La quinta dimensione. I. Esplorare le dimensioni
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Anteprima del libro
La quinta dimensione. I. Esplorare le dimensioni - Roberto Fustini
Sex House
La Sala Blu è affollata di vapori luminescenti. Scendono dall’alto come nuvole, si depositano in una nebbia fatta di strati affilati e di spesse fasce che impediscono di vedere oltre. Esalano profumi misteriosi che inebriano, odori che penetrano le narici, raggiungono il cervello e lo saturano. La musica riempie ugualmente gli spazi, fiera, si genuflette solo davanti alle poche figure che emergono dalla semioscurità.
Alcune di queste compongono quello che sembra un fiore esotico, reso però inquietante dai lineamenti antropomorfi, così, adagiato su un divano. Dal centro della corolla di petali parte uno sguardo proteso verso l’alto, verso un soffitto che può essere solo immaginato, forse perché confuso in mille altre immagini di sublimi singolarità. Il peduncolo è fasciato da una stoffa leggera, quasi trasparente, da qui si distaccano le mani. Le dita percorrono il busto, strisciano sui seni duri di statua semovente. Giungono al pistillo – il viso – mentre lo stelo si è divaricato in due gambe tremanti. Quando le dita si intrecciano ai capelli – foglie e petali abbandonati sul divano in una cascata di lucide liane – il fiore è ormai intriso della rugiada di un morboso erotismo che sta per essere soddisfatto.
Dove la musica e le nebbie allentano la loro trama appaiono altri corpi. Solitari, appaiati due a due o aggrovigliati in piccoli gruppi silenziosi, assorti. Sono attimi che vivono in una moviola, un ritmo che avanza a scatti bruschi oppure fluido, un’esplorazione sessuale che gode di sé stessa. Ogni singola figura è concentrata sul proprio traguardo, si direbbe ignara di chi le sta accanto o perfino addosso. Gli sguardi sono rapiti, estasiati. È una delizia che si esplicita nel nulla, che non giunge mai all’apice.
Un uomo scuro e possente, accasciato al suolo, è aggrappato alle gambe di due donne che lo sovrastano. Sembrano non accorgersi di lui, né lui di chi lo sta quasi fagocitando con le braccia, col busto appiccicato al suo bacino.
La Sala Arancione è attraversata da piogge asciutte, strali metallizzati privi di consistenza che precipitano dall’alto, scie che affollano la stanza di bagliori cangianti. Allora fioriscono le presenze, qua e là. Un tipo bruno a cavalcioni sul bacino di un altro calvo e muscoloso – statici, scultorei in quella cristallizzazione. Una bionda formosa avanza carponi sul pavimento – segue invisibili cerchi concentrici. Strattona un immaginario guinzaglio, stringe le mascelle sul morso, si dimostra testarda e indisciplinata nei confronti di un padrone o di una padrona che non ci sono.
La Piazza di Smeraldo si trova al centro della Sex House. Tutt’intorno si affacciano gli altri ambienti i quali si annunciano con bocche buie, fauci striate di luci sfolgoranti o passaggi su seducenti chiaroscuri. In alto c’è una calotta di raggi termici che separa dal cielo stellato mentre lo svela. In mezzo alla grande corte una piscina a forma di galassia a spirale. Nell’acqua che sciaborda melliflua giacciono corpi i cui profili fluttuano in maniera irregolare. Emergono iceberg vaganti di carne, braccia abbandonate, glutei lucenti, seni che si innalzano svettanti. Una lingua blu spunta dal pelo dell’acqua e ne percorre lenta la superficie, scivolando fuori e poi immergendosi di nuovo, spaziando a destra e a sinistra.
Oltre il bordo della piscina fiammeggiano torce rosse e azzurre, le palme ondeggiano nella brezza, carezzevole su corpi nudi, appena celati da drappeggi dipinti sulla pelle, ammassati fino a formare delle piccole, palpitanti piramidi. Sulla sommità, una figura femminile dalla pelle color miele avvolta nelle spire della sua coda setosa.
Entrando nella Grotta degli Specchi si viene subito aggrediti dai frammenti lucidi che ricoprono le pareti. Alcuni sono colorati, altri riflettono neutri le scene che punteggiano l’intero ambiente. È come transitare in un museo, circondati da dipinti che ritraggono soggetti e situazioni differenti, tutti ugualmente circonfusi di una brulicante bellezza. Sguardi che si affidano a chi è loro familiare, altri che tentennano davanti allo sconosciuto e inconoscibile. Amplessi che si consumano solitari, mentre altre solitudini riproducono la complementarietà di chi sta poco più in là. Stessi movimenti, stessa sincronia, incastri che si esprimono a distanza in frenetici isolamenti.
Chi continua a vagare cercando la propria collocazione, la prospettiva e la realizzazione del proprio desiderio personale, può accedere al Tunnel dell’Oblio, dove qualsiasi parametro viene scardinato dall’aspetto mutevole dei fondali – quelli sotto e sopra di sé, quelli che ci si trova tutt’attorno. Le figure appoggiate alle pareti paiono esserne ingoiate e risputate fuori, in preda a gorghi asciutti, avvolgenti. I panneggi che si adagiano sui fianchi, sulle spalle, sono pressoché inesistenti. I vortici che galleggiano nell’aria ipnotizzano, ubriacano, annunciano la pioggia di vetro che d’un tratto scroscia dall’alto spezzando i brusii e i gemiti. Un essere nudo, glabro, il sesso gonfio e potente, getta la testa all’indietro e apre la bocca ampia, quasi volesse ricevere quante più schegge possibile dentro di sé. A terra donne e uomini adoranti, ciechi, i corpi immobili, dardeggiano le mani su loro stessi nel cercare godimenti mai provati.
I fruitori della Sex House si distribuiscono ovunque, in quel dedalo di mondi diversi non c’è un ambito che rimanga inviolato, ma lo spazio principe in cui i ritmi si fanno contrastanti e a loro modo onnicomprensivi è la Wunderkammer della Cosmogonia. Ci si sente subito coinvolti, sedotti dalla possibile massima interazione personale. C’è un palco sul quale si scatenano passionali coreografie di flamenco, i danzatori fasciati da tessuti che si librano e poi prendono il volo nelle loro movenze. Al loro cospetto si consumano amplessi, visibili nella penombra grazie alle sagome geometriche che emergono fluorescenti sulla pelle degli amanti.
L’ambiente, però, va oltre. Viene messa in scena l’essenza della vita. A mano a mano che procede, il soggetto retrocede nel percorso della nascita dell’universo, il quale si manifesta dentro una foresta di stalagmiti e stalattiti, coni di ogni colore lucidi e sudati. Su di essi strisciano serpenti umani, vi si avvolgono lascivi. Il fondo è infine tutto a scacchi, c’è un sole che esplode e una nuvola nell’aria.
È l’ora di maggior deflusso dalla Sex House del quartiere Prenestino, a Roma. La struttura accoglie i propri clienti per l’intero arco della giornata, fanno eccezione le sole tre ore in cui i dispositivi effettuano in maniera più approfondita la pulizia e la sanificazione degli ambienti. Uomini e donne, per la maggior parte terrestri ma anche di origine esoplanetaria, si dirigono dalle varie sale verso il Portale Iperbarico. Strisciano sul pavimento, arrancano facendosi forza sui gomiti e sulle gambe. Non hanno la decisione e il vigore di agguerriti commando, il volto è segnato da una stanca apatia. Sono le movenze di vecchi serpenti che uscendo dalla zona di caccia mutano pelle, si liberano di ciò che ha servito lo scopo e tornano a una tranquillità più grigia.
Dagli spogliatoi accedono direttamente all’uscita, non devono transitare davanti ai Tomi – gli androidi addetti all’accoglienza – a meno che non accada qualcosa che lo renda necessario. Gordon si abbottona la giacca e sistema la sciarpa intorno al collo. Il grande parco è semideserto. Qualcuno passeggia con un cane, ci sono delle coppie e anche qualche cliente della Sex House che si è fermato a prendere un po’ d’aria o a fumare. Le luci diffondono una bella atmosfera, un chiarore dolce che rimane sotto le chiome degli alberi. Sopra, le stelle ingombrano il cielo quasi del tutto incontaminato.
La carrellata sul parco si ferma quando nota una presenza che sembra dimostrare interesse nei suoi riguardi. Mentre si avvicina, quel profilo incerto diventa un’immagine più precisa. La donna lo sta guardando, quasi lo avesse aspettato fino a quel momento, però non mostra di voler parlare. Anche quando lui è proprio lì, a pochi metri dalla panchina su cui è seduta, lei continua a fissarlo. Ha occhi quieti e curiosi.
Gordon le sorride.
«Scusa, non volevo metterti in imbarazzo» gli dice ricambiando l’atteggiamento amichevole.
«Mi stavo chiedendo se ci siamo già incontrati, ma ora che ti vedo più da vicino sono sicuro di no»
Lei esita.
«Mi chiamo Meredith»
«Io sono Gordon»
La donna guarda la panchina, e poi lui.
«Ti ho visto dentro il locale» fa accennando alla sagoma della Sex House «Ti va di sederti?»
Gordon si accomoda accanto a lei che ha gli occhi di un marrone acceso, quasi rosso.
«Quindi tu mi hai visto e te ne ricordi? Incredibile, io di solito sono una tabula rasa quando esco da lì. Trattengo così poco delle situazioni che ho appena vissuto, tantomeno delle persone che erano là dentro insieme a me»
Meredith gli rivolge un’occhiata indulgente. Poi torna a guardare verso il locale. Da dove sono loro si scorge appena la zona dell’ingresso.
«Di cosa ti occupi, Gordon?»
È un po’ sorpreso, ma il tono di lei lo mette a suo agio.
«Lavoro alla TraMill, l’azienda di trasporto pubblico. Sono nel gruppo dei supervisori. E tu?»
«Sono una ricercatrice. Collaboro con un gruppo di scienziati Pure Metal dedicati alla produzione di Smart Drug ed elementi per bozzoli curativi»
«La mia grande passione, però» aggiunge «sono le escursioni. Boschi, montagne, laghi»
«Sei un’alpinista?»
A Meredith viene da ridere.
«Faccio giusto qualche arrampicata. In realtà ogni scusa è buona per immergermi in un tipo di tranquillità che in città manca un po’»
«Già. A meno che non si scelga di usare qualche chip di Avventura adeguato»
Lei esita.
«Certo. Ma è diverso»
Cala un breve silenzio. Si sentono solo le ultime cicale frinire prima della quiete notturna, i passi di qualcuno che percorre i sentieri del parco.
«Gordon, posso farti una domanda?»
«Dimmi»
«Perché frequenti le Sex House? Voglio dire, quasi tutti lo fanno più o meno regolarmente, ma ognuno ha dei motivi suoi. Che siano banali o no»
«Non ho carenze emotive o sessuali, se è questo che intendi. Ho un compagno androide col quale tutto funziona benissimo, e mi piace pure usare i chip di Avventura – di tutti i tipi»
Ridacchia, se ne compiace anche solo a pensarci.
«Nelle Sex House, però, si possono avere altre esperienze. È più eccitante perché sai che ti accadono veramente. Credo sia questo ad attrarmi»
«Beh, per il sesso i Canali Extra sono perfetti. Anzi, direi che offrono una gamma molto più vasta di avventure. In quanto a quello che accade là dentro davvero…»
Gordon allarga le braccia, le sopracciglia alzate.
«E poi qui ci sono Smart Drug che non puoi trovare da nessun’altra parte. Qualità certificata dal Sovranazionale. Niente a che fare rispetto a quelle che vendono negli spacci. Tu dovresti saperlo»
Meredith è un po’ pensierosa.
«Che mi dici invece delle ragioni che spingono te a venirci?»
«Al momento non ho una relazione, mi dedico a me stessa e a mio figlio, ma ho comunque una vita sessuale soddisfacente. Posso scegliere di affittare un sexbot, oppure di concedermi qualche incontro gratificante – gli algoritmi di Safemeet, Right.p o altre cose di quel tipo non sbagliano un colpo»
«Ok, utilizzo anche i chip di Avventura» aggiunge poi «come te, come tutti. Perciò quando vengo in una Sex House lo faccio per esplorare altro»
«Vedi? Allora sei d’accordo con me. Questi posti hanno qualcosa in più. Gli ambienti sono studiati nel minimo dettaglio per offrire un’esperienza speciale – o almeno così mi pare, da quello che ricordo»
Meredith fa per ribattere, ma poi tace sospirando.
«Senti, che ne dici se andiamo a berci qualcosa? C’è un posto qua vicino, forse lo conosci»
«Vuoi dire il bar di Daphne?»
«Sì, proprio quello. Mi farebbe piacere continuare la nostra conversazione»
I due si avviano verso l’uscita del parco. Le luci della zona residenziale e modulare di Centocelle spuntano lontane come un ammasso di lucciole immobili e distanziate l’una dall’altra.
«Una volta qui c’era un ritrovo di artisti e gruppi culturali socialmente attivi. Ti parlo di almeno cent’anni fa»
Gordon la ascolta con curiosità.
«Socialmente attivi? Cosa intendi?»
«Lo chiamavano Forte Prenestino. Un tempo la società non aveva così a cuore le esigenze delle persone, o almeno non di tutti. Quindi la voce dei gruppi che meno venivano considerati era rappresentata da alcuni... diciamo opinion leader. E adesso c’è una Sex House»
«Immagino fosse interessante. Però meglio adesso, no? Non c’è più bisogno di roba del genere, anzi in quello stesso posto c’è un’offerta ben più eccitante»
L’uomo ha un sorriso disarmante, pulito, offre il suo cuore sul palmo della mano. Saranno i suoi occhi verdi, schizzati di oro, i capelli biondi che incorniciano il viso fino alle lunghe basette.
Meredith sente che li unisce già una certa complicità mentre varcano la soglia del bar. Non ci sono molte persone a quell’ora. Alcune coppie sono chiuse in una bolla di intimità, abbarbicate su sgabelli lucidi, i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro. Un paio di gruppetti di amici sono semidistesi su divani che galleggiano nell’aria, i drink appoggiati sui tavolini cubici di marmo. Due o tre avventori solitari bevono bibite colorate e si perdono sulle pagine virtuali delle loro Piastrine, le