Baci, brividi e segreti: eLit
Di Leslie Kelly
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Info su questo ebook
Lui cercava un'innocente distrazione.
Dopo aver passato più di un anno all'estero a fare ricerche, Jared Winchester, scrittore di romanzi gialli, sente il bisogno di un po' di avventura, o almeno di qualche sana distrazione. E l'invito che riceve appena rientrato in patria per un party di Halloween sembra perfetto. Così, scelto il travestimento adatto, va alla festa...
Lei ha trovato un eccitante sconosciuto.
Per mesi Gwen Compton ha riversato tutte le proprie energie nel trasformare una vecchia casa in stile neogotico in un bed and breakfast da brivido. Ora che è tutto pronto, pensa di meritarsi un premio, magari sotto forma di un uomo sexy e pericoloso. Come l'attraente sconosciuto che sorprende in cucina...
Leslie Kelly
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Baci, brividi e segreti - Leslie Kelly
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Trick Me, Treat Me
Harlequin Temptation
© 2003 Leslie Kelly
Traduzione di Sonia Tsevrenis
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-361-9
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Rosario Sanchez, quindicenne, era destinata a diventare la peggiore donna delle pulizie del mondo, detestava infatti lavare i pavimenti, passare l’aspirapolvere e si sarebbe tagliata le mani piuttosto che pulire i bagni degli altri. Sognava di diventare una parrucchiera di grido. E invece no, nessun salone di parrucchiere alla moda per Rosario. Dopo avere finito la scuola superiore, il suo posto era irrimediabilmente segnato, lì, nell’impresa di pulizia della famiglia, manco fosse una ricca signorina della buona società costretta a debuttare al ballo dell’anno. Tanto più che Rosario ricca non era.
La sua vita in genere era una noia mortale, anche se qualche volta, nei pomeriggi di lavoro dopo la scuola, si divertiva un po’. Per esempio, in quel momento lei sedeva nell’attico di Chicago di uno scrittore che aveva trascorso l’anno precedente all’estero alla ricerca di orribili delitti cui ispirarsi nel prossimo giallo. Rosario osservò la foto sulla quarta di copertina del suo ultimo libro. «Signor Winchester sei proprio muy delicioso.» Un fustaccio, nonostante fosse vecchio... dimostrava almeno trent’anni. Era alto, con una folta capigliatura nera, due occhi scuri e un’espressione misteriosa, insomma il tipo che ti fa perdere la testa.
Le sarebbe piaciuto aiutarlo a scrivere un nuovo genere di libro, per la precisione un romanzo d’amore. Rosario cominciò a fantasticare, attingendo le patatine fritte da un enorme sacchetto di plastica. «Vieni a divertirti con me, sei così sexy» mormorò prima di ficcarsi in bocca le patatine.
Poi si guardò intorno: nell’attico c’era stata una grande festa, a giudicare dal disordine, chissà quando era successo, forse un mese prima, quando Manuel Diaz l’aveva mollata per quella smorfiosa di Angel.
Più tardi doveva assolutamente mettersi a pulire l’appartamento, ora non ne aveva voglia: sua madre le dava fiducia e non la controllava mai. In realtà, la casa dello scrittore non richiedeva di solito molto lavoro, una spolverata qua e là poiché restava chiusa a lungo. Il suo proprietario non sarebbe tornato prima di gennaio, tre mesi di assenza. Rosario aveva tempo.
Afferrò il telecomando e si sistemò sul divano per godersi un’oretta di trasmissione. Aveva appena acceso il televisore che la porta di ingresso si aprì e Rosario per poco non se la fece addosso dal panico.
Il signor Winchester è tornato prima!
«Rosario!»
Peggio ancora, era sua madre. «Mamma?» borbottò con voce strangolata dalla paura. Sarebbe stato meglio se fosse stato lo scrittore, perlomeno non le avrebbe scaraventato la borsa sul cranio come fece la signora Sanchez.
Una serie di epiteti poco lusinghieri in spagnolo le si riversò sulla testa. Rosario conosceva abbastanza la lingua per capirne il senso: pigra e inutile erano gli aggettivi più gentili. Poi la porta si riaprì e fu il turno della nonna, dalla padella nella brace.
«Il signor Winchester torna domani! Che cosa facciamo ora?» singhiozzò drammaticamente sua madre.
La nonna si guardò intorno. «Ci mettiamo al lavoro.»
E Rosario obbedì senza fiatare. Per fortuna sua madre si mise in ginocchio a smacchiare il tappeto del soggiorno mentre lei si assumeva la pulizia di un’altra stanza. Era lo studio dello scrittore e mentre spolverava di malavoglia la scrivania, trovò un mucchio di lettere ancora chiuse nelle buste. Rosario aveva il compito di recapitare la posta alla segretaria dello scrittore, solo che se ne era dimenticata... Erano passate... be’... alcune settimane? Non di più.
Oh-oh. Dal timbro risultava che le lettere erano giunte l’anno prima. Cominciò a guardare, presa dal panico. «Pubblicità... circolari... Accidenti, delle fatture!» Lesta, le buttò nel sacco della spazzatura. C’erano lettere personali e un invito a una festa di Halloween. «Penserà che si tratta di questo Halloween» mormorò speranzosa.
«Che diavolo fai?»
«Sono cadute... Mmh... delle buste» piagnucolò temendo il peggio.
La nonna borbottò qualcosa, le si avvicinò e afferrò le buste. Lesse le date e scosse la testa, poi alzò gli occhi al cielo. «Che Dio ci assista» sospirò.
La vecchia tuttavia era convinta che Dio avesse il suo bel daffare con le guerre, l’economia che andava a rotoli e le preghiere che gli venivano rivolte da tutti coloro che compravano i biglietti della lotteria e gli si affidavano, perciò passò all’azione: prese le buste e dal secchio di acqua sporca che riposava sul pavimento – acqua con cui Rosario aveva svogliatamente lavato per terra – afferrò la spugna e la passò sulle lettere.
«Così lui non vedrà quando sono arrivate» dichiarò. «Gli sembreranno rovinate dalla pioggia, dal cattivo tempo e le butterà via da sé. In questo modo, noi non avremo colpa.»
La nonna dunque l’aiutava, si disse Rosario, la difendeva da sua madre che l’avrebbe di nuovo colpita in testa con la borsa. Rosario cercò di abbracciare la vecchia. «Grazie.»
La nonna per tutta risposta le buttò addosso la spugna bagnata. «Non farlo, sei licenziata.»
1
Qualche giorno dopo
Jared Winchester sperava che all’azzurro brillante del cielo autunnale corrispondesse una temperatura mite, ma la bella giornata – così gradita dopo il pessimo clima della Russia dov’era vissuto per mesi – era caratterizzata da un freddo pungente. Peccato, gli sarebbe piaciuto abbassare la capote della sua macchina sportiva mentre guidava verso Derryville.
Si sistemò comodamente nel sedile anteriore dell’auto, la mano sul volante. Quanto gli era mancato il suo bolide nero! Almeno quanto il sole.
La ricerca che aveva condotto sul caso del serial killer di Glanovsky era stata interrotta qualche mese prima dalle interferenze governative del paese; era tornato dal gelo russo giusto in tempo per affrontare i primi freddi invernali a Chicago. Era più di un anno che non viveva una giornata calda.
Forse era il clima adatto poiché si apprestava a raccontare in un libro uno dei crimini più efferati della storia dell’ex Unione Sovietica. I sovietici non potevano accettare che nel loro immenso paese ci fossero dei criminali simili a quelli che prosperavano nel mondo occidentale e perciò avevano nascosto con cura il caso. Jared invece aveva riportato alla luce parecchi misfatti, tanto da indurre le autorità russe a mettere un altolà alle sue ricerche e a interrompere la collaborazione. Ma lui in quel momento non aveva intenzione di lasciarsi amareggiare dalla burocrazia proprio mentre si recava alla festa del cugino. Premette il pulsante sulla radio e un vecchio rock riempì l’abitacolo della macchina. Era la sua musica preferita. Jared pensò che era bello tornare a casa. Gli sarebbero bastati una confezione di sei lattine di birra buona nel bagagliaio e un hamburger con formaggio per sistemare ogni cosa. Doveva assolutamente tornare alla sua vecchia vita, uscire da quel mondo avvelenato degli assassini seriali perlomeno finché non avrebbe cominciato a scrivere il giallo che per contratto doveva consegnare alla sua casa editrice in primavera.
Sì, birra e hamburger erano l’ideale per tornare alla normalità. «Non guasterebbe un po’ di sano sesso» borbottò.
Non che si fosse dato alla castità mentre era in Russia. Aveva avuto una storiella con una detective che apprezzava i cowboy, si erano divertiti nonostante le pretese di lei che voleva fare l’amore con un uomo nudo con gli stivali e il cappello...
Da tanto tempo però non sperimentava un incontro sessuale con una donna che, dopo avere fatto l’amore con tutta la languida lentezza del caso, gli si sarebbe accoccolata contro. La russa Martina andava ad arrestare i delinquenti dopo avere fatto l’amore, e lui era tagliato fuori. E non aveva voglia di tornare in quel mondo.
Visto però che non aveva nessuna ragazza sottomano, era chiaro che quest’aspetto del programma avrebbe dovuto essere rimandato. Provava difficoltà a mantenere i rapporti, non tanto per i frequenti viaggi quanto perché molte donne non accettavano ciò che faceva. Le ricerche sui crimini, la sua abilità a ricostruire eventi orribili... insomma non aveva mai conosciuto una donna capace di apprezzare il suo lavoro. Lui d’altronde era un tipo introverso e tendeva a chiudersi. Tutto il suo tempo era dedicato alla ricerca e alla scrittura, perciò non era un uomo di mondo. Le donne apprezzavano il suo bell’attico, il cospicuo conto in banca, le macchine lussuose, la sua facilità a spendere. Ma non apprezzavano né capivano l’uomo, mai.
Era comprensibile, d’altra parte, persino in famiglia i suoi cari faticavano a seguire la sua psicologia. Quando aveva deciso di lasciare l’FBI, Jared aveva cercato di spiegarlo ai suoi genitori. Era cresciuto in una famiglia di poliziotti e perciò la meccanica del delitto l’aveva affascinato sin da piccolo, anche se Derryville non era la capitale del crimine. Più che risolvere il caso, gli interessava smontare il meccanismo psicologico che portava al crimine, capire non solo che cosa era successo ma perché. Per poi magari prevenire situazioni delittuose del genere. Ecco perché l’FBI non faceva per lui e perché preferiva scrivere.
Dalla borsa aperta, si potevano vedere cartelle e fotografie del caso russo, materiale che avrebbe dovuto lasciare a casa. Jared si concentrò invece sulla busta sporca che era all’origine del suo viaggio. «Mick, sei un bel figlio di...»
Era stato Mick a immaginare una festa di Halloween con il morto, un weekend di paura in una casa infestata da fantasmi. Conoscendo Mick ci sarebbe stato soprattutto da divertirsi, anche se in chiave macabra o grottesca. Al cugino piacevano gli scherzi, le risate, insomma avrebbe trascorso un weekend divertente e spensierato, proprio ciò di cui aveva bisogno.
Il programma della festa era complicato, richiedeva una specie di falsa carta di identità e una descrizione del proprio personaggio. Nella busta erano contenuti messaggi in codice, delle mappe, persino una foto del cattivo – un trafficante di armi internazionale – che avrebbero dovuto inseguire.
Anche Jared si era preparato per la parte. Si era vestito tutto di nero e persino munito di una falsa pistola in miniatura, in realtà un accendisigari, e del materiale che aveva trovato nel corso delle sue ricerche su una vecchia associazione a delinquere di Chicago.
Continuava a pensare alla propria destinazione, Marsden Place. Mick aveva inscenato una storia che vedeva un gruppo intrappolato in una inquietante locanda che poi era la vecchia casa Marsden, l’edificio più lugubre della cittadina in cui lui e Mick erano nati. Non si poteva immaginare un luogo