Storia Medievale

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STORIA MEDIEVALE

LA METAMORFOSI DEL MONDO ROMANO E LA FINE DELL’IMPERO IN OCCIDENTE

Questo periodo di mutamento si può distinguere in 4 fasi: nella prima metà del 3 secolo l’impero
visse un’età di relativo splendore, nella seconda metà del 3 secolo si verificarono ripetute sconfitte
ai confini, nel 4 secolo vi furono delle importanti modifiche amministrative e politiche, nel 5 secolo
cadde l’impero. Tra il 2 e il 3 secolo il costo dell’esercito divenne insostenibile, per cui si allestì una
macchina statale, cioè una politica accentrata, per cui nel 4 secolo la società era composta da uomini
nuovi e da una rinascenza culturale. I centri urbani più grandi continuarono a crescere e
scomparvero i più deboli. Tra il 324 e il 330 Costantino spostò la capitale a Bisanzio e i vescovi dei
due imperi ottennero pari dignità. La fine dell’impero è stato vista dagli storici come periodo di
cambiamento per eccellenza.

IL CRISTIANESIMO: LE CHIESE EPISCOPALI E IL MONACHESIMO DELLE ORIGINI

La cristianizzazione è il processo che condusse alla fede le cittadinanze, le popolazioni rurali e le


popolazioni barbariche. Questo avvenne in due modi: uno istituzionale, organizzato dalla gerarchia
della chiesa, una cristianizzazione delle campagne che avveniva intorno alle pieve (chiese
battesimali); uno individuale, la scelta monastica. L’attività missionaria va intesa come un processo
di acculturazione. Nelle città dell’impero fra 1 e 2 secolo si organizzarono le prime comunità
cristiane. Dal 4 secolo il cristianesimo diventò religione di stato (313 editto di Milano di Costantino
per la libertà di culto, 380 editto di Tessalonica di Teodosio unica scelta). Dal 5 secolo partì dalle
città un’opera di evangelizzazione delle campagne. A seconda delle dimensione delle città di cui i
vescovi erano guide, la loro importanza era più o meno grande (Roma). Il monachesimo comincia
ad attestarsi nel 3 secolo, e all’inizio è un movimento eremita. In occidente si sviluppa soprattutto
sottoforma di cenobitismo (Girolamo, Benedetto da Norcia). Da ricordare è in particolare l’Irlanda
(druidi, Colombano). Nella seconda metà del 4 secolo molte popolazione barbare furono convertite
al cristianesimo ariano (Alessandro Ario, Gesù non ha la stessa divinità di Dio). Questa dottrina fu
condannata al concilio di Nicea del 325. Il problema centrale delle questioni dottrinale era la trinità;
nella parte orientale si formano due pensieri: il nestorianesimo (umanità del Cristo) e il
monofisismo (divinità del Cristo). Dopo aver provato ad avvicinare le due correnti, durante
l’impero di Giustiniano nel 544 venne emanato l’editto dei Tre Capitoli, condannando il
nestorianesimo. Da ciò nacque lo scisma dei Tre Capitoli.

LE INVASIONI E I REGNI ROMANO-BARBARICI

Le popolazioni barbariche divennero popoli mediante il processo definito etnogenesi, ossia il


formarsi e il continuo ridefinirsi delle identità etniche in base a elementi di natura culturale. I
rapporti tra romani e barbari erano già intensi a partire dal 2 secolo, ma è dal 3 che elementi
germanici costituirono parte dell’esercito romano. Questo equilibrio si spezzò nel 4 secolo a causa
dell’indebolimento dell’impero romano. Le invasioni furono dettate da questa consapevolezza e
dalla spinta esterna degli Unni, un ampio gruppo di guerrieri nomadi provenienti dall’Asia centrale.
Questi movimenti spostarono i Goti (visigoti e ostrogoti). I visigoti cominciarono a massacrare
regioni dei balcani, e la sconfitta di Adrianopoli del 378 determinò una nuova strategia di
contenimento nei confronti dei barbari: l’hospitalitas, che prevedeva la concessione di 1/3 delle
terre alle popolazioni barbariche che dichiaravano fedeltà e offrivano un appoggio militare, e la
foederatio, che era un’alleanza in senso stretto in cambio di un compenso. I visigoti tuttavia sotto la
guida di Alarico I saccheggiarono Roma nel 410. Tra il 406 e il 407 un’altra ondata migratoria
aveva sconvolto i romani: crollò la frontiera del Reno e nuove popolazioni entrarono in Gallia

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scontrandosi con i Franchi e gli Alemanni, già federati dell’impero. I vandali, gli alani e gli svevi
furono costretti ad andare in Spagna, dove c’erano già i visigoti, che riuscirono a costringere i
vandali ad andare in Africa settentrionale. La Britannia fu abbandonata dai romani e rimase in balia
dei pitti, a cui poi si aggiunsero gli juti e gli angli. Attorno al 450 l’Europa centrale fu luogo di
incursione degli unni di Attila, che non arrivò a Roma grazie a papa Leone I. Nel 476 Romolo
Augustolo fu deposto e sostituito da Odoacre, un ufficiale sciro, che assunse il titolo di re. Questi
nuovi regni romano-barbarici erano caratterizzati da un’originale fusione. In tutti i territori
conquistati i barbari erano in netta minoranza, e spesso furono mantenute le leggi romane, ma
l’esercito era in mano loro. Il re era depositario del banno, cioè il potere assoluto di costringere,
giudicare, punire. I franchi erano federati romani dal 430, trovarono una reale coesione sotto re
Clodoveo (Merovingi), estese i suoi domini in Neustria e Austrasia (nel 550 si aggiunge la
Burgundia), nel 510 fece redigere la Lex Salica. Dopo la sua morte il regno fu spartito tra i suoi
eredi, ma nell’8 secolo era ormai cresciuto il potere dei maestri di palazzo, funzionari pubblici ai
quali fin dal 7 secolo era demandata l’amministrazione dei 3 regni. Gli anglosassoni diedero vita
nella Britannia orientale a regni designati dal nome geografico, costringendo le popolazioni
britanniche a ritirarsi a nord. Questo portò a una nuova paganizzazione dell’isola, ma verso la fine
del 6 secolo fu inviato Agostino. Gli ostrogoti giunsero in Italia per volontà bizantina (per
federatio), e dopo la morte di Teodorico nel 526 Bisanzio cercò di riconquistare quei territori. I
visigoti riuscirono a integrarsi molto bene, e un esempio è la Lex Romana Visigothorum emanata da
Eurico. Il loro regno durò fino al 711. I vandali invece attuarono molte persecuzioni, e furono
scacciati dall’esercito di Giustiniano.

L’IMPERO ROMANO D’ORIENTE

Giustiniano regnò dal 527 al 565 e perno della sua azione politica fu la riconquista dei territori della
parte occidentale, e in particolare il Mediterraneo. La guerra greco - gotica durò dal 535 al 553. Il
generale Belisario partì dal sud della penisola, ma trovò una coesione tra i goti e la classe senatoria ,
ma dopo la conquista di Ravenna quest’ultima si piegò, e Totila, il nuovo re dei goti, attaccò la
classe senatoria concedendo libertà ai coloni. Per un po’ egli riuscì a conquistare alcuni territori, ma
infine l’esercito bizantino prevalse nella battaglia di Gualdo Tadino del 552. Nel 553 tutti i territori
affacciati sul Mediterraneo erano soggetti all’autorità imperiale; nel 568 la penisola fu occupata dai
longobardi e poi entrarono in gioco gli arabi. Nella prima metà del 5 secolo Teodosio fece
raccogliere in un codice la legislazione romana. Nella parte orientale Giustiniano emanò il Corpus
Iuris Civilis costituito dal codex, i digesta, le institutiones, le novellae constitutiones (529-534). La
prammatica sanzione del 554 estendeva la compilazione legislativa di Giustiniano alle terre
riconquistate dell’antica parte occidentale dell’impero. Questo progetto era però fragile, poiché la
condizione finanziaria era precaria, esistevano enormi distanze geografiche ed etiniche e culturali,
l’arrivo di altre popolazioni ostili. Il nuovo imperatore Eraclio si trovò a dover fronteggiare i
persiani, abbandonando la Spagna e la penisola balcanica; la guerra contro i persiani fu vinta e nel
638, per aggiustare i dissidi religiosi, fu proposta una nuova dottrina il monotelismo (unica volontà
del figlio di Dio). Questo non migliorò le cose, e comunque Siria e Palestina erano già state
occupate dagli arabi. Nel 568 giunsero i Longobardi, che non ebbero mai il controllo totale della
penisola (Istria e laguna veneta, Romagna, le marche, parte dell’Umbria, Lazio, Napoli, Salento,
Calabria e Sicilia rimasero bizantine). Questi territori furono affidati all’esarca, che risiedeva a
Ravenna. In molte zone i ducati si resero indipendenti e l’autorità imperiale divenne solo nominale.
Nel 751 Ravenna cadde in mano longobarda.

I LONGOBARDI E LE DUE ITALIE

I longobardi sono entrati in Italia nel 568 attraverso le alpi Giulie comandati da re Alboino. Secondo
il mito detto Origo gentis Longobardorum essi discendevano dalla Scandinavia. Erano soprattutto

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un popolo in armi, e il re che era il capo militare, era contrassegnato dalla lancia, ed era elettivo. Tra
liberi e servi esisteva uno strato giuridico intermedio, quello degli aldi, e la fara era un
raggruppamento famigliare con funzioni di unità militare. I capi delle fare erano i duchi e la loro
religione era basata sui culti germanici. I bizantini hanno sottovalutato l’irruzione longobarda, e nel
572 Pavia fu conquistata e divenne la capitale del nuovo regno. Dopo la morte di Alboino e il breve
regno di Clefi vi fu un decennio senza re, e i duchi spinsero l’esercito sia a ovest che verso il centro
e il sud. Venne eletto re Autari, a cui furono donati metà dei beni dei duchi per costituire il fisco
regio. Sposò Teodolinda, figlia del duca di Baviera. Morto Autari nel 590, il nuovo re Agilulfo tentò
di condurre una politica ecclesiastica autonoma, ma Teodolinda aveva un buon rapporto con papa
Gregorio Magno. Gradualmente i longobardi istituirono i ducati, una nuova rete di distretti pubblici,
e nelle loro attività i duchi potevano essere affiancati da funzionari minori, come i centenarii e i
decani. In ambito rurale avevano grande importanza i villaggi fortificati. Il consolidamento del
regno longobardo, avvenuto nel corso del 7 secolo, è testimoniato dal ruolo crescente della capitale
e dalla promulgazione di alcune leggi: nel 643 l’editto di Rotari comprendeva le norme dei
longobardi (la proibizione della faida). Sotto il regno di Liutprando fu conquistato vicino a Roma il
castello di Sutri, poi ceduto al papa nel 728. Nella seconda metà dell’8 secolo, a causa della nuova
alleanza tra papi e franchi: nel 751 grazie a re Astolfo fu conquistata Ravenna, per cui il papa
Stefano II chiese l’intervento dei franchi, che grazie a due spedizioni guidate da Pipino il Breve
riconquistarono a vantaggio di Roma i territori precedentemente persi. L’ultimo re longobardo,
Desiderio, cercò di interrompere i legami tra chiesa e popolo franco, e per questo fu celebrato il
matrimonio tra Carlo Magno ed Ermengarda. Papa Adriano I temendo un risveglio dei longobardi
chiamò Carlo che ripudiò la moglie e scese in Italia tra il 773 e il 774. Solo i longobardi di
Benevento mantennero la loro indipendenza, che fu spazzata con l’arrivo dei normanni nell’11
secolo.

L’IMPERO ARABO-ISLAMICO

Alla morte di Maometto nel 632, i suoi seguaci avevano già convertito tutta la penisola. Questo
territorio era meno urbanizzato di altri paesi, vi prevaleva la pastorizia, e la popolazione era
aggregata in clan tribali. I bizantini e i persiani la tennero a bada grazie a stato cuscinetto. Le
rivelazioni di Maometto avvennero intorno al 610, con il radicale rifiuto ad ogni politeismo. Dalla
Mecca a causa delle accuse di indovino, si trasferì a Medina nel 622. Alla sua morte Maometto
lasciava agli arabi una nuova concezione di comunità capace di oltrepassare il livello dei clan
tribali. Non sapendo come dovesse avvenire la successione di Maometto, si aprirono due strade:
califfo come semplice sostituto, califfo come discendente. Questa discussione si accese in
particolare dopo il periodo dei primi 4 califfi “ben guidati”. Il primo di questi, Abu Bakar, cominciò
una politica di espansione, e le prime conquiste ebbero come effetto la costruzione di città fortezze;
il secondo califfo, Omar, sostenne che gli arabi dovevano essere un’élite militare. Nel 660 ebbe il
culmine la lotta tra le due fazioni, e venne assassinato Alì, riferimento principale degli sciiti. Nel
primo periodo di affermazione della dinastia omayyade, che stabilì la propria corte a Damasco, vi
furono nuove stratificazioni sociali e l’afflusso verso le città di immigrati provenienti dalle
comunità conquistate ma non islamizzate. Venne meno il principio di separazione, e la lingua
ufficiale fu l’arabo. Il processo di conquista spagnola avvenne tra il 711 e il 715, e fu fermato in
Francia da Carlo Martello nel 732. La rivolta che nel 750 portò gli abbasidi al potere fu sostenuta
dai persiani islamizzati, e l’impero non si occupò più di nuove conquiste ma costituì un organismo
politico del tutto nuovo, con il consolidamento dell’amministrazione centrale. Venne fondata
Baghdad come nuova capitale, che divenne la città più grande del mondo; costituirono un apparato
burocratico distinto in tre rami: cancelleria, esattoria fiscale, amministrazione delle spese militari e
il wazir era il capo dell’amministrazione. Nel 945 a causa del malcontento popolare una dinastia
locale si fregiò del titolo di califfo lasciando gli abbasidi come semplice autorità nominale.

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I FRANCHI E L’EUROPA CAROLINGIA

Dopo la morte di Clodoveo, il regno fu diviso dai suoi 4 figli; Clotario II riuscì ad assumere per
breve tempo il controllo di tutto il regno e i suoi figli Chilperico e Sigiberto avviarono un periodo di
conflittualità, dove anche una donna, Brunilde, vedova di Sigiberto giocò un ruolo importante.
Clotario II, figlio di Chilperico, come atto simbolico della presa del potere fece uccidere Brunilde in
modo estremamente violento e rafforzò l’organizzazione politico amministrativa del regno
consolidando la sua articolazione nei tre regni regionali; emersero grazie al loro appoggio al re
Arnolfo e Pipino il Vecchio, e la figlia di quest’ultimo sposò il figlio del primo, unificando così le
due famiglie. Dopo la battaglia di Poitiers, il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve fece deporre
Childerico III nel 751, sostituendolo così alla guida del regno, e dando vita alla nuova e sacralizzata
dinastia dei carolingi. Essi iniziarono una lotta di espansione, partendo dalla cacciata dei longobardi
tra il 754 e il 756. Dopo la sua morte, il regno fu spartito tra Carlo Magno e Carlomanno, ma poichè
quest’ultimo morì precocemente, Carlo fu l’unico controllore del regno. Egli avviò una guerra
contro i sassoni (sud della Francia), contro la Germania meridionale, e una spedizione in Spagna
che terminò con una sconfitta nel 778 (chanson de Roland). Difendendo il papa e sconfiggendo i
longobardi, Carlo Magno si presentava come il nuovo re cristiano (liberò nell’800 il papa Leone III
dall’aristocrazia romana): fu incoronato imperatore il 25/12/800. Fu eletta residenza principale
Aquisgrana, dove esercitavano l’amministrazione centrale il conte palatino e l’arcicappellano; fu
elaborata la carolina e furono chiamati a corte i più grandi intellettuali dell’epoca. Nell’806 con un
atto ricordato come divisio imperii fu deciso che il regno sarebbe stato diviso tra i suoi 3 figli, ma
quando morì nel 814, a causa della morte degli altri figli, l’impero passò a Ludovico detto il pio. La
sua ordinatio imperi del 817 decise che il regno sarebbe stato diviso tra i suoi 3 figli, e nel 824 la
constitutio romana vincolava la consacrazione papale a un precedente giuramento di fedeltà
all’imperatore. A partire dall’830 vi fu una forte conflittualità interna alla famiglia, che sfociò nel
842 con i giuramenti di Strasburgo, dove Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si giurarono
reciprocamente fedeltà, e nell’843 a Verdun i tre fratelli trovarono un accordo: Ludovico avrebbe
regnato sui territori a est del Reno, Carlo sui territori a ovest, e Lotario sulla Lotaringia e il regno
d’Italia. L’impero carolingio cessò di esistere nell’881, quando non c’erano più eredi (Ludovico II)
e chi governava era un incapace (Carlo il Grosso).

CONTI E VASSALLI, FEUDI E COMITATI

Efficaci forme di organizzazione sociale e politica si realizzarono nel regno dei franchi tra il 7 e l’8
secolo. Una di queste fu la formalizzazione dei rapporti vassallatico beneficiari. Si usa far risalire
questo fenomeno ai primi decenni dell’8 secolo, durante l’età di Carlo Martello. Si trattava di un
contratto stretto liberamente tra due persone, una delle quali si impegnava alla fedeltà, l’altra al
mantenimento. Con il giuramento di fedeltà il vassallo entrava nella clientela del potente; questi si
impegnava a mantenerlo, o direttamente nella propria casa, oppure indirettamente, concedendogli
fonti di reddito quali terre o altri beni di diversa natura. L’oggetto di tali concessioni fu definito
beneficio, al quale nel tempo fu preferito feudo. La stessa organizzazione economica della grande
proprietà tipica del mondo franco, il sistema detto curtense, contribuiva a consolidare tale
situazione. Le grandi aziende, le corti, tendevano infatti ad assorbire la piccola proprietà.
All’interno dei diversi regni vennero designate delle circoscrizioni pubbliche dette comitati, al cui
interno un funzionario regio, il conte, amministrativa la giustizia. Nelle zone di confine furono
istituite le marche, territori più ampi coordinati da un marchese, in cui era particolarmente
importante l’organizzazione militare. Questi funzionari erano legati al re tramite il rapporto
vassallatico beneficiario, e venivano scelti per la loro posizione sociale e il prestigio di cui
godevano, ma non era facile indovinare la loro fedeltà: furono istituite così forme di controllo, quali
i missi dominici (portavoce diretta dell’autorità imperiale) che diffondevano sul territorio i

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capitolari, cioè le leggi emanate dal sovrano. La gerarchia ecclesiastica vide ogni vescovo diventare
missus della propria diocesi. L’immunità comportava la concessione formale da parte del sovrano a
taluni proprietari di una particolare prerogativa che rendeva le loro proprietà immuni dall’esercizio
del potere regio da parte dei funzionari pubblici preposti al territorio.

ECONOMIA E PAESAGGI

Nei 4 secoli tra 200 e 600 la popolazione europea diminuì drasticamente, per ricominciare a
crescere solo verso il 700 e toccare intorno al 1000 un livello vicino a quello di partenza (30-40
milioni). I contadini del tardo impero avevano visto il diffondersi della conduzione indiretta, ossia
la concessione di lotti di terreno a famiglie di contadini, tenuti al pagamento di un affitto in denaro
o in natura. Si trattava di casati se le famiglie erano schiavi, coloni se erano coltivatori liberi e
quindi non obbligati a risiedere sulla terra. Fra 3 e 4 secolo anche i coloni furono legati alla terra.
Quando le terre rendevano di più che per la sopravvivenza, il surplus era per metà assorbito dalla
fiscalità imperiale, il resto era per il mercato. Dal 550 non si trovano più tracce di un fisco pubblico,
anche a causa delle popolazioni barbariche. Una prima conseguenza fu la contrazione degli scambi
in moneta. Cominciarono a dilatarsi le macchie di boschi, e crebbe l’importanza dell’economia
forestale (allevamento, caccia, legname). Vi fu una drastica diminuzione delle rese cerealicole e una
crescita dell’incolto. La fine della tassazione romana, a partire dal 7 e 8 secolo, ha messo in circolo
sul lungo periodo la ricchezza, creando una domanda economica diversa. Il sistema curtense si basa
sulla bipartizione delle aziende in un settore a conduzione diretta (dominico) e uno a conduzione
indiretta (massaricio), formato da piccole aziende familiari contadine. Si basa anche sullo stretto
legame tra queste due parti, rappresentato dall’obbligo per i contadini del massaricio di prestare
corvées sulle terre del dominico, a integrazione del lavoro degli schiavi che vi risiedevano in
permanenza, a totale carico del proprietario che forniva loro alloggio e vitto. In Italia il sistema
curtense si affermò solo dopo la conquista franca del 774, e fu dappertutto la base per una ripresa
economica.

LA CITTA’

La struttura politico amministrativa dell’impero romano aveva concepito le città come centri di
coordinamento del territorio. A scomparire a causa della crisi dell’impero furono prima i centri
minori, ma la grande maggioranza delle città sopravvisse grazie alla presenza del vescovo, e polo
aggregativo non fu più il forum romano ma la cattedrale e gli edifici a essa correlati. Centri
importanti di coordinamento si affermarono nelle campagne (longobardi), nelle aree bizantine le
città mantennero in sostanza il loro ruolo. La conquista carolingia del regno dei longobardi
determinò una rinnovata attenzione al ruolo delle città (lodi di città). La città ha mantenuto anche il
suo ruolo di mercato, e i rapporti con l’oriente non sono mai venuti meno. Di notevole rilievo era
l’attività manifatturiera, e in particolare quella tessile. Con molto impegno i vescovi chiesero di
poter legittimare il loro diritto di ricavare i proventi connessi a pedaggi e alle tasse.

ALFABETISMO E CULTURA SCRITTA

Dal 4 secolo la capacità di scrivere andò concentrandosi nelle mani di un numero sempre minore di
persone. Il mondo romano era altamente alfabetizzato, ma con la sua crisi scomparvero le scuole e
questo portò al degrado. Si può distinguere un alto livello di istruzione legato a pochissimi, e una
generale analfabetizzazione, che riguardava anche il saper leggere. Restarono tuttavia in piedi le
scuole cristiane, che attorno al 6 secolo divennero anche le scuole per i laici. Dall’8 secolo, accanto
alle scuole vescovili sorte presso le chiese cattedrali si diffusero anche quelle monastiche. Carlo
Magno si applicò in particolare alla riforma liturgica (uguale per tutti i chierici), il miglioramento
della formazione del clero, la riaffermazione dell’importanza della scrittura nell’amministrazione.

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Ai bambini la lettura fu insegnata secondo il metodo classico (apprendimento delle lettere, sillabe,
memorizzazione delle frasi). Più raro fu l’insegnamento della scrittura. La formazione superiore
riguardava le arti del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (matematica,
geometria, musica, astronomia).

LE SECONDE INVASIONI E LA RISTRUTTURAZIONE DEL TERRITORIO EUROPEO

Gli slavi erano una popolazione sedentaria, dedita all’agricoltura e all’allevamento. Erano
organizzati in piccoli gruppi tribali e comunità di villaggio. Tra l’8 e il 9 secolo iniziarono a
delinearsi tre principali gruppi di popolazioni: gli slavi orientali, gli slavi occidentali, gli slavi
meridionali, che approfittando della debolezza dell’impero bizantino, si stanziarono nei territori
balcanici. Nel 1800 nacque il mito dello slavo come ospite non gradito, ripreso dal nazismo. Sia i
franchi che i bizantini favorirono l’evangelizzazione di questa popolazione (Cirillo e Metodio). Gli
ungheresi apparvero improvvisamente in occidente nella seconda metà del 9 secolo, e
probabilmente essi provenivano dalle pianure degli Urali settentrionali. L’insediamento in Pannonia
ebbe come risultato i primi scontri con gli eserciti occidentali (incastellamento). Avevano un’ottima
tecnica di battaglia. Vennero sconfitti nel 995 da Ottone I e per questo mitigarono la loro
aggressività. I saraceni erano gli arabi e la popolazione islamizzata del nord Africa Nell’827
conquistarono la Sicilia e saccheggiarono Roma nell’846. A costoro mancava un centro
coordinatore, quindi non si sapeva dove colpire. I normanni (popolazioni scandinave) furono
protagonisti a partire dal 9 secolo di un’espansione a raggiera, grazie anche a certe imbarcazioni in
grado di percorrere al contrario i fiumi. Si stanziarono in alcune propaggini della Gallia, dette poi
Normandia, nel 911. Tra il 1050 e il 1080 grazie ad una spedizione avviarono la conquista della
Sicilia e dell’Italia meridionale, e conquistarono anche il regno di Inghilterra,

IL TRIONFO DEI POTERI LOCALI NELLE CAMPAGNE E NELLE CITTA’

Feudalesimo è una parola che non si trova nelle fonti coeve alla nascita del fenomeno. Il termine
venne coniato nel 1700 nell’ambito culturale illuministico. La parola feudo trae origine dall’antico
germanico fihu, che significava gregge e che ben presto assunse il medesimo significato del tardo
latino beneficio, causando così agli storiografi molta confusione. La storiografia contemporanea
distingue le diverse componenti del rapporto vassallatico beneficiario per chiarire con maggiore
precisione le fasi di sviluppo: prima fase (8-9 secolo) diffusione del rapporto vassallatico
beneficiari; seconda fase (9-10 secolo) viene meno l’impero carolingio e l’aristocrazia prende il
potere, ereditarietà degli incarichi pubblici; terza fase (9-prima metà del 12 secolo) massima
frammentazione del potere pubblico su scala locale, cioè l’ordinamento signorile, e nascita del
castello; quarta fase (dalla seconda metà del 12 secolo in avanti) i poteri signori vengono
progressivamente coordinati all’interno di nuove compagini territoriali e i signori locali assoggettati
ai regni mediante nuovi strumenti giuridici, che vengono a costituire il diritto feudale. Il capitola di
Quierzy, una disposizione emanata da Carlo il Calvo nell’877, riconosceva l’autonomia delle
aristocrazie europee e l’ereditarietà dei benefici e delle cariche maggiori. Su questa frammentazione
del potere pubblico cercò di incidere nella prima metà dell’11 secolo l’imperatore Corrado II,
emanando nel 1037 una disposizione detta Edictum de beneficis: il testo stabiliva l’ereditarietà dei
benefici minori, precisando che nessun vassallo poteva essere privato del beneficio ottenuto senza
una giusta causa, che doveva essere giudicata da un tribunale o dal sovrano. Uno dei fenomeni più
vistosi che accompagnarono la fine dell’impero carolingio fu l’incastellamento, che divenne anche
il mezzo per estendere l’autorità del grande proprietario su tutti i residenti dell’area in cui si trovava
la grande proprietà. Si distingue tra due forma di signoria, quella fondiaria e quella territoriale. La
prima è l’insieme dei poteri che un grande proprietario di fatto si trovava a esercitare sui lavoratori
di condizione servile che gli appartenevano e anche sui coloni liberi che lavoravano le sue terre
(corvées); la signoria detta territoriale o di banno, è legata inscindibilmente al fenomeno

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dell’incastellamento: si tratta infatti dell’esercizio di una serie di prerogative in gran parte analoghe
a quella della signoria fondiaria, ma applicate anche a soggetti non legati da alcun vincolo di natura
patrimoniale al proprietario del castello. Il signore in questo caso poteva chiedere prestazioni di
lavoro per la manutenzione e il pagamento delle tasse (fodro, albergaria, curadia). Riscuoteva
inoltre una taglia, ossia un versamento in denaro dovuto all’intera comunità come riconoscimento
della funzione di protezione. Il signore amministrava la giustizia e stabiliva un monopolio sulla
vendita di generi indispensabili. Nelle città il vescovo aveva un primato sia spirituale che civile,
tant’è che si occuparono della sicurezza dei cittadini durante le seconde invasioni. Durante il 10
secolo ottennero oltre all’immunità la districtio, ossia l’autorità di costringere, l’essenza cioè del
potere pubblico.

IMPERO E REGNI NELL’ETA’ POST CAROLINGIA

Dopo la deposizione di Carlo il Grosso nell’887, i vari territori dell’impero carolingio conobbero
diversi sviluppi politici e istituzionali. Il potere effettivo dei re di Francia si ridusse a un’area molto
limitata attorno a Parigi. Il titolo regio venne conteso dai lontani eredi di Carlo Magno, e Ugo
Capeto nel 987 della famiglia dei Robertingi poi ribattezzata Capetingi divenne sovrano. Aveva
un’autorità d’ordine morale e religioso, ma dei poteri limitati. Dopo l’887 oltre a quello di Francia
si costituirono due regni a carattere regionale, quello di Provenza e quello di Borgogna. Il regno
italico mantenne all’incirca la stessa estensione geografica del regno longobardo; la guida del regno
fu contesa tra i rappresentanti delle principali famiglie dell’aristocrazia. Quattro grandi famiglie
(Spoleto, Toscana, Ivrea e Friuli), si schierarono grosso modo (i signori del centro contro quelli del
nord). Per alcuni decenni a contendersi il regno fu il marchese del Friuli Berengario I, ma fu
richiesto l’intervento di Rodolfo re di Borgogna, che tenne il titolo di re d’Italia dal 924 al 926,
successivamente quello di Ugo re di Provenza, che riuscì a mantenere la guida del regno per 20
anni. Egli lasciò il regno al figlio Lotario, che morì poco dopo nel 950 lasciando i marchesi d’Ivrea
al potere, con la figura di Berengario II. Ottone I, chiamato sposò Adelaide la moglie di Lotario, e si
fece giurare fedeltà da Berengario. Nel regno dei franchi orientali, definito teutonico, nell’887 i
grandi elesse re un esponente della dinastia carolingia. Esistevano degli ampi ducati regionali. Nel
919 venne eletto Enrico I di Sassonia, e dopo suo figlio Ottone I. Il suo regno, durato dal 936 al
973, è servito a riempire nuovamente di significato il titolo imperiale. Agì in modo innovativo,
cercando di stabilire legami con i grandi del regno. Il richiamo all’età carolingia e alla tradizione
imperiale romana e bizantina riguardò soprattutto gli aspetti simbolici del potere, come il rito della
sacra unzione o il Privilegium Othonis che riconosceva le proprietà e i diritti della chiesa di Roma,
ma ribadiva anche il principio che il papa dovesse prestare giuramento all’imperatore. Conquistati il
regno italico e la corona imperiale nel 962, Ottone I cercò di rafforzare la propria posizione in Italia
a danno dei domini bizantini del meridione, ma il progetto matrimoniale fra suo figlio e la nipote di
Zimisce fallì. Morto Ottone I nel 973, Ottone II si trovò a fare i conti con troppe ostilità, e alla sua
morte, nel 983, suo figlio Ottone III era molto piccolo. Nel 996, quando ebbe 16 anni, assunse i
titoli paterni ma morì nel 1001 a causa della sua convinzione che il solo titolo di imperatore
bastasse. Fu eletto re di Germania Enrico II, duca di Baviera, ma morto nel 1024 e senza eredi,
lasciò il titolo a Corrado II, duca di Franconia, appartenente alla famiglia dei Salii che riuscì a
mantenere la corona imperiale per 4 generazioni sino al 1125.

L’ANNO MILLE: CONTINUITA’ E TRASFORMAZIONI

Quando l’anno 1000 scoccò quasi nessuno vi fece caso, poiché i sistemi di datazione erano ancora
diversi da una località all’altra e gli anni si contavano secondo gli anni di un regno o di un impero.
Inoltre non era leggenda popolare l’idea apocalittica. Vi fu sicuramente uno sviluppo tecnologico,
come il mulino ad acqua, l’aratro, il giogo frontale, la rotazione triennale (il maggese a riposo ogni
3 anni). Vi fu un allargamento degli spazi coltivati (all’interno delle curtes, ma anche spazi nuovi

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come le ville nuove o i borghi franchi, cioè esentati dalle tasse). Tra la fine dell’11 e l’inizio del 12
si ricavarono nuovi terrene dall’acqua (le Fiandre e la pianura padana). Già nel 10 secolo entrò in
crisi il sistema curtense. Avvenne la mutazione feudale, cioè la nascita di una forma di controllo
politico del territorio definita signoria di banno, che portò anche a un cambiamento dell’economia,
facendo emergere una nuova domanda da parte dei signori di banno che per soddisfare i loro
bisogni incrementarono la produzione.

IL NUOVO MONACHESIMO E LA RIFORMA DELLA CHIESA

Un contributo importante al rinnovamento della chiesa venne dal mondo monastico, che sentì di
dover dare una credibilità morale alla chiesa stessa. Si proponeva l’estensione del modello
monastico a tutta la chiesa, basato sulla preghiera e la purezza del corpo. Esempio furono i monaci
di Cluny, fondata nel 910 da Guglielmo duca d’Aquitania. Romualdo di Ravenna invece fondò
nell’Italia centrale alcuni eremi. Presso Grenoble sorse la Grande chartreuse, da cui prese vita
l’ordine dei certosini. Si diffusero la simonia (da Simon Mago, l’acquisto delle cariche
ecclesiastiche) e il nicolaismo (favorevoli al concubinato e al matrimonio degli ecclesiastici). Tra il
10 e l’11 secolo si diffusero movimenti religiosi di ispirazione pauperistica, come la pataria, che si
diffuse a Milano nel secolo 11. Vi fu una lotta tra l’elezione del papa da parte dell’imperatore e di
alcune famigli aristocratiche romane che portò alla compresenza di tre papi. Enrico III li fece
deporre tutti e nominò il tedesco Clemente II papa. Leone XI fu quello che scelto dall’imperatore, si
scontrò con il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulaio riguardo al controllo delle chiede
dell’Italia meridionale, e che nel 1054 portò alla separazione tra le due chiese. Alla morte di Enrico
III, il figlio essendo ancora minorenne, non poté regnare, per cui le elezioni del papa tonarono
all’aristocrazia, che scelse Niccolò II. Questi nel 1059 promulgò il Decretum in electione papae nel
quale si stabiliva che il diritto di scegliere il papa spettava ai cardinali. Il novo eletto Alessandro II
non fu riconosciuto dalla corte imperiale che elesse Onorio II. Questo contrasto fra chiesa e impero
che caratterizzò il secolo 11 è ricordato come lotta per le investiture. Nel 1073 fu nominato a livello
popolare Gregorio VII come papa, che mandò in Germania alcuni delegati, che causò una serie di
interventi di reciproca delegittimazione tra papa e imperatore. Nel 1075 il papa diede un
fondamento dottrinale al primato del papa con il Dictatus papae, Enrico IV nel 1076 chiamò un
concilio di vescovi tedeschi che deposero Gregorio VII; a sua volta quest’ultimo comminò
all’imperatore la scomunica, cosa molto grave perché gli oppositori di Enrico IV ne approfittarono.
A Canossa l’imperatore scese a patti col papa nel 1076/1077. Nel 1080 Enrico fece nominare
Clemente III nuovo papa e nel 1084 invase Roma, e Gregorio fu salvato dalle truppe normanne,
morendo dopo un anno a Salerno. Nel 1122 il concordato di Worms risolse la lotta per le investiture
tra Enrico V e papa Callisto II, con la decisione che solo in Germania l’imperatore poteva assistere
all’elezione del papa e investirlo di funzioni e beni temporali.

LA COSTRUZIONE DELLE MONARCHIE FEUDALI

Le grandi monarchie europee provvidero a differenziarsi dai signori locali rivendicando titoli e
funzioni superiori e instaurando con lo stesso gruppo relazioni vassallatico beneficiarie da cui
apparisse chiaramente la loro posizione di preminenza. I re rivendicarono la sacralità del loro
potere. Ai vassalli non era più richiesto l’obbligo del servizio armato, perché erano legati a signori
diversi. Dalla fine dell’11 secolo alcuni grandi principi territoriali imposero l’omaggio ligio ai loro
vassalli, che era in caso di conflitto il maggiore omaggio prestato, e si iniziò a far ricorso al feudo di
ripresa. Con questa pratica il vassallo cedeva loro un bene che veniva tuttavia immediatamente
riconcesso in feudo allo stesso vassallo. In tal modo il signore otteneva il riconoscimento formale
della propria supremazia. Con la battaglia di Hastings del 1066 Guglielmo duca di Normandia
conquistò l’Inghilterra, ponendo fine alla monarchia anglo sassone. Furono impiantita una fitta rete
di castelli, evitandone però l’accorpamento. Si mantenne la carica di sherifs, ma essendo poi una

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minaccia per il potere regio, ne fu ridotto il potere durante il regno di Enrico II, che cercò anche di
sottomettere alla giustizia regia il clero (Assise di Clarendon). La Magna Charta, un documento
scritto nel 1215 dalla coalizzazione di chiesa e baroni limitava l’eccessiva autorità del potere regio,
che intanto sotto il regno di Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra cominciò a
scricchiolare. Il regno dei Capetingi era piuttosto ristretto fino a quando Luigi VI tra il 1111 e il
1115 cominciò ad espandersi. Nel 1152 Eleonora, moglie di Luigi VII, divorziò e sposò Enrico,
portandogli in dote l’Aquitania . Costui sarebbe divenuto re di Inghilterra due anni dopo. Ciò fece
nascere una guerra durata fino al 1177. Nonostante questo Luigi fece delle buone riforme e le cose
proseguirono in tale direzione anche sotto il regno di Filippo Augusto, che ingrandì il regno grazie
al matrimonio con Isabella e dopo la morte di Enrico riuscì ad riappropriarsi delle terre al di qua
della Manica. Istituì i balivi e i prevosti, intensificando il controllo amministrativo. I normanni
chiamati in Italia dai longobardi e dai bizantini ottennero Melfi e Aversa. Il papa Leone IX,
preoccupato di questa nuova presenza, costituì un esercito ma fu sconfitto nel 1053. Nel 1059
Niccolò II, negli accordi di Melfi del 1059, stipulò che in cambio della sottomissione feudale al
papato sarebbe stato loro il principato di Capua e il ducato di Puglia, Calabria e Sicilia (se
l’avessero conquistata dai musulmani). Tra la fine del 10 e l’inizio del 14 secolo i verificò la
reconquista. Alla base di questo processo vi fu la generale crisi del mondo musulmano. Nella prima
metà del 11 secolo nacquero la contea di Castiglia e l’Aragona.

SOCIETA’ CITTADINA E ORIGINE DEGLI ORDINAMENTI COMUNALI

Nel processo di dissoluzione dell’impero carolingio la progressiva frammentazione del territorio e


del potere pubblico in una molteplicità di signorie locali si accompagnò, in Italia, all’acquisizione di
diritto o di fatto da parte dei vescovi dell’intera gamma dei poteri pubblici all’interno delle città.
Assunsero importanza un insieme di persone che contribuirono all’effettivo governo della città. A
Milano, nella prima metà dell’11 secolo, c’erano i capitanei (grandi signori stretti da legami
vassallatico beneficiari con la chiesa arcivescovile) e i valvassores, che a loro volta erano legati con
i capitanei. Negli anni 30 scoppiò un conflitto perché i valvassores volevano trasmettere il loro
titolo per ereditarietà, ma l’arcivescovo si schierò contro come i capitanei e quindi ebbero la meglio.
Tutto si complicò a causa di Corrado II che nel 1037 emanò l’Edificum de beneficiis per cui i
vassalli dei capitanei potevano trasmettere per ereditarietà i loro benefici. Si creò così nella sola
Milano una cittadina divisa in ordines, ossia in strati caratterizzati da una diversa condizione
giuridica. Sia il potere imperiale, sia l’autorità papale imposero alle città vescovi estranei alla
società locale. I cittadini si distaccarono dalla figura del vescovo e sostituirono la riunione
spontanea dei cittadini davanti alla cattedrale con assemblee non elettive che chiamarono arenghi;
queste assemblee elessero dei consoli, che furono la guida del nuovo organismo che da queste
innovazioni istituzionali prendeva vita: il comune (accadeva quasi in tutte le città coinvolte intorno
al 1100). Si fece ricorso al diritto romano, che fu lo strumento base per la convivenza civile. Nei
comuni dell’Italia centro settentrionale fu rapida la conquista dei contadi.

LA NASCITA DELLA CAVALLERIA E L’INVENZIONE DELLE CROCIATE

Attorno al 1000 lo sviluppo e la diffusione di signorie di banno incentrate su castelli avevano reso
necessario un numero crescente di specialisti della guerra. Sono questi i milites delle fonti, i
cavalieri, in questa prima fase frequentemente di umili origini. Nel corso dell’11 secolo il mestiere
di cavaliere venne sempre più specializzandosi, come anche le tecniche di combattimento, che
erano per lo più individuali e relativi alla lancia. Gli allenamenti erano i tornei, e il crescente costo
delle armi fece sì che la cavalleria divenne un’élite sociale ristretta, anche grazie al prestigio di
questa attività. Spesso i cavalieri si univano in compagnie e andavano di città in città; si diffuse da
origine ecclesiastiche il movimento della pace di Dio, che pregava i cavalieri di astenersi da
violenze ingiustificate. Prese vita un nuovo modello epico, grazie anche alla letteratura dell’epoca.

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Durante il rinnovamento della chiesa, fu data importanza al pellegrinaggio a Roma e Gerusalemme,
e in seguito a Santiago de Compostela. L’appoggio alla reconquista da parte di Alessandro II (tutti
coloro che vi partecipano avranno la remissione dei peccati 1064), fece sì che molti cavalieri
francesi partissero per la Spagna. Sembra che Urbano II a Clermont abbia bandito la prima crociata,
invitando nobili e cavalieri cristiani a compiere un viaggio armato verso Gerusalemme. Nacque così
la crociata popolare, partita nel 1096, che dopo una serie di eventi drammatici giunse a
Gerusalemme conquistandola nel 1099 e fondò alcuni regni come quello di Gerusalemme guidato
da Goffredo di Buglione. La Terrasanta non era importante solamente per il suo valore di simbolo
religioso, ma era anche un avamposto dei commerci con l’oriente. La reazione musulmana portò
alla riconquista di diverse città (Edesa 1144). La seconda crociata (1147-1148) promossa da Luigi
VII ed Eugenio III, fallì a causa dei contrasti tra i due sovrani che la guidavano (aveva anche
partecipato Corrado III) e dei difficili rapporti che si crearono con l’impero bizantino. La terza
crociata (1189-1192) fu guidata dall’imperatore Federico Barbarossa, il re di Francia Filippo
Augusto, il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone. Col pontificato di Innocenzo III si cercò di
dare un significato dottrinale alla crociata: venne definita come tentativo di ricondurre alla
cristianità occidentale tutti i territori che un tempo le erano appartenuti (anche l’impero bizantino
allontano tisi nel 1054). Si fece così una quarta crociata (1202-1204) nella quale si sottrasse
Costantinopoli ad altri cristiani, creando l’impero latino d’oriente nei balcani. Nei medesimi anni la
crociata venne definita come mezzo per reprimere i nemici della cristianità, cioè gli eretici. Sempre
Innocenzo redisse nel 1208 una crociata contro i catari detti anche albigesi. La crociata servì anche
per allargare i confini della cristianità, come nelle crociate del nord del 13 secolo. Nella quinta
crociata (1217-1221) si tentò di conquistare l’Egitto. Federico II partì nel 1228 e conquistò
Gerusalemme dopo lunghe trattative. Le ultime due crociate (1248-1254 e 1270) ebbero un unico
protagonista, re Luigi IX di Francia.

L’IMPERO BIZANTINO E L’EST EUROPEO

La storia bizantina comincia con la ridefinizione territoriale conseguente alle conquiste di Arabi,
Slavi e Bulgari e si può dividere in alcune fasi: prima fase (secoli 8-9) riassestamento politico
amministrativo di ciò che restava dell’antico impero, seconda fase (secoli 9-10) di rinnovata
espansione, terza fase (secoli 11-12) ripiegamento che raggiunge il suo massimo con la quarta
crociata, e infine un tentativo di riaccorpamento proseguito fra molte difficoltà fino alla conquista
dell’impero da parte dei Turchi (1453). A causa dell’espansione islamica l’impero bizantino perse
molti territori e il dominio del mare. Costantinopoli fu difesa nel 678. Base dell’organizzazione
dello stato era il thema, una circoscrizione di carattere militare di cui il funzionario era lo stratego,
che concentrava nella sua persona i poteri militari e civili. Gli imperatori Maurizio ed Eraclio
modificarono questo apparato istituendo la figura degli stratioti, che favorivano lo stanziamento
stabile dei soldati, concedendo loro terre ed esentandoli dai carichi fiscali. L’imperatore Leone VI
fece scomparire gli impianti di uffici a stampo romano e il latino fu sostituito dal greco. Il
cristianesimo vide il dibattito sull’iconoclastia, cioè sulla possibilità che fu esclusa di rappresentare
il divino (dagli inizi dell’8 secolo a meta del 9). La controversia diventò un affare politico nel 726,
quando l’imperatore Leone III emanò un decreto in base al quale si impediva in tutto l’impero il
culto delle immagini, che fu riabilitato nell’843, quando il pericolo arabo venne meno. Sotto la
dinastia Amorica e quella Macedone l’impero bizantino visse un periodo d’oro, con una grande
rinascita culturale e una nuova espansione (balcani, Italia meridionale, isole dell’Egeo). Dalla
seconda metà del 10 secolo si iniziò invece a sostituire l’esercito a reclutamento regionale con un
esercito professionale stipendiato. Notevole fu la fioritura economica e commerciale. Si sostituì il
Codex di Giustiniano con i Basilici. Si verificò la bizantizzazione delle popolazioni slave, in
particolare cristianizzandole e immettendo loro l’idea di stato. Nell’11 secolo l’occidente era in
espansione e porti come quello di Amalfi, o quello di Venezia erano fondamentali per i contatti con
l’oriente. Si aggiunsero anche Genova e Pisa. Avendo perso i territori italiani, Bisanzio cadde in una

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recessione economica e politico militare. Dopo la conquista da parte della quarta crociata,
Costantinopoli fu divisa in diversi principati feudali. Ciò che rimaneva dei bizantini si organizzò
nell’impero di Nicea, il regno di Trebisonda, e il despotato di Epiro. Costantinopoli fu ripresa nel
1261, e poi dai turchi ottomani definitivamente il 29 maggio 1453.

IL RINNOVAMENTO CULTURALE

Si sentì l’esigenza, sia per motivi economici che politici, di fissare le cose per scritto. Dal 12 secolo
il libro viene veramente utilizzato, con note marginali. Tra l’11 e il 12 secolo l’universitas designava
una qualsiasi comunità organizzata e dotata di un proprio statuto giuridico. A Bologna (diritto)
sembra che l’iniziativa sia partita dagli studenti, mentre a Parigi (teologia) i professori. Base
dell’insegnamento era la lectio, la lettura di un testo di riferimento classico e autorevole, i commenti
dei professori divenivano glosse e si istituirono così gli stacionarii (copiatori). I classici greci
rientrarono nel mondo occidentale mediante la traduzione dall’arabo e la traduzione diretta dal
greco (più affidabile), ma i commentari musulmani avevano arricchito tali testi. Nascono le lingue
volgari.

L’IMPERO E LA DINASTIA SVEVA

Nel 1125, quando morì Enrico V, la successione dinastica non si era ancora affermata, venne eletto
un re della casata di Baviera e alla morte di costui, uno della casata di Svevia. Nel 1152, grazie a
un’ottima politica matrimoniale, venne eletto il duca di Svevia Federico. Egli giunse in Italia nel
1154 chiamato dal papa per fermare l’avanzata delle città più forti, e recandosi a Roma fece
uccidere Arnaldo da Brescia, un chierico legato alla pataria. Nel 1158 definì in Italia le regalie,
ovvero le prerogative dell’autorità regia, ed emanò la Constitutio pacis, con la quale proibiva le
leghe fra le città comunali e le guerre fra privati. Milano non si assoggettò all’autorità imperiale e
venne attaccata e sconfitta. La forte pressione fiscale fece unire alcuni comuni formando la lega
lombarda con l’appoggio di Alessandro III: l’esercito imperiale venne sconfitto e fu firmata la pace
di Costanza nel 1183. Nel 1190 Federico Barbarossa morì. Nel 1186 il figlio Enrico VI sposò la
figlia del re normanno Ruggeri II, Costanza d’Altavilla, entrando così in lotta per la successione per
il regno di Sicilia: fi incoronato nel 1194, ma morì solo 3 anni dopo e la moglie poco dopo. Il figlio
troppo piccolo fu affidato a papa Innocenzo III, e nel 1208 Federico fu incoronato re. In Germania
fu nominato imperatore Ottone, ma fu scomunicato dal papa e nel 1212 incoronato Federico, che si
impegnò a non riunificare mai le due corone. Ci fu ancora una battaglia tra Ottone e Federico, che
venne vinta da quest’ultimo nel 1214 a Bouvines. Rimase in Germania fino al 1220. Nel 1213
emanò la Bolla d’oro di Eger con la quale rinunciava ai diritti che il concordato di Worms aveva
attribuito al sovrano in merito alle elezioni vescovili. L’azione politica in Sicilia fu di tutt’altro
stampo, abbattendo tutti i castelli costruiti da privati sullo loro terre e promuovendo un commercio
di stato. Grazie a lui nacque l’università di Napoli. Nel 1231 venne promulgata la Costituzione di
Melfi con la raccolta delle leggi emanate da Federico. Durante il suo regno si affermò la scuola
siciliana. Dal 1235 al 1237 tornò in Germania, e dal 1237 al 1250 lottò contro i comuni italiani che
di nuovo organizzatosi in lega e con l’aiuto di papa Gregorio IX che scomunicò l’imperatore,
ebbero la meglio. Fino al 1273 nessun principe assunse la carica imperiale. Corrado il figlio di
Federico morì presto, e alla sua morte salì al trono il figlio Corradino, ma essendo troppo piccolo,
un altro figlio di Federico II, Manfredi si impadronì del regno nel 1258. Il papa chiamò alla guida
del regno di Sicilia Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, che sconfisse nel 1266
Manfredi.

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I COMUNI ITALIANI

Con la pace di Costanza i comuni sono stati riconosciuti dall’imperatore. Vi fu una netta crescita
della popolazione urbana per le varie possibilità che offriva la città, e ciò è testimoniato dalla
costruzione di tre cerchia di mura concentriche. Tra 12 e 13 secolo entrò in crisi il sistema del
consolato, poiché consisteva ormai in una semplice supremazia di una famiglia aristocratica sulle
altre. Anche l’arrivo di famiglie ricche dalla campagna aveva creato dei problemi. Molto battuta fu
la strada di dare i poteri ad un singolo individuo: con il termine podestà si chiamarono i magistrati a
cui per periodi variabili fu affidato il compito di reggere la città (in genere era forestiero). Doveva
presiedere il consiglio comunale, i tribunali cittadini, l’esercito in guerra. Se agiva bene al termine
della carica veniva pagato, altrimenti no. In seguito queste persone dovevano essere specializzate.
Anche tra gli aristocratici (milites) e i ceti popolari (pedites) si aprirono degli scontri dovuti ai
maggiori privilegi che la categoria dei milites aveva. Intorno alla metà del 200 anche il popolo ebbe
le sue vittorie, come la rappresentanza nei consigli del comune, la nascita delle corporazioni e il
capitano del popolo. Nelle città meglio organizzate, le istituzioni del popolo finirono per diventare il
vero centro della vita politica cittadina. Anche gli aristocratici si organizzarono, finendo nella
seconda metà del 200 a organizzarsi in partes, filo imperiale e anti imperiale cioè ghibellina e
guelfa.

IL CONSOLIDAMENTO DEI REGNI EUROPEI

Non tutta l’Europa è stata attraversata dal movimento di rafforzamento della monarchia, ma in
particolare solo la Francia, l’Inghilterra e la penisola iberica. Questi regni furono interessati da un
consolidamento territoriale, una riorganizzazione dell’esercito che era pagato e quindi un nuovo
prelievo fiscale. Dopo il processo di rafforzamento di Filippo Augusto si impegnò in tal senso anche
il figlio Luigi VIII che combatté gli albigesi ottenendo la Linguadoca ed enfatizzando il titolo regio.
Il figlio Luigi XI era molto religioso, tant’è che fu promotore di due crociate, contribuì a
consolidare la monarchia e suo fratello Carlo d’Angiò conquistò la Sicilia. I re inglesi vivevano
altre situazione. Enrico III dovette concedere le Provvisioni di Oxford, che imponevano il controllo
dei baroni sulla politica regia, ma la gentry (la piccola nobiltà rurale) non fu d’accordo fino alla
battaglia di Eversham del 1265 che vide il sovrano vittorioso. Con l’erede Edoardo I furono invasi il
Galles e la Scozia. Nel corso del 12 secolo nei territori settentrionali della penisola iberica si erano
consolidati alcuni regni cristiani che avevano intrapreso l’espansione militare detta reconquista.
Castiglia e Aragona assunsero un ruolo guida tra i regni iberici, anche se erano molto diversi. Gli
Aragonesi vinsero la Sicilia che fu riconosciuta loro con la pace di Caltabellotta del 1302, e
successivamente si appropriarono della Sardegna.

PAPATO UNIVERSALE E STATO DELLA CHIESA

Vi furono nuovi scontri sulla modalità dell’elezione del papa, che si risolvettero grazie ad
Alessandro III e Gregorio X che stabilirono nuove norme (il raggiungimento dei 2/3, l’Ubi
periculum relativo al conclave). I cardinali erano molto importanti e venivano scelti dal papa, di cui
era indispensabile essere parente o cliente. Il papato tentò di espandersi, prima con Innocenzo III
che fece una fase di recupero, estendendo i domini e badando bene a rimanere la divisione
dell’Italia. Nella bolla Unam sanctam Bonifacio VIII definiva il papato il punto più alto della
gerachia dei poteri. Nel 1300 fu stabilito il primo giubileo. Vi furono degli scontri tra questo papa e
il sovrano di Francia Filippo il Bello, che riuscì poi a far eleggere il francese Clemente V e nel 1309
decretò il trasferimento della curia ad Avignone.

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ERESIE E ORDINI MENDICANTI

Uno scoppio improvviso di predicazioni eterodosse scosse la Francia meridionale all’inizio del
secolo 11. In realtà si trattava di una rivolta morale nei confronti della chiesa. Ad esempio alla fine
del 12 secolo, Valdo decise di vivere in povertà e di predicare il vangelo: la scomunica del 1215 gli
fu data a causa della presunzione di predicare. I catari professavano una religione di stampo
dualistico, il bene e il male. Nel 1167 ebbero anche un concilio. I papi ovviamente si opposero, fino
alla crociata del 1208. La chiesa sentiva il bisogno di riappropriarsi del primato della predicazione,
per cui furono accettati gli ordini mendicanti: i domenicani, riconosciuti nel 1215, e i francescani.
Fu istituito il tribunale dell’inquisizione. Altre eresie erano gli apostolici di Gerardo Segarelli, i
dolcini ani.

CRISI E NUOVI EQUILIBRI

Nel 1200 vi fu un generale sviluppo economico con commerci su ampia scala, fiere, il ritorno della
moneta aurea, la nascita di compagnie mercantili, uno sviluppo demografico e flussi migratori, ma
non c’era una sufficiente produzione agricola. Fra il 1313 e il 1317 una serie di cattivi raccolti portò
a gravi carestie, e nel 1348 si diffuse la peste nera detta anche bubbonica, che si trasmetteva dal
morso di un bacillo del ratto. Ci furono altre tre ondate successive (1347-1350, 1360-1390, 1397-
1402). Vi fu un abbandono delle terre marginali che fece aumentare la pastorizia e si formarono i
nuovi contratti di lavoro di mezzadria. Si crearono nuove forma di oppressione come ad esempio in
Francia nel 1358 dove si formò la jacquerie, ma che fu repressa. Nelle manifatture si passò da un
sistema di lavoro individuale a uno comprensivo di operai salariati, che si organizzarono poi in
corporazioni che tutelavano gli interessi comuni. Gli squilibri della nuova situazione economica
caddero soprattutto sui lavoratori salariati, come nel caso dei ciompi a Firenze nel 1378. Nacquero
anche dei nuovi sistemi di contabilità e le attività creditizie e quindi il ruolo dei banchieri, in
particolare quelli fiorentini.

GLI STATI REGIONALI IN ITALIA

Il nuovo fenomeno dalla fine del 1200 fu l’inquadramento in guelfo o ghibellino. Questa divisione
fu forte in Sicilia dopo la conquista angioina (guelfi), mentre i ghibellini non avevano un punto di
riferimento in seguito all’estinzione della dinastia sveva. Enrico VII eletto nuovo imperatore al
principio del 1300 e fu coinvolto in questa lotta, ma morto nel 1313 lasciò liberi di agire i signori
ghibellini, che, come nel caso della famiglia Visconti, allargarono le loro proprietà fuori dal
contado, tanto che si ritrovarono in guerra tra di loro. Queste guerre erano spesso lontane, e fu
necessario il reclutamento di un esercito pagato e di una nuova finanza cittadina e una burocrazia
centralizzata , inoltre delle università nei propri territori. I Visconti si aggiunsero il titolo di vicario,
cioè rappresentante dell’imperatore. L’espansione viscontea raggiunse il suo culmine con la signoria
di Gian Galeazzo che conquistò Verona e Padova e a spingersi nell’Italia centrale. La sua morte e la
crisi che si aprì furono il motivo scatenante dell’espansione di due repubbliche, Firenze e Venezia.
Controllare libro.

VERSO LA FORMAZIONE DEGLI STATI NAZIONALI

L’idea del re come garante di pace sta alla base di molte iniziative assunte dai sovrani nel 1300 e
1400. Sorsero nuove forme amministrative, come gli ufficiali (funzionari pubblici) del re salariati,
un buon controllo del territorio tramite corpi armati stabili e un’ampia disponibilità finanziaria
ottenuta con l’introduzione di nuove imposte. Si crearono assemblee rappresentative per risolvere i
conflitti sociali, che aiutò la costruzione di una coscienza unitaria che trasformasse un regno in un
paese. In Francia furono convocati gli stati generali nel 1302, un’assemblea in cui erano

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rappresentati i tre principali ordini sociali (clero, nobiltà, élites urbane). All’inizio del 1300 invece
in Inghilterra si era già affermato il parlamento con un modello bicamerale, che suddivideva il
parlamento in camera dei lord e camera dei comuni. Questo sistema fece superare dei momenti di
crisi, come la guerra delle due rose, un conflitto scoppiato nel 1445, tra i casati di Lancaster e York
che si contendevano la corona regia. Esso si concluse con l’ascesa al trono di Enrico VII, primo
esponente della dinastia Tudor. Le storie di Francia e Inghilterra sono legate dall’11 secolo, quando
il duca di Normandia Guglielmo conquistò il regno inglese. Quando nel 1328 Carlo IV morì senza
eredi, Edoardo III ne rivendicò la corona essendogli imparentato. Prese però il potere Filippo VI,
parente alla lontana del defunto. Nacque così la guerra dei cent’anni. La prima fase dei
combattimenti fu disastrosa per i francesi, che persero molti territori. I conflitti ripresero quando
Carlo VI non poté governare ed entrò in gioco Giovanna d’Arco, che riuscì a liberare la città di
Orléans. Morì nel 1431 sul rogo. Dalla seconda metà del 1200 vi fu un ridimensionamento del ruolo
imperiale, a causa anche dell’affermarsi degli stati territoriali. In pratica il titolo valeva solo più per
la Germania, e la bolla d’oro dell’imperatore Carlo IV del 1356 decise quali principi territoriali
potessero eleggere il re. Tra 1300 e 1400 la tendenza all’affermazione delle istituzioni monarchiche
riguardò anche territori alla periferia dell’occidente, come la Scandinavia o le vaste pianure in cui
vivevano i popoli slavi.

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