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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA TESI DI LAUREA IN STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE LA CATEGORIA TOTALITARISMO NELLA PROSPETTIVA DEL PENSIERO DI HANNAH ARENDT Relatore: Ch.mo prof. GIANFRANCO BORRELLI ANNO ACCADEMICO 1997-98 Candidata: FILOMENA CASTALDO matr.: 04/9096 CAPI TOLO PRI MO GENEALOGIA E TOPOLOGIA DI UN CONCETTO ATTRAVERSO LE INTERPRETAZIONI STORICO-FILOSOFICHE DAGLI ANNI 30 AGLI ANNI 50 Possiamo prendere tutti i termini, tutte le espressioni del nostro vocabolario politico, e aprirli; al loro interno troveremo il vuoto. (S. Weil) 3 1. I l concetto totalitarismo A cosa rinvia la semantica totalitarismo? 1 E una categoria politica nuova, tutta novecente- sca? Va considerata per la sua validit euristica oppu- re no? E qual il quid novi che la caratterizza come forma politica che si storicamente concretizzata e che Hannah Arendt profeticamente aveva individuato nei soli regimi di Hitler in Germania e di Stalin in Russia? Un punto dobbiamo tener ben fermo: il totalitari- smo non autoritarismo. 2 1 In termini generali si veda: M. Stoppino, Totalitarismo, in N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Dizionario di politica, Torino, UTET, 1983; V. Dini, Totalitarismo e filosofia, un concetto tra descrizione e com- prensione, in Filosofia politica, a. XI, n. 1, aprile 1997; M. Tarchi, Il totalitarismo nel dibattito politologico, in Filosofia politica, a. XI, cit., pp. 63-79. 2 Sul piano lessicale, prima ancora che concettuale, si registra, in parti- colar modo nei testi di alcuni esponenti del mondo intellettuale tedesco degli anni 30, una certa confusione ed un uso spesso interscambiabile dei termini autoritario e totale, pur avendo come obiettivo polemico comune la forma-Stato moderna. Cos fa notare C. Galli: Si pu fin ______________________________ 4 In generale, si considerano autoritari tutti quei regimi non democratici, caratterizzati dallassenza del parlamento e delle elezioni popolari, o da una loro at- tivit apparente, nonch dallindiscusso predominio del vertice dellesecutivo. E assente la libert dei sottosi- stemi, sia formale che effettiva: lopposizione politica soppressa o imbavagliata; il pluralismo dei partiti dora affermare che totalit vale sempre per corpo sociale integral- mente politicizzato e integralmente conflittuale, e, in parallelo, per estensione integrale della politica; insomma, per la sua onnipervasivi- t. E che autorit termine a minore capacit denotativa e di uso pi generico, cos da valere per sovranit, potere, governo; ma che in generale assume pi spesso valenze di stabilizzazione politica. E cos possibile rigorizzare, senza violentarne lo spirito, le diverse posizioni e sostenere che la locuzione Stato totale pare pi orientata a descrivere - al di l del valore che i singoli autori ne danno -una situazione che ten- denzialmente supera o sfonda, o comunque confonde portandole allestre- mo, le logiche e gli assetti politico-istituzionali dello Stato moderno; mentre lespressione Stato autoritario - differenziato da una forma po- litica obsoleta come il tradizionale Obrigkeitsstaat- si pu intendere una strategia di rivitalizzazione, pur nelle mutate condizioni, del comando dello Stato sulla societ, in una ritrovata distinzione e gerarchizzazione dei due ambiti in una rinnovata articolazione per cerchie del corpo sociale. C. Galli, Strategie della totalit, in Filosofia politica, cit., pp. 27-61. ______________________________ 5 vietato o ridotto a simulacro; lautonomia degli altri gruppi tollerata o distrutta, secondo linteresse del capo o delllite al governo. E chiaro che, in questo senso molto generale, il concetto di autoritarismo pu ricomprendere legitti- mamente quello di totalitarismo, svuotandolo, per, facendo del secondo un indicatore di intensit di certi tratti del contesto autoritario, privando, cio, il con- cetto di totalitarismo di una specificit che pure va ri- conosciuta. Il sociologo politico Juan J. Linz, nel suo Totali- tarian and Authoritarian Regimes, 3 definisce i regimi autoritari come sistemi politici con un pluralismo li- mitato e non responsabile; senza una ideologia elabo- rata e propulsiva (ma con delle caratteristiche menta- lit); senza una mobilitazione politica intensa o vasta (eccetto che in taluni momenti del loro sviluppo); in 3 J. J. Linz, Totalitarian and Authoritarian Regimes, Greenstein e Pol- sby (a cura di), Handbook of Political Science, Addison-Wesley, Rea- ding (Mass.), 1975. ______________________________ 6 cui un capo (talora un piccolo gruppo) esercita il pote- re entro limiti che sono formalmente mal definiti ma di fatto agevolmente prevedibili. Il totalitarismo speculare ed opposto. Lo stesso Linz, precisando i limiti e i confini tra totalitarismo-democrazia e totalitarismo-autoritari- smo, presenta una teoria secondo cui gli elementi in- dispensabili per definire totalitario un sistema politi- co sono: 1) lideologia, fonte di legittimazione del potere e della prassi; 2) un partito unico di massa, stru- mento di pressione sulla popolazione; 3) una leader- ship, sia individuale che di una lite di dirigenti che operano senza limiti legali definiti. Riconosce, invece, come autoritari i regimi post- totalitari, rappresentati dai sistemi comunisti dopo il processo di destalinizzazione, risultato combinato da un pluralismo limitato e in conflitto, da una par- ziale depoliticizzazione delle masse, da un ruolo at- tenuato del partito unico e della ideologia, da unac- centuata burocratizzazione; ed un totalitarismo im- 7 perfetto, che di solito una fase transitoria di un si- stema politico il cui sviluppo verso il totalitarismo viene arrestato per poi trasformarsi in qualche altro regime autoritario. Con Roman Schnur, 4 possiamo aggiungere che un elemento fondamentale della distinzione tra autoritari- smo e totalitarismo che se il primo tende a proporre una visione del potere sovrano come qualcosa di este- riore, utilizzabile cio per ottenere unobbedienza este- riore, senza che con ci venga mai toccata la loro inte- riorit, la coscienza, il secondo mira a piegare e di- struggere linteriorit non solo perch non ci sia oppo- sizione, quanto per creare un uomo nuovo, una realt nuova secondo un preciso scopo ideologico, secondo la volont di chi detiene il potere. Il regime totalitario nella sua fase iniziale deve comportarsi come una tirannide e radere al suolo i limiti posti dalle leggi umane. Ma esso non lascia 4 R. Schnur, Individualismo e assolutismo, Milano, Giuffr, 1979. ______________________________ 8 dietro di s lillegalit arbitraria e non infierisce per imporre la volont tirannica o il potere dispotico di un individuo su tutti gli altri e, men che meno, lanar- chia di una guerra di tutti contro tutti. Sostituisce ai limiti e ai canali di comunicazione fra i singoli un vincolo di ferro, che li tiene cos stret- tamente uniti da far sparire la loro pluralit in un uni- co uomo di dimensioni gigantesche. Abolire i confini delle leggi fra gli individui, come fa la tirannide, significa annullare le libert umane, distruggere la libert come realt politica vi- vente; perch lo spazio fra gli individui, com cir- coscritto dalle leggi, lo spazio vivo della libert. Il terrore totale usa questo vecchio strumento del- la tirannide, ma distrugge allo stesso tempo quel de- serto, senza leggi e senza barriere, dominato dalla reciproca diffidenza, che propriamente della tiran- nide. Questo deserto non era, certo, uno spazio vivo di libert, ma lasciava ancora un po di posto ai movi- 9 menti timorosi e alle caute azioni dei suoi abitanti. 5 Se, cio, sotto un governo autoritario e tirannico, ci sono margini perch si crei unopposizione, perch le persone dissenzienti possano in qualche modo opera- re ed agire, con il totalitarismo siamo al grado zero della comunicazione e delle differenze, al conformi- smo come alienazione dalla politica e dal mondo, al dominio che permea le coscienze in modo totale. La Arendt utilizza limmagine della cipolla per foca- lizzare il concetto di totalitarismo: al centro quasi in uno spazio vuoto, si trova il capo. Quale che sia la funzione di questi (integrare il corpo sociale, come una gerarchia au- toritaria, o opprimere i sudditi, come un tiranno), egli la compie dallinterno non dallesterno o dallalto. Tutte le innumerevoli parti del movimento: le organizzazioni col- laterali extra-partitiche, le varie associazioni professiona- li, gli iscritti al partito, la burocrazia del partito, le forma- 5 H. Arendt, The Origins of Totalitarianism, Harcourt, Brace &World, Inc., III ed. New York, 1966; trad. it. Le origini del totalitarismo, a cura di A. Guadagnin, Milano, Edizioni di Comunit, 1996. ______________________________ 10 zioni di lite e i gruppi di polizia sono reciprocamente in una relazione tale da costituire, a seconda del punto di vista, la superficie o il centro della cipolla: cio, rispetto a uno strato costituiscono il normale mondo esterno, men- tre rispetto ad un altro rappresentano il radicalismo pi estremista. Il grande vantaggio del sistema di fornire a ciascuno strato del movimento, nonostante il regime tota- litario, la finzione di una realt normale, insieme, la con- vinzione di differenziarsene e di essere pi radicale (...). La struttura a cipolla rende il sistema organizzativamente inattaccabile dallurto della realt effettiva. 6 Tendenzialmente - tale la proposta di B. R. Bar- ber 7 - nel definire il totalitarismo si fa riferimento a due approcci, luno essenzialista, che, generalmente legato a spiegazioni monocausali, procede attraver- 6 H. Arendt, What is Authority?, in Between Past and Future, London, Faber & Faber, 1961; trad. it. Che cos lautorit? in Tra passato e futuro, Milano, Garzanti, 1991. 7 B. R. Barber, Conceptual Foundations of Totalitarianism, in C. J. Frie- derich, M. Curtis, B. R. Barber, Totalitarianism im Perspective: Three Views, New York, Praeger, 1969. ______________________________ 11 so ricostruzioni impressionistiche piuttosto che per riscontri empirici, e tende a sottolineare propriet astratte e non misurabili, come gli scopi ultimi e i connotati ideologici, dei regimi che sono considera- ti totalitari; 8 laltro fenomenologico, che analizza quegli stessi regimi in una prospettiva multifatto- riale empirica, cercando di isolarne gli attributi obiet- tivi, le caratteristiche formali e al limite misurabili, con la dichiarata intenzione di tracciare un modello di totalitarismo e gettare le basi di una teoria che possa spiegarne la genesi e gli sviluppi, stabilendo nel contempo precise frontiere del campo di appli- cazione della parola. 9 Decisive sono le puntualizzazioni di L. Schapiro, 10 che insiste sul carattere analitico-descrit- tivo del termine in oggetto in relazione a regimi del 8 M. Tarchi, Il totalitarismo nel dibattito politologico, in Filosofia po- litica, cit., p. 67. 9 Ibidem. 10 L. Schapiro, Totalitarianism, Pall Mall, Londra, 1972. ______________________________ 12 nostro tempo che sarebbero altrimenti analizzati con categorie anacronistiche e non esaustive. Gi nel 1956 Carl J. Friederich e Zbigniew K. Brzezinski avevano colto la nuova portata politica del totalitarismo, fenomeno storicamente unico e sui ge- neris, riconoscendo questi caratteri: 1) esistenza di una ideologia ufficiale, riguardante tutti gli aspetti della esistenza e dellattivit delluomo; 2) partito unico di massa guidato da un dittatore e strutturato gerarchica- mente in modo da garantire capillarmente ladesione allideologia e alla volont del capo; 3) sistema terro- ristico poliziesco che controlla i nemici reali e poten- ziali, nonch il partito stesso; 4) monopolio tenden- zialmente assoluto dei media; 5) monopolio tenden- zialmente assoluto degli armamenti sulla base della tecnologia moderna; 6) direzione centralizzata del- leconomia. Definendo i regimi fascisti e comunisti fonda- mentalmente simili, applicando letichetta di dittatu- re totalitarie anche alle democrazie popolari dellEu- 13 ropa orientale e alla Cina maoista, gli autori di Totali- tarian Dictatorship and Autocracy 11 hanno descritto il totalitarismo come sindrome totalitaria, cio come un insieme di caratteri interrelati che tipizza taluni si- stemi politici. Di tale modello, tuttavia, sono stati sot- tolineati spesso i punti deboli: essenzialmente si tratta di un modello statico, di natura monolitica, che non d grande spazio al mutamento e alla dinamica interna del sistema. Ribadendo che un concetto analitico rimane pa- trimonio conoscitivo anche se la realt da esso richia- mata non pi presente, 12 Domenico Fisichella ac- coglie le tesi di Hannah Arendt in Le origini del tota- litarismo e assegna al concetto di totalitarismo, pur- ch corroborato in chiave di analisi delle condizio- 11 C. J. Friederich e Z. K. Brezinski, Totalitarian Dictatorschip and Autocracy, Harvard University Press, 1956. Tale testo, in merito, con- siderato, parimenti a quello della Arendt, un classico di teoria politica. 12 D. Fisichella, Totalitarismo. Un regime del nostro tempo, Roma, NIS, 1987, p. 20. ______________________________ 14 ni, oltre che un ufficio di interpretazione storica, an- che la portata di una categoria predittiva. Egli non considera il totalitarismo in modo mo- nolitico, pur se lispirazione monistica; ne riconosce la vocazione e la carica antipluralista. Il regime totalitario, dunque, non un sistema pluripartitico, rappresentativo-competitivo, pluralistico in senso liberale; 13 connotato dallassenza di strut- ture e controlli parlamentari, dalla presenza di un par- tito unico, dal rifiuto del pluralismo a pro dellunitari- smo e dellonnicomprensivit. 14 Unattenzione particolare assegnata allideolo- gia di chi detiene il potere, al terrore come principio politico, al disordine istituzionalizzato, il quale , per cos dire, il nucleo genetico e il perno della sua dina- micit. In questa considerazione idealtipica, lanalisi fe- 13 Ibidem, p. 22. 14 Ibidem, p. 15. ______________________________ 15 nomenologico-descrittiva si arricchisce di contenuti empirici che non sono destinati comunque a genera- lizzazioni ed appiattimenti. Nel lessico storiografico, invece, le cose non sono considerate in modo sufficientemente chiaro: non infrequente che gli storici replichino contro la univo- cit del concetto e quel metodo di reductio ad unum tipico delle scienze politologiche. Ne Il Secolo breve, Eric J. Hobsbawn scrive con una certa imprecisione: Fino al 1945 il termine tota- litarismo, originariamente inventato per descrivere il fascismo italiano (e usato con questa funzione dai fa- scisti stessi), fu applicato soltanto ai regimi fascisti o filofascisti. 15 E pi semplice la ricezione nellassunto politico piuttosto che la problematizzazione del concetto sotto il profilo storico. Pensiamo a quanto scrivono Frano- 15 E. J. Hobsbawn, Age of Extremes. The Short Twentieth Century 1914- 1991, 1994; trad. it. Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1995. ______________________________ 16 is Furet, 16 Renzo De Felice, 17 Emilio Gentile 18 ed Enzo Collotti, 19 autori che ne marcano, comunque, la margi- nalit. Totalitarismo, nelle migliori delle ipotesi, con- siderato un concetto polisemico, che si connota secon- do il contesto di applicazione, un parametro, cio, con cui misurare la realt storica senza peraltro estinguer- la in esso. Lobiezione fondamentale degli storici non solo lestensione del concetto a diverse espe- rienze storiche dallantichit ad oggi, ma, soprattut- to, di aver accentuato le analogie piuttosto che le dif- ferenze di ideologia e di base sociale dei due eventi a cui sottendono lesperienza nazionalsocialista e lesperienza comunista. Differenze sostanziali ci sono, eccome!, con effetti rilevanti sulla stessa prassi totalitaria, 16 F. Furet, Le pass dune illusion, Paris, Editions Robert Laffont, 1995; trad. it. Il passato di un illusione, Milano, Mondadori, 1995. 17 R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Roma - Bari, Laterza, 1991. 18 E. Gentile, La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma, NIS, 1995. 19 E. Collotti, Fascismo, fascismi, Firenze, Sansoni, 1989. ______________________________ 17 ma si potrebbe dire che queste obiezioni non sono perti- nenti a delegittimare luso del concetto di totalitarismo per- ch, pur se con contenuti diversi, si possono costruire prassi di dominio politico sostanzialmente analoghe, come ac- caduto, appunto, per la Germania hitleriana e per la Rus- sia staliniana, pi precisamente dopo il 1930. E dobbli- go, tuttavia, che gli storici di professione comincino a mi- surarsi in sede critica con le esperienze storiche che sot- tendono alla nozione totalitarismo, al fine di evitare con- fusioni e pregiudizi che possano inficiare il modello inter- pretativo, in modo particolare oggi, in tempo di revisioni- smo storico, e promuovere ricerche comparate sui paesi definiti totalitari. 20 20 Di questo avviso ci sembrano G. Ruocco e L. Scuccimarra, Totalitari- smo e ricerca storica, in Storica, a. II, n. 6/1996; B. Bongiovanni, Revisionismo e totalitarismo, in Teoria politica, a. XIII, n. 1/1997. Di recente si tenuto un convegno internazionale organizzato dalla citt di Siena su Lesperienza totalitaria nel XX secolo, Certosa di Pontigna- no, 28 settembre - 1 ottobre 1997, i cui atti sono apparsi in forma meno elaborata in Aa. Vv., Nazismo, fascismo, comunismo. Totalitarismi a confronto, a cura di M. Flores, Milano, Edizioni Bruno Mondadori, 1998. ______________________________ 18 2. Genealogia del termine totalitarismo 1. Area italiana Il termine totalitarismo viene per la prima volta ado- perato in forma aggettivata e in un significato del tutto negativo dallitaliano Giovanni Amendola in un suo arti- colo del 22 maggio 1923, a proposito della manomissione generale da parte dei fascisti delle elezioni amministrati- ve: il partito dominante aveva presentato la lista di mag- gioranza e di minoranza, evitando con la forza e linsinua- zione la formazione di una lista di opposizione ed ogni fisiologica dialettica politica. Amendola chiama questo modo di procedere si- stema totalitario, cio promessa del dominio asso- luto e dello spadroneggiamento completo ed incon- trollato nel campo della vita politica ed amministra- tiva. 21 21 G. Amendola, Maggioranza e minoranza, in Il Mondo, 12 maggio 1923 e in Id., La democrazia italiana contro il fascismo 1922-1924, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960. ______________________________ 19 La parola totalitario, sottolinea il Petersen, 22
usata qui in senso quasi tecnico, indicando un nuovo sistema elettorale in sostituzione di quello maggio- ritario e minoritario, anche se lopposizione aventi- niana mal riusciva a definire la sostituzione del si- stema parlamentare pluralistico con una dittatura unipartitica. Nellarticolo del 28 giugno 1923 Amen- dola applica questa sua interpretazione al dibattito sulla legge Acerbo: egli attaccava il tentativo fasci- sta di fare di Cavour lispiratore divino della rifor- ma elettorale fascista e del sistema totalitario, si opponeva allimmagine di un Cavour plasmatore elettorale di un gregge di ascari totalitari. 23 La distruzione del sistema pluralistico e dello sta- to di diritto veniva sentito pi profondamente in quei settori della societ italiana dove andava maturando, 22 J. Petersen, La nascita del concetto di Stato totalitario in Italia, in Annali dell Istituto storico italo-germanico in Trento, I, 1975, pp. 143-168. 23 G. Amendola, Cavour e Pansoja, in Il Mondo, 28 giugno 1923 e in Id., La democrazia italiana contro il fascismo 1922-1924, cit. ______________________________ 20 talora con enfasi apocalittiche, lidea di essere di fron- te a una trasformazione politica e istituzionale di tipo dittatoriale e totalitaria. Pensiamo allopposizione anti- fascista liberale, democratica, socialista e cattolica. Pensiamo a Salvatorelli, a Ferrero, a Gobetti, a Turati, a Lelio Basso. Ad Amendola come a Sturzo, gi alla fine del 1923, la caratteristica propria del moto fascista appar- ve lo spirito totalitario, il quale non consente allav- venire di avere albe che non saranno salutate col gesto romano, come non consente al presente di nutrire ani- me che non siano piegate alla confessione: credo. Questa singolare guerra di religione che da oltre un anno imperversa in Italia non vi offre una fede (...) ma in compenso vi nega il diritto di avere una coscienza - la vostra e non laltrui- e vi preclude con una plumbea ipoteca lavvenire. 24 24 G. Amendola, Un anno dopo, in Il Mondo, 22 novembre 1923; anche in Id., La democrazia italiana contro il fascismo 1922-1924, cit. ______________________________ 21 Nel gennaio del 1924, Monti scrisse ne La Rivo- luzione Liberale che il fascismo si accingeva a fare dopo le elezioni totalitarie nei comuni e nelle provin- ce, lelezione totalitaria per la Camera dei deputati. Sturzo descrisse la nuova concezione fascista di stato- partito tendente alla trasformazione totalitaria di ogni e qualsiasi forza morale, culturale, politica, religiosa. Occupandosi delle elezioni parlamentari nella prima- vera del 1924, Gobetti parl dei piani governativi che puntavano sul gioco totalitario della demagogia fascista. Egli riteneva che Mussolini non sarebbe mai potuto diventare un tiranno, i suoi restavano sogni totalitari. Anche il Giordani, sulle pagine del Popolo, nel maggio del 1924, scrisse della anima totalitaria del fascismo e dei suoi quadri delloccupazione totalita- ria. Tra il giugno e il dicembre del 1924 sembra che il termine totalitario sparisca dal vocabolario dellop- posizione, come se la questione morale dovesse esse- 22 re combattuta non gi sul piano del nascente novus ordo statale quanto su quello etico. Tenta di sostantivare laggettivo Lelio Basso, in un intervento pubblicato su La Rivoluzione liberale del 2 gennaio 1925, accusando il primo ministro di voler im- porre legemonia di un solo partito che si fa interprete dellunanime volere, del totalitarismo indistinto. 25 Nel discorso del 15 giugno 1925, alla chiusura del primo e ultimo congresso dellUnione Nazionale, Amendola stigmatizza il fascismo per la sua feroce intransigenza, la sua ansiosa volont totalitaria. E Mussolini, nel suo discorso del 22 giugno 1925, ri- prende la citazione letterale del discorso amendoliano parlando della nostra feroce volont totalitaria e di fascistizzare la nazione al cento per cento. Questo certamente un punto dincrocio, il mo- mento in cui il concetto totalitario come espressione 25 Prometeo Filodemo (L. Basso), Lantistato, in La Rivoluzione libe- rale, 2 gennaio 1925, ora in Le riviste di Pietro Gobetti, a cura di L. Basso e L. Anderlini, Milano, Feltrinelli, 1961. ______________________________ 23 della tenace volont di opposizione liberaldemocrati- ca antifascista viene usurpato dal fascismo stesso per una nuova valenza affatto positiva: Totalitario espri- me (...) uno spirito fiero e la determinazione di una totale trasformazione della societ, in parte attraverso una sorta di monismo religioso e in parte attraverso la sana ordalia della violenza- molto nello spirito dello squadrismo. 26 Mussolini sottolinea la nuova centra- lit dello Stato nel contesto della vita sociale, elabo- rando la formula tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. 27 Dichiara Forges Davanzati in un suo discorso al- lIstituto di cultura a Firenze del 28 febbraio 1926: Se gli avversari ci dicono che siamo totalitari, che siamo domenicani, che siamo intransigenti, che siamo tirannici, non vi spaventate di questi aggettivi. 26 A. Gleason, Totalitarianism. The Inner History of the Cold War, NewYork- Oxford, Oxford University Press, 1995. 27 B. Mussolini, Discorso del 28 ottobre 1925, in Id., Opera Omnia, a cura di E. e D. Susmel, Firenze, La Fenice, 1967, XXI, p. 425. ______________________________ 24 Prendeteli con onore ed orgoglio... S, siamo tota- litari! Vogliamo essere tali, dal mattino alla sera,... vogliamo essere domenicani..., vogliamo essere tiran- nici!. 28 Nella voce Fascismo della Enciclopedia Ita- liana, attribuita a Benito Mussolini e in parte anche a Giovanni Gentile, il filosofo che ha offerto il suo ma- gistero come sostrato ideologico di tale movimento, laggettivo totalitario cos formalizzato: Antiindi- vidualistica, la concezione fascista per lo stato; ed per lindividuo in quanto esso coincide con lo stato, coscienza e volont universale delluomo nella sua esistenza storica (...). E se la libert deve essere lattri- buto delluomo reale, e non di quellastratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fasci- smo per la libert. E per la sola libert che possa essere una cosa seria, la libert dello stato e dellindi- viduo nello stato. Giacch per il fascista, tutto nello 28 R. Forges Davanzati, Fascismo e cultura, Firenze 1926, p. 39 e ss. ______________________________ 25 stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello stato. In tal senso il fascismo totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unit di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo. 29 E, dunque, forte la connotazione statalista del termine totalitario nel seno del regime fascista. Gi in un corso di lezioni di filosofia del diritto svolto allUniversit di Pisa, Gentile aveva contrapposto alla so- cietas inter homines una societas in interiore homine. Quando la sua dottrina dello stato sar elevata a dottrina quasi ufficiale del regime fascista, nel primo Discorso di religione, fa la sua apparizione lo stato in interiore homi- ne, contrapposto allo stato esterno, esteriorizzato, del libe- ralismo individualistico. Lo stato, come oggi dovremmo cominciare a sa- per bene tutti, non inter homines, ma in interiore 29 Voce Fascismo, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell Enci- clopedia Italiana, 1932, XIV, p. 847. ______________________________ 26 homine. Non quello che vediamo sopra di noi; ma quello che realizziamo dentro di noi, con lopera no- stra, di tutti i giorni e di tutti gli istanti; non soltanto entrando in rapporto con gli altri, ma anche semplice- mente pensando, e creando col pensiero una realt, un movimento spirituale, che prima o poi influir sul- lesterno, modificandolo. 30 La stessa accezione positiva nella rivendicazione fatta pi tardi da Pio IX, in polemica concorrenza con il fascismo: Cos si dice un po dappertutto: tutto deve es- sere dello Stato, ed ecco lo Stato totalitario, come lo si chiama: nulla senza lo Stato, tutto allo Stato. Ma in ci vi una falsit cos evidente, che fa meraviglia che uomini, del resto seri e dotati di talento, lo dicano e lo insegnino alle folle. Infatti come lo Stato potrebbe essere veramente totalitario, dare tutto allindividuo e chiedergli tutto; come potrebbe dare tutto allindividuo per la sua perfezione in- teriore - perch si tratta di cristiani - per la santificazione e 30 G. Gentile, Discorsi di religione, Firenze, Sansoni, 1957, p. 25. ______________________________ 27 la glorificazione delle anime? Perci quante cose sfuggo- no alla possibilit dello Stato, nella vita presente e in vista della vita futura, eterna! E in questo caso ci sarebbe una grande usurpazione, perch se c un regime totalitario - totalitario di fatto e di diritto - il regime della Chiesa, perch luomo appartiene totalmente alla Chiesa, deve appartenerle, dato che luomo creatura del buon Dio, egli il prezzo della redenzione divina, il servitore di Dio, destinato a vivere quaggi, e con Dio in cielo. E il rappresentante delle idee, dei pensieri e dei diritti di Dio non che la Chiesa. Allora la Chiesa ha veramente il dirit- to e il dovere di reclamare la totalit del suo potere sugli individui: ogni uomo, tutto intero, appartiene alla Chiesa, perch tutto intero appartiene a Dio. Non c dubbio su questo punto, per chi non voglia negare tutto. 31 E la sindrome totalitaria. 31 Pio XI, Lunico regime totalitario di fatto e di diritto la Chiesa, discorso del 18 settembre 1938 riportato in E. Rossi, Il Sillabo e dopo, Roma, Editori Riuniti, 1964, pp. 87-88. Anche in D. Settembrini, La Chiesa nella politica italiana (1944-1963), Roma, Rizzoli, Milano 1977, p. 112. ______________________________ 28 Diversamente dallopposizione antifascista, Antonio Gramsci conduce una riflessione molto pi pregnante sul- la dimensione totalitaria della politica che mira ad otte- nere che i membri di un determinato partito trovino in questo solo partito tutte le soddisfazioni che prima trova- vano in una molteplicit di organizzazioni, cio a rompere tutti i fili che legano questi membri ad organismi culturali estranei e a distruggere tutte le altre organizzazioni o a incorporarle in un sistema di cui il partito sia il solo rego- latore. Ci avviene: 1) quando il partito dato portatore di una nuova cultura e si ha una fase progressiva; 2) quando il partito dato vuole impedire che unaltra forza, portatrice di una nuova cultura, diventi essa totalitaria; e si ha una fase regressiva e reazionaria, oggettivamente, anche se la reazione (come sempre avviene) non confessi se stessa e cerchi di sembrare essa portatrice di una nuova cultura. 32 Gramsci, in contrapposizione a Gentile, non ridu- 32 A. Gramsci, Quaderni dal carcere, Edizione critica dellIstituto Gram- sci, a cura di V. Gerretana, Torino, Einaudi, 1975, II, Quaderno 6 (VIII), par. 136, p. 800. ______________________________ 29 ce lo Stato alla funzione di dominio e di coercizio- ne, a mero momento della forza, a guardiano not- turno che impone, controlla e tutela lordine sociale, altrimenti Stato = societ politica + societ civile, cio egemonia corazzata di coercizione. 33 2. Area tedesca In Germania il sedimento concettuale di totalitari- smo nel dibattito politico sullo Stato totale, cio sulla nuova posizione assunta dallo Stato nei rapporti sociali. E una direttiva alquanto diversa da quella italiana che abbiamo preso come riferimento iniziale: manca, del resto in Germania, negli anni venti, un soggetto politico forte che punti ad una profonda trasformazione sociale secon- do una feroce volont di potenza. Stato totale o Stato totalitario sinonimo di Stato autoritario, possibile categoria con cui definire la cri- si della forma-Stato e il tracollo dei soggetti politici. 33 Ibidem. ______________________________ 30 Classico il riferimento al saggio di Ernst Jnger, del 1930, Die totale Mobilmachung, 34 dove sebbene si escluda ogni stabile collegamento con i regimi ditta- toriali gi in fase di consolidamento, si individua la caratteristica qualificante dello Stato novecentesco: imporre ai cittadini una mobilitazione totale come se fossero minuscoli ingranaggi di un meccanismo che funziona incessantemente; i paesi diventano gigante- sche officine metallurgiche e ciascuna singola vita si trasforma sempre pi chiaramente nella vita di un lavoratore, di un milite del lavoro completamente trasformato in ogni sua cellula in Stato, in servizio dello Stato. In questa metamorfosi antropologica, Jnger in- dividua la disponibilit alla mobilitazione come ca- ratteristica delluomo contemporaneo, la cui vita sin- 34 E. Jnger, Die totale Mobilmachung, in Smtliche Werke, VII, Essays I: Betrachtungen zur Zeit, Klett-Cotta, Stuttgart 1980, p. 121 e ss. Cfr. M. Ghelardi, Alcune osservazioni su Carl Schmitt ed Ernst Jnger, in Ernst Jnger, un convegno internazionale, a cura di P. Chiarini, Napoli, Shakespeare & Company, 1987. ______________________________ 31 gola compromessa non gi da una volont totalitaria quanto dallirrompere della tecnica. Essa realizzata molto meno di quanto essa stessa si realizzi, e in guer- ra e in pace lespressione della pretesa segreta e co- attiva a cui questa vita nellepoca delle masse e delle macchine ci assoggetta. Tali intuizioni verranno pri- vate di ogni alone metafisico da Carl Schmitt e ricom- prese nellanalisi politica sulla crisi dello Stato libera- le del XIX secolo. Lo Stato diviene, per Schmitt, lauto-organizza- zione della societ, di fatto non pi separabile da essa. Se la societ stessa si organizza in Stato, Stato e societ devono essere fondamentalmente identici, co- sicch tutti i problemi sociali ed economici diventano immediatamente problemi statali e non si pu pi di- stinguere fra ambiti statali-politici e sociali-non poli- tici. Tutte le contrapposizioni finora correnti, basate sul presupposto dello Stato neutrale, che appaiono in seguito alla distinzione di Stato e societ e sono sol- tanto casi di applicazione e delimitazioni di questa di- 32 stinzione, vengono ora a cessare (...). La societ dive- nuta Stato uno Stato delleconomia, della cultura, dellassistenza, della beneficenza, della previdenza; lo Stato divenuto autorganizzazione della societ, quin- di di fatto da essa non pi separabile, abbraccia tutto il sociale, cio tutto quanto concerne la convivenza uma- na. Non c pi nessun settore rispetto al quale lo Sta- to possa osservare unincondizionata neutralit nel senso del non-intervento (...). Nello Stato divenuto autorganizzazione della societ non c pi nulla che non sia almeno potenzialmente statale e politico. 35 Si passa cos dallo Stato neutrale del sec. XVIII ad uno Stato potenzialmente totale che ha assunto una tale estensione da produrre non solo una crescita 35 C. Schmitt, Il custode della costituzione, a cura di A. Caracciolo, Milano, Giuffr, 1981, p. 123. Anche Id., La dittatura. Dalle origini dellidea moderna di sovranit alla lotta di classe proletaria, Roma- Bari, Laterza, 1975. Sul pensiero di Schmitt, vedi N. Bobbio, Thomas Hobbes, Torino, Einaudi, 1989; C. Galli, Presentazione di C. Schmitt, Scritti su Thomas Hobbes, Milano, Giuffr, 1986; G. Duso (a cura di), La politica oltre lo Stato: Carl Schmitt, Venezia, Arsenale, 1981 ______________________________ 33 quantitativa ma anche un cambiamento qualitativo, un mutamento strutturale, e da influenzare non solo gli affari propriamente finanziari ed economici, ma tutti quanti i settori della vita pubblica . 36 E un riferimento polemico alla Repubblica di Weimar, considerata un coacervo conflittuale di for- mazioni partitiche incapaci di realizzare un autentica unit politica. In un saggio del 1933, Schmitt scrive che lo Stato totale realizzato in Germania uno Stato che si intro- mette indifferentemente in tutti gli ambiti, in tutte le sfere dellesistenza umana, che non riconosce pi al- cuna sfera libera dallo Stato perch in generale non pu distinguere pi nulla. Esso totale in un senso puramente quantitativo, nel senso del mero volume, non dellintensit e dellenergia politica (...). Il suo volume cresciuto in modo mostruoso. Esso intervie- ne in tutti i possibili affari e in tutti i campi dellesi- 36 Ibidem, p. 125. ______________________________ 34 stenza umana, non solo nelleconomia (...) bens an- che nelle questioni culturali e sociali, che una volta si consideravano volentieri faccende puramente priva- te (...). Questa naturalmente una totalit solo nel senso del mero volume e il contrario della potenza o della forza. Lodierno stato tedesco totale a partire dalla debolezza e dallincapacit di resistenza, dalla incapacit di opporsi allassalto dei partiti e degli in- teressi organizzati. Esso deve dare a ognuno, accon- tentare ognuno, sovvenzionare ognuno ed essere nel- lo stesso momento a favore dei pi diversi interessi. Come si detto, la sua espansione la conseguenza non della sua forma ma della sua debolezza. 37 Le riflessioni schmittiane vengono sviluppate, con Hitler al potere, da teorici di regime come Rosenberg, Goebbels, Forsthoff e, ovviamente, dallo stesso Hitler 37 C. Schmitt, Weiterentwicklungen des totalen Staat in Deutschland, in Europische Revue, IX, 1933, 2, ripubblicato in Id., Positionen und Begriffe im Kampf mit Weimar-Genf-Versailles 1923-1939, Hanseati- sche Verlagsanstalt, Hamburg-Wandsbek 1940. ______________________________ 35 nei suoi discorsi del 1933, in cui sottolinea che la ter- za fase della rivoluzione deve essere la creazione del- lo Stato nella sua totalit secondo la concezione del movimento nazionalsocialista: lo Stato come deposi- tario dei suoi valori spirituali. In un articolo pubblicato sul numero del 1 gennaio 1934 del Vlkischer Beobachter, scrive Artur Rosen- berg: La rivoluzione del 30 gennaio 1933 non continua lo Stato assolutista sotto un nuovo nome, ma pone lo Stato in un nuovo rapporto col popolo (...) diverso da quello che era prevalso nel 1918 o nel 1871. Ci che ha avuto luogo nel 1933 (...) non linstaurazione della totalit dello Sta- to bens della totalit del movimento nazionalsocialista. Lo Stato non pi unentit giustapposta al popolo e al movimento, non pi concepito come un apparato mec- canico e uno strumento di dominio; lo Stato lo strumen- to della concezione nazionalsocialista della vita. 38 In effetti la categoria totale/totalitario viene am- 38 A. Rosemberg, Totaler Staat?, in Vkischer Beobachter, 1 gen- naio 1934. ______________________________ 36 pliata ai nuovi soggetti dellideologia nazionalsociali- sta, il movimento e il popolo, in una variante diversa da quella fascista, perch nella dualit liberale Stato- societ si inserisce una terzo elemento, il partito, che se permane nella concezione dello Stato a tre membra tedesco, in quello fascista tende ad essere interamente assorbito nello Stato unitario e totalitario. Sul versante anti-nazista, Marcuse tra i primi teorici marxisti a rendersi conto che il termine totalitr rimanda ad una nuova Weltanschauung politica che divenuta il bacino di raccolta di tutte quelle correnti che, dalla guerra mondiale in avanti, si sono rivolte contro la concezione liberistica dello stato e della societ 39 ed hanno accom- pagnato lascesa del nazionalsocialismo. 39 H. Marcuse, Der Kampf gegen den Liberalismus in der totalitaren Staatsauffassung, in Zeitschrift fr Sozialforschung, 1934, 3, poi ri- pubblicato in Id., Kultur und Gesellschaft, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1965; trad. it. La lotta contro il liberalismo nella concezione totalitaria dello Stato, a cura di C. Ascheri, H. Ascheri Osterlow e F. Cerutti, in H. Marcuse, Cultura e societ. Saggi di teoria critica 1933-1965, Torino, Einaudi, 1969. ______________________________ 37 Lo Stato totalitario ed autoritario ha lo stesso back- ground dello Stato liberale, anzi, ne il suo perfezio- namento, fornisce lorganizzazione e la teoria della societ che corrispondono allo Stadio monopolistico del capitalismo. 40 Non a caso Marcuse parla di una forma di totalit organica intesa non come somma dei suoi componen- ti, ma come unit unificatrice delle parti, in cui sol- tanto ogni parte si realizza e si compie. In modo in- quietante egli si pone linterrogativo se non sia stata la cultura intellettuale stessa a preparare la sua liquida- zione. Totalitaria si pu definire quella societ indu- striale che opera secondo le pressioni degli oligopoli, secondo meccanismi manipolativi che comportano la monodimensionalit. Il termine totalitario, infatti, non si applica soltanto ad una organizzazione politica ter- roristica della societ, ma anche ad una organizzazio- ne economico-tecnica, non terroristica, che opera me- 40 Ibidem, p. 19. ______________________________ 38 diante la manipolazione dei bisogni da parte di inte- ressi costituiti. Essa preclude per tal via lemergere di una opposizione efficace contro linsieme del siste- ma. Non soltanto una forma specifica di governo o di dominio partitico producono il totalitarismo, ma pure un sistema specifico di produzione e di distribuzione, sistema che pu essere benissimo compatibile con un pluralismo di partiti, di giornali, di poteri controbi- lanciantisi. 41 Per Franz Neumann, che, secondo Collotti, rifiu- ta lassunzione della societ nello Stato ed attento, piuttosto, alle modifiche del rapporto Stato-societ, con occhio particolare alla tecnica di manipolazione delle masse, sotto lapparenza totalitaria si celano ben quat- tro gruppi fondamentali, il partito, lesercito, la buro- crazia e lindustria. Nella Germania nazista, tali forme di potere, che in una normale democrazia si avvalgono di rapporti 41 H. Marcuse, Luomo ad una dimensione. Lideologia della societ industriale avanzata, Torino, Einaudi, 1968. ______________________________ 39 regolati da norme vincolanti universalmente, operano ciascuna in base al Fhrerprinzip, cio allobbedien- za assoluta alle decisioni del capo, secondo un potere legislativo, esecutivo e giudiziario autonomo e secon- do quei compromessi raggiunti dalle quattro dirigen- ze, la cui unificazione non istituzionalizzata, quindi, ma personalizzata. Non c Stato, n in unaccezione ristretta, n in quella dualit riconosciuta da Ernst Fraenkel, 42 secon- do cui esiste uno stato in cui si contrappongono lo Sta- to normativo e lo Stato discrezionale , basato que- stultimo su prerogative individuali e irrazionali. Direi che siamo di fronte a una forma di societ in cui i gruppi dominanti controllano il resto della po- polazione in modo diretto, senza la mediazione di quel- lapparato coercitivo ancorch razionale fino ad oggi conosciuto come lo stato. Questa nuova forma sociale non ancora pienamente realizzata, ma esistono ten- 42 E. Fraenkel, Il doppio Stato, Torino, Einaudi, 1983. ______________________________ 40 denze che definiscono lessenza stessa del regime. 43 Le classi dominanti, fortemente antagoniste, sono cementate dalle logiche del profitto, dal potere e so- prattutto dalla paure delle masse. Neumann, che prudente nelluso del termine to- talitario, attribuisce un ruolo decisivo alla propagan- da e al terrore come due aspetti di un unico processo: la trasformazione delluomo nella vittima passiva di una forza onnipresente che lo seduce e lo terrorizza, lo innalza e lo spedisce nei campi di concentramen- to. 44 Ecco la metafora del Beemoth: lo stato totalita- rio, pur se respinto ideologicamente, una forma di non-Stato, un caos, una situazione di illegalit e di anarchia. 45 43 F. Neumann, Beemoth.The structure and Practice of National Socia- lism, Oxford University Press, New York Inc., 1942; trad. it. di M. Bac- cianini, Beemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo. Milano, Feltrinelli, 1977. 44 Ibidem, p. 209. 45 Ibidem, p. 21. ______________________________ 41 3. Area anglo-americana La traduzione inglese, nel maggio del 1926, di Ita- lia e fascismo di Luigi Sturzo, da parte di B. B. Carter, consegner gli italianismi totalitario e totalitarismo al vocabolario politico dei paesi anglofoni. Con una valenza negativa, essi connoteranno un fenomeno moderno e regressivo, plebiscitario e dittatoriale, inti- mamente contraddittorio, nonostante che, nel 1928, la rivista americana Foreign Affairs traduca uno scrit- to di Giovanni Gentile, The Philosophical Basis of Fascism, in cui, con toni altisonanti e apologetici, vie- ne definita totalitaria la dottrina fascista. Il Times, nel 1929, accomuna in un fondo ano- nimo con il termine totalitarianism fascismo e bolsce- vismo, seguendo un percorso di riflessioni comparati- vistico, ampliando lorizzonte di riferimento al regi- me monopartitico dellUnione sovietica. Nel 1933, Victor Serge, comunista dissidente, in una lettera fatta pervenire clandestinamente in Fran- cia allopposizione di sinistra, prima che venisse de- 42 portato, definisce come totalitario, castocratico ed ebbro della propria potenza il regime sovietico. Pur non conducendo analisi di tipo comparativo o socio-politologico, utilizza, tuttavia, lo stesso termi- ne con cui si autodefinito il fascismo italiano. Lo stesso diranno altri menscevichi russi in esilio a Parigi. Anche Trotzki, nel volume La rivoluzione tradita, del 1938, stigmatizza come totalitaria la de- generazione autoritaria in atto nellUnione Sovietica da parte di una classe che ha espropriato ed usurpato il proletariato. Le analisi comparativistiche americane tenderan- no a mettere in evidenza un comune nucleo strutturale tra i due sistemi politico-istituzionali, fascismo e co- munismo, dando pi attenzione alle loro affinit piut- tosto che alle divergenze. In uno dei saggi raccolti in Dictatorship in the Modern World, pubblicato nel 1935 a cura di Guy Stan- ton Ford dellUniversit del Minnesota, Max Lerner cos intende il termine totalitarian : lo stato totalitario 43 uno stato caratterizzato dalla organizzazione dei gruppi economici che competono per la distribuzione del reddito nazionale in associazioni o corporazioni supervisionate dallo Stato e da un governo che tiene rigidamente in pugno lequilibrio del potere. Uno Sta- to forte nel quale tutti i conflitti aperti in forma di sciopero e serrata sono banditi e il movimento dei la- voratori nazionalizzato. E evidente la mutuazione dellesperienza ita- liana. Comunismo e Fascismo sono sostanzialmente simili perch entrambi significano lesaltazione della forza, che non sopporta alcuna opposizione e che su- bordina lindividuo alle richieste dello Stato. 46 Lo storico del pensiero politico George Sabine considera, invece, il concetto totalitarismo come sino- nimo di unitary e, nella voce State della International 46 Christian Science Monitor, estate 1939, in A. Gleason, Totalitaria- nism, cit. ______________________________ 44 Encyclopedia of the Social Sciences, lo applica a tutti i sistemi monopartitici, Urss inclusa. 47 Particolare diffusione - e confusione concettuale - si ha durante le elezioni presidenziali del 1940. Sia da parte democratica che da parte repubblicana si usa il termine totalitarian in modo irresponsabile e poco scrupoloso. In un infiammato articolo sullAmerican Mercury, Herbert Hoover sottolinea dirette analogie - economiche, politiche e psicologiche- tra lo sviluppo dei regimi totalitari europei e la situazione degli Stati Uniti sotto il New Deal. Anzi, giunge a definire Roo- svelt e i suoi consiglieri come totalitarian liberals e lo stesso New Deal come un incipiente totalitarismo: sem- bra che lo confonda con socialistic. 48 E di fatto, con la caduta dei regimi fascista e na- zionalsocialista, con il deterioramento dei rapporti so- vietico-americano, con la proclamazione della dottri- 47 G. H. Sabine, voce State, in Encyclopedia of the Social Sciences, New York, Macmillan, 1934, vol. XIV, p. 330. 48 A. Gleason, Totalitarianism, cit., p. 52 e ss. ______________________________ 45 na Truman, il termine giocava un ruolo essenziale nel collegare lantico alleato sovietico dellAmerica con la Germania Nazista. Forse lapice di questo peri- odo si ebbe alla fine del 1950 quando il Mc Carran International Security Act sbarr ai totalitarian - vale a dire ai comunisti - lingresso negli Stati Uniti. Du- rante questi cinque anni, lidea che gli Stati Uniti do- vessero affrontare la sfida totalitaria torn ad esercita- re una influenza indiscussa come la chiave del futuro americano ed ebbe la sua influenza pi diretta sul pen- siero politico e sulla politica estera americana. 49 Siamo alle soglie della Guerra Fredda, quando il nemico totalitario sembrava a prima vista , trascende- re le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra, che venivano senza dubbio operate negli anni 30. Molti di coloro che allora lo utilizzavano lo facevano in con- testi che suggerivano che al centro della discussione erano solo il nazismo o il fascismo. La sua rinascenza 49 Ibidem, p. 61. ______________________________ 46 nel 1945 serv a canalizzare il potente sentimento anti- tedesco nel nascente sentimento anti-comunistico e allo stesso tempo agevol la formazione di nuove alleanze internazionali. 50 50 Ibidem, pp. 61-62. Segnaliamo anche gli studi, negli stessi anni, di J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Bologna, Il Mulino, 1967; R. C. Tucker, Towards a Comparative Politics of Movement-Re- gimes, in American Political Science Rewiew, vol. LV, 1961; K. A. Wittfogel, Il dispotismo orientale, Firenze, Vallecchi, 1968. ______________________________ CAPI TOLO SECONDO I O PROCEDO DA FATTI E DA AVVENI MENTI LINDAGINE CONTESTUALE DI HANNAH ARENDT PER COMPRENDERE LEVENTO CHE CARATTERIZZA IL XX SECOLO: IL TOTALITARISMO. Siamo contemporanei fin dove arriva la nostra comprensione. Se vogliamo andare daccordo con il mondo, foss anche a costo di essere daccordo con questo secolo, dobbiamo partecipare al dialogo incessante con la sua essenza. (H. Arendt). 48 1. Sentieri di ricerca: anno di svolta 1933 1951. Hannah Arendt, ebrea tedesca emigrata ne- gli Stati Uniti nel maggio 1941 dopo un periodo di internamento nel campo francese di Gurs, pubblica unopera dalla grande carica emotiva, Le origini del totalitarismo, che, nonostante le critiche, considera- ta subito un classico di filosofia politica. E curioso sapere che il titolo provvisorio dellab- bozzo, risalente alle prime settimane del 1945, era Gli elementi della vergogna: antisemitismo, imperialismo e razzismo; anzi, a volte, la Arendt pi enfaticamente lo chiamava I tre pilastri dellinferno, pilastri, condi- zioni sine quibus non, che sorreggono, ma non in sen- so che determinano, la struttura totalitaria. Forte, per lei, era laccusa contro lEuropa del XIX sec., perch quel secolo borghese aveva creato gli ele- menti da cui si sarebbe cristallizzato il totalitarismo in Germania e in Russia; forte, per lei, era lincredulit per quanto stava avvenendo storicamente e politica- 49 mente, non tanto per la svolta del suo paese nel 1933, quanto, soprattutto, per Auschwitz. Da principio non ci credevamo. Anche se mio marito, e anchio, avevamo sempre detto che da quel- la banda potevamo aspettarci di tutto. Ma questo non potevamo crederlo, perch era assolutamente contra- rio a ogni bisogno o necessit militare. Mio marito un tempo era uno storico militare, e di queste cose ne ca- piva abbastanza. E mi disse: Non lasciarti mettere in testa queste storie! E una cosa che non possono fare. Ma un mezzo anno pi tardi, quando ci furono le pro- ve, dovemmo crederci. E fu davvero un brutto colpo. Prima si diceva: ma s, tutti hanno dei nemici, una cosa del tutto naturale, perch un popolo non dovreb- be avere nemici? Ma questo era qualcosa daltro. Era davvero come se si fosse spalancato un abisso. Perch si sempre avuta lidea che in qualche modo tutto il resto possa tornare a posto, per esempio in politica tutto si pu aggiustare. Ma questo no. Questo non sarebbe mai dovuto accadere. E non mi importa il numero del- 50 le vittime. Mimporta la produzione in massa dei ca- daveri e il resto (...) e non c bisogno che mi dilunghi oltre. Questo non doveva succedere. E successa una cosa per la quale nessuno di noi era preparato. 51 Passarono altri sei anni prima che si arrivasse al titolo definitivo, Le origini del totalitarismo, che pure sembrava ricordare uno studio di genetica, come Le origini della specie di Darwin. Si trattava di un titolo fuorviante, molto pi di quello scelto dalleditore in- glese, The Burden of Our Time (Il fardello del nostro tempo), perch non riusciva a tradurre lo spirito del- lautrice: occorreva riflettere il metodo di lavoro se- guito, non si cercavano origini nel senso di cause, non si cercavano giustificazioni, non si scriveva di storia. Lalternativa metodologica allo zelo dello storico 51 Intervista concessa nel 1964 a Gunther Gaus, Was bleibt? Es bleibt die Muttersprche, in G. Gaus, Zur Person: Portrats in Frage und An- twort, Feder, Mnchen, 1964; in E. Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906- 1975: per amore del mondo, Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p. 221; in H. Arendt, La lingua materna, a cura di Alessandro Dal Lago, Mila- no, Mimesis, 1993, p. 43. ______________________________ 51 fu quella di individuare gli elementi principali del nazismo, risalire alle loro origini e scoprire i problemi politici reali alla loro base (...). Scopo del libro non dare risposte, bens preparare il terreno. 52 Per la Arendt gli eventi eccedono sempre le loro cause, non c deduzione, non c necessit ma solo caotiche verit di fatto il cui senso aspetta di essere dischiuso come in un remake narrativo. Gli elementi del totalitarismo costituiscono le sue origini, purch per origini non si intenda cause. La causalit, cio il fattore di determinazione di un processo di eventi in cui un evento sempre ne causa un altro e da esso pu essere spiegato, probabilmen- te una categoria totalmente estranea e aberrante nel regno delle scienze storiche e politiche. Probabilmen- te gli elementi in se stessi non causano mai alcunch. Essi divengono lorigine di un evento se e quando si cristallizzano in forme fisse e definite. Allora, e solo 52 E. Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906-1975: per amore del mondo, op. cit., p. 239. ______________________________ 52 allora, sar possibile seguire allindietro la loro storia. Levento illumina il suo passato ma non pu essere dedotto da esso. 53 Per la Arendt la parola origine si ricollega allidea di quel principio casuale, contingente, che getta luce sul- levento che avviene ed esplicita la realt su cui si fonda; a posteriori evoca quegli elementi della realt che hanno acquisito pieno significato nella nuova esperienza, espe- rienza che resta possibile ed imprevista ai problemi reali ed irrisolti che erano dietro a quei precedenti. Dietro lantisemitismo, la questione ebraica, dietro il decadimento dello stato nazionale, il problema irrisolto di una nuova concezione del genere umano, dietro lespan- sionismo fine a se stesso, il problema irrisolto di riorga- nizzare un mondo che diventa sempre pi piccolo. 54 Bisogna, quindi, che si passi non gi dalle origi- 53 H. Arendt, The Nature of totalitarianism, conferenza inedita (1954), Congresso; in E. Young-Bruehl, Hannah Arendt, cit. 54 Lettera a Mary Underwood, in E. Young-Bruehl, Hannah Arendt, cit., p. 240. ______________________________ 53 ni, questo oscuro materiale destinato a cristallizzarsi come un possibile esito, allevento, bens dallevento verso quegli elementi del passato in cui possono bale- nare i tratti della cristallizzazione finale. In questo sen- so lanalisi pi che storica diviene tipologica e socio- logica. Il totalitarismo, dunque, levento e la sua origi- nalit terrificante consiste in atti che rompono con tut- ta la nostra tradizione, polverizzando letteralmente le nostre categorie politiche e i nostri criteri di giudizio morale. Obsoleti sono anche gli strumenti concettuali della nostra tradizione filosofica. A Voegelin, che nella recensione a Le origini del totalitarismo la accusava di perdere i contatti con la trascendenza, con la dimensione spirituale e ideologi- ca per cui le origini del totalitarismo non andrebbero viste principalmente nel destino dello stato nazionale e nei seguenti cambiamenti sociali ed economici ini- ziati nel XVIII secolo (come fa la Arendt), ma piutto- sto nellascesa del settarismo immanentista dellAlto 54 Medioevo, 55 senza indugi, la Arendt replica: Ci che senza precedenti nel totalitarismo non primaria- mente il suo contenuto ideologico, ma levento stesso della dominazione totalitaria. Ci si pu chiaramente intendere se ammettiamo che le conseguenze delle sue politiche hanno fatto esplodere le categorie tradizio- nali del pensiero politico (il dominio totalitario di- verso da tutte le forme di tirannia e di dispotismo che conosciamo) e i criteri del giudizio morale (i crimini totalitari sono descritti in modo del tutto inadeguato come assassinii e i crimini totalitari possono diffi- cilmente essere puniti come assassinii). Il signor Vo- egelin sembra pensare che il totalitarismo sia soltanto laltra faccia del liberalismo, del positivismo e del prag- matismo. Ma si concordi o no col liberalismo (io pos- so dire qui con assoluta certezza di non essere n una 55 Pubblicata, insieme alla risposta della Arendt e ad una sua conclusio- ne, in The Review of Politics, XV, n. 1, 1953; trad. it. in G. F. Lami (a cura di) Eric Voegelin. Un interprete del totalitarismo, Roma, 1978. Cfr. Filosofia politica e pratica del pensiero. E. Vgelin, L. Strauss e H. Arendt, a cura di G. Duso, Milano, 1988. ______________________________ 55 liberale, n una positivista n una pragmatista), il punto che i liberali non sono chiaramente dei totalitari. Spero di non insistere indebitamente su questo punto. Per me importante perch credo che ci che separa la mia impostazione da quella del signor Voegelin che io procedo da fatti e avvenimenti invece che da affinit ed influenze spirituali. Ci forse un po difficile da scorgere perch io sono naturalmente molto interessata alle implicazio- ni e ai cambiamenti filosofici nell auto-interpreta- zione spirituale. Ma questo certo non significa che io abbia descritto una rivelazione graduale delles- senza del totalitarismo dalle sue forme incipienti nel XVIII secolo a quelle pienamente sviluppate, per- ch questa essenza non esiste prima di essere venuta alla luce. Perci parlo di elementi rintracciabili nel XVIII secolo, altri forse ancora pi indietro (bench io dubi- terei della teoria personale di Voegelin, secondo cui lascesa del settarismo immanentista del Medioevo si 56 sarebbe conclusa alla fine del totalitarismo). 56 Pensare il totalitarismo come laltra faccia del li- beralismo, del positivismo, del pragmatismo, lo prive- rebbe di ogni carattere di novit, di ogni significato fruttuoso per lanalisi del mondo moderno. La portata epocale del totalitarismo non nel suo contenuto ideologico, ma nella sua eventualit, nella fattualit di un dominio realizzato con violenza e ter- rore attraverso la tragicit dei campi di sterminio. Que- sto il fatto che interessa la Arendt. Questo procedimento ermeneutico spiega anche lassimilazione del regime nazista con quello stalinia- no nella tipologia del totalitarismo, in quanto, pur se permeati da ideologie differenti, luna basata sul domi- nio della razza, laltra sul principio della lotta di classe, ambedue ricorrono al culto della personalit, al ter- rore istituzionalizzato, ai campi di concentramento e allabolizione delle libert civili. 56 Ibidem. ______________________________ 57 E vero; solo marginalmente la Arendt si occupa dello stalinismo. Lopera doveva essere completata da uno studio adeguato sulle matrici totalitarie dellideologia marxi- sta e le differenze tra marxismo e nazismo. Il tentativo fu intrapreso, alcuni anni pi tardi, a seguito di una conferenza nel 1953 57 in cui si sottoli- neavano le trasformazioni che il marxismo aveva su- bito prima nellinterpretazione di Lenin poi di Stalin. Ma The marxist elements of totalitarianism non fu mai completato, rimase una disamina critica della tradizione filosofica occidentale e un confronto con Marx, il cui pensiero pure aveva avuto rilievo nella formazione della Arendt. 58 57 Conferenza inedita del 1953, Karl Marx and tradition of western po- litical thought, presso la Library of Congress, Washington, Manuscripts Division, The Papers of H. Arendt, box 64; trad.it.
Karl Marx e la tradizione del pensiero occidentale, (scritto nel 1953), a cura di S. Forti, in MicroMega, n.5, pp.35-108. 58 Cfr. S. Forti, Vita della mente e tempo della polis, Milano, FrancoAn- geli, 1996. ______________________________ 58 Nella prefazione del giugno 1966 a Le origini del totalitarismo, la Arendt fa riferimento al discorso di Kruscev, nel 1957, dinanzi al XX Congresso del parti- to, atto con cui si aperto il processo di detotalitariz- zazione dell ex-Unione Sovietica. Secondo la Arendt, il pi chiaro segno della detotali- tarizzazione sovietica non stato tanto la liquidazione di buona parte del sistema poliziesco o la chiusura della mag- gior parte dei campi di concentramento, oppure il fatto che non sono state pi promosse spettacolari epurazioni contro i nemici del partito, ora destituiti e allontanati da Mosca, quanto la ripresa feconda delle attivit culturali, arte e letteratura in particolare. Quando Stalin mor, i cassetti degli scrittori e degli artisti erano vuoti, oggi esiste tutta una letteratura che circo- la in manoscritti, e ogni via della pittura moderna viene tentata negli ateliers dei pittori e le loro opere vengono co- nosciute anche quando non sono esposte a una mostra. 59 59 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., Prefazione, p. XLV. ______________________________ 59 Da un sistema totalitario si passati ad una dittatu- ra a partito unico. Utilizzando il termine totalitarismo con parsimo- nia e prudenza, la Arendt si chiede, tuttavia, se esso sia applicabile 60 anche alla Cina comunista, di cui al- lepoca non si conosceva niente a causa dellefficace isolamento dietro cui il paese si era trincerato. Rispet- to allesempio tedesco e russo le differenze sono note- voli: dopo il periodo iniziale della dittatura contrasse- gnato dallo spargimento di sangue e da una decima- zione della popolazione, dopo la scomparsa dellop- posizione, non si verificato linasprirsi del terrore e del massacro, lirrigidimento della burocrazia al pote- re, il sorgere di una categoria di nemici oggettivi, 60 Per la Arendt il concetto totalitarismo non si applica neanche al fascismo italiano. Mussolini aveva creato uno stato corporativista, pi che totalitario, in quanto aveva tentato di statalizzare la societ e lo stesso partito non si pose al di sopra dello stato ma si identific con la massima autorit nazionale. Mussolini fu un dittatore, fu il vero usur- patore nel senso della dottrina politica classica, in H. Arendt, Le origi- ni del totalitarismo, cit., p. 360 e ss. Sul fascismo italiano vedi A. Aqua- rone, Lorganizzazione dello stato totalitario, Einaudi, 1965. ______________________________ 60 cio il permanere di quei caratteri che per la Arendt tipizzano il totalitarismo. Indubbiamente riconosce una pretesa totalitaria nel programma ideologico del partito comunista cinese, ancor pi manifeste in politica estera con linasprirsi dei rapporti cino-sovietici e con laccusa alla Russia, che pure aveva sostenuto Pechino, di deviazione re- visionista dopo la morte di Stalin e lavvio di una politica di distensione. Pur denunciando la scarsit delle fonti, assumen- do una posizione piuttosto ambigua, la Arendt accen- na a quella forma di terrore e di controllo sociale che era il modellamento e rimodellamento delle menti, 61 la pervadente riforma della mente umana che il corrispettivo cinese della creazione delluomo nuovo tipico dello spirito totalitario. Un totalitarismo fondato sul consenso, direbbero oggi i critici. 61 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., Prefazione, p. XXXI. ______________________________ 61 Una osservazione, comunque, va fatta a proposito de Le origini del totalitarismo: c uno squilibrio tra le prime due parti, pi storiche, pi politiche, e la terza parte che punta sullessenza del totalitarismo, sullindividuazione della sua tipicit. Potremmo dire che dallo stare ai fatti si passa meglio e volentieri ad unanalisi concettuale raffi- nata, ad una sintesi tipologica, in particolare nel capitolo dal titolo Ideologia e terrore. La domanda che ella si pone, in effetti, e che segna la portata del totalitarismo come evento -come sia potuto succedere?- filtra la domanda sulleclissi del politico. Andr Engren scrive: In un certo senso il tota- litarismo disegna in cavo tutto ci che conferisce ri- lievo al politico arendtiano: alla chiusura radicale di un dominio senza incrinature, la Arendt oppone uno schema normativo senza governanti n governati al cui interno viene riconosciuto il diritto di ciascuno ad agire, giudicare e decidere in comune; al flusso totali- tario che sradica e livella, lei risponde con una rifles- sione incentrata sulla stabilit della legge che stabili- 62 sce il potere, sullautorit come memoria capace di fis- sare la politica nella permanenza di un mondo diffe- renziato. Mentre il totalitarismo si affida a una logica inflessibile sempre pronta a riassorbire gli eventi in un ordine superiore, essa d la fiducia al visibile, al- lopinione e al giudizio che, solo, consente di tenere testa alla dissoluzione della tradizione. 62 La Arendt legge il fenomeno totalitario come assoluta eccezionalit, in qualche modo reso possibile, ma non ne- cessario, da tutti i rovesciamenti a catena, natura e societ, politica e storia, che insieme oppongono e legano la moder- nit alla tradizione classica. Il totalitarismo nasce con la modernit, ma non come qualcosa di originariamente in- scritto nel suo patrimonio genetico, come esito predetermi- nato; piuttosto il prodotto di una serie di opzioni soggetti- ve che convergono su di una contrazione ed uno schiaccia- mento del politico su altre modalit del fare: il sistema totalitario estraneo alla vita politica autentica. 62 A. Enegrn, Il pensiero politico di Hannah Arendt, Roma, Edizioni Lavoro, 1987. ______________________________ 63 2. L antisemitismo politico e la questione ebraica. Perch iniziare unopera politica con unanalisi sullantisemitismo, le sue origini, le sue sfaccettature, i suoi esiti, catastrofici, per un popolo, quello ebreo, che mai si occupato di politica e che storicamente stato considerato apolide? La Arendt considera lantisemitismo come lideo- logia laica del sec. XIX e loriginale prospettiva con cui tale fenomeno analizzato le permette di mettere alla prova ci che va via via elaborando intorno alla autonomia e al primato dellagire politico. Il popolo ebraico, caso storico concreto, diviene simbolo del- lalienazione delluomo nel mondo moderno perch lesperienza dellesilio lo ha privato di uno spazio pub- blico per lazione. E popolo senza governo, senza paese, senza lingua. La condizione ebraica porta a riflettere su quel- lirriducibile unicit che inerente alla condizione della nascita, unicit intesa come tradizione culturale, ap- 64 partenenza etnica, fede religiosa, che deve poi con- durre a trascendere la propria singolarit nel conse- guimento di fini condivisi. E sottesa una ricerca filosofica che sar presente in modo pi evidente nelle opere della maturit, vale a dire lindividuazione di uno spazio politico che sia comune a tutti gli uomini, in cui le aspirazioni ebrai- che allemancipazione possano integrarsi con laspi- razione di tutti i popoli allautodeterminazione. Allo- ra lebraismo diviene simbolo della ribellione univer- sale nei confronti delloppressione. Nella biografia di Rahel Varnhagen, 63 i cui primi capitoli vennero scritti nel 1933, anno di fuga della 63 H. Arendt, Rahel Varnhagen. The Life of a Jeweness, East and West Library (for the Leo Baeck Institut of a Jews from Germany), London 1957; trad. it., Rahel Varnhagen. Storia di unebrea, a cura di L. Ritter Santini, Milano, Il Saggiatore, 1988. Il libro fu pubblicato nel 1957 in inglese su iniziativa del Leo Baeck Institut; nel 1959 usc in edizione tedesca presso Piper. Il manoscritto, fatta eccezione per gli ultimi due capitoli, era gi pronto nel 1933 quando la Arendt dovette lasciare la Germania. Nel 1938 venne completato per linsistenza di Heinrich Blcher e Walter Benjamin. ______________________________ 65 Arendt dalla Germania nazista, mentre gli ultimi tre verso il 1938, quando la Arendt si era rifugiata in Fran- cia, presente unacuta critica allassimilazione per la difesa della tradizione e dellautonomia di ciascun popolo, e non solo quello ebraico, sottolineando che in un mondo civile luguaglianza giuridica e politica dei gruppi non pu che essere indiscutibile. La Arendt rifiuta lassimilazione come possibili- t di integrazione degli ebrei nel corpo della nazione. Essa ha indotto alla perdita della propria identit, dei valori religiosi, della tradizione. In Le origini del totalitarismo, mostra come lan- tisemitismo, che non un nazionalismo latente, per- ch la sua espansione coincide con la crisi dello Stato- nazione, sia stato il prodotto di un progetto storico e sociale determinato a cui ha contribuito il generale declino delle comunit ebraiche dellEuropa centro- occidentale ed anche quella perenne indecisione degli ebrei di essere un elemento non nazionale in un si- stema di stati nazionali, di essere un parvenu piutto- 66 sto che un libero pariah, di non trovare un equilibrio tra vita pubblica ed esperienza interiore. Gi alla fine del Settecento 64 si distingueva una mas- sa di paria e piccole comunit ricche e privilegiate. Paria, secondo la Arendt, sono quellinsieme di gente che vive unesclusione politica e sociale, senza per questo essere degradata sul piano morale come, invece, aveva sostenuto Nietzsche in Genealogia del- la morale, dove paria lindividuo formato alla mora- le del risentimento e della ipocrisia. Laccettazione 64 Sulla nascita della questione ebraica in epoca illuministica, cfr. H. Arendt, Aufklrung und Judenfrage, trad. it. Illuminismo e questione ebrai- ca, in Il Mulino, XXXV, 1986, n. 3, pp. 421-437. Cfr. A. Dal Lago, Intro- duzione ad H. Arendt, La vita della mente, Bologna, Il Mulino, 1987. Sullo sviluppo di una filosofia ebraica che non sarebbe stata tale perch dovuta alla creativit di pensatori ebrei, ma perch sarebbe stata rivolta a costruire i suoi edifici concettuali sulle fondamenta della tradizione ebraica e non avreb- be nascosto la sua intenzione di servirsi dei suoi concetti per ridefinire i lineamenti dellidentit ebraica vedi G. Lissa, Filosofia ebraica oggi, in Rivista di storia della filosofia, n. 4, 1994. Lissa, a partire dallanalisi della situazione ebraica fatta dalla Arendt in Le origini del totalitarismo, mette in evidenza come esista un rapporto imprescindibile tra la tradizione ebraica e la sua potenza dominante, la religione, rapporto su cui si gioca il destino stesso dellidentit ebraica. ______________________________ 67 dellebreo era sul piano della eccezione, o per ric- chezza o per sapere, come persona particolare, giac- ch come popolo sarebbe stato disprezzato. Lebreo di corte, ad esempio, era il finanziatore della corona, deteneva privilegi un tempo prerogativa solo della nobilt. Poteva portare armi, scegliere la residenza, viaggiare e spostarsi secondo il proprio pia- cere, ovunque era protetto dalle autorit locali. Poteva contrarre matrimonio con la nobilt, sebbene le eredi- tiere ebree con la loro dote non facevano che rimpin- guare il patrimonio dei nobili rampolli. Questo ruolo super partes, mediatore senza rappresentanza politi- ca, cominci a vacillare quando, dopo il 1791, si ot- tenne la parit giuridica. Anzi, quanto pi fu ricono- sciuta la parit giuridica tanto pi aument la discri- minazione sociale. Laristocrazia fu il primo gruppo sociale a diven- tare antisemita, considerando gli ebrei il prototipo del borghese egualitario e moderno. Ancora pi radicale fu la posizione della borghesia che identificava lebreo 68 con il banchiere, parassita della miseria e delle soffe- renze, in stretto rapporto con il potere centrale. La borghesia, inoltre, detestava la capacit degli ebrei di essere mediatori di pace e di intervenire di conseguenza nelle relazioni di politica internazionale. Il tedesco W. Rathenau, che aveva cercato di ottenere condizioni di pace, dopo la prima guerra mondiale, piuttosto favo- revoli per la Germania grazie al riconoscimento inter- nazionale delle sue capacit di statista, venne ucciso da un antisemita. Agli occhi dei borghesi antisemiti sembrava che gli ebrei governassero i troni di nasco- sto e che fossero i registi di una trama cospiratoria in- ternazionale. Tale teoria che era stata espressa nel testo La congiu- ra dei saggi di Sion, un falso a cui avevano creduto in molti e che venne usato da Hitler come ulteriore convali- da delle sue tesi sulla razza. Ogni volta che un gruppo nazionale o una classe entrava in conflitto con il potere centrale dello stato, invece di attaccare direttamente que- sto, aggrediva gli ebrei. Sfiorando il sociologico, la Aren- 69 dt descrive lantisemitismo del liberale austriaco Schoe- nerer, di Lueger, capo del partito cristiano-sociale, e del cappellano tedesco Stoecker, per indicare non solo che in Austria e in Germania si stava diffondendo lantisemiti- smo pi forte e virulento ma come in esso si confondesse nei conflitti di nazionalit sia da parte dei democratici che da parte dei liberali. In effetti, la spinta antisemita aveva travolto an- che partiti altrove pi vigilanti, fatta eccezione dei partiti operai e di sinistra, che, presi dalla lotta di clas- se contro la borghesia, si disinteressavano di politica estera. La Arendt sottolinea che, oltre a cause strettamente politico-economiche, sociologiche e ideologiche, al- lantisemitismo contribuiva anche quella considerazio- ne da parte degli ebrei di essere il popolo eletto, ipote- si che si fondava sullidea che il Messia sarebbe venu- to per la salvezza di tutti i popoli. Tale tesi, tuttavia, nel corso storico, aveva perso ogni carattere universa- listico. 70 Con la formazione degli stati nazionali nel XVI secolo, gli ebrei si erano definiti come gruppo con un forte senso di appartenenza e del privilegio. Ed in que- sto consistito lerrore politico: 1) lessersi conside- rati popolo superiore, non riuscendo, tuttavia, a coesi- stere con la propria identit, perch al di l di uno spa- ruto gruppo di privilegiati il resto era una massa di paria, 2) l essersi disinteressati della politica, soprat- tutto della rivendicazione dei propri diritti, creando un potere economico sul vuoto politico. La Arendt fa suo lo schema analitico di Tocqueville, che nellopera LAncien Rgime et la Rvolution descrive la crisi della nobilt alla fine dellantico regime. I nobili furono attaccati ed odiati quando persero le loro funzioni, soprattutto quelle militari, erano ric- chi ma senza alcuna funzione sociale. Lo stesso era per gli ebrei: essi attiravano odio in particolare per il loro disinteresse politico. Lassenza di una rappresentanza di potere ricono- sciuta in seno allo stato, limpotenza e la conseguente 71 innocenza politica aveva impedito agli ebrei di capi- re come lostilit sociale sarebbe presto confluita in tragedia. Non aveva alcuna validit la tesi del capro espia- torio n lantigiudaismo: il problema era essenzialmen- te politico. La differenza andava protetta; assumere la do- lorosa identit del paria era lunica strada per confer- mare la propria presenza al mondo. E il politico anda- va distinto dal sociale. Il sociale avanza unipotesi di uniformit perch spinto da pulsioni privatistiche, concepisce il diverso come il nemico. Luguaglianza politica non lugua- glianza sociale, n si pu dar luogo ad un suo perver- timento. Le moderne societ di massa offrono innumere- voli esempi della facilit con cui si scambia legua- glianza per una qualit innata di ciascun individuo, che viene definito normale quando come gli altri e anormale quando se ne differenzia. Questo perver- 72 timento di un concetto politico particolarmente peri- coloso quando la societ lascia alle differenze uno spa- zio relativamente esiguo, dando cos luogo ad una quantit di conflitti. 65 Analizzando il caso Dreyfus, ad esempio, la Aren- dt mette in rilievo come dal sociale si fosse presto pas- sati alla strumentazione politica. Contro lebreo spio- ne e traditore non solo si erano mobilitati i membri dellesercito che rifiutavano un ebreo nello stato mag- giore, ma anche il clero, che mal tollerava la diversa confessione tra gli ufficiali. Sul piano politico nacque il conflitto: essere anti- dreyfusardi significava essere antidemocratici e anti- repubblicani, contrari alluguaglianza giuridica e po- litica che prima la rivoluzione francese poi la Terza Repubblica avevano consacrato. Gli ebrei, che cerca- vano di far prevalere la tesi dellerrore giudiziario, continuavano a non capire il terreno di scontro. 65 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit. ______________________________ 73 In Francia e negli altri stati europei, per lungo tem- po si discusse del caso Dreyfus: da una parte erano schierate le forze progressiste, dallaltra quelle con- servatrici di estrema destra, antisemite e antidemocra- tiche. La xenofobia, di cui pure si alimentava lantise- mitismo francese, resto qualcosa di inoffensivo. Solo Cline, che nel 1937 aveva pubblicato Bagattelles pour un massacre e nel 1938 Lcole des cadavres, raggiun- se la paranoia incitando al massacro degli ebrei rite- nuti diabolicamente responsabili di ogni male. Comun- que, la conseguenza pi importante dellaffare Dreyfus fu la nascita del movimento sionista ad opera del gior- nalista austriaco T. Herzl, lunica risposta politica che gli ebrei seppero trovare al movimento antisemitico e, insieme, lunica loro ideologia che prese sul serio quel- lostilit che li avrebbe spinti al centro degli avveni- menti mondiali. 66 66 Ibidem, p. 168. ______________________________ 74 3. La nuova ideologia degli Stati-Nazione europei in crisi: limperialismo come preludio politico ai movimenti totalitari. La questione degli apolidi e il valore dei diritti umani. Le fila dellopera sono tenute insieme da un uni- co tema centrale: la storia della dissoluzione dello Sta- to-nazione in aggregati di uomini superflui. Antisemitismo e imperialismo, risultato di prati- che non democratiche, pur se delimitati in modo esclu- sivo, sono perci intimamente connessi. Riassunto nello slogan lespansione per lespan- sione, limperialismo analizzato come una nuova forma di colonialismo, ben diverso dal precedente (1500-1700) che si limitava a trarre il massimo delle ricchezze dalle colonie. Esso fu essenzialmente una politica di potenza di matrice economica, che diede luogo ad un processo distruttivo delle societ nazio- nali inarrestabile, preludio dei fenomeni totalitari del XX secolo. 75 La Arendt associa al fenomeno ragioni di tipo eco- nomico, sostenendo che era stata la crisi economica degli anni 60 e 70 a spingere gli uomini di affari ad occuparsi di politica internazionale. Si era verificata una sovrapproduzione di capitale che, non potendo pi trovare un investimento produttivo entro i confini nazionali, costituiva una massa di denaro superfluo. Per la prima volta gli strumenti del potere politico, anzich aprire la via, seguirono supinamente il denaro esportato. 67 Gli uomini dellimperialismo erano persuasi che politica ed economia non erano disgiunte, anzi aveva- no posto la seconda al servizio della prima. Perch ci fosse espansione economica continua occorreva il so- stegno del potere politico. E la politica fu essenzial- mente politica economica. E in questo, secondo la Arendt, che si realizza lemancipazione politica della borghesia, nel senso che 67 Ibidem, p. 188. ______________________________ 76 se fino ad allora linteresse prioritario era la conquista economica senza aspirare al dominio politico, adesso la borghesia tentava di usare lo stato e i suoi strumenti di violenza per lespansione dei suoi interessi econo- mici, indebolendo cos la posizione dei finanzieri in genere, in particolare quelli ebrei. La Arendt, tuttavia, non tiene conto che gi al- lepoca del mercantilismo la classe borghese si era in- teressata della politica economica degli stati. Ci che si ebbe nellOttocento, semmai, fu lopinione che ef- fettivamente il potere politico potesse proteggere gli interessi economici di uno stato, in modo particolare nelle colonie. La definizione che la Arendt tenta di dare dellim- perialismo si rif alle tesi della sinistra marxista, Rosa Luxemburg in particolare, la quale, secondo la teoria del sottoconsumo, riteneva che, per essere assorbita la produzione corrente in modo integrale, poich la clas- se lavoratrice non poteva avere un alto potere di ac- quisto per le sue miserevoli condizioni, occorreva una 77 terza persona, un compratore esterno al sistema ca- pitalistico. A fianco, cio, del mondo capitalistico, era necessaria lesistenza di un mondo non capitalistico perch il sistema del primo non si inceppasse. 68 E la logica degli sviluppi ineguali di cui aveva parlato anche Lenin in modo pi complesso e critico. Un contributo sicuramente decisivo, tuttavia, per la Arendt, sono state le analisi del liberaldemocratico Hobson e del socialdemocratico Hilferding: questul- timo, con il quale converge anche Kautsky, considera- va il fenomeno come una politica del capitalismo. Nel segno di una apparente razionalit, limperia- lismo aveva promosso lespansione geografica secon- do una crescita economica che era limmediato rifles- so dellaccumulazione capitalista illimitata. Annetterei i pianeti, se potessi era solito dire Cecil Rhodes, quasi a suggello della nuova politica mondiale. 68 R. Luxemburg, Die Akkumulation des Kapitals, Berlin, Singer, 1913; trad. it. Laccumulazione del capitale, Milano, Feltrinelli, 1976. ______________________________ 78 Espansione acquisiva il significato di continuo ampliamento della produzione industriale e delle tran- sazioni economiche. 69 Si trattava di un concetto non politico, tanto vero che lobiettivo degli imperialisti era quello di ampliare la sfera di potere, potere economico in pri- mo luogo, senza creare un corrispondente corpo po- litico. Era il caso, ad esempio, dei francesi che trattaro- no lAlgeria come una provincia del territorio metro- politano senza imporre le loro leggi alla popolazione araba, creando un ibrido per cui il territorio era nomi- nalmente francese, giuridicamente parte integrante della Francia, uno dei suoi dipartimenti, ma gli abitan- ti non erano cittadini francesi, anzi, vennero conside- rati quella force noire che doveva proteggere la Fran- cia, o, per dirla con il Poincar, era carne da canno- ne, ottenuta con metodi di produzione di massa. 70 69 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 175. 70 Ibidem, p. 180. ______________________________ 79 Anche lInghilterra, per il fatto di essere uno stato nazionale, non cre mai un Commonwealth of Na- tions nel senso dellassimilazione e incorporazione dei popoli sottomessi, ma una nazione sparsa nelle varie parti del mondo. 71 Lesempio irlandese decret il fallimento della politica estera inglese perch con il riconoscimento dello status di dominion si era ravvivato lo spirito di resistenza nazionale dellIrlanda. Limperialismo, quindi, cre una pericolosa con- traddizione tra la struttura dello stato nazionale e la politica di conquista, perch dovunque si presenta- to nella veste di conquistatore, ha infatti destato la coscienza nazionale e la volont dindipendenza del popolo vinto, mandando a monte il tentativo di co- struzione di un impero duraturo. 72 Diversamente accadde nellantica Roma, per la quale la Arendt esprime la sua ammirazione: tipica- 71 Ibidem, p. 178. 72 Ibidem, p. 177. ______________________________ 80 mente romana era quella capacit di esportare il dirit- to, collante tra popoli diversi ma egualmente ricono- scentisi come cittadini romani, nonch perno della cre- azione di un impero stabile e duraturo. Limposizione di una legge comune permetteva luguaglianza giuridica e il diritto alla cittadinanza di popoli eterogenei, favorendo lintegrazione, laddove lo stato nazionale, che si basava sul consenso attivo di una popolazione omogenea, in caso di conquista, im- poneva il consenso cercando di assimilare, degeneran- do talora molto velocemente in tirannide. Gli imperialisti non avevano, quindi, esportato la legge, bens il dominio. La prima conseguenza fu lesportazione del rule by force, il governo mediante la forza, che sostitu la fondazione del corpo politico. Violenza, la polizia e le forze armate, che nel- lambito della nazione erano soggette al controllo del- le autorit civili, si arrogarono le prerogative di rap- presentanti nazionali nelle colonie, dove erano state 81 dislocate come custodi del capitale investito. Qui in regioni arretrate senza industrie e organizzazione po- litica, dove la violenza aveva pi libert dazione che in qualsiasi paese occidentale, si consent alle cosid- dette leggi del capitalismo di diventare realt. 73 Lontano dal potere delle leggi, lontano da quella funzione costituzionale che loro propria, lesercito e la polizia diventano strumenti di violenza dalla forza incontrollabile. Si era violato uno dei principi fonda- mentali dello stato costituzionale. Scambiando espansione per conquista, inoltre, gli imperialisti governavano, piuttosto che per leggi, per ordinanze e decreti. La confusione tra potere esecutivo e legislativo - in effetti le ordinanze e i decreti erano atti del potere esecutivo- dava luogo nelle colonie allarbitrariet e allarroganza dei funzionari, i quali preferivano che lafricano restasse africano 74 per salvaguardare i 73 Ibidem, p. 190. 74 Ibidem, p. 182. ______________________________ 82 propri affari laddove le leggi, invece, avrebbero ga- rantito la legittimit del riconoscimento paritario tra coloro che erano sottomessi al medesimo governo. Pertanto le istituzioni democratiche esistenti erano pericolose perch, come si legge da un discorso di Lord Cromer in parlamento, non si poteva governare un popolo per mezzo di un altro popolo, il popolo india- no per mezzo del popolo inglese. 75 La burocrazia era un governo di tecnici, una minoranza esperta, che doveva resistere alla costan- te pressione della maggioranza inesperta, 76 il po- polo, a cui non era possibile affidare la cura dellam- ministrazione delle colonie. I funzionari erano abilmente manipolati dagli uo- mini di affari, non avevano idee politiche generali n erano eccessivamente patriottici, anzi, le loro qualit erano la segretezza, lanonimato, il potere da eminen- za grigia. 75 Ibidem, p. 298. 76 Ibidem, p. 298. ______________________________ 83 Gli uomini dellimperialismo erano individui de- classati, senza uneffettiva funzione sociale, alienati dal corpo sociale, parassiti senza identit che si appas- sionarono allavventura imperialista pensando di po- ter gestire un potere assoluto o segreto. Lalleanza plebe e capitale allorigine di ogni coerente politica imperialista. 77 La Arendt chiarisce che non bisogna confondere la plebe n con il proletariato industriale, n con il popolo nel suo insieme: essa formata dagli scarti di tutte le classi sociali, una massa di persone priva di qualsiasi principio e numericamente cos forte da su- perare la capacit dello stato di occuparsene. 78 Direttamente prodotta dalla borghesia, con que- sta rivela una profonda affinit sul piano politico, lontana da ipocrisie e falsi valori e fortemente en- tuasiasta delle teorie razziali che escludevano in li- nea di principio lidea di umanit e ogni possibile 77 Ibidem, p. 216. 78 Ibidem, p. 219. ______________________________ 84 relazione con il diverso, il selvaggio, che non fosse di mera sudditanza. Per dare meglio un quadro degli uomini dellim- perialismo, la Arendt cita alcuni esempi, da Lawrence dArabia a Lord Cromer fino ai personaggi dei romanzi di Kipling e di Cuore di tenebra di Conrad. Quello che le preme sottolineare, in effetti, che erano uomini annoiati o falliti nel loro paese di origi- ne di cui avevano rifiutato i valori e pronti a tutto nelle colonie per conquistare unidentit e condizioni di vita soddisfacenti. I tratti distintivi dellimperialismo, dunque, sono 1) le teorie razziste, che sostituirono la razza alla na- zione come base della struttura politica, e 2) lorga- nizzazione burocratica, che ne fu lo strumento. Il razzismo come strumento di dominio venne usa- to, ancor prima che limperialismo lo definisse come idea politica, dai boeri nel Sudafrica, i quali, emigrati intorno al XVII secolo dallOlanda, ripudiarono lethos europeo e, vivendo in un ambiente che non erano in 85 grado di trasformare, non trovarono altro valore pi alto che in se stessi. Essi si considerarono individui pi che umani, scelti da Dio per essere gli dei del po- polo nero, inferiore non tanto per il colore della pelle quanto per ragioni economiche: a stretto contatto con la natura, gli indigeni non avevano creato n modifi- cato il mondo e la realt umana. Con la scoperta di giacimenti auriferi e diamantiferi, il Sudafrica fu terra di investimento per i finanzieri ebrei, i quali divenne- ro immediatamente bersaglio di odio antisemita da parte dei boeri per il pericolo di innovazioni nella loro societ razziale. Essi erano potenziali elementi desta- bilizzanti presso una comunit che temeva fanatica- mente lindustrializzazione del paese. Il Sudafrica ebbe una particolare influenza sui popoli europei: insegn alla plebe quel che essa ave- va vagamente presentito, che bastava la mera violenza per creare a piacimento strati inferiori o sfruttati, che a tale scopo non occorreva neppure una rivoluzione, ma si poteva contare sullaiuto di certi gruppi delle classi 86 dominanti, e infine che i popoli stranieri o arretrati offrivano la migliore occasione per lascesa nella so- ciet. 79 Se Hobbes poteva essere ritenuto il teorico ante- signano della politica imperialista, alcuni nobili fran- cesi del Settecento avevano creato i prodromi per le teorie razziste che vennero messe in atto nel corso del Novecento. Il conte de Boulainvilliers, ad esempio, aveva sostenuto che la nobilt francese era di origine germanica e che aveva conquistato la terra di Francia, ora depredata da quellalleanza della monarchia con il terzo stato. Nessuno avrebbe mai sospettato che si preparava la guerra civile, quella rivoluzione che rivendicava eguali diritti civili per i cittadini di tutta la nazione francese. Laristocrazia, in effetti, affermava la sua superiorit per unazione di conquista e non gi per fattori biologici. 79 Ibidem, pp. 287-288. ______________________________ 87 Diversamente fu per la Germania. Il pensiero razzista tedesco nacque, secondo la Arendt, dopo la disfatta dei prussiani da parte di Na- poleone. Si cerc di fare appello ad un generico senti- mento di nazione per rafforzare lunit interna di un popolo che si riconosceva dapprima nellunit lingui- stica, poi nelle teorie fondate sulla razza, poich man- cava sia lunit territoriale sia la memoria storica. Fu- rono i razzisti tedeschi che identificarono il popolo con la razza, idealizzando sulla scia romantica il Me- dioevo e il Sacro Romano Impero. Accanto a queste analisi storico-comparative, di cui marcato il tono sociologico, la Arendt menziona anche la portata delle teorie eugenetiche e del darwini- smo sociale, con cui si negava lorigine unica e bibli- ca delluomo. Se limperialismo coloniale, comunque, aveva minato la stabilit della politica estera degli Stati eu- ropei, creando una dicotomia tra governo metropoli- tano e colonie, limperialismo continentale, soste- 88 nuto dai movimenti panslavisti e pangermanisti, che disintegrer internamente la struttura dello Stato-na- zione. Limperialismo continentale fu proprio dellarea orientale dellEuropa, di quegli Stati che non avevano partecipato allespansione geografica doltremare e che, secondo una soluzione di continuit geografica, pretendevano di creare colonie sul continente. Limperialismo continentale ebbe realmente ini- zio in patria. 80 Esso esprimeva esigenze nazionali, contrapponen- do alleconomia un ampliata coscienza etnica che si supponeva unisse tutte le persone della stessa origi- ne etnica, indipendentemente dalla storia, dalla lingua e dal luogo di residenza. 81 Questa sorta di nazionalismo tribale, come spre- giativamente definito dalla Arendt, aveva in comune con limperialismo coloniale il razzismo, inteso come 80 Ibidem, p. 312. 81 Ibidem, p. 312. ______________________________ 89 rifiuto del diverso, inferiore e sottoposto, e la burocra- zia, ampiamente descritta da Kafka nei suoi romanzi. Esso aveva fatto sue le teorie razziali distinguen- do non pi tra pelle bianca o bruna, bens tra anima ariana e non ariana; aveva fatto della nazionalit una qualit permanente proclamando lorigine divina del proprio popolo; si era proclamato indipendente dal ter- ritorio osteggiando tutti gli organismi statali esistenti e identificando il cittadino con il membro del gruppo nazionale. Pur mancando di un preciso programma politico, centrale nella sua ideologia divenne lantisemitismo come se fosse una visione generale del mondo, isolan- do cos lodio ebraico da ogni concreta esperienza politica, sociale ed economica. Il nazionalismo tribale nacque in unatmosfera di profondo sradicamento. Panslavisti e pangermanisti si riconoscevano non gi per avere una patria territorialmente e giuridica- mente definita, bens come trib. 90 In questo senso, sottolinea la Arendt, il popolo si riconosce in quanto massa, orda in movimento, e la sua forma di rappresentanza non poteva pi essere il partito ma il movimento stesso. I partiti, in effetti, mediavano nella vita politica di un paese, ma non si era dimostrati efficaci, poich, molto pi legati al potere che a ideali democratici e parlamentari, si erano macchiati di abusi e corruzione escogitando giustificazioni ideologiche che facevano coincidere interessi privati con quelli pi generali del- lumanit. Il risultato fu il progressivo allontanamen- to dal governo delle masse, sempre pi antiparlamen- tari e antidemocratiche, anzi, proprio per il clima di sfiducia che si era venuto a creare veniva richiesta la presenza di un dittatore come guida del paese. La Arendt affronta su un piano comparativistico la questione della disgregazione dei partiti, che , in fondo, la disgregazione dello Stato-nazione nel senso della perdita dei valori democratici e parlamentari, nonch del diritto alla cittadinanza. 91 Lo svolgimento stato ben diverso nei paesi del- lEuropa occidentale rispetto a quella orientale. In In- ghilterra, ad esempio, il sistema rappresentativo era solido grazie al bipolarismo, allalternanza dei due partiti al potere; mentre in Germania lo Stato sviri- lizzava 82 i partiti, nel senso che il sistema tedesco faceva del parlamento un campo di battaglia di inte- ressi e di opinioni contrastanti, la cui funzione pratica per la direzione degli affari statali era estremamente discutibile. 83 Lantagonismo stato-societ venne poi spazzato via dai seguenti movimenti totalitari. La crisi interna allo Stato-nazione viene acuita dalla situazione degli apolidi, gli Heimatlose, grup- pi che con la guerra del 1914 erano emigrati da un paese ad un altro privati dei diritti umani garantititi dalla cittadinanza, condannati all apolidicit come schiuma della terra. 82 Ibidem, p. 357. 83 Ibidem, p. 357. ______________________________ 92 Cechi, sloveni, ebrei, russi bianchi e altre mino- ranze costrette allo spostamento territoriale per la ca- duta dellImpero russo, austro-ungarico e ottomano, erano unicamente tutelati per una serie di trattati inter- nazionali, i Minority Traties, spesso rimasti pura enti- t astratta. In molti Stati europei, inoltre, erano state intro- dotte leggi che permettevano la denazionalizzazione e la denaturalizzazione; il primo provvedimento venne preso in Francia gi nel 1915 in relazione ai cittadini naturalizzati provenienti da un paese nemico; poi nel 1922 il Belgio annullava la naturalizzazione delle per- sone che avevano commesso atti antinazionali duran- te la guerra; nel 1926 in Italia il regime di Mussolini eman una legge analoga per quei cittadini che si era- no mostrati indegni della cittadinanza italiana o rap- presentavano una minaccia per lordine pubblico; lAustria nel 1933 per chi avesse commesso azioni ostili nei suoi confronti e via via fino al 1935 quando con le leggi di Norimberga la Germania distinse i te- 93 deschi in cittadini a pieno titolo e cittadini senza diritti politici. 84 La Arendt, considerando lapolidicit un fenome- no di massa tutto contemporaneo, tiene a precisare la differenza tra minoranze e apolidi. Le minoranze erano senza stato solo a met; al- meno de jure appartenevano a un organismo statale, anche se avevano bisogno di una protezione supple- mentare e di speciali garanzie per godere di certi dirit- ti. (...) Le minoranze potevano essere considerate come un fenomeno eccezionale, proprio di determinati ter- ritori che deviavano dalla norma. 85 E i trattati sulle minoranze dicevano quello che gi era implicito nel sistema degli stati nazionali, cio che solo lappartenenza alla nazione dominante dava veramente diritto alla cittadinanza e alla protezione giuridica, per cui i gruppi allogeni erano soggetti solo 84 Ibidem, nota p. 387 e ss. Cfr. anche G. Agamben, Mezzi senza fini. Note sulla politica. Torino, Bollati Boringhieri, 1996. 85 Ibidem, p. 384. ______________________________ 94 a leggi eccezionali fino a quando non si compiva las- similazione. A tutela era stata creata la Lega delle na- zioni. Gli apolidi, invece, erano stati privati della citta- dinanza, nel senso che essa presupponeva una strut- tura statale che, se non ancora completamente totalita- ria, non tollerava alcuna opposizione e preferiva per- dere dei cittadini piuttosto che albergare nel suo seno dei dissenzienti. 86 Quanto fosse perverso questo meccanismo e quan- to sia attuale, viene sottolineato dalla Arendt investen- do della sua critica anche il paese democratico per antonomasia, gli Stati Uniti, allorquando si era creata la possibilit, durante il periodo maccartista, di priva- re della cittadinanza gli americani comunisti. La perdita della cittadinanza quanto di pi of- fensivo si possa fare ad un uomo, agli uomini, perch significa la privazione di uno spazio pubblico di rico- 86 Ibidem, p. 387. ______________________________ 95 noscimento, di un agire politico di concerto che dia peso alle opinioni e alle azioni e che, secondo la Aren- dt, pu realizzare quella dignit di essere-uomini. In questo senso vengono messi in questione gli stessi diritti delluomo ritenuti inalienabili dalla Di- chiarazione dei diritti delluomo e del cittadino del 1789, con cui, per lappunto, si creata la perfetta coin- cidenza di uomo e cittadino. Lapolide segna la crisi di questo rapporto e, di riflesso, anche la crisi dello Stato-nazione perch vie- ne meno quella triade Stato-nazione-territorio, quindi lo stesso concetto di sovranit. Rimedi furono considerati il diritto allasilo, il rim- patrio e la naturalizzazione, ma nessuno di questi fu storicamente e politicamente adeguato. Gli apolidi furono costretti, infatti, ad unesisten- za crepuscolare. La Arendt prende cos una posizione netta e pre- cisa anche rispetto al problema palestinese, quando, cio, venne creato in Palestina lo Stato dIsraele. 96 Sembrava, infatti, che la questione ebraica non dovesse avere una risoluzione, eppure venne affronta- ta con la colonizzazione e la conquista di un territorio, producendo, non a caso, una nuova categoria di apoli- di, i profughi arabi. Quella degli apolidi una nuova categoria da cui ripensare la comunit politica e la stessa figura di po- polo. E come una maledizione che accompagna il sorgere di nuovi stati, fondati sulla falsariga dello sta- to nazionale. Questa maledizione contiene i germi di una malattia mortale per i nuovi organismi. Perch lo stato nazionale non pu esistere una volta infranto il principio di uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Senza questa uguaglianza, che in origine era destinata a sostituire i vecchi ordinamenti della societ feudale, esso si dissolve in una massa anarchica di privilegiati e di diseredati. Le leggi che non sono uguali per tutti danno luogo a privilegi, qualcosa che contrasta con la stessa natura dello stato nazionale. Quando questo non in grado di trattare gli apolidi come soggetti politici 97 e lascia ampio campo dazione allarbitrio delle misu- re poliziesche difficilmente resiste alla tentazione di privare tutti i cittadini del loro status e di governarli con una polizia onnipotente. 87 Secondo tale prospettiva, potremmo dire che sia il capitolo sullAntisemitismo che quello sullImperialismo altro non sono che una continua ricerca, da parte della Arendt, delle ragioni della perdita dellidentit individua- le e collettiva da parte della comunit politica occidentale. Lerrore stato quello di non aver trovato nulla di sacro nellastratta nudit dellessere nientaltro-che- uomo. 88 La nostra vita politica si fonda sul presupposto che possiamo instaurare leguaglianza attraverso lor- ganizzazione, perch luomo pu trasformare il mon- do e crearne uno di comune, insieme coi suoi pari e soltanto con essi. 89 87 Ibidem, p. 402. 88 Ibidem, p. 415. 89 Ibidem, p. 417. ______________________________ 98 La messa la bando e la riduzione delluomo a mera esistenza ha strappato ogni legame del singolo con lumanit, ha impedito il rispetto della pluralit e il riconoscimento che luguaglianza dei popoli solo, e non pu essere che solo giuridica, risultato dellor- ganizzazione umana nella misura in cui si fa guidare dal principio di giustizia. Non si nasce uguali; si di- venta uguali come membri di un gruppo in virt della decisione di garantirsi reciprocamente eguali diritti. 90 Ci che andato storto nella politica, e che ha dato corpo allevento totalitarismo, stato la confu- sione tra sfera pubblica e sfera privata, lo schiaccia- mento del politico sul sociale, la perdita dello spazio pubblico dellazione. 90 Ibidem, p. 417 e ss. ______________________________ CAPI TOLO TERZO LA CATEGORIA TOTALITARISMO Indietro, via di qui, gente sommersa, Andate. Non ho soppiantato nessuno, Non ho usurpato il pane di nessuno, Nessuno morto in vece mia. Nessuno. Ritornate alla vostra nebbia. Non mia colpa se vivo e respiro e mangio e bevo e dormo e vesto panni. (Levi, Il superstite, 1984) Che cosa resta? Resta la lingua materna. (H. Arendt) 100 1. I l mutato sfondo socio-politico tra i due secoli: la nuova societ di massa Rompendo quella linea di continuit causa ed effetto, in alternativa, quindi, al metodo continui- sta dello storico, 91 la Arendt rintraccia nella crisi di valori e nella rottura della tradizione dell Europa occidentale i germi da cui prender corpo il totalita- rismo. Antisemitismo, imperialismo, crisi dello Sta- to-nazione, atomizzazione della societ rappresen- tavano il collasso della societ illuministica e ven- gono puntualmente esaminati sul piano storico, po- litico, sociologico e psicologico, dalla Arendt, per- ch fenomeni nuovi, che mettono in discussione il 91 Circa il rapporto H. Arendt-metodo storico, cfr. in particolare: M. Salvati, Hannah Arendt e la storia del novecento, in Aa. Vv., Nazismo, fascismo, comunismo, Totalitarismi a confronto, a cura di M. Flores, Milano, Bruno Mondadori, 1998; V. Marchetti, Resistenza ebraica, antisemitismo, totalitarismo, in Aa. Vv., Nazismo, op. cit.; A. Engren, op. cit.; G. Even-Gramboulan, Hannah Arendt face lhistoire, in Aa. Vv., Hannah Arendt et la modernit, a cura di A. M. Roviello, Vrin, 1992. ______________________________ 101 lessico politico e filosofico e impongono nuove mo- dalit di comprensione. Che cosa sia il totalitarismo e che cosa abbia si- gnificato per quella sua carica dirompente nella vita della comunit politica analizzato nella terza parte de Le origini del totalitarismo in modo meno schema- tico, ma con altrettanta intensit, a partire dal tramon- to della societ classista e da quel processo di massifi- cazione a cui hanno rivolto la loro attenzione filosofi e storici come T. W. Adorno, W. Reich, E. Canetti, E. Broch, G. Mosse. 92 Maggiore influenza per la Arendt ha avuto State of the Masses di E. Lederer, in cui lautore contrappo- ne alla societ dellopinione pubblica la minaccia di una societ senza classi. Lederer ha studiato il rappor- 92 Sullopera di W. Reich circa la psicologia delle masse e il fascismo e sugli accenni fatto da Adorno sullo stesso argomento, cfr. S. Moscovici, Lge des foules, Paris, Complexe, 1985; E. Canetti, Masse und macht, Hamburg, Classen, 1960, trad. it. Masse e potere, Milano, Rizzoli, 1973; H. Broch, Massenpsycologie, Zrich, Rhein, 1959; G. Mosse, Luomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Bari, Laterza, 1995. ______________________________ 102 to privilegiato della massa con il capo totalitario e ha definito lo stato dittatoriale come fondato sul terrore distruggendo i gruppi sociali di ogni tipo, sradicando la ragione, consegnando luomo alle sue emozioni e istituzionalizzando inevitabilmente le masse. 93 Nella bibliografia de Le origini del totalitarismo, si fa riferimento anche al testo di Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, 94 di cui la Arendt non condivi- de lipotesi deterministica secondo cui meccanico ed inevitabile che la societ moderna arrivi alla massi- ficazione, giacch essa fondata su individui isolati, privi di interessi e responsabilit. In questo senso la Arendt molto pi prossima a Toc- queville e al pessimismo di Burckhardt, che pure avevano sottolineato i rischi di unattrazione a dir poco naturale e 93 E. Lederer, The State of masses. The Treat of the Classless Society, New York, W. W. Norton, 1940, trad. it. parziale, Lo Stato delle masse, in M. Salvati, Da Berlino a New York, Bologna, Cappelli, 1989. 94 J.Ortega y Gasset, La rebelion de las masas, Madrid, Revista de Ocidente, 1929; trad. it. La ribellione delle masse, Bologna, Il Mulino, 1962. ______________________________ 103 spontanea verso sistemi dispotici e autoritari di individui completamente deresponsabilizzati e superflui, appar- tenenti peraltro a tutte le classi sociali. Il termine massa si riferisce soltanto a gruppi che, per lentit numerica o per indifferenza verso gli affari pubblici o per entrambe le ragioni, non possono inserirsi in unorganizzazione basata sulla comunanza di interessi, in un partito politico, in un amministra- zione locale, in unassociazione professionale o in un sindacato. Potenzialmente, essa esiste in ogni paese e forma la maggioranza della folta schiera di persone politicamente neutrali che non aderiscono mai ad un partito e fanno fatica a recarsi alle urne. 95 La Arendt non riconosce alcuna capacit di azio- ne alla massa, che soggetto passivo, facilmente manipolabile, diversamente dallinterpretazione della critica socialista e marxiana che ne d una valenza positiva. 96 95 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 431. 96 R. Williams, Cultura e rivoluzione industriale, Torino, Einaudi, 1968. ______________________________ 104 Indubbiamente ella rimarca che le masse sono il portato della degenerazione dellindividualismo bor- ghese e di una societ atomizzata in cui la competiti- vit e il senso di solitudine dellindividuo erano state contenute dallappartenenza ad una classe, tant che la peculiarit delluomo di massa era lisolamento e la mancanza di relazioni sociali, piuttosto che la brutali- t e la rozzezza. Potremmo dire con il Kornhauser che sotto il profilo oggettivo societ atomizzata, sotto il profilo soggettivo popolazione alienata. 97 Il crollo della muraglia protettiva classiste tra- sform le maggioranze addormentate, fino ad allora a rimorchio dei partiti, in una grande massa, disorganiz- zata ed amorfa, di individui pieni di odio che non ave- vano nulla in comune tranne la vaga idea che le spe- ranze degli esponenti politici in un ritorno dei bei tempi andati fossero campate in aria e che quindi i rappre- sentanti della comunit rispettati come i suoi membri 97 W. Kornhauser, The Politics of Mass Society, Free Press, Glencoe, 1959. ______________________________ 105 pi preparati e perspicaci fossero in verit dei folli, alleatisi con le potenze dominanti per portare, nella loro stupidit o bassezza fraudolenta, tutti gli altri alla rovina. 98 E una massa di uomini disperati e insoddisfatti, come i deracins dei salotti borghesi del tardo Otto- cento e i parassiti e gli avventurieri dellimperialismo. Sono la generazione del fronte, totalmente spo- liticizzata, educata alla guerra e alla vita di trincea, ad un attivismo e ad una esaltazione del proprio io che si riduceva ad un fare qualcosa, di eroico o di crimina- le, che fosse imprevedibile e indeterminato da altri. 99 Il terrorismo di cui si vantavano esprimeva la fru- strazione e lodio di quanti consideravano la guerra, con la sua implacabile arbitrariet, simbolo della mor- te e legge delluniverso nonch origine di un nuovo ordine mondiale. 98 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 436. 99 Ibidem, p. 459. ______________________________ 106 Il processo di massificazione rifletteva la disso- luzione dei legami sociali, lappiattimento della pira- mide sociale, lannullamento delle differenziazioni individuali e di quelle strutture che garantiscono il plu- ralismo in un istituzione democratica. Pi specificamente la societ di massa una con- dizione necessaria, ma non sufficiente, per linstaura- zione di un regime totalitario. La Arendt osserva che per trasformare la dittatu- ra rivoluzionaria di Lenin in un regime totalitario, Sta- lin dovette prima creare artificialmente quella societ atomizzata che in Germania per i nazisti era stata pre- parata dagli avvenimenti storici. 100 Fu necessario, cio, distruggere quegli antichi rapporti di classe, fa- miglia e villaggio molto radicati in Russia fin dal Me- dioevo; annientare le vecchie classi; cancellare le me- morie del passato; operare quello sradicamento che nellEuropa occidentale si era venuto svolgendo gi 100 Ibidem, p. 441. ______________________________ 107 da tempo. La destrutturazione della societ era fina- lizzata alla edificanda societ totalitaria, al nuovo ordine in cui, tuttavia, occorreva mantenere la mobi- litazione, i fattori disgreganti e le spinte massificanti, in modo da impedire la stabilit e il dimensionamento in dittatura monopartitica. Aclassista, antipluralista, il totalitarismo, che pure si basa sulla disponibilit 101 di base della societ di massa, crea il dominio permanente di ogni singolo individuo in qualsiasi aspetto della vita. 102 In questo sfacelo generale di valori e di aspirazio- ni, sia la plebe che llite intellettuale erano attratte dallimpeto dei movimenti totalitari. Il culto della violenza e il gangsterismo sembra- vano smascherare lipocrisia della borghesia. La mo- rale a doppio uso era bersaglio di aspri attacchi da 101 S. Neumann, Permanent Revolution, Harper, New York 1942; D. Fisichella, Elezioni e democrazia. Unanalisi comparata, Bologna, Il Mulino, 1983. 102 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 451 ______________________________ 108 parte degli artisti e degli intellettuali, sia dellarte del- le avanguardie che della letteratura e del teatro. Parti- colarmente significativa, a proposito, fu la calda acco- glienza della ironica Dreigrischenoper di Brecht nella Germania prehitleriana, dramma che identificava i gangsters come rispettabili affaristi e gli affaristi come rispettabili gangsters. La plebe applaudiva perch prendeva lafferma- zione alla lettera; la borghesia, perch era stata cos a lungo ingannata dalla sua stessa ipocrisia da essere stanca della tensione e da trovare una profonda sag- gezza nellespressione della banalit con cui viveva; llite, perch lo smascheramento dellipocrisia era un divertimento meraviglioso. Leffetto era lopposto di quello che si era prefis- sato Brecht. 103 Questa distorta alleanza fra plebe ed lite era ba- sata su un equivoco accidentale: la plebe, in quanto 103 Ibidem, p. 464. ______________________________ 109 scarto della borghesia, pensava che grazie alle masse avrebbe potuto ottenere il potere e rimpiazzare i vec- chi strati della societ borghese; llite, affascinata dal radicalismo totalitario, riusciva grazie ad un certo fa- natismo rivoluzionario, a manipolare e mobilitare le masse, escludendole dai centri vitali del potere. In ogni caso era necessario imbrigliare e allineare la massa di filistei, in cui si identificava il borghesuccio gret- to che in mezzo alle rovine del suo mondo aveva a cuore soltanto la sicurezza personale ed era pronto a sacrificare ogni cosa -fede, onore, dignit- al minimo pericolo. Nulla si rivel pi facilmente distruttibile dellin- timit e della moralit privata di gente che pensava unicamente a salvaguardare lininterrotta normalit della propria vita. 104 104 Ibidem, p.469. Ancora pi incisiva la Arendt quando individua nel buon padre di famiglia il tipo delluomo-massa: Credo sia stato Pguy a chiamare il padre di famiglia grand aventurier du 20 sicle, ma morto troppo presto per imparare che quel tipo duomo era anche il grande crimi- nale del secolo. Eravamo talmente abituati ad ammirare o a canzonare gar- batamante il padre di famiglia per le sue affettuose premure e la sua assidua ______________________________ 110 E saranno proprio costoro a macchiarsi dei pi nefandi crimini, dopo anni di livellamento per mezzo di una propaganda menzognera e una capillare orga- nizzazione di potere. dedizione al benessere della famiglia, per la sua solenne determinazione ad assicurare alla moglie e ai figli una vita agiata, che non ci siamo accorti di quanto il devoto paterfamilias, la cui preoccupazione principale era la pro- pria sicurezza, si fosse involontariamente trasformato, sotto la spinta della caotica situazione economica del nostro tempo, in un avventuriero, al quale non bastava una grande industriosit ed accortezza per essere certo di quello che il giorno sucessivo gli avrebbe riservato. (...) Ci voleva solo il genio satanico di Himmler per scoprire che, dopo una simile degradazione, que- stuomo sarebbe stato completamente disposto a fare letteralmente di tutto quando la posta si fosse alzata e la piatta esistenza della sua famiglia fosse minacciata. (...) Cos oggi pu accadere che quella stessa persona, il tedesco medio, che anni di propaganda nazista non erano riusciti a convincere ad uccidere un ebreo (neppure quando divenne abbastanza chiaro che un siffat- to omicidio sarebbe rimasto impunito), accetti senza opporsi di mettersi al servizio della macchina della distruzione. (...) Diversamente dalle prime unit delle SS e della Gestapo, lorganizzazione totale di Himmler non con- ta sui fanatici, n sugli assassini per natura, n sui sadici; essa fa interamente assegnamento sulla normalit dei lavoratori e dei padri di famiglia, in Col- pa organizzata e responsabilit universale, articolo del gennaio 1945, ora in Ebraismo e modernit, a cura di G. Bettini, Milano, Feltrinelli, 1993. La Arendt rimarca questo carattere della normalit anche quando ritrae Eich- mann in La banalit del male. Eichmann a Gerusalemme, Milano, Feltri- nelli, 1993. ______________________________ 111 2. Gli strumenti del totalitarismo: propaganda, polizia segreta e burocrazia. Lideologia come logica di unidea. La Arendt ritiene che la propaganda sia lo stru- mento di cui il movimento totalitario si serva, almeno in un momento iniziale, perch sia possibile trasfor- mare la natura delluomo. Essa rivolta in particolare alla sfera esterna, cio agli strati non totalitari della popolazione o ai paesi stra- nieri perch evitassero qualsiasi ingerenza interna. La propaganda utilizzava la menzogna e la falsi- ficazione, che erano s accorgimenti potestativi ma con la subdola finalit di sommergere le masse in un mon- do irreale di modo che fossero incapaci di lottare per i propri interessi concreti, si sentissero profondamente sradicate dal tessuto economico-sociale e aderissero pienamente alle astrazioni dellideologia totalitaria. La specificit tecnica della propaganda totalitaria quella di investire gli uomini fin nella profondit 112 psichica usando come espediente il terrore. Pertanto, oltre a forme di propaganda diretta, vi erano altrettan- te forme di propaganda indiretta, miranti a sostenere la mobilitazione totale, la guerra di una popolazione contro se stessa. Ma cosa veniva propagandato? Nessuna propaganda basata sullinteresse puro e semplice pu avere effetto fra masse che essendo caratterizzate principalmente dallestraneit a qualsi- asi corpo sociale e politico, presentano un vero caos di interessi individuali. Il fanatismo dei militanti dei movimenti totalitari, cos diverso qualitativamente dallattaccamento dei membri dei partiti normali, prodotto dalla mancanza di un interesse egoistico delle masse, che sono pronte a sacrificarsi. I nazisti hanno dimostrato che si pu condurre in guerra un intero popolo con lo slogan vittoria o di- struzione (qualcosa che la propaganda bellicista del 1914 avrebbe accuratamente evitato), e ci non in un 113 periodo di miseria, disoccupazione o ambizioni nazio- nali deluse. 105 I movimenti totalitari, secondo la Arendt, svuotano di ogni contenuto utilitaristico i propri fondamenti dottri- nari e annunciano le loro finalit politiche attraverso for- me di predizione infallibile. In questo senso fanno dichia- razioni legate al futuro piuttosto che richiamandosi al glo- rioso passato, pensano nei termini del millennio a veni- re, alimentano la fuga dalla realt delle masse. Prima di tirare intorno a s una cortina di ferro per impedire che il pi lieve rumore esterno turbi la spaventosa quiete di un mondo interamente immagi- nario, essi possiedono gi, grazie alla loro propagan- da, la forza di segregare le masse del mondo reale. 106 La finalit della propaganda, inoltre, non tanto la persuasione quanto lorganizzazione, larte di accumu- lare il potere senza possedere gli strumenti di potere. 105 Ibidem, p.481. Cfr. G. Sartori, Cosa propaganda ?, in Rasse- gna italiana di sociologia, IV, 1962. 106 Ibidem, p.488. ______________________________ 114 Per avere unidea di come si strutturi lorganizzazio- ne totalitaria, la Arendt, in Che cos lautorit, 107 la de- scrive in modo molto pi semplice come una cipolla: nel centro della quale, quasi in uno spazio vuoto, si trova il capo (...). Tra le innumerevoli parti del movimento: le or- ganizzazioni collaterali extrapartitiche, le varie associa- zioni professionali, gli iscritti al partito, la burocrazia del partito, le formazioni di lite e i gruppi paramilitari sono reciprocamente in una relazione tale da costituire, a se- conda del punto di vista, la superficie o il centro della ci- polla: cio, rispetto a uno strato costituiscono il normale mondo esterno, mentre rispetto ad un altro rappresentano il radicalismo pi estremista. Il grande vantaggio del si- stema di fornire a ciascuno strato del movimento, nono- stante il regime totalitario, la finzione di una realt norma- le e, insieme, la convinzione di differenziarsene e di esse- re pi radicale. 107 H. Arendt, Between Past and Future: Six Exercices in Political Thou- ght, London, Faber and Faber, 1961; trad. it. Tra passato e futuro, Mila- no, Garzanti, 1991 ______________________________ 115 In questo modo, ritenendo che ci sia solo una dif- ferenza quantitativa tra ciascuno degli strati, nessuno a conoscenza dell abisso che si venuto a creare tra il mondo artificiale in cui vive e quello reale che lo circonda. Attraverso le organizzazioni frontiste e dei sim- patizzanti viene creata una nebbia di normalit e ri- spettabilit che inganna sui veri caratteri dellideolo- gia del movimento totalitario. Nellisolamento dalle realt, il capo totalitario prende le decisioni dallinter- no della struttura stessa, n dallesterno n dallalto: il suo compito fare da magica difesa contro il mondo esterno e insieme da ponte con esso. 108 La figura del capo come leader del movimento non , comunque, la conditio sine qua non dellinstau- razione del regime totalitario, anche se il Fhrerprin- 108 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 516. Sulla figura del capo: L. Cavalli, Il capo carismatico, Bologna, Il Mulino, 1981; M. Stoppino, Totalitarismo, in N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Di- zionario di politica, cit. ______________________________ 116 zip e il culto della personalit non sono poi irrilevanti. La Arendt, infatti, chiarisce che il principio del capo non di per s totalitario ma ha colto elementi dal- lautoritarismo e dalla dittatura militare. Il Fhrerprinzip poteva collegarsi ad una forte tra- dizione tedesca, ancor pi sentita durante gli anni del sistema presidenziale della repubblica di Weimar, con la reggenza di Hidemburg, e presente nelle forme mi- litarizzanti delle associazioni giovanili e darma, nel diffuso atteggiamento antidemocratico, nelle ideolo- gie dominanti nella burocrazia e nellesercito. Le crisi del 1923 e del 1930 avevano dato nuovo slancio allappello verso luomo forte, un capo cari- smatico, attraverso cui il Fhrerprinzip diventava una sintesi di idee di ordine autoritario e militaresco con forme di legittimazione pseudodemocratico-plebisci- taria, manipolate attraverso la propaganda di massa. E la volont del Fhrer che diventa legge suprema in uno stato totalitario e non i suoi ordini che defini- rebbero una struttura gerarchica. 117 Lautorit non filtra dal vertice agli strati inter- medi fino alla base del corpo politico come nel caso dei regimi autoritari. La ragione effettiva che non c gerarchia senza autorit e che, malgrado i numero- si equivoci sulla cosiddetta personalit autoritaria, il principio di autorit , in tutti gli aspetti importanti, diametralmente opposto a quello del dominio totalita- rio. A prescindere dalla sua origine nella storia roma- na, lautorit in qualunque sua forma sempre desti- nata a ridurre o limitare la libert, ma mai ad abolirla. Il dominio totalitario, invece, mira a distruggerla, ad eliminare la spontaneit in genere, e non si accontenta affatto di una sua riduzione, per quanto tirannica. 109 Tutto deve convergere alla costruzione di un mon- do fittizio: il mondo viene spogliato di quella multi- formit, di quel pluralismo che elemento di disorien- tamento e disintegrazione per le masse. La Arendt tende a sfatare cos un luogo comune 109 Ibidem, p. 555. ______________________________ 118 dei regimi totalitari, che essi siano garanti dellordine e della stabilit. Hitler e Stalin si servirono delle pro- messe di stabilit per nascondere la loro intenzione di creare uno stato di instabilit permanente. Per un movimento totalitario entrambi i pericoli sono mortali: levoluzione verso lassolutismo mette- rebbe fine al suo impeto interno, e unevoluzione ver- so il nazionalismo impedirebbe lespansione esterna, senza la quale non pu sopravvivere. Esso deve ricor- rere a quella che, con Trotsky, si potrebbe chiamare rivoluzione permanente. 110 La rivoluzione totali- taria, dunque, rivoluzione permanente in quanto risponde necessariamente a quella logica di perpetua- zione della guerra civile che lha originata. 110 Ibidem, p. 536. Il termine rivoluzione permanente compare gi in Trotsky nel 1905 a proposito del fallimento dellesperienza dei soviet di Pietrogrado e, in seguito, in polemica contro la cristallizzazione teorica fatta da Stalin del socialismo in un solo paese. Vedi R. Schnur, Rivolu- zione e guerra civile, a cura di P.P. Portinaro, Milano, Giuffr, 1986; L. Pellicani, Dinamica delle rivoluzioni, Milano, Sugarco,1974. Cfr. anche H. Arendt, On revolution, Viking Press, New York, 1963; trad. it. a cura di M. Magrini, Sulla rivoluzione, Milano, Edizioni Comunit 1996. ______________________________ 119 All instabilit permanente fa da contrappeso la completa assenza di struttura: lo stato totalitario non monolitico, anzi, come sistema monopartitico, esso, in concreto, si caratterizza secondo il dualismo Stato- partito o, per alcuni critici, secondo la divisione tra potere reale e potere apparente. 111 La Arendt sostiene che se si considera lo stato totalitario esclusivamente come uno strumento di po- tere lasciando da parte lefficienza amministrativa, in- dustriale ed economica, la sua mancanza di struttu- ra appare il mezzo ideale per lattuazione di quello che i nazisti chiamavano il principio del capo. La con- tinua concorrenza fra gli uffici che, oltre a sconfinare 111 cfr. F. Neumann, Behemoth. The Structure and Practice of National Socialism, Harper & Row, New York 1966. Neumann afferma che il regime nazional-socialista si caratterizzava attraverso quattro centri di potere fondamentali, ciascuno con il proprio esecutivo, legislativo e giu- diziario. Fraenkel, ne Il doppio Stato, cit., teorizza, invece, la compre- senza di uno Stato normativo, non sospeso del tutto, che regola la produzione, ed uno Stato discrezionale, in cui si esprimono gli obiet- tivi programmatici del nazismo, obiettivi accettati dal capitalismo tede- sco purch gli sia riconosciuto il predominio nella sfera produttiva. ______________________________ 120 con lesercizio delle proprie funzioni nei settori altrui sono incaricati di compiti identici, rende pressoch impossibili lopposizione e il sabotaggio. 112 Il segno pi evidente della mancanza di una ge- rarchia la moltiplicazione dellapparato burocrati- co, tant che il cittadino del Terzo Reich era co- stretto a vivere sotto lautorit simultanea e spesso contrastante di poteri concorrenti, come lammini- strazione statale, il partito, la SA e le SS; e non sape- va mai, perch nessuno glielo diceva esplicitamente, quale di queste istanze possedeva unautorit mag- giore. Egli doveva sviluppare una specie di sesto senso per capire a un dato momento a chi obbedire e chi ignorare. 113 Lo stesso accadde in Russia, dove il regime era ricorso in misura ancora maggiore alla continua crea- zione di nuovi uffici per relegare nellombra i vecchi centri di potere. Solo che il gigantesco sviluppo buro- 112 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit, p. 554. 113 Ibidem, p. 548. ______________________________ 121 cratico, inerente a questo metodo, veniva frenato dalle ripetute epurazioni. 114 La differenza sostanziale, secondo la Arendt, tra i due sistemi, nazional-socialista e sovietico, era che Stalin, ogni qual volta trasferiva il potere da un ap- parato allaltro, tendeva a liquidare insieme con lap- parato declassato il suo personale, mentre Hitler, mal- grado lo sprezzante giudizio sulle persone incapaci di saltare al di l della propria ombra, era perfetta- mente disposto ad utilizzare tali ombre anche in se- guito, magari in unaltra funzione. 115 Lo Stato funge da facciata, rappresentando il pae- se per interessi di politica estera; in realt il vero cen- tro di potere la polizia segreta, le cui agenzie sono le cinghie di trasmissione che danno dinamismo al- lazione dello stato totalitario. La polizia segreta completamente soggetta alla volont di chi detiene il potere, interamente alla 114 Ibidem, p. 553. 115 Ibidem, pp. 550-1. ______________________________ 122 merc delle massime autorit per la conservazione del suo lavoro. Al pari dellesercito in uno stato non tota- litario, si limita ad eseguire la politica decisa da altri, avendo perso tutte le prerogative godute nelle buro- crazie dispotiche. 116 La sua caratteristica, dunque, ridotta ad un pia- no meramente esecutivo e una delle ragioni della moltiplicazione dei servizi segreti, i cui agenti non si conoscono, lesigenza di una estrema flessibilit. Per usare il nostro esempio, poteva darsi che le massime gerarchie, al momento della comunicazione del loro ordine, fossero ancora indecise fra una maggiore prov- vista di tubi e unepurazione. La moltiplicazione con- sentiva i mutamenti allultimo momento: era cos pos- sibile che, mentre gli agenti di un servizio preparava- no la concessione dellordine di Lenin al direttore del- la fabbrica, quelli dellaltro servizio si apprestassero ad arrestarlo. Lefficienza della polizia consisteva nel 116 Ibidem, p. 585. ______________________________ 123 fatto di poter preparare simultaneamente lesecuzione di incarichi cos contraddittori. 117 La polizia segreta, che uno strumento di repressione terroristica, non ha il compito di scoprire gli autori di delitti, ma quello di essere pronta quando il governo decide di arrestare una certa categoria della popolazione. La sua unica distinzione di essere la sola a godere la fiducia della massima autorit e a sapere quale linea politica sar attuata. 118 Attraverso la provocazione, i processi e le epurazioni, gli agenti segreti hanno il compito di sta- nare lopposizione. Cosa significa? Ogni forma di governo ha degli oppositori; anzi, in via analitica, possiamo distinguere tra: 1) nemici reali, 2) nemici potenziali, 3) nemici oggettivi, 4) au- tori di delitti possibili, 5) innocenti, 6) amici e se- guaci. Ma ci che caratterizza il totalitarismo il perse- guitare in particolar modo persone e gruppi ricompre- 117 Ibidem, p.583. 118 Ibidem, p.583. ______________________________ 124 si sotto il clich di nemico oggettivo e definiti tali ideologicamente gi prima di conquistare il potere. A sua discrezione, il gruppo di potere individua e persegue un portatore di tendenze 119 che in futuro potrebbe risultare oggettivamente ostile, una catego- ria di persone la cui inimicizia pu apparire plausibile ideologicamente, soprattutto allestero. E il nemico oggettivo, che differisce dal sospetto, individuato dalle polizie segrete, in quanto la sua identit determinata dallorientamento politico del governo, non dalla attivit sovversiva di cui autore. Per questo, riflettendo quel dinamismo intrinseco al movimento totalitario stesso, esaurita una catego- ria, si dichiara guerra ad unaltra, procedendo cos alla tassonomia dei subumani. Ogni operazione contro il nemico oggettivo di turno -il che ci induce a pensa- re che lunico innocente solo chi detiene il potere- viene legittimata sul piano ideologico, secondo la raz- 119 Ibidem. ______________________________ 125 za per i nazionalsocialisti, come nemico della classe operaia per i comunisti. Lesasperazione del nemico oggettivo conduce alla nozione di delitto possibile, cio la presunzio- ne che il crimine possa essere costruito in anticipo su basi ritenute oggettivamente attendibili, anche se in concreto assolutamente improbabili. In questo modo il governo totalitario ammanta con proprie giustifica- zioni le misure terroristiche adottate. La Arendt, tuttavia, dellavviso che con la com- pleta realizzazione del terrore totalitario, vengono ab- bandonati i concetti di nemico oggettivo e delitto logicamente possibile per una coerente arbitrariet: le vittime, innocenti, verranno scelte a caso, senza al- cuna accusa, solo perch dichiarate indegne di vivere. E il modo pi efficace di negare la libert umana. Principio dazione, allora, lideologia, che la Arendt definisce come logica di unidea. 120 120 Nessun termine presenta una vasta gamma di significati cos dispa- rati quanto il termine ideologia. N. Bobbio distingue un significato ______________________________ 126 La sua materia la storia, a cui la idea applicata; il risultato di tale applicazione non un complesso di af- fermazioni su qualcosa che , bens lo svolgimento di un processo che muta di continuo. Lideologia tratta il corso degli avvenimenti come se seguisse la stessa legge del- lesposizione logica della sua idea.(...) Le ideologie non si interessano mai del miracolo dellessere. 121 debole da uno forte. Nel significato debole designa uninsieme di idee e valori che riguardano lordine politico e hanno la funzione di guidare i comportamenti politici collettivi. Per il significato forte fa riferimento a Marx che considera lideologia una credenza falsa, la falsa coscienza dei rapporti di dominazione tra le classi. Nella scienza e nella sociologia politica contemporanea prevale il primo significato, ideolo- gia come concetto neutro, quindi, contrapposto in modo esplicito o im- plicito a ci che pragmatico e arricchito di certi elementi tipici come il dottrinarismo, il dogmatismo, una forte componente passionale e via dicendo. Lideologia lo strumento fondamentale che le lites politiche hanno a disposizione per operare la mobilitazione politica delle masse e per portare ad un grado massimo la loro manipolazione. Cfr. M. Stoppi- no, Ideologia, in N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Dizionario di politica, cit. Per il nesso ideologia-simulazione, E. Voccia, Lideologia della provocazione, in Porta di Massa. Laboratorio Autogestito di Filo- sofia - Simulazione, Napoli, primavera-estate 1996, pp. 6-12. 121 Ibidem, p. 642. Tre anni prima nel lavoro della Arendt, cos Orwell scriveva: Tu credi che la realt sia qualcosa di oggettivo, di esterno, che esiste per proprio conto. E credi che anche la natura stessa della ______________________________ 127 Con certezza assoluta, lideologia pretende di spie- gare, indipendentemente da ogni esperienza ed accer- tamento fattuale, la storia, di obiettivare lintero corso storico, di produrre e dimostrare come eliminabile il nemico, non in quanto oppositore ma come simbolo dellalterit. E il diverso che, necessariamente, deves- sere ricompreso nella totalit dellesistente e annien- tato perch non riconosciuto. Lideologia suggella la totale non appartenenza al mondo degli uomini, la loro superfluit, perch trasforma lisolamento e la solitudine in estraneazio- ne, in perdita non solo dello spazio pubblico ma, so- prattutto, del proprio io. realt sia evidente per se stessa. Se ti persuadi che stai pensando qualco- sa, credi che tutti gli altri vedano quella stessa cosa. Ma io ti dico, Win- ston, che la realt non esterna. La realt esiste nella mente degli uomi- ni, e in nessun altro luogo. Non nelle menti individuali, e cio in questa o in quella, che invece possono commettere errori, e che in ogni caso destinata a svanire prima o poi: ma solo nella mente del Partito, che collettiva e immortale. Qualsiasi cosa il Partito ritiene sia vera, vera. E impossibile vedere la realt se non attraverso gli occhi del Partito, in G. Orwell, 1984, Milano, Mondadori, 1973. ______________________________ 128 E il totalitarismo, abolendo lumanit che in ogni uomo, disprezzando la realt e la fattualit, attua quel supersenso ideologico che pu essere definito come leccedenza di senso su cui fa perno la stessa ideolo- gia, una logica coerente che fa apparire degno di sen- so ogni atto arbitrario, ribaltando la situazione-limite in quotidianit, lillegale nel legale, linsensato nel sensato. La societ dei morenti, in cui la punizione viene inflitta senza alcuna relazione con un reato, lo sfrutta- mento praticato senza un profitto e il lavoro compiuto senza prodotto, un luogo dove quotidianamente si crea linsensatezza. Eppure, nel contesto dellideolo- gia totalitaria nulla potrebbe essere pi sensato e logi- co: se gli internati sono dei parassiti, logico che ven- gano uccisi col gas; se sono dei degenerati, non si deve permettere che contamino la popolazione; se hanno un anima da schiavi (Himmler), non il caso di sprecare il proprio tempo per cercare di rieducarli. Vi- sti attraverso le lenti dellideologia, i campi hanno quasi 129 il difetto di aver troppo senso, di attuare la dottrina con troppa coerenza. 122 Il supersenso ideologico ritiene di aver scoperto la chiave della storia o la soluzione degli enigmi del- luniverso, senza tener conto della fattualit, anzi, di- sprezzandola, e, attraverso una logica deduttiva e co- ercitiva, edificando il suo artificioso sistema. Lantiutilit, lantieconomicit e linsensatezza 123 sono caratteri dominanti per la preservazione del po- tere totalitario. Totalitaria non la pretesa della Russia rivolu- 122 Ibidem, p. 626. 123 Sul carattere irrazionale del totalitarismo, inteso nellassoluta incon- gruenza tra fini da perseguire e mezzi impiegati per perseguirli, cfr. Bar- rington Moore jr., Le origini sociali della dittatura e della democrazia, Torino, Einaudi, 1971; R. Conquest, Il grande terrore, Milano, Monda- dori, 1970; M. Curtis, Retrat from Totalitarianism, in C. J. Friedrich, M. Curtis, B. R. Barber, Totalitarianism in Perspective: Three Views, Prae- ger, New York 1969; A. B. Ulam, Lenin e il suo tempo, Firenze, Vallec- chi, 1967. Contestano questa interpretazione, a favore di una razionalit intrinseca al totalitarismo, R. A. Nisbet, La comunit e lo Stato, Milano, Comunit 1957; J. G. Gliksman, Social Prophilaxis as a From of Soviet Terror, in C. J. Friedrich, Totalitarianism, cit. ______________________________ 130 zionaria che nelle condizione esistenti la dittatura del proletariato sia la miglior forma di governo, bens la catena di deduzioni, tratta soltanto dal dittatore totali- tario, in base alla quale risulta logicamente che senza tale sistema non si pu costruire una metropolitana, che chiunque sa dellesistenza della metropolitana di Parigi sospetto perch potrebbe dubitare della prima deduzione e che, quindi, se fosse possibile, bisogne- rebbe distruggere questa metropolitana, che invero non sarebbe mai dovuta esistere. 124 124 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit, p. 627. ______________________________ 131 3. Terrore e campo di concentramento. La societ dei morenti e il male radicale. La Arendt sottolinea marcatamente che il terrore lessenza del potere totalitario e il campo di concen- tramento la sua istituzione centrale. Possono considerarsi questi tratti distintivi del regime totalitario? 1. Il terrore totalitario Il terrore , secondo una definizione da diziona- rio, lo strumento di emergenza cui un governo ricor- re per mantenersi al potere: lesempio pi noto quello del periodo della dittatura del Comitato di salute pubblica guidato da Robespierre e da Saint- Just durante la Rivoluzione francese (1793-1794). Potremmo riecheggiare Machiavelli, che gi tre se- coli prima ricordava che per ripigliare lo stato, per conservare il potere, era necessario periodicamente spargere terrore e paura; anche Montesquieu ed 132 Hobbes, 125 che riconoscono il terrore luno come ele- mento qualificante di comparazione fra gli Stati, lal- tro come concausa del sorgere del Leviatano sovra- no. Il terrore totalitario ben di pi: qualcosa di pervasivo che si insinua generando un clima di repres- sione e colpa; una violenza imprevedibile intesa come minaccia generica fissa contro lindividuo; un timo- re paralizzante, che si instilla anche in quelli che po- trebbero opporsi attivamente alloppressione. Attraverso la lettura psicoanalitica di Franz Neu- mann, potremmo dire che ogni sistema politico si fon- da su una angoscia nevrotica, che, pur avendo una base reale, allontanare la minaccia di un pericolo, prodot- ta interiormente attraverso lIo. 126 Per il grado di alienazione delluomo moderno, 125 Cfr. Ch. de Secondat de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di S. Cotta, Torino, UTET, 1952; N. Machiavelli, Il Principe, Milano, Fel- trinelli,1995; Th. Hobbes, Leviatano, Bari, Laterza, 1974. 126 F. Neumann, Lo stato democratico e lo stato autoritario, Bologna, Il Mulino, 1973. ______________________________ 133 soprattutto per lalienazione politica che permette una totale obliterazione dellIo, cio lidentificazione del- le masse con un leader abile nel manipolare le co- scienze attraverso teorie cospiratorie, viene a crear- si un contesto fittizio in cui si verificano le seguenti condizioni: che le masse si trovino in una situazio- ne di pericolo oggettivo, che siano incapaci di capi- re il processo storico e che langoscia attivata dal pericolo venga trasformata, attraverso la manipola- zione operata da altri, in angoscia nevrotica perse- cutoria (aggressiva). 127 Se langoscia reale sembra propria nei regimi di tipo liberale, langoscia nevro- tica istituzionalizzata in un sistema totalmente re- pressivo. Il terrore, per Neumann, allora, lincal- colabilit delle sanzioni: lassenza di una certezza giuridica genera quellangoscia nevrotica persecu- toria di cui si avvantaggia il leader o llite per il mantenimento del potere. 127 Ibidem. ______________________________ 134 Cos la Arendt, in Le origini del totalitarismo, scrive: Il terrore estremamente sanguinoso dello sta- to iniziale del regime totalitario serve invero soltan- to a sbaragliare gli avversari e a rendere impossibile ogni ulteriore opposizione; ma il terrore totale si sca- tena solo quando, superato questo stadio, il regime non ha pi nulla da temere dagli oppositori. In proposito si spesso osservato che in tal caso il mezzo diventato il fine, ma ci dopotutto equi- vale semplicemente ad ammettere, in maniera para- dossale, che la categoria mezzo-fine non pi vali- da, che il terrore non pi lo strumento per incutere paura alla gente. 128 2. Il campo di concentramento Il terrore totalitario, che si nutre del nemico og- gettivo, si attua, sostiene la Arendt, nella creazione 128 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit. Cfr. R. Conquest, Il gran- de terrore, cit. ; A. Devoto, La tirrannia psicologica, Firenze, Sansoni, 1960. ______________________________ 135 di un universo concentrazionario. 129 I lager sono listituzione centrale del potere tota- litario. Perch? I campi di concentramento e di sterminio servono al regime totalitario come laboratori per la verifica della sua pretesa di dominio assoluto sulluomo.(...) Il dominio to- tale, che mira ad organizzare gli uomini nella loro infinit, pluralit e diversit come se tutti insieme costituissero un unico individuo, possibile soltanto se ogni persona vie- ne ridotta ad unimmutabile identit di reazioni, in modo che ciascuno di questi fasci di reazioni possa essere scam- biato con qualsiasi altro. Si tratta di fabbricare qualcosa che non esiste, cio un tipo umano simile agli animali, la cui unica libert consisterebbe di preservare la specie. Tale fine viene perseguito sia con lindottrinamento ideo- logico delle formazioni di lite sia col terrore assoluto dei Lager.(...) I Lager servono, oltre che a sterminare e a de- gradare gli individui, a compiere lorrendo esperimento di 129 D. Rousset, Luniverso concentrazionario, Milano, Baldini & Ca- stoldi, 1997. ______________________________ 136 eliminare, in condizioni scientificamente controllate, la spontaneit stessa come espressione del comportamento umano e di trasformare luomo in un oggetto, in qualcosa che neppure gli animali sono. (..) In circostanze normali ci non pu essere ottenuto, perch la spontaneit non pu mai essere interamente soffocata, connessa com non solo alla libert umana, ma alla vita stessa in quanto semplice rimaner vivo. 130 Il campo di concentramento il paradigma na- scosto dello spazio politico della modernit; la sua essenza consiste nella materializzazione dello stato di eccezione e nella creazione di uno spazio in cui diritto e fatto, norma e applicazione diventano indiscernibili. Solo in questo senso possiamo comprendere per- ch esso lo spazio del tutto possibile, quel prin- cipio nichilista in cui si cristallizzano la vita e i metodi del campo tanto da apparire come un contenitore er- meticamente chiuso agli occhi del mondo dei vivi. 130 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit. ______________________________ 137 Per il senso comune, infatti, tutto avvolto in una nube fumogena di insensatezza e le condizioni di inintel- legibilit paradossalmente superano ogni cortina di credi- bilit. Anzi, dice la Arendt, chi parla o scrive sui campi di concentramento ancora considerato con sospetto; e se decisamente ritornato al mondo dei vivi, egli stesso talvolta assalito dai dubbi sulla sua veridicit, come se aves- se scambiato un incubo per realt. 131 Solo l indugio sugli orrori potrebbe aiutare a com- prendere quanto avvenuto, anche se le memorie quanto le testimonianze oculari restano prive di comunicativa. 132 131 Ibidem, p. 601. Cfr. A. Camus, Luomo in rivolta, Milano, Bompiani, 1958. 132 Sullinenarrabilit di quanto accaduto e la testimonianza da affidare alla memoria vedi: P. Levi, Se questo un uomo. La tregua, Torino, Einaudi, 1963 e I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986; H. Langbein, Menschen in Auschwitz, Europa Verlag, Wien 1972, trad. it. Uomini ad Auschwitz, Milano, Mursia, 1984; B. Bettelheim, Surviving and Other Essay, Knopf, New York, 1979, trad. it. Sopravvivere, Milano, Feltrinelli 1991; J. Amry, Jenseits von Schuld und Shne. Bewltigungsversuche eines berwltigten, F. Klett, Stut- tgart, 1977, trad. it. Un intellettuale a Auschwitz, Torino, Bollati Boringhieri, 1987; R. Antelme, LEspce humaine, Paris, 1947, trad. it. La specie umana, Torino, Einaudi, 1976. Per una riflessione cfr. G. Agamben, Quel che resta di Auschwitz. Larchivio e il testimone, Torino, Bollati Boringhieri, 1998. ______________________________ 138 E vero che n i campi di concentramento n i campi di lavoro forzato sono uninvenzione totalitaria. Le fonti 133 sono alquanto scarse; si ritiene che i primi sono stati costruiti dagli spagnoli a Cuba nel 1896 per internare ben 400.000 persone tra vecchi, donne e bambini, senza per questo conoscere il numero totale delle vittime della repressione del generale spagnolo Valeriano Weiler y Nicolau, inventore dei campi di concentramento. Furono organizzati dagli americani nelle Filippine nel 1898 per lo scoppio di uninsurre- zione e nel 1900 dai britannici in Sudafrica contro la guerriglia dei boeri, in particolare quelli del libero Stato di Oranje. Si ebbero accese manifestazioni di protesta 133 Gli studi sui campi di concentramento e sulla loro organizzazione non sono numerosi. Segnaliamo A. J. Kaminski, Konzentrationslager 1896 bis heute. Geschichte, Funktion, Typologie, Mnich, Piper, 1982; trad. it. I campi di concentramento dal 1986 ad oggi. Storia, funzioni, tipologia. Torino, Bollati Boringhieri, 1997. K. Hueser, Wewelsburg 1933 bis 1945. Kultund Terrorstatte der SS, Paderborn, Verlag Bonifatius- Druckerei Paderborn, 1982; M. Broszat, Nationalsozialistiche Konzen- trationslager 1933-1945, in Anatomie des SS-Staates (Band 2), Muni- ch, Deutsche Taschenbuch Verlag, 1967. ______________________________ 139 da parte dellopinione pubblica, grazie alla filantropa Emily Hobhouse che denunci la disumanit e lin- fanticidio del sistema dei campi, colpe infamanti che macchiavano la classe politica inglese. E un ritorno positivo non si fece attendere: i campi vennero chiusi. Non esistono, invece, testimonianze sui campi di concentramento eretti dal regime clerico-fascista au- striaco prima del 1938. Poco dettagliate sono anche le informazioni relative alle condizioni vigenti in Russia prima del 1917: allepoca zarista furono circa trenta- duemila i condannati alla katorga, originariamente la galera, poi pesante pena detentiva comportante i lavo- ri forzati. Si cercato di schiacciare i campi nazionalsocialisti su quelli inglesi ed ispano-coloniali, supposti modelli, ma questa una falsa opinione perch i secondi vennero uti- lizzati nel contesto di guerre coloniali, furono campi per ostaggi, mentre i primi furono creati in tempi di pace e allinterno del territorio nazionale allo scopo di segregar- vi gli avversari ideologici, con un eccessivo zelo per di- 140 stogliere lattenzione da quanto stava accadendo. Per lesperienza sovietica, si utilizzato lacronimo gulag (Glavnoye upravleniye lagerej) che sta per Amministra- zione generale dei campi di lavoro, meglio noti come campi di concentramento, generando qualche confusio- ne concettuale. Specialmente nel regime staliniano, i cui campi di concentramento erano per lo pi descritti come cam- pi di lavoro coatto perch la burocrazia aveva voluto nobilitarli con tale nome, era chiaro che non si trattava di questo; il lavoro coatto era la condizione normale di tutti i lavoratori russi, che non avevano libert di spostamento e ad ogni istante potevano essere arbitra- riamente mobilitati per linvio in qualsiasi luogo. 134 Linserimento dei campi di concentramento nella societ sovietica veniva giustificato negli anni ven- ti come conseguenza della pianificazione generale del- leconomia. 134 Andrzej J. Kaminski, I campi di concentramento dal 1986 ad oggi. Storia, funzioni, tipologia. Torino, Bollati Boringhieri, 1997. ______________________________ 141 Il dubbio sullopportunit di parlare di campi di concentramento o meno nell Unione Sovietica na- sce dal fatto che la maggioranza dei detenuti veniva deportata - ricordiamo che i campi sovietici sono stati aboliti da M. S. Gorbacev- per un periodo stabilito in base ad una sorta di sentenza che richiamava talune leggi penali, e, quindi, da una prospettiva giuridico- formale i gulag dovrebbero essere equiparati non gi ai campi di concentramento, bens ai campi di puni- zione nazionalsocialisti. Un aspetto significativo dei campi di concentra- mento sovietico consisterebbe nella legalizzazione dellarbitrario. Gunther Specovius sostiene che a differenza del- lo Stato nazionalsocialista, lUnione sovietica cono- sce soltanto campi di punizione o le odierne colonie di lavoro correzionale, per i quali prevista una con- danna a tempo determinato, mentre la condanna a cam- pi di concentramento, come quelli istituiti dai nazisti, prevedeva la detenzione a tempo indeterminato. 142 Le condanne a vita erano e sono estranee al dirit- to penale sovietico. 135 Si sa, tuttavia, che soprattutto durante il periodo delle purghe staliniane, i processi e le pene detentive sono state delle farse e che i campi sono stati strumen- ti arbitrari della polizia finalizzati alla conservazione di un potere politico totalitario. In particolare, nella realizzazione unitaria di una societ senza divisioni interne, compatta, interamente votata ad uno scopo comune attraverso le varie attivit, attenta, quindi, ad eliminare i parassiti, gli elementi nocivi ed i rifiuti, si poteva essere condannati in base all art. 58 del Codi- ce penale, consistente, nel capitolo dei delitti contro lo Stato, di 14 punti in cui si viene dichiarati nemi- co del popolo. Si trattava di un autentico minestrone perch era molto semplice affossare un uomo, soprat- tutto per due punti, talmente vaghi da poter essere ap- plicati a chiunque, il punto 10: propaganda antirivo- 135 Ibidem. ______________________________ 143 luzionaria, ribattezzata antisovietica; e il punto 12: mancata delazione. La delazione uno degli strumenti in uso del to- talitarismo, necessaria per creare quella fitta trama di sospetto che rende il popolo nemico di se stesso, cos come la tortura e la presenza e lattivit della polizia segreta, interamente alla merc di chi detiene il pote- re. Si tratta, tuttavia, di caratteri comuni anche a for- me di governo autoritari, non rappresentano caratteri distintivi del totalitarismo quanto il terrore e listitu- zione dei campi di concentramento. La domanda inquietante : in questo spazio, che non esterno, eppure posto fuori dellordinamento giuridico riconosciuto -il campo di concentramento escluso ed incluso nello stesso tempo nel territorio nazionale-, quale diritto, quale norma riconosciuta? Dovremmo identificare il campo come quello stato di eccezione di cui parla Schmitt, in cui la norma sospesa e la decisione, in virt dellarticolo 48 della Costituzione di Weimar, solo del capo dello Stato. 144 Dovremmo, anzi, sostenere che lo stato di ecce- zione voluto, cio per esso il sovrano non si limi- ta pi a decidere sulleccezione, comera nello spirito della costituzione di Weimar, sulla base del riconosci- mento di una data situazione fattizia (il pericolo della sicurezza pubblica): esibendo a nudo lintima struttu- ra di bando che caratterizza il suo potere, egli produce ora la situazione di fatto come conseguenza della de- cisione sulleccezione. 136 E dovremmo aggiungere che nella parvenza di un diritto totalitario viene ma- scherato il disordine, il caos, la violenza, anche la mancanza di un conflitto in quanto si nega la diversi- t, lesistenza dellaltro. Colui che viene messo al bando non solo messo al di fuori della legge ed indifferente a questa, ma abbandonato da essa, esposto ad una soglia dove vita e diritto, esterno ed interno si confondono. Il sistema dei campi era un mondo in cui non 136 G. Agamben, Homo Sacer, Torino, Einaudi, 1995. ______________________________ 145 valevano le regole e i costumi morali che reggevano la normale societ tedesca. In quel nuovo mondo il tedesco o la tedesca nazisti potevano trattare i tede- schi cos come pareva loro giusto, in base alla conce- zione ideologica che avevano delle vittime, e ai pi bassi e profondi impulsi personali. Il nazismo, nel mondo dei campi, lasciava loro mano libera. 137 Del resto se partiamo dal presupposto che linter- nato vive una vita indegna di essere vissuta, chia- ro che ci che il totalitarismo tende a creare una so- ciet di morti viventi, interamente piegati, liquidati di 137 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler. I tedeschi comuni e lOlocausto, Milano, Mondadori, 1997. Lo storico ebreo, contrariamen- te alla maggior parte delle ricerche sullOlocausto, sostiene lidea della responsabilit individuale dei tedeschi: lopposto della colpevolezza collettiva. In questo modo, passando da unimputazione collettiva e morale ad una personale, si eviterebbe la difficolt implicita nel proces- sare e nel condannare i criminali nazisti, la trasferibilit sul piano giudi- ziario. La Arendt non sarebbe daccordo perch verrebbe meno un ca- rattere del totalitarismo, la negazione di ogni filtro tra responsabilit individuale e responsabilit collettiva. In un sistema totalitario, colpe- volezza e innocenza diventano concetti senza senso cosicch ci sono crimini che gli uomini non possono n punire n perdonare, in H. Aren- dt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 628. ______________________________ 146 ogni carattere umano, incapaci soprattutto di opporsi. La Arendt li eguaglia al cane di Pavlov che lesem- plare umano ridotto alle reazioni pi elementari, elimina- bile o sostituibile in qualsiasi momento con altri fasci di reazioni che si comportano in modo identico, il cittadino modello di uno stato totalitario, un cittadino che pu esse- re prodotto solo imperfettamente fuori dei campi. 138 E solo in questo senso che pu realizzarsi quellide- ale -che ogni buon senso ritiene unutopia irrealizzabile- di societ totalitaria, in cui possibile impadronirsi inte- ramente delluomo per trasformarlo in cittadino modello. La fabbricazione massiva e demenziale di cadave- ri non che lultimo episodio di una pice in tre atti di cui il titolo potrebbe essere: la preparazione storicamente e politicamente intelligibile dei cadaveri viventi. 139 138 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 624. 139 Ibidem, p. 612. E la fabbricazione in massa dei cadaveri, riflesso di un meccanismo di produzione, la peculiarit del genocidio dei regimi totalitari: la morte viene privata di ogni sacert e lindividuo intera- mente assoggettato al potere perch cadavere-vivente. Cfr. T. W. Ador- no, Minima moralia, Torino, Einaudi, 1997; M. Foucault, Il faut dfen- dre la socit, Gallimard-Seuil, Paris, 1997. ______________________________ 147 Il primo passo avviene uccidendo il soggetto di diritto che nelluomo, attraverso la snazionalizza- zione e ponendo il Lager al di fuori del sistema penale ordinario; poi si procede attraverso luccisione della personalit giuridica; infine, con la soppressione della personalit morale, trionfo dellideologia totalitaria, per cui la coscienza non pi sufficiente e decidere cosa sia bene e cosa sia male come valutare assassi- nio e assassinio. Chi potrebbe risolvere il dilemma morale della madre greca a cui i nazisti concessero di scegliere quale dei suoi tre figli doveva essere ucciso?. 140 Al fine di trasformare gli uomini in morti viventi, latto conclusivo era lannientamento della loro peculia- re identit, la soppressione di quella spontanea unicit la quale foggiata in parti uguali dalla natura, dalla vo- lont e dal destino, ed diventata una premessa cos evi- dente che persino gemelli identici ispirano un certo disa- 140 Ibidem, p. 619. ______________________________ 148 gio, suscita un orrore che mette in ombra lo sdegno della persona giuridico-politica e la disperazione della perso- na morale. E questo orrore che d luogo alle generaliz- zazioni nichilistiche, le quali sostengono, abbastanza plau- sibilmente, che in fondo tutti gli uomini indistintamente sono bestie. In verit, lesperienza dei campi di concen- tramento dimostra che gli uomini possono essere trasfor- mati in esemplari dellanimale umano, e che la natura umana soltanto nella misura in cui schiude alluomo la possibilit di diventare qualcosa di estremamente innatu- rale, cio un uomo. 141 Se nel campo criminali e politici potevano ancora rivendicare un brandello di capacit di riconoscimento di se stessi e dei propri simili, un ultimo autentico re- siduo della loro personalita giuridica 142 in quanto ap- partenevano ad una precisa categoria, avevano fatto qualcosa, coloro che venivano del tutto annientati era- no gli innocenti, vittime confuse di arresti arbitrari. 141 Ibidem, pp. 623-624. 142 Ibidem, p. 616. ______________________________ 149 La Arendt ha osservato che larresto arbitrario come pratica terroristica e strumento ideologico di- strugge la validit del libero consenso come la tortura distrugge la possibilit dellopposizione. 143 Larbitrariet nella selezione del nemico oggettivo la linfa del sistema concentrazionario. Poich il fine era di avere una popolazione dei campi composta da innocen- ti, esso veniva a negare la libert umana pi efficacemente che qualsiasi tirannide. In una tirannide, infatti, bisognava essere un avversario per essere punito, essere allopposi- zione e osare la libert di opinione. Teoricamente, anche in un regime totalitario si poteva scegliere di stare allop- posizione, ma siffatta libert cessava nel momento in cui si profilava la possibilit di appartenere a quella moltitu- dine scelta arbitrariamente perch ideologicamente inde- siderabile per il regime. La libert in questo sistema non solo ridotta alla sua ultima garanzia, palesemente indistruttibile, la possi- 143 Ibidem, p. 617. ______________________________ 150 bilit del suicidio, ma ha anche perso il suo carattere di- stintivo, perch le conseguenze del suo esercizio sono condivise con persone completamente innocenti. 144 La spoliazione dellindividualit, inoltre, privava luomo della sua stessa morte: niente pi gli apparte- neva ed egli non apparteneva pi a nessuno, come se non fosse mai esistito. Nei paesi totalitari le prigioni e i lager sono organiz- zati come veri e propri antri delloblio in cui chiunque pu andare a finire senza lasciare neppure le usuali tracce del- lesistenza di una persona, un cadavere e una tomba. In confronto di questa modernissima invenzione per elimi- nare la gente il vecchio metodo dellassassinio, politico o comune, appare davvero inefficiente e primitivo. Lassassino lascia dietro di s un cadavere e, ben- ch si sforzi di fare sparire le tracce della propria iden- tit, non ha alcun potere di cancellare lidentit della vittima dalla memoria dei viventi. 144 Ibidem, p. 592. ______________________________ 151 Lazione della polizia segreta, al contrario, riesce mi- racolosamente a far s che la vittima non sia mai esistita. 145 E lirruzione del male radicale, quel male che la teologia cristiana e la tradizione filosofica, in partico- lare Kant, non ha mai potuto definire se non in negati- vo, come deficienza dellessere. Quando limpossibile stato reso possibile, di- ventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva pi essere compreso e spiegato con i malvagi motivi dellinteresse egoistico dellavidit dellinvidia, del risentimento, della smania del potere, della vigliaccheria; e quindi la collera non poteva vendicare, la carit soppor- tare, lamicizia perdonare, la legge punire. 146 145 Ibidem. 146 Ibidem, p. 628. Sul male radicale cfr. La banalit del male. Eichmann a Gerusalemme, cit. Per un commento critico: Il male, in R. Esposito, Nove pensieri sulla politica, Bologna, Il Mulino,1993; P. Amodio, Il problema del male nella riflessione di Hannah Arendt, estratto dagli Atti dellAcca- demia di Scienze morali e politiche, vol. C- 1989. In particolare R. Esposi- to, associando il male con la libert e la legge, scrive: Il male in politica lautosoppressione della libert nella forma delleliminazione violenta del suo stesso presupposto. E per questo che portato al livello di massima radicalit nellesperienza totalitaria. E tuttavia ci non significa che coinci- ______________________________ 152 Il male di cui parla la Arendt e che rende lesperienza di Auschwitz, inteso come la metafora del campo totalita- rio, del tutto singolare, lo strappo della nostra realt, la lacerazione della nostra esperienza, il trauma del nostro pensare. Esso il trionfo di un sistema in cui tutti gli uomini sono divenuti egualmente superflui, lacme di quel non- pensiero proprio delluomo-massa che ha eliminato ogni possibilit di senso comune e spazio politico. 147 da con essa. Diciamo che il totalitarismo il suo esito estremo, il suo com- pimento assoluto. Ma non la sua origine. Altrimenti verrebbe meno la con- traddittoria compresenza di male e libert. Perch essa sia tenuta ferma necessario ipotizzare che quello stesso male che ha raggiunto il proprio cul- mine nel campo totalitario nasca allinfuori -e prima- di esso. Che anzi il suo seme spunti allorigine della nostra concezione della politica e sia latente addirittura in quellevento che al totalitarismo paradigmaticamente si oppo- ne come la genesi medesima della libert. 147 Il problema del male rinvia a quello della responsabilit. Era possibile non appoggiare i crimini politici legalizzati dal sistema? Sarebbe stato pos- sibile evitare la responsabilit giuridica e morale? Laccettazione di un male minore, come taluno ha sostenuto, discusso insieme alla tematica della responsabilit dalla Arendt nel saggio pubblicato su MicroMega, 4, 1991, pp. 185-206 dal titolo Responsabilit, ora anche in Aa. Vv., Oltre la politi- ca. Antologia del pensiero impolitico, a cura di R. Esposito, Milano, Bru- no Mondadori, 1996. ______________________________ CAPI TOLO QUARTO IL TOTALITARISMO A CONFRONTO CON LA MODERNIT POLITICA Linizio, prima di diventare avvenimento storico, la suprema capacit delluomo; politicamente si identifica con la libert umana. Initio ut esset creatus est homo (affinch ci fosse un inizio fu creato luomo), dice Agostino. Questinizio garantito da ogni nuova nascita, in verit ogni uomo. (H. Arendt) 154 1. Definizione del regime totalitario Il totalitarismo levento con cui necessariamen- te e costantemente dobbiamo confrontarci per com- prendere il nostro presente. Non possiamo spiegare quanto accaduto dopo Auschwitz o Kolyma se non teniamo conto della frat- tura che il totalitarismo, nella sua dimensione empiri- ca, ha imposto al pensiero e allesperienza democrati- ca occidentale. Comprendere non significa negare latroce, de- durre il fatto inaudito da precedenti, o spiegare i feno- meni con analogie e affermazioni generali in cui non si avverte pi lurto della realt e dellesperienza. Si- gnifica piuttosto esaminare e portare coscientemente il fardello che il nostro secolo ci ha posto sulle spalle, non negarne lesistenza, non sottomettersi supinamente al suo peso. Comprendere significa insomma affrontare spre- giudicatamente, attentamente, la realt, qualunque essa 155 sia. 148 E la riflessione, poi, che, in sede teorica, ci consegna quellidealtipo con cui operare la verifica, chiudendo cos il cerchio: noi partiamo dalla singola- rit dellevento per analizzarlo con strumenti concet- tuali nuovi e andarlo a verificare concretamente, te- nendo conto delle analogie e differenze, variabili che obbligatoriamente devono rientrare nellanalisi, una volta che il modello euristico ha individuato le grandi direttrici. La Arendt non sarebbe daccordo ad una esten- sione del totalitarismo ad altre forme che non siano i regimi di Hitler e di Stalin. In questo stata molto chiara. Il totalitarismo nasce per la crisi della societ borghese, anche laddove, in Russia ad esempio, ne arriva solo lesperienza. Nasce per la crisi dei grandi valori democratici; antisemitismo, imperialismo e per- 148 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. XXXIV. Vedi anche Understanding and Politics, in Partisan Rewiew, XX, IV, !953; trad. it. Comprensione e politica. in La disobbedienza civile, Milano, Giuffr, 1985. ______________________________ 156 dita dei diritti umani ne sono gli elementi denotativi. Nasce per la crisi dello Stato-nazione e la perdita del- lo spazio e del pluralismo politico. Totalitario, dunque, quel regime che presenta i seguenti caratteri: atomizzazione della societ ed estraneazione degli individui; movimento rivoluzionario recante una ideologica vi- sione del mondo; assenza di struttura per lintrinseca capacit di mo- bilitazione; istituzionalizzazione del caos; terrore organizzato al fine di privare gli uomini di ogni spontaneit; sistema dei lager e dei campi di concentramento. E in questo senso che per la Arendt noi non pos- siamo confondere il totalitarismo n con le dittature a partito unico n coi regimi autoritari. Che il totalitarismo possa nuovamente accadere, non possibile prevederlo aprioristicamente. 157 Gli storici sono alquanto scettici, poich concre- tamente di esso non se ne mai data una realizzazione completa, n secondo un modello di societ n tramite la creazione di uomo nuovo. Il totalitarismo, in effetti, porta con s i germi del- la propria autodistruzione. E anche in questo senso la Arendt stata profetica. Scrive, infatti, nelle pagine conclusive de Le ori- gini del totalitarismo: Le soluzioni totalitarie potreb- bero sopravvivere alla caduta dei loro regimi sotto for- ma di tentazioni destinate a ripresentarsi ogni qual- volta appare impossibile alleviare la miseria politica, sociale od economica in maniera degna delluomo. 149 Ma che senso ha parlare di tentazioni totalitarie? 150 149 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 429. 150 Secondo Habermas, la Arendt ha messo correttamente in evidenza limportanza del potere comunicativo nelle strutture della sfera pubbli- ca, la cui mancanza o soppressione d luogo ai movimenti di massa che sottendono al regime totalitario. Parlare oggi di tentazioni totalitarie, in un epoca post-totalitaria, dovrebbe farci pensare alla nuova forma di massificazione imposta dai media, per i quali gli spettatori elettronica- mente irretiti solo apparentemente prendono posizione, nel senso che ______________________________ 158 Forse che esso pu essere una deviazione della demo- crazia occidentale, qualora si diano particolari contin- genze storiche? Cos che viene meno? Se il totalitarismo rappresenta leclissi del politi- co nel XX sec., allora proprio il politico che va ri- pensato attraverso un nuovo criterio: la libert. Non un caso che la Arendt sostenga che ci che andato storto la politica. 151 Se per la modernit la politica -o il politico- si identificata con lo Stato, se vero che la crisi dello Stato-nazione ha contribuito allaccadere del totalita- rismo, se anche vero che con esso si dato scacco al pensiero occidentale, di cui gi era stata preconizzato permangono strutture che bloccano lo scambio orizzontale di sponta- nee prese di posizione (ossia luso delle libert comunicative), e che inducono gli isolati e privatizzati spettatori a collettivizzare in maniera scoraggiante le loro idee. J. Habermas, Colloquio su alcuni problemi di teoria politica. Unintervista di M. Carleheden e R. Gabriels, in Infor- mazione filosofica, n. 28, maggio 1995, pp.21-22. 151 H. Arendt, Was ist Politik?, R. Piper GmbH & Co KG, Mnchen, 1993; trad. it. a cura di M. Bistolfi, Che cos la politica?, Milano, Edi- zioni Comunit, 1995. ______________________________ 159 il tramonto, allora occorre operare dei distinguo nel- lordine del lessico politico, creare nuovi paradigmi con cui decifrare la complessit dellesistente: torna- re, quindi, alle origini dellesperienza umana, al di fuori di ogni incrostazione metafisica, al di l di ogni con- fusione concettuale. 160 2. Lo Stato-Leviatano di Hobbes e lo Stato totalitario. Confronto legittimo? In Le origini del totalitarismo, la polemica della Arendt non solo diretta alla grande scuola del diritto degli anni 30, di cui Schmitt ne era il portavoce pi influente, ma anche ai teorici del pensiero borghese, Hobbes e Rousseau, teorici della sovranit ovvero di quella capacit dello Stato di essere un unico centro di potere e il soggetto esclusivo della politica. Il monismo statuale, inteso come reductio ad unum della pluralit dellazione umana, uno dei caratteri della modernit che ha contribuito alla formazione della mentalit totalitaria. Con ci, tuttavia, la Arendt non vuol sostenere che Hobbes o Rousseau siano i padri del totalitarismo. Scrive la Arendt che Hobbes lunico grande fi- losofo della borghesia perch la sua concezione del- lindividuo un ritratto quasi completo, non dellUo- mo in quanto tale, ma delluomo borghese, un analisi 161 che in trecento anni non ha perso dattualit n stata superata. 152 Luomo borghese una funzione della societ e la volont di potenza la sua passione fondamentale. La relazione tra gli uomini che dovrebbe fondare il corpo politico , secondo la visione che la Arendt ha della teoria politica hobbesiana, connessa esclusiva- mente allinteresse privato, senza, quindi, vincoli per- manenti, n responsabilit e solidariet. In Hobbes luomo sempre solo, le sue azioni hanno carattere privato e lo stesso Commonwealth, basato sulla delegazione dei poteri, in realt, qualora venissero meno i presupposti del patto, manifesta la sua fragilit perch, non essendovi una comunit ge- nuina, ognuno proteggerebbe se stesso. Il Com- monwealth di Hobbes una struttura vacillante che deve procurarsi sempre nuovi puntelli dallesterno; 152 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, op. cit., p. 196. Th. Hobbes, Leviatano, Roma-Bari, Laterza, 1989. Per una lettura del pensiero hobbe- siano: G. Borrelli, Ragion di Stato e Leviatano, Bologna, Il Mulino, 1993. ______________________________ 162 altrimenti precipiterebbe di colpo nellinsensato assur- do caos degli interessi privati da cui scaturito. 153 Il privato, il sociale, si confuso con la sfera pub- blica; il potere e la necessit hanno avuto il monopo- lio sui diritti e la libert. Lo Stato-Leviatano di Hobbes precorre sul piano ideale lo stato totalitario? Sarebbe impossibile non pensarlo se tenessimo solo conto dellincisione a mo di frontespizio dellope- ra hobbesiana: questo sovrano mostruosamente gran- de che sovrasta il mondo reggendo la spada e il pasto- rale, simboli del potere temporale e religioso, il cui corpo formato da tanti minuscoli sudditi, i molti, da cui esso prende vita e potere. La Arendt mette in evidenza come la concezione uni- taria dello Stato in Hobbes ha sacrificato la pluralit e ha distrutto lo spazio politico: lunit si realizzata nel do- minio. E il dominio distrugge lo spazio politico. 153 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., p. 198. ______________________________ 163 La ragion dessere dello Stato hobbesiano nel bisogno di sicurezza dellindividuo che si sente mi- nacciato dai suoi simili e luguaglianza tra i sudditi non luguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge perch hanno uguali diritti e uguale dignit, bens unuguaglianza che poggia le sue fragili basi sulla concezione della forza nella lotta per il potere. Linteresse privato, dunque, il bene comune, il po- tere la forza e ad una accumulazione illimitata di beni corrisponde unaccumulazione illimitata di po- tere: da qui lintrinseca instabilit del Commonwe- alth, basato, appunto, su una delegazione di potere piuttosto che di diritti. La versione verticale del potere che si trova in Hobbes, in virt del patto di soggezione, comporta che ciascun individuo dia il suo consenso ad essere sottoposto ad un governo, il cui potere consiste nella somma totale delle forze che tutti i singoli individui hanno incanalato in esso, e che vengono monopoliz- zate dal governo per il preteso beneficio di tutti i 164 sudditi. 154 Lazione dei pattuenti, cio, vincolata alla rinuncia di uno spazio politico, quindi allazione interrelata, e ci che ne deriva lisolamento, lato- mizzazione degli individui. Lazione -dice la Aren- dt- non mai possibile nellisolamento; essere isolati significa essere privati della facolt di agire. 155 Pi che come autore di una possibile Weltaschau- ung totalitaria, tuttavia, per la Arendt, Hobbes contri- buisce a quella ideologia progressista del tardo XIX sec. che preannuncia lascesa dellimperialismo. Lo stessa critica, potremmo dire, traspare nella valutazione della volont generale in Rousseau, che pure considerato padre dei giacobini e teorico della democrazia diretta. La Arendt mette in evidenza che anchegli opera quella reductio ad unum dello Stato che azzera il pluralismo come singolare capacit 154 H. Arendt, Sulla rivoluzione, cit. Lopera, pubblicata dalla Arendt nel 1963, stata riedita nel 1965 con alcune piccole ma importanti modifiche. 155 H. Arendt, The Human Condition, Chicago, The University of Chi- cago Press, 1959; trad. it. Vita Activa, Milano, Bompiani, 1964, p. 137. ______________________________ 165 dazione degli individui e fa coincidere la volont ge- nerale con la sovranit unica e indivisibile. Secondo la Arendt la sovranit non pu essere confusa con lautorit. Tale identificazione darebbe luogo a deviazioni dittatoriali perch da una stessa matrice, sovranit=autorit, deriverebbero il potere e lautori- t, la legalit e la legittimit, istanze che, invece, do- vrebbero restare separate per il corretto funzionamen- to delle istituzioni democratiche. Ci che ha a cuore la Arendt, in effetti, capire come sia possibile che le democrazie possano deviare in dittatu- re e totalitarismo, se sono gi in esse i germi di questa devianza e quale la condizione ottimale, se esiste, per- ch questa deviazione verso il terrore o verso il dominio totalitario di una maggioranza non accada. Il suo approccio ermeneutico consiste nello stu- diare lorigine delle democrazie moderne, la fonda- zione di queste come fondazione del nuovo, la crea- zione, nel senso romano del termine, di una tradizione 166 e di una autorit. Ella si pone, cio, questo interrogati- vo: stata possibile la fondazione di un nuovo corpo politico in cui ogni singolo ha potuto partecipare alla vita politica? E come? Cosa ha significato fondare un corpo politico sulla libert? Che cosa storicamente avvenuto? 167 3. Linedito nella storia: le rivoluzioni. Liberazione da o libert di: qual il fondamento del nuovo corpo politico? La politica come natalit. La Arendt individua nella rivoluzione il momen- to in cui possibile laffermazione, nellet moderna, di una politica autentica, intendendo per et moder- na quel periodo di tempo in cui sembra che lazione politica progressivamente vada scomparendo fino ad estinguersi del tutto con il totalitarismo. La rivoluzione, anzi la storia delle rivoluzioni, quella americana del 1776, quella francese del 1789, infine quel- la ungherese del 1956, diventano, quindi, la chiave inter- pretativa dei fenomeni storici moderni. 156 156 Alcune critiche sono state mosse a riguardo: 1) Habermas sostiene che la Arendt abbia distinto e contrapposto una buona ed una cattiva rivoluzione, luna politica, la rivoluzione americana, laltra sociale, quella francese. Si potrebbe obiettare che la Arendt comunque sottolinea che la rivoluzione americana fallisce nei suoi effetti perch i cittadini poi in- tendono la libert come libert della sfera privata contro il mondo poli- tico. 2) Lo storico Hobsbawm ritiene che la Arendt avrebbe dovuto te- ______________________________ 168 Che cosa sintende per rivoluzione? 157 La Arendt cerca di recuperare il significato au- tentico della nozione in relazione con i concetti di li- bert e potere, anchessi sclerotizzati da schemi e teo- nere in debito conto anche la prima rivoluzione inglese. Questo non possibile perch la Arendt stata molto pi attenta a quelle rivoluzioni che sul piano delle istituzioni hanno dato luogo a delle reali modifiche: la rivoluzione dei livellatori stata una rivoluzione mancata, sebbene abbia aperto la strada alla monarchia costituzionale. 3) Per Nisbet la Arendt ha minimizzato la questione sociale presente in America. Questa obiezione non tiene conto, tuttavia, che non cera la stessa pressione sul governo americano come dei sanculotti sui giacobini, n le stesse ver- tenze economiche. 157 La rivoluzione il tentativo accompagnato dalluso della violenza di rovesciare le autorit politiche esistenti e di sostituirle al fine di effet- tuare profondi mutamenti nei rapporti politici, nellordinamento giuri- dico-costituzionale e nella sfera socio-economica. (...) La necessit del- limpiego della violenza come elemento costitutivo di una rivoluzione pu essere teorizzato in astratto, ma senza fondamenta storiche, rilevan- do come le classi dirigenti non cedano il loro potere spontaneamente e senza opporre resistenza e come quindi i rivoluzionari siano costretti a strapparlo loro con la forza, e sottolineando inoltre che i mutamenti in- trodotti dalla rivoluzione non possono essere accettati pacificamente, poich significano perdita di potere, status e ricchezza per tutte le classi colpite. (...) ...in taluni casi le rivoluzioni sono forzature della storia, forse inevitabili ma pur sempre forzature. G. Pasquino, Rivoluzione, in N. Bobbio, N. Metteucci, G. Pasquino, Dizionario di politica, op. cit. ______________________________ 169 rie reciprocamente escludentisi. Ella sostiene che non esiste il mito della violenza rivoluzionaria creatrice, n che la rivoluzione vada interpretata come una fi- gura del progressivo avanzare dello spirito assoluto oppure come lo sbocco necessitato delle contraddizioni economico-sociali. Lontano dalla prospettiva hegeliana e marxista, la Arendt opera un distinguo tra libert e liberazione: la liberazione pu essere una condizione della liber- t, ma assolutamente da escludere che vi conduca automaticamente; (...) il concetto di libert implicito nella liberazione pu essere solo negativo, e quindi lintenzione di liberare non si identifica col desiderio di libert. 158 La libert non pu essere liberazione da cos come levento rivoluzionario non pu essere necessitato o de- terminato da forze storiche. Esso, anzi, si sostanzia della libert che ci che appare nella relazione plurale tra gli 158 H. Arendt, Sulla rivoluzione, cit. ______________________________ 170 uomini che partecipano alla vita pubblica, capacit cora- le di dare vita e partecipare al nuovo assetto politico. Libert non necessit n atto di volont. La rivoluzione, dice la Arendt, si decide da sola, sulla base di fatti ed avvenimenti per i quali gli uomini sono attori-spettatori e non autori. Vicina alla teoria di Rosa Luxemburg, ella ritiene che una buona organizzazione dellazione rivoluzio- naria pu e deve essere appresa nel corso stesso della rivoluzione, allo stesso modo in cui si impara a nuota- re soltanto nellacqua. (...) Le rivoluzioni non sono fatte da nessuno, ma erompono spontaneamente. 159 Le rivoluzioni sono gli eventi che irrompono nel- la routine della storia e ne cambiano il volto; sono atti inaugurali di un nuovo inizio, la cui conoscenza, da parte dei protagonisti, emerge solo dopo che essi erano giunti, in gran parte contro la loro volont, ad un pun- to da cui non si poteva tornare pi indietro. 160 159 Ibidem. 160 Ibidem. ______________________________ 171 Il termine rivoluzione venne mutuato dallastro- nomia e solo nel 1660 venne utilizzato per designare un cambiamento politico, la restaurazione della mo- narchia in Inghilterra. La rivoluzione era essenzialmente rivoluzione conservatrice. Chi era entrato nel gioco rivoluzionario credeva di poter restaurare un antico ordine di cose, cose appartenen- ti al passato, e, solo nel corso stesso della rivoluzione, si rese conto che ci era impossibile. Si trattava di una im- presa totalmente nuova, una novit assoluta. Ci che essi avevano concepito come una restau- razione, un recupero delle loro antiche libert, diven- ne invece una rivoluzione. Gli uomini della rivoluzione si resero conto solo dopo che avevano la possibilit non gi di ripristinare una tradizione consumata bens creare un nuovo ordi- ne politico, la repubblica, un novus ordo saeclorum. E questo il significato autentico di rivoluzione, la cui idea centrale linstaurazione della libert, os- 172 sia la fondazione di uno stato che garantisca lo spazio in cui la libert pu manifestarsi. 161 Lanalisi comparativistica delle due importanti ri- voluzioni dellet moderna, quella americana e quella francese, pur presentando delle limitazioni, tenta un discorso che non si riduca allastrattezza, che resti, cio, puramente teorico, anche se per gli specialisti questo un aspetto spesso insoddisfacente. Il disegno della Arendt seguire la tradizione de- mocratica per raccontarne la fondazione e capire come mai la tradizione filosofica, sia da Hobbes a Schmitt che da Rousseau agli eredi dei giacobini, non riusci- ta ad impedire il totalitarismo. In termini generali possiamo dire che nessuna rivoluzione addirittura possibile l dove lautorit dello Stato veramente intatta (...). Le rivoluzioni sembrano sempre riuscire con straordinaria facilit nella loro fase iniziale e la ragione che i loro arte- 161 Ibidem. ______________________________ 173 fici allinizio non fanno che strappare il potere ad un regime in piena disgregazione. Sono insomma la conseguenza non la causa del crollo dellautorit politica. 162 Dovremmo pensare che lavvento del nazional- socialismo stato conseguenza della crisi della Re- pubblica di Weimar: la vulnerabilit delle istituzioni e il malcontento sociale hanno favorito il partito na- zionalsocialista e la violenza adottata per giustifica- re la trasformazione radicale del vecchio ordine. La presa di potere di Hitler in Germania era sa- lutata dai nazionalsocialisti come rivoluzione na- zionale 163 : in realt, sebbene nei primi anni del loro 162 Ibidem. 163 Cfr. Bracher, che sostiene Propagandisti, politici e giuristi nazionalso- cialisti fin da principio si preoccuparono particolarmente di sottolineare che il governo hitleriano avrebbe significato linizio di una rivoluzione, di un profondo mutamento di tutte le cose, ma che si trattava di un processo lega- le, svolgentesi nellambito del diritto e della costituzione. Mediante il con- cetto paradossale di rivoluzione legale vennero uniti artificiosamente due assiomi della azione politica che si contraddicevano reciprocamente. K. D. Bracher, La dittatura tedesca. Origini, strutture, conseguenze del nazional- ______________________________ 174 regime i nazisti riversarono sul paese una valanga di leggi e decreti, 164 non venne mai abrogata la carta costituzionale di Weimar, tant che essa era formal- mente in vigore ancora al momento della dissoluzio- ne della Germania e della morte del Fhrer. La rivoluzione in quanto tale non pu non condur- re, secondo laccezione arendtiana, ad una nuova co- stituzione, segno tangibile della fondazione del nuovo corpo politico. 165 Nonostante la dichiarazione di voler attuare una socialismo, Bologna, Il Mulino, 1973. Anche Nolte scrive che in Germania si comp una rivoluzione senza alcuna violazione rivoluzionaria della le- galit vigente (e insieme senzombra di rispetto per essa) . E. Nolte, I tre volti del fascismo, Milano, Mondadori, 1971. 164 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit. , p. 541. 165 La costituzione la struttura stessa di una comunit politica organiz- zata. Lesigenza di una costituzione scritta fu per la prima volta avvertita in Inghilterra durante il periodo delle guerre civili, sebbene questa re- stasse poi fedele alla costituzione consuetudinaria. La prima costituzio- ne scritta fu quella della Virginia nel 1776, a cui seguirono altri stati americani, fino a che, nel 1788, venne portato a termine il processo co- stituente con la ratifica, da parte della maggioranza degli stati, della co- stituzione degli Stati Uniti dAmerica, stesa alla Convenzione di Fila- delfia, costituzione da allora ancora vigente. ______________________________ 175 rivoluzione permanente, 166 con il nazionalsociali- smo, invece, non si avuto alcun ammodernamento delle istituzioni. In America, invece, con la rivoluzione del 1776, era accaduto proprio il contrario. La rivoluzione americana aveva avuto il pregio di mettere in evidenza la possibilit dellagire politico autentico: nel nuovo mondo, il patto sottoscritto l11 novembre del 1620 sul Mayflower dai Padri Fondato- ri aveva coniugato potere politico e libert, felicit e vita pubblica grazie ad una nuova concezione del po- litico come pratica di libert. Ci che in realt fece la rivoluzione americana fu di portare alla ribalta la nuova esperienza ed il nuovo concetto di potere ame- ricano. Come la prosperit e luguaglianza di condi- zioni questo nuovo potere era pi antico della rivolu- 166 La nozione di rivoluzione permanente rinvia al carattere di movi- mento incessante, di mobilitazione che doveva impedire la stabilit del governo. Per questo lhitlerismo mette in atto una selezione razziale in- cessante affinch si prevenga lanchilosi del Volk, mentre lo stalinismo attua una lunga serie di epurazioni e trasferimenti della popolazione. ______________________________ 176 zione, ma non sarebbe sopravvissuto senza la fonda- zione di un organismo politico, destinato esplicitamen- te a difenderlo e a conservarlo; senza rivoluzione, in altre parole, quel nuovo principio di potere sarebbe rimasto nascosto. 167 Diversamente era stato per la rivoluzione france- se, il cui esito fu fallimentare, da una parte perch si rivel pi astratta, progettata da intellettuali interessa- ti ad elaborare idee e teorie piuttosto che pratica poli- tica, dallaltra per lemergenza della questione socia- le, per cui la libert veniva ad identificarsi con la libe- razione dal bisogno. Non la libert pubblica era lo scopo dei rivoluzio- nari, bens il benessere del popolo. In concreto, quando si scaten questa forza, quan- do ognuno fu convinto che solo linteresse nudo e il 167 H. Arendt, Sulla rivoluzione, cit. Peraltro, il patto dei Padri Pellegri- ni, che erano giunti sulle desolate spiagge di Cape Cod, serv a fondare la comunit politica di Plymouth: fu il punto di avvio di altrettanti cove- nants ed agreements da cui, nel New England, nacquero numerose co- munit. ______________________________ 177 bisogno erano senza ipocrisia, i malheureux si cam- biarono in enrags, perch la rabbia in realt lunica forma in cui la miseria pu diventare attiva. 168 Per la Arendt viene a confondersi ci che neces- sariamente legato alla natura delluomo e ci che gli conferisce identit e dignit, poich con la rivoluzio- ne francese la politica viene subordinata alla questio- ne sociale, ergo alleconomico. Tale confusione particolarmente evidente nella nozione di popolo. La definizione stessa del termine era nata dalla compassione e la parola divenne sinonimo di sfortuna e infelicit -le peuple, les malheurex mapplaudissent, soleva dire Robespierre; le peuple toujours malheu- rex, come si esprimeva perfino Sieys, una delle figu- re meno sentimentali e pi lucide della Rivoluzione. 169 Il termine popolo rinvia tanto al soggetto politico costitutivo quanto alla classe che di fatto esclusa dalla 168 H. Arendt, Sulla rivoluzione, cit. 169 Ibidem. ______________________________ 178 politica. Sia nellitaliano popolo che nel francese peu- ple o lo spagnolo pueblo, con i connessi aggettivi, presente questa ambiguit semantica; lo stesso per lin- glese people, che conserva, anzi, un ordinary people in opposizione alla nobilt. 170 Popolo e popolo, quindi, una frattura che ha de- viato lazione politica in Europa fin dalla Rivoluzione francese. In Le origini del totalitarismo, la Arendt aveva rimarcato che nel momento in cui il popolo tedesco si era riconosciuto nella razza ariana era Volks per il di- ritto, corpo politico integrale, e sanciva cos lesclu- 170 Nella costituzione americana si legge, senza distinzioni di sorta, We, the people of the United States...; ma quando Lincoln, nel discor- so di Gettisburgh, invoca un Governement of the people by the people for the people, la ripetizione contrappone implicitamente al primo po- polo un altro, da G. Agamben, Mezzi senza fini, op. cit., p.30. Labate Sieys, autore del famoso Quest-ce que le Tiers Etat? (1789) aveva parlato della nazione come se intendesse lintero popolo francese. In realt il riferimento era per la borghesia: la nazione borghese era ununi- t compatta esprimente non lempirica volont generale, bens lassolu- ta volont generale per cui si condannavano i partiti e le fazioni. Anche in questo caso il termine popolo risulta equivoco. ______________________________ 179 sione dai diritti il cittadinanza degli ebrei e di quanti identificava con la categoria di nemico oggettivo. 171 Una legge di natura, dunque, aveva finito per per- meare il diritto rendendo ancor pi catastrofica la frat- tura Popolo e popolo. Lequivoco, dunque, che compromise il buon esi- to della rivoluzione francese fu il voler emancipare la natura, voler porre una soluzione ai bisogni natu- rali: La necessit invase cos il campo del politico, lunico in cui gli uomini possono essere liberi. 172 In America esistevano delle precondizioni, la relati- va eguaglianza e la mancanza di una radicale questione sociale, le quali permisero che il sociale, il privato, non inficiasse la politica. La felicit era felicit pubblica, il consenso era scambio di opinioni tra eguali, la sovranit del popolo non era concezione assoluta. 171 Con la soluzione finale, i nazisti tentarono di eliminare dalla scena politica gli indesiderabili, compito che essi ostinatamente andavano ad assolvere anche per gli altri popoli europei. 172 H. Arendt, Sulla rivoluzione, cit. ______________________________ 180 La pratica politica del Mayflower Compact, mai interrotta dalla posterit dei Padri Fondatori, aveva portato in risalto che la capacit umana di costituire il mondo avrebbe di per s garantito e tutelato gli uomi- ni dalle pulsioni naturali. Nessun ricorso, quindi, a finzioni circa la natura delluomo, come volevano le classiche teorie contrat- tualistiche, n alcun ricorso allAssoluto - Robespierre aveva reclamato l Essere Supremo come garanzia della stabilit della repubblica laddove nel contesto re- ligioso, tipicamente europeo, si faceva ancora appello al Dio Onnipotente che aveva dotato gli uomini di diritti inalienabili. La rivoluzione francese non aveva fatto altro che sostituire la volont del popolo, che si rivela come dispotismo della maggioranza, sul dominio delluomo sulluomo e riconoscere la sottomissione delluomo alla legge divina o morale, mantenendo ben ferma la confusione tra potere e dominio. E per la Arendt il dominio una interpretazione 181 falsificata e falsificante del potere. 173 Non solo. Il buon esito della rivoluzione francese sarebbe stato deviato dal terrore. La considerazione che il terrore sia lo strumento che permetta la conservazione del potere e che la vio- lenza sia necessaria per la creazione di un corpo po- litico viene confutata dalla Arendt facendo riferimen- to al racconto di Melville, Billy Budd, e allepisodio del Grande Inquisitore nei Fratelli Karamazov di Do- stoevskij. Ella si serve di queste due opere letterarie per mostrare come, nella storia, chiunque, sia esso popo- lo, classe o individuo, si ponga come depositario del bene assoluto risponda poi con la violenza allingiu- stizia. Non esiste nessuna violenza necessaria, anzi essa testimonia di un vuoto del diritto e, quindi, di un vuo- 173 Illuminante il saggio di P. Ricoeur Pouvoir et violence, in Politi- que et pense. Colloque Hannah Arendt, ditions Payot & Rivages, Pa- ris, 1996. Questa raccolta di saggi apparsa per la prima volta con il titolo Ontologie et politique. Hannah Arendt, presso le edizioni Tierce, 1989. ______________________________ 182 to della giustizia. Lo stesso deve dirsi per il terrore totalitario. Durante la rivoluzione, in Francia, la compassione dei miserabili si era impadronita degli animi pi elevati e li aveva spinti ad azioni non pertinenti alla politica. Il loro obiettivo divenne lo smascheramento dellipocrisia, del- linganno sociale, in un tempo, quello della monarchia as- soluta, in cui facilmente si violavano i giuramenti e si pas- sava allintrigo. Gi per Rousseau il male principale della societ era lipocrisia, cio la mancanza di promesse, non mantenute dal potere centrale, verso il popolo. Se per So- crate lipocrita era il falso testimone di se stesso, il peggio- re degli uomini quindi, per Machiavelli, con cui la Arendt daccordo, lipocrita colui che appare quale vuole es- sere stimato. 174 174 Simulazione e dissimulazione sono termini chiave per il discorso sul politico. Simulazione mostrare di essere ci che non si ed ha uno spettro di comportamenti ben pi ampio, in campo politico, della dissi- mulazione, che, in quanto nascondere ci che si realmente, si limita alla sola sfera dellinganno pi o meno cosciente. cfr. N. Machiavelli, Il Principe, Milano, Feltrinelli, 1995. ______________________________ 183 Nel campo delle relazioni umane, infatti, l dove c apparenza di virt, ci sono anche gli effetti della virt e poco importa se qualcosa di imperscrutabile vi si nasconda. La deviazione verso il terrore per la rivoluzione fran- cese deriva dal fatto che elementi moralistici erano, come la compassione e lo smascheramento dellipocrisia erano entrati nella pratica politica, scatenando furori e annullan- do il regno del diritto che garantisce e tutela tutti. Lo stesso Robespierre, che pretendeva di essere il depositario della virt, era diventato luomo del terro- re. Nel clima di sospetto che circondava i rivoluziona- ri, chiunque poteva essere sospettato di ipocrisia e di essere nemico del popolo. La Arendt, per questo motivo, sostiene la teoria di Montesquieu, 175 che, peraltro, contrappone a Rous- 175 Montesquieu, fedele allantica iurisdictio, teneva soprattutto allin- dipendenza della funzione giudiziaria dal politico e al governo misto, visto in funzione dei checs and balances, dei pesi e dei contrappesi per realizzare un equilibrio costituzionale. Era, dunque, necessaria la sepa- razione di questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le risoluzioni pubbliche e quello di punire i delitti o giudicare le controver- sie dei privati. ______________________________ 184 seau. Secondo lautore dell Esprit des lois la virt non un assoluto, deve essere moderata e non deve entra- re nella politica. Il teorico del costituzionalismo rite- neva che la garanzia della pluralit risiedeva nella ri- partizione del potere, in modo tale da mediare le ten- sioni e i rapporti di forza. Riproporre Montesquieu e il contrattualismo an- glosassone come riflessione sul patto e sulle istituzio- ni realmente esistenti, conduce la Arendt a riflettere anche sulle modalit della rappresentanza. La pluralit non pu essere rappresentata, innan- zitutto perch lunicit degli esseri che la esclude, poi perch il concetto di rappresentanza implica las- senza dei rappresentati, quindi la spoliticizzazione della politica. La rappresentanza si definisce, dunque, come rapporto di dominio di alcuni uomini su altri, come organizzazione della forza dei governanti, come di- sciplinamento centralizzato della decisione. Non c alcunch in comune se non uno spazio. Alla constitutio libertatis, dunque, cosa occorre? 185 Storicamente in tutte le rivoluzioni si attuata lorga- nizzazione spontanea dei consigli: in quella americana di Jefferson, nella Comune di Parigi, nei Soviet, persino nel- la rivoluzione ungherese del 1956. Essi sono la manife- stazione della vera democrazia perch si d a tutto il po- polo la possibilit di agire e di essere responsabili delle proprie azioni e dellandamento egli eventi. E garantita limprevedibilit, la pluralit, la par- tecipazione diretta. Nella tradizione occidentale que- sti sono caratteri a cui si pensato sempre di porre rimedio, ad esempio con la formazione dei partiti. Ne Le origini del totalitarismo, la Arendt aveva gi espresso un giudizio secco e negativo sullattivit dei par- titi. Questi funzionavano come cinghia di trasmissione dellinteresse individuale nellinteresse collettivo, come gruppo di interesse senza riuscire a garantire la singolarit che si manifesta nella relazione plurale. Sono esposti alla corruzione e allinefficienza; sono antidemocratici per il fatto che indicano i candi- dati che il cittadino-elettore andr a votare. 186 Nei consigli, invece, il popolo poteva gestire gli affari politici direttamente; ogni consiglio avrebbe elet- to i rappresentanti da inviare ai consigli superiori, se- condo una piramide che avrebbe formato una lite af- fettivamente democratica. Pur proponendo labolizione del suffragio univer- sale, la Arendt ritiene che il metodo dellalternanza di due soli partiti possa preservare il sistema da eventua- li blocchi e pericoli: lopposizione di un periodo sar al potere in un altro momento, senza per questo perde- re la responsabilit dellazione politica. Una respon- sabilit che manca nel caso di pi partiti al potere e del tutto assente sia nella societ di massa, in cui i singoli sono deresponsabilizzati alla politica, sia nel totalita- rismo, ove tutto nelle mani del capo. E chiaro che istituzioni e leggi sono il perno fon- damentale per il corretto funzionamento della demo- crazia, quanto il consenso. Quanto, per, i consigli, contrari allisolamento del singolo e luogo privilegiato della pluralit irrapresen- 187 tabile e dellazione intesa come nuovo inizio, sono pra- ticabili? Lorientamento della Arendt resta unalterna- tiva utopica o, quantomeno, non realistica? CONCLUSIONI 189 In Le origini del totalitarismo la Arendt sottoli- nea spesso come il totalitarismo distrugge il presup- posto di ogni libert, annulla la capacit di agire di concerto, azzera quello spazio che esiste tra ciascun uomo libero estraniandolo. Abbiamo visto come i prodromi dellideologia totalitaria siano nella crisi dello Stato-nazione e nel contesto socio-culturale-politico in cui si attua lanti- semitismo e limperialismo. Abbiamo visto come ai margini della tradizione egemone siano esistite poten- zialit politiche che si sono sottratte alla categoria del dominio: lesperienza della rivoluzione americana e dei sistemi consiliari. Se necessario ripensare la politica, cosa la Arendt intende per politica? Un punto da tener ben presente: la deviazione della politica stata evidente quando la sfera del privato si confusa, anzi, si identificata con la sfera pubblica; in altre parole, quando lo Stato si aperto alla societ o, se vogliamo, la societ permeata nello Stato. Sono venute 190 meno le categorie tradizionali del pensiero politico: Stato, sovranit, autorit, potere ed altre. La Arendt non ha mai identificato il politico con lo Stato, semmai ne ha rivendicato lautonomia sottra- endolo al dominio, lo strumento di coercizione con cui da Platone in poi si pensato il potere politico. Anzi, nella tradizione del pensiero occidentale, il potere stato sempre connesso alla violenza come qualcosa di inscindibile; invece, essi si escludono a vicenda. I Padri Fondatori americani erano riusciti a istituire uno spazio politico senza fare ricorso alla violenza, ser- vendosi solo di una costituzione, anche non erano riusciti a comunicare nel tempo a venire lo spirito della loro inno- vativa esperienza. E possibile una fondazione senza vio- lenza; possibile esercitare il potere senza violenza. Nella tradizione occidentale, la Arendt rileva che molti attori rivoluzionari confondono latto plurale e politico della fondazione, da cui deriva lautorit del nuovo corpo politico, con la violenza. Ricordando Machiavelli e Robespierre, dice che il loro problema 191 era, alla lettera, quello di come fare unItalia unita o una repubblica francese, e la loro giustificazione della violenza nasceva e riceveva la sua intrinseca plausibi- lit dallargomentazione sottesa: come non si pu fare un tavolo senza abbattere degli alberi, o una frittata senza rompere le uova, neppure si pu fare una Re- pubblica senza uccidere qualcuno. 176 Cos dovremmo giustificare anche il terrore totalitario? E indicibile il passaggio dal tutto permesso al tutto possibile dei campi di concentramento e della violenza psicologica che riduce gli uomini ad un unico fascio di reazioni. 177 Il dominio per mezzo della pura violenza entra in gioco quando si sta perdendo il potere. 178 176 H. Arendt, What is Authority?, in Between Past and Future, cit.; trad. it. Che cos lautorit? , in Id., Tra passato e futuro, cit. 177 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit. 178 H. Arendt, On Violence, Harcourt, Brace & World, 1970, poi in The Crisis of the Republic, San Diego- New York- London, Harcourt Brace Jovanovich, 1972; trad. it. Sulla violenza, in Politica e menzogna, Mila- no, SugarCo,1985, p. 201. ______________________________ 192 E ancora: La violenza pu sempre distruggere il potere; dalla canna del fucile nasce lordine pi effi- cace, che ha come risultato lobbedienza pi imme- diata e perfetta. Quello che non pu mai uscire dalla canna di un fucile il potere. 179 Il potere tale per lessere-insieme degli uomini, non rappresentabile n alienabile, n coincide sul- lunanimit. La Arendt pensa il consenso nei termini di un dis- sidio su cui si acconsente e si pu continuare a dis- sentire. E rispetto delle differenze, riconoscimento della pluralit. Lo spazio in comune, che non unicamente spa- zio fisico, territoriale, bens la possibilit dello sta- re-insieme avendo qualcosa in comune, il mondo. Il mondo la casa che abitano gli uomini. E lo spazio dellapparenza, il pubblico. Il termine pubblico equivale al mondo stesso, 179 Ibidem, p. 202. ______________________________ 193 in quanto comune a tutti e distinto dallo spazio che ognuno di noi vi occupa privatamente. Questo mondo tuttavia non si identifica con la terra e con la natura, come spazio limitato che fa da sfondo al movimento degli uomini e alle condizioni generali della vita orga- nica. Esso connesso, piuttosto, con lelemento artifi- ciale, il prodotto delle mani delluomo, come pure con le relazioni che intercorrono tra coloro che insieme abitano il mondo fatto dalluomo. 180 La Arendt preoccupata -e Le origini del totali- tarismo lo confermano- per la riduzione degli uomini in esemplari seriali nella societ di massa, e, soprat- tutto, se si tratta di una societ totalitaria. E come se la vita stessa, nella sua nudit, fosse entrata per necessit nel dominio pubblico creando uniformit e spersonalizzazione. Il carattere monolitico di ogni tipo di societ, il suo conformismo che concede un interesse solo e una 180 H. Arendt, The Human Condition, op. cit. ______________________________ 194 sola opinione, in ultima analisi radicato nell essere- uno del genere umano. 181 La societ cos omogenea perch tutti gli indivi- dui hanno i medesimi bisogni materiali, la stessa ur- genza di provvedere alle necessit della vita. E se un tempo la distinzione era il contrassegno dellazione politica, ora la moda, latteggiamento stravagante, leffimero. Pertanto la burocrazia che politicamente la ri- flette. Ci che noi tradizionalmente chiamiamo Stato e governo lascia qui il posto alla pura amministrazione: a quello stato di affari che Marx giustamente prediceva come lestinzione dello Stato, bench sbagliasse nel credere che solo una rivoluzione potesse causarla. 182 Si concretizza the rule of nobody. Il governo di nessuno non necessariamente un non-governo; esso pu, anzi, in certe circostanze, pro- 181 Ibidem, p. 34. 182 Ibidem, p. 33. ______________________________ 195 dursi in manifestazioni ancora pi crudeli e tiranniche di quelle consuete. 183 Il totalitarismo ne il mostruoso esempio. Ich selber wirchen? nein, ich will verstehen. Und wenn andere menschen verstehen-im sselben Sinne, wie ich verstanden habe dann gibt mir das eine Befriedigung wie ein Heimatgefhl. 184 183 Ibidem, p. 30. 184 Io esercitare un influsso? No, io voglio capire. E se altri poi capisco- no -alla stessa maniera in cui ho capito io- mi d un senso di soddisfa- zione come una patria comune. ______________________________ BIBLIOGRAFIA 197 SCRI TTI DI HANNAN ARENDT 1929 Der Liebesbegriff bei Augustin. Versuch einer philosophischen Inter- pretation, J. Springer, Berlin 1929; trad. it. Il concetto damore in Agostino, a cura di L. 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Maletta, La salvezza come lode. Nota al saggio arendtiano del 1930 sulle Elegie duinesi di Rilke Comunit, XXXV, n. 183, novembre 1981, ha pubblicato i seguenti articoli: 1. J. Habermas: La concezione comunicativa del potere in Han- nah Arendt 230 BI BLI OGRAFI A ESSENZI ALE SUL TOTALI TARI SMO Aa. Vv, Germania: un passato che non passa, a cura di G.E.Rusconi, Torino, Einaudi, 1987. Aa. Vv, Nazismo, fascismo, comunismo. Totalitarismi a confronto. Mi- lano, Mondadori, 1998. Amendola, Giovanni La democrazia italiana contro il fascismo 1922-1924, Milano- Napoli, Ricciardi, 1960. Amry, Jean Un intellettuale a Auschwitz, Torino, Bollati Boringhieri, 1987. Antelme, Robert La specie umana, Torino, Einaudi, 1976. Aquarone, Alberto Lorganizzazione dello stato totalitario, Einaudi, 1965. Aron, Raimond Teoria dei regimi politici, Milano, Comunit, 1973. Barber, B. R. Conceptual Foundations of Totalitarianism, in C. J. Friederich, M. Curtis, B. R. 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La questione degli apolidi e il valore dei diritti umani ................ 74 CAPITOLO TERZO LA CATEGORIA TOTALITARISMO 3.1 - Il mutato sfondo socio-politico tra i due secoli: la nuova societ di massa ............................................................ 100 3.2 - Gli strumenti del totalitarismo: propaganda, polizia segreta e burocrazia. Lideologia come logica di unidea ................... 111 3.3 - Terrore e campo di concentramento. La societ dei morenti e il male radicale ................................... 131 240 CAPITOLO QUARTO IL TOTALITARISMO A CONFRONTO CON LA MODERNIT POLITICA 4.1 - Definizione del regime totalitario ............................................... 154 4.2 - Lo Stato-Leviatano di Hobbes e lo Stato totalitario. Confronto legittimo? .................................................................... 160 4.3 - Linedito nella storia: le rivoluzioni. Liberazione da o liberazione di: qual il fondamento del nuovo corpo politico? La politica come natalit .................................... 167 CONCLUSIONI .................................................................................. 189 BIBLIOGRAFIA Scritti di Hannah Arendt ...................................................................... 197 Bibliografia degli scritti di Hannah Arendt ......................................... 220 Bibliografia dei saggi critici su Hannah Arendt ................................. 225 Fascicoli dedicati ad Hannah Arendt ................................................... 228 Bibliografia essenziale sul totalitarismo ........................................... 230 INDICE ................................................................................................ 239