Bagliori negli abissi
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Info su questo ebook
Il protagonista è Furio Sinni, un teorico della narcodipendenza convinto dei suoi poteri taumaturgici, condivide l'esistenza con una stella del teatro, Irina, plagiata da un oscuro guru della scena, Oswald. Vive in una casa dannunziana dove prepara colpi da maestro che dovrebbero assicurargli un futuro da nababbo. Inganna l'uditorio con l'autocommiserazione essendo orfano e colma la propria ignoranza con una filosofia scombinata. Viene sedotto dalla teoria sulla Terra piatta ma senza convinzione. La vita da pusher lo coinvolge in una ridda di figuri. La ricchezza è un sogno spesso oscurato dall'imprevedibile, sino all'insolito finale.
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Anteprima del libro
Bagliori negli abissi - Alberto Faregna
1.
Chi sono? Non lo so. Chi ero? Non ricordo. Che ci faccio in questo letto d'ospedale? Mistero. Il mio corpo è integro? Le mie membra sono complete? Dio mio. Non sono in grado di rispondere. È una faccenda seria. Grave. Ho una paura folle. Non ho memoria di niente. Non sono in grado di articolare parola. Non posso esprimere propositi o fare progetti. Ma il corpo ricorda la sofferenza pur essendo la mente priva dei dettagli e delle cause che l'hanno procurata. E questo è sufficiente al mio cervello criminale per aggrapparmi ad un sentimento di vendetta in attesa di identificare il nemico, il destinatario. La vittima. È solo questione di tempo. Di conoscenza. E se non potessi più permettermi di reagire? Allora non sono più vivo, sto trapassando. Come è squallido il nulla. Non è possibile che sia l'unica cosa che mi rimane. Sarei in una tomba. Sento addosso un profumo, mani femminili mi hanno sfiorato nel coma. Dunque per qualcuno io ho valore. Quindi c'è al mondo chi si interessa di me. Ma abbasso gli occhi e vedo un punto della coperta sollevarsi. Forse ho un ago in mano. No, un'asta. Estraggo le mani da sotto la coperta, non ho affatto la mia mano ma ai polsi, ad ambedue i polsi, porto lunghe tenaglie d'acciaio cromato. L'ultimo tratto di dieci centimetri circa compie una curva di novanta gradi. Ho una menomazione. A base di armi mostruose. Ora con uno sforzo dilato le forche di dieci centimetri circa. Se allora la rabbia è troppa dentro me qualcosa valgo, questa ferraglia mi permetterà di uccidere, non so resistere, i miei coltelli chiedono sangue come bestie assetate, vediamo se le gambe reggono.
Si è posato un uccellino sulle asticelle d'acciaio, un pappagallino giallo. Si guarda attorno con piccoli scatti, sbatte gli occhietti, potrei imprigionarlo. Tu sei un pappagallino ma io sono un lupo. Ma vola verso una mosca uscita da una trappola per insetti a fianco del letto. Ecco la nostra dispensa. Quando capiterai nei paraggi, ci sarà sempre del companatico per te. Zac! Eccone un altro, un attimo e se la mangia. Così si passa la vita da queste parti? Ho forse cercato io questo pozzo in cui sono caduto? Tu giallino hai più memoria di me, ma non puoi parlare, diavolo. E magari hai visto e ricordi tutto. Natura, fai pure di me un omicida, ma rendi almeno la voce a Giallino. Giuro che se lui potesse parlarmi, io rinuncerei ai miei propositi. Odo una voce femminile, voce di amante e di madre, è lei. Irina. È la mia donna e lo capisco subito. Avvicinandosi il profumo aumenta. Quel profumo che ho addosso. Sento gridare un bambino che lancia i suoi giocattoli. È lui. Deve essere Piotr. Mio figlio. L'orologio segna le sette, e splende la luna! Ecco il quadro familiare. Ho sforzato la mente. Perdo le forze. Ho sonno e rendo, come si dice, i pensieri a Morfeo.
Riapro gli occhi e Giallino è sulla spalliera, l'orologio segna le nove, le ruote di un camion sbattono contro un tombino. Ma è ancora buio! Dunque qui non sorge l'alba. Sul comodino c'è una fetta di torta alle ciliegie. Ho scritto che sono un lupo e dunque la divoro. Ma se non bevo muoio. Esco dal letto e cado per terra per un capogiro. Le mie mani! Le mie mani! Dio sacrosanto nel corridoio quadrato rivestito di mattonelle bianche, tra il mattatoio e il manicomio, una bottiglia di plasma pende da un tubo di plastica e brilla come un rubino sulla neve. Il lupo recide il tubo e beve, poi sgattaiola al suo giaciglio per un sonno ristoratore. Anche se il profumo lo inebria, il suo cuore è gonfio di male.
Torno in strada a far sentire l'afrore del mio pelo irsuto mentre azzanno traditori e annullo il potere del racket. Mutilatemi pure, la calata del barbaro è imminente, stanerò i miei vassalli. Devo possederne. Ricorda Piotr: occhi di ghiaccio. Spaventa i tuoi nemici a morte. Combatti e colpisci per primo, non temere le fiamme e ficcati il mio sguardo nell’anima.
È trascorso un giorno, e accanto a me c'è un piatto di arrosto, spinaci e mozzarella. E rieccomi vagare lungo i muri alla ricerca del mio plasma. Stavolta la temperatura dell'ambiente è più calda di ieri. Ecco una bottiglia del mio succo, dopo aver bevuto torno a completare il pasto. Piotr ride. È dietro di me, lo prendo in braccio e lui tocca ogni punto delle tenaglie per capire come sono fatte.
Piccolo Samurai, impara l'arte della guerra, e avrai le mie armi in dono.
Irina non sente i miei pensieri o me lo toglierebbe. Lei è pace e io guerra. E Piotr? Tregua. Spinge fuori da sé il suo ego infantile e tribale. Piccolo samurai. Sii solerte, lotta e logora il tuo nemico. Metti lo specchietto davanti i miei occhi, sì, e ora guardaci dentro, cosa vedi? Due infermieri. Però. Che tipi. Vi tengo sotto tiro, canaglie. Mi avrete spogliato di tutto, razza di porci. Ma Piotr ogni tanto smarrisce il senso delle mutazioni psicologiche materne e si spaventa. Non capisce.
Se nulla ricordo, mi rimane lei, ho mia moglie, meta d'invidia e desiderio. È un'icona. È una diva fotografata su tutti i giornali. Mi riavrai bellezza. Dammi tempo.
Intanto il lupo si osserva intorno.
Vede una donnona statuaria e anziana vestita di un cappotto di astrakan. Con una spilla irradia un brillio come un asteroide di metallo il più prezioso. Offusca il fulgore del rubino, del plasma. Tu regni in questa galassia, insegnami come ottenerne il potere assoluto e te ne sarò grato con la richiesta che desideri. La sovrana siede sul trono a fianco di Flash Gordon. È di certo un signore importante. Vedo anche una dottoressa corpulenta a cui tutti obbediscono. È giorno di visite, maledizione. Il palazzo si popola di stupidi chiassosi, di pigmei, di omuncoli, di vite squallide. Non ci voleva. Mentre noi, gli dei, sappiamo ottenere obbedienza: un diamante per una saliera, o vino francese al prezzo di un smeraldo. E nessuno mai rifiuterà. L'infermiera orientale ha avuto una banconota frusciante. Le sorrido, lei ricambia, ruffiana felice.
«La mia portantina, su, su.» dice una anziana o un vecchio, qui non si distingue chi è uomo e chi è donna;
«Sì certo presto la portantina.» arrivano i facchini dalle braccia allungate, mostri inguadabili che la fatica ha deturpato. La creatura entra e si accomoda sdegnosa.
«Il suo orlo madame, attenta allo sportello.» con un tremolio della testa afferra un lembo del vestito e lo toglie dall'apertura della porta. Il baracchino si solleva e il gruppo conduce fuori sua maestà.
«Ehi il mio tabacco da fiuto!» Raglia una specie di scimmiotto straricco a un buffone che pare dipinto da Goya, un nano strabico che gioisce tra le invidie dei colleghi rosiconi.
«Questo è per te, un Tornese di oro zecchino se mi favorisci subito una zuppa di cipolle.»
«Subito! Provvedo subito,» rantola il nano cercando di correre così goffo che Piotr lo imita e tutti ridono.
«C'è un poco di cioccolata per mio figlio?» Dice mia moglie giocando con una collana di perle originali,
«Certo subito!» Risponde una infermiera bloccando una collega che corre verso le cucine, poi quando Piotr si lecca i baffi lei si pavoneggia con le perle al collo e un infermiere con degli occhialoni da fondi di bottiglia la adocchia che pare volerla concupire.
«Piotr vieni qui» grida Irina, è una vichinga buona dagli occhi di smeraldo. Ma è nevrotica e non si ferma un attimo, telefona, tratta, firma autografi. Inafferrabile. Mercurio, argento vivo. Un ippogrifo in volo. E se mi tradisse? Se fosse di qualcun altro? Dove si posa il profumo agognato? Sul corpo delle mie lame. No, il lupo si calma.
Si asciuga le lacrime con una stola di volpe e scoppia a ridere. La sua maledizione è un intreccio di gioia e di dolore. Così il lupo non sa mai se la morde o la carezza. I malati qui sbavano per lei, perché ignorano, stupidi ignari. E inoltre non sapete chi state amando davvero. Chiedetelo ai suoi autori, che la amano tramite le loro invenzioni. Ma attenti, impazzirete. Provateci e impazzirete, lo racconta lei stessa che riferisce: «Gianni il primo regista è uscito di testa nel tentativo di indagare la mia logica e ha capito che non aveva per le mani un cubo di Rubrik ma un labirinto di Escher. Vittorio, un collega, vive in strada a causa di una dissociazione mentale frutto-a suo dire-del fatto che sono un clone mutante. Angelo, il produttore di vino, è finito alcolizzato perché ha gettato la spugna (ti piace la gaffe linguistica?) Ritiene impossibile seguire la mia evoluzione personale. Non sono disposta a recuperare un personaggio». Questo vi succede se entrate nell'orbita di quel diamante scisso. Inutile che ve lo dica, io so per certo che se doveste vederla un giorno getterete alle ortiche il libro della fedeltà coniugale e vorrete seguirla, conquistarla, rapirla, e finirete malissimo. Ma il lupo no, sopporta. Solo il lupo ne gode senza impazzire. Inoltre Irina è sterile e ha adottato un bambino in Russia. E i fans fanno altrettanto. Cadrete dalle nuvole come chicchi di grandine che distrugge il raccolto e non capirete più che siete amore e che desiderate vita. Proprio come è accaduto al sottoscritto. Non posseggo ricordi, né parola, solo i miei istinti ciechi. Un trauma abietto mi ha scaraventato staffili d'acciaio al posto delle mani! Aiutatemi ad essere carezzevole nelle mie effusioni se non posso che tagliare, lacerare e colpire! E non riesco ad articolare parola. Non posso dare il buongiorno a Irina con un verso d'amore, visto che sissignori: sono poeta. E lo sono davvero. E come posso non avere rimembranze? Vivrò all'estremo per scrivere dardi di fuoco che trasformino le pagine in una sindone. Se la vita mi bersaglierà io prenderò da lei sempre e a piene mani.
Dunque è mattino, il primo a entrare in camera è il capo portantini. È l'uomo più alto del mondo, talmente alto che cambia le lampadine senza salire sulla scala- non si separa dall' i-phone. Calvo cinquantenne, dell’Est Europa. Ha il pollice lussato e forse glie lo sigilleranno, in astinenza da messaggi inizia a tremare. Grande e grosso com'è, trema tutto. Seguo Piotr che corre via e mi ritrovo in una galleria di tavole anatomiche sotto una volta a botte. C'è odore di fanatismo medico.
«Sono incisioni originali inglesi, sa? Appartengono al Grande Giovio, il Primario» mormora Rosaura la dottoressa di Rovigo. Arrivano due gemellini che giocano a hockey e il loro dischetto dopo un colpo di mazza finisce in fronte a un donnone dal cappotto di astrakhan. Questa è proprio bella!
«Basta voi due! Qui non si gioca! Ve lo sequestro. Intesi?» C’è profumo di cucina, mezzogiorno, il sole splende dalla trifora dell’antico castello.
Ecco finalmente il Primario. Un padreterno liftato, tinto, attorniato da una pletora di angioletti inamidati e bianchi. Il cielo si illumina, è un musical.
«Vieri, ma lei ha subito un intervento di chirurgia plastica?»
«Sì professore, al naso e allo zigomo.»
«Anch'io potrei, ma non so da dove cominciare... lei Marte cosa mi consiglia?»
«Ma Professore, lei è già bello così!»
«E tu Diana?
«Non c'è nulla da correggere.»
«Lei è troppo gentile, ma se io desiderassi affrontare un cambiamento, così, per sorprendere un po' mia moglie, su quale parte sarebbe opportuno intervenire?»
«Professore, quello che le verrà tolto voglio che sia donato ai miei lineamenti. Lo voglio io.»
«No io!»
«No datelo a me!»
«Lei non ha bisogno di tratti deformati» Osserva Marte in estasi. Forse mi ragguaglierà su questo acciaio connesso ai polsi. Squillano delle trombe e fa il suo ingresso la creatura più fulgida del regno ospedaliero:
«Irina, più bella che mai, lei onora la nostra clinica» Irina passa dal corridoio portandosi via Piotr recalcitrante,
«Sono solamente di passaggio» il Primario la osserva, la pensa di continuo. In ogni occasione.
«Questo profumo è una novità?»
«Questo profumo annullerà il tanfo di cadavere. Ma non è un insulto, è il testo del mio film. Il copione dice proprio così,» Lei lo fa arrabbiare, lo diverte,
«Volevo ben dire» lo commuove, lo preoccupa.
Sono un poeta fallito, la mia cetra ha spezzato le sue corde. E devo ascoltare il putridume di queste banalità? Rassereniamoci, amici: ho la precisa sensazione che potrò divertirmi con la donna in Astrakhan. Perché è una celebrità. Ma non mi sovviene chi sia. Se Irina cinguetta, lei mi rallegri.
«E tu adesso vorresti addirittura sposarmi?»
«E avere figli» rispondo io.
«Non posso!» sibilò tra i denti. «E insisti, cazzo!»
«Ci vuole una adozione, vuoi un bambino?»
«Sì lo voglio dannazione»
«No dannazione, sì adozione» Irina mima andature, tic, pose, voci. Plasma il suo volto, ti trascina a farle da ‘spalla’, spesso finisce col perdersi nei suoi personaggi: mi sono lanciato a darle dei suggerimenti e li ha accettati. Chi resiste a questo pazzesco vulcano di mercurio, di argento vivo? Quando la recitazione prende corpo in lei, cambia universo. «Il carattere va interpretato con coerenza, non si deve smarrire il personaggio» Se non segui mia moglie, se non le obbedisci strilla come una scimmia del Borneo e Piotr si spaventa. Non capisce. Ci sfugge. Poi si rialza e combatte spingendo fuori da sé il suo ego infantile e tribale. Samurai. Piccolo samurai. Ha seppellito un giocattolo in giardino, e poi ha nominato un amichetto come sorvegliante, e se non obbedisce guai a lui. Dopodiché, in marcia. Il piccolo capo protende il musetto come un pellicano.
Il dottorone fa l’oracolo, e mi rimbocca le coperte, fammi vedere bene le mani, vile! Me le avvicini, eh? Me le piazzi sotto il naso, vero? Attento, attento... zaff! il Lupo è feroce. Così il Mediconzolo non fa in tempo a schiaffeggiarmi o a colpirmi con un pugno perché gli punto la freccia della pinza sulla carotide.
«Guai a te se ti muovi dottorone!» se l' è fatta addosso dalla paura ed è fuggito via come un cane bastonato. Ah la storia si è divulgata come niente, tutti mi evitano, hanno una gran paura di me. Mettetemi pure la catena, la spezzerò con la forza dei denti. Piotr gioca colle mie protesi di ferro, Irina accosta la bocca al mio orecchio:
«Ascoltami, puoi sentirmi? Puoi? Il trapianto è colpa di un’epidemia, Giovio, il professor Giovio, ti ha operato e le tue mani…» abbassa gli occhi, sussulta, piange in un fazzolettino. Recita! E ci si mette anche Giovio: «È una malattia degenerativa ai legamenti degli arti superiori, ci dispiace per queste protesi. Ma abbiamo dovuto bloccare in modo radicale il pericolo. Era nostro dovere.» poi, come se ci mostrasse un giardino fiorito: «Vede quei poveretti? Con le loro mani non avrebbero mai fatto quello che fanno. Ora invece sono abilissimi. Io li trovo adorabili. Beh devo andare, è tardi». Dev'essere un pregiudicato, per questo è sempre in fuga. Sono entrate tre infermiere di colore, una presenza gradevole, forse gemelle abissine, profumano di sandalo o curry. Sono qui per trascrivere le cartelle cliniche.
«Sabato va in onda il documentario dedicato alla biografia del dottor Giovio, saremo tutti in salone per vederlo». È uno scienziato autorevole ma è un bandito, guai a dubitarne: Irina lo segue come una luce, povera stupida persa nella sua orbita, non ti sei accorta? Lui è in colpa, lo mostra chiaramente. «E i malati aumentano. Ormai è una moda farsi gli arti sintetici. Niente mani, bastano due pinze. Con poco si può fare di tutto.» Adesso Irina mi spinge via in barella nel corridoio a ‘L’, alla svolta vedo la ‘Zarina’ in astrakan.
Giovio richiama tre assistenti, due giapponesi e uno canadese e parla di me:
«Eccolo qui, tornato tra noi, benvenuto mio caro. Certo, il recupero non è ancora totale. Ma è cosciente e ha contezza di sé. Ma io devo scappare o non farò in tempo, devo truccarmi per l’intervista…Ah oggi pomeriggio vi telefono, mi raccomando». E si allontana spandendo profumo di lavanda «Addio maestro»!
«Amore, vedi quello là? Quello è Roentgen, il grande pianista. L’hai sentito nominare?» suggerisce Irina con devozione. «Si è svegliato! Complimenti!» esclama il vicino. Irrompe la Regina delle infermiere, il donnone di poco fa, una cinquantenne gigantesca e autoritaria, studentessa di psicologia: e chiede a Irina:
«Che ci fate tutti qui dentro? Un raduno? Una cospirazione?»
«Ma no, noi volevamo...»
«Fuori! Fuori!» le tre infermiere di colore escono silenziose, probabilmente erano un'impressione della mente o un sogno collettivo... poi mia moglie si sente chiedere:
«Suo marito ha ripreso conoscenza?»
Irina sbotta: «Cazzo, lo sanno tutti e tu razza di gattamorta sei ancora in letargo? Sveglia! Parassita! Informati! Aggiornati! Certo che ha ripreso conoscenza, è sulla bocca di tutti perdio! Ed era il caso più difficile!» La Regina tramortita boccheggia poi gira sui tacchi ed esce solenne come se portasse un gonfalone.
Le gemelle Nigeriane entrano e tolgono Piotr dalla spalliera del letto poi lo rincorrono in corridoio, Irina è ipnotizzata dal pianista. «Dicono che Roentgen sia la reincarnazione di Chopin, ha dato ordine ai suoi manager di rinchiuderlo nello scantinato della casa natale di Chopin. Dopo un anno sono tornati a trovarlo e lui si era ammalato di tubercolosi. Ormai Chopin vive dentro di lui! Non ci sono dubbi, anche la rassomiglianza è impressionante, scrive persino lettere a madame de Stäel!» Che ci crediate o no, in quel momento una pianola meccanica ricorda certi numeri da circo. E sento ridere Piotr, la cosa mi rallegra e scordo i miei dubbi. Piotr ride come una cascatella argentina o un cavallino imbizzarrito. La memoria di Irina prosegue:
«Ha plagiato un violinista con strane ginnastiche per le dita, gli si sono logorati i tendini e ora deve ripartire da zero.» Irina ha una sceneggiatura sottobraccio,
«La mamma sta recitando.» dice il piccolo,
«Ascoltami!»
Fuma sotto il letto e brilla come un inverno luminoso ma gelido, dominando gli sguardi e controllando che la guardino. Ma il copione, la finzione non potranno aiutarmi a recuperare il passato. Irina fuma con avidità. Piotr si infila sotto il letto. E lo spilungone messaggia, e le gemelle veleggiano come ologrammi. Giovio parla e parla, sfuggendo di continuo. Irruppe la Regina delle Infermiere: «QUI NON SI FUMA! LA SPENGA IMMEDIATAMENTE O CHIAMO LA DIREZIONE! È UN OSPEDALE SA?» Irina spegne amorfa, la regina esce rabbiosa in corridoio. Al prossimo attacco mi impossesserò delle mani di quella troia, anzi, la mia bocca asporterà avida il suo sangue. Giuro. È già riportato nel mio libro degli impegni. Esce Piotr da sotto il letto e trova una busta, lo prendo e lo apro. Contiene pinze metalliche da trapianto! Riavvolgo il pacco e lo ributto sotto.
«Ha tutto in movimento quando cammina, la cavallona»! mormora Irina.
«La guarda, perché sa che lei è una star,» insorge la dama in astrakan, «Ma dovrebbe essersi accorta anche di me, impossibile che non ricordi chi sono».
«Storie, i divi si ammucchiano nei magazzini della memoria come vecchi manichini monchi,» sentenziò Irina.
«Ma a lei non toccherà questa sorte, carina, lei illumina tutti noi!» commenta sorridendo la donna in astrakan. Irina le fa una carezza. Piotr la sbircia riflessa in uno specchietto. Un signora robusta dallo sguardo vivo e profondo. «Quella spia smemorata dell’infermiera è mia coetanea: avrebbe dovuto riconoscermi. Sa cos’ho scoperto?»
«Cosa?»
«È cleptomane»: sospirò: «Sono stata campionessa di nuoto nel Cinquantanove, tre medaglie d’oro alle Olimpiadi e allenatrice della Squadra Nazionale, il mio splendido giardino di ricordi è una cupola di fiori secchi.» lo Spilungone tossì in lontananza messaggiando a tutto spiano. Il telefono gli tremava. Campionessa! Ecco chi era! Dopo una settimana dal mio risveglio, finalmente il mio primo ricordo, fu come scoprire un numero vincente estratto dal bussolotto della lotteria. La abbracciai con foga tanto che lei si spaventò. Ero felice, sicuro. Quel lurido mattatoio non mi suscitava più tanta angoscia.
«Ha qualche parente qui?» chiese Irina
«Mio fratello, gli è venuta un’ernia mentre si chinava. Voleva raccogliere la carta del poker. Ci crede? Un primatista sportivo arrestato per gioco d'azzardo, poi dopo la cura l’hanno dimesso. Ma mica ha imparato l’antifona, adesso dirige un club del poker in periferia. Un posto chic ma è fuorilegge. Però frutta milioni, si guadagna, la gente gioca senza fermarsi mai. La puntata minima alletta molto di più rispetto agli altri circoli. Ma la polizia ha fatto irruzione e ha vietato l’attività. Il club è chiuso. Gli hanno apposto i sigilli all’ingresso. E quella carta coperta è ancora là, sul pavimento, che aspetta di essere guardata. La mano di poker è in sospeso e abbiamo preso nota delle giocate. Vedremo un giorno chi ha vinto». Precisò la signora con la furbizia di una fattucchiera.
«Potrebbe darmi l'indirizzo del club,» osservò un settantenne rubizzo e lentigginoso «Io conosco il Prefetto perché sono il direttore dell'ufficio affissioni, potrei farlo sbloccare»
«Star poker society, via di Villa Flaminia 81 dopo la sala bingo.»
«E pensare che sarebbe potuto diventare un medagliere vivente, ah che nuotatore era! Servì da modello per lo scultore del trofeo olimpico, atleta anch’egli: e il premio lo vinse lui! Ma il poker, sempre il poker, e alcol, e panini nelle lunghe partite. Allenamenti? Macché, non ne fa più. Chiedeva a me di seguirlo, di imporgli il training. Ma crollava senza obbedire come uno smidollato al momento di dare il massimo. E guardi, guardi come è imbolsito. Non mi do pace. La forza di volontà dov'è finita? Possibile avere una scorza d'uomo ma la personalità d'un vegetale? Di un cavolfiore? La gibbosità non è nulla. Ma quella pancia, tsss! Non si tuffa da anni, è stato scartato dall’esercito ed è caduto in depressione. Da quel momento prende tranquillanti a pioggia. Vuole difendere la libertà. Ma in Libano e Afghanistan non ce l’hanno proprio voluto. Si è sposato la Gavazzi, la spia di Hong Kong: e lei gli ha fatto le corna col campione di fioretto. Poi ha aperto i poker club. E io ci ho messo le mie foto,» ebbe un lampo negli occhi, «Che splendida atleta ero!» si guardò attorno con commiserazione. Gli astanti erano troppo giovani e poco fisionomisti per ricordarsela, «Ma non c’è bisogno di sapere chi è lei, signora Irina: è una che va lontano, e ce la farà. Faranno di lei un'icona. Solo un consiglio: mi ascolti: tenga duro, non molli, lei ha stoffa, ho ammirato la sua eleganza, i gesti, come ha acceso la sigaretta, i suoi sguardi sono diretti al cuore. È un’autentica star, bambolina mia… ma oggi che cosa se ne fanno di una attrice come lei? Dove sono finiti i maestri pronti a duellare per averla nelle loro produzioni?» guardò l’orologio, un’enorme patacca dono di qualche pezzo grosso: «Ma è tardi, scappo, a sabato prossimo, ciao Piotr», uscì sistemando il cappello ma rientrò: «State attenti alla cleptomane»! Non mi risulta che la Regina sia dedita al furto.
In TV il telegiornale racconta cose da capogiro su quel furfante di Oswald: è scappato in occidente dall'URSS grazie a Irina.
«Ma no, è mio cugino che lo aiutò a fuggire dalla terra di Stalin,» rispose un professore segaligno.
«Accusato di maltrattamenti e per aver stalkerizzato la medesima attrice, ecco l’interno di una casa con una bara, da cui Irina viene estratta in stato di shock. Salvata dai carabinieri mentre io accuso Oswald davanti a loro.» alla faccia! C'erano delle signore in pelliccia e ampi cappelli, dame benestanti sposate a professionisti di vaglia, impegnati a sudare sui codici tutta la vita. Le signore andarono incontro a Irina e la avvolsero dei loro profumi eccessivi.
«Signor Sinni!» protestarono indignate, «Deve fare qualcosa contro quel …»
«Quel prezzolato! »
«Ha insidiato la rispettabilità della sua signora! Deve punirlo!» La Camera dei Lords o la Corte Suprema del tribunale inglese! Erano in solerte protezione della mia regina, e giocando ad armi scoperte esse mi porgevano l'arma, la daga che avrei dovuto impugnare contro Saladino o Attila.
«Prendo atto del vostro appello e salirò sul trono della vendetta,» ringraziai le parche con un inchino e le invitai a prendere un gelato.
«Ma vogliamo sapere, è vero che lei è un...»
«Un cosa? A cosa alludi mia cara?»
«Un pericoloso grassatore!» rispose la Prima turandosi la bocca bistrata di rossetto ma senza passarmi il dizionario dei sinonimi.
«Ma se non sapete nemmeno quanta forza alberghi nella mente di quest'uomo» annunciò la terza che invece mi faceva l'occhiolino «Quel signore così sinistro fa parte del cartello della droga» disse la seconda storcendo il naso, era la classica benefattrice che sostiene orfanotrofi mediante cibo e vestiti e carbone per l'inverno, destinato alla stufa del collegio e non nelle segrete stalle degli educatori. Ecco perché da bambino al brefotrofio ero piuttosto malnutrito... passavo notti insonni tenendomi nello stomaco un ranocchio rabbioso.
«...e il presidio medico aprì un'inchiesta per i casi di malattia da denutrizione. La reggenza rubava, nelle nostre bocche finiva il dieci per cento delle risorse.»
«Il vero assassino è Osuald non capite? Osuald. Sinni è colui che l'ha salvata!» annunciò Lady Puzza-sotto-il-naso. Almeno mi sosteneva, potevo stare tranquillo.
«Signore vogliamo il nostro tè,» chiese impaziente la prima, che aveva veduto passare le tre infermiere di colore. Ma non prima di ultimare il colloquio mediante un tête-à-tête con me.
Ho sposato una persona in grado di scagionarmi ottemperando alle attenuanti generiche. Il finale era degno di un principe del foro. Dopo un poco ci venne servito il tè con due enormi vassoi di pasticceria fresca, e la fame, ricordo dell'orfanotrofio ottenne sublime incoronazione. E perdonate se vi volto le spalle ma anche gli eroi avvertono un groppo in gola. Un attimo di commozione, e poi torno a voi, miei diletti.
«In sala riunioni ci sono i lavori in corso, per questa volta faremo compagnia a lei signor Sinni,»
«Ed è un'occasione per una foto con Irina!»
«Che pelle liscia! Quanti anni ha?»
«Io trentuno ma il mio chirurgo plastico molti di meno.»
«Ah ah ah!» tripudiò il garrulo pollaio.
«Sia gentile signor Sinni, la porremo in relazione con i papabili della giustizia. Mio marito procuratore fece spostare una statua in Corte d'Appello perché in aula copriva la sua figura! La sua elegante figura, era un uomo maestoso e potente!»
«È stato costretto a 'sfangarsela' nel corso di una vita, Sinni, conosciamo i suoi guai. Ci hanno detto che è scappato da un orfanotrofio montando su un treno merci che poi ha investito uno sconosciuto tranciandogli una gamba durante la sua corsa sui binari!» cantilenò a occhi sgranati, pazza di me. Avevo fatto carambola, e gongolai. Ma subito riguadagnai quota verso le emozioni profonde: la ruggine secolare che incrosta quell'ancora della mia anima sprofondata, non era mai stata chiamata signor Sinni. In tema di voracità batteva tutti, poteva pappolarsi interi vassoi di pizzette e vol-au-vent a suon di Martini, Negroni, Spritz, Campari, prima di andare a cena. In quella Grotta di Valpurga, Macbeth dunque ebbe l'incarico di far fuori Re Duncan, e Irina, perfida e sexy, dardeggiava occhiate nella mia direzione affinché io mi mostrassi accondiscendente. Intanto le tre donzelle d'antan franarono nell'orgia inzuppando nel tè al latte il loro pan di Spagna o la crema pasticcera, le tartine ai mirtilli e i cannoli. Fette di torta alle noci o alle nocciole che trangugiavo sotto le coperte (mia moglie me le passava). Suppongo che per la cena arrostissero un bue intero. Ma come erano venute a conoscenza dell'incidente ferroviario? Adesso anche voi credete alle streghe.
«Signora Irina, se lei fosse su una torre e dovesse buttare giù il signor Sinni o Osuald, chi butterebbe?» domandò una strega.
«Io butterei giù quel bandito di Piotr, dov'è andato a finire? Piotr!»
«Signore mie, quale gradevole simposio!» guarda chi si rivede, il Papa Giovio elegantissimo in completo di seta bianca.
«Ecco Oswald, il persecutore di sua moglie!» disse la prima,
«Oswald! Un regista esaltato che ha distrutto le menti degli attori con il famigerato metodo Siniskalki.»
«Se il club è privo di una sede che funga da ritrovo, ci tocca utilizzare la stanza di Sinni perché è la più grande,»
«Tesoro ma l'hai già detto tre volte.» disse la seconda agitando le braccia.
«Ti sto sulle scatole per caso?»
«Ma neanche per sogno»
«E allora calmati»
«Io sono calmissima, tu piuttosto»
«Ma cara sono così da sempre, non vedo il motivo di cambiare i miei modi. Osuald le ha insegnato a recitare e basta, l'intervista mi ha molto impressionato al punto che volevo scrivere alla redazione» disse la seconda «Cosa aspettiamo a trasferirci nella Dining room?
«Su nella dinig room i piastrellisti sono al lavoro mentre i tappezzeri...»
«E ci risiamo santiddio!» la terza dama seguitava ad illuminarmi a proposito dei lavori di cantiere.
«C’è Komaron, l'hanno intervistato» disse la prima versandosi dell'altro tè «Quel corridore delle Mille e una notte che voleva scaraventarsi contro un muro con la Rolls perché Osuald l'ha plagiato»
«Osuald, tutti ce l'hanno con lui!»
«Sfido io, con quel cappellaccio da brigante e il mantello nero, farebbe paura a chiunque, brrr» fece la seconda chiudendo gli occhi con una smorfia che le trasformò il viso in una maschera incartapecorita.
«Sapete perché è pericoloso? Perché qualcuno gli crede...» e si avvicinò a una delle amiche proseguendo a parlarle nell'orecchio.
«Ma è vero che lei fabbrica e vende la drroogaa?» chiese la prima, protendendo il mento in fuori: «Con la drroogaa non si scherza» attesero la risposta squadrandomi in silenzio.
Ma i gemellini fecero e irruzione afferrarono il cuscino e lo tagliarono, facendo nevicare le piume d'oca, che ci sommerse una cascata di neve trastullando Piotr col suo amichetto. Circostanze e avventure della mia vita piovevano su di me dai loro racconti. Udivo e raggelavo con asprezza come se avessi addentato un limone verde. Oswald era mio cliente, invece che eliminarlo perdendo Irina, (di lui succube e devota) al Demone nero non potevo negare certo l'oppio e la benzopirina: altro che tentare di farlo fuori come suggerirono quelle tre. Le sorellastre erano rintronate. Il pettegolezzo seguitava:
«E la Donatoni, la cantante, annegata.» disse la prima
«Ma quella se l'è cercata. Era depressa all'ultimo stadio» chiarì mia moglie e tutte le teste si girarono verso di lei come se fosse apparsa una santa.
«Ragazze, sono le sette, andiamo all'edicola, dev'essere uscito Mondo gossip e Famiglie Reali» il trio fuggì dal giornalaio facendo tintinnare collane e orecchini di strass. Non ricordo altro di quel pomeriggio perché mi addormentai.
Aprii gli occhi, avevo sete di sangue ma non potevo cercarne: mi trovavo tra i piedi Giovio che mi scuoteva il braccio:
«Caro Sinni, ieri discutevamo di lei con alcuni amici, abbiamo rievocato i suoi guai con la giustizia. Beh le dirò: io non giudico nessuno sia chiaro, ma lei deve essere sicuramente la reincarnazione di uno scriba egiziano. C'è un legame tra noi e gli antichi. Lo so per certo. Vi sono dimostrazioni in merito. E ho assistito ad esperimenti che provano il transfert da un'anima ad un'altra. Ma se parlo di questo minacciano di radiarmi dall'albo medico. Così stanno le cose per chi ha osato e rischiando di bruciarsi le ali ora sa. Gli altri, vorrebbero approdare alla nostra conoscenza ma manca loro il coraggio. Ho conosciuto persone che morendo si sono poi materializzate in altri corpi, e nelle nuove membra la loro reviviscenza è stata totale. Dunque io prima di essere il Professor Giovio sarei stato qualcun’altro? Chi ero un tempo?»
«Io preferirei non saperlo.»
«Forse fui... una puttana di successo! Eh già: sono una gran puttana,» commentò proprio come farebbe una gran puttana: «E grazie a lei, sarò immortale»
«Addirittura?»
«Sicuro, e lo sarà anche mio padre. Quando leverà il disturbo, quando dovrà lasciarmi, lo collocherò in una bacheca trasparente. E così tutti si faranno imbalsamare. E conoscerà i suoi avi! E questo aprirà nuove vie! Lo voglio, lo desidero! Ero sul punto di compiere a la mia missione. Ma lo sciopero dei becchini l’anno scorso mi impedì l'acquisizione di salme fresche»
«Peccato, e ci mancava lo sciopero»
«Ma non mi sono arreso e ho ideato la soluzione. Un dispositivo così efficace che surclassa il valore delle performance dei suoi organi coevi. Una frontiera della ricerca! L'ausilio artistico di un grande della tastiera come Roentgen, che acconsentirà all'espianto innovativo, »
«Roentgen tentenna, è sempre lì che nicchia. Non è certo delle nuove mani.»
«Guardi il documentario che andrà in onda, lì è spiegato il lavoro progettuale. Così comprenderà come effettuiamo ingerenze che aprono nuove frontiere» tutte idiozie, recitate con sentimento. «Ma questi interventi, cessata l'epidemia, non saranno più richiesti, e me ne dolgo. Mi aiuti lei a superare il marasma di un futuro ignoto, al cui percorso involutivo io non voglio abdicare »
«Mi insegni la tassidermia, tutto quello che sa, la prego. Ah lei non mi ascolta. Beh venga, andiamo in laboratorio,» gli andai dietro come un automa.
Al pensiero che questo turpe criminale architettasse di dedicarsi alla lavorazione delle salme, gli avrei dato fuoco! Poi ebbi una illuminazione che mi indusse a riflettere. (Perché non potevo sfiorarmi il mento come un filosofo?) Cazzo, il bolso macellaio mi invitava a recuperare il tempo passato! Necessitavo di una istigazione esterna, condita da lodi e autostima. Anche lui si prodigava per il riassetto del mio puzzle esistenziale. Sarei balzato a sedere urlando Eureka al mondo intero. Tu creatura ignobile puoi dunque elevarmi?
«Possiamo lottare insieme. Chi di noi avrà sorte peggiore? Il più scaltro o il più fortunato? Quando questo sarà, che ciascuno abbia cura dell'altro.» bussarono alla porta ed entrarono due tipacci sudati. Trasportavano a mano un bustone nero lungo un metro e mezzo.
«Sono in riunione, santo RIMETTETE OGNI COSA AL SUO POSTO!» gli energumeni sistemarono il bustone nella cella frigorifera, in corridoio scorsi Irina e il piccolo assonnato.
«No, il frigo no!» e dal frigidaire uscì allo scoperto un tipaccio barbuto. Era Oswald!
«Risate di terrore, brutte sorprese, spaventi a non finire. Ecco quel che avrete da Oswald.»
«Cretino!» gli urlò il Luminare.
«Ho detto FUORI!» rinchiusero il prigioniero e infilarono la porta. Il Primario seguitò:
«Perché si è tagliato le mani? Per un sacrificio d'amore? Inconcepibile. E oltre a tutto rifiuta la psicoterapia? E talmente estremo tutto ciò che... puro masochismo. Se le è volute tagliare di proposito, e io l’ho soccorso, sa?»
«Di chi sta parlando?» domando:
«Lei è preda di una mistica sadico-erotica. È una patologia estrema della mente, è differente dal virus comune che curiamo qui» annunciò eccitato.
«Ora deve guarire, e riagganciarsi al flusso degli eventi. O guai a lei! Rimarrà sempre meno ancorato dalla realtà perdendo i contatti più salienti. Mi ascolti. E obbedisca!» sibilò con una smorfia orrenda. Mi sentii sospingere in sala operatoria. Mi ritrovai su un lettino con dei morsetti alla testa! Sobbalzai alle scariche e credetti d’impazzire «Lo so lo so, il vecchio elettro show è obsoleto, ma le condanne morali lo sono ancor di più. Io utilizzandolo ho conseguito risultati prestigiosi e successi a catena. Mi ringrazierà. Grazie professore, mille grazie professore», declamava sbracciandosi, Maledette dita che non ho più, e lui può giocare coi polpastrelli
udii una musica lagnosa. Calò uno schermo cinematografico e si spensero le luci. Aveva iniziato a muovere le mani all'interno di un cono di luce facendo le ombre cinesi!
«Se vuole che rinunciamo all’elettro show, lei dovrà essere gentile con me», disse muovendo il suo fondale marino, «E cosa dovrei fare?»
«Le piacciono questi pesci tropicali?»
«Parli chiaro e mi spieghi cosa vuole da me!»
«La regina delle Infermiere, che è potente, è usa preparare la marmellata di ciliegie ad ogni festa di Halloween.»
«Un pensiero davvero carino.»
«Tutta la clinica attinge alla marmellata, tutti, tranne io, il Primario. Per me niente! Scartato di proposito. Ma adesso basta, non aspetterò Halloween. Potrebbero darmi il colpo di grazia con una confettura avvelenata. Approfitterebbero per togliermi di mezzo. Ho molti nemici e non mi fido di nessuno. Voglio quella marmellata, portamene due barattoli, DUE BARATTOLI ah ah ah! Effrazione!» urla battendo le mani, che cazzo applaude? È un volgare deficiente, irresponsabile e goloso.
«Insomma, io non posso aspettare! Ciliegie, ciliegie , sono una priorità e come pure la tassidermia, mio mentore, mio fauno! E dunque, tu recherai a me cornucopia delle amarene e io solo ne mangerò a sazietà. In cambio avrai via libera da quest'inferno. Prima obbedisci e prima gioisci. Ma se rifiuti...» si fece terribile, come Erode in cattività, era piombato in una trance narcisista, libero da qualsiasi vincolo morale ormai grondava sozzura e si rendeva ostico e io rischiavo la mia incolumità.
«Dovremo infierire ancora su di lei a causa della sua ostinazione. Veda di svegliarsi le idee e comprenda quanto sia opportuno obbedire. Sono stato chiaro?» cosa sarebbe stato di me? Finire spolpato dai topi, dai leoni, dai coccodrilli? Stava sogghignando «Sia collaborativo. Rifletta… per oggi basta, sciogliete i vincoli, liberatelo, via!» gridò improvvisamente agitando i pugni. Certo che per lavorare con me gli occorreva una maggior dose di self control o avrebbe buttato tutto all'aria.
"Un letto di condanna non ferma la mia vendetta, ti seguirò fino alla fine. E la mia donna berrà assenzio fino a stordirsi poi lo scambierà con te, colosso infame, mediante un bacio. Ti sgretolerai e i monatti svogliati ti caricheranno sul carro diretti a una discarica di scheletri. " È un un vecchio pezzo di teatro affiorato nella memoria… Irina è al mio fianco. Non sa cosa ho passato. È immersa nel lavoro e guarda il tablet di una sua intervista. Guarda, che scena idilliaca cambia l'atmosfera e il mio umore! Trenta pazienti di tutte le età in camicie bianco colgono ciliegie in giardino. Devo rubare a loro per dare al Primario. Vado nel salone delle feste. Da un altoparlante gracchiano le note di un Adagio di Albinoni. Tutti hanno pinze, un fiume tranquillo di operosità rassegnata. Chi disegna con un pastello legato alle punte, chi ha pinze affilate e fa da parrucchiere, chi le ha attorte e lavora all’uncinetto, chi le ha raddrizzate e lavora a maglia, chi paziente compone un puzzle, chi cava denti. Questo è il presepe di Giovio, composto di volti cerulei come salme indecomposte. Io non so fare nulla di tutto ciò. E devo rubare per il mio padrone o guai a me! Si può vivere oppressi da un simile pericolo? Una infermiera di mezza età tutta eccitata mi sorride e mi dice: «Vieni, ti mostro le cucine! Vedrai come avvengono le operazioni!» attraversiamo un corridoio dove dieci coppie giocano a scacchi, scendo due rampe di scale, una doppia porta e le cucine di Giovio dove alcuni mondano e affettano i funghetti, sfilettano una sogliola, sbucciano i piselli, mettono il ripieno nel pollo, puliscono il pesce, montano la maionese o la panna con quelle protesi, "Odiosa maestria, abilità umiliante, mi vergogno di tanta inettitudine," penserebbe un autore classico adorato da mia moglie. Irina mi porge dei manicaretti e delle tartine, un bicchiere di vino, pesce salmone e trota, insalata fresca e ancora vino, vino, vino, poi il dolce. E mi accompagna in una lussuosa camera matrimoniale tutta rosa confetto, con un letto a baldacchino racchiuso in una grande cortina. E, gioia delle donne, persino un paravento laccato e un mobile da toilette davanti a una specchiera, dove la consolle è provvista di un intero reparto cosmesi. Scatolette di cipria, creme, talco e flaconi di Colonia a volontà ingombrano il ripiano. Alla parete rivestita di seta rosa, un divano rococò dello stesso colore su cui è disposta una fila di antiche bambole rare. Lei chiude adagio la porta con fare misterioso. Inizia a spogliarmi amorevole, ci uniamo vicendevolmente. Così percepisco il mio destino legato a lei.
«Sono già le sei! Piotr!» balza in piedi e si riveste, e dove cazzo va?
«Devo assistere all'elevazione dello stendardo nuovo» Corriamo in terrazza per presenziare allo squallido rituale.
«Alzabandiera!» sento urlare. Vedo dalla finestra che l'intera fauna umana dell'ospedale si è riunita nella piazza d'armi e sul tetto un tizio in divisa nera e berretto da autista innalza lo stendardo tutto giallo con una G
: mentre quello straccio viene fatto salire alla sommità del pennone, verso l’eterno mi ribolle il sangue. Giuro di dar fuoco prima o poi a quella fottuta bandiera.
Giovio gonfia il petto. Gli punto una pinza contro come un’arma, finge di non vedermi.
«Ha saputo la novità? Giovio sta completando l'invenzione che tutti attendiamo»
«Quale invenzione?»
«E me lo domanda? Polpastrelli artificiali! Ne parlano tutti! Lei vive sulla luna, fuori dal mondo, non ha obiettivi e nemmeno speranze! Mi ha deluso, sino a ieri ero innamorata di lei! Ma non ha cuore dunque? » aveva gli occhi gonfi di lacrime e crollò sul mio petto.
«Animo, su, bellezza, non ti abbattere, imparerò da te a vibrare come la corda di un violino. Aiutami a comprendere il senso della vita» farneticai.
«Così potrò di nuovo pizzicare l’arpa!» sorrise debolmente con le mani giunte. »
«Allora dovresti insegnarmela, io sono poeta e tu suoni l'arpa e io la cetra.» Mi faceva pena, era una vecchia linfatica giallognola, con un abitino a fiorellini sbiaditi. «Correte presto, c'è la mousse al cioccolato!» ma inciampò e cadde; lo Spilungone era lì, non fece nulla per aiutarla.
«Silenzio tutti, tacete un attimo, il poeta ha composto un'ode per i polpastrelli artificiali» gridò quella sconsiderata coll'energia di una suffragetta, schiarii la voce, esordii:
Dita false come è vero che io vivo e sto toccando.
Gioia pura per il tatto, riguadagno il sesto senso
non c'è pace per il sogno che ravviva la tua notte
anche il regno di Morfeo sfiora seta di damasco
ed allora aprire gli occhi non fu mai tanto dolente
se la tenebra è possesso, sorta l'alba non ho nulla.» «Troppo pessimista e decadente» incalza un pallido brunetto.
«Sinni! Finalmente l’ho trovata! Perché non ci aiuta? Deve collaborare! Venga a cogliere ciliegie con noi.» Un corteo di infermiere in camice bianco è schierato a servizio della Regina, I due gemelli hanno modi falsi e cortesi. E la campionessa olimpionica su di giri racconta:
«Ci sono novità, le autorità hanno infranto i sigilli di ingresso del poker club, ci hanno autorizzato ad entrare e abbiamo raccolto la carta da gioco lasciata da mio fratello. Re di cuori. Quindi mio fratello in quella mano di poker aveva un full, il piatto è suo. Sono in estasi! Ha acconsentito di iniziare la dieta, ho vinto la scommessa!» E con la campionessa, siamo cinque a tagliare ciliegie. E suo fratello pokerista, e siamo sei a cogliere ciliegie. Il pianista Roentgen e il mago dell’archetto, otto tra noi colgono ciliegie. E ragazze ebree e arabe ormai hanno fatto pace con le pinze, e intrecciano ciliegie su dei vimini. Virtuosismo di foglie e racemi, una anguria viene aperta e rivestita a raggiera di stecchi di ciliegie, in quel teatrino rinascimentale i musici eseguono un quartetto d’archi.
Il corteo di lettighe procede adagio. Gli interventi sono in pieno svolgimento ma pare di essere nella grotta di Lourdes, dal tunnel della sala operatoria pendono trenta coppie di pinze, e Giovio le prende e l’assistente recide gli arti a sangue freddo da tre ore, la notte del mostro è interminabile come la lunga passerella dei corpi. Un intervento dura un quarto d’ora per ciascun paziente, poi il lungo nastro scorrevole porta sotto i ferri un'altra vittima, e Giovio riaccende il seghetto elettrico.
«Le pinze di ultima generazione!» mormora Irina affascinata, sedotta come in presenza di creature viventi. «Arti superiori all'avanguardia, apologia di una vita attiva. Altri verranno operati, e potranno sorpassare la nostra abilità, devo mostrarmi a loro in condizioni di agilità, à la page!»
Quando il ritratto di Oswald appare sul giornale, riconosco subito il suo ghigno fosco, lo stalker di mia moglie. Non ho mai veduto una foto in cui sono con lei. La nostra coppia non interessa. Fa molto più colpo il Russo. Io sono tollerato, ma il regista è amato. Io sono padre del piccolo ma l’altro è idolatrato perché incarna il furore dell’arte drammatica, e l’arte è la vita, il sangue di lei. Devo intervenire! Devo salvarla e proteggerla da quel corvo nero. Voglio metterlo in ridicolo, umiliarlo. Mi farò aiutare da quelli che lo odiano. Devo giocargli un brutto scherzo. Un tiro sinistro. Voglio vedere se sopravvive. Se lui gironzola da queste parti, è chiaro che è ricoverato qui! Perché?
«Ti risulta che il Russo debba essere operato?»
«Perché?»
«Sta sempre nei paraggi, frequenta l'ospedale»
«Ufff affari suoi.» Irina non si sbottona. Brutto segno, evidentemente è in combutta con il Corvo. È necessario stanarlo al più presto. ...macina mente mia, sferza l'odio una tempesta. E alle prime nubi, sarò ispirato. Crepita vendetta, lampeggia gioia del male.
Sono le sei del mattino, ho i brividi e sono intontito.
Ma… un momento. Dove mi conduce la mente? Io percepisco le azioni di qualcuno. Sì! Lui le compie e io sono il tatto. Quindi lui non sente il tocco. No, non sono in trance. Non mi sono iniettato nulla, non ho preso niente di forte. Il tatto è reale, vivido, intuisco cosa ha afferrato. Uno sconosciuto ora tocca dell’acqua calda e una spugna. Un asciugamano. Afferra un manico di legno e pigia su un tastierino. E nessuno qui ha manici, spugne, pulsanti da digitare. È chiaro, i miei arti appartengono ad un soggetto ignoto che li sta adoperando. Da quanto tempo? Forse ha dato inizio alle sue azioni solo adesso, mentre prima erano protetti in un refrigeratore sanitario. Anche lui si è ridestato alla vita attiva. E possiede la mia memoria? Un momento. Io non ho autorizzato né l’espianto né il riutilizzo sotto altra volontà. Sono ancora miei e non hanno cessato di esserlo. E li troverò ad ogni costo. Ovunque si trovino. Devo andarmene da qui. Ho perduto la mia memoria, ma io giuro che riconquisterò i miei sensi, gli oggetti, le relazioni e i ricordi. Quel che mi è negato, me lo prendo da solo. Ma devo anche soddisfare il professore.
Il suo profumo la precede, esso mi raggiunge e mi avvolge, ecco Irina: è malinconica:
«Oswald è partito oggi per l’America. Sono senza la mia guida. Piotr! Vieni qui subito! Mi manca il fiato, si può aprire la finestra?Non piangere, vieni andiamo al bar». Il giocattolo che ha mio figlio è un pupazzetto, con due pinzette al posto delle mani.
«L’ha comprato qui allo spaccio-giocattoli del piano terra», era un pupazzetto con due pinze di plastica che dopo esser stato caricato a molla è fuggito sotto un letto. È introvabile.
«Non so. Io sono affetto da amnesia prolungata e ho ripreso coscienza con questi pezzi ai polsi,» conversavo con un timido e un Dogmatico, pure loro ricoverati.
«Hai disposto per volontà di amputarle come pegno e prova d’amore anche tu.»
«Tutte balle, e non so a quale scopo.»
«Non dubitare della nostra buona fede,» biasima lui;
«Non c’è buona fede, c’è la fede e basta,» dice il tipo dogmatico.
«Ascolta, allora com’è che percepisco azioni che non compio?»
«Potrebbe trattarsi di un transfert in piena regola. Stavi sognando oppure tu sei paranoico, bello mio.» commenta testardo.
«Io dico che è stato un miracolo!»
«Qualcuno usurpa ciò che era nostro, altro che miracolo».
«Se anche fosse, oggi una cosa è mia e domani è di qualcun' altro, è la norma. Anch'io conservo libri già appartenuti a Pinco Pallino e oggi sono miei. E tutti seguiamo il destino,»
«Accidenti, che certezze invidiabili…» rispondo:
«Piuttosto, volete riottenere quel che vi apparteneva?»
«Quello che era nostro ora è sottoterra. Non c’è speranza».
Ma io insisto: «Lo sconosciuto sta arraffando con le mie mani. E quello che lui prende è mio. Ciò vale anche per voi. Concentratevi su voi stessi. E rintracciate colui che afferra ciò che vi appartiene».
«Cos’è che dovremmo fare?!»
«Che significa? Cosa senti esattamente?»
«Mi accorgo del tocco di uno sconosciuto. Ti sembra assurdo, ma è così».
«Anche a