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Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana
Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana
Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana
E-book834 pagine6 ore

Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana

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Info su questo ebook

Un viaggio attraverso l’Italia alla ricerca dei piatti di una volta, patrimonio di antiche tradizioni gastronomiche

Questo non è il solito ricettario. È un viaggio attraverso la nostra Italia, patria dei migliori ingredienti al mondo e una delle più antiche tradizioni gastronomiche. Ma soprattutto è un viaggio nel tempo. Frutto di mesi di viaggi lungo la nostra penisola alla ricerca delle ricette antiche, venti per regione, che oggi sono dimenticate o quasi. Quattrocento profumi diversi, alcuni ingredienti sconosciuti, addirittura inimmaginati. Tecniche perdute. Lavorazioni considerate obsolete di cui vale, invece, la pena riscoprire il valore. Un percorso a ritroso, per andare a ritrovare il gusto e i profumi che allietavano le vite dei nostri nonni e bisnonni, meno frenetiche e probabilmente più serene delle nostre. Per riscoprire tutta la ricchezza dei sapori di un tempo e serbarne a lungo la memoria.

400 piatti che meritano di essere riscoperti
Samuele Bovini
ha lavorato in importanti ristoranti dell’Umbria, delle Marche e dell’Emilia Romagna. Attualmente lavora come Chef formatore e consulente. È un grande appassionato nello studio della tradizione della cucina classica, interesse che concilia con la costante sperimentazione di nuove tecniche.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2018
ISBN9788822726278
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    Anteprima del libro

    Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana - Samuele Bovini

    463

    Tavole fuori testo: © Shutterstock.com

    Prima edizione ebook: ottobre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2627-8

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Samuele Bovini

    Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana

    400 piatti che meritano di essere riscoperti

    Indice

    Introduzione

    Le ricette dimenticate dell’Abruzzo

    Focaccia azzima

    Strozzacavalli, ciambella rustica

    Fracchiata abruzzese

    Verdura mista con pizza di granturco

    Zuppa di castagne e lenticchie

    Ceppe al sugo

    Cardone

    Sarde con peperoni secchi

    Tacchino alla canzanese

    Cotica di maiale cacio e ova

    Salsicce di fegato di maiale con peperoni secchi

    Coniglio sotto il coppo

    Spezzatino di anatra

    Patate sotto al coppo

    Sedano, patate e riso

    Maccheroni al ragù di oca arrosto

    Crispelle di patate

    I finocchietti, biscotti all’uovo

    Calzoncelli ripieni di ceci

    Le ricette dimenticate della Basilicata

    Focaccia avvampata

    Focaccia con i ciccioli

    Crema di fagioli di Sarconi e peperoni

    Le vere lagane

    Strascinati mollica e peperoni

    Grano al sugo

    Calamaretti con vite e uva

    Zuppa di baccalà alla ciauredda

    Capocollo di maiale con vino cotto e peperoni cruschi

    Beccacce alla maniera lucana

    Coscio di capretto coi lampascioni

    Agnello alla Venosina

    Ciambotta

    Pasta con polpettine di baccalà

    Calzoni con la cipolla

    Bocconotti alla confettura d’uva

    Crostoli

    Naspro

    Grano cotto (Gran’ cuott’)

    Cuscinetti

    Le ricette dimenticate della Calabria

    Crispjri

    Pane alle castagne

    Pane lavorato ai fiori di sambuco

    Polpette di ricotta

    Mursieddu

    Scopatura

    Spaghetti con lo stocco

    Ziti e finocchi

    Zuppa di grano tritato

    Minestra di patate e finocchi con bollito di maiale

    Mazzacorde

    Dijuneddi

    Kukurec

    Patate e peperoni fritti

    Fave a savuzu

    Melanzane chiene

    Crostata alle more di gelso

    Ciarata

    Chjunilli

    Cannoncini di frolla

    Le ricette dimenticate della Campania

    Pane dei pescatori

    Puccellato

    Parruozzo

    Pasticciotti ripieni di carne

    Scagliuozzoli fritti

    Crema di pecorino aromatizzato

    Placenta (torta con formaggio e miele)

    Past’e’llesse

    Anguilla e cicorielle

    Triglie con porro e aneto

    Involtini di cotica di maiale

    Pollo alla Frontone

    Piselli agrodolci

    Sformato di baccalà

    Antico migliaccio napoletano

    Dormienti

    Laina dolce

    Panettone napoletano

    Pizza figliata

    Pizza pasquale di Castel Volturno

    Le ricette dimenticate dell’Emilia Romagna

    Pane di farro

    Bartolacci

    Calzagatti

    Frittata di lumache

    Polenta al sugo di somaro

    Minestra di sgarbadàz

    Ravioli di arrosto

    Riso e polmone

    Brodetto di anguilla con verza

    Pesce gatto in umido

    Fagiano arrosto con castagne

    Il prete

    Patate con burro e noci

    Zucchine agli amaretti

    Armàsd dei colli bolognesi

    Vécia al pesto

    Timballo di Borso d’Este

    Focaccia di Bagno di Romagna

    Biscotti di frumento

    Caplàz

    Le ricette dimenticate del Friuli Venezia Giulia

    Pane giallo

    Pane con i ciccioli

    Grissini di polenta

    Pane ai quattro cereali

    Crostoni di milza

    Struccolo

    Fusi

    Brodo bruciato triestino

    Panada friulana

    Scampi in busara

    Boreto

    Aringhe delle ceneri

    Calandra

    Salame di collo d’oca

    Asparagi con pane e noci

    Fagioli alla senape

    Gnocchi di interiora

    Griesskoch

    Timballo dolce di riso

    Buchtel

    Le ricette dimenticate del Lazio

    Ciriola

    Crostini col midollo (o merollo)

    Caniscioni

    Pecorino all’etrusca

    Pizzicotti di Sant’Anatolia

    Polenta con le ciambotte (lumache)

    Bazzoffia

    Sbroscia

    Ciriole alla cacciatora

    Abbacchio o capretto brodettato

    Costarelle di maiale ripiene di carciofi

    Stufato di manzo coi gobbi

    Bocconi del prete

    Carciofi alla matticella

    Fave con guanciale e aceto

    Vignarola

    Timballo di Bonifacio VIII

    Diomeneguardi

    Pane del vescovo

    Bocconotti di ricotta alla romana

    Pazientini della quaresima

    Le ricette dimenticate della Liguria

    Stroscia

    Pane d’orzo

    Favetta

    Frittelle di lattuga

    Stecchi fritti alla ligure

    Lisone

    Corzetti stampati di Recco

    Testaroli

    Fregamai

    Lattughe ripiene in brodo

    Trippe di stoccafisso alla genovese

    Polpo all’inferno

    Torta di bianchetti

    Cima alla genovese

    Zeraria

    Budelline alla maniera delle Cinque Terre

    Budino di carciofi

    Cappelli di funghi ovoli in foglie di vite

    Maccheroni ripieni

    Pasticcio dolce di frutta

    Bisce di Solva

    Le ricette dimenticate della Lombardia

    Spongada

    Focaccia comasca con latte e frutta secca

    Pane di riso

    Duls in brusc

    Chisciöl

    Tagliatelle al ragù di piccione

    Minestra di riso e polmone di maiale (Curada)

    Minestrone brianzolo di verza e cotiche

    Merluzzo con l’uvetta

    Pesce gobbo fritto

    Fricandò

    Polpette di fegatelli (Figatej)

    Frustoli (Bruscitt’)

    Ammazzafame (Mazzafam)

    Tuntona

    Il Taroz

    Frittura dolce

    Pan mejn

    Petamura

    Torta brianzola di segale

    Le ricette dimenticate delle Marche

    Bruschiate anconetane

    Crescia di polenta

    Frittata di vitalbe

    Suricitti in brodo

    Cresce tagliate

    Farecchiata alla salsiccia

    Gnocchi di tritello

    Bagnapan

    Baccalà sotto la cenere

    Trippa alla canapina

    Maiale alle mandorle e vino cotto

    Pecora nel coccio

    Barbecche in umido

    Penciarelle

    Gnaccheragatti con cicerchie

    Frustingo

    Cicerchiata

    Budino di erbe

    Frittelle di pancotto

    Beccute

    Le ricette dimenticate del Molise

    Focaccia seduta

    Biscotti al sale

    Pane fritto con l’uovo

    Affunnatielle

    Zuppa alla Santè

    Zuppa di cardi

    Zuppa di fanze

    Maccheroni con la mollica

    Spuma di latte

    Capitone natalizio all’alloro

    Baccalà arracanato alle noci

    Cotiche arrotolate al sugo

    Antica gelatina di maiale sannita

    Sedano alla molisana

    Parmigiana di acci

    Colazione del trebbiatore

    Riso con il latte

    Susamelli

    Sanguinaccio tradizionale

    Crocchette di ricotta di pecora

    Le ricette dimenticate del Piemonte

    Carsenta

    Pane barbaro

    Margherita di Cuneo

    Focaccine dolci medievali della Val Susa

    Tartrà

    Cardi alla Carlo Alberto

    Minestra di riso arborio e castagne bianche

    Zuppetta di fagiolini alla piemontese

    Rabaton

    Quagliette di pane di segale

    Terrina di cacciagione

    Coniglio alla Canavese

    Quaglie ai tartufi

    Coda di bue alla Cavour

    Fave alla piemontese

    Zucca gialla alla maniera contadina

    Crescenz

    Budino di riso al latte

    Crema di castagne bianche

    Torta astigiana di castagne

    Le ricette dimenticate della Puglia

    Asimedde

    Pane al mosto degli schiavi

    ’Rreutata

    Paparine fritte

    Semenza

    Pittule

    Scurdijata

    Cialledda

    Cocule

    Ciambotto

    Polpette di carne di cavallo

    Pancetta di agnello ripiena

    Cardi, agnello e uova

    Marretto

    Calzone di Andria

    Cuddura dolce

    Crostata alla perata e pasta di mandorle

    Torta rustica barese

    Africani

    Pasticcini nuziali salentini

    Le ricette dimenticate della Sardegna

    Pane di ricotta e menta

    Pane di mosto cotto

    Pane bollito

    Fegato alla brace

    Pani imbinau

    Tartufi di sabbia alla vernaccia

    Filindeu

    Ambulau

    Su ministru

    Fegato di tonno

    Lattume

    Merca

    Tacculas

    Pasticcio di cacciagione

    Capretto ripieno a carraxu

    Coccoi prena

    Cascà

    Aranzada

    Opinus

    Pistiddi di Sant’Antonio

    Le ricette dimenticate della Sicilia

    Pane lessato di Marsala

    Infigghiulata al sambuco

    Scacciata catanese

    Ammogghiu pantesco

    Pistidde siciliane

    Pane fritto

    Budino di capellini

    Spaghetti con salmoresca

    Pasta cu muccu

    Couscous trapanese con zuppa di pesce

    Cunigghiu a la stimpirata

    Farsumagru

    Frittedda

    Ministra di cucuzza

    Cuccìa di Santa Lucia

    Mostata

    Minni di virgini

    Sfogliata

    Crispelle di riso

    Tartufini di mandorle

    Le ricette dimenticate della Toscana

    Torta di farro

    Necci

    Chiucco

    Frittata con le cèhe (cieche)

    Migliacci

    Pasta alla fornaia

    Spaghetti col pan sotto

    Polenta neccia

    Cinestrata

    Anguilla alla Vernaccia di San Gimignano

    Pesce finto

    Sburrita riese

    Carcerato pistoiese

    Scottiglia all’aretina

    Frissoglia

    Funghi trippati

    Coccoli

    Scarpaccia salata

    Buccellato

    Corona di San Bartolomeo

    Torta in balconata

    Le ricette dimenticate del Trentino Alto Adige

    Panini di pere

    Pan polenta

    Pinza trentina

    Torta di erbe

    Profezeni

    Mosa

    Orzotto trentino

    Minestra di trippa

    Zuppa di regalie

    Rosumada

    Tagliatelle al sugo degli arrosti

    Gnocchi di patate e susine

    Tinca agrodolce

    Aringa affumicata e polenta

    Bistecche al rafano altoatesine

    Stufato di castrato (stufà de castrà)

    Capiud

    Gröstl

    Treccia mochena

    Zelten

    Le ricette dimenticate dell’Umbria

    Patalocco alle erbe

    Pizza con i porri

    Torta di grano e granturco

    Crostini con le uova di luccio

    Budellucci affumicati

    Macco e impastojata

    Tagliolini con osso di prosciutto

    Stringozzi con alici e cipolla

    Acquacotta con il baccalà

    Salsicce e uva

    Spitata di uccelletti e pancetta

    Morsetti

    Palombacce alla tuderte

    Brustengo di patate e cavolo verza con pecorino

    Carducci in umido

    Minestra con testa di maiale

    La cena dei poretti

    Antica ricetta di arvoltoli con pecorino e miele all’anice oppure con ricotta e alchermes

    Brustengolo di polenta con uvetta, pinoli e mele spadellate al mistrà

    Antico dolce contadino degli sposalizi

    Le ricette dimenticate della Valle d’Aosta

    Micodula

    Pane nero comune

    Uova strapazzate con fonduta di fontina e pecorino

    Tetin

    Minestra di latte e castagne

    Cabiette di ortica

    Crema di segale

    Alborelle alla boscaiola

    Tinche alla montanara

    Fricandò della Dama Bianca

    Involtini di sanato

    Pernici allo speck

    Testina di maiale in gelatina

    Fave alla valdostana

    Sorça

    Patate e pere del San Bernardo

    Marmitta del montanaro

    Brochat

    Crema di reblec ai mirtilli

    Fiocca al cioccolato

    Antica torta di riso

    Le ricette dimenticate del Veneto

    Schizoto

    Panini di zucca

    Pinza del mugnaio

    Tramezzino alla trevisana

    Minestra di magasso e fagioli

    Sguazzetto a’ la bechera

    Maneghi

    Polenta al vino cotto

    Pasticcio di bisado

    Tinche all’Amarone

    Anatra con le pere

    Fagiano al panetto

    Pastissada de caval

    Fritole de maresina

    Patate gratinate alla casatella

    Timballo di riso e torresani

    Torta di frizze e polenta

    Gnocchi di prugne del Cadore

    Torta di ricotta e semolino

    Calzoncelli dolci veneti

    Ringraziamenti

    Tavole fuori testo

    Introduzione

    Un altro libro di cucina. Gli scaffali delle librerie ne sono già stracolmi. Su ogni canale televisivo c’è almeno uno chef più o meno stellato che ci presenta la sua ultima ricetta o che ci regala la sua illuminata versione sulla ricetta della pasta alla carbonara.

    Questo non vuole essere l’ennesimo ricettario da regalare alla vicina di casa per fargli prendere polvere sulla mensola della sua immacolata cucina in laminato, ma ha la pretesa di essere un piccolo viaggio.

    Nello spazio, attraverso la nostra Italia, patria dei migliori ingredienti al mondo e di una delle più antiche tradizioni gastronomiche.

    Ma soprattutto nel tempo. Torneremo indietro, anche di molto, a quando era impensabile bastasse muovere un dito su un piccolo schermo per trovare un’idea su come mettere insieme un pranzo o una cena. Torneremo a quando, per alcuni, nemmeno esistevano il pranzo e la cena. Si mangiava una sola volta e si era felici lo stesso di riunire la famiglia intorno a poche cose da mangiare.

    Ma non voglio dare l’ennesima versione di piatti ruffiani, quei piatti presi dalla nostra tradizione regionale che hanno resistito al cambiare delle mode, degli usi, delle abitudini di vita e di quelle alimentari, e oggi rivivono una seconda giovinezza, quasi sempre ritoccate qua e là dalle esigenze e dalle velleità della mia categoria: quella degli chef.

    Spero che chi legge abbia la voglia e la pazienza di affrontare questo nostro viaggio esattamente come l’ho affrontato io: non guardando il panorama dal finestrino, ma scendendo dal treno, in ogni paesino e ogni epoca per cui ne valga la pena; di riempirsi le narici di profumi che sembravano perduti; di ripercorrere le storie che ho vissuto per ogni ricetta che si trova in questo libro. Quattrocento storie diverse, venti per ogni regione.

    Quattrocento profumi diversi, alcuni ingredienti sconosciuti, addirittura inimmaginabili.

    Tecniche perdute e lavorazioni considerate obsolete di cui vale la pena riscoprire il valore.

    Quattrocento sorrisi. Sorrisi di soddisfazione perché ognuna di queste storie vissute mi ha permesso di crescere umanamente e professionalmente. Di incontrare persone nuove e di approfondire la conoscenza di chi conoscevo forse troppo poco. Colleghi chef, professionisti, ma anche e soprattutto chi della cucina ha fatto una passione, un atto di ricerca.

    A ogni ricetta, oltre all’immancabile sezione degli ingredienti e quella del procedimento, ho voluto aggiungere una piccola storia. A volte racconto di un ingrediente particolare, oppure del perché un determinato piatto è caduto nel dimenticatoio, o la genesi di quel piatto, spesso davvero lontana nel tempo.

    Tra le cose che mi hanno più colpito c’è il fatto che in Calabria si realizzava una pasta con i residui dei cereali scaricati dalle navi e raccolti con la scopa; che in Sardegna si utilizza il liquido seminale dei tonni; che ovunque si utilizzano tanti ingredienti considerati dolci nei piatti salati e viceversa.

    Io stesso mi sono stupito, ancora una volta, di verificare quanto questa nostra bellissima penisola sia così diversa ma anche così uguale.

    Mi sono quasi commosso quando in questo viaggio, in una ricetta dell’Emilia Romagna, ho ricordato quando da bambino nato e cresciuto lungo il corso di un fiume, qui nella mia Umbria andavo a pesca di pesci gatto con mio nonno. E mi sono stupito nel rivivere immutate le emozioni della battitura del grano in Abruzzo, la preparazione della salsa di pomodoro in Puglia, le passeggiate nelle campagne di tutta Italia in cerca di erbe spontanee, la grande festa che vivevo da bambino nel giorno dell’uccisione del maiale.

    Andremo alla ricerca di quelle ricette antiche che oggi sono state dimenticate o quasi, per salvare qualche perla dall’estinzione, causata dalla frenesia della vita che anche in cucina ci costringe a ridurre i tempi e utilizzare ingredienti mai provati o solo sentiti rammentare dalle nonne.

    La chiave di lettura di questo viaggio, frutto di un lungo lavoro di ricerca, sarà, dunque: il massimo rispetto per la storia, gli ingredienti giusti, arricchito dalla consapevolezza delle tecniche e l’influenza che hanno sul cibo, bagaglio acquisito in oltre vent’anni di esperienza nel campo della ricerca gastronomica.

    Chiunque voglia unirsi al viaggio è benaccetto. Stiamo aggiungendo le ultime palate di carbone al treno che ci guiderà attraverso l’Italia dei nostri bisnonni e nonni per andare a riscoprire i sapori e i profumi che allietavano le loro vite, meno frenetiche e probabilmente più serene delle nostre, prima che vengano dimenticati.

    Buona lettura, buon appetito e… buon viaggio!

    Samuele Bovini

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    Le ricette dimenticate dell’Abruzzo

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    Focaccia azzima

    Una bassa focaccia, detta anche pizza, caratterizzata dall’assenza di lievito e dall’importante presenza di olio extravergine d’oliva, elementi che la rendono estremamente croccante. In dialetto viene detta anche ascime o ascima. Sembra che le sue origini siano ascrivibili alla metà del millennio precedente quando, nell’entroterra abruzzese, vi era un’importante presenza di comunità ebraiche.

    Ingredienti per 4 persone

    500 g di farina 0

    200 g di olio extravergine d’oliva

    10 g di sale

    50 ml di vino bianco abruzzese

    Lavorare fin da subito tutti gli ingredienti insieme incluso il sale, non essendo presente in questa ricetta il lievito, la cui azione verrebbe inibita dal sale. Solo se necessario aggiungere un po’ d’acqua tiepida per ottenere un impasto sufficientemente liscio. Stendere l’impasto piuttosto sottile, circa 1 cm-1 cm e mezzo, disporlo su una teglia unta e cuocere a 200 °C per 20 minuti, dopo aver praticato sulla superficie delle incisioni per formare dei quadrati. Dopo la cottura spezzare con le mani la focaccia in corrispondenza delle righe, in modo che si possa dividere in porzioni facilmente.

    Strozzacavalli, ciambella rustica

    Si tratta di un impasto molto semplice che subisce un trattamento simile a quello dei taralli: viene bollito per rimanere più soffice all’interno.

    Ingredienti per una dose

    400 g di farina

    4 uova

    1 cucchiaino di sale

    4 cucchiai di olio extravergine d’oliva

    Lavorare la farina con le uova, quindi aggiungere l’olio e il sale, fino a ottenere un impasto omogeneo e morbido. Arrotolarlo sulla spianatoia e chiudere il cerchio, dando la forma di un tarallo. Fare l’intaglio sulla superficie lungo tutto il cerchio e lessare in acqua bollente. Dal momento dell’ebollizione contare 20 minuti, dopodiché scolare, mettere in una teglia rotonda con o senza buco e lasciar cuocere preferibilmente sotto il coppo, nel camino, per circa mezz’ora, oppure a 160 °C nel forno elettrico per 20-30 minuti.

    È un pane rustico che si serve come antipasto o come pane, buono anche da sé, magari con un buon bicchiere di vino rosso.

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    Fracchiata abruzzese

    Il termine fracchiata deriva dal latino frangere, che significa pestare, macinare: infatti per la preparazione di questa ricetta si macinavano o si riducevano in polvere vari legumi, le cicerchie e a volte fagioli oppure piselli. Nell’epoca delle farine già pronte, questa antica ricetta viene adattata alle necessità moderne utilizzando la farina di ceci, conservando comunque il suo status di tipica polenta povera del Gran Sasso.

    Ingredienti per 4 persone

    300 g di farina di ceci

    50 g di acciughe salate

    1 cucchiaio di farina

    50 g di peperoncini secchi non piccanti

    80 g di olio extravergine d’oliva

    sale

    Innanzitutto portare a ebollizione 750 ml d’acqua salata in una pentola con fondo che distribuisca bene il calore, quindi versare a pioggia la farina di ceci precedentemente setacciata, avendo cura di mescolare continuamente per evitare la formazione di grumi. Continuare a mescolare per 45 minuti a fuoco basso.

    Sciacquare le acciughe per privarle del sale, eliminare la testa e diliscarle, passarle nella farina e poi friggerle nell’olio. Terminata la frittura delle alici, riutilizzare lo stesso olio per friggere i peperoncini secchi.

    Impiattare la polenta di ceci e condire con le acciughe, i peperoncini e l’olio di frittura. Servire caldo.

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    Verdura mista con pizza di granturco

    In questa particolare ricetta antica, le cose obsolete e quindi in pericolo di estinzione sono due: la pizza di granturco, di non semplicissima preparazione, e la grande varietà di erbe spontanee necessaria, che prevede la conoscenza di questo settore e soprattutto richiede di prendersi del tempo da passare in campagna a scegliere, raccogliere e successivamente selezionare e lavare le erbe spontanee. Oltre che come una riscoperta culinaria, quindi, questa ricetta può essere considerata un allenamento per tornare a una vita più semplice e a contatto con la natura.

    Ingredienti per 4 persone

    1,2 kg di verdure miste così composte: circa metà di verdure coltivate (foglie di rapa, foglie di spinaci, foglie di verza verde) e metà di verdure spontanee a seconda della stagione (crescione, cicoria selvatica, tarassaco, borragine, senape bianca e altre)

    80 g di olio extravergine d’oliva

    2 spicchi d’aglio

    1 piccolo peperoncino piccante

    1 peperone rosso secco

    sale

    Ingredienti per la pizza di granturco

    ½ kg di farina di granturco a grana grossa

    10 g di sale

    circa ½ l d’acqua bollente

    Mondare le verdure lavandole e immergendole in una pentola capiente con acqua abbondante rispetto a esse e portata già precedentemente a ebollizione, salare contemporaneamente all’aggiunta delle erbe e far cuocere il tutto lentamente per circa mezz’ora (tempo corrispondente alla cottura anche delle ultime erbe più coriacee).

    Intanto, a parte, in un’altra pentola tritare l’aglio e il peperoncino insieme al peperone rosso secco, soffriggere il tutto nell’olio. Una volta imbiondito questo trito, aggiungere le verdure precedentemente lessate e scolate, aggiustare di sale e aggiungere la pizza di granturco a pezzetti, far insaporire ancora per 5 minuti circa a fuoco medio-basso.

    Disporre su un tavolo la farina macinata grossa, ed eventualmente mischiata con un pugno di semola di grano duro, versare al centro, dopo aver ricavato una fontana, versare l’acqua precedentemente fatta bollire (circa metà del totale) insieme al sale fino.

    Incorporare la farina dall’interno verso l’esterno, aggiungendo la restante acqua solo quando necessario, fino a formare un impasto sufficientemente morbido. Una volta intiepidita dare la forma di una pizza piuttosto alta, circa 2 cm. Cuocere in un tegame di pietra refrattaria, dai bordi non troppo alti, per circa mezz’ora girandola molto spesso dopo che avrà formato una crosta croccante da entrambi i lati, oppure in una padella antiaderente a fuoco medio-basso, ma il sapore sarà decisamente diverso.

    Zuppa di castagne e lenticchie

    Si tratta di una zuppa che un tempo veniva considerata molto povera, in quanto le castagne erano facilmente reperibili e a un costo davvero irrisorio rispetto a oggi. Una minestra, quindi, economica e nutriente, un piatto unico delle famiglie contadine di inizio Novecento, quando c’erano da riempire molte pance con pochissimi soldi e tanta fantasia.

    Ingredienti per 4 persone

    200 g di lenticchie

    150 g di castagne

    2 peperoncini piccanti

    1 carota

    1 costa di sedano

    1 scalogno

    2 spicchi d’aglio

    2 rametti di rosmarino

    olio extravergine d’oliva

    sale

    Intaccare con un taglio a croce la buccia delle castagne, quindi spellarle e tritarle. Tritare nel frattempo sedano, carota e scalogno e imbiondirli in olio precedentemente aromatizzato con aglio schiacciato e peperoncino in abbondanza e, facoltativamente, anche con un po’ di rosmarino. Questi ultimi ingredienti vanno tolti per non mescolarsi al trito.

    Unire le castagne spellate e tagliate a cubetti grossolani, unire le lenticchie precedentemente sciacquate e scolate, coprire con acqua o con brodo vegetale e portare a cottura, salando soltanto quando si è prossimi al termine. Lasciare una consistenza cremosa, aggiustando con acqua di conseguenza.

    Una volta cotte le lenticchie, servire bollente con un filo di olio crudo.

    Ceppe al sugo

    I makkarù nghe li ceppi o maccheroni con le ceppe altro non sono che grossi bucatini fatti a mano arrotolati lungo un bastoncino. La leggenda narra che un cuoco dell’esercito, durante un assedio, non avendo utensili da cucina a disposizione, utilizzò un bastoncino di legno per arrotolare la pasta. Dalla leggenda si passò presto alla realtà: infatti le massaie usavano proprio una ceppa, ovvero una sottile bacchetta di legno, ora sostituita da un più freddo filo di acciaio. Una cosa però non è cambiata: l’abilità di sfilare la pasta dal ferro diritta e intatta.

    Ingredienti per 4 persone

    500 g di farina bianca

    3 uova

    20 g di olio extravergine d’oliva

    acqua

    Disporre su una spianatoia la farina a fontana, aggiungere le uova e l’acqua a sufficienza fino a ottenere un impasto omogeneo, ungerlo con dell’olio e lasciarlo riposare per circa mezz’ora. In seguito dividere il panetto di pasta in pezzetti uguali e creare dei bastoncini di circa 15 cm l’uno. Avvolgerli attorno a un ferro da calza non cromato, prestando particolare attenzione quando si sfila la pasta dal ferro per non romperla e ricavare dei perfetti spaghettoni col buco.

    Nel frattempo portare a ebollizione l’acqua, con l’aggiunta di poco olio, per evitare che le ceppe si attacchino le une alle altre durante la cottura. Dopo aver salato l’acqua, far cuocere i bucatini per 10-15 minuti.

    Servire con abbondante ragù di carne e una spolverata di parmigiano o pecorino grattugiato.

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    Cardone

    Questo era un piatto tradizionale dell’entroterra abruzzese nel giorno di Natale. Ovviamente nutriente e dal sapore insolito. È stato però quasi del tutto soppiantato da primi piatti più moderni o convenzionali. La carne lessa può essere servita anche a parte come secondo piatto, oppure come cena la sera di Natale.

    Ingredienti per 4 persone

    ½ gallina ruspante

    300 g di carne di tacchino (preferibilmente il coscio di tacchino ruspante)

    500 g di foglie di cardo già mondate

    2 coste di sedano

    1 finocchio piccolo

    1 cipolla

    1 carota

    2 uova

    100 g di formaggio grattugiato (parmigiano, pecorino o un misto dei due)

    noce moscata

    un pizzico di sale

    Per prima cosa mondare il cardo: dal cespo principale scartare le foglie esterne più dure, scegliere quelle interne più tenere e chiare e privarle delle foglioline, dei filamenti (utilizzando un pelapatate o un coltello con la punta ricurva) e anche della pellicina che le ricopre; tagliarle poi a pezzettini e tenerle in ammollo nell’acqua fredda (con aggiunta di cubetti di ghiaccio), leggermente acidulata con un cucchiaio di aceto di vino bianco oppure il succo di mezzo limone per ogni litro di acqua. A questo punto lessarli in acqua già bollente e salata, cuocerli al dente, scolare bene il tutto.

    Nel frattempo mettere a bollire un brodo di gallina e tacchino spezzettandoli grossolanamente, insieme al sedano, la cipolla e una carota, salare ma non troppo e portare a ebollizione partendo dall’acqua fredda (tecnica corretta per ottenere un buon brodo più che un buon bollito). Facoltativamente si può aggiungere la noce moscata direttamente nel brodo.

    Lasciar bollire il brodo per 2 ore, se l’acqua diminuisce troppo durante la cottura aggiungerne un mestolo alla volta in modo da tenere coperta la carne in tutte le fasi di cottura. Quando la carne sarà cotta, filtrare il brodo, utilizzando anche una garza per renderlo più pulito, poi rimettere il brodo nella pentola e riportarlo a ebollizione.

    Intanto preparare un impasto con le uova sbattute e il formaggio grattugiato, ricoprire di cardi e cuocerli nel brodo bollente per circa un quarto d’ora. A cottura ultimata servire nei piatti dei pezzetti di lesso, il brodo di carne e i cardi.

    Sarde con peperoni secchi

    Si tratta di un piatto antico e povero, un secondo di pesce in realtà non proveniente dal mare ma tipico dei paesini dell’entroterra, dove il pesce fresco arrivava davvero molto di rado e si ripiegava su questo genere di pesci, conservati a lungo.

    Ingredienti per 4 persone

    300 g di sarde sotto sale

    8 peperoni rossi secchi

    120 g di olio extravergine d’oliva

    2 spicchi d’aglio

    Prelevare le sarde dalla confezione, sciacquarle accuratamente sotto l’acqua corrente per togliere il sale, quindi metterle in ammollo dentro un recipiente e ricoprirle di latte oppure acqua fredda per almeno 2 ore. Sciacquare di nuovo sotto l’acqua corrente e asciugarle molto bene con della carta.

    Nel frattempo portare l’olio a una temperatura di frittura e cuocervi, una volta caldo, le sarde, un po’ alla volta, leggermente infarinate, facendole dorare a fiamma alta. Scolare con una schiumarola su carta assorbente e, nell’olio ancora caldo, friggere i peperoni tagliati a pezzettoni e privati dei semi, finché siano croccanti, prestando attenzione a toglierli appena prima che anneriscano. Spruzzare di sale fino ed eventualmente aromatizzare il poco olio rimasto con dell’aglio e usarlo per condire il tutto, oppure gustare il piatto così com’è.

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    Tacchino alla canzanese

    Questo piatto tipico della tradizione abruzzese ha una preparazione del tutto particolare: si tratta infatti di un arrosto di tacchino in gelatina da servire rigorosamente freddo. Questo piatto della riscoperta potrebbe prestarsi anche a diventare un antipasto in dosi più modeste, oppure a fornire la base per un piatto rivisitato di matrice più moderna.

    Ingredienti per 6-8 persone

    2 cosce di tacchino

    erbe aromatiche fresche (rosmarino, timo, salvia, alloro, maggiorana)

    1 cipolla

    2 o 3 spicchi d’aglio

    2 bicchieri di vino bianco secco

    2 fogli di colla di pesce

    olio extravergine d’oliva

    sale

    pepe

    Innanzitutto, se non è già stato fatto, spennare le cosce di tacchino e fiammeggiarle per eliminare eventuali residui di piume, e infine lavarle in acqua bollente. Tagliare le cosce a metà o a pezzettoni e, se si preferisce un arrosto un po’ più leggero, si consiglia di rimuovere anche la pelle.

    Nel frattempo, tagliare la cipolla a pezzi e farla imbiondire in un tegame con dell’olio extravergine d’oliva. Versare il tacchino e farlo rosolare da ambo i lati a fuoco vivace, quindi aggiungere le erbe aromatiche e l’aglio e infine aggiustare di sale e pepe. Bagnare il tacchino con del vino e, una volta evaporata la parte alcolica, abbassare il fuoco. Far cuocere col coperchio per circa 1 ora. Se la carne si asciuga troppo, aggiungere dell’acqua di tanto in tanto, tenendo a mente che a fine cottura dovrà rimanere molto liquido.

    A cottura ultimata, dopo aver lasciato intiepidire le cosce, disossarle e tagliarle a pezzi, riporle in un contenitore riempiendone il fondo in maniera uniforme. Con un colabrodo filtrare il liquido di cottura del tacchino e distribuirlo in maniera omogenea sulla carne fino a coprirla. Se necessario, aggiungere dell’acqua e aggiustare di sale. Per ottenere un piatto più leggero far raffreddare il tacchino in frigo: la parte grassa si solidificherà in superficie e sarà più semplice eliminarla.

    In seguito scaldare le cosce e sciogliervi la colla di pesce, precedentemente messa in ammollo in acqua fredda, far raffreddare in frigorifero tutta la notte e servire freddo il giorno seguente.

    Cotica di maiale cacio e ova

    Il cacio e ova abruzzese è un abbinamento piuttosto noto e applicato a diverse ricette. Una è quella delle cotiche cacio e ova, cioè formaggio e uova, ormai in disuso perché piuttosto elaborata nei tempi e dal sapore veramente molto deciso.

    Ingredienti per 4 persone

    700 g di cotica di maiale

    350 g di pomodori a pezzi

    200 g di passata di pomodoro

    1 peperone fresco

    3 uova

    50 g di grana grattugiato

    300 g di olio extravergine d’oliva

    un pezzo di cipolla

    1 peperoncino piccante

    basilico

    1 gambo di sedano

    sale

    pepe

    Innanzitutto sgrassare e pulire le cotiche in acqua salata. Una volta mondate metterle a lessare in acqua salata con l’aggiunta di un pezzetto di cipolla e un gambo di sedano, finché non diventeranno morbide.

    Ci possono volere da 1 a 2 ore a seconda della durezza delle cotiche stesse.

    Nel frattempo dedicarsi alla salsa: soffriggere mezza cipolla tritata finemente insieme a un peperoncino anch’esso tritato in olio extravergine d’oliva. Una volta imbiondito il trito aggiungere il pomodoro a pezzi già aromatizzato con sedano, basilico e da ultimo la passata di pomodoro.

    Dopo 5 minuti, quando prende l’ebollizione, aggiungere anche il peperone tagliato precedentemente a pezzi, aggiustare di sale e lasciar cuocere ancora mezz’ora.

    Quando le cotiche saranno cotte scolarle, sciacquarle e tagliarle a pezzetti, dopodiché aggiungerle nella salsa precedentemente preparata.

    Aggiustare di sale e, se necessario, aggiungere una macinata di pepe fresco. Dopo 15 minuti aggiungere le uova, precedentemente sbattute in una ciotola a parte insieme al formaggio grattugiato, mescolare sempre e lasciar rapprendere per altri 5 minuti prima di servire.

    Salsicce di fegato di maiale con peperoni secchi

    Questo piatto, davvero semplice da preparare, deve il suo essere in disuso alla materia prima principale con cui è fatto: le salsicce di fegato, sempre meno utilizzate e ormai appannaggio di pochi esperti macellai, che le preparano con frattaglie di maiale tagliate a mano e guanciale fresco e guarnite con sale, aglio, peperoncino, buccia di arancia, sono lasciate insaporire per qualche ora e poi insaccate nelle stesse budella di maiale e conservate sia per essere cotte sia per essere mangiate crude dopo qualche mese. Se si riesce a reperire questa prelibatezza e rarità, si può preparare il piatto tipico di quasi tutto l’Abruzzo.

    Ingredienti per 4 persone

    600 g di salsiccia di fegato di maiale

    7 o 8 peperoni rossi secchi

    olio extravergine d’oliva

    ½ bicchiere di vino bianco

    sale

    Scaldare una padella di ferro, dopo alcuni minuti aggiungere l’olio e subito le salsicce intere che vanno rosolate da ambo i lati inizialmente a fuoco vivo; poi abbassare la fiamma e lasciar continuare molto più lentamente, bagnando con vino bianco dopo circa 5 minuti. Nel frattempo pulire i peperoni con uno straccio umido, tagliarli a pezzettoni e privarli dei loro semi.

    Una volta cotte le salsicce toglierle dalla padella e appoggiarle in un piatto, insieme al loro sughetto. Aggiungere altro olio nella padella e scaldarlo, quindi cuocervi soffritti i peperoni fino a doratura completa. A fine cottura rimuovere se necessario l’olio in eccesso, spruzzare i peperoni di sale fino e versare di nuovo insieme a essi le salsicce, tagliate a pezzi. Riportare in temperatura e servire caldissimo.

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    Coniglio sotto il coppo

    Un piatto da occasione speciale, ricco di proteine e carboidrati, un po’ in disuso per i lunghi tempi di lavorazione del coniglio, piuttosto interessante però per l’utilizzo del coppo, una padella rovesciata che copriva i tegami posti sopra la pietra del camino, per cotture lente e perfette per tirar fuori dalle carni tutti gli odori necessari.

    Ingredienti per 4 persone

    ½ coniglio (circa 1 kg)

    400 g di patate

    2 spicchi d’aglio

    1 rametto di prezzemolo

    1 rametto di rosmarino

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