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Marco Tullio Cicerone

Marco Tullio Cicerone


Marco Tullio Cicerone

Console della Repubblica romana

Busto di Cicerone presso i Musei Capitolini Nomeoriginale Marcus Tullius Cicero Nascita 3 gennaio 106 a.C. Arpino 7 dicembre 43 a.C. Formia Terenzia (79-46 a.C.) Publilia (46-45 a.C.) Tullia Marco Tullio Cicerone Marco Tullio Cicerone il Vecchio Elvia 75 a.C. 69 a.C. 66 a.C. 63 a.C. 51 a.C.

Morte

Coniuge

Figli

Padre Madre Questura Edilit Pretura Consolato Proconsolato

(LA) (IT) Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza? (Marco Tullio Cicerone, prima Catilinaria,1,1)

Marco Tllio Cicerne (in latino Marcus Tullius Cicero, pronunciato /'markus 'tulljus 'iero/ secondo la pronuncia italiana tradizionale del latino, ['mar.ks 'tl.l.s 'k.k.ro] secondo la pronuncia restituita, cio classica ricostruita; in greco antico , Kikrn; Arpino, 3 gennaio 106 a.C. Formia, 7 dicembre 43 a.C.) stato un avvocato, politico, scrittore e oratore romano. Esponente di un'agiata famiglia dell'ordine equestre, Cicerone fu una delle figure pi rilevanti di tutta l'antichit romana. La sua vastissima produzione letteraria, che va dalle orazioni politiche agli scritti di filosofia e retorica, oltre a offrire un prezioso ritratto della societ romana negli ultimi travagliati anni della repubblica, rimase come esempio

Marco Tullio Cicerone per tutti gli autori del I secolo a.C., tanto da poter essere considerata il modello della letteratura latina classica. Attraverso l'opera di Cicerone, grande ammiratore della cultura greca, i Romani poterono anche acquisire una migliore conoscenza della filosofia. Tra i suoi maggiori contributi alla cultura latina ci fu senza dubbio la creazione di un lessico filosofico latino: Cicerone si impegn, infatti, a trovare il corrispondente vocabolo in latino per tutti i termini specifici del linguaggio filosofico greco.[1] Tra le opere fondamentali per la comprensione del mondo latino si collocano invece le Lettere (Epistulae, in particolar modo quelle all'amico Tito Pomponio Attico), che offrono numerosissime riflessioni su ogni avvenimento, permettendo di comprendere quali fossero le reali linee politiche dell'aristocrazia romana. Cicerone occup per molti anni anche un ruolo di primaria importanza nel mondo della politica: dopo aver salvato la repubblica dal tentativo eversivo di Lucio Sergio Catilina ed aver cos ottenuto l'appellativo di pater patriae (padre della patria), ricopr un ruolo di primissima importanza all'interno della fazione degli Optimates. Fu infatti Cicerone che, negli anni delle guerre civili, difese strenuamente fino alla morte una repubblica giunta ormai all'ultimo respiro e destinata a trasformarsi nel principatus augusteo.

Biografia
Giovinezza
L'infanzia e la famiglia Marco Tullio Cicerone nacque il 3 gennaio del 106 a.C.[2] in localit Ponte Olmo,[3] oggi nel territorio di Sora ma all'epoca nel municipio di Arpinum, antica citt di collina fondata dai Volsci 100 chilometri a sud-est di Roma. Gli Arpinati avevano ricevuto la civitas sine suffragio gi nel IV secolo a.C., e i pieni diritti di cittadinanza nel 188 a.C.; in seguito la citt aveva ottenuto anche lo status di municipium. La lingua latina vi era in uso gi da lungo tempo. Ad Arpino, tuttavia, era diffuso anche l'insegnamento della lingua greca, che l'lite senatoriale romana preferiva spesso a quella latina, riconoscendone la maggiore raffinatezza e precisione. L'assimilazione da parte dei Romani delle comunit italiche nelle vicinanze di Roma, avvenuta tra il II ed il I secolo a.C., rese possibile il futuro di Cicerone come scrittore, statista ed oratore. Cicerone apparteneva alla classe equestre, la piccola nobilt locale, e, anche se lontanamente imparentato con Caio Mario, il leader dei Populares durante la guerra civile contro gli optimates di Lucio Cornelio Silla, non aveva alcun legame con l'oligarchia senatoriale romana; era dunque un homo novus. La famiglia era composta dal padre Marco Tullio Cicerone il Vecchio, uomo colto ma di origine sconosciuta, dalla madre Elvia, di nobile casato e integri costumi,[4] e dal fratello Quinto. Il cognomen Cicero era il soprannome di un suo antenato abbastanza noto, che aveva un'escrescenza carnosa sul naso (presumibilmente una verruca), che ricordava nella forma un cece (cicer, ciceris il termine latino per cece). Quando Marco present per la prima volta la sua candidatura ad un ufficio pubblico, alcuni amici gli sconsigliarono l'utilizzo del suo cognomen, ma lui rispose che avrebbe fatto s che esso diventasse pi noto di quello degli Scauri e dei Catuli.[5]

Marco Tullio Cicerone Studi Cicerone si rivel subito un fanciullo dotato di straordinaria intelligenza, distinguendosi tra i suoi coetanei a scuola e accumulando fama e onore.[6] Il padre, auspicando per i figli una brillante carriera forense e politica, li condusse a Roma dove Marco venne introdotto nel circolo dei migliori oratori del suo tempo, protettori della sua famiglia, Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio. Particolare influenza ebbe il primo su Cicerone, per cui rimase sempre modello di oratore e di statista. A Roma Cicerone pot anche formarsi nella giurisprudenza, grazie alla guida di Quinto Mucio Scevola, eminente giurista.[7] Tra i compagni di Giovane Cicerone che legge o Fanciullo che legge Cicerone affresco staccato di Vincenzo Foppa (1464 circa), Collezione Wallace di Londra Cicerone c'erano Gaio Mario il giovane, Servio Sulpicio Rufo (destinato a divenire un celebre avvocato, uno dei pochi che Cicerone consider superiori a se stesso), e Tito Pomponio, che prese poi il cognomen di Attico dopo una lunga permanenza ad Atene, e che divenne intimo amico di Cicerone. In una lettera, infatti, gli scrisse: Sei per me come un secondo fratello, un alter ego al quale posso dire ogni cosa. In questo periodo Cicerone si avvicin anche alla poesia[8] cimentandosi nella traduzione di Omero e dei Fenomeni di Arato, che influenzarono, pi tardi, le Georgiche di Virgilio. Particolarmente attratto dalla filosofia, alla quale avrebbe dato grandi contributi, tra i quali la creazione del primo vocabolario filosofico in lingua latina, nel 91 a.C. incontr, assieme all'amico Tito Pomponio (Attico), il filosofo epicureo Fedro in visita a Roma. I due ne furono affascinati, ma solo Attico rimase per tutta la vita seguace della dottrina epicurea. Nell'87 a.C. conobbe il maestro di retorica Apollonio Molone[9] (che istru, pochi anni dopo, anche Gaio Giulio Cesare), e l'accademico Filone di Larissa, che esercit in lui un'influenza profonda. Questi era infatti a capo dell'Accademia che Platone aveva fondato ad Atene circa trecento anni prima e Cicerone, grazie alla sua influenza, assimil la filosofia platonica - pur rigettando, ad esempio, la teoria delle idee - arrivando spesso a definire Platone come il suo dio. Poco tempo dopo, Cicerone incontr Diodoto, esponente dello stoicismo. Lo stoicismo era gi stato precedentemente introdotto a Roma, dove aveva ricevuto larghi consensi grazie all'enfasi posta sul controllo delle emozioni e sulla forza di volont, che sposava gli ideali romani. Cicerone non adott completamente l'austera filosofia stoica, ma prefer uno stoicismo modificato. Diodoto divenne poi un protetto di Cicerone, dal quale fu ospitato fino alla morte. Il filosofo, dimostrando la sua piena adozione dello stoicismo, continu ad insegnare anche dopo la perdita della vista.

Cursus Honorum
Prime esperienze Il sogno di infanzia di Cicerone era quello di "essere sempre il migliore ed eccellere sugli altri", in linea con gli ideali omerici. Cicerone desiderava dignitas ed auctoritas, simboleggiati dalla toga pretesta e dalla verga dei littori. C'era un solo modo per ottenerli: percorrere i gradini del cursus honorum. Nel 90 a.C., tuttavia, Cicerone era troppo giovane per approdare a qualsiasi carica del cursus honorum, ma non per acquisire l'esperienza preliminare in guerra che una carriera politica richiedeva. Tra il 90 a.C. e l'88 a.C., Cicerone serv sotto Gneo Pompeo Strabone e Lucio

Marco Tullio Cicerone Cornelio Silla durante le campagne della Guerra Sociale, sebbene lui non provasse alcuna attrazione per la vita militare. Era prima di tutto un intellettuale. Infatti, molti anni dopo scrisse al suo amico Attico, che stava raccogliendo statue marmoree per le ville di Cicerone: "Perch mi spedisci una statua di Marte? Sai che io sono un pacifista!"[10] L'ingresso di Cicerone nella carriera forense avvenne ufficialmente nell'81 a.C. con la sua prima orazione pubblica, la Pro Quinctio, per una causa in cui ebbe come avversario il pi celebre oratore del tempo, Quinto Ortensio Ortalo. Ma il suo vero esordio nell'oratoria a carattere politico, almeno secondo le testimonianze scritte a noi disponibili, si ebbe con la Pro Roscio Amerino, molto concitata ed a tratti enfatica, che conserva molto di scolastico nello stile esuberante.[11] Qui Cicerone difese con successo un figlio ingiustamente accusato di parricidio, dimostrando grande coraggio nell'assumersene la difesa: il parricidio era considerato tra i crimini peggiori, e i veri colpevoli dell'omicidio erano sostenuti dal liberto di Silla, Crisogono. Se Silla avesse voluto, sarebbe stato fin troppo facile eliminare Cicerone, proprio alla sua prima apparizione nei tribunali. Cicerone divise le sue argomentazioni in tre parti: nella prima, difese Roscio e tent di provare che non era stato lui a commettere l'assassinio; nella seconda, attacc quelli che avevano realmente commesso il crimine - tra cui anche un parente dello stesso Roscio - e dimostr come l'assassinio favoriva pi quelli che Roscio; nella terza, attacc direttamente Crisogono, affermando che il padre di Roscio era stato assassinato per ottenere i suoi terreni ad un prezzo conveniente, una volta messi all'asta. In forza di queste argomentazioni, Roscio fu assolto. Per sfuggire ad una probabile vendetta di Silla,[12] tra il 79 ed il 77 a.C. Cicerone si rec, accompagnato dal fratello Quinto, dal cugino Lucio e probabilmente anche dall'amico Servio Sulpicio Rufo, in Grecia ed in Asia Minore. Particolarmente significativa fu la sua permanenza ad Atene. Qui incontr nuovamente l'amico Attico che, fuggito da un'Italia sconvolta dalle guerre, si era rifugiato in Grecia. Egli era poi diventato cittadino onorario di Atene e pot presentare a Cicerone alcune tra le pi importanti personalit ateniesi del tempo. Ad Atene, inoltre, Cicerone visit quelli che erano i luoghi sacri della filosofia, a cominciare Lucio Cornelio Silla. dall'Accademia di Platone, di cui era allora capo Antioco di Ascalona. Di quest'ultimo Cicerone ammir la facilit di parola, senza tuttavia condividerne le idee filosofiche, ben differenti da quelle di Filone, delle quali era convinto ammiratore.[13] Dopo un breve soggiorno a Rodi, dove conobbe lo stoico Posidonio, Cicerone torn in Grecia, dove fu iniziato ai misteri eleusini, che lo impressionarono molto, e dove pot visitare l'Oracolo di Delfi. Qui domand alla Pizia in quale modo avrebbe potuto raggiungere la gloria, ed ella gli rispose che avrebbe dovuto seguire il suo istinto, e non i suggerimenti che riceveva.[14]

Marco Tullio Cicerone Ingresso in politica Tornato a Roma dopo la morte di Silla (avvenuta nel 78 a.C.), Cicerone diede inizio alla sua vera e propria carriera politica, in un ambiente sostanzialmente favorevole: nel 76 a.C. si present come candidato alla questura, la prima magistratura del cursus honorum.[15] I questori, eletti in numero di venti, si occupavano della gestione finanziaria, o assistevano propretori e proconsoli nel governo delle province. Eletto alla carica per la citt di Lilibeo, nella Sicilia Occidentale, svolse il lavoro con scrupolo ed onest tanto da guadagnarsi la fiducia degli abitanti del luogo. Durante la sua permanenza in Sicilia scopr a Siracusa, nascosta tra i cespugli, la tomba di Archimede. Grazie all'interesse di Cicerone per lo scienziato siracusano sono in nostro possesso alcune importanti informazioni su di lui e in particolare la migliore testimonianza sul suo planetario. Al termine del mandato, i Siciliani gli affidarono la causa contro il propretore Verre, reo di aver dissanguato l'isola nel triennio 73-71 a.C.[16][17] Cicerone raccolse con zelo le prove della colpevolezza, pronunci due orazioni preliminari (Divinatio in Quintum Caecilium e Actio prima in Verrem) e l'ex governatore, oberato da prove schiaccianti, scelse l'esilio volontario.[18] Le cinque orazioni preparate per le successive fasi del processo (che Busto di Cicerone costituiscono l' Actio secunda) furono pubblicate pi tardi e costituiscono un'importante prova del malgoverno che l'oligarchia senatoria esercitava a seguito delle riforme sillane. Attaccando Verre, Cicerone attacc la prepotenza della nobilt corrotta, ma non l'istituzione senatoria, anzi fece proprio appello alla dignit di tale ordine perch estromettesse i membri indegni. Acquis, inoltre, un enorme prestigio perch a difendere Verre era Quinto Ortensio Ortalo, considerato il pi grande avvocato dell'epoca:[19] "sconfitto", Ortensio dovette accettare che il suo posto venisse preso da Cicerone. Nonostante l'episodio, i due strinsero poi un buon legame di amicizia. Ad Ortensio, anzi, che elogi anche nel Brutus, Cicerone dedic un'intera opera, non pervenutaci, l'Hortensius. L'oratoria e l'attivit forense erano, a Roma, uno dei principali mezzi di propaganda per i politici emergenti, in quanto non esistevano documenti scritti di argomento politico, ad eccezione degli Acta Diurna, che godevano di scarsa diffusione. Contro Cicerone, per, rimaneva la naturale diffidenza dei nobili verso chi era un homo novus, accresciuta dal fatto che l'ultimo homo novus ad acquisire rilevante peso politico era stato il concittadino dello stesso Cicerone, Gaio Mario. Anche lo stesso Silla, tuttavia, fiero oppositore di Mario, aveva preso alcuni provvedimenti che permettevano e facilitavano l'ingresso degli equites alla vita politica, dando cos a Cicerone la possibilit di raggiungere le vette del cursus honorum. Il successo ottenuto da quelle orazioni (che vennero poi chiamate Verrine), anticipatrici dei principi di un governo umano ed ispirato ad onest e filantropia, port Cicerone in primo piano sulla scena politica: nel 69 a.C. venne eletto alla carica di edile curule (all'et di 37 anni),[20] nel 66 a.C. divent pretore con una elezione all'unanimit (a 40 anni).[21] Nello stesso anno pronunci il suo primo discorso politico, Pro lege Manilia de imperio Cn. Pompei, in favore del conferimento dei pieni poteri a Pompeo per la guerra mitridatica. In questa occasione Pompeo era appoggiato dai cavalieri, interessati alla rapida risoluzione della guerra in Asia, mentre gli era contraria la maggioranza del senato.[22] Il motivo dell'impegno di Cicerone in una causa ostile all'alta aristocrazia (che d'altronde era restia ad accoglierlo tra le proprie file) sta nell'importanza che essa aveva per i pubblicani e gli affaristi, minacciati nei loro interessi da Mitridate VI. La provincia dell'Asia Minore, minacciata dal sovrano del Ponto, era, infatti, particolarmente attiva dal punto di vista dell'economia e del commercio.

Marco Tullio Cicerone Consolato Nel 65 a.C. Cicerone present la candidatura al consolato. Nel 64 venne eletto console per l'anno successivo (ossia il 63 a.C.). La sua posizione venne illustrata dal fratello Quinto in un'opera (di dubbia attribuzione: la scrisse lo stesso Cicerone?), Commentariolum petitionis, scritta per consigliarlo nella campagna elettorale. Per un gioco delle classi, Cicerone risult eletto con il voto di tutte le centurie.[23] Assieme a lui risult eletto il patrizio Gaio Antonio Ibrida, zio di Roma: Affresco di Cesare Maccari a Palazzo Madama che raffigura Cicerone mentre Marco Antonio, futuro triumviro e pronuncia una delle orazioni contro Catilina. acerrimo nemico dell'arpinate, Titolo: Cicerone denuncia Catilina. accusato dallo stesso Cicerone (In toga candida, orazione - pervenutaci in condizioni frammentarie - tenuta in senato come candidato poco prima delle elezioni del 64) di essere collusore di Lucio Sergio Catilina.[24] La fiducia riposta in Cicerone dalla classe equestre venne ripagata gi all'inizio del consolato con la pronuncia di quattro orazioni (De lege agraria) contro la proposta di redistribuzione delle terre del tribuno Servilio Rullo.[25] Durante il suo consolato Cicerone dovette contrastare il tentativo di congiura messo in atto da Catilina. Questi era un nobile impoverito che, dopo aver combattuto insieme a Silla e aver completato il cursus honorum, aspirava a diventare console. Catilina si candid a console tre volte e tre volte venne fermato con processi dubbi o con probabili brogli elettorali e infine ord una congiura per rovesciare la repubblica.[26] Catilina contava soprattutto sull'appoggio della plebe, a cui prometteva radicali riforme, e sugli altri nobili decaduti, ai quali prospettava un vantaggioso sovvertimento dell'ordine costituito, che lo avrebbe probabilmente portato ad assumere un potere monarchico o quasi.[27] Venuto a conoscenza del pericolo che la Repubblica correva grazie alla soffiata di Fulvia, amante del congiurato Quinto Curio,[28] Cicerone fece promulgare dal senato un senatus consultum ultimum de re publica defendenda, cio un provvedimento con cui si attribuivano, come era previsto in situazioni di particolare gravit, poteri speciali ai consoli.[29][30] Sfuggito poi ad un attentato da parte dei congiurati,[31] Cicerone convoc il senato nel tempio di Giove Statore, dove pronunci una violenta accusa a Catilina, con il discorso noto come Prima Catilinaria.[32][33] Catilina, visti i suoi piani svelati, fu costretto a lasciare Roma per ritirarsi in Etruria presso il suo sostenitore Gaio Manlio, lasciando la guida della congiura ad alcuni uomini di fiducia, Lentulo Sura e Cetego.[34][35] Grazie alla collaborazione con una delegazione di ambasciatori inviati a Roma dai Galli Allobrogi, Cicerone pot per trascinare anche Lentulo e Cetego davanti al senato: gli ambasciatori, incontratisi con i congiurati, che avevano dato loro documenti scritti in cui promettevano grandi benefici se avessero appoggiato Catilina, furono arrestati in modo del tutto fittizio, e i documenti caddero nelle mani di Cicerone. Questi port Cetego, Lentulo e gli altri davanti al senato, ma nel decidere quale pena dovesse essere applicata, si scaten un acceso dibattito: dopo che molti avevano sostenuto la pena capitale, Gaio Giulio Cesare propose di punire i congiurati con il confino e la confisca dei beni. Il discorso di Cesare provoc scalpore, ed avrebbe probabilmente convinto i senatori se Marco Porcio Catone Uticense non avesse pronunciato un altrettanto acceso discorso in favore della pena di morte. I congiurati furono quindi giustiziati, e Cicerone annunzi la loro morte al popolo con la formula:
(LA) (IT) Vixerunt Vissero

Marco Tullio Cicerone

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(Marco Tullio Cicerone)

poich era considerato di cattivo auspicio pronunciare la parola "morte" (ed espressioni di significato affine come "sono morti") nel foro. Catilina fu poi sconfitto, nel gennaio 62, in battaglia assieme al suo esercito. Cicerone, che non smise mai di vantare il proprio ruolo determinante per la salvezza dello stato (si ricordi il famoso verso di Cicerone sul suo consolato: Cedant arma togae, trad: "che le armi lascino il posto alla toga [del magistrato]"), grazie al ruolo svolto nel reprimere la congiura, ottenne un prestigio incredibile, che gli valse addirittura l'appellativo di pater patriae. Nonostante ci, la scelta di autorizzare la condanna a morte dei congiurati senza concedere loro la provocatio ad populum (ovvero l'appello al popolo, che poteva decretare la commutazione della pena capitale in una pena detentiva) gli sarebbe costata cara soltanto pochi anni dopo.

Durante la guerra civile


Dal primo triumvirato alle Idi di Marzo A seguito del riemergere dei contrasti tra senatori e pubblicani, e dell'accordo tra Cesare e Pompeo ai danni dell'oligarchia senatoria, Cicerone scivol da parte. L'ultima possibilit di rientrare nel gioco politico gli fu offerta nel 60 a.C. dai tre pi potenti uomini del momento, ovvero Pompeo, Cesare e Crasso, alla conclusione dell'accordo per il primo triumvirato: essi chiesero a Cicerone di appoggiare la legge agraria a favore dei veterani di Pompeo e della plebe meno abbiente. Cicerone, tuttavia, rifiut non solo per non apparire un traditore dell'aristocrazia, ma anche per l'attaccamento all'ordine legale e sociale di cui gli ottimati si proclamavano difensori. Dopo questo rifiuto e la costituzione del primo triumvirato, Cicerone si tenne fuori dalla politica ma ci non bast a salvarlo dalle vendette dei populares: all'inizio del 58 a.C. il tribuno della plebe Clodio Pulcro, nemico di Cicerone per un precedente processo per sacrilegio,[36] fece approvare una legge con valore retroattivo che condannava all'esilio chiunque avesse mandato a morte un cittadino romano senza concedergli la provocatio ad populum. Si trattava, in realt, di un'abilissima mossa politica di Cesare (che per l'appunto prima di partire per la Gallia attese che Cicerone fosse fuggito da Roma) che, attraverso il suo alleato Clodio, eliminava cos dalla scena politica uno dei suoi avversari Gaio Giulio Cesare pi tenaci, che lo avrebbero potuto osteggiare durante la sua ascesa al potere. Cicerone fu dunque processato per la sua condotta durante il processo ai Catilinari Lentulo e Cetego[37] ma, costretto all'esilio, non si diede pace, implorando le sue conoscenze perch favorissero il suo ritorno. Clodio, per, fece approvare anche una serie di altre leggi che prevedevano che Cicerone non si potesse neppure avvicinare al confine dell'Italia, e che le sue propriet venissero confiscate.[38] In realt la villa sul Colle Palatino fu addirittura distrutta, ed una sorte simile tocc poco dopo a quelle di Formia e di Tusculum.[39] Nel 57 a.C. la situazione a Roma miglior, allorch i nobili e Pompeo posero un freno alle iniziative di Clodio Pulcro, permettendo a Cicerone di tornare e ricominciare la sua lotta contro il tribuno della plebe.[40]

Marco Tullio Cicerone Nel 56 a.C. Cicerone pronunci l'orazione Pro Sestio in cui allargava il suo precedente ideale politico: l'alleanza tra cavalieri e senatori a suo avviso non era pi sufficiente per stabilizzare la situazione politica. Occorreva, quindi, un fronte comune di tutti i possidenti per opporsi alla sovversione tentata dai populares. Possidenti e plebe si scontravano con l'uso di bande armate, e in uno di questi scontri, pi precisamente sulla via Appia, Milone, organizzatore delle bande dei possidenti, uccise il tribuno Clodio.[41] Al processo per omicidio, tenutosi nel 52 a.C., Cicerone difese Milone, ma, non riuscendo a pronunciare il suo discorso con la giusta forza per il clamore della folla e per il timore che gli incutevano i partigiani di Clodio nel foro, Milone venne condannato all'esilio (una versione della Pro Milone venne pubblicata solo successivamente, dando modo di verificare come fosse un'orazione tra le pi abili e sottili sul piano giuridico). Dopo essere stato nominato augure nel 53 a.C. al posto di Crasso,[42] nel 51 a.C. come proconsole si rec in Cilicia, proprio mentre i rapporti tra Cesare e Pompeo si inasprivano. Durante il soggiorno lontano da Roma, i pensieri dell'oratore furono rivolti alla minaccia della guerra civile. Tornato in patria, non cess di invitare le parti alla moderazione ed alla conciliazione, ma i suoi inviti caddero nel vuoto anche a causa del fanatismo che spingeva Pompeo all'intransigenza nei confronti delle richieste di Cesare. Quando Il mondo romano nel 50 a.C. dopo la conquista della Gallia da parte di Cesare. Cesare varc il Rubicone, Cicerone cerc di accattivarsene il favore, ma poi decise ugualmente di lasciare l'Italia per unirsi a Pompeo.[43] Sbarc, dunque, a Dyrrachium, ma, raggiunti i Pompeiani, si accorse di quanto le speranze che egli riponeva in loro quali salvatori della repubblica fossero infondate: ognuno di loro era l non in difesa degli ideali, ma soltanto per tentare di trarre profitto dalla guerra. Dopo la grande vittoria di Cesare nella battaglia di Farsalo, nel 48 a.C., Cicerone decise di tornare a Roma, dove ottenne il perdono dello stesso Cesare nel 47 a.C.[44] Cicerone rivelava nelle sue opere ed in lettere ad amici come Cornelio Nepote, riguardo alla personalit di Cesare:
Non vedo a chi Cesare debba cedere il passo. Ha un modo di esporre elegante, brillante ed anche, in un certo modo si pronuncia in modo elegante e splendido... Chi gli vorresti anteporre, anche tra gli oratori di professione? Chi pi acuto o ricco nei concetti? Chi pi ornato o elegante nell'esposizione? (Svetonio, Vite dei Cesari, Cesare, 55.)

La speranza di Cicerone di collaborare al governo di Cesare venne troncata dalla piega assolutistica e monarchica presa dal potere[45]. L'oratore si ritir, iniziando la stesura di opere di carattere filosofico. A questo si aggiunse il divorzio dalla moglie Terenzia e la morte della figlia Tullia, seguita dalla separazione dalla seconda moglie Publilia, una giovinetta. Quando Cesare fu ucciso, il 15 marzo del 44 a.C., a seguito della congiura ordita da Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino, per Roma, e per lo stesso Cicerone, si avvi una nuova fase politica, che avrebbe avuto termine solo con l'avvento dell'impero.

Marco Tullio Cicerone L'opposizione ad Antonio e la fine Cicerone non fu, certamente, colto di sorpresa dall'assassinio, da parte dei Liberatores, di Giulio Cesare: era sicuramente al corrente della congiura che si andava tessendo, ma decise sempre di tenersene al di fuori, pur manifestando una grande ammirazione per l'uomo che era destinato a divenire il simbolo stesso della congiura, Bruto. E lo stesso Bruto, infatti, con il pugnale sporco del sangue di Cesare ancora in mano, addit Cicerone definendolo l'uomo che avrebbe ristabilito l'ordine nella repubblica.[46] Scrisse a Lucio Minucio Basilo, uno dei cesaricidi, una lettera per congratularsi dell'assassinio di Cesare:
Tibi gratulor, mihi gaudeo; te amo, tua tueor; a te amari et, quid agas quidque agatur, certior fieri volo. (Cicerone, Ad Familiares, vi, 15
[47]

Con te mi congratulo, per me sono contento; ti sono vicino, ho cura delle tue cose; ti chiedo di volermi bene e di farmi sapere che cosa fai e che cosa succede.

La data della missiva non conosciuta, ma viene solitamente ritenuta vicinissima o coincidente alla congiura.[48] L'espressione quid agas quidque agatur la indicherebbe come scritta prima che Cicerone si recasse al Campidoglio, dove i cospiratori avevano trovato rifugio dopo l'assassinio, asserragliati nel tempio capitolino e protetti dai gladiatori di Bruto.[49] Cicerone, infatti, torn ad essere anche di fatto uno dei maggiori leader della fazione degli optimates, mentre Marco Antonio, luogotenente e magister equitum di Cesare, prendeva le redini della fazione dei populares. Antonio tent di fare in modo che il senato decidesse di organizzare una spedizione contro i Liberatores (che intanto si erano trasferiti nella penisola balcanica), ma Cicerone fu promotore di un accordo che, assicurando il riconoscimento di tutti i provvedimenti presi da Cesare nel corso della sua dittatura, garantiva l'impunit a Bruto e Cassio.[50] Poco dopo, i due, assieme agli altri congiurati, fuggirono verso la penisola ellenica.[51] Tra Cicerone ed Antonio, comunque, i rapporti non erano dei migliori, e i due, d'altra parte, si trovavano all'esatto opposto in ambito politico: Cicerone era il difensore degli interessi della nobilitas senatoriale, convinto sostenitore della repubblica, mentre Antonio avrebbe voluto fare suoi i progetti di Cesare ed assumere gradualmente un potere monarchico.[52] Intanto, un'altra figura si andava affermando dal nulla nel panorama politico di Roma, la figura del giovane Ottaviano (destinato a diventare Augusto), pronipote di Cesare e suo erede designato nel testamento.[53][54] Ottaviano decise di adottare una politica filosenatoriale, senza mostrare nessuna volont di imitare le mosse di Cesare. Cicerone, allora, si schier ancora pi apertamente contro Antonio, definendo Ottaviano come vero erede politico di Cesare, e come uomo mandato dagli dei per ristabilire l'ordine.[55] Cicerone sperava, infatti, nell'affermazione di un giovane princeps in re publica che, assistito da un membro del senato di grande esperienza, come lo stesso Cicerone, riportasse la pace e riformasse la repubblica.[56] Inizi, inoltre, tra il 44 a.C. e il 43 a.C., a pronunciare contro Antonio una serie di orazioni, note con il nome di Filippiche in quanto richiamavano quelle omonime

Statua di Augusto comunemente detta Augusto di Prima Porta, custodita ai Musei Vaticani.

Marco Tullio Cicerone pronunciate da Demostene contro Filippo II di Macedonia. Intanto, Antonio, nella volont di condurre una nuova guerra in Gallia per accrescere il proprio prestigio, decise di marciare contro Decimo Giunio Bruto Albino, governatore della Gallia Cisalpina, e lo assedi nella citt di Modena. Qui Antonio fu per raggiunto dagli eserciti consolari guidati da Aulo Irzio, Gaio Vibio Pansa e dallo stesso Ottaviano, che lo sconfissero.[57] Tornato a Roma, Ottaviano si trov nella situazione di dover scegliere tra il totale abbandono della politica cesariana, che avrebbe tenuto in vita l'agonizzante repubblica, e l'allontanamento dal senato, al quale rischiava di asservirsi totalmente.[58] Scelse di proseguire almeno in parte la politica cesariana, e costitu, assieme ad Antonio e a Marco Emilio Lepido, il secondo triumvirato, un accordo politico secondo il quale i tre uomini avrebbero dovuto compiere una profonda opera di riforma della repubblica.[59] Cicerone fu costretto ad accettare che sarebbe ora stato impossibile attuare il suo piano di un princeps, ma non per questo ritir le severe accuse rivolte ad Antonio nelle Filippiche. Quest'ultimo, allora, nonostante l'opposizione di Ottaviano, decise di inserire Cicerone nelle liste di proscrizione, decretando, cos, la sua condanna a morte.[60] Cicerone lasci allora Roma e si ritir nella sua villa di Formia, che aveva ricostruito dopo gli episodi legati a Clodio. A Formia, per, fu raggiunto da alcuni sicari inviati da Antonio, che, aiutati da un liberto di nome Filologo,[61] poterono trovarlo fin troppo facilmente. Cicerone, accortosi dell'arrivo dei suoi assassini, non tent di difendersi, ma si rassegn alla sua sorte, e venne decapitato.[62] Una volta ucciso, per ordine di Antonio, gli furono tagliate anche le mani (o forse soltanto la mano destra, usata per scrivere ed indicare durante i discorsi), con cui aveva scritto le Filippiche,[63] che furono esposte in senato insieme alla testa, appese ai rostri che si trovavano sopra la tribuna da cui i senatori tenevano le loro orazioni, come monito per gli oppositori del triumvirato.[64][65]
(LA) Prominenti ex lectica praebentique immotam cervicem caput praecisum est. Nec satis stolidae crudelitati militum fuit: manus quoque scripsisse aliquid in Antonium exprobrantes praeciderunt. (IT) Sporgendosi dalla lettiga ed offrendo il collo senza tremare, gli fu recisa la testa. E ci non bast alla sciocca crudelt dei soldati: essi gli tagliarono anche le mani, rimproverandole di aver scritto qualcosa contro Antonio.

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(Livio - Ab Urbe condita libri, CXX - cit. in Seneca il Vecchio, Suasoriae, 6,17)

Una volta sconfitto Antonio, Ottaviano scelse Marco, figlio di Cicerone, come collega per il consolato, e proprio Marco commin le pene di Antonio, facendone abbattere le statue e decretando che nessun membro della gens Antonia avrebbe pi potuto essere chiamato Marco.[66] Plutarco racconta che quando, tempo dopo, insignito del titolo di Augusto, Ottaviano trov un nipote che leggeva le opere di Cicerone, gli prese il libro, e lo sfogli. Una volta che glielo ebbe restituito, disse: "Era un saggio, ragazzo mio, un saggio, e amava la patria".[67]

Marco Tullio Cicerone

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Vita privata
Matrimoni
Cicerone probabilmente spos Terenzia all'et di 29 anni, nel 77 a.C. Il matrimonio - di convenienza - fu piuttosto armonioso per 30 anni. Terenzia era di famiglia patrizia ed era una ricca ereditiera, entrambi fattori particolarmente importanti per il giovane ambizioso che Cicerone era in quel momento. Una delle sue sorelle, o una cugina, era stata scelta come vergine Vestale, il che costituiva un grandissimo onore. Terenzia era una donna dal carattere forte e prese parte alla carriera politica di suo marito pi di quanto permise a lui di prenderne negli affari di famiglia. Non condivise, tuttavia, gli interessi intellettuali di Cicerone n il suo agnosticismo. Cicerone lamenta a Terenzia in una lettera scritta durante il suo esilio in Grecia che ...n gli dei che Lei ha adorato con tale devozione n gli uomini che io ho servito hanno mostrato il pi piccolo segno di gratitudine nei nostri confronti.[68] Terenzia era una donna devota e probabilmente piuttosto materialista.
Busto di Cicerone conservato ai Musei Capitolini di Roma.

Alla fine del 47 a.C. o all'inizio del 46 a.C. Cicerone ripudi Terenzia. I motivi del distacco sono ignoti, ma Cicerone accus la moglie di averlo trascurato durante la guerra, di non essere neppure venuta ad accoglierlo al suo ritorno e di avergli restituito la casa gravata di forti debiti.[70]
[69]

Verso la fine del 46 a.C. Cicerone spos Publilia, giovane e ricca fanciulla orfana di padre, che viveva sola con la madre.[71] Secondo Terenzia (che accusava Publilia di essere la causa del suo divorzio) il nuovo matrimonio avveniva per l'amore di Cicerone per la giovinezza della fanciulla, mentre secondo Tirone, suo liberto, Cicerone era attratto solo dalle ricchezze della giovane.[72] Lo stesso Cicerone era stato infatti nominato tutore di Publilia, e ne amministrava le ricchezze.[73] Poco dopo il matrimonio, Tullia, figlia di Cicerone, mor di parto.[74] Egli rimase fortemente colpito e nel luglio del 45 a.C., mentre gli amici gli recavano conforto, decise di ripudiare Publilia colpevole di essersi rallegrata della morte di Tullia, dopo soli sette mesi di matrimonio.[75] Il divorzio dalla storica consorte Terenzia e le seconde nozze con Publilia, destinate anch'esse alla rottura, resero Cicerone oggetto di feroci critiche, come quelle rivoltegli da Antonio nelle repliche alle Filippiche.

Figli
universalmente noto l'amore di Cicerone per la figlia Tullia, sebbene il matrimonio con Terenzia, da cui lei era nata, fosse stato un matrimonio di convenienza. Tullia era l'unica persona che Cicerone non critic mai. La descrive cos in una lettera al fratello Quinto: Com' affettuosa, com' modesta, com' intelligente! Quando lei si ammal improvvisamente nel febbraio del 45 a.C. e mor, dopo che era sembrato che potesse guarire, dando alla luce un figlio, Cicerone scrisse ad Attico: Ho perso l'unica cosa che mi legava alla vita. Attico invit Cicerone ad andarlo a trovare nelle prime settimane dopo la morte di Tullia per poterlo consolare. Nella grande biblioteca di Attico, Cicerone lesse tutto quello che i filosofi greci avevano scritto circa il superamento del

Marco Tullio Cicerone dolore, ...ma il mio dolore sconfigge ogni consolazione.[76] Cesare e Bruto gli spedirono lettere di condoglianze, e cos fece anche il suo vecchio amico e collega, l'avvocato Servio Sulpicio Rufo. Questi sped una lettera che in seguito stata molto apprezzata, piena di riflessioni sulla fugacit di tutte le cose. Dopo un po', Cicerone decise di abbandonare ogni compagnia per ritirarsi in solitudine nella sua villa di Astura, appena acquistata. Si trovava in un bosco solitario, ma non lontano da Napoli, e per molti mesi non fece altro che camminare per il bosco, piangendo. Scrisse ad Attico: Io mi immergo l nel bosco selvatico e fitto la mattina presto, e vi soggiorno fino a sera. Pi tardi decise di scrivere un libro per insegnare a se stesso come superare il dolore. Questo libro, intitolato Consolatio, era estremamente apprezzato in antichit (in particolare da Sant'Agostino), ma sfortunatamente andato perduto, e ne restano solo pochi frammenti. In seguito Cicerone progett anche di far erigere un piccolo tempio alla memoria di Tullia, la "sua incomparabile" figlia, ma poi non port a termine il progetto, per ragioni ignote. Cicerone sperava che il figlio Marco scegliesse di diventare filosofo come lui, ma era un'aspettativa fin troppo rosea: Marco, per conto suo, desiderava intraprendere la carriera militare, e nel 49 a.C. si un a Pompeo ed al suo esercito, e part con loro per la penisola ellenica. Quando nel 48 a.C., dopo la disastrosa sconfitta dei pompeiani a Farsalo, Marco si present a Cesare, questi lo perdon. Cicerone, allora, non perse tempo, e lo mand ad Atene a formarsi nella scuola del filosofo peripatetico Cratippo, ma Marco, ben distante dall'occhio vigile del padre, pass il tempo a mangiare, bere e divertirsi. Dopo l'assassinio del padre, Marco si un all'esercito dei Liberatores, guidati da Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino, ma dopo la battaglia di Filippi, nel 42 a.C., fu perdonato da Augusto. Questi, infatti, sentendosi in colpa per aver permesso che Cicerone fosse inserito nelle liste di proscrizione del secondo triumvirato decise di favorire la carriera del giovane Marco. Quest'ultimo divenne, dunque, augure, e fu poi nominato prima console nel 30 a.C. assieme allo stesso Augusto, e poi proconsole in Siria e nella provincia d'Asia.

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Cicerone politico

Busto di Cicerone

Per approfondire, vedi Pensiero politico di Cicerone.

Marco Tullio Cicerone

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(LA) (IT) Potestas in populo, auctoritas in senatu Il potere del popolo, l'autorit del senato (Marco Tullio Cicerone, De Legibus,3,12)

Come politico, Cicerone sempre stato bersaglio della critica di antichi e moderni. Le accuse mossegli vanno dall'incoerenza alla vanit, alla poca lungimiranza. Ma la sua conduzione oggettivamente pu essere giustificata se la si contestualizza nella politica del tempo, fatta in un mobile gioco di accordi e conflitti tra gruppi di potere e famiglie nobili, che sfruttavano le etichette di partito per mire personali. Cicerone era attaccato al governo repubblicano per tradizione e per ricordo, rammentando le grandi cose che esso aveva fatto e a cui egli, come molte altre persone, doveva le sue dignit, il suo grado sociale e il nome. Non poteva dunque pensare a rassegnarsi cos facilmente alla sua caduta, anche se la libert effettiva non esisteva pi a Roma, e non ne restava che l'ombra. Non bisogna biasimare coloro, come Cicerone, che vi s'attaccano e fanno sforzi disperati per non lasciarla perire, poich quest'ombra, questa apparenza li consola della libert perduta e infonde loro qualche speranza di riconquistarla. Questo era ci che pensavano i Romani che, come Cicerone, dopo matura riflessione, senza entusiasmo, senza passione, e senza speranza, andarono a raggiungere Pompeo; questo ci che Lucano fa dire a Catone in quei versi ammirevoli che esprimono i sentimenti di tutti coloro che, senza nascondere la triste condizione della Repubblica, si ostinarono a difenderla fino alla fine: Come un padre, che ha or ora perduto il figlio, prova una sorta di piacere a dirigere i riti funebri, accende con le sue mani il rogo, non lo lascia che a malincuore e il pi tardi possibile, cos, Roma, io non t'abbandoner prima di averti tenuta morta tra le mie braccia. Io seguir fino alla fine il tuo solo nome, o libert, anche quando non sarai pi che un'ombra vana.[77] Preoccupazione costante di Cicerone fu la difesa dello status quo e dei diritti della grande propriet latifondista, desideroso soprattutto di acquisire presso i notabili romani il credito necessario per entrare a far parte della classe dirigente. Egli si adoper quindi per la conservazione del potere e dei privilegi di cui godeva la classe degli optimates, secondo una formula che, in sostanza, significava sicurezza e tranquillit (otium) per tutti i possidenti, e che implicava che il potere (dignitas) rimanesse nelle mani di un'oligarchia. Il suo preteso desiderio che in questa lite si entrasse per "merito" e non per nascita, quand'anche non lo si voglia meramente intendere come un sottinteso riferimento alle sue vicende personali, rimase comunque un'astrazione teorica, un'utopia, pi che altro per l'assenza di una vera modifica nel tessuto politico e sociale della Roma del periodo.[78] Cicerone fu, inoltre, sostenitore dell'ideale politico della concordia ordinum (intesa tra il ceto equestre e senatorio divenuta poi concordia omnium bonorum, ovvero concordia di tutti i cittadini onesti), e la esalt, in particolare, nella quarta orazione contro Catilina: allora, per la prima volta nella storia repubblicana, i senatori, i cavalieri ed il popolo si trovarono d'accordo sulle decisioni da prendere, decisioni dalle quali dipendeva la salvezza dello stato. Cicerone auspicava che la concordia potesse durare per sempre, pur capendo che essa era nata, in quel particolare frangente, solo per la pressione emotiva: d'altronde, la concordia non faceva leva su un particolare progetto politico, ma solamente su motivi di carattere sentimentale ed economico.[79]

Marco Tullio Cicerone

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Cicerone filosofo
Per le opere, vedi l'apposita sezione

La filosofia prima di Cicerone


Cicerone fu il primo degli autori romani a comporre opere filosofiche in latino: ne andava, infatti, molto fiero, ma si scusava, allo stesso tempo, di aver dedicato alla filosofia cos tanto tempo. Alcuni, infatti, ritenevano che fosse disdicevole per un uomo romano dedicarsi alla filosofia, altri pensavano che comunque non bisognasse dedicarle pi di un certo tempo. Altri ancora, infine, erano convinti sostenitori della totale superiorit della filosofia greca, e consideravano per l'appunto solo le opere greche degne di essere lette.[80] Cicerone era per convinto che, se i Romani si fossero dedicati seriamente alla filosofia, avrebbero allora raggiunto le stesse vette dei Greci, che gi avevano eguagliato nella retorica. Ma il gusto per le speculazioni filosofiche era totalmente estraneo alla societ romana: il vir era, d'altronde, un uomo d'azione. I Romani conobbero la filosofia grazie al contatto con i Greci, ma consideravano inutile, se non addirittura deleteria, una vita spesa alla continua ricerca di un sapere che non portava nessuna gloria alla patria n alcuna ricchezza. Il Senato arriv, infatti, addirittura ad espellere dall'Urbe i filosofi ateniesi che vi erano giunti in visita nel 161 a.C., Carneade, Diogene e

Ritratto di Cicerone.

Critolao. La stessa nobilitas senatoriale non voleva, poi, che il popolo ed i giovani si interessassero alla filosofia (che avrebbe prodotto in loro un certo amore per l'otium, allontanandoli dalla vita reale), ma furono costretti ad ammettere che nessun uomo degno di tale nome poteva restare estraneo a questa scienza. I senatori decisero di richiamare a Roma i filosofi che avevano scacciato per prendere da loro delle vere e proprie lezioni di filosofia, vietando, comunque, loro di insegnare la filosofia pubblicamente. Persino Marco Porcio Catone, fiero oppositore della penetrazione della cultura greco-ellenistico a Roma,[81] studi la filosofia greca, come tutti gli esponenti dell'oligarchia senatoriale del tempo. A riscuotere un istantaneo successo a Roma fu lo stoicismo, ma presto ad esso si unirono le altre dottrine, i cui esponenti arrivarono "in massa" a Roma nel corso del I secolo a.C. In poco tempo, dunque, la situazione aveva subito un totale ribaltamento, e non esisteva pi uomo estraneo alla filosofia.

Formazione filosofica di Cicerone


Cicerone non si comport diversamente dai suoi contemporanei, ma, almeno in giovent, studi la filosofia convinto che si trattasse esclusivamente di un valido supporto per la retorica: inizi a comporre opere filosofiche, infatti, soltanto in tarda et, quando solo la composizione, appunto, poteva essere l'impiego del suo tempo libero. Nella filosofia Cicerone cerc e seppe trovare la consolazione di cui aveva bisogno, il rimedio somministratogli dall'antica saggezza. Da giovane, Cicerone studi d'impulso l'epicureismo, dottrina che aveva avuto numerosi discepoli anche a Roma, tra cui Amafinio, Cazio e Lucrezio. In principio, Cicerone fu, infatti, allievo di filosofi epicurei, quali Fedro e Zenone. Pi tardi, sotto l'influsso di altri maestri, abbracci, almeno in parte, lo stoicismo, ma non ne fu mai un convinto sostenitore: come altri al suo tempo, elabor una personale fusione tra le due filosofie, in modo eclettico. Mostr, tuttavia, forti preferenze per la dottrina accademica insegnatagli da Filone: la teoria del probabilismo e del verosimile

Marco Tullio Cicerone si adattavano perfettamente ad una personalit quale quella di Cicerone, a cui si addiceva perfettamente anche l'elevazione morale dello stoicismo. Questa particolare mescolanza fra pi filosofie fu la vera filosofia di Cicerone.

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Opere
Per approfondire, vedi Storia della letteratura latina (78 - 31 a.C.).

Scritti filosofici
Le opere filosofiche di Cicerone costituiscono un'importante fonte su teorie filosofiche ellenistiche poco documentate direttamente. In particolare gli Academica sono una testimonianza essenziale sullo scetticismo della media Accademia. In molti casi Cicerone traduce per la prima volta in latino termini filosofici greci. Ad esempio i termini probabile e probabilit, usati con leggere varianti in tutte le lingue occidentali per indicare concetti filosofici e scientifici, traggono il loro significato attuale dalla scelta di Cicerone di tradurre con il latino probabilis il termine (pithans), nel senso in cui esso usato da Carneade.[82] Panoramica alfabetica di tutte le opere filosofiche Academica priora (prima stesura dei libri sulla dottrina della conoscenza dell'accademia platonica). Catulus (Dialogo), la prima parte dell'Academica priora, perduto. Lucullus (Dialogo), la seconda parte dell'Academica priora, conservato. Academici libri oppure Academica posteriora (versione tarda del trattato sulla dottrina della conoscenza dell'accademia platonica, in quattro libri).

Frontespizio di una stampa del De officiis; Christopher Froschouer, 1560.

Cato Maior seu de senectute ("Catone il censore, sull'anzianit"). Cicerone immagina Catone il Censore all'et di 84 anni ed esprime la sua nostalgia del buon tempo antico, quando a Roma l'uomo politico eminente poteva mantenere prestigio e autorevolezza fino alla pi tarda et. De Divinatione ("Sulle profezie"): Quest'opera, probabilmente la pi originale tra tutte quelle composte da Cicerone, mette in luce un'opinione molto esplicita sulla fiducia che bisogna riporre nell'arte aruspicina. Sebbene discuta anche delle opinioni stoiche al riguardo, si nota che Cicerone tratta gli argomenti con la dimestichezza di chi ha potuto osservare da vicino il funzionamento della religione romana (nelle vesti di augure), e pu trarne un lucido giudizio, che non pu non essere negativo. Da quest'opera e dal terzo libro del De natura deorum i primi cristiani attinsero argomenti per combattere il politeismo. De finibus bonorum et malorum ("Sui confini del bene e del male"). un dialogo in cinque libri che si pone il problema di cosa sia il sommo bene, tenendo in considerazione le due filosofie antiche stoica ed epicurea che, rispettivamente, lo classificavano come virt e piacere. De Fato ("Sul Fato"), giuntoci non integralmente. Viene argomentata la dottrina provvidenzialistica degli stoici.

Marco Tullio Cicerone De natura deorum ("Sull'essenza degli dei"): Il De natura deorum fu scritto nel 44 a.C., subito prima della morte di Cesare, ed inviato a Bruto. Cicerone orchestra una conversazione tra un epicureo, Velleio, uno stoico, Balbo, ed un accademico, Cotta, che espongono e discutono le opinioni dei vecchi filosofi sugli dei e sulla Provvidenza. L'ateismo dissimulato di Epicuro viene confutato da Cotta, che sembra rappresentare lo stesso Cicerone. Cotta prende, poi, la parola, per confutare anche il pensiero stoico riguardo alla Provvidenza. Se Cicerone respingeva con certezza il parere degli epicurei al riguardo, non possiamo, invece, sapere con altrettanta certezza cosa pensasse della religiosit dello stoicismo: le parole di Cotta, pervenuteci, tra l'altro, solo in parte, non contengono nessuna riflessione dello stesso Cicerone. Si per ipotizzato che Cicerone abbracciasse almeno in parte il probabilismo accademico, sebbene suoi ammiratori fossero invece convinti che si fosse allontanato del tutto dallo scetticismo. Comunque, importante il poter constatare l'estrema discrezione dell'atteggiamento di Cicerone: egli persuaso che il culto nell'esistenza degli dei e nella loro azione sul mondo debba esercitare una profonda influenza sulla vita, e che , dunque, di un'importanza fondamentale per il governo di uno stato. Esso deve, perci, essere mantenuto vivo nel popolo. Sono il politico e l'augure che parlano. Cicerone non trova gli argomenti degli stoici molto convincenti, e li confuta per mezzo di Cotta. Infine, si dice incline a credere che gli dei esistano e che governino il mondo: lo crede, perch un'opinione comune a tutti i popoli. Questo" accordo" universale equivale per lui ad una legge della natura (consensus omnium populorum lex naturae putanda est). In quanto alla pluralit degli dei, sebbene non si esprima categoricamente su questo punto, sembra che non ci creda, o per lo meno che, come gli stoici, consideri gli dei come nient'altro, per cos dire, che le emanazioni del Dio unico. Concepisce poi questo Dio unico come uno spirito libero e privo di qualsiasi elemento mortale, all'origine di tutto. Non risparmia, invece, i racconti mitici del politeismo greco-romano; schernisce e condanna le leggende comuni a tutti i popoli. Era soprattutto questa parte dell'opera, il terzo libro, ad affascinare i filosofi del XVIII secolo: non era difficile mettere in luce gli aspetti ridicoli della religione popolare, e si pu dire che anche al tempo di Cicerone ci era diventato un luogo comune filosofico. Gli uni, respingendo con disprezzo queste favole, che giudicavano grossolane, respingevano anche ogni credenza; gli altri adottavano la dottrina stoica. A Cicerone, invece, l'esistenza degli dei appariva come necessaria: tutti i popoli credevano, e di conseguenza credeva anche lui. Pressappoco nello stesso modo, Cicerone analizza, poi, il tema dell'immortalit dell'anima, prendendo in prestito molte delle opinioni espresse a questo proposito da Platone. De officiis ("Sui doveri"): Il De officis, che - pare - fu scritto dopo la morte di Cesare, nel 44 a.C., l'ultima opera filosofica di Cicerone, che la dedic al figlio Marco, che si trovava ad Atene. L'opera, ispirata ad un lavoro dello stoico Panezio, divisa in tre libri: il primo tratta di ci che onesto, il secondo di ci che utile, ed il terzo traccia una comparazione tra utile ed onesto. Nell'opera, Cicerone non fornisce profonde spiegazioni con rigore scientifico, ma enuncia una serie di ottimi precetti, indispensabili per fare di un uomo un buon cittadino romano, ligio ai suoi doveri e dunque in grado di vivere nell'ottica della virtus. Laelius seu de amicitia ("Lelio" o "sull'amicizia"). Paradoxa Stoicorum (Teoremi di spiegazione dei paradossi etici della scuola degli stoici): Si tratta di esercitazioni di casistica oratoria, spesso giudicate di basso livello dalla critica. Tusculanae disputationes ("Conversazioni a Tusculum"): Le Tusculanae disputationes furono composte nel 45 a.C., sotto la dittatura di Cesare, quando Catone Uticense era gi stato costretto al suicidio e la repubblica aveva, in fin dei conti, cessato di esistere. Il dittatore si era dimostrato clemente, ma aveva dato a intendere agli intellettuali che non avrebbe accettato una loro "insubordinazione": a Cicerone, che aveva scritto un libro in memoria di Catone, Cesare aveva risposto con l'Anticato ("Anticatone"), in cui criticava l'illustre morto, mostrando quale sarebbe stato il suo atteggiamento verso gli oppositori. Per Cicerone la situazione era davvero complicata: sua figlia Tullia era appena morta, e la vita politica aveva perso ogni senso. L'oratore decise dunque di ritirarsi nella villa di Tusculum, particolarmente amata da Tullia, dove si dedic allo studio della filosofia. Gli argomenti delle disputationes rispecchiano dunque il suo stato d'animo: cos' la morte? Cos' il dolore? C' un modo per alleviare le afflizioni dell'animo? Cosa sono le passioni? Come si deve confrontare il saggio nei confronti di questi elementi turbatori della propria imperturbabilit? Infine: cos' la virt? Basta a rendere felice

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Marco Tullio Cicerone una vita? Tra le ultime riflessioni ve n' anche una a proposito del suicidio, inteso come mezzo per eludere la morte. Cicerone tratta questi temi con il suo solito stile eloquente, ma vi si intravede un forte senso d'impotenza: evidente che il suo pensiero sempre rivolto, nonostante tutto, a Roma ed alla politica. De re publica ("Sulla repubblica"), sul modello della Repubblica di Platone: Si rimanda alla voce specifica. De legibus ("Sulle leggi"): Il De legibus fu composto probabilmente nel 52 a.C., dopo che Cicerone era stato nominato augure. Si tratta di uno scritto che pu considerarsi complementare del De re publica, del quale ricalca pregi e difetti: non un lavoro puramente filosofico, n un semplice trattato di giurisprudenza, ma piuttosto un compromesso tra le due scienze. Nel primo libro, ispirato all'omonima opera di Platone e al trattato Sulle leggi di Crisippo, Cicerone dimostra con una grande elevazione di pensiero e di stile l'esistenza di una legge universale, eterna, immutabile, conforme alla ragione divina, che si confonde con lei. Proprio la ragione divina, infatti, costituisce il diritto naturale, che esisteva prima di tutti gli ordinamenti. Dopo quest'avvio, Cicerone passa all'analisi delle leggi in rapporto alle varie forme di governo, cos come far, molto tempo dopo, Montesquieu. Non avendo a disposizione altra repubblica all'infuori di quella romana, Cicerone non immagina leggi diverse da quelle romane: esse sono le leggi perfette. Terminata l'analisi, Cicerone si limita, nel secondo libro, ad enunciare le poche che possono essere considerate imperfette, soprattutto tra quelle che regolano il culto. L'attenta analisi delle consuetudini religiose appare, alla luce della data di pubblicazione, come un'attenta manovra di propaganda, con la quale Cicerone appare ai suoi concittadini come uomo ben degno della carica sacerdotale che gli stata affidata. Nel terzo libro, di cui sono andati perduti alcuni passi, Cicerone analizza la natura e l'organizzazione del potere, il carattere delle diverse funzioni dello stato e l'antagonismo salutare che deve esistere tra le forze che lo costituiscono. Queste domande, di interesse generale cos vivo poich toccavano direttamente il problema della libert politica, avevano un'importanza considerevole per i contemporanei di Cicerone. Quale doveva essere la parte dell'aristocrazia o del senato, e quale quella del popolo nel governo della repubblica? Non era lontano il tempo in cui Cesare avrebbe dato la risposta definitiva a questo quesito, e tutti coloro che presagivano ci che sarebbe accaduto tentavano di rafforzare l'autorit della nobilitas e del senato. Nell'opera, il fratello di Cicerone, Quinto, fortemente contrario al tribunato della plebe, carica che ritiene potenzialmente troppo pericolosa: Cicerone, pur discostandosi dalle opinioni del fratello, riconosce il pericolo che il tribunato della plebe costituisce per il mantenimento della calma e della pace. Possediamo solamente i primi tre libri del De legibus: ce n'erano probabilmente sei. Il quarto era dedicato all'esame del diritto politico, il quinto al diritto criminale, il sesto al diritto civile. Si trattava di opere particolarmente preziose, perch Cicerone non ha mai trattato altrove gli stessi argomenti. Non dimentichiamo che i trattati De re publica e De legibus furono scritti in un'epoca durante la quale la costituzione romana era ancora in piedi, prima della guerra civile e la fine dell'antica libert. Questa circostanza spiega il carattere dei due lavori: sono al tempo stesso libri teorici e pratici, ed anche tecnici. Dopo l'avvento di Cesare, l'elemento speculativo dominer nella filosofia di Cicerone, che infatti fuggir la vita pubblica per ritirarsi nella contemplazione.

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Marco Tullio Cicerone

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Orazioni

Cicerone mentre pronuncia un'orazione in Senato.

(LA) In principiis dicendi tota mente atque artubus contremisco. (Marco Tullio Cicerone)

(IT) All'inizio di un discorso mi tremano le gambe, le braccia e la mente.

Cicerone certamente il pi celebre oratore dell'antica Roma. Nel Brutus egli ritiene completato con se stesso (non senza un certo fine autocelebrativo) lo sviluppo dell'arte oratoria latina, e gi da Quintiliano la fama di Cicerone quale modello classico dell'oratore ormai incontrastata. Cicerone ha pubblicato da s la maggior parte dei suoi discorsi; 58 orazioni (alcune parzialmente lacunose) le abbiamo ricevute nella versione originale, circa 100 sono conosciute per il titolo o per alcuni frammenti. I testi si possono dividere grosso modo tra orazioni pronunciate di fronte al Senato o al popolo e tra le arringhe pronunciate in qualit di - utilizzando termini moderni - avvocato difensore o pubblica accusa, nonostante anche quest'ultimi abbiano spesso un forte substrato politico, come nel celeberrimo caso contro Gaio Verre, unica volta in cui Cicerone compare come accusatore in un processo penale. Il suo successo dovuto alla sua abilit argomentatoria e stilistica, che si sa adattare perfettamente all'oggetto dell'orazione e al pubblico,[83] soprattutto alla sua tattica astuta, che si adatta di volta in volta al particolare uditorio, appoggiando appropriatamente diverse scuole filosofiche o politiche, al fine di convincere il pubblico contrario e raggiungere il proprio scopo. Tecniche di memorizzazione Per memorizzare i suoi discorsi Cicerone utilizzava una tecnica associativa che venne chiamata tecnica dei loci o tecnica delle stanze. Egli scomponeva il discorso in parole chiave e parole concetto che gli permettessero di parlare dell'argomento desiderato e associava queste parole, nell'ordine desiderato, alle stanze di una casa o di un palazzo che conosceva bene, in modo creativo e insolito. Durante l'orazione egli immaginava di percorrere le stanze di quel palazzo o di quella casa, e questo faceva s che le parole concetto del suo discorso gli venissero in mente nella sequenza desiderata. da questo metodo di memorizzazione che derivano le locuzioni italiane "in primo luogo", "in secondo luogo" e cos via.

Marco Tullio Cicerone Panoramica alfabetica di tutte le orazioni De domo sua ad pontifices ("Sulla propria casa, al collegio pontificale", 57 a.C.): arringa pronunciata per uno scopo particolare: durante l'esilio di Cicerone il suo avversario Clodio aveva consacrato una parte della propriet di Cicerone sul Palatino alla dea Libertas; Cicerone dichiara questa consacrazione invalida per ottenerne la restituzione. da tale contesto che nasce la locuzione Cicero pro domo sua. De haruspicum responso ("Sul responso degli aruspici", 56 a.C.): Clodio redige un passo sulla profanazione di alcune reliquie durante una perizia degli aruspici sul terreno di Cicerone sul Palatino e chiede la demolizione di una casa di Cicerone ivi in costruzione. Contro questa ed altre accuse Cicerone si rivolge con un appello al Senato, nel quale spiega, che la maggior parte delle accuse di Clodio si basano su indagini dolosamente carenti. De imperio Cn. Pompei (De lege Manilia) ("Sul comando di Gneo Pompeo (sulla legge Manilia)", 66 a.C.), orazione di carattere politico pronunciata di fronte al popolo in occasione dell'attribuzione, effettuata su proposta del tribuno della plebe Gaio Manilio, a Gneo Pompeo di poteri speciali per la conduzione di una campagna militare contro il re del Ponto Mitridate VI. De lege agraria (Contra Rullum) IIII ("Sulla legge agraria (contro Rullo)", 63 a.C.): orazione pronunciata durante l'anno di consolato, tenuta in Senato (I) e davanti al popolo (II/III); un quarto dell'orazione stato perduto. De provinciis consularibus ("Sulle province consolari", 56 a.C.), orazione pronunciata in senato riguardo alle province consolari romane. De Sullae bonis ("Sui beni di Silla", 66 a.C.). Divinatio in Caecilium ("Dibattito contro Cecilio", 70 a.C.), dibattito riguardo l'assunzione del ruolo di accusatore nel processo contro Verre. Quinto Cecilio Nigro fu sotto Verre questore in Sicilia e present la propria candidatura nel ruolo di accusatore. Per Cicerone egli era infatti invischiato nelle macchinazioni di Verre. In L. Calpurnium Pisonem ("Contro Lucio Calpurnio Pisone", 55 a.C.), orazione d'accusa politica contro Lucio Calpurnio Pisone Cesonino. In Catilinam IIV ("Contro Catilina I-IV" ovvero "Le Catilinarie", 63 a.C.), orazioni contro Lucio Sergio Catilina: i discorsi del 7 e dell'8 novembre 63 a.C. pronunciati di fronte al Senato (I) e al popolo (II); i discorsi della scoperta e della condanna dei seguaci di Catilina, del 3 dicembre di fronte al popolo (III) e del 5 dicembre di fronte al Senato (IV) In P. Vatinium ("Contro Publio Vatinio", 56 a.C.), orazione accusatoria contro P.Vatinio riguardo l'interrogatorio nel processo contro P.Sestio. In Verrem actio prima ("Prima accusa contro Verre", 70 a.C.), orazione accusatoria nel processo contro Verre, accusato di concussione (crimen pecuniarum repetundarum) In Verrem actio secunda IV ("Seconda accusa contro Verre IV", 70 a.C.), questi cinque discorsi non sono mai stati pronunciati a causa dell'esilio volontario di Verre, ma vennero comunque pubblicati in forma scritta. Oratio cum populo gratias egit ("Ringraziamento al popolo", 57 a.C.), ringraziamento a tutti coloro che hanno appoggiato il ritorno di Cicerone dall'esilio, e gli hanno permesso il rientro nella vita politica. Oratio cum senatui gratias egit ("Ringraziamento al senato", 57 a.C.), ringraziamento a tutti coloro che in Senato hanno appoggiato il ritorno di Cicerone dall'esilio, e gli hanno permesso il rientro nella vita politica. Philippicae orationes I XIV ("Le filippiche", 44 a.C./43 a.C.), orazioni contro Marco Antonio. Pro Aemilio Scauro ("In difesa di Emilio Scauro", 54 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro T. Annio Milone ("In difesa di Tito Annio Milone", 52 a.C.), orazione difensiva, originariamente diversa dalla versione pubblicata, non sort il proprio effetto in quanto la curia era assediata dai fedeli della fazione clodiana. Dopo l'esilio di Milone subir profonde modifiche per essere pubblicata quale ci pervenuta: la pi bella orazione di Cicerone. Contiene tra l'altro la celebre citazione "Inter arma enim silent leges" Pro Archia ("In difesa di Archia", 62 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore del poeta antiochiano Aulo Licinio Archia.

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Marco Tullio Cicerone Pro A. Caecina ("In difesa di Aulo Cecina", 69 a.C./ca. 71 a.C.), orazione tenuta per il querelante in un processo civile per un'azione di rivendicazione. Il fondamento giuridico l'interdetto de vi armata (rimedio del possessore contro lo spossessamento violento). Sostenitore della parte avversa Gaio Calpurnio Pisone; entrambe le parti fanno ricorso manifestamente all'autorevolezza del giurista Gaio Aquilio Gallo. Pro M. Caelio ("In difesa di M. Celio", 56 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro A. Cluentio Habito ("In difesa di Aulo Cluenzio Abito", 66 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro G. Cornelio ("In difesa di Gaio Cornelio", 65 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro L. Cornelio Balbo ("In difesa di Lucio Cornelio Balbo", 56 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro P. Cornelio Sulla ("In difesa di Publio Cornelio Silla", 62 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro M. Fonteio ("In difesa di Marco Fonteio", 69 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro Q. Ligario ("In difesa di Quinto Ligario" 46 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore di Quinto Ligario, indirizzata a Cesare in quanto dittatore. Pro M. Marcello ("In difesa di Marco Marcello", 46 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore di Marco Marcello, indirizzata a Cesare in quanto dittatore. Pro muliere Arretina ("In difesa di una donna di Arezzo", 80 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro Murena ("A favore di Murena", 63 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore in un processo di corruzione elettorale. Pro Cn. Plancio ("In difesa di Gneo Plancio", 54 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro P. Quinctio ("In difesa di Publio Quinto", 81 a.C.), il pi antico discorso giuridico tradizionale di Cicerone a favore del querelante in un processo civile. Oggetto del contendere la legittimit dell'azione di sequestro preventivo eseguita dal convenuto Sesto Nevio contro il cliente di Cicerone Publio Quinto. Difensore della parte avversa Quinto Ortensio Ortalo, giudice Gaio Aquilio Gallo. Pro C. Rabirio perduellionis reo ("In difesa di Gaio Rabirio, colpevole di alto tradimento", 63 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro Rabirio Postumo ("In difesa di Rabirio Postumo"), 54 a.C./53 a.C. oppure 53 a.C./52 a.C.), orazione difensiva pronunciata nella fase pregiudiziale del processo contro Aulo Gabinio a causa di concussione nelle province. Verte attorno alla presenza di "bustarelle" in connessione con la reintegrazione al trono d'Egitto di Tolomeo XII Aulete. Pro rege Deiotaro ("In difesa del re Deiotaro", 45 a.C.), orazione in difesa del Re Deiotaro, rivolta a Cesare Pro Sex. Roscio Amerino ("In difesa di Sesto Roscio da Amelia", 80 a.C.), orazione di difesa, la prima arringa di Cicerone in un processo per omicidio. Sesto Roscio era accusato di parricidio. Durante la guerra civile un parente si era impossessato del patrimonio del padre di Roscio e ora cercava di assicurarsi il maltolto, il quale apparteneva ai legittimi eredi del deceduto. Cicerone ottenne l'assoluzione. Pro Q. Roscio Comoedo ("In difesa dell'attore Quinto Roscio", circa 77 a.C. o 66 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro P. Sestio ("In difesa di Publio Sestio", 56 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro Titinia ("In difesa di Titinia", 79 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro M. Tullio ("In difesa di Marco Tullio", 72 a.C./71 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore. Pro L. Valerio Flacco ("In difesa di Lucio Valerio Flacco", 59 a.C.), orazione pronunciata nel ruolo di difensore.

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Miniatura quattrocentesca del De oratore.

Scritti di retorica
Per approfondire, vedi Retorica latina.

Cos come per Cicerone difficile distinguere tra vita ed opere, cos in particolare differenziare tra scritti filosofici e retorici s pratico e chiaro, ma tuttavia non rappresenta pienamente la concezione e l'opinione di Cicerone. Gi nella sua prima opera conservata (De inventione I 1-5) chiarisce che la sapienza, l'eloquenza e l'arte del governare hanno sviluppato un legame naturale, che indubbiamente ha contribuito allo sviluppo della cultura degli uomini e che dev'essere ristabilito. Egli ha in mente quest'unit come modello ideale sia negli scritti teoretici sia anche nella sua propria vita activa al servizio della Repubblica - o almeno cos che egli ha voluto idealizzare e vedere la propria realt. Perci non affatto sorprendente se Cicerone ha sviluppato i suoi scritti filosofici con i mezzi della retorica e strutturato le sue teorie della retorica su principi filosofici. La separazione tra sapienza ed eloquenza Cicerone l'addossa alla "rottura tra linguaggio e intelletto" compiuta dalla filosofia socratica (De oratore III 61) e tenta attraverso i suoi scritti di "risanare" questa frattura; e quindi per una migliore attuazione la filosofia e la retorica secondo lui devono essere dipendenti l'una dall'altra (v. p.e. De oratore III 54-143); Cicerone stesso dichiara che "io sono diventato un oratore [...] non nelle scuole dei retori ma nei saloni dell'Accademia": con ci allude alla sua formazione sulle dottrine della Nuova Accademia di Carneade e Filone di Larissa, suo maestro. Panoramica alfabetica delle opere sulla retorica pervenuteci Brutus: il libro dedicato a Marco Giunio Bruto venne scritto all'inizio del 46 a.C. e tratta nella forma di un dialogo tra Cicerone, Bruto ed Attico la storia dell'arte retorica romana fino a Cicerone stesso. Dopo un'introduzione (1-9) Cicerone inizia un confronto con la retorica greca (25-31) e sottolinea che l'arte oratoria poich la pi complessa di tutte le arti solo tardi giunse alla perfezione. Mentre ritiene gli antichi oratori romani appena mediocri, parla di Catone come base della propria esperienza; Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio Oratore, entrambi protagonisti del De oratore, sono dettagliatamente confrontati (139 e ss.). Dopo un'escursione sull'importanza del giudizio del

Marco Tullio Cicerone pubblico (183-200) e una riflessione sull'oratore Ortensio (201-283), Cicerone respinge fermamente il modello dell'Atticismo (284-300). L'opera culmina in confronto tra l'arte oratoria di Ortensio e di Cicerone stesso, non senza una grossa dose di autocelebrazione (301-328), egli infatti presenta se stesso come il punto d'arrivo di un processo di sviluppo dell'arte oratoria. Punto principale dell'opera la critica alla diffusione dello stile neoattico, a cui anche il giovane Bruto appartiene, difendendo il suo stile, assai pi ricco e magniloquente, dalla critica di essere un esempio dello stile asiano. De inventione: ("Sul ritrovamento"): sviluppato tra l'85 a.C. e l'80 a.C. questo il primo di due libri di una descrizione globale della retorica, mai completata. Cicerone rinunci a completarla, per dedicarsi ad una pi accattivante rappresentazione nel De oratore, e tuttavia l'opera serv, nonostante il carattere frammentario, come testo d'insegnamento fino al Medioevo. La parte completata tratta nel primo libro dei concetti principali della retorica (I 5-9), la dottrina dell'insegnamento della retorica in riferimento ad Ermagora di Temno (I 10-19) nonch il ruolo dell'oratore (I 19-109); il secondo libro tratta delle tecniche d'argomentazione, soprattutto nelle arringhe giuridiche (II 11-154) nonch brevemente sulle orazioni di fronte al popolo (II 157-176) e in occasione di celebrazioni (II 177-178). Le dichiarazioni di Cicerone per quanto riguarda il contenuto dell'opera presentano molte somiglianze con l'opera "La Retorica" di Erennio, ma per lungo tempo erratamente ritenuta sua, cosa che ha portato a numerose discussioni tra gli studiosi riguardo al rapporto tra le due opere. Entrambi gli scritti sono comunque all'incirca dello stesso periodo e si basano direttamente o indirettamente sulla medesima o su affini fonti greche. Inoltre c' un'incredibile somiglianza letterale in alcuni periodi, cosa che suggerisce probabilmente anche una comune fonte latina, forse originaria da un comune insegnante o dottrinario che ha mediato il preponderante contenuto di origine greca. De optimo genere oratorum ("Sulla miglior arte dell'oratoria"): questa breve opera, scritta probabilmente nel 46 a.C. o, secondo altri pareri, gi nel 50 a.C., un'introduzione alla traduzione delle orazioni di Demostene ed Eschine, per e contro Ctesifonte. L'introduzione verte soprattutto sugli atticisti romani, all'incirca con le stesse argomentazioni dell'Orator. La traduzione comunque non ci pervenuta, e non chiaro se Cicerone l'abbia mai effettivamente completata. L'autenticit dell'opera stata pi volte messa in discussione, ma oggi per lo pi accettata. De oratore (Sull'oratore): la pi importante opera sulla retorica di Cicerone non dev'essere confusa con l'opera quasi omonima Orator. un'opera composta nel 55 a.C. in forma di dialogo, cos come per il Brutus. I protagonisti stavolta sono Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio, esempi, secondo Cicerone, dei pi grandi oratori della generazione precedente. Nel I libro Crasso (portavoce di Cicerone) ad esporre la tesi principale dell'opera ossia che il buon oratore deve avere un'approfondita conoscenza dell'argomento di cui vuole trattare, osteggiando la concezione di alcuni retori greci che ritenevano sufficiente una formazione basta su regole, tecnicismi ed esercizi per affrontare qualsiasi discorso. Il II libro tratta invece delle "parti" in cui si suddivide la retorica, cio l'inventio, la dispositio e la memoria; nel III libro si parla dello stile, cio l'elocutio, e dell'actio, cio il modo in cui l'oratore deve comportarsi durante l'orazione. Il de oratore considerata l'opera di Cicerone scritta con pi cura formale ed per questo motivo che sempre stata utilizzata e studiata come modello primo dello stile ciceroniano. Orator ("L'oratore"): Venne scritta nell'estate del 46 a.C. ed anche questa un'opera dedicata a Marco Giunio Bruto che descrive un modello ideale del perfetto oratore, riprendendo molti dei temi gi trattati nel De oratore. Contrariamente alla disputa di quel tempo tra gli atticisti, che - come Bruto - pretendono dall'oratore uno stile sobrio e preciso, e gli asiani, che prediligono uno stile molto ricercato e magniloquente, Cicerone ritiene che il perfetto oratore, come Demostene, deve dominare tutti gli stili e saper passare da uno all'altro con naturalezza. Per questo motivo bisogna dedicarsi soprattutto alla formazione filosofica: solo cos potr svolgere i tre compiti dell'oratore: probare, delectare, flectere (dimostrare, divertire, convincere), i quali vengono ben ordinati e descritti (76-99). Cicerone parla anche qui brevemente dell'inventio (44-49), della dispositio (50) ma tratta soprattutto dell'elocutio (51-236), soffermandosi sulle figure retoriche e sulla costruzione ritmica del periodo.

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Marco Tullio Cicerone Partitiones oratoriae ("Partizione dell'arte oratoria"): Quest'opera venne scritta nel 54 a.C., quando il figlio di Cicerone, Marco, stava studiando la retorica, ed ideata come una sorta di 'Catechismo', trattando la teoria della retorica, soprattutto con divisioni schematiche, nella forma di domanda e risposta tra padre e figlio. L'originalit di Cicerone in quest'opera spicca molto meno, a causa dello stile molto semplice e delle poche novit introdotte. Topica (44 a.C.): Scritti nel corso del viaggio in Grecia, su sollecitazione dell'amico Trebazio, trattano della dottrina dell'inventatio divulgata da Aristotele, ovvero l'arte di saper trovare gli argomenti. In questa produzione retorica vengono considerati i luoghi (topoi) come ottimo spunto per ogni genere di argomento ed utilizzabili per qualunque disciplina (poesia, politica, retorica, filosofia, ecc.)

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Opere perdute
Tra le opere tardive di Cicerone si possono annoverare scritti consolatori, contributi alla storiografia, poesie (alcune anche sul suo periodo di consolato) e traduzioni. Queste opere sono per la maggior parte perdute. Delle poesie ci rimangono comunque svariate citazioni anche in altri lavori dello stesso Cicerone. Questi frammenti dimostrano l'influenza di uno dei pi importanti poeti latini, Catullo e di altri neoterici. Tra le traduzioni sono rimasti vasti frammenti del lavoro compiuto sul Timeo di Platone, che Cicerone presumibilmente non ha mai pubblicato, preparando semplicemente abbozzi di traduzione. Inoltre possediamo la maggior parte dei frammenti di una libera traduzione, citata come Aratea, dei Fenomeni celesti del poeta ellenistico Arato di Soli, uno dei pi influenti autori della sua epoca. Panoramica alfabetica delle opere poetiche ed epico-storiche di Cicerone Alcyones: epillio composto da Cicerone dopo il 92 a.C. nel quale veniva cantato il mito di Alcione e del marito Ceice. Dato che questi si paragonavano a Giove e Giunone per la loro ricchezza, sfarzosit e potenza, gli dei fecero fare loro naufragio durante un tragitto in mare. Dato che Ceice mor nella tempesta, Alcione si lasci annegare per il dolore, cos Giove tramut entrambi i defunti in uccelli alcioni. De consulatu suo: poemetto autobiografico composto da Cicerone tra il 60 a.C. e il 55 a.C. in cui si parla dell'ascesa al consolato dell'autore e della sua vittoria nel processo contro Lucio Sergio Catilina. De temporibus suis: altra opera autobiografica perduta scritta nel 54 a.C. in cui Cicerone celebrava i suoi interventi migliori durante il consolato. Epigrammi: componimenti satirici scritti da Cicerone circa quando aveva vent'anni. Stando alle testimonianze dello scrittore Quintiliano, l'opera era di genere comico e ironico e trattava di vari argomenti fantastici e reali. Limon: opera in esametri di Cicerone in cui venivano trattati argomenti letterali e sociali. Infatti una testimonianza di Svetonio riporta un giudizio severo dell'autore riguardo un'opera del commediografo Terenzio. Marius: poema epico-storico in cui Cicerone parla delle imprese del console Gaio Mario. L'opera importante per il passaggio dell'autore dal genere alessandrino a quello storico mescolato alla poesia, cio epico. Nilus: opera quasi sconosciuta. Si pensa che Cicerone l'abbia scritta per lodare le qualit del fiume Nilo dell'Egitto. Pontius Glaucus: componimento in stile alessandrino di Cicerone. Scritto circa nel 93 a.C., l'opera trattava del mito di Glauco il quale dopo aver mangiato un'erba afrodisiaca dai poteri magici, si trasform in un animale marino.

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Epistolario
Le epistole di Cicerone furono riscoperte tra il 1345 e il 1389 da Petrarca e dal cancelliere e umanista Coluccio Salutati. Complessivamente furono ritrovate circa 864 lettere, delle quali una novantina furono scritte da corrispondenti, e ci inizialmente provoc un grande entusiasmo, temperato successivamente dal fatto che l'immagine che traspariva di Cicerone non era quella dello strenuo eroe difensore della Repubblica, come si era sempre dipinto nelle sue opere e nelle sue orazioni, ma una versione molto pi umana, con le sue debolezze e i suoi aspetti meno retorici, ma certamente affascinanti nella loro genuinit. Le epistole furono raccolte e archiviate dal segretario di Cicerone, Tirone, fra il 48 e il 43 a.C. Si dividono in 4 categorie: Epistole agli amici (Epistulae ad familiares) (16 libri) Epistole al fratello Quinto (Epistulae ad Quintum fratrem) (3 libri) Epistole a Marco Giunio Bruto ( Epistulae ad M. Brutum [84]) (2 libri) Epistole ad Attico (Epistulae ad Atticum) (16 libri)
Edizione delle Epistole agli amici, Venezia 1547

Memoria
Il nome di Cicerone diventato un'antonomasia per indicare la guida che accompagna i turisti nella visita a monumenti e luoghi illustrando loro ci che stanno visitando.[85] Parimenti con il nome Cicerone vengono identificate le marche, di diverso valore (e colore), ma tutte riportanti l'effige del busto di Marco Tullio Cicerone, da apporre agli atti giudiziari, il cui ricavato alimenta il Fondo di previdenza degli avvocati. Negli Stati Uniti d'America vi sono ben quattro citt cui stato dato il nome "Cicero" in onore di Marco Tullio Cicerone. Inoltre l'espressione latina Cicero pro domo sua viene utilizzata per descrivere chi parla sostenendo il proprio tornaconto, ma che maschera pi o meno bene il fine del suo discorso come perorazione per altra causa. Essa deriva da un'orazione tenuta da Marco Tullio nel 57 a.C. per ottenere la restituzione della propria casa, requisitagli durante l'esilio. Giovanni I di Brandeburgo principe elettore del Brandeburgo nel XV secolo, venne ricordato, dopo la sua morte, con l'appellativo di Cicerone, a causa della sua eloquenza.

Note
[1] Plutarco, Cicerone, 40,2 [2] Plutarco, Cicerone,2,1 [3] Dionigi Antonelli, Abbazie, prepositure e priorati benedettini nella diocesi di Sora nel Medioevo, Pontificia Universit Lateranense, Roma, 1986, pp.212-213 [4] Plutarco, Cicerone, 1,1 [5] Plutarco, Cicerone 1,3-5 [6] Plutarco, Cicerone, 2,2 [7] Plutarco, Cicerone, 3,2 [8] Plutarco, Cicerone, 2,3 [9] Plutarco, Cicerone 4,5 [10] Cicerone, Lettere ad Attico [11] Plutarco, Cicerone, 3,5 [12] Plutarco, Cicerone, 3,6 [13] Plutarco, Cicerone, 4,1-2 [14] Plutarco, Cicerone, 5,1 [15] Plutarco, Cicerone, 6,1

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[16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27] [28] [29] [30] [31] [32] [33] [34] [35] [36] [37] Plutarco, Cicerone, 7,3 Plutarco, Cicerone, 7,4 Plutarco, Cicerone, 7,5-7 Plutarco, Cicerone, 7,8 Plutarco, Cicerone, 8,2 Plutarco, Cicerone, 9,1 Plutarco, Cicerone, 9,4-7 Plutarco, Cicerone, 10,1 Plutarco, Cicerone, 11,2 Plutarco, Cicerone, 12,2 Sallustio, De Catilinae coniuratione, 5 Plutarco, Cicerone, 10,3-4 Plutarco, Cicerone, 16,2 Sallustio, De Catilinae coniuratione, 29,2 Plutarco, Cicerone, 15,5 Sallustio, De Catilinae coniuratione, 28,1-3 Sallustio, De Catilinae coniuratione, 31,6 Plutarco, Cicerone, 16,4-5 Sallustio, De Catilinae coniuratione, 32,1 Plutarco, Cicerone, 16,6 Plutarco, Cicerone, 28,2-29,1 Plutarco, Cicerone, 30,5

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[38] Plutarco, Cicerone, 32,1 [39] Plutarco, Cicerone, 33,1 [40] Plutarco, Cicerone, 33,7 [41] Plutarco, Cicerone, 35,1 [42] Plutarco, Cicerone, 36,1 [43] Plutarco, Cicerone, 38,1 [44] Plutarco, Cicerone, 39,4-5 [45] Svetonio, Vite dei Cesari, Gaio Giulio Cesare, 9. [46] Cicerone, Seconda Filippica [47] http:/ / www. thelatinlibrary. com/ cicero/ fam6. shtml#15 [48] Frank Frost Abbott, Commentary on Selected Letters of Cicero (http:/ / www. perseus. tufts. edu/ cgi-bin/ ptext?doc=Perseus:text:1999. 04. 0076& query=head=#143). [49] Appiano, Guerra civile. ii, 120 - ii, 122 (http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ E/ Roman/ Texts/ Appian/ Civil_Wars/ 2*. html). [50] Plutarco, Cicerone, 42,3 [51] Plutarco, Cicerone, 42,5 [52] Plutarco, Cicerone, 43,1 [53] Plutarco, Cicerone, 43,8 [54] Svetonio, Vite dei Cesari, Augusto 83,2 [55] Plutarco, Cicerone, 44,3-7 [56] Plutarco, Cicerone, 44,1-2 [57] Plutarco, Cicerone, 45,4 [58] Plutarco, Cicerone, 45,5-6 [59] Plutarco, Cicerone, 46,2 [60] Plutarco, Cicerone, 46,3-6 [61] Plutarco, Cicerone, 48,2 [62] Plutarco, Cicerone, 48,5 [63] Plutarco, Cicerone, 48,6 [64] Plutarco, Cicerone, 49,1-2 [65] Lucio Anneo Seneca il vecchio, Suasoriae, trascrizione di un frammento di Tito Livio, Ab Urbe condita libri, 120 [66] Plutarco, Cicerone, 49,6 [67] Plutarco, Cicerone, 49,5 [68] Cicerone, Lettere ai familiari [69] Plutarco, Cicerone, 41,2 [70] Plutarco, Cicerone, 41,3 [71] Cicerone, Lettere ad Attico,12,18b,2 [72] Plutarco, Cicerone, 41,4 [73] Plutarco, Cicerone, 41,5

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[74] Plutarco, Cicerone, 41,7 [75] Plutarco, Cicerone, 41,8 [76] Cicerone, Lettere ad Attico, 12,14 [77] Lucano, Pharsalia, II,300 [78] Risari, E. Lo scontro politico: i "populares", in Cicerone, Le Catilinarie, Mondadori [79] E. Risari, L'ideale politico: la "concordia ordinum", in: Cicerone, Le Catilinarie, Mondadori [80] L. Perelli, Il pensiero politico di Cicerone. Tra filosofia greca e ideologia aristocratica romana. [81] Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXIX,40 [82] Le notizie riguardanti le opere di Cicerone sono tratte dalle opere stesse [83] Cicerone, Orator [84] http:/ / books. google. it/ books?id=u6M6AAAAcAAJ& dq=marco+ bruto& printsec=frontcover& source=bl& ots=OHnio0VO7z& sig=hs7D3e-7sJILfrP1Udhloj8N5mE& hl=it& ei=dyx7StzKDpKHsAbX67D8Ag& sa=X& oi=book_result& ct=result& resnum=5#v=onepage& q=& f=false [85] Voce de: Il Vocabolario Treccani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. I, 1997

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Bibliografia
Fonti primarie
Per le opere dello stesso Cicerone si vedano le apposite sezioni Appiano, Le guerre civili Cassio Dione, Storia romana Plutarco, Vite Parallele, Cicerone. Sallustio, De Catilinae coniuratione Svetonio, Vite dei Cesari, Augusto. Svetonio, Vite dei Cesari, Gaio Giulio Cesare.

Fonti secondarie
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Voci correlate
Personaggi
Familiari Marco Tullio Cicerone il Vecchio Quinto Tullio Cicerone Contemporanei Gaio Giulio Cesare Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto Gaio Sallustio Crispo Gneo Pompeo Magno Lucio Sergio Catilina Marco Antonio Marco Emilio Lepido Marco Licinio Crasso Marco Porcio Catone Uticense Gaio Licinio Verre Lucio Cornelio Silla

Opere
Orationes in Catilinam De re publica De legibus Philippicae orationes De Officiis De Divinatione Laelius de amicitia Academica

De finibus Cato Maior de senectute

Marco Tullio Cicerone Tusculanae disputationes ( testo (http://books.google.it/books?id=N4wWAAAAYAAJ&pg=PA3& dq=cicerone&lr=&as_brr=1&client=firefox-a#v=onepage&q=cicerone&f=false)) De natura deorum

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Argomenti
Oratoria Storiografia latina Storia della letteratura latina Roma antica Lingua Latina

Luoghi
Arpino Sicilia Roma Gaeta Formia

Grecia

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Collegamenti esterni
Tulliana - Cicerone e il pensiero romano (http://tulliana.eu/home.php?LANG=I&PAG=H): Sito ufficiale della Societ Internazionale degli Amici di Cicerone (EN) The Latin Library: Tutte le opere di Cicerone (http://www.thelatinlibrary.com/cic.html) (EN) Opere di Cicerone (http://www.intratext.com/Catalogo/Autori/AUT76.HTM): testi con concordanze e liste di frequenza Filosofia (EN) "Cicero" (http://www.iep.utm.edu/cicero/) articolo di Edward Clayton nella Internet Encyclopedia of Philosophy (EN) Logica e Retorica nelle Opere Filosofiche di Cicerone (http://www.ontology.co/cicero-philosophy.htm) (EN) Bibliografia delle Opere Filosofiche di Cicerone (http://www.ontology.co/biblio/ cicero-philosophy-biblio.htm)
Predecessore Fasti consulares Successore

Lucio Giulio Cesare Gaio Marcio Figulo

63 a.C. con Gaio Antonio Ibrida

Decimo Giunio Silano Lucio Licinio Murena

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