Cicatrici
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Due anime ferite: una nel corpo, una nella mente. Entrambe convalescenti, si nascondono dai loro passati...
Mace Walker non vede l'ora di tornare a casa.
Due anni di copertura profonda durante uno dei casi più complessi della sua carriera lo hanno massacrato fisicamente e mentalmente. Ora, l'agente dell'FBI è tornato a casa per riprendersi dopo una grave ferita alla gamba in seguito a una sparatoria. Quando arriva a casa a tarda notte, il suo sollievo dura poco, perché si ritrova a fronteggiare una sconosciuta che gli punta una pistola alla testa e lo tratta come se fosse lui l'intruso.
Colby Parks, biochimica presso l'università locale, è arrivata in città un anno fa per sfuggire a una relazione abusante. Si è ripromessa di non mettersi mai più in una situazione del genere.
Poi arriva l'occasione perfetta: badare alla casa della sorella di Mace mentre rende abitabile quella da lei acquistata. Ma Colby non poteva prevedere un piccolo intoppo, che indossa jeans aderenti e una vecchia giacca di pelle, e sembra appena scappato di prigione.
Dover condividere una casa fa scoccare scintille di ogni genere fra i due. Tuttavia, la situazione cambia quando i loro passati li raggiungono, minacciando di separarli per sempre.
Nota: questo romanzo è una storia d'amore autoconclusiva con elementi di suspense. Come in tutti i miei libri, non ci sono finali aperti o tradimenti, e il lieto fine è garantito.
Jeanne St. James
JEANNE ST. JAMES is a USA Today and international bestselling romance author who loves an alpha male (or two). She writes steamy contemporary M/F and M/M romance, as well as M/M/F ménages, and has published over 60 books (so far). She also writes M/M paranormal romance under the name: J.J. Masters.
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Anteprima del libro
Cicatrici - Jeanne St. James
Cicatrici
Jeanne St. James
Traduzione di
Ernesto Pavan
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Traduzione italiana a cura: Ernesto Pavan
Copertina a cura: Golden Czermak at FuriousFotog
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Indice
Dichiarazione di non responsabilità
I libri catalogati di Jeanne St. James (in inglese)
Sinossi
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Capitolo quattordici
Epilogo
Fratelli in divisa: Max
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Libri disponibili in italiano
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Anche da Jeanne St. James (in inglese)
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Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, o con eventi reali, è puramente casuale.
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I libri catalogati di Jeanne St. James (in inglese)
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LIBRI INDIVIDUALI
Made Maleen: A Modern Twist on a Fairy Tale
Damaged
Rip Cord: The Complete Trilogy
Everything About You (A Second Chance Gay Romance)
Reigniting Chase (An M/M Standalone)
Brothers in Blue Series
The Dare Ménage Series
The Obsessed Novellas
Down & Dirty: Dirty Angels MC Series®
Crossing the Line (A DAMC/Blue Avengers MC Crossover)
Magnum: A Dark Knights MC/Dirty Angels MC Crossover
Crash: A Dirty Angels MC/Blood Fury MC Crossover
In the Shadows Security Series
Blood & Bones: Blood Fury MC®
Beyond the Badge: Blue Avengers MC™
IN ARRIVO!
Double D Ranch (An MMF Ménage Series)
Dirty Angels MC ®: The Next Generation
SCRIVERE COME J.J. MASTERS:
The Royal Alpha Series
(A gay mpreg shifter series)
Sinossi
Due anime ferite: una nel corpo, una nella mente. Entrambe convalescenti, si nascondono dai loro passati...
Mace Walker non vede l’ora di tornare a casa.
Due anni di copertura profonda durante uno dei casi più complessi della sua carriera lo hanno massacrato fisicamente e mentalmente. Ora, l’agente dell’FBI è tornato a casa per riprendersi dopo una grave ferita alla gamba in seguito a una sparatoria. Quando arriva a casa a tarda notte, il suo sollievo dura poco, perché si ritrova a fronteggiare una sconosciuta che gli punta una pistola alla testa e lo tratta come se fosse lui l’intruso.
Colby Parks, biochimica presso l’università locale, è arrivata in città un anno fa per sfuggire a una relazione abusante. Si è ripromessa di non mettersi mai più in una situazione del genere.
Poi arriva l’occasione perfetta: badare alla casa della sorella di Mace mentre rende abitabile quella da lei acquistata. Ma Colby non poteva prevedere un piccolo intoppo, che indossa jeans aderenti e una vecchia giacca di pelle, e sembra appena scappato di prigione.
Dover condividere una casa fa scoccare scintille di ogni genere fra i due. Tuttavia, la situazione cambia quando i loro passati li raggiungono, minacciando di separarli per sempre.
Capitolo uno
Quando Mace Walker infilò la chiave nella toppa, un immediato senso di sollievo lo colmò. Non tornava a casa da… Porca miseria, da una vita. Sebbene la casa fosse di sua proprietà e lui la considerasse la sua dimora, si sentì uno sconosciuto quando aprì la porta d’ingresso. Buttò le chiavi sul tavolino accanto alla porta e sospirò. Era a casa da ben trenta secondi e l’irrequietudine aveva già cominciato a divorarlo.
La casa era silenziosa e lui si chiese dove fosse sua sorella. Probabilmente dormiva, stupido, dato che erano… Mace lanciò un’occhiata all’orologio. L’una di notte. La maggior parte delle persone normali dormiva a quell’ora. Ma lui non era normale. Non poteva esserlo, con il suo lavoro.
D’altro canto, in quel momento lui non poteva svolgerlo, il suo lavoro. Lo avevano costretto a tornare a casa per guarire. Contro la sua volontà.
Che stronzata.
L’ingresso era buio, ma Mace non aveva bisogno di accendere la luce. Conosceva ancora bene la casa. Raggiunse le scale, dove lasciò cadere i borsoni sul pavimento e si passò una mano tra i capelli troppo lunghi.
Quei due piccoli borsoni contenevano ben poche testimonianze della sua vita nell’ultimo paio d’anni: solo qualche articolo da toeletta e il minimo indispensabile in fatto di vestiti.
Si voltò verso la cucina e l’ingresso si illuminò, accecandolo per un istante. Mace sbatté le palpebre contro la luce brusca e una voce giovane risuonò dalla sommità delle scale. Fermo dove sei! Alza le mani e allontanati dalle scale.
Ma che cazzo?
Mace si era aspettato di vedere sua sorella scendere di corsa le scale della casa coloniale a due piani, entusiasta dato che non lo vedeva da due anni. Più precisamente, da un anno, undici mesi e quindici giorni. Non che lui avesse contato.
E invece, Mace si ritrovò a fissare nell’occhio letale di una Glock. A occhio e croce, l’arma sembrava un modello 27, calibro .40: una pistola compatta, ma di discrete dimensioni, in una mano molto piccola e molto incerta. Immediatamente, i capelli sulla sua nuca gli si rizzarono.
Porca miseria.
Aveva avuto a che fare con boss del crimine e i loro sgherri – dagli spacciatori ai pornografi – ed era riuscito a sopravvivere. E ora gli toccava morire per mano di un piccolo criminale che aveva sorpreso durante una rapina? La crudeltà dell’ironia gli fece venire voglia di ridere. Invece, Mace obbedì. Con prudenza, sollevò le mani sopra la testa prima di indietreggiare verso il centro dell’ingresso. Evitò di mettersi direttamente sotto la luce, cercando invece di vedere meglio la sommità delle scale. Ma non ebbe molto successo: il corridoio di sopra e la sezione superiore delle scale erano nascosti dalle ombre.
Se avesse giocato bene le sue carte, quel piccolo inconveniente si sarebbe risolto subito. Doveva semplicemente evitare che il ragazzino perdesse la calma e fargli credere di essere lui a comandare. La Glock non aveva una sicura convenzionale. Al ragazzino sarebbe bastato tirare il grilletto fino a quando l’intero caricatore non si fosse svuotato nel corpo di Mace. E da quel poco che lui poteva vedere nell’esigua luce a sua disposizione, le dita del ragazzino tremavano dal nervosismo.
Non era un buon segno.
Dov’era che un giovane delinquente si era procurato una pistola costosa come quella? Di sicuro non l’aveva trovata in casa. E anche se ci fosse stata una pistola in casa, sarebbe stata chiusa in un armadietto.
Se solo Mace avesse potuto scorgere la faccia del ragazzo. Aveva bisogno di vedere gli occhi, altrimenti non poteva farsi la minima idea di quali potessero essere le intenzioni del ragazzino.
Non provare a muoverti o ti faccio saltare la testa!
La voce del ragazzino si alzò di un’ottava, facendolo suonare molto più… femminile.
Mace si irrigidì quando la persona cominciò a scendere i gradini. All’inizio vide piedi nudi, un polpaccio snello e poi un altro. Il suo sguardo corse alla pistola prima di tornare alle cosce nude e ben tornite che non appartenevano certo a un ragazzino. Decisamente no. Quelle gambe lisce erano sicuramente quelle di una donna e lui non vedeva l’ora di vedere il resto.
Fino a quel momento, lo spettacolo valeva quasi la minaccia armata. Quasi.
Si sentì stranamente deluso quando la maglia molto larga di un pigiama – Con SpongeBob, cazzo? – gli bloccò la visuale sulla pelle lattea. Aveva le braccia stanche, la gamba che pulsava dolorosamente e la pazienza in via di esaurimento. Ma non aveva intenzione di muoversi, dato che non aveva idea di chi fosse la donna che stava scendendo le scale. Si incuriosì quando questa emerse alla luce, che mise in evidenza i suoi lunghi capelli rossi e ricci e fece luccicare e brillare due grandi e vistosi occhi verdi.
Un fulmine attraversò Mace e atterrò nel suo inguine. Non furono la paura o il dolore a fargli succhiare il fiato. No, a quello pensarono i seni liberi che ondeggiavano sotto la maglia di cotone a ogni passo. I capezzoli si stagliavano come due fari sotto il cotone liso.
Cristo.
Mace dovette schiarirsi la voce due volte prima di poterle chiedere: Sei venuta a fare una rapina vestita in quel modo?
Seriamente: se non fosse stato per la pistola puntata al centro del suo corpo, non avrebbe preso la situazione sul serio.
Quando la donna esitò a metà delle scale, un’espressione di incertezza le attraversò il volto prima di svanire rapidamente com’era comparsa. I suoi occhi si strinsero e lei lo guardò storto. Una rapina? La vera domanda è: cosa ci fai tu qui?
La gamba di Mace ricominciò a pulsare come aveva fatto durante il lungo viaggio in auto. Anche se lui preferiva sentire dolore piuttosto che non sentire niente. Era contento di avere ancora la gamba. Perdiana, era fortunato a essere vivo.
Beh, almeno per il momento. Non ci sarebbe voluto molto per cambiare la situazione.
Ci vivo.
La donna si incupì, congiungendo le sopracciglia. Non c’era da stupirsi che non gli credesse.
Posso abbassare le braccia, adesso?
Le mani di Mace erano strettamente chiuse a pugno sopra la testa e lui lottava non solo contro il dolore, ma anche contro l’impulso ad abbassarle per massaggiarsi la coscia.
No! Non muoverti! Chiamo la polizia. Indietro.
La donna agitò la pistola nella sua direzione.
Mace non si mosse. Invece, esalò un sospiro lungo, molto rumoroso e impaziente.
Indietro, ho detto! Oppure sparo.
Non sarebbe la prima volta,
disse sarcastico Mace.
La rossa lo guardò stupita. I suoi piedi vacillarono sull’ultimo gradino. Cosa?
Mi hanno già sparato in passato. Fai pure. A quanto pare, ho nove vite.
Mace cercò di non sogghignare. Provocare una donna armata non era una cosa intelligente. L’esperienza, di cui lui aveva abbondanza, glielo aveva insegnato.
La donna aggiustò la presa sulla pistola e le sue nocche sbiancarono ancora di più. Beh, la tua fortuna si è esaurita, stronzo.
Stronzo? Accidenti, che roba. Lui non aveva fatto nulla per guadagnarsi insulti del genere. Che cos’hai nel caricatore?
La donna lanciò un’occhiata alla pistola; uno sguardo brevissimo, ma lui lo colse. "Hai mai sparato a qualcuno? Hai mai visto sparare a qualcuno? Tranne che in televisione o in un film, naturalmente. È un bel macello."
Il braccio che reggeva l’arma nera e leggera tremò.
Hai mai sentito il detto ‘Non tirarla fuori se non hai intenzione di usarla?’ Se decidi di usarla, assicurati di impugnarla con entrambe le mani. Assicurati di uccidermi, non solo di ferirmi.
Mace si batté il palmo sul petto. Due colpi. Qui. Al centro del corpo. Se vuoi farlo, fallo bene.
"Sta’ zitto!"
Mace obbedì.
La donna mise la mano libera sotto il calcio della pistola per sostenerla. Almeno sembrava aperta ai suggerimenti. Tuttavia, le parole di Mace l’avevano innervosita e lui preferiva evitare che tirasse il grilletto per errore. Non importava che genere di munizioni avesse in quel caricatore: tutti proiettili tendevano a fare male. Si accigliò.
Sdraiati per terra! Metti le mani dietro la nuca! Subito!
Cristo, la stronza cominciava a diventare fastidiosa. Ma a quel punto, era abbastanza vicino da ucciderlo anche nel caso avesse mirato male. Mace aveva scherzato a sufficienza. Esausto, non voleva altro che andarsene a dormire nel suo letto, nella sua casa.
Mace valutò la distanza. Non posso.
Aveva solo bisogno di fare qualche passo avanti. La donna agitò la pistola con noncuranza, avanzando il piede sinistro. Fallo!
Ancora un passo…
Faccio fatica a inginocchiarmi. Ho una gamba malridotta.
Che avesse una gamba malridotta era vero, ma che facesse fatica a inginocchiarsi era un po’ esagerato. D’altra parte, lui non si faceva problemi a mentire quando qualcuno lo teneva sotto tiro. A volte, le menzogne erano più facili della verità. Anche di quello lui era molto esperto.
Per via di tutte quelle volte che ti hanno sparato, eh?
A dire il vero, sì.
A terra o ridipingo l’ingresso con le tue cervella.
Quelle parole pronunciate lentamente, a denti stretti, gli fecero pensare che forse la donna faceva sul serio. Il piede destro di lei avanzò per mantenere l’equilibrio.
Ecco l’occasione.
Mace scattò. Colpì il braccio teso della donna con un pugno, strappandole un brusco grido di dolore. La pistola cadde, scivolò sul pavimento, e lei si afferrò il polso leso. Mace agguantò entrambe le braccia che si agitavano per i polsi e spinse la donna all’indietro. Quando lei ricadde sulle scale, i suoi polmoni si svuotarono e la sua testa mancò il bordo di un gradino per un centimetro scarso. Mace piantò le ginocchia all’esterno delle cosce nude della donna, immobilizzandole.
Mace fissò la donna intrappolata sotto di lui. Il suo peso la schiacciava contro la moquette dei gradini. E non gliene importava. Lui soffriva, per cui perché non avrebbe dovuto farlo anche lei?
Oh Dio, ti prego. Non…
Bisbigliò la donna, la voce rotta. Con gli occhi spalancati, affondò i denti nel proprio labbro inferiore.
Mace si accigliò. Cos’è che non devo fare? Farti del male? Dopo che mi hai puntato una pistola alla testa, non vuoi che io ti faccia del male?
La giugulare del collo delicato pulsava come se volesse scappare.
Se… se te ne vai subito, non chiamerò la polizia. Mi dimenticherò che questa cosa sia successa.
Bugiarda. Alla prima occasione, la sua assalitrice avrebbe preso il telefono più vicino e avrebbe chiamato il 911.
Mace non provava alcuna compassione per il disagio della donna, dato che lui stesso ne provava un pochino. Anzi, parecchio. I muscoli della gamba gli bruciavano tremendamente. Se chiamerai la polizia, l’unica persona che porteranno via sarai tu.
La donna si contorse sotto di lui, strappandogli un sussulto di dolore. Mace strinse i denti per evitare di genere rumorosamente. Non sarebbe stato un gemito di piacere. Per niente. Ed era un peccato. Era da un pezzo che non andava con una bella ragazza come quella che aveva sotto. Avrebbe dovuto sistemare la questione, e presto. Ma al momento, aveva un problema da affrontare e quel problema continuava ad agitarsi. Lui non si sentiva particolarmente compassionevole, ma avrebbe dovuto permetterle di rialzarsi. Per il proprio bene.
Mace si alzò, sollevando la donna con sé, badando a non liberarle i polsi. Si angolò leggermente lontano da lei, scongiurando che gomiti o ginocchia potessero colpirlo in punti delicati. Soffriva già abbastanza.
Chi sei e cosa ci fai qui?
Potrei chiederti le stesse cose.
La donna esalò rumorosamente, riprendendo visibilmente il controllo.
Scuotendo la testa, Mace accentuò la presa sui suoi polsi, per ricordarle che la situazione era cambiata. No. Adesso comando io. A meno che tu non voglia che ti trascinino fuori da qui in manette, farai meglio a rispondere alle mie cazzo di domande.
"Non ho intenzione di dire a un… a un criminale chi sono."
Se la situazione non fosse stata così seria, Mace si sarebbe messo a ridere. Io non sono un criminale.
Lei lo guardò con aria scettica attraverso la lunga criniera di capelli rossi che le ricadeva sul viso. D’accordo. Allora chi sei?
Mace si lasciò sfuggire un altro sospiro impaziente. Forse avrebbe dovuto chiudere gli occhi e contare fino a dieci… Nah, col cazzo. Te l’ho già detto: io vivo qui. Smettila di prendermi in giro. Rispondi alle mie domande.
Non ti sto prendendo in giro. Chiama pure la polizia.
La donna appiattì le labbra e inclinò il mento verso il soffitto.
Cristo, era proprio testarda. Mace avrebbe dovuto usare un’altra strategia per convincerla a parlare? Stava provando a essere ragionevole, ma le opzioni a sua disposizione erano limitate. Non voleva coinvolgere la polizia locale. Non se poteva evitarlo. E non era necessario farlo: se non fosse stato in grado di affrontare da solo una donna dal culo piatto, avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni.
Anzi, probabilmente la donna non aveva il culo piatto. Magari aveva un bel posteriore che si abbinava all’ottima carrozzeria frontale. Non gli sarebbe dispiaciuto dare un’occhiata, tanto per stare sicuro. Adorava le donne sviluppate in maniera armoniosa: tette e culo.
Se non mi dici chi sei e cosa ci fai qui, ti strapperò di dosso quella magliettina e tutto il resto di quello che indossi… che probabilmente non è molto.
Mace passò un’altra occhiata sul corpicino lungo, morbido, bollente di lei. Cazzo. Era trascorso troppo tempo. Il suo membro era già a mezz’asta al solo immaginarla nuda.
La sua minaccia era vuota,