Diritto Sindacale Giugni 2010
Diritto Sindacale Giugni 2010
Diritto Sindacale Giugni 2010
garantire
losservanza
spontanea
delle
norme
ed
evitare
situazioni
spiacevoli
a
livello
sociale,
si
poggia
proprio
sul
consenso
sociale,
garantendo
cos
la
propria
effettivit.
Astensione
legislativa
e
ruolo
della
dottrina
Dopo
labrogazione
dellordinamento
corporativo,
in
vigore
dal
1926
sino
al
1944,
e
dopo
lemanazione
della
Costituzione
repubblicana
nel
1948,
il
legislatore
italiano
rimasto
per
lungo
tempo
muto
in
materia
di
rapporti
sindacali
e
sordo
ai
bisogni
dei
lavoratori.
Solo
nel
1970,
con
la
L.300
che
ha
introdotto
lo
Statuto
dei
lavoratori,
si
avuta
la
prima
disciplina
sindacale.
Dopo
altri
20
anni,
inoltre,
con
la
L.146/1990
si
disciplinato
lo
sciopero
nei
servizi
pubblici
essenziali.
Notiamo,
quindi,
come
il
silenzio
normativo
si
sia
protratto
per
lunghi
periodi
e
come
sia
stato
necessario
molto
spesso,
ad
opera
della
dottrina
e
della
giurisprudenza,
interpretare
estensivamente
le
norme
gi
esistenti
in
base
a
valutazioni
di
carattere
generale
e
sociale:
si
applicata,
in
sostanza,
quella
che
molti
definiscono
come
politica
del
diritto,
attraverso
la
quale
molti
autori
hanno
potuto
esprimere
il
proprio
pensiero,
non
cadendo
nellipocrita
convinzione
che
il
diritto
dei
giuristi
sia
neutrale.
Lordinamento
intersindacale
Abbiamo
gi
detto
che
il
sistema
di
relazioni
industriali
scaturisce
dalle
interazione
tra
imprenditori,
organizzazioni
dei
lavoratori
e
pubblici
poteri.
Sotto
il
profilo
giuridico-normativo
possiamo
affermare
che
le
relazioni
industriali
sono
rette
da
un
ordinamento
stabile,
definito
come
ordinamento
intersindacale,
distinto
dallordinamento
statale.
I
due
ordinamenti
convivono
allinterno
del
nostro
sistema,
regolando
molto
spesso
le
medesime
materie:
qualora
confluiscano
verso
una
stessa
valutazione
normativa,
non
si
crea
alcun
problema,
ma
qualora
differiscano
tra
loro
la
norma
di
un
ordinamento
sar
ineffettiva
nellaltro
e
viceversa.
Altre
volte
le
valutazioni
normative
dei
due
ordinamenti,
pur
essendo
diverse,
non
entrano
in
contrasto:
prendiamo
ad
esempio
il
contratto
collettivo,
che
per
lordinamento
statale
un
semplice
accordo
tra
le
parti
disciplinato
dal
codice
civile,
mentre
per
lordinamento
intersindacale
un
atto
fondamentale
che
regola
i
rapporti
tra
imprenditori
e
sindacati.
Altro
esempio
quello
degli
accordi
triangolari
tra
le
parti
sociali
(sindacati
ed
imprenditori)
ed
il
Governo,
in
forza
dei
quali
questultimo
si
impegna
a
disciplinare
legislativamente
una
determinata
materia
oggetto
dellaccordo.
In
realt
il
Governo,
secondo
lordinamento
statale,
non
pu
obbligare
il
Parlamento
in
nessun
modo
ad
approvare
una
legge,
ma
allinterno
dellordinamento
intersindacale
un
simile
accordo
assume
una
rilevanza
notevole.
Il
ruolo
della
giurisprudenza
La
giurisprudenza,
cos
come
la
dottrina,
ha
contribuito
notevolmente
alla
formazione
del
diritto
sindacale,
nonostante
nel
nostro
sistema
di
civil
law
la
decisione
di
un
giudice,
nellespletamento
delle
proprie
funzioni,
non
abbia
autorit
vincolante.
La
giurisprudenza,
per,
molto
spesso,
con
la
costanza
del
proprio
indirizzo
di
pensiero,
ha
colmato
le
lacune
legislative
ed
indirizzato
lo
stesso
legislatore
nellemanazione
di
una
disciplina.
Basti
pensare
che
il
concetto
di
contratto
collettivo,
e
la
conseguente
inderogabilit
dello
stesso,
nasce
proprio
in
ambito
giurisprudenziale,
cos
come
altri
concetti
di
notevole
rilevanza.
Il
diritto
comunitario
Il
diritto
comunitario
risulta,
ancora
oggi,
indifferente
rispetto
al
diritto
sindacale:
ne
troviamo
prova
nel
nuovo
TFUE
(trattato
sul
funzionamento
dellUnione
Europea)
il
quale,
allart.153,
dopo
aver
riconosciuto
il
2
diritto
alla
rappresentanza
ed
alla
difesa
collettiva
degli
interessi
dei
datori
di
lavoro
e
dei
lavoratori,
nega
che
rientrino
allinterno
della
competenza
comunitaria
temi
quali
il
diritto
di
sciopero,
di
serrata
ed
il
diritto
di
associazione.
Eppure
lintegrazione
economica
al
quale
lUnione
giunta
non
pu
prescindere
da
questi
aspetti
del
diritto
sindacale
e
tale
concetto
stato
ribadito
anche
dalla
Corte
di
Giustizia,
che
sembra
orientata
verso
unintegrazione
della
materia
sindacale
nelle
competenze
dellUnione.
Va
aggiunto
che
con
lentrata
recente
di
Paesi
pi
poveri
ed
arretrati
(anche
per
ci
che
concerne
i
diritti
dei
lavoratori)
allinterno
dellUE,
stato
attuato
un
sistema
di
concorrenza
al
ribasso
(dumping
sociale),
ossia
una
tendenza
delle
imprese
ad
utilizzare
le
condizioni
del
mercato
del
lavoro
di
questi
Paesi
per
poter
ridurre
i
costi
ed
aumentare
i
guadagni.
E,
per
ora,
impossibile
capire
come
la
situazione
si
evolver,
ma
sicuro
che
diritto
comunitario
e
diritto
sindacale
non
potranno
restare
indifferenti
ed
indipendenti
per
molto
tempo
ancora.
Le
regole
del
conflitto
ed
il
problema
della
loro
stabilit
Allinterno
del
diritto
sindacale,
nel
nostro
Paese,
non
sono
ben
definite
regole
per
lindividuazione
dei
soggetti
legittimati
alla
trattativa,
alla
composizione
delle
controversie,
alla
proclamazione
ed
allo
svolgimento
degli
scioperi.
Prima
della
nascita
di
sindacati
autonomi
nel
ventennio
70-90
del
secolo
scorso,
la
tre
grandi
Confederazioni
sindacali
(Cisl,
Uil
e
Cgil)
non
sentivano
lesigenza
di
regole
ben
precise,
in
quanto
un
accordo,
bene
o
male,
lo
si
trovava
nella
maggior
parte
dei
casi,
anche
con
lesclusione
della
Cgil.
In
un
secondo
momento,
per,
sono
venute
meno
le
ragioni
di
compattezza
tra
i
lavoratori,
essendo
venuti
meno
i
conflitti
ideologici
precedenti
inerenti
la
lotta
di
classe.
Si
sono
posti,
dunque,
2
problemi:
quello
della
rappresentanza,
inerente
il
rapporto
tra
il
sindacato
ed
il
gruppo
professionale
di
riferimento,
e
quello
inerente
i
rapporti
tra
base
e
vertice,
tra
lavoratori
e
dirigenti
dei
sindacati,
soprattutto
in
riferimento
agli
strumenti
di
democrazia
rappresentativa
(elezione
dei
dirigenti)
e
democrazia
diretta
(assemblee
e
referendum).
Infatti
mentre
da
un
lato
la
Cisl
ha
sempre
privilegiato
la
tutela
dei
propri
iscritti,
adoperando
il
sistema
dellelezione
dei
dirigenti,
la
Cgil
ha
sempre
valorizzato
strutture
rappresentative
elette
da
tutti
allinterno
di
assemblee
e
referendum,
coinvolgendo
tutti
i
lavoratori,
anche
quelli
non
sindacalizzati.
Il
Protocollo
del
23
luglio
1993
sembrava
aver
trovato
una
soluzione
al
suddetto
problema,
individuando
i
soggetti
titolari
dei
poteri
di
rappresentanza
e
larchitettura
della
contrattazione
collettiva.
Laccordo
quadro
del
22
giugno
2009,
invece,
si
mosso
nellopposta
direzione,
allontanando
la
Cgil
dalle
regole
della
contrattazione
collettiva
e
non
vincolandola
agli
accordi.
3
riconosciuto,
allinterno
di
tutti
gli
Stati,
come
diritto
fondamentale,
e
pertanto
un
tale
peso
specifico
dovrebbe
assumere
anche
a
livello
comunitario.
La
libert
sindacale
nelle
convenzioni
internazionali
Anche
il
diritto
internazionale
si
spesso
occupato
della
materia
del
lavoro,
in
particolare
della
libert
sindacale
e
del
diritto
di
sciopero.
Rilevanti
a
riguardo
sono
le
Convenzioni
dellOIL
(Organizzazione
Internazionale
del
lavoro,
nata
nel
primo
dopoguerra
e
consolidatasi
nel
secondo
in
ambito
ONU),
in
particolare
la
n.87
e
la
n.98,
a
cui
lItalia
ha
dato
attuazione
tramite
la
L.367/1958:
la
prima
di
esse
prevede
una
tutela
della
libert
sindacale
nei
confronti
dello
Stato,
sia
per
ci
che
concerne
le
organizzazioni
dei
lavoratori,
sia
per
quelle
dei
datori
di
lavoro,
su
cui
il
potere
statale
non
pu
esercitare
alcuna
pressione;
la
seconda,
invece,
ha
previsto
una
tutela
della
libert
sindacale
dei
lavoratori
nei
confronti
dei
datori
di
lavoro,
che
non
possono
porre
in
essere
condotte
antisindacali.
Altri
documenti
di
valenza
internazionale
sono
stati
emanati
in
materia,
sia
a
livello
internazionale,
sia
europeo
(Carta
sociale
europea)
ed
hanno
riconosciuto,
ancora
una
volta
la
libert
sindacale,
limportanza
della
contrattazione
collettiva
ed
il
diritto
allo
sciopero
come
massima
forma
di
autotutela.
Il
divieto
di
atti
discriminatori
La
normativa
legislativa
interna
che
pi
di
tutte
tutela
la
libert
sindacale
sicuramente
rappresentata
dalla
L.300/1970,
contenente
lo
Statuto
dei
lavoratori,
il
cui
titolo
II
dedicato,
appunto
,
alla
libert
sindacale.
Lo
Statuto,
in
linee
generali,
persegue
3
obiettivi:
Tutela
della
libert
e
della
dignit
del
lavoratore
allinterno
dellimpresa:
dato
il
potere
di
gestione
e
direzione
del
datore
di
lavoro,
era
necessario
tutelare
il
prestatore
di
lavoro
nel
caso
di
atti
lesivi
dei
valori
suddetti
(si
pensi
alla
polizia
privata
nelle
fabbriche,
alle
perquisizioni
personali
ecc);
Vietare
i
comportamenti
dellimprenditore
lesivi
della
libert
sindacale
dei
lavoratori
sul
posto
di
lavoro;
Prevedere
una
legislazione
di
sostegno
che
promuova
lattivit
sindacale.
Per
ognuno
dei
3
obiettivi
suddetti
sono
previste
norme
distinte,
che
analizzate
nel
complesso
tendono
a
rafforzare
i
3
obiettivi
contemporaneamente.
Della
tutela
della
libert
e
dignit
del
lavoratore
si
parler
in
seguito.
Analizziamo
ora
il
titolo
II
dello
Statuto,
dedicato
appunto
alla
libert
sindacale.
Lart.14
tutela
il
diritto
di
costituire
e
aderire
ad
associazioni
sindacali,
nonch
di
svolgere
attivit
sindacale
sul
luogo
di
lavoro:
si
ribadisce,
in
pratica,
quanto
detto
in
precedenza
in
merito
allart.39
della
Costituzione,
rafforzando
leffettivit
della
norma.
Lart.15
dello
Statuto
riproduce
ed
integra
la
Convenzione
98
OIL,
prevedendo
la
nullit
di
qualsiasi
atto
discriminatorio,
posto
in
essere
dal
datore
di
lavoro,
che
vincoli
lassunzione
del
lavoratore
alla
partecipazione
o
meno
ad
associazioni
sindacali
e
prevedendo
sanzioni
penali
per
limprenditore
che
ponga
in
essere
un
tal
comportamento.
Sempre
lart.15
prevede
la
nullit
anche
di
atti
discriminatori
volti
a
5
licenziare
un
lavoratore,
discriminarlo
nella
assegnazione
di
qualifiche
o
mansioni,
nei
trasferimenti,
nei
provvedimenti
disciplinari,
o
recargli
altrimenti
pregiudizio
a
causa
della
sua
affiliazione
o
attivit
sindacale
ovvero
della
sua
partecipazione
ad
uno
sciopero:
in
tal
caso
non
sono
previste
sanzioni
penali,
ma
solo
civili
e
possiamo
notare
come
la
dicitura
recargli
altrimenti
pregiudizio
ricomprenda,
negli
atti
discriminatori,
uno
svariato
numero
di
comportamenti
del
datore
di
lavoro,
senza
neanche
la
necessit
di
tipicizzarli
tramite
unelencazione.
Lart.16
vieta,
poi,
i
trattamenti
economici
discriminatori,
che
si
configurano
nel
caso
in
cui
un
datore
di
lavoro,
per
la
mancata
partecipazione
del
lavoratore
ad
uno
sciopero
o
per
la
mancata
adesione
ad
unassociazione
sindacale
o
per
ladesione
ad
unassociazione
sindacale
specifica
affine
allimpresa,
premi
in
un
certo
senso
il
lavoratore
con
un
compenso
in
denaro
o
di
altro
tipo
valutabile
in
termini
economici
(es.
giorni
di
ferie).
In
tal
caso
il
giudice,
su
domanda
dei
lavoratori
lesi
da
tali
trattamenti
a
favore
di
altri
ed
accertati
i
fatti,
pu
stabilire
che
il
datore
versi
al
Fondo
pensioni
INPS
una
somma
pari
ai
trattamenti
economici
discriminatori
di
un
anno.
Inoltre
gli
artt.15
e
16
si
applicano,
in
base
anche
a
recenti
modifiche
legislative,
a
discriminazioni
di
tipo
sessuale,
politico,
religioso,
di
razza
o
lingua,
basate
anche
su
motivi
di
handicap,
di
et,
di
orientamento
sessuale
o
convinzioni
personali.
Non
esiste,
tuttavia,
un
apparato
sanzionatorio
unico,
bench
fosse
stata
disposta
una
delega
al
Governo
in
tal
senso
dalla
L.246/2005.
Sindacati
di
comodo
Lart.17
dello
Statuto
vieta
la
costituzione
dei
c.d.
sindacati
gialli
o
di
comodo,
ossia
di
sindacati
costituiti
e
sostenuti
dai
datori
di
lavoro
o
dalle
loro
associazioni.
Ovviamente
i
comportamenti
che
possono
far
desumere
un
sostegno
di
tal
genere
non
sono
tipicizzati,
ma
devono
manifestare
uno
stato
di
asservimento
del
sindacato
al
volere
dei
datori
di
lavoro
(o
loro
associazioni).
Ovviamente
bisogna
prestare
attenzione
al
fatto
che
lasservimento
non
si
manifesta
con
la
semplice
dialettica
delle
relazione
industriali,
bench
essa
possa
comportare
laccettazione
di
rivendicazioni
del
datore
di
lavoro.
Tra
laltro
lintervento
di
un
giudice
sulla
questione
non
comporta
lo
scioglimento
del
sindacato
giallo,
ma
semplicemente
il
divieto
per
il
datore
di
lavoro
di
continuare
con
la
propria
azione
di
sostegno,
comunque
si
sia
concretizzata.
Libert
sindacale
negativa
Allinterno
dello
Statuto
nessuna
norma,
fatta
eccezione
per
lart.15
lettera
a,
sembra
tutelare
il
diritto
del
lavoratore
a
NON
associarsi,
cio
a
non
aderire
ad
alcun
sindacato.
Solo
larticolo
suddetto
precisa
che
siano
vietati,
e
pertanto
nulli,
gli
atti
del
datore
di
lavoro
volti
a
subordinare
loccupazione
del
lavoratore
alla
partecipazione
o
meno
ad
un
sindacato.
Tuttavia,
sulla
base
di
questa
previsione,
sembra
essere
implicito
anche
negli
articoli
precedenti
e
successivi
al
15
che
il
lavoratore
non
possa
essere
discriminato
per
la
mancata
partecipazione
ai
sindacati.
La
Corte
di
Giustizia
dellUnione
Europea,
inoltre,
ha
avuto
modo
di
pronunciarsi
riguardo
ad
un
caso
dapprima
tipico
allinterno
del
Regno
Unito,
ossia
sulla
necessaria
iscrizione
ai
sindacati
per
poter
proseguire
o
instaurare
un
rapporto
di
lavoro:
la
Corte
ha
previsto
che
una
tale
pratica
violi
la
Convenzione
sui
diritti
delluomo
del
1950.
6
Lorganizzazione
sindacale
dei
militari
e
della
polizia
Per
quanto
concerne
i
dipendenti
pubblici,
in
passato
si
avuta
unaspra
controversia
circa
il
diritto
di
sciopero,
mentre
pi
agevole
risultato
il
riconoscimento
della
libert
sindacale
(L.860/1984),
data
anche
lapplicazione
alle
pp.aa.
dello
Statuto
dei
lavoratori
(art.51
D.Lgs.165/2001).
Permangono
dei
limiti,
invece,
per
ci
che
concerne
i
militari
e
gli
appartenenti
ai
corpi
di
polizia.
Per
i
militari
la
disciplina
contenuta
allinterno
della
L.382/1978,
la
quale
riconosce
i
diritti
costituzionalmente
garantiti
anche
agli
appartenenti
alle
Forze
Armate,
ma
limita
lesercizio
di
taluni
diritti:
essi
non
possono
esercitare
il
diritto
di
sciopero,
n
aderire
a/costituire
associazioni
sindacali;
per
essi
sono
previsti
i
Cocer,
ossia
i
Consigli
centrali
di
rappresentanza,
composti
da
organi
elettivi,
i
quali
partecipano
anche
alla
determinazione
del
trattamento
economico
e
normativo.
Alla
Polizia
di
Stato,
invece,
dopo
la
smilitarizzazione
della
L.121/1981,
stato
riconosciuto
il
diritto
di
costituire
sindacati,
sebbene
del
tutto
separati
ed
autonomi
rispetto
alle
tre
grandi
Confederazioni
(possono
intrattenere,
tuttavia,
rapporti
con
le
stesselimportante
non
unirsi
ad
esse),
ed
al
proprio
personale
il
diritto
di
aderirvi.
Permane,
comunque,
il
divieto
di
sciopero.
Stessa
disciplina
vige
per
il
Corpo
forestale
dello
Stato.
La
Polizia
penitenziaria,
invece,
non
soggetta
a
limitazione
alcuna.
Libert
sindacale
degli
imprenditori
Un
problema
da
analizzare
quello
inerente
la
libert
sindacale
degli
imprenditori.
In
realt
essi,
nella
soddisfazione
dei
propri
interessi,
possono
agire,
ed
agiscono
il
pi
delle
volte,
individualmente:
pertanto
manca
quellinteresse
collettivo,
proprio
della
libert
sindacale.
Inoltre
il
titolo
III
della
carta
costituzionale,
il
quale
comprende
lart.39,
dedicato
esplicitamente
alla
tutela
del
lavoro,
mentre
della
libert
dimpresa
si
parla
solo
allart.41.
Non
va
neanche
dimenticato
che
il
titolo
II
dello
Statuto
dei
lavoratori
inerisce
alla
libert
sindacale
dei
soli
prestatori
di
lavoro,
non
anche
a
quella
dei
datori.
Ovviamente
non
pu
essere
esclusa
la
possibilit
che
gli
imprenditori
si
riuniscano
in
associazioni,
le
quali
tutelino
gli
interessi
degli
stessi,
ma
lo
potranno
fare
in
forza
dellart.18
della
Costituzione,
inerente
la
libert
di
associazione,
senza
lampia
tutela
apprestata
dallart.39
e
dallo
Statuto
dei
lavoratori.
Tra
laltro
alcun
documento
internazionale
tratta
largomento,
ivi
compresi
quelli
scaturenti
dallOIL.
Libert
sindacale
dei
lavoratori
autonomi
Di
libert
sindacale,
per
quanto
riguarda
i
lavoratori
autonomi,
si
pu
parlare
solo
nel
caso
in
cui
nasca
la
necessit
di
svolgere
attivit
contrattuale
collettiva
a
fronte
di
una
controparte,
finalizzata
alla
tutela
degli
interessi
dei
lavoratori
autonomi
in
questione:
il
caso
dei
lavoratori
parasubordinati
o
degli
agenti
di
commercio.
Qualora,
invece,
non
vi
sia
alcuna
controparte
(
il
caso
degli
avvocati)
sar
garantita
la
libert
di
associazione
in
forza
dellart.18
Cost.,
ma
non
si
potr
parlare
di
libert
sindacale.
7
Strutture
di
rappresentanza
per
specifiche
categorie,
come
per
esempio
i
pensionati
e
coloro
soggetti
ad
un
lavoro
privo
di
stabilit
(collaboratori
a
progetto,
lavoratori
somministrati,
lavoratori
occasionali
ecc):
questi
ultimi,
non
potendo
rientrare
nei
tradizionali
sindacati
di
categoria,
cambiando
molto
spesso
settore
produttivo
ed
azienda,
sono
ora
rappresentati
dalla
Nidil-Cgil
(Nuove
Identit
di
Lavoro),
dal
Cpo-Uil
(Coordinamento
per
loccupazione)
e
dalla
Felsa-Cisl
(Federazione
lavoratori
somministrati
autonomi
ed
atipici).
Lorganizzazione
In
Italia
operano
3
Confederazioni
sindacali
di
lavoratori:
la
Cgil
(Confederazione
generale
italiana
del
lavoro),
la
quale
conta
quasi
6
milioni
di
iscritti,
la
Cisl
(Confederazione
italiana
sindacati
liberi),
che
conta
4
milioni
e
mezzo
di
iscritti,
e
la
Uil
(Unione
italiana
del
lavoro),
che
conta
poco
pi
di
2
milioni
di
iscritti.
Esse
si
articolano
in
2
linee
organizzative:
una
verticale,
che
tiene
conto
delle
categorie
produttive
delle
imprese
in
cui
operano
i
lavoratori,
ed
una
orizzontale,
basata
sul
criterio
territoriale
(provinciale
e
regionale)
ed
intercategoriale.
Per
ci
che
concerne
la
linea
verticale,
sono
previste
struttura
sul
luogo
di
lavoro,
a
cui
i
lavoratori
possono
accedere
direttamente,
strutture
territoriali
di
categoria,
strutture
regionali
di
categoria
e
la
struttura
nazionale
di
categoria.
In
base
alla
linea
orizzontale,
invece,
si
tratta
di
strutture
regionali
e
provinciali
intercategoriali
(definite
come
Camera
del
lavoro
per
la
Cgil,
Unione
sindacale
territoriale
per
la
Cisl
e
Camera
sindacale
per
la
Uil).
Le
strutture
regionali
intercategoriali
e
le
federazioni
nazionali
di
categoria
danno
vita
alla
Confederazione.
Sindacalismo
unitario
e
pluralit
di
sindacati
In
alcuni
Paesi
europei,
come
Gran
Bretagna
e
Germania,
esistono
confederazioni
che
raggruppano
tutti,
o
quantomeno
la
maggior
parte,
dei
sindacati
esistenti:
si
parla
in
tal
caso
di
sindacalismo
unitario.
Allinterno
di
altri
Stati,
come
Francia
e
Italia,
invece,
si
ha
una
pluralit
di
sindacati.
In
realt
in
Italia,
gi
nel
1944
quando
la
Liberazione
non
era
ancora
compiuta,
la
Democrazia
Cristiana,
il
Partito
Comunista
e
quello
socialista
siglarono
il
cosiddetto
Patto
di
Roma,
con
cui
crearono
un'unica
sindacata
la
Cgil,
che
avrebbe
dovuto
riunire
tutti
i
lavoratori.
In
seguito,
data
la
notevole
diversit
tra
i
partiti
politici
e
tra
le
loro
ideologie,
dalla
Cigl
unitaria
si
staccarono
la
corrente
democratico-cristiana
e
quella
social-democratica
e
repubblicana,
dando
vita
alla
Cisl
ed
alla
Uil.
Le
tre
confederazioni,
ancora
oggi,
sono
le
pi
importanti
nel
nostro
Paese.
Col
passare
del
tempo,
nonostante
le
notevoli
diversit,
molto
spesso
le
tre
Confederazioni
sono
state
accomunate
da
ununit
di
intenti
e
di
azione.
Si
giunti,
addirittura,
ad
ottenere
una
Federazione
delle
confederazioni
nel
1972,
poi
disgregatasi
nel
1984.
Pi
recentemente
i
governi
di
centro
destra
hanno
legittimato
gli
accordi
separati,
in
modo
tale
da
giocare
sulle
divisioni
sindacali
per
strappare
condizioni
pi
convenienti
allo
Stato:
molti
accordi
e
contratti
collettivi,
infatti,
hanno
visto
lesclusione
della
Cgil.
9
Infine,
va
detto
che
negli
ultimi
anni
si
assistito
ad
una
proliferazione
di
micro
realt
sindacali,
interessate
alladesione
di
specifiche
categorie:
il
caso
dei
Cobas
(Comitati
di
Base),
sindacati
a
livello
territoriale
che
nacquero
inizialmente
solo
per
il
settore
della
scuola,
diffondendosi,
in
seguito,
in
altri
settori.
Le
affiliazioni
internazionali
Vi
sono
anche
organizzazioni
sindacali
a
livello
internazionale
che
riuniscono
i
sindacati
presenti
nei
vari
Paesi:
il
caso
della
Ces
(Confederazione
europea
dei
sindacati),
che
svolge
unintensa
attivit
nei
confronti
degli
organi
dellUnione
Europea:
ad
essa
aderiscono
le
tre
Confederazioni
italiane.
Altro
esempio
la
Cisl
internazionale:
anche
ad
essa
aderiscono
le
nostre
3
Confederazioni.
N.B.
paragrafo
inutile
Lassociazionismo
sindacale
degli
imprenditori
Le
associazioni
rappresentative
degli
imprenditori
nel
nostro
Paese
sono
maggiormente
frammentate
rispetto
sia
alla
controparte
sindacale,
sia
rispetto
a
ci
che
avviene
negli
altri
Paesi
europei.
Il
criterio
organizzativo
prevalentemente
quello
dei
grandi
settori
economici
(industria,
commercio
ecc),
con
una
diversificazione
ulteriore
in
base
alle
dimensioni
delle
imprese
o
alla
natura,
pubblica
o
privata,
delle
stesse.
Le
maggior
organizzazioni
sono
Confindustria,
per
lindustria
ed
i
servizi,
Confcommercio,
per
il
commercio,
Confagricoltura,
per
il
relativo
settore
e
lAran,
che
rappresenta
i
datori
di
lavoro
pubblici,
le
pubbliche
amministrazioni.
Altre
organizzazioni,
poi,
rappresentano
le
piccole-medie
imprese
e
sono
la
Confapi
nellindustria,
la
Confesercenti
nel
commercio
e
la
Coldiretti
in
agricoltura,
la
quale
tutela
appunto,
insieme
alla
CIA
(Confederazione
italiana
agricoltori),
i
coltivatori
diretti.
Vi
sono
poi
una
miriade
di
altre
organizzazioni
che
rappresentano
altri
settori,
quali
quello
bancario
ed
assicurativo,
quello
dei
trasporti,
quello
dellartigianato
ecc.
(Non
meritano
di
essere
citati,
in
quanto
inutili
in
ambito
di
esame)
In
passato
esistevano
anche
organizzazione
rappresentative
di
societ
partecipate
dallo
Stato,
poi
sparite
dopo
il
processo
di
dismissione
delle
partecipazioni.
Un
cenno
particolare
merita
la
gi
citata
Confindustria,
nata
nel
1910,
la
quale
unassociazione
di
secondo
grado,
ossia
una
federazione
di
associazioni,
articolate
per
territorio
e
settore
produttivo.
Le
associazioni
provinciali
operanti
in
una
regione
costituiscono
le
18
Confindustrie
regionali,
le
quali
hanno
un
importante
funzione
sindacale
(sarebbe
meglio
dire
di
rappresentanza).
Allinterno
di
Confindustria
figurano,
infine,
Federmeccanica,
Federchimica
ecc.
che
rappresentano
i
vari
settori
produttivi.
Vi
sono
anche
organizzazioni
rappresentative
degli
imprenditori
a
livello
europeo,
come
la
Business
Europe
per
i
privati
e
la
Ceep
per
i
datori
di
lavoro
pubblici.
Organizzazione
sindacale
non
associativa
Abbiamo
gi
specificato
che
lorganizzazione
sindacale
pu
avvalersi
di
diverse
forme
organizzative
e
non
esclusivamente
di
quella
associativa.
Gli
stessi
Cobas
dei
macchinisti
delle
ferrovie
e
degli
insegnanti
sono
10
partiti come organizzazioni spontanee. Esistono poi formazioni tipo le delegazioni dei lavoratori ed i comitati di agitazione, che nascono per lo pi in momenti particolari, nei quali le tre grandi Confederazioni sembrano incapaci di rappresentare alcune categorie di lavoratori. SEZIONE B: LA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA Sindacato e categoria professionale e la libert di scelta tra i vari modelli organizzativi Abbiamo analizzato i vari modelli organizzativi tra i quali i sindacati possono scegliere. La scelta, appunto, inerisce alla categoria professionale di lavoratori da tutelare ed importante, anche sotto il punto di vista dello studio, in quanto ci fa capire quali interessi il sindacato andr a salvaguardare. La scelta del criterio organizzativo, allinterno del sistema corporativo fascista, era eteronoma, ossia imposta dallo Stato, che individuava le categorie e riconosceva un sindacato per categoria. Oggi, invece, la scelta, lo ribadiamo ancora una volta, del tutto priva di vincoli. Talune volte pu accadere che, proprio in forza di tale libert, lo stesso interesse sia tutelato da vari sindacati: la questione andr risolta o tramite un accordo tra gli stessi, o tramite il rapporto di forza di unorganizzazione rispetto allaltra. La mancata attuazione dellart.39 Cost. Lart.39 Cost., dopo aver previsto nel primo comma che lorganizzazione sindacale libera, e che quindi i sindacati possono regolarmente esercitare la propria attivit e prevedere, tramite la scelta dei lavoratori/categorie professionali da tutelare, quale sar il proprio campo di applicazione, prevede nei commi 2,3, e 4 che i sindacati siano sottoposti a registrazione, per la quale necessaria la democraticit degli statuti e che, in forza della registrazione, essi acquisiscano personalit giuridica, potendo stipulare contratti con efficacia ne confronti di tutti, erga omnes. Il disposto dellart.39 riflette anzitutto la volont di una parte politica che voleva salvare il sistema corporativo, modificandolo nel punto della libera elezione dei dirigenti, ed in secondi la volont di unopposta parte politica che non voleva intromissioni da parte dello Stato. I commi in questione, infatti, rimangono tuttora inattuati: essi, non essendo dotati di efficacia diretta nellordinamento, necessitavano di un intervento da parte del legislatore, intervento che non mai arrivato per una serie di ragioni: La registrazione avrebbe potuto essere un mezzo di intromissione dello Stato ed avrebbe comportato un controllo degli iscritti ai vari sindacati, il che avrebbe inciso, in una ipotetica fase di contrattazione, sulla rappresentanza negoziale del sindacato: la Cisl, a quel tempo minoritaria, avrebbe visto il proprio ruolo sminuito rispetto allantagonista di sempre, la Cgil, e pertanto si oppose alla allattuazione della norma costituzionale; Lidea, tipica del sistema corporativo, che un sistema sindacale di diritto dovesse prevedere obbligatoriamente la personalit giuridica dei sindacati e lefficacia erga omnes dei contratti, stata via via abbandonata;
11
Il sistema sindacale di fatto esistente ha assunto sempre maggiore importanza, tramite lo strumento della contrattazione collettiva, e lo stesso legislatore ha, nella prassi, accettato lidea di un sistema di tal genere.
Bench
i
sindacati
abbiano
evitato,
in
forza
della
mancata
attuazione
dellintero
articolo
39,
di
contarsi,
cio
di
scendere
in
campo
con
il
numero
dei
propri
iscritti
ben
chiaro,
essi
hanno
perso
il
potere,
ben
pi
ampio
rispetto
alla
mera
contrattazione
collettiva
attuale,
di
stipulare
contratti
valevoli
per
le
intere
categorie
rappresentate.
N.B.
leggendo
poche
pagine
del
libro
o
di
questa
rielaborazione
si
intuisce
bene
landamento
pro
sindacale
dellautore
ed
il
suo
orientamento
politico.
Il
sottoscritto,
per,
invita
i
propri
colleghi
studenti
ad
una
riflessione
che
esuli
dal
proprio
credo
politico:
lautore
sottolinea,
in
linea
con
altri
autori
prima
di
lui,
che
lapplicazione
data
dellart.39
non
costituisce
inadempimento
costituzionale.
Basta
leggere
lart.39
al
comma
2
per
capire
che
le
cose
non
stanno
esattamente
come
ce
le
raccontano:
il
codice
parla
di
obbligo
dei
sindacati
alla
registrazione,
non
di
mera
facolt
per
garantire
la
possibilit
di
stipulare
contratti
con
efficacia
erga
omnes,
come
invece
dice
il
libro.
Il
comma
2,
infatti,
si
presenta
indipendente
rispetto
al
comma
4.
Vi
invito
alla
riflessione,
al
di
l,
ripeto,
di
quale
sia
la
vostra
idea
politica
ed
al
di
l
della
simpatia
che
tutti
nutriamo
per
i
sindacati
che
spesso,
ma
non
sempre,
tutelano
i
lavoratori.
La
scelta
privatistica
Abbiamo
visto
come
la
scelta
di
non
emanare
una
legge
sindacale
per
la
corretta
attuazione
dellart.39
Cost.
sia
stata
il
frutto
di
un
compromesso
tra,
da
un
lato,
le
forze
politiche
e
dallaltro
quelle
sociali.
Tramite
tale
scelta
si
manifestata
la
volont
di
non
collocare
lattivit
sindacale
allinterno
del
diritto
pubblico,
ma
di
assoggettarla
alla
disciplina
del
diritto
privato:
lo
Stato
non
deve
interferire
con
lattivit
autonoma
dei
gruppi.
Lassociazione
non
riconosciuta
I
sindacati,
dunque,
al
pari
di
ci
che
avviene
per
i
partiti
politici,
operano
allinterno
del
nostro
ordinamento
come
associazioni
NON
riconosciute,
non
essendo
soggette
a
registrazione
ed
essendo
disciplinate
dagli
artt.36,
37
e
38
del
codice
civile.
Il
legislatore
del
1942,
infatti,
non
poteva
in
alcun
modo
immaginare
che
sindacati
e
partiti
politici
avrebbero
assunto
forme
associative
libere,
in
quanto
in
tal
periodo
lunico
partito
legittimo
era
il
P.N.F.
ed
i
sindacati
erano
inquadrati
come
personalit
di
diritto
pubblico.
E
utile
rammentare
la
disciplina
codicistica
in
materia
di
associazioni
non
riconosciute:
esse
si
costituiscono
tramite
un
atto
di
volont
dei
propri
fondatori
ed
in
forza
della
propria
struttura
aperta,
permettono
ladesione
ad
uno
svariato
numero
di
soggetti.
Lassociazione
autonomo
centro
di
imputazione,
essendo
un
soggetto
di
diritto,
ma
non
ha
personalit
giuridica,
il
che
comporta
unautonomia
patrimoniale
imperfetta:
delle
obbligazioni
sociali
risponde
lassociazione
con
il
proprio
patrimonio,
solidalmente
con
i
soggetti
che
hanno
agito
in
nome
e
per
conto
di
essa.
Il
patrimonio
dellassociazione
non
riconosciuta
costituito
dal
c.d.
fondo
sociale,
il
quale
cessa
di
esistere
solo
al
momento
dello
scioglimento
dellassociazione.
Gli
associati
godono
del
diritto
di
recesso,
ma
nel
momento
in
cui
scelgono
di
esercitarlo,
non
hanno
diritto
ad
alcuna
quota
sul
fondo
sociale:
ricordiamo,
infatti,
che
le
12
associazioni
non
riconosciute
sono
enti
senza
finalit
economiche,
disciplinati
dal
libro
I
del
codice,
che
pertanto
non
possono
attuare
un
sistema
di
ripartizione
degli
utili,
pur
potendo
esercitare
(la
disciplina
originaria
non
lo
prevedeva)
attivit
dimpresa.
Le
associazioni,
in
giudizio,
sono
rappresentate
dalle
persone
del
presidente
o
del
direttore.
Disciplina
costituzionale
e
disciplina
del
codice
civile
La
dottrina,
il
cui
apporto
in
materia
stato
determinante,
ha
comunque
previsto
che
alle
associazioni
non
riconosciute,
e
pertanto
ai
sindacati,
vadano
applicate,
laddove
compatibili
e
non
inerenti
alla
personalit
giuridica,
le
norme
previste
in
materia
di
associazioni
riconosciute:
ci
comporta
che
i
conflitti
inerenti
lapplicazione
di
norme
interne
allassociazione,
possano
essere
risolti
anche
in
giudizio.
La
questione
ha
generato
dei
conflitti,
allinterno
della
stessa
dottrina,
tra
chi
sostiene
che
i
sindacati
siano
assoggettati
alle
norme
del
diritto
comune,
e
pertanto
al
controllo
giudiziale,
e
chi
sostiene
la
tesi
contraria.
La
disciplina
delle
forme
organizzatorie
non
associative
Abbiamo
gi
avuto
modo
di
specificare
che
i
sindacati
possono
utilizzare
forme
organizzative
diverse
da
quella
associativa.
In
tali
casi,
essi
rimangono
pur
sempre
soggetti
di
diritto,
anche
se
operano
attraverso
delegazioni
occasionali
che
rappresentano
gli
interessi
dei
lavoratori.
Esaurito
il
proprio
mandato,
per,
la
delegazione
si
scioglie,
non
godendo
della
stabilit
dellassociazione
non
riconosciuta.
Questo
ci
porta
a
capire
che
esse
operino,
per
lo
pi,
sotto
il
profilo
giuridico
come
veri
e
propri
comitati
(artt.39
e
ss.
C.c.)
e
sotto
il
profilo
interno,
nei
rapporti
con
i
lavoratori,
in
forza
di
un
mandato
collettivo.
Anche
tra
i
datori
di
lavoro
si
possono
avere,
tra
laltro,
delegazioni
temporanee
che
tutelino
la
categoria,
come
avvenne
nel
1958,
quando
le
societ
a
partecipazione
statale
si
sganciarono
dalle
organizzazioni
dei
datori
di
lavoro
privati
per
dar
vita
ad
una
propria
delegazione
intersindacale,
almeno
fino
a
quando
non
venne
costituita
unassociazione
apposita,
lIntersind,
venuta
meno
in
seguito
al
processo
di
dismissione
da
parte
dello
Stato
delle
partecipazioni.
Interessi
collettivi,
individuali
e
generali
I
sindacati,
quindi,
sono
portatori
di
un
interesse
collettivo,
per
tale
intendendosi
NON
la
somma
degli
interessi
individuali
dei
lavoratori,
ma
la
combinazione
di
tali
interessi,
che
risulta,
tra
laltro,
indivisibile,
ossia
pu
essere
soddisfatto
solo
da
un
unico
bene
che
soddisfi
il
bisogno
della
collettivit.
Vediamo,
dunque,
come
linteresse
collettivo
sindacale
vada
tenuto
distinto
dallinteresse
individuale
dei
lavoratori,
ma
anche
dallinteresse
generale
della
societ,
del
quale
portatore
unico
lo
Stato.
I
sindacati,
infatti,
anche
qualora
siano
numerosi,
sono
pur
sempre
rappresentativi
di
una
parte
della
societ,
non
di
tutta,
e
pertanto
tendono
a
tutelare
pur
sempre
un
interesse
di
parte,
linteresse
collettivo
appunto.
Tuttavia,
essendo
linteresse
collettivo
indivisibile,
i
sindacati
non
possono
tutelare
solo
le
prerogative
dei
propri
iscritti,
ma
anche
quelle
di
coloro
che
hanno
scelto
di
non
aderirvi:
il
sindacato
dei
metalmeccanici,
per
esempio,
non
potr
salvaguardare
linteresse
dei
soli
metalmeccanici
iscritti,
ma
dovr
tutelare
anche
i
non
iscritti.
Tra
laltro
questa
forma
di
tutela
totale
giova
anche
allo
stesso
sindacato:
i
datori
di
lavoro,
infatti,
qualora
fossero
tutelati
solo
gli
interessi
dei
lavoratori
iscritti
ai
sindacati,
preferirebbero
sicuramente
assumere
lavoratori,
di
uguale
categoria
professionale,
che
non
godono
di
tali
diritti.
13
Sono indici di maggiore rappresentativit di un sindacato: La consistenza del numero di iscritti; La presenza in vari settori produttivi e territoriali; Svolgimento di unattivit di contrattazione con continuit e sistematicit.
Anche
la
legge
di
riforma
del
CNEL,
organo
consultivo
allinterno
del
nostro
ordinamento,
ha
previsto
che
siano
i
sindacati
pi
rappresentativi,
in
base
ai
criteri
suddetti,
a
designare
i
rappresentanti
dei
lavoratori
nel
Consiglio
Nazionale
dellEconomia
e
del
Lavoro.
Giurisprudenza
costituzionale
sullart.19
prima
del
referendum
del
1995
In
molti
avevano
sollevato
obiezioni
circa
la
costituzionalit
dellart.19
rispetto
allart.39
ed
allart.3:
lattribuzione
di
determinati
diritti
alle
sole
confederazioni
o
a
sindacati
che
avessero
stipulato
contratti
collettivi
nazionali
o
provinciali,
infatti,
sembrava
violare
la
libert
sindacale
attribuita
dallart.39
ed
il
principio
di
eguaglianza,
previsto
allinterno
dellart.3.
La
Corte
costituzionale,
in
pi
sentenze,
ha
avuto
modo
di
precisare
due
concetti
importanti:
lart.19
attribuisce
diritti
e
poteri
aggiuntivi
che
vanno
oltre
la
libert
sindacale,
ma
non
vieta
in
alcun
modo
la
stessa;
il
riconoscimento
di
maggiori
diritti,
inoltre,
non
lesivo
del
principio
di
eguaglianza,
in
quanto
per
configurarsi
una
tale
lesione,
occorra
una
disparit
di
trattamento
priva
di
giustificazione
e
che
non
risponda
a
criteri
di
ragionevolezza,
non
essendo
sufficiente
la
sola
diversit
di
trattamento
generata
da
ragioni
plausibili
e
consapevoli,
espresse
dal
legislatore.
Il
referendum
del
1995
Lart.19
stato
oggetto
di
2
referendum
abrogativi
l11
giugno
del
1995:
il
primo
di
essi,
che
prevedeva
labrogazione
di
entrambi
i
criteri
selettivi,
ha
avuto
esito
negativo,
mentre
il
secondo
ha
avuto
esito
positivo,
prevedendo
che
lattribuzione
dei
diritti
sindacali
in
azienda
sia
concessa
alle
associazioni
sindacali
che
siano
firmatarie
di
contratti
collettivi
di
lavoro
applicati
nellunit
produttiva,
eliminando
di
fatto
la
lettera
a
dellart.19,
inerente
le
confederazioni,
ed
eliminando
la
dicitura
nazionali
e
provinciali
della
lettera
b
dellarticolo.
Oggi,
quindi,
laccesso
ai
diritti
del
Titolo
III
dello
Statuto
non
pi
riservato
ai
sindacati
che
abbiano
concluso
accordi
almeno
a
livello
provinciale,
essendo
previsto
che
anche
coloro
che
operano
in
una
sola
azienda,
possono
usufruire
di
tali
diritti.
Tuttavia
le
associazioni
sindacali
che
non
abbiano
mai
concluso
un
contratto
collettivo,
non
possono
in
alcun
modo
accedere
ai
diritti
di
cui
al
Titolo
III
dello
Statuto.
Il
criterio
della
rappresentativit
presunta
lascia
il
posto
ad
un
criterio
fondato
su
un
fatto
accertabile,
la
conclusione
di
un
contratto
collettivo
nellunit
produttiva
in
cui
pretende
di
costituire
la
propria
RSA.
La
giurisprudenza
costituzionale
sullart.19
dopo
il
referendum
La
Corte
costituzionale
stata
chiamata
a
sindacare
sulla
legittimit
dellart.19
anche
dopo
il
referendum
del
1995,
sempre
per
contrasto
con
la
libert
sindacale
sancita
dallart.39
ed
il
principio
di
eguaglianza
dellart.3
Cost.
Il
nuovo
testo
avrebbe
attribuito,
secondo
molti,
al
datore
di
lavoro
la
facolt
di
riconoscere
15
la
rappresentativit
o
meno
di
un
sindacato,
accettandolo
o
meno
come
controparte
contrattuale.
La
Corte
ha
respinto
entrambe
le
eccezioni
riguardo
la
costituzionalit
dellart.19.
SEZIONE
B:
ULTERIORI
IPOTESI
DI
RILEVANZA
DELLA
MAGGIORE
RAPPRESENTATIVITA
Le
altre
leggi
che
dispongono
una
selezione
tra
i
sindacati
Una
selezione
tra
i
vari
sindacati,
simile
a
quella
descritta
fin
ora,
attuata
anche
da
leggi
ordinarie
in
due
casi:
nel
caso
di
organi
collegiali,
come
ad
esempio
il
CNEL
di
cui
abbiamo
gi
parlato,
o
nel
caso
di
legittimazione
a
stipulare
contratti
collettivi
o
contratti
con
particolari
effetti.
Gli
interventi
legislativi
in
questi
due
sensi
sono
stati
molteplici,
ma
gli
esempi
del
CNEL
nel
primo
caso
e
della
rappresentativit
nel
settore
pubblico
nel
secondo,
sono
sufficienti
a
rendere
lidea.
La
rappresentativit
ponderata
nel
settore
pubblico
Una
riforma
attuata
negli
anni
90
ha
introdotto,
per
i
rapporti
di
lavoro
alle
dipendenze
dello
Stato
e
degli
altri
enti
pubblici,
una
particolare
disciplina
della
rappresentativit
sindacale.
Per
le
relazioni
sindacali
nelle
pubbliche
amministrazioni,
tra
laltro,
la
nozione
di
sindacato
maggiormente
rappresentativo
non
serve
solo
per
individuare
i
soggetti
che
godono
di
diritti
sindacali
(come
avviene
nel
settore
privato),
ma
soprattutto
per
individuare
quei
sindacati
abilitati
alla
contrattazione
collettiva
nazionale,
sulla
base
non
di
una
rappresentativit
presunta,
ma
di
una
rappresentativit
basata
su
dati
numerici:
sono
ammessi
ai
tavoli
di
trattativa
per
contratti
collettivi
solo
quei
sindacati
che
abbiano
un
indice
di
rappresentativit
del
5%
calcolato
in
media
sul
dato
associativo
(quanti
iscritti
ha
quel
sindacato)
e
sul
dato
elettorale
(voti
espressi
in
favore
di
quel
sindacato).
Superata
la
soglia
del
5%
i
sindacati
si
ritrovano
sullo
stesso
piano
allinterno
della
contrattazione.
LAran,
lagenzia
per
la
rappresentanza
negoziale
delle
pubbliche
amministrazioni,
deve
comunque
acquisire
il
consenso
di
tanti
sindacati
che
rappresentino
almeno
il
51%
dei
lavoratori,
calcolato
sul
dato
associativo
e
su
quello
elettorale,
o
quantomeno
il
60%
dei
lavoratori
tenuto
conto
del
solo
dato
elettorale,
per
poter
stipulare
contratti
nazionali.
SEZIONE
C:
LA
CRISI
DELLA
MAGGIORE
RAPPRESENTATIVITA
PRESUNTA
Maggiore
rappresentativit
presunta
o
ponderata?
La
Corte
costituzionale,
confermando
quanto
abbiamo
detto
in
questo
capitolo,
ha
confermato
nella
sentenza
54/1974
che
una
selezione
tra
i
sindacati
possibile
nel
momento
in
cui
si
attribuiscano
maggiori
poteri
e
diritti
ad
alcune
organizzazioni
sindacali
indipendentemente
dalla
libert
sindacale
che
spetta
a
tutti,
e
nel
momento
in
cui
la
selezione
giustificata
da
motivi
ragionevoli,
per
non
entrare
in
contrasto
con
lart.3
inerenti
il
diritto
di
eguaglianza.
Da
un
altro
punto
di
vista,
fatta
eccezione
per
i
sindacati
dei
dipendenti
delle
pubbliche
amministrazioni,
i
criteri
di
selezione
sono
rimasti,
nel
tempo,
ancorati
ad
indici
presuntivi
e
non
numerici
di
fatto
(rappresentativit
presunta).
La
stessa
Corte
Costituzionale
ha
ribadito
la
necessit,
negli
ultimi
anni,
di
passare
ad
un
modello
che
rifletta
realmente
ladesione
dei
lavoratori
a
tali
sindacati,
tramite
un
intervento
del
legislatore,
che
ancora,
a
distanza
di
molto
tempo,
non
arrivato.
N.B.
per
lo
studente:
sarebbe
bastato
che
i
sindacati
fossero
registrati
secondo
la
previsione
costituzionale
per
eliminare
il
problema.
16
La
crisi
dei
Consigli
e
le
rappresentanze
sindacali
unitarie
nel
settore
privato
La
rottura
del
patto
federativo
tra
Cgil,
Cisl
e
Uil
nel
1984
e
le
conseguenti
revoche
di
riconoscimento
di
molti
Consigli
di
fabbrica
da
parte
di
uno
o
pi
sindacati
per
costituire
delle
proprie
RSA,
lassenza
in
molti
settori
degli
stessi
Consigli,
il
venire
meno
dellelevata
omogeneit
di
interessi
tra
i
lavoratori
allinterno
delle
aziende,
hanno
rappresentato
le
cause
principali
della
crisi
dei
Consigli
di
fabbrica
che
ha
portato,
di
l
a
poco,
alla
nascita
delle
RSU
(rappresentanze
sindacali
unitaria)
allinterno
del
Protocollo
tra
Governo
e
parti
sociali
del
1993.
In
tale
patto
stato
previsto
che
i
vari
sindacati
firmatari,
nelle
imprese
con
pi
di
15
dipendenti,
rinuncino
a
formare
delle
proprie
RSA
e
costituiscano
delle
RSU,
partecipando
alle
relative
elezioni.
Le
RSU
subentrano,
quindi,
alle
RSA
nei
diritti
di
cui
al
titolo
III
dello
Statuto
dei
lavoratori,
laddove
abbiano
stipulato
laccordo
originario
o
vi
abbiano
aderito
in
seguito.
Tra
laltro,
al
contrario
di
ci
che
avveniva
per
i
Consigli
di
fabbrica,
ai
quali
i
vari
sindacati
potevano
revocare
il
riconoscimento
per
costituire
autonome
RSA,
per
le
RSU
previsto
che
un
sindacato
possa
revocare
il
riconoscimento
solo
dando
disdetta
dellintero
accordo
interconfederale,
in
tal
modo
precludendosi
di
partecipare
alle
elezioni
delle
RSU
in
tutti
gli
altri
luoghi
di
lavoro
(e
non
solo
in
uno
specifico
come
avveniva
per
i
Consigli
dei
delegati)
e
costituendo
delle
proprie
RSA
negli
stessi.
Laccordo
RSU,
tra
laltro,
aperto
a
tutti
i
sindacati,
anche
a
quelli
che
non
firmatari
del
contratto
nazionale,
purch
essi
abbiano
un
proprio
statuto
ed
un
proprio
atto
costitutivo
e
raccolgano
un
numero
di
firme
non
inferiore
al
5%
dei
lavoratori,
escludendo
cos
i
gruppi
occasionali
di
lavoratori.
Le
associazioni
sindacali,
tuttavia,
mantengono
dei
mezzi
di
controllo
e
di
raccordo
sulle
stesse
RSU,
in
quanto
2/3
dei
seggi
disponibili
sono
ripartiti
tra
tutte
le
liste
in
base
ai
voti
conseguiti,
mentre
laltro
terzo
viene
ripartito
tra
le
liste
presentate
dai
sindacati
firmatari
del
ccnl
(contratto
collettivo
nazionale)
applicato
nellunit
produttiva.
In
questo
ulteriore
terzo,
tra
laltro,
i
seggi
vengono
assegnati
dai
sindacati
ai
soggetti
che
essi
stessi
scelgono,
al
di
l
che
fossero
inclusi
o
meno
nella
lista
presentata.
Le
RSU
hanno
il
potere
di
contrattare,
inoltre,
a
livello
aziendale,
ma
sempre
nel
rispetto
del
contratto
nazionale,
non
da
sole,
ma
unitamente
alle
strutture
territoriali
dei
sindacati
(
un
ulteriore
forma
di
controllo
da
parte
de
sindacati).
Le
RSU,
come
notiamo,
risultano
meno
indipendenti
rispetto
ai
Consigli
di
fabbrica
dallinfluenza
delle
organizzazioni
sindacali;
tuttavia
esse
sono
pi
stabili
ed
hanno
un
ventaglio
pi
ampio
di
poteri.
Le
rappresentanze
sindacali
unitarie
nelle
pubbliche
amministrazioni
Limpegno
a
costituire
in
tutti
i
luoghi
di
lavoro
le
RSU,
contenuto
nel
Protocollo
del
1993,
si
estendeva
anche
al
lavoro
pubblico.
Tuttavia
unapposita
disciplina
legislativa,
contenuta
nel
D.Lgs.165/2001,
ha
regolato
la
materia
in
tema
di
lavoro
pubblico,
prevedendo
anche
in
questo
settore
la
possibilit
per
i
sindacati
maggiormente
rappresentativi
di
costituire
delle
proprie
RSA,
cos
come
anche
lobbligo
di
costituire
delle
RUP
(rappresentanze
unitarie
del
personale),
ossia
delle
vere
e
proprie
RSU,
negli
enti
o
amministrazioni
con
pi
di
15
dipendenti.
Il
legislatore,
tra
laltro,
ha
voluto
incentivare
la
partecipazione
dei
sindacati
alle
elezioni
delle
RSU,
data
la
loro
facolt
di
prendervi
parte
o
meno,
prevedendo
che
i
sindacati
che
non
parteciperanno
a
tali
elezioni,
dovranno
avere
una
percentuale
di
almeno
il
10%
dei
lavoratori
per
poter
essere
ammessi
alle
trattative
per
i
contratti
nazionali.
18
La
disciplina
delle
RSU
private
e
pubbliche
differisce
solo
in
alcuni
punti.
Ricordiamo,
anzitutto,
che
la
costituzione
delle
RSU
private
stata
prevista
da
un
Protocollo
particolare,
mentre
la
disciplina
delle
RSU
pubbliche
contenuta
in
una
legge.
Per
le
RSU
pubbliche
impossibile
una
ripartizione
dei
seggi
in
base
al
metodo
proporzionale
che
ne
conceda
un
terzo
ai
soli
sindacati
firmatari
del
contratto
collettivo,
il
che
significa
che
tutti
i
seggi
verranno
ripartiti
in
base
ai
voti
ottenuti.
Inoltre
mentre
per
partecipare
alle
elezioni
delle
RSU
private
occorre,
ai
soli
sindacati
non
firmatari
del
ccnl,
la
sottoscrizione
da
parte
del
5%
dei
lavoratori
aventi
diritto,
per
le
RSU
pubbliche
tale
sottoscrizione,
sebbene
richieda
percentuali
inferiori,
necessaria
per
tutti
i
sindacati.
La
partecipazione
dei
lavoratori
alla
gestione
delle
imprese
Lart.46
della
nostra
carta
costituzionale
stabilisce
che
<<la
Repubblica
il
diritto
dei
lavoratori
a
collaborare
,
nei
modi
e
nei
limiti
stabiliti
dalla
legge,
alla
gestione
delle
aziende>>.
Sembra,
quindi,
configurarsi
un
ulteriore
diritto
dei
lavoratori,
oltre
a
quello
inerente
lorganizzazione
sindacale:
si
tratta
della
possibilit
di
partecipare
alle
decisioni
dellimpresa,
tramite
linclusione
di
rappresentanti
dei
lavoratori
allinterno
di
organi
decisionali.
In
realt
lart.46
rinvia
espressamente
alla
legge
la
disciplina
in
materia:
la
normativa
in
materia,
purtroppo,
non
mai
stata
emanata,
sia
perch
gli
imprenditori
non
concordano
con
intromissioni,
nel
loro
potere
di
gestione,
dei
lavoratori,
sia
perch
originariamente
la
Cgil
temeva
che
un
coinvolgimento
nelle
responsabilit
gestionali
vincolasse
lattivit
sindacale
alle
condizioni
economiche
e
produttive
dellimpresa.
In
Germania,
invece,
sin
dal
secondo
dopoguerra,
stato
introdotto
un
modello
di
cogestione,
dapprima
nel
solo
settore
siderurgico,
in
seguito
per
le
imprese
con
pi
di
2000
dipendenti.
La
norma
costituzionale,
sebbene
non
possa
operare
autonomamente,
non
necessita
obbligatoriamente
di
una
previsione
legislativa:
la
partecipazione
dei
lavoratori
potrebbe
benissimo
essere
attuata
tramite
la
contrattazione
collettiva
e
loperato
dei
sindacati:
lart.46,
infatti,
non
entra
in
alcun
modo
in
contrasto
con
lart.39
inerente
la
libert
sindacale,
in
quanto
lattuazione
del
primo
articolo
non
deve
limitare
lattivit
prevista
dal
secondo.
Lattivit
di
impresa,
inoltre,
coinvolge
diversi
interessi,
sia
quello
dellimprenditore,
sia
quello
dei
lavoratori,
nonch
quello
di
tutti
gli
stakeholders,
ossia
di
tutti
i
soggetti
coinvolti
(consumatori,
finanziatori
ecc):
non
quindi
un
affare
privato
dellimprenditore.
Non
sarebbe
pertanto
impossibile
creare
dei
mezzi
di
cogestione,
anche
allinterno
del
nostro
Paese,
tramite
la
contrattazione
collettiva.
Bisogna,
in
questo
caso,
distinguere
tra
partecipazione
debole
dei
lavoratori
e
partecipazione
forte:
la
prima
prevede
che
il
dissenso
dei
lavoratori
non
impedisca
al
management
di
prendere
una
decisione,
la
seconda,
invece,
avrebbe
leffetto
contrario
e
si
dovrebbe
realizzare
tramite
loperato
dei
sindacati.
Gi
i
diritti
di
informazione,
consultazione
e
di
esame
congiunto,
previsti
dalla
contrattazione
collettiva
in
alcuni
casi
(es.
in
materia
di
eccedenze
di
personale),
sono
un
piccolo
esempio
di
coinvolgimento
dei
lavoratori.
Per
attenzione
a
non
fare
confusione:
non
vanno
ricompresi,
nellapplicazione
dellart.46,
i
casi
di
incentivi,
previsti
dai
manager
a
favore
dei
lavoratori,
in
caso
di
raggiungimento
delle
finalit
aziendali:
in
tal
caso
il
lavoratore
non
partecipa
alle
decisioni,
ma
semplicemente
collabora
con
limprenditore
per
una
maggiore
realizzazione
dei
fini
imprenditoriali,
contribuendo
con
il
proprio
operato
e
conseguendo
benefici
economici.
N
tanto
meno
sono
da
considerarsi
applicazione
dellart.46
i
casi
in
cui
un
lavoratore
divenga
19
socio
di
una
qualsivoglia
societ
in
cui
presta
il
proprio
lavoro:
in
tal
caso
si
vengono
a
creare
due
rapporti
distinti,
regolati
dalle
varie
norme
di
legge
sul
lavoro
e
sulla
partecipazione
agli
utili
del
socio
lavoratore.
I
comitati
aziendali
europei
ed
i
diritti
di
informazione
e
di
consultazione
nella
materia
comunitaria
Abbiamo
detto
che
limpresa
non
un
fatto
privato
dellimprenditore,
ma
coinvolge
una
serie
di
interessi
di
altri
soggetti,
primi
fra
tutti
i
lavoratori.
Di
ci
si
occupato
il
legislatore
comunitario,
al
fine
di
introdurre
una
disciplina
che
permetta
alle
rappresentanze
dei
lavoratori
di
influenzare
le
decisioni
dellimpresa,
senza
vincolare
tali
rappresentanze
a
forme
particolari.
Anzitutto
il
legislatore
comunitario,
con
la
direttiva
94/45,
ha
disciplinato
il
diritto
allinformazione
ed
alla
consultazione
dei
lavoratori
nelle
imprese
e
nei
gruppi
di
imprese
comunitarie.
Per
imprese
comunitarie
si
intendono
quelle
imprese
che
hanno
almeno
1000
lavoratori
sparsi
nel
territorio
di
vari
Stati
membri
e
che
siano
presenti
significativamente
in
pi
di
uno
Stato.
Si
ha,
invece,
un
gruppo
di
imprese
quando
unimpresa
dominante
esercita
un
potere
di
controllo
su
altre
imprese.
Ecco
che
quindi
si
configura
la
previsione
di
un
organo
di
rappresentanza
dei
lavoratori,
il
CAE
(comitato
aziendale
europeo),
i
cui
componenti
sono
eletti
o
designati
a
seconda
delle
decisioni
dei
vari
Stati
membri,
istituito
tramite
accordo
scritto
tra
la
direzione
dellimpresa
ed
una
delegazione
speciale
di
negoziazione,
che
rappresenti
uniformemente
i
lavoratori
di
tutti
gli
Stati
membri
coinvolti.
Listituzione
del
CAE,
tra
laltro,
non
obbligatoria,
essendo
possibile
prevedere
ulteriori
procedure
dinformazione
e
consultazione
dei
lavoratori.
LItalia
ha
attuato
la
direttiva
tramite
il
D.Lgs.74/2002,
prevedendo
che
i
componenti
italiani
del
CAE
siano
designati
per
un
terzo
dalle
organizzazioni
sindacali
che
abbiano
stipulato
il
ccnl
e
per
2/3
dalle
RSU.
Il
legislatore
comunitario,
poi,
con
il
regolamento
2157/2001
ha
preso
in
considerazione
lipotesi
di
Societ
europee,
ossia
societ
di
capitale
disciplinate
a
livello
europeo
e
non
vincolate
agli
ostacoli
del
diritto
commerciale
dei
vari
Stati
membri.
Anche
in
tal
caso
previsto
un
coinvolgimento
dei
lavoratori,
tramite
un
accordo
tra
i
vertici
societari
ed
una
delegazione
speciale
di
negoziazione,
che
costituisca
un
organo
di
rappresentanza
dei
lavoratori
per
le
procedure
dinformazione
e
consultazione.
Una
terza
direttiva,
la
2002/14,
ha
previsto,
infine,
che
in
tutte
le
imprese
operanti
allinterno
del
territorio
dellUnione,
gli
Stati
membri,
tramite
un
proprio
intervento
attuativo,
assicurino
il
diritto
dinformazione
e
consultazione
dei
lavoratori.
Lo
Stato
italiano,
con
il
D.Lgs.25/2007
ha
affidato
tale
compito
alle
RSU,
rinviando
ai
contratti
collettivi
la
determinazione
delle
modalit
di
esercizio.
Il
rappresentante
per
la
sicurezza
Unulteriore
forma
di
rappresentanza
dei
lavoratori
stata
attuata
tramite
il
D.Lgs.626/1994,
sostituito
recentemente
dal
D.Lgs.81/2008
in
materia
di
salute
e
sicurezza
sul
luogo
di
lavoro,
il
quale
prevede
listituzione
del
rappresentante
per
la
sicurezza:
egli
non
rappresenta
solo
i
lavoratori
subordinati,
ma
tutti
i
lavoratori
al
di
l
del
proprio
rapporto
contrattuale,
ivi
compresi
coloro
che
svolgono
unattivit
formativa.
La
rappresentanza
per
la
sicurezza
deve
essere
istituita
a
livello
territoriale,
nonch
a
livello
di
sito
produttivo.
20
La
presenza
di
un
rappresentante
per
la
sicurezza
obbligatoria
in
tutte
le
aziende,
senza
limiti
dimensionali,
mentre
differente
il
metodo
per
la
loro
nomina
a
seconda
che
si
tratti
di
aziende
con
meno
di
15
dipendenti,
ed
in
tal
caso
saranno
gli
stessi
lavoratori
ad
individuare
il
proprio
rappresentante,
o
di
aziende
con
pi
di
15
dipendenti,
ed
in
tal
caso
il
rappresentante
andr
individuato
nellambito
delle
rappresentanze
sindacali
aziendali,
tramite
elezione
o
designazione.
Ovviamente
pi
grande
lazienda,
pi
rappresentanti
occorreranno:
la
legge
stabilisce
un
numero
minimo,
ma
la
contrattazione
collettiva
pu
aumentare
tale
numero.
Vi
poi
la
figura
del
rappresentante
di
sito
produttivo,
il
quale
viene
nominato
qualora
allinterno
di
uno
stesso
luogo
operino
pi
imprese,
il
cui
operato
cumulativo,
di
fatto,
fa
aumentare
i
rischi
di
sicurezza:
i
rappresentanti
per
la
sicurezza
aziendali
individuano
uno
di
loro
per
coordinare
le
proprie
attivit.I
rappresentanti
per
la
sicurezza
hanno
un
ruolo
fondamentale:
devono
ricevere
copia
del
documento
di
valutazione
dei
rischi,
conoscere
la
materia
legislativa
sulla
sicurezza
e
controllarne
lapplicazione
da
parte
dellazienda,
hanno
diritto
a
permessi
retribuiti
in
funzione
del
loro
operato,
possono
accedere
liberamente
a
luoghi
di
lavoro
ed
a
documenti
inerenti
lapplicazione
delle
misure
di
sicurezza.
E
comunque
la
contrattazione
collettiva
nazionale
ad
individuare
le
modalit
di
esercizio
di
tali
poteri,
escludendo
quella
aziendale,
pi
soggetta
alle
pressioni
dei
datori
di
lavoro
e
pertanto
assoggettabile
alla
volont
degli
stessi.
21
Il
referendum
Ai
lavoratori
,
poi,
concesso
il
diritto
allo
svolgimento
di
referendum
inerenti
lattivit
sindacale:
essi
devono,
secondo
quanto
prevede
lart.21,
svolgersi
al
di
fuori
dellorario
di
lavoro
ed
essere
indetti
da
tutte
le
RSA
unitariamente.
Limprenditore,
tra
laltro,
deve
collaborare
per
la
disponibilit
dei
locali,
laccesso
agli
stessi,
luso
dei
servizi
e
cos
via.
Altri
referendum
possono
essere
svolti,
ma
senza
tale
collaborazione.
I
permessi
sindacali
I
dirigenti
delle
RSA
hanno
diritto,
in
forza
dello
Statuto
dei
lavoratori,
a
permessi
sindacali
per
lo
svolgimento
della
propria
attivit
sindacale,
ossia
hanno
diritto
ad
assentarsi
dal
posto
di
lavoro
entro
i
limiti
consentiti
dagli
artt.23
e
24
dello
stesso
Statuto,
i
quali
attuano
una
distinzione
tra
permessi
retribuiti
e
permessi
non
retribuiti.
I
dirigenti
di
cui
si
parla,
tra
laltro,
sono
quelli
nominati
secondo
le
procedure
previste
dalla
statuto
dellorganizzazione
al
quale
sono
riconducibili:
tale
nomina
deve
essere
comunicata
anche
al
datore
di
lavoro.
La
contrattazione
collettiva,
tra
laltro,
ha
previsto
che
possano
godere
di
tali
diritti
anche
i
componenti
delle
RSU.
Lart.23
disciplina
i
permessi
retribuiti,
prevedendo
che
essi
siano
concessi
ai
dirigenti
per
lespletamento
del
loro
mandato,
ossia
per
lo
svolgimento
di
tutte
quelle
attivit
inerenti
le
RSA
(rappresentanza,
partecipazione
a
trattative,
funzioni
organizzative).
Il
dirigente
che
voglia
esercitare
il
proprio
diritto
deve
comunicarlo
al
datore
di
lavoro
almeno
24
ore
prima.
Il
numero
dei
dirigenti
che
pu
esercitare
tale
diritto
varia
in
base
alle
previsione
dellart.23:
un
dirigente
solo
per
le
unit
produttive
con
200
dipendenti,
un
dirigente
ogni
300
dipendenti
per
ogni
RSA
in
unit
produttive
fino
a
3000
dipendenti,
un
dirigente
ogni
500
dipendenti
per
ogni
RSA
in
unit
produttive
con
pi
di
3000
dipendenti.
Nel
primo
caso
viene
garantita
unora
allanno
di
permesso
retribuito,
negli
altri
due
casi
8
ore
mensili.
.
Lart.24
disciplina,
poi,
i
permessi
non
retribuiti,
prevedendo
che
essi
vengano
riconosciuti
per
la
partecipazione
a
trattative
sindacali
o
a
congressi/convegni
di
natura
sindacale,
in
misura
non
inferiore
ad
8
giorni
allanno
e
con
un
preavviso
di
almeno
3
giorni.
Nella
prassi
sono
le
RSA
richiedenti
a
scegliere
tra
i
due
tipi
di
permessi.
I
lavoratori
chiamati
a
ricoprire
cariche
sindacali
nazionali
o
provinciali
possono
essere
posti
in
aspettativa
non
retribuita
per
tutta
la
durata
del
proprio
mandato,
dando
luogo
ad
unipotesi
di
sospensione
del
rapporto
di
lavoro:
la
norma
si
applica
a
tutti
i
dirigenti
e
non
solo
a
quelli
delle
organizzazioni
sindacali
pi
rappresentative.
Gli
artt.31
e
32
dello
Statuto
garantiscono
medesimi
diritti
anche
a
coloro
che
ricoprono
cariche
politiche.
Le
tutele
per
i
dirigenti
sindacali
Ai
dirigenti
delle
RSA,
nominati
in
base
allorganizzazione
interna
sindacale
e
la
cui
nomina
conosciuta
o
pervenuta
dal/al
datore
di
lavoro,
apprestata
una
tutela
particolare,
proprio
per
la
maggiore
esposizione
degli
stessi
a
ritorsioni
da
parte
dellimprenditore,
in
materia
di
licenziamenti
e
trasferimenti.
Lart.18
dello
Statuto
prevede
una
procedura
giudiziale
di
reintegrazione
immediata
in
caso
di
licenziamento,
senza
attendere
la
sentenza
definitiva.
23
Lart.28
pone
una
tutela
sul
piano
della
condotta
antisindacale.
Lart.22
prevede
che
il
trasferimento
di
tali
soggetti
ad
altra
unit
produttiva
debba
avvenire
previo
nulla
osta
delle
associazioni
sindacali
alle
quali
gli
stessi
appartengono.
I
trasferimenti
allinterno
della
stessa
unit
produttiva
non
ricevono
pari
tutela,
ma
sono
comunque
illegittimi
se
configuranti
un
atto
discriminatorio
ed
una
condotta
antisindacale.
Diritti
di
affissione
e
diritto
alluso
di
locali
Lart.25
dello
Statuto
disciplina
il
diritto
delle
RSA
di
affiggere,
allinterno
delle
unit
produttive,
manifesti,
testi
e
pubblicazioni
inerenti
la
materia
sindacale
e
del
lavoro
(unico
limite
imposto).
I
datori
di
lavoro,
quindi,
devono
mettere
a
disposizione
di
ogni
RSA
spazi
per
laffissione,
accessibili
a
tutti
e
non
soggetti
a
limiti
di
transito.
Egli
non
deve
autorizzare
laffissione,
in
quanto
non
ne
ha
il
potere,
n
tanto
meno
pu
rimuovere
testi
e
pubblicazioni,
neanche
qualora
configurino
un
reato:
in
tal
caso
dovr
rivolgersi
alle
stesse
RSA
ed
allautorit
giudiziaria,
per
lindividuazione
dei
soggetti
responsabili.
Lart.27,
poi,
attribuisce
alle
RSA
il
diritto
di
avere
locali
adibiti
allesercizio
delle
proprie
attivit:
nel
caso
di
unit
produttive
con
pi
di
200
dipendenti,
tali
locali
devono
essere
messi
a
disposizione
dallimprenditore
permanentemente
allinterno
della
stessa
unit
produttiva,
o
nelle
immediate
vicinanze;
nel
caso
di
aziende
con
meno
di
200
dipendenti,
i
locali
saranno
messi
a
disposizione
su
richiesta
delle
RSA
per
le
riunioni
delle
stesse,
volta
per
volta.
Libert
di
proselitismo
e
contributi
sindacali
Lart.26
dello
Statuto,
al
primo
comma,
garantisce
ai
lavoratori
(a
tutti
i
lavoratori,
quindi
lunico
articolo
del
Titolo
III
che
non
rispetta
il
carattere
selettivo
imposto
dallart.19
per
laccesso
a
tali
diritti)la
libert
di
svolgere
opera
di
proselitismo,
ossia
unopera
volta
alla
propaganda,
orale
o
scritta,
alla
raccolta
di
contributi
ed
iscrizioni
ecc.,
allinterno
dei
luoghi
di
lavoro,
sebbene
da
essa
non
debba
scaturire
un
pregiudizio
per
il
normale
svolgimento
dellattivit
azienda.
Si
tratta
in
tal
caso
di
un
pregiudizio
concreto
e
non
astratto,
che
incida
notevolmente
sullo
svolgimento
dellattivit
lavorativa.
Lo
stesso
art.26
tratta
il
tema
dei
contributi
sindacali,
ossia
di
quelle
quote
che
ciascun
lavoratore
iscritto
al
sindacato
deve
a
questultimo,
in
forza
della
propria
adesione.
Un
tempo
essere
venivano
raccolte
dai
c.d.
collettori
di
azienda,
praticamente
degli
esattori
dei
sindacati
che
raccoglievano
le
quote
tra
gli
iscritti,
sullo
stesso
posto
di
lavoro.
In
seguito
stato
attuato
un
meccanismo
diverso:
il
contributo
sindacale
viene
trattenuto
alla
fonte
dallimprenditore,
che
poi
lo
gira
alle
associazioni
sindacali.
Sebbene
ci
fosse
previsto
gi
allinterno
dello
Statuto,
un
referendum
abrogativo
del
1995
che
ebbe
esito
positivo,
elimin
tale
previsione
legislativa,
senza
effetti
nella
pratica,
in
quanto
tale
meccanismo
opera
anche
in
forza
della
contrattazione
collettiva.
Il
campo
di
applicazione
del
titolo
III
dello
Statuto
Abbiamo
visto
come
le
norme
del
titolo
II
pongano
in
capo
allimprenditore
un
generale
divieto
di
ostacolare
la
libert
sindacale,
mentre
le
norme
del
titolo
III
prevedono
un
comportamento
positivo
dellimprenditore.
Tale
comportamento,
in
realt,
in
forza
dellart.35
dello
Statuto,
deve
essere
posto
in
24
essere
solo
allinterno
di
imprese
medio-grandi,
non
essendo
possibile
pretendere
dai
piccoli
imprenditori
tali
comportamenti
positivi.
Lintero
titolo
III,
fatta
eccezione
per
lart.26
di
portata
generale
e
per
lart.27
per
cui
sono
previsti
limiti
numerici,
si
applica
solo
alle
unit
produttive:
si
usa
questo
termine
per
indicare
sedi,
stabilimenti,
filiali,
uffici
e
reparti
autonomi
con
pi
di
15
dipendenti.
Si
fa
riferimento,
quindi,
alle
dimensioni
delle
singole
unit
produttive,
non
allimpresa
unitariamente
considerata.
Lart.35,
tuttavia,
prevede
che
i
diritti
del
titolo
III
possano
essere
esercitati
anche
da
una
pluralit
di
piccole
unit
produttive
operanti
allinterno
dello
stesso
territorio
comunale.
Facendo
riferimento,
inoltre,
alle
unit
produttive
di
imprese,
lart.35
esclude
dallapplicazione
del
titolo
III
i
non
imprenditori,
il
che
stato,
ingiustamente,
ritenuto
plausibile
dalla
stessa
Corte
costituzionale,
la
quale
ha
fatto
riferimento
allinstabilit
delle
organizzazioni
di
tendenza
con
fini
ideologici.
In
realt
non
tutte
le
organizzazioni
non
imprenditoriali
sono
organizzazioni
di
tendenza.
Diritti
sindacali
nel
pubblico
impiego
Il
D.Lgs.165/2001
che
ha
privatizzato
il
pubblico
impiego,
ha
previsto
che
i
rapporti
di
lavoro
pubblici
siano
soggetti
alle
norme
legislative
sul
lavoro
subordinato,
compresa
quindi
la
L.300/1970.
Le
norme
del
titolo
III,
quindi,
si
applicano
anche
al
lavoro
pubblico,
tra
laltro
senza
il
limite
dei
15
dipendenti.
Tuttavia
sussistono
delle
differenze:
anzitutto
i
diritti
ai
permessi
di
cui
agli
artt.23,
24
e
30,
sono
ripartiti,
invece
che
tra
tutte
le
RSA
nella
stessa
misura,
tra
i
diversi
sindacati
in
proporzione
al
grado
di
rappresentativit
(rappresentativit
ponderata,
e
non
presunta
come
avviene
ancora
per
il
settore
privato).
Inoltre
il
lavoratore
dipendente
pubblico,
che
ricopre
una
carica
sindacale,
ha
diritto
al
distacco
sindacale,
in
forza
del
quale
egli
non
lavora
ma
continua
a
percepire
la
propria
retribuzione,
a
differenza
di
ci
che
avviene
nel
settore
privato,
dove
viene
attuata
laspettativa
non
retribuita.
SEZIONE
B:
LA
REPRESSIONE
DELLA
CONDOTTA
ANTISINDACALE
Lart.28
dello
Statuto
Lart.28
dello
Statuto
dedicato
alla
repressione
della
condotta
antisindacale:
se
il
titolo
II
garantisce
la
libert
sindacale
ed
il
titolo
III
contiene
una
legislazione
di
sostegno
che
permette
lesercizio
dellattivit
sindacale,
il
titolo
IV,
che
si
apre
con
larticolo
suddetto,
mira
ad
individuare
un
apparato
processuale
e
sanzionatorio
per
rendere
effettive
le
norme
di
cui
abbiamo
gi
parlato,
nonch
per
far
rispettare
il
diritto
di
sciopero.
Le
regole
processuali
(cenni)
Lart.28
dispone
che
dinanzi
ad
un
comportamento
del
datore
di
lavoro
mirato
ad
impedire
o
a
limitare
la
libert
sindacale
e/o
lattivit
sindacale,
nonch
il
diritto
di
sciopero,
gli
organismi
locali
delle
associazioni
sindacali
possano
fare
ricorso
dinanzi
al
giudice
del
lavoro
del
Tribunale
del
luogo
in
cui
si
concretizzato
il
comportamento
in
questione.
Dinanzi
a
tal
giudice,
il
procedimento
si
divide
in
2
parti,
la
seconda
delle
25
quali
meramente
eventuale:
durante
la
prima
il
giudice
convoca
le
parti
e
predispone
un
contradditorio
tra
le
stesse;
una
volta
accertati
i
fatti,
pu,
con
decreto,
stabilire
che
ci
sia
stata
una
condotta
antisindacale,
ed
in
tal
caso
prevederne
la
rimozione
degli
effetti,
o
che
non
ci
sia
stata.
Le
parti,
comunque,
entro
15
giorni
potranno
impugnare
il
decreto,
ed
in
tal
caso
si
addiverr
ad
un
procedimento
ordinario,
suscettibile
di
ricorso
in
appello
ed
in
Cassazione,
che
si
concluder
in
tutti
e
tre
i
gradi
con
una
sentenza,
e
non
con
un
decreto.
Il
decreto
della
prima
fase,
tuttavia,
non
perde
efficacia
sino
al
passaggio
in
giudicato
della
sentenza.
La
condotta
antisindacale
La
condotta
antisindacale
si
configura
come
un
comportamento
lesivo
della
libert
sindacale,
dellattivit
sindacale
o
del
diritto
di
sciopero.
Essa
pu
essere
attuata
tanto
dal
datore
di
lavoro,
tanto
da
soggetti
che,
allinterno
dellimpresa,
esercitino
i
poteri
dellimprenditore
(dirigenti,
capi
reparto
ecc).
Il
comportamento
antisindacale
viene
individuato
non
in
base
alla
sua
struttura,
bens
in
base
alla
lesione
degli
interessi
tutelati.
Tra
laltro,
anche
un
comportamento
posto
in
essere
nei
confronti
del
singolo,
e
che
abbia
a
che
fare
con
la
libert/attivit
sindacale,
pu
configurare
un
caso
di
violazione
dellart.28:
in
tal
caso
il
singolo
potr
intraprendere
unazione
giudiziaria
in
solitudine,
mentre
il
sindacato
potr
esperire
lazione
giudiziaria
privilegiata
prevista
dallart.28.
E
il
caso
della
c.d.
plurioffensivit
del
comportamento,
che
si
concretizza
quando
un
atto
del
datore
di
lavoro,
bench
rivolto
al
singolo,
colpisce
anche
linteresse
collettivo
(es.
trasferimento
punitivo
di
un
sindacalista,
come
se
il
datore
stesse
dicendo
trasferisco
lui,
ma
attenti
voi).
Lantisindacalit,
su
cui
il
testo
si
sofferma
fin
troppo,
si
ha
nel
momento
in
cui
il
comportamento
dellimprenditore
mira
a
reprimere
la
libert
sindacale
o
lattivit
sindacale,
e
non
semplicemente
a
contrastarla;
mira,
cio,
ad
evitare
il
conflitto
con
i
sindacati
(licenziamento,
allontanamento,
negazione
dellassemblea),
piuttosto
che
muoversi
dentro
il
conflitto:
rifiutare
una
trattativa
con
i
sindacati
non
condotta
antisindacale,
perch
il
datore
di
lavoro
sta
semplicemente
manifestando
che
su
quel
particolare
tema
non
c
nulla
da
discutere;
negare
unassemblea
in
cui
si
discuter
della
trattativa,
invece,
un
comportamento
antisindacale.
Lantisindacalit
di
alcuni
comportamenti,
inoltre,
spesso
prevista
specificatamente
dalla
legge.
Legittimazione
attiva
Legittimato
attivamente,
nellazione
giudiziaria
di
cui
abbiamo
parlato,
il
sindacato.
Esso,
per
poter
esperire
tale
azione,
deve
essere
un
organismo
locale
di
unassociazione
nazionale.
Sono
pertanto
esclusi
i
singoli
lavoratori
e
le
organizzazione
prive
di
valenza
nazionale,
che
potranno
ricorrere
alle
azioni
giudiziarie
ordinarie.
Ribadiamo
che,
secondo
lart.28,
sufficiente
che
si
tratti
di
unassociazione
sindacale
nazionale,
non
gi
di
una
che
abbia
stipulato
un
contratto
collettivo
applicato
nellunit
produttiva,
requisito
richiesto,
invece,
dallart.19.
La
Corte
costituzionale,
inoltre,
stata
chiamata
a
pronunciarsi
sulla
legittimit
costituzionale
dellart.28
nella
parte
in
cui
non
permette
ai
singoli
ed
alle
associazioni
prive
di
un
peso
nazionale
di
ricorrere
al
procedimento
accelerato
di
cui
allart.28:
la
Corte
ha
precisato
come
tali
diritti
siano
solo
ulteriori
ed
26
aggiuntivi
rispetto
a
quelli
concessi
ai
singoli
ed
alle
associazioni
sindacali
non
nazionali.
Esse
potranno
ricorrere
agli
strumenti
di
tutela
apposti
dallordinamento,
ma
non
vi
discriminazione
priva
di
fondamento.
Linteresse
ad
agire
Lart.28
dispone
che
il
ricorso
possa
essere
presentato
dalle
associazioni
che
vi
abbiano
interesse.
Tuttavia
va
notato
come
raro
che
un
interesse
a
ricorrere,
in
tali
casi,
sia
assente.
Legittimate
allinteresse,
infatti,
possono
essere
anche
associazioni
sindacali
diverse
da
quella
cui
abbiano
aderito
i
lavoratori
lesi.
La
tutela
dellart.28,
infatti,
riguarda
tutti
i
lavoratori,
non
lavoratori
aderenti
a
determinati
sindacati
e
difendibili
solo
dagli
stessi.
La
carenza
di
interesse
si
avr
nellunico
caso
in
cui
il
ricorrente
sia
un
sindacato
tipico
di
un
gruppo
professionale,
come
ad
esempio
quello
dei
metalmeccanici,
per
sollevare
lantisindacalit
di
un
comportamento
posto
in
essere
nellambito
di
un
diverso
gruppo
professionale,
come
ad
esempio
i
chimici.
Lapparato
sanzionatorio
Abbiamo
visto
come
il
decreto
nella
prima
fase
del
procedimento
dinanzi
al
giudice
del
lavoro,
cos
come
leventuale
sentenza
durante
la
seconda
fase,
mirano
a
far
cessare
il
comportamento
antisindacale
ed
a
rimuoverne
gli
effetti.
Tuttavia
il
datore
di
lavoro
potrebbe
non
adeguarsi
a
tale
decisione.
Data
la
complessit
di
un
eventuale
processo
di
esecuzione,
per
far
rispettare
la
sentenza
lo
stesso
art.28
ha
introdotto
una
sanzione
penale
a
carico
del
datore
di
lavoro
che
non
rispetti
la
decisione
del
giudice:
oggetto
del
reato
linottemperanza,
non
lazione
antisindacale,
punibile
con
lammenda
o
con
larresto
fino
a
tre
mesi.
Inoltre
ultimamente
stata
prevista
un
ulteriore
sanzione:
vengono
meno
tutte
le
agevolazioni
fiscali
di
cui
il
datore
di
lavoro
godeva
in
merito
alla
nuova
occupazione.
La
condotta
antisindacale
delle
pubbliche
amministrazioni
Anche
le
pubbliche
amministrazioni,
in
forza
del
D.Lgs.165/2001
sono
soggette
allapplicazione
delle
norme
dello
Statuto
dei
lavoratori
e
pertanto
anche
allart.28.
27
corporative
tra
le
fonti
del
diritto.
Il
venire
meno
del
sistema
corporativo,
tuttavia,
non
priv
i
lavoratori
dei
diritti
sino
ad
allora
riconosciuti.
Il
contratto
collettivo
e
lart.39
Cost.
Una
volta
venuto
meno
lordinamento
corporativo,
venne
subito
ristabilita
la
libert
sindacale
e
si
ripropose
nuovamente
il
problema
dellinderogabilit
del
contratto
collettivo
stipulato
dalle
parti
sociali.
Il
legislatore
costituente,
in
realt,
credeva
di
aver
risolto
tale
problema
tramite
la
previsione
del
comma
4
dellart.39
Cost.,
il
quale
prevedeva
che
i
sindacati
registrati
potessero
stipulare
contratti
collettivi
con
efficacia
erga
omnes
per
lintera
categoria
rappresentata.
In
realt
la
mancata
attuazione
dellintera
norma
costituzionale,
per
i
motivi
gi
esaminati,
port
non
pochi
problemi,
in
quanto
limitava
di
fatto
il
potere
del
legislatore
ordinario.
La
legge
741/1959
(legge
Vigorelli)
Lobiettivo
da
raggiungere,
quindi,
era
quello
di
far
assumere
unefficacia
generale
ai
contratti
collettivi,
i
quali
sarebbero
stati
applicati
nei
confronti
di
tutti
i
lavoratori
di
una
categoria,
non
soltanto
di
quelli
iscritti
ai
sindacati
firmatari
di
un
determinato
contratto.
In
altri
Paesi
europei,
come
Francia
e
Germania,
il
problema
venne
risolto
tramite
lemanazione
di
una
disciplina
legislativa
in
materia.
In
Italia,
la
rigidit
dellart.39,
limitava
il
potere
del
legislatore,
di
fatto
impedendogli
di
rendere
i
contratti
collettivi
applicabili
a
tutti.
Un
modo
di
aggirare
la
norma
costituzionale
venne
trovato
dalla
legge
Vigorelli,
la
741/1959,
la
quale
concesse
una
delega
al
Governo
per
emanare,
entro
il
periodo
di
tempo
di
un
anno,
decreti
legislativi
che
fissassero
i
trattamenti
minimi
salariali
e
normativi
per
ciascuna
categoria
lavorativa,
dovendo
rifarsi
obbligatoriamente
ai
contratti
collettivi
in
materia.
I
decreti
furono
pi
di
mille,
ma
ben
presto
ci
si
rese
conto
che
i
contratti
collettivi
apparivano
molto
lontani
dalla
tecnica
legislativa
e
pieni
di
ambiguit
e
lacune.
Alla
scadenza
del
periodo
di
delega,
essa
venne
prorogata
per
15
mesi
ed
estesa
ai
contratti
collettivi
stipulati
nei
10
mesi
successivi
alla
proroga.
Alcuni
principi
costituzionali
sul
contratto
collettivo
La
Legge
Vigorelli
venne
da
subito
posta
al
vaglio
della
Corte
Costituzionale,
la
quale
pur
affermando
la
costituzionalit
della
legge,
sanc
lincostituzionalit
della
legge
di
proroga
(1027/1960)nella
parte
in
cui
estendeva
la
delega
ai
contratti
collettivi
stipulati
nei
10
mesi
successivi
alla
proroga
stessa.
La
Corte
costituzionale,
in
tal
modo,
sanc
alcuni
principi
fondamentali,
tra
i
quali
ne
emerse
uno
di
maggiore
importanza:
la
procedura
prevista
nellart.39
per
far
acquisire
efficacia
generale
ai
contratti
collettivi
non
poteva
essere
sostituita
o
affiancata
da
un
metodo
diverso,
che
sarebbe
risultato
illegittimo.
SEZIONE
B:
IL
CONTRATTO
COLLETTIVO
DI
DIRITTO
COMUNE
Rilevanza
e
natura
giuridica
Abbiamo
visto
come,
successivamente
alla
caduta
del
sistema
corporativo,
sia
stata
ripristinata
la
libert
sindacale
e,
con
essa,
la
natura
privatistica
dei
sindacati
e
dei
contratti
collettivi,
data
anche
la
mancata
attuazione
dellart.39.
Inoltre
i
decreti
delegati
emanati
in
attuazione
della
L.741/1959
sono
divenuti,
col
tempo,
obsoleti
ed
i
contratti
corporativi
ancora
in
vigore
sono
limitatissimi.
Questo
fa
si
che
lunico
contratto
collettivo
che
possiamo
prendere
in
considerazione
quello
definito
di
diritto
comune
o
post-
29
corporativo,
ossia
il
contratto
posto
in
essere
dallautonomia
collettiva
grazie
al
potere
di
autoregolamentazione
dei
soggetti
di
diritto
privato
(ricordiamo
che
si
tratta
pur
sempre
di
associazioni
non
riconosciute
nella
maggior
parte
dei
casi).
Il
contratto
collettivo
di
diritto
comune
non
pu,
come
invece
avveniva
per
i
contratti
corporativi,
n
avere
natura
pubblicistica
(abbiamo
ribadito
come
sia
frutto
dellautonomia
privata),
n
tanto
meno
essere
preso
in
considerazione
come
fonte
del
diritto,
almeno
sotto
il
punto
di
vista
strutturale.
Sotto
il
punto
di
vista
funzionale,
infatti,
lo
stesso
legislatore
lo
qualifica
molto
spesso
come
fonte
del
diritto:
il
caso
del
D.Lgs.40/2006
che
ha
introdotto,
tra
i
motivi
di
ricorso
per
cassazione,
oltre
alla
violazione
o
falsa
applicazione
delle
norme
di
diritto,
anche
la
violazione
o
la
falsa
applicazione
dei
contratti
collettivi
nazionali
di
lavoro.
Notiamo,
quindi,
come
i
contratti
collettivi
siano,
in
questo
caso
ma
non
lunico,
equiparati
alle
norme
di
diritto.
La
funzione
normativa
Il
contratto
collettivo,
per
la
sua
importanza
in
ambito
sociale,
pur
non
godendo
di
una
disciplina
codicistica
specifica,
ha
assunto
un
ruolo
fondamentale
allinterno
del
nostro
ordinamento.
Inizialmente
esso
serviva
a
fissare
solo
e
solamente
le
condizioni
minime
normative
ed
economiche
da
applicare
nei
contratti
individuali
di
lavoro.
Per
questo
sempre
stato
definito
come
contratto
normativo,
ossia
come
contratto
che
fissa
i
contenuti
di
una
futura
produzione
contrattuale,
vincolando
le
parti
ad
attenersi
a
quanto
concordato.
Unaltra
parte
della
dottrina,
invece,
ha
sempre
visto
il
contratto
collettivo
come
un
contratto
tipo,
ossia
come
un
contratto
che
fissa
delle
clausole
ordinatamente
raccolte
in
uno
schema.
Sembra
pi
plausibile
la
teoria
del
contratto
normativo,
in
quanto
il
contratto
tipo
non
obbliga
le
parti
ad
attenersi
allo
schema
di
clausole
previsto,
prevedendo
una
possibilit
di
deroga.
Linderogabilit
in
pejus
Abbiamo
visto
come
il
contratto
collettivo
fissi,
quindi,
delle
clausole
normative
ed
economiche
generali
alle
quali
il
contratto
individuale
dovr
attenersi.
Il
rapporto
tra
contratto
collettivo
ed
individuale
regolato
dal
meccanismo
dellINDEROGABILITA
IN
PEJUS
DI
NATURA
REALE:
qualora
le
parti,
nella
stipulazione
del
contratto
individuale,
dovessero
prevedere
un
trattamento
economico/normativo
peggiore
per
il
lavoratore
rispetto
a
quello
previsto
dal
contratto
collettivo
di
riferimento,
vedrebbero
disapplicati
i
propri
accordi,
che
verrebbero
sostituiti
automaticamente
dalle
clausole
del
contratto
collettivo.
Ci
vuol
dire
che
linderogabilit
ha
natura
reale,
conducendo
alla
sostituzione
automatica,
e
non
semplicemente
obbligatoria,
il
che
comporterebbe
una
mera
obbligazione
risarcitoria.
Per
molto
tempo
la
dottrina
si
scervellata
su
come
fornire
una
motivazione
alloperativit
della
natura
reale
dellinderogabilit,
senza
addivenire,
nonostante
lapporto
di
vari
autori
di
notevole
rilievo,
ad
una
conclusione
(pagina
136
e
137
se
vi
interessano
le
varie
teorie).
Il
problema
dellinderogabilit
in
pejus
ha
trovato,
finalmente,
una
precisa
definizione
legislativa
con
la
modifica
dellart.2113
c.c.
ad
opera
della
L.533/1973
di
riforma
del
processo
del
lavoro:
allinterno
di
tale
articolo
previsto
che
le
rinunzie
e
le
transazioni,
che
hanno
ad
oggetto
diritti
inderogabili
del
lavoratore
attribuiti
allo
stesso
dalle
legge
o
DAI
CONTRATTI
COLLETTIVI
concernenti
i
rapporti
di
cui
allart.409
c.p.c.,
non
sono
valide.
Il
legislatore,
quindi,
ha
sancito
linvalidit
degli
atti
con
i
quali
il
prestatore
dispone
di
propri
diritti
riconosciuti
dagli
accordi
collettivi.
30
La
derogabilit
in
melius
Mentre
nel
contratto
individuale
prevista
linderogabilit
in
pejus
delle
clausole
del
contratto
collettivo,
esiste
la
possibilit
che
le
parti,
allinterno
del
proprio
accordo,
stabiliscano
clausole
di
maggior
favore
per
il
lavoratore
rispetto
a
quelle
del
contratto
collettivo.
Una
previsione
di
tal
genere
possibile
non
solo
in
forza
dellart.2077
c.c.
che
lo
prevede
esplicitamente,
ma
anche
in
forza
dellart.2113
c.c.
che
prevede
linderogabilit
in
pejus.
Di
difficile
soluzione
,
invece,
il
problema
della
comparazione
dei
trattamenti:
pu
capitare,
infatti,
che
nel
confronto
tra
contratto
collettivo
e
contratto
individuale,
si
riscontrino
alcuni
elementi
di
maggior
favore
per
il
lavoratore
ed
altri
peggiori
rispetto
al
contratto
collettivo.
In
tal
caso
la
dottrina,
per
trovare
una
soluzione
a
come
si
debba
operare
in
questo
caso,
si
divide
tra
i
sostenitori
della
tesi
del
conglobamento,
secondo
cui
occorre
tener
conto
del
trattamento
complessivo
del
lavoratore,
ed
i
sostenitori
della
tesi
del
cumulo,
secondo
cui
andrebbero
raffrontate
la
varie
clausole
e
dovrebbero
prevalere
solo
le
migliori
per
il
lavoratore.
Sono
state
prese
in
considerazione,
inoltre,
soluzione
mediane,
che
non
tengano
conto
n
dei
trattamenti
complessivi,
n
delle
singole
clausole,
ma
solo
dellambito
di
ciascun
istituto.
Efficacia
soggettiva
e
categoria
contrattuale
Un
problema
del
contratto
collettivo
di
diritto
comune
quello
dellefficacia
soggettiva,
la
quale
si
estende
solo
agli
iscritti
alle
associazioni
stipulanti:
solo
chi
aderisce
ad
un
sindacato
o
ad
unassociazione
dimprenditori,
infatti,
conferisce
il
c.c.
mandato
rappresentativo,
ossia
il
mandato
a
stipulare
contratti
collettivi.
Efficacia
soggettiva
nella
giurisprudenza
Lefficacia
soggettiva
del
contratto
collettivo
di
diritto
comune
impone
che
le
condizioni
previste
nello
stesso
siano
applicabili
solo
ai
soggetti
aderenti
alle
associazioni
firmatarie.
Tuttavia,
negli
anni,
ad
opera
tanto
della
giurisprudenza
quanto
del
legislatore,
lambito
di
applicazione
del
contratto
collettivo
stato
esteso
anche
a
coloro
non
iscritti
ad
alcun
sindacato
o
associazione
di
imprenditori.
Anzitutto
la
Cassazione
ha
stabilito
che
il
datore
di
lavoro,
aderente
ad
unassociazione
firmataria
di
un
contratto
collettivo,
deve
obbligatoriamente
applicare
le
condizioni
di
tale
accordo
a
tutti
i
contratti
individuali,
non
potendo
attuare
una
discriminazione
tra
lavoratori
iscritti
ai
sindacati
e
lavorato
non
iscritti.
Il
problema,
invece,
si
pone
nel
caso
di
imprenditori
non
aderenti
ad
alcuna
associazione.
Se
limprenditore
che
stipula
il
contratto
individuale
formula
un
richiamo
alla
contrattazione
collettiva
o,
tramite
un
proprio
comportamento
concludente,
preveda
lapplicazione
di
condizioni
previste
dai
contratti
collettivi,
il
problema
non
si
pone,
anche
se
egli
non
aderisce
ad
alcuna
associazione
firmataria
di
contratti
collettivi.
Limprenditore,
per,
potrebbe
tranquillamente,
non
avendo
aderito
ad
alcuna
associazione,
non
dare
attuazione
alle
condizioni
previste
nel
contratto
collettivo
di
categoria.
La
Cassazione,
per,
richiamando
gli
artt.36
della
Costituzione,
inerente
il
diritto
ad
una
retribuzione
proporzionata
al
lavoro
e
sufficiente
per
unesistenza
libera
e
dignitosa,
e
2099
c.c.
comma
2,
inerente
la
determinazione
della
retribuzione
da
parte
del
giudice
secondo
equit
in
mancanza
di
accordo
tra
le
parti,
ha
previsto
che
qualora
limprenditore
fissi
31
una
retribuzione
che
non
rispetti
lart.36
Cost.,
essa
non
pu
ritenersi
valida
ed
il
giudice
chiamato
a
stabilirla
secondo
equit,
dovr
rifarsi
quasi
obbligatoriamente
alla
contrattazione
collettiva.
Lestensione
dellefficacia
soggettiva
nella
legislazione
Anche
il
legislatore,
al
pari
della
giurisprudenza,
si
preoccupato
di
estendere
lefficacia
soggettiva
del
contratto
collettivo,
affinch
esso
possa
regolare
lintero
mercato
del
lavoro.
Un
intervento
diretto
del
legislatore,
tuttavia,
sarebbe
inammissibile,
in
quanto
risulterebbe
lesivo
dellunica
procedura
per
ottenere
una
funzione
di
tal
tipo
del
contratto
collettivo,
quella
prevista
dallart.39
Cost.
Il
legislatore,
quindi,
ha
dovuto
muoversi
diversamente,
anzitutto
prevedendo,
allinterno
dellart.36
dello
Statuto,
che
le
amministrazioni
e
gli
enti
pubblici,
allinterno
di
provvedimenti
di
concessione
di
agevolazioni
e
benefici
finanziari
e
creditizi
a
favore
di
imprenditori
e
nei
capitolati
dappalto
di
opere
pubbliche,
debbano
obbligatoriamente
prevedere
una
clausola
che
imponga
allimprenditore
o
allappaltatore
di
applicare,
nei
confronti
dei
propri
lavoratori,
condizioni
normative
ed
economiche
non
inferiori
a
quelle
previste
dai
contratti
collettivi.
In
tal
modo
potranno
beneficiare
dei
benefici
di
cui
sopra
solo
coloro
che
si
attengano
alla
contrattazione
collettiva
e
qualora
ci
non
avvenga,
un
provvedimento
della
pubblica
amministrazione
revocher
i
benefici
e,
nei
casi
pi
gravi,
escluder
il
responsabile
da
agevolazioni
ed
appalti
per
un
periodo
di
tempo
fino
a
5
anni.
Il
legislatore,
inoltre,
allinterno
del
D.Lgs.163/2006
in
materia
di
contratti
pubblici
di
lavori,
servizi
e
forniture,
ha
previsto
che
limprenditore
che
stipuli
contratti
di
tal
tipo
con
la
pubblica
amministrazione,
sia
tenuto
ad
osservare
il
trattamento
economico
e
normativo,
nei
confronti
dei
propri
dipendenti,
previsto
dalla
contrattazione
collettiva.
Egli
risulta,
tra
laltro,
responsabile
in
solido
con
i
sub-appaltatori
qualora
essi
non
si
attengano
a
tale
previsione.
Mentre,
quindi,
con
lart.36
dello
Statuto
viene
posto
un
obbligo
a
carico
della
pubblica
amministrazione
di
inserire
una
clausola,
in
questo
caso
lo
stesso
imprenditore
che
deve
attenersi
al
rispetto
del
contratto
collettivo.
La
Corte
di
Giustizia
dellUnione
Europea
ha,
per,
espresso
parere
negativo
nei
confronti
di
una
legge
simile
allinterno
dello
Stato
tedesco:
la
Corte
ha
precisato
che,
in
tal
caso,
ci
sarebbe
una
violazione
delle
norme
in
tema
di
libera
circolazione
di
servizi,
in
quanto
unimpresa
di
uno
Stato
membro
non
potrebbe
applicare,
ai
propri
lavoratori,
le
condizioni
economiche
e
normative
di
maggior
favore
del
proprio
Paese
dorigine,
ritrovandosi
cos
a
dover
applicare
le
condizioni
del
contratto
collettivo.
In
realt
sia
la
dottrina,
quanto
il
PE,
si
sono
opposti
a
tale
pronuncia
giudiziale:
va
sottolineato
come,
se
si
dovesse
osservare
la
previsione
della
Corte,
si
andrebbe
incontro
ad
un
regime
discriminatorio,
in
quanto
limpresa
dello
Stato
membro
si
troverebbe
ad
osservare
le
condizioni
del
contratto
collettivo,
mentre
limpresa
di
uno
Stato
diverso
potrebbe
continuare
ad
applicare
una
normativa
maggiormente
favorevole.
Le
altre
funzioni,
in
particolare
quella
obbligatoria
Abbiamo
visto
come
causa
principale
del
contratto
collettivo
sia
quella
NORMATIVA,
ossia
quella
che
mira
allimposizione
di
condizioni
economiche
e
normative
minime,
le
quali
devono
essere
osservate
dai
contratti
individuali.
Ma
non
si
pu
dire
che
la
funzione
normativa
sia
lunica
del
contratto
collettivo:
esso,
molto
spesso,
instaura
rapporti
obbligatori
che
non
fanno
capo
alle
parti
del
contratto
individuale,
bens
ai
soggetti
collettivi.
Ecco,
quindi,
che
il
contratto
collettivo
assume
unaltra
funzione,
quella
OBBLIGATORIA:
il
caso
del
rinvio
da
un
livello
contrattuale
ad
un
altro
per
la
negoziazione
di
determinati
istituti.
Mentre
i
32
problemi
inerenti
la
funzione
normativa
riguardano
solo
il
rapporto
tra
contratto
collettivo
e
contratto
individuale,
linadempimento
delle
clausole
obbligatorie
comporta
una
responsabilit
dei
soggetti
collettivi
(per
esempio
la
responsabilit
dellassociazione
sindacale
a
livello
provinciale,
cui
era
stato
deferito
un
compito,
poi
non
assolto).
Non
rare,
recentemente,
sono
anche
le
clausole
del
contratto
collettivo
che
prevedono
listituzione
di
enti
bilaterali
per
la
gestione
di
alcuni
istituti
contrattuali
(es.
Casse
edili):
si
parla
in
tal
caso
di
funzione
ISTITUZIONALE.
Quando,
invece,
laccordo
sindacale
va
a
risolvere
un
singolo
problema
di
gestione
aziendale,
si
parla
di
funzione
GESTIONALE.
In
sintesi,
il
contratto
collettivo
non
pu
e
non
deve
avere
solo
una
funzione
normativa.
Il
dovere
di
pace
sindacale
ed
il
dovere
di
influenza
Laccordo
interconfederale
tra
Confindustria
e
Cgil,
Cisl
e
Uil
del
15
aprile
2009,
inerente
lattuazione
dellAccordo
quadro
sulla
riforma
degli
assetti
contrattuali
del
22
gennaio
2009,
ha
introdotto
un
obbligo
di
pace
sindacale,
il
quale
prevede
che,
nei
sei
mesi
precedenti
la
scadenza
del
contratto
nazionale
e
nel
mese
successivo,
le
parti
non
assumano
iniziative
unilaterali,
n
diano
luogo
ad
azioni
dirette.
Questo
vuol
dire
che,
con
la
conclusione
del
contratto
collettivo,
le
parti
si
obbligano,
solo
e
solamente
per
le
materie
concernenti
il
contratto
in
discorso,
ad
attuare
una
tregua,
ossia
a
far
cessare
lo
stato
di
conflitto.
Ovviamente
tale
stato
potrebbe
ripristinarsi
per
una
diversa
ragione.
Va
sottolineato
come
gli
effetti
delle
clausole
di
tregua
si
ripercuotano
solo
sulle
parti
stipulanti,
ossia
sui
sindacati
e
sulle
associazioni
degli
imprenditori,
e
non
direttamente
sui
lavoratori,
che
conservano
tutti
i
diritti
a
loro
concessi,
ivi
incluso
quello
di
sciopero.
Tali
clausole,
quindi,
hanno
un
effetto
obbligatorio
ed
in
alcun
modo
normativo.
Altro
dovere
concernente
la
stipula
di
un
contratto
collettivo
quello
di
influenza:
le
parti
firmatarie
devono
fare
in
modo
che
i
propri
associati
applichino
il
contratto,
senza
discostarsene
in
alcun
modo.
La
c.d.
procedimentalizzazione
dei
poteri
dellimprenditore
ed
il
contratto
gestionale
Abbiamo
gi
detto
che
clausole
contrattuali
di
natura
obbligatoria
(che
fanno
nascere
un
diritto
in
capo
alle
parti
firmatarie)
possono
condurre
alla
conclusione
di
un
contratto
collettivo
gestionale,
ossia
di
un
contratto
che
miri
a
risolvere
un
problema
di
gestione
aziendale
(es.
licenziamenti
o
momentanea
crisi).
Non
abbiamo,
per,
visto
in
che
modo
tali
clausole
possano
comportare
la
conclusione
di
un
contratto
gestionale.
Lapposizione
di
clausole
di
natura
obbligatoria
pu
comportare
lobbligo,
per
limprenditore,
di
consultare
le
rappresentanze
sindacali
prima
di
prendere
un
provvedimento
con
il
quale
eserciter
il
proprio
potere
di
gestione:
egli
non
solo
ha
lobbligo
di
informazione
nei
confronti
dei
sindacati,
ma
deve
anche,
su
richiesta
degli
stessi,
accettare
un
incontro
per
esaminare
il
problema:
durante
tutto
il
periodo
di
esame
da
parte
dellimprenditore
e
dei
sindacati,
il
potere
del
datore
di
lavoro
sospeso,
ma
qualora
non
si
dovesse
raggiungere
un
accordo,
esso
ritorner
integro
e
limprenditore
potr
benissimo
esercitarlo.
Latto,
dunque,
risulta
illegittimo
solo
se
non
vengono
rispettati
gli
obblighi
previsti
dai
contratti
collettivi
o
dalla
33
legge,
ma
risulta
pienamente
valido
se
esercitato
dopo
lespletamento
di
tutti
i
doveri.
Quindi
non
detto
che
sempre
si
giunga
alla
conclusione
di
un
contratto
gestionale
con
cui
risolvere
il
problema.
La
complicazione
del
processo
decisionale
dellimprenditore,
per
far
si
che
i
sindacati
possano
intervenire
prima
che
un
atto
del
potere
gestionale
venga
posto
in
essere,
prende
il
nome
di
procedimentalizzazione
del
potere
imprenditoriale.
Lefficacia
soggettiva
del
contratto
gestionale
Quindi
il
contratto
azienda
pu
avere
anche
una
funzione
gestionale,
ossia
con
esso
pu
essere
concordato
un
provvedimento
di
gestione
del
personale
che
vada
a
risolvere
un
problema
dellazienda,
o
quanto
meno
ad
attenuarlo.
Tale
tipo
di
contratto
(quello
gestionale)
non
comporta,
il
pi
delle
volte,
benefici
per
i
lavoratori,
ma
solo
sacrifici
(es.
riduzione
dellorario
lavorativo
e
della
retribuzione
pur
di
non
andare
incontro
ai
licenziamenti),
derogando
molto
spesso
a
quanto
previsto
dai
contratti
collettivi:
in
tal
caso
il
contratto
collettivo
non
ripercuote
i
propri
effetti
su
quelli
individuali.
N.B.
a
mio
parere
non
molto
chiaro
il
paragrafo
o,
causa
febbre,
possibile
che
sia
io
a
non
averlo
ben
compreso.
Mi
scuso
con
i
colleghi
studenti.
Contratti
collettivi
espressamente
previsti
dalla
legge
La
disciplina
del
contratto
collettivo
assume
rilevanza
giuridica
in
forza
dellart.1322
c.c.
inerente
lautonomia
contrattuale
delle
parti.
Diversamente
rilevanza
giuridica
pu
essere
riconosciuta
dalla
stessa
legge.
In
molti
casi,
infatti,
il
legislatore,
nel
disciplinare
la
materia
del
lavoro,
pu
prevedere
espressamente
un
rinvio
ai
contratti
collettivi
per
ci
che
concerne
deroghe,
sostituzioni
o
integrazioni
della
disciplina
legislativa
emanata,
o
addirittura
prevedere
che
i
datori
di
lavoro
possa
usufruire
di
taluni
istituti
o
rapporti,
solo
laddove
raggiunga
un
accordo
con
le
organizzazione
sindacali
(funzione
autorizzatoria
della
contrattazione
collettiva).
Un
esempio
lo
ritroviamo
in
tema
di
orario
lavorativo,
il
quale
non
pu
superare
le
40
ore
settimanali,
salvo
che
i
CONTRATTI
COLLETTIVI
NON
PREVEDANO
che
tale
quantit
sia
una
media
di
pi
settimane.
Ecco
quindi
che
il
legislatore
prima
fissa
la
norma
e
poi
ne
permette
la
deroga.
Ovviamente
tale
potere
spetta
solo
ai
sindacati
maggiormente
rappresentativi,
e
ci
non
viola
lart.39
Cost,
n
tanto
meno
il
principio
di
eguaglianza
di
cui
allart.3
Cost.,
perch,
come
abbiamo
visto
in
precedenza,
il
legislatore
attribuisce
maggior
poteri
alle
organizzazione
sindacali
pi
rappresentative,
ma
non
lede
in
alcun
modo
la
libert
sindacale
delle
organizzazioni
minori.
Quando
la
legge
rinvia
al
contratto
collettivo
per
la
deroga
di
una
determinata
fattispecie,
si
pu
parlare
di
RINVIO
PROPRIO;
quando,
invece,
il
legislatore
si
astiene
totalmente
dal
disciplinare
una
fattispecie,
rimettendola
alle
decisioni
della
contrattazione
collettiva,
si
parla
di
RINVIO
IMPROPRIO:
in
realt,
imprenditori
e
sindacati,
in
forza
della
stessa
libert
di
contrattazione
collettiva,
potrebbero
accordarsi
sulla
materia,
anche
in
assenza
di
unautorizzazione
del
legislatore.
Va
detto,
per,
che
tale
potere
deve
essere
garantito
a
tutte
le
organizzazioni
sindacali,
anche
a
quelle
minori,
perch
qualora
fosse
garantito
solo
a
quelle
pi
rappresentative,
tale
attribuzione
sarebbe
incostituzionale,
violando
la
libert
sindacale
di
porre
in
essere
una
contrattazione.
34
Evoluzione
della
contrattazione
collettiva.
Dal
dopoguerra
ai
primi
anni
60:
la
contrattazione
articolata
Dopo
la
caduta
del
sistema
corporativo,
sappiamo
bene
che
venne
ristabilita
la
libert
sindacale,
che
operava,
inizialmente,
tramite
una
struttura
contrattuale
del
tutto
centralizzata:
essa
tendeva,
pi
che
altro,
a
fissare
i
trattamenti
minimi
ed
essenziali
a
livello
economico
e
normativo
dei
rapporti
di
lavoro.
Si
trattava,
appena
il
caso
di
dirlo,
di
una
contrattazione
meramente
interconfederale,
che
dur
fino
allinizio
degli
anni
60,
quando
il
contratto
nazionale
di
categoria
inizi
a
diventare,
grazie
anche
al
boom
economico,
il
perno
centrale
della
contrattazione
collettiva.
Tuttavia
rimaneva
un
po
isolata
la
contrattazione
a
livello
aziendale,
attuata
dalle
sole
commissioni
interne.
Il
livello
aziendale
venne
del
tutto
riconosciuto
allinterno
di
un
apposito
Protocollo
del
5
luglio
1962,
firmato
dalle
federazioni
di
categoria
dei
metalmeccanici,
dallIntersind
e
dallAsap
(associazioni
che
rappresentavano
aziende
a
partecipazione
statale),
che
diede
luogo
alla
c.d.
contrattazione
articolata,
fondata
su
una
struttura
contrattuale
composta
da
3
livelli,
quello
nazionale
di
categoria,
quello
di
settore
e
quello
aziendale.
Il
contratto
nazionale
di
categoria
avrebbe
dovuto
fissare
le
materie
e
gli
istituti
di
competenza
dei
livelli
inferiori,
tramite
apposite
clausole
di
rinvio;
il
secondo
livello,
quello
inerente
il
settore,
non
venne
mai
applicato;
il
terzo
livello,
quello
aziendale,
era
rappresentato
dal
sindacato
provinciale
di
categoria,
e
non
pi
dai
lavoratori
interni
dellazienda.
Il
riconoscimento
del
livello
azienda
comport
laccettazione
delle
c.d.
clausole
di
tregua,
per
tenere
a
bada
gli
imprenditori
ed
accontentarli.
Il
ciclo
1968-1973
e
la
contrattazione
non
vincolata
Nel
1967,
sulla
spinta
del
movimento
operaio,
si
avvi
un
nuovo
ciclo
contrattuale:
i
lavoratori
avevano
bisogno
di
rappresentanze
aziendali
in
grado
di
tener
conto
della
propria
situazione
a
livello
specifico
e
di
migliorarla.
Nascevano
rivendicazioni
contrattuali
del
tutto
nuove,
quali
la
parificazione
normativa
tra
operai
ed
impiegati,
la
riduzione
dellorario
e
dello
straordinario.
Nel
contratto
nazionale
metalmeccanico
del
1969
non
si
riusc
a
raggiungere
alcun
accordo
in
merito
alle
competenze
della
contrattazione
aziendale,
e
ci
fece
venire
meno
il
sistema
della
contrattazione
articolata,
permettendo
lintroduzione
della
contrattazione
NON
VINCOLATA,
nella
quale
i
due
livelli,
aziendale
e
nazionale
di
categoria,
avrebbero
goduto
di
autonomia.
La
contrattazione
aziendale
divenne,
quindi,
del
tutto
assestante,
fungendo
nella
maggior
parte
dei
casi
da
locomotiva
di
quella
nazionale
ed
eliminando,
per
molti
anni,
il
livello
interconfederale.
Le
nuove
rappresentanze
aziendali,
costituite
dai
delegati
e
dai
consigli
di
fabbrica,
introducevano
allinterno
delle
grandi
imprese
una
sempre
crescente
tutela
del
lavoratore;
spettava,
poi,
alla
contrattazione
nazionale
estendere
tali
conquiste
a
tutti
i
settori
ed
a
tutte
le
imprese.
Si
attu,
in
poche
parole,
un
sistema
bipolare,
in
cui
la
contrattazione
aziendale
e
quella
nazionale
godevano
di
una
propria
indipendenza.
Si
tocc
il
punto
massimo
di
decentramento
contrattuale.
Gli
anni
dal
1975
al
1990:
ricentralizzazione
e
nuovo
decentramento
La
crisi
petrolifera
dei
primi
anni
70
coinvolse
lintera
economia
mondiale,
riversandosi
soprattutto
sulloccupazione
e
pretendendo
dei
profondo
mutamenti
tecnologici
ed
organizzativi
del
sistema
produttivo.
La
politica
sindacale
divenne
politica
di
mantenimento
delloccupazione
e
la
crisi
in
atto
comport
una
nuova
centralizzazione
della
contrattazione
collettiva
e
della
struttura
contrattuale.
Il
livello
interconfederale
divenne
nuovamente
lattore
principale
degli
accordi
contrattuali,
gettando
nellombra,
per
un
periodo
consistente,
sia
la
contrattazione
nazionale
di
categoria,
sia
quella
aziendale.
Il
Protocollo
36
del
22
gennaio
1983,
che
introdusse
la
c.d.
contrattazione
triangolare
(Stato,
sindacati
ed
imprese),
introdusse
il
principio
di
non
ripetibilit
della
contrattazione
aziendale,
il
quale
impediva
a
questultima
una
contrattazione
su
materie
gi
regolate
ad
altri
livelli.
Solo
nella
seconda
met
degli
anni
80
fu
possibile
favorire
nuovamente
il
decentramento
contrattuale,
in
quanto
la
necessit
di
reggere
la
concorrenza
internazionale
port
ad
una
forte
flessibilit
organizzativa
e
ad
una
riduzione
della
rigidit
nella
regolazione
dei
rapporti
di
lavori
(deregulation).
Il
Protocollo
23
luglio
1993
e
la
riforma
della
struttura
contrattuale
Allinizio
degli
anno
90
sono
stati
stipulati
due
accordi
di
fondamentale
importanza
tra
il
Governo
e
le
parti
sociali
(accordi
triangolari):
quello
del
31
luglio
1992,
che
ha
abolito
la
c.d.
scala
mobile
introdotto
da
un
accordo
interconfederale
del
1975
e
che
prevedeva
lindicizzazione
dei
salari
al
costo
della
vita,
e
quello
del
23
luglio
1993,
il
quale
ha
ridisegnato
completamente
la
struttura
contrattuale
e
previsto
una
nuova
politica
dei
redditi
e
delloccupazione
(per
la
sua
importanza
stato
definito
come
la
carta
costituzionale
delle
relazioni
industriali).
Ci
occupiamo,
in
questo
capitolo,
delle
sole
innovazioni
a
livello
di
struttura
contrattuale
introdotte
dal
secondo
dei
due
Protocolli
citati.
Nel
Protocollo
del
1993
vennero
confermati
i
due
livelli
di
contrattazione,
quello
nazionale
offerto
dai
contratti
di
categoria
e
quello
aziendale/territoriale.
La
durata
dei
contratti
venne
prolungata
da
3
a
4
anni
sotto
il
profilo
normativo,
ma
venne
previsto
un
adeguamento
biennale
per
la
parte
retributiva:
venendo
meno
il
sistema
della
scala
mobile,
infatti,
occorreva,
ogni
due
anni,
adeguare
le
retribuzioni
allinflazione
programmata
per
il
biennio
successivo
ed
a
quella
passata,
qualora
non
fosse
stata
in
linea
con
le
previsioni
del
precedente
adeguamento.
Alla
contrattazione
decentrata,
alla
quale
era
imposta
la
clausola
di
non
ripetibilit,
venne
riconosciuto
un
compito
di
integrazione
delle
retribuzioni:
essa
avrebbe
dovuto
prevedere
i
c.d.
premi
di
risultato,
in
base
ai
quali
laumento
delle
retribuzioni
sarebbe
dipeso
dai
miglioramenti
della
produttivit.
Era
comunque
il
contratto
nazionale
di
categoria
ad
occuparsi
della
ripartizione
delle
competenze
tramite
le
gi
citate
clausole
di
rinvio.
Vennero,
per,
previste
due
ulteriori
clausole:
la
prima
prevedeva
che,
ai
sindacati
firmatari
del
contratto
nazionale
di
categoria,
spettassero
un
terzo
dei
componenti
delle
RSU;
la
seconda
attribuiva
il
potere
di
contrattazione
aziendale
alle
RSU
e,
contemporaneamente,
alle
strutture
territoriali
dei
sindacati
firmata
del
contratto
nazionale
di
categoria.
Quindi,
se
da
un
lato
la
contrattazione
decentrata
si
trovava
in
una
posizione
gerarchicamente
inferiore
alla
contrattazione
nazionale,
in
quanto
era
questultima
ad
attribuirle
delle
competenze,
da
un
altro
punto
di
vista
la
contrattazione
decentrata
assumeva
una
propria
autonomia
di
competenza
su
determinati
punti
e
materie:
si
trattava
del
modello
di
struttura
contrattuale
fondato
sul
decentramento
controllato
e
coordinato
della
contrattazione
collettiva.
Per
snellire
il
procedimento
di
rinnovo
dei
contratti,
inoltre,
venne
previsto
che,
nei
3
mesi
precedenti
la
scadenza
del
contratto
e
fino
ad
un
mese
dopo,
il
sindacato
non
potesse
proclamare
uno
sciopero
e
che,
qualora
ci
fosse
stato
qualche
ritardo,
sarebbe
stata
prevista
unindennit
di
vacanza
contrattuale
a
favore
dei
lavoratori.
37
In
realt
la
nuova
struttura
contrattuale
mostr
da
subito
qualche
lacuna
in
merito
al
ruolo
della
contrattazione
aziendale/territoriale:
solo
nelle
medie-grandi
imprese
si
ottenevano
degli
aumenti
delle
retribuzioni
come
premi
di
risultato,
mentre
nelle
piccole
e
piccolissime
imprese,
che
comprendevano
la
maggior
parte
dei
lavoratori
italiani,
tale
sistema
non
riceveva
applicazione,
per
lassenza
o
la
scarsa
forza
delle
rappresentanze
sindacali.
Accordo
quadro
del
22
gennaio
2009
Ricapitoliamo
le
lacune
del
sistema
previsto
dal
Protocollo
del
1993:
i
contratti
non
venivano
rinnovati
secondo
le
scadenze
e
molto
spesso
il
tasso
di
inflazione
programmata
risultava
molto
distante
dalla
reale
inflazione;
la
contrattazione
decentrata
era
limitata
alle
sole
grandi
o
al
massimo
medie
imprese,
mentre
risultava
assente
o
impotente
nelle
piccole
imprese,
di
fatto
comportando
unassenza
anche
del
premio
di
risultato
e,
di
conseguenza,
un
mancato
adeguamento
delle
retribuzioni.
Questi
motivi
hanno
condotto
ad
un
nuovo
negoziato
sulle
regole
di
contrattazione
collettiva,
costituito
dallAccordo
quadro
del
22
gennaio
2009,
inerente
la
riforma
degli
assetti
contrattuali
e
non
firmato
dalla
Cgil
(si
tratta
di
un
accordo
separato):
con
tale
accordo
si
sperimenter,
per
un
periodo
di
4
anni,
un
nuovo
modello
contrattuale
comune
al
settore
privato
ed
a
quello
pubblico,
sebbene
con
qualche
differenza.
La
durata
dei
contratti
viene
riportata
a
3
anni,
ma
permangono
i
due
livelli
di
contrattazione,
nazionale
di
categoria
ed
aziendale/territoriale,
con
la
previsione
da
parte
di
quello
nazionale
delle
competenze
di
quelli
territoriali.
Tra
laltro
la
clausola
di
ripetibilit
viene
estesa
alla
totalit
degli
istituti
e
non
solo
a
quelli
retributivi,
come
avveniva
in
precedenza.
Per
ci
che
concerne
le
retribuzioni,
si
abbandona
il
tasso
di
inflazione
programmata
come
indicatore
di
crescita
dei
prezzi
al
consumo,
e
si
prende
in
considerazione
un
nuovo
indice
previsionale,
stabilito
da
un
soggetto
terzo
ed
estraneo
alle
parti
sociali,
costruito
sulla
base
dellIPCA
(indice
prezzi
al
consumo
armonizzato
in
ambito
europeo
per
lItalia).
Tale
IPCA,
per
le
amministrazioni
pubbliche,
assume
il
ruolo
di
mero
parametro
di
riferimento.
Vengono
confermati
i
premi
di
risultato
o
per
obiettivi,
previsti
dai
contratti
decentrati,
ma
viene
previsto
che
la
contrattazione
nazionale
definisca
lelemento
economico
di
garanzia,
una
somma
che
le
aziende
devono
erogare
in
mancanza
della
previsione
di
un
premio
di
risultato.
Alla
contrattazione
decentrata
viene
concesso
il
potere
di
derogare
in
pejus
la
disciplina
economica
e
normativa
prevista
dai
contratti
nazionali,
qualora
ci
sia
necessario
per
fronteggiare
situazioni
di
crisi
territoriali
o
aziendali
(clausole
di
uscita
o
di
apertura).
Il
processo
di
stipulazione
e
di
rinnovo
del
contratto
collettivo
Compito
della
contrattazione
nazionale
di
categoria
e
di
quella
decentrata
il
rinnovo
dei
contratti
collettivi,
per
tale
intendendosi
la
stipulazione
di
un
nuovo
contratto
che
aggiorni
la
disciplina
del
precedente.
Le
trattative
tra
le
parti
sociali
(da
un
lato
i
sindacati
e
dallaltro
gli
imprenditori
o
le
associazioni
di
imprenditori)
iniziano
qualche
mese
prima
della
scadenza
del
contratto:
le
organizzazioni
sindacali
presentano
la
c.d.
piattaforma
rivendicativa,
in
cui
sono
contenute
le
richieste
di
modifica
del
contratto
in
scadenza
e
la
quale
stata
approvata
da
varie
assemblee
sindacali.
Qualora
le
trattative
si
prolunghino
oltre
il
periodo
di
tregua
sindacale,
le
organizzazioni
sindacali
possono
proclamare
degli
38
scioperi
ed
in
base
alla
partecipazione
dei
lavoratori
agli
stessi,
si
potr
constatare
la
necessit
di
accettare
le
rivendicazioni
dei
sindacati
(qualora
laffluenza
di
lavoratori
sia
stata
consistente)
o
la
necessit
di
ridurre
le
pretese
sindacali.
Se
il
conflitto
degenera
e
diventa
particolarmente
aspro,
possono
intervenire
al
tavolo
delle
trattative
componenti
del
Governo
(il
ministro
del
lavoro
o
quello
competente
in
materia)
o
componenti
degli
enti
territoriali,
qualora
si
tratti
di
contrattazione
decentrata.
Una
volta
raggiunto
laccordo
tra
le
parti,
lo
stesso
viene
sottoposto
allapprovazione
dei
lavoratori
tramite
assemblee
o,
addirittura,
referendum
(democrazia
di
ratifica),
almeno
che
non
si
tratti
di
accordo
separato,
a
cui
non
hanno
preso
parte
tutte
e
tre
le
confederazioni.
Pu
capitare,
talune
volte,
che
gli
stessi
sindacati
entrino
in
contrasto
tra
loro,
o
perch
si
dichiarano
rappresentativi
della
medesima
categoria,
o
perch
vi
un
conflitto
di
giurisdizione,
qualora
vi
sia
dissenso
sulla
definizione
dellambito
del
contratto:
in
tal
caso
il
conflitto
andr
risolto
o
tramite
un
accordo
tra
i
sindacati,
o
tramite
il
riconoscimento,
da
parte
degli
imprenditori,
della
reale
controparte
contrattuale,
perch
pi
forte
in
termini
di
rappresentativit.
Qualora
sia
stato
concluso,
tra
laltro,
un
contratto
collettivo
separato,
a
cui
quindi
non
tutte
le
confederazioni
hanno
preso
parte,
la
confederazione
esclusa
potr
decidere
di
aderirvi
in
un
secondo
momento:
ma
si
tratter
di
un
contratto
per
adesione,
in
quanto
non
potr
essere
apportata
alcuna
modifica
allaccordo.
SEZIONE
B:
RAPPORTI
TRA
I
CONTRATTI
COLLETTIVI
Premessa
Un
rapporto
di
lavoro,
oltre
ad
essere
regolato
da
norme
di
legge
e
dal
contratto
individuale
,
come
abbiamo
avuto
modo
di
capire,
regolato
anche
dai
contratti
collettivi,
di
natura
e
di
livello
diversi
tra
loro.
Inoltre,
come
abbiamo
precisato,
i
contratti
collettivi
hanno
una
propria
scadenza,
al
verificarsi
della
quale
si
attua
un
rinnovo,
il
che
pu
dar
luogo
a
problemi
di
disciplina
contrattuale,
inerenti
lapplicazione
di
una
disciplina
piuttosto
che
di
unaltra.
Successione
di
contratti
collettivi
nel
tempo
Analizziamo
il
problema
della
successione
dei
contratti
collettivi.
Esso
non
si
pone
nel
caso
in
cui
il
contratto
collettivo
di
rinnovo
vada
solo
e
solamente
a
migliorare
la
disciplina
del
precedente.
Diversamente
pu
capitare
che
il
nuovo
contratto
collettivo
detti
una
disciplina
pi
severa,
restrittiva
o
sfavorevole
per
il
lavoratore
ed
in
tal
caso
si
pone
il
problema
di
capire
se
il
lavoratore
abbia
diritto
allapplicazione
dei
diritti
sanciti
nel
precedente
contratto,
oppure
debba
attenersi
alla
disciplina
del
nuovo
contratto
collettivo.
Anzitutto
precisiamo
che
per
i
contratti
collettivi
non
trova
applicazione
la
disciplina
dellart.2077
c.c.,
in
quanto
essa
inerisce
allimmodificabilit
in
pejus
dei
contratti
individuali
rispetto
alle
previsioni
dei
contratti
collettivi,
ma
non
centra
nulla
con
i
rapporti
tra
contratti
collettivi.
Una
tesi
assai
diffusa
quella
dellincorporazione
delle
clausole
del
contratto
collettivo
allinterno
del
contratto
individuale:
il
nuovo
contratto
collettivo
non
pu
modificare
in
peggio
i
contratti
individuali
gi
39
posti in essere, ma solo quelli successivi alla propria stipulazione. In realt la precedente disciplina prevale se e solo se ne siano fonte disposizione inderogabili di legge, perch se lunica fonte il contratto collettivo precedente, la nuova disciplina dovr obbligatoriamente prevalere. Neanche la teoria dei diritti quesiti aiuta in tal senso: sono intangibili i diritti del lavoratore entrati nel patrimonio di questultimo, questo un dato certo. Non altrettanto certo e vero che le semplici normative collettive pi favorevoli siano da considerarsi durevoli nel tempo. Il libro, seppur in maniera confusionaria, porta lesempio delle maggiorazioni per il lavoro straordinario: il lavoratore ha diritto a percepire tali maggiorazioni per il lavoro gi svolto, e questo ovvio essendo un suo diritto quesito; non ha altrettanto diritto al mantenimento di tale maggiorazione anche nel contratto collettivo successivo, che ben potr prevedere una riduzione. Lefficacia nel tempo del contratto collettivo Qualora un contratto collettivo sia scaduto e non si sia provveduto allimmediato rinnovo, vi un periodo di vacanza contrattuale. Sebbene sia il Protocollo del 1993, sia lAccordo quadro del 2009 abbiano previsto una copertura economica per far fronte a tale periodo, ci non impedisce che ci siano ritardi. Quindi nel periodo di vacanza contrattuale, il datore di lavoro potrebbe applicare una disciplina peggiorativa rispetto ai trattamenti minimi, senza ovviamente intaccare i diritti acquisiti (o quesiti) del lavoratore. Una parte della dottrina sostiene lultrattivit del contratto collettivo, secondo cui questultimo opererebbe sino alla stipulazione del nuovo contratto: tale ultrattivit prevista dallart.2074 c.c., ma solo per i contratti corporativi e non per il contratto collettivo di diritto comune. Quindi tale ultrattivit pu operare solo qualora disposta allinterno degli specifici contratti collettivi, ma non in altri casi. Per ci che concerne, poi, la retroattivit delle clausole dei nuovi contratti collettivi, essa possibile, tra laltro anche qualora sia peggiorativa dei trattamenti minimi, senza per intaccare i diritti quesiti del lavoratore. Il concorso-conflitto tra contratti collettivi di diverso livello Un altro problema inerente i rapporti tra i contratti collettivi pu essere determinato dal contrasto tra un contratto collettivo nazionale ed un contratto collettivo territoriale o aziendale, ossia dal contrasto che pu nascere tra contratti collettivi di livelli diversi, per il mancato rispetto delle clausole di rinvio o per mancanza della ripartizione di competenze. Pu capitare, infatti, che i diversi contratti vadano a disciplinare la medesima materia. In tal caso bisogna individuare quale debba prevalere ed in che modo. Anzitutto tale contrasto non si crea quando la stessa legge a prevedere che la disciplina di un istituto o di una materia debba essere dettata da un contratto nazionale di categoria: in tal caso il contratto decentrato risulter invalido ed inefficace. Non vi contrasto nemmeno nellipotesi in cui il contratto nazionale prevede delle clausole di uscita, ossia clausole che permettono, in determinati e specifici casi, al contratto aziendale/territoriale una deroga rispetto alla disciplina dello stesso contratto nazionale.
40
Il contrasto, invece, esiste qualora non ricorrano i casi di cui sopra. La giurisprudenza degli anni 70 credeva che i conflitti andassero risolti tramite lapplicazione dellart.2077c.c. contenente il principio dellinderogabilit in pejus; in seguito, a partire dagli anni 80, la stessa giurisprudenza ha previsto che dovesse prevalere il contratto posteriore nel tempo, fosse esso di livello superiore o inferiore, migliorativo o peggiorativo, fatti salvi i diritti quesiti dal lavoratore. Per risolvere il problema del conflitto di regolazione ( questo il nome dei conflitti tra contratti di diverso livello) venne elaborata anche una teoria dottrinale: avrebbe dovuto prevalere il contratto pi speciale, ossia quello pi vicino alla situazione da regolare. Ci sarebbe stato possibile, per, solo nel caso di contratto decentrato stipulato dalle medesime organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale, perch solo in tal caso il contratto decentrato avrebbe assunto il carattere di specialit. A partire dal Protocollo del 1993, tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che la generalizzazione delle clausole di rinvio e la previsione di una clausola di non ripetibilit, renda invalido il contratto decentrato contenente disposizioni in contrasto con quello nazionale di categoria. In realt una parte consistente della dottrina non riconosce una tale efficacia reale alle clausole di rinvio, il che comporterebbe la piena validit del contratto decentrato. Inoltre va tenuto conto della mancata partecipazione della Cgil allAccordo quadro del 2009, il che comporta che la suddetta confederazione rimane ancora alle previsioni del Protocollo del 1993: non trattandosi, quindi, di una disciplina unitariamente condivisa, quella del 2009 non pu considerarsi come definitivo criterio di giudizio del conflitto-concorso tra contratti collettivi di diverso livello. SEZIONE C: LA CONTRATTAZIONE E LA LEGGE Linderogabilit unilaterale della legge La regolamentazione del rapporto di lavoro, oltre a dipendere dai contratti individuali e collettivi, i cui rapporti sono gi stati descritti, dipende anche, e soprattutto, dalle norme di legge. Esse si rapportano alla contrattazione collettiva ponendosi in una linea gerarchicamente superiore, cosicch, in linea generale, i contratti collettivi non potranno mai prevedere una disciplina pi sfavorevole per il lavoratore rispetto a quella fissata dalla legge. In sostanza, nellottica del favor per il lavoratore e dellinderogabilit in pejus, la clausola contrattuale peggiorativa delle condizioni poste dalla legge, risulta nulla. Talune volte, per, il legislatore ha fatto in modo che ci fosse una deroga a tale principio, prevedendo o che il contratto collettivo potesse integrare, sostituire o derogare in pejus quanto stabilito dalla stessa legge, o fissando dei tetti oltre i quali non poter disporre trattamenti migliorativi (inderogabilit in melius). Rinvii legali alla contrattazione collettiva Qualora il legislatore assicuri alla contrattazione collettiva la possibilit di integrare, sostituire o derogare in pejus quanto dalla legge stabilito, si parla di garantismo collettivo, attuato: O garantendo alla contrattazione collettiva la possibilit di derogare ad una norma di legge;
41
O
permettendo
ad
una
norma
suppletiva
di
legge
di
operare
solo
in
caso
di
mancanza
dellaccordo
collettivo;
O
permettendo
alla
contrattazione
collettiva
di
integrare
(e
non
derogare)
le
norme
legali;
O
permettendo
alla
contrattazione
collettiva
di
derogare
o
integrare
una
norma
legale,
ma
prevedendo,
in
mancanza
di
un
accordo
collettivo,
che
lintegrazione
venga
disposta
dal
Ministro
del
lavoro
(il
che
in
taluni
casi
pu
anche
disincentivare
il
ricorso
alla
contrattazione
collettiva);
O
permettendo
alla
contrattazione
collettiva
la
regolamentazione
di
una
materia,
prevedendo
che
in
assenza
di
tale
contrattazione
intervenga
unautorit
amministrativa
indipendente
(la
quale,
in
realt,
interviene
anche
per
vigilare
sulla
conformit
delloperato
dei
contratti
collettivi
rispetto
alle
previsioni
legislative);
I
limiti
legali
alla
contrattazione
collettiva
Abbiamo
gi
accennato
che
il
legislatore
ha
il
potere
di
limitare
la
derogabilit
in
melius
della
contrattazione
collettiva.
Una
prima
ipotesi
di
tal
genere
si
ebbe
con
il
D.L.12/1977:
a
quel
tempo
era
in
vigore
il
c.d.
sistema
delle
scale
mobili,
che
prevedevano
lindicizzazione
dei
salari
al
costo
della
vita;
il
legislatore,
con
il
decreto
sopra
citato,
imped
ai
contratti
collettivi
di
utilizzare
le
c.d.
scale
mobili
anomale,
ossia
sistemi
di
indicizzazione
diversi
da
quelli
previsti
per
legge,
recependo
tra
laltro
la
volont
dei
sindacati.
Sul
tema
vennero
subito
richieste
delle
pronunce
della
Corte
costituzionale,
in
quanto
una
limitazione
del
potere
della
contrattazione
collettiva
veniva
configurato,
da
molti,
come
una
limitazione
alla
libert
sindacale
di
cui
allart.39
Cost,
sebbene
il
legislatore
avesse
tramutato
in
legge
proprio
la
volont
dei
sindacati.
La
Corte
respinse
lillegittimit
costituzionale,
ma
senza
chiarire
il
dubbio:
giudic,
infatti,
data
la
mancata
attuazione
dellart.39,
di
non
potersi
pronunciare
a
riguardo.
Tuttavia,
col
tempo,
emerso
che
non
esista
una
riserva
normativa
in
favore
della
contrattazione
collettiva
che
limiti,
di
fatto,
il
potere
del
legislatore
di
intervenire
su
materie
regolate
dai
contratti
collettivi,
sebbene
essi
siano
espressione
del
principio
di
libert
sindacale
espresso
dallart.39
Cost.
Lautore,
e
chiunque
abbia
ben
inteso
la
situazione,
ha
ben
capito
che
la
Corte
sar
chiamata
nuovamente
a
pronunciarsi
su
questioni
simili,
dato
che
il
dubbio
non
stato
risolto
del
tutto.
Molto
spesso
la
legge,
nellultimo
decennio,
ha
previsto
che
alla
contrattazione
collettiva
sia
negata
la
disciplina
di
alcune
materie:
sul
punto
molti
autori
concordano
sullillegittimit
costituzionale
di
una
tale
previsione,
in
quanto
limitativa
della
libert
contrattuale.
42
D.Lgs.165/2001,
modificato
a
sua
volta
anche
di
recente,
in
seguito
allAccordo
quadro
del
22
gennaio
2009
e
della
conseguente
Intesa
del
30
aprile.
Allinterno
del
D.Lgs.
29/1993,
attuativo
della
legge
delega
421/1992,
fu
prevista
la
distinzione
tra
organizzazione
pubblicistica
degli
uffici,
che
rimase
sotto
la
disciplina
del
diritto
pubblico,
e
organizzazione
privatistica
del
lavoro,
assoggettato
per
la
prima
volta
alle
norme
del
lavoro
subordinato
nellimpresa,
incontrando
i
soli
limiti
posti
dallo
stesso
decreto.
Una
disciplina
successiva,
tra
laltro,
previde
che
solo
gli
atti
di
macro-organizzazione
dovessero
essere
disciplinati
dal
diritto
pubblico,
ossia
gli
atti
inerenti
lorganizzazione
degli
uffici,
i
modi
di
conferimento
degli
uffici
di
maggior
rilevanza
e
le
dotazioni
organiche
complessive,
mentre
il
resto
degli
atti,
quelli
di
micro-organizzazione,
sarebbero
stati
ricondotti
sotto
la
disciplina
del
diritto
civile,
senza
atti
amministrativi,
ma
ponendo
in
essere
atti
negoziali
di
natura
privatistica.
In
conclusione
possiamo
dire
che
oggi
il
rapporto
di
pubblico
impiego
un
rapporto
fondato
su
un
contratto
di
diritto
privato,
che
conserva
caratteri
pubblicistici
solo
in
caso
di
deroghe
legali.
La
Corte
costituzionale,
in
pi
occasioni,
ha
specificato
la
legittimit
di
tale
riforma
e
la
conformit
allart.97
della
nostra
Costituzione.
Recentemente
ha,
poi,
chiarito
che
anche
i
rapporti
di
lavoro
con
enti
locali,
quali
le
Regioni,
rientrano
nella
competenza
legislativa
dello
Stato,
in
quanto
soggetti
al
diritto
privato
del
lavoro.
Contrattazione
collettiva
e
lavoro
pubblico
Dopo
la
privatizzazione
del
pubblico
impiego,
gli
accordi
sindacali,
di
cui
avevamo
gi
parlato,
si
sono
trasformati
in
veri
e
propri
contratti
collettivi,
potendo
disciplinare
direttamente
la
materia
del
rapporto
di
lavoro
pubblico,
senza
un
provvedimento
da
parte
della
P.A.,
la
quale
potr
intervenire,
nello
stesso
limite
previsto
per
il
datore
di
lavoro
privato,
solo
nel
momento
in
cui
non
sia
stato
raggiunto
un
accordo
e
senza
poter
corrispondere
trattamenti
economici
superiori
rispetto
a
quelli
previsti
dai
contratti
collettivi.
La
contrattazione
collettiva
stata,
per,
ridimensionata
da
un
recente
intervento
del
legislatore:
il
D.Lgs.150/2009,
noto
come
riforma
Brunetta
ed
attuativo
della
L.15/2009
in
materia
di
ottimizzazione
della
produttivit
del
lavoro
pubblico
e
di
efficienza
e
trasparenza
nelle
pubbliche
amministrazioni,
ha
disciplinato
direttamente
alcuni
aspetti
del
rapporto
di
lavoro
pubblico,
che
appartenevano
alla
competenza
della
contrattazione
collettiva.
Il
processo
di
delegificazione
iniziato
con
la
L.421/1992
si
,
quindi,
interrotto
per
dar
luogo
ad
una
rilegificazione.
E
stato
previsto,
inoltre,
che
i
contratti
collettivi
possano
regolare
diversamente
la
materia
del
rapporto
di
lavoro
pubblico
solo
su
espressa
autorizzazione
della
legge.
Dettagliatamente
sono
stati,
poi,
regolati
i
meccanismi
di
valutazione
dei
dipendenti,
di
incentivazione
della
produttivit
e
della
qualit
delle
prestazioni
lavorative
ai
fini
della
progressione
in
carriera,
nonch
la
responsabilit
disciplinare
del
dipendente.
La
struttura
del
sistema
contrattuale
Abbiamo
gi
avuto
modo
di
specificare
come
la
contrattazione
collettiva
nel
settore
pubblico
non
tragga
la
propria
legittimazione
dal
riconoscimento
dell'autonomia
privata
dellart.1322
c.c.,
bens
dalla
disciplina
contenuta
nel
D.Lgs.165/2001.
44
Perno
principale
del
sistema
contrattuale
il
contratto
nazionale
di
comparto,
paragonabile
nel
settore
privato
al
contratto
nazionale
di
categoria:
i
comparti,
infatti,
sono
settori
omogenei
o
affini
di
amministrazioni
pubbliche
individuati
da
appositi
accordi
tra
le
confederazioni
sindacali
rappresentative
e
lAran
(agenzia
per
la
rappresentanza
negoziale
delle
pubbliche
amministrazioni);
la
legge
stabilisce,
soltanto,
che
i
comparti
non
possano
essere
pi
di
4,
cos
come
4
sono
le
aree
contrattuali
autonome
previste
per
i
dirigenti.
Qualora
sia
necessaria,
tra
laltro,
una
disciplina
uniforme
per
tutti
i
comparti,
potranno
essere
stipulati,
anche
nel
settore
pubblico,
Accordi
quadro.
Le
pp.aa.
possono
attivare
anche
autonomi
livelli
di
contrattazione
collettiva
integrativa,
ossia
una
forma
di
contrattazione
decentrata,
sebbene
essa
debba
attenersi
alle
regole
di
competenza
fissate
dalla
contrattazione
nazionale,
altrimenti
i
contratti
integrativi
saranno
nulli.
Essi
hanno
il
compito
di
dettare
e
prevedere
una
disciplina
della
retribuzione
incentivante:
il
D.Lgs.150/2009
ha,
per,
previsto
tale
disciplina,
sottraendo,
quindi,
gran
parte
dei
compiti,
alla
contrattazione
integrativa.
I
soggetti
della
contrattazione:
rappresentanza
dei
lavoratori
Nellambito
del
settore
pubblico,
possono
sedersi
al
tavolo
delle
trattative
per
la
conclusione
dei
contratti
collettivi
solo
i
sindacati
maggiormente
rappresentativi,
ossia
quelli
che
realizzano
un
indice
di
rappresentativit
non
inferiore
al
5%,
calcolato
come
media
tra
il
dato
associativo
e
quello
elettorale.
Per
la
conclusione
del
contratto
collettivo,
inoltre,
occorre
che
a
sottoscriverlo
siano
tanti
sindacati
che
realizzino
un
indice
di
rappresentativit
pari
almeno
al
51%,
come
media
tra
dato
associativo
e
dato
elettorale,
ovvero
al
60%
se
si
assume
solo
il
dato
elettorale.
Legittimati
alla
contrattazione
integrativa,
invece,
sono
la
RSU,
insieme
alle
rappresentanze
dei
sindacati
firmatari
del
contratto
nazionale
qualora
questultimo
abbia
cos
disposto:
sempre,
quindi,
il
contratto
nazionale
di
categoria
a
stabilire
i
poteri
della
RSU
e
dei
sindacati
firmatari
del
contratto
nazionale,
proprio
come
avviene
nel
settore
privato.
I
soggetti
della
contrattazione:
la
rappresentanza
delle
amministrazioni
Chiarito
a
chi
spetta
la
rappresentanza
dei
lavoratori
nellambito
di
accordi
contrattuali
sia
nazionali
che
decentrati,
dobbiamo
sottolineare
cha
la
rappresentanza
delle
amministrazioni
pubbliche
spetta,
a
partire
dal
1992
e
dalla
riforma
dello
stesso
anno,
allAran,
agenzia
per
la
rappresentanza
negoziale
delle
pubbliche
amministrazioni.
In
precedenza,
invece,
spettava
a
particolari
delegazioni
formate
da
rappresentanti
politici
di
governo,
molto
spesso
incompetenti
e
sottoposti
a
pressioni
di
tipo
elettoralistico.
LAgenzia,
invece,
rappresenta
tutte
le
pubbliche
amministrazioni
nella
conclusione
di
contratti
nazionali
ed
assiste
le
singole
amministrazione
nella
conclusione
di
contratti
integrativi
(solo
le
Regioni
a
statuto
speciale
e
le
Province
autonome
di
Trento
e
Bolzano
hanno
diritto
a
costituire
proprie
agenzie).
LAran,
per,
nella
sua
azione
non
libera
del
tutto,
in
quanto
vincolata
ad
atti
di
indirizzo
dei
comitati
di
settore:
il
primo
comitato
costituito
nellambito
della
Conferenza
delle
Regioni,
per
ci
che
concerne
le
stesse
Regioni,
gli
enti
regionali
ed
il
Servizio
Sanitario
nazionale;
il
secondo
comitato,
invece,
costituito
nellambito
dellAnci
(associazione
nazionale
comuni
italiani),
dellUpi
(unione
province
italiane)
e
dellUnioncamere,
per
ci
che
riguarda
gli
Enti
locali,
le
Camere
di
commercio
ed
i
segretari
45
comunali/provinciali;
il
terzo
comitato
rappresentato
dal
Presidente
del
Consiglio
dei
Ministri
tramite
il
Ministro
per
la
pubblica
amministrazione
e
linnovazione,
di
concerto
con
il
Ministro
delleconomia,
che
rappresenta
tutte
le
altre
amministrazioni
pubbliche.
Inoltre
lAran,
per
sottoscrivere
definitivamente
un
contratto
collettivo,
deve
ottenere
il
parere
favorevole
del
comitato
di
settore
interessato
sullipotesi
di
accordo,
ossia
sullaccordo
gi
predisposto
a
cui
manca
soltanto
la
firma.
Il
procedimento
contrattuale
Per
ci
che
concerne
la
contrattazione
nazionale,
vi
una
fase
preliminare
alla
vera
e
propria
contrattazione,
che
consta
di
3
momenti:
La
legge
finanziaria
stabilisce
gli
oneri
di
spesa
per
lo
Stato,
mentre
quelli
a
carico
delle
altre
amministrazioni
vengono
fissati
dai
propri
bilanci;
Il
comitato
di
settore
o
il
Presidente
del
Consiglio
impartiscono
gli
indirizzi
allAgenzia;
Si
individuano
i
sindacati
abilitati
alla
trattativa.
Spetta,
poi,
allAran
portare
avanti
la
trattativa
con
i
sindacati
e
trovare
un
accordo,
su
cui
dovr
esprimere
parere
favorevole
il
comitato
di
settore
interessato
(trattasi
di
parere
favorevole
e
non
di
autorizzazione,
in
quanto
lAran
ed
il
comitato
curano
il
medesimo
interesse).
Per
sottoscrivere
il
contratto
collettivo,
tra
laltro,
lAran
non
necessita
SOLO
del
parere
favorevole
di
cui
sopra,
ma
anche
della
certificazione
di
compatibilit
dellaccordo
con
il
bilancio,
emessa
dalla
Corte
dei
conti,
che
in
poche
parole
va
a
verificare
la
copertura
finanziaria
del
contratto.
In
caso
di
esito
negativo,
lAran
deve
riaprire
il
tavolo
delle
trattative
con
i
sindacati
per
ridurre
i
costi;
in
caso
di
esito
positivo,
invece,
pu
sottoscrivere
il
contratto.
Per
ci
che
concerne,
invece,
i
contratti
integrativi,
la
disciplina
rimessa
interamente
alla
contrattazione
nazionale
ed
il
controllo
sui
costi
viene
svolto
dal
collegio
dei
revisori
dei
conti
o
dai
servizi
interni.
Lefficacia
soggettiva
del
contratto
collettivo
Il
contratto
collettivo
pubblico
,
anchesso,
un
atto
di
autonomia
privata
e
pertanto
si
pone,
anche
in
questo
caso,
il
problema
della
sua
efficacia
soggettiva
(ossia:
verso
chi
produce
i
propri
effetti?).
LAran,
come
abbiamo
detto,
rappresenta
tutte
le
pubbliche
amministrazioni
e
pertanto
facilmente
intuibile
che
il
contratto
collettivo,
da
essa
stipulato,
produca
direttamente
i
propri
effetti
nei
confronti
delle
amministrazioni,
che
tra
laltro
non
possono
corrispondere
trattamenti
economici
inferiori
rispetto
a
quelli
dedotti
nel
contratto
collettivo.
Dal
punto
di
vista
dei
lavoratori,
invece,
bisogna
precisare
che
egli
ha
accettato
un
contratto
individuale,
il
quale
necessariamente
opera
un
rinvio
alla
contrattazione
collettiva:
pertanto
il
contratto
collettivo
riprodurr
i
propri
effetti
anche
su
quello
individuale,
e
quindi
sul
lavoratore.
46
Ulteriori
garanzie
di
controllo
della
spesa
Sappiamo,
grazie
a
quanto
detto
sinora
e
grazie
al
fatto
che
non
siamo
delle
teste
di
cazzo,
che
risulta
di
fondamentale
importanza
la
copertura
economica
di
un
contratto
collettivo.
Per
tale
motivo
previsto
che
in
contratti
integrativi
che
non
rispettino
i
limiti
di
bilancio,
siano
nulli.
Unaltra
norma
prevede
che
lo
stesso
contratto
collettivo
debba
contenere
una
previsione
che
permetta
di
prorogarne
lefficacia
o
di
sospenderne
gli
effetti,
in
caso
di
travalicamento
dei
limiti
di
spesa.
Infine,
qualora
sorgano
controversie
circa
linterpretazione
di
un
contratto
collettivo,
le
parti
possono
definire
esse
stesse
il
significato
della
clausola
controversia
e
tale
interpretazione
retroagir
al
momento
della
stipulazione
del
contratto.
Si
tratta
di
uninterpretazione
autentica
(ricordiamo
che
si
definisce
autentica
l'interpretazione
delle
legge
effettuata
dal
medesimo
organo
che
ha
posto
in
essere
l'atto
normativo).
Qualora
a
decidere
sullinterpretazione
del
contratto
collettivo
sia
chiamato
un
giudice,
egli
dovr
sospendere
il
giudizio
e
permettere
alle
parti
di
fornire
linterpretazione
di
cui
sopra.
47
48
concetto
precedente,
non
deve
disporre
di
risorse
economiche
da
scambiare,
il
che
rende
tale
concertazione
pi
stabile.
Il
primo
tipo
di
concertazione
si
avuto
in
Italia
negli
anni
80,
mente
nel
decennio
successivo
si
concretizzato
il
secondo
tipo.
Talune
volte
lo
Stato
italiano
giunto,
addirittura,
alla
consultazione
delle
parti
sociali
prima
dellapprovazione
di
un
provvedimento,
e
si
parlato
in
tal
caso
di
leggi
negoziate,
o
ad
autorizzare
il
contratto
collettivo
alla
deroga
o
allintegrazione
della
disciplina
legislativa,
e
si
avuta
la
c.d.
contrattazione
delegata.
Allinterno
della
XIV
legislatura
(2001-2006),
si
assistito
alla
creazione
di
un
nuovo
modello
di
dialogo
sociale,
pi
che
altro
di
matrice
comunitaria:
gli
obiettivi
di
politica
economico-sociale
non
sono
pi
pattuiti
consensualmente
dalla
Stato
con
le
parti
sociali,
bens
sono
fissati
dallo
Stato
stesso,
che
si
impegna
solo
alla
consultazione
ed
allinformazione
delle
parti
sociali
(presentazione
del
Libro
Bianco
sul
mercato
del
lavoro
del
2001
e
conseguente
consultazione).
Levoluzione
storica
della
concertazione:
gli
anni
70
e
80
La
prassi
della
concertazione,
come
abbiamo
detto,
inizi
negli
anni
70,
in
seguito
alla
notevole
crisi
che
comport
laumento
dellinflazione
e
del
deficit
della
spesa
pubblica.
Gi
allinterno
dellaccordo
interconfederale
del
26
gennaio
1977,
lo
Stato,
pur
rimanendo
formalmente
estraneo,
si
impegn
a
porre
in
essere
provvedimenti
legislativi
in
materia
di
occupazione,
ricevendo
in
cambio
una
moderazione
delle
rivendicazioni
salariali.
Negli
anni
80,
invece,
la
situazione
si
complic
notevolmente,
in
quanto
le
parti
sociali
(sindacati
ed
imprenditori)
non
riuscivano
a
modificare
il
sistema
di
indicizzazione
dei
salari
al
costo
della
vita,
ossia
il
c.d.
sistema
della
scala
mobile.
Lo
Stato,
questa
volta,
intervenne
attivamente,
impegnandosi
ad
emanare
provvedimenti
legislativi
in
materia
di
assegni
familiari
e
di
fiscalizzazione
degli
oneri
previdenziali
a
carico
delle
imprese,
e
ricevendo
in
cambio
una
modificazione
del
sistema
della
c.d.
scala
mobile.
Si
ebbe,
cos,
il
primo
accordo
triangolare
il
22
gennaio
1983,
chiamato
Protocollo
Scotti
dal
nome
del
Ministro
del
Lavoro
dellepoca.
Lanno
successivo,
nel
1984,
un
decreto
del
Governo
Craxi,
in
seguito
convertito
in
legge,
conseguente
ad
un
accordo
con
Cisl
e
Uil,
tagli
4
punti
percentuale
della
scala
mobile,
provocando
linsurrezione
della
Cgil
e
del
Pci
guidato
da
Berlinguer,
il
quale
promosse
un
referendum
abrogativo,
che
per
ebbe
esito
negativo.
Per
un
periodo
di
tempo,
vennero
interrotte
le
prassi
concertative,
a
causa
dellaccordo
che
aveva
escluso
la
Cgil.
Il
Protocollo
del
23
luglio
1993
e
la
politica
dei
redditi
Allinizio
degli
anni
90
il
metodo
concertativo
venne
recuperato,
soprattutto
a
causa
della
previsione,
in
ambito
UE,
di
un
contenimento
della
crisi
economica
ed
occupazionale
tramite
la
fissazione
di
parametri
che
i
Paesi
europei
avrebbero
dovuto
rispettare
per
partecipare
allunione
monetaria.
In
Italia
vennero
firmati
due
accordi
triangolari
di
notevole
importanza:
il
Protocollo
Amato
del
31
luglio
1992,
che
abol
definitivamente
il
sistema
della
scala
mobile,
ed
il
Protocollo
Ciampi/Giugni
del
23
luglio
1993,
con
il
quale,
per
la
prima
volta,
Stato
e
parti
sociali
fissarono
degli
obiettivi
comuni
di
politica
dei
49
redditi,
legata
cio
allaccrescimento
dei
salari
sulla
base
dellaumento
della
produzione
e
degli
utili
dimpresa.
Secondo
tale
politica
sarebbero
stati
fissati
dei
limiti
allinflazione,
tramite
la
previsione
di
un
tasso
dinflazione
programmato
entro
il
quale
contenere
la
stessa,
per
conseguire
una
crescita
occupazionale
ed
uno
sviluppo
economico
tramite
lallargamento
della
base
produttiva
ed
una
maggiore
competitivit
delle
imprese.
Il
confronto
con
le
parti
sociali
sarebbe
stato
preventivo
rispetto
ai
processi
decisionali,
anche
se
il
Governo
avrebbe
dovuto
tenere
conto
dellesito
del
confronto.
Il
Protocollo
del
93,
quindi,
non
si
basava
sullo
scambio
politico
tra
vincoli
(previsti
per
le
parti
sociali)
e
benefici
(erogati
dallo
Stato),
ma
coinvolgeva
le
parti
sociali
nelle
decisioni
di
politica
economica,
sulla
base
di
obiettivi
condivisi.
Il
Patto
del
98:
istituzionalizzazione
e
decentramento
della
concertazione
In
seguito
al
Protocollo
del
93,
la
concertazione
si
rafforz
sempre
pi,
sino
ad
arrivare
al
Patto
sociale
per
lo
sviluppo
e
loccupazione
del
22
dicembre
1998
(Patto
di
Natale),
allinterno
del
quale
il
metodo
della
concertazione
venne
rafforzato,
assicurando
autonomia
e
responsabilit
tanto
allo
Stato
quanto
alle
parti
sociali.
Venne
previsto
che
anche
le
Regioni
e
gli
Enti
locali
partecipassero
alle
procedure
di
concertazione,
in
merito,
soprattutto,
allesercizio
dei
compiti
e
delle
funzioni
devolute
dallo
Stato
ai
poteri
locali,
tramite
sia
una
partecipazione
alla
concertazione
nazionale
dei
vari
livelli
di
governo
locale,
sia
una
concertazione
territoriale
vera
e
propria.
Inoltre
venne
introdotta
una
duplice
procedura
concertativa:
per
le
materie
di
politica
sociale
che
comportassero
un
impegno
di
spesa
a
carico
del
bilancio
dello
Stato,
era
prevista
una
consultazione
delle
parti
sociali
ma
la
decisione
finale
spettava
al
Governo
ed
al
Parlamento
sovrano;
per
le
materie
di
competenza
delle
parti
sociali,
che
non
comportassero
un
impegno
di
spesa
a
carico
del
bilancio
dello
Stato,
la
concertazione
diveniva
pi
articolata,
sulla
base
anche
dellAccordo
sulla
Politica
Sociale
di
Maastricht:
Governo
e
parti
sociali
avrebbero
dovuto
confrontarsi
sugli
obiettivi
da
raggiungere
e
ci
avrebbe
comportato
uniniziativa
legislativa
del
Governo
o,
addirittura,
un
negozio
bilaterale
in
merito
allintervento
da
realizzare,
tramite
anche
un
procedimento
in
via
negoziale
e
non
legislativa.
Praticamente
il
Patto
del
98
confermava
la
concertazione
come
un
metodo
di
condivisione
degli
obiettivi
di
politica
economico-sociale,
che
assicurava
alle
parti
autonomia
e
responsabilit
e
si
fondava
sul
rispetto
delle
prerogative
e
dei
diritti
costituzionalmente
garantiti,
attribuendo
una
propria
indipendenza
e
responsabilit
alle
parti
sociali
stesse
in
caso
di
attuazione
delle
politiche
concertate
nelle
materie
di
propria
competenza.
N.B.
molte
parti
di
questo
paragrafo
sono
state
interamente
riprese
dal
testo
per
limportanza
delle
materie
trattate
e
delle
definizioni
fornite
Il
c.d.
dialogo
sociale
ed
il
Patto
per
lItalia
del
2002
Nel
2001
stato
introdotto
il
metodo
del
dialogo
sociale,
in
sostituzione
di
quello
concertativo,
il
quale
prevede
che,
nelle
materie
che
non
comportano
un
impegno
di
spesa
a
carico
del
bilancio
dello
Stato,
ossia
nelle
materie
di
competenza
delle
parti
sociali,
questultimo
ascolti
preventivamente
i
sindacati
e
le
organizzazioni
rappresentative
degli
imprenditori,
per
poi
addivenire
ad
un
negoziato
che
si
trasformi
in
un
intervento
legislativo
del
Governo
o
delle
Regioni.
Qualora
laccordo
non
si
raggiunga,
il
Governo
(o
la
50
Regione)
provveder
autonomamente
a
disciplinare
la
materia.
Il
nuovo
metodo,
tra
laltro,
auspica
un
ritorno
dellaccordo
tra
le
sole
parti
sociali,
separando
la
contrattazione
collettiva
dal
potere
legislativo,
e
facendo
in
modo
di
riconoscere
a
questultimo
un
ruolo
sostitutivo
della
contrattazione.
Inoltre
il
Libro
Bianco,
di
cui
abbiamo
gi
parlato,
prevede
una
sostituzione
della
regola
dellunanimit
per
la
conclusione
di
accordi
triangolari,
sostituendola
con
quella
maggioritaria,
ma
non
inerente
la
rappresentativit
delle
organizzazione
sindacali,
bens
il
numero
delle
3
confederazioni
(non
importa,
quindi,
se
una
confederazione
rappresenta
il
51%
dei
lavoratori
e
le
altre
2
il
restante
49%...importa
soltanto
che
almeno
2
su
3
confederazioni
siano
daccordo),
il
che
si
concretizzato
allinterno
del
Patto
per
lItalia
Contratto
per
il
lavoro
del
5
luglio
2002,
al
quale
hanno
preso
parte
il
Governo,
la
Cisl
e
la
Uil,
ma
non
la
Cgil,
considerata
portatrice
di
degli
interessi
dei
partiti
politici
di
opposizione.
In
seguito
al
Patto
suddetto,
il
Governo
avvi
la
consultazione
dei
sindacati
sugli
interventi
legislativi
di
maggior
rilievo,
quali
lo
schema
di
decreto
attuativo
della
legge
delega
30/2003,
il
progetto
di
riforma
delle
pensioni,
lattuazione
del
D.Lgs.276/2003,
in
merito
ai
quali
le
parti
sociali
non
ebbero
alcun
peso,
tanto
da
svuotare
di
significato
lo
stesso
Patto
e
provocare
linsurrezione
degli
stessi
sindacati,
Cisl
e
Uil,
che
avevano
preso
parte
ad
esso.
Il
Protocollo
del
23
luglio
2007
Il
Protocollo
su
previdenza,
lavoro
e
competitivit
per
lequit
e
la
crescita
sostenibili,
del
23
luglio
2007,
stato
il
frutto
del
ritorno
al
modello
concertativo
e
dellabbandono
del
modello
di
dialogo
sociale.
A
porre
in
essere
tale
ritorno
stato
il
Governo
Prodi,
la
cui
legislatura
stata
breve
per
contrasti
allinterno
della
compagine
governativa,
ma
intensa
per
ci
che
concerne
la
concertazione.
Il
Protocollo,
infatti,
ha
messo
daccordo
tutte
le
parti
sociali
ed
ha
toccato
i
temi
pi
importanti,
i
temi
caldi
inerenti
il
mercato
del
lavoro:
il
sostegno
alla
competitivit
delle
imprese,
lattenuazione
del
cuneo
fiscale
(per
chi
non
lo
sapesse
il
cuneo
fiscale
o
contributivo
la
differenza
tra
quanto
il
datore
di
lavoro
paga
a
titolo
di
retribuzione
al
lavoratore
e
quanto
il
prestatore
realmente
percepisce,
per
le
ingenti
trattenute
da
parte
dello
Stato),
lincentivazione
della
contrattazione
di
secondo
livello
(quella
decentrata
ed
integrativa),
il
sistema
previdenziale
e
gli
ammortizzatori
sociali,
tutti
temi
di
fondamentale
importanza
per
il
Paese.
Lintesa
in
merito
a
questi
argomenti,
dopo
una
lunga
trattativa,
stata
raggiunta
e
la
legge
che
recepiva
laccordo
stata
approvata,
ma
nel
mese
di
gennaio
2008
il
Governo
entrato
in
crisi
e
la
legislatura
terminata.
N.B.
per
lo
studente:
ragazzi
mi
raccomando,
ricordate
di
mettere
da
parte
le
vostre
idee
politiche
e
di
analizzare
i
fatti,
nonostante
i
miei
riassunti,
essendo
inerenti
al
libro
di
testo,
manifestino
idee
politiche
evidenti.
Al
di
l
del
colore
politico,
infatti,
molte
cose
fatte
dal
centro-sinistra
ed
altrettante
poste
in
essere
dal
centro-destra
sono
meritevoli
di
attenzione.
Il
libro
non
la
pensa
cos,
ma
voi
avete
una
vostra
testa.
Essere
di
sinistra
o
di
destra
non
significa
catalogare
come
negativi
tutti
i
provvedimenti
posti
in
essere
dalla
fazione
opposta,
altrimenti
diventeremmo
uguali
ad
Hitler
o
a
Stalin,
le
due
pi
grandi
teste
di
cazzo
della
storia
recente
(sebbene
entrambi
abbiano
portato
anche
elementi
positivi).
Natura
giuridica
dei
protocolli
triangolari
e
problemi
di
legittimit
costituzionale
La
Corte
costituzionale,
specie
negli
anni
80,
ha
avuto
modo
di
pronunciarsi
sulla
legittimit
delle
concertazioni,
specificando
che
esse
non
risultano
lesive
delle
norme
costituzionali,
in
quanto
esse
51
perseguono finalit di carattere pubblico e non prevedono vincoli giuridici per il potere sovrano che si manifesta tramite la volont, pur sempre, del Parlamento. Fino a che le concertazioni tenderanno a contemperare i vari interessi in gioco e non limiteranno il perseguimento degli interessi pubblici, non entreranno in alcun modo in contrasto con la nostra Costituzione. Inoltre la concertazione, al pari della contrattazione collettiva, e quindi gli accordi triangolari al pari dei contratti collettivi, sono manifestazioni dellautonomia sindacale collettiva, apparendo come due species di uno stesso geenus (lautonomia collettiva sindacale). SEZIONE B: IL DIALOGO SOCIALE NELLORDINAMENTO DELLUNIONE EUROPEA Unione europea e attivit negoziale delle organizzazioni sindacali Abbiamo visto come, in Italia ed in altri Paesi europei, sia cresciuta, col tempo, lesigenza dei poteri pubblici di ottenere lappoggio delle parti sociali per la propria azione politica di carattere economico- sociale. Tale esigenza stata avvertita anche a livello europeo e ci ha indotto il legislatore comunitario a riconoscere alle organizzazioni sindacali ed a quelle degli imprenditori un ruolo importante nella formazione delle politiche europee in materia sociale. Tuttavia, mentre nei vari Paesi europei, stata la forza delle organizzazioni sindacali ad ottenere riconoscimenti nellambito della contrattazione collettiva, prima, e della procedura di concertazione, poi, in ambito comunitario avvenuto un processo inverso: stato lo stesso legislatore comunitario a chiedere la partecipazione delle organizzazioni rappresentative alla politica sociale dellUnione. Ci non ha incontrato pochi ostacoli: le stesse organizzazioni sindacali dei vari Stati membri hanno tentennato per lungo tempo nellattribuire dei propri poteri ad organizzazioni, dello stesso genere, sovrannazionali. Inoltre per lungo tempo mancato un riconoscimento giuridico dei diritti sociali fondamentali, che invece si avuto con la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea del 2000 e, pi concretamente, con il Trattato di Lisbona del 2007, entrato in vigore il 31 dicembre 2009. Il dialogo sociale europeo, superando gli ostacoli di cui sopra, si comunque sviluppato dallalto verso il basso, a differenza del dialogo sociale interno a singoli Stati. Tuttavia, dobbiamo comunque ricordarci che lart.153 TFUE nega la competenza dellUnione in materia sindacale, come abbiamo avuto modo di dire nel secondo capitolo. Il dialogo sociale e gli accordi sindacali europei: procedure ed attuazione secondo il diritto dellUnione europea Al dialogo tra le parti sociali, e tra queste e le Istituzioni, sono dedicati gli artt.151-155 TFUE in materia di politica sociale. Lart.151 TFUE sottolinea come il dialogo sociale, al pari della promozione delloccupazione, del miglioramento del tenore di vita, dellaumento delloccupazione e dello sviluppo delle risorse umane, sia uno degli obiettivi principali di politica sociale dellUnione.
52
Lart.152
TFUE
riconosce,
poi,
valore
istituzionale
al
Vertice
sociale
trilaterale
per
la
crescita
e
loccupazione,
organo
formato
dai
rappresentanti
dei
lavoratori,
degli
imprenditori
e
del
Consiglio,
assicurandogli
un
ruolo
di
partecipazione
attiva
alle
azioni
comunitarie.
Lart.153
TFUE
indica,
invece,
le
materie
di
competenza
concorrente
con
gli
Stati
membri
dellUnione,
escludendone
alcune
di
ampia
rilevanza,
quali
il
diritto
allo
sciopero,
la
serrata,
il
diritto
di
associazione
e
le
retribuzioni.
Solo
nelle
materie
indicate
da
questo
articolo
sar
ammesso
un
intervento
dellUnione.
Lart.154
TFUE
attribuisce
alla
Commissione
il
compito
di
consultare
le
parti
sociali
a
livello
europeo,
sia
prima
che
durante
la
formulazione
di
una
proposta
legislativa
da
presentare
in
seguito
al
Consiglio
(ricordiamo
che
la
Commissione
listituzione
con
potere
diniziativa
legislativa);
sulla
proposta
le
parti
sociali
esprimeranno
una
raccomandazione,
sebbene
non
vincolante.
Lart.155
TFUE
prevede,
poi,
la
facolt
delle
parti
sociali,
sulla
materia
oggetto
di
proposta,
di
comunicare
alla
Commissione
che
esse
stesse
intendono
regolare
la
materia
tramite
la
contrattazione
collettiva,
il
che
congela
lazione
della
Commissione
per
un
periodo
di
nove
mesi.
Gli
accordi
raggiunti
in
fase
di
consultazione
o
quelli
posti
in
essere,
autonomamente,
dalle
parti
sociali,
possono
essere
attuati
tramite
due
procedure
diverse:
una
prima
procedura,
definita
come
debole
e
che
da
luogo
ad
accordi
liberi,
prevede
che
allattuazione
della
disciplina
provvedano
gli
Stati
membri,
il
che
ci
fa
ben
capire
che
la
stessa
non
risulter
semplice,
dato
che
dovranno
provvedervi
27
Paesi
diversi;
la
seconda
procedura,
definita
come
forte
e
i
cui
accordi
sono
definiti
vincolati,
prevede
unazione
dellUnione,
tramite
una
proposta
della
Commissione
e
lapprovazione
da
parte
del
Consiglio
(trattasi
di
procedura
abbreviata,
in
cui
il
Parlamento
non
ha
alcun
ruolo),
che
provvede
allemanazione
di
una
decisione,
che
nella
prassi
viene
considerata
una
direttiva.
Lattuazione
delle
direttive
attraverso
la
contrattazione
collettiva
Lart.153.3
TFUE
prevede
che
gli
Stati
membri
abbiano
la
facolt
(non
lobbligo)
di
affidare
alle
parti
sociali,
e
pertanto
alla
contrattazione
collettiva,
su
loro
richiesta,
lattuazione
di
direttive
comunitarie
emanate
con
procedura
legislativa
(ex
procedura
di
coodecisione)
o
con
procedura
speciale
per
gli
accordi
collettivi
vincolati.
Laddove
il
contratto
collettivo
abbia
efficacia
erga
omnes
tale
strumento
pu
essere
adoperato
senza
problemi,
mentre
nel
nostro
ordinamento,
dove
tale
efficacia,
in
forza
della
mancata
attuazione
dellart.39
Cost.,
non
riconosciuta
ai
contratti
collettivi,
ladozione
di
tale
strumento
di
difficile
attuazione.
Il
Patto
sociale
del
1998
ha
previsto,
pertanto,
che
in
tali
casi
si
avvii
una
concertazione
tra
Stato
e
parti
sociali,
allinterno
della
quale
le
stesse
parti
devono
emanare
lavviso
comune,
ossia
un
parere
in
merito
allattuazione
della
direttiva.
Ricordiamo
che
lo
Stato
membro
non
obbligato
a
seguire
tale
procedura
e
potrebbe
dare
attuazione
diretta
alla
direttiva
comunitaria.
53
Gli
sviluppi
pi
recenti
del
dialogo
sociale:
nuove
tecniche
regolative
e
contrattazione
collettiva
europea
Abbiamo
visto
come
i
vari
articoli
del
TFUE
promuovano
lo
strumento
del
dialogo
sociale
allinterno
della
politica
sociale
dellUnione.
Il
modello
sociale
europeo
include
tanto
un
dialogo
sociale
settoriale,
che
ha
visto
la
trasformazione
dei
vecchi
comitati
paritetici
in
Comitati
di
dialogo
settoriale,
i
quali
hanno
funzione
consultiva
su
tutti
i
processi
europei
con
effetti
sociali,
quanto
lintervento
del
Fondo
sociale
europeo
in
materia
di
rafforzamento
della
coesione
economica
e
sociale
dellUnione.
Inoltre
stato
previsto
tutto
un
apparato
di
riconoscimento
delle
relazioni
industriali
transnazionali,
realizzate
tramite
la
contrattazione
transnazionale
collettiva,
la
quale
esula
dalloperato
delle
istituzioni.
54
Lo
sciopero
nella
Costituzione
Il
diritto
di
sciopero
garantito,
nellambito
delle
leggi
che
lo
regolano,
dallart.40
della
nostra
Costituzione.
Il
diritto
di
sciopero
uno
strumento
di
effettivit
della
libert
sindacale:
tramite
tale
strumento
le
organizzazioni
sindacali
possono
far
sentire
il
proprio
peso
e
non
confinare,
ad
un
urlo
pressoch
muto,
le
proprie
pretese
(questa
bellissima
eh,
non
so
neanche
io
come
mi
venuta).
Lo
sciopero,
inoltre,
un
mezzo
di
partecipazione
dei
lavoratori
non
solo
allattivit
sindacale,
ma
alla
vita
economico-sociale
del
Paese:
come
se
il
lavoratore
diventasse
ununica
cosa
con
il
sistema
di
cui
fa
parte.
Inoltre,
di
fondamentale
importanza
la
connessione,
ribadita
anche
dalla
Corte
costituzionale,
tra
lart.39
e
lart.40
della
Costituzione:
la
libert
sindacale
ed
il
diritto
allo
sciopero
sono
strettamente
collegati,
di
modo
che
la
prima
non
possa
esistere
senza
il
secondo.
La
Corte
ha,
inoltre,
ribadito
che
la
norma
contenuta
nellart.40
Cost.
norma
precettiva,
da
subito
operante
allinterno
dellordinamento
senza
la
necessit
di
un
intervento
legislativo,
ipotizzata
(la
necessit),
fino
alla
pronuncia
della
stessa
Corte
nel
1960
con
la
sentenza
29,
da
gran
parte
della
dottrina.
La
sentenza
in
questione
dichiar
incostituzionale
lart.502
c.p.
che
qualificava
sciopero
e
serrata
per
fini
contrattuali
come
delitti.
A
proposito
della
serrata,
occorre
precisare
che
mentre
lo
sciopero
un
diritto,
la
stessa
soltanto
unesplicazione
della
libert
del
datore
di
lavoro:
non
in
alcun
modo
posta
sullo
stesso
piano
dello
sciopero,
proprio
in
considerazione
della
situazione
di
sottoprotezione
sociale
del
lavoratore
e
della
necessit
di
una
maggiore
tutela
dello
stesso.
Lo
sciopero
nel
diritto
dellUnione
europea
La
Carta
dei
diritti
fondamentali
dellUnione
europea,
proclamata
nel
2000
e
meglio
conosciuta
come
Carta
di
Nizza,
riconosce,
nel
vasto
elenco
di
diritti
tutelati,
quello
alla
contrattazione
collettiva
ed
allo
sciopero,
visto
come
mezzo
dazione
per
la
difesa
degli
interessi
in
caso
di
conflitti.
La
Carta
in
questione
stata
parificata
ai
Trattati
solo
a
partire
dal
Trattato
di
Lisbona
del
2007
entrato
in
vigore
il
31
dicembre
2009.
Sebbene
vi
sia
un
riconoscimento
di
tale
importanza,
lart.153
TFUE
ha
escluso
il
diritto
di
sciopero
dalle
materie
di
competenza
concorrente
tra
Unione
e
Stati
membri,
affidando
a
questi
ultimi,
in
via
esclusiva,
la
disciplina
del
diritto
in
questione
(ricordiamo
che
sono
escluse
anche
altre
materie:
retribuzioni,
diritto
di
associazione
e
serrata).
Lo
sciopero
come
diritto:
conseguenze
Data
loriginaria
scissione
tra
diritto
pubblico
e
privato,
lo
sciopero,
diritto
costituzionalmente
garantito,
venne
per
un
lungo
periodo
definito
come
diritto
pubblico
di
libert,
ossia
operante
nei
confronti
dello
Stato,
che
non
avrebbe
in
alcun
modo
potuto
emanare
provvedimenti
in
contrasto
con
tale
diritto.
Si
comprese
ben
presto
che
il
diritto
di
sciopero
operasse
anche
nei
confronti
del
datore
di
lavoro:
la
L.604/1966
sui
licenziamenti
individuali,
dichiar
nullo
il
licenziamento
consecutivo
allesercizio
di
libert
sindacali,
ivi
compreso
lo
sciopero.
La
L.300/1970
(Statuto
dei
lavoratori)
rafforz
tale
idea,
sancendo
come
illeciti
tutti
i
comportamenti
discriminatori
del
datore
di
lavoro
nei
confronti
dei
lavoratori
scioperanti.
56
Si
comprende
come,
nel
passaggio
dallo
Stato
liberale
allo
Stato
sociale,
lo
sciopero
si
sia
trasformato
da
una
semplice
libert
in
un
vero
e
proprio
diritto,
il
cui
esercizio
non
punibile
in
alcun
maniera
(il
libro
riporta
il
principio
qui
iure
so
utitur,
neminem
laedit,
ossia
colui
che
esercita
un
diritto,
non
lede
nessuno).
Ovviamente
ci
comporta,
comunque,
la
sospensione
momentanea
del
rapporto
di
lavoro,
facendo
venir
meno
il
sinallagma
che
lega
le
prestazioni
oggetto
del
contratto
di
lavoro:
quindi
previsto
che
alle
giornate
di
sciopero
corrisponda
una
mancata
retribuzione
da
parte
del
datore
di
lavoro,
non
essendoci
prestazione
lavorativa.
Titolarit
del
diritto
di
sciopero
La
titolarit
del
diritto
di
sciopero
non
spetta
alle
organizzazioni
sindacali,
bens
ai
lavoratori.
Si
tratta,
infatti,
di
un
diritto
individuale
ad
esercizio
collettivo,
ossia
di
un
diritto
che
vada
esercitato
per
tutelare
interessi
collettivi
e
non
individuali:
anche
un
solo
soggetto
pu
scioperare
per
difendere
dei
diritti
collettivi,
cos
come,
al
pari,
possono
scioperare
una
moltitudine
di
lavoratori
senza
dar
luogo
ad
uno
sciopero,
perch
magari
mirano
a
tutelare
interessi
individuali.
Gli
scioperi
dei
lavoratori
parasubordinati
e
le
astensioni
degli
autonomi
Varie
sentenze
della
Corte
costituzionale
e
lappoggio
da
parte
della
dottrina,
hanno
permesso
di
qualificare
come
titolari
del
diritto
di
sciopero
non
solo
i
lavoratori
subordinati,
ma
anche
coloro
che,
nonostante
un
diverso
contratto,
si
trovano
in
una
situazione
di
sottoprotezione
sociale.
Per
tal
motivo,
godono
del
diritto
di
sciopero
anche
i
lavoratori
autonomi
parasubordinati
(ossia
coloro
che
mettono
la
propria
attivit
autonoma
al
servizio
di
un
datore
di
lavoro).
Lastensione
dal
lavoro
autonomo,
invece,
non
costituisce
esercizio
del
diritto
di
sciopero
tutelato
dallart.40
Cost.:
in
tal
caso,
infatti,
non
si
ha
alcuna
sottoprotezione
sociale
tutelabile,
limitandosi
tale
astensione
ad
integrare
una
manifestazione
della
libert
associativa,
di
cui
allart.18
Cost.
(
il
caso
dellastensione
dalle
udienze
degli
avvocati).
Natura
giuridica
del
diritto
di
sciopero
Prima
di
riassumere
questo
paragrafo,
ripetiamo
insieme
alcune
nozioni
del
diritto
privato,
giusto
per
rinfrescarci
la
memoria.
Per
diritto
potestativo
sintende
una
situazione
giuridica
soggettiva
che
attribuisce
al
titolare
il
potere
di
agire
per
la
tutela
di
un
proprio
interesse,
cui
si
contrappone
la
situazione
di
soggezione
del
soggetto
nei
cui
confronti
esercitato
il
diritto:
questultimo
non
potr
far
nulla
per
impedire
lesercizio
del
diritto
potestativo.
Per
negozio
giuridico
sintende
una
dichiarazione
di
volont
con
la
quale
vengono
enunciati
gli
effetti
perseguiti
ed
alla
quale
lordinamento
giuridico
ricollega
effetti
(giuridici)
conformi
al
risultato
voluto.
Si
tratta
di
dichiarazioni
di
volont
con
le
quali
i
privati
esprimono
la
volont
di
regolare
in
un
determinato
modo
i
propri
interessi,
nellambito
dellautonomia
a
loro
riconosciuta
dallordinamento.
Per
fatto
giuridico
sintende
qualsiasi
avvenimento
al
quale
lordinamento
ricolleghi
conseguenze
giuridiche.
57
Date
le
definizioni,
analizziamo
la
natura
giuridica
del
diritto
di
sciopero.
Una
dottrina
molto
accreditata
lo
aveva
definito
come
diritto
potestativo
da
esercitare
nei
confronti
del
datore
di
lavoro,
posto
quindi
in
uno
stato
di
soggezione.
Tale
definizione
comportava,
per,
che
il
diritto
di
sciopero
potesse
essere
esercitato
SOLO
nei
confronti
del
datore
di
lavoro,
per
rivendicare
interessi
che
lo
stesso
era
in
grado
di
soddisfare.
Si
tratta
della
teoria
della
disponibilit
della
pretesa.
Messa
da
parte
tale
teoria,
prendiamone
in
considerazione
unaltra,
la
quale
vedeva
il
diritto
di
sciopero
come
un
negozio
giuridico:
in
realt
non
pu
essere
condivisibile,
in
quanto
nel
lavoratore
non
vi
alcun
intento
negoziale,
che
semmai
potrebbe
esistere
nelle
organizzazioni
sindacali
qualora
esse
concedessero
unautorizzazione
allo
sciopero.
Titolari
del
diritto,
per,
sono
i
lavoratori
e
non
le
organizzazioni
sindacali:
pertanto,
tale
teoria,
inaccettabile.
Il
diritto
di
sciopero
,
in
realt,
un
mero
fatto
giuridico:
la
difesa
dellinteresse
collettivo
assume
rilevanza
per
lordinamento,
che
vi
ricollega
leffetto
giuridico
della
sospensione
del
rapporto
di
lavoro
(se
guardate
la
definizione
generale
vedrete
come
combacia
perfettamente
con
il
caso
specifico).
Sciopero
e
retribuzione
Abbiamo
gi
detto
che
lo
sciopero,
sospendendo
lattivit
lavorativa
oggetto
del
contratto
di
lavoro,
fa
venire
meno
anche
la
controprestazione
retributiva
del
datore
di
lavoro.
Ad
essere
sospesa,
in
base
alla
durata
dello
sciopero,
la
retribuzione
nella
sua
interezza,
ossia
comprensiva
di
tutti
gli
elementi
accessori,
quali
la
tredicesima
mensilit,
altre
mensilit
aggiuntive,
premi
ecc.
Inoltre
lo
sciopero
comporta
anche
la
diminuzione
delle
ferie:
se
esse
rappresentano
la
possibilit
per
il
lavoratore
di
recuperare
le
energie
spese
durante
un
anno
di
lavoro,
non
potranno
essere
erogate
totalmente
qualora
il
lavoratore
non
abbia
speso
alcun
energia,
appunto
scioperando.
Una
dottrina
meno
accreditata,
prevede
invece
che
lo
sciopero
non
debba
ricadere
n
sulle
ferie,
n
sugli
elementi
accessori
della
retribuzione,
il
che,
per,
non
concepibile
alla
luce
della
sospensione
dellattivit
lavorativa.
Caso
particolare
quello
degli
scioperi
brevi,
ossia
quelli
di
durata
inferiore
alla
giornata
di
lavoro.
In
tal
caso
bisogna
tener
conto
dellunit
tecnico-temporale
infrazionabile
della
prestazione
lavorativa,
prevedendo
che
una
sospensione
della
retribuzione
in
tal
caso,
inerente
lintera
giornata
lavorativa,
concepibile
solo
nel
momento
in
cui
lattivit
lavorativa
perda
di
significato:
al
di
sotto
dellunit
tecnico- temporale,
infatti,
sar
ammessa
la
sospensione
della
retribuzione.
N.B.
non
mi
sono
soffermato
sul
concetto
di
unit
tecnico-temporale
in
quanto
lo
ritengo
superfluo
ai
fini
dellesame.
Basta
comprenderlo
in
linee
generali.
Le
attivit
strumentali
allesercizio
dello
sciopero
Oltre
allo
sciopero,
legittime
sono
anche
tutte
quelle
attivit
strettamente
collegate
allo
stesso,
quali
la
propaganda,
volta
alla
promozione
dello
sciopero,
le
pubbliche
manifestazioni,
per
far
si
che
anche
il
resto
dei
cittadini
solidarizzi
con
i
lavoratori
scioperanti,
i
cortei
interni,
sebbene
non
debbano
essere
occasione
per
la
commissione
di
atti
illeciti
e
il
picchettaggio,
ossia
lorganizzazione
di
una
vigilanza
allingresso
dei
luoghi
di
lavoro,
volta
a
non
far
entrare
neanche
coloro
che
non
aderiscono
allo
sciopero
e
considerata
illecita
qualora
posta
in
essere
con
violenza
o
minacce.
58
pienamente
legittimi
e
compatibili
con
lart.40
Cost.
In
seguito,
per,
abbiamo
visto
come
sia
lorientamento
dottrinale
di
questo
genere,
sia
la
tecnica
definitoria,
siano
venuti
meno,
dando
luogo
ad
una
nuova
linea
dottrinale
che
concep
la
distinzione
tra
sciopero
politico
in
senso
stretto,
ossia
inerente
alle
linee
politiche
generali
di
un
Governo
in
materie
differenti
da
quelle
del
lavoro,
e
sciopero
economico- politico,
posto
in
essere
al
fine
di
rivendicare
i
diritti
dei
lavoratori
e
riguardante
le
condizioni
socio- economiche
degli
stessi.
Inizialmente
la
Corte
costituzionale
abbracci
questa
nuova
teoria,
prevedendo
che
legittimo
fosse
lo
sciopero
politico
posto
in
essere
al
fine
di
tutelare
gli
interessi
collettivi
dei
lavoratori,
per
spingere,
quindi,
lo
Stato
ad
intervenire
su
una
materia
o
ad
evitare
interventi
sulla
stessa.
In
seguito
si
comprese
come
anche
lo
sciopero
politico
puro
(non
solo,
quindi,
economico-politico),
sebbene
non
fosse
direttamente
tutelato
dallart.40
Cost.,
fosse
ugualmente
un
mezzo
di
partecipazione
allorganizzazione
politica,
sociale
ed
economica
del
Paese,
al
pari
di
quanto
previsto
in
tema
di
uguaglianza
sostanziale
dallart.3
comma
2
Cost.,
e
che
quindi
fosse
comunque
una
libert,
sebbene
non
un
diritto.
Si
giunse,
quindi,
a
dichiarare
quasi
totalmente
incostituzionale
lart.503
c.p.:
la
Corte
costituzionale
lo
lasci
in
vigore
per
i
soli
casi
in
cui
lo
sciopero
politico
avesse
tentato
di
sovvertire
lordinamento
costituzionale
o
laddove,
oltrepassando
i
limiti
di
una
legittima
forma
di
pressione,
avesse
impedito
il
libero
esercizio
dei
diritti
e
poteri
nei
quali
si
manifesta
la
sovranit
popolare.
La
questione
rimane,
tuttora,
incerta,
in
quanto
non
si
ben
capito,
in
quanto
non
precisato,
quale
siano
i
limiti
di
una
legittima
forma
di
pressione
e
cosa
debba
intendersi
per
impedimento
del
libero
esercizio,
laddove
sarebbe
necessario
anche
il
dolo
degli
scioperanti
(es.
sciopero
del
settore
dei
trasporti
impedisce
una
riunione
parlamentare:
non
c
dolo,
quindi
il
reato
non
dovrebbe
sussistere).
Il
medesimo
ragionamento,
comunque,
venne
adottato
anche
per
lart.504
c.p.
Concludiamo
dicendo
che,
comunque,
i
due
articoli
sono
ancora
in
vigore
allinterno
del
nostro
ordinamento,
sebbene
particolarmente
manipolati
dalla
giurisprudenza
della
Corte
costituzionale.
Lo
sciopero
di
solidariet
Allinterno
del
nostro
ordinamento
risulta
ancora
in
vigore
lart.505
c.p.,
il
quale
vieta
il
c.d.
sciopero
di
solidariet.
La
Corte
costituzionale,
con
la
sentenza
123/1962
ha
legittimato
tale
sciopero,
che
ricorre
quando
alcuni
lavoratori
scioperino
senza
avanzare
pretese
inerenti
il
proprio
rapporto
di
lavoro,
ma
semplicemente
per
solidarizzare
con
le
rivendicazioni
di
altri
gruppi
oppure
contro
la
lesione
di
interessi
di
un
singolo
lavoratore,
solo
nel
caso
in
cui
vi
sia
una
comunanza
di
interessi,
ossia
degli
interessi
condivisi,
tra
chi
sciopera
e
chi
vede
lesi
i
propri
diritti/interessi.
Qualora
questa
comunanza
manchi,
si
applica
lart.505
c.p.
SEZIONE
B:
SCIOPERO
E
LIBERTA
DINIZIATIVA
ECONOMICA
Le
c.d.
forme
anomale
di
sciopero
Analizziamo
ora
limpatto
che
lesercizio
del
diritto
di
sciopero
ha
sullattivit
imprenditoriale.
Fino
al
1980,
anno
in
cui
fu
emanata
la
sentenza
711
della
Corte
di
Cassazione
che
segn
labbandono
della
tecnica
definitoria
e
dei
conseguenti
limiti
imposti
alla
definizione
di
sciopero,
la
giurisprudenza
ha
ritenuto
illegittime
alcune
forme
anomale
di
sciopero,
tra
cui
gli
scioperi
a
singhiozzo,
ossia
quelli
che
prevedono
unastensione
dal
lavoro
frazionata
nel
tempo
in
periodi
brevi,
e
gli
scioperi
a
scacchiera,
60
ossia
quelli
che
prevedono
lalternanza
dellastensione
dal
lavoro
di
gruppi
di
lavoratori
in
tempi
diversi.
Si
parla,
in
tali
casi,
di
sciopero
articolato,
il
quale
richiede
unampia
forza
di
coesione
tra
i
lavoratori,
che
permette
agli
stessi
di
limitare
al
minimo
le
perdite
retributive.
Sciopero
articolato
e
danno
ingiusto
Abbiamo
visto
come
per
tecnica
definitoria
sintendesse
la
definizione
aprioristica
della
nozione
di
sciopero,
la
quale
avrebbe
dovuto
contemplare
alcuni
elementi,
tra
cui
la
totalit
dello
sciopero,
intesa
sia
come
astensione
contemporanea
di
tutti
gli
scioperanti
dallattivit
lavorativa,
sia
come
continuit
temporale
dellastensione.
In
base
a
questa
concezione,
la
giurisprudenza
elabor
la
teoria
del
danno
ingiusto
o
della
corrispettivit
dei
sacrifici,
secondo
cui
lo
sciopero
articolato
(a
scacchiera
o
a
singhiozzo)
causava
al
datore
di
lavoro
un
danno
ingiusto,
non
proporzionato
al
mancato
pagamento
della
retribuzione.
In
realt
la
stessa
giurisprudenza
non
definiva
il
danno
ingiusto.
I
lavoratori,
inoltre,
non
devono
sottostare
ad
alcuna
proporzione
tra
il
danno
causato
e
la
mancata
retribuzione,
in
quanto
lo
sciopero
posto
in
essere
proprio
al
fine
di
rendere
il
pi
efficace
possibile
il
danno
stesso,
per
la
tutela
degli
interessi
collettivi.
Sciopero
e
responsabilit
aquiliana
In
realt
il
danno
ingiusto
si
verifica
solo
nel
caso
in
cui
venga
leso
linteresse
del
datore
di
lavoro
alla
conservazione
dellorganizzazione
aziendale,
non
al
mero
svolgimento
dellattivit
produttiva:
solo
in
tal
caso
si
potrebbe
avere
una
responsabilit
aquiliana
(extracontrattuale)
dei
lavoratori.
Tale
teoria
venne
elaborata
dalla
dottrina
(Ghera,
qualcuno
lo
avr
gi
sentito
nominare)
ed
accettata
dalla
giurisprudenza
della
Cassazione
nella
sentenza
711/1980,
la
quale
neg
che
la
legittimazione
o
meno
di
uno
sciopero
dipendesse
dalla
distribuzione
temporale
o
della
partecipazione
allo
stesso.
Il
danno
alla
produttivit
La
decisione
della
Cassazione
nella
sentenza
711/1980
segn
labbandono
della
tecnica
definitoria
e
dei
limiti
interni
allo
sciopero,
ossia
quelli
inerenti
alla
sua
nozione,
ma
conferm
come
lo
stesso
sciopero
potesse
incontrare
dei
limiti
riscontrabili
allinterno
di
altre
norme
costituzionali:
si
trattava,
in
sostanza,
di
contemperare
linteresse
tutelato
dallart.40
Cost.
ed
altri
interessi
costituzionali.
Uno
di
questi
interessi,
che
possono
limitare
lesercizio
del
diritto
di
sciopero,
quello
inerente
la
libert
diniziativa
economica
dellimprenditore,
contenuto
allinterno
dellart.41
Cost.
Lo
sciopero,
in
pratica,
non
deve
recare
un
DANNO
ALLA
PRODUTTIVITA,
ossia
non
deve
pregiudicare
irreparabilmente
la
produttivit,
la
capacit
di
produrre
dellazienda,
ossia
la
possibilit
per
limprenditore
di
continuare
a
svolgere
la
propria
attivit
economica.
Non
si
tratta,
quindi,
di
una
DANNO
ALLA
PRODUZIONE,
ossia
alla
possibilit
di
trarre
ricavo/guadagno
dalliniziativa
economica,
che
invece
pu
essere
arrecato
proprio
per
danneggiare
limprenditore
al
fine
di
ottenere
una
maggior
tutela
dei
diritti
dei
lavoratori.
Distinzione
tra
danno
alla
produzione
e
danno
alla
produttivit
Tuttavia
talune
volte
pu
capitare
che
un
danno
alla
produzione,
che
riguarda
i
mancati
utili
dellimprenditore,
si
trasformi,
in
situazioni
particolari,
in
un
danno
alla
produttivit,
ossia
alla
capacit
61
dellimprenditore
di
continuare
ad
esercitare
la
propria
attivit
economica.
Il
confine,
quindi,
segnato
dalla
sentenza
711/1980
pu
divenire
molto
sottile.
Particolari
sono
i
casi
dellindustria
siderurgica
e
chimica,
in
cui
alcuni
impianti
non
possono
essere
fermati
senza
degradare
gli
stessi
o
senza
che
il
materiali
si
deperisca.
In
queste
situazioni
vengono
previste
le
c.d.
comandate,
ossia
degli
accordi
tra
sindacati
e
datori
di
lavoro
che
permettano
la
continuazione
dellattivit
da
parte
di
alcuni
prestatori,
in
maniera
tale
da
non
arrecare
alcun
danno
alla
produttivit
(immaginate
un
danno
ad
un
altoforno
dellILVA).
Anche
in
mancanza
di
tali
accordi,
gli
stessi
lavoratori
devono
predisporre,
in
caso
di
sciopero,
un
piano
di
lavoro
per
alcuni
prestatori,
onde
evitare
di
incorrere
nella
responsabilit
extracontrattuale,
a
norma
dellart.2043
c.c.,
di
cui
parlavamo
prima.
I
limiti
al
diritto
di
sciopero
nella
giurisprudenza
della
Corte
di
giustizia
europea
In
questo
paragrafo
lautore
prende
in
considerazione
il
rapporto
tra
libert
economiche
previste
allinterno
dellUnione
europea
e
diritto
di
sciopero,
analizzando
due
differenti
decisioni
della
Corte
di
Giustizia
dellUnione
europea.
Analizziamo
prima
i
due
casi
specifici
e
poi
prendiamo
in
considerazione
le
due
decisioni
a
riguardo.
Caso
Viking
(mi
sento
come
quelli
di
Matrix
o
di
altri
programmi
che
descrivono
laccaduto):
una
societ
di
trasporti
finlandese,
la
Viking
appunto,
al
fine
di
applicare
la
contrattazione
collettiva
di
un
altro
Paese
membro
e
di
poter
retribuire
in
maniera
inferiore
i
propri
dipendenti,
cambia
bandiera
alle
proprie
navi,
registrandole
in
Estonia.
I
sindacati
e
la
Federazione
internazionale
dei
lavoratori
nel
settore
dei
trasporti
(ITF)
avviano
unazione
sindacale,
invitando
gli
affiliati
della
stessa
ITF
a
non
avviare
trattative
con
la
Viking.
Il
caso
finisce
dinanzi
ad
un
giudice
inglese,
che
sospende
il
giudizio
e
chiede
alla
Corte
di
Giustizia
di
pronunciarsi
sulla
possibilit
di
unazione
sindacale
di
impedire
ad
un
datore
di
lavoro
di
avvalersi
della
libert
di
stabilimento.
Caso
Laval:
una
societ
lettone,
la
Laval
appunto,
distacca
alcuni
dipendenti
in
Svezia
presso
unaltra
societ,
controllata
al
100%
dalla
Laval.
I
sindacati
chiedono
di
applicare
il
contratto
collettivo
svedese
a
tali
lavoratori,
ma
non
si
riesce
a
concludere
laccordo.
I
sindacati,
allora,
bloccano
laccesso
delle
merci
in
cantiere
ed
impediscono
ai
lavoratori
lettoni
di
entrarci.
In
seguito
il
sindacato
svedese
degli
elettrici,
tramite
unazione
di
solidariet,
impedisce
alle
imprese
di
installatori
elettrici
di
fornire
servizi
alla
Laval.
Questultima
ricorre
dinanzi
ad
un
giudice,
che
sospende
il
giudizio
e
rimette
la
decisione
inerente
la
compatibilit
dellazione
sindacale
con
la
libera
prestazione
di
servizi,
nelle
mani
della
Corte
di
Giustizia.
La
Corte
di
Giustizia,
dopo
aver
riconosciuto
il
diritto
allo
sciopero
come
principio
fondamentale
del
diritto
comunitario,
permette
alle
libert
economiche
in
questione
(libert
di
stabilimento
e
libera
prestazione
di
servizi)
di
prevalere
sul
diritto
di
sciopero,
il
quale
pu
limitare
le
libert
economiche,
a
detta
della
Corte,
soltanto
se
persegue
un
obiettivo
legittimo
compatibile
con
il
Trattato
e
solo
a
patto
che
sia
giustificato
da
ragioni
dinteresse
generale,
qualora,
tra
laltro,
risulti
impossibile
una
diversa
azione
volta
allo
stesso
scopo
e
non
limitativa
delle
libert
economiche,
in
quanto
questa
stessa
azione
(lo
sciopero)
potrebbe
travalicare
ci
che
necessario
per
raggiungere
lo
scopo.
In
poche
parole
lo
sciopero
va
posto
in
essere
per
limitare
tali
libert
solo
entro
certi
limiti
e
solo
in
casi
estremi.
62
Punto
primo:
quale
Trattato
attribuisce
alla
Corte
di
Giustizia
il
potere
di
limitare
il
diritto
di
sciopero,
dato
che
lUnione
Europea
non
ha
competenza
in
materia,
proprio
in
forza
dellart.153
TFUE???e
detto
ci,
la
Corte
non
dovrebbe
esprimersi
solo
sullosservanza
delle
norme
del
Trattato
e
dei
principi
generali
comunitari,
ma
solo
nelle
materie
di
competenza,
esclusiva
e
concorrente,
dellUnione?
Punto
secondo:
perch
viene
dato
per
scontato
che
la
Viking
stia
esercitando
semplicemente
la
libert
di
stabilimento
e
non
stia
manipolando
la
stessa
per
un
fine
distorto
o
fraudolento???
Punto
terzo:
perch
la
Corte
di
Giustizia,
pur
ponendo
sullo
stesso
piano
le
libert
economiche
e
la
libert
di
intraprendere
azioni
collettive
(come
lo
sciopero),
permette
alle
seconde
di
prevalere???
Punto
quarto
e
di
maggiore
importanza:
perch
la
Corte
di
Giustizia,
data
la
mancanza
di
competenza
in
materia
dellUnione
per
espressa
previsione
del
legislatore
comunitario,
NON
SI
FA
I
CAZZI
SUOI
E
CI
EVITA
DI
STUDIARE
4
PAGINE
DI
LIBRO
PESANTISSIME,
CHE
MAGARI
ALLESAME
NON
CI
CHIEDERANNO
MAI,
MA
CHE
COMUNQUE
DOBBIAMO
FARE
PERCHE
ABBIAMO
PAURA
DI
UNIPOTETICA
DOMANDA
SU
QUESTO
ARGOMENTO?PERCHE
LA
CORTE
DI
GIUSTIZIA
NON
SE
NE
VA
A
FARE
IN
CULO???
N.B.
scusate
ragazzi
ma
mi
scappata
lultima
osservazione.
N.B.2.
Mi
raccomando
non
tenetene
conto
in
fase
di
studio
e
soprattutto
non
portatela
allesame.
63
incostituzionali
due
commi
dellart.2
della
legge
146,
prevedendo
che
un
congruo
preavviso
inerente
lastensione
dallattivit
lavorativa
dovesse
essere
dato
anche
da
coloro
che
non
godevano
del
diritto
di
sciopero,
sebbene
erogassero
servizi
essenziali.
La
L.83/2000
ha
colmato
la
lacuna
della
legge
146,
prevedendo
dei
limiti
anche
allastensione
dalla
propria
attivit
di
lavoratori
autonomi
esercenti
servizi
pubblici
essenziali.
Il
preavviso
e
lobbligo
di
indicare
la
durata
Gi
la
L.146
nel
suo
testo
originario,
antecedente
alla
modifica
del
2000,
prevedeva
tre
limiti
al
diritto
di
sciopero
per
i
servizi
pubblici
essenziali:
Obbligatoriet
del
preavviso;
Indicazione
preventiva
della
durata
dello
sciopero;
Previsione
di
misure
per
garantire
i
servizi
indispensabili.
La
L.83/2000
ha
inserito
un
ulteriore
limite:
Obbligo
di
esperire
una
procedura
di
raffreddamento
e
di
conciliazione
prima
della
proclamazione
dello
sciopero,
secondo
quanto
previsto
dai
contratti
collettivi
(il
che
obbligherebbe
solo
gli
iscritti
ai
sindacati
firmatari)
o,
in
assenza,
secondo
quanto
previsto
dalla
stessa
legge.
In
costanza
della
procedura
non
possibile
n
proclamare
lo
sciopero,
n
per
i
datori
di
lavoro
adottare
delle
contromisure.
Abbiamo
citato
lobbligo
di
preavviso.
La
durata
minima,
derogabile
dai
contratti
collettivi,
di
10
giorni
ed
il
preavviso
deve
essere
contenuto
in
una
comunicazione
scritta,
indicante
la
durata,
le
modalit
e
le
motivazioni
dello
sciopero,
da
consegnarsi
allimpresa/amministrazione
che
eroga
il
servizio
ed
allautorit
competente
alla
precettazione,
che
la
trasmetter
alla
Commissione
di
garanzia.
Le
imprese/amministrazioni,
invece,
almeno
5
giorni
prima
dello
sciopero,
devono
comunicare
allutenza
come
il
servizio
continuer
ad
essere
erogato
ed
in
quali
tempi.
Importante,
per
ci
che
concerne
lo
sciopero
allinterno
dei
servizi
pubblici
essenziali,
il
c.d.
effetto
annuncio:
una
gran
parte
dellutenza,
avuta
notizia
dello
sciopero,
tende
a
non
utilizzare
proprio
quel
servizio
nei
giorni
previsti,
il
che
comporta
un
potere
maggiore
delle
organizzazioni
sindacali,
le
quali
potrebbero,
senza
ricorrere
allo
sciopero,
ottenere
ugualmente
il
soddisfacimento
delle
proprie
pretese.
Tuttavia
la
L.83/2000
ha
previsto
che
la
revoca
dello
sciopero,
una
volta
che
ne
stata
data
notizia
allutenza,
costituisce
una
forma
sleale
di
azione
sindacale,
almeno
che
non
sia
giustificata
da
un
accordo
specifico
tra
le
parti
o
un
impegno
a
riprendere
le
trattative,
oppure
da
una
richiesta
della
Commissione
di
garanzia
o
dellautorit
competente
per
la
precettazione.
Sono
previste,
tuttavia,
delle
deroghe
allobbligo
di
preavviso
in
due
casi
ben
distinti:
Sciopero
in
difesa
dellordine
costituzionale:
situazione
estrema
in
cui
la
minaccia
dellordine
costituzionale
provoca
la
reazione
dei
lavoratori
tramite
lo
sciopero;
65
Sciopero
di
protesta
per
gravi
eventi
lesivi
dellincolumit
e
della
sicurezza
dei
lavoratori.
Essendo
casi
eccezionali,
infatti,
non
ipotizzabile
un
preavviso
che
svuoterebbe
di
significato
lazione
di
sciopero.
Le
prestazioni
indispensabili
Uno
dei
limiti
imposti
al
diritto
di
sciopero,
in
ambito
di
servizi
pubblici
essenziali,
costituito
dallobbligatoriet
di
garantire
i
servizi
indispensabili
anche
in
costanza
dello
sciopero:
si
parla,
in
tal
caso,
di
prestazioni
indispensabili.
Il
compito
di
individuare
le
prestazioni
indispensabili
e
di
organizzarle
spetta
alla
contrattazione
collettiva,
per
ci
che
concerne
i
lavoratori
subordinati,
ed
ai
codici
di
autoregolamentazione
delle
associazioni
di
categoria,
per
ci
che
riguarda
i
lavoratori
autonomi,
i
professionisti
ed
i
piccoli
imprenditori.
Sia
gli
accordi
che
i
codici
di
autoregolamentazione
devono,
non
solo,
individuare
le
prestazioni
indispensabili,
ma
anche
prevedere
delle
misure
per
lerogazione
delle
stesse:
pu
trattarsi
di
misure
che
prevedano
lo
sciopero
solo
di
alcune
quote
di
lavoratori,
con
lesercizio
dellattivit
lavorativa
da
parte
di
altri,
oppure
di
misure
che
prevedano
unerogazione
periodica
dei
servizi
nella
loro
totalit
ed
un
assenza
in
altri
periodi.
Non
va
dimenticato,
inoltre,
lobbligo
di
rarefazione,
il
quale
prevede
che
gli
accordi
debbano
indicare
periodi
minimi
di
tempo
tra
uno
sciopero
e
laltro,
onde
evitare
una
mancata
continuit
dei
servizi
pubblici.
Va
sottolineato
come
tali
accordi
si
applichino
anche
ai
lavoratori
non
iscritti
ai
sindacati
firmatari
dellaccordo
collettivo
inerente
le
prestazioni
indispensabili.
Tra
laltro,
un
organismo
appositamente
costituito,
ossia
la
Commissione
di
garanzia
dellattuazione
della
legge,
deve
valutare
lidoneit
dellaccordo
e
la
sua
conformit
alle
previsioni
legislative,
oltre
a
poter
prevedere
regole
provvisorie
in
mancanza
dellaccordo
stesso.
La
regolamentazione
provvisoria
della
Commissione
di
garanzia
A
stabilire
modalit
di
esercizio
degli
scioperi
nei
servizi
pubblici
essenziali
e
ad
identificare
le
prestazioni
indispensabili,
interviene
lautonomia
collettiva,
che
in
tal
caso,
per,
si
presenta
come
unautonomi
guida
e
controllata.
Gi
la
legge
del
1990
aveva,
infatti,
istituito
unautorit
amministrativa
indipendente,
la
Commissione
di
garanzia
per
lattuazione
della
legge,
composta
da
9
membri,
esperti
in
materia
di
diritto
costituzionale,
del
lavoro
e
sindacale,
designati
dai
Presidenti
delle
Camere
e
nominati
dal
Presidente
della
Repubblica,
la
quale
non
risponde
al
Governo
n
a
nessunaltra
autorit,
essendo
i
suoi
membri
inamovibili,
ed
il
cui
compito
di
gran
lunga
pi
importante
costituito
dalla
valutazione
dellidoneit
degli
accordi
collettivi
a
realizzare
il
giusto
contemperamento
di
interessi
tra
il
diritto
di
sciopero
e
gli
altri
diritti
costituzionalmente
garantiti
e
determinanti
allinterno
dei
servizi
pubblici
essenziali.
Qualora
laccordo
tra
le
parti
sociali
non
venga
raggiunto
o
risulti
inidoneo
al
suo
scopo,
la
Commissione
formula
essa
stessa
una
proposta,
che
qualora
non
venga
accettata,
opera
comunque
provvisoriamente.
Le
parti
sociali
potranno,
tra
laltro,
interrompere
tale
operativit
tramite
un
accordo,
pur
sempre
adeguandosi
alle
linee
guida
della
Commissione,
per
poter
ottenere
un
proprio
parere
vincolante
positivo
sullaccordo
stesso.
66
Le
sanzioni
La
Commissione
di
garanzia
per
lattuazione
della
legge
possiede,
inoltre,
un
elevato
potere
sanzionatorio,
accresciuto
dalla
modifica
apportata
dalla
L.83/2000.
Essa,
anzitutto,
pu
valutare
il
comportamento
delle
parti
di
un
conflitto
sindacale
ed
aprire,
nei
loro
confronti,
un
procedimento,
dufficio
o
su
istanza
di
una
delle
parti;
tale
procedimento
va
notificato
alle
parti,
che
hanno
trenta
giorni
per
chiedere
di
essere
sentite.
Entro
e
non
oltre
60
giorni,
comunque,
la
Commissione
deve
pronunciarsi
sul
comportamento
della
parte
sociale
interessata,
deliberando
una
sanzioni
ed
indicando
un
termine
entro
il
quale
la
decisione
deve
essere
eseguita.
Per
ci
che
concerne
i
lavoratori
aderenti
ad
uno
sciopero
illegittimo,
la
Commissione
pu
deliberare
sanzioni
in
proporzione
allinfrazione,
escluso,
per,
il
licenziamento.
I
dirigenti
dellamministrazione/impresa
per
cui
lavorano
tali
lavoratori
devono
eseguire
la
decisione
della
Commissione,
dovendo
una
somma
pecuniaria,
a
titolo
di
sanzione,
per
ogni
giorno
di
ritardo
nellapplicazione.
Nei
confronti,
invece,
delle
organizzazioni
sindacali
che
proclamino
uno
sciopero
in
violazioni
delle
disposizioni
inerenti
il
preavviso,
la
comunicazione
scritta,
lindicazione
della
durata
e
delle
modalit
dello
sciopero,
lesperimento
obbligatorio
della
procedura
di
raffreddamento,
la
Commissione
pu
prevedere:
La
sospensione
dei
permessi
sindacali
retribuiti;
Il
mancato
recepimento
dei
contributi
sindacali,
girati
allINPS;
Lesclusione
dalle
trattative;
In
assenza
di
benefici
patrimoniali
e
di
partecipazione
alle
trattative,
pu
essere
prevista
una
sanzione
amministrativa
pecuniaria
a
carico
dellorganizzazione
sindacale.
Anche
per
le
organizzazioni
dei
lavoratori
autonomi,
dei
professionisti
e
dei
piccoli
imprenditori,
possono
essere
previste
sanzioni
in
caso
di
violazione
dei
codici
di
autoregolamentazione
o
della
regolamentazione
provvisoria
prevista
dalla
Commissione.
Unico
particolare,
meritevole
di
essere
citato,
lo
ritroviamo
nel
fatto
che
della
sanzione
rispondono
solidalmente
i
lavoratori
e
le
proprie
organizzazioni:
di
fatto,
quindi,
qualora
lorganizzazione
dovesse
adempiere
al
pagamento
della
sanzione,
i
lavoratori
ne
uscirebbero
indenni.
Le
associazioni
degli
utenti
A
partire
dalla
fine
degli
anni
90,
un
considerevole
e
crescente
numero
di
diritti
viene
riconosciuto
alle
associazioni
che
tutelano
gli
interessi
degli
utenti
e
dei
consumatori,
purch
esse
godano
di
una
certa
rappresentativit
nazionale
e
siano
iscritti
in
un
apposito
elenco.
La
L.83/2000,
ovviamente,
ha
attribuito
a
tali
associazione
una
serie
di
diritti
in
merito
ai
servizi
pubblici
essenziali.
In
particolar
modo
esse
possono
attivare
la
procedura
per
ottenere
delle
sanzioni
dinanzi
alla
Commissione
di
garanzia
,
cos
come
possono
fornire
un
parere
alla
stessa
in
merito
allidoneit
di
accordi
tra
le
parti
sociali.
Inoltre
possono
agire
nei
67
confronti
delle
organizzazioni
rappresentative
dei
lavoratori,
qualora
esse
abbiano
revocato
uno
sciopero
dopo
la
comunicazione
allutenza
o
lo
abbiano
ugualmente
effettuato
dopo
linvito
della
Commissione
a
differirlo,
e
nei
confronti
delle
amministrazioni/imprese
erogatrici
di
servizi
pubblici
essenziali,
qualora
le
stesse
non
abbiano
dato
adeguata
comunicazione
delle
modalit
di
esercizio
del
servizio
nei
periodi
di
sciopero.
La
precettazione:
aspetti
sostanziali
La
precettazione,
in
tema
di
astensione
dal
lavoro
nei
servizi
pubblici
essenziali,
un
provvedimento,
o
meglio
unordinanza,
adottata
dal
potere
esecutivo
(Presidente
del
Consiglio
o
suo
Ministro,
qualora
ci
sia
rilevanza
nazionale,
il
Prefetto
in
tutti
gli
altri
casi)
per
interrompere
uno
sciopero,
nel
caso
in
cui,
oltre
a
ricorrere
i
presupposti
di
cui
allart.1
della
L.146/1990,
vi
sia
un
pericolo
grave
ed
imminente
ai
diritti
della
persona
costituzionalmente
garantiti.
La
precettazione,
in
realt,
esisteva
(ed
esiste
ancora)
gi
prima
della
regolamentazione
della
materia
da
parte
della
legge
146:
il
Prefetto,
in
alcune
materie
(edilizia,
polizia
locale
ed
igiene)
e
per
motivi
di
sanit
e
di
sicurezza
pubblica,
poteva
emanare
un
provvedimento
(unordinanza)
urgente.
In
tal
caso,
per,
non
cera
alcun
legame
con
il
diritto
di
sciopero.
La
precettazione:
aspetti
procedurali
In
ambito
di
servizi
pubblici
essenziali,
legittimati
alla
precettazioni
non
sono
solo
le
autorit
di
cui
abbiamo
parlato,
ma
anche
la
Commissione
di
garanzia:
lautorit
precettante,
tra
laltro,
prima
di
emettere
il
provvedimento
deve
informare
la
Commissione;
questultima,
invece,
pu
segnalare
scioperi
o
astensioni
collettive
che
comportino
un
imminente
pericolo
per
i
diritti
della
persona,
alle
autorit
in
questione.
Prima
di
emanare
il
provvedimento,
comunque,
lAutorit
deve
esperire
un
tentativo
di
conciliazione
nel
minor
tempo
possibile,
ed
in
caso
di
esito
negativo,
pu
emettere
lordinanza
contenente
le
misure
necessarie
per
la
tutela
degli
interessi
in
gioco,
misure,
tra
laltro,
mirate
al
contemperamento
tra
il
diritto
di
sciopero
e
quello
dei
diritti
costituzionali
in
pericolo,
quindi
effettivamente
necessarie
per
il
raggiungimento
del
fine.
Il
provvedimento
va
comunicato
48
ore
prima
dellastensione,
portato
a
conoscenza
degli
interessati
tramite
comunicazione
ed
affisso
nei
luoghi
di
lavoro,
nonch
diffuso
tramite
mass-media.
Lordinanza
pu
essere
impugnata,
dalle
parti
interessate,
entro
7
giorni
dalla
comunicazione
o
dallaffissione,
presso
il
TAR
competente.
Sono
previste
delle
sanzioni
pecuniari
per
chi
non
ottemperi
al
provvedimento
di
precettazione,
irrogate
dallAutorit
precettante
ed
applicate
dallispettorato
del
lavoro.
68
Talune
volte,
inoltre,
sono
state
applicate
altre
norme
del
codice
penale,
come
quella
contenuta
nellart.614
c.p.,
riguardante
il
reato
di
violazione
di
domicilio,
norma
ricompresa
tra
i
delitti
contro
libert
individuale
e
pertanto
palesemente
incompatibile
col
caso
in
questione.
Il
blocco
delle
merci
Unaltra
forma
di
lotta
sindacale
costituita
dal
blocco
delle
merci,
attuabile
in
due
maniere
diverse:
Tentando
di
non
far
trasportare
fuori
dal
magazzino
le
merci,
tramite
unopera
di
convincimento
e
di
propaganda
nei
confronti
dei
trasportatori:
ed
in
tal
caso
trattasi
di
comportamento
lecito;
Impedendo
ai
trasportatori
di
accedere
allazienda
per
depositare
merci,
anche
ricorrendo
alla
violenza:
in
tal
caso
il
comportamento
deve
cessare
e
possono
ricorrere
gli
estremi
per
lapplicazione
dellart.610
c.p.
(violenza
privata).
Le
forme
di
lotta
sindacale
con
offerta
della
prestazione
Analizziamo
ora
le
forme
di
lotta
sindacali
che
nulla
hanno
a
che
fare
con
lo
sciopero
e
che
non
comprendono
lo
stesso,
non
godendo,
quindi,
della
tutela
apprestata
dallart.40
Cost.
e
regolate
dal
diritto
civile:
Rallentamento
concertato
della
produzione,
anche
detto
sciopero
del
rendimento:
consiste
nel
rallentare
lattivit
lavorativa
e
produttiva,
prestando
una
diligenza
inferiore
a
quella
normale:
ci
pu
dar
luogo
a
provvedimenti
disciplinari,
al
risarcimento
del
danno
ed,
addirittura,
al
licenziamento
per
notevole
inadempimento.
Inoltre
il
datore
di
lavoro
potrebbe
non
avere
interesse
a
ricevere,
in
quel
modo,
la
prestazione
e
sospendere
la
retribuzione.
Non
pu,
per,
diminuirla,
in
quanto
essa
non
proporzionata
al
rendimento,
ma
allorario
di
lavoro;
Non
collaborazione:
consiste
nellesecuzione
dello
stretto
necessario
per
ci
che
concerne
lattivit
lavorativa
e
costituisce
inadempimento
contrattuale,
in
forza
dellart.1374
c.c.
inerente
lintegrazione
del
contratto,
secondo
cui
lo
stesso
obbliga
non
solo
a
quanto
in
esso
contenuto,
ma
a
tutte
le
conseguenze
derivanti
dalla
legge
o
dagli
usi
e
dallequit;
Sciopero
delle
mansioni:
i
lavoratori
si
rifiutano
di
svolgere
alcuni
compiti
dovuti
per
contratto.
Il
rifiuto,
pertanto,
illegittimo
e
da
luogo
ad
inadempimento;
Ostruzionismo:
consiste
nellapplicazione
continua
e
cavillosa
dei
regolamenti;
ovviamente
non
pu
dar
luogo
ad
alcun
provvedimento
disciplinare,
n
tanto
meno
ad
inadempimento,
ma
pu
generare
un
abuso
del
potere
discrezionale.
Il
boicottaggio
Lultima
forma
di
lotta
sindacale,
che
esula
dallo
sciopero,
che
andiamo
ad
analizzare
il
boicottaggio:
esso
si
attua
quando,
mediante
propagando
o
valendosi
della
forza
di
gruppi
sociali,
si
inducono
una
o
pi
persone
a
non
stipulare
patti
di
lavoro,
e
a
non
somministrare
materie
prime
o
strumenti
necessari
al
lavoro,
oppure
a
non
acquistare
gli
altrui
prodotto
agricoli
o
industriali.
La
Corte
costituzionale
ha
ritenuto
legittimo
lart.507
c.p.
che
punisce
tale
reato.
70
SEZIONE B: LA SERRATA E LE ALTRE FORME DI AUTOTUTELA DEL DATORE DI LAVORO Il silenzio della Costituzione Allinterno della nostra Carta costituzionale non previsto, in alcun modo, la libert di serrata da parte dei datori di lavoro: esso consiste nella chiusura totale o parziale dellimpresa, rifiutando le prestazioni dei lavoratori e non corrispondendo le retribuzioni. E una forma di autotutela degli imprenditori. In realt la Costituzione lha volutamente esclusa, in quanto non voleva in alcun modo porre sullo stesso piano i datori di lavoro ed i lavoratori, tutelando in tal modo questi ultimi come categoria socialmente sottoprotetta e degna di un apposito strumento di autotutela. Serrata e mora del creditore Non essendo tutelata costituzionalmente, la serrata soggiace alle norme civilistiche in tema di mora credendi o accipiendi, ossia di mora del creditore (artt.1206 e ss) che rifiuta la prestazione lavorativa, ossia ladempimento della controparte contrattuale. Il datore di lavoro, in tal caso, secondo il codice civile, deve corrispondere il risarcimento del danno provocato al debitore, il quale, secondo una parte della dottrina, non pu essere inferiore alle retribuzioni che avrebbe dovuto corrispondere qualora avesse accettato la prestazione lavorativa. Inoltre dal risarcimento sarebbero detraibili i guadagni del lavoratore fatti altrove. Unaltra teoria dottrinale, invece, prevede che lobbligazione retributiva permanga anche in stato di mora credendi e, pertanto, il datore di lavoro dovrebbe ugualmente corrispondere le retribuzioni. La serrata di ritorsione Lart.1206 c.c., in tema di mora credendi, prevede che il creditore non sia in mora nel momento in cui rifiuta la prestazione per un motivo legittimo: il caso della c.d. serrata di ritorsione (o messa in libert), la quale si verifica quando venga posto in essere uno sciopero articolato (a singhiozzo o a scacchiera). Infatti nella prassi italiana la serrata non mai stata posta in essere per rivendicare qualcosa, ma solo come risposta a forme di lotta sindacale dei lavoratori. Si cercato in vari modi di giustificare la serrata dei datori di lavoro nel caso di sciopero articolato: un orientamento giurisprudenziale ha sostenuto che la legittimit della serrata derivasse dallillegittimit dello sciopero, di fatto prevedendo una responsabilit collettiva dei lavoratori che nel nostro ordinamento non esiste; un altro orientamento ha valutato la legittimit della serrata, precisando che, nel momento in cui al datore viene offerta la prestazione lavorativa, egli non ha interesse ad ottenerla in quanto non pi utilizzabile e non proficua: questo, per, comporterebbe il passaggio del rischio della produttivit sul lavoratore, da sempre, invece, gravante sullimprenditore. Possiamo concludere che la serrata di ritorsione ammissibile solo: Quando la prestazione, offerta nellintervallo di uno sciopero a singhiozzo, sia tanto breve da non consentire alla prestazione stessa di realizzare la sua minima unit tecnico-temporale: in sostanza la prestazione perde di significato, essendo diversa da quella contrattualmente prevista;
71
Quando,
in
uno
sciopero
a
scacchiera,
lastensione
di
un
gruppo
di
lavoratori,
comporti
limpossibilit
degli
altri
di
eseguire
la
prestazione:
la
prestazione
diviene
impossibile
ed
legittimo
il
rifiuto
dellimprenditore.
Il
reato
di
serrata
e
la
giurisprudenza
costituzionale
La
sentenza
della
Corte
costituzionale
29/1960,
dichiarando
incostituzionale
lart.502.c.p.,
non
abol
solo
il
reato
di
sciopero
per
fini
contrattuali,
ma
anche
quello
di
serrata
per
fini
contrattuali,
incluso
nello
stesso
articolo.
La
Corte
ebbe
modo
di
chiarire
come
la
serrata,
pur
non
ricevendo
la
stessa
tutela
costituzionale
dello
sciopero,
rientrasse
ugualmente
nella
libert
sindacale
di
cui
allart.39
Cost.
e
pertanto
non
fosse
in
alcun
modo
perseguibile
penalmente.
In
modo
del
tutto
opposto
si
pronunci
in
merito
alla
serrata
di
solidariet
o
di
protesta
nel
1967
con
la
sentenza
141,
precisando
che
la
libert
di
serrata
si
innestasse
allinterno
del
rapporto
datore-prestatore
e
che
non
avesse
motivo
di
esistere
al
di
fuori
di
esso,
lasciando
in
vigore
lart.505
c.p.
che
continua,
tuttora,
a
vietarla.
Stesso
ragionamento
vale
per
la
serrata
a
fine
politico,
art.503
c.p.,
e
per
la
serrata
di
coazione
della
pubblica
autorit,
art.504
c.p,
i
cui
divieti
continuano
ad
operare.
La
sostituzione
dei
lavoratori
in
sciopero
Il
datore
di
lavoro,
infine,
pu
utilizzare
metodi
diversi
dalla
serrata
di
ritorsione
per
fronteggiare
lo
sciopero
dei
lavoratori,
tra
cui
il
pi
importante
la
sostituzione
degli
stessi
per
lintera
durata
dellastensione.
Egli
pu
attuare
una
simile
soluzione,
adoperando
per
esempio
lavoratori
non
scioperanti
o
di
altre
unit
produttive,
ma
chiamato
al
rispetto
dellart.2103
c.c.
in
merito
alle
mansioni:
si
deve
trattare
di
mansioni
equivalenti,
o
qualora
si
tratti
di
mansioni
superiori
ci
deve
essere
una
diversa
retribuzione;
non
pu
mai
trattarsi,
tra
laltro,
di
mansioni
inferiori.
Il
datore
di
lavoro,
inoltre,
potrebbe
sostituire
i
lavoratori
in
sciopero
con
prestatori
di
lavoro
assunti
a
tempo
determinato
o
tramite
un
contratto
di
somministrazione:
le
discipline
degli
specifici
contratti,
per,
hanno,
nel
tempo,
impedito
una
soluzione
di
tal
genere.
N.B.
per
gli
studenti:
questopera
non
solo
un
riassunto
del
GIUGNI
(anche),
ma
una
rielaborazione
personale
dei
temi
in
esso
trattati.
Aver
scartato
alcune
parti
e
sottolineato
limportanza
di
altre,
non
fa
di
me
un
docente,
ma
semplicemente
uno
studente
che
fa
delle
valutazioni
personali.
Dal
canto
mio,
con
una
minima
vena
di
vanto
ed
arroganza,
possono
dirvi
che
le
mie
rielaborazioni
mi
hanno
sempre
portato
a
conseguire
voti
non
inferiori
al
27.
Tuttavia
doveroso,
da
parte
mia,
precisare
che
ognuno
di
noi
portatore
di
una
singolarit
che
gli
permette
di
recepire
le
informazioni
in
maniera
diversa,
migliore
o
peggiore
che
sia.
Quello
che
posso
assicurare
che,
allinterno
della
mia
rielaborazione,
non
ho
trascurato
nulla
di
rilevante,
ma
pur
sempre
dal
mio
punto
di
vista,
che
potrebbe
differire
da
quello
degli
assistenti
e
del
docente.
Vi
invito,
pertanto,
ad
integrare
gli
argomenti
trattati
con
il
libro
di
testo,
scritto
da
un
docente
e
luminare
in
materia,
qualora
lesposizione
non
vi
abbia
soddisfatti,
o
anche
a
confrontare
la
mia
rielaborazione
con
quella
di
altri
colleghi.
Mi
scuso
in
anticipo,
inoltre,
qualora
doveste
riscontrare
errori
72
grammaticali,
dovuti,
vi
assicuro,
alla
stanchezza
ed
al
peso
specifico
della
materia.
Rielaborare
non
mai
semplice,
per
questo
motivo
in
alcune
parti
ritroverete
pari
pari
le
parole
del
testo,
magari
selezionate
a
mia
discrezione,
magari
ricopiate
e
basta.
In
altre,
invece,
troverete
elementi
di
diritto
privato
(o
anche
commerciale)
che
il
testo
da
per
scontato
che
voi
abbiate
appreso,
ma
che
io
ho
voluto
ricordarvi
ugualmente,
o
troverete
mie
ricostruzioni
personali
o
miei
commenti.
Spero
davvero
che
questa
mini-opera
possa
esservi
daiuto.
Vi
auguro
di
prendere
un
buon
voto
allesame!!!
Foxshark
73
74