Dalla Meditazione Orientale Al Channeling - Tarcisio Mezzetti
Dalla Meditazione Orientale Al Channeling - Tarcisio Mezzetti
Dalla Meditazione Orientale Al Channeling - Tarcisio Mezzetti
1. Introduzione
C'è un testo assai famoso nel giro del New Age che si chiama "Le matin des
magiciens" (Il mattino dei maghi") in cui gli autori Louis Pauwels e Jacques
Bergier affermano quanto segue: "Credo che voi cadete nell'errore frequente
di coloro che limitano il mondo spirituale alle regioni del bene supremo.
Perfino gli esseri supremamente perversi fanno parte del mondo spirituale.
L'uomo ordinario di carne e di sensi, non sarà mai un grande santo... né un
grande peccatore. Noi siamo, per la maggior parte, semplicemente delle
creature contraddittorie e, in definitiva, trascurabili. Seguiamo il nostro
cammino nel fango d'ogni giorno senza capire il significato profondo delle
cose, perciò il bene ed il male in noi sono identici, occasionali, senza
importanza... I grandi, nel bene come nel male, sono coloro che lasciano
indietro le copie imperfette per andare verso gli originali perfetti. Per me, non
esiste alcun dubbio: i più grandi tra i santi non hanno mai fatto una "buona
azione" nel significato corrente del termine. D'altro canto, esistono degli
uomini che sono scesi al fondo degli abissi del male e che, in tutta la loro
vita, non hanno mai commesso ciò che voi chiamate una "cattiva azione" (L.
PAUWELS e J. BERGIER, "Le matin des magiciens", II parte, c, IV). Questo
brano sarebbe la miglior introduzione possibile per spiegare con un esempio
efficace il concetto corrente a proposito del peccato in questa nostra società
post-cristiana, per paragonarlo poi con quello autenticamente cristiano. Va
osservato tuttavia che le implicazioni religiose, psicologiche e perfino
biologiche descritte in questo brano dovrebbero essere sufficienti a mettere in
guardia il cristiano dal lasciarsi coinvolgere nelle pratiche magiche, di
qualsiasi tipo esse siano; vale a dire sia che queste riguardino il cercare di
fare il male a qualcuno (magia nera), sia che riguardino il cercare di guarire
se stessi o gli altri (magia bianca). Non vogliamo lanciarci in questa sede in
un attacco contro il mondo obliquo ed equivoco della parapsicologia, anche
se l'antropologia che si sforza di presentare è che tutti i fenomeni "magici", o
non spiegabili scientificamente, siano sempre riconducibili alla stessa origine:
in altre parole sono "naturali". La parapsicologia pretende quindi di cancellare
sia il "soprannaturale", che il "preter-naturale", ma davanti a questa pretesa
mi chiedo: che senso ha questo passo dal Vangelo di Giovanni? "Molti altri
segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in
questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il
Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome" (Gv 20,30-31).
Infatti, se tutto è "naturale", allora quei "segni" di cui parla Giovanni non
indicherebbero che Gesù era "il Cristo, il Figlio di Dio", ma che era solo un
uomo, un bravissimo "parapsicologo" che sapeva usare bene i suoi poteri
"umani", quindi, in ultima analisi, Gesù era un... truffatore. Ma il Cristianesimo
è una truffa? Il brano suddetto ci fa riflettere su quanto sia enorme I'ignoranza
della cultura post-cristiana su quanto riguarda il mondo spirituale, ma
un'ignoranza che si presenta tronfia e piena di presunzione. L'uomo odierno
sembra immerso nelle tenebre e incapace di discernere la realtà del mondo
spirituale che lo circonda. Quando vuol valutare una situazione, un fatto, o
una persona, ricorre a criteri confusi, spesso meschini, pieni di prosopopea,
come il brano che abbiamo letto prima, ma in ultima analisi assai
inconsistenti. Così quando cerca di applicare i concetti di bene e di male lo fa
immergendosi nel mare opaco e gelatinoso del relativismo morale, perciò la
sua capacità di giudizio rimane insufficiente, malgrado tutte le buone
intenzioni, e facilmente cade sotto la maledizione riportata dal profeta Isaia:
4. L'iniziazione
Per cominciare la sua avventura il "meditante" deve sottoporsi ad una
cerimonia di "iniziazione", che in sanscrito si chiama "puja". Deve portare
come offerte un fazzoletto bianco, alcune rose (alle quali saranno tolte le
spine)e alcuni frutti (non acidi). La cerimonia si svolge con preghiere ed
invocazioni in sanscrito, i fiori, i frutti ed il fazzoletto vengono offerti a divinità
indù; il futuro "meditante" deve partecipare di persona, obbligatoriamente, a
questa cerimonia, altrimenti non può accedere alla Meditazione
Trascendentale. Su questo punto Maharishi è categorico. Il "puja" è un rituale
cultuale di azione di grazie, di offerta e di lode. Nel corso di questa cerimonia,
cantata in sanscrito, I'istruttore offre gli oggetti portati dal "meditante", oltre a
incenso, canfora bollente e la fiamma di una candela. Il rito è rivolto oltre che
a divinità indù, anche ai maestri defunti della tradizione vedica, e in
particolare al maestro di Maharishi (che è "divino"), e il cui ritratto si trova su
un tavolino addobbato ad altare e coperto da una tovaglia bianca. Alla fine si
fa l'invocazione d'iniziazione; l'istruttore si prostra davanti all'immagine di
Guru Dev e invita l'iniziato a fare altrettanto. Dopo questa adorazione,
I'istruttore comincia a mormorare il "mantra" destinato al nuovo "meditante",
che lo riceve nel segreto e non deve comunicarlo a nessuno. Dopo essere
stato iniziato alla corretta utilizzazione del "mantra", il "meditante" torna a
casa con uno dei fiori, uno dei frutti - che mangerà - e il fazzoletto bianco che
erano stati offerti nel corso della cerimonia. Nei tre giorni seguenti vengono
impartite al "meditante" le nozioni complete della tecnica, e l'ultimo giorno gli
vengono spiegate le possibilità spirituali che può sperare di ricevere dalla
Meditazione Trascendentale. Ma se il "puja" è un rituale cultuale di azione di
grazie, di offerta e di lode", cioè un atto di adorazione non rivolto al Dio vero,
può un cristiano celebrare il "puja", che non è altro che un'iniziazione indù e
che è strettamente ed obbligatoriamente connessa con la Meditazione
Trascendentale? La Scrittura ci dice: "lo sono il Signore, tuo Dio, che ti ho
fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei
di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel
cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la
terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore,
sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla
terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il
suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano I
miei comandi" (Es 20,2-6).
5. Il "mantra"
Cerchiamo di capire meglio cosa sia il "mantra". Al "meditante" si spiega che i
"mantra" sono dei semplici suoni che derivano dalla tradizione vedica, che
agiscono come "veicolo" della meditazione e che non hanno alcun significato.
Dopo un certo tempo di meditazione, il "meditante" può però domandare di
ricevere una "tecnica avanzata". Che cos'è? In realtà non si tratta di una
nuova tecnica, ma di addizioni progressive al suo primo "mantra". Quando poi
chiederà "tecniche avanzate": otterrà addizioni più totali. Chi capisce il
sanscrito, può scoprire il significato di queste "addizioni" che gettano una luce
inquietante sul "mantra" stesso. Infatti, queste addizioni successive finiscono
col formare una vera frase completa. Scrive Tony Brasil che è stato istruttore
di Meditazione Trascendentale prima di convertirsi a Cristo ed abbandonarla:
"Ecco un esempio della traduzione delle addizioni ("tecniche avanzate"),
aggiunte al "mantra" personale:
mantra originale: X
addizioni: sri
Questo fa in sanscrito una frase completa come: "Mi prostro davanti ai piedi
di loto di Sri X", della quale I'unica parola intraducibile in un primo tempo è il
"mantra" originale. Allora si è obbligati a domandarsi se il "mantra" stesso
non sia un qualche vivente davanti al quale ci si prostra in spirito nel corso di
questa meditazione che si fa due volte il giorno. Inoltre, nel 1974, ho potuto
ascoltare Charlie Lutes, presidente mondiale del "Movimento di rigenerazione
spirituale" il primo movimento di Meditazione Trascendentale (e che mantiene
sempre la sua presentazione meno scientifica della MT). Egli affermava che
ci sono difatti 108 "mantra': nomi di 108 divinità indù (alle quali si rende culto
in India). Altri studiosi cristiani hanno scoperto parallelamente che il "mantra"
è sempre il nome sanscrito di un dio indù. Gli indù credono che questi dei
siano in realtà degli spiriti potenti che possono avere influenza sulla vita degli
esseri umani. Diviene dunque chiaro che con I'uso del "mantra': il "meditante"
invoca e reinvoca una divinità pagana o un demone" (AA.VV. "Dalle sponde
del Gange alle rive del Giordano"; Ed. Ancora - Milano, p. 212-213,
Testimonianza di Tony Brazil).
7. Lo "yoga" e la MT
Al "meditante" che si avvia alla Meditazione Trascendentale viene spiegato
che questa non è un tipo di "yoga", il quale richiederebbe le "asana", cioè
delle posizioni corporali precise, ma il Maharishi stesso, che è uno "yogin",
parlando agl'istruttori, definisce invece la Meditazione Trascendentale, in
modo forse un po' puerile, come il raja yoga", o "yoga regale" ('perché,
essendo facile,... conviene ai re!"). Dice Tony Brazil: (Ibid.; p. 214) "II termine
"yoga" vuol dire "unione" unione di sé con I'Assoluto. Questo campo infinito
d'lntelligenza Pura, I'Assoluto, che diviene la nostra dimora nella Coscienza
Cosmica, è impersonale per la tradizione vedica e non è Dio. Dunque, lo
scopo implicito dello 'yoga': di ogni sorta di 'yoga': anche dello "hata yoga"
('yoga" del corpo), che è praticato innocentemente da tante persone, è la
unione di sé con I'Assoluto: la Coscienza Cosmica. Questo stato è chiamato
il "nirvana" o "illuminazione del sé "da parte di una moltitudine di guru e di
yogin. È Maharishi che lo chiama più scientificamente la Coscienza
Cosmica."
8. MT e le reincarnazioni
Gli ultimi stati di coscienza si possono comprendere pienamente solo
tenendo conto delle credenze religiose dell'induismo e del vedantismo, che
sono la sorgente inseparabile anche se nascosta delI'insegnamento e della
tecnica della Meditazione Trascendentale. Questo bisogna che sia ben
spiegato a tutti i cristiani che si trovassero coinvolti nella Meditazione
Trascendentale. Dice Tony Brazil (Ibid.: p. 214-215). "Per la tradizione
vedica, I'anima è immortale, ma è sottoposta a un processo divino
d'evoluzione secondo regole della "Natura". Ogni persona è sotto la legge di
reincarnazioni successive fino a che I'anima non raggiungerà I'illuminazione
(C.C.), in cui essa sarà allora liberata dal gioco dell'evoluzione. Alla morte
corporale, I'anima - se sarà giunta a vivere al livello della coscienza la sua
natura di Assoluto si fonde come una goccia d'acqua nell'oceano ed "è",
eternamente. Questo gioco di evoluzioni e reincarnazioni può prendere dei
secoli, prima che la C.C. sia raggiunta. La Meditazione Trascendentale
sarebbe il "catalizzatore", per accelerare il processo di evoluzione, al fine di
raggiungere la Coscienza Cosmica in questa vita. Gl'istruttori dicono con
discrezione, che potrebbero occorrere da cinque a sette anni di pratica
regolare (o un tempo maggiore per le persone molto "stressate").
Gesù dice:
"Purificate prima l'interno della coppa e del piatto e tutto per voi sarà puro".
È Gesù stesso poi che viene a purificarci ed a donarci il suo Spirito ed il suo
amore infinito, che è poi quello di Dio. Dice, infatti, san Paolo: "La speranza
poi non delude, perché lamore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). Nella Meditazione
Trascendentale non c'è posto nemmeno per la misericordia, poiché Dio non è
una persona che prende un interesse appassionato per le sue creature. Dio è
il "Tutto", Dio è "Energia". È ben noto, infatti, che né una batteria, né una
centrale nucleare possono brillare per amore. Nella Meditazione
Trascendentale non c'è posto nemmeno per la sofferenza. La norma da
raggiungere per il "meditante" è la Coscienza Cosmica, stato nel quale non
c'è sofferenza. Mentre per il cristiano la felicità è la beatitudine di Dio, la vera
felicità, secondo Maharishi, può esistere solo nell'assenza di sofferenza. Lo
scopo della Meditazione Trascendentale è quindi di liberarci della sofferenza
a livello puramente naturale, il più presto possibile, perché essa non serve a
niente. Nell'amore di Dio la sofferenza è invece una specie di passaggio
obbligato; Dio stesso è voluto entrare e passare attraverso la sofferenza, e lo
ha fatto per amore: "Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna"
(Gv 3,16). Ora, Cristo è venuto per salvarci dal peccato e dalla morte con la
sua sofferenza liberamente accettata per amore. Egli che è "la Via, la Verità e
la Vita" ci dice: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14,6).
La prospettiva sulla sofferenza è uno dei punti sui quali fa leva più
pericolosamente la seduzione della Meditazione Trascendentale; essa
propone una beatitudine puramente naturale, alla portata dell'uomo, con
l'eliminazione della sofferenza. Non c'è più bisogno di sforzo, l'ascesi e la
lotta sono superate. In verità non c'è nemmeno bisogno della grazia: tutto ciò
che serve è la Meditazione Trascendentale. Il vero rischio è di abituare il
"meditante" a fuggire la sofferenza anticipando per così dire naturalmente ciò
che egli spera di raggiungere, dunque a fuggire una importante parte del
reale e a vivere in un mondo immaginario, chiuso su se stesso. Le
conseguenze sono molto gravi. Queste tecniche di meditazione orientali, non
possono essere considerate semplici esercizi di rilassamento, neutri e
facilmente cristianizzabili, perché hanno una prospettiva esplicitamente
spirituale i cui obiettivi non si possono ignorare. Sono presentate come fattori
d'equilibrio, di armonia, ma oltre ciò, sono in realtà strane sapienze che
offrono un nuovo stato di coscienza, una scoperta dell'"Io" immortale, fino a
far balenare una "immortalità" entro questo mondo. In pratica, si presentano
come una salvezza mediante la quale ci si appropria del divino attraverso
l'autocontrollo. Una esperienza spirituale ottenuta come prodotto di una
tecnica, sottintende la ricerca di una autonomia spirituale radicalmente
contraria alla Redenzione, ottenuta da Dio, per amore ed accolta con umiltà.
Si favorisce invece un volontarismo pelagiano e orgoglioso. La miscela di
queste tecniche con la preghiera cristiana, messa in atto purtroppo, anche da
parte di religiosi, rischia di falsare la preghiera facendola apparire intatta, ma
in realtà svuotandola della relazione personale con Gesù e sostituendola con
una fusione cosmico con la "Divinità". Santa Teresa d'Avila si opponeva
accanitamente alle ricerche del vuoto mentale, già in voga nel suo tempo,
perché essa vi vedeva tre gravi pericoli per la salute spirituale dell'anima:
a. un disconoscimento dello psichismo umano, che accede allo spirituale solo
attraverso il sensibile;
b. una negazione della gratuità dei doni di orazione, che in nessun caso
possono essere provocati;
Poi la persona ritorna nel piano fisico insieme al suo "Io" Superiore, pone le
domande che vuole e riporta il suo "lo" Superiore nel "Santuario", alla
"fontana magica". Essa può tornare Iì ogni volta che lo vorrà. Per essere
guarita e per "crescere", basta fidarsi dello Spirito... Il tutto finisce con la
frase: "Pace a te".
"Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!" (Gv 1,29),
e non ha bisogno di falsi Spiriti, perché ha capito bene come è fatto l'amore di
Dio:
"Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).