Teorie Dei Generi Letterari
Teorie Dei Generi Letterari
Teorie Dei Generi Letterari
Ferdinando Pappalardo
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Ferdinando Pappalardo insegna Teoria e storia dei generi letterari presso la Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Bari.
Ferdinando Pappalardo
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GENERI LETTERARI
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vietata la riproduzione, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia. Per la legge italiana la fotocopia lecita solo per uso personale purch non
danneggi lautore.
Quindi ogni fotocopia che eviti lacquisto di un libro illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi
mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.
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I.
Epilogo
(in funzione di premessa)
V chi come Claudio Guilln ritiene che al giorno doggi lo studio dei
generi goda di buona salute, e chi, al contrario, crede che il Novecento abbia di fatto archiviato la plurisecolare questione dei generi letterari. Certo che, allo spirare del secolo XIX, Henry James poteva scrivere: I generi sono la vita stessa della letteratura, e la verit e la forza nascono dal
completo riconoscimento di essi, dallabbandonarsi al massimo nei loro
sensi rispettivi, e dallaffondare profondamente nella loro coerenza. Oggi
invece, osserva Fredric Jameson, la produzione letteraria ha esautorato i
generi di ogni autorit. Lemancipazione del romanzo realistico dalle sue
restrizioni di genere (nel racconto, nella lettera, nel rcit inventato);
lemergere, prima, del modernismo, con il suo ideale joyciano o mallarmano di un singolo Libro del mondo, e poi dellestetica postmoderna
del testo o dellcriture, della produttivit testuale o della scrittura schizofrenica; tutto sembra escludere rigorosamente le nozioni tradizionali dei
generi letterari, o di sistemi di belle arti, tanto nella loro pratica quanto nella loro teoria. Le ragioni di questo declino sono facilmente comprensibili.
I generi sono essenzialmente istituzioni letterarie, o contratti sociali fra
uno scrittore e un pubblico specifico, e la loro funzione quella di specificare luso appropriato di un particolare artefatto culturale, prosegue Jameson. Nella tarda modernit, essi sono vittime della progressiva penetrazione di un sistema di mercato e di uneconomia monetaria. Con leliminazione di uno status sociale istituzionalizzato per il produttore di cultura
e con lapertura dellopera darte stessa alla mercificazione, le precedenti
specificazioni di genere sono trasformate in un sistema nuovo di zecca
contro cui ogni espressione artistica autentica deve necessariamente lottare, e persistono nella vita dimezzata dei generi subletterari della cultura
di massa, trasformati nelle collane di libri economici in vendita nei supermercati e negli aeroporti.
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A questa crescente difficolt di classificazione si tentato di ovviare introducendo una suddivisione fra generi e sottogeneri, oppure distinguendo
come ha fatto Grard Genette fra generi, specie e tipi: dove i generi, o
meglio gli archigeneri, vanno intesi come categorie propriamente letterarie, ciascuna delle quali, oltre ad essere caratterizzata da elementi tematici e formali, si suppone domini dallalto e contenga, gerarchicamente, un
certo numero di generi empirici che rappresentano, al di l della loro
estensione, longevit o capacit di ricorrenza, fatti culturali e storici; le
specie designano le specificazioni di un genere; i tipi indicano classi pi
vaste e meno specificate, ovvero le pi costanti forme generiche. Nemmeno questa griglia garantisce per lesatta identificazione dei generi, e
scongiura ambiguit e confusioni persino terminologiche. Si prenda il caso
della cosiddetta letteratura di massa, le cui articolazioni morfologiche pure
presentano caratteristiche fra le pi omogenee e persistenti. Quello che viene comunemente definito romanzo poliziesco presenta un evidente comune denominatore a livello tematico (linvestigazione, finalizzata allo smascheramento dellautore di un crimine), ma rivela una struttura compositiva mutuata come hanno persuasivamente spiegato i formalisti russi dalla short story: sicch linclusione di questa forma narrativa nelle tipologie
romanzesche riesce affatto impropria, in quanto si riferisce a un dato puramente quantitativo (lampiezza del racconto). La narrativa di fantascienza,
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a sua volta, utilizza copiosamente stereotipi, modi, tecniche costruttive, linguaggi prelevati dal repertorio della letteratura universale (compresa quella scientifica), tanto da suscitare limpressione che il suo tratto peculiare risieda appunto nella sua incontinente intertestualit: e invece il suo statuto
generico poggia su una convenzione, su una clausola implicita che postula
la coerenza del mondo possibile in essa rappresentato con una teoria,
unipotesi, una congettura accreditata dalla comunit scientifica (in ci appunto la science-fiction si differenzia dai filoni narrativi che ne costituiscono i pi diretti antecedenti: il racconto danticipazione, il racconto utopico, il racconto di viaggio e davventura). Non si pu dunque dar torto a
Frye quando constata che la mancanza di una terminologia idonea a indicare le forme di narrazione in prosa induce a servirsi della parola romanzo per tutti gli usi, facendole perdere il suo vero significato di nome di
un genere ed applicandola indiscriminatamente a qualunque libro in prosa che non sia su qualcosa.
La difficolt di tracciare una mappa completa e soddisfacente dei generi riguarda non soltanto la letteratura della tarda modernit, ma anche quella del passato. Nel secolo appena concluso, alcuni studiosi si sono cimentati nellimpresa, ma con esiti assai discutibili. Julius Petersen ha tentato di
delineare una tassonomia e insieme una genealogia dei generi, rappresentandola graficamente come una ruota a cerchi concentrici che ha per mozzo una forma originaria della poesia (Ur-Dichtung), e per raggi i generi fondamentali (epos: racconto monologico di unazione; lirica: esposizione
monologica di una situazione; dramma: esposizione dialogica di unazione), dalle cui combinazioni deriverebbero tutte le forme poetiche: il suo
schema, che peraltro si rif a quello elaborato da Goethe, ha per il grave
limite di identificare i generi sulla base di fattori ora tematici ora modali.
Analogamente, Klaus Hempfer si prefisso lambizioso obiettivo di prospettare un sistema dei generi gerarchicamente ordinato secondo le categorie dei modi di scrittura (o di enunciazione), dei tipi (che costituiscono
le specificazioni dei modi: ad esempio, nel modo narrativo, la narrazione
omodiegetica e quella eterodiegetica), dei generi (che si riferiscono alle declinazioni storicamente determinate dei modi enunciativi) e dei sotto-generi (che indicano le articolazioni morfologiche dei generi principali, come il
romanzo sentimentale, o epistolare, o storico). Ma anche la terminologia
sistematica messa a punto da Hempfer difetta di coerenza, come ha acutamente osservato Grard Genette, soprattutto laddove pretende di ricondurre la categoria di genere a quella di tipo. Ad esempio, se il modo narrativo include in un certo modo [...] il genere romanzo, impossibile subordinare il romanzo ad una specificazione particolare del modo narrativo:
se si suddivide il narrativo in narrazione omodiegetica ed eterodiegetica,
chiaro che il genere romanzo non pu entrare integro in nessuno di questi
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due tipi perch esistono romanzi alla prima persona e romanzi alla terza
persona. In breve, se il tipo un sotto-modo, il genere non un sotto-tipo, e la catena di inclusioni si spezza. Neppure a Hempfer, inoltre, riesce
sempre di tenere distinte propriet tematiche e propriet formali: come fa
notare ancora Genette nel caso del modo satirico, la cui determinazione
pi vicina alla categoria aristotelica degli oggetti che a quella dei modi.
Altri studiosi, invece, si sono pi semplicemente applicati ad individuare categorie generali che possano fungere da criteri ordinatori di una sistematica dei generi. Appellandosi nientemeno che allautorit di Aristotele,
Northrop Frye elabora una complessa teoria della critica, che presume di
fondare una conoscenza scientifica della letteratura nel suo complesso
nonch di spiegare ogni valido tipo di procedimento critico, e che si articola in quattro parti (critica storica, critica etica, critica archetipica cui
viene attribuita una funzione preminente e critica retorica). In questo quadro, la base di una teoria critica dei generi retorica, nel senso che il genere determinato dal tipo di rapporto stabilito fra il poeta e il suo pubblico, ovvero da un radicale di presentazione. Poich appare opinabile,
nellepoca della stampa, parlare di distinzione tra la parola recitata, detta
o scritta, Frye raccomanda di intendere i generi come i diversi modi di
presentare le opere letterarie su un piano ideale, qualunque ne sia poi la
concreta realt; e precisa che lo scopo di una teoria critica dei generi non
tanto quello di classificare, quanto di portare alla luce una grande quantit di rapporti letterari che non si sarebbero altrimenti notati, nellassenza
di un contesto riconosciuto in cui inserirli, ossia di mostrare empiricamente come degli archetipi convenzionali si traducano in generi convenzionali.
Da tali premesse discende che la fiction (la letteratura dinvenzione)
il genere letterario tipico della carta stampata, mentre lepos caratterizzato dal discorso orale rivolto al pubblico, il teatro dal confronto diretto fra
un autore nascosto e il pubblico, la lirica dalla parola indirizzata dal poeta
a un pubblico che gli rimane ignoto. I generi sono per anche contraddistinti dalla particolare qualit del ritmo verbale: nellepos prevale il ritmo
della ricorrenza (che trova le sue peculiari manifestazioni nel metro e nella rima); nella prosa il ritmo della continuit; nel teatro il ritmo del decoro
(che significa pertinenza dello stile a un argomento o personaggio, o appropriatezza dello stile al contenuto, oppure ancora adattamento della
voce etica del poeta alla voce di un personaggio o allintonazione richiesta dallargomento o dallatmosfera); nella lirica il ritmo dellassociazione (caratterizzato dallunione di suono e significato, ma anche dal principio di plausibilit, che impone al poeta di tradurre le sue visioni in enunciati linguistici comprensibili da parte del lettore, ossia capaci di parlare alla sua coscienza). I generi si differenziano poi in una variet di forme (il ro7
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sono sempre post festum, nel senso che non possiedono alcuna dinamica
di generazione interna. Perci vano sperare di poter dedurre causalmente le classi generiche a partire da un criterio interno sottostante: quando anche esista una competenza generica, non pu che essere quella degli autori e dei lettori, e non gi quella dei testi. In altri termini, il genere non pu
essere una categoria causale che spiega lesistenza e le propriet dei testi, come pensavano sia Hegel che Brunetire: tali propriet non sono intrinseche alle opere, ma sono loro attribuite dagli autori e dai lettori. Per
conseguenza, piuttosto che insistere nel tentativo di classificare i generi
(giacch una enumerazione esaustiva sarebbe in ogni modo irrealizzabile), Schaeffer suggerisce di studiare le modalit della genericit, ovvero
di partire dalle denominazioni dei generi per vedere a quali fenomeni si applichi il loro uso. Il lessico dei generi infatti il nostro unico punto fermo: quindi il compito pi urgente consiste non tanto nel proporre nuove
definizioni del genere quanto nellanalizzare il funzionamento dei nomi di
generi, quali che essi siano, e nel provare a comprendere a che cosa essi
si riferiscono.
La critica serrata, e per qualche aspetto persino ingenerosamente sommaria, delle concezioni precettistiche, classificatorie ed essenzialistiche
porta a concludere che la problematica dei generi una costruzione metatestuale, e ad affermare il carattere autotelico e autoreferenziale delle
denominazioni generiche. Infatti i nomi dei generi, invece di determinare
tutti un medesimo oggetto, che sarebbe il testo oppure anche uno o pi
livelli invarianti di tale testo, sono legati, a seconda dei nomi, agli aspetti
pi diversi dei fatti discorsivi: sicch riesce difficile negare la variabilit
contestuale del significato dei termini generici, cio la possibilit per un
medesimo nome di riferirsi, a seconda dei suoi usi, a un numero maggiore
o minore di fattori (e infatti la maggioranza dei nomi di generi investono
contemporaneamente latto di comunicazione e il messaggio espresso). In
pi, lidentit generica di complessa e incerta definizione non soltanto
perch i testi sono atti semioticamente complessi, ma anche perch le
opere, scritte o orali, hanno sempre unesistenza storica.
Nel momento in cui afferma che la logica generica non unica ma molteplice, e sembra dunque sancire il carattere plurale e relativistico della
nozione stessa di genere letterario, riaffiora in Schaeffer la tentazione di delineare uno schema euristico capace di coniugare funzionalmente descrizione storica e definizione teorica, di ristabilire la corrispondenza fra i nomi di genere e i loro referenti testuali, e dunque di rifondare lidentit generica. Il punto di partenza sta nella convinzione che unopera letteraria,
come ogni atto discorsivo, una realt semiotica complessa e pluridimensionale, ma in primo luogo la realizzazione di un atto di comunicazione
interumana, un messaggio emesso da una data persona in circostanze e con
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In pi, Schaeffer raccomanda di tenere conto delle cinque diverse operazioni che ogni testo letterario realizza, e che i teorici dellinformazione
riassumono nella forma di una domanda divenuta celebre (Chi dice che
cosa, per quale canale, a chi e con quale effetto?). Lintreccio di fattori intenzionali e di condizionamenti esogeni contribuirebbe a chiarire il rapporto fra individuale e generale, fra testo e contesto, e dunque consentirebbe
di spiegare la relazione fra lopera e il genere con il regime dellesemplificazione (che appartiene evidentemente alle convenzioni costituenti, e in
cui la definizione della classe generica si riferisce a propriet condivise da
tutti i suoi membri, cio a testi in cui propriet sottintese dal nome di genere sono ricorrenti) e/o della modulazione (che riguarda le propriet sintattiche e semantiche dei testi), ma anche di ascrivere lopera a quattro logiche generiche, contraddistinte rispettivamente dalla propriet comunicazionale, dalla regola, dalla classe analogica (basata sulla semplice somiglianza causalmente indeterminata fra diversi testi) e dalla classe genea10
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nella filosofia aristotelica latto alla potenza. Per concludere: secondo Todorov, lo studio dei generi deve
soddisfare costantemente a un duplice ordine di esigenze: pratiche e teoriche, empiriche e astratte. I generi che deduciamo a partire dalla teoria debbono essere verificati sui testi: se le nostre deduzioni non corrispondono a nessunopera, seguiamo una pista sbagliata. I generi in cui cimbattiamo nella storia letteraria debbono
daltronde passare al vaglio di una teoria coerente, se non vogliamo restare prigionieri di pregiudizi trasmessi di secolo in secolo e secondo i quali (si tratta di un
esempio immaginario) esisterebbe un genere quale la commedia anche se in pratica si trattasse di pura illusione. La definizione dei generi sar quindi un andirivieni
tra la descrizione dei fatti e la teoria nella sua astrattezza.
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per cui non tutti gli atti linguistici producono generi letterari, ovvero da
spiegare le trasformazioni che alcuni atti linguistici subiscono per produrre
generi letterari, dal momento che, sebbene lidentit di genere sia interamente determinata dallatto linguistico, ci non significa che le due cose
siano identiche. Le differenze, secondo Todorov, vanno individuate nel diverso grado di complessit riscontrabile nel testo letterario rispetto allatto
verbale che pure ne costituisce il nucleo, e nella codificazione di determinate propriet discorsive dei testi operata da una societ. Ne consegue che
non vi un abisso fra letteratura e ci che letteratura non , dacch i generi letterari trovano la loro origine, semplicemente, nel discorso umano.
Conviene, a questo punto, soffermarsi sulle tesi di Todorov per sottolinearne gli aspetti che in misura pi consistente e durevole hanno condizionato il dibattito sui generi letterari. In primo luogo, il superamento della tradizionale nozione di letterariet: le opere letterarie sono distinguibili dalla
totalit degli atti linguistici non sulla base di loro qualit intrinseche e permanenti, ma per effetto di convenzioni istituzionalizzate. In altri termini,
unentit letteratura esiste e funziona soltanto a livello dei rapporti intersoggettivi e sociali: qualsiasi propriet verbale, facoltativa a livello della lingua, pu essere resa obbligatoria nel discorso; la scelta operata da una
data societ fra tutte le codificazioni possibili del discorso determina ci
che definiremo il suo sistema dei generi. I generi letterari, in effetti, non
sono altro che una tale scelta tra i possibili del discorso, resa convenzionale da una data societ. Dunque, si istituzionalizza la ricorrenza di talune
propriet discorsive, e i singoli testi sono prodotti e percepiti in rapporto
alla norma costituita da tale codificazione. Un genere, letterario o meno,
non altro che questa codificazione di propriet discorsive.
Su questo versante la posizione di Todorov molto pi netta di quella
assunta da Frye e Schaeffer. Frye riconosce che la ricerca critica sinceppa
fatalmente allorch deve spiegare che cos la letteratura: Non possediamo delle regole fisse per distinguere una struttura verbale che sia letteraria
da una che non lo sia: n sappiamo cosa fare di tutta quella vasta zona di
libri in penombra che potrebbero essere rivendicati alla letteratura perch
sono scritti con stile o sono utili come sfondo o sono semplicemente finiti in un corso di lezioni universitarie sui grandi libri. Sicch la letteratura appare come un immenso aggregato o un mucchio eterogeneo di
opere differenziate, paragonabile a una riserva di caccia in cui lo studioso vaga guidato solo dalla sua intelligenza: infatti il solo principio organizzativo applicato ad essa di stampo squisitamente cronologico, e si
riassume nella parola magica tradizione, la quale significa che disponendo il suddetto mucchio eterogeneo lungo una linea cronologica, la semplice sequenza genera una certa coerenza. Ci nonostante, Frye non rinuncia
a indagare le presunte particolarit della letteratura, approdando a con13
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clusioni equivoche e fra loro contraddittorie. Cos egli sostiene che la poesia si caratterizzerebbe per un uso disinteressato della parola, e che la
letteratura si distinguerebbe dalla totalit dei testi scritti e/o delle forme di
comunicazione verbale in quanto fiction, invenzione; e ancora, dopo aver
affermato che la letteratura un ordine di parole, e non un mucchio di
opere, dichiara di condividere con Eliot il culto dei monumenti letterari, che costituiscono nel loro insieme un ordine ideale, e non sono la semplice collezione degli scritti di singole persone ( il caso di osservare, in
margine, che Frye recupera per questa via lidea di tradizione, o di canone,
che implica comunque un principio assiologico). Dal canto suo Schaeffer,
pur ammettendo che la letteratura o (prima della fine del XVIII secolo) la
poesia costituiscono ambiti regionali allinterno di un ambito semiotico
unificato pi ampio, cio quello delle pratiche verbali che non sono tutte artistiche; che la nozione di letteratura non immutabile, perch designa
non una classe unica di testi fondata su criteri costanti, ma un aggregato di classi fondate su nozioni diverse, classi che sono il precipitato attuale di una serie di riadattamenti storici che seguono strategie e criteri nozionali diversi, finisce per attribuire il crisma della letterariet a tutte le
opere e attivit verbali che si distaccano dallattivit linguistica corrente,
mantenendo per fra i due ambiti confini sfumati e mobili, e rivendicando il diritto di attraversarli o anche di ignorarli di tanto in tanto. Alla fine, la letteratura fatta coincidere con i monumenti e i documenti linguistici conservati oltre lemissione iniziale, oppure con le pratiche verbali
ludiche: resterebbero esclusi gli atteggiamenti intenzionali naturali e
la pragmatica fondamentale degli usi del linguaggio verbale. Insomma
Schaeffer, dopo aver sollevato il problema, lo elude con una soluzione tanto vaga e confusa da risultare del tutto insoddisfacente.
In secondo luogo, Todorov antepone lefficacia conoscitiva della nozione di genere storico alla utilit euristica del concetto di genere teorico
o tipo (che in effetti appariva segnato da un vizio aprioristico, e si prestava ad applicazioni astrusamente intellettualistiche): Non rinuncio affatto egli scrive alla necessit di analizzare i generi in categorie astratte;
ma lo studio dei tipi possibili mi pare oggi una riformulazione della teoria
generale del discorso (o della poetica generale), in quanto luna contiene integralmente laltra. I generi storici sono generi teorici; ma nella misura in
cui il contrario non necessariamente vero, la nozione separata di genere
teorico mi sembra perdere una parte del suo interesse. Lo studio dei generi, insomma, non deve rinunciare allobiettivo ultimo di stabilire le loro
propriet, ma va circoscritto allambito della loro concreta esistenza storica.
Lintenzione di coniugare osservazione empirica e analisi astratta dei
generi letterari fonda la prospettiva semiologica adottata da Maria Corti. Se
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lopera, in quanto macrosegno, appartiene con altri macrosegni a un insieme, cio a un genere letterario, il quale si configura da questo punto di
vista come il luogo dove unopera entra in una complessa rete di relazioni con altre opere (e ci salvo i casi eccezionali in cui lopera, in luogo di entrare a far parte di un insieme, ne crea la possibilit di esistenza,
ne larchetipo), occorre ricostruire il modo in cui da questa trama relazionale nasce la codificazione generica (che rappresenta anche un programma per lo scrittore, suggerendogli un ventaglio di possibilit che attendono di essere realizzate). Si vedr allora che in una prospettiva acronica, atemporale un genere letterario il luogo di certe possibilit tematiche e formali, di certi modelli (o meglio, il luogo in cui un archetipo si trasforma in un modello normativo); in una prospettiva diacronica, invece,
un genere letterario il luogo delle opere scritte, sulle quali sono possibili alcune operazioni di natura induttiva. Queste ultime consistono nel ricavare dal confronto della struttura delle opere, ovvero dalla corrispondenza fra una struttura tematica o forma del contenuto e una specifica
forma dellespressione o generale significante, i principi che generano
e regolano la codificazione; nellindagare le regole di trasformazione di
un genere letterario nel corso del tempo; nello studiare il processo di
reinstaurazione di un genere trascurato o marginalizzato allinterno del sistema letterario; per ultimo, una volta chiarito come funziona la codificazione, nellestrapolare dei modelli da un corpus omogeneo, attraverso un
procedimento di riduzione. Ogni codificazione ovviamente soggetta a
mutamenti: ma un genere si trasforma anche perch mutano gli altri generi della coeva letteratura, il che significa che non si pu fare la storia di
un genere isolatamente, al contrario indispensabile tener docchio ogni fenomeno di correlazione.
Anche Claudio Guilln colloca la sua riflessione nellambito della poetica, intesa per non come scienza della letteratura o teoria del discorso (secondo la duplice accezione fornita, in tempi successivi, da Todorov), ma
principalmente come studio della teoria dei generi e della apparizione di
sistemi di generi. In proposito, Guilln distingue sei differenti modalit di
approccio al problema dei generi letterari. Un approccio di tipo storico, che
studia i generi in quanto modelli le cui componenti subiscono una continua
trasformazione, e che vanno collocati, a seconda delle situazioni, nel sistema o polisistema letterario. Un approccio di tipo sociologico, che considera la letteratura come unistituzione e i generi come istituti (non a caso, oggi le case editrici ed i ministeri di cultura credono fermamente al
concetto di genere). Un approccio di tipo pragmatico, che si pone dal
punto di vista del lettore, o meglio, dei lettori, e guarda al genere come a
un contratto implicitamente stipulato fra essi e lautore (ci che Hans Robert Jauss ha denominato con fortuna e successo orizzonte dattesa). Un
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approccio di tipo strutturale, che analizza il genere non come un elemento isolato ma come parte di un insieme [...] di possibili scelte, di alternative, di correlazioni, in cui le differenze fra i generi sono ricondotte
allesercizio di una determinata funzione. Un approccio di tipo logico,
che assume lottica dello scrittore (ma anche del critico) e attribuisce al genere un carattere ideale, o concettuale, e infine un approccio di tipo comparatistico, che sinterroga sulla universalit o limitazione relativa di ciascun genere o sistema di generi nello spazio e nel tempo. Rifiutando lalternativa fra definizione teorica e conoscenza storica che emerge dalle metodiche tradizionali, Guilln sostiene che sia preliminarmente necessario
classificare il corpus letterario in relazione a quattro concetti basilari, avvertendo che la terminologia impiegata per definirli variabile e discutibile, e che le classi ricavate dalla loro applicazione spesso si toccano e si
mescolano. Tali concetti sono i canali di presentazione (espressione che
corrisponde ai radicals of presentation di Northrop Frye), o di comunicazione, e cio la narrazione, la poesia cantata, la rappresentazione (o simulazione), loratoria (ma Guilln prevede che questi canali saranno presto
moltiplicati dal progresso tecnologico); i generi propriamente detti (la
tragedia, lepopea, lecloga ecc.); le modalit letterarie (modes in inglese),
tanto antiche e durature, molte volte, quanto lo sono i generi, il cui carattere, per, aggettivale, parziale e non adeguato ad abbracciare la struttura totale di unopera (la satira, il grottesco, lallegoria, la parodia); le forme, ossia i procedimenti tradizionali di correlazione, ordinamento o limitazione della scrittura, come le convenzioni di versificazione, la divisione in
capitoli, la disposizione della cronologia, luso di scene o di sommari in una
narrazione, la interposizione, la ripetizione, le strutture dinamiche o quelle
circolari.
Allinterno di questa griglia concettuale, Guilln attribuisce alla nozione
di genere una funzione descrittiva, interpretativa e al contempo creativa, e
dunque unefficacia retrospettiva (in quanto strumento irrinunciabile per la
conoscenza delle opere del passato, e per la storia della letteratura) ma anche formativa (poich configura luoghi abitabili, spazi ideali per gli autori, ovvero un ampio ventaglio di possibilit per la letteratura a venire). A
suo giudizio, il sistema dei generi partecipa infatti di una poetica ufficiale, costituita da modelli codificati, istituzionali, e di una poetica non scritta, che si compone di un vago, vasto e tuttavia delimitato campo di norme implicite, di soluzioni virtuali: sicch non soltanto ogni scrittore costretto a raccogliere [...] la necessit di un dialogo attivo con i modelli generici del suo tempo e della sua cultura, ma, lungi dal limitarsi a scegliere tra gli exempla che gli sono accessibili, li rielabora originalmente e in
tal modo determina quali siano le norme preferibili o pertinenti o potenzialmente nuove. Il sistema dei generi dunque tuttaltro che statico: al
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della forma stessa, cos sedimentata, persiste nella struttura successiva, pi complessa, come un messaggio di genere che coesiste o come una contraddizione o,
alternativamente, come un meccanismo di mediazione o armonizzazione con elementi tratti da stadi successivi.
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principio per cui non si possono definire, per esempio, il francese e il tedesco, ma li si pu solo descrivere sincronicamente o studiare storicamente.
Ci che costituisce un genere letterario nella sua struttura peculiare o
somiglianza di famiglia, si manifesta in primo luogo in un insieme di tratti distintivi tanto formali che contenutistici; sono questi che devono essere
esaminati per la loro funzione rispetto allinsieme delle regole, prima di poter riconoscere la dominante che caratterizza il sistema e cos intraprendere la delimitazione rispetto agli altri generi. Lo studio dei generi va dunque
affrontato da un punto di vista diacronico, ossia a partire dal rapporto del
singolo testo con la serie di testi costitutiva del genere, e da un punto di
vista sincronico, cio analizzando le relazioni fra i generi e il loro costituirsi in sistema. Facendo propria la lezione dei formalisti russi, Jauss ribadisce che
la pura sincronia unillusione perch come dicono Roman Jakobson e Jurij
Tynjanov ogni sistema dato necessariamente come una evoluzione e, daltro lato, levoluzione ha inevitabilmente un carattere sistematico. Concepire lopera darte nella sua storia, cio allinterno della storia letteraria definita come successione
di sistemi, non significa ancora, per, vedere lopera darte nella storia, cio
nellorizzonte storico del suo sviluppo, nella sua funzione sociale e nella sua efficacia storica. La storicit della letteratura non si riduce alla successione di sistemi
estetico-formali; levoluzione della letteratura, come quella della lingua, va determinata non soltanto immanentemente, nel rapporto a lei proprio di sincronia e diacronia, ma anche attraverso il suo rapporto con il processo generale della storia.
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Un nuovo genere nasce dunque per opposizione a una poetica, ma anche da elementi spontaneamente germinati in una serie di testi (di esemplari, che rappresentano la mediazione di universale e particolare, e non
la parte per il tutto) che per configurano una poetica implicita, ossia contengono embrionalmente e anticipano una identit generica che si realizzer compiutamente allorch quegli elementi saranno accolti nellorizzonte
dattesa determinato dallesperienza letteraria di lettori, critici ed autori
contemporanei e posteriori, ossia renderanno il genere riconoscibile.
Ci significa che il carattere artistico di unopera, il cui potenziale significativo
il formalismo riduce allinnovazione, come unico criterio di valutazione, nellorizzonte del suo primo apparire non deve in alcun modo essere sempre immediatamente osservabile, per non parlare della possibilit di risolverlo interamente nel puro contrasto fra la vecchia e la nuova forma. La distanza fra la prima ricezione reale ed il significato virtuale ovvero, in altre parole, la resistenza che la nuova opera
oppone allattesa del suo primo pubblico, pu essere tanto grande da render necessario un lungo processo di ricezione per riscattare ci che era inatteso e non usufruibile nel primitivo orizzonte. Cos pu accadere che il significato virtuale di
unopera rimanga ignorato fintanto che levoluzione letteraria non abbia raggiunto lorizzonte rispetto al quale lattualizzazione di una forma pi recente permette di
trovare laccesso alla comprensione di quella pi antica e disconosciuta.
(Ovviamente, il processo che conduce alla piena intelligenza del significato di unopera analogo a quello attraverso cui si definisce la struttura di
un genere letterario.)
Lorizzonte dattesa delinea di tempo in tempo i confini mobilissimi dello spazio letterario, e spiega le trasformazioni dei generi:
il rapporto del singolo testo con la serie dei testi costitutiva del genere appare come un processo di continua costituzione di orizzonti e di mutamento degli stessi. Il
nuovo testo evoca per il lettore (o ascoltatore) lorizzonte che gli familiare in ba-
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se ai testi precedenti, fatto di aspettative e di regole del gioco che in seguito potranno essere variate, ampliate, corrette, ma anche trasformate, incrociate o solamente riprodotte. Variazione, ampliamento e correzione determinano il margine: da
un lato la rottura con la convenzione e dallaltro la pura riproduzione individuano i
confini di una struttura di genere.
Insomma, la teoria dei generi pu contribuire a una migliore conoscenza dellevoluzione storica del sistema letterario: la suggestiva proposta di
Jauss sembra porre termine a un dibattito plurisecolare, senza per dissiparne il lascito, e anzi ricollocandolo in una nuova, auspicabilmente fertile
dimensione della ricerca.
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piccola parte di ognuna, e si tratta di un simulacro; lartefice del simulacro, limitatore, [...] non conosce nulla della realt ma solo lapparenza, e
dunque non ha corrette opinioni circa la bellezza o i difetti di ci che imita; limitazione una sorta di gioco privo di seriet, e coloro che si dedicano alla poesia tragica, in giambi o versi epici, sono tutti imitatori come
pi non si potrebbe; la pittura e in generale la tecnica dellimitazione producono una propria opera che lontana dalla verit, e inoltre sono legate a
quella nostra parte che lontana dallintelligenza, sue compagne e amiche
per scopi che nulla hanno di sano e di vero (con evidente allusione al conflitto fra listanza razionale e quella irrazionale dellio, di cui Socrate ha parlato nel libro IV). Le difformit dalle precedenti asserzioni sono vistose; e
forse proprio il tentativo di ristabilire il filo di una perduta coerenza induce Platone a decretare conclusivamente il bando di tutti i poeti dallo stato retto da buone leggi:
E allora, Glaucone, quando ti capiti di incontrare lodatori di Omero che dicono
che questo poeta ha educato lEllade, che degno da un lato di esser ripreso e studiato in vista del governo e delleducazione delle cose umane, dallaltro che si viva
tutta la propria vita fondandola sullinsegnamento di questo poeta, bisogna mostrare loro amicizia e affetto perch, per quanto possono, sono ottime persone, e concedere che Omero grandissimo nella poesia e primo fra i tragici; ma occorre poi
sapere che in una citt si deve accogliere solo quel tanto della poesia che consiste
negli inni agli di e negli encomi degli uomini buoni. Se invece tu vi accogliessi la
Musa piacevolmente addolcita della lirica o dellepica, il piacere e il dolore regneranno nella tua citt invece della legge e del principio razionale che la comunit in
ogni circostanza avr considerato come il migliore.
Gli intenti pedagogici che ispirano il discorso di Platone sono del tutto
assenti dalla Poetica aristotelica. Il maestro assume ad interlocutore la
classe dirigente, il discepolo si rivolge al ceto intellettuale, tracciando un
profilo storico della letteratura greca, enunciando una concezione della
poesia, distinguendone le forme e definendo le fondamentali caratteristiche
di ciascuna di esse. Gli scopi e la materia del libro sono sinteticamente richiamati nellincipit:
Trattiamo dunque della poetica in s e delle sue forme, quale potenzialit ciascuna possegga e come debbano comporsi i racconti perch la poesia riesca ben
fatta, e inoltre di quante e quali parti consista, e anche, in modo simile, di tutti gli
altri argomenti che pertengono alla medesima disciplina, incominciando secondo
natura dapprincipio dai principi. Lepica, cos come la poesia tragica, nonch la
commedia, la composizione di ditirambi e la maggior parte dellauletica e della citaristica nel complesso sono tutte imitazioni, ma si distinguono luna dallaltra sot-
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Oltre a dichiarare la funzione insieme descrittiva e normativa dellopera, Aristotele enumera qui le categorie (gli aspetti) rispetto alle quali
possibile classificare le forme poetiche, ma soprattutto afferma che limitazione il principio generativo e la qualit distintiva di tutte le arti.
Due cause appaiono in generale aver dato vita allarte poetica, entrambe naturali: da una parte il fatto che limitare connaturato agli uomini fin dalla puerizia (e
in ci luomo si differenzia dagli altri animali, nellessere il pi portato ad imitare e
nel procurarsi per mezzo dellimitazione le nozioni fondamentali), dallaltra il fatto
che tutti traggono piacere dalle imitazioni. [...] Poich dunque noi siamo naturalmente in possesso della capacit di imitare, della musica e del ritmo (i versi, chiaro, fanno parte del ritmo), dapprincipio coloro che per natura erano pi portati a
questo genere di cose con un processo graduale dalle improvvisazioni dettero vita
alla poesia. La poesia poi si distinse secondo la propriet dei caratteri.
Limitazione quindi una facolt innata del genere umano, fonte di conoscenza della realt ma anche di diletto: un dono di natura come il linguaggio che alcuni individui possiedono in misura maggiore di altri, e che
viene affinato attraverso la tecnica. Allantica immagine del poeta ispirato
dal nume Aristotele sostituisce la figura dellartista quale fedele seguace dei
principi dettati dalla natura; le forme poetiche raggiungono la loro perfezione allorch attuano tutte le loro potenzialit, cio quando manifestano
compiutamente la loro essenza e insieme esprimono lindole dellautore: la tragedia smise di mutare quando ebbe conseguito la propria natura,
e fu la stessa natura a trovare il verso appropriato. Ancora, limitazione
al contempo rappresentazione e finzione: dal momento che il poeta un
imitatore come un pittore o un altro fabbricatore di immagini, inevitabile
che egli imiti sempre in uno dei tre modi che ci sono: o come le cose erano o sono, o come dicono e sembra loro che siano, o come dovrebbero essere. Nella poesia, per, limitazione si esplica nel racconto: ovvero, il racconto la composizione dei fatti imitazione di unazione, realmente
accaduta o soltanto possibile (al poeta capita di rappresentare cose avvenute, nondimeno poeta, perch nulla impedisce che tra le cose avvenute
ve ne siano alcune quali verisimile che siano, e secondo questa verisimiglianza egli ne compositore). Proprio nella narrazione di eventi possibili consiste la superiorit della poesia sulla storia:
il compito del poeta non dire le cose avvenute, ma quali possono avvenire, cio
quelle possibili secondo verisimiglianza o necessit. Lo storico e il poeta non si di-
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stinguono nel dire in versi o senza versi (si potrebbero mettere in versi gli scritti di
Erodoto e nondimeno sarebbe sempre una storia, con versi o senza versi); si distinguono invece in questo: luno dice le cose avvenute, laltro quali possono avvenire. Perci la poesia cosa di maggiore fondamento teorico e pi importante della storia, perch la poesia dice piuttosto gli universali, la storia i particolari. universale il fatto che a una persona di una certa qualit capiti di dire o di fare cose di
una certa qualit, secondo verisimiglianza o necessit, il che persegue la poesia [...].
Il particolare invece che cosa fece o sub Alcibiade.
Stabiliti lautonomia e il primato della poesia rispetto a ogni altro genere di racconto, Aristotele passa a definire le categorie che consentono di distinguere e classificare le forme poetiche. Queste differiscono in primo luogo per i mezzi, ossia per i linguaggi (parola, musica, danza), che possono
essere usati separatamente, parzialmente e congiuntamente, e per il ritmo
(non si dimentichi che nella Grecia classica la poesia era in molti casi accompagnata dalla musica); in secondo luogo per gli oggetti. Dal momento
che coloro che imitano imitano persone che agiscono, e queste di necessit
sono o serie o dappoco (i caratteri si conformano in effetti quasi sempre a
questi soli tipi, perch tutti differiscono per quanto riguarda il carattere in
vizio o in virt), o dunque migliori di noi o peggiori o anche quali noi siamo
[...], chiaro che anche ciascuna delle dette imitazioni presenter queste
differenze e si distinguer per avere distinti nel modo indicato gli oggetti
dellimitazione.
La terza categoria attiene al come si pu compiere limitazione di ciascuna di queste cose, ossia ai modi.
possibile infatti imitare gli stessi oggetti con gli stessi mezzi, sia narrando, diventando qualcun altro come fa Omero o rimanendo se stesso e non trasformandosi, sia che quelli che imitano siano tutti quanti come agenti operatori.
Limitazione dunque, come si detto al principio, sta in queste tre differenze:
nel con che cosa, nel che cosa e nel come. Cos per un aspetto Sofocle pu essere
imitatore uguale ad Omero, imitano infatti entrambi persone serie, per un altro
aspetto ad Aristofane, entrambi infatti imitano persone che fanno e agiscono; donde anche alcuni dicono che queste opere siano chiamate azioni drammatiche, in
quanto si imitano persone che agiscono.
Per riguardo ai modi, dunque, occorre distinguere fra una poesia drammatica (in cui i personaggi sono i soggetti esclusivi dellelocuzione) e una
poesia diegematica, a sua volta suddivisa in due tipologie (a seconda che a
parlare sia soltanto il poeta, come nel ditirambo, o che il suo racconto sia
inframmezzato dal discorso diretto dei personaggi, come nellepica). Ma
Aristotele tiene anche a ribadire, nel brano appena citato, che lesatta classificazione delle forme poetiche (ossia una soddisfacente comprensione
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delle loro propriet distintive) richiede limpiego contestuale di tutte le categorie in precedenza formulate. Se la comparazione si limitasse agli oggetti non si coglierebbe differenza alcuna fra i poemi omerici e le tragedie
di Sofocle, perch gli uni e le altre hanno per protagonisti persone serie;
per altro verso, se lanalisi fosse circoscritta ai modi, non si registrerebbero rilevanti diversit fra i drammi sofoclei e le commedie di Aristofane, che
alcuni accomunano infatti sotto la denominazione di azioni drammatiche
(e invece la tragedia si distingue dalla commedia perch questa [...] si propone di rappresentare persone peggiori, quella migliori che nella realt).
Da queste premesse derivano le definizioni dei generi. La tragedia innanzitutto, che
imitazione di unazione seria e compiuta, avente una propria grandezza, con parola
ornata, distintamente per ciascun elemento nelle sue parti, di persone che agiscono
e non tramite una narrazione, la quale per mezzo di piet e paura porta a compimento la depurazione di siffatte emozioni.
Intendo per parola ornata quella fornita di ritmo e di musica; distintamente per
gli elementi il comporre alcuni solo con versi, altri invece col canto. Poich agendo che si realizza limitazione, anzitutto di necessit una parte della tragedia sar
lordine di ci che si vede, unaltra la composizione dei canti, e quindi il linguaggio.
con questi mezzi che si realizza limitazione. Intendo per linguaggio la stessa composizione dei versi e per composizione dei canti ci la cui funzione perfettamente chiara.
Poich imitazione di unazione, ed agita da alcuni che agiscono, i quali necessariamente sono di una certa qualit per il carattere e il pensiero (grazie a questi noi diciamo che le azioni sono dotate di una certa qualit, ed in seguito ad esse che tutti hanno successo o falliscono), imitazione dellazione il racconto. Per
racconto qui intendo la composizione dei fatti, per caratteri ci secondo cui diciamo che chi agisce ha una propria qualit, e per pensiero tutto ci con cui, parlando,
si dimostra qualcosa o si esprime un giudizio [...]; tuttavia il pi importante di questi elementi la composizione dei fatti. La tragedia infatti imitazione non di uomini ma di azioni e di modo di vita; non si agisce dunque per imitare i caratteri, ma
si assumono i caratteri a motivo delle azioni; pertanto i fatti, cio il racconto, sono
il fine della tragedia.
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Anche la poesia epica come s visto presenta alcuni aspetti in comune con la tragedia, ma se ne distingue per molti altri.
Lepica [...] si conforma alla tragedia fino ad essere imitazione con parole in versi di caratteri seri; in ci invece differisce: nellusare un verso solo, e nellessere una
narrazione. E ancora per la durata: luna cerca quanto pi pu di essere compresa
in una sola giornata o di eccederne poco, lepica invece indefinita per il tempo, e
in questo si distingue: dapprincipio tuttavia sotto questo aspetto nelle tragedie si faceva lo stesso che nei poemi epici.
[...] E ancora: lepica deve avere le stesse forme della tragedia: essere semplice,
complessa, di caratteri o di evento. Anche le parti, eccetto la musica e la vista, sono le stesse. C bisogno infatti dei rovesciamenti, dei riconoscimenti e delle emozioni, e inoltre deve possedere ben disposti i pensieri e il linguaggio. [...]
Lepica si differenzia per per la lunghezza della composizione e per il verso.
Della lunghezza limite sufficiente quello che stato detto: si deve poter abbracciare con uno sguardo linizio e la fine. Questo potrebbe avvenire se le composizioni fossero pi brevi di quelle antiche e corrispondessero a quante tragedie vengono
presentate in una sola recita. Riguardo poi allestensione della sua grandezza lepica ha un tratto peculiare notevole per il fatto che alla tragedia non concesso di riprodurre contemporaneamente pi parti, ma soltanto la parte agita sulla scena dagli attori, nellepica invece, per il fatto di essere una narrazione, possibile rappresentare pi parti che si compiono contemporaneamente, dalle quali, se appropriate,
il corpo del poema risulta accresciuto. Pertanto possiede questo vantaggio in vista
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della grandiosit: di far passare lascoltatore attraverso diversi sentimenti e di arricchirsi di episodi variati. La monotonia porta in effetti rapidamente a saziet e fa
cadere le tragedie.
Il verso eroico si adattato per esperienza. Se si eseguisse unimitazione narrativa in qualsiasi altro verso o in molti, risulterebbe sconveniente, perch leroico
il verso di maggiore compostezza e corposit (perci sopporta meglio glosse e traslati, limitazione narrativa infatti pi ricca delle altre), mentre il giambo e il tetrametro sono di movimento, questo di danza, quello dazione. Ancora pi assurdo
mescolarli, come Cheremone. Perci nessuno ha prodotto una vasta composizione
se non in verso eroico e, come abbiamo detto, la stessa natura a insegnare a scegliere ci che le conviene.
Omero, degno di lode per molte altre cose, tra laltro il solo poeta che non
ignora quel che ha da fare. Il poeta deve parlare il meno possibile in prima persona,
perch non in questo che imitatore. Gli altri dunque declamano in prima persona tutto il tempo e imitano poco e raramente, egli invece, dopo aver brevemente
proemiato, subito introduce un uomo, una donna o un altro personaggio, nessuno
privo di caratterizzazione, ma con carattere.
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possiede tutto ci che possiede lepica ( possibile anche che ne usi il verso), e in
pi in non piccola parte la musica grazie a cui i piaceri acquistano pi evidente consistenza, e questa evidenza la possiede sia alla lettura sia allesecuzione. Ancora: per
il compiersi il fine dellimitazione in minore ampiezza: ci che pi concentrato
pi gradevole di ci che diluito in molto tempo, intendo come se si ponesse lEdipo di Sofocle in versi epici quanti ne ha lIliade. Ancora: limitazione epica meno
unitaria [...].
Sicch chi sa distinguere la tragedia che vale da quella che non vale, sa
distinguere anche i canti epici, perch ci che proprio dellepica appartiene alla tragedia, mentre non tutto ci che proprio di questa compreso nellepica.
Come si visto, linteresse di Aristotele si concentra sulla tragedia (Genette ha addirittura affermato che la Poetica si riduce essenzialmente ad
una teoria della tragedia) e in subordine sullepica, mentre soltanto
qualche accenno riservato alla commedia e alla parodia: manca la definizione delle altre forme poetiche, a cominciare dal poema lirico (questa
omissione ha indotto pi duno anche sulla scorta di antiche, ma poco attendibili testimonianze a supporre lesistenza di un secondo libro della
Poetica, a noi non pervenuto). Ma Aristotele non intendeva compilare un
inventario della letteratura greca (la sua indagine, a ben vedere, circoscritta alla produzione in versi), n ricostruirne esaurientemente lo sviluppo storico, e neppure elaborare una sistematica dei generi; voleva illustrare una concezione della natura e dei fini dellarte in generale, e di quella
poetica in particolare (la superiorit riconosciuta alla tragedia deriva dalla
convinzione che essa incarni esemplarmente lessenza della poesia, ossia il
principio dimitazione). E qui va registrata la prima, importante novit rispetto allinsegnamento di Platone; in pi, Aristotele introduce una pi accurata classificazione degli oggetti, e riformula la teoria dei modi dellelocuzione (delle situazioni di enunciazione, precisa Genette) delineata dal
maestro, ignorando di fatto la forma diegetica pura (cio la narrazione in
prima persona, tipica del ditirambo).
Ma ci che pi importa, conclusivamente, notare che la Poetica contiene gi in s e quasi anticipa i termini in cui la questione dei generi letterari sar declinata nei secoli successivi. Nel trattato, infatti, una propensione analitico-descrittiva convive con un intento normativo e con una concezione essenzialistica della poesia. Per questultimo aspetto, va ricordato
che in diversi luoghi del trattato a cominciare, come s visto, dallincipit
Aristotele attribuisce alle forme poetiche una dunamis propria. Schaeffer
ha opportunamente ricordato che dunamis un termine tecnico della filosofia aristotelica: si riferisce alla sostanza e indica lessere in potenza in
opposizione al suo essere in atto, che lenergeia. Solo una sostanza pu
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possedere una dunamis, perch solo una sostanza possiede una natura interna. il caso degli esseri naturali: la loro natura interna il principio del
loro moto e della loro quiete, dunque del loro passaggio dalla potenza allatto. Ammettere che i generi hanno una dunamis interna, ammettere che
possono passare dalla potenza allatto significa perci considerarli come
sostanze. Non a caso della tragedia si dice che smise di mutare quando
ebbe conseguito la propria natura; e non a caso le forme poetiche sono talvolta paragonate ad organismi biologici. A proposito della narrazione tragica, Aristotele scrive: ci che bello, sia animale sia ogni cosa composta di
alcune parti, non soltanto deve averle ordinate, ma anche essere di grandezza non casuale, ci che bello lo infatti in grandezza e disposizione
[...]. Pertanto, come per i corpi e gli animali ci deve essere una grandezza e
questa deve essere facilmente abbracciabile con uno sguardo, cos anche
per i racconti ci deve essere una durata. E ancora, a proposito dellepica:
Quanto allimitazione narrativa in versi chiaro che i racconti si debbono
comporre come nelle tragedie alla maniera drammatica, intorno ad ununica azione intera e compiuta, che abbia un principio, un mezzo e una fine,
perch procuri il piacere che le proprio come un unico animale intero.
Nella Poetica si possono dunque ritrovare le premesse sia del paradigma
essenzialistico che dominer la teoria dei generi letterari per tutto lOttocento, sia del criterio descrittivo-classificatorio e normativo che incontrer
largo favore nella cultura letteraria del Medioevo e dellet moderna.
2. Poetica, retorica e generi letterari nella Roma classica
Stando alle conoscenze in nostro possesso, non sembra che la Poetica di
Aristotele abbia esercitato una grande influenza sulla cultura letteraria ellenistica e latina: bisogner attendere il IV secolo d.C. per trovare, nellArs
grammatica di Diomede (pi precisamente, nel terzo libro del trattato), lillustrazione di un sistema dei generi fondato sulla teoria platonico-aristotelica dei modi. Diomede classifica le forme poetiche sotto le due grandi categorie di genera e species: i genera sono individuati sulla base di uno schema ternario composto appunto dal modo attivo o imitativo (in cui i personaggi soli agiscono, senza che intervenga mai il poeta), dal narrativo o
espositivo (in cui il poeta in persona propria parla senza che intervenga
mai alcun personaggio), dal comune o misto (in cui il poeta parla in persona propria e dei personaggi prendono la parola); le species raggruppano
le forme in cui si sono storicamente manifestati i genera. Cos, ad esempio,
al genere imitativo vengono ricondotti la tragedia, la commedia, il dramma
satiresco, il mimo e le forme tipiche del teatro latino (atellana, pretesta, tabernaria); al genere narrativo, la poesia gnomica, storico-mitografica, dida32
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scalica; al genere misto, la poesia epica e la lirica (e qui sta il punto di novit introdotto da Diomede rispetto al paradigma platonico-aristotelico: una
novit che si spiega con la presenza, nella tradizione letteraria latina, di
opere come le Bucoliche virgiliane, o le Odi e gli Epodi di Orazio in cui
allelocuzione dellautore salterna talora la parola dei personaggi).
Ben altra fortuna tocc alla retorica aristotelica, che si occupa ha precisato, tra gli altri, Roland Barthes di due distinti aspetti del discorso. La
tecnica retorica tratta dunarte della comunicazione quotidiana, del discorso in pubblico; la tecnica poetica tratta dunarte dellevocazione immaginaria; nel primo caso si tratta di regolare la progressione del discorso
di idea in idea, nel secondo caso la progressione dellopera dimmagine in
immagine; ed appunto lopposizione di questi due sistemi: uno retorico,
laltro poetico, che definisce effettivamente la retorica aristotelica. A un
certo punto, lopposizione sar neutralizzata, retorica e poetica si fonderanno, e la retorica diventer una tecnica della creazione poetica: questo succede pi o meno allepoca di Augusto (con Ovidio, Orazio) ed un po
pi tardi (Plutarco, Tacito).
NellArs poetica di Orazio, la lezione dello Stagirita ravvisabile innanzitutto nella concezione della poesia come imitazione, mistura di vero e di
falso (ita mentitur, sic veris falsa remiscet), di fedele rappresentazione
della realt e di finzione (ma anche per il poeta latino limmaginazione deve essere disciplinata dallobbligo della verosimiglianza: Ficta voluptatis
causa sint proxima veri), come sintesi di talento naturale e di tecnica
(Natura fieret laudabile carmen an arte / quaesitum est: ego nec studium
sine divite vena / nec rude quid prosit video ingenium; alterius sic / altera
poscit opem res et coniurat amice). Principio e fonte dellarte della scrittura il sapere (Scribendi recte sapere est et principium et fons): se si ha
chiaro il concetto, le parole seguono senza sforzo (verbaque provisam rem
non invita sequentur). La tecnica, poi, si acquisisce con lesperienza ma soprattutto con lo studio assiduo dei classici, in primo luogo greci (Vos
exemplaria Graeca / nocturna versate manu, versate diurna), da Omero ad
Archiloco, dai poeti lirici ai grandi autori tragici. Combinando sapientemente retorica e poetica, Orazio distingue i generi tragedia, commedia, lirica ed epica in rapporto ai modi (il drammatico e il narrativo: Aut agitur res in scaenis aut acta refertur), agli stili, alla metrica, ai fini. E il fine,
appunto, giustifica il primato della tragedia: mentre tutti i poeti vogliono o
dilettare o giovare (Aut prodesse volunt aut delectare poetae), il dramma
ottiene leffetto non soltanto di appagare il gusto del bello, ma anche di
commuovere (Non satis est pulchra esse poemata: dulcia sunto / et quocumque volent animum auditoris agunto), poich la vista pi delludito ha
il potere di suscitare emozioni (Segnius irritant animos demissa per aurem: in proposito, va ricordato che, secondo Aristotele, provocare turba33
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mento per mezzo della vista piuttosto estrinseco allarte e legato alla
messinscena, e che possibile ottenere lo stesso effetto attraverso la
composizione dei fatti, ci che preferibile e del poeta migliore). Dagli
insegnamenti dello Stagirita Orazio mutua anche i precetti fondamentali
della composizione poetica: la misura, il decoro, lordine e la chiarezza
dellelocuzione; lefficace caratterizzazione dei personaggi; lappropriatezza
dei mezzi (lessico, metrica, ritmo) agli oggetti; ma soprattutto la semplicit
della struttura e larmonia delle sue parti, che garantiscono lunitariet
dellopera (Denique sit quodvis, simplex dumtaxat et unum).
Ma v un ulteriore aspetto della teoria aristotelica che Orazio riprende
e sviluppa in maniera assai originale nonch straordinariamente moderna
(e perci durevole). Come s detto, il filosofo greco intendeva la storia della poesia come un lento passaggio dalla potenza (dunamis) allatto (energeia), ovvero come una progressiva rivelazione della sua essenza; per il
poeta latino, invece, levoluzione della letteratura determinata dallintreccio di continuit e rinnovamento. La continuit riposa sullautorit del canone, sullimitazione dei modelli della tradizione (che diventer un principio basilare della poetica classicistica): Orazio condanna la smaniosa ricerca della novit, ritiene che la rielaborazione dei capolavori del passato
per esempio, la trasposizione teatrale di un canto dellIliade sia preferibile allassillo delloriginalit (tuque / rectius Iliacum carmen deducis in
actus, / quam si proferres ignota indictaque primus), consiglia di coniugare prudentemente il nuovo con lantico, perch il pubblico accoglie con
maggior favore le opere in cui riconosce qualcosa di familiare. Il rinnovamento determinato dalle trasformazioni del linguaggio, che, sebbene generato dallesercizio di una facolt congenita alluomo (come insegnava Aristotele), plasmato dal corso imperscrutabile della storia: come nei boschi,
col passare delle stagioni, cadono le vecchie foglie e spuntano le nuove, cos, nella selva della lingua, molte parole muoiono, altre germogliano e alcune che sembravano morte rinascono, obbedendo alle volubili scelte
delluso, ma anche alle leggi e alle norme che regolano gli idiomi, implicitamente equiparati ad organismi biologici (Ut silvae foliis pronos mutantur in annos, / prima cadunt: ita verborum vetus interit aetas, / et iuvenum
ritu florent modo nata vigentque. [...] Multa renascentur quae iam cecidere,
cadentque / quae nunc sunt in honore vocabula, si volet usus, / quem penes
arbitrium est et ius et norma loquendi).
La distinzione fra tecnica retorica e tecnica poetica si rende palese
nellInstitutio oratoria di Quintiliano, un trattato di eloquenza (ma con ripetuti sconfinamenti nella grammatica, nella pedagogia e persino nella filosofia morale) composto sul finire del I secolo d.C. Nel decimo libro, che ha
per argomento limportanza della lettura nella formazione delloratore,
Quintiliano compila una rapida rassegna dei generi e degli autori pi emi34
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Infatti, nulla progredisce grazie alla sola imitazione. [...] La somiglianza tanto difficile che neppure la natura stata in grado di fare in modo
che le cose che sembrano pi simili e pi uguali non presentino inevitabilmente una qualche differenza che le distingua. Si aggiunga il fatto che tutto ci che simile a qualcosaltro inevitabile che sia inferiore al modello,
come lombra inferiore al corpo, il ritratto al viso, la rappresentazione degli attori alle emozioni reali.
Dunque sbagliano coloro i quali pensano
di aver mirabilmente riprodotto quello che hanno letto quando hanno estrapolato
dai discorsi alcune parole o alcuni ritmi invariabili della composizione, mentre le
parole cadono in disuso e si affermano col passare del tempo (perch la regola pi
sicura in materia risiede nelluso, ed esse non sono buone o cattive intrinsecamente, perch prese di per s non sono che dei suoni, ma a seconda che la loro contestualizzazione sia opportuna e appropriata o meno) e la composizione non solo
conforme al soggetto, ma anche piacevolissima per la sua stessa variet.
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DallArs poetica di Orazio Quintiliano desume non soltanto la concezione della lingua, come s visto, ma anche il canone dellimitazione: e infatti raccomanda ad ogni persona assennata di appropriarsi di quello
che vi di meglio in ciascun autore, poi, in un campo cos difficile, chi guarda a un solo modello riesce a malapena a riprodurne un aspetto; e perci,
essendo pressoch impossibile per luomo riprodurre integralmente lautore prescelto, poniamoci dinanzi agli occhi i pregi di pi autori, in modo che
ce ne resti attaccato uno da un autore, laltro da un altro, e adattiamo ciascuno al contesto appropriato.
Lesercizio dellimitazione contribuisce anche allacquisizione dello stile, che deve rispondere a criteri di utilit e di convenienza (ovvero deve essere commisurato al risultato che si intende ottenere, e dunque alle caratteristiche del destinatario, del luogo e delloccasione in cui prodotta lelocuzione), ma anche di decoro. E poich ogni stile ha la sua legge, i genera
dicendi delleloquenza andranno classificati in tre distinte categorie.
Si fissato un primo genere, tenue, chiamato ischns, un secondo, elevato e vigoroso, detto hadrs; se ne aggiunto un terzo: intermedio, secondo alcuni, fiorito,
secondo altri (lo chiamano anthers). La natura di questi tre generi pi o meno la
seguente: il primo sembra svolgere il ruolo di informare, il secondo di commuovere, il terzo, comunque lo si chiami, di dilettare, o, come dicono altri, di accattivarsi
il favore delluditorio; nellinformare si richiede, sembra, acutezza; nellaccattivarsi
il favore delluditorio, dolcezza; nel commuovere, forza.
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poetica. In questo trattato in versi le opere sono classificate secondo cinque fondamentali categorie: la forma linguistica (distinta fra prosa e metrum), lo stile (suddiviso in humilis, mediocris e gravis), il modo dellelocuzione (le cui specificazioni sono ricalcate sullo schema triadico di Diomede), loggetto del racconto (ovvero le species narrationis, che possono
riguardare le res gesta o historia, le res ficta o fabula, le res ficta quae tamen fieri potuit o argumentum), la manifestazione dei sentimenti e la loro natura (che d luogo ai genera tragica, comica, satyrica e mimica). La
Poetria rappresenta perci, sotto molti aspetti, quasi un ponte gettato fra
Medioevo e Rinascimento.
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III.
Let moderna
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espresso dal canonico su questi racconti stravaganti, che mirano solo a divertire e non ad ammaestrare (contrariamente a quanto fanno le favole
dette apologhi, che divertono ed ammaestrano insieme), dettato appunto dalla piena condivisione della poetica classicistica. Secondo il canonico,
il diletto che si concepisce nellanima devessere quello della bellezza e dellarmonia
che lanima scorge o contempla tra le cose che lo sguardo o la fantasia gli mettono
dinanzi; ed ogni cosa che ha in s bruttezza e sproporzione non pu causarci gioia di
sorta. E dunque, che bellezza pu esserci, o che proporzione fra le parti e il tutto, e
fra il tutto e le parti, in un libro o favola in cui un ragazzo di sedici anni d un colpo
a un gigante alto come una torre e lo spacca in due come se fosse di pasta di mandorla, o dove, se si mettono a descriverci una battaglia, dopo aver detto che dalla
parte dei nemici c un milione di combattenti, tuttavia, se contro di essi combatte il
protagonista del libro, per forza, e nostro malgrado, ci tocca sentire che quel cavaliere conquist la vittoria unicamente per il valore del suo forte braccio? Che diremmo poi della facilit con cui la erede di un regno o di un impero finisce nelle braccia
di un errante e sconosciuto cavaliere? Quale intelligenza, se non barbara e incolta,
pu accontentarsi di leggere che una grande torre piena di cavalieri saddentra nel
mare, come una nave al vento propizio, e oggi le fa notte in Lombardia, e domani le
fa giorno sulle terre del Prete Giovanni delle Indie, o in altre mai scoperte da Tolomeo o mai viste da Marco Polo? E se a ci mi si obiettasse che quelli che compongono tali libri li scrivono come cose di fantasia, e non sono quindi tenuti a badare a
sottigliezze e a verit, dovrei allora rispondere che tanto migliore la fantasia quanto pi par vera, e tanto pi aggrada quanto pi si mantiene sul piano del dubbio e
della possibilit. Le favole immaginarie devono sposarsi con lintelligenza di quelli
che le leggono, e devono essere scritte in maniera che, rendendo accettabili le cose
impossibili, appianando le sproporzioni, sospendendo gli animi, procurino meraviglia, tengano sospesi, rallegrino, e distraggano in maniera che meraviglia e allegria
procedano di pari passo; e tutto questo non potr mai fare chi rifuggisse dalla verosimiglianza e dalla naturalezza, in cui consiste la perfezione di ci che si scrive.
Al pari del canonico, anche il curato convinto che il principio di verosimiglianza debba costituire il fondamento della poesia. Riferendosi alla
commedia, egli ritiene, in ossequio alla lezione degli antichi, che essa debba essere lo specchio della vita umana, lesempio dei costumi e limmagine della verit. Sarebbe dunque auspicabile che lo spettatore uscisse dal
teatro divertito dalla comicit, ammaestrato dalla verit, meravigliato dagli avvenimenti, messo in guardia dagli inganni, impratichito con gli esempi, adirato contro il vizio e innamorato della virt; e invece le commedie
che ora si rappresentano son specchi di assurdit, esempi di scempiaggini
e immagini di lascivia.
Perch, ci pu essere mai, nel campo di cui ci occupiamo, unassurdit pi
grande di quella dun bambino che esce in fasciole nella prima scena del primo at-
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to, e nella seconda vien fuori gi uomo con tanto di barba? O pi di rappresentarci un vecchio coraggioso e un giovanotto vigliacco, un lacch che fa concioni, un
paggio che d consigli, un re bracciante o una regina sguattera? E che dire dellosservanza dei tempi in cui possono o potrebbero accadere le azioni che rappresentano, se ho assistito a una commedia che il primo atto iniziava in Europa, il secondo in Asia e il terzo fin in Africa; e se fosse stata di quattro atti, il quarto si sarebbe concluso in America, sicch si sarebbe svolta in tutte quattro le parti del
mondo? E [...] come pu soddisfare unintelligenza media il fatto che, mentre lazione si finge abbia luogo al tempo di re Pipino e di Carlomagno, allattore principale
fanno far la parte dellimperatore Eraclio, che entr con la Croce in Gerusalemme,
e quella di conquistatore del Santo Sepolcro, come Goffredo di Buglione, quando
fra luno e laltro ci sono un sacco di anni di differenza; e mentre la commedia
fondata su fatti immaginari, le si attribuiscono verit storiche e vi si inseriscono
pezzi di altri fatti successi a differenti persone ed epoche, e tutto questo, non gi
per unapparenza di verosimiglianza, ma per grossolani errori, assolutamente imperdonabili?
Come si visto, il curato fa discendere dal principio di imitazione la necessit di osservare lunit di tempo, di luogo e dazione nella commedia.
Ma anche le censure da lui mosse al dramma sacro spagnolo di quel tempo
sono motivate dallobbligo di evitare gli arbtri dellimmaginazione, di rispettare il vero storico e di tenerlo nettamente distinto dalla creazione fantastica.
Quanti miracoli falsi vi si fingono, quante cose apocrife o malamente intese, e
miracoli di un santo attribuiti a un altro! E non si peritano di far miracoli anche nelle commedie profane, senza nessun rispetto n altra considerazione allinfuori di
quella che pare a loro che l ci pu star bene quel tal miracolo o quella tale apparizione, come la chiamano loro, perch la gente ignorante rimanga colpita e vada a
vedere la commedia; e tutto ci va a detrimento della verit e a scapito della storia,
nonch ad onta dellintelligenza spagnola, perch gli stranieri, che invece osservano
con rigore le regole della commedia, vedendo le assurdit e le scempiaggini di quelle che facciamo noi, ci considerano barbari e ignoranti.
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guirebbe assai meglio, senza possibilit di paragone, con le buone commedie, anzich con quellaltre.
Dallauspicio del curato traspaiono, sia pure grottescamente e iperbolicamente deformati, lo zelo dei pedanti, la loro ottusa adorazione del feticcio delle regole, cui Cervantes contrappone implicitamente la libert dellinvenzione poetica e, insieme, il gusto del pubblico, elevato a suprema istanza di giudizio dellopera darte.
Per tutto il Cinquecento, la trattatistica che si richiama allautorit dello Stagirita si divide per sullapplicazione della tipologia dei generi esposta nella Poetica. Il dibattito generato dalla difficolt di collocare le forme della letteratura latina e volgare entro lo schema aristotelico: ed su
questo problema appunto che si confrontano coloro i quali esigono da ogni
opera lo scrupoloso rispetto delle leggi del genere preso a modello, negando legittimit e valore artistico ai testi che mostrano di eluderle o addirittura di violarle, e coloro che propongono un uso duttile delle categorie aristoteliche, fino a derivarne nuove classificazioni. Rilevante, in proposito, la
disputa sul poema eroico, che riguard in primo luogo lOrlando Furioso,
manifestamente irriducibile al paradigma omerico e virgiliano, e perci
ascritto da Giraldi Cintio e da Pigna a un genere di fresco conio, il romanzo (di cui si parler pi diffusamente in seguito), ma anche sui nuovi generi. In proposito, lepisodio pi significativo rappresentato dalla polemica suscitata dal Pastor fido di Guarini, che lo stesso autore defin una tragicommedia e ritenne compatibile con le partizioni aristoteliche in quanto
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assommava le qualit proprie della tragedia e della commedia. Ma la pi importante riforma del sistema dei generi riguard, per dirla con Fubini,
la sostituzione della bipartizione aristotelica di poesia drammatica e poesia narrativa con la tripartizione di drammatica, epica e lirica; poich non si poteva, anche se
degli aristotelici consequenziari non esitassero a farlo, negare il carattere di poesia
a opere classiche ed esemplari della letteratura latina e di quella volgare, come le
Odi di Orazio e sopra tutto il Canzoniere del Petrarca. Vi fu chi ritenne di trovare
in Aristotele stesso, in quel ditirambo menzionato nella prima pagina della Poetica, il riconoscimento di quel terzo genere, la lirica, ma al di l di una giustificazione puramente verbale andarono coloro i quali dimostrarono come anche componimenti quali quelli del Petrarca rientrino nella generale definizione di poesia come
imitazione, e vengano perci a costituire un genere altrettanto legittimo quanto
quelli di cui aveva discorso lo Stagirita, lepica e la drammatica.
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si divide nelle prime spezie, che sono tre: cio rassomiglianza per istormento, nel
quale si comprendono parole, ballo e suono, rassomiglianza per materia, sotto la
quale si comprendono i migliori, i piggiori e i mezzani, e rassomiglianza per modo,
sotto il quale si comprendono il racconto e la rappresentazione e l mescolamento
del racconto e della rappresentazione. Ora la rassomiglianza per istormento d alla
poesia le seconde spezie, che sono, avendo riguardo allo stormento atterzato, tragedia, comedia e ditirambica; e allo stormento simplice, epopea e arte di ballo; e allo stormento doppio, arte di fiuto e di citara. La rassomiglianza per materia d alla
poesia le seconde spezie: avendo rispetto a migliori, a piggiori e a mezzani, tre spezie depopea e tre spezie di ditirambica; e avendo rispetto a migliori solamente, d
la tragedia, e a piggiori solamente, d la comedia. E la rassomiglianza per modo d
le seconde spezie della poesia: avendo rispetto al racconto, la ditirambica; e avendo rispetto alla rappresentazione, la tragedia e la comedia; e avendo rispetto al mescolamento del racconto e della rappresentazione, lepopea.
Dopo aver ribadito che, secondo Aristotele, la qualit della rassomiglianza, e spezialmente della materia, quella che fa e distingue i poeti, e
non la qualit de versi, Castelvetro divide appunto la materia (gli oggetti) in tre classi, che corrispondono a tre maniere di persone, caratterizzate non dalla bont o dalla malvagit de costumi e dellanimo, ma
dalla loro condizione sociale (gli stati delle persone possono essere o
reali o cittadini o contadini). Quanto ai mezzi, lo stormento col quale si
rassomiglia si divide in tre parti, cio in verso, ballo e armonia, delle quali
tre parti seperate e messe insieme si formano cinque spezie, cio quella del
ballo solo, quella del ballo e dellarmonia congiunti insieme, quella del verso solo, quella del verso, del ballo e dellarmonia congiunti insieme in un
tempo, e quella del verso, del ballo e dellarmonia congiunti insieme in tempo diverso.
Per quanto riguarda i modi, infine, vengono individuate tre spezie del
modo del rassomigliare: o per racconto mutandosi il raccontatore in altra
cosa, come fa Omero; o per racconto non mutandosi il raccontatore; o per
rappresentazione essendo occupati i rassomigliatori in facende.
Orbene, combinando le tre spezie della materia con le cinque dello
stormento e le tre del modo (narrativo mutato, narrativo non mutato, attivo), Castelvetro ottiene novantacinque tipi di rassomiglianza, che subito dopo riduce a cinquantacinque, non parendogli esser vero che ciascuna
spezie del modo passi per ciascuna spezie dello stormento, s come io veggo che passa per ciascuna spezie della materia. Si tratta, com evidente,
di un calcolo del tutto astratto, che per introduce la distinzione fra generi
teorici e generi storici. Non lunico elemento di novit del trattato: ugualmente significativa lattenzione riservata da Castelvetro alla posizione e ai
caratteri del raccontatore (del locutore), che lo porta a una originale revisione della teoria aristotelica dei modi. Egli dubita che Aristotele abbia ef47
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fettivamente tripartito i modi in rappresentativo, narrativo e misto, e ritiene piuttosto che per lui non sieno se non due modi, luno narrativo e laltro rappresentativo, ma che il narrativo si divida in due, cio nel narrativo
pieno e nel narrativo sciemo (io chiamo modo narrativo pieno quello per lo
quale il parlatore parla in sua persona e in persona altrui, percioch altri
pu fare luna cosa e laltra senza trasformare la sua persona, e modo narrativo sciemo quello per lo quale altri parla in sua persona sola). Ancora:
nella narrazione piena, accanto al locutore prendono la parola non solamente o uomo o donna, ma altra cosa ancora, conciosia cosa che i parlatori introdotti nella narrazione possano essere di cinque maniere: uomini
e donne, divinit e demoni (ma anche lanime de dannati), affezzioni o
vizi o virt dellanimo nostro, animali sensibili e vegetabili, oggetti inanimati (sasso, oro, ferro, letto, tavola e simili). Dunque nella poesia
si palesano le cose e le parole, o per parlare pi dirittamente si palesano le imagini
delle cose e delle parole che sono riposte nella memoria, per gli dicitori in un de
tre modi: o con parole sole poste in luogo di cose e di parole, che si domanda modo narrativo; o si palesano con cose e con parole poste in luogo di cose e di parole, che si domanda modo rappresentativo [...]; o si palesano con cose e con parole
non poste in luogo di cose e di parole, ma simiglianti alle cose e alle parole, che si
pu domandare modo similitudinario. Egli vero che pare che Platone e Aristotele
non abbiano riconosciuti se non i due primi modi, cio il narrativo e l rappresentativo, ma non il similitudinario.
Il modo proprio dellepopea, secondo Castelvetro, costituito dal mescolamento non del narrativo e del rappresentativo, ma del narrativo e del
similitudinario. Inoltre, ci sono tre modi di parole co quali si possono figurare e palesare le parole che sono raccommandate alla memoria, cio il
modo oblico e l modo diritto; il quale modo diritto si divide in due, cio in
quello col quale sono le parole dette dalla persona riposta in luogo di persona, e in quello col quale le parole sono dette dal narratore servando la sua
persona. Il modo oblico proprio della maniera narrativa, mentre il modo diritto, quando riposta persona in luogo di persona, non ist bene altrove che nella rappresentativa maniera, s come il modo diritto, quando il
narratore conserva la sua persona, non ist bene se non alla maniera similitudinaria. [...] La narrativa maniera adunque palesa le cose e le parole con
parole, cio le cose con parole e le parole con modo oblico di parole, o ancora con diritto similitudinario, non riponendo persona in luogo di persona
del narratore. La combinazione dei modi d luogo a un ennesimo schema
teorico: possiamo dire che abbiamo sette modi da introdurre ragionamenti: tre simplici e seperati, tre doppi e composti di due, e uno atterzato e composto di tre: cio narrativo simplice, rappresentativo simplice, similitudina48
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rio simplice; narrativo e rappresentativo congiunti insieme, narrativo e similitudinario congiunti insieme, rappresentativo e similitudinario congiunti
insieme; narrativo, rappresentativo e similitudinario congiunti insieme.
Ancora una volta, riesce difficile incasellare i generi storici in questa
astratta griglia di forme modali: non per caso, Castelvetro si limita a produrre, in merito, una esemplificazione scarna e insoddisfacente. Occorre
per ricordare che egli non ambisce a descrivere n a classificare la totalit delle forme poetiche, ma ad elaborare alcune categorie generali suscettibili di essere utilizzate in funzione sia analitica che normativa; e, soprattutto, conviene conclusivamente richiamare la straordinaria modernit ed
originalit della concezione della lingua enunciata sia pure sommariamente nel trattato. Per Castelvetro, infatti, il referente della parola non
la cosa, ma il segno, sotto la specie di simbolo o di icona: La dirittura della poetica nel saper ben rassomigliare, cio presentare chiaramente a gli
occhi della mente, con parole armonizzate, quello che ci lontano o per distanza di luogo, o di tempo, e farcelo vedere non altrimenti che se ci fosse
avanti agli occhi della fronte. In ci, aggiunge Castelvetro, la poesia raggiunge la sua perfezione. Questa teoria del linguaggio poetico costituisce, a
ben vedere, il pi formidabile argomento addotto a giustificazione della
equazione di imitazione e rassomiglianza, che rappresenta il pi interessante sviluppo della dottrina aristotelica e conferisce un fondamento teorico
alla poetica classicistica del verosimile.
Castelvetro il pi illustre esponente di un filone dellaristotelismo letterario che ha il merito di spostare lo studio dei generi dallambito della retorica a quello della poetica, ma che concentra lattenzione sul binomio di
epopea e tragedia/commedia, riconducendo ad esso tutte le altre forme della poesia e limitandosi ad enumerarle. Ancora nel 1674, nelle sue Rflexions sur la Potique dAristote [Riflessioni sulla Poetica di Aristotele]
Ren Rapin scrive:
La poetica generale pu essere divisa in tre diverse specie di Poema perfetto:
Epopea, Tragedia e Commedia, e queste tre specie possono essere ridotte a due soltanto, delle quali una consiste in azione e laltra in narrazione. Tutte le altre specie
che Aristotele menziona possono esser ricondotte a queste due: la Commedia al
Poema drammatico, la Satira alla Commedia, lOde e lEgloga al Poema eroico. Perch il Sonetto, il Madrigale, lEpigramma, il Rond, la Ballata non sono che specie
del Poema imperfetto.
In un panorama letterario caratterizzato dallegemonia dellaristotelismo una posizione eccentrica occupa il trattato Della poetica di Francesco Patrizi da Cherso, le cui prime due deche apparvero nel 1586, mentre altre cinque, composte quasi certamente fra il 1587 e il 1588 e rimaste
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allo stato di manoscritto, sono state ritrovate e pubblicate soltanto qualche decennio fa. Patrizi si colloca nel solco della tradizione umanisticoplatonica, che per rielabora e sviluppa in maniera autonoma ed originale, senza chiusure dogmatiche: egli infatti assume a bersaglio polemico
non tanto Aristotele quanto i suoi spositori (e fra essi principalmente
Castelvetro), e talvolta si sforza persino di conciliare le teorie dello Stagirita con quelle di Platone. La confutazione della vulgata aristotelica non
risparmia nessuno dei suoi fondamenti. Patrizi nega innanzitutto che la
poesia sia imitazione (dopo aver dimostrato luso polisemico, e dunque
equivoco, che Aristotele fa del termine), e afferma che non la imitazione,
ma lesempio falso imitato fa la poesia: e dunque il poeta non imitatore, ma facitore, o meglio espressore della sua fantasia, dal momento
che, nella mente sua lesempio havendo, il quale a niunaltra cosa di fuori sia simigliante, [...] nondimeno co versi suoi cos lesprime che paia altrui di vederlo. Secondo Patrizi, sbagliano coloro che attribuiscono alla
ignoranza del volgo, [...] accresciuta e favorita dalla vanagloria de poeti, lopinione che la poesia sia infusa ne gli huomini per furor divino
(la citazione tratta da Castelvetro): al contrario, la poesia trae veramente origine da unarcana energia che i Greci, con vocaboli di lor lingua,
chiamarono entusiasmo, anche mania, e i Latini dissero [...] spirazione,
e afflazion divina, e alcuni furore: di qui lassoluta vanit della pretesa di
imporre norme alla creazione poetica, perch il potere che la genera non
pu essere costretto in alcun vincolo.
Sono poi esaminate criticamente le categorie aristoteliche di mezzo, oggetto e modo. Per Patrizi, i modi della poesia sono molto pi numerosi di
quelli elencati da Aristotele, ma anche da Platone, esattamente come gli oggetti: infatti da dire che la poesia non pure cant di tutte le mondane cose come vere e in profezia, e in iscienza, ed in istoria, ma cant non meno
favole, e finzioni, e falsit manifeste. Le quali come che nella scorza false
fossero, nelle midolla per allegoria contenessero. La poesia stata la
prima filosofia, ed il poeta non solo dalla schiera si leva degli altri scrittori tutti, ma eziandio a loro tutti fu ed soprano: siccome le Muse come
dee sanno tutte le cose, cos i poeti, da loro generati e inspirati, di tutte le
cose hanno poetato, e perci padri e duci della sapienza sono stati reputati e domandati. Quanto ai mezzi, da tener per ferma conchiusione chil
verso alla poesia s proprio ed essenziale sia, che le sia necessario. E che
poesia non possa n farsi, n essere senza verso, il quale misura del canto: perch la poesia cantando nacque, e cantando sand sempre facendo
e per cantarla fatta e fu atta a cantarsi, a differenza della prosa. Sgombrato il terreno dagli errori imputabili allo Stagirita e ai suoi seguaci, Patrizi individua trentotto propriet poetiche, poi ridotte a quattordici: entusiasmo, profezia, enimma, sapienza, favola, allegoria, variet, aggrandimen50
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3. Il modello oraziano
Nel corso del Cinquecento (e oltre), lideale classicistico di perfezione poetica assume a modello non soltanto Aristotele, ma anche e soprattutto Orazio, ed illustrato in opere in cui predomina un intento insieme pedagogico e normativo. il caso del De arte poetica di Girolamo Vida, un trattatello in esametri latini sulla formazione del poeta (o sulla educazione alla
poesia), quasi certamente gi composto nel 1516 ma dato alle stampe soltanto nel 1527, in cui i postulati della teoria aristotelica si mescolano con
gli insegnamenti di Orazio, ma anche con elementi di cultura retorica mutuati da Cicerone e Quintiliano. Per Vida la poesia imitazione della natura, sintesi di verit e finzione (ficta potes multa addere veris) governata
dal principio di verosimiglianza: allordine (ordo), allarmonia (ratio), alla
variet (varietas) del mondo naturale deve appunto ispirarsi il poeta, assicurandosi che nella narrazione ogni particolare si collochi nel punto che
ad esso conviene, che la vicenda si svolga con linearit e coerenza e che
la conclusione sia sempre fedele alle premesse, che venga mantenuta la giusta proporzione fra le parti, che i concetti siano espressi in una forma sempre diversa, che il linguaggio sia appropriato allargomento. Imitare per significa anche imparare dagli antichi: se la poesia ha infatti bisogno dellingenium e dellars, perch il primo senza la seconda furore e la seconda
senza il primo artificio, lo studio dei classici non soltanto consente laccesso a una inesauribile miniera di temi e di motivi che possono essere utilmente ripresi e sviluppati, ma soprattutto insegna ad affinare lo stile, evitando il ricorso a un lessico banale oppure oscuro, e procurando che la sincerit dellelocuzione non scada in rozzezza, che leleganza non si muti in
leziosit.
Lesempio degli auctores, oltre a rendere padroni della tecnica (necessaria anche a catturare linteresse del pubblico e a conquistarne il favore),
aiuta a comprendere la propria vocazione e ad acquisire consapevolezza dei
propri limiti. Vida raccomanda al poeta inesperto di valutare attentamente
le sue forze, di scegliere il genere poetico che meglio si attaglia alle sue capacit, di non cimentarsi subito con la composizione di un poema eroico,
ma di esercitarsi sullo stile umile della poesia pastorale (Sed neque inexpertus rerum iam texere longas / audeat Iliadas; paulatim assuescat et ante
/ incipiat graciles pastorum inflare cicutas). Le forme poetiche non sono
infatti riducibili a un unico genere, ma fra tutti i generi il pi illustre quello in cui, dopo aver cantato le lodi degli di, i poeti hanno celebrato le imprese degli eroi. Lepopea dunque per Vida la forma poetica pi antica, e
la pi nobile: seguono la tragedia e la commedia, lelegia (la lirica amorosa:
iuvenum lacrimas, quibus igne medullas / urit amor), legloga. Superfluo
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per il nostro fastidio e si leggono poco) e decoro (Qualunque cosa scriviate, fuggite la bassezza e la facile stravaganza), come pure dolcezza,
eleganza, purezza, chiarezza despressione alla lingua (Invano mi lusingate con un suono melodioso, se il termine improprio, o la costruzione
viziosa; il mio intelletto non ammette un pomposo barbarismo, n lorgoglioso solecismo dun verso magniloquente); applicandosi con pazienza a
rifinire e levigare (loraziano labor limae) il testo prima di licenziarlo, affinch esso soddisfi pienamente i requisiti di ordine, di misura, di coerenza,
di unitariet (Lavorate con tutto agio, qualunque comando vi solleciti, e
non piccatevi di una folle sveltezza. [...] Affrettatevi lentamente, e, senza
scoraggiarvi, venti volte rimettete lopera sul telaio: politela e ripolitela senza posa; aggiungete talvolta, e sovente cancellate. [...] Bisogna che ogni cosa sia collocata al suo posto, che il principio e la fine rispondano al mezzo;
che le diverse parti, assortite con arte sottile, formino un solo tutto; e che
mai il discorso, divagando dal soggetto, vada a cercar troppo lungi parole
risonanti).
Nella composizione dellopera, il poeta far bene ad ispirarsi alla tradizione, ma soprattutto dovr rispettare le regole proprie di ogni forma poetica da essa canonizzata. In proposito, Boileau disegna una puntuale mappa dei generi letterari, classificandoli in rapporto alloggetto e allo stile, e
distinguendoli fra minori e maggiori, secondo uno schema che rispetta il sistema aristotelico ma lo adegua allevoluzione letteraria. Fra i generi minori Boileau annovera lidillio, che rappresenta la primitiva innocenza del
mondo pastorale in una espressione semplice e ingenua, in uno stile
umile e senza pompa, che non ha nulla di fastoso ed evita lorgoglio
dun verso magniloquente ma anche la rozzezza del linguaggio dei villani, secondo il modello di Teocrito e di Virgilio; lelegia lacrimosa, di cui
sono stati maestri Tibullo e Ovidio, e che con tono un po pi elevato, e
tuttavia senza audacia, in lunghi abiti da lutto, il crine disciolto, [...] sa gemere su una tomba oppure dipingere le gioie e gli affanni degli amanti,
facendo per parlare sempre e soltanto il cuore; lode, che con maggior
pompa e non minor energia, spiegando fino al cielo il suo volo ambizioso,
si eleva coi suoi versi a frequentare gli dei o raffigura gli eroi impegnati
nelle loro imprese; lepigramma, importato dallItalia, arguto, ammiccante e
concettoso, pi libero nella sua breve espressione e spesso condensato
in un motto di spirito ornato da due rime, tanto efficace nella sua facile
icasticit da guadagnarsi rapidamente i favori del pubblico e da contaminare ogni genere di discorso (Per primo ne fu invaso il madrigale; lo stesso altero sonetto fu contagiato; la tragedia ne trasse il pi gradito diletto;
lelegia ne guarn le sue lamentose fantasie; sulla scena un eroe dovette
aver cura di adornarsene, e senza concetti lamante non os pi sospirare;
si videro tutti i pastori, nei loro nuovi lamenti, ancor pi fedeli ai concetti
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che alle loro belle; ogni parola ebbe sempre due facce. La prosa li accolse
altrettanto volentieri dei versi; lavvocato nel foro ne aguzz il suo stile, dal
pulpito il teologo li sparse nel Vangelo); il rond, nato in Francia e caratterizzato da una naturale spontaneit; la ballata, soggetta a vecchie regole, che spesso deve ogni lustro al capriccio delle rime; il madrigale,
pi semplicemente e nobilmente tornito, che spira dolcezza, tenerezza e
amore; la satira (che annovera i suoi migliori esemplari in Lucilio, Orazio,
Persio e Giovenale), adusa a pronunciare con disarmante schiettezza e senza intenti denigratori verit anche spiacevoli, a fustigare scherzosamente i
vizi; il vaudeville, originale variante francese della satira, gradevole indiscreto che, guidato dal canto, passa di bocca in bocca accrescendosi via
via.
Lesposizione dei generi maggiori prende avvio in ossequio al dettato
aristotelico dalla tragedia, il cui segreto piacere e commuovere. Il
dramma deve mettere in scena ununica azione, verosimile e coerente nel
suo svolgimento (Nulla dincredibile sia mai offerto allo spettatore: il vero
pu talvolta non esser verosimile. Unassurda meraviglia non mi attrae: lo
spirito non commosso da ci a cui non crede), che si realizzi in un unico luogo e nellarco di una giornata (noi, che siamo avvinti dalle regole
della ragione, vogliamo che lazione sia curata con arte; che in un luogo, in
un giorno, un solo fatto compiuto riempia la scena fino alla fine). Al poeta tragico si richiede di dipanare sapientemente la trama fino a una conclusione insieme plausibile e inattesa (sicch, sempre crescendo di scena
in scena, giunta al suo culmine si sciolga facilmente. Lo spirito non mai
cos efficacemente colpito come da un intreccio ben avviluppato in cui la
verit segreta, svelata allimprovviso, cambia tutto, d a tutto una faccia imprevista), e di dar vita a personaggi magnanimi ma non perfetti (Evitate
le meschinit degli eroi da romanzo: e tuttavia attribuite qualche debolezza
ai grandi cuori. [...] da questi piccoli difetti ombreggiati nel suo dipinto
che lintelletto riconosce con piacere la natura), dunque credibili, in cui
ogni passione parli un linguaggio diverso ma che mantengano una inconfondibile identit (occorre che il personaggio si mostri in tutto uguale
a se stesso, e che sia fino alla fine come lo si visto al principio).
Ma il primato fra i generi assegnato anche da Boileau alla poesia epica, che ha modi ancor pi maestosi della tragedia, e nellampio racconto duna lunga azione, si sostiene con la favola e vive di finzione. Per ammaliarci tutto vi messo in opera; tutto prende corpo, anima, spirito, sembiante. [...] Cos, in questa moltitudine di nobili finzioni, il poeta spazia fra
mille trovate, adorna, innalza, rende pi bella e grande ogni cosa. Argomento dellepica il mito classico, profano (Boileau biasima la vana illusione degli autori che pensano di far agire Dio, i suoi profeti e i suoi santi, come i numi partoriti dalla mente dei poeti, perch ai tremendi miste55
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ri della fede cristiana non si confanno i lieti ornamenti); il protagonista deve essere capace di suscitare linteresse, fulgido di valore, splendente di
virt, eroico persino nei difetti; la narrazione, che va contenuta nelle giuste dimensioni, deve avviarsi in tono agevole, dolce, semplice e armonico, e quindi procedere vivace e rapida; occorre che le descrizioni si dispieghino maestose e ricche, e che in esse pi si faccia sfoggio di eleganza;
allo stile si richiede di riuscire insieme imponente e piacevole, evitando
il monocorde registro di un sublime pesante e noioso. Le qualit prescritte al genere epico giustificano il conclusivo ammonimento, che Boileau
ricava da Vida: Un eccelso poema, dove tutto ben procede e si sussegue,
non impresa che pu nascere da un capriccio: richiede tempo e cure; e
questopera laboriosa non pot mai essere il saggio dun esordiente.
La commedia, infine, che nacque dalla tragedia e che si illustr tristemente per le sue insolenze buffonesche prima di imparare a ridere senza
acredine, a istruire e correggere senza veleno e senza fiele, ha per oggetto la natura umana, la vita sociale, i luoghi del potere.
La natura sia dunque il vostro unico studio, autori che aspirate agli onori del genere comico. Chiunque osservi bene luomo, e, con spirito acuto, penetri nel fondo
nascosto dei cuori; chi sa bene cos un prodigo, un avaro, un galantuomo, un fatuo, un geloso, uno stravagante, pu mostrarli felicemente sulla scena, e sotto i nostri occhi farli vivere, agire e parlare. Offritene ovunque le immagini spontanee; ciascuno vi sia dipinto coi pi vivi colori. La natura, che abbonda in ritratti bizzarri, in
ogni anima simprime con caratteri diversi; un gesto la scopre, un nulla la palesa:
ma non tutti hanno occhi per riconoscerla. [...] Studiate la corte e osservate la citt:
ambedue offrono sempre gran copia di modelli.
I personaggi della commedia devono dunque esprimere dei caratteri, incarnare vizi, abitudini di vita, comportamenti sociali senza per rinunciare
alla loro singolarit, ovvero senza trasformarsi in stereotipi, in macchiette;
lintreccio ben concepito si sciolga con facilit; lazione sia serrata, non
conosca vuoti e pause, le scene siano sempre legate luna allaltra; lo stile sia umile e piano, ricco di motti di spirito, brillante e lieve, scherzoso
ma non triviale, e sappia suscitare il riso senza ricorrere a parole volgari e
sconce.
La pi organica sistemazione della riflessione sui generi letterari sviluppata nellambito del classicismo attraverso il costante riferimento alle poetiche di Aristotele e di Orazio consegnata al trattato di Charles Batteux intitolato Les Beaux-Arts rduits un mme principe [Le Belle Arti ricondotte a un unico principio], e apparso nel 1746. Premesso che larte opera del genio, che il genio deve avere un appoggio per elevarsi e sostenersi, e che questo appoggio la natura, la quale non pu essere creata n
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sue regole. La prima divisione fondata sul modo in cui la poesia mostra
i suoi oggetti: ne derivano due specie,
di cui luna la drammatica, in cui vediamo le cose rappresentate dinanzi ai nostri
occhi e udiamo i discorsi diretti delle persone che agiscono; laltra lepica, ove non
vediamo n ascoltiamo niente direttamente, e dove tutto narrato [...]. Se di queste
due specie se ne forma una terza che sia mista, cio unione dellepico e del drammatico, dove sia presente lo spettacolo e il racconto, allora tutte le regole di questa
terza specie saranno contenute in quelle delle altre due.
Questa distinzione, che fondata solo sul modo in cui la poesia mostra i suoi
oggetti, seguita da unaltra, che deriva dalla qualit degli oggetti stessi trattati dalla poesia.
I generi derivano dalla combinazione dei modi e degli oggetti, ma obbediscono tutti ad alcune regole generali. Esse prescrivono che la poesia abbia come fine lunione di utile e piacevole; che il contenuto sia sempre costituito da unazione, e che tale azione sia singolare, unitaria, semplice, varia; che gli attori della vicenda rappresentata o narrata siano in numero proporzionato alle necessit dellazione, che abbiano caratteri ben rilevati e in
contrasto fra loro (cio ognuno avr il suo, con una differenza sensibile,
che si mostrer, in modo che il paragone li faccia apparire scambievolmente), che agiscano in maniera appropriata e coerente, che si rendano riconoscibili attraverso gli atti che compiono. Nella poesia, infine, i pensieri, le
parole, i giri di frase devono avere una arditezza, una libert, una ricchezza che apparirebbe eccessiva nel linguaggio ordinario, e che in quello poetico genera invece comparazioni sostenute, metafore brillanti, ripetizioni vivaci, apostrofi singolari. Ma soprattutto la poesia deve obbedire
alla suprema regola dellarmonia, che esige accordo e giusta proporzione fra
la materia e lo stile, fra suoni, parole e pensiero, fra melodia e senso, in modo che tutte le sillabe di un verso, prese insieme, producano mediante il loro suono, la loro quantit, unaltra specie di espressione che aggiunga qualcosa di pi al significato delle parole. Insomma la poesia crea quasi una lingua seconda, che libera le virtualit semantiche mortificate dalla comunicazione duso e consente una diversa percezione della realt (vale la pena di
notare, per inciso, che qui Batteux anticipa la concezione del linguaggio poetico enunciata, oltre un secolo dopo, dalla scuola del metodo formale).
I generi della poesia rispettano le regole generali ma si differenziano
in relazione a regole particolari, ovvero agli oggetti, ai modi, allo stile.
Lepica
la pi grande opera che possa intraprendere lo spirito umano. una sorta di creazione che richiede, in certo modo, un genio onnipotente. Si abbraccia, nella stessa
azione, tutto luniverso: il cielo che regola i destini e la terra dove si eseguono.
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Si pu definirla una narrazione in versi di unazione verisimile, eroica e meravigliosa. Si trova, in queste poche persone, la differenza dellepica con il romanzesco,
che oltre il verisimile; con la storia, che non giunge fino al meraviglioso; con il
drammatico, che non una narrazione; con gli altri piccoli poemi, i cui soggetti non
sono eroici. [...]
Negli altri poemi la poesia di stile deve essere conforme allo stato degli attori:
nellepica lo deve essere alle condizioni del poeta: quando parla uno spirito divino che lo ispira [...].
La musa epica tanto in cielo quanto in terra: essa sembra completamente compenetrata dalla divinit e non ci parla che con entusiasmo celeste il quale, precipitandosi attraverso le vie tortuose di una finzione ardita, assomiglia meno alla testimonianza di uno storico scrupoloso che allestasi di un profeta [...]. per questa
ragione che fin dal principio il poeta parla come un uomo meravigliato e elevato al
di sopra di se stesso. [...] Lepica ha sempre un tono sostenuto, una maest sempre
uguale a se stessa: la narrazione che fa un dio eguale a dei come lui.
Il linguaggio dellopera completamente lirico: esprime lestasi, lentusiasmo, lebbrezza del sentimento; quello della tragedia comprende invece
tutte le sfumature e i toni, dal colloquiale al solenne, dal sentimentale
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sioni. lamore fedele e tenero dei pastori che d pensieri, non inquietudini, che
esercita abbastanza il cuore ma non lo stanca. Infine questa felicit legata alla
franchezza e alla quiete di una vita che non conosce n lambizione, n il lusso, n
i furori, n i rimorsi [...]. let delloro che si avvicina a noi, e il paragone della loro condizione con la nostra semplifica i nostri costumi e ci riporta insensibilmente
al gusto della natura.
Lapologo deve dunque avere unazione allo stesso modo degli altri poemi; quanto allo stile, esso conforme al carattere e alla condizione dei
protagonisti, e dunque esprime il gaio, il grazioso, lingenuo, il giocondo.
Il sistema dei generi delineato da Batteux si conclude con la poesia lirica, che potrebbe essere considerata come una specie a s, senza fare torto al principio a cui le altre si riconducono.
Ma non c bisogno di separarla: essa compresa naturalmente e anche necessariamente nellimitazione, con una sola differenza, che la caratterizza e la distingue: il suo oggetto particolare.
Le altre specie di poesia hanno per oggetto principale le azioni, la poesia lirica
consacrata tutta ai sentimenti, la sua materia, il suo oggetto essenziale. Che essa
si elevi come un guizzo di fiamma fremente, che essa si insinui a poco a poco, e ci
scaldi senza rumore, che sia unaquila, una farfalla, unape, sempre il sentimento
che la guida o che la trascina.
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la grandezza delle nostre immaginazioni, ed aprirle strada da vagare per entro quei grandissimi spazi, nei quali atta a penetrare.
Il rifiuto del precettismo pedantesco non toglie per importanza alla conoscenza e allo studio dei classici. La ragion poetica che noi trattiamo,
scrive Gravina, secondo la quale i greci poeti e le regole loro rivochiamo
ad unidea eterna di natura, pu concorrere ancora alla formazion daltre
regole sopra esempi e poemi diversi, che rivolgansi alla medesima idea e ragione, la quale ai greci autori e regole sopra loro fondate conviene: affinch, siccome le regole antiche convenivano con li costumi greci, cos le
nuove convengano con quelli della nazione che ai presenti tempi nellopera
sintroduce, in modo che tanto lantiche quanto le nuove regole rimangano
comprese in unidea comune di propria, naturale e convenevole imitazione
e trasporto del vero nel finto, che di tutte lopere poetiche la somma, universale e perpetua ragione. In altri termini, le regole possono e devono
adeguarsi al corso della storia, purch non venga meno losservanza di
quella ragion comune ed idea eterna, alla quale ogni finzione dee riguardare; non altrimenti che tutte le cose vere alla natura riguardano.
Anche a giudizio di Gravina la sola rassomiglianza il pi largo fonte
del diletto e dellutile; e dunque il poeta conseguisce tutto il suo fine per
opera del verisimile e della naturale e minuta espressione perch cos la
mente astraendosi dal vero, simmerge nel finto e sordisce un mirabile incanto di fantasia. Accade insomma che il poeta,
per mezzo delle immagini esprimenti il naturale e della rappresentazione viva e somigliante della vera esistenza e natura delle cose immaginate, commove ed agita la
fantasia in modo che fanno gli oggetti reali, e produce dentro di noi gli effetti medesimi che si destano dai veri successi: perch gli affetti son tratti dietro la fantasia
in un medesimo corso e saggirano al pari dellimmaginazione, alzandosi ed inchinandosi secondo il moto e quiete di essa, siccome londe per limpeto o posa de
venti.
La poesia imitazione, ma limitazione e qui sta loriginalit della teoria di Gravina artifizio, seppure nascosto sotto lombra del naturale.
La favola lesser delle cose trasformato in geni umani, ed la verit trasformata in sembianza popolare; infatti il fondo della favola non consta
di falso ma di vero, n sorge dal capriccio ma da invenzione regolata dalle
scienze e corrispondente collimmagini sue alle cagioni fisiche e morali. La
qualit allegorica della finzione poetica gi postulata dal platonico Patrizi
diventa sostanza concettuale per il razionalista Gravina.
Nelle menti volgari, che sono quasi dogni parte involte tra le caligini della fantasia, chiusa lentrata agli eccitamenti del vero e delle cognizioni universali. Per-
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ni e consigli i quali paiano corrispondenti al tempo della dimora che nel teatro pu
far il popolo, a cui la cosa si rappresenta in atto di farsi; e siccome lepico pu tutto esporre nella sua narrazione secondo si propone e si concatena, cos questi pu
produrre in atto operante, secondo i tempi e le materie, ogni persona a suo arbitrio
ed ogni condizione e stato: o siano dei o sien pastori o sieno artefici, o sien buoni
per accender allimitazione, o sien cattivi per incitare alla fuga; o mediocri o migliori
o bassi o vili o sommi; perch ciascuno porta limpronta dellesser proprio, che dal
poeta sotto finto carattere sesprime per insegnamento degli ascoltanti.
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ti, ovvero sono specchi da cui per vari riflessi traluce lumana natura. Perci lutilit della lirica poesia parte dellespression viva di quei pensieri ed
affetti che la natura innesta, e di quei casi che si mescolano nel corso di ciascuna passione e nel tratto del vivere umano. I grandi poeti lirici
hanno prodotto avanti gli occhi nostri limmagine dellumana vita per mezzo
dellespressione particolare e minuta e viva dogni costume ed affetto, divagando
largamente e trascorrendo con volo spedito per tutti gli eventi particolari, che sono
i semi delle cognizioni universali. Onde lespressione delle voglie pi consuete e
pensieri pi naturali ed affetti pi comuni, per esser pi vicini alluso, con la notizia
loro ci recano conoscenza pi viva del mondo e pi opportuna allutilit della vita
ed allemendazione dei vizi, i quali sono eccitati e nutriti in noi dallignoranza dei nostri affetti. Perci, quando la natura delle nostre passioni dai poeti rappresentata
a minuto ed al vivo, potr lanimo sulla contemplazione della loro immagine proveder a se stesso di rimedio e di fuga.
In conclusione, il genere lirico beve il medesimo nutrimento che lepico e il dramatico, e ha esso pure la sua favola, con la quale trasforma la
scienza in figura sensibile ad uso del popolo per offrirgli la dottrina mescolata con la bevanda del piacere. Fra le specie della lirica Gravina comprende innanzitutto le odi, alcune destinate alle cose amatorie, altre applicate ad onor deroi, altre ancora indirizzate ad onor degli dei (i peani
e gli inni) o di uomini valorosi (gli scoli, che soleano cantarsi nei conviti); poi il ditirambo, dedicato alle lodi di Bacco, pregno dimmagini gagliarde ed acceso di spiriti furibondi, talora infiammato quasi da profetico spirito; gli imenei, recitati in occasione delle nozze; le nenie e i treni,
pronunciati durante le cerimonie funebri; lelegia, caratterizzata dal sentimento della mestizia. Tutte queste forme poetiche si distinguono per gli oggetti, ma ricevono anche varia tempra dai metri e dai ritmi.
Come s visto, in Gravina si avverte ancora linfluenza del canone classicistico e della vulgata aristotelica (ad esempio, la classificazione dei generi poggia sulle categorie di oggetto e di modo, e lunit di luogo, di tempo e dazione ancora considerata come un carattere distintivo della poesia drammatica): pure la sua scienza della poesia contiene elementi decisamente innovativi, e destinati ad avere significativi sviluppi. Non ci si riferisce tanto alla polemica antiregolistica, cui gi aveva dato voce Ludovico
Antonio Muratori (che nella dissertazione Della perfetta poesia italiana
[1706] accusava i trattatisti cinquecenteschi di fermarsi sulla corteccia delle cose, facendoci vedere la sola esterna bellezza e materiale economia de
poemi, senza ben penetrare nellinterno e scoprir lanima e lo spirito dessi), e che sarebbe dilagata nella cultura letteraria europea del secolo XVIII
(ne testimonianza fra le tante lEssai sur la posie pique [Saggio sul66
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la poesia epica, 1727] di Voltaire, che insorge lui pure contro la tirannia di
Aristotele, di Castelvetro, di Dacier e dei loro seguaci, ovvero contro la pretesa di definire e classificare le forme letterarie come se fossero metalli e
minerali, e riconosce nel buon gusto e nel senso comune gli unici criteri validi a giudicare le opere darte); quanto al tentativo di distinguere e caratterizzare i generi letterari sulla base non soltanto delle loro propriet intrinseche, ma anche delle loro determinazioni storiche.
Sar il romanticismo a rifondare il sistema dei generi sul binomio di teoria e storia, che nella cultura del Settecento continuano a mantenersi su
piani separati. A rivendicare lintegrale storicit dei generi Giambattista
Vico. Nella Scienza nuova seconda (1744) egli riprende alcuni postulati della poetica classicistica, affermando che la poesia imitazione, che la di
lei propia materia limpossibile credibile (sicch, come gi intese Castelvetro, prima dovette nascere listoria, dopo la poesia; perch la storia
una semplice enonziazione del vero, ma la poesia una imitazione di
pi: ne consegue che, essendo stati i poeti certamente innanzi agli storici volgari, la prima storia debba essere la poetica), che il suo fine di commuovere ed educare (tre lavori [...] deve fare la poesia grande, cio di ritruovare favole sublimi confacenti allintendimento popolaresco, e che perturbi alleccesso, per conseguir il fine, chella si ha proposto, dinsegnar il
volgo a virtuosamente operare). E per chiarisce che loggetto della poesia costituito dagli universali fantastici (poich i primi uomini, come
fanciulli del genere umano, non essendo capaci di formar i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale necessit di fingersi i caratteri poetici, che
sono generi o universali fantastici, da ridurvi come a certi modelli, o pure
ritratti ideali, tutte le spezie particolari a ciascun suo genere simiglianti),
e che la facolt poetica un dono naturale dellumanit primigenia, perch
devimmergere tutta la mente ne sensi (infatti la fantasia tanto pi robusta quanto pi debole il raziocinio, e la maraviglia figliuola
dellignoranza). Cos Vico rovescia tutto ci che dellorigine della poesia
si detto prima da Platone, poi da Aristotele, infin a nostri Patrizi, Scaligeri, Castelvetri, e rimprovera questi valenti maestri darte poetica di
aver trascurato linvestigazione de caratteri poetici, ne quali unicamente
consiste lessenza della medesima poesia, e sono racchiusi i suoi significati istorici.
Posto che i caratteri poetici, ne quali consiste lessenza delle favole,
nacquero da necessit di natura, incapace dastrarne le forme e le propriet
da subbietti, Vico non soltanto li distingue da ogni forma del sapere umano (ne riconosce cio lautonomia), ma li considera espressioni della maniera di pensare dintieri popoli, che fussero stati messi dentro tal necessit
di natura, e non di singoli individui: sicch la poesia ricava i suoi sensi
dalla storia ideal eterna e dalle leggi immutabili che ne governano il cor67
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so, scandito dalla successione e dalla ricorrenza di tre et (degli di, degli
eroi e degli uomini) e di tre spezie di nature (poetica o sia creatrice,
eroica, e per ultimo umana, intelligente, e quindi modesta, benigna e ragionevole), sopra le quali corron in tempo le storie di tutte le nazioni, ne
loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini. Su questo paradigma si
fonda linterpretazione degli individui poetici (celebre lesempio di Omero,
il padre e l principe di tutti i sublimi poeti, di cui Vico nega la reale esistenza storica e in cui vede incarnati unidea ovvero un carattere eroico
duomini greci, in quanto essi narravano, cantando, le loro storie) ma anche dei generi poetici, che i primi autori dellumanit derivarono da una
topica sensibile con la quale univano le propriet o qualit o rapporti, per
cos dire, concreti deglindividui o delle spezie, e che si trasformano nel
corso dei secoli senza per smarrire le loro caratteristiche originarie. Significativo il caso dellepica: nellantica Grecia essa diede forma alle visioni di una mente umana ancora indiffinita, angustiata dalla robustezza
de sensi e perci indotta a celebrare la sua presso che divina natura ingigantendo con la fantasia i particolari.
Perch i barbari mancano di riflessione, la qual, mal usata, madre della menzogna, i primi poeti latini eroici cantaron istorie vere, cio le guerre romane. E ne
tempi barbari ritornati, per s fatta natura della barbarie, gli stessi poeti latini non
cantaron altro che istorie, come furon i Gunteri, i Guglielmi pugliesi ed altri; e i romanzieri de medesimi tempi credettero di scriver istorie vere: onde il Boiardo,
lAriosto, venuti in tempi illuminati dalle filosofie, presero i subbietti de lor poemi
dalla storia di Turpino, vescovo di Parigi. E per questa stessa natura della barbarie,
la quale per difetto di riflessione non sa fingere (ondella naturalmente veritiera,
aperta, fida, generosa e magnanima), quantunque egli fusse dotto di altissima scienza riposta, con tutto ci Dante nella sua Commedia spose in comparsa persone vere e rappresent veri fatti de trapassati, e perci diede al poema il titolo di commedia, qual fu lantica de greci, che [...] poneva persone vere in favola. E Dante somigli in questo lOmero dellIliade, la quale Dionigi Longino dice essere tutta dramatica o sia rappresentativa, come tutta narrativa essere lOdissea. E Francesco
Petrarca, quantunque dottissimo, pure in latino si diede a cantare la seconda guerra cartaginese; ed in toscano, ne Trionfi, i quali sono di nota eroica, non fa altro
che raccolta di storie.
Fra i grandi generi, Vico ascrive la poesia epica allet degli di, la
poesia lirica e quella drammatica allet degli eroi e degli uomini: e perci
distingue due spezie di poeti tragici ed altrettante di lirici. Fra i lirici greci, appartengono allet eroica gli autori deglinni in lode degli di e delle laudi degli eroi trapassati, mentre fra i latini i primi poeti furono gli
autori de versi saliari, cherano inni che si cantavano nelle feste degli di
da sacerdoti chiamati salii (forse detti cos dal saltare, come saltando in
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giro sintrodusse il primo coro tra greci); allet degli uomini appartengono invece i lirici melici, de quali principe Pindaro, che venne ne tempi della virt pomposa di Grecia, [...] siccome Orazio venne a tempi pi
sfoggiosi di Roma, quali furono quelli sotto di Augusto; e nella lingua italiana venuta la melica ne di lei tempi pi inteneriti e pi molli. Analogamente, la poesia drammatica dellet eroica comprende la tragedia di Tespi e Anfione, che ha per protagonista un coro di satiri, e quella mezzana
di Eschilo, che sostitu al coro dei satiri un coro duomini, ma anche la
commedia di Aristofane; dellet degli uomini fanno invece parte le tragedie
di Sofocle ed Euripide, e la commedia nuova di Menandro. Questa sintetica istoria de poeti dramatici e lirici ragionata mostra come Vico accolga
le definizioni classicistiche dei generi, ma le radichi saldamente sul terreno
della storia.
Linteresse di Gotthold Ephram Lessing, considerato insieme ad
Alexander Gottlieb Baumgarten il fondatore dellestetica moderna, si concentra invece sullessenza dei generi. Al pari di Batteux, e poi di Schelling e
Hegel, Lessing delinea il sistema dei generi letterari nel contesto di un pi
generale sistema delle arti, e conduce una serrata polemica contro le nascenti idee romantiche, la precettistica del classicismo francese e lestetica
dellempirismo inglese in nome del razionalismo illuministico e della lezione
di Aristotele, rifiutando di conseguenza sia la normativit scolastica sia il
soggettivismo critico (Il vero critico non segue le regole del proprio gusto,
ma al contrario modella il proprio gusto su quelle regole che la natura della
cosa richiede). Nella Hamburgische Dramaturgie (1767-1769) [Drammaturgia dAmburgo], egli giudica la Poetica dello Stagirita unopera infallibile al pari degli Elementi di Euclide: ma il suo aristotelismo ha un carattere dinamico, niente affatto dogmatico, perch tende a coniugare i principi veri e certi della poesia con la pluralit di forme cui ha dato vita la
letteratura moderna, ovvero a conciliare le leggi naturali dellarte con la
libert creativa del genio. Perci Lessing ironizza contro quanti predicano
il pedissequo rispetto delle regole (Il genio si ride di tutte le distinzioni
operate dalla critica), ma condanna anche coloro che proclamano il diritto degli artisti a ignorare qualsiasi vincolo (sicch la tendenza a considerare una pedanteria il tentativo di prescrivere al genio quel che dovesse e
non dovesse fare ha portato in breve tempo sul punto di disfarci allegramente di tutte le esperienze del passato ed esigere da ogni artista una sua
propria concezione dellarte).
Soprattutto per la tragedia egli scrive mi sento in grado di dimostrare incontrovertibilmente come non sia possibile allontanarsi di un
sol passo dalla norma aristotelica, senza che quella si allontani altrettanto
dalla sua perfezione. Ed appunto le propriet distintive della poesia drammatica sono enunciate e discusse nella Drammaturgia dAmburgo, che, in69
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sieme al Laakoon [Laocoonte, 1766], costituisce il testo capitale dellestetica di Lessing. Dopo aver ribadito che il teatro devessere la scuola della
vita morale (la materia della tragedia consiste in ci che innalza luomo
al di sopra delle creature inferiori: dunque da biasimarsi assai quel poeta che, per il desiderio di dire qualcosa di splendido e di forte, travisa lanimo umano come se le sue fondamentali inclinazioni potessero indirizzarsi
verso il male per il male), e che deve attenersi a un principio di rigida verosimiglianza (Nulla pi decoroso e pi degno della semplice natura.
La volgarit e la licenza ne sono lontane, cos come la magniloquenza e la
retorica sono lontane dal sublime; e ancora: Ogni stravaganza, ogni contrasto dovuto a una mancanza di realt, ridicolo, e nulla vi di grande,
che non sia anche vero), egli riprende la distinzione aristotelica fra favola poetica e storia, e torna ad argomentare la superiorit della prima sulla
seconda:
Qual il primo elemento che ci spinge a credere in una storia? Non forse la
sua intima verosimiglianza? [...] Si ammette senza alcuna motivazione che una precisa caratteristica del teatro sia di conservare la memoria di uomini illustri: ma questo compito della storia, non del teatro. A teatro non dobbiamo imparare ci che
questo o quelluomo ha fatto, ma ci che farebbe ogni uomo fornito di un certo carattere in determinate circostanze. Il fine della tragedia molto pi filosofico di
quello della storia, e significa abbassarne la dignit, trasformarla in un semplice panegirico di uomini illustri o sfruttarla per accendere lorgoglio nazionale.
[...] In breve: la tragedia non storia dialogata, perch la storia, per la tragedia,
non altro che un repertorio di nomi con i quali noi siamo abituati a collegare determinati caratteri. Se il poeta ritrova nella storia ulteriori elementi per abbellire e
individuare maggiormente la sua materia, vi attinga pure: ma non si faccia di questo
un merito, o un demerito del suo contrario!
Perci par sempre un errore di gran lunga pi perdonabile non conferire ai propri personaggi il carattere di cui li ha rivestiti la storia, che creare delle contraddizioni allinterno di questo carattere liberamente scelto,
dal punto di vista sia dellintima verosimiglianza, sia dellinsegnamento;
giacch il primo errore pu benissimo accompagnarsi al genio, il secondo
no. La tragedia deve infatti incentrarsi sulla rappresentazione dei caratteri, oltre che svolgersi con coerenza. Per un verso, dunque, i caratteri devono essere per il poeta assai pi sacri dei fatti, perch in essi racchiuso lelemento istruttivo dellopera tragica, e mantenersi costantemente
uniformi, sempre uguali a se stessi; per laltro, non si deve menare scandalo se vengono violate le unit di luogo e di tempo, perch gi gli antichi
le ritenevano conseguenti e complementari allunit dazione, lunica che
abbia valore e che necessario rispettare. La differenza fondamentale fra
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tragedia e commedia consiste appunto, secondo Lessing, nel fatto che alla
prima convengono gli individui, alla seconda le specie. Infatti la commedia dava ai suoi personaggi dei nomi i quali, per la loro etimologia e
composizione, o per un qualche altro significato che riflettessero, esprimevano il carattere di questi personaggi: in una parola, essa applicava loro dei
nomi parlanti, nomi che bastava udire per comprendere la natura di chi li
portava. In pi, ovviamente, anche la commedia ha una funzione educativa, perch tutti indistintamente i generi poetici devono edificarci:
La commedia vuol correggere attraverso il riso, non attraverso la derisione; n,
daltra parte, essa tende a migliorare quei difetti coi quali suscita il riso, o soltanto
coloro, in cui questi difetti si ritrovano. La sua vera, generale utilit sta nel riso stesso, nellesercizio della nostra capacit di cogliere senza sforzo e immediatamente il
ridicolo sotto tutti i mascheramenti della passione e della moda, in tutte le possibili combinazioni con qualit buone oppure ancor peggiori, addirittura fra le rughe
della compassata severit.
I casi del dramma e del Mischspiele testimoniano dellinteresse mostrato da Lessing verso i generi tradizionalmente considerati minori, come
per fare un altro esempio lepigramma (cui dedicher le Anmerkungen
ber das Epigramm [Osservazioni sullepigramma, 1771]), o ibridi, come
la fiaba (analizzata nellAbhandlung von der Fabel [Trattato sulla favola,
1759]). Tutte queste forme letterarie sono definite per comparazione e secondo uno schema di opposizioni binarie (particolare e generale; reale e
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virtuale, ovvero narrativo e simbolico; azione e immagine, che trovano i loro equivalenti nella favola e nellemblema; letterale e allegorico). Pur essendo convinto che ogni genere possegga propriet intrinseche e specifici
principi costruttivi, derivanti dalla sua essenza e non dalla conformit a regole accidentali, dettate dalluso o imposte dalla tradizione, nella Drammaturgia dAmburgo Lessing afferma la piena legittimit della mescolanza dei generi.
I trattati di precettistica letteraria li distinguano pure con la maggior esattezza
possibile; ma se un genio, per raggiungere pi alti scopi, mescola in una sola opera
alcuni di essi, dimentichiamo il trattato e indaghiamo, piuttosto, se questi pi alti
scopi sono stati raggiunti. Cosa mi importa se un lavoro di Euripide non n tutto
racconto n tutto azione drammatica? Chiamiamolo un ibrido: a me basta che questo ibrido mi diletti e istruisca pi di tutte le regolarissime produzioni dei vostri impeccabili Racine, o come altrimenti si chiamano.
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ranno la natura perduta. Di qui scaturiscono due poetiche del tutto diverse, che coprono ed esauriscono lintero campo della poesia. Tutti i poeti, che siano realmente tali, apparterranno, a seconda dellepoca nella quale fioriranno, o a seconda
dellinfluenza che sulla loro istruzione generale o sul loro stato danimo transitorio
eserciteranno circostanze casuali, o agli ingenui o ai sentimentali.
Luomo pu vivere in totale armonia con la natura oppure esserne separato, entrare nello stadio della cultura e cadere nelle braccia dellartificio.
Se ora si applica ad entrambi questi stati il concetto di poesia, che non significa altro che donare allumanit lespressione pi completa cui possa ambire, avverr che nello stato di naturale semplicit, in cui con lausilio di tutte le sue forze
luomo agisce come unit armonica, in cui lintera sua natura si esprime completamente nella realt, sar una quanto pi possibile completa imitazione del reale a
definire il poeta; invece nello stato della cultura, dove questo concorso armonico di
tutta la sua natura non che unidea, a far risultare il poeta sar la trasformazione
della realt in ideale o, ci che porta poi allo stesso punto, la rappresentazione
dellideale. E questi sono gli unici due modi possibili, in cui il genio poetico pu
esprimersi.
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senzaltro le forme che questi ha introdotto: del resto, fra le mani dei poeti sentimentali [...] nessun genere di poesia rimasto esattamente ci che
era fra gli antichi, e spesso sotto la vecchia denominazione sono stati svolti generi assai nuovi. Al di l del significato non univoco attribuito alla nozione di genere (talora utilizzato come sinonimo di tipo o di classe),
limportanza del saggio di Schiller sta nel superamento del canone classicistico, nella concezione dinamica del sistema dei generi, nellinterpretazione
della storia letteraria come processo in cui si alternano e si intrecciano sensibilit diverse, e che si vuole idealmente proiettato verso unarte in cui si
realizzi lunit di natura e cultura, di necessit e libert.
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IV.
LOttocento
Cos Jean-Marie Schaeffer: e la sua tesi trova indubbio conforto nel Gesprch ber die Poesie [Dialogo sulla poesia] di Friedrich Schlegel, pubblicato in due parti, nel 1800, sulla rivista Athenaeum, ma in particolare
nel capitolo intitolato Epoche della poesia, una sintesi di storia universale
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Questo caos dalle forme incantevoli il germe da cui si costitu il mondo della poesia antica. Ben presto infatti le forme poetiche cominciarono
a differenziarsi: il genere epico si corruppe, e in suo luogo sorsero il
giambo e lelegia prima, presso gli Ioni, e poi le opere meliche, corali, tragiche e comiche dei Dori, degli Eoli e degli Ateniesi da Alcmane e Saffo fino ad Aristofane. E come lepos gener da s medesimo la parodia, gli
stessi maestri che inventarono la tragedia giocarono ad inventare drammi
satireschi.
Dallunione della parodia con gli antichi giambi e in contrapposizione alla tragedia sorse la commedia, piena della mimica pi alta che sia dato esprimere in parole. Se nella tragedia azione ed eventi, individualit e passione venivano tratti dal
patrimonio di leggende ed armonicamente ordinati a formare un sistema estetico,
nella commedia un gesto audace e dissipatore rivers una folla di invenzioni entro
forme rapsodiche che celavano, dietro lapparente incoerenza, una sapienza profondissima.
Accanto alle specie del dramma attico (che avevano un immenso potere di influire sulla vita pratica), Schlegel menziona il poema didascalico,
gli inni misterici e i simposi, dove il dialogo filosofico e la sua rappresentazione trapassano interamente in poesia.
A questepoca di fioritura della cultura antica succede il tempo dei
virtuosi di genio, che testimoniano dello stato di dissoluzione e di fer78
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mento che costitu il passaggio dalla grande poesia ideale degli elleni alla finezza garbata della loro poesia erudita, di cui lidillio rappresenta la forma peculiare.
Tutta la poesia dellepoca si orient verso lartificio della forma o verso il fascino sensuale del contenuto, che regnava persino nella nuova commedia attica. Ma la
volutt vera era ormai perduta.
Esaurita anche limitazione, ci si content di intrecciare corone nuove con fiori
antichi, e sono le antologie a concludere il ciclo vitale della poesia ellenica.
I romani ebbero solo un breve accesso di creativit poetica, durante il quale essi, con grande energia, lottarono e si sforzarono di far propria larte dei grandi modelli.
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Dante dunque il nuovo Omero: in lui, in Petrarca e in Boccaccio vanno riconosciuti i tre capostipiti dello stile antico dellarte moderna. vero che quegli inventori non lasciarono una scuola, bens solo degli imitatori; ma subito prese a crescere una vegetazione nuova, che trov i suoi
esemplari di maggior pregio nel poema cavalleresco italiano, nel dramma
pastorale e soprattutto nellopera di Cervantes e di Shakespeare, la cui
grandezza fu cos imponente da far apparire come preliminare, illustrativo
o integrativo ogni elemento che li circondasse. Essi segnano il culmine
della letteratura moderna, cui fa seguito un nuovo periodo di decadenza,
caratterizzato ancora una volta dallimitazione, dal manierismo, dal virtuosismo.
Da astrazioni superficiali e da vuoti ragionamenti, da una visione sbagliata
dellantichit e da un talento mediocre sorse in Francia un sistema, coerente e compiuto, di falsa poesia, fondato su unaltrettanto falsa teoria della letteratura; da qui
dilag in quasi tutti i paesi europei lazione debilitante di quella malattia dello spirito che il cosiddetto buon gusto. I francesi e gli inglesi stabilirono ora le rispettive
et delloro, elessero con cura, come degni rappresentanti della nazione nel
Pantheon della gloria, la loro schiera di classici scegliendoli fra scrittori che, tutti
assieme, non meritano menzione in una storia dellarte.
Nella visione di Schlegel, dunque, la storia della letteratura ha uno svolgimento ciclico (che ricorda i corsi e ricorsi di Vico), ed ogni epoca della
poesia segue una parabola simile allevoluzione biologica della pianta o
delluomo. In pi, limitazione dellantichit ha osservato Peter Szondi
viene [...] sostituita con il suo studio: uno studio il cui fine la sintesi della
poesia antica con quella moderna, la creazione di una poesia oggettiva, o
meglio ancora di una poesia universale progressiva che avrebbe dovuto unire in s la filosofia e la poesia. Non a caso, a giudizio di Schlegel, lavvento di unet nuova annunciato da Winckelmann, che insegn a considerare lantico come un tutto e diede il primo esempio di come si debba spiegare unarte mediante la storia della sua formazione; ma Goethe a imprimere una spinta decisiva alla rinascita dello spirito poetico.
Luniversalit di Goethe elabor, attenuandola nel suo riflesso, la poesia di quasi tutte le nazioni ed epoche: una sequenza inesauribilmente istruttiva di opere, studi, schizzi ed esperimenti in tutti i generi e nelle forme pi diverse. Con pochi passi audaci, la filosofia giunse a comprendere se stessa e lo spirito delluomo; in quelle profondit essa scopr la fonte originaria della fantasia e lideale della bellezza, e
dovette dare alla poesia, la cui sostanza ed esistenza non aveva, fino a quel momento, neppure intuito, il riconoscimento pi esplicito. Filosofia e poesia, le supreme forze delluomo, che anche ad Atene, al culmine del loro splendore, agirono tut-
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Nellet romantica, la nozione di genere non viene per utilizzata diversamente da quanto sostiene Schaeffer soltanto nello studio della storia letteraria. Schlegel afferma che larte si fonda sul sapere, e la scienza
dellarte la sua storia. Nel dialogo che conclude il capitolo sulle Epoche della poesia, allinterlocutrice che confessa di provare ripulsa per i libri in cui la fantasia e le sue opere vengono classificate e rubricate, perch la poesia una e indivisibile, e denuncia la vecchia cattiva abitudine di separare e scindere, l dove solo il tutto, nella sua energia indivisa, pu agire e soddisfare, lautore del trattatello replica che i generi
letterari sono la poesia stessa. Essi costituiscono la vera dottrina tecnica della poesia, in quanto insegnano ai poeti le mete precise e le radicali linee di demarcazione, le sole che possano dare allopera darte una
fisionomia netta e compiutezza in se medesima (La fantasia del poeta
non deve riversarsi in una poesia caotica e generica: ogni opera deve avere un carattere perfettamente definito secondo la forma e il genere). Per
converso, la teoria dei generi una classificazione che abbraccia al
contempo storia e teoria della letteratura, perch senza delimitazione
non c opera di formazione, la quale invece lessenza dellarte, e perch soltanto la rappresentazione esteriore pu dare allidea interiore
chiarezza su se stessa e renderla veramente viva. Dunque i generi sono
necessari non soltanto a spiegare le origini e levoluzione della poesia, ma
anche a comprendere la sua natura: la loro essenza inscindibile dalla loro storicit.
In un frammento apparso sulla rivista Lyceum, Schlegel scrive:
Tutti i generi letterari classici nella loro rigorosa purezza sono ora ridicoli. E in un altro frammento, questa volta pubblicato in Athenaeum,
si legge:
La maggior parte delle rappresentazioni del cosmo poetico ancora cos rozza
e puerile come le astronomiche prima di Copernico. Le partizioni consuete della
poesia sono semplicemente una morta intelaiatura per un orizzonte limitato. Checch uno possa fare o checch valga la terra immobile al centro. Ma nelluniverso
della poesia niente sta fermo, tutto diviene e si muta e si muove armonicamente; e
anche le comete seguono nel loro corso leggi immutabili. Ma il vero cosmo della
poesia non sar scoperto prima che si possa calcolare il corso di questi corpi celesti e predeterminarne il ritorno.
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Poco pi oltre, Hlderlin spiega che il poema lirico nella sua intonazione fondamentale il pi sensibile, poich contiene ununitariet che si d
nel modo pi facile; proprio per questo nella sua apparenza esterna cos poco tende alla realt, alla gaiezza, alla leggiadria, a tal punto evita la concatenazione e rappresentazione sensibile (dato che proprio in tal senso vor83
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ma sensibile), significato (che designa il contenuto sensibile) e intonazione fondamentale. La forma spirituale pu essere ingenua, eroica o
ideale, ovvero rispettivamente espressione dellarmonia fra individuo e
natura, dellantagonismo fra il soggetto e il mondo, della interiorizzazione
della realt oggettiva. La combinazione di queste categorie determina le
propriet distintive dei generi. In proposito, giover ricordare che per Hlderlin la natura come ha spiegato Remo Bodei non il limite che si oppone allaffermazione dellautocoscienza, ma il luogo in cui possibile superare la scissione fra coscienza e mondo, e realizzare lunit (lunitezza,
lassoluta compenetrazione) dellindividuo con tutto ci che vive. Orbene,
la natura governata da due forze in perenne conflitto:
una forza che unisce, determina le figure particolari e le struttura, lorganico; unaltra che divide, che la potenza infinita e panica della natura, al di fuori di ogni organizzazione datagli dalla coscienza e dallattivit formatrice umana, dallarte,
laorgico. Lorganico , in termini categoriali, il particolare, il limitato; laorgico
luniversale, lillimitato; il primo principio dordine, il troppo formato, lAllzufrmliches; il secondo privo di ogni forma, il Proteo della natura che tutte le
assume, lUnfrmliches. Laorgico produce il numinoso, il terrore panico, dinanzi al
quale lorganico arretra spaventato; linfinito di fronte al quale ci si sente perduti
e attratti a un tempo.
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Generi poetici
Allegoria, ballata, cantata, dramma, elegia, epigramma, epistola, epopea, eroide, favola, idillio, novella, ode, poema didascalico, parodia, racconto, romanza, romanzo,
satira.
Se si tentasse di classificare metodicamente i generi poetici, che abbiamo elencato alfabeticamente, e molti altri ancora, si incontrerebbero grandi difficolt non
facilmente eliminabili. Considerando attentamente le suddette rubriche, troviamo
che sono denominate ora secondo criteri formali, ora secondo criteri di contenuto,
ma ben poche secondo una forma essenziale. Si nota ben presto che alcune hanno
fra loro un rapporto paritario, altre di subordinazione. Al fine di dilettare e dar godimento, ognuna pu ben essere e operare per s; ma se si avesse necessit di un
ordine razionale per scopi didattici o storici, varrebbe la pena di cercarne uno effettivamente tale. Quindi proponiamo allesame quanto segue.
Forme naturali della poesia
Esistono solo tre vere forme naturali della poesia: quella chiaramente di narrazione,
quella emozionata per entusiasmo, quella che agisce in ambito personale: epica, lirica, dramma. Questi tre tipi poetici possono agire insieme o separati. Nella pi breve poesia li si trova spesso uniti, e proprio per questa riunione nello spazio pi ristretto dnno il prodotto pi eccellente, cosa di cui possiamo chiaramente renderci
conto considerando le ballate pi pregevoli di tutti i popoli. Nella tragedia greca antica li troviamo nuovamente tutti e tre uniti, separati poi solo in un determinato ordine cronologico: fino a quando il coro protagonista principale, la lirica in primo piano; man mano che assume il ruolo di spettatore, avanzano gli altri due tipi, e
alla fine, quando lazione si concentra in ambito pi personale e domestico, il coro
viene sentito come scomodo e fastidioso. Nella tragedia francese lesposizione
epica, la parte centrale drammatica e il quinto atto, che si conclude appassionatamente ed entusiasticamente, pu esser detto lirico.
Il poema eroico omerico puramente epico: il rapsodo domina sempre, lui a
narrare quanto avviene; nessuno pu aprir bocca se non gli sia stata concessa la parola o non ne siano stati annunciati il discorso e la risposta. Dialoghi concitati, il pi
bellornamento del dramma, non sono ammessi.
Ma si ascolti ora il moderno improvvisatore che sul mercato pubblico tratta un
soggetto storico: prima, per essere chiaro, narrer; poi, per risvegliare linteresse,
parler come un personaggio della vicenda; infine sinfiammer dentusiasmo e trasciner gli animi. Se tanto singolare il modo in cui si possono intrecciare, i generi poetici variano allinfinito, e anche perci tanto difficile trovare un ordine grazie al quale sia possibile affiancarli o subordinarli luno allaltro. Ci si aiuter in qualche modo, ponendo i tre elementi principali luno di fronte allaltro in un cerchio e
cercando dei modelli significativi in cui un singolo elemento prevalga. Si raccolgano, a questo punto, degli esempi che inclinino verso luna o laltra parte, sino a che
infine si avr lunificazione di tutti e tre e lintero cerchio sar chiuso in se stesso.
In tal maniera si giunge ad ottimi panorami tanto dei generi poetici quanto del
carattere delle nazioni e del loro gusto in successione cronologica. E bench questo
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modo di procedere possa essere pi adatto alla propria istruzione, diletto e norma
che allinsegnamento di altri, forse cos si potrebbe formare uno schema nel quale
trasparissero in un ordine intelligibile le forme esteriori e contingenti e questi inizi
originari interni e necessari. Ma il tentativo rimarr per sempre difficile, come nelle scienze naturali lo sforzo di rintracciare la relazione delle caratteristiche esteriori di minerali e piante con le loro componenti interne al fine di raffigurare per lo spirito un ordine consono alla natura.
Alle tradizionali classificazioni delle specie poetiche, regolate indifferentemente da criteri ora contenutistici ora formali, che Goethe denomina
Dichtarten (ossia maniere di scrivere) e di cui fornisce anche un sommario elenco (comprensivo come s visto di generi quali la ballata, il
dramma, lelegia, lepigramma, lepistola, la favola, lidillio, lode, la romanza, il romanzo, la satira, ma anche dellallegoria e della parodia), viene opposta lesigenza di rifondare il sistema dei generi su un ordine razionale, ovvero attraverso lindividuazione della loro essenza, dei loro
elementi originari interni e necessari, peraltro gi codificati nella tripartizione aristotelico-classicistica di epica, lirica e tragedia. Per la verit, nel
definire le propriet delle tre vere forme naturali della poesia Goethe
incorre negli stessi equivoci da lui denunciati: lepos infatti contraddistinto dal modo diegetico, la poesia lirica e quella drammatica dagli oggetti. In ogni caso, Goethe riconduce ogni altra specie poetica (effettuale
o virtuale) a questi archetipi, o meglio alla loro mescolanza e alle modificazioni prodotte sulle loro forme esteriori e contingenti dal carattere
delle nazioni e dai mutamenti della cultura e del gusto, come dimostra
lesempio della tragedia greca. Al pari di Hlderlin, egli infatti sostiene
che, ad eccezione del poema omerico, le singole opere come le specie
poetiche ricavano la loro fisionomia dalla prevalenza, non dalla esclusivit
di una forma naturale: da ci deriva limpossibilit di stabilire alcun ordinamento gerarchico dei generi o di ricostruirne con precisione levoluzione storica. Anche il sistema tracciato da Goethe assume dunque una
configurazione circolare, in cui si coniugano identit e divenire della poesia, e si esprime lunit di spirito, natura e arte.
2. Estetica idealistica e teoria dei generi
Estraneo ad ogni suggestione classicistica, ed anzi considerato il massimo
esponente dellidealismo trascendentale, anche Friedrich Wilhelm Joseph
Schelling concepisce larte come un tutto chiuso, organico e necessario in
ogni sua parte in modo identico alla natura. Egli non soltanto nega validit
alle poetiche precettistiche, paragonate a ricettari o a libri di cucina, e
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renza e lindifferenza che caratterizza il tragico: ovvero, il comico scaturisce dallinversione degli opposti, dalla identificazione della libert con loggettivit e della soggettivit con la necessit, che si manifesta non pi come destino (e dunque non suscita paura), ma come costrizione esercitata
dal carattere dellindividuo sullapparente volontariet delle sue azioni (e
dunque provoca il riso).
Schelling colloca il dramma al vertice del suo sistema dei generi: ma
non perch esso appaia storicamente per ultimo. Nella introduzione della
Filosofia dellarte si legge: le opposizioni che sono poste per larte dalla
sua dipendenza temporale sono, come il tempo stesso, necessariamente
inessenziali, sono opposizioni puramente formali, e quindi interamente diverse da quelle reali, fondate sullessenza o sullidea stessa dellarte; anzi,
nella storia dellarte si rivela lunit essenziale ed interna di tutte le opere
darte, per cui sono tutte creazioni di un solo, identico genio. In altri termini, lordine naturale o storico dei generi lestrinsecazione del loro
ordine scientifico, la rappresentazione fenomenica della sostanziale identit della poesia.
Dal poema epico [...] come identit ha preso le mosse la poesia, in certo modo
da una stato di innocenza, dove ancora insieme e unito tutto ci che pi tardi esiste solo in modo disperso, e ritorna allidentit solo dopo essere passato attraverso
la dispersione. Nel processo della cultura da questa identit esplosa, in conflitto
con la stessa identit, la poesia lirica, e solo in una fase pi avanzata, come pi maturo frutto della cultura successiva, la stessa unit si conciliata con il conflitto, e
luna e laltro si sono nuovamente unificati in una pi perfetta forma di cultura. Questa pi alta identit il dramma, che comprende in s le nature dei due generi tra
loro opposti, ed quindi la suprema manifestazione dellessere-in-s, dellessenza di
tutta larte. Il corso di ogni cultura naturale cos conforme a una legge che quella
che costituisce lultima sintesi secondo lidea, lunificazione di tutte le opposizioni
nella totalit, anche lultima manifestazione in ordine di tempo.
La storicit dellarte, sacrificata da Schelling alla sua determinazione filosofica, invece assolutamente centrale nella teoria dei generi illustrata
da Georg Wilhelm Friedrich Hegel nella sthetik [Estetica], in cui alcuni allievi raccolsero e pubblicarono (per la prima volta fra il 1835 e il 1838) gli
appunti delle lezioni tenute dal pi grande pensatore dellidealismo tedesco
fra il 1817 e il 1829, nellUniversit di Heidelberg prima e poi di Berlino.
LEstetica hegeliana unopera monumentale ed enciclopedica, che non
soltanto offre una sintesi originale di un cinquantennio di studi teoretici
della letteratura, ma delinea un articolato, complesso sistema che ambisce
a ricostruire su solidi fondamenti filosofici una storia universale delle arti e
della poesia. Hegel muove dal presupposto che la filosofia deve conside91
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rare un oggetto secondo la necessit, ed invero non solo secondo la necessit soggettiva o secondo un ordine estrinseco, una classificazione, ecc., ma
deve spiegare e dimostrare loggetto secondo la necessit della sua natura
interna. Orbene, loggetto proprio dellarte egli precisa, in aperta polemica con Kant il bello artistico, non il bello naturale: infatti la superiorit dello spirito e della sua bellezza artistica di fronte alla natura non
[...] soltanto relativa, ma lo spirito solo il vero, quel che tutto in s abbraccia, cosicch ogni bello veramente bello solo in quanto partecipe di
questa superiorit e da questa prodotto. Dunque larte soltanto una specie e un modo di portare a coscienza e di esprimere il divino, i pi profondi interessi delluomo, le verit pi ampie dello spirito; essa spazza la parvenza e lillusione di questo mondo cattivo, caduco, da quel vero contenuto dei fenomeni, e d loro una realt pi alta, generata dallo spirito. Lungi
quindi dallessere semplice parvenza, ai fenomeni dellarte da attribuire,
di contro alla effettualit abituale, realt pi alta ed esistenza pi vera, e
da riconoscere una funzione insieme conoscitiva e pedagogica.
In quanto rappresentazione dello spirito in forma sensibile (il sensibile nellarte spiritualizzato, giacch lo spirituale appare in essa sensibilizzato), larte permeata dalla dialettica e plasmata dal suo sviluppo storico. Come la religione e la filosofia, essa superamento e conciliazione degli opposti, mediazione fra universale e particolare, astratto e concreto,
pensiero e natura, interiorit ed esteriorit, ma secondo una particolare determinazione: infatti soltanto una certa sfera e un certo grado della verit
sono suscettibili di essere rappresentati nellelemento dellopera darte;
inoltre deve essere insito nella determinazione a lei propria, che essa possa venire alla luce nel sensibile ed in questo essere a s adeguata, per essere autentico contenuto dellarte. Dunque la vera opera darte postula
lidentit di contenuto e forma, il rovesciarsi di un termine nellaltro, in
modo che il contenuto non nientaltro che il rovesciarsi della forma in
contenuto, e la forma non nientaltro che il rovesciarsi del contenuto in
forma. La concezione hegeliana del bello come apparire sensibile
dellidea, piena coincidenza e unit di forma e contenuto, generate dal
continuo confronto e dallintegrazione sempre provvisoria degli opposti
(giacch ogni sintesi si trasforma in una nuova tesi del processo dialettico),
immerge larte nella vita dello spirito assoluto e la solleva a manifestazione
esemplare del suo infinito svolgimento. Su tali premesse poggia la tripartizione dellarte nella forma simbolica, classica e romantica, ciascuna corrispondente a unepoca della storia umana rispettivamente, quella delle civilt dellantico Oriente (indiana, egiziana, persiana, ebraica), quella ellenica e quella compresa fra il Medioevo cristiano e let coeva e caratterizzata da uno specifico significato spirituale. Nellarte simbolica
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lidea cerca ancora la sua vera espressione artistica, perch in se stessa ancora
astratta e indeterminata e non ha perci in s e dentro di s lapparenza adeguata,
ma si trova in opposizione di fronte alle cose esterne della natura, a lei stessa esterne, ed agli eventi umani. Ora, [...] sforzandosi di penetrare con le sue universalit
prive di determinazioni in unesistenza concreta, corrompe e falsa le forme gi esistenti [...], pervenendo cos non ad unidentificazione perfetta, ma solo ad uneco e
ad un accordo ancora astratto di significato e forma, che in questa assenza presente e futura di una completa compenetrazione reciproca mettono in risalto, s, la loro affinit, ma altrettanto la loro reciproca esteriorit, estraneit e inadeguatezza.
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Il poeta epico dunque, per amore delloggettivit del tutto, deve come
soggetto retrocedere dinanzi al suo oggetto e sparire in esso. Solo il prodotto, e non il poeta, appare. E tuttavia,
il poema epico come opera darte reale pu nascere solo da un individuo. Infatti,
bench un epos esprima ci che riguarda lintera nazione, a poetare non il popolo nel suo insieme ma solo singoli individui. vero che lo spirito di unepoca, di una
nazione la causa sostanziale, operante; questa per viene a realt come opera darte solo quando si concentra nel genio individuale di un poeta, che allora porta a coscienza ed esegue come propria intuizione e propria opera questo spirito universale e il contenuto di esso. Infatti poetare creazione spirituale e lo spirito esiste solo come singola coscienza e autocoscienza reale.
Lopinione secondo cui Omero, in quanto persona storica, non mai esistito, ma singoli autori avrebbero prodotto le singole parti dellIliade e
dellOdissea, che poi sarebbero state unificate, giudicata da Hegel in
evidente sintonia con la concezione romantica del genio una barbara
idea antiartistica. Questa opinione infatti,
se vuole solo significare che il poeta come soggetto deve sparire di fronte alla sua
opera, merita la lode pi alta, perch essa significa allora nientaltro se non che in
queste opere non si pu riconoscere nessuna maniera soggettiva di rappresentare e
di sentire; come in effetti nei poemi omerici. Solo la cosa concreta, il modo di vedere oggettivo del popolo, viene a manifestazione; tuttavia lo stesso canto popolare
ha bisogno di una bocca che lo traduca in canto, traendolo dallinteriorit riempita
di sentire nazionale; e unopera darte in s unita necessita ancor pi dello spirito
in s unito di un unico individuo.
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In proposito, accanto alle sopravvivenze poetiche che dal periodo precristiano si sono trasmesse alle nuove popolazioni per lo pi con tradizione orale e quindi in modo alterato (i poemi attribuiti ad Ossian, i canti
eroici dellEdda), Hegel menziona le epopee nazionali del Cid e dei Nibelunghi, i cicli dellepopea cavalleresca medievale, i poemi religiosi come la
Divina Commedia (lopera in s pi solida e pi ricca, lepos artistico vero e proprio del Medioevo cattolico), i poemi allegorici, i contes e i fabliaux, considerati le prime, embrionali manifestazioni dei generi del racconto e della novella. Una nuova, pi tarda fioritura del poema religioso e
dellepos cavalleresco viene collocata nellet del Rinascimento e della
Riforma, rispettivamente con il Paradiso perduto di Milton e la Messiade
di Klopstock, e con le opere di Cames, Ariosto, Tasso e Cervantes.
Allopposto dellepica sta la poesia lirica.
Il suo contenuto il soggetto, il mondo interno, lanimo che riflette, che sente,
e che, invece di procedere ad azioni, si arresta al contrario presso di s come interiorit e pu quindi prendere come unica forma e meta ultima lesprimersi del soggetto. Qui non vi dunque alcuna totalit sostanziale che si sviluppi come accadere esterno, ma sono invece lintuizione, il sentimento, la riflessione isolati della soggettivit che entra in se stessa, a comunicare anche quel che pi sostanziale e oggettivo come cosa propria, come propria passione, disposizione o riflessione e come loro prodotto attuale.
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Nella lirica, lo spirito si stacca dalloggettivit dellarte epica e discende in se stesso, guarda nella propria coscienza e d soddisfazione al bisogno di manifestare, al posto della realt esteriore della coscienza, la presenza e la realt di questa nellanimo soggettivo, nellesperienza del cuore e
nella riflessione della rappresentazione, e cos manifestare il contenuto
dellattivit stessa della vita interiore. In ragione della infinita molteplicit
delle forme che questultima pu assumere, lopera darte lirica trova il suo
punto di unit il suo centro coesivo nella determinatezza concreta
dello stato danimo o della situazione, nella particolarit (ovvero nella capacit di rappresentare condizioni, avvenimenti, riflessioni e passioni nella loro essenzialit pi profonda), nella concentrazione (perch, in opposizione al dispiegarsi epico, essa deve operare principalmente attraverso linterna profondit dellespressione, e non gi con la vastit della descrizione o della spiegazione), mentre la sua veste esteriore caratterizzata dalla variet dei metri e del ritmo (diversamente dallepos, che predilige lesametro), ma soprattutto dalla sonorit delle parole (ottenuta prevalentemente attraverso lallitterazione, la rima e lassonanza), che aspira a
volgersi in melodia e in canto. Il contenuto sostanziale della lirica si esterna in una pluralit di generi secondari, che Hegel classifica con criteri insieme storici (ovvero, non solo e non tanto secondo la loro successione
temporale, ma in relazione alla loro formazione culturale, alle particolarit dellepoca e della nazionalit ed alla singolarit del genio soggettivo,
giacch la lirica a differenza dellepos gode del vantaggio di poter sorgere in quasi tutte le epoche di sviluppo nazionale, anche se manifesta
spiccate affinit con la forma darte romantica) e formali (riguardanti cio
i temi e il materiale linguistico). Fra i generi lirici secondari sono annoverati il salmo (e la poesia religiosa in genere), linno, lode, lanacreontica,
lelegia, lo scolio, la poesia melica, la poesia gnomica, la lirica corale, lelogio, la satira, la poesia doccasione, la poesia damore, la romanza e la ballata (che hanno una forma spiccatamente narrativa), il lied (e, pi estesamente, le canzoni popolari).
La poesia drammatica, infine, unisce i due generi precedenti in una
nuova totalit, in cui noi ci troviamo davanti sia uno svolgimento obiettivo
che il suo originarsi dallinterno di individui, dimodoch loggettivo si manifesta come appartenente al soggetto, mentre il soggettivo, allinverso, viene portato ad intuizione da un lato nel suo passare allestrinsecazione reale, dallaltro nello scioglimento che la passione arreca come risultato necessario del proprio agire. Di pi, il dramma
deve essere in generale considerato come la fase suprema della poesia e dellarte,
perch esso si sviluppa nella totalit pi compiuta, sia rispetto al contenuto che alla sua forma. Infatti il discorso, di fronte alle altre materie sensibili, il marmo, il le-
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gno, il colore, il suono, lunico elemento degno dellesposizione dello spirito, e fra
i generi particolari dellarte della parola la poesia drammatica a sua volta quella
che riunisce in s loggettivit dellepos con il principio soggettivo della lirica, in
quanto essa manifesta in immediata presenza una azione in s conchiusa come azione reale che sia scaturisce dallinterno del carattere che si porta ad effetto, sia, nel
suo risultato, viene a decisione sulla base della natura sostanziale dei fini, degli individui e delle collisioni. Questa mediazione dellepico per mezzo della interiorit
del soggetto come attualmente agente non permette per al dramma di descrivere
epicamente il lato esterno del luogo, dellambiente, come pure del fare e dellaccadere, e richiede, quindi, perch lintera opera darte pervenga a vera vitalit, la compiuta esecuzione scenica di essa.
Orbene, lazione costituisce il principio generale dellopera drammatica, e ne conforma le determinazioni particolari. Il contenuto del dramma
s visto costituito da circostanze, passioni e caratteri in collisione,
e quindi da una serie di azioni e reazioni che a loro volta rendono necessario un appianamento della lotta e del contrasto. In ci consiste appunto
lunione mediatrice del principio artistico dellepica e della lirica. Se
lepos, infatti, ci presenta unazione, ma come totalit sostanziale di uno
spirito nazionale, sotto forma di determinati eventi e gesta oggettivi, in cui
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Il dramma il prodotto di una vita nazionale gi in s sviluppata: perch esso sorga, infatti, deve esserci gi il risveglio perfetto della libera autocoscienza di fini, complicazioni e destini umani, formata in un modo qual
possibile solo nellepoche di mezzo e in quelle pi tarde dellesistenza nazionale. Contenuto spirituale e storicit della poesia si confermano termini complementari e interagenti: il dramma ricava il principio dei suoi diversi generi solo dal rapporto in cui si trovano gli individui con il loro fine ed il suo contenuto, e la determinatezza di questo rapporto anche
laspetto decisivo per il modo particolare del contrasto e dellesito drammatico e d cos il tipo essenziale di tutto lo svolgimento della sua vivente
manifestazione artistica. Infatti per lagire veramente tragico necessario
che sia maturato il principio della libert e dellautonomia individuali o
per lo meno lautodeterminazione di essere liberamente responsabili dei
propri atti e delle loro conseguenze; ed in grado ancora maggiore deve essere affiorato, perch ci sia la commedia, il libero diritto della soggettivit
e del suo dominio in s confidente.
Linizio vero e proprio della poesia drammatica va cercato quindi presso i Greci, presso cui il principio della libera individualit rende per la prima volta possibile la compiutezza della forma darte classica. Conformemente a questo tipo, per,
lindividuo, anche rispetto allazione, pu qui presentarsi solo nella misura in cui la
libera vitalit del contenuto sostanziale di fini umani immediatamente lo richiede.
Ci quindi su cui soprattutto vertono il dramma, la tragedia e la commedia antica
luniversale ed essenziale del fine che gli individui realizzano; nella tragedia il diritto etico della coscienza in rapporto allazione determinata, la legittimit dellatto in
s e per s; e nella commedia antica per lo meno sono parimenti gli interessi pubblici universali ad essere messi in rilievo: gli statisti ed il loro modo di condurre lo
Stato, la filosofia e la sua corruzione ecc. Perci qui non possono trovare completamente posto n la varia descrizione dellanimo interno e del carattere peculiare,
n lintreccio e lintrigo specifico, e linteresse non verte neppure sul destino degli
individui. In luogo di questi lati pi particolari viene richiesta soprattutto la partecipazione alla semplice lotta ed al suo esito nel conflitto ingaggiato fra le potenze
essenziali della vita e gli di che governano il cuore umano e che hanno come rappresentanti individuali gli eroi tragici, allo stesso modo in cui le figure comiche palesano la deformazione generale alla quale si sono ridotte nel presente e nella realt
stessa le tendenze fondamentali dellesistenza pubblica.
Nella poesia moderna romantica, invece, il tema preferito costituito dalla
passione personale, la cui soddisfazione pu riguardare solo un fine soggettivo, in
generale il destino di un individuo e di un carattere particolare entro rapporti specifici.
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opera teatrale in senso stretto, come fase intermedia di questi due primi generi), ma ne delinea anche le fondamentali determinazioni storiche. La tragedia, almeno secondo il suo tipo sostanziale originario, ha come tema
il divino, ma non il divino che costituisce il contenuto della coscienza religiosa come tale, bens il divino quale compare nel mondo, nellagire individuale, senza rimetterci per in questa realt il suo carattere sostanziale e senza vedersi mutato nel
proprio opposto. Sotto questa forma la sostanza spirituale del volere e del realizzare letico. Infatti letico, se noi lo concepiamo nella sua solidit immediata, e non
solo dal punto di vista della riflessione soggettiva come ci che formalmente morale, il divino nella sua realt mondana.
Nella tragedia antica, dunque, rappresentato il contrasto fra la legittimit morale dellazione individuale e il potere sostanziale delle istituzioni,
le norme del diritto; nella tragedia moderna, lo scontro fra la volont e le
passioni del singolo e il sistema dei rapporti sociali. In generale, nella poesia drammatica lagire individuale
vuole portare ad effetto sotto determinate circostanze un fine o un carattere che,
con questi presupposti, poich unilateralmente si isola nella sua determinatezza per
s compiuta, necessariamente suscita contro di s il pathos opposto e porta quindi
a conflitti inevitabili. Il tragico originario consiste ora nel fatto che entro tale collisione entrambi i lati dellopposizione, presi per s, hanno una loro legittimit, mentre daltra parte sono in grado di condurre a compimento il vero contenuto positivo
del loro fine e del loro carattere solo come negazione e violazione dellaltra potenza egualmente legittima, cadendo quindi essi in colpa proprio nella loro eticit e tramite essa.
Gli eroi tragici, insomma, sono sia colpevoli che innocenti: e la soluzione dei contrasti che li vedono protagonisti sono necessari quanto i conflitti stessi. Infatti per mezzo di essa la giustizia eterna si esercita sui fini
e sugli individui in modo tale da restaurare la sostanza etica e lunit mediante la distruzione dellindividualit che disturba la loro quiete.
Se nella tragedia quel che eternamente sostanziale viene a vittoria in
modo riconciliante, in quanto cancella dallindividualit in conflitto solo la
falsa unilateralit e manifesta invece, come ci che va mantenuto, il positivo, nella commedia invece la soggettivit che nella sua infinita sicurezza conserva il predominio: insomma, luomo come soggetto si fatto
padrone completo di tutto ci che altrimenti vale per lui come mondo i cui
fini si distruggono [...] mediante la loro stessa inessenzialit. Perci propri del comico sono linfinito buonumore in genere e la sconfinata certezza
di essere ben al di sopra della propria contraddizione e di non esserne af101
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ti i tempi, dice sempre io, e che canta davanti a noi lintera scala cromatica delle
sue passioni e dei suoi desideri.
Se la lirica una forma poetica dionisiaca, seppure temperata dallinflusso apollineo, lepica invece reca lesclusivo sigillo della potenza del dio
delfico.
Lo scultore e insieme lepico a lui affine sono sprofondati nella pura intuizione
delle immagini. Il musicista dionisiaco , senza alcuna immagine, egli stesso totalmente e unicamente il dolore originario stesso e leco originaria di esso. Il genio lirico sente sorgere dallo stato mistico di alienazione di s e di unit un mondo di immagini e di simboli, che ha una colorazione, una causalit e una velocit tutta diversa dal mondo dello scultore e dellepico. Mentre questultimo vive in queste immagini e solo in esse con gioiosa soddisfazione, e non si stanca di contemplarle
amorevolmente fin nei piccoli tratti [...], invece le immagini del lirico non sono
nientaltro che lui stesso e per cos dire solo diverse oggettivazioni di lui, ed per
questa ragione che egli, come centro motore di quel mondo, pu dire io. Senonch questa accentuazione dellio non la stessa di quella delluomo sveglio, empirico-reale, ma si tratta dellunico io veramente sussistente ed eterno, riposante sul
fondo delle cose, e attraverso le cui immagini il genio lirico penetra con lo sguardo
fino al fondo delle cose. Consideriamo ora come egli scorga fra queste immagini riflesse anche se stesso come genio, vale a dire il suo soggetto, tutta la folla delle
passioni e dei moti di volont soggettivi rivolti a una cosa determinata, che a lui pare reale; se ora sembra che il genio lirico e il non genio a lui collegato siano una so-
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la cosa e che il primo dica di se stesso quella paroletta io, ormai tale illusione non
potr pi sviarci, come certamente ha sviato quelli che hanno designato il lirico come il poeta soggettivo.
Nietzsche rifiuta dunque innanzitutto il contrasto in base al quale, come in base a un criterio di valore, lo stesso Schopenhauer suddivide ancora le arti, quello fra il soggettivo e loggettivo. Questa antitesi ignora che
lindividuo che vuole e promuove i suoi scopi egoistici, pu essere pensato solo come avversario, non come origine dellarte, e che unicamente in
quanto artista il soggetto gi liberato dalla sua volont individuale ed
diventato per cos dire un medium, attraverso il quale lunico soggetto che
veramente celebra la sua liberazione nellillusione. In secondo luogo,
Nietzsche giudica la facolt artistica dionisiaca superiore a quella apollinea,
celebrata dal classicismo, che ha preteso di vincolare il genio poetico ai
precetti del bello, del verosimile, del piacevole, sacrificando ad essi la conoscenza immediata dellessenza del mondo, la visione raccapricciante
della verit, in cui consiste la finalit suprema della poesia; ma al contempo riconosce che soltanto grazie allazione dello spirito apollineo, alla sua
luminosa glorificazione delleternit dellapparenza, [...] la bellezza vince
la sofferenza che inerisce alla vita, il dolore viene in un certo senso fatto
scomparire dai tratti della natura.
Pi ancora della lirica, la tragedia a dimostrare la necessaria complementarit delle due potenze. Secondo Nietzsche, il mito tragico, che parla
per simboli della conoscenza dionisiaca, generato dalla musica: la musica la vera idea del mondo, il dramma solo un riflesso di questidea, un
fantasma isolato di essa. Levento rappresentato una magnifica illusione, un inganno apollineo, ma soltanto grazie ad esso siamo sgravati dalla pressione e dalleccesso dionisiaco: lapollineo ci strappa alluniversalit dionisiaca, solleva luomo dal suo orgiastico annullamento di s e gli
fa passare davanti immagini di vita, spingendolo ad afferrare concettualmente il nocciolo vitale in esse contenuto. La magia risanatrice di
Apollo tanto potente da suscitare la falsa impressione che il dionisiaco
sia al suo servizio, che addirittura la musica sia essenzialmente arte rappresentativa per un contenuto apollineo, mentre il rapporto fra i due elementi esattamente inverso. E infatti, linganno apollineo viene infranto e
annullato proprio quando sembra aver riportato una piena vittoria sulla
potenza dionisiaca: a quel punto Dioniso prende di nuovo il sopravvento,
e la tragedia si chiude con un accento che non potrebbe mai risuonare nel
regno dellarte apollinea.
E con ci linganno apollineo si dimostra per quel che , cio per il velo che per
tutta la durata della tragedia ricopre costantemente il vero e proprio effetto dioni-
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siaco: il quale tuttavia cos potente, da spingere alla fine lo stesso dramma apollineo in una sfera in cui esso comincia a parlare con sapienza dionisiaca, e in cui nega se stesso e la sua visibilit apollinea. Cos si potrebbe in realt simboleggiare il
difficile rapporto fra lapollineo e il dionisiaco nella tragedia con un legame di fratellanza fra le due divinit: Dioniso parla la lingua di Apollo, ma alla fine Apollo parla la lingua di Dioniso. Con questo raggiunto il fine supremo della tragedia e
dellarte in genere.
La tragedia greca per in modo diverso da tutti gli antichi generi darte
affini, che scomparvero a tarda et con la morte pi bella e tranquilla:
essa mor suicida per mano di Euripide, il poeta del socratismo estetico, seguace del filosofo che impersona il tipo delluomo teoretico, maestro di dialettica e pervaso dalla incrollabile fede nella capacit del pensiero di conoscere la verit, di giungere, seguendo il filo conduttore della
causalit, fin nei pi profondi abissi dellessere, e addirittura di modificarlo. Nella fredda eleganza dellalessandrinismo, nelle forme degenerate della commedia attica nuova (che gi Vico considerava fenomeno tipico della
Grecia postsocratica) e dellepos drammatizzato and cos smarrita la concezione tragica del mondo, che Nietzsche pone in alternativa allottimismo
della scienza tipico della concezione teoretica: e, con essa, la consapevolezza della missione risanatrice e salvifica dellarte, che sola riesce a mutare i pensieri di disgusto per latrocit o lassurdit dellesistenza in rappresentazioni con cui si possa vivere, ossia nel sublime come repressione artistica dellatrocit e nel comico come sfogo artistico del disgusto per
lassurdo.
4. Il paradigma biologico del positivismo
Il fondamento essenzialistico conferito alla teoria dei generi dalle estetiche
dellidealismo trapassa paradossalmente nel positivismo, che pure com
noto sovverte radicalmente i paradigmi di quella filosofia. Ma, a ben guardare, non per una perfida astuzia della storia come ha felicemente notato Fubini che, nellet in cui le scienze naturali parvero assumere nella cultura una posizione privilegiata ed esemplare, i motivi naturalistici
della storiografia romantica si siano scoperti del tutto consoni ai concetti e ai metodi di quelle scienze, ed abbiano potuto dunque dominare incontrastati, in apparenza almeno, nella storia letteraria.
Il documento pi significativo della concezione positivistica dei generi
consegnato alle lezioni tenute nel 1889 da Ferdinand Brunetire presso
lcole Normale Suprieure di Parigi, e raccolte lanno successivo in volume col titolo Lvolution des genres dans lhistoire de la littrature [Levo106
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luzione dei generi nella storia della letteratura]. Brunetire muoveva dal
presupposto che la critica, sebbene dotata di specifici metodi, giustificati
dallautonomia del suo oggetto (dal momento che la letteratura, al pari delle altre arti, ha in se stessa il proprio principio e il proprio fine o scopo) e desunti dallestetica e dalla storiografia, dovesse adeguare i suoi
strumenti danalisi e le sue categorie di giudizio alle innovazioni che stavano interessando tutti i campi del sapere e della scienza, e che erano riconducibili in ultima istanza allidea di evoluzione e ai principi di comparazione e di classificazione. Infatti
lo scopo ultimo di ogni scienza esistente quello di classificare gli oggetti che costituiscono la materia delle proprie ricerche, in un ordine via via pi simile allordine stesso della natura. La storia naturale ne un esempio ammirevole: da Linneo fino a Cuvier, da Cuvier fino a Darwin, da Darwin fino a Haeckel, si pu affermare
senza smentita che ogni progresso della scienza un progresso o un mutamento
nella classificazione. La classificazione che da confusa e vaga si fatta sistematica, da sistematica si fatta naturale, da naturale si fatta genealogica , essa sola, in forza del suo stesso progresso, ha rivoluzionato le scienze della natura e della vita.
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Statua), supposto dunque che esistano, i generi come emergono dalla primitiva indeterminazione? come seffettua in essi la differenziazione che prima li divide, poi
li caratterizza, infine li individualizza? [...] ed ben visibile lanalogia con quanto ci
si chiede in storia naturale, in che modo gli individui con le loro forme particolari
si distacchino da un medesimo sostrato di essere o di sostanza, comune e omogeneo, per divenire cos successivamente capostipiti di variet, razze, specie.
Il terzo quesito riguarda la fissazione dei generi: cos come in natura, solo che si diano circostanze appena favorevoli, le specie non sono incapaci di qualche permanenza e stabilit, pure i generi si fissano, per qualche tempo almeno; occorre dunque investigare le condizioni di stabilit
che assicurano loro unesistenza non pi solo teorica ma storica, cui assegnare limiti databili, unesistenza individuale paragonabile alla vostra o alla
mia, con un inizio, un prosieguo e una fine. Segue il problema dei modificatori dei generi: giacch chiaro anche solo per la possibilit di paragonarla allesistenza umana che lesistenza storica dei generi non eterna. Ancora allo stesso modo che in natura, nellevoluzione di un genere si
arriva al momento in cui la somma dei caratteri instabili supera quella dei
caratteri stabili, e il composto, per cos dire, si scioglie. Per influenza di che
cosa?. Per ultimo, necessario ricercare le leggi della trasformazione dei
generi, indagando se si danno delle leggi generali o al contrario, come si
sarebbe piuttosto tentati di credere di primo acchito, non vi sia affatto una
tal legge dellevoluzione dei generi, avendo levoluzione di ciascun genere
proprie leggi particolari.
Le risposte agli interrogativi di sopra enunciati compendiano la teoria
dei generi elaborata da Brunetire: una teoria che, per esplicita ammissione dellautore, largamente tributaria delle tesi di Darwin. In merito alla
prima questione, lo studioso francese afferma che i generi devono esistere, perch corrispondono alla diversit dei mezzi di ogni arte, alla diversit delloggetto di ogni arte, alla diversit, infine, dei temperamenti degli artisti, ovvero alle loro necessit espressive, ai loro ideali, alle loro inclinazioni e preferenze. Riguardo poi alla differenziazione dei generi,
Brunetire asserisce che essa si attua nella storia come quella delle specie
nella natura, progressivamente, per transizione dalluno al molteplice, dal
semplice al complesso, dallomogeneo alleterogeneo, grazie al principio
detto della divergenza dei caratteri. Di pi complessa soluzione si rivela
il problema della fissazione o stabilit dei generi, poich ne implica almeno altri tre: ossia, da quali segni certi si riconosce la giovinezza di un
genere? da quali segni, lesaurimento, la sclerosi, la morte prossima? Ma soprattutto ed il punto cruciale della discussione da quali segni si riconosce la perfezione o la maturit del genere? E che cosa pensare delle
parole di La Bruyre, per cui, come non c che un punto ottimale o di ma108
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turit della natura, cos non ci sarebbe nellarte che un punto di perfezione, unico, e forse indivisibile?. Quanto ai modificatori, ossia a quelle forze poco note che agiscono sui generi, sia per rafforzarne, da una parte, che
per diminuirne, di contro, la stabilit, essi sono individuati da Brunetire
nelleredit o nella razza, nellinfluenza degli ambienti (pi esattamente, le
condizioni geografiche o climatologiche, le condizioni sociali, le condizioni
storiche) e nellindividualit, intesa come linsieme delle qualit e dei difetti che rendono un individuo unico nel suo genere, sicch egli introduce
nella storia della letteratura e dellarte qualcosa che non cera prima di lui,
che senza di lui non ci sarebbe, che continuer, dopo di lui, ad esserci. Per
ultimo, in ordine alla trasformazione dei generi, Brunetire sostiene che
nella storia letteraria si verifica qualcosa danalogo a quanto in storia naturale si chiama con i nomi di concorrenza vitale, di persistenza del pi
adatto o, in generale, di selezione naturale.
Il tentativo di uniformare i metodi della storia letteraria ai principi della teoria darwiniana dellevoluzione approda a risultati che difettano di coerenza ed eludono alcuni fondamentali nodi problematici. In primo luogo,
come lesistenza dei generi asserita aprioristicamente, non dimostrata, cos la loro definizione puramente nominalistica: a distinguerli non valgono
infatti n i mezzi (che le leggi della statuaria in marmo, ad esempio, non
possono essere quelle della scultura in bronzo unassoluta ovviet), n
gli oggetti (mai specificati con sufficiente chiarezza, e in termini univoci), e
tanto meno i temperamenti (nozione intrisa di psicologismo, e dunque imponderabile ai fini della comparazione tassonomica). In secondo luogo, riesce difficile comprendere come lautonomia della letteratura, giustificata
dalla sua continuit genealogica (per cui in ogni momento della storia di
unarte o di una letteratura, chiunque scrive [...] sotto il peso, per cos dire, di tutti quelli che lo hanno preceduto, li conosca oppure no: e quindi,
dopo la personalit dellautore, lazione delle opere sulle opere che pi
agisce), e la stessa libert dellartista si concilino con linfluenza esercitata da fattori esterni (i modificatori). Dellimpasse appare consapevole lo
stesso Brunetire, che in un saggio intitolato La doctrine volutive et lhistoire de la littrature [La dottrina evolutiva e la storia della letteratura,
1899] si prova ad uscirne interpretando la dialettica di tradizione e innovazione come un perenne conflitto tra la resistenza inerziale della forma e
la cieca forza della vita.
Vi una filiazione delle opere e, in ogni tempo, in letteratura come in arte, ci
che getta il peso maggiore sul presente il passato. Ma mentre si crederebbe che il
simile, come in natura, generi sempre il simile, non affatto cos e levoluzione segue il suo corso; allo stesso modo, mentre si crede solo di imitare e riprodurre il
passato, nelle profondit della vita si attiva un movimento sordo, di cui nulla si ve-
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Sebbene Brunetire affermi che non esiste alcuna legge fissa di sviluppo, e che la storia della letteratura non si snoda in senso unilateralmente progressivo, ma conosce anche periodi di regressione, di decadenza,
il paradigma biologico viziato da una logica deterministica sotto laspetto
filogenetico, e da una concezione finalistica sul piano ontogenetico: lesistenza storica dei singoli generi infatti ricostruita in funzione del loro acme, del loro punto di maturit (di perfezione), in cui si manifesta appunto
come gi sosteneva Aristotele la loro essenza. Ed fin troppo evidente
che lindividuazione del tipo essenziale di una classe generica non ha alcuna plausibile motivazione di ordine scientifico (sebbene Brunetire si dica convinto che unulteriore utilit della dottrina evolutiva sta nel fatto
che essa declassa e cancella ed espunge automaticamente, per cos dire,
le mediocrit dalla storia della letteratura e dellarte), ma deriva da un giudizio di valore, che peraltro ricava la sua autorevolezza dal canone letterario. Nella teoria di Brunetire, dunque, si combinavano ha scritto Fubini
le pretese scientiste del secolo col dogmatismo della critica classicheggiante, non mai spenta in Francia.
Una stravagante sintesi fra lo schema trinitario dellestetica idealistica e
il metodo evolutivo della teoria positivistica dei generi si trova in Lyrisme,
epope, drame: une loi de lvolution littraire explique par lvolution
gnrale [Lirica, epopea, dramma: una legge dellevoluzione letteraria
spiegata con levoluzione generale, 1911] di Ernest Bovet. Prendendo spunto dalla Prface de Cromwell di Victor Hugo, in cui il grande scrittore francese ipotizza che ogni fase dellevoluzione letteraria possa essere spiegata
con le categorie di lirico, epico e drammatico, Bovet suddivide la storia della letteratura francese in tre ere, a loro volta scandite dalla successione dei
grandi generi, considerati non come semplici forme, ma come tre modi
essenziali di concepire la vita e luniverso, che corrispondono precisa
Genette a tre stadi dellevoluzione, tanto ontogenetica quanto filogenetica. Bovet tenta insomma limpresa di coniugare Schelling e Darwin, il contenuto spirituale dei generi con la loro essenza biologica, la circolarit dialettica delle forme dello spirito con la dottrina evoluzionistica, la teoria con
la storia della letteratura: ovvero, di fondere in un unico paradigma i due sistemi filosofici che avevano dominato la cultura dellOttocento.
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V.
Il Novecento
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ma, e a sua volta la materia, investita e trionfata dalla forma, d luogo alla
forma concreta, ogni vera intuizione o rappresentazione , insieme,
espressione. Ci che non si oggettiva in una espressione non intuizione o
rappresentazione, ma sensazione e naturalit. Lo spirito non intuisce se non
facendo, formando, esprimendo. In pi, lespressione estetica sintesi di
una grande variet di impressioni, che vengono in essa parificate in quanto estetizzate: ne consegue lindivisibilit dellopera darte. Ogni espressione ununica espressione. Lattivit estetica fusione delle impressioni in
un tutto organico. Ed quel che si voluto sempre notare quando si detto
che lopera darte deve avere unit, o, ch lo stesso, unit nella variet.
Lespressione sintesi del vario, o molteplice, nelluno. Dunque ogni opera
darte un individuum ineffabile, in cui dir Croce nel Breviario il sentimento o lo stato danimo non un particolare contenuto, ma luniverso
tutto guardato sub specie intuitionis; e qualche anno appresso, nel saggio
Il carattere di totalit dellespressione artistica (1917), ribadir che la rappresentazione dellarte, pur nella sua forma sommamente individuale, abbraccia il tutto e riflette in s il cosmo. In essa, infatti,
il singolo palpita della vita del tutto, e il tutto nella vita del singolo; e ogni schietta rappresentazione artistica s stessa e luniverso, luniverso in quella forma individuale, e quella forma individuale come luniverso. In ogni accento di poeta, in
ogni creatura della sua fantasia, c tutto lumano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale, che diviene e cresce in perpetuo su s stesso, soffrendo e gioiendo. [...]
Dare, dunque, al contenuto sentimentale la forma artistica dargli insieme limpronta della totalit, lafflato cosmico; e, in questo senso, universalit e forma artistica non sono due ma uno. Il ritmo e il metro, le rispondenze e le rime, le metafore che si abbracciano con le cose metaforizzate, gli accordi di colori e di toni, le
simmetrie, le armonie, tutti questi procedimenti che i retori hanno il torto di studiare in modo astratto e di rendere in tal guisa estrinseci, accidentali e falsi, sono
altrettanti sinonimi della forma artistica che, individualizzando, armonizza lindividualit con luniversalit, e perci nellatto stesso universalizza.
Alla luce di questi assunti, appare chiaro perch Croce nellEstetica neghi dignit conoscitiva alla teoria dei generi artistici e letterari, e la consideri frutto di un errore intellettualistico, che vuole dedurre lespressione
dal concetto, e nel fatto sostituente ritrovare le leggi del fatto sostituito,
scambiando una forma logico-estetica con il contenuto delle opere. La
condanna filosofica dei generi non si limita alla contestazione della loro
pretesa normativit, peraltro del tutto inefficace (giacch gli artisti, quantunque a parole o con finte ubbidienze abbiano mostrato di accettarle, in
realt hanno fatto sempre le fiche a coteste leggi dei generi. Ogni vera opera darte ha violato un genere stabilito, venendo cos a scompigliare le idee
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Ne consegue che la dottrina dellornato e, pi in generale, le categorie rettoriche sono inservibili ai fini della classificazione dei generi; e cos
anche lo stile, laddove esso venga propriamente inteso come sinonimo di
forma o espressione, e il linguaggio, che creazione spirituale (la parola il realmente parlato, e non vi sono due parole veramente identiche), e dunque non sopporta scomposizioni (Lespressione un tutto indivisibile, ripete Croce: le parti del discorso non esistono in essa, ma sono astrazioni foggiate da noi col distruggere la sola realt linguistica, ch
la proposizione. La quale ultima da intendere, non gi al modo solito delle grammatiche, ma come organismo espressivo di senso compiuto, che
comprende alla pari una semplicissima esclamazione e un vasto poema).
Tutto ci non significa
negare ogni legame di somiglianza delle espressioni o delle opere darte tra loro. Le
somiglianze esistono, e in forza di esse le opere darte possono essere disposte in
questo o quel gruppo. Ma sono somiglianze quali si avvertono tra glindividui, e che
non dato mai fissare con determinazioni concettuali: somiglianze, cio, alle quali
mal si applicano lidentificazione, la subordinazione, la coordinazione e le altre relazioni dei concetti, e che consistono semplicemente in ci che si chiama aria di famiglia, derivante dalle condizioni storiche tra cui nascono le varie opere, o dalle parentele danima degli artisti.
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quegli estetici sono poco ascoltati, e scrivono per solitaria dilettazione o per mestiere
accademico), i critici, nel giudicare le opere darte, non hanno smesso del tutto labito di commisurarle al genere o allarte particolare in cui, secondo essi, rientrerebbero; e, invece di mettere in chiaro se unopera bella o brutta, seguitano a ragionare le
loro impressioni dicendo che essa bene osserva, o malamente viola, le leggi del dramma o del romanzo o della pittura o del bassorilievo. Assai divulgato poi luso di svolgere le storie artistiche e letterarie come storie di generi, e gli artisti presentare come
cultori di questo o quel genere; e lopera di un artista, che ha sempre unit di svolgimento qualsiasi forma essa prenda, di lirica o di romanzo o di dramma, frazionare in
tante caselle quanti sono i generi; talch Ludovico Ariosto, per esempio, una volta appare tra i cultori della poesia latina del Rinascimento, unaltra tra i lirici in volgare, una
terza tra gli autori delle prime satire italiane, una quarta tra gli autori delle prime commedie, una quinta tra i perfezionatori del poema cavalleresco: come se poesia latina e
volgare e satira e commedia e poema non fossero sempre il medesimo Ariosto poeta
nei vari tentativi e forme e nella logica del suo svolgimento spirituale.
In definitiva,
poich ogni opera darte esprime uno stato danimo, e lo stato danimo individuale e sempre nuovo, lintuizione importa infinite intuizioni, che impossibile ridurre
in un casellario di generi, salvoch non sia anchesso composto di infinite caselle e,
cio, non pi di generi, ma dintuizioni. E poich, daltra parte, lindividualit dellintuizione importa lindividualit dellespressione, [...] vano volgersi ai mezzi astratti dellespressione per costruire laltra serie di generi o di classi [...]. Tra luniversale e il particolare non sinterpone filosoficamente nessun elemento intermedio, nessuna serie di generi o di specie, di generalia.
Essendo insomma la nozione di genere puramente descrittiva, il suo impiego risulta indebito non soltanto nella critica estetica, ma anche nella storia artistica e letteraria, che ha per oggetto principale le opere darte stesse, e che va nettamente distinta sia dallerudizione, esclusivamente indirizzata alla loro intelligenza, sia dalla ricerca pseudostorica, che, ignorando lautonomia del fatto estetico, le convoca solo come testimoni e documenti da cui ricavare la verit di fatti non estetici, e dunque per intenti estranei (biografia, storia civile, religiosa, politica, ecc.). Gi nellEstetica Croce aveva rampognato severamente gli storici della letteratura e
dellarte che presumono di fare la storia non delle singole ed effettive opere letterarie e artistiche, ma di quelle vuote fantasime che sono i generi, e
ritrarre, invece dellevoluzione dello spirito artistico, levoluzione dei generi. In proposito, egli aveva chiarito che
per progresso non da intendere la fantastica legge del progresso, la quale, con forza irresistibile, menerebbe le generazioni umane a non si sa quali destini definitivi,
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secondo un piano provvidenziale, che noi potremmo indovinare e intendere poi nella sua logica. Una supposta legge di questo genere la negazione della storia stessa, di quella contingenza, o, per dir meglio, di quella libert che distingue il processo storico da qualsiasi processo meccanico. Per la medesima ragione, il progresso
non ha a che vedere con la cosiddetta legge di evoluzione; la quale, se significa che
la realt si evolve (e solo in quanto si evolve o diviene realt), non pu chiamarsi
legge; e, se si d come legge, fa tuttuno con la legge del progresso, nel significato
fallace or ora esposto. Il progresso [...] non altro se non il concetto stesso dellattivit umana, la quale, lavorando sulla materia fornitale dalla natura, ne vince gli
ostacoli e la sottomette ai suoi scopi.
In evidente polemica con le teorie positivistiche dellevoluzione letteraria, che falsificano il libero e originale movimento dellarte, Croce ammonisce che nella storia di questa non si pu introdurre unit e progressione e
che le opere degli artisti sono da considerare in modo discontinuo, come tanti frammenti della vita delluniverso. Non vi dunque, per parlare con esattezza, progresso estetico dellumanit: larte intuizione, e lintuizione individualit, e lindividualit non si ripete. Lidentit di critica storica e critica estetica rende improponibile una storia dei generi letterari, che non sono
organismi dotati di leggi proprie, ma concetti empirici, espedienti nominalistici che rivestono soltanto unutilit ordinativa e pratico-mnemonica, al
pari dei sistemi di classificazione dei volumi in una biblioteca, in quanto aiutano a farsi capire quando si accenna alla buona e approssimativamente ad
alcuni gruppi di opere, e a serbarci il possesso e procurarci il facile maneggio delle nostre cognizioni. Nel Breviario si legge:
Giova certamente contessere una rete di generalia, non per la produzione, che
spontanea, dellarte, e non pel giudizio, che filosofico, ma per raccogliere e circoscrivere in qualche modo, a uso dellattenzione e della memoria, le infinite intuizioni singole, per numerare in qualche modo le innumerabili singole opere darte. E
queste classi, com naturale, si condurranno sempre secondo o lastratta immagine
o lastratta espressione, e perci come classi di stati danimo (generi letterari e artistici) e classi di mezzi espressivi (arti). N vale qui obiettare che i var generi e arti sono arbitrariamente distinti, e che arbitraria la stessa dicotomia generale; giacch si concede senzaltro che il procedere sia arbitrario, ma larbitrio diventa poi innocuo e utile, per ci stesso che si toglie ad esso ogni pretesa di principio filosofico e di criterio pel giudizio dellarte. Quei generi e classi agevolano la conoscenza
dellarte e leducazione allarte, alla prima offrendo come un indice delle pi importanti opere darte, alla seconda una somma delle pi urgenti avvertenze che la pratica dellarte suggerisce.
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fino al declino del canone classicistico, imperava la celebre dottrina della purezza del genere, nella quale era implicito un vero principio estetico [...], vi era cio lappello ad una rigida unit di tono, ad una purezza e
semplicit stilizzate, ad una concentrazione su di ununica emozione (terrore o ilarit) come su di un unico intreccio o tema. In pi, la teoria classica postulava per ciascun genere una netta differenziazione sociale dei
personaggi, una distinzione degli stili e dei modi di elocuzione, e perci
predicava una gerarchia delle forme poetiche. Queste norme non possono
essere ragionevolmente mantenute in unepoca caratterizzata dalla volubilit delle mode letterarie, ed in cui il genere si riduce a una somma di
espedienti estetici a portata di mano disponibili per lo scrittore e gi intelligibili per il lettore. Dunque la moderna teoria dei generi non pu prefiggersi di costruire un sistema gerarchicamente ordinato delle forme letterarie, n baloccarsi con classificazioni sociologiche, ossia fondate sulla
materia delle opere, ma deve essere di natura descrittiva: in altri termini, essa
certo non limita il numero dei generi possibili, n prescrive i canoni per gli autori;
ammette anzi che i generi tradizionali possano mescolarsi e dar luogo a un nuovo
genere, come per esempio la tragicommedia; e si rende conto del fatto che i generi
possono costituirsi sulla base della complessit o della ricchezza cos come sulla
base della purezza (cio generi che si formano per addizione come anche per riduzione). Piuttosto che ribadire la distinzione tra genere e genere, le concezioni moderne, dopo laffermazione romantica della unicit di ogni genio originale e di
ogni opera darte, si preoccupano di scoprire il comune denominatore dei generi, gli
artifizi e i fini letterari che essi condividono.
Wellek e Warren sembrano insomma, a fronte delle radicali modificazioni introdotte nei modi di produzione e di consumo della letteratura
dallespansione dellindustria culturale e dalla crescita esponenziale del
pubblico di massa, quasi riservare alla sfera della ricezione (allorizzonte
dattesa dei lettori) lesercizio empirico delle distinzioni di genere, e rivendicare alla critica lesclusivo apprezzamento della letterariet.
Nonostante locchiuta interdizione effettuata da Croce (memorabili le
stroncature delle ricerche di studiosi non soltanto stranieri, come Petersen,
Beach, Misch e Curtius, ma pure italiani, come Bertana, Sanesi, Gargiulo,
De Ruggiero e Anceschi, per non dire della polemica con Pirandello sullumorismo), anche in Italia, a partire dagli anni Trenta, la teoria dei generi
torna ad essere oggetto di una riflessione alimentata dallinsoddisfazione
verso il monismo organicistico dellestetica crociana e dunque dalla esigenza di superare la rigida separazione in essa stabilita fra arte e societ.
Le prime avvisaglie dellinsubordinazione alla dittatura culturale di Croce
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provengono dal versante della fenomenologia. In un saggio intitolato I problemi di unestetica filosofica (1932) Antonio Banfi, dopo aver riconosciuto al filosofo napoletano il merito di avere efficacemente combattuto i dogmatismi ottocenteschi (in primo luogo, quello positivistico) in nome dellautonomia dellarte, lo accusava di essere a sua volta caduto in una visione
ipostatica che concepiva lopera come esclusivo atto del soggetto geniale, del tutto indifferente ai movimenti della realt artistica stessa, dalla
materia alla tradizione, alla base sociale, che a tale creazione cospirano;
ed affermava che il fatto artistico non soltanto espressione della soggettivit, ma di unenergia creatrice che nasce dalloggettivit stessa darte e
dai suoi piani, dalla vita dellarte e dal suo intreccio con la vita umana. In
quello stesso torno di anni (esattamente, nel 1936) esce Autonomia ed eteronomia dellarte di Luciano Anceschi, in cui come lascia gi chiaramente intendere il titolo il lessico filosofico di Croce provocatoriamente impiegato per argomentare lunit dialettica, nella creazione artistica, di autonomia estetica e condizionabilit storica, di soggettivit ed oggettivit, di
contenuto spirituale ed elaborazione formale.
Banfi affronta la questione dei generi nei decenni successivi, quando
lincontro con il marxismo rafforza lurgenza di colmare la cesura fra le
espressioni artistiche e il loro concreto terreno culturale e sociale. I generi sono raffigurati metaforicamente come piramidi tronche, che si innalzano dal terreno della vita complessa e che alla loro sommit configurano un comune piano, quello della letteratura; larte affonda infatti le
radici nelle particolari esperienze, in cui sintrecciano determinati problemi
religiosi, sociali, morali, in cui sincontrano necessit pratiche e valori spirituali, che sottostanno ai momenti del suo sviluppo, segnati dal costituirsi
dei suoi diversi generi letterari. I generi dunque sono organismi compositi, in cui si formalizza e stabilizza la pluralit di fattori di cui si nutrono le
opere darte: perci non sono meri schemi classificatori n categorie
atemporali, ed anzi le loro distinzioni appaiono come espressive di momenti e direzioni della vita dellarte, degli equilibri sempre nuovi in cui
si compongono le sue interne tensioni. I canoni sorgono a loro volta
dallidealizzazione dei generi, i quali,
nati da una concreta esperienza artistica che un certo costume e una certa struttura sociale ha fondato e sostiene, si sviluppano per autogenerazione, creando un solido organismo, che penetra a fondo il giudizio, determina lattivit creativa, e spesso sopravvive a lungo, sia pur con efficacia ridotta, alla struttura sociale che lha
prodotto, dando origine al fenomeno tipico del conservatorismo accademico. Certo
la validit dei canoni oscilla: pu essere meramente empirica, divenire teoricamente dogmatica, presentarsi come sopravvivenza accademico-tradizionale, divenir oggetto di tacita o aperta ribellione.
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lui era importante chiedersi come nascono i generi, che senso i generi
assumono, volta a volta, nelle diverse situazioni storiche, e qual , volta
a volta, il loro rapporto con larte: tanto pi nellepoca attuale, in cui i generi vengono negati nella teoria ma si affermano nella vita della letteratura,
e divengono dunque necessari non tanto per classificare le diverse manifestazioni di tale letteratura, quanto per comprenderla.
Non gi enti eterni, eterne figure dellarte, dogmaticamente vincolanti, e neppure estrinseche classificazioni di comodo, i generi appaiono tali da essere indicazioni di problemi e di soluzioni possibili a situazioni poste da una determinata cultura
poetica, segni simbolici di poetiche; e, pertanto, i loro connotati sono: nascita contemporanea a quella dellarte, idealit, funzionalit, intenzionalit, operativit.
Cos, la scelta, la decisione per la lirica o per la narrativa implica, volta a volta,
nelle diverse situazioni di cultura, laccettazione di diverse condizioni (che non sono solo, e non sono necessariamente ed in ogni caso delle regole) e, dunque, interviene proprio operativamente nel momento attivo della gestazione poetica; ancor
pi evidente loperativit dei generi come ideali e finalit estetiche nella loro storica funzionalit rispetto allarte e allinterno di essa.
Se lidea di poesia non viene risolta nella misura della immediata leggibilit, ed anzi appare veramente comprensibile solo in un sistema variabile di dimensioni di leggibilit, ovvero nel rapporto problema situazionale-intenzione-soluzione, la fenomenologia dei generi indica una zona singolare di intersezione tra cultura e invenzione poetica, in un intimo
compenetrarsi in cui larte vive, e si giustifica persino una storia dei generi come tessuto per una storia della poesia che non sia storia antologica
dei risultati o monografia critica, ma rilievo della trama delle situazioni e
delle intenzioni entro cui la poesia vive e solamente comprensibile in modi critici.
Oltre che sul versante della fenomenologia, anche su quello dellesistenzialismo la critica della filosofia dellarte di Croce comporta una rivalutazione del concetto di genere. Nella sua estetica della formativit, Luigi Pareyson sostiene che le vicende dellarte sono governate da un ritmo
che alterna formazione e trasformazione: il mondo delle forme retto da
questa legge di metamorfosi, per cui le forme proliferano altre forme, non
riproducendosi in copie e ripetizioni, ma generando forme diverse eppure
legate a s da vincoli familiari, con una fecondit infinita e sempre rinnovabile. Perci ogni opera darte, pur essendo una produzione nuova e originale che solo in se stessa ha il principio della propria giustificazione,
non pu essere considerata una creazione dal nulla: solo larte pu generare arte, e solo da arte gi realizzata larte pu nascere. Nel processo della formazione artistica convivono dunque continuit e singolarit: ma la
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Coloro che trattano stili, forme, generi e scuole come se fossero etichette o caselle classificative mostrano per, a giudizio di Pareyson, di
confondere il simile e il generico: e invece
la categoria del simile non ha niente a che fare col generico, perch, lungi dal
sopprimere le differenze fra i termini a cui si riferisce, non solo le presuppone, ma
anzi le preserva, e persino le garantisce, e lungi dal prescindere dalloriginale unicit delle forme chessa accomuna, le considera piuttosto come irripetibili interpretazioni dunidea comune. La similarit cos lunica categoria che si possa applicare ai singoli irripetibili senza perci comprometterne lessenziale imparagonabilit:
essa [...] allude a somiglianze che emergono dalla stessa originalit, come affinit
elettive, richiami e appelli, sintonie e congenialit, risonanze e parentele [...]. Mentre il generico raggiunge il comune spogliando i singoli di ci chessi hanno di unico, il simile muove dal cuore del singolo per vedervi lirripetibile realizzazione duna
norma comune.
Dunque si ha ragione a dire che generi (come lirica e dramma, commedia e tragedia) e forme (come sonetto e canzone, ottava e terzina, sonata e sinfonia), avulsi dalle opere concrete in cui trovano esistenza, sono artisticamente nulla; ma occorre pure ricordare che considerarli come
idee operanti allinterno dei processi di formazione non significa affatto
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svellerli dalle opere, ma inserirveli al punto da farne le condizioni della loro stessa irripetibile singolarit. Generi e forme appartengono infatti alla
materia dellarte: in questo senso,
si pu dire che al valore artistico dunopera non affatto indifferente chessa sia un
sonetto o un poema, una fuga o una sinfonia, perch solo in quella forma lintenzione formativa, generatasi da essa o delineatasi adottandola, pot concretarsi secondo le proprie esigenze e meritare la riuscita.
Ma c un altro senso in cui si pu dire che generi e forme non sono indifferenti al valore artistico delle opere, ed che appartiene alla singolarit irripetibile
dellopera lessere uninterpretazione operativa dellidea dun genere o duna forma,
s che, ad esempio, nellirripetibile unicit e nella validit artistica dun sonetto rientra anche il suo particolarissimo modo dessere un sonetto. Fa parte dellarte e dello stile dun artista il suo modo dintendere un determinato genere o una certa forma e di realizzarne lidea nelle sue opere, s che un esame del suo stile non sarebbe completo n penetrante se non contenesse unindagine al riguardo. Dal fatto che
generi e forme sono comuni a opere belle e opere brutte si trae volentieri la conseguenza chessi non hanno importanza artistica; ma a rigore si dovrebbe ricavare la
conseguenza opposta, perch se [...] nellopera brutta generi e forme sono solo
strumenti doperazione e non modi operativi adottati e assimilati, la distinzione
consiste proprio in ci, che nellopera fallita generi e forme sono in fondo indifferenti, mentre nelle opere riuscite essi rientrano, come elementi capitali e decisivi,
nello stesso processo di formazione.
La storia dun genere o duna forma non ha certamente rilevanza artistica se per
questa via non si vuol far altro che tracciare lo sviluppo dun linguaggio indipendentemente dalle opere e dagli artisti o radunare sotto una comune ma estrinseca
insegna opere che in fondo sono di diversa indole e differente significato; ma se si
ha riguardo al modo con cui i singoli autori hanno saputo interpretare le possibilit
formative e lefficacia operativa di generi e forme, istituendovi la continuit duna
tradizione conservatrice e innovatrice a un tempo, e facendone, pi che schemi o
moduli o formule, veramente idee da interpretare e realizzare, allora una storia di
questo genere, bench di non facile attuazione, rivestirebbe una vera e propria importanza artistica, perch, penetrando nella stessa officina dellarte, verterebbe
sempre sulla singolarit delle opere e sulla personalit degli artisti.
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In primo luogo, dunque, il formalismo abolisce la tradizionale distinzione di poesia e letteratura, e riafferma lautonomia dellopera letteraria non
soltanto dalle altre manifestazioni dellattivit intellettuale, ma anche dalla
realt, sia soggettiva (lautore) che oggettiva (il contesto storico-sociale),
individuando la propriet del testo letterario nella sua qualit di divergenza dalla norma linguistica, ossia nellallontanamento e nella deviazione
dalluso corrente della lingua, e polemizzando per conseguenza contro quel126
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la parte della critica che continuava ad interpretare la letteratura con categorie desunte da altre discipline (psicologia, filosofia, sociologia). Per
Sklovskij, la qualit di divergenza provoca leffetto di straniamento che
caratterizza la percezione estetica: Per fare di un soggetto un fatto darte
egli scrisse bisogna estrarlo dalla congerie dei fatti della vita, ovvero
strappare loggetto dalla serie delle associazioni abituali in cui inserito e
rivoltarlo come un ciocco di legno nel fuoco. E ancora:
Il poeta sposta tutte le insegne; lartista sempre listigatore della rivolta delle
cose. Attraverso il poeta le cose si ribellano, gettano via i loro vecchi nomi e, assieme a nomi nuovi, assumono anche nuovi significati. [...] In questo modo il poeta
attua il suo spostamento semantico; scioglie un concetto dalla serie semantica in
cui si trovava e lo trasferisce, con laiuto di unaltra parola (di un tropo), in unaltra
serie semantica. Noi percepiamo loggetto come qualcosa di nuovo perch esso si
trova in una nuova serie. La nuova parola lo avvolge come un nuovo vestito. Linsegna tolta.
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ticolari di quel dato tipo di letteratura e che simpongono allautore, indipendentemente dal suo credo sociale o dal temperamento artistico.
In una prima fase, linteresse della scuola del metodo formale si concentr pressoch esclusivamente sullo studio degli aspetti morfologici e fonetici dellopera, perch argoment Sklovskij in O teorii prozy del 1929
[Una teoria della prosa] il ritmo dellarte si fonda sullinfrazione al ritmo
della prosa prodotta dalla parola-suono (Tynjanov precis che in poesia il significato delle parole viene modificato dal loro suono, in prosa invece il suono delle parole viene modificato dal loro significato: e dunque le
medesime parole significano una cosa in prosa, unaltra in poesia). Successivamente, lattenzione dei formalisti si estese agli artifici, alle tecniche
costruttive del testo letterario (ossia, per parafrasare Sklovskij, ai procedimenti di cui larte si serve per liberare le cose dallautomatismo della percezione, e per restituire a questultima intensit e durata) e ai materiali
(che Jakobson circoscriveva al tessuto verbale, e Tynjanov invece estendeva ad elementi extraletterari, ricompresi nella nozione di costume): questa
nuova diade sostitu nel metodo formale il tradizionale binomio di forma e
contenuto. Il materiale fu prima considerato come semplice motivazione
(ossia giustificazione) del procedimento costruttivo, cui era comunque attribuito un valore autonomo e una funzione preminente, dal momento che
osserv Bachtin uno stesso procedimento pu essere motivato dai materiali pi diversi, e pu addirittura fare a meno della motivazione (in proposito, Sklovskij afferm che la forma crea per se stessa il contenuto);
poi fu identificato con il tessuto verbale, con i fenomeni linguistici. Per converso, i procedimenti costruttivi furono definiti come elementi del sistema
del linguaggio poetico. Nel 1924, in O literaturnom fakte [Il fatto letterario], Tynjanov asser che la peculiarit dellopera letteraria nellapplicazione del fattore costruttivo al materiale, nella formazione (cio in sostanza, nella deformazione) del materiale, deducendone che ogni opera
un eccentrico in cui il fattore costruttivo non si risolve nel materiale, non
gli corrisponde, ma gli connesso eccentricamente ed emerge da esso; e
precisando che il materiale non contrapposto alla forma, ma anchesso formale, perch non pu esistere fuori del materiale costruttivo. In conclusione, la letteratura una costruzione verbale, percepita proprio come costruzione: la letteratura una costruzione verbale dinamica.
La concezione formalista dellevoluzione letteraria si fonda appunto sulla dialettica di automatizzazione e percettibilit, nonch sui concetti di materiale e di procedimento. Si deve a Sklovskij la regola generale secondo
cui unopera darte viene percepita sullo sfondo di altre opere darte e in
relazione ad esse, e la forma di unopera darte viene determinata dal suo
rapporto con le altre forme che lhanno preceduta. Dunque non solo la
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parodia ma ogni opera darte sorge come parallelo o antitesi di qualche modello. Una nuova forma non viene creata per esprimere un nuovo contenuto ma per sostituire una forma vecchia che abbia perduto il suo valore artistico. Ma un apporto decisivo alla teoria evolutiva della letteratura viene
dalla nozione di serie letteraria, abbozzata da Tynjanov e Jakobson in
uno scritto del 1928, dal titolo Problemy izuc enija literatury i jazyka
[Problemi di studio della letteratura e del linguaggio]:
[...] La storia della letteratura (o dellarte), che legata alle altre serie storiche,
caratterizzata, al pari di ogni altra serie, da un complesso insieme di leggi specifiche strutturali. Se queste leggi non vengono messe in chiaro, impossibile stabilire
scientificamente la correlazione tra la serie letteraria e le altre serie storiche.
[...] Levoluzione della letteratura non pu essere compresa se il problema evolutivo schermato dai problemi della genesi episodica, extrasistematica sia letteraria (i cosiddetti influssi letterari) sia extraletteraria. Il materiale utilizzato dalla letteratura, sia letterario sia extraletterario, pu essere introdotto nel dominio della ricerca scientifica soltanto se lo si considera da un punto di vista funzionale.
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con gli altri elementi dello stesso sistema [...]. Lesistenza di un fatto come fatto letterario dipende dalla sua qualit differenziale (cio dalla correlazione sia con la serie letteraria, sia con una serie extraletteraria), in altre parole, dalla sua funzione.
Da un punto di vista funzionale, dunque, levoluzione letteraria non disegna un percorso lineare, uno svolgimento pacifico, una successione metodica, ma procede per salti, per spostamenti e per sostituzioni, per risultati e deviazioni casuali, per errori. Si pu parlare di successione scrive Tynjanov solo per i fenomeni duna scuola, dellepigonismo, non per
i fenomeni dellevoluzione letteraria, il cui principio la lotta e il mutamento, e la cui dinamica si presenta assai pi complessa. Considerata in
una dimensione sincronica, essa appare di norma scandita da quattro fasi:
prima, nei confronti del principio costruttivo automatizzato si delinea dialetticamente un principio costruttivo contrapposto; poi, il principio costruttivo cerca lapplicazione pi facile; quindi, si estende alla pi ampia
massa di fenomeni; infine, si automatizza e provoca principi costruttivi
contrapposti. Ma la nozione stessa di un sistema sincronico in perpetua
evoluzione contraddittoria. Il sistema della serie letteraria prima di tutto il sistema delle funzioni della serie letteraria che si trova in correlazione ininterrotta con le altre serie, e specialmente con il costume, che
entra in correlazione con la letteratura innanzitutto per il suo aspetto
linguistico. Pur tuttavia levoluzione letteraria, come pure levoluzione
delle altre serie culturali, non coincide n nel suo ritmo n nel suo carattere (a causa della specificit del materiale che maneggia) con le serie correlate. Levoluzione della funzione costruttiva si attua rapidamente; quella
della funzione letteraria prodotta da unepoca allaltra; quella delle funzioni di tutta la serie letteraria, in rapporto alle serie vicine, richiede dei secoli. Coniugando diacronia e sincronia, analisi storica e analisi descrittiva
(ancora una volta sullesempio del metodo di Saussure), Tynjanov si sforzava di salvaguardare lautonomia della serie letteraria senza perci separarla dal sistema culturale.
La questione dei generi affrontata dai formalisti nel quadro della teoria dellevoluzione letteraria, e risente di quello stesso positivismo ingenuo che Todorov ha riscontrato nella concezione formalista della storia
della letteratura. Secondo Tynjanov, neppure di un genere possibile dare
una definizione statica, che ne comprenda tutti i fenomeni: il genere si
sposta; di fronte ci sta la linea spezzata e non la linea retta della sua evoluzione che si attua proprio a spese dei tratti fondamentali del genere:
dellepos come narrazione, della lirica come arte emotiva, e cos via. La
condizione necessaria e sufficiente dellunit del genere di epoca in epoca
data dai tratti secondari, come la grandezza della costruzione. Il genere non dunque un sistema permanente, immobile; esso
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sorge (da deviazioni e da elementi di altri sistemi) e cade, trasformandosi negli elementi di altri sistemi. La funzione di questo o quel procedimento, nellambito di un
genere, non qualcosa di immobile.
Rappresentarsi un genere come un sistema statico impossibile, anche perch
la stessa coscienza di un genere nasce dallo scontro con un genere tradizionale
(cio dalla sensazione della sostituzione, anche se parziale, del genere tradizionale
col genere nuovo che ha preso il suo posto).
Il problema nel fatto che un fenomeno nuovo ne sostituisce uno vecchio, ne
occupa il posto e, pur non essendo sviluppo del vecchio, allo stesso tempo il suo
sostituto. Quando non c questa sostituzione, il genere, come tale, sparisce e si decompone.
[...] In epoca di decomposizione di un qualche genere, esso si trasferisce dal
centro alla periferia, e al suo posto affluisce, dalle inezie della produzione letteraria, dagli angoli pi nascosti, dalle pieghe, un fenomeno nuovo ( questo appunto
il fenomeno della canonizzazione dei generi minori, di cui parla Viktor Sklovskij).
I risultati degli studi condotti dalla scuola del metodo formale sui generi letterari sono efficacemente sintetizzati da Boris Tomasevskij nellultima
parte di Teorija literatury. Poetika [Teoria della letteratura. Poetica,
1928]. Il punto di partenza ovviamente costituito dalla centralit del procedimento nella creazione artistica.
Nella viva realt letteraria si osserva un continuo raggrupparsi dei procedimenti in sistemi che vivono contemporaneamente, ma sono usati in opere diverse. Si verifica cos una differenziazione pi o meno netta delle opere, a seconda dei procedimenti che vi sono impiegati. La differenziazione deriva in parte da una sorta di intima affinit fra i vari procedimenti, che si uniscono facilmente fra loro (differenziazione naturale), dai fini che le singole opere si propongono, dalle circostanze della loro nascita, dalla loro destinazione, dalle condizioni di percezione delle opere
(differenziazione del costume letterario), dallimitazione delle vecchie opere e dalla
tradizione letteraria che ne deriva (differenziazione storica). I procedimenti costruttivi si raggruppano intorno a determinati procedimenti percettibili. Si formano
cos particolari classi di opere, o generi, caratterizzati dal fatto che i procedimenti
di ciascun genere si raggruppano in maniera specifica intorno ai procedimenti percettibili, o caratteristiche di genere. [...]
Queste caratteristiche del genere, cio i procedimenti che organizzano la composizione dellopera, sono i procedimenti dominanti, i quali subordinano a s tutti
gli altri procedimenti necessari alla creazione dellopera letteraria. Questo procedimento dominante, principale, viene talora chiamato dominante [...], e linsieme delle dominanti il momento determinante nella formazione del genere.
Le caratteristiche del genere sono estremamente varie, si intrecciano e non consentono una classificazione logica dei generi sulla base di un principio unico, qualunque esso sia.
I generi vivono e si sviluppano. Per qualche causa originaria, un certo numero
di opere si staccato dalle altre, formando un genere a parte; nelle opere prodotte
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in seguito osserviamo un orientamento sulla somiglianza o sulla differenziazione rispetto alle opere di quel genere. Questultimo si arricchisce di nuove opere, che si
aggiungono a quelle gi esistenti. La causa che ha fatto nascere il genere pu venire meno, le sue caratteristiche fondamentali possono lentamente modificarsi, ma
esso continua a vivere geneticamente, cio in virt di un orientamento naturale, della consuetudine, che porta le nuove opere ad aggiungersi ai generi gi esistenti. Il
genere subisce unevoluzione, talvolta anche una brusca rivoluzione. E tuttavia, per
labitudine a collegare le opere con i generi gi noti, il suo nome si conserva, nonostante il radicale mutamento verificatosi nella struttura delle opere che gli appartengono.
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bale del passaggio: ma lasciamo il nostro eroe e vediamo che cosa sta facendo questaltro). Fra i temi, i poemi sceglievano momenti storici di rilievo, ed era obbligatoria la presenza di creature fantastiche (i protettori).
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mangono tratti chiaramente assimilabili al paradigma evoluzionistico. Il genere infatti ancora concepito alla stregua di un organismo biologico, e il
suo sviluppo, nonostante sia condizionato dalle relazioni che il sistema letterario intrattiene con le serie extraletterarie, ricondotto in ultima istanza a un orientamento naturale, a fattori genetici. Per conseguenza, il concetto di genere oscilla fra essenzialismo ed empirismo, e risente della difficolt di coniugare autonomia e storicit della letteratura. I formalisti negano validit scientifica ad ogni classificazione logica dei generi, ritenendo legittima soltanto la descrizione storica della loro morfologia, e per giunta limitatamente a una determinata epoca; sembrano addirittura attribuire
unaccezione puramente nominalistica alle definizioni di genere, osservando che spesso esse sopravvivono alle radicali trasformazioni delle caratteristiche delle opere che vi vengono ascritte; delegano alla storia letteraria
lo studio dei generi, ma fanno derivare la loro identit da un processo di
differenziazione naturale, ossia dalla spontanea associazione di procedimenti intrinsecamente affini, che si organizzano di tempo in tempo attorno
a diverse dominanti, oppure dalla attualizzazione di funzioni costruttive tutte gi potenzialmente contenute nel sistema letterario (in proposito, Ejchenbaum sostiene che la creazione di nuove forme artistiche non uninvenzione ma una scoperta, dal momento che queste forme sono latenti nelle forme dei periodi precedenti). Levoluzione dei generi si risolve dunque
in un interminabile gioco combinatorio, governato da una legge autogenetica e da un principio di necessit che riproducono i vizi di determinismo tipici della teoria positivistica. Va per anche riconosciuto al metodo formale il merito di aver legato lesistenza dei generi, oltre che alla creazione, alla percezione delle opere darte; di aver sovvertito il canone accademico,
spostando lattenzione dai generali ai generi minori e persino alla cosiddetta letteratura di massa; ma soprattutto di aver rinunciato ad ogni progetto di ordinamento sistematico e assiologico delle forme letterarie.
I formalisti si limitano infatti a prendere in esame le caratteristiche di
un singolo genere, o a ricostruirne le trasformazioni nellarco di un determinato periodo storico. In proposito, il caso di ricordare lanalisi della fiaba e della novella sviluppata da Sklovskij in Una teoria della prosa. La fiaba sarebbe dominata da un rituale che consiste nella soluzione di compiti. Si possono distinguere due tipi di soluzioni, diverse non in se stesse ma
per il carattere dellartificio tecnico: le soluzioni ottenute mediante lo scioglimento di un indovinello, e le soluzioni ottenute con laiuto di terzi o di incantesimi, ad esempio con laiuto di animali soccorritori. La fiaba trasmette al romanzo davventure non soltanto lo schema fondato sullallineamento dei compiti, ma anche una serie di artifici che hanno la funzione di frenare il corso dellazione e di complicare lintreccio attraverso una
peripezia, cio una successione di prove che leroe deve superare affin136
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ch il suo destino, chiuso in una situazione senza uscita, possa improvvisamente prendere un altro corso. La tecnica del ritardamento anche il
principio costruttivo della novella: questo genere narrativo ha per materiale un tropo linguistico (Moltissime novelle sono lo sviluppo di giochi di parole. A questo tipo di narrazioni appartengono le storie sullorigine dei nomi) o la rappresentazione di un contrasto; sviluppa non solo una trama
ma anche una contro-trama, una non-coincidenza; pu terminare con una
conclusione negativa, o con una falsa chiusa. In generale, nella novella si realizza una combinazione di composizione circolare e di composizione a scala, complicata inoltre dallo sviluppo di diversi motivi. Nella
composizione a gradini i motivi sono disposti secondo gli schemi del parallelismo e dellopposizione; la composizione ad anello (o a forma di
nodo scorsoio) finalizzata allagnizione, allo scioglimento di un equivoco, al riconoscimento di un errore. Le raccolte di novelle, che costituiscono per Sklovskij lantecedente del romanzo moderno (ma in senso cronologico, non causale), sono caratterizzate invece da una composizione a
cornice, in cui i singoli testi sono inquadrati come parti di un tutto, oppure a schidionata, dove le varie novelle sono collegate fra loro dalla presenza di un medesimo protagonista.
Della forma narrativa si occupa anche nel 1927 Boris Ejchenbaum in Literatura. Teorija, kritika, polemika [Letteratura. Teorie, critiche, polemiche]. Per lui, i diversi tipi di narrazione si differenziano fondamentalmente
in ragione del loro grado di prossimit al racconto orale. La prosa narrativa infatti
si ampiamente servita delle possibilit offertele dalla scrittura e dalla stampa e ha
sviluppato forme che senza di queste sono impensabili. Le forme poetiche sono, in
maggiore o minor misura, ideate per esser pronunciate e pertanto vivono al di fuori del manoscritto, al di fuori del libro, mentre molte forme e generi della prosa narrativa sono assolutamente staccati dalla lingua parlata e sono costruite sulla base di
un peculiare stile del linguaggio scritto. La narrazione dellautore si orienta ora verso la forma epistolare, ora verso la forma delle memorie, ora verso la forma del
bozzetto descrittivo, del feuilleton ecc. Sono tutte tipiche forme scritte del linguaggio, che presuppongono un lettore, non un ascoltatore, le lettere dellalfabeto e non
della lingua parlata. Daltro canto, i dialoghi dei personaggi, nei casi in cui si articolano secondo il principio della conversazione orale e hanno un corrispondente
colorito sintattico e lessicale, introducono nella prosa elementi della lingua viva e
del narrare a voce, giacch chi racconta non si limita, in genere, a narrare, ma riferisce pure le parole dei personaggi. Si offra in tal dialogo pi spazio ad uno degli interlocutori e ci avvicineremo ancor pi alla narrazione. Infine, il principio dellavvicinamento al discorso orale pu divenire fondamentale e allora lintera novella viene costruita con lausilio di un apposito narratore, il cui intervento pu essere motivato dallautore o che prende la parola senza alcuna motivazione.
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Da queste premesse, in cui la diade formalista di lingua della comunicazione e lingua poetica sostituita dalla coppia di oralit e scrittura, discendono sia lindividuazione delle propriet della novella (e del romanzo)
sia la ricostruzione della dinamica evolutiva di questa forma del racconto.
Per Ejchenbaum, la novella si svilupp direttamente dalla favola e
dallaneddoto e non perse il legame con la primitiva forma di narrazione,
come dimostra la produzione novellistica italiana del Due e del Trecento, in
particolare il Decameron; richiamandosi allipotesi formulata da Sklovskij,
da questopera appunto Ejchenbaum fa derivare, mediante lo sviluppo della cornice e della motivazione, il vecchio romanzo davventure, in cui il
principio del raccontare non era ancora distrutto e il legame con la favola e laneddoto non era del tutto spezzato. Il romanzo assume poi caratteristiche del tutto diverse a partire dalla met del XVIII secolo; la novella invece, almeno nella sua variante ad intreccio, conserva i procedimenti costruttivi e i motivi che le sono tipici (contraddizione, mancanza di coincidenza, errore, contrasto ecc.) fino al suo pi recente stadio evolutivo, rappresentato dalla short story. Short story un termine che si riferisce
esclusivamente allintreccio e sottintende la combinazione di due condizioni: dimensione piccola e accento dellintreccio sulla fine, ovvero scioglimento realizzato attraverso il finale pi inatteso, che attorno a s concentri tutto quel che precede. Anche per questo aspetto, novella e romanzo si
rivelano generi non soltanto diversi, ma intrinsecamente opposti. Nel romanzo, dopo il punto culminante, devesserci una discesa, laddove per la
novella pi naturale, saliti alla cima, fermarcisi. Il romanzo una larga
passeggiata per vari luoghi che sottintende una tranquilla via di ritorno; la
novella unascensione sulla montagna il cui scopo uno sguardo da un
punto elevato. E ancora: la novella un problema dimpostazione di
unequazione a unincognita; il romanzo un problema su regole diverse, risolvibile con laiuto dun intero sistema dequazioni a pi incognite, in cui
hanno maggiore importanza le costruzioni intermedie che il risultato finale.
La novella un enigma; il romanzo una specie di sciarada o di rebus.
In nessun paese la short story stata coltivata tanto quanto negli Stati
Uniti dAmerica, a cominciare dal periodo 1830-1850, e in coincidenza col
diffondersi delle riviste. Si manifesta in quegli anni la tendenza della letteratura americana a sviluppare una novella composta secondo il principio
dellunit costruttiva, con laccentramento delleffetto fondamentale e il forte accento sul finale a sorpresa, che acquista un carattere di gioco con lo
schema dellintreccio e con lattesa del lettore: infatti i procedimenti costruttivi vengono intenzionalmente messi a nudo nel loro significato puramente formale, la motivazione semplificata, lanalisi psicologica scompare. Secondo Ejchenbaum, le regole della short story sono state in gran
parte stabilite da Edgar Allan Poe. questo scrittore a formulare il princi138
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pio della unit deffetto e dimpressione, che richiede la scelta di un effetto centrale a cui ricondurre coerentemente la variet dei motivi e gli elementi dellintreccio, prescrive il colpo di scena conclusivo, impone al racconto una dimensione breve, tale cio da garantire al lettore la percezione dellinsieme, che soltanto consente di tenere desti fino alla fine linteresse e la curiosit, e di non disperdere limpressione prodotta dalla costruzione dellenigma e dalla sua inattesa soluzione.
Per Ejchenbaum, una delle differenze capitali fra romanzo e novella sta
nel fatto che il primo deriva dalla storia, dai viaggi, la seconda come s
visto dalla fiaba, dallaneddoto. Questa affermazione offre lo spunto per
una rapida digressione, relativa alle riflessioni sulle forme dellarte del narrare che Walter Benjamin consegn nel 1936 a un suggestivo saggio sullopera di Nicolaj Leskov, uno scrittore russo dellOttocento (Der Erzhler.
Betrachtungen zum Werk Nikolai Lesskows [Il narratore. Considerazioni
sullopera di Nicola Leskov]). Lesperienza che passa di bocca in bocca
la fonte a cui hanno attinto tutti i narratori, scrive Benjamin. E fra quelli
che hanno messo per iscritto le loro storie, i pi grandi sono proprio quelli
la cui scrittura si distingue meno dalla voce degli infiniti narratori anonimi.
Questi ultimi si dividono in due gruppi, che trovano i loro esponenti arcaici nel mercante navigatore e nellagricoltore sedentario: ma
la concreta estensione del regno dei racconti nella sua storica ampiezza non concepibile senza la pi astratta compenetrazione di questi due tipi arcaici. Questa fusione stata realizzata soprattutto dal Medioevo col suo sistema delle arti. Il mastro
stabile e i garzoni erranti lavoravano nelle stesse botteghe; e ogni maestro era stato garzone errante prima di stabilirsi nella sua patria o altrove. Se contadini e marinai furono i primi maestri del racconto, la sua scuola superiore stato lartigianato.
Dove la conoscenza dei paesi lontani acquisita da chi ha molto viaggiato si univa a
quella del passato, che appartiene piuttosto ai residenti.
La narrazione si alimenta dunque dellesperienza e insieme della memoria: poich fiorisce nellambito del mestiere contadino, marittimo e
poi cittadino , anchessa una forma in qualche modo artigianale di comunicazione. Essa non mira a trasmettere il puro in s dellaccaduto, come uninformazione o un rapporto; ma cala il fatto nella vita del relatore, e
ritorna ad attingerlo da essa. Cos il racconto reca il segno del narratore come una tazza quella del vasaio, e implica, apertamente o meno, un utile,
un vantaggio. Tale utile pu consistere una volta in una morale, unaltra in
unistruzione di carattere pratico, una terza in un proverbio o in una norma
di vita; in ogni caso, il narratore persona di consiglio per chi lo ascolta. E poich non solo il sapere o la saggezza delluomo, ma soprattutto la
sua vita vissuta che la materia da cui nascono le storie assume forma
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cronaca locale ma d anche notizia di fatti che accadono in ogni parte del
pianeta, e ne fornisce una spiegazione plausibile, cos per un verso distruggendo lo straordinario e il meraviglioso (difettiamo di storie singolari e significative), ingredienti indispensabili di ogni narrazione, e per laltro abolendo ogni distanza spaziale e temporale; infine, la trasformazione della
morte da evento pubblico e sommamente esemplare ad evento escluso
dal mondo percettivo dei viventi (nel corso del secolo decimonono la
societ borghese, con istituti igienici e sociali, pubblici e privati, ha ottenuto un effetto secondario che stato forse il suo scopo principale inconscio:
quello di permettere agli uomini di evitare la vista dei morenti, che vengono appunto confinati e reclusi in sanatori e ospedali). Al declino dellarte di
raccontare contribuisce anche il romanzo, le cui origini risalgono allantichit, ma che ha avuto bisogno di molti secoli prima di incontrare nella
borghesia sorgente le condizioni che ne permisero la fioritura.
Ci che separa il romanzo dalla narrazione (e dallepico in senso stretto) il suo
riferimento strettissimo al libro. La diffusione del romanzo diventa possibile solo
con linvenzione della stampa. Ci che si lascia tramandare oralmente, il patrimonio
dellepica, di altra natura da ci che costituisce il fondo del romanzo. Il romanzo
si distingue da tutte le altre forme di letteratura in prosa fiaba, leggenda, e anche
dalla novella per il fatto che non esce da una tradizione orale e non ritorna a confluire in essa. Ma soprattutto dal narrare. Il narratore prende ci che narra dallesperienza dalla propria o da quella che gli stata riferita ; e lo trasforma in esperienza di quelli che ascoltano la sua storia. Il romanziere si tirato in disparte. Il
luogo di nascita del romanzo lindividuo nel suo isolamento, che non pi in grado di esprimersi in forma esemplare sulle questioni di maggior peso e che lo riguardano pi davvicino, egli stesso senza consiglio e non pu darne ad altri. Scrivere un romanzo significa esasperare lincommensurabile nella rappresentazione
della vita umana. Pur nella ricchezza della vita e nella rappresentazione di questa
ricchezza, il romanzo attesta ed esprime il profondo disorientamento del vivente. Il
primo grande libro del genere, il Don Chisciotte, mostra subito come la magnanimit, laudacia, la volont di aiuto di uno degli esseri pi nobili lo stesso Don Chisciotte sono affatto prive di consiglio e non contengono un briciolo di saggezza. E
se ogni tanto, nel corso dei secoli (cogli effetti pi durevoli, forse, negli Anni di
viaggio di Wilhelm Meister), si cercato di calare insegnamenti nel romanzo, quei
tentativi finiscono sempre in una trasformazione della forma stessa di romanzo. Il
cosiddetto romanzo educativo, invece, non si stacca affatto dalla struttura basilare del romanzo. Integrando il processo della vita sociale nello sviluppo di un personaggio, esso procura la giustificazione pi debole che si possa immaginare agli ordinamenti che determinano quel processo. La loro legittimazione fa a pugni con la
loro realt. Linsufficiente diventa evento proprio nel romanzo educativo.
Nel saggio di Benjamin ricompare dunque lidea romantica dellepos come matrice primigenia di ogni forma di narrazione, e del romanzo come ge141
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nere permeato dallindividualismo borghese; e viene riproposta la distinzione fra storiografia e racconto:
Il cronista il narratore della storia. [...] Lo storico tenuto a spiegare, in un
modo o nellaltro, gli eventi di cui si occupa; non pu mai limitarsi a presentarli come esempi del corso del mondo. Che proprio ci che fa il cronista, specie nei suoi
rappresentanti classici, i cronisti medievali, che furono i precursori degli storici moderni. Ponendo essi alla base della loro narrazione storica il piano imperscrutabile
della salvezza divina, si sono liberati in anticipo dellonere di una spiegazione dimostrabile. Al suo posto subentra linterpretazione, che non si occupa dellesatta
concatenazione di determinati eventi, ma del modo in cui si inseriscono nel grande
e imperscrutabile corso del mondo.
Che il corso del mondo sia determinato dalla provvidenza o puramente naturale, non fa alcuna differenza. Nel narratore il cronista si conservato in forma diversa, e per cos dire secolarizzata.
Ma qui importa soprattutto notare che anche per Benjamin, come per
Ejchenbaum, novella e romanzo sono generi assolutamente differenti: la
novella, che si nutre della tradizione orale, considerata lerede diretta della narrazione epica e lespressione pi genuina dellarte di raccontare, mentre lesistenza storica del romanzo strettamente legata alla scrittura, e la
sua affermazione fatta coincidere con linvenzione della stampa e la diffusione del libro. A differenza di Ejchenbaum, Benjamin per ritiene che la
novella, lungi dallevolversi, sia destinata a declinare: il progressivo inaridimento delle fonti del racconto si manifesta esemplarmente nella short
story, che si sottratta alla narrazione orale e non consente pi quella lenta sovrapposizione di strati sottili e trasparenti, che d lidea pi esatta del
modo in cui il perfetto racconto sorge dalla stratificazione di pi narrazioni successive.
Per tornare al formalismo, fra gli studi pi importanti sui generi letterari occorre in ultimo menzionare Morfologija shazki [Morfologia della fiaba, 1928] di Vladimir Propp. Muovendo dal convincimento che il regno della natura e quello dellattivit umana non sono luno dallaltro isolati, e che
anzi vi sono leggi comuni ad entrambi che possono essere studiate con
metodi affini (non per caso, il termine morfologia preso a prestito da
Goethe), Propp analizza le fiabe russe di magia raccolte da Afanasev (infatti il titolo originale dellopera era Morfologia della fiaba di magia: ma
leditore lo mutil per rendere largomento di interesse pi vasto) con lo
scopo di ricavare non un archetipo n la ricostruzione di una favola unica
mai esistita, ma lo schema compositivo unitario di un gruppo omogeneo
di fiabe. Di esso Propp esamina le parti componenti, le loro relazioni reciproche e col tutto, e distingue al loro interno grandezze costanti e gran142
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dezze variabili, individuando le prime nelle funzioni dei personaggi: nelle fiabe di magia infatti cambiano i nomi (e con essi gli attributi) dei personaggi, ma non le loro azioni, o funzioni. In altri termini, i personaggi
per quanto diversi possano essere compiono spesso la stessa azione. Anche il modo in cui si assolve la funzione pu cambiare e rappresenta una
grandezza variabile. [...] Ma la funzione in quanto tale grandezza costante.
Per lanalisi della favola quindi importante che cosa fanno i personaggi e
non chi fa e come fa, problemi, questi ultimi, di carattere accessorio: la
funzione va dunque intesa come loperato dun personaggio determinato
dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda.
La fiaba di magia presenta una struttura monotipica di genere, in cui
sono per comprese diverse specie e variet: gli intrecci sono infatti costruiti secondo il principio della trasferibilit e della ripetibilit delle funzioni, che ricorrono in numero limitato per lesattezza, trentuno e si succedono in un ordine identico, anche se non costante (le funzioni sono ben
lungi dallapparire tutte in tutte le favole. Ci tuttavia non tocca minimamente la legge della successione, poich lassenza di alcune funzioni non
muta lordine delle altre). Inoltre i personaggi, se ricondotti a una determinata sfera dazione, vedono ridursi la loro variet a sette classi tipologiche, e cio quelle dellantagonista, del donatore, dellaiutante, della principessa e del re, del mandante, delleroe, del falso eroe. Le funzioni talvolta possiedono un duplice significato morfologico (in questi casi, funzioni
diverse vengono attuate in modo perfettamente identico, dando luogo al
fenomeno che Propp definisce assimilazione dei modi di attuazione delle
funzioni); e talaltra vengono collegate fra loro da elementi ausiliari, quali
le informazioni, dirette o indirette (se due funzioni successive sono compiute da personaggi diversi, il secondo deve sapere cosa successo fino a
quel momento), le triplicazioni, che riguardano sia singoli dettagli di carattere attributivo (ad esempio le tre teste del drago) sia funzioni singole,
in coppia (il binomio persecuzione-salvataggio) o a gruppi, sia interi movimenti, e le motivazioni, cio tanto i movimenti quanto i fini che determinano i diversi interventi dei personaggi.
In conclusione, Propp definisce fiaba ogni tipo di narrazione che si sviluppa da un danneggiamento o da una mancanza e che, attraverso una serie di funzioni intermedie, si conclude con un matrimonio o con una ricompensa o con il salvataggio da un inseguimento o con altro ancora, insomma con una rimozione del danno o della mancanza.
Questo sviluppo stato da noi chiamato movimento; ogni nuovo danneggiamento, ogni nuova mancanza, d origine a un nuovo movimento. Una favola pu
constare di pi movimenti e nellanalizzare il testo bisogna innanzitutto stabilirne il
numero. Un movimento pu seguire immediatamente il precedente, ma essi posso-
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no anche intrecciarsi qualora il secondo venga inserito ad interrompere lo svolgimento della vicenda. Distinguere i movimenti talora difficile, ma sempre possibile con precisione assoluta. [...] Particolari procedimenti di svolgimento parallelo,
di ripetizione ecc. fanno s che una favola possa constare di pi movimenti.
Propp fornisce un esempio singolare di applicazione del metodo formale: il suo studio si limita infatti allanalisi sincronica, ossia descrittiva, della
fiaba, e tralascia di indagare sia lorigine sia levoluzione storica del genere.
5. Il superamento della teoria formalista dei generi
La rapida fortuna ottenuta dalla teoria formalista in Unione Sovietica suscit la reazione dei critici marxisti, che vedevano da essa seriamente minacciato il primato della concezione materialistica della letteratura. Nel coro di attacchi sempre pi virulenti rivolti al metodo formale, e generalmente dettati da un rozzo dogmatismo, si distinguono per acume e misura le argomentazioni esposte in un libro apparso nel 1928 e intitolato Formalnyj
metod v literaturovedenii. Kriticeskoe vvedenie v sociologiceskuju poetiku [Il metodo formale nella scienza della letteratura. Introduzione critica al metodo sociologico]: libro firmato da Pavel Medvedev, ma ispirato e
in buona parte scritto da Michail Bachtin. I due studiosi riconoscono il
ruolo produttivo avuto dal formalismo, che ha saputo mettere allordine
del giorno i problemi pi essenziali della scienza della letteratura e ha saputo porli con tanta forza che adesso non li si pu evitare o ignorare: ma
ne denunciano al contempo limiti ed errori, contestandone alcuni fondamentali assunti. Essi stigmatizzano in primo luogo il falso orientamento
della poetica verso la linguistica: a loro giudizio, la teoria della lingua
poetica dei formalisti non che una trasposizione acritica sulla lingua e sulle sue forme del concetto grettamente settario della struttura poetica, da
essi preso in prestito dai futuristi. Per Medvedev e Bachtin, la lingua acquista delle caratteristiche poetiche soltanto in una costruzione poetica
concreta. Queste caratteristiche non appartengono alla lingua nella sua
qualit linguistica bens proprio alla costruzione, di qualunque tipo essa
sia. Non si pu dunque parlare di un sistema poetico della lingua. Le connotazioni poetiche non appartengono alla lingua ed ai suoi elementi, ma
soltanto alle costruzioni poetiche, ossia ad atti di parola e a singole opere,
considerate nella connessione con le funzioni a cui esse adempiono
nellunit della vita sociale ed anzitutto nella concreta unit dellorizzonte
ideologico.
In secondo luogo, Medvedev e Bachtin osservano che i formalisti trasferiscono nello studio della storia letteraria lo stesso metodo apotetico di
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caratterizzazione per semplice differenza e negazione utilizzato per definire la lingua poetica: sicch ogni fenomeno storico-letterario ritenuto anzitutto ed anzi esclusivamente una negazione del precedente, secondo una
falsa dialettica. Lo stile viene da essi sempre descritto soltanto sullo sfondo del canone da esso trasgredito. In pi, la storia della letteratura rappresentata dalla storia delle opere e dei gruppi oggettivi, cio delle correnti, delle scuole, degli stili e dei generi, nei quali le opere si riuniscono sulla
base di segni distintivi immanenti e intrinseci; la coscienza individuale
dellautore un fattore di cui i formalisti tengono conto soltanto sotto il
profilo della sua espressione oggettiva, materiale. Essi, tuttavia, non si limitano a questa legittima negazione dello psicologismo soggettivista nella
scienza della letteratura: separando lopera dalla coscienza e dalla psiche
soggettiva la rendono avulsa anche dallambiente ideologico nella sua totalit e dalla comunicazione sociale oggettiva, ossia dalla vita reale, dalla
storia. Per i formalisti, levoluzione letteraria si snoda lungo un cammino
ininterrotto e necessario: incurante di ogni svolta, di ogni trasformazione,
la letteratura, con la sua ferrea necessit intrinseca, passa da un anello del
suo sviluppo ad un altro, ignorando tutto ci che la circonda. Questo cammino pu essere interrotto o deviato per linfluenza di fattori esterni, che
per non riescono a modificare la logica interna del processo evolutivo,
n ad introdurre in questa logica alcun momento nuovo e significativamente sostanziale. I formalisti non conoscono neanche la categoria di interazione, e ignorano la categoria di tempo storico: tutto ci che si svolge
nella storia della letteratura dei formalisti si svolge in una specie di eterna
contemporaneit. caratteristico che essi considerino la continuit letteraria soltanto una letteratura di epigoni. Tutto deve rientrare negli ambiti
della contemporaneit. Se lepoca seguente continua positivamente lopera
dellepoca precedente, non la distrugge e non la elimina, viene gi considerata unepoca sterile di epigoni.
Su queste premesse poggia la critica di Medvedev e Bachtin alla teoria
formalista dei generi letterari. Di solito essi notano i formalisti definiscono il genere un raggruppamento specifico stabile di procedimenti, con
una dominante ben definita. Dal momento che i principali procedimenti
erano stati gi definiti a prescindere dal genere, il genere venne ad essere
meccanicamente composto dai procedimenti. Insomma, ancora una volta
i formalisti deducevano da un modello di poetica una serie di elementi che
avrebbero dovuto ricavare dallanalisi empirica. La poetica, invece, deve
partire proprio dal genere. Infatti il genere la tipica forma dellopera intera, dellatto di parola intero. Unopera reale solo quando prende la forma
di un determinato genere. Il significato costruttivo di ciascun elemento pu
essere compreso solo in riferimento al genere. Il problema fondamentale
del genere dunque quello della sua compiutezza compositiva, oggettua145
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I formalisti, secondo Medvedev e Bachtin, hanno ignorato la determinatezza interna, tematica dei generi: non hanno cio compreso che ciascun genere capace di padroneggiare soltanto determinati aspetti della
realt, e che a caratterizzarlo sono determinati principi di selezione, determinate forme di visione e di concezione di questa realt, determinati gradi di ampiezza di visione e di profondit di penetrazione.
Non si pu costruire lunit tematica di unopera come combinazione di significati delle sue parole e delle sue singole proposizioni. [...] Il tema non affatto composto da questi significati; esso composto solo con laiuto di essi, cos come anche con laiuto di tutti gli elementi semantici del linguaggio, senza eccezione. Con
laiuto del linguaggio ci impadroniamo del tema ma non dobbiamo assolutamente
includere il tema nel linguaggio, considerandolo un suo elemento.
Il tema sempre trascendente rispetto al linguaggio. Anzi verso il tema non
diretta la parola, presa singolarmente, o la proposizione, o il periodo, ma latto di
parola nella sua interezza, in quanto intervento linguistico [...], in quanto atto storico-sociale ben determinato. Di conseguenza, esso inseparabile da tutta la situazione dellatto di parola, nella stessa misura nella quale inseparabile dagli elementi
linguistici.
[...] Se il tema dunque non coincide con linsieme dei significati degli elementi
verbali dellopera e non pu essere incluso nella parola come suo momento, ne deriva [...] che le forme dellintero, ossia le forme del genere, sostanzialmente determinano il tema. Il tema non viene realizzato da una proposizione o da un periodo o
dallinsieme delle proposizioni e dei periodi, bens dalla novella, dal romanzo, dalla
canzone lirica, dalla favola, e questi generi, ovviamente, non si prestano a nessuna
definizione sintattica.
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Questo assunto consente a Bachtin di riaffermare e precisare le sue riserve nei confronti della critica linguistica ma anche di prendere le distanze dalla critica stilistica. Una singola enunciazione, egli spiega, pur con tutta la sua individualit e creativit, non pu in alcun modo essere considerata come una combinazione assolutamente libera di forme del linguaggio,
come ritiene, ad esempio, Saussure (e con lui molti altri linguisti), che contrappone lenunciazione (la parole) in quanto atto puramente individuale al
sistema della lingua in quanto fenomeno puramente sociale e prescrittivo
per lindividuo. Cos facendo, la stragrande maggioranza dei linguisti vede
nellenunciazione soltanto una combinazione individuale di forme puramente linguistiche (lessicali e grammaticali), confondendo proposizione
ed enunciazione (la proposizione, in quanto unit del linguaggio, come la
parola, non ha autore, non di nessuno) e trascurando i generi del discorso in quanto forme stabili e normative dellenunciazione. Infatti
quando scegliamo un determinato tipo di proposizione, non lo scegliamo soltanto
per una data proposizione, in funzione di ci che vogliamo esprimere con essa, ma
selezioniamo un tipo di proposizione dal punto di vista dellintera enunciazione che
si presenta alla nostra immaginazione verbale e che determina la nostra opzione.
Lidea della forma dellintero enunciato, cio di un determinato genere del discorso,
ci guida nel processo del nostro discorso. Il progetto della nostra enunciazione nella sua totalit pu, vero, richiedere, per la sua attuazione, una proposizione soltanto, ma pu richiederne anche moltissime. Il genere scelto ci detta in anticipo i
loro tipi e le loro connessioni compositive.
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di solito funziona: ci che risuona nella parola leco della totalit del genere. Inoltre, lespressivit di unenunciazione manifesta il rapporto del
parlante non soltanto con loggetto del suo discorso ma anche con le enunciazioni altrui: lo stile dunque incomprensibile se si prescinde dalle armoniche dialogiche dellenunciazione. Lerrore della stilistica tradizionale
consiste appunto nel definire lo stile basandosi unicamente sul contenuto
del discorso (a livello delloggetto del senso) e sul rapporto espressivo che
con questo contenuto ha il parlante.
Per Bachtin, dunque, il genere rappresenta la condizione non soltanto
dellenunciazione, ma anche del circuito della comunicazione verbale.
La volont di discorso del parlante si attua prima di tutto nella scelta di un determinato genere del discorso. Questa scelta determinata dalla specificit di una
data sfera di comunicazione verbale, da considerazioni riguardanti loggetto e il senso (tematiche), dalla concreta situazione della comunicazione verbale, dal tipo dei
suoi partecipanti ecc. E poi il progetto di discorso del parlante con tutta la sua individualit e soggettivit si applica e si adatta al genere prescelto, si compone e si
sviluppa nella forma di un determinato genere. Questi generi esistono soprattutto in
tutte le svariatissime sfere della comunicazione orale della vita quotidiana, compresa quella pi familiare e pi intima.
Per parlare noi ci serviamo sempre di determinati generi del discorso, cio tutte le nostre enunciazioni dispongono di determinate forme tipiche di costruzione
del tutto relativamente stabili. Possediamo un ricco repertorio di generi orali (e
scritti) del discorso. Praticamente ce ne serviamo con sicurezza e perizia, ma teoricamente ne possiamo anche ignorare del tutto lesistenza. [...] I generi del discorso organizzano il nostro parlare quasi come lo organizzano le forme grammaticali
(sintattiche). Impariamo a strutturare il nostro parlare nelle forme di un genere e,
sentendo il parlare altrui, fin dalle prime parole ne intuiamo il genere, ne individuiamo lampiezza (cio la lunghezza approssimativa di un discorso nella sua totalit), la struttura compositiva e ne prevediamo la fine, cio fin dal principio abbiamo la sensazione del discorso nella sua totalit che solo poi si differenzia nel processo verbale.
Ma indice essenziale (costitutivo) dellenunciazione s detto anche il suo rivolgersi a qualcuno, il suo avere un destinatario: perci
ogni genere di discorso, in ogni sfera della comunicazione ha la sua concezione tipica del destinatario, concezione che lo determina in quanto genere. Inoltre, lenunciazione ha un carattere attivamente responsivo [...];
ogni comprensione pregna di una risposta e, sotto una forma o laltra, la
genera immancabilmente: lascoltante diventa il parlante, come per converso il parlante lui stesso, in vario grado, un rispondente, in quanto
il suo discorso presuppone non soltanto la presenza del sistema della lingua di cui si serve, ma anche la presenza di enunciazioni anteriori proprie
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Dalla vastit e variet delluso del linguaggio discende non solo lestrema eterogeneit dei generi del discorso, ma anche la differenza fra generi
primari (semplici) e generi secondari (complessi, ideologici): questi ultimi
comprendono i generi letterari, che fin dallantichit classica sono stati studiati dal punto di vista della loro specificit artistico-letteraria, nelle loro
reciproche distinzioni differenziali (nellambito della letteratura), e non come tipi particolari di enunciazioni, diversi da altri tipi, ma dotati di una comune base verbale (linguistica). I generi secondari sorgono allinterno di
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tore per persuadere o dissuadere i soldati, maturo nel consiglio, pronto nelle decisioni, e cos coraggioso nellaspettare quanto nellattaccare; dipingendo ora un pietoso e tragico avvenimento, ora un fatto lieto e impensato; qui una bellissima dama,
virtuosa, intelligente e riservata; l un cavaliere cristiano valoroso e discreto; qui
uno smisurato barbaro fanfarone; l un principe cortese, valoroso e civile; e rappresentando bont e lealt di vassalli, grandezze e liberalit di signori. Ora pu dimostrarsi astrologo, ora cosmografo eccellente, ora musicista, ora profondo in materia di stato, e magari, se vuole, avr persino occasione di rivelarsi negromante.
Pu mostrare le astuzie di Ulisse, la piet di Enea, il valore di Achille, la disgrazia
di Ettore, il tradimento di Sinone, lamicizia di Eurialo, la liberalit di Alessandro, il
valore di Cesare, la clemenza e la sincerit di Traiano, la fedelt di Zopiro, la prudenza di Catone, e finalmente tutte quelle azioni che possano render perfetto un uomo illustre, ora radunandole in uno solo ora dividendole fra molti. E ove questo sia
fatto con stile piacevole e con ingegnoso intreccio, che dia quanto pi possibile la
sensazione della verit, verr senza dubbio a comporre una tela intessuta di trame
belle e svariate, che quando sia terminata, mostrer una cos compiuta bellezza, da
raggiungere il miglior risultato che si pretende dalle opere scritte, quello cio di ammaestrare e di dilettare insieme, come ho gi detto. Perch il tipo stesso, cos libero, di questa scrittura permette allautore di mostrarvisi epico, lirico, tragico, comico, con tutti quei pregi che racchiudono in s le dolcissime e squisite discipline della poesia e delloratoria; poich di fatti lepica pu benissimo scriversi cos in prosa
che in versi.
In questa apologia del romanzo Cervantes ritorce dunque contro le vestali del classicismo, con gustosa ironia antifrastica, gli argomenti convenzionalmente addotti a dimostrazione della indegnit della letteratura romanzesca. Richiamandosi implicitamente al sistema aristotelico dei generi,
lo scrittore spagnolo sostiene che il romanzo medievale e moderno rappresenta una forma sincretica, in cui il carattere eroico dei protagonisti, la variet delle situazioni e la complessit dellintreccio sono mutuati dallepos
antico, mentre la narrazione resa pi avvincente e gradevole dalla mescolanza dei modi propri della poesia lirica e di quella drammatica, e persino dal ricorso alle tecniche della retorica. Tutto ci non soltanto consente
alla fantasia dello scrittore di emanciparsi da ogni laccio regolistico, e al
suo talento di esprimersi in piena libert, ma conferisce al racconto una
sensazione di verit, che deriva dalla rappresentazione a tutto tondo dei
vizi e delle virt della natura umana, e che ottiene leffetto di ammaestrare e di dilettare insieme il lettore.
In Italia, a difesa del romanzo identificato, come in Cervantes, con i
libri di cavalleria si schierano Giambattista Giraldi Cintio (Discorso intorno al comporre dei romanzi, 1554) e Giovan Battista Pigna (I romanzi,
1554), che si disputarono aspramente la primogenitura delle idee esposte
nei rispettivi trattati. Pigna, secondo cui il termine romanzi deriva dagli
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annali in cui erano raccontate le gesta dei cavalieri di Reims, ovvero dei
Remensi, discendenti dei guerrieri che gi Cesare considerava pi fedeli e pi valorosi che tutti gli altri di Francia, rivendica lautonomia e la specificit del genere romanzesco distinguendolo dallepopea, ovvero dalla
eroica poesia (questa dal soggetto che di divini uomini cos detta, e
quella dalle parole si chiama che in essa si contengono), con cui spesso
era confuso. In premessa, spiega che lepopeia come un animale, ed di
sostanza e daccidenti composta. Accidenti sono gli episodi, sostanza la
favola. Favola imitazione duna azione. Imitare pigliare il verisimile secondo quella forma che nella proposta materia pi conviene. Per riguardo
alla favola, la diversit consiste nel fatto che lepico sopra una cosa vera fonda una verisimile, e vera intendo o per istoria o per favole, cio o in
effetto vera o vera sopposta, mentre il romanzesco non ha alcun riguardo
per la verit. Dunque materia dellepopea sono la storia e il mito, che
hanno entrambi il crisma della verit; oggetto dei romanzi invece il verosimile, anche se meraviglioso, come ha insegnato Ariosto nellOrlando Furioso (che rappresenta per Pigna come anche per Giraldi Cintio lesemplare sommo del genere romanzesco). Peraltro, come ad Ercole gli antichi
tutte le stupende cose tribuivano, cos i nostri fanno intorno ad Orlando; e
se quelle infinite forze e fatiche accettate si sono e via passano per vere o
al vero prossime, cos stato e tuttavia meglio sar ne i fatti dOrlando.
La libert dellinvenzione non deve per trascendere in arbitrio, come
avviene nelle spagnole romanzerie, che quasi tutte di vanit son piene,
stando elle solo in su i miracoli, e con li spiriti o delluna o dellaltra sorte
facendo sempre nascere cose dal naturale lontane e dal diletto che per le
leggitime meraviglie suol nascere. Ma questi vizi si riscontrano in tutti i romanzi stranieri,
i quali hanno in usanza di fare viaggi a cavallo, senza riguardare il mare che vi tramezzo, e in nave passano, se ben vi la terra chal passo soppone, e lunghe fanno
le strade corte e corte le lunghe, e luoghi pongono chal mondo non sono, e in vani
amori del continovo si perdono, e in vani ragionamenti. Nelle battaglie poi sonvi
quasi sempre cose impossibili accettate per verissime, s che non solo per le machine malamente introdotte, ma ancora per ciascuna altra azione i forestieri romanzi sono stati biasimati.
Dopo aver chiarito che il romanzo (o, perlomeno, quello migliore) obbedisce al principio classicistico della verosimiglianza, Pigna continua ad
enumerarne le caratteristiche, sempre confrontandole con quelle del poema eroico, e fa notare che, laddove lepopea narra lazione di una sola persona, il romanzo racconta le imprese di molti personaggi; precisando
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Pigna, suo allievo, nei loro Trattati De Romanzi, si pu dire che non ne riconoscano altri, e propongono il Boiardo e lAriosto come modelli. Ma oggi ha prevalso labitudine inversa, e propriamente son chiamate Romanzi le Storie finte davventure
amorose, scritte in prosa con arte, per il piacere e listruzione dei lettori. Dico
storie finte per distinguerle dalle storie vere. Aggiungo di avventure amorose perch
lamore devessere il principale argomento del Romanzo. Bisogna che siano scritte
in prosa, per conformarsi alluso del nostro secolo. Bisogna che siano scritte con
arte, e secondo certe regole; altrimenti sar unaccozzaglia confusa, senzordine e
senza bellezza. Il fine principale dei Romanzi, o almeno quello che lo deve essere,
e che debbono proporsi coloro che li compongono, la istruzione dei lettori, ai quali si deve sempre far vedere la virt incoronata, e il vizio punito. Infatti, poich lintelletto delluomo naturalmente nemico degli insegnamenti, e poich il suo amor
proprio lo fa ribelle alle istruzioni, bisogna ingannarlo con lesca del piacere, addolcire la severit dei precetti con la gradevolezza degli esempi, e correggere i suoi
difetti condannandoli in un altro. Quindi il divertimento del lettore, che labile Romanziere sembra proporsi come scopo, soltanto un fine subordinato al principale, che listruzione dellintelletto, e la correzione dei costumi: e i Romanzi sono
pi o meno regolari, secondoch si allontanino pi o meno da questa definizione e
da questo fine.
Come s visto, Huet non insensibile ai postulati della poetica classicistica (anche per lui, larte ha una finalit pedagogica, che si pu ottenere
pi facilmente per mezzo della dissimulazione onesta, ossia coniugando
lutile e il dolce), e persino alla sua propensione normativa: ci nonostante, la sua dissertazione presenta aspetti di assoluta novit. Innanzitutto,
egli ritiene che i primi inizi di questa gradevole ricreazione dellozio onesto vadano ricercati nei paesi pi lontani e nellantichit pi remota; e
sostiene lui pure come Giraldi e Pigna, ma con argomenti in parte diversi che i romanzi si distinguano dai poemi epici per alcune differenze essenziali, seppure siano in stretto rapporto fra loro.
Nei Poemi, per quanto verosimili sempre, c pi meraviglioso; nei Romanzi, per
quanto vi sia talvolta del meraviglioso, c pi verosimile. I Poemi sono pi regolati
e pi castigati nella dispositura, e accolgono meno materia, avvenimenti, e Episodi:
i Romanzi ne accolgono di pi, perch, essendo meno elevati e meno figurati, non
tendono a tal punto lintelletto, e lo lasciano in condizione di caricarsi di un maggior numero di idee differenti. Infine i Poemi hanno per argomento unazione militare o politica, e trattano damore solo occasionalmente: i Romanzi al contrario hanno per argomento principale lamore, e trattano di politica e guerra solo incidentalmente.
Huet precisa di riferirsi esclusivamente ai Romanzi regolari: non dunque alle storie che notoriamente contengono molte falsit, o che sono
interamente inventate, e neppure alle favole, perch i Romanzi sono fin160
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zioni di cose che sono potute accadere, e non sono accadute, mentre le favole sono finzioni di cose che non sono accadute, e non sono potute accadere.
Il romanzo, secondo Huet, nacque in Oriente, presso gli Egiziani, gli
Arabi, i Persiani, gli Indiani e i Siriani; furono gli Ioni a favorirne la penetrazione in Grecia (le Favole Milesie, cio i loro Romanzi, piene di storie
damore e racconti dissoluti, divennero celebri), e i Sibariti a portarlo in
Italia (I Sibariti appresero [...] dai Milesii larte delle finzioni, e si videro
Favole Sibaritiche in Italia, come si vedevano Favole Milesie in Asia). Se
la Repubblica Romana non sdegn [...] di leggere le Favole dei Sibariti,
quando ancora manteneva rigidi costumi e disciplina austera, non c motivo di stupirsi se una volta che fu sottomessa al potere degli Imperatori, e
ne segu lesempio abbandonandosi a piaceri e mollizie, divenne sensibile
alle volutt intellettuali che i Romanzi procurano. Larte del romanzo declin insieme con le Lettere e lImpero, quando le feroci nazioni del Nord
portarono ovunque la loro ignoranza e la loro barbarie. Prima seran fatti
Romanzi per diletto; poi si fecero storie favolose perch non se ne potevano fare di vere, la verit essendo sconosciuta. Secondo Huet, il romanzo
moderno non ha il suo progenitore nel leggendario Turpino, e neppure discende in via diretta dalla gran mole di menzogne rozzamente immaginate e di fantasticherie generate dalla profonda ignoranza di quei secoli,
ma dai racconti e dai poemi dei trovieri, che si propagarono rapidamente in
ogni provincia della Francia e, a partire dallXI secolo, produssero una
moltitudine incomparabile di Romanzi in prosa e in versi, parecchi dei quali hanno resistito alle ingiurie del tempo, giungendo fino a noi. Va dunque
riconosciuto ai Francesi il merito di aver portato a un grado supremo di
eleganza e arte la materia primitiva delle saghe barbariche, le quali altro
non erano che unaccozzaglia di finzioni rozzamente ammucchiate una
sullaltra.
Al di l dellattendibilit di questa ricostruzione genealogica, e dellingenuo orgoglio nazionalistico che da essa traspare, importante segnalare
la volont di Huet di coniugare lorigine storica del romanzo con la sua origine naturale, dichiarata gi in apertura del trattato.
Dopo aver stabilito quali opere meritino propriamente il nome di Romanzi, dico
che occorre cercare la loro prima origine nella natura dellintelletto umano, inventivo, amante delle novit e delle finzioni, desideroso dapprendere e di comunicare
quanto ha inventato e quanto ha appreso; e che questa inclinazione comune a tutti gli uomini, di ogni tempo e luogo: ma che ad essa gli Orientali sono apparsi sempre pi soggetti degli altri; e il loro esempio ha tanto impressionato le pi ingegnose e civili nazioni dellOccidente, che a loro si pu a buon diritto attribuirne linvenzione.
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Sebbene i popoli orientali siano maggiormente dotati di spirito poetico, fertile dinvenzioni, e di finzioni, pure le nazioni pi barbare amano le
invenzioni romanzesche, come le amano le pi civili. Le favole romanzesche fiorite in ogni regione dellEuropa medievale sono perci indigene,
nate sul posto e non portate da fuori.
Questa propensione alle favole, comune a tutti gli uomini, non viene dal ragionamento, dallimitazione, o dalla consuetudine; naturale in loro, e innescata nella
disposizione stessa del loro spirito e della loro anima; perch il desiderio dapprendere e di sapere proprio delluomo, e non meno della ragione lo distingue dagli altri animali. Anche in certi animali si trovano scintille di una ragione imperfetta e appena abbozzata; ma il desiderio di conoscere, voglio dire il desiderio di portare le
proprie conoscenze al di l degli oggetti presenti, si nota soltanto nelluomo. La qual
cosa sono convinto che derivi da questo, che essendo le facolt dellanima nostra
dotate di una troppo grande estensione, e di una troppo ampia capacit, perch possano riempirle gli oggetti presenti, lanima cerca nel passato e nellavvenire, nella
verit e nella menzogna, negli spazi immaginari, e fino nellimpossibile, di che occuparle e esercitarle. Negli oggetti che si presentano ai sensi, le bestie trovano di
che riempire le potenze dellanima, n vanno oltre: cosicch in loro non capita di vedere linquieta avidit, che senza posa agita lo spirito delluomo, portandolo a cercare nuove conoscenze, al fine di adeguare, se sia possibile, loggetto alla potenza,
e per trovarvi un piacere simigliante a quello che dona saziare una fame violenta, o
ristorarsi dopo una lunga sete.
Lanimo umano, secondo Huet, particolarmente attratto dalle conoscenze che si acquistano senza fatica, e dove limmaginazione agisce quasi da sola, e che riguardano materie simili a quelle che comunemente cadono sotto i nostri sensi; soprattutto se queste conoscenze eccitano le nostre passioni, grandi moventi di ogni desiderio, azione, e piacere della nostra vita.
Questo fanno i Romanzi: non necessario sforzare la mente per comprenderli; non occorrono grandi ragionamenti; non c lavorio di memoria; basta immaginare. Se sommuovono le nostre passioni, per placarle; se eccitano timore, o
compassione, per farci vedere fuor di pericolo, o di miseria, coloro per cui temiamo, o siamo in pena; se ci fanno provare tenerezza, per farci vedere felice
chi amiamo; se accendono lodio, per farci vedere la rovina di chi odiamo; e insomma tutte le nostre passioni vi sono piacevolmente eccitate e calmate. Per questo coloro che agiscono pi per passione che per ragione, e che lavorano pi dimmaginazione che dintelletto, sono i pi sensibili ai Romanzi; quantunque anche gli
altri lo siano, ma in modo diverso. Sono infatti interessati dalla bellezza dellarte,
e da ci che ha prodotto lintelletto; mentre i primi, come i fanciulli e gli ingenui,
lo sono soltanto da ci che colpisce la loro immaginazione e agita le loro passioni, e amano le finzioni in s, senza andare pi in l. Le anime semplici vedono
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dunque delle finzioni, che sono racconti veri in apparenza, e in realt falsi, soltanto la scorza, contentandosi e compiacendosi di questa apparenza di verit: ma
di questa falsit si disgusta facilmente chi penetra oltre, e va al sodo. Cosicch i
primi amano la falsit, a causa dellapparente verit che la cela; e ai secondi ripugna questimmagine di verit, per leffettiva falsit che nasconde; a meno che
questa falsit non sia ingegnosa, misteriosa, e istruttiva, e sostenuta dalleccellenza dellinvenzione e dellarte.
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si differenzia dallantica perch si regge interamente su terreno storico, assai pi di quanto non si sappia o creda; e non va neppure identificata con
la poesia moderna, perch non tanto un genere quanto un elemento della poesia universale, che pu essere dominante o entrare in ombra, ma
mai mancare del tutto.
Orbene, prosegue Schlegel, un romanzo un libro romantico.
Vi parr una vuota tautologia. Ma voglio farvi notare, in primo luogo, che un libro fa gi pensare a unopera, a un insieme autonomo. Inoltre, c una forte contrapposizione fra romanzo e opera teatrale, la quale nasce per essere vista, mentre
il romanzo, fin dai tempi pi antichi, fatto per la lettura. Da qui discendono quasi
tutte le differenze che separano le due forme nella maniera della rappresentazione.
Anche il dramma, come tutta la letteratura, deve essere romantico; ma solo con determinate limitazioni lo si pu definire romanzo: per cos dire, un romanzo applicato. Per contro, la coerenza drammatica della storia non basta a fare del romanzo un
insieme, unopera, se esso non diventa tale ispirando lintera sua composizione a
una unit superiore a quella della lettera (della quale spesso, a buon diritto, non si
cura); se non diventa tale in virt del legame delle idee e di un centro spirituale.
A parte questo, non c differenza fra dramma e romanzo, tanto che il dramma
quando venga preso ed elaborato con la profondit e la veridicit storica, per
esempio, di Shakespeare il vero fondamento del romanzo. Voi affermaste che il
romanzo ha le maggiori affinit con il genere narrativo, anzi epico; ma vi ricordo
che un Lied pu essere altrettanto romantico quanto un racconto. Anzi, non so figurarmi un romanzo che non sia variamente composto di racconti, canti e altre forme. [...] Tutto ci in via preliminare. La mia vera obiezione la seguente: nulla pi
contrario allo stile epico del trasparire, sia pur minimo, dello stato danimo individuale; per non parlare poi dellabbandonarsi al gioco del proprio umorismo, come
invece accade nei romanzi migliori.
Per Schlegel, dunque, il romanzo caratterizzato da una intrinseca qualit drammatica: le sue pi alte espressioni sono pervase di ironia romantica appunto perch sincentrano sul conflitto fra poesia e prosa, sulla dialettica di soggettivo e oggettivo, sul movimento dellautoriflessivit, ovvero
su fattori estranei sia allepica sia alla lirica. Ma poich si legge nei frammenti dellAthenaeum la poesia romantica, in quanto universale e progressiva, ancora in divenire, e anzi questa la sua vera essenza: che
pu soltanto divenire, mai essere; e poich, conseguentemente, una definizione della poesia pu determinare solo ci che essa deve essere, non
ci che essa in realt era ed (altrimenti si direbbe poesia soltanto ci
che cos stato chiamato in un certo tempo, in un certo luogo), Schlegel
si mostra interessato esclusivamente al futuro del romanzo, ovvero alla sua
teoria, che dovrebbe essere a sua volta un romanzo, e riprodurre in forme
fantastiche ogni eterna tonalit della fantasia, e proporsi di caratterizzar166
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ne lideale, compito che pu essere assolto soltanto da una critica divinatoria, capace di scorgere linfinitezza della virtualit negli arabeschi e
nelle confessioni che rappresentano gli unici, e ancora imperfetti, prodotti naturali del romanzo dellepoca.
Schlegel si rifiuta dunque di fornire una definizione del romanzo, forse
anche per evitare il rischio che ad essa sia attribuito seppure indirettamente un valore normativo (la poesia romantica egli scrive infinita e libera, e riconosce come sua legge prima questa: che larbitrio del
poeta non soffra legge alcuna), e si limita come s visto a metterne a
fuoco alcuni caratteri (la struttura drammatica, la dimensione autoriflessiva, la funzione dominante rivestita dalla rappresentazione dellindividualit,
dei caratteri, in cui di frequente si riflette lo spirito dellautore: sicch
parecchi artisti, che intendevano scrivere semplicemente un romanzo,
hanno rappresentato senza volerlo se stessi; e le cose migliori dei romanzi migliori altro non sono che una confessione, pi o meno velata,
dellautore, il frutto della sua esperienza, la quintessenza della sua peculiarit); insomma postula lesigenza di una teoria del romanzo, ma non le d
seguito.
Le opinioni di Schlegel saranno, di l a qualche anno, riprese, sviluppate e rettificate da Hegel in una densa, mirabile pagina dellEstetica (che
conviene riportare interamente), aperta dalla celebre definizione del romanzo come moderna epopea borghese.
Qui ricompare da un lato la ricchezza e la multilateralit degli interessi, delle
condizioni, dei caratteri, dei rapporti di vita, il vasto sfondo di un mondo totale ed
insieme la manifestazione epica di avvenimenti. Quel che manca per la condizione del mondo originariamente poetica da cui si origina lepos vero e proprio. Il
romanzo nel senso moderno presuppone una realt gi ordinata a prosa, sul cui terreno esso, nella propria cerchia e riguardo sia alla vivacit degli avvenimenti che
agli individui e al loro destino, cerca di ridare alla poesia, nei limiti in cui ci possibile con i presupposti dati, il diritto da lei perduto. Perci una delle collisioni pi
comuni e pi adatte per il romanzo il conflitto della poesia del cuore con la prosa contrastante dei rapporti e laccidentalit delle circostanze esterne. Si tratta di un
dissidio che o si scioglie tragicamente e comicamente, o trova il suo adempimento
nel fatto che da un lato i caratteri, che dapprima sono in contrasto con lordine comune del mondo, imparano a riconoscere in esso lautentico ed il sostanziale, si riconciliano con i suoi rapporti e vi entrano operosamente, mentre per dallaltro
cancellano da ci che fanno e compiono la forma prosaica, sostituendo alla prosa
esistente una realt resa affine ed amica alla bellezza e allarte. Per ci che riguarda il modo della rappresentazione, anche il romanzo vero e proprio, come lepos, richiede la totalit di una concezione del mondo e della vita, il cui molteplice contenuto e argomento viene ad apparenza entro lavvenimento individuale che costituisce il centro per il tutto. Per quel che riguarda direttamente la concezione e lese-
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cuzione, il poeta deve, per, avere qui tanto pi margine di esplicazione quanto meno pu evitare di immettere nelle sue descrizioni, pur senza arrestarsi al prosaico
ed al banale, la prosa della vita reale.
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A fronte della penuria di teorie, nellOttocento si moltiplicano le poetiche del romanzo: da quella del romanzo storico a quella realista (che culmina nellidea di romanzo totale concepita da Balzac, ossia di una narrazione che pretende di riassumere in s tutti i grandi generi del passato e, al
contempo, di potenziare le sue capacit analitiche e critiche, attingendo
agli strumenti delle scienze naturali e sociali) a quella naturalista (che pu
essere riassunta nella definizione di romanzo sperimentale data da Zola:
Il romanzo sperimentale conseguenza dellevoluzione scientifica del secolo: esso continua e completa la fisiologia, che a sua volta si basa sulla
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Un tipico procedimento di raccordo fra novelle quello di narrarle collegandole a un eroe ed esponendole seguendo la loro successione cronologica. I romanzi di
questo tipo sono strutturati come biografie delleroe, o narrazioni dei suoi viaggi
[...].
La situazione finale di ogni novella , allo stesso tempo, quella iniziale della novella successiva; cos, nelle novelle intermedie, non c esposizione e lo scioglimento incompleto.
Per mantenere un ordine progressivo nel romanzo necessario che ogni nuova
novella ampli il proprio materiale tematico rispetto a quella precedente (ad esempio, ogni nuova avventura deve attirare personaggi sempre nuovi nella sfera dazione del protagonista), o che ogni nuova avventura delleroe sia pi complessa e difficile della precedente.
Un romanzo cos costruito si chiama a gradini o a catena.
La struttura a gradini precisa Tomasevskij pu essere caratterizzata anche da altri procedimenti di raccordo fra le novelle: ad esempio, quello del falso scioglimento (quando si propone uno scioglimento che si dimostrer in seguito erroneo o mal interpretato), o del mistero (allorch
alcuni motivi della fabula vengono presentati in termini vaghi o addirittura
oscuri), o del differimento (quando vengono introdotti motivi che soltanto
nel prosieguo della vicenda avranno un completamento narrativo).
Un altro tipo di costruzione del romanzo rappresentato dalla struttura ad anello. La sua tecnica si basa sul fatto che una novella (la cornice) si allarga, e la sua
narrazione si estende a tutto il romanzo, nel quale tutte le altre novelle sono inserite come episodi incidentali. Nella struttura ad anello, le novelle non si equivalgono
n si succedono coerentemente. Il romanzo, in sostanza, non che una novella dalla narrazione rallentata e allargata, rispetto alla quale tutto il resto costituisce una
serie di episodi destinati a ritardare e interrompere.
Il terzo e ultimo tipo di procedimento costruttivo del romanzo contraddistinto, secondo Tomasevskij, dalla struttura parallela. In essa,
i personaggi si riuniscono in gruppi autonomi, il cui elemento di coesione la sorte dei personaggi (la fabula). La storia di ogni gruppo, delle sue azioni e della sua
sfera di attivit costituisce il piano caratteristico di ciascun gruppo. La narrazione si svolge su vari piani [...]. Gli eroi di un piano si trasferiscono in un altro, e si ha
un costante scambio di personaggi e motivi fra i vari piani. [...] Nellusare il termine
parallelismo bisogna tenere distinti il parallelismo come simultaneit di svolgimento narrativo (parallelismo dellintreccio), e come contrapposizione o confronto
(parallelismo della fabula). In genere, i due tipi coincidono, ma non sono affatto
condizionati luno dallaltro.
Quanto allo scioglimento, il romanzo pu concludersi con una situazione tradizionale (ad esempio, il matrimonio dei protagonisti, o la morte delleroe); oppure
nel caso di struttura ad anello con la soluzione della novella che funge da corni-
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ce; oppure con lintroduzione di una novella il cui finale sovverte la concatenazione
degli episodi narrati in precedenza; o infine espediente tipico dei romanzi di grandi dimensioni con un epilogo che riassume coerentemente lo sviluppo della narrazione e ne esplicita il significato.
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zioni del mondo storico, e lo scrittore Maksim Gorkij, che affidava al romanzo, nellambito della poetica del realismo socialista, il compito di educare luomo nuovo alla religione proletaria della redenzione del lavoro,
che avrebbe riscattato tutta la storia universale dalla sua lunga catena di
errori e di traviamenti. Loriginalit di Lukcs sta nel conferire coerenza
teorica a questa confusa somma di esigenze attraverso il recupero e la revisione critica delle categorie dellestetica hegeliana, giustificati dallassunto secondo cui il marxismo lerede della filosofia classica tedesca.
La teoria di Lukcs condensata nella voce Romanzo, che egli compil per il IX volume dellEnciclopedia letteraria, apparso a Mosca nel
1935, e che contiene in sintesi le direttrici delle sue successive ricerche sulla narrativa romanzesca. In premessa Lukcs chiarisce che, sebbene nelle
letterature dellantico Oriente, della classicit e del Medioevo vi siano opere per molti aspetti affini al romanzo, il romanzo acquista i suoi caratteri tipici solo nella societ borghese. Tutte le contraddizioni specifiche di questa societ, nonch gli aspetti specifici dellarte borghese trovano la loro
espressione pi piena proprio nel romanzo.
Quando Hegel chiama il romanzo epopea borghese, pone una questione che
insieme estetica e storica: egli considera il romanzo come il genere letterario che
nel periodo borghese corrisponde allepos. Il romanzo ha, quindi, da un lato, le caratteristiche estetiche generali della grande poesia epica, e, dallaltro, subisce le modificazioni portate dallepoca borghese, il cui carattere cos originale. Da questo,
in primo luogo, determinato il posto del romanzo nel sistema dei generi artistici:
esso cessa di essere un genere inferiore, che la teoria evita altezzosamente, e il
suo significato tipico e dominante nella letteratura moderna riconosciuto interamente. In secondo luogo, Hegel deriva proprio dalla opposizione storica dellepoca
antica e del tempo moderno il carattere e la problematica specifici del romanzo. La
profondit di questa impostazione del problema si manifesta nel fatto che Hegel, seguendo lo sviluppo generale dellidealismo classico tedesco dal tempo di Schiller in
poi, sottolinea energicamente lostilit della moderna vita borghese alla poesia e costruisce la sua teoria del romanzo appunto sulla contrapposizione del carattere poetico del mondo antico e della prosaicit della civilt moderna, ossia borghese. [...] Il
romanzo come epopea borghese deve, secondo Hegel, conciliare le esigenze della poesia con i diritti della prosa e trovare una media tra di essi.
Ma la teoria hegeliana del romanzo risente inevitabilmente della limitata comprensione delle contraddizioni dello sviluppo della societ capitalistica, ritenuta lultimo grado assoluto dello sviluppo dellumanit, e
perci non va oltre la contrapposizione di romanzo ed epos. Lukcs attribuisce alla dottrina di Marx e Engels sullarte il merito di aver messo in luce la dialettica dello sviluppo della forma epica, uno dei gradi pi importanti del quale costituito dal romanzo.
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Per le sue finalit e propriet il romanzo ha tutti i segni caratteristici della forma
epica: la tendenza ad adeguare la forma della raffigurazione della vita al suo contenuto; luniversalit e lampiezza del materiale abbracciato; la presenza di pi piani; la
sottomissione del principio della riproduzione dei fenomeni di vita, attraverso un atteggiamento esclusivamente individuale e soggettivo verso di essi (come, ad esempio,
nella lirica), al principio della raffigurazione plastica, in cui uomini ed eventi agiscono nellopera quasi di per s, come figure viventi della realt esterna. Ma tutte queste
tendenze raggiungono la loro piena e compiuta espressione soltanto nella poesia epica dellantichit che costituisce la forma classica dellepos (Marx). In questo senso
il romanzo il prodotto della dissoluzione della forma epica, che con la fine della societ antica ha perso il terreno per la sua fioritura. Il romanzo aspira agli stessi fini cui
aspira lepos antico, ma non pu mai raggiungerli, perch nelle condizioni della societ borghese, che costituiscono la base dello sviluppo del romanzo, i modi di realizzare i fini epici diventano cos diversi da quelli antichi che i risultati sono diametralmente opposti alle intenzioni. La contraddizione della forma del romanzo sta appunto nel fatto che il romanzo come epos della societ borghese lepos di una societ che distrugge le possibilit della creazione epica. Ma questa circostanza che [...]
costituisce la causa principale dei difetti artistici del romanzo rispetto allepos, contemporaneamente gli procura anche una serie di prerogative. Il romanzo apre la via a
un nuovo rigoglio dellepos, dalla cui dissoluzione esso nasce, e dischiude possibilit
artistiche nuove che alla poesia omerica erano ignote.
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lanalisi e la descrizione soppiantano il carattere, la situazione e lazione, tanto pi sono liquidate le grandi tradizioni del dominio realistico della realt, e
tutta questa tendenza diventa il preannuncio del romanticismo, che scrive
sulla sua bandiera la lotta implacabile contro la prosa della vita moderna,
ma in effetti porta a una resa incondizionata di fronte a questa prosa fatale e trapassa persino in una glorificazione simbolica (per lo pi involontaria), in unapologia poetica di questa aborrita prosa della vita.
Nella prima met dellOttocento, non v un solo romanziere importante, secondo Lukcs, che sia del tutto libero dalle tendenze romantiche. [...]
Ma i grandi scrittori di questepoca sono grandi proprio perch non capitolano, con un gesto di intransigente opposizione, di fronte alla avanzante
prosa della vita borghese, ma cercano nei pi vari modi di scoprire e raffigurare gli elementi ancora superstiti dellattivit spontanea umana. Dunque i romanzieri realisti, e in primo luogo Balzac, nella lotta creativa contro la degradazione delluomo penetrano molto pi profondamente dei romantici allinterno del mondo oggettivo, ma non superano del tutto leredit romantica, che si manifesta nella persistenza di un esasperato soggettivismo. In ogni caso, proprio nellinsuccesso delle intenzioni coscienti, ossia nella raffigurazione artistica di un quadro del mondo del tutto diverso da quello progettato, sta la ragione della grandezza di questi scrittori ( la cosiddetta teoria del malgrado, secondo cui il rispecchiamento artistico produce un effetto di conoscenza impregiudicato dal condizionamento dellideologia). Lo scenario muta radicalmente dopo il 1848, quando
cio si esaurisce la spinta rivoluzionaria della borghesia e trionfa definitivamente il mondo della prosa, che condanna il romanziere al pi profondo isolamento sociale e artistico. Gustave Flaubert il primo e insieme il
pi insigne rappresentante del nuovo realismo: nei suoi romanzi lazione
si riduce alla rappresentazione della inevitabile sconfitta del sentimento di
protesta contro la mediocrit borghese. La banalit della vita, contro la
quale romanticamente insorge questo realismo, raffigurata su un piano di
pura artisticit: non sono i tratti oggettivamente importanti della realt a
trovarsi al centro dellattenzione dellartista, ma la quotidianit banale, che
egli ricrea con evidenza mediante la rivelazione artistica dei suoi particolari interessanti. Si ripropone la falsa alternativa di oggettivismo e soggettivismo che aveva caratterizzato la cultura romantica, e che era stata prodotta dalla situazione sociale dellintellettuale borghese nel periodo della
decadenza ideologica della borghesia. Cos, per un verso, nel romanzo naturalista predomina laspetto pseudooggettivo del romanticismo: Zola,
che identifica il banale col tipico e lo contrappone soltanto allindividuale, non vede pi il caratteristico e lartisticamente significativo nellazione, nella reazione attiva delluomo agli avvenimenti del mondo esterno:
sicch nei suoi romanzi la raffigurazione epica delle azioni sostituita [...]
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dalla descrizione degli stati e delle circostanze, e scompare il legame necessario tra il carattere e lazione. Sul versante opposto si affermano invece il soggettivismo e lirrazionalismo, che fanno la loro comparsa subito
dopo la disgregazione della scuola di Zola. A giudizio di Lukcs, appunto
Flaubert e Zola costituiscono lultima svolta nello sviluppo del romanzo,
perch le tendenze alla dissoluzione della forma del romanzo per la prima
volta si manifestano in loro con una chiarezza quasi classica.
Lo sviluppo ulteriore del romanzo, nonostante tutta la sua variet, scorre nel
quadro dei problemi delineati gi in Flaubert e Zola, nel quadro del falso dilemma
di soggettivismo e oggettivismo il quale inevitabilmente porta a una serie di altre antitesi altrettanto false.
Con la scomparsa di ci che veramente tipico nei caratteri e nelle situazioni
si presenta il falso dilemma: o la media banale o qualcosa di puramente originale
o interessante. E, conformemente a questo falso dilemma, il romanzo moderno
oscilla tra i due estremi, ugualmente falsi, della scientificit e dellirrazionalismo,
del nudo fatto e del simbolo, del documento e dellanima o dellatmosfera.
Il compito del realismo socialista consiste, secondo Lukcs, nel rimettere al centro dellestetica del romanzo il problema della degradazione
delluomo nella societ capitalistica, che pu ovviamente essere compreso soltanto assumendo il punto di vista del proletariato (cui incombe la
missione storica di liberare lumanit da ogni forma di sfruttamento e di disuguaglianza, portando a compimento la rivoluzione avviata dalla borghesia), e nel favorire una tendenza verso lepos.
Questo nuovo dispiegamento degli elementi dellepos nel romanzo non semplicemente un ripristino artistico della forma e del contenuto del vecchio epos (per
esempio, della mitologia), ma nasce necessariamente dalla societ senza classi che
sorge. Esso non spezza i legami con lo sviluppo del romanzo classico. Infatti ledificazione del nuovo e la distruzione oggettiva e soggettiva del vecchio sono legate tra
loro da un indissolubile nesso dialettico. [...] Alla letteratura spetta il compito di mostrare luomo nuovo nella sua concretezza insieme individuale e sociale.
Il rinnovamento dei metodi creativi del romanzo deve, per Lukcs, avere a fondamento le categorie di rispecchiamento e di tipicit. In altri termini, il recupero del carattere epico della narrazione romanzesca richiede
che la rappresentazione della totalit sociale venga ottenuta attraverso lazione di personaggi che abbiano una ben rilevata identit ma siano al tempo stesso espressivi di una classe (cio appunto tipici), e non si limiti alla fedele riproduzione dellesistente, ma sia in grado di mettere a nudo le contraddizioni di una realt storicamente determinata e di prefigurarne la soluzione.
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Il romanzo insomma, dopo aver raffigurato artisticamente la storia della borghesia, della sua ascesa e della sua decadenza, deve raccontare la nascita di una nuova societ. Resta da aggiungere che lestetica del realismo
socialista e la poetica del romanzo enunciate da Lukcs (le quali, per inciso, influenzeranno sensibilmente, nel ventennio successivo, la letteratura
europea) traducono coerentemente sul piano della elaborazione culturale
la svolta politica decisa, nello stesso 1935, dal VII Congresso dellInternazionale Comunista con la strategia dei fronti popolari. Come il movimento
operaio sollecitato ad allearsi con i settori democratici della borghesia
per difendere le istituzioni liberali dallassalto del nazifascismo (e lUnione
Sovietica dalle mire aggressive di quei regimi), cos agli intellettuali comunisti affidato il compito di salvaguardare e di sviluppare (seppure criticamente) la tradizione progressiva della cultura borghese, e di proporsi addirittura come interpreti autentici, custodi e continuatori dei valori della civilt umana, minacciati da una nuova barbarie.
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Indice
I.
3
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41
IV. LOttocento
77
1. La teoria dei generi letterari fra neoclassicismo e romanticismo, p. 77 - 2. Estetica idealistica e teoria dei generi, p. 88 - 3. Concezione dellarte e teoria dei generi in Nietzsche, p. 103 - 4. Il paradigma biologico del positivismo, p. 106
V. Il Novecento
111
1. Croce e la condanna filosofica dei generi, p. 111 - 2. La riabilitazione dei generi letterari, p. 116 - 3. Formalismo e generi letterari, p. 125 - 4. Lo studio dei generi nella scuola del metodo formale, p. 135 - 5. Il superamento della teoria formalista dei generi, p. 144
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I volumi pubblicati dalle Edizioni B.A. Graphis sono disponibili presso le seguenti librerie:
Bari
Bologna
Brindisi
Cagliari
Chieti
Firenze
Foggia
LAquila
Lecce
Matera
Milano
Napoli
Padova
Perugia
Pescara
Pisa
Roma
Siena
Taranto
Teramo
Torino
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Ferdinando Pappalardo
I verdi
Ferdinando Pappalardo insegna Teoria e storia dei generi letterari presso la Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Bari.
Ferdinando Pappalardo
TEORIE DEI
GENERI LETTERARI