Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana
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Questo non è il solito ricettario. È un viaggio attraverso la nostra Italia, patria dei migliori ingredienti al mondo e una delle più antiche tradizioni gastronomiche. Ma soprattutto è un viaggio nel tempo. Frutto di mesi di viaggi lungo la nostra penisola alla ricerca delle ricette antiche, venti per regione, che oggi sono dimenticate o quasi. Quattrocento profumi diversi, alcuni ingredienti sconosciuti, addirittura inimmaginati. Tecniche perdute. Lavorazioni considerate obsolete di cui vale, invece, la pena riscoprire il valore. Un percorso a ritroso, per andare a ritrovare il gusto e i profumi che allietavano le vite dei nostri nonni e bisnonni, meno frenetiche e probabilmente più serene delle nostre. Per riscoprire tutta la ricchezza dei sapori di un tempo e serbarne a lungo la memoria.
400 piatti che meritano di essere riscoperti
Samuele Bovini
ha lavorato in importanti ristoranti dell’Umbria, delle Marche e dell’Emilia Romagna. Attualmente lavora come Chef formatore e consulente. È un grande appassionato nello studio della tradizione della cucina classica, interesse che concilia con la costante sperimentazione di nuove tecniche.
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Anteprima del libro
Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana - Samuele Bovini
463
Tavole fuori testo: © Shutterstock.com
Prima edizione ebook: ottobre 2018
© 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-2627-8
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Samuele Bovini
Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana
400 piatti che meritano di essere riscoperti
Indice
Introduzione
Le ricette dimenticate dell’Abruzzo
Focaccia azzima
Strozzacavalli, ciambella rustica
Fracchiata abruzzese
Verdura mista con pizza di granturco
Zuppa di castagne e lenticchie
Ceppe al sugo
Cardone
Sarde con peperoni secchi
Tacchino alla canzanese
Cotica di maiale cacio e ova
Salsicce di fegato di maiale con peperoni secchi
Coniglio sotto il coppo
Spezzatino di anatra
Patate sotto al coppo
Sedano, patate e riso
Maccheroni al ragù di oca arrosto
Crispelle di patate
I finocchietti, biscotti all’uovo
Calzoncelli ripieni di ceci
Le ricette dimenticate della Basilicata
Focaccia avvampata
Focaccia con i ciccioli
Crema di fagioli di Sarconi e peperoni
Le vere lagane
Strascinati mollica e peperoni
Grano al sugo
Calamaretti con vite e uva
Zuppa di baccalà alla ciauredda
Capocollo di maiale con vino cotto e peperoni cruschi
Beccacce alla maniera lucana
Coscio di capretto coi lampascioni
Agnello alla Venosina
Ciambotta
Pasta con polpettine di baccalà
Calzoni con la cipolla
Bocconotti alla confettura d’uva
Crostoli
Naspro
Grano cotto (Gran’ cuott’)
Cuscinetti
Le ricette dimenticate della Calabria
Crispjri
Pane alle castagne
Pane lavorato ai fiori di sambuco
Polpette di ricotta
Mursieddu
Scopatura
Spaghetti con lo stocco
Ziti e finocchi
Zuppa di grano tritato
Minestra di patate e finocchi con bollito di maiale
Mazzacorde
Dijuneddi
Kukurec
Patate e peperoni fritti
Fave a savuzu
Melanzane chiene
Crostata alle more di gelso
Ciarata
Chjunilli
Cannoncini di frolla
Le ricette dimenticate della Campania
Pane dei pescatori
Puccellato
Parruozzo
Pasticciotti ripieni di carne
Scagliuozzoli fritti
Crema di pecorino aromatizzato
Placenta (torta con formaggio e miele)
Past’e’llesse
Anguilla e cicorielle
Triglie con porro e aneto
Involtini di cotica di maiale
Pollo alla Frontone
Piselli agrodolci
Sformato di baccalà
Antico migliaccio napoletano
Dormienti
Laina dolce
Panettone napoletano
Pizza figliata
Pizza pasquale di Castel Volturno
Le ricette dimenticate dell’Emilia Romagna
Pane di farro
Bartolacci
Calzagatti
Frittata di lumache
Polenta al sugo di somaro
Minestra di sgarbadàz
Ravioli di arrosto
Riso e polmone
Brodetto di anguilla con verza
Pesce gatto in umido
Fagiano arrosto con castagne
Il prete
Patate con burro e noci
Zucchine agli amaretti
Armàsd dei colli bolognesi
Vécia al pesto
Timballo di Borso d’Este
Focaccia di Bagno di Romagna
Biscotti di frumento
Caplàz
Le ricette dimenticate del Friuli Venezia Giulia
Pane giallo
Pane con i ciccioli
Grissini di polenta
Pane ai quattro cereali
Crostoni di milza
Struccolo
Fusi
Brodo bruciato triestino
Panada friulana
Scampi in busara
Boreto
Aringhe delle ceneri
Calandra
Salame di collo d’oca
Asparagi con pane e noci
Fagioli alla senape
Gnocchi di interiora
Griesskoch
Timballo dolce di riso
Buchtel
Le ricette dimenticate del Lazio
Ciriola
Crostini col midollo (o merollo)
Caniscioni
Pecorino all’etrusca
Pizzicotti di Sant’Anatolia
Polenta con le ciambotte (lumache)
Bazzoffia
Sbroscia
Ciriole alla cacciatora
Abbacchio o capretto brodettato
Costarelle di maiale ripiene di carciofi
Stufato di manzo coi gobbi
Bocconi del prete
Carciofi alla matticella
Fave con guanciale e aceto
Vignarola
Timballo di Bonifacio VIII
Diomeneguardi
Pane del vescovo
Bocconotti di ricotta alla romana
Pazientini della quaresima
Le ricette dimenticate della Liguria
Stroscia
Pane d’orzo
Favetta
Frittelle di lattuga
Stecchi fritti alla ligure
Lisone
Corzetti stampati di Recco
Testaroli
Fregamai
Lattughe ripiene in brodo
Trippe di stoccafisso alla genovese
Polpo all’inferno
Torta di bianchetti
Cima alla genovese
Zeraria
Budelline alla maniera delle Cinque Terre
Budino di carciofi
Cappelli di funghi ovoli in foglie di vite
Maccheroni ripieni
Pasticcio dolce di frutta
Bisce di Solva
Le ricette dimenticate della Lombardia
Spongada
Focaccia comasca con latte e frutta secca
Pane di riso
Duls in brusc
Chisciöl
Tagliatelle al ragù di piccione
Minestra di riso e polmone di maiale (Curada)
Minestrone brianzolo di verza e cotiche
Merluzzo con l’uvetta
Pesce gobbo fritto
Fricandò
Polpette di fegatelli (Figatej)
Frustoli (Bruscitt’)
Ammazzafame (Mazzafam)
Tuntona
Il Taroz
Frittura dolce
Pan mejn
Petamura
Torta brianzola di segale
Le ricette dimenticate delle Marche
Bruschiate anconetane
Crescia di polenta
Frittata di vitalbe
Suricitti in brodo
Cresce tagliate
Farecchiata alla salsiccia
Gnocchi di tritello
Bagnapan
Baccalà sotto la cenere
Trippa alla canapina
Maiale alle mandorle e vino cotto
Pecora nel coccio
Barbecche in umido
Penciarelle
Gnaccheragatti con cicerchie
Frustingo
Cicerchiata
Budino di erbe
Frittelle di pancotto
Beccute
Le ricette dimenticate del Molise
Focaccia seduta
Biscotti al sale
Pane fritto con l’uovo
Affunnatielle
Zuppa alla Santè
Zuppa di cardi
Zuppa di fanze
Maccheroni con la mollica
Spuma di latte
Capitone natalizio all’alloro
Baccalà arracanato alle noci
Cotiche arrotolate al sugo
Antica gelatina di maiale sannita
Sedano alla molisana
Parmigiana di acci
Colazione del trebbiatore
Riso con il latte
Susamelli
Sanguinaccio tradizionale
Crocchette di ricotta di pecora
Le ricette dimenticate del Piemonte
Carsenta
Pane barbaro
Margherita di Cuneo
Focaccine dolci medievali della Val Susa
Tartrà
Cardi alla Carlo Alberto
Minestra di riso arborio e castagne bianche
Zuppetta di fagiolini alla piemontese
Rabaton
Quagliette di pane di segale
Terrina di cacciagione
Coniglio alla Canavese
Quaglie ai tartufi
Coda di bue alla Cavour
Fave alla piemontese
Zucca gialla alla maniera contadina
Crescenz
Budino di riso al latte
Crema di castagne bianche
Torta astigiana di castagne
Le ricette dimenticate della Puglia
Asimedde
Pane al mosto degli schiavi
’Rreutata
Paparine fritte
Semenza
Pittule
Scurdijata
Cialledda
Cocule
Ciambotto
Polpette di carne di cavallo
Pancetta di agnello ripiena
Cardi, agnello e uova
Marretto
Calzone di Andria
Cuddura dolce
Crostata alla perata e pasta di mandorle
Torta rustica barese
Africani
Pasticcini nuziali salentini
Le ricette dimenticate della Sardegna
Pane di ricotta e menta
Pane di mosto cotto
Pane bollito
Fegato alla brace
Pani imbinau
Tartufi di sabbia alla vernaccia
Filindeu
Ambulau
Su ministru
Fegato di tonno
Lattume
Merca
Tacculas
Pasticcio di cacciagione
Capretto ripieno a carraxu
Coccoi prena
Cascà
Aranzada
Opinus
Pistiddi di Sant’Antonio
Le ricette dimenticate della Sicilia
Pane lessato di Marsala
Infigghiulata al sambuco
Scacciata catanese
Ammogghiu pantesco
Pistidde siciliane
Pane fritto
Budino di capellini
Spaghetti con salmoresca
Pasta cu muccu
Couscous trapanese con zuppa di pesce
Cunigghiu a la stimpirata
Farsumagru
Frittedda
Ministra di cucuzza
Cuccìa di Santa Lucia
Mostata
Minni di virgini
Sfogliata
Crispelle di riso
Tartufini di mandorle
Le ricette dimenticate della Toscana
Torta di farro
Necci
Chiucco
Frittata con le cèhe (cieche)
Migliacci
Pasta alla fornaia
Spaghetti col pan sotto
Polenta neccia
Cinestrata
Anguilla alla Vernaccia di San Gimignano
Pesce finto
Sburrita riese
Carcerato pistoiese
Scottiglia all’aretina
Frissoglia
Funghi trippati
Coccoli
Scarpaccia salata
Buccellato
Corona di San Bartolomeo
Torta in balconata
Le ricette dimenticate del Trentino Alto Adige
Panini di pere
Pan polenta
Pinza trentina
Torta di erbe
Profezeni
Mosa
Orzotto trentino
Minestra di trippa
Zuppa di regalie
Rosumada
Tagliatelle al sugo degli arrosti
Gnocchi di patate e susine
Tinca agrodolce
Aringa affumicata e polenta
Bistecche al rafano altoatesine
Stufato di castrato (stufà de castrà)
Capiud
Gröstl
Treccia mochena
Zelten
Le ricette dimenticate dell’Umbria
Patalocco alle erbe
Pizza con i porri
Torta di grano e granturco
Crostini con le uova di luccio
Budellucci affumicati
Macco e impastojata
Tagliolini con osso di prosciutto
Stringozzi con alici e cipolla
Acquacotta con il baccalà
Salsicce e uva
Spitata di uccelletti e pancetta
Morsetti
Palombacce alla tuderte
Brustengo di patate e cavolo verza con pecorino
Carducci in umido
Minestra con testa di maiale
La cena dei poretti
Antica ricetta di arvoltoli con pecorino e miele all’anice oppure con ricotta e alchermes
Brustengolo di polenta con uvetta, pinoli e mele spadellate al mistrà
Antico dolce contadino degli sposalizi
Le ricette dimenticate della Valle d’Aosta
Micodula
Pane nero comune
Uova strapazzate con fonduta di fontina e pecorino
Tetin
Minestra di latte e castagne
Cabiette di ortica
Crema di segale
Alborelle alla boscaiola
Tinche alla montanara
Fricandò della Dama Bianca
Involtini di sanato
Pernici allo speck
Testina di maiale in gelatina
Fave alla valdostana
Sorça
Patate e pere del San Bernardo
Marmitta del montanaro
Brochat
Crema di reblec ai mirtilli
Fiocca al cioccolato
Antica torta di riso
Le ricette dimenticate del Veneto
Schizoto
Panini di zucca
Pinza del mugnaio
Tramezzino alla trevisana
Minestra di magasso e fagioli
Sguazzetto a’ la bechera
Maneghi
Polenta al vino cotto
Pasticcio di bisado
Tinche all’Amarone
Anatra con le pere
Fagiano al panetto
Pastissada de caval
Fritole de maresina
Patate gratinate alla casatella
Timballo di riso e torresani
Torta di frizze e polenta
Gnocchi di prugne del Cadore
Torta di ricotta e semolino
Calzoncelli dolci veneti
Ringraziamenti
Tavole fuori testo
Introduzione
Un altro libro di cucina. Gli scaffali delle librerie ne sono già stracolmi. Su ogni canale televisivo c’è almeno uno chef più o meno stellato che ci presenta la sua ultima ricetta o che ci regala la sua illuminata versione sulla ricetta della pasta alla carbonara.
Questo non vuole essere l’ennesimo ricettario da regalare alla vicina di casa per fargli prendere polvere sulla mensola della sua immacolata cucina in laminato, ma ha la pretesa di essere un piccolo viaggio.
Nello spazio, attraverso la nostra Italia, patria dei migliori ingredienti al mondo e di una delle più antiche tradizioni gastronomiche.
Ma soprattutto nel tempo. Torneremo indietro, anche di molto, a quando era impensabile bastasse muovere un dito su un piccolo schermo per trovare un’idea su come mettere insieme un pranzo o una cena. Torneremo a quando, per alcuni, nemmeno esistevano il pranzo e la cena. Si mangiava una sola volta e si era felici lo stesso di riunire la famiglia intorno a poche cose da mangiare.
Ma non voglio dare l’ennesima versione di piatti ruffiani
, quei piatti presi dalla nostra tradizione regionale che hanno resistito al cambiare delle mode, degli usi, delle abitudini di vita e di quelle alimentari, e oggi rivivono una seconda giovinezza, quasi sempre ritoccate qua e là dalle esigenze e dalle velleità della mia categoria: quella degli chef.
Spero che chi legge abbia la voglia e la pazienza di affrontare questo nostro viaggio esattamente come l’ho affrontato io: non guardando il panorama dal finestrino, ma scendendo dal treno, in ogni paesino e ogni epoca per cui ne valga la pena; di riempirsi le narici di profumi che sembravano perduti; di ripercorrere le storie che ho vissuto per ogni ricetta che si trova in questo libro. Quattrocento storie diverse, venti per ogni regione.
Quattrocento profumi diversi, alcuni ingredienti sconosciuti, addirittura inimmaginabili.
Tecniche perdute e lavorazioni considerate obsolete di cui vale la pena riscoprire il valore.
Quattrocento sorrisi. Sorrisi di soddisfazione perché ognuna di queste storie vissute mi ha permesso di crescere umanamente e professionalmente. Di incontrare persone nuove e di approfondire la conoscenza di chi conoscevo forse troppo poco. Colleghi chef, professionisti, ma anche e soprattutto chi della cucina ha fatto una passione, un atto di ricerca.
A ogni ricetta, oltre all’immancabile sezione degli ingredienti e quella del procedimento, ho voluto aggiungere una piccola storia. A volte racconto di un ingrediente particolare, oppure del perché un determinato piatto è caduto nel dimenticatoio, o la genesi di quel piatto, spesso davvero lontana nel tempo.
Tra le cose che mi hanno più colpito c’è il fatto che in Calabria si realizzava una pasta con i residui dei cereali scaricati dalle navi e raccolti con la scopa; che in Sardegna si utilizza il liquido seminale dei tonni; che ovunque si utilizzano tanti ingredienti considerati dolci
nei piatti salati
e viceversa.
Io stesso mi sono stupito, ancora una volta, di verificare quanto questa nostra bellissima penisola sia così diversa ma anche così uguale.
Mi sono quasi commosso quando in questo viaggio, in una ricetta dell’Emilia Romagna, ho ricordato quando da bambino nato e cresciuto lungo il corso di un fiume, qui nella mia Umbria andavo a pesca di pesci gatto con mio nonno. E mi sono stupito nel rivivere immutate le emozioni della battitura del grano in Abruzzo, la preparazione della salsa di pomodoro in Puglia, le passeggiate nelle campagne di tutta Italia in cerca di erbe spontanee, la grande festa che vivevo da bambino nel giorno dell’uccisione del maiale.
Andremo alla ricerca di quelle ricette antiche che oggi sono state dimenticate o quasi, per salvare qualche perla dall’estinzione
, causata dalla frenesia della vita che anche in cucina ci costringe a ridurre i tempi e utilizzare ingredienti mai provati o solo sentiti rammentare dalle nonne.
La chiave di lettura di questo viaggio, frutto di un lungo lavoro di ricerca, sarà, dunque: il massimo rispetto per la storia, gli ingredienti giusti, arricchito dalla consapevolezza delle tecniche e l’influenza che hanno sul cibo, bagaglio acquisito in oltre vent’anni di esperienza nel campo della ricerca gastronomica.
Chiunque voglia unirsi al viaggio è benaccetto. Stiamo aggiungendo le ultime palate di carbone al treno che ci guiderà attraverso l’Italia dei nostri bisnonni e nonni per andare a riscoprire i sapori e i profumi che allietavano le loro vite, meno frenetiche e probabilmente più serene delle nostre, prima che vengano dimenticati.
Buona lettura, buon appetito e… buon viaggio!
Samuele Bovini
25025.jpgLe ricette dimenticate dell’Abruzzo
25001.jpgFocaccia azzima
Una bassa focaccia, detta anche pizza, caratterizzata dall’assenza di lievito e dall’importante presenza di olio extravergine d’oliva, elementi che la rendono estremamente croccante. In dialetto viene detta anche ascime o ascima. Sembra che le sue origini siano ascrivibili alla metà del millennio precedente quando, nell’entroterra abruzzese, vi era un’importante presenza di comunità ebraiche.
Ingredienti per 4 persone
500 g di farina 0
200 g di olio extravergine d’oliva
10 g di sale
50 ml di vino bianco abruzzese
Lavorare fin da subito tutti gli ingredienti insieme incluso il sale, non essendo presente in questa ricetta il lievito, la cui azione verrebbe inibita dal sale. Solo se necessario aggiungere un po’ d’acqua tiepida per ottenere un impasto sufficientemente liscio. Stendere l’impasto piuttosto sottile, circa 1 cm-1 cm e mezzo, disporlo su una teglia unta e cuocere a 200 °C per 20 minuti, dopo aver praticato sulla superficie delle incisioni per formare dei quadrati. Dopo la cottura spezzare con le mani la focaccia in corrispondenza delle righe, in modo che si possa dividere in porzioni facilmente.
Strozzacavalli, ciambella rustica
Si tratta di un impasto molto semplice che subisce un trattamento simile a quello dei taralli: viene bollito per rimanere più soffice all’interno.
Ingredienti per una dose
400 g di farina
4 uova
1 cucchiaino di sale
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Lavorare la farina con le uova, quindi aggiungere l’olio e il sale, fino a ottenere un impasto omogeneo e morbido. Arrotolarlo sulla spianatoia e chiudere il cerchio, dando la forma di un tarallo. Fare l’intaglio sulla superficie lungo tutto il cerchio e lessare in acqua bollente. Dal momento dell’ebollizione contare 20 minuti, dopodiché scolare, mettere in una teglia rotonda con o senza buco e lasciar cuocere preferibilmente sotto il coppo, nel camino, per circa mezz’ora, oppure a 160 °C nel forno elettrico per 20-30 minuti.
È un pane rustico che si serve come antipasto o come pane, buono anche da sé, magari con un buon bicchiere di vino rosso.
24770.jpgFracchiata abruzzese
Il termine fracchiata deriva dal latino frangere, che significa pestare, macinare: infatti per la preparazione di questa ricetta si macinavano o si riducevano in polvere vari legumi, le cicerchie e a volte fagioli oppure piselli. Nell’epoca delle farine già pronte, questa antica ricetta viene adattata alle necessità moderne utilizzando la farina di ceci, conservando comunque il suo status di tipica polenta povera del Gran Sasso.
Ingredienti per 4 persone
300 g di farina di ceci
50 g di acciughe salate
1 cucchiaio di farina
50 g di peperoncini secchi non piccanti
80 g di olio extravergine d’oliva
sale
Innanzitutto portare a ebollizione 750 ml d’acqua salata in una pentola con fondo che distribuisca bene il calore, quindi versare a pioggia la farina di ceci precedentemente setacciata, avendo cura di mescolare continuamente per evitare la formazione di grumi. Continuare a mescolare per 45 minuti a fuoco basso.
Sciacquare le acciughe per privarle del sale, eliminare la testa e diliscarle, passarle nella farina e poi friggerle nell’olio. Terminata la frittura delle alici, riutilizzare lo stesso olio per friggere i peperoncini secchi.
Impiattare la polenta di ceci e condire con le acciughe, i peperoncini e l’olio di frittura. Servire caldo.
24707.jpgVerdura mista con pizza di granturco
In questa particolare ricetta antica, le cose obsolete e quindi in pericolo di estinzione sono due: la pizza di granturco, di non semplicissima preparazione, e la grande varietà di erbe spontanee necessaria, che prevede la conoscenza di questo settore e soprattutto richiede di prendersi del tempo da passare in campagna a scegliere, raccogliere e successivamente selezionare e lavare le erbe spontanee. Oltre che come una riscoperta culinaria, quindi, questa ricetta può essere considerata un allenamento per tornare a una vita più semplice e a contatto con la natura.
Ingredienti per 4 persone
1,2 kg di verdure miste così composte: circa metà di verdure coltivate (foglie di rapa, foglie di spinaci, foglie di verza verde) e metà di verdure spontanee a seconda della stagione (crescione, cicoria selvatica, tarassaco, borragine, senape bianca e altre)
80 g di olio extravergine d’oliva
2 spicchi d’aglio
1 piccolo peperoncino piccante
1 peperone rosso secco
sale
Ingredienti per la pizza di granturco
½ kg di farina di granturco a grana grossa
10 g di sale
circa ½ l d’acqua bollente
Mondare le verdure lavandole e immergendole in una pentola capiente con acqua abbondante rispetto a esse e portata già precedentemente a ebollizione, salare contemporaneamente all’aggiunta delle erbe e far cuocere il tutto lentamente per circa mezz’ora (tempo corrispondente alla cottura anche delle ultime erbe più coriacee).
Intanto, a parte, in un’altra pentola tritare l’aglio e il peperoncino insieme al peperone rosso secco, soffriggere il tutto nell’olio. Una volta imbiondito questo trito, aggiungere le verdure precedentemente lessate e scolate, aggiustare di sale e aggiungere la pizza di granturco a pezzetti, far insaporire ancora per 5 minuti circa a fuoco medio-basso.
Disporre su un tavolo la farina macinata grossa, ed eventualmente mischiata con un pugno di semola di grano duro, versare al centro, dopo aver ricavato una fontana, versare l’acqua precedentemente fatta bollire (circa metà del totale) insieme al sale fino.
Incorporare la farina dall’interno verso l’esterno, aggiungendo la restante acqua solo quando necessario, fino a formare un impasto sufficientemente morbido. Una volta intiepidita dare la forma di una pizza piuttosto alta, circa 2 cm. Cuocere in un tegame di pietra refrattaria, dai bordi non troppo alti, per circa mezz’ora girandola molto spesso dopo che avrà formato una crosta croccante da entrambi i lati, oppure in una padella antiaderente a fuoco medio-basso, ma il sapore sarà decisamente diverso.
Zuppa di castagne e lenticchie
Si tratta di una zuppa che un tempo veniva considerata molto povera, in quanto le castagne erano facilmente reperibili e a un costo davvero irrisorio rispetto a oggi. Una minestra, quindi, economica e nutriente, un piatto unico delle famiglie contadine di inizio Novecento, quando c’erano da riempire molte pance con pochissimi soldi e tanta fantasia.
Ingredienti per 4 persone
200 g di lenticchie
150 g di castagne
2 peperoncini piccanti
1 carota
1 costa di sedano
1 scalogno
2 spicchi d’aglio
2 rametti di rosmarino
olio extravergine d’oliva
sale
Intaccare con un taglio a croce la buccia delle castagne, quindi spellarle e tritarle. Tritare nel frattempo sedano, carota e scalogno e imbiondirli in olio precedentemente aromatizzato con aglio schiacciato e peperoncino in abbondanza e, facoltativamente, anche con un po’ di rosmarino. Questi ultimi ingredienti vanno tolti per non mescolarsi al trito.
Unire le castagne spellate e tagliate a cubetti grossolani, unire le lenticchie precedentemente sciacquate e scolate, coprire con acqua o con brodo vegetale e portare a cottura, salando soltanto quando si è prossimi al termine. Lasciare una consistenza cremosa, aggiustando con acqua di conseguenza.
Una volta cotte le lenticchie, servire bollente con un filo di olio crudo.
Ceppe al sugo
I makkarù nghe li ceppi o maccheroni con le ceppe altro non sono che grossi bucatini fatti a mano arrotolati lungo un bastoncino. La leggenda narra che un cuoco dell’esercito, durante un assedio, non avendo utensili da cucina a disposizione, utilizzò un bastoncino di legno per arrotolare la pasta. Dalla leggenda si passò presto alla realtà: infatti le massaie usavano proprio una ceppa, ovvero una sottile bacchetta di legno, ora sostituita da un più freddo filo di acciaio. Una cosa però non è cambiata: l’abilità di sfilare la pasta dal ferro diritta e intatta.
Ingredienti per 4 persone
500 g di farina bianca
3 uova
20 g di olio extravergine d’oliva
acqua
Disporre su una spianatoia la farina a fontana, aggiungere le uova e l’acqua a sufficienza fino a ottenere un impasto omogeneo, ungerlo con dell’olio e lasciarlo riposare per circa mezz’ora. In seguito dividere il panetto di pasta in pezzetti uguali e creare dei bastoncini di circa 15 cm l’uno. Avvolgerli attorno a un ferro da calza non cromato, prestando particolare attenzione quando si sfila la pasta dal ferro per non romperla e ricavare dei perfetti spaghettoni
col buco.
Nel frattempo portare a ebollizione l’acqua, con l’aggiunta di poco olio, per evitare che le ceppe si attacchino le une alle altre durante la cottura. Dopo aver salato l’acqua, far cuocere i bucatini per 10-15 minuti.
Servire con abbondante ragù di carne e una spolverata di parmigiano o pecorino grattugiato.
24545.jpgCardone
Questo era un piatto tradizionale dell’entroterra abruzzese nel giorno di Natale. Ovviamente nutriente e dal sapore insolito. È stato però quasi del tutto soppiantato da primi piatti più moderni
o convenzionali. La carne lessa può essere servita anche a parte come secondo piatto, oppure come cena la sera di Natale.
Ingredienti per 4 persone
½ gallina ruspante
300 g di carne di tacchino (preferibilmente il coscio di tacchino ruspante)
500 g di foglie di cardo già mondate
2 coste di sedano
1 finocchio piccolo
1 cipolla
1 carota
2 uova
100 g di formaggio grattugiato (parmigiano, pecorino o un misto dei due)
noce moscata
un pizzico di sale
Per prima cosa mondare il cardo: dal cespo principale scartare le foglie esterne più dure, scegliere quelle interne più tenere e chiare e privarle delle foglioline, dei filamenti (utilizzando un pelapatate o un coltello con la punta ricurva) e anche della pellicina che le ricopre; tagliarle poi a pezzettini e tenerle in ammollo nell’acqua fredda (con aggiunta di cubetti di ghiaccio), leggermente acidulata con un cucchiaio di aceto di vino bianco oppure il succo di mezzo limone per ogni litro di acqua. A questo punto lessarli in acqua già bollente e salata, cuocerli al dente, scolare bene il tutto.
Nel frattempo mettere a bollire un brodo di gallina e tacchino spezzettandoli grossolanamente, insieme al sedano, la cipolla e una carota, salare ma non troppo e portare a ebollizione partendo dall’acqua fredda (tecnica corretta per ottenere un buon brodo più che un buon bollito). Facoltativamente si può aggiungere la noce moscata direttamente nel brodo.
Lasciar bollire il brodo per 2 ore, se l’acqua diminuisce troppo durante la cottura aggiungerne un mestolo alla volta in modo da tenere coperta la carne in tutte le fasi di cottura. Quando la carne sarà cotta, filtrare il brodo, utilizzando anche una garza per renderlo più pulito, poi rimettere il brodo nella pentola e riportarlo a ebollizione.
Intanto preparare un impasto con le uova sbattute e il formaggio grattugiato, ricoprire di cardi e cuocerli nel brodo bollente per circa un quarto d’ora. A cottura ultimata servire nei piatti dei pezzetti di lesso, il brodo di carne e i cardi.
Sarde con peperoni secchi
Si tratta di un piatto antico e povero, un secondo di pesce in realtà non proveniente dal mare ma tipico dei paesini dell’entroterra, dove il pesce fresco arrivava davvero molto di rado e si ripiegava su questo genere di pesci, conservati a lungo.
Ingredienti per 4 persone
300 g di sarde sotto sale
8 peperoni rossi secchi
120 g di olio extravergine d’oliva
2 spicchi d’aglio
Prelevare le sarde dalla confezione, sciacquarle accuratamente sotto l’acqua corrente per togliere il sale, quindi metterle in ammollo dentro un recipiente e ricoprirle di latte oppure acqua fredda per almeno 2 ore. Sciacquare di nuovo sotto l’acqua corrente e asciugarle molto bene con della carta.
Nel frattempo portare l’olio a una temperatura di frittura e cuocervi, una volta caldo, le sarde, un po’ alla volta, leggermente infarinate, facendole dorare a fiamma alta. Scolare con una schiumarola su carta assorbente e, nell’olio ancora caldo, friggere i peperoni tagliati a pezzettoni e privati dei semi, finché siano croccanti, prestando attenzione a toglierli appena prima che anneriscano. Spruzzare di sale fino ed eventualmente aromatizzare il poco olio rimasto con dell’aglio e usarlo per condire il tutto, oppure gustare il piatto così com’è.
24424.jpgTacchino alla canzanese
Questo piatto tipico della tradizione abruzzese ha una preparazione del tutto particolare: si tratta infatti di un arrosto di tacchino in gelatina da servire rigorosamente freddo. Questo piatto della riscoperta potrebbe prestarsi anche a diventare un antipasto in dosi più modeste, oppure a fornire la base per un piatto rivisitato di matrice più moderna.
Ingredienti per 6-8 persone
2 cosce di tacchino
erbe aromatiche fresche (rosmarino, timo, salvia, alloro, maggiorana)
1 cipolla
2 o 3 spicchi d’aglio
2 bicchieri di vino bianco secco
2 fogli di colla di pesce
olio extravergine d’oliva
sale
pepe
Innanzitutto, se non è già stato fatto, spennare le cosce di tacchino e fiammeggiarle per eliminare eventuali residui di piume, e infine lavarle in acqua bollente. Tagliare le cosce a metà o a pezzettoni e, se si preferisce un arrosto un po’ più leggero, si consiglia di rimuovere anche la pelle.
Nel frattempo, tagliare la cipolla a pezzi e farla imbiondire in un tegame con dell’olio extravergine d’oliva. Versare il tacchino e farlo rosolare da ambo i lati a fuoco vivace, quindi aggiungere le erbe aromatiche e l’aglio e infine aggiustare di sale e pepe. Bagnare il tacchino con del vino e, una volta evaporata la parte alcolica, abbassare il fuoco. Far cuocere col coperchio per circa 1 ora. Se la carne si asciuga troppo, aggiungere dell’acqua di tanto in tanto, tenendo a mente che a fine cottura dovrà rimanere molto liquido.
A cottura ultimata, dopo aver lasciato intiepidire le cosce, disossarle e tagliarle a pezzi, riporle in un contenitore riempiendone il fondo in maniera uniforme. Con un colabrodo filtrare il liquido di cottura del tacchino e distribuirlo in maniera omogenea sulla carne fino a coprirla. Se necessario, aggiungere dell’acqua e aggiustare di sale. Per ottenere un piatto più leggero far raffreddare il tacchino in frigo: la parte grassa si solidificherà in superficie e sarà più semplice eliminarla.
In seguito scaldare le cosce e sciogliervi la colla di pesce, precedentemente messa in ammollo in acqua fredda, far raffreddare in frigorifero tutta la notte e servire freddo il giorno seguente.
Cotica di maiale cacio e ova
Il cacio e ova abruzzese è un abbinamento piuttosto noto e applicato a diverse ricette. Una è quella delle cotiche cacio e ova, cioè formaggio e uova, ormai in disuso perché piuttosto elaborata nei tempi e dal sapore veramente molto deciso.
Ingredienti per 4 persone
700 g di cotica di maiale
350 g di pomodori a pezzi
200 g di passata di pomodoro
1 peperone fresco
3 uova
50 g di grana grattugiato
300 g di olio extravergine d’oliva
un pezzo di cipolla
1 peperoncino piccante
basilico
1 gambo di sedano
sale
pepe
Innanzitutto sgrassare e pulire le cotiche in acqua salata. Una volta mondate metterle a lessare in acqua salata con l’aggiunta di un pezzetto di cipolla e un gambo di sedano, finché non diventeranno morbide.
Ci possono volere da 1 a 2 ore a seconda della durezza delle cotiche stesse.
Nel frattempo dedicarsi alla salsa: soffriggere mezza cipolla tritata finemente insieme a un peperoncino anch’esso tritato in olio extravergine d’oliva. Una volta imbiondito il trito aggiungere il pomodoro a pezzi già aromatizzato con sedano, basilico e da ultimo la passata di pomodoro.
Dopo 5 minuti, quando prende l’ebollizione, aggiungere anche il peperone tagliato precedentemente a pezzi, aggiustare di sale e lasciar cuocere ancora mezz’ora.
Quando le cotiche saranno cotte scolarle, sciacquarle e tagliarle a pezzetti, dopodiché aggiungerle nella salsa precedentemente preparata.
Aggiustare di sale e, se necessario, aggiungere una macinata di pepe fresco. Dopo 15 minuti aggiungere le uova, precedentemente sbattute in una ciotola a parte insieme al formaggio grattugiato, mescolare sempre e lasciar rapprendere per altri 5 minuti prima di servire.
Salsicce di fegato di maiale con peperoni secchi
Questo piatto, davvero semplice da preparare, deve il suo essere in disuso alla materia prima principale con cui è fatto: le salsicce di fegato, sempre meno utilizzate e ormai appannaggio di pochi esperti macellai, che le preparano con frattaglie di maiale tagliate a mano e guanciale fresco e guarnite con sale, aglio, peperoncino, buccia di arancia, sono lasciate insaporire per qualche ora e poi insaccate nelle stesse budella di maiale e conservate sia per essere cotte sia per essere mangiate crude dopo qualche mese. Se si riesce a reperire questa prelibatezza e rarità, si può preparare il piatto tipico di quasi tutto l’Abruzzo.
Ingredienti per 4 persone
600 g di salsiccia di fegato di maiale
7 o 8 peperoni rossi secchi
olio extravergine d’oliva
½ bicchiere di vino bianco
sale
Scaldare una padella di ferro, dopo alcuni minuti aggiungere l’olio e subito le salsicce intere che vanno rosolate da ambo i lati inizialmente a fuoco vivo; poi abbassare la fiamma e lasciar continuare molto più lentamente, bagnando con vino bianco dopo circa 5 minuti. Nel frattempo pulire i peperoni con uno straccio umido, tagliarli a pezzettoni e privarli dei loro semi.
Una volta cotte le salsicce toglierle dalla padella e appoggiarle in un piatto, insieme al loro sughetto. Aggiungere altro olio nella padella e scaldarlo, quindi cuocervi soffritti i peperoni fino a doratura completa. A fine cottura rimuovere se necessario l’olio in eccesso, spruzzare i peperoni di sale fino e versare di nuovo insieme a essi le salsicce, tagliate a pezzi. Riportare in temperatura e servire caldissimo.
24382.jpgConiglio sotto il coppo
Un piatto da occasione speciale, ricco di proteine e carboidrati, un po’ in disuso per i lunghi tempi di lavorazione del coniglio, piuttosto interessante però per l’utilizzo del coppo, una padella rovesciata che copriva i tegami posti sopra la pietra del camino, per cotture lente e perfette per tirar fuori dalle carni tutti gli odori necessari.
Ingredienti per 4 persone
½ coniglio (circa 1 kg)
400 g di patate
2 spicchi d’aglio
1 rametto di prezzemolo
1 rametto di rosmarino