Sistemi Dispersi
Sistemi Dispersi
Sistemi Dispersi
I sistemi dispersi sono sistemi bifasici nei quai una fase, definita fase dispersa o discontinua o interna, distribuita sotto forma di particelle o goccioline in una seconda fase definita fase continua o disperdente o esterna. I sistemi dispersi hanno grande improtanza in campo farmaceutico in quanto si ritrovano in numerose forme di dosaggio di impiego corrente, utilizzate per cia parenterale,orale,rettale e topica. E quindi importante per un farmacista conoscere la teoria e la tecnologia dei sistemi dispersi. Un metodo per classificare i sistemi dispersi si basa sul diametro medio del materiale disperso: si individuano tre classi di dispersioni indicate come dispersioni molecolari, dispersioni colloidali e dispersioni grossolane. Caratteristica peculiare dei sistemi dispersi la presenza si una regione di confine tra le due fasi detta interfaccia, che nel caso delle emulsioni riguarda due liquidi immiscibili, nel caso di sospensioni un solido e un liquido, metre esiste sempre un interfaccia liquido aria. Quando le particelle disperse nel mezzo liquido sono macromolecole o aggregati di molecole con dimensioni tra 1nm e 500 nm, i sistemi che si ottengono sono definiti soluzioni o sospensioni colloidali. Questi rappresentano un termine intermedio tra le soluzioni e le sospensioni vere e proprie. Esse si distinguono dalle vere soluzioni perch non sono otticamente vuote, ma un raggio luminoso che le attracersa subisce una dispersione nel visibile (effeto Tyndall). Le particelle di dimensioni colloidali possiedo unarea superficiale enorme rispetto a un pari colume di particelle di dimensioni maggiori. A questa elevata area superficial e specifica, si devono molte particolari propriet dei colloidi, tra le quali il fenomeno conosciuto come adsorbimento. Questo un processo che coinvolge la concentrazione e laccumulo di un gas, di un liquido o di un solido sulla superficie di un liquido o di un solido con il quale a contatto. La sostanza che svolge la funzione di adsorbire chiamata adsorbente e la sostanza che si accumula sulla superficie chiamata adsorbato. Ladsorbimento un fenomeno di superficie che non deve essere confuso con lassorbimento, che non un processo di superficie, ma di penetrazione e di mescolamento molecolare. Nel processo dadsorbimento la zona di contatto fra le fasi chiamata interfaccia. Numerosi fattori come la temperatura, la pressione,concentrazione, simmetria molecoare, punto di ebollizione, calore latente devaporazione, tensione superficiale, va lenza ionica e forze dattrazione tra le due fasi possono influenzare ladsorbimento. Sostanze dotate di un forte potere adsorbente trovano impiego in terapia come antidoti,disintossicanti, nella preparazione di vaccini adsorbiti. La forma assunta dalle particelle colloidali in dispersione importante, perch da essa dipende la superficie specifica e quindi linstaurarsi di forze attrat tive tra la fase dispersa e quella disperdente. In un mezzo affine la particella colloidale espone al mezzo la massima area superficiale, mentre in condizioni avverse larea esposta si riduce. I colloidi, infatti, possono assumere forme diverse; le variazioni di forma d elle particelle sono in grado di influenzare alcune propriet fisiche, come flusso, sedimentazione e pressione osmotica. Sulla vase dellinterazione delle particelle, molecole o ioni della fase dispersa con le molecole del mezzo disperdente, i si stemi colloidali possono essere classificati in tre gruppi: liofili,liofobi e dassociazione. I colloidi liofili sono sistemi che contengono particelle colloidali che interagiscono con il mezzo disperdente formando dispersioni colloidali con relativa facilit. Quando la colloide raggiunge un certo calore si formano strutture reticolari provocando la gelificazione del distema. La maggior parte dei colloidi liofili sono molecole organiche: derivati della cellulosa, del polivinil alcol , di molte gomme naturali. I colloidi liofobi sono materiali con scarsa affinit e attrazione per il mezzo disperdente. Non hanno un rivestimento di solvente attorno alle particelle. Sono per la maggior parte composti inorganici, come oro, argento,zolfo. Per la preparazione bisogna ricorrere a metodi di dispersione e a metodi di condensazione. I colloidi di associazione sono molecole amfifile, come i tensioattici. A basse concentrzioni in un mezzo liquido tendono a esistere separatamente. Con alte concentrazioni formano gli aggregati costituiti da pi molecole, le micelle. Questa la concentrazione micellare critica (CMC). Laggregazione di verifica anche nei liquidi apolari. Lorientamento delle molecole invertito con le terste polari rivolte allinterno delle micelle e le catene idrocarburiche allesterno. La formazione dei colloidi di associazione spontanea purch la concentrazione dellamfifilo in soluzione superi la CMC. Questi colloidi si suddividono in anionici,cationici, non ionici e anfoteri.
Propriet elettriche delle interfacce Le particelle disperse in un mezzo liquido possono sviluppare una carica superficiale, che origina principalmente da due meccanismi: il primo riguarda ladsorbimento selettivo di particolari specie ioniche presenti in soluzione; il secondo riguar da la ionizzazione di gruppi posti sulla superficie della particella. In questo caso la carica funzione del pH e del pK. Vi anche un terzo meccanismo,meno frequente, per cui le cariche superficiali di formano in sistemi nei quali esiste unelevata differenza di co stante dielettrica tra particelle e mezzo disperdente. La teoria del doppio strato elettrico pu essere cos espressa: consideriamo la superficie solida di una particella a contatto con una soluzione contenente ioni, per esempio una soluzione acquosa di un elettrolita. Supponiamo ora che alcuni carioni vengano adsorbiti sulla superficie della particella, impartendole una carica superficiale positiva, mentre in soluzione rimangono altri cationi e tutti gli anioni. Questi anioni saranno attirati dalla superficie carica poritivamente a dormare un primo strato elettrico che si estende da aa a bb. Esso costituito da molecole di solvente strettamente legate fra loro e da alcuni ioni negativi (controioni); si muove con la superficie solida (strato di Stern) e rappresenta leffettivo piano di scorrimento (shear plane). Dovrapposto al primo, si avr la formazione di un secondo strato costituito da ioni dei due segni, ma con prevalenza di ioni di segno opposto a quelli adsorbiti sulla superficie, che si estende da bb a cc (strat o diffuso). Lo spessore totale del doppio strato va da aa a cc. Al di l di cc, cio del doppio strato elettrico le concentrazini degli anioni e dei cationi divengono uguali e si ha la neutralit elettrica. Il potenziale sulla superficie del solido aa, dovuto agli ioni ads orbiti, il potenziale elettrodinamico o potenziale di nerst. Esso definito come la differenza di potenziale tra la superficie della particella e la regione elettricamente neutra della soluzione. La differenza di potenziale tra la superficie bb del primo straot di carica strettamente legato e la regione elettricamente neutra detta potenziale zeta . Il potenziale zeta ha un importanza pratica notecolissima nella stabilizzazione dei sistemi dispersi, perch questo potenziale che regola il grado di repulsione tra le particelle. Se in un sistema prevalgono le forze repulsive le particelle di segno uguale si respingono; se invece tale potenziale viene ridotto, le forze attrattive prevalgono e le particelle di aggregano per formare degli aggregati, detti flocculi.
Stabilit dei colloidi La presenza e la grandezza di una carica sulle particelle colloidali costituiscono un fattore importante per la stiabilit dei sistemi colloidali. La stabilizzazione si raggiunge essenzialmente in due modi: impartendo una carica alle particelle disperse o circondando ciascuna particella con uno strato di solvente chi sia in grado di prevenire la coesione delle particelle quando collidono. Quando due particelle in un mezzo acquoso di ipportuna concentrazione elettrolitica si avvicinano esiste una debole forza attrattiva appena oltre la zona delle forze repulsive dovute al doppio strato. Questa regione attrattiva detta minimo secondare ed responsabile dellinterazione particellare detta flocculazione. In queste condizioni, in cui la distanza di separazione intraparticellare di 1020nm, le particelle formano aggregati leggeri detti flocculi. Questi aggregati sedimentano rapidamente dano un elevato volume di sedimentazione; sono facilmente risospendibili per agitazione perch le particelle che li costituiscono sono sufficientemente lontane le une dalle altre da evitare la formazione di un sedimento compatto. Una barriera repulsiva, detta massimo primario, separa il minimo secondario da minimo primario. La grandezza della forza repulsiva al massimo primario determina se un sistema flocculato rimmarr tale. Se lenergia temica del sistema tale da superare la barriera repulsiva, allora le particelle potranno avvicinarsi molto le une alle altre e subire cos una forte attrazione a licello del minimo primario. Questo tipo di aggregazione detto coagulazione. Nei colloidi liofili la stabilit influenzata sia dalla carica che dalla solvatazine. Trattandosi di sistemi pi stabili rispetto ai sistemi liofobi, per prevenire alla coagulazione occorre intervenire sia sul fattore solvatazione,rimuovendo il solvente dallambiente che circonda la particella,sia neutralizzando la carica elettrica. La rimozione del solvente si effettua ricorr endo a solventi disidratanti come alcol e acetone. La mescolanza di due soli liofili, uno carico positivamente e laltro negaticamente, pu generare una separazione delle particelle dalla dispersione e la formazione di uno strato ricco di aggregati colloidali detto coacervato; il fenomeno chiamato coacervazione.
Tra le applicazioni farmaceutiche, molto frequente luso dei colloidi come eccipienti utili per la preparazione di sospensioni, emulsioni,geli, rivestimenti per compresse, oppure per aumentare la solubilit e la stabilit e migliorare il sapore di PA in preparazioni acquose e oleose. Attualmente molti sistemi colloidali vengono studiati e utilizzati per ottenere un rilascio modificato e selettivo dei farmaci.
EMULSIONI
Unemulsione un sistema termodinamicamente instabile formato da almeno due fasi liquide immiscibili, una delle quali disp ersa nellaltra sotto forma di goccioline o globuli con diametro compreso tra 0,5 e 100micrometri. Le emulsioni sono termodinamicamente instabili a causa delleccesso denergia libera di superficie della fase dispersa. I globuli tendono a riu nirsi per ridurre larea superficiale e questo pu portare alla distruzione dellemulsione. Per diminuire questo fenomeno viene aggiungo al sistema un terzo componente, lagente emulsionante che ponendosi allinterfaccia tra le due fasi ne aumenta la stabilit. Lampia possibilit di scelta e lefficienza degli emulsionanti attualmente disponibili permettono la preparazione di emulsioni stabili pe r molto mesi e anche per anni. Sia la fase dispersa che quella continua possono averee consistenza variabile, da quella di un liquido a quella di un semisolido. Le emulsioni sono molto usate in campo farmaceutico in quanto presentano numerosi vantaggi: possono migliorare la palabilit dei medicamenti con propriet organolettiche sgradevoli,possono veicolare nel medesimo preparato dia prodotti lipofili che idrofili (polivitaminici),migliorano lassorbimento per via orale di macromolecole poco assorbibili, po ssono essere usate per via endovenosa radioopachr come mezzi di contrasto per gli esami ai raggi X. Sempre per cia endovenosa si possono somministrare emulsioni contenentri grassi, carboidrati e vitamine a pazienti che non riescono as assimilarli per viaorale. Le emulsioni sono sistemi in grado di modificare la celovit di rilascio del farmaco e di migliorare la protezione verso idrolisi e ossidazione. Limpiego principale riguarda le preparazioni per uso topico, sia in campo farmaceutico che cosmetico, potendo disporre di formulazioni con un ampia gamma di vicosit,da lozioni liquide fino a prodotti semisolidi. TIPI DI EMULSIONI Affinch unemulsione sia stabile deve contenere tre componenti: la fase dispersa, la fase disperdente e lemulsionante. Invariabilmente uno dei due liquidi immiscibili polare e laltro relativamente non polare. Il fatto che la fase acquosa o la fase oleosa diventino la fase dispersa di pende da diversi fattori, vale a dire dalla quantit relativa delle due fasi e dalla scelta dellagente emulgatore usatom in quanto per il principio di Bancroft la fase in cui lemulsione pi solubile costituisce la fase co ntinua dellemulsione. Quando lolio di trova disperso sotto forma di goccioline in una fase continua acquosa si parla di emulsione del tipo olio in acqua (O/A); viceversa se lacqua costituisce la fase dispersa e lolio la fase disperdente si prla di emul sione acqua in olio (A/O). la maggior parte delle emulsioni farmaceutiche per uso orale sono del tipo (O/A), in quanto sono pi gradevoli e accettabili dal paziente; le lozioni e le creme per applicazione topica possono essere formulare sia come O/A che A/ O e cos pure le emulsioni per uso intramuscolare, metre quelle per via endovenosa possono essere solamente del tipo O/A. Recentemente sono state anche proposte emulsioni multime come acqua in olio in acqua. Ci sono considerevoli difficolt tecniche nella produzione di questo tipo di emulsioni, tuttavia esistono dei brevetti che riguardano queste nuove formulazioni. Le loro applicazioni riguardano prodotti orali as azione protratta o per terapie ritardo intramuscolari. Dal punto di vista teorico la fase dispersa di un emulsione pu costituire al massimo il 74% del volume totale. Esistono diversi metodi che permettono di stabilire il tipo di emulsione con cui si ha a che fare. Secondo il metodo della diluizione, si potr diluire un emuslione soltanto con liquidi miscibili con la sua fase continua; pertanto aggiungendo olio a unemulsione O/A o acqua ad una A/O si avr unevidente separazione. Secondo il metodo dei coloranti, si potr avere una colorazione uniforme dellemulsione solo se il colorante aggiunto sar solubile nella fase continua, altrimenti si avranno agglomerati superficiali. Un altro metodo quello della conducibilit elettrica: immergendo nellemulsione due elettrodi collegati a una sorgente di elettricit, si rilever i l passaggio di corrente solamente se lacqua costituisce la fase continua.
Teoria dellemulsionamento Quando due fasi liquide immiscibili vengono agitate insieme, si ha unalterazione della superficie di separazione con formazi one di vene liquide di una fase nellaltra. Continuando lagitazione tali vene si frantumano in gocce di dimensioni diverse, originando contemporaneamente emulsioni O/A e A/O. Quando termina lagitazione meccanica, i due liquidi si separano rapidamente in due strati distinti, in quanto esiste una tensione allinterfaccia liquido liquido, e le due fasi hanno forze dattrazione differenti per una stessa molecola allinterfaccia. In generale, la forza coesiva fra le molecole della stessa fase maggiore della forza adesi va fra molecole di tipo diverso: per esempio una molecola della fase A sar attirata dalla fase A e respinta dalla fase O e viceversa. In generale quanto pi grande il grado dimmiscibilit tanto pi grande la tensione interfacciale. Il lavoro (W) richiesto uguale al prodotto della tensione interfacciale (), per lincremento dellarea superficiale (A): W= A Questo lavoro lenergia libera interfacciale impartita al sistema dallagitazione. Unelevata energia libera interfacciale favorisce una riduzione dellarea interfacciale: primo perch fa s che le gocce assumano una forma sferica, secondo inducendo la coalescenza per diminuire il numero delle goccioline. In questo modo si ha unarea superficiale minima a contatto con la fase acquosa e quindi anche una minima energia superficiale. Per impedire, o almeno introdurre il fenomeno della coalescenza necessario aggiungere al sistema termodinamicamente instabile unagente stabilizzante, detto agente emulgatore o emulsionante , che formi rapidamente un film monomolecolare attorno alle goccioline della fase dispersa creando cos una barriera interfacciale che prevenga la riaggregazione dei globulidurante la preparazione , che impartisca alle goccioline unadeguato potenziale ele ttrico, in modo che si abbia mutua repulsione e che aumenti la viscosit dellemulsione. Tra gli emulsionanti rivestono una grande importanza i tensioattivi, che hanno la propriet di abbassare la tensione interfacciale e quindi diminuire il lavoro necessario per ottenere la dispersione di un liquido in un altro. Un buon emulsionante deve possedere unattivit idrofila-lipofila bilanciata. E evidente, quindi, lutilit di avere un sistema che definisca le caratteristiche idrofile-lipofile di un emulsionante e ne permetta una rapida selezione in una reazione allemulsione che si vuole preparare. Un sistema di questo tipo stato introdotto per i tensioattivi non ionici da Griffin ed noto come sistema dellHLB. Uno svilippo della teoria di griffin e quello dellHLB richiesto cui ogni sostanza lipofila ed emulsionante possiede un suo valore di HLB, detto HLB richiesto. Dopo aver stabilito il valore di HLB richiesto dalla fase lipofila, si sceglie lemulsionante, o meglio la miscela di emulsio nanti che possieda un valore di HLB simile a quello richiesto. E opportuno che gli emulsionanti scelti siano del tipo chimico adatto al sistema da emulsionare. A parit di HLB della miscela di emulsionanti, per esempio gli stearati potrebbero dare dei risultati migliori degli oleati o dei palmitati. Il sistema basato sullHLB costituisce il metodo pi rapido e pi sicuro per la scelta degli emulsionanti, ma il limite principale risiede nellimpossibilit di conoscere la quantit totale degli agenti emulsionanti da impiegare per otten ere unemulsionante stabile. STABILITA DELLE EMULSIONI Come si gi detto le emulsioni sono sistemi potenzialmente instabili per la tendenza delle goccioline disperse a riunirsi per ridurre larea interfacciale e quindi lenergia libera del sistema. Per questo motivo il requisito principale richi esto ad un emulsione, unadeguata stabilit fisica, cio durante il periodo di validit deve avere una buona conservazione dello stato di dispersione. E richiesto anche di valutare la stabilit chimica dei PA contenuti nellemulsione per rilevare eventuali degradazioni o incompatibilit. E necessario assicurarsi che gli agenti emulsionanti utilizzati siano non solo compatibili fisicamente con i PA e con gli al tri componenti dellemulsione ma anche chimicamente. Per evitare fenomeni dossidazione spesso utile aggiungere opportuni antiossidanti e sequestranti per ridurre levaporazione dellacqua, sia nel prodotoo confezionato che dopo applicazione sulla pelle, si possono aggiungere umettanti, cio polialcoli come glicerina, glicole propilenico e sorbitolo. A volte anche senza segni visibili di contaminazione, unemulsione pu contenere molti batteri e se tra questi ci sono dei microrganismi patogeni pu essere pericoloso per la salute del consumatore. Alcuni emulsionanti, particolarmente quelli naturali come i colloidi idrofili possono introdurre contaminanti nel prodotto e costituire un adatto terreno di coltura per batteri e muffe. I principali segni di instabilit disica che si possono manifestare in unemulsione durante la conservazione sono riportat i di seguito.
1)
Sedimentazione e affioramento (creaming) Si ha sedimentazione quando le goccioline della fase dispersa si muovono verso la parte bassa dellemulsione, mentre nellaffioramente i globuli si muovono verso la superficie dellemulsione. Questo fenomeno si chiama anche creaming e avviene quando la fase dispersa floccula e si concentra alla superficie della preparazione.
La sedimentazione e laffioramento non sono generalmente difetti gravi, perch le goccioline sono ancora circondate dal film di emulsionante ed sufficiente unaccurata agitazione per riportare lemulsione allo stato iniziale. Tuttavia il fenomeno deve essere evitato perch avvicinandosi le goccioline viene facilitata la coalescenza, che invece un difetto grave delle emulsioni e d alla preparazione un aspetto non accettabile; inoltre se lagitazione non accurata si pu avere una distribuzione non omogenea del farmaco 2) Aggregazione e coalescenza Quando i globuli si riuniscono per formare aggregati tenuti insieme da deboli forze attrattive si ha laggregazione, che generalmente il primo passo verso la coalescenza, nella quale il film interfacciale ciene distrutto e le gocce si riuniscono a formare gocce di dimensioni sempre maggiori. Il risultato finale la rottura dellemulsione e la completa separazione delle fasi. In questo caso non pi possibile ripristinare unemulsione stabile per semplice agitazione. Per prevenire la coalescenza, il fattore principale formare una barriera interfacciale compatta e resistente. A tale fine spesso utile affiancare allemulsionante primario degli agenti emulgatori secondati, come solidi finemente suddivisi o macromolecole, che siano in grado di aumentare lo spessore e la compattezza della barriera interfacciale e anche la viscosita della fase esterna. 3) Inversione di fase Si ha uninversione dellemulsione quando si passa da unemulsione O/A a una A/O o viceversa. Linversione pu avvenire quando si aggiunge allemulsione un elettrolita che pu reagire con lemulsionante, cambiandone le caratteristiche. Per esempio, se a unemulsiore O/A contenente stearato di sodio come emulsionante si aggiunge cloruro di calcio si ha linversione, perch si forma lo stearato di calcio che un sapone lipofilo e quindi favorisce la formazione di unemuls ione A/O. Preparazione delle emulsioni Per la preparazione in farmacia o laboratorio di unsano mortaio e pestello usando gomma arabica adragante in grado di formare un film multimolecolare intorno alle particelle di fase dispersa. Sono riconosciuti due metodi. Un metodo continentale e un metodo inglese. Il primo prevede la preparazione di unemulsione concentrata o nucleo con limpiego di 4 volumi di olio,2 volumi di acqua e una parte in peso di gomma arabica.. SI inizia aggiungendo allolio, contenente eve ntuali sostanze lipofile, la gomma arabica in polvere e si tritura fino ad omogenea distribuzione; si aggiunge poi lacqua in una sola volta e si riprende la triturazione fino a formare il nucleo, per ottenere dopo ulteriori duluizioni con lacqua, unemulsione O/A. Ae invece lacqua viene aggiunta lentamente, nella miscela ci sar un eccesso di olio tale da favorire la formazione di unemulsione A/O. Il metodo inglese prevede lo stesso rapporto tra i componenti del nucleo e cio 4:2:1 ma diversa la sequenza con la quale vengono mescolati. Si prepara infatti nel mortaio una mucillagine triturando la gomma arabica con le due parti di acqua; si aggiungono poi le 4 parti di olio in piccole porzioni triturando di continuo. Una volta ottenuto il nucleo si diluisce con lacqua restante. Attualmente luso di gomme naturali come emulsionanti in netto declino, si preferiscono emulsionanti sintetici e in particolare non ionici. Per tali formulazioni i componenti dellemulsione vengono suddivisi in liposolubili e idrosolubili e vengono fusi o sciolti a caldo (70-75 C) nei rispettivi solventi. Le due fasi vengono poi rapidamente mescolate sotto agitazione e sempre agitando, si lascia raffreddare. Lemuslione grossolana che si forma inizialmente pu venire poi raffina ta in emulsione fine passandola attraverso un omogenizzatore; il passaggio forzato attraverso una stretta apertuta determina la riduzione delle dimensioni delle goccioline della fase dispersa fino a ottenereun prodotto di stabilit fisica accettabile. Se tra i componenti ci sono dei Sali,degli acidi o delle sostanze volatili, preferibile addizionarli nellemulsione dopo raffreddamento. Nella preparazione industriale, tutti i metodi esaminati vengono eseguiti in grandi recipienti muniti di agitatori meccanici; le emulsioni cos ottenute possono poi essere raffinate con molini colloidali ed omogenizzatori, che riducono ulteriormente le dimensioni delle particelle disperse. Il molino pi diffuso quello colloidale (figura a sinistra), costituito da un rotore tronco-conico che ruota, ad altissima velocit, internamente ad uno statore. La distanza fra rotore e statore pu essere regolata in modo da ottenere la desiderata consistenza dell'emulsione. L'omogenizzatore (figura a destra) costituito da una filiera coassiale e da un ugello. L'emulsione grossolana viene laminata ed omogenizzata attraversando l'ugello la cui sezione pu essere variata agendo su una vite micrometrica collegata alla filiera. L'emulsione viene lavorata pi volte e riversata nuovamente nella miscela fino ad ottenere la desiderata omogeneizzazione.