Sei personaggi in cerca d'autore
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Edizione integrale
Il fiasco clamoroso della prima rappresentazione romana del 1921 non fu d’ostacolo, in seguito, all’incredibile successo sui palcoscenici di tutto il mondo di questa “Commedia da fare”. Sei personaggi in cerca d’autore, nato dall’elaborazione scenica di due novelle, Personaggi, del 1906, e Tragedia d’un personaggio, del 1911, è forse il più famoso dei capolavori teatrali di Pirandello, il primo e più celebre della “Trilogia del teatro nel teatro”. In esso trovano magistrale composizione alcuni temi cari all’autore siciliano: il tragico contrasto tra l’identità e l’apparenza imposta dal ruolo sociale e il fragile confine fra realtà e rappresentazione. Il tutto è magistralmente giocato in un “dietro le quinte” rovesciato, in cui i personaggi (il Padre, la Madre, la Figliastra, il Figlio, il Giovinetto e la Bambina) rivendicano contro l’autore, qui il Capocomico, la verità del proprio dramma, consegnata nella forma della rappresentazione all’immutabilità degli eventi di cui sono protagonisti.
«Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventar madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può bastare.»
Luigi Pirandello
nato ad Agrigento nel 1867, si laureò a Bonn in filologia nel 1891, rientrò in Italia e nel 1892 si trasferì a Roma, dove, introdotto da Capuana, iniziò la sua attività letteraria e teatrale. Nel 1903, l’improvviso crac finanziario della famiglia distrusse l’equilibrio mentale già fragile della moglie e ridusse lui a pensare al suicidio; si risollevò poi grazie al suo lavoro d’insegnante e dedicandosi sempre più intensamente alla scrittura. Nel 1934 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936. Di Luigi Pirandello la Newton Compton ha pubblicato Sei personaggi in cerca d’autore; L’umorismo; L’esclusa; Il fu Mattia Pascal; Uno, nessuno e centomila e Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo, oltre al volume singolo I romanzi, le novelle e il teatro.
Luigi Pirandello
Luigi Pirandello (1867-1936) was an Italian playwright, novelist, and poet. Born to a wealthy Sicilian family in the village of Cobh, Pirandello was raised in a household dedicated to the Garibaldian cause of Risorgimento. Educated at home as a child, he wrote his first tragedy at twelve before entering high school in Palermo, where he excelled in his studies and read the poets of nineteenth century Italy. After a tumultuous period at the University of Rome, Pirandello transferred to Bonn, where he immersed himself in the works of the German romantics. He began publishing his poems, plays, novels, and stories in earnest, appearing in some of Italy’s leading literary magazines and having his works staged in Rome. Six Characters in Search of an Author (1921), an experimental absurdist drama, was viciously opposed by an outraged audience on its opening night, but has since been recognized as an essential text of Italian modernist literature. During this time, Pirandello was struggling to care for his wife Antonietta, whose deteriorating mental health forced him to place her in an asylum by 1919. In 1924, Pirandello joined the National Fascist Party, and was soon aided by Mussolini in becoming the owner and director of the Teatro d’Arte di Roma. Although his identity as a Fascist was always tenuous, he never outright abandoned the party. Despite this, he maintained the admiration of readers and critics worldwide, and was awarded the 1934 Nobel Prize for Literature.
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Recensioni su Sei personaggi in cerca d'autore
260 valutazioni13 recensioni
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Six Characters in Search of an Author annoyed me so much at first! It's a hard play to grasp at the beginning, but it starts to make sense and it's a unique play with an odd dynamic. Pirandello did a great job with the writing, he obviously knew what he was going for and it came out clear in the ending.
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Excellent play. If you are in the London area it's a must-see. I don't want to spoil it, but it is fantastic, so I had to get a copy of the play and read the adaptation. Very well done.
- Valutazione: 2 su 5 stelle2/5meh, a play about a play by characters who don't play nice
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5A seminal work in modern drama, and generally regarded as Pirandello's masterpiece, Six Characters is more thought provoking than entertaining (although I've never seen a live performance, and I imagine it works pretty well on stage). All of Pirandello's plays explore the conflict between appearance and reality, and Six Characters adds an additional dimension by separating the "characters" from their author's concept (almost like a platonic "ideal" that is only vaguely understood by the author who puts the role on paper).
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5They say I was born in June. The day, the year somehow ceases to exist. I live with my mother. She stares at the wall, singing songs unnoticing my existence in the house. Is this how being an orphan feels like? I used to work at Madame Pace’s dress shop. Only it wasn't a dress shop. It was a whore house where I used to entertain clients throughout the night. My mother was unaware of my earnings, but as if it mattered. Then, one day I fell in love. In fact, I fell in love with his eyes. The same brown affectionate eyes that I own. They were so memorable, they were mine. I could see myself in them. My eyes on this strange face, mesmerizing yet daunting. He was my client, elderly yet so affectionate. Months went by, but he never visited me again. I looked for him but no avail. They say, he shot himself out of guilt. He was my biological father. The shame of seducing his own blood ate him up after finding my truth. So, as I lay in a pool of blood, the cold metal burning against my sinful hands, I pierce the sharp edge into the warm blob of flesh. I killed my baby. I killed my brother. I practically cease to exist now. Shame and numbness has weighed my soul into nothingness. The man once my mother had left my father for took her away. So, here I come to you with an unfilled life and an unfinished story pleading you to bring an authored conclusion.
“You imbecile”, yelled the stage-manager. “You expect me to believe this garbage and let my actors perform your absurdity".
“Yes”, I affirm, “The settings should be realistic and the truth should be told in its unaltered form.”
“I am an unrealized character sir”, I humbly say, “I need you to finish my story and bring it to life”.
The stage manager now enraged walks away hurling obscenities and muttering, “Acting is our business here. Truth up to a certain point, but no further”; as he looks at me with a sardonic smile.
Pirandello illuminates the ‘Theatre of Absurd’ genre in this bizarre performance. A form of drama that emphasizes the absurdity of human existence by employing disjointed, repetitious and meaningless dialogue, purposeless and confusing situations and plots that lack realistic or logical development. Purely in its theatrical form he depicts a tale of six characters in search of an author who is able not only to complete their fragmentary story but to perform their ingenuous legitimacy. A story which is not a story after all. Through the numerous arguments between the six characters and the stage manager about portrayal of reality in its unaltered state to the audiences marks the debate of life reality v/s stage reality. The sense of illusion what is illustrated to be a reality on performance stage is far from the factual forms.
The plethora of reality television that demarcates an entire generation outlook mutates the genuineness of its characters. How real are the nuances of these actors who state publicly that their respected shows are not scripted but spontaneous? The movies that state ‘based on a true story’, how far do they enact the truth or is pragmatism edited to normalization of absurdity. Pirandello stresses on the theatre being an illusion of reality where actors masquerade real emotions through rehearsals and mutability.
A brilliant existentialism perception of individuals being characters all through their life portraying roles that they're born into and the normality of emotions attached to their specific roles. Who are we? The roles that we are born into or the tangible roles we want to play. - Valutazione: 2 su 5 stelle2/5Six Characters in Search of an Author was moderately interesting, but horribly didactic. For its time and context is is incredible, but I don't think it holds up as well today.
- Valutazione: 3 su 5 stelle3/5Once upon a time this must have been brilliant, but it was already old hat when I was in high school. That's a problem with most things "experimental".
Library copy - Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I don't normally enjoy reading plays. It is like reading music notes on page instead of listening to the orchestra, or reading about perfume instead smelling the scent. I would much rather watch the play than read it. But I picked this one up because of the author and found myself enraptured by the concept.
As a part of inspiration for Waiting for Godot and other existentialism plays, this play focuses on six characters in search of an author - and their drive to make their lives into some semblance of reality.
I loved this. It was a mix of philosophy and contemplating the meaning of life, all the while breaking the fourth wall, naming the author by name, and asking whether we are all actors in a play.
This is one of my more favorited quotes.
The Father [with dignity, but not offended ]. A character, sir, may always ask a man who he is. Because a character has really a life of his own, marked with his especial characteristics; for which reason he is always "somebody." But a man – I'm not speaking of you now – may very well be " nobody.
Characters who have come to life, yet have no author to claim them, ask the actors whether they are playing at an illusion when they try to imitate the characters. And it is ironic because they actually do have an author.
There is just so much packed into 70 short pages.
4.5 stars. Quite lovely. - Valutazione: 3 su 5 stelle3/5This creepy little one act play is strange but also captivating. A theatre crew is about to start a rehearsal when six people show up asking for help. They need someone to listen to their story and they want to perform it at the theatre. The crew finally agrees and is quickly drawn into the world the create.The six people are claiming to be characters created by an author who never completed their story. They want nothing more than to know how their tale ends. The idea for the book alone is enough of a reason to read it. BOTTOM LINE: It's an eerie little book and a production I would love to see preformed some day. I'm sure seeing it would pack a bigger punch. "Like most people I can only act the part I've chosen for myself, or that's been chosen for me. But as you see, the role sometimes runs away from me, and I get a little melodramatic. All of us do."
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Is this one of the greatest plays ever? No. Is it worth reading? Yes. The concept is extremely interesting. Six characters simply show up on stage during some other play, and they claim that they are characters from another play that went unfinished because the author died. In telling their story, it is clear that they have their story already and they need no one to finish it for them. Creative idea and a short, quick read.
- Valutazione: 4 su 5 stelle4/5This is a play from 1921 – an intellectual comedy which contrasts illusion with reality by introducing six individuals to a bare stage occupied by actors in rehearsal. These six characters proclaim themselves to be the incomplete creations of an author’s imagination and demand dialog for the story of their lives. The following is a favorite quote from the play where the character of the Father is talking to the Manager of the theater company. Needless to say the Manager has been skeptical that the six characters solely exist because they were created by an author. “It's only to show you that if we (indicating the CHARACTERS) have no other reality beyond the illusion, you too must not count overmuch on your reality as you feel it today, since, like that of yesterday, it may prove an illusion for you tomorrow.”I found the whole play to be fascinating. What an idea that characters are more real than us and their reality is more concrete because it always remains what was created by an author. This is available through Project Gutenberg and is a really quick read. If this concept is at all interesting to you, I would strongly recommend talking the time to read it.
- Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Oh, this play is great. What a fucking thing it is. It's about how we create our own realities: how each of us choose to play a character, to such an extent that we sometimes sit outside ourselves, watching our characters act out their scenes. And it's about the subjective nature of reality: how to each of us, the scenes we live through may be be completely different to each actor in them.
I was talking to a friend recently about the beginning of our relationship, and discovered that her perception of that period has almost nothing in common with mine. If we both explained it to a third party, we would tell wholly different stories. Weird, huh? Both of our stories are equally true; they're just different.
Recently, in an unguarded moment, a different friend of mine let slip who he thinks I am. It was not at all who I think I am! Among other things, his version of me - inexplicably - is not a Viking. I'm pretty sure he was projecting there, but how would I know? Is there anyone less qualified to interpret me than me?
This is what Pirandello's dealing with, at least until Act III when he starts to talk about the writing process and also to wrap up his own plot. It's a very smart play, and years ahead of its time. My character enjoys it. A character under that thinks it's a little show-offy. A character under that is scared that he didn't get it at all, and a character under that is afraid that his opinion hasn't even been written. - Valutazione: 4 su 5 stelle4/53½ stars. Upgraded this to 4 after discussion.
It took me a bit to warm up to this unusual play but in the end it was thought-provoking. I would like to see a performance!
Anteprima del libro
Sei personaggi in cerca d'autore - Luigi Pirandello
114
Prima edizione ebook: marzo 2011
© 2004 Newton & Compton editori s.r.l.
© 2007 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-3151-4
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Gag srl
Luigi Pirandello
Sei personaggi
in cerca d’autore
Introduzione di Giuseppe Leonelli
Newton Compton editori
Introduzione
Raccontano i biografi di Pirandello (Frateili, Nardelli, Giudice) di come una volta dei muratori, che lavoravano davanti alle finestre della casa dello scrittore, sospendessero il lavoro per contemplare, stupiti e affascinati, quanto avveniva nel suo studio. Pirandello era alla scrivania, si era messo «a parlare da solo, gesticolare, strabuzzando gli occhi, e facendo le più strane facce del mondo»¹. Che cosa avranno pensato quegli operai? Che il famoso drammaturgo, evidentemente pazzo, fosse stato forse sorpreso in un momento di delirio? In realtà, Pirandello appariva impegnato in uno dei non infrequenti «colloqui coi personaggi», di cui si dà notizia nella novella omonima pubblicata per la prima volta nel 1915, magari proprio «nell’aspra discussione con uno dei più petulanti», che gli s’era attaccato alle costole per persuaderlo a scrivere un romanzo, lui, il personaggio, protagonista. O forse era in corso un’altra discussione, non meno animata, con il dottor Leandro Scoto, anch’egli personaggio, quello che in un’altra novella, pubblicata ancora prima, nel 1906, con il titolo di Personaggi, gli porta The Astral plane, il libro di un teosofo inglese, il Leadbater, uscito nel 1897. Il dottor Scoto legge un passo che appariva riportato quasi letteralmente, senza indicazione precisa di fonte, già nella prima edizione del Fu Mattia Pascal ². Sono parole che hanno attratto l’attenzione di Giovanni Macchia, che le riporta e discute:
«Ho letto testé in un libro», scriveva Pirandello prestando sue proprie letture a quelle del protagonista, «che i pensieri e i desiderii nostri s’incorporano in un’essenza plastica, nel mondo invisibile che li circonda, e tosto vi si modellano in forma di esseri viventi, la cui apparenza corrisponde alla loro intima natura. E questi esseri, non appena formati, non sono più sotto il dominio di chi li ha generati, ma godono d’una lor propria vita, la cui durata dipende dall’intensità del pensiero o del desiderio generatore»³.
Nella novella Personaggi il dottor Scoto ad un certo punto chiude il libro e guarda lo scrittore:
«Ebbene», soggiunse, «nessuno meglio di Lei può sapere che questo è vero. Ed io, per quanto ancora non sia libero e indipendente da Lei, ne sono la prova. Ne sono una prova tutti i personaggi creati dall’arte. Alcuni hanno pur vita troppo efimera; altri immortale. Vita vera, più vera della reale, sto per dire! [...]
Io guardo a mia volta il dottor Leandro Scoto che mi si dimostra così erudito e gli domando:
«Scusi, dove vuole arrivare con questa dissertazione teosofica – estetica?»
«Alla vita!», esclama lui, allora, con un gesto melodrammatico. «Io voglio vivere, ho una gran voglia di vivere per la mia e per l’altrui felicità. Mi faccia vivere, signore! Mi faccia viver bene, la prego; ho buon cuore, guardi! Un discreto ingegno, oneste intenzioni, parchi desiderii: merito fortuna. Mi dia, prego, un’esistenza imperitura»⁴.
Eccoci dunque, nel pieno del tema centrale di Sei personaggi in cerca d’autore, un tema assillante, che aveva ispirato anche La tragedia d’un personaggio, novella pubblicata nel 1911. In Colloqui coi personaggi si assiste addirittura alla misteriosa assunzione della madre, da poco morta, a personaggio, che fa pensare a una evocazione spiritica. Doveva risultarne, come si desume da una lettera del 1917 al figlio Stefano, «un romanzo da fare», di cui resta un frammento, in un «foglietto» pubblicato da Corrado Alvaro nel 1934⁵. Anzi, come si legge nella Prefazione al dramma del 1925, addirittura «un magnifico romanzo», che poi però non sarebbe stato scritto, mentre i personaggi, ormai vivi, non si rassegnavano ad essere rifiutati, allontanati, fino al punto da ossessionare continuamente l’autore, che non sapeva come liberarsene. Ad un certo punto, ci racconta quella Prefazione, da annoverarsi tra gli scritti più straordinari di Pirandello, nasce l’idea di una rappresentazione drammatica:
O perché – mi dissi – non rappresento questo novissimo caso d’un autore che si rifiuta di far vivere alcuni dei suoi personaggi, nati vivi dalla sua fantasia, e il caso di questi personaggi che, avendo ormai infusa in loro la vita, non si rassegnano a restare esclusi dal mondo dell’arte? Essi si sono già staccati da me; vivono per conto loro; hanno acquistato voce e movimento; sono dunque già divenuti di per se stessi, in questa lotta che hanno dovuto sostenere con me per la loro vita, personaggi drammatici, personaggi che possono da soli muoversi e parlare; vedono già se stessi come tali; hanno imparato a difendersi da me, sapranno ancora difendersi dagli altri. E, allora, ecco, lasciamoli andare dove sono soliti d’andare i personaggi drammatici per aver vita: su un palcoscenico. E stiamo a vedere che cosa ne avverrà.
La «commedia da fare», come recita il sottotitolo dei Sei personaggi, fu scritta nell’inverno 1920-21, nella residenza di via Pietralata, a Roma. Una volta finita, fu letta nel corso di una serata a casa di Arnaldo Frateili, a un piccolo gruppo di ascoltatori. Ed ecco una nuova incarnazione dello spettacolo che stupiva i muratori. Ricorda Frateili:
Fummo subito presi, sconvolti, storditi da quella lettura; sconvolti non solo dalla commedia, ma dalla passione che Pirandello metteva nel recitarla. Alla fine non so più che si disse: discutevamo come energumeni intorno a Pirandello diventato sorridente e tranquillo⁶.
Possiamo considerare quelle discussioni accese la prova generale di quanto sarebbe avvenuto alla prima, il 9 maggio 1921, al teatro Valle. Per tutto il corso della rappresentazione, applausi, fischi, grida. «La lotta tra plaudenti e disapprovanti», scrisse due giorni dopo il Frateili, «ha toccato intensità sonore mai raggiunte»⁷. Il pubblico, una volta uscito, non si disperse, ma aspettò l’autore. Pirandello dovè trattenersi quasi un’ora in teatro; quando comparve, con la figlia Lietta a braccetto, fu accolto da grida di «manicomio» e lanci di monetine. Riuscì a salire su un taxi, che si allontanò in fretta, mentre discussioni, scontri verbali e fisici persistevano e sarebbero durati tutta la notte.
Tanto aveva potuto, in spettatori che s’aspettavano tutt’altro, l’apparizione all’inizio della pièce non di una scena apparecchiata per la recita, ma di un palcoscenico «com’è di giorno, senza quinte né scena, quasi al buio e vuoto». Come è noto, il pubblico non ci mise molto a ricredersi. Nel settembre successivo, al Teatro Manzoni, i milanesi accolsero trionfalmente i Sei personaggi, che in seguito, di scena a Parigi, con la regia magica di Pitoëff, diffusero la fama dell’autore in tutta Europa e quindi nel mondo.
Il teatro, improvvisamente, rivelava se stesso a un pubblico di borghesi abituato a vederlo dissimulato, camuffato in quel che i naturalisti chiamavano la tranche de vie, un frammento della realtà. Protagonisti non uomini, ma personaggi, i quali rappresentano se stessi in un testo che «non ha atti né scene». Era l’inizio, come pensa Szondi⁸, del teatro epico, dell’opera che estrapola da sé la propria sostanza drammatica, quella propriamente aristotelica, e la trasforma in narrazione, facendo dello spettatore un osservatore che non resta coinvolto nell’azione scenica? Comunque li si voglia definire, è un fatto che i Sei personaggi hanno trasformato la percezione stessa del teatro, lasciando in ognuno di noi come un lungo brivido che si rinnova ogni volta che si alzi un sipario. Pirandello, ha scritto Ferguson, «vede la vita umana stessa in quanto teatrale [...] Egli inverte la convenzione del realismo moderno; anziché pretendere che il palcoscenico non sia affatto palcoscenico, ma il salotto familiare, pretende che il salotto familiare non sia reale, ma un palcoscenico contenente molte realtà
»⁹. È un modo tutto pirandelliano di rielaborare l’idea barocca della reciprocità e quasi intercambiabilità di mondo e teatro: quella per cui siamo contemporaneamente spettatori e personaggi di noi stessi, sempre, nell’una e nell’altra funzione, in cerca di autore. La vediamo, quell’idea, sigillata in uno straordinario sonetto di Pietro Metastasio, Sogni e favole io fingo; e pure in carte. La vita è rappresentata come un delirio in cui non facciamo che ingannare noi stessi, perché tutto, quel che scriviamo e quel che viviamo, è solo favola, sogno, o, se si preferisce, con un anticipo vertiginoso su una futura, solidale intuizione di Giorgio Manganelli, menzogna, come la letteratura. C’è una famosa affermazione di Pirandello, ben nota ai suoi lettori, secondo la quale la vita o si vive o si scrive. Di solito viene interpretata nel senso oppositivo: la congiunzione disgiuntiva avrebbe il senso dell’aut latino, per cui la vita ci sarebbe concesso o di viverla o di scriverla. Ma forse l’interpretazione può essere anche un’altra, la disgiunzione corrisponderebbe piuttosto a un vel: vivere, scrivere la vita, è più o meno la stessa cosa, perché l’arte è altrettanto vera, e altrettanto falsa, della vita stessa.
L’idea barocca, trapiantata su un palcoscenico di un qualunque teatro del presente, con gli attrezzi in mostra, l’apparizione del macchinista in «camiciotto turchino», tra il suono delle martellate e il progressivo, indolente arrivo degli attori per le prove, perde smalto, appare contemplata da dietro le quinte polverose, si borghesizza. È questo irrompere nel quotidiano di qualcosa che non sembra appartenergli, quasi una dimensione autre che all’improvviso si apra e si riveli, a sconcertare il pubblico. Eccoli, i personaggi, «certi signori», come li definisce l’usciere, che chiedono del Capocomico, il quale si rivolge loro chiamandoli, appunto, «lor signori». Sono, come sanno tutti i lettori di Pirandello, un Padre, sulla cinquantina, la Madre, «come atterrita e schiacciata da un peso intollerabile», la Figliastra, «sui diciott’anni», spavalda, «quasi impudente», bellissima e vestita a lutto, il Figlio, ventiduenne, «irrigidito