Bloodletting: L'amore e il sangue
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Info su questo ebook
Serenity Drake, vampira e cacciatrice di taglie, viene richiamata in patria dopo un lungo esilio per investigare su questi omicidi. Per risolvere il caso, però, dovrà prima districarsi tra streghe, demoni e magia, con l'aiuto del suo nemico di sempre, che è anche il suo più grande amore: un altro immortale dal passato oscuro, tanto affascinante quanto pericoloso.
*Volume autoconclusivo
Cristiana Danila Formetta
Cristiana Danila Formetta è scrittrice e blogger. Tra i suoi libri “La vita sessuale dei camaleonti” (Coniglio Editore), “Fetish Sex” (Ed. L’Orecchio di Van Gogh) e il galateo erotico “Sesso senza vie di mezzo” (Pendragon). Ha scritto per le riviste Blue e GQ, e ha collaborato con il settimanale “Gli Altri”.
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Anteprima del libro
Bloodletting - Cristiana Danila Formetta
Copyright
Copyright © 2022 Cristiana Danila Formetta
Collana KONTEMPORARI – Alcuni diritti riservati.
Quest'opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons – Attribuzione – Non commerciale – No derivati 2.0.
Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell'immaginazione dell'autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.
Distribuito da LULU che fa STORIE
Cover Artwork: NightCafè Studio
BLOODLETTING
[bloodletting / bloodletting]
n. 1. (med.) salasso (m.)
n. 2. massacro (m.); carneficina (f.).
WWW.GARZANTILINGUISTICA.IT
PRIMA
«Non metterci troppo, non voglio che esci di notte, è pericoloso».
«Tranquillo, starò via giusto il tempo di fumare una sigaretta» rispose Eloise, rivolgendo al ragazzo un sorriso benevolo. Si chiamava Damien, ed era un musicista noto nei circuiti underground, almeno questo è ciò che le aveva raccontato. Eloise non lo conosceva da molto, e quel poco che sapeva sul suo conto sarebbe bastato a spaventare qualsiasi altra ragazza, ma non lei.
Una notte, finito il concerto, Damien le aveva confessato di essere un vampiro. All’inizio non gli aveva creduto, pensando che volesse prenderla in giro. Poi aveva cambiato idea quando lo aveva visto nutrirsi e bere il sangue di una delle sue fan. A quel punto avrebbe dovuto fuggire, invece era rimasta insieme a Damien. Ne era innamorata? Sì, e follemente per giunta, tanto da mollare i suoi studi e i suoi amici a New Orleans, e seguirlo in tour con la sua band per mezza Europa, prima di approdare a Londra.
«Dico sul serio. Passeggiare da sola per il quartiere porta sfortuna».
«Sai, non ti facevo così superstizioso». Eloise si chinò sul ragazzo e gli stampò un sonoro bacio sulla bocca. «Tranquillo, faccio il giro dell'isolato e torno. Questo appartamento è minuscolo, non voglio che puzzi di fumo prima di andare a dormire».
Non disse altro e uscì, prima di perdersi in inutili smancerie. Ci teneva alla sua reputazione, e non voleva che Damien la prendesse per una delle stupide groupie che gli giravano attorno. Lei era più di questo. Lei era una tosta, e camminare per Whitechapel non le faceva paura, anzi la vedeva come una prova di carattere.
Jack lo Squartatore era morto e sepolto, ma la sua figura era diventata ormai un culto, una leggenda che ancora metteva paura. E la zona di Whitechapel sarebbe stata ricordata per sempre come il suo terreno di caccia.
Eloise, però, non aveva intenzione di farsi spaventare da quelle vecchie storie. Le piaceva vivere lì, insieme al suo fidanzato vampiro, e respirare l'atmosfera multiculturale del posto, che era tutto un susseguirsi di ristoranti, pub, negozi etnici e mercatini. Aveva appena perso i genitori e con la sorella non andava per niente d'accordo, perciò voleva che Damien adesso si prendesse cura di lei, che le volesse bene. Era chiedere troppo? Eloise credeva di no, e riprese a rimuginare fumando lentamente, assaporando il gusto della sigaretta.
Continuò a camminare senza rendersi conto di dove si stesse dirigendo quando, a un certo punto, venne attratta dalle luci del centro direzionale di Canary Wharf.
Le sarebbero stati sufficienti appena dieci minuti per raggiungerlo. Poi dal fondo della strada qualcuno disse: «Permette signorina?» ed Eloise si voltò di scatto.
La ragazza non ebbe neppure il tempo di gridare che una mano sconosciuta le tagliò la gola da parte a parte, senza battere ciglio.
ADESSO
1
Dimitri puzza di fumo e cannella, ma l’odore non è brutto come si potrebbe pensare, anzi io lo trovo gradevole perché mi ricorda la legna bruciata, come quando ti siedi davanti al camino a leggere un buon libro. Stargli vicino mi fa un effetto simile, mi infonde pace e tranquillità perfino a letto, l’ultimo posto in cui ci si aspetta di trovare un po’ di calma. Glielo dico e lui ride, ma non per le mie parole. Ridere è una cosa che fa sempre quando sta per raggiungere l’orgasmo, un peccato di vanità credo. Ma non mi dispiace, almeno non quando mi fa godere con lui in perfetta sincronia. E questa è una di quelle volte. Decido di dargli un piccolo premio e mi avvicino al suo collo per morderlo, una cosa che lo fa letteralmente impazzire.
La giugulare di Dimitri è a pochi centimetri dalle mie labbra, la sento pulsare al ritmo del suo cuore e questo mi scatena una miriade di emozioni, tutte difficili da gestire. Sentimenti antichi e sanguinari iniziano a emergere. La mia testa vola leggera in un cielo cupo, pieno di tuoni e fulmini.
Spingo Dimitri contro il materasso e mi metto a cavalcioni su di lui. I miei canini trovano subito la vena, e in un attimo sento il sangue che mi scorre in bocca. Che sia benedetto! Il sangue di Dimitri ha un sapore inconfondibile, scivola come sesso liquido, un perfetto equilibrio di dolce e di salato, talmente buono che è come bere una spremuta di arcobaleno. Tuttavia avevo promesso a Dimitri di non fare l’ingorda perciò continuo a monitorare il battito del suo cuore per essere certa che non perda conoscenza. Lui gode del suo dono quanto e più di me, e ci tiene a rimanere vigile.
Il morso di un vampiro può avere effetti diversi a seconda delle persone, e su Dimitri agisce come un potente afrodisiaco. È anche vero che di solito fa male, per fortuna la saliva di un vampiro contiene delle neurotossine che calmano la vittima e inducono uno stato di distensione psichica che talvolta si manifesta come eccitazione sessuale. Per esperienza personale so che questo è il caso di Dimitri, ma faccio comunque attenzione a non esagerare, altrimenti mordi oggi e mordi domani, il donatore rischia di sviluppare una pericolosa dipendenza. Sì, Dimitri non è solo il mio amante, ma anche uno dei miei donatori più fedeli. Mi ha salvato la vita svariate volte ed è sempre pronto a darmi un po’ di sangue nel caso fossi a corto di scorte. Ed è pure maledettamente sexy, il che non guasta.
Gli lecco il collo in maniera lasciva. Dimitri sospira e geme. L'eccitazione sale di colpo e adesso mi spinge sopra il materasso. Prova ad abbracciarmi ma io lo respingo. Ho troppa adrenalina in circolo, e il mio lato animalesco rischia di prendere il sopravvento. Quando succede non sono una bella persona.
I miei primi anni da vampiro erano stati un insieme di eccessi e sregolatezze. Bevevo il sangue dei miei donatori, ma se questo non era sufficiente a saziarmi finivo immancabilmente per uccidere la mia fonte primaria di sostentamento per cibarmi dei suoi liquidi vitali. Con il tempo avevo raggiunto una buona dose di autocontrollo, e oramai mi nutrivo di sangue solo un paio di volte a settimana, ciò nonostante non mi sentivo mai del tutto al sicuro. Nessun vampiro può affermare di essere padrone dei suoi istinti, almeno non al cento per cento.
Mi sciolgo dal suo abbraccio tremando come una foglia e lancio uno sguardo all’orologio da parete: è passata da poco la mezzanotte e ho ancora tanto da fare.
«Scusa ma non puoi restare. Devo ancora finire di sistemare la mia roba».
«Stai scherzando, vero?».
«Ho un armadio da montare, l’hai dimenticato?».
Dimitri mi fissa imbambolato. Poi la sua faccia passa dallo stupore alla rabbia.
«E tu hai dimenticato che stanotte dovevi trasformarmi? L’avevi promesso! Hai detto che questa era la notte giusta e poi avremmo avuto tutto il tempo del mondo per stare insieme».
«Guarda che non ti ho promesso niente, ho detto solo che avrei presentato all’Ordine la tua richiesta».
«Balle! Tu vuoi fregarmi!». Dimitri comincia a urlare. Ha due solchi scuri sotto gli occhi e le mani tremano come quelle di un tossico in crisi di astinenza, segno che con lui mi sono spinta troppo in là. Come ho fatto a non capirlo prima?
«Hai ragione Dimitri. Una promessa è una promessa. Ma adesso calmati e fa un bel respiro, altrimenti l’adrenalina potrebbe compromettere la trasformazione».
È tutta una menzogna naturalmente, ma Dimitri sembra cascarci in pieno.
«La trasformazione?».
«Esatto, la tua trasformazione. Dammi solo il tempo di mettermi qualcosa addosso e darò inizio al rituale».
Provo un po’ di rimorso nel mentire così a Dimitri. Ma solo l’Ordine può approvare una trasformazione, e il mio amico russo non figura tra i candidati più ambiti. Perciò ho bisogno di guadagnare tempo per fargli abbandonare quel folle proposito. Ma più ci penso e più mi rendo conto che c’è solo una maniera per riuscirci.
Tiro fuori dal cassetto un paio di jeans e una t-shirt poi, facendo attenzione a non farmi scoprire, infilo le unghie nella fessura del pannello per rivelare il doppio fondo.
«Quando ero piccola il mio unico giocattolo era una bambola fatta di stracci che per me era più preziosa di un tesoro. Me l’aveva regalata mia nonna per Natale, e da quel giorno non me ne separai per molto tempo. Oggi invece ho un nuovo giocattolo, regalo di un caro amico, un amico molto speciale».
Mostro a Dimitri cosa ho nascosto nel palmo della mano, un piccolo orologio da taschino legato da una catenella. Il quadrante, antico e finemente decorato in rilievo da fregi in argento, è protetto da un coperchio che si solleva con uno scatto.
«Adesso voglio che tu lo osservi con attenzione, Dimitri. Noterai che c’è qualcosa di strano, infatti c’è la lancetta delle ore ma manca quella dei minuti».
Gli piazzo l’orologio davanti agli occhi e con il pollice muovo una levetta nascosta. La lancetta delle ore inizia a ruotare in senso antiorario, dapprima lentamente, poi con velocità sempre maggiore.
«Vedi? Funziona ancora ma non segna il tempo. È più esatto dire che segna le persone». Mentre parlo, la percezione dello spazio da parte di Dimitri inizia a svanire, e con esso tutta la realtà normalmente riconosciuta.
«Devi fidarti di me. Guarda l’orologio. Ascolta la mia voce».
Il russo socchiude gli occhi ed entra in uno stato di trance profonda, indotta da quel vecchio orologio da ipnotizzatore.
«Ora voglio che torni a casa e che ti fai una bella dormita. Al risveglio dimenticherai di avermi mai incontrato, non ricorderai più il mio viso o la mia voce, non saprai come mi chiamo, dove abito, e cosa faccio per vivere, intesi?».
Dimitri mi fa cenno di sì con la testa, poi torna nel suo stato di apatia.
«Così va bene. E non preoccuparti per quei lividi sul collo, se ne andranno tra un giorno, due al massimo. Ma se qualcuno te lo chiede dovrai dire che hai avuto una brutta reazione allergica al morso di un insetto, hai capito? E adesso vai».
Do un altro colpo alla levetta, e la lancetta delle ore si ferma di colpo. Dimitri batte le palpebre un paio di volte, poi si gira verso la porta e va via senza nemmeno salutare. Ero certa al novantanove per cento che l’indomani non avrebbe ricordato neppure il mio nome, mentre l’un per cento si sarebbe risolto in una serie d'immagini confuse e senza senso. Sotto questo aspetto l’orologio non mi aveva mai deluso. Peccato non potessi dire lo stesso della persona che mi aveva dato quell’aggeggio. Chiudo il coperchio del quadrante e lascio scorrere la punta dell’indice sul monogramma che lo decora: HH.
Ripongo quell’anticaglia nel cassetto e mi infilo al polso il mio G-shock in resina e carbonio. Un altro orologio da uomo, stavolta preso all’ultimo Salasso organizzato dall’Ordine dei Notturni, un vero casino. Ma avevo avuto fortuna perché il quadrante non aveva riportato nemmeno un graffio, e in più quel gingillo segnava l’ora con una precisione estrema.
Non bisogna credere alla diceria che chi è immortale non presta attenzione al tempo, anzi molto spesso è l’esatto contrario. Io, per esempio, sono ossessionata dalla danza dei minuti e delle ore dal giorno esatto in cui mi hanno trasformato, il 14 luglio del 1863. E a differenza di molti Notturni, che hanno scelto di abbandonare i ricordi all’oblio, io so perfettamente com’è andata.
Mi trovavo a Spitalfields, nell’east-end di Londra, in coda per trovare un alloggio nelle case di lavoro. Avevo passato la notte prima all’addiaccio, e non ero disposta a farlo di nuovo, così dissi a me stessa che per niente al mondo avrei abbandonato la fila stavolta. A quei tempi un tetto era pur sempre un tetto, anche se umido e fatiscente. Purtroppo non avevo fatto i conti con la fame e la stanchezza che oramai mi tormentavano da giorni, e poco prima del tramonto caddi a terra svenuta.
Quando mi risvegliai, parecchie ore dopo, non ero più a Spitalfields ma nel vicino quartiere dell’Old Nichol, il più grande covo di Notturni della Londra Vittoriana. Qualcuno, dopo essersi nutrito, aveva gettato per strada il mio corpo ricoperto di sangue senza curarsi di nasconderlo dalla polizia. Probabilmente doveva trattarsi di un vampiro molto giovane, ancora alle prime armi, o comunque abbastanza inesperto da non sapere che, senza un'opportuna decapitazione, mi sarei trasformata anch'io. Sta di fatto che da quel giorno avrei vissuto per sempre, senza più problemi a trovare da mangiare e da dormire. E domani, allo scoccare della mezzanotte, compirò i miei primi 156 anni da vampiro, anche se presumibilmente continuerò a dimostrarne venticinque per il resto della mia non-vita.
Sarà un compleanno molto speciale, il primo da quando mi sono trasferita qui a Parigi. Per l’occasione ho deciso di rifarmi un po’ il guardaroba, ma prima ho acquistato un armadio nuovo, gigantesco, dove metterci tutti i vestiti, i jeans, i giubbotti e gli anfibi in pelle che comprerò. Parigi è la capitale della moda, e tutti qui sfoggiano un outfit pazzesco anche solo per fare la spesa. Non posso continuare a vestirmi come una punk degli anni settanta, devo iniziare a vestirmi come una punk degli anni duemila. Sempre che riesca a montare questo cavolo di armadio.
2
Sui vampiri hanno scritto molte stupidaggini, tipo che l’aglio ci ripugna o che la luce del sole ci fa andare a fuoco come un cerino acceso. Balle. In realtà, anche noi siamo esseri umani, solo più forti e più veloci, e con i sensi molto sviluppati. Sul serio, non ne posso più di leggere questi deliri alla Anne Rice.
Non tolleriamo l’aglio? Falso, in realtà non tolleriamo nessun cibo solido. Quando la tua più preziosa fonte di sostentamento è il sangue, l’organismo è costretto ad adattarsi a una dieta liquida che, con il passare del tempo, rende impossibile ingerire cibi dalla consistenza più densa di un brodino. Ecco perché la maggior parte di noi, in mancanza di sangue, si nutre quasi esclusivamente di succhi di frutta. A essere sincera, da quando sono arrivata in Francia, cioè sei mesi fa, ho sostituito il Cabernet ai succhi, ma è solo una questione di gusto. Io amo il vino, la birra, i superalcolici, perfino quegli stupidi cocktail con l’ombrellino che ti servono in spiaggia alle Maldive. Come faccio a saperlo? Perché ci sono stata.
In 156 anni sono stata dappertutto, ho girato il mondo, ho viaggiato giorno e notte.
Esatto, il sole non uccide i vampiri. A dire il vero, l’unico fastidio è un po’ di congiuntivite, dovuta al fatto che gli occhi di un vampiro sono molto sensibili alla luce, ma niente di così grave che non possa essere risolto con un buon collirio e un paio di lenti polarizzate. Arriviamo così al punto decisivo della questione: come muore, o meglio, come