente, pi note sono gli scisti (s.l.) e le
filladi.
Queste rocce ad alto e medio grado di
metarnorfismo, che si possono osservare
sia nel centro dellisola, intorno al massiccio del Gennargentu, ed anche in altre
localit dove questi affioramenti raggiungono una certa importanza. Non vanno
dimenticati tutti i rilievi della zona dellabitato di Villacidro, intorno al monte
Linas, e nellarea di Iglesias. Si pu ricordare inoltre la zona del Sulcis tra il Monti
Rosas cd il Monte Arcosu e, pi a sud, il
territorio di Teulada.
42
Pi a sud, superato il corso del Flumendosa, ci si inoltra, nel Sarrabus, sul M. Serpedd a circa 1069 m sul livello del mare.
47
Monte Tonneri
senzaltro il rilievo pi conosciuto
della Barbagia meridionale, la sua morfologia tipica a tacco, isolata completamente nel territorio, rappresenta uno degli
scenari pi suggestivi dellisola. Si affiancano a questo rilievo, la cui cima rappresentata dalla P.ta Margiani Pubusa con
circa 1323 metri, anche il tacco di M. Arbu
(1031) ed il testimone del M. Perda Liana
(1293 m) che offre ancora una visione dellimponente demolizione subita da queste
rocce nel corso del tempo e, documenta,
lestensione di questo mare verso nord, in
direzione del Lago Alto del Flumendosa.
La giacitura, quasi sub-orizzontale di
queste formazioni calcaree, accentua le
profonde scarpate che costituiscono la brusca e rapida accentuazione della pendenza
dei versanti al contatto con le sottostanti
rocce filladiche. Tra le forme spettacolari
che possono incontrare in questo territorio,
oltre a quelle ipogee, sono da ricordare le
molte doline ivi esistenti ed una splendida
cascata, attiva solo nei periodi umidi, che
ha creato un fantastico ombrello di pietra
che lentamente va coprendo il versante,
Supramonte di Urzulei:
Orgosolo Oliena
Questo altopiano, di vastissima
estensione, legato profondamente a strutture di faglia che hanno condizionato il suo
perimetro, vede nella Punta Solitta (1206
m) una delle sue principali cime. Tuttavia,
tutto laltopiano bordato da numerose
vette che superano i 1.000 metri di quota.
La superficie profondamente modellata
dal processo carsico, presenta aspetti
straordinari, aspri e selvaggi con un passaggio continuo di forme caratteristiche
del carsismo epigeo. cos possibile
osservare valli secche, caon e forre,
campi solcati e numerosissime cavit carsiche. Frequenti sono anche gli inghiottitoi
e le doline, tra i primi non va dimenticata
limpressionante voragine di Su Sercone,
una profonda dolina il cui strapiombo raggiunge i 200 metri, situata quasi al centro
del Supramonte.
Poco lontano da essa si trova il Campo
Donnanigoro, una vasta area sub-pianeggiante che rende quasi anomalo questo
paesaggio cos dolce e uniforme sulla
morfologia esistente nel Supramonte. Si
tratta infatti di una poije, una dolina di
enormi proporzioni che si trova qui ad una
quota di 850 m.
Sul versante orientale dellaltopiano del
Supramonte, i calcari finiscono bruscamente lungo la vallata del Rio Flumineddu, dove formano una potente scarpata che
percorre il versante per una lunghezza di
circa 22 chilometri delimitando lo sprofondamento subito da questa vallata in
conseguenza dei grandi movimenti tettonici subiti dallisola durante lEra terziaria.
La parete di roccia, che manifesta ancora questi movimenti di faglia mostrando
delle scarpate parallele tra loro secondo
landamento lineare della scarpata principale, viene in alcuni punti interrotta dalle
49
Monte Albo
La particolare conformazione di questo
rilievo aiuta subito a comprendere quale
sia stata la sua complessa vicenda evolutiva, legata a strutture tettoniche ed ai movimenti gravitativi che si sono succeduti in
questa area. Visto dallalto, il rilievo del
M. Albo ha una forma allungata secondo
un orientamento nord est-sud ovest; la sua
lunghezza e di circa 21 chilometri con una
larghezza massima di 5 circa.
Lintero rilievo stato soggetto a potenti sovrascorrimenti che hanno interessato
anche il basamento metamorfico ed hanno
cos definito la singolare lineazione di
questa montagna.
In alcune zone, lungo i fianchi del
monte si possono osservare delle sfrangiature nella continuit dellaffioramento; si
ha limpressione di un trascinamento disordinato di queste rocce carbonatiche. Queste
forme del versante sono legate a movimenti di origine gravitativa che hanno determinato il profilo stesso del versante. Bench
gi osservati come vere e proprie forme di
origine recente (pleistocenica) oggi si possono indicare per alcune di esse, come
quelle presenti nellarea pedemontana di
Siniscola, come legate a deformazioni gravitative profonde spesso coincidenti con
lineazioni tettoniche preesistenti ed indotte
da scosse sismiche del vulcanismo plioquaternario (presente in prossimit dellarea) e favorite da climi di tipo periglaciale.
Leffetto che si pu osservare prodotto
da questo tipo di fenomeno, offerto dalla
dispersione di blocchi di proporzioni
ciclopiche lungo il versante dove il profilo
risulta irregolare. Il movimento non mai
50
localizzato ma coinvolge un intero versante, risultando cos come una frana di enormi dimensioni.
Recenti studi hanno permesso di
constatare come in Sardegna questi tipi di
fenomeni risultino ben conservati e fossilizzati lungo gli affioramenti di rocce calcaree appartenenti sia al Mesozoico che al
Cenozoico.
Sebbene con una diversa storia e
attraverso processi evolutivi, assimilabile a questi rilievi carsici anche il complesso montuoso del Marganai.
costituito da rocce calcaree del basso
Paleozoico (Cambriano) di circa 600 milioni di anni. La sua origine cos antica fa comprendere quanto difficile sia stato il cammino di questa formazione per giungere allevoluzione attuale. La sua morfologia, i suoi
paesaggi e le sue forme, richiamano moltissimo i panorami dei rilievi calcari dei Tacchi e delle rocce mesozoiche in generale.
Tuttavia possiedono alcune caratteristiche
morfologiche che ne rivelano let.
Molte delle forme esistenti sono oramai
fossili, non pi attive; le stesse cavit
carsiche che attraversano per molti chilometri la massa di questi calcari hanno per
lo pi concluso il loro ciclo evolutivo.
La stessa grotta di S. Giovanni, posta ai
piedi del complesso del Manganai in
prossimit del paese di Domusnovas,
famosa perch percorribile in auto, oramai fossile. Anche molte delle strette vallate che caratterizzano questo territorio
sono legate al crollo ed allasportazione
successiva della volta di grandi cavit sotterranee. La vallata del rio di M. Narba
Sarmentu, che si apre oltre la Grotta di S.
Giovanni, rappresenta lantico percorso di
questa cavit.
vari momenti della complessa storia dellisola. Tra quelli che possiamo a ragione elencare come vere montagne si annoverano: il massiccio del Monti Ferru, a nord
della piana di Milis - Oristano; il Monte
Santa Vittoria di Esterzili, tra la Barbagia
dei Seui ed il Sarcidano; il monte Perdedu,
in prossimit dei monti del Gennargentu;
ed il rilievo del monte Santu Padre lungo
la catena del Marghine.
Sebbene diversi per litotipo e per et,
hanno avuto tutti origine da medesimi processi di natura effusiva che hanno prodotto manifestazioni vulcaniche di grandi
proporzioni.
Lorigine di un vulcano condizionata
Fig. E. Le manifestazioni vulcaniche si possono presentare con una certa ciclicit, ogni momento di attivit del vulcano
produce spesso depositi di natura piroclastica o lavica. Nello schema vengono rappresentati alcuni momenti di attivit di un centro eruttivo, qui riferibile al monte Santu Padre, che danno luogo a livelli di tipo piroclastico ed ignimbritico sovrapposti. Tra un episodio e quello successivo, nel lasso di tempo che li divide, gli agenti atmosferici modellano le superfici strutturali dei livelli effusivi accentuandone le forme anche in conseguenza dei processi tettonici in atto.
52
Fig. F. Lo schema ripropone levoluzione tipo di un edificio vulcanico riproponibile per il complesso montuoso del
Monti Ferru di CuglieriSantulussurgiu.
Attraverso una frattura (A) viene a giorno il magma espandendosi sulla superficie sia per mezzo difasi esplosive che
contribuiscono alla crescita delledificio vulcanico (B), sia attraverso colate di lava che riversandosi verso valle
si espandono a costituire dei veri e propri altipiani (altopiano di Abbasanta Paulilatino) (C). Le fasi effusive si ripetono nel tempo lungo centri di emissione che possono non essere i principali, ma avventizi.
Avviene pertanto che nel medesimo complesso sono distinguibili centri di emissione, caldere e vulcanetti di scorie riferibili a momenti diversi nella crescita della stessa montagna (D).
55
56
mosfera immediatamente, addirittura subito dopo essere piovute, le stesse per possono scorrere e raggiungere in tempi pi o
meno lunghi il mare, oppure possono essere trattenute in un lago naturale o artificiale privo di emissari, o possono infiltrarsi
nel sottosuolo ed in tal caso si muovono
con una velocit che in funzione della
permeabilit del substrato; esse potranno
rimanere nel sottosuolo un breve periodo
di tempo o centinaia di anni e, se assorbite
dalle argille, potranno rimanere sottratte
alla circolazione per un tempo indefinito.
I continui spostamenti dellacqua da un
ambiente allaltro fanno parte del grande
fenomeno, chiamato ciclo idrologico,
secondo il quale lacqua degli oceani passa
allatmosfera e dallatmosfera, dopo il
transito pi o meno lungo nei continenti,
ritorna alloceano. Tale fenomeno attivato da un enorme gioco di energie e ad esso
sono collegati numerosi processi secondari: senza le acque dolci continentali, per
esempio, non avremmo altre forme di vita
se non quelle oceaniche e senza il loro
scorrimento la morfologia terrestre non
subirebbe la continua evoluzione e mutazione che subisce.
Sotto il profilo pi strettamente
quantitativo, il ciclo idrologico si articola
su fattori ed elementi che variano da luogo
59
Fig. 21. 11 recente invaso artificiale di Pattada, alle pendici del Monte Lerno.
a luogo e nello stesso luogo con il trascorrere del tempo. Negli oceani, come media
annua, a fronte di una precipitazione di
1120 mm ed una evaporazione intorno ai
1250 mm, abbiamo un eccesso di evaporazione, pari a 130 mm, che determinerebbe,
se non ci fosse il contributo delle acque
fluviali da tutti i continenti, un abbassamento del livello delle acque. Nelle aree
continentali si verifica il fenomeno opposto in quanto si registra unevaporazione
di 410 mm ed una precipitazione media
annua di 720 mm: i 310 mm di precipitazione eccedenti compensano, una volta
raggiunto il mare, il deficit oceanico. Questa restituzione di acqua alloceano non
immediata, per i gi citati fenomeni di differente velocit di movimento dellacqua
nei diversi ambienti continentali (transito
dellacqua nei ghiacciai, nel sottosuolo cd
in superficie), per cui il bilancio si chiude
in parit solo in tempi assai luoghi.
Dallequatore ai poli le aree continenta60
livello del mare. Lulteriore analisi tra questi valori di afflusso e quelli relativi allevaporazione ed evapotraspirazione reale e
potenziale (questi ultimi strettamente legati alla temperatura e dunque pi bassi con
il crescere della quota), conferma lincremento del valore della risorsa idrica al crescere della quota.
Infatti tra gli ambiti territoriali, per questo fenomeno, le aree montane
rappresentano i luoghi nei quali si registrano, nello spazio di un anno, i surplus idrici pi alti: in queste zone tali surplus costi-
bacini idrografici ed alle profonde incisioni presenti negli stessi. In questo contesto i
bacini idrografici e i complessi idrogeologici (fig. 26) caratterizzano un territorio il
cui regime idrologico estremamente
variabile, dove i corsi dacqua durante
gran parte dellanno, quando non sono alimentati da reflui urbani, sono asciutti e se
intercettati a monte da sbarramenti per
invasi artificiali diventano a regime occasionale.
La presenza di unarea montana estesa
in un bacino idrografico assume un valore
idrologico notevole sia dal punto di vista
quantitativo per il surplus idrico presente
che da quello qualitativo per le migliori
diverse realt. I territori del Monte Limbara, del Monte Lemo e il gruppo montuoso
dei Sette Fratelli, presentano tra loro
particolarit ambientali molto simili in
considerazione del substrato geologico che
li caratterizza, ma anche dal punto di vista
delle morfologie e del regime idrico. Altrettanto si pu dire, per il gruppo montuoso
del Gennargentu, che per la sua estensione
di 60.000 ha il pi rappresentativo della
Sardegna, e per i gruppi montuosi del Sulcis sia per affinit litoidi di affioramento
che per le caratteristiche idrogeologiche.
I gruppi montuosi di natura calcarea,
Monte Albo ed i monti di Orosei, si discostano notevolmente dalle altre aree montanee per le loro caratteristiche idrogeologiche che danno luogo a regimi idrici con
una circolazione sotterranea ricca di fenomeni carsici e con manifestazioni sorgentizie di grande interesse.
I rilievi montani del Montiferro per le
caratteristiche di permeabilit, spesso assai
65
66
1. Introduzione
Nella Sardegna sono rappresentate numerose formazioni geologiche a cui corrispondono litotipi e forme assai differenti.
Queste caratterizzano il paesaggio sia
direttamente, attraverso forme e colori, sia
indirettamente, con i suoli che da loro derivano e con la vegetazione che essi sopportano. Linfluenza del clima piuttosto evidente sullalterazione delle rocce, sui
caratteri dei suoli e sulla composizione
della flora e vegetazione.
Pertanto il paesaggio della Sardegna
risulta essere uno dei pi differenziati del
Mediterraneo.
Linfluenza antropica risulta assai
importante su tutto il territorio, compreso
quello montano. Dellantico paesaggio
rimangono soltanto alcune testimonianze
che permettono di spiegare oggi le modificazioni ambientali che si sono succedute
nei vari periodi storici e per capire quale
pu essere il trend evolutivo od involutivo con vari sistemi di landuse.
Le aree a quota elevate non sono molto
diffuse in Sardegna, n sono tali da definirle tipicamente montane.
Tuttavia, se si esamina una catena di
suoli, cio una loro successione lungo una
pendice, si possono osservare modificazioni strettamente legate non solo al substrato
ma anche al clima, con caratteri specifici
Fig. 28. Aree culminali del Monte Linas spogli di vegetazione torestale.
71
3. I suoli
Da quanto premesso, i suoli possono
definirsi come corpi naturali, formatisi
sotto lazione dei vari fattori delle pedogenesi, che sopportano o possono sopportare
la vita delle piante. Pertanto come corpi
naturali debbono essere classificati secondo un sistema tassonomico.
Non esiste per un sistema di classificazione unico, bens degli schemi diversi
studiati per alcuni paesi ma che possono
essere applicati anche in altre parti del
mondo. Uno di questi quello elaborato
dal Dipartimento dellAgricoltura USA
(Soil Conservation Service) e che ben si
adatta ai suoli della Sardegna.
Il sistema articolato in varie categorie,
raggruppanti i suoli in funzione dei processi di pedogenesi, come risulta dal
seguente schema.
72
3.1. Entisuoli
Gli Entisuoli sono suoli allinizio dellevoluzione caratterizzati da uno scarso
sviluppo del profilo ossia con la presenza
del solo orizzonte A; il profilo pertanto
tipo A-C oA-R.
Nel caso delle aree montane dellIsola,
gli Entisuoli sono fra i pedotipi pi diffusi,
in qualsiasi substrato, e pertanto le loro
caratteristiche sono nettamente influenzate
dalla roccia madre.
Si riscontra principalmente il Grande
Gruppo Xerorthents nei vari sottogruppi
tipici, litici, districi.
In tutti i casi i suoli pi fertili sono quelli derivati dalle vulcaniti basiche, dalle
dolomie e dai calcari (Marghine, Marganai, Supramonte).
Per questi suoli occorrerebbe una
migliore gestione per favorirne lo sviluppo,conservarne la fertilit e, nel contempo,
accelerare il riformarsi della macchia e
macchiaforesta.
Levoluzione procede in tal senso e nel
tempo levoluzione sarebbe tale da consentire un maggior sviluppo del profilo,
una differenziazione in orizzonti (A-B-C)
ossia arrivare fino alla formazione degli
Inceptsuoli.
necessario soprattutto ridurre il
pascolamento, evitare gli incendi e evitare
qualsiasi forma di lavorazione del suolo
che contribuisca a disperderne la sostanza
organica e le parti fini.
73
3.2. Mollisuoli
Nelle zone pi elevate delle montagne
calcaree della Sardegna, le condizioni
ambientali sono favorevoli per la
formazione e lo sviluppo dei suoli che, per
le loro caratteristiche e propriet, possono
essere inseriti nellordine dei Mollisuoli.
Si tratta di suoli minerali caratterizzati
dalla presenza di un orizzonte di superficie
relativamente spesso, di colore scuro,
ricco di humus, dove i cationi bivalenti
sono dominanti nel complesso di scambio,
con strutture generalmente grumosa ben
evidente.
Tale orizzonte viene chiamato Mollico e si forma generalmente per la
decomposizione dei residui organici in
presenza di cationi bivalenti, particolarmente il calcio, in situazioni ambientali (di
vegetazione e climatiche) che favoriscono
laccumulo della sostanza organica.
Le montagne calcaree della Sardegna
(M. Marganai, Supramonte, Monte Albo,
Monti della Barbagia), ed in particolare
quelle ove si riscontrano i calcari ed i calcari dolomitici del Paleozoico e del Mesozoico, sono le aree ove pi facilmente
possibile lo sviluppo dei Mollisuoli, quasi
sempre localizzati nelle zone al di sopra di
1000 m e dove presente il climax degli
arbusti prostrati e delle steppe montane
mediterranee.
Si tratta quasi sempre di Xerolls, Mollisuoli di clima mediterraneo con regione di
umidit xerico con profilo di tipo A-C e
spessore variabile da pochi decimetri (sottogruppi litici) ad oltre 50 cm (sottogruppi
tipici).
Lorizzonte mollico di superficie
talvolta discontinuo in relazione col maggior o minore sviluppo della copertura
vegetale e dellintensit di erosione.
E probabile che in un recente passato
questi suoli coprissero superfici assai pi
ampie ed ospitassero anche una vegetazione arborea. Per le loro propriet (contenuto in sostanza organica, struttura soffice,
buon drenaggio) essi costituiscono un
74
3.3. Inceptsuoli
Trattasi di suoli normalmente in equilibrio con lambiente, con profilo A - Bw C, ossia caratterizzati dalla presenza di un
orizzonte diagnostico Cambico.
Si suddividono in diversi sottordini, in
funzione della presenza di un orizzonte
superficiale pi o meno saturo (ochrico od
umbrico) o per la presenza di materiali
amorfi nella frazione minerale (sottogruppi andici).
Ochrepts - Essi sono caratterizzati da
un orizzonte di superficie (ochrico) con
saturazione in basi abbastanza alta, con
prevalente copertura di latifoglie (leccio),
e si ritrovano per le aree considerate montane, nelle zone a quote pi basse.
Essi sono diffuse soprattutto sulle rocce
metamorfiche e su morfologie ondulate e
dolci.
In queste aree gli Xerochrepts tipici
possono essere considerati in fase Climax
con lambiente (clima, substrato, morfologia e vegetazione). Purtroppo la loro diffusione assai limitata a causa dellintensificazione dei fenomeni erosivi. A tratti possono riscontrarsi su depositi di versante,
purch stabilizzati dalla copertura vegetale.
Gli Ochrepts sono diffusi in piccoli
lembi sul M. Linas, nel gruppo dei Sette
Fratelli, ed in piccole parti del Gennargentu e del Limbara.
Umhrepts - Si differenziano dagli altri
Inceptsuoli per la presenza di un orizzonte
di superficie (Umbrico) parzialmente
desaturato ed a reazione acida o subacida.
Tale caratteristica da mettersi in relazio-
3.4. Andosuoli
Questi suoli presentano genesi,
caratteristiche e propriet particolari legate soprattutto al tipo di roccia madre dalla
quale derivano.
Essi infatti si originano esclusivamente
in materiali vulcanici o su vulcanoclasti
che siano ricchi di materiali amorfi sia primari (vetro) che secondari (allofani).
Essi infatti coprono unarea abbastanza
estesa nelle zone vulcaniche recenti dellI75
tutela e gestione.
Infatti la loro fertilit complessiva tale
da garantire una ricostituzione della
vegetazione pi rapida rispetto a tutti gli
altri tipi pedologici dellIsola.
Daltronde trattasi delle aree pi richieste, da sempre per i pascoli, sia per la produttivit che per lalto valore naturalistico.
3.5. Alfisuoli
Le cime pi alte, i crinali ed i versanti
pi acclivi delle montagne calcaree delle
Sardegna, presentano vastissime superfici
coperte da roccia affiorante o da suoli
allinizio dellevoluzione e comunque con
spessore modestissimo. Ma in zone limitate, nelle fessure ed anfrattuosit pi profonde e nelle doline, si ritrovano dei suoli
di colore rosso o rossoscuro, a tessitura
fine, aggregazione generalmente prismatica grossolana, con fenomeni evidenti di
traslocazione di argille e sesquiossidi dallalto verso il basso.
Si tratta delle Terre Rosse Mediterranee delle vecchie classificazioni europee,
oggi inserite nellordine degli Alfisuoli,
grande gruppo Rhodoxeralfs, caratterizzati
da una profonda decarbonatazione e da
una consistente illuviazione di parti fini e
finissime che concorrono alla formazione
di un orizzonte profondo arricchito in
argilla e denominato orizzonte argillico.
Tali suoli testimoniano la presenza in
passato di una copertura vegetale anche
arborea assai pi diffusa ed intensa oltre
che un clima pedogeneticamente pi
aggressivo (maggior piovosit e pi elevata temperatura).
Attualmente, per effetto dellintensa
erosione verificatasi a seguito dei disboscamenti, incendi e sovrapascolamento,
questi suoli sono limitati, come stato
detto, alle spaccature ed alle fessurazioni
presenti nei calcari ed hanno quindi una
spessore assai variabile. Il loro profilo (del
tipo A Bt C) pu presentare profondit
assai limitate (Lithic Rhodoxeralfs) o rag-
4. Considerazioni conclusive
Da questa brevissima esposizione appare evidente che la maggior parte dei suoli
delle aree montane della Sardegna, sono
poco sviluppati o per la scarsa attivit di
alcuni fattori della pedogenesi (roccia
madre, clima e morfologia) o per linfluenza della degradazione (erosione) causata
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ARU A., BALDACCINI P., VACCA A. E ALTRI, 1992
Carta dei.suoli sulla Sardegna. Regione Autonoma della
Sardegna .
BUOL S.W., HOLE FO., MC. CRACKEN R.J., 1980 -
78
Introduzione
fascino e di suggestione.
La definizione geografica indica, in
modo asettico, il limite altimetrico delle
montagne, ma anche aree notevolmente
inferiori ai seicento metri offrono un aspetto orografico tanto diversificato e tormentato da dare una sensazione di trovarsi in
luoghi decisamente pi elevati.
Linsieme della flora, da questo punto
di vista, pu costituire un elemento ben
correlato con laltitudine, richiamando allo
stesso tempo anche la risultante dei fattori
climatici fondamentali.
In tal senso, ad esempio, loleastro e il
lentisco, con la loro presenza, esprimono
meglio il limite inferiore delle caratteristiche di montagna, mentre specie come il
tasso, lagrifoglio, il ciliegio selvatico, il
sorbo ciavardello stanno invece ad indicare, in modo immediato gli ambienti sicuramente montani.
Localit
Limbara
Marganai
Monte Albo
Monte Gonare
Monte Linas
Monte Arci
Pixinamanna
Settore siliceo dei
Monti del Sulcis
n. specie
560
650
659
521
600 Ca.
500 ca.
552
600 ca.
n. specie
750
750
650
600
DC., della Corsica e delle sierre della Spagna occidentale, Amelanchier ova/is Medicus della Spagna e della Francia; Platanthera a/geriensis Batt. et Trabut, Silene
velutinoides Pomel, con il Nordafrica;
Bivonaea lutea (Biv.) DC. ha un areale
tipicamente centromediterraneo che si
estende dai calcari della Sardegna, alla
Sicilia ed allAlgeria. singolare, ancora,
la grande affinit tra i generi monospecifici Morisia, esclusivo della Sardegna e
della Corsica, e Cossonia della catena dellAtlante sempre nel Nordafrica. Analogamente, Lamyropsis microcephala (Moris)
Dittrich et Greuter ha le specie pi affini
nel Caucaso, mentre Prunus prostrata
83
85
(Viburnus tinus L.), frassino minore (Fraxinus ornus L.), terebinto (Pistacia terebinthus L.), di bupleuro (Bupleurum fruticosum L.). Ricadono in questo fitoclima
gran parte del Limbara, del versante meridionale del MarghineGoceano, del Montiferru, del Monte Albo, del Monte Gonare,
del Monte Linas, dei Monti del Sulcis e dei
Sette Fratelli
B. Il climax delle foreste montane di
leccio e roverella.
Le specie prevalenti in condizioni di
naturalit sono sia il leccio, sia la roverella, pi frequente, questultima, in funzione
allesposizione ai versanti esposti
settentrione, alle correnti umide e a quei
substrati di natura silicea in grado di trattenere una maggiore riserva idrica. Nelle
aree montane, sebbene il leccio presenti
una notevole vitalit, la roverella si dimostra la specie in grado di sopportare meglio
le basse temperature e costituire ancora
oggi, nonostante le disastrose utilizzazioni
del passato, formazioni boschive di notevoli estensioni anche nella fascia tra i 1000
e i 1500 m di altezza. Gli esemplari di
87
Fig. 41. Leccete e residui di paesaggio agrario alle pendici del Montarbu di Seui.
Fig. 42. Leccete con una forte componente di altre scierofihle sempreverdi nei Sulcis-Iglesiente.
Nelle quote intermedie, le superfici percorse da incendio e soggette a pascolo estensivo, soprattutto quelle derivate dai boschi a
sughera e/o roverella offrono coperture
significative di citiso (Cytisus villosus Pourret), dalla abbondante fioritura primaverile,
di calicotome (Calycotome villosa (L.)
Link), che con laltitudine si raref e solamente nelle zone meglio esposte, aride e
percorse dal fuoco si presenta abbondante.
Il ginepro ossicedro, indipendentemente dal substrato forma boscaglie e macchie
pi o meno estese. Sul Monte Albo, sui
Supramonti, sul Limbara, sul Monte Linas,
sul Gennargentu in molti luoghi si osserva
linconfondibile colore glaucescente delle
chiome di questa specie colonizzatrice.
Unaltra pianta che, pur prediligendo
gli ambienti caldi, si afferma nelle aree
granitiche aride e la fillirea a foglie strette
(Phillyrea angustifolia L.), specie termofila, ma comune nel Limbara e nel Monte
Lerno anche a 800-900 m di altitudine.
Il rosso terebinto, invece, risulta esclu96
crium massiliense L., Helichrysum italicum (Roth) G. Don fil. ssp. microphyllum
(Willd.) Nyman, Ruta corsica DC., sono le
specie principali.
Nelle altre regioni montane tra i 900 e i
1400 m i luoghi sono caratterizzati spesso,
nelle aree con roccia affiorante o molto
degradate, dalle ginestre spinose, che
costituiscono un interessante complesso di
specie endemiche a larga diffusione come
Genista corsica (Loisel.) DC, o frequenti
in diverse aree come Genista salzmannii
DC., o anche, spesso, localizzate in aree
molto ristrette come G. desoleana Vaisecchi, nel Montiferru e nel Limbara, Genista
toluensis Valsecchi sul Monte Tului e sul
97
Fig. 50. Contrafforti e pendici dei Supramonti con interventi di rimboschimento a base di conifere.
con le dovute attenzioni al paesaggio naturale ed alle reali potenzialit dei suoli. I
monti della Gallura, della Barbagia, dellOgliastra, le pendici del Monte Linas, del
Monte Arci, del Goceano, del Grighine,
presentano aspetti di vegetazione forestale
in cui la artificialit viene evidenziata
soprattutto dalla regolarit e dallallineamento delle piante.
Considerazioni conclusive
Il paesaggio vegetale delle montagne,
ha subito nel passato profonde trasformazioni che ne hanno modificato il volto in
modo sostanziale. Le foreste di leccio, di
roverella, i boschi di tasso e agrifoglio
hanno troppo spesso lasciato il posto a
macchie, garighe e pascoli, che se da un
lato hanno aumentato la diversit ambientale, dallaltro hanno determinato profondi
aspetti di degrado dellassetto idrogeologico.
102
1. Introduzione
di risorse naturali, nonch di beni tradizionali e culturali. Com noto la nostra isola
non si sottratta a questo fenomeno, anche
se bisogna riconoscere che la forte pressione industriale, con i noti risultati negativi,
si esercitata soprattutto lungo la fascia
costiera. Lentroterra, a parte qualche
discutibile esempio di pesante intromissione antropica, ha conservato, sempre pi
chiaramente con il passaggio alle zone
altimetricamente pi elevate, le sue peculiarit sia dal punto di vista floristico che
faunistico.
Il patrimonio naturale sardo, nella sua
configurazione attuale non sempre
adeguatamente conosciuta, merita pertanto
attenzione, impegno e protezione da parte
di tutti ad evitare sempre possibili sconvolgimenti futuri: siamo perci chiamati,
tutti, a progettare occasioni favorevoli per
gestire il nostro ambiente pi correttamente e a beneficio di tutta la comunit.
Fig. 52. Esemplari appartenenti alle famiglie degli Egeridi, Drepanidi edAntroceridi che si rinvengono sulle
pendici di Su Pranu in agro di Aritzo.
Fig. 54. Lepidotteri appartenenti alle famiglie dei Satiridi (Hipparchia semele aristaeus) e Licenidi (Polyommatus icarus) molto frequenti sulle pendici di Bruncu Spina
e Punta La Marmora. Le larve della prima specie vivono
a spese di numerosissime graminacee, mentre quelle
della seconda si nutrono di Lotus, Fragaria, Genista,
Melilotus, Astragalus, ecc.
Fig. 55. Lepidotteri Ninfalidi dei generi Aglais, Argynnis, Polygonia, Fabriciana, abitanti il Massiccio del Gennargentu. Le piante che offrono nutrimento agli stadi
giovanili appartengono a numerose entit botaniche
diverse dove sono rappresentati soprattutto i generi:
Viola, Urtica, Plantago, Centaurea, ecc.
chiamate dal loro nome specifico) appartenenti alla fauna di Aritzo; ed infine Myzucerasi Fabricius reperibile a Desulo su
Ciliegio.
Tricotteri. Sono insetti terrestri allo sta114
frequenti si possono citare le quattro specie di Asida (corsica Cast., glacialis Gen,
barbaricina Leoni, sardoa Leoni) e le due
specie di Piinelia (subalpina e payraudeaui Dev.).
Tra le altre specie altrettanto studiate
vanno citate Nephodinus metallescens
(Kst.), presente nel gruppo montano del
Gennargentu e sui Sette Fratelli, endemica
sardocorsa a costumi diurni, per lo pi corticicola e floricola; Allardius sardiniensis
(Allard) altro elemento endemico presente
nei monti dei Sette Fratelli; Probaticus
eheninus (Villa) diffuso un po in tutta lisola, raro nei rilievi di Urzulei, Sette Fratelli dove possibile reperirlo tra gli arbusti della macchia mediterranea; Nalassus
dryadophilus (Mulsant) presente sul
Monte Limbara ed altre localit a quote
inferiori, prevalentemente corticicolo;
Nalassus genei (Gen) , anchessa, specie
endemica sardo-corsa ad areale pi ampio,
reperibile tanto nei rilievi del Gennargentu
che pi a sud (Sette Fratelli), tra quote
comprese dai 400 fino ai 1500 m e prevalentemente corticicola a spese dei generi
Quercus ed Eucalyptus.
Crisomelidi. Quanto si conosce su questa famiglia riferito per lo pi ad elementi di bassa quota che talvolta, occasionalmente, possono spingersi anche sulle montagne. I Crisomelidi sardi mancano infatti
119
Fig. 64. Fauna cavernicola. Actenipus carinatus, Patriziella sardoa, Sardaphaenops supramontanus (da sinistra
a destra).
to perch la protezione delle colture (nonch di certe formazioni forestali allo stato
naturale) pu aprire problemi di inquinamento ambientale specialmente quando le
metodologie ed i mezzi impiegati non
rispondono a criteri di razionalit; in secondo luogo perch la composizione
faunistica montana relativamente a specie
fitofaghe nocive pu subire un cambiamento pi o meno marcato a seguito di
introduzioni di ospiti vegetali non autoctoni o diversi da quelli preesistenti, aprendo
analoghe problematiche.
Nel primo caso, tenuto conto delle
particolari condizioni ambientali, le strategie di intervento saranno indirizzate a prevenire le pullulazioni, limitando gli interventi solamente in quelle aree in cui i fitofagi, sfuggendo al controllo dei nemici
naturali, possono aprire focolai di attacco
capaci in seguito di causare pesanti infestazioni.
Nel secondo caso va posta molta attenzione nella scelta di nuove essenze la cui
introduzione deve essere preceduta da un
esame generale dellecosistema e delle
biocenosi esistenti e da una valutazione
preventiva del costo ambientale delliniziativa intrapresa o, meglio, da intrapren-
4. Conclusioni
Da quanto stato esposto relativamente
alla fauna in quota, parzialmente esauriente per la difficolt di riunire organicamente la miriade di riferimenti purtroppo
molto frammentari, ed a causa dei numerossisimi reperti ancora non adeguatamente ordinati, si pu trarre sinteticamente un
richiamo accettabile delle ricerche che
hanno accompagnato linsediamento e la
colonizzazione delle aree pi elevate della
nostra isola.
Senza entrare in dettagli si pu dire innanzitutto che nellisola, come del resto
nella vicina Corsica, mancano elementi del
quaternario che figurano invece numerosi
nella nostra penisola.
Una piccola parte della fauna rappresentata da forme ad ampia diffusione con
diversi esempi tra gli Ortotteri, Coleotteri
Carabidi ed altri gruppi meno importanti.
Aspetti forse pi significativi vengono
forniti da quelle specie circoscritte ai rilievi del Gennargentu o a quelli posti pi a
sud, legate a faune di provenienza euro
asiatica o euro sibirica. Appartengono a
questa categoria molti Coleotteri Carabidi,
diversi Ortotteri, qualche Crisomelide ed
un solo Emittero.
Molte altre forme di provenienza
centroasiatica si trovano fra i Carabidi, i
Formicidi, gli Ortotteri e gli Odonati.
Altro gruppo molto importante
124
se, tutto potrebbe essere favorito con listituzione del tanto discusso Parco. La soluzione sar certamente pi vicina se tutte le
parti, direttamente e indirettamente interessate, concorreranno alla discussione
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BACCETrI B., 1964 Considerazioni sulla costituzione e
lorigine della fauna di Sardegna. Arch. Bot. Biogeogr.
Ital., IV, (5), 9: 2995.
BACCETTI B., 1964 Notulae Orthopterologicae. XVIII.
Osservazioni sugli Ortotteri del Gennargentu. Atti Acc.
Naz. Ital. Entomol., Rend., XI: 262-271.
BARBAGALLO S., 1984/85 Annotazioni faunistiche ed
ecologiche sugli afidi della Sardegna (Homoptera Aphidoidea). Frust. Entom., XXXXI: 421-472.
BELFIORE G., CAINO E., 1988 Il popolamento di
Efemerotten della Sardegna. Boll. Soc. Ent. Ital., Genova, 20 (2): 75-83.
BOLOGNA M.A., 1980 Analisi zoogeografica dei Melo
idae della Sardegna (Coleoptera). Lay. Soc. Ital. Bioge
ogr. (n.s.), VIII: 661-674.
BUCCIARELLI 1., GALLETFI P.A., PAVESI M., 1980
Attuali conoscenze sul popolamento odonatologico della
Sardegna. Lay. Soc. Ital. Biogeogr. (n.s.), VIII: 468-544.
CARPANETO G.M., 1980 I Coleotteri Scaraheoidei en
demici del complesso sardocorso. Lay. Soc. ital. Bioge
ogr., VIII, (n.s.): 675-690.
CASALE A., GIAcHINO P.M., 1988
Note su
Sardaphaenops supramontanus Cerruti e Henrot, 1956
(Col. Carahidae) e descrizione di S. supramontanus grafittii n. subsp. Boll. Mus. Reg. Sc. Nat., Torino, 6, (2):
585-601.
CONSIGLIO C., 1957 Contributo alla conoscenza dei
PIecotteri di Sardegna. Mem. Soc. Ent. It., XXXVI: 3144.
CONSIGLIO C., 1963 Plecotteri delle Isole del
Mediterraneo. Monit. Zoo!. Ital., LXXLXXI: 147158.
CONSIGLIO C., 1975 Second contribution to the
knowledge of Sardinian Plecoptera. Frag. Entom., XI, 1:
83102.
CROVETTI A., 1967 Lacclimatazione della Zonabris
variabilis Pall. (Coleoptera Meloidae) in Sardegna 20
anni dopo la sua introduzione. Redia: 50,121131.
DALLAI R:, 1980 Interesse biogeografico dei Neanuridi (Collembola) della Sardegna e delle isole dellArcipelago Toscano. Lay. Soc. Ital. Biogeogr., (n.s.), VIII: 417465.
FIORI G., 1960 Alcuni appunti sullentomofauna cavernicola sarda e sui problemi concernenti il popolamento delle caverne della Sardegna. Atti Acc. Naz. Ital.
Entom., VIII: 307316.
FIORI G., 1961 Actenipus Pippiai, nuovo Carabide Sfo
Inno eutroglofilo della Sardegna, ed alcuni appunti cullActenipus carinatus (Chaudoir) e sulle altre specie del
genere. Studi Sass., Ann. Fac. Agr., sez. III, IX.
FIARTIG F., 1976 Au Mont Gennargentu, en Sardaigne
I. Linneana Belgica, VI,8: 182188.
FIARTIG F., 1976 Em Nachtfang im Winter am Gennar
qentu (Sardinien), in: Mitt. Entom. Gesellsch., Basel,
26,1: 1419.
LEIGHEB G., 1987 Lysandra coridon ssp. gennargenti
nova (Lepidoptera, Lycaenidae), nuovo Licenide della
Sardegna. Boll. Mus. Reg. Sci. Nat. Torino, 5(2):
447454.
MORETFI G.P., CIANFICCONI F., 1980 Le attuali
conoscenze sui tricotteri della Sardegna. Lay. Soc. It.
Biogeogr. (n.s.), VIII: 593639.
MUNARI L., ROHACEK J., 1990 Diptera from north
Sardinia Sepsidae, Sphaeroceridae, Ephydridae. Soc.
Ven. Sc. Nat., 15: 7386.
RAVIZZA C., 1975 Note faunistiche e tassonomiche sui
Plecotteri primaverili della Sardegna. Boll. Soc. Sarda
Sc. Nat., XV: 149159.
PROTA R., 1986 Entomofauna endemica. In: Lambiente naturale in Sardegna. Delfino Ed., Sassari: 325336.
PROTA R., LUCIANO P., 1986 Lentomofauna di interesse forestale. In: Lambiente naturale in Sardegna. Delfino Ed., Sassari: 337348.
RAPISARDA C., 1990 Faunistic and ecological notes
on the Psyllids of Sardinia. Mem. Soc. Ent. Ital., 69: 752.
SALAMANNA G.M:, 1980 Le attuali conoscenze sugli
Psycodidae della Sardegna (Diptera Nematocera). Lay.
Soc. Ital. Biogeogr., (n.s.), VIII: 715722.
Suss L., FAVA C., 1983 Rinnovamento della frutticoltura montana e rischi di introduzione di nuovi fttofgi.
Da: Convegno su scelte varietali e rinnovamento della
frutticoltura montana, pp. 6570.
TASSI F., 1972 Gli insetti nella protezione della natu
ra. Atti IX Congr. Naz. Ital. Ent., Siena, 21-25 giugno,
35, 5 tavv..
VIGNA TAGLIANTI A., FRANZINI G., 1976 Osservazioni su Agelaea fulva Gen (Coleoptera, Carabidae).
Fragm. Ent., XII, (3): 273283.
ZANGHERI 5., 1974 La lepidotterofauna della Sardegna. Atti X Congr. Naz. Ital. Ent., Sassari 20-25 maggio,
2945.
125
1. Introduzione
degli habitat strutturalmente montani (pareti rocciose) anche a quote modeste o, addirittura, lungo le coste a strapiombo.
Esempi significativi relativi alla fauna
sono la presenza storica del Gipeto a quote
altimetriche intorno ai 500 m nel SarrabusGerrei o la nidificazione del Venturone, una
specie paleomontana, quasi al livello del
mare (Golfo di Orosei, Isola di Tavolara).
Questi ed altri esempi interessanti specie
diffuse lungo le coste rocciose e negli ambienti montani dellinterno (Lucertola di Bedriaga, Grifone, Aquila reale, Pellegrino,
Piccione selvatico, Rondone maggiore,
Rondine montana, Passero solitario, Corvo
imperiale, Passera lagia, Muflone) dimostrano che molte specie della fauna sarda tendono ad allargare la propria nicchia ecologica.
Pi in generale, si pu affermare che la
composizione della fauna della nostra
isola e le sue peculiarit confermano
sostanzialmente le moderne teorie biogeografiche sullinsularit: la diminuzione
delle specie terrestri rispetto ad una superficie equivalente del continente, lincremento delle forme endemiche (Euprotto
sardo, 4 specie di Geotritoni, Ghiandaia,
Cervo sardo ed altri), la riduzione della
taglia (Cervo sardo, Cinghiale, Astore,
Sparviere) e laumento della densit relativa di alcune specie.
129
1 sistemi montani della Sardegna potrebhero rappresentare per molte specie, un ulteriore fattore di isolamento geografico e
quindi favorire processi di microevoluzione, soprattutto tra le categorie sistematiche
con scarsa capacit di dispersione. La presenza di 4 specie differenti di Geotritone in
4 aree distinte (Iglesiente, Sarrabus-Gerrei,
Gennargentu-Supramonte e Monte Albo)
dellisola, sembra confermare questa ipotesi. Tuttavia questo ed altri problemi di carattere biogeografico possono essere approfonditi soltanto su una adeguata base conoscitiva della distribuzione spaziale di tutte
le specie della fauna sarda, auspicabilmente
nellambito di un Progetto Atlante.
Il presente contributo costituisce un
primo tentativo di caratterizzare dal punto
di vista qualitativo la fauna vertebratica
(Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi non
volanti) che si riproduce nei sistemi montani al di sopra dellisoipsa di 1000 m. Tale
limite altitudinale va interpretato con una
certa flessibilit in quanto molti massicci
montani lo superano di poco, come i Settefratelli (1023 m), il Monte Gonare (1083
m), il Monte Lemo (1094 m), i Monti del
Sulcis (1116 m) e il Monte Albo (1127 m).
In questi casi i dati che verranno riportati
si possono riferire anche a quote pi basse
che generalmente includono il limite superiore delle formazioni boschive.
Per facilitare la consultazione, tutte le
specie riproducentisi nei 14 sistemi montani vengono trattati in modo uniforme in
relazione allo status faunistico, allorigine
zoogeografica, allo status di conservazione, alla protezione legale, ai biotopi maggiormente frequentati e alla presenza nei
singoli sistemi montani.
R-certa; origine mediterranea; vulnerabile (EUR); rigidamente protetto (I); biotopi frequentati: Ca, Bo; presente nei
seguenti sistemi montani: 9,12.
Nota. Il Geotritone imperiale un endemismo sardo.
4. Geotritone del Supramonte - Speleomantes supramontis
R-certa; origine mediterranea; vulnerabile (EUR); rigidamente protetto (I); biotopi frequentati: Ca, Bo; presente nei
seguenti sistemi montani: 9,10.
Nota. Il Geotritone del Supramonte un
endemismo sardo.
5. Geotritone del Monte Albo - Spe/eomantesfiavus
R-certa; origine mediterranea; vulnerabile
Fig. 65. Coppia di Euprotto saido in una pozza dacqua del Gennargentu. E una specie di anfibio esclusivaa
della Sardegna e frequenta i ruscelli montani e collinari
ben ossigenati, sino alle quote pi elevate.
131
(EUR); rigidamente protetto (1); biotopi frequentati: Ca, Bo; presente nei
seguenti sistemi montani: 5.
Nota. 11 Geotritone del Monte Albo
un endemismo sardo.
Ordine Anura
Famiglia Discoglossidae
6. Discoglosso sardo - Disco glossus
sardus
R-certa; origine mediterraneotirrenica;
raro (EUR); rigidamente protetto (I);
biotopi frequentati: Ri; presente nei
seguenti sistemi montani: 114.
Nota. Il Discoglosso sardo un endemismo tirrenico.
Famiglia Bufimidae
7. Rospo smeraldino Bufo viridis
R-certa; origine paleartica; rigidamente
protetto (I); biotopi frequentati: Ma, Bo,
Pm, Pma, Isp, U; presente nei seguenti
sistemi montani: 114.
Famiglia Hylidae
8. Raganella sarda - Hyla sarda
132
Famiglia Scirnidae
12. Luscengola - Chalcides cha/cides
R-certa; origine mediterranea; protetta
(I); biotopi frequentati:Pm, Pma; presente nei seguenti sistemi montani:
3,9,11,12.
13. Gongilo - Cha/cides ocellatus
R-certa; origine mediterranea; rigidamente protetto (I); biotopi frequentati: Ma,
Bo, Pm, Pma; presente nei seguenti sistemi montani: 1,2,3,6,7,8,9,12,13, 14.
Famiglia Coluhridae
14. Colubro ferro di cavallo - Coluber
hippocrepis
R-poss.; origine mediterranea; raro
(EUR); rigidamente protetto (I), biotopi
Fig. 67. La Lucertola di Bedriaga un endeniisnio
sardo-corso ed presente nella nostra isola nellArcipelago della Maddalena e in diversi massicci
monta/li del (entro-nord, recentemente stata trovata
anche nei Settefratelli.
133
mente protetto (SAR, I, CEE); biotopi frequentati: Bo; presente nei seguenti sistemi montani:
1,2?,3,5,6,7,8,9, 10, Nota. Lo Sparviere
un endemismo sardo-corso: Accipiter
nisus wo/terstoiffi.
22. Poiana - Buteo buteo
R-certa; origine oloartica; rigorosamente protetto (SAR, I) biotopi frequentati:
Bo, Ma. Pma; presente nei segeunti sistemi montani: 114.
23. Aquila reale Aquila chrysaetos
montani: 1-14.
Ordine Stigifrirmes
Famiglia Ttonidae
32. Barbagianni - Tyto alba
R-certa; cosmopolita; rigorosamente
protetto (SAR, 1); biotopi frequentati: Ro,
U, Isp; presente nei seguenti sistemi
montani: I?, 2?, 3, 5?, 6, 7, 8, 9, 10, 11,
12?, 13?, 14.
Nota. Il Barbagianni un endemismo
sardo-corso: Tvto alba ernesti. Nidifica in
tutti i massici a quote inferiori ai 1000 m.
Migrazione verticale nel periodo invernale.
Famiglia Strigidae
Ordine Capirnulgiformes
Famiglia Capriniulgidue
35. Succiacapre - Caprimulgus europacus
R-certa (aprile-settembre); origine
paleartica; raro (CEE); rigorosamente protetto
(1, CEE), protetto (SAR); biotopi
frequentati: Bo, Ma; presente nei seguenti sistemi montani: 114.
Nota. In alcuni sistemi montani nidifica
a quote inferiori ai 1000 m.
Ordine Apodiformes
140
Famiglia Apodidae
36. Rondone - Apus apus
R-certa (aprile-agosto/settembre); origine paleartica; protetto (SAR, I); biotopi
frequentati: U, Ro?; presente nei seguenti sistemi montani: 9.
37. Rondone maggiore - Apus melba
R-certa (aprile-agosto/settembre); origine indo-africana; protetto (SAR, I); biotopi frequentati: Ro; presente nei seguenti sistemi montani: 5, 9, 10, 12.
Nota. Nidifica in alcuni massicci al di
sotto di 1000 m.
Ordine Piciformes
Famiglia Picidae
Ordine Coraciiformes
Famiglia Meropidae
38. Gruccione - Merops apiaster
R-certa (aprile-settembre); origine
turkestano mediterranea; protetto (SAR,
I); biotopi frequentati: Ma, Pm; presente
nei seguenti sistemi montani: 4, 9.
Nota. Nidifica probabilmente anche in
altri massicci montani.
Famiglia Upupidae
39. Upupa - Upupa epops
R-certa (marzo-settembre); origine del
vecchio mondo; protetto (SAR, 1); biotopi
Ordine Passeriformes
Famiglia Alaudidae
42. Calandra - Me/anocorypha calandra
R-certa; origine mediterranea?;a status
indeterminato (SAR, I); rigorosamente
protetta (CEE), protetta (SAR, I), rara
(CEE); biotopi frequentati: Pin; presente
nei seguenti sistemi montani: 2, 3, 10 (sino
a 1400 m circa nel versante sud).
Nota. Migrazione verticale in inverno.
43. Tottavilla - Lullula arborea
R-certa; origine europea; rara (CEE);
rigorosamente protetta (CEE), protetta
(SAR, I); biotopi frequentati: Ma, Pm,
Pma; presente nei seguenti sistemi montani: 114.
44 Allodola. - Alauda arvensis
R-certa; origine paleartica; parzialmente protetta (SAR, I, specie cacciabile); biotopi frequentati; Pm; presente nei
seguenti sistemi montani: 1, 2, 3, 4, 5, 9,
10, t I, 12, 14.
Famiglia Hirundinidae
45. Rondine montana - Ptyonoprogne
rupestris
R-certa; origine paleo-xeromontana;
rigorosamente protetto (SAR, I); biotopi
frequentati: Ro; presente nei seguenti
sistemi montani: 1,2,3,5,9, 10, 11, 14.
Nota. Nidifica in molti massicci leggermente al di sotto di 1000 m. Migrazione
verticale nel periodo invernale.
tes
R-certa; origine oloartica; protetto
(SAR, I); biotopi frequentati: Bo, ma, RI;
presente nei seguenti sistemi montani:
114.
Nota. Migrazione verticale nel periodo
invernale? Lo Scricciolo nidificante in
Sardegna un endernismo sardo-corso:
Troglodytes troglodytes koenigi.
Famiglia Turdidae
Sottofamiglia Turdinae
52. Pettirosso - Erithacus rubecula
R-certa; origine europea; protetto
(SAR, I); biotopi frequentati: Bo, Ma;
presente nei seguenti sistemi montani:
114.
Nota. Migrazioine verticale nel periodo
invernale.
53. Usignolo - Luscinia megarhynchos
R-certa (aprile-agosto); origine europea; protetto (SAR, I); biotopi frequentati:
Bo, Ma, RI; presente nei seguenti sistemi
montani sardi: 3,6,7, 8,9 (sino a 1360 m).
54. Saltimpalo - Saxicola torquata
R-certa; origine paleartica; proietto
(SAR, I); biotopi frequentati: Ma, Pm,
Famiglia Laniidae
70. Averla piccola - Lanius (ollurio
R-certa (maggio - agosto); origine
paleartica; rara (CEE); protetta (SAR, I),
rigidamente protetta (CEE); biotopi frequentati: Pma, Ma, Bo (bordi); presente
nei seguenti sistemi montani: 114.
71. Averla capirossa - Lanius senator
R-certa (aprile - settembre); origine
mediterranea; protetta (SAP., 1); biotopi
frequentati: Ma, Pma; presente nei seguenti sistemi montani: 3 (nidificazione possibile anche in altri massicci).
darius ichnusae.
73. Gracchio corallino - Pyrrhocorax
pyrrhochorax
R-certa; origine paleomontana; protetto
(SAR, I); minacciato destinzione (SAR), a
status indetterminato (I), raro (CEE); biotopi frequentati: Ro; presente nei seguenti
sistemi montani: 5, 10 9, 11, 14 (possibile).
74. Taccola - Corvus monedu/a
R-certa; origine paleartica; parzialmente protetta (SAR, I, specie cacciabile); biotopi frequentati: Ro, U?; presente nei
seguenti sistemi montani: 9.
Nota. Migrazione verticale invernale.
Famiglia Corvidae
72. Ghiandaia - Garrulus glandarius
R-certa; origine paleartica; parzialmente protetta (SAR, I, specie cacciabile); biotopi frequentati: Bo, Ma; presente nei
seguenti sistemi montani: 114.
Nota. Nidifica in alcuni massicci al di
sotto dei 1.000 m. Migrazione verticale.
Unico endemismo sardo: Garru/us glan-
145
te protetta (SAR, I, specie cacciabile); biotopi frequentati: Pma, Bo, U; presente nei
seguenti sistemi montani: 3, 6, 7, 8, 9, 10,
12.
Nota. Migrazione verticale invernale.
R-certa; origine turkestano-mediterranea; parzialmente protetta (SAR, I); biotopi frequentati: U, Isp; presente nei seguenti sistemi montani: 114.
Nota. Migrazione verticale invernale.
Famiglia Sturnidae
77. Storno nero Sturnus unico/or
R-certa; origine mediterranea; protetto
(SAR, I); biotopi frequentati: U, Pma,
Bo?; presente nei seguenti sistemi montani: 3, 6, 7,8,9.
Nota. Da confermare per gli altri
massicci. Migrazione verticale invernale.
Famiglia Passeridae
78. Passera sarda - Passer hispaniolensis
146
Famiglia Fringillidae
Sottofamiglia Fringillinae
81. Fringuello - Frin gil/a coelebs
R-certa; origine europea; protetta
(SAR, I); biotopi frequentati: Bo, U; presente nei seguenti sistemi montani: 114.
Nota. Dispersione postriproduttiva.
Sottofamiglia Carduelinae
82. Verzellino - Serinus serinus
R-certa; origine mediterranea; protetto
(SAR, I); biotopi frequentati: U, Bo;
presente nei seguenti sistemi montani: 10.
Nota. Da confermare negli altri sistemi
montani. Dispersione postriproduttiva.
83. Venturone - Serinus citrinella
R-certa; origine paleomontana; protetto
(SAR, I); biotopi frequentati: Pm, Pma,
Ma; presente nei seguenti sistemi montani:
1, 2, 3,4,5,9, 10, Nota. Migrazione verticale invernale. Il
Venturone un endemismo sardocorso: Serinus citrinella corsicana.
84. Verdone - Carduelis chioris
R-certa; origine europeo-turkestana;
protetto (SAR, I); biotopi frequentati: U,
Bo; presente nei seguenti sistemi montani:
3, 6, 7,8,9.
Nota. Migrazione verticale invernale.
85. Cardellino - Carduelis carduelis
R-certa; origine europeo-turkestana;
protetto (SAR, I); biotopi frequentati: Ma,
Pma, Bo, U; presente nei seguenti sistemi
montani: 114.
Nota. Migrazione verticale invernale
86. Fanello - Carduelis cannabina
R-certa; origine europeo-turkestana; protetto (SAR, I); biotopi frequentati: Pm, Ma;
presente nei seguenti sistemi montani: 114.
Nota. Dispersione postriproduttiva.
87. Frosone - Coccothraustes coccothraustes
148
149
Ordine Artiodactyla
Famiglia Suidae
104. Cinghiale - Sus scrofa
R-certa; origine paleartica; parzialmente protetto (SAR, I; specie cacciabile); biotopi frequentati: Bo, Ma, Ro; presente
nei seguenti sistemi montani: 114.
Famiglia Cervidae
105. Daino - Dama dama
R-certa; origine mediterranea?; raro
(SAR); rigidamente protetto (SAR), protetto (I); biotopi frequentati. Bo, Ma; presente nei seguenti sistemi montani: 9, 14.
Nota. Il Daino si estinto da tutta la
Sardegna verso la fine degli anni 60. I
Daini attualmente presenti nella nostra
isola sono stati reintrodotti dallAzienda
Foreste Demaniali della Regione Sardegna
(AFDRS) nei demani forestali di Filigosu
(Oschiri), di Berchidda e di Is Canoneris,
dallIspettorato Ripartimentale delle Foreste di Sassari nella Riserva forestale Arca
di No (Alghero) e dal Comitato Provin-
150
Famiglia Bovidae
107. Muflone - Ovis musimon
R-certa; origine paleartica; raro (CEE,
SAR); rigidamente protetto (SAR), protetto (I); biotopi frequentati: Ro, Ma, Bo,
Pma; presente nei seguenti sistemi montani: 9,10.
Nota. Le Autorit Forestali utilizzando
Mufloni provenienti dallAsinara, hanno
reintrodotto questa specie nel Limbara,
Montiferru, Monte Linas e nella Riserva
Forestale Arca di No.
151
155
156
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AzzAJou A., 1983 - Biogeografia dei Mammiferi della
Sardegna. Lavori della Societ Italiana di Biogeografia.
Vol. VIII, p. 3552.
BRICHETTI P. E MASSA B., 1984 - Check-List degli
Uccelli Italiani. Riv. Ital. Orn. 54, p. 337.
CORBEl, G. E D. OVENDEN, (1985) - Guida dei Mammiferi dEuropa. Padova.
CORBETT K., (ed) 1988 - The Conservation of European Reptiles and Amphibians. London.
FRUGIS S. E SCHENK H., 1981 - Red List of Italian
Birds. Avocetta. 5, p. 133141.
LANZA B., 1983 - Ipotesi sul popolamento erpetologico
della Sardegna. Lavori della Societ Italiana di Biogeo
grafia. Vol. VIII, p. 723744.
157
Premessa
diamenti antichi si ricostruisce la distribuzione, si individuano le distanze reciproche e si definiscono le aree di pertinenza, le
rispettive posizioni gerarchiche, etc.
Si applicano modelli insediamentali,
per lo pi mutuati dalla geografica storica
e variamente rielaborati, come la teoria
della Central Place di Christaller (Johnson
1972; Hodder 1972; Hammond 1972;
etc.), o quella dei Poligoni di Thiessen
(Hodder e Orton 1976). Si utilizza la teoria
della Ranke-size rule e si propongono analisi regressive e modelli gravitazionali
(Hodder 1974).
Inoltre, sulla base del livello culturale e
dello stadio tecnologico reggiunto da una
comunit, della organizzazione dello spazio insediativo e delle risorse potenziali
individuate nel territorio si giunge, attraverso ricerche di carrying capacity, a formulare ipotesi di paleodemografia
(Zubrow 1971).
Non sfugge, tuttavia, che questo indirizzo di studi cos complesso e variegato
che mirava ad una new archaeology, pur
con gli indiscussi meriti che gli derivano
dall avere stimolato e rinnovato in parte
larcheologia tradizionale, ha prodotto non
pochi eccessi di teorizzazione dei fenomeni culturali. Infatti, la ricerca esasperata di
regolarit e la enunciazione dileggi con cui
spiegare i processi socio-economici hanno
portato talora a sopravalutare la validit di
modelli spesso troppo astratti e fuorvianti,
e a penalizzare nel contempo lanalisi dei
dati archeologici.
Va comunque detto che una ricerca archeologica sul popolamento antico di un
territorio, che non voglia limitarsi a descrivere episodicamente alcuni fatti ma intenda
trarre conclusioni significative, non potr
fare a meno dei dati che le scienze naturali
possono fornire per la ricostruzione
dellassetto ambientale, che deve essere, si
badi bene, quello antico e non quello attuale. E inoltre indispensabile che lo stesso
territorio venga indagato in modo sistematico ed esaustivo e che siano disponibili
essenziali dati stratigrafici di mirati inter162
163
164
1. Monte Limbara
La presenza pi antica nel territorio
sembra finora costituita da due vasi e da
vari frammenti fittili di cultura FiligosaAbealzu rinvenuti in localit La Filaschedda, anche se i tafoni di Li Conchi, Fossu di
Lu Selpenti e Monte di Deu potrebbero
restituire testimonianze ancora pi antiche.
Le strutture megalitiche di Monte Lazzaruja e di Stazzo la Rutunda, sebbene di
non facile definizione per il loro pessimo
stato di conservazione e in attesa di dati di
scavo per una loro pi puntuale attribuzione culturale e cronologica, potrebbero
ascriversi fra le muraglie eneolitiche che si
vanno scoprendo in questi anni, soprattutto nella Sardegna settentrionale.
Let nuragica attestata dai protonuraghi Agnu e Monte di Deu, dalla fonte nuragica di Li Paladini e dalla tomba di giganti di Pascaredda; tutti questi monumenti,
ubicati a breve distanza fra di loro, sembrano in stretta relazione culturale.
Il protonuraghe Agnu, a forma di ferro
di cavallo e con roccia affiorante inglobata
165
Pascaredda, a struttura dolmenica con esedra segnata dalla stele centinata, bilitca, e
camera con nicchia per le offerte funerarie.
Ruderi non meglio definiti e resti di
strada romana sono segnalati dal Taramelli in varie localit del territorio di Tempio:
a Ponte Caprioni, Cagghinosa, Multaragna
e Agnatedda. Si tratta per di indicazioni
generiche desunte da notizie pi antiche
che attendono ancora una verifica sul terreno.
166
2. Monte Lerno
Nel Monte Lerno sono finora conosciuti pochi siti archeologici, ad indicare una
frequentazione apparentemente modesta,
mentre, al contrario, almeno alla luce di
architetture di particolare interesse (Sos
Nurattolos) e di reperti di pregio (brocca in
bronzo da nuraghe Ruiu), si pu ipotizzare
una presenza antica ben pi consistente
che potrebbe rivelarsi ad una indagine
sistematica del territorio.
Nel 1988, scavi archeologici, effettuati
presso il nuraghe Lerno al fine di
Fig. 86. Carta archeologica dellarea montana di Monte Leino. I. Complesso Nuragico di Sos Nurattolos (Al dei
Sardi). 2. Nuraghe Monte Pin (Al dei Sardi). 3. Nuraghe Ruju (Budduso). 4. Nuraghe Lerno (Pattada). 5. Materiali
prenuragici presso il Nuraghe Leino (Pattada). 6. Nuraghe Muzzone (Pattada).
167
Fig. 87. Fonte Nuragica di Sos Nurattolos, Al dei Sardi: pianta e sezione.
168
169
170
3. Monte Albo
La domu de janas di Mannu e Gruris
con porta ben scalpellata e quattro celle,
segnalata dal Taramelli nel 1933, sembra
essere finora il monumento di maggiore
antichit accertato nel Monte Albo, mentre
testimonianze
culturali
neolitiche
potrebbero emergere dallindagine stratigrafica dei ripari e delle numerose grotte
pi di 75 quelle rilevate! che si aprono
nella Montagna.
La disponibilit di rifugi naturali, adibiti alla vita, alla morte e al sacro, devono
avere giocato un ruolo importante nella
frequentazione del Monte. Materiali di
cultura Bonnanaro provengono dalla grotta di Parapala e dagli abitati di Duar Vaccas e Conca su Sale, mentre una navicella
di bronzo, spade e pugnali in ferro, vasetti
in bronzo ed unolla fittile contenente 22
pezzi informi di bronzo, ricoperti di patina, furono recuperati nel 1892, insieme
ad altri oggetti, nella grotta di Bona Fraule
di Siniscola. La presenza di materiale pregiato fa pensare che questa grotta fosse
adibita a luogo di culto, perdurato forse
fino ad et medievale (armi di ferro). Una
singolare protome bovina (?) di navicella
nuragica, gi della Collezione Spano ed
ora al Museo di Cagliari, proviene dalla
localit di Bona Frale, quasi certamente
la stessa grotta sopra citata.
Di notevole interesse e destinata al
sacro sembra la caverna di Sa Prejone de
sOrku-Siniscola, mirabilmente ristrutturata in et nuragica. Una scala di 16 gradini con pareti a filari e copertura formata
da lastroni disposti a risega, come nei
pozzi sacri, introduce in due sale ove
presente lacqua sorgiva.
Altre grotte, poi, hanno restituito segni
di frequentazione antica Sa Conca e Sa
Crapa, Saderi, Su Santuariu e talora presentano al loro interno strutture murarie,
oppure, come a Duar Vuccas, una piccola
capanna circolare, di et nuragica, stata
costruita nellarea antistante lingresso
della caverna.
172
4. Monte Gonare
Nel 1927, durante i lavori per la cattura
delle acque della fonte di Sos Malavidos, a
circa 1 km a Sudest di Orani, si rinvenne
una conca naturale scavata nel calcare,
nella quale erano raccolti numerosi vasi a
forma di piccole brocche, pentole, tripodi
dimpasto, bicchieri con manico e a fondo
cribbiato, in rozza pasta malcotta. Nessun
oggetto in bronzo, n metallo. I vasi furono raccolti e portati nel Museo di Cagliari,
in massima parte. Con questi brevi cenni,
il Taramelli segnalava la scoperta di una
fonte sacra lo stesso toponimo Sos
Malavidos (i malati) indicativo delle
virt curative e miracolose attribuite alle
acque di questa sorgente e il recupero di
ceramiche ascrivibili al Bronzo antico
(Cultura di Bonnanaro). Purtroppo, a questa scarna notizia non segu la relazione
pi volte promessa, per cui, andata distrutta la fonte nel corso di quei lavori, non
G.LILLIU, La civilt dei Sardi dal Paleolitico allet dei
nuraghi, ERI, Torino 1988
E.MELIS, Carta dei nuraghi della Sardegna, Spoleto
1967
A.TARAMELLI, La ricerca archeologica in Sardegna,
173
Fig. 90. Carta archeologica dellarea montana di Monte Gonare. I. Fonte Nuragica di Sos Malavidos (Orani). 2.
Ripostiglio di monete a N. S. di Gonare (Orani). 3. Nuraghe Letza (Sarule). 4. Nuraghe Contra e Turre (Sarule). 5.
Nuraghe Losore (Orani). 6. Muraglia megalitica di Losore (Orani).
174
5. Montiferru
Nel Montiferru non si hanno finora
testimonianze di et prenuragica del
tutto probabili, invece, dal momento che
non lontano dallarea esaminata sono scavate grotticelle artificiali e nel territorio di
Tresnuraghes attestato un insediamento
del Neolitico antico mentre appare sufficientemente documentato il periodo nuragico con 19 nuraghi (densit 0,20 per kmq)
e 2 tombe di giganti. Fra questi monumenti, per lo pi demoliti, sono noti i nuraghi
Altoriu e Krasta e le due tombe di giganti
ad essi correlate.
Il nuraghe Altoriu, oggetto di recente di
una accurata revisione planimetrica, un
edificio a pianta ellittica (diam.
15,30/12,40) con altezza massima residua
di m 3,30 ottenuta con blocchi poliedrici di
basalto. Due ingressi, a Est e Sudest,
immettevano in altrettanti corridoi che
introducevano nel vano centrale quello
secondario risulta rialzato rispetto al piano
pavimentale della cella, come fosse una
scala di camera marginato da tre nicchie
disposte a croce. La camera, lievemente
eccentrica, ha un diametro di base di m
3,50 ed una altezza massima residua di m
2,95 sul riempimento.
Il monumento, per alcuni elementi
architettonici e strutturali (presenza di due
ingressi; indice massa/spazio di 2,96 che
mostra il notevole spessore delle murature
rispetto ai vuoti; corridoi a copertura tabuE. CONTU, Il significato della stele nelle tombe di
giganti, Quaderni, 8, Sassari 1978
E. Cow, Larchitettura nuragica, in Ichnussa, Milano
1981
G. LIULIU, Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica, in Studi Sardi, XIVXV, 1957
G. LILLIu, i nuraghi torri preistoriche della Sardegna,
175
176
6. MarghineGoceano
Fra le regioni montane in esame, il
Marghine-Goceano presenta il maggior
numero di emergenze archeologiche, quasi
tutte monumentali: 178 distribuite in unarea di kmq 356 con una percentuale di 0,50
per kmq. Questa particolare densit insediativa pu essere spiegata, per un verso,
con il fatto che gran parte di questo territorio stato oggetto in questi anni di sistematiche e approfondite indagini topografiche, dallaltra per la sua rilevante posizione strategica fra altopiani e pianure a
separare la Sardegna centrale da quella
settentrionale e la sua geomorfologia con
modesti rilievi, brevi vallate, vie naturali,
ricchezza di acque e terreni buoni per i
pascoli e sufficientemente adatti ad una
agricoltura di tipo preistorico.
Per let prenuragica sono attestati i circoli megalitici di Ortachis-Bolotana,
probabili monumenti funerari del Neolitico recente per i quali si attende tuttavia lo
scavo scientifico per una pi sicura attribuzione cronologica e culturale.
Agli stessi tempi ed in parte allEt del
Rame sono da riferire le domus de janas
individuate a Sa Toa, Funtana Lada, Monte
Surdu, Orolo, SUlivariu, etc. Si tratta per
lo pi di ipogei di modeste dimensioni,
isolati o in coppia, in gran parte monocellulari o a due celle, privi di elementi architettonici di rilievo.
Anche le tombe dolmeniche ripropongono monumenti di tipo elementare, ad
indicare una frequentazione del territorio
ancora sporadica ed una economia debole,
legata soprattutto ad una pastorizia transumante.
A partire dal I Bronzo (1800-1500)
anche questa regione partecipa del fervore
culturale che investir la Sardegna fino
alla conquista cartaginese (fine del VI
sec.) e romana (238 a.C).
Si contano, infatti, ben 135 nuraghi, ma
poche tombe di giganti, appena 11, mentre
ancora non sono stati individuati i monumenti di culto tipici dellet nuragica
179
(librai). 109. Domus de janas di Sa Toa (librai). 110. Nuraghe Curzu (lIbrai). 111. Nuraghe Sa Toa(il/orai). 112. Nuraghe Tuvu O(Jiborai). 113. Nuraghe S.Caterina (Bobotana). 114. Tombe romane in loc. SEna e Su Pisanu (librai).
115. Tomba di giganti di Badde e Su Chercu (Bobotana). 116. Nuraghe S.Martinu (Lei). 117. Alle di S.Basiiio
(Bo/otana). 118. Nuraghe Gazza (Bolotana). 119. Domus de janas di 5 Ulivariu (Lei). 120. Tombe romane di Mascarida (Bolotana). 121. Nuraghe Sedda de Mindadorzu (Bobotana). 122. Tombe romane di Sulconis (Bobotana). 123.
Tomba di giganti di Sedda de Mindadorzu (Bobotana) . 124. Nuraghe Cannas (Bobotana). 125. Nuraghe Figu (Bobotana). 126. Nuraghe Mannu (Bo/otana). 127. Nuraghe Su Nuratobo (Bobotana). 128. Nuraghe Ta/ens (Bortigabi).
129. Nuraghe Funtana Codina (Macomer). 130. Nuraghe SImmandradorzu (Bortigali). 131. Nuraghe Aidu Obostru
(Bortigali). 132. Nuraghe Sesugias (Bortiga/i). 133. Tomba di giganti di Cadelanu (Macomer). 134. Nuraghe Pabarile (Bortigabi). 135. Nuraghe Badde Donna (Bortiga/i). 136. Nuraghe Su Nou de Sa Pedramaggiore (Bortigali). 137.
Nuraghe Burgusada (Bortigali). 138. Domus de janas di Giorbere (Bortigali). 139. Nuraghe Su Maiaccorru (Si/anus).
140. Nuraghe Ordari (Si/anus). 141. Domus de janas di Ordari (Sibanus). 142. Nuraghe Oro/io (Si/anus). 143. Tomba
di giganti di Oro/io (Si/anus). 144. Nuraghe S.Marco (Si/anus). 145. Nuraghe Ascusa (Macomen). 146. Domus de
janas di Funtana Lada (Bortiga/i). 147. Nuraghe Ruggiu (Bortiga/i). 148. Nuraghe Tuide (Bortiga/i). 149. Nuraghe
Monte Surdu A (Bortigali). 150. Nuraghe Monte Surdu (Bortiga/i). 15/. Domus De janas di Monte Surdu (Bortigabi).
152. Nuraghe Aidu Entos (Bortigabi). 153. Nuraghe Boes (Bortiga/i). 154. Nuraghe Funtana Lada (Bortiga/i). 155.
Nuraghe Oro/o (Bortigali). 156. Nuraghe Mu/argia (Bortiga/i). 157. Nuraghe S.Barhara (Macomer). 158. Ripari di
Monte Manai (Macomer). 159. Tomba di giganti di S. Barbara (Macomer). 160. Nuraghe Sa Maddalena (Macomer).
161. Nuraghe Nasprias (Birori). 162. Nuraghe Bu/litta (Birori). 163. Nuraghe Pranu e Ruos (Bortiga/i). 164. Nuraghe Coattos (Bortigali). 165. Nuraghe Carrarzu Iddia (Bortiga/i). 166. Nuraghe Tintirnio/os (Bortigali). 167. Nuraghe Corte (Bortiga/i). 168. Nuraghe Serra e Dimine (Burgos). 169. Nuraghe Murei (Espor/atu). 170. Nuraghe Su Zia
A gara (Espor/atu). 171. Nuraghe (Bo/otana). 172. Nuraghe Semestene (Bortiga/i). 173. Nuraghe Luzzanas
(Bortiga/i). 174. Do/men Tuide (Bortigabi). 175. Nuraghe Ottieri (Bortigali). 176. Domus de janas di Orobo (Bortiga/i). 177. Muraglia megalitica di Sa Maddalena (Macomer). 178. Nuraghe Sa Maddalena (Si/anus).
180
181
182
segnalare le torri semplici di Tittiriola-Bolotana, Serra e Nughes-Bortigali, Erimanzanu-Esporlatu ed Arvas-Bono per il fatto che
conservano ancora intatta la cella del piano
terra, mentre di particolare rilevanza architettonica sono i nuraghi complessi di Orolo
e Tintirriolos di Bortigali, S. Barbara di
Macomer e Orolio di Silanus che conservano ancora integre le camere sovrapposte del
piano terra e del primo piano.
Fra i nuraghi complessi, ad addizione
concentrica, sono da segnalare quelli trilobati di Tilariga-Bultei, S Unighedda-Foresta Burgos e il pentalobato di S Ena e S
Iddaro o sa CostaForesta Burgos.
Il nuraghe Tilariga merita poi particolare attenzione per il fatto che conserva
ancora in situ alcuni mensoloni che dovevano reggere il ballatoio terminale della
torre, come documentato in numerosi
modellini di nuraghi.
II nuraghe SUnighedda una
costruzione a due piani su pianta forse trilobata. Presenta nel piano inferiore della
184
185
7. Sardegna centroorientale
Tracce di linee di riva e indizi di nuclei
umani pleistocenici vennero riconosciuti
dal Blanc sulla costa di Dorgali, ed in particolare a Cala Sisine, nella grotta di Ziu
Santoru, a Cala Ilune, sulla scogliera e
nelle cavit di Monte Santu e nella Grotta
del Bue Marino, ove, al di sotto di una
spessa pavimentazione stalagmitica, vennero alla luce i resti di un focolare associati a fauna endemica fossile pleistocenica.
A quelle prime osservazioni non seguirono, purtroppo, indagini pi approfondite,
che ora alla luce delle pi recenti scoperte
del Paleolitico dellAnglona e dei rinvenimenti nella Grotta Corbeddu di Oliena, si
rendono pi che mai indispensabili.
Non si hanno nel territorio prove materiali del Neolitico antico e medio: unassenza solo casuale, dovuta al fatto che non
si sono ancora esplorate le numerose grotte
di una regione che presenta un carsismo
particolarmente accentuato dal momento
che pressoch in tutte le centinaia di cavit naturali, si evidenziano tracce di presenza umana (SANGES 1985, p.619, nota 1).
La cultura di Ozieri rappresentata
finora da un vaso biconico dalla grotta di
Sos Sirios e da un frammento dalla Grotta
del Bue Marino, mentre vasetti a cestello e
ciotoline sono stati ritrovati in una piccola
cavit a Sos Dorroles. La dormi de jana di
Coa de Campus (Baunei), frugata in antico come segnalava Taramelli, ed altre
grotticelle artificiali individuate a circa
186
188
189
190
8. Monti di Oliena
Estese
indagini
topografiche,
esplorazioni speleologiche e fortunati
interventi di scavo registratisi soprattutto
in questultimo decennio hanno consentito di ampliare in misura notevole il quadro delle nostre conscenze su un territorio
che gi ad un esame della Carta archeologica del Taramelli, del 1931, appariva particolarmente ricco di testimonianze
archeologiche. I dati finora disponibili
documentano la presenza di insediamenti
umani a partire dal Paleolitico superiore
fino alla tarda et romana.
Particolare importanza rivestono in
questo quadro le numerose grotte e ripari
naturali di cui il territorio ricco Rifugio, Gonnagosula o del Guano, Sa Oche,
Su Bentu, Su Benticheddu, Sas Furmicas,
Corbeddu, Tiscali, etc. per avere restituito materiali e significative sequenze stratigrafiche.
La Grotta Corbeddu di Oliena, nella
valle di Lanaittu, a breve distanza dal complesso idrogeologico di Sa Oche-Su Bentu,
interessata da scavi scientifici a partire dal
1982 da parte della Universit di Utrecht,
ha restituito contesti stratigrafici del pi
alto interesse, sia sotto laspetto paleontologico Megaceros Cazioti, Cynotherium
Sardus, Pro/a gus Sardus che paletnologico. Infatti, sono stati ritrovati, in associazione con faune plestoceniche estinte, i pi
antichi resti umani (un temporale ed un
191
tafone.
La presenza romana attestata da materiali rinvenuti in grotte, nuraghi, villaggi e
tombe di giganti, a conferma della continuit di vita nelle antiche sedi di insediamento e di sepoltura. Mancano, invece,
strutture e monumenti che possano essere
attribuiti al periodo fenicio-punico, romano o altomedievale.
Il solo oggetto finora riferibile al
mondo fenicio-punico un eccezionale
esemplare di pilgrim flask o fiasca del
pellegrino raccolto in frammenti nel villaggio di Ruinas. Si tratta di una delle classi vascolari propriamente fenicie maggiormente rappresentate a Cipro dal periodo
geometrico (1050-850) al VI sec. a.C. e
viene perci talvolta definita cipriota.
Pochi elementi documentano la continuit di vita in et romana e quasi tutti
sono di et imperiale, per cui si potrebbe
ipotizzare una flessione nella densit
demografica in et repubblicana. Il pezzo
pi significativo ed anche il pi antico riferibile a questo periodo proviene anchesso
dal villaggio di Ruinas e consiste nella
parte superiore di un vaso in lamina bronzea con due anse a maniglia che si colloca
nel IT sec. a.C.
193
9. Gennargentu
Il ritrovamento di ossidiane sul Monte
Spada, a circa 1400 metri di quota, attesta
uno sfruttamento dei pascoli estivi di montagna fin dal Neolitico recente: un periodo,
peraltro, documentato nel Gennargentu
dalle domus de janas di Badde Cheia, Oroseguro e Silacaccoro. Nella necropoli di
Silacaccaro quattro ipogei di forma semplice e con cella preceduta da vestibolo
lincontro fra ipogeismo e megalitismo si
coglie in una tomba il cui ingresso preceduto da un corridoio dolmenico.
Se allo stato delle nostre conoscenze la
frequentazione della regione in et prenuragica appare ancora sporadica e legata, forse,
alla transumanza pi che alloccupazione
stabile delle aree montane meno favorevoli
alla vita, ben pi ricca ed articolata essa si
presenta nel periodo dei nuraghi. Torri sem-
194
118121
195
196
198
Fig. 105. Carta archeologica dellarea montana di San Basilio. I. Nuraghe Palai (Olzai). 2. Riparo sotto roccia di
Conca Fravih (Ollolai). 3. Pozzo sacro (?) di S.Basilio (Ollolai).
199
200
201
Fig. 109. Carta archeologica del Monte Arbu. I. Nuraghe Anul (Seui). 2. Nuraghe Cercessa (Seui). 3. Complesso
nuragico di Taccu Addai (Gairo). 4. Nuraghe Nurasolu (Ussassai). 5. Nuraghe Nuraxi o Useligis (Ussassai). 6. Nuraghe Su Casteddu Ioni (Ussassai).
202
203
204
205
206
Fig. 115. Carta archeologica del Monte Linas. i. Nuraghe Nuraxi di Togoro (Gonnosfanadiga). 2. Santuario di Antas
(Fluminimaggiore). 3. Villaggio nuragico di Matzanni (Villacidro). 4. Templi a pozzo di Matzanni (Villacidro). 5. Tempietto punico di Matzanni (Villacidro).
207
209
212
storali di legno, campanacci. Mentre invece da centri non montani che provengono gli oggetti tradizionali delle arti del
fuoco: da Isili arrivano ancora dappertutto,
per le sagre, oggetti di rame, e dai paesi
intorno a Oristano si irradiano i venditori
di terrecotte, che qui trovano il massimo
sardo di specializzazione.
3. Cercando di nominare i pi noti santuari campestri delle zone montane si rischia di fare troppe omissioni importanti,
soprattutto perch i criteri di valutazione
possono essere molto eterogenei. Non
bisogna infatti dimenticare che sono molto
rari i paesi sardi che non abbiano una loro
sagra campestre. Non sono pochi i paesi
anche piccoli che hanno due o tre santuari
campestri con relativa festa, con o senza
soggiorno di novenanti in cumbessias.
Basti per tutti lesempio di Ghilarza, che
ha tre sagre campestri con soggiorno di
novenanti: San Michele (8 maggio), San
Giovanni (24 giugno), Maria Ausiliatrice a
Trempu (8 settembre), San Serafino sul
monte omonimo di fronte alla valle del
Tirso oggi invaso dellOmodeo (ultima
domenica di ottobre); e non manca nemmeno la sagra campestre di luglio, quella
di San Palmerio. Per non citare anche il
casi di Bitti, che nella localit Babbu
Mannu conta ben cinque chiese campestri,
e inoltre presso la piccola frazione di
Gorofai si celebra (il 30 settembre) la festa
di Nostra Signora del Miracolo, sul poggio
omonimo con santuario, non meno
frequentato del santuario di sAnnossata,
in comune di Lod, sul margine settentrionale dellaltopiano di Bitti.
Pu succedere che oggi in questi casi
non si badi ai segni evidenti che queste
sagre sono prima di tutto feste di umilt
religiosa, di ringraziamento, dimpetrazione di grazia. Si tratta di luoghi di preghiera, di sacrifici ostentati nella fatica del pellegrinaggio, soprattutto in altri tempi di
devozione pi esteriore. Allora anche il
bandito trovava diritto dasilo nel santuario campestre durante la festa, luogo neu220
re sul suo essere parte della natura, e perci ha iniziato a celebrarne e a sacralizzarne utilit e bellezza, immaginandola animata da esseri coi suoi stessi sentimenti e i
suoi stessi bisogni. E si faccia quindi di
queste grandi scampagnate, in abiti antichi
o in pi comodi abiti del moderno andare
per boschi e per montagne, un nuovo Cantico delle Creature, la festa sarda dellecologia, dellamore protettivo per la natura,
che per ogni credente dono di Dio preliminare e non da meno di quello della
redenzione cristiana.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
FRANCESCO ALZIATOR, Il folklore sardo, Cagliari,
1957.
GIULIO ANGIONI, La cultura tradizionale, in La Sardegna: encicloclopedia a cura di Manlio Brigaglia,
Cagliari, 1982, vol. Ii, La cultura popolare.
AA. Vv. (a cura di Giulio Angioni e Antonello Sanna),
Lachitettettura popolare in Italia: Sardegna, Bari 1988.
MARIO ATZORI, Cavalli e feste. Tradizioni equestri
della Sardegna, Sassari, 1988.
A. CADINU, Il villaggio assente, in Aa.Vv. (a cura di G.
Angioni e A. Sanna), Sardegna, della serie Larchitettura popolare in Italia, Bari, 1988.
SALVATORE CAMBOSU, Miele amaro, Firenze, 1954.
CLARA GAwNI, Il consumo del sacro :feste lunghe di
223
Fig. 122. Le attivit pastorali nelle montagne sono testimoniate da tempi antichissimi, legate alla presenza dei villaggi nuragici come quello di Gorropu nel Supramonte.
Non fosse che per questo, comprensibile e perfino ovvio che specialmente nella
Sardegna interna a volte si rimpiangano gli
aspetti di un passato finito da pochissimo
ma gi cos remoto: i tempi dellinfanzia di
chi oggi adulto o anziano sono distanti e
diversi come mai accaduto in passato.
Ma a proposito di atteggiamenti verso la
tradizione che scompare e la modernit che
sopraggiunge, non raro il giudizio manicheo: per cui il bene a volte pu essere
visto solo nella tradizione e il male nei
mutamenti gi consolidati o che si annunciano; oppure, viceversa, il male pu essere visto nella tradizione locale e il bene
solo in ci che ci viene da fuori; purch sia
un fuori nordoccidentale, e non quel tanto
dAfrica che arriva ormai anche nei paesi
un tempo pi isolati e impervii delle Barbagie e dellOgliastra. difficile negare che
ci siano buone ragioni per atteggiarsi sia
nelluno sia nellaltro modo, n c da
228
In territori come quelli dei comuni di Desulo, Fonni, Gavoi, Tonara e altri del massiccio del Gennargentu, lorticoltura stagionale
aveva una sua notevole importanza economica e sociale, tanto pi che si trattava per lo
pi di unattivit, di un compito prettamente
femminile. A questo proposito significativo notare che i terreni orticoli passavano in
eredit per linea femminile, mentre il gregge passava in eredit per linea maschile
(Murru Corriga, 1988). Oggi, di queste zone
un tempo fittamente coltivate a orto, pi o
meno distanti dagli abitati soprattutto in
ragione della presenza di fonti o di corsi
dacqua, oltre che in ragione dalla qualit
del terreno, non resta molto di pi che il
ricordo e qualche traccia nella toponomastica locale (Caltagirone 1988).
Il paese pi grosso della montagna
sarda, Nuoro, capoluogo della Sardegna
pastorale, fino a pochi decenni addietro
mostrava in modo chiaro nella sua struttura urbanistica, tripartita in rione borghese
signorile, rione pastorale e rione contadino, la convivenza delle due principali attivit dei sardi anche di montagna, cio
della pastorizia e dellagricoltura. Si trattava di una convivenza con specificazioni
locali tipiche, sebbene non esclusive di
Nuoro, che si componeva socialmente e
urbanisticamente di una borghesia impiegatizia e proprietaria terriera e armentizia,
di una contadinanza quasi diseredata e del
ceto dei pastori di San Pietro in posizione
egemone e di maggior prestigio rispetto ai
contadini del rione di Seuna.
Struttura sociale analoga, sebbene non
altrettanto urbanisticamente riconoscibile,
possiamo trovare a Fonni, che presentava
fino a pochi anni addietro una sua distinzione tripartita tra un piccolo ceto signorile, i sennores, possessore della maggior
parte delle terre e del bestiame, e il ceto dei
brat hallos, comprendente pastori (pastores) e contadini (mathargios) pi o meno
direttamente dipendenti dai sennores
(Murru Corriga, 1988).
Se la pastorizia prevalentemente brada
era ed sempre pi caratteristica e
229
specializzazione della montagna, la montagna sarda era anche, un tempo non pi lontano di una quarantina danni, fornitrice per
lintera isola dei frutti e dei manufatti di
legno del castagno, del noce e del nocciolo,
per cui erano rinomati i centri di Desulo,
Tonara (da Tonara provengono ancora molti
dei campanacci per animali del gregge e
della mandria), Aritzo, Gavoi e alcuni altri.
Di queste specializzazioni arboricole e artigianali del legno resta ormai poco, come
ovvio, se non labitudine al commercio
ambulante del torrone e di altri prodotti non
locali per fiere e sagre di tutta lisola.
Trattando di fiere si gi accennato a
un altro prodotto tipico della montagna, la
neve per i sorbetti, per la carapigna.
Specialmente nel territorio di Aritzo si
conservava la neve in buche e in altri
depositi (domos de sa nie o neveras) e
veniva usata poi destate per la confezione
di questi sorbetti, per lo pi a base di acqua
ghiacciata, di zucchero e di limone. Risulta tra laltro che ad Aritzo tre sardi intraprendenti nel 1636 ottennero la concessione per limmagazzinamento e il commercio di questa neve conservata in profonde buche (Boscolo, Bulferetti, Del
Piano 1962, 23-23).
Finite ormai del tutto le attivit tradizionali dei carbonai (indigeni e toscani in particolare), che nei boschi di montagna hanno
trovato dappertutto, dalla Gallura al Sulcis,
i contesti ecologici pi adatti alla loro attivit, ancora oggi la montagna, anche in Sardegna, , o stata fino a pochissimi anni addietro, il luogo pi proprio di attivit preagricole e prepastorali residue, come la caccia, luccellagione e la raccolta di frutti vegetali e di piccoli animali selvatici. La caccia grossa al cinghiale (Padiglione, 1989),
al cervo e al muflone, stata in Sardegna, in
tempi storici, attivit quasi esclusivamente
montana e, fatte salve le migliori cognizioni specialistiche dei cacciatori, di tutta la
montagna sarda. Ma anche luccellagione
stata (ed ancora sotto forma di bracconaggio pi o meno tollerato) attivit di conoscitori della montagna. Luccellagione per la
230
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
GIULIO ANGIONI, I pascoli erranti: antropologia del
pastore in Sardegna, Napoli, Liguori, 1989.
GIULIO ANGI0NI, Tutti dicono Sardegna, Cagliari,
Edes, 1990.
GIULIo ANGIONI e A. SANNA, introduzione a Sardegna della serie Larchitettura popolare in Italia, Bari,
Laterza, 1988.
OSVALDO BALDACCI, La casa rurale in Sardegna,
Firenze, Olschki, 1952.
ALBERTO BoscoLo, LUIGI BULFERETrI, LORENZO
DEL PIANO, Profilo storico-economico della Sardegna
dal ritbrmlsmo settecentesco al Piano di Rinascita,
Padova, Cedam, 1962.
BENEDETTO CALTAGIRONE, La montagna coltivata,
in Aa.Vv.(a cura di G. Angioni e A. Sanna, Sardegna,
della serie Larchitettura popolare in Italia, Bari, Laterza, 1988. BENEDETTO CALTAGIRONE, Animali perduti: abigeato e scambio sociale in Barbagia, Cagliari,
Celt, 1989.
MARIA GABRIELLA DA RE, Gli orientamenti della
Scuola Positiva di Diritto Penale nella Antropologia
delle classi povere di A. Niniceforo, in Annali della
Facolt di Magistero, quaderno n.3, Cagliari, 1978.
MAURICE LE LANNOU, Pastori e contadini di Sardegna, trad. it., Cagliari, Della Torre, 1979 (Tours 1941).
234
BENEDETTO MELONI, Famiglie di pastori: continuit e mutamento in una comunit della Sardegna Centrale (19501970), Isre e Rosemberg & Sellier, Torino 1984.
GIANNETFA MURRU CORRIGA, Case e .famiglie
della montagna pastorale, in Aa.Vv. (a cura di G. Angioni e A. San
na), Sardegna, della serie Larchitettura popolare in Italia, Bari, Laterza, 1988.
GIANNETFA MURRU CORRIGA, Uccellagione e confezione delle grive a Capoterra, in Brads, nn. 8-9,
Cagliari, 1980.
GIANNETTA MURRU CORRIGA, La tenderie aux grives en Sardaigne, in Etudes rurales, nn. 8788, 1982.
GIANNETTA MURRU CORRIGA, Lavoro e tempt)
libero: le attivit venatorie nella Sardegna tradizionale,
in La ricerca folklorica, n. 9, Milano-Brescia 1984.
ALFREDO NIcEF0R0, La delinquenza in Sardegna,
Palermo, 1897.
ANTONIO PIGLIARU, Il banditismo in Sardegna,
Roma, Giuffr, 1970.
VINCENZO PADIGLIONE, Il cinghiale cacciatore:
antropologia simbolica della caccia in Sardegna, Roma,
Armando, 1989.
MICHELANGELO PIRA, La rivolta delloggetto;
antropologia della Sardegna, Roma, Giuffr, 1978.
res (Siniscola), laddove al contrario loronimo M. Nurra di Nughedu S. Nicol, Sassari presenter nrra nel significato complementare e opposto di mucchio di
sassi.
Le grotte e le cavit naturali
(plcia,pscia <*SpEcLA) che li contraddistinguono danno il nome al M. Pelciosu
(Monti), al M. sa Pescia (Siligo) e al M.
Breccas (Donori), come pure al M. Nizzu
(Torp), da nIttsu nicchi (DEs,II,166) e
al M. Gruttas (Tertenia, Villaputzu). Invece gli oronimi M. Toveddu (Luras), M. sa
Tuvedda (Al dei Sardi), M. Tuvonan
(Cuglieri) e M. Tuvulu Majori (Arzachena) continueranno, come derivati, tvu
cavit, burrone (DEs,II,539), se non
anche tvulu sughero non atto ad essere
lavorato e tvu macchia, prunaio
(DEs,II,540).
In alcuni casi le pareti del rilievo
presentano laspetto di un muro, di un
bastione, o il monte stesso conserva tracce
di qualche costruzione antica: M. Muradu
(Bortigali, Bosa), M. Murale (Pozzomaggiore), M. Muros (Cargeghe, Osilo, Ossi,
Sennori), M. Muratto (S. Nicol Gerrei),
M. su Bestione (Monteleone Roccadoria).
6. Innumerevoli sono i nomi dei monti
composti con la parola per pietra
(ptra,pdra, prda < PETRA) ed i suoi
derivati. Nellimpossibilit di elencarli
tutti, ci limitiamo a tratteggiarne la tipologia denominativa.
Mentre il tipo di base M. sa Perda
piuttosto sporadico (Guspini, S. Anna
Arresi), la denominazione oronimica precisa solitamente, con un aggettivo attributivo o con una specificazione, la qualit e
la natura della pietra: lunghezza: M.
Pedra Longa; ampiezza: M. Perda
Lada; grandezza: M. Pedra Majore;
colore: M. sa Perdarba, M. sa Perda
Bianca, M. Pedra Niedda, M. Pedra Ruja;
posizione: M. Pedra Fitta < FICTA
(cio conficcata nel terreno, come i menhirs), M. Pedra Cassa (cio, disposta a
dolmen); presenza di fori: M. Pedra Pertusa; forma: M. Pedra e Quaddu (kwd-
M. Entosu di Nulvi e Teulada. In particolare quella al vento di levante evidenziata nei nomi del M. Levanti di Assemini e
del M. Levante di Luogosanto.
Lincombere frequente della nebbia
(nula < NEBULA) rimarcato esplicitamente dal nome del M. della Neula di
Calangianus, mentre laddensarsi delle
nubi, paragonate al fumo, la probabile
causa delloronimo M. Fumai di Orgosolo,
che difficile separare dal tipo Punta
Fumosa di Berchidda e Nuoro.
La facilit con cui si manifestano fenomeni temporaleschi, accompagnati da
lampi, sottolineata metaforicamente nel
tipo oronimico monte della lampada: M.
Lampara Manna < LAMPAS, ADA (S.
Vito), M. Flacca < *FLACCA (Santadi) e
forse anche M. Lattias (Assemini), se da
lntia lampada dargilla, per olio (DES,
11,10), con assimilazione nt >tt molto frequente nella parlata rustica, piuttosto che
da lttia lattuga, semanticamente poco
giustificato.
Il frequente formarsi di nubi presso le
loro sommit ed i repentini mutamenti del
tempo che li caratterizzano meritano ai
monti la denominazione di irati: M. sira
(Giba, Teulada, S. Anna Arresi), M. Iradu
(Ossi, Ploaghe, Un), M. Airadu (Bonorva,
Monteleone Roccadoria, Montresta), M.
Crastu airadu (Codrongianus), per quanto
sia possibile pensare anche a GYRATUS
girato. Anche per ci, il monte pu incutere paura, come il M. Paurosu di S. Nicol dArcidano, o addirittura pu far venire
la pelle doca, come il M. Ulpilosu <HORRIPILARE (Tempio).
Per il resto, il monte pu essere
ombreggiato, come il M. Ombroso di S.
Teresa di Gallura, oppure soleggiato, come
il M. Sulianu di Tempio.
Che, infine, la parte in cui vi rigoglio
di vegetazione e dove, appunto per la
favorevole esposizione, sono possibili le
colture, fosse detta dstra <DEXTRA,
come altrove nella terminologia orografica
italiana, p. es. in Basilicata, dimostrato
dal nome del paese di Montresta a setten247
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BALDACCI O., Termini geografici dialettali sardi, in
Bollettino della R. Societ Geografica Italiana, anno
(1955), pp. 401442.
DAUZAT A., Dictionnaire tymologique des noms de ri
vires et des monta gnes en France, avec la collaboration
de G. Deslandes, revu et corrig par Ch. Rostaing, Paris
1982.
DE FELICE E., Le coste della Sardegna. Saggio
toponomastico storicodescrittivo, Cagliari 1964.
HUBSCHMID J., Palosardische Ortsnamen, in Atti e
Memorie del VII Congresso Internazionale di Scienze
Onomastiche, vol. 11, parte seconda, Firenze 1963, pp.
145180.
PAULIS G., I nomi di luogo della Sardegna, I, Sassari
1987.
248
PAULIS G., Ha origini arcaiche la toponomastica montana, in Aa.Vv., Sardegna. Luomo e le montagne, Cinisello Balsamo 1985, pp. 227234.
PAULIS G., Osservazioni toponomastiche sul sostrato
pre-romano della Sardegna, in Atti del 1 Convegno di
studi Un Millennio di relazioni tra la Sardegna e i Paesi
del Mediterraneo, Cagliari 1986, pp. 1721.
PAULIs G., Problemi di idronomastica paleosarda, in
Atti del 2 Convegno di studi Un millennio di relazioni
tra la Sardegna e i Paesi del Mediterraneo, Cagliari
1987, pp. 337352.
SALIS G. B., Orgosolo. Tra storia e mito, Cagliari 1990.
WAGNER M. L., La lingua sarda, Berna s.d. [ma 1951].
WAGNER M. L., Dizionario Etimologico Sardo, IIll,
Heidelberg 1964.
insieme a gran parte della loro popolazione, mentre gli abitanti superstiti si concentrarono nelle maggiori citt e nei villaggi
circostanti che per fortunate circostanze
(in particolare per la posizione geografica
che offriva maggiori possibilit di difesa
da attacchi o da pestilenze) subirono in
minor misura queste devastanti vicende.
Da attente stime della documentazione
nota sembra che in questo periodo la popolazione sarda abbia perso per le avversit
dellultimo medioevo circa il 50% dei suoi
effettivi, difficilmente rimpiazzabili per la
posizione dellisola distante dalle coste
dellEuropa continentale e quindi tagliata
fuori dai flussi migratori che interessarono
viceversa gran parte del Continente.
Alle soglie dellet moderna dunque, la
situazione dellantropizzazione sul territorio sardo risult profondamente mutata
rispetto al periodo precedente. Si assistette
infatti ad un fenomeno che in qualche
misura possiamo definire di urbanizzazione, con labbandono di vasti terreni
agricoli ed il netto prevalere del pascolo e
della cerealicoltura estensiva, in questo
ricalcando analoghe esperienze vissute in
periodi pi o meno vicini, da altre regioni
del Mediterraneo. La redistribuzione degli
abitanti allinterno del vasto territorio fu in
qualche modo condizionata da due fattori
di estrema importanza: il primo lincalzare
della pirateria barbaresca che comp per
alcuni secoli, con grande continuit, uninfinit di scorrerie sulle coste sarde; il
secondo il dilagare del paludismo (legato
al particolare regime idrografico di vaste
aree della regione ed insieme allabbandono della agricoltura) che port come
conseguenza il proliferare della malaria.
Questi avvenimenti combinati, che si
voluto ricordare in dettaglio perch fondamentali nella ricostruzione dei flussi di popolazione, incisero in maniera determinante anche sullassetto antropico delle nostre
localit montane, che subirono variamente
limpatto degli avvenimenti. Sintetizzando
si pu affermare che ebbero a soffrire un
calo nettissimo di paesi e di abitanti
versa di ovili isolati. Ma talora questi sentieri lungo i quali erano spesso dislocate
chiesette rurali e cappelle votive (particolarmente numerose sul Linas descritto dal
Corbetta, viaggiatore ottocentesco) erano
anche punto darrivo di feste paesane
(arricchite spesso dalla partecipazione di
fedeli provenienti anche da lontano) che si
svolgevano attorno a luoghi di culto che
limmaginario popolare o la piet di singoli individui avevano innalzato in luoghi
talora impensabili, in ricordo di eventi
memorabili o semplicemente per rammentare la presenza immanente delleterno
nella miseranda vicenda umana: per tutti
non si pu non citare il caso emblematico
del santuario di Monte Gonare, certamente
uno dei luoghi di culto pi cari alle popolazioni dellintera Sardegna.
In tempi a noi pi vicini, tra Ottocento
e Novecento, il rapporto tra uomo e montagna profondamente mutato: il ripetersi
ineluttabile anche ai nostri giorni, di consistenti fluttuazioni di popolazione questa
volta verso le coste, ormai nettamente
favorite, provoca un consistente calo
demografico delle aree interne dove sembra in molti casi cadere anche il rapporto
privilegiato, dominante in taluni casi, con
terreni di montagna forse marginali, ma
comunque fondamentali per secoli nelle
vicende di sopravvivenza di gran parte di
quelle popolazioni. Sembra in questultimo scorcio del secolo svuotarsi persino
gran parte degli ovili di aree pastorali per
eccellenza (si veda per tutte ancora quella
del Supramonte di Orgosolo) dove il rapporto uomo-montagna era nettamente privilegiato sino a pochi anni or sono. Tuttavia la rinnovata attenzione verso luoghi
che sono stati descritti fino ai nostri giorni
come ultimi baluardi di una natura
considerata, peraltro spesso a torto, incontaminata, a breve distanza da realt che
presentano modificazioni sostanziali dellassetto ambientale del territorio, permette di configurare una prospettiva di sviluppo basata su un intelligente utilizzo delle
risorse dellambiente, pi che su una sel255
*Questo saggio, che illustra in dettaglio gli aspetti trattati in generale, stato prodotto nellambito di uno studio
sulle aree parco della Provincia di Sassari, che si ringrazia per averne concesso lautorizzazione alla stampa.
256
anche dalle ben note carenze demografiche) di terreni che raramente oltrepassano i sei-settecento metri di quota:
oltre tale altezza in un ambiente, come lo
descrive ancor oggi una relazione dellERsAT, tra i pi impervi, caratterizzato da
suoli di debole potenza e fertilit, elevata
pendenza, frequente rocciosit, presenza
di macchia foresta ove domina un clima
ventoso ed una piovosit concentrata nei
periodi invernali, soltanto qualche ovile
persiste in una sporadicit che conferma la
regola.
Le carte catastali pi antiche, che partono poi dalla met dellOttocento (periodo
da noi non eccessivamente distante in termini temporali, ma di enorme importanza
perch, posto al confine tra Et Moderna e
Contemporanea permette di comprendere
levoluzione del Novecento spaziando
contemporaneamente sul pi lontano Settecento) ci offrono un quadro notevolmente interessante della situazione.
In una delle vette pi elevate del
Limbara, la punta Bandiera, si incontravano i confini comunali dei centri che sulla
montagna detenevano (e detengono) i
maggiori territori: Berchidda, Calangianus
e Tempio, mentre Oschiri occupava una
limitata ma pur sempre interessante fascia
del versante occidentale ed il piccolo centro di Nuchis, ora frazione di Tempio, ma
nellOttocento comune autonomo, si ritagliava una porzione pi limitata tra il
Monte di Deu ed il Monte Bianco, grosso
modo nella posizione occupata in parte
dallattuale zona industriale dellalta Gallura.
Talune carte catastali esaminate, ma anche alcune pi antiche fonti darchivio,
parlano di conflitti tra i villaggi confinanti, proprio per lattribuzione di limiti territoriali contestati. In particolare sul versante orientale nella fertile Nulvara, assegnata
sin dal 1613 dal feudatario del Monte
Acuto a Berchidda, ma spesso utilizzata
anche da Calangianesi, Montini ed Oschiresi che vi pascolarono il bestiame, ma vi
costruirono anche abitazioni con annesse
257
260
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
La documentazione archivistica conservata presso
gli Archivi di Stato della Sardegna di grande utilit per
la ricostruzione delle vicende del territorio. Si vedano in
particolare, oltre gli atti notarili delle diverse epoche e
localit, i documenti relativi ai primi catasti:
- Tavolette De Candia e processi verbali di delimitazione dei terreni.
- Mappe terreni e sommarioni del vecchio catasto.
- Si vedano inoltre le accurate carte I. G. M. a partire dalla fine dellOttocento.
Per quanto concerne luso promiscuo dei territori
di due o pi paesi contigui e le liti conseguenti, cfr. i
numerosissimi fascicoli processuali dellet moderna in
Archivio Stato Cagliari, Reale Udienza civile, varie cartelle.
Si vedano infine le seguenti pubblicazioni:
A.A.V.V., Sardegna. Luomo e le montagne, Cinisello
Balsamo, 1985.
ANGIUS V., IN CAsALI5 G., Dizionario geografico,
storico statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re
di Sardegna, Torino, 183356, varie voci.
ASOLE A.T., PRACCHI R., Atlante della Sardegna,
Roma, 1971.
BOFARULL y MASCARO P., Coleccin de documentos ineditos del Archivo general de la Corona de Aragn.
Repartimiento de Cerdend, Barcelona, 1856.
DAY i., Uomini e terre della Sardegna coloniale. XIIXVII! secolo, Torino, 1987.
FARA I.F., De Chorographia Sardiniae, Torino, 1835.
LE LANNOU M., Ptres et paysans de la Sardaigne,
Tours, 1941.
SELLA P., Rationes decimarum italiae. Sardinia, Citt
del Vaticano, 1945.
261
Premessa
viene sottoposta ad utilizzazione praticamente continua nel corso dellanno;lattivit vegetativa risulta invece concentrata in
due periodi, lautunno e la primavera con
una forte concentrazione della produzione
in questo periodo (circa il 70% sul totale).
Le basse temperature agiscono da fattore
limitante nel tardo autunno ed in inverno,
riducendo drasticamente lattivit vegetativa del cotico erboso in questo periodo. Il
contrasto tra disponibilit e fabbisogni alimentari degli animali contribuisce al
degrado del cotico erboso che risulta sottoposto per lunghi periodi al sovrapascolamento, mentre per brevi periodi si ha una
sovrabbondanza di disponibilit del pascolo che favorisce la scelta delle essenze pi
pabulari da parte degli animali, consentendo cos la diffusione delle essenze poco
appetite e rifiutate. Le cotiche naturali non
degradate e bene utilizzate portano sempre
ad un miglioramento delle caratteristiche
fisiche e chimiche dei terreni in conseguen266
Limiti di utilizzazione,
cause di degrado e possibilit di
miglioramento
Gli interventi sui pascoli per mantenere
buoni livelli produttivi sono limitati e
spesso controproducenti. Con gli incendi e
menta sulle aree bruciate, per cui si ostacola la normale andata a seme delle foraggere pabulari e nellarco di qualche anno si
ritorna alla situazione precedente al passaggio del fuoco.
Danni ancora maggiori si hanno quando
si ricorre alluso dellaratro sui terreni in
pendio, con lintento di distruggere la flora
infestante e di insediare un cotico pabulare; le intense precipitazioni autunnali possono provocare imponenti asportazioni del
terreno arato, nel periodo che intercorre tra
la semina e la nascita delle foraggere, sono
possibili asportazioni sino ad un centinaio
di metri cubi di terreno per ettaro, che
determinano una riduzione della profondit dei suoli e contribuiscono a turbare lequilibrio delle zone a valle.
Quando la pendenza, la pietrosit e la
rocciosit affiorante non impediscono
luso dei mezzi meccanici, il decespugliamento pu essere fatto proficuamente con
i mezzi meccanici ricorrendo anche allinfittimento artificiale quando leccessiva
copertura arbustiva ha fortemente compromesso il cotico erboso.
267
utilizzare un gran numero di essenze arbustive ed arboree oltre alle essenze erbacee e
in particolare le graminacee. In molte situazioni per, la carenza di pascolo erbaceo
porta ad una pressione di pascolamento
eccessiva sugli arbusti che compromette lo
sviluppo di una formazione arborea soddisfacente. Tra gli arbusti solo alcuni sono
pascolati in tutte le stagioni, inoltre si ha
una variazione dei rapporti foglie/steli o
semi/foglie e queste diverse parti delle
piante presentano appetibilit diversa (i
semi sono preferiti alle foglie e queste agli
steli). Nei mesi in cui il pascolo erbaceo
non produce, gli animali utilizzano queste
270
La salvaguardia e la valorizzazione
Basandosi sui risultati sinora ottenuti,
per evitare un ulteriore degrado, necessaria una politica di gestione delle aree a
rischio che limiti gli usi civici e vieti interventi aratori nelle aree in forte pendio.
necessaria una accurata valutazione
della potenzialit produttiva dei pascoli per
uniformare i carichi, vietando, temporaneamente qualsiasi tipo di utilizzazione nelle
aree a rischio in modo da favorire una naturale inversione di tendenza, che consenta
272
linsediamento delle essenze erbacee arbustive ed arboree anche con interventi di ripristino artificiale.
Il successo di una qualsiasi iniziativa
volta a valorizzare le aree a pascolo di collina e di montagna condizionato quindi
da una successione di interventi che vanno
dagli apporti di fertilizzante al controllo
delle infestanti, dagli infittimenti artificiali o naturali al turno e alladeguamento dei
carichi in relazione alle effettive condizioni di produttivit.
La ricerca e la sperimentazione hanno
gi individuato idonee forme di interventi,
ma i risultati saranno inutili se non si attueranno adeguati strumenti divulgativi e normativi; sterile mettere a punto le pi sofisticate tecniche agronomiche, volte ad
incrementare le produzioni unitarie dei
pascoli, se il tutto destinato a rimanere
circoscritto nellambito di una relazione di
un convegno o di una monografia.
Introduzione
1. La viticoltura
La vite a uva da vino rappresenta la pi
importante coltura arborea da frutto della
Fig. 131. Coltivazione della vite ad alberello alle pendici dei monti di Oliena.
2. Lolivo
La superficie montana occupata da questa sempreverde di 838 ettari, pari al
2,3% del totale regionale (tab. 1). Ancora
minore lincidenza percentuale delle produzioni fornite dai territori dalta quota
(1,9%); questi dati chiariscono subito il
modesto peso socio-economico dellolivicoltura montana, che risulta molto limitata
dal regime termico, dalla frequenza dei
venti e dallorografia accidentata del territorio. Si tratta, anche in questo caso, di
impianti localizzati alla periferia di centri
3. La cerasicoltura
Il ciliegio occupa in Sardegna 240 ettari, di cui ben 100 ricadono in territori montani. Pertanto il contributo in termini di
superficie della montagna risulta pari al
42% contro il 50% e l8% rispettivamente
della collina e della pianura (tab. 1); anche
per questa coltura lanalisi delle produzioni segnala delle rese unitarie piuttosto
modeste per le aree a maggiore altimetria
poich dal 42% delle superfici si retrae
solo il 33% della produzione. In effetti gli
impianti posti alle maggiori quote sono di
norma costituiti da piante sparse ubicate in
aree molto accidentate, sovente non meccanizzabili dove lunico intervento colturale costituito dalla raccolta dei frutti; i
pochi impianti specializzati esistenti nellIsola sono invece ubicati in pianura o
nella collina meccanizzabile (fig. 1).
Negli anni Cinquanta e Sessanta questa
drupacea ha conosciuto anche in Sardegna
una fase espansiva sostenuta dallelevata
forza lavoro operante in agricoltura e
dalla tendenza espansiva della domanda
derivante dalle migliorate condizioni economiche della popolazione. Da quella data
4. Ii melo
Questa pomacea occupa in Sardegna
200 ettari, di cui solo 25 in montagna
(12,5%) con una produzione di 170 tonnellate (11% della complessiva produzione
regionale). Allo stato attuale il melo coltivato nei territori montani come piante
sparse o promiscuo al vigneto, fornendo
produzioni limitate in prevalenza destinate
allautoconsumo familiare o al commercio
278
locale. Le tecniche sono quantomai obsolete poich prevedono ancora luso del
franco quale portinnesto e del vaso come
forma di allevamento; ci comporta lottenimento di piante vigorose e rustiche, ma
anche di grandi dimensioni e pertanto con
elevati costi per raccolta, potatura, difesa,
ecc... Lelevata resistenza al freddo del
melo, la sua tardiva epoca di fioritura e la
possibilit di ottenere un prodotto di alta
qualit aprono, di contro, interessanti prospettive per quelle limitate aree con terreni
fertili e riparate dai venti; lintroduzione
dei portinnesti clonali nanizzanti e di
forme di allevamento pi rispondenti,
quale il fusetto, fornirebbero il necessario
supporto tecnologico per lottenimento di
meleti a elevata efficienza e rapida messa
a frutto. Anche il patrimonio varietale
risulta quanto mai superato poich ancora
basato su vecchie cultivar nazionali (Imperatore, Renette, ecc...) e su variet locali
quali Appio e Miali; i nuovi impianti
potranno mantenere le cultivar locali, gradite dal consumatore regionale, affiancandovi mele gialle poco soggette a rugginosit (Ozark Gold, Ed gould golden) e
mele rosse di pregio (Royal Gala, Top
red).
5. Il nocciolo
Questa corilacea presente con superfici di un qualche interesse solo sul massiccio del Gennargentu, e in particolare nei
territori comunali di Aritzo, Tiana e Tonara. I pochi impianti specializzati risultano
di et avanzata e obsoleti anche sotto il
profilo tecnico poich costituiti spesso da
popolazioni locali del Corylus silvestris
Dc. (selvaggiola) a frutto piccolo allevate in forma libera a cespuglio; sono, peraltro, presenti anche impianti semirazionali
(soprattutto in agro di Aritzo) con sesti
ampi e regolari, e utilizzo di cultivar di
pregio quali la Tonda romana, la Gentile
delle Langhe, la Tre bisonda e lottima
impollinatrice San Giovanni (Corylus
delleriofide del nocciolo, acaro che colpisce soprattutto la cv Gentile delle Langhe e che pu essere controllato con facilit mediante distribuzione di endosulfan. In
definitiva il nocciolo pu contribuire alla
valorizzazione economica e paesaggistica
dei territori montani e offrire una valida
alternativa al solo utilizzo pascolivo dei
pendii.
6. Ii noce
Come il ciliegio, anche questa pu essere considerata una specie a duplice attitudine poich capace di fornire produzioni
sia frutticole che forestali. Il noce sardo,
poi, si caratterizza per un legname di grande pregio, sconsiderevolmente utilizzato
nei trascorsi decenni tanto da risultare al
momento attuale pressoch irrintracciabile
in esemplari di grande mole. , quindi,
evidente la sua modesta rilevanza economica, che contrasta con le favorevoli
potenzialit ambientali e di mercato; infatti la situazione internazionale del consumo
279
Tab. 1. Superfici e produzioni totali e loro incidenza percentuale in jinzione della friscia altimetrica, della Sardegna
(ISTAT, 1984).
7. Ii castagno
Questa cupulifera occupa in Sardegna
circa 4.000 ettari, dei quali il 70% concentrato nelle aree centrali dellIsola (Barbagia
e Mandrolisai) e il restante 30% diviso tra il
massiccio del Limbara, lagro di Santu Lussurgiu, monte Pisanu nel Goceano e Lanusei in Ogliastra. In questi territori il castagno rinvenibile dai 600 ai 1300 m s.l.m.,
su substrati scistosi o di disfacimento granitico sempre a reazione subacida. I popola-
281
tempo per la digestione. Questo comportamento pu essere una forma di adattamento dellanimale alle essenze botaniche di
scarsa qualit per la gran parte dellanno e,
pertanto, per aumentare lenergia richiesta
potrebbe essere costretto ad accelerare il
tempo di transito intestinale.
Il cervo presenta dai 6 ai 9 cicli
alimentari nelle 24 ore, con i 2/3 di questi
impiegati durante il giorno, con la massima attivit al mattino e alla sera, tuttavia
se lanimale viene disturbato frequentemente, si muove solo allimbrunire.
Il consumo volontario del cervo in
relazione al peso corporeo dellanimale e
al suo stato fisiologico. Possiamo teoricamente calcolare che se il consumo medio
per un adulto si aggira intorno a 1,5 Kg di
foraggio secco in settembre alla ripresa
dellattivit riproduttiva, risulter di 1,7
Kg in dicembre con linizio della gravidanza, mentre in aprile alla fine della
gestazione sar di 2,0 Kg e di 2,5 kg in
maggio quando lanimale presenter il
picco della lattazione.
Anche per il muflone il pericolo di
estenzione si sta gradatamente allontanando e, sebbene non si conosca in Sardegna
la sua reale consistenza numerica, allo
stato attuale risulta discretamente rappresentato; stato infatti di recente introdotto
in diverse aree dellisola dallAzienda
Foreste Demaniali. Il muflone ha una grossa capacit di sopravvivere e proliferare in
condizioni ambientali notevolmente carenti grazie alle sue modeste necessit idriche
ed alimentari. I suoi ritmi biologici vengono notevolmente influenzati, come del
resto nella gran parte degli ungulati, dalle
variazioni della luce risultando quindi connessi direttamente con i cambiamenti stagionali. Animale estremamente sospettoso,
sempre vigile, ama le zone poco frequentate, con esigenze di ampi spazi aperti,
coperti da una vegetazione di tipo arbustivo ed erbaceo, sposta la sua posizione continuamente durante larco dellanno. Fra i
mufloni mancano le dispute territoriali
poich non hanno la tendenza a marcare le
290
293
1. Le fonti normative
La Comunit Montana regolata dalla
Legge statale n. 1102/71 e successive modifiche, dalle leggi regionali e, per la regione
Sardegna dalle ll.r.r. Sardegna nn. 26 e
52.8.78 e da eventuali leggi successive
aventi ad oggetto lo sviluppo economico e
sociale della montagna; infine regolata dai
singoli statuti. Attualmente disciplinata
e pianificazione. Tale funzione viene a concretizzarsi attraverso la redazione e attuazione del piano di sviluppo pluriennale che
deve essere redatto non in contrasto con le
linee programmatiche regionali e deve coordinarsi con il piano comprensoriale. Realizza poi la funzione di pianificazione con la
formulazione del piano urbanistico della
Comunit Montana a cui devono adeguarsi
gli altri strumenti di pianificazione della
zona montana degli enti che vi operano.
Infine pone in essere unattivit di
pianificazione e di attuazione di programmi di sviluppo, attraverso la formulazione
e realizzazione dei programmi annuali e
dei programmi stralcio dei piani pluriennali, e sempre nellambito dellattivit attuativa, elabora progetti di interventi montani
prevedendo e creando opere di bonifica,
oo.pp., servizi, infrastrutture, incentivando
iniziative che permettano il riequilibrio del
territorio montano.
La Comunit Montana, sempre
nellambito dellesercizio della funzione
di programmazione, svolge unattivit di
partecipazione ai piani e programmi di sviluppo regionale.
Oltre ad esercitare funzioni proprie di
programmazione e pianificazione che attua
nellelaborazione dei programmi e dei
piani, esercita funzioni di amministrazione
attiva anche attraverso lattuazione dei
piani e programmi regionali di sviluppo, e
svolge unattivit di coordinamento degli
interventi pubblici nel proprio territorio.
Accanto a tali funzioni istituzionali la
Comunit Montana pone in essere funzioni amministrative delegate dallo Stato,
dalle Regioni e dai Comuni. Le Comunit
Montane possono delegare a loro volta
altri enti che operano nel proprio territorio,
per attuare i programmi di intervento o per
realizzare alcuni interventi specifici.
7. I piani di zona
Il primo livello di programmazione
della Comunit Montana costituito dal
piano di zona che secondo lart. 29 Legge
n. 142/90 atto necessario e trova la
regolamentazione negli statuti delle
Comunit Montane e negli atti regionali. I
piani di zona devono avere come contenuto minimale: le finalit (art. 28 Legge n.
142 e art. 2 Legge n. 1102/71) cio il
riequilibrio socio economico della zona, la
protezione del suolo e dellambiente, le
localizzazioni, i costi degli investimenti
previsti e i loro finanziamenti.
Sono soprattutto gli obiettivi del piano
di zona a permettere alle Comunit Montane di contare, in qualche modo dessere
presenti in sede di politica economica
regionale.
Il piano di zona e il programma stralcio
approvato dal Consiglio delle Comunit
Montane, e svolge una volta approvato
lefficacia tipica degli strumenti di unincentivazione pubblica.
blico nei territori montani, di razionalizzazione di tutti gli interessi incidenti nel territorio di montagna mediante gli strumenti
della programmazione e pianificazione
che tale ente elabora, di gestione e attuazione ditali mezzi al fine di equilibrare lo
sviluppo socio-economico delle zone
montane. Dunque ragioni socio-economiche e specificamente lesigenza di
intervenire nel sottosviluppo sociale ed
economico della montagna, determinarono
il legislatore a rimodellare lassetto organizzativo dei poteri locali in montagna
attribuendo funzioni volte a soddisfare esigenze proprio di quelle Comunit e dei territori montani, per la tutela ambientale e la
salvaguardia e lo sviluppo delle zone montane.
Prima della Legge sulla montagna,
lassetto organizzativo locale nei territori
montani era cos disegnato: mediante
Comune, Provincia e Consorzio fra Comuni Montani, con la Legge n. 1102, si istituisce un ente di diritto pubblico, la Comunit Montana. A questo ente il legislatore
attribuisce funzioni di indirizzo politico
attraverso la programmazione del territorio montano, e quindi mediante la razionalizzazione degli interessi della comunit
ivi radicata. E per meglio soddisfare questi
interessi il legislatore istituisce lente
Comunit Montana, ente intermedio fra
Regione e Comune garante e portatore
degli interessi specifici delle Comunit di
montagna, mezzo per equilibrare lo sviluppo socio-economico che per ragioni fisicoambientali sottosviluppato. Inoltre
mediante il D.P.R. 12.5.1989, anche il
potere centrale, per meglio conoscere le
esigenze delle popolazioni di quei territori,
crea un comitato consultivo per i problemi
istituzionali-economici-sociali di quelle
zone con funzioni propositive nei confronti del potere centrale. Cos con la Legge n.
1102 entifica la Comunit sita nei territori
montani attraverso listituzione della
Comunit Montana, ente di diritto pubblico con funzioni proprie di indirizzo politico, di amministrazione attiva, di gestione
309
grammazione e la pianificazione, di
oo.pp., infrastrutture e valorizzazione delle
risorse montane, allart. 3 si dice che funzione della regione mediante leggi regionali ripartire i territori montani in zone
omogenee e delimitare dintesa con i
Comuni, queste zone.
Individuate e delimitate le zone con
legge regionale (v. ad es. Legge regione
Sardegna n. 26/75 art. 2 e successive
modifiche), fra i Comuni presenti in quelle zone delimitate dintesa con i Comuni
interessati, si costituisce la Comunit
Montana, ente di diritto pubblico. Sempre
la legge regionale, definir e regoler le
zone omogenee costituenti la Comunit
Montana, indicher i criteri per la ripartizione dei fondi, per lassetto organizzativo
degli organi della Comunit Montana e
dar indicazioni sulla elaborazione, sul
contenuto degli Statuti approvati con legge
regionale. Le Comunit Montane dunque
sono enti dotati di autonomia statutaria e
finanziaria, limitata dalla Regione. La Regione infatti ne approva gli Statuti, svolge
funzioni di coordinamento sugli atti di
programmazione degli enti che operano
nel territorio montano, approva il programma di sviluppo, dispone i finanziamenti, mentre la Comunit Montana interviene e partecipa alla elaborazione dei
piani e dei programmi regionali di sviluppo (cos Legge regionale Sardegna n.
26/75).
La Giunta Regionale predispone e
propone allapprovazione gli atti di competenza del Consiglio (art. 14 Legge regione Sardegna n. 26), delibera gli indirizzi
per il coordinamento dei piani, e gli indirizzi che regolano i rapporti fra Comunit
Montane ed enti operanti nel territorio
montano, delibera le modifiche annuali dei
piani. Ragioni di completezza del quadro
normativo precedente alla nuova legge sul
riassetto delle autonomie locali, ci inducono a citare la Legge 13.9.1982 n. 23 che,
dopo aver istituito la Comunit Montana
quale ente di diritto pubblico in ciascuna
zona territoriale omogenea individuata con
che si attua mediante forme di cooperazione per mezzo della stipula di apposite convenzioni.
Infine il capo 3 del titolo IV determina
le modalit attraverso le quali devono
essere gestiti i servizi pubblici erogati
dalla Comunit Montana, prevedendo a
riguardo forme associative.
Larticolo 26 del capo 3 ribadisce che i
controlli sugli organi e sugli atti delle
Comunit Montane, devono essere compiuti secondo le norme dettate sui controlli per i Comuni e per le Provincie.
Sembrerebbe che la Sardegna, nonostante la l.n. 142, si sia orientata per una
definizione della Comunit Montana come
ente autonomo locale territoriale e non
solo a base territorialmente definita. Ne
deriverebbe quale naturale corollario il
carattere di ente intermedio tra Comuni e
Provincie.
315
Introduzione
Per le caratteristiche peculiari, fisico-naturali e climatiche, le aree di montagna hanno vissuto da sempre la loro organizzazione
economica come momento residuale di una
qualche attivit. Ci avvenuto nel medesimo modo in diversi contesti e a diverse latitudini, sia che il residuo fosse lattivit stessa, sia che fosse parte di una attivit pi
complessa che affidava alla economia delle
aree di montagna la valenza della stagionalit (transumanza). I modelli economici che
perci in quelle zone si sono affermati hanno risentito e sono stati influenzati dal grado di attrazione di altre attivit economiche,
sia agricole che extra-agricole, ubicate in aree di collina e di pianura.
I processi di abbandono o di ripopolamento dei territori montuosi sono parte di una lunga storia. Essi si ritrovano nei secoli
passati, innescati da motivi di ordine economico-sociale (guerre, malattie, ecc..), e non
possono certo dirsi caratterizzanti il solo
momento storico odierno. Lo spopolamento
e labbandono dei territori montani che attualmente si esperimenta, ha motivazioni
molteplici ma, ancora oggi come allora, pu
collegarsi alla attrazione che settori economici alternativi esercitano su quelle popolazioni. Rispetto alle situazioni analoghe di
altri tempi, tuttavia, vi un elemento di novit. Elemento che chiama in causa, fra le
altre, proprio le aree montane nei loro aspetti naturalistici e che assegna a questultime
un vantaggio economico finora sconosciuto.
Il problema ambientale e, di conseguenza, la conservazione, salvaguardia e fruibilit delle aree di interesse naturalistico, luso
corretto del territorio e la preservazione della
sua qualit sono solo alcune fra le pi generali tematiche su cui, oramai, vi pieno interesse ed accordo in campo internazionale.
Nellambito di queste problematiche le
zone di montagna si inseriscono a pieno
titolo, sia come aree in cui le risorse naturalistiche sono prevalenti che come aree la
cui gestione a fini sociali implica un attento esame degli effetti antropici (in termini
di presenza come di assenza delluomo).
Trattare, quindi, delle prospettive economiche delle aree di montagna, e fare questo tenendo conto dellorientamento generale che pare esprimersi a livello di comunit europea, significa interessarsi delle
condizioni e linee di tendenza della politica di conservazione delle risorse naturali
nel suo significato pi ampio.
1. La legislazione comunitaria in
tema di politica conservativa
assai difficoltoso rinvenire dei preci319
324
INDICE
325