Timeless: Senza tempo
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La nobildonna tramava con le Case rivali per soddisfare le proprie brame, ma alla fine fu l’astuto Jarlaxle a ghermire la preda.
Ecco, dunque, i due momenti chiave del romanzo: l’unione di una nobile Matrona con un maestro d’arme da cui sarebbe nato Drizzt Do’Urden... e l’amicizia tra Zaknafein e Jarlaxle.
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Anteprima del libro
Timeless - R.A. Salvatore
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PERSONAGGI
Nel passato… tutti drow
CASA DO’URDEN
Matrona Malice Do’Urden: Giovane e feroce drow a capo di Casa Do’Urden. Ambiziosa e insaziabile, è decisa a salire la scala gerarchica dei quasi ottanta casati di Menzoberranzan per ottenere un giorno un seggio nel Consiglio Dominante riservato alle otto case più importanti.
Patron Rizzen Do’Urden: Consorte ufficiale di Malice, padre di Nalfein. È considerato un compagno terribilmente mediocre dall’ambiziosa matrona.
Nalfein Do’Urden: Figlio maggiore di Malice, maschio giovane con il rango più elevato del casato, è tutto ciò che ci si potrebbe aspettare dalla prole di Patron Rizzen.
Briza Do’Urden: figlia maggiore di Malice, dall’aspetto gigantesco e imponente.
Matrona Vartha Do’Urden: madre di Malice, morta un secolo prima.
CASA XORLARRIN
Matrona Zeerith Xorlarrin: Potente capo del quarto casato cittadino.
Horoodissomoth Xorlarrin: Mago del casato ed ex direttore di Sorcere, l’accademia drow per i praticanti della magia arcana.
Kiriy Xorlarrin: Sacerdotessa di Lolth, figlia di Zeerith e Horoodisoomoth.
CASA SIMFRAY
Matrona Divine Simfray: Governante di questo casato minore.
Zaknafein Simfray: Giovane e possente campione di Casa Simfray, con una sempre maggiore reputazione che lo posiziona tra i migliori guerrieri della città. Desiderato dall’ambiziosa Matrona Malice sia per migliorare Casa Do’Urden sia per il proprio piacere personale.
CASA TR’ARACH
Matrona Hauzz Tr’arach: Governante di questo casato minore.
Duvon Tr’arach: Figlio di Matrona Hauzz, maestro d’arme del casato, determinato a dimostrare il proprio valore.
Daungelina Tr’arach: Figlia maggiore di Matrona Hauzz e prima sacerdotessa di questo casato minore.
Dab’nay Tr’arach: Figlia di Matrona Hauzz, attualmente studentessa presso Arach-Tinilith, l’accademia drow per le sacerdotesse di Lolth.
CASA Baenre
Matrona Madre Yvonnel Baenre: Conosciuta anche come Yvonnel l’Eterna, la Matrona Madre Baenre è la guida indiscussa non solo del Primo Casato, ma dell’intera città. Se le altre famiglie si riferiscono alle proprie matrone chiamandole «matrona madre», in città quel titolo viene usato da tutti per indicare Yvonnel Baenre. È la più anziana drow vivente, e ricopre quella posizione di grande potere da più tempo di quanto chiunque a Menzoberranzan possa ricordare.
Gromph Baenre: Figlio maggiore della Matrona Madre Baenre, arcimago di Menzoberranzan, maschio più alto in grado di tutta la città e, a detta di molti, stregone più potente dell’intero Buio Profondo.
Dantrag Baenre: Figlio della Matrona Madre Baenre, maestro d’arme di questo grande casato, considerato uno dei migliori guerrieri della città.
Triel, Quenthel e Sos’Umptu Baenre: Tre figlie di Matrona Yvonnel, sacerdotesse di Lolth.
ALTRI DROW IMPORTANTI
K’yorl Odran: Matrona di Casa Oblodra, ragguardevole per l’abilità nell’uso di un’insolita magia mentale chiamata psionica.
Jarlaxle: Un furfante privo di casato che ha creato la Bregan D’aerthe, una banda di mercenari che in segreto offre servigi a molte casate drow, pur perseguendo in realtà i propri interessi.
Arathis Hune: Luogotenente di Jarlaxle e straordinario assassino. Entrato a far parte della Bregan D’aerthe dopo la caduta del suo casato, come molti altri membri.
Nel passato… razze diverse.
Drizzt Do’Urden: Nato a Menzoberranzan e fuggito dalle malvagie consuetudini della città. Guerriero drow, eroe dei territori settentrionali, e Compagno di Mithral Hall con i suoi quattro cari amici.
Catti-brie: Moglie umana di Drizzt, Prescelta della dea Mielikki, esperta nella magia arcana e in quella divina. Compagna di Mithral Hall.
Regis, noto anche come Ragno Parrafin: Halfling marito di Donnola Topolino. Compagno di Mithral Hall.
Re Bruenor Battlehammer: Ottavo re di Mithral Hall, decimo re di Mithral Hall, tredicesimo re di Mithral Hall, ora re di Gauntlgrym, un’antica città dei nani che ha bonificato insieme al suo clan. Compagno di Mithral Hall. Padre adottivo di Wulfgar e Catti-brie.
Wulfgar: Nato nella Tribù dell’Alce nella Valle del Vento Gelido, l’imponente umano è stato catturato in battaglia da Bruenor e in seguito è diventato figlio adottivo del re dei nani. Compagno di Mithral Hall.
Artemis Entreri: Antica nemesi di Drizzt, l’assassino umano può eguagliare il guerriero drow in battaglia. Ora fa parte della Bregan D’aerthe e considera amici Drizzt e gli altri Compagni di Mithral Hall.
Guenhwyvar: Pantera magica, compagna di Drizzt che la richiama al proprio fianco dal Piano Astrale.
Lord Dagult Neverember: Signore ufficiale di Waterdeep e lord protettore di Neverwinter. Uomo focoso e ambizioso.
Penelope Harpell: A capo degli eccentrici maghi noti come gli Harpell, che sorvegliano la città di Longsaddle dalla loro proprietà, Ivy Mansion. Penelope è una maga potente, mentore di Catti-brie e che occasionalmente ha frequentato Wulfgar.
Donnola Topolino: Halfling moglie di Regis, a capo della città halfling di Bleeding Vines. Proviene da Aglarond, nel lontano oriente, dove un tempo ha comandato una gilda di ladri.
Lady Inkeri Margaster: Nobildonna di Waterdeep, è considerata la leader del casato waterdhaviano di Margaster.
Alvilda Margaster: Stretta collaboratrice e cugina di Inkeri. Anche lei nobile di Waterdeep.
Brevindon Margaster: Fratello di Inkeri, altro nobile waterdhaviano.
PROLOGO
Anno della rinascita del Regno dei nani
Calendario delle Valli 1488
«M ia signora Zhindia», disse la demone lasciandosi dietro una scia di fanghiglia schiumosa mentre scivolava dal pentacolo di evocazione di Casa Melarn, l’Ottavo Casato della città drow di Menzoberranzan. In quel momento l’ancella Eskavidne aveva il suo aspetto naturale, un informe ammasso di fanghiglia che somigliava un po’ a una candela bruciata a metà, ma con dei tentacoli ondeggianti che si protendevano all’esterno simili a rami spogli che si agitano nel vento. Ogni parola pronunciata da quella grottesca creatura ribolliva di gorgoglianti suoni fangosi.
Già abbattuta a causa di recenti eventi, Matrona Zhindia Melarn non riuscì a nascondere sorpresa e trepidazione alla vista di una seconda ancella che compariva nel cerchio di evocazione, stavolta con l’aspetto di una bellissima drow, poco vestita e con un sorriso malizioso. Sorridevano sempre in modo malizioso, pensò Zhindia. Era una delle ragioni per cui amava molto quelle demoni yochlol.
«Yiccardia?» chiese. «Perché sei qui?».
«Mi hai chiamata tu», replicò la demone camuffata da drow.
«Io ho chiamato Eskavidne», insistette Matrona Zhindia. «Come mai ti sei…».
«Senza dubbio avrai saputo della… disavventura di Yiccardia», rispose Eskavidne in vece della sorella yochlol. Erano due delle Ancelle di Lolth, la Regina Demone dei Ragni, dea degli elfi scuri.
Zhindia accennò di sì con la testa: aveva sentito delle voci su una sconfitta di Yiccardia nel mondo della superficie.
Ma se erano vere, allora come poteva trovarsi lì? E come mai avevano risposto in due all’evocazione di un’ancella soltanto? Zhindia aveva di che riflettere. E preoccuparsi. Soprattutto alla luce delle proprie disavventure personali, Matrona Zhindia e il suo Casato dovevano usare cautela… in tutto. Avevano perso la loro reputazione e lei era diventata lo zimbello della città, fatto che rendeva furiosa l’orgogliosa matrona al punto da farla tremare di rabbia. Sapeva di trovarsi su una china molto scivolosa. Le matrone delle otto case principali, soltanto otto, facevano parte del Consiglio Dominante di Menzoberranzan, e adesso, a causa dei suoi disastrosi errori di valutazione e del fallimento rispetto alle sinistre attività della matrona madre della città, il suo casato era stato retrocesso a ultimo degli otto dominanti, con altre case ambiziose alle spalle pronte ad approfittare di quel momento di vulnerabilità per usurparle il ruolo. Perché per tutte le matrone delle decine di case di Menzoberranzan lo scopo era uno soltanto: fare parte del Consiglio Dominante.
Una posizione a cui Matrona Zhindia non intendeva rinunciare.
E adesso non una ma due potenti demoni le stavano di fronte nella sua camera delle evocazioni, una addirittura non chiamata da lei, e dovette chiedersi se avrebbe avuto la possibilità di mantenere il proprio status.
«Dimmi, ti prego, Matrona Zhindia, cos’hai sentito?» chiese Yiccardaria.
Mentre la sorella parlava, Eskavidne agitò i tentacoli e, tra lampi neri di magia demoniaca, assunse forma di drow, mandando schizzi di fango abissale per tutta la stanza.
Zhindia ruotò su se stessa allontanandosi di scatto, pensando di essere stata aggredita, ma poi pulì le gocce di fango dal viso e osservò la dispettosa yochlol che se ne stava nuda e imperturbabile con una mano sul fianco.
«Cosa sta succedendo?» osò domandare Zhindia.
«Cos’hai sentito dei problemi di mia sorella?» chiese di nuovo Eskavidne.
«Già, mi rattrista che tu non mi abbia chiamata direttamente», intervenne Yiccardaria, spostandosi per mettersi accanto all’altra demone appoggiandole una mano sulle spalle di una delicatezza splendida.
«Avevo sentito dire che eri stata sconfitta e per questo bandita nell’Abisso per un secolo», replicò Zhindia.
Yiccardaria sospirò, il fiato che sapeva un pochino di fango.
Eskavidne ridacchiò. «Sconfitta», disse. «Presa ripetutamente a pugni. Pestata e ridotta a un ammasso di escrementi dalle mani di un semplice umano».
Yiccardia emise un altro sospiro e assestò una pacca sulle spalle della sorella demone. «Non era un semplice umano», insistette. «Era un monaco, il famoso Granmaestro dei Fiori del Monastero della Rosa Gialla in un territorio chiamato Damara. Semplice umano? Quell’uomo, Kane, ha superato la spirale mortale che un tempo lo contrassegnava come umano. Ora lui è…»
«Oh, sai tutto di lui… adesso», la canzonò Eskavidne.
«Perché intendo vendicarmi, con grande cura e pazienza».
«Questo non mi riguarda», sentenziò Matrona Zhindia, riprendendo il controllo della situazione. Ricordò a se stessa che per avere a che fare con i demoni, persino con le ancelle della dea, bisognava mantenere la fiducia in se stessi. «Perché sei qui?».
«Ah, non ti riguarda?» sbottò stizzita Yiccardaria. «La situazione di Drizzt Do’Urden non ti riguarda?».
Il lampo negli occhi di Matrona Zhindia smentì l’espressione calma del suo viso solo a sentir menzionare il drow eretico, lo stesso che aveva condotto l’attacco alla sua casata in cui era stata uccisa sua figlia. Anche Zhindia era quasi caduta sotto le lame di Drizzt, per essere umiliata, schiaffeggiata e spintonata da uno degli alleati dell’eretico.
Ed era presente anche Yiccardaria, nella sua stanza, mentre lei veniva umiliata. Aveva guardato… senza fare niente.
«Perché sei qui?» chiese Zhindia per la terza volta, lo sguardo pieno di odio fisso su Yiccardaria mentre ricordava quel giorno terribile.
«Perché hai evocato me», spiegò Eskavidne. «La barriera tra il Buio Profondo e l’Abisso si è assottigliata, e così la nostra Regina Ragno ha deciso che mia sorella poteva sconvolgere la messa al bando di un secolo, ma solo accompagnando prima un’altra ancella in questo luogo».
«Evocando Eskavidne mi hai liberata», aggiunse Yiccardia con un inchino aggraziato. «E per questo sono in debito con te».
«Come eri in debito con me quando hai consentito a quell’abominio di picchiarmi nelle mie stanze private?» replicò d’impulso Zhindia, senza riflettere. Dopotutto si stava riferendo a Yvonnel, la drow che molti ritenevano essere l’avatar della stessa Lolth nel mondo di Toril.
«Sei sufficientemente esperta dei metodi di Lolth da comprendere la mia posizione in quel momento», fu tutto quello che la demone si sprecò a risponderle. «Mi limitavo a osservare, secondo i desideri della dea, e a proteggere… te».
«Tu stavi dalla parte di Yvonnel», insistette Zhinda.
«La calmavo».
«Lei…».
«… non è affare che ti riguardi», intervenne Eskavidne mettendo fine alla discussione.
Matrona Zhindia si umettò le labbra improvvisamente asciutte. Chi era poi quella Yvonnel Baenre? Sapeva che era figlia di Gromph Baenre, un tempo arcimago di Menzoberranzan, e di un’inutile sciocca di nome Minolin Fey, e c’era stato gran rumore e voci insistenti secondo cui la stessa Lolth si fosse recata personalmente da Minolin incinta e avesse benedetto la bambina.
Tuttavia Zhindia non credeva affatto a quella storia, anche se non poteva negare che Yvonnel Baenre fosse straordinaria. Chiamata come la più grande matrona madre che Menzoberranzan avesse mai avuto, quella bambina era diventata una donna adulta, con innegabili raffinatezze e poteri magici.
Di certo la curiosità di Zhindia era stata stuzzicata – non più del suo odio per Yvonnel, peraltro, ma in quel momento non osò insistere sull’argomento.
«Ti ho evocata per parlarti di mia figlia», disse a Eskavidne.
«Ne sei sicuro?» chiese per la terza volta la Matrona Madre Quenthel Baenre.
Stavolta suo fratello Gromph non perse tempo a risponderle e si limitò a sbuffare indignato.
«Zaknafein Do’Urden, il padre di Drizzt, è stato sottratto dalla tomba e riportato in vita», disse Quenthel a occhi bassi, parlando più tra sé che al fratello. «Se è stata Lolth a liberare Zaknafein dalla morte, quale è stato il motivo? E se non è stata Lolth, chi allora?». Alzò lo sguardo verso Gromph e domandò: «La falsa dea Mielikki?».
Il mago riuscì a stento a trattenere una risata per il modo in cui la sorella aveva sentito il bisogno di specificare «falsa». Mielikki non era una divinità inferiore a Lolth, ovviamente, e quelle piccole allusioni servili lo avevano sempre divertito, dato che si considerava superiore alle misere diatribe su quale fosse la dea più importante.
«Non ho trovato indicazioni né in un senso né nell’altro», rispose infine. «Anche se in verità non mi sono impegnato molto. In fondo, è un aspetto davvero minore».
«Tuttavia hai ritenuto necessario venire nella mia stanza del trono a informarmi», replicò Quenthel, le labbra che si incurvavano in un ghigno.
«Mi hai chiesto di eventi insoliti in superficie. Questo è un evento insolito. Quarto in una lista di quattro, avrai notato, dopo la costruzione della Torre Arcana, i portali di teletrasporto nelle città dei nani, e i progressi nella realizzazione del villaggio degli halfling e il relativo collegamento con la fortezza nanica di Gauntlgrym. Non avrei posizionato per ultima la notizia del ritorno di Zaknafein se l’avessi considerata di grande importanza».
«Tuttavia, delle quattro, è proprio quest’ultima notizia la più importante per Lolth», lo rimproverò la matrona madre. «È l’unica che ci offre indizi sul volere della dea, probabilmente, e su cosa si aspetta da noi in proposito».
Gromph si strinse nelle spalle come se la cosa non contasse affatto… perché per lui era così. In superficie, era stato testimone di una creazione quasi divina nella rinascita della Torre Arcana dell’Arcano, ma nella cosa non era coinvolta la Regina Ragno né alcuna altra divinità. Sfruttando il primordiale del fuoco intrappolato nella fossa di Gauntlgrym, Gromph e altri stavano realizzando una torre vivente, un magico tronco d’albero cavo in pietra di dimensioni enormi e dalla bellezza soprannaturale che riecheggiava gli spaventosi poteri di una bestia tanto antica, e per molti aspetti formidabile, quanto un dio.
Sarebbe stato lui a condurre ricerche e studi nella Torre Arcana, espandendo la propria mente e il proprio potere. Un tempo, aveva creduto che essere l’arcimago di Menzoberranzan sarebbe stato il vertice dei suoi successi, ma ormai aveva scoperto nuovi orizzonti.
Cosa poteva importargli, in verità, di un semplice spadaccino di nome Zaknafein Do’Urden?
«È un bene che attualmente l’arcimago di Menzoberranzan sia Tsabrak Xorlarrin», stava dicendo la matrona mentre nella mente di lui passavano tutti quei pensieri.
In apparenza per punzecchiarlo.
Ma Gromph condivideva quell’affermazione. Meno tempo trascorreva in quel luogo, meglio era per lui. In realtà avrebbe evitato di andarci in assoluto, ma sapeva che se non avesse diligentemente riferito le novità alla Matrona Madre Quenthel lei avrebbe causato problemi a lui e alla sua torre in costruzione.
In quel momento le grandi porte della sala del trono di Casa Baenre si spalancarono, e dal lato più lontano della stanza lunga e stretta entrarono tre femmine drow, tutte meravigliosamente vestite con un abbigliamento che indicava la loro posizione elevata tra le famiglie della città.
«Orbene?» chiese impaziente Quenthel all’avvicinarsi del terzetto.
La drow nel mezzo, che pareva una versione più alta della matrona madre, sbuffò e scosse la testa. «Nulla», disse. «Nessuno tra le ancelle e gli altri demoni che abbiamo contattato ha una spiegazione per il ritorno di Zaknafein Do’Urden. Semplicemente è così, non ci sono indizi in merito».
Le sopracciglia aggrottate di Matrona Quenthel mostrarono al perspicace Gromph che lei non aveva mancato di notare la scortesia nella risatina di loro sorella Sos’Umptu o della mancanza dell’uso del titolo appropriato nel rivolgersi a lei. Gromph considerava tipico dell’arrogante Sos’Umptu non mostrare mai lealtà a nessuno che non fosse Lolth. Lui la detestava più di tutti gli altri suoi fratelli e sorelle.
«E neppure su chi sia stato?» chiese la matrona madre.
«Neppure quello», replicò Sos’Umptu. «L’unica emozione dietro le risposte che ho raccolto dai molti demoni che ho interrogato è stata l’indifferenza. Persino dalle ancelle, il che significa che o alle yochol erano state date istruzioni affinché non se ne interessassero o che davvero non se ne interessavano proprio».
«Dunque la resurrezione di Zaknafein non è stata opera di Lolth», rifletté ad alta voce Quenthel.
«Non ha detto questo», si sentì in dovere di specificare Gromph, alquanto compiaciuto.
La matrona madre gli lanciò un’occhiataccia, ma poi fece una smorfia e cancellò lo sguardo severo mentre assimilava meglio le parole esatte della sorella. E le implicazioni dell’accurata replica di Gromph.
«La Regina Ragno ci dà sempre misteri da risolvere», commentò Quenthel.
«O magari davvero non ha importanza», intervenne Matrona Zeerith, la più anziana del trio, seduta comodamente su un morbido cuscino posto su un magico disco fluttuante. Quando Quenthel la guardò, fece un mezzo inchino da seduta.
«Ci sono altre questioni che richiedono la nostra immediata attenzione», spiegò Zeerith. «Il nome di Drizzt verrà presto dimenticato, o sarà opportunamente infangato da quanti di noi l’hanno visto al fianco di nani ed elfi di superficie contro la sua stessa gente. Non è un eroe per Menzoberranzan, nonostante gli sforzi di quella strana giovane creatura che tu hai chiamato Yvonnel».
Sul volto di Quenthel si dipinse un’espressione rassegnata, quindi, mentre Zeerith finiva di parlare, spostò lo sguardo da Gromph alla terza drow, Minolin Fey. Erano i genitori di Yvonnel, anche se Quenthel (e molti altri, Gromph ne era consapevole) non riusciva a capire come una tontolona come Minolin Fey avesse potuto avere una figlia così speciale. Gromph non poté che annuire a mo’ di risposta rivolto alla potente sorella, perché a dire il vero neppure lui riusciva a comprendere la cosa. Minolin era stata un giocattolo per lui, niente di più. L’idea che da quel gioco fosse nato un essere straordinario come Yvonnel lo lasciava stupefatto al pari di chiunque altro, anche se ovviamente lo considerava una dimostrazione della propria superiorità.
«Drizzt è stato un canale di grande energia, quella della mente alveare degli illithid, niente di più», concluse Matrona Quenthel, con un tono che indicava chiaramente che voleva avere l’ultima parola su quell’argomento particolarmente fastidioso. «Peccato che non ne sia stato consumato come è accaduto all’altro eretico che gli stava accanto a incanalare l’energia degli illithid».
Gromph annuì, ma in cuor suo non era d’accordo. Zeerith Xorlarrin era nota come grande amica dei maschi di Menzoberranzan, e lei e il suo casato erano i più liberali riguardo alla posizione sociale dei maschi drow. Ma neppure lei apprezzava la forza delle idee di Drizzt, né il fatto che il suo nome venisse sussurrato nelle taverne di Stenchstreets, le «strade fetide», e lungo le mura esterne dei palazzi, dove i maschi drow andavano avanti e indietro schiavizzati dalla gerarchia femminile.
O forse invece sapeva e capiva, pensò Gromph quando Zeerith gli rivolse un sorrisetto, e forse la sua affermazione sul fatto che Drizzt sarebbe stato presto dimenticato era soltanto a beneficio di Quenthel e soprattutto di Sos’Umptu, quell’incubo di zelota di Lolth di sorella.
«Dunque passiamo alle altre questioni di maggiore importanza», riprese l’anziana Zeerith. «Al prossimo Consiglio, Casa Do’Urden verrà ufficialmente rinominata sotto Casa Xorlarrin?».
«Lo sarà, Matrona Zeerith Xorlarrin», convenne la Matrona Madre Quenthel. «È la tua casa, adesso, controllata militarmente dalla tua famiglia, dunque dovrebbe apertamente portare il vostro nome, un nome che incute paura nel cuore dei nostri nemici comuni. E starete nel Muro Ovest o tornerete alla vostra abitazione di un tempo?».
«Staremo in entrambe, se ciò ti aggrada».
«Prendete come dimora il vecchio complesso», decise Quenthel stupendo tutti i presenti. «Tenete come vostra Casa Do’Urden, per il momento, ma sarà un bel premio per un casato che deciderò di elevare a più alto grado».
«E a questo riguardo…» disse Zeerith.
«Matrona Byrtyn Fey non ostacolerà la vostra ascesa a un posto più prestigioso all’interno del Consiglio Dominante», l’interruppe Minolin Fey, parlando a nome di sua madre.
L’intervento fece accigliare Zeerith, e a Gromph non sfuggì che quell’espressione indicava incredulità e mancanza di rispetto. Minolin aveva parlato come se in proposito esistesse possibilità di scelta. Se Casa Fey-Branche si fosse rifiutata, per Casa Xorlarrin non sarebbe stato un problema eliminare tutti i nobili di quel casato.
«E così io sarò a capo della Quinta Casa di Menzoberranzan, quando in precedenza noi di Xorlarrin eravamo al terzo posto», disse Zeerith.
Prima che tu provassi stupidamente a conquistare Gauntlgrym e a dare vita a una tua città, pensò Gromph, ma non era abbastanza sbruffone da dirlo ad alta voce.
«Salirai di grado, ne sono certa», replicò la matrona madre. «Ma per il momento ho bisogno della stabilità e dell’alleanza delle due case sopra di te».
«Sì, hai la forza e l’alleanza di cinque dei principali sei casati dominanti», assentì Zeerith. «Ma ti imploro di fare attenzione, perché molti altri si sono legati a Matrona Mez’Barris della Seconda Casa».
«La città è divisa», convenne la matrona madre.
«E matura per la guerra civile», aggiunse Zeerith.
«Non accadrà», intervenne Sos’Umptu. «I numerosi demoni rimangono, e servono Lolth al di sopra di ogni altro: Casa Baenre continua a godere del favore di Lolth».
«Non ci sarà unità», ammonì Zeerith.
«Io custodisco i ricordi della più grande Matrona Madre di Baenre, Yvonnel l’Eterna», le rammentò gelida Quenthel, e non era una posa, notò Gromph. Lì sua sorella aveva il pieno controllo, e mostrava grande fiducia nelle proprie decisioni.
«Ricordo la fondazione di questa città», continuò Quenthel. «Vividamente. Non c’è mai stata unità, e non ci sarà mai. E sì, dobbiamo essere caute nella nostra cospirazione, ma lo stesso vale per Matrona Mez’Barris. E anche di più, direi, considerato che le Case immediatamente dietro la sua non sono insignificanti».
«Inclusa la mia», disse Zeerith, e Quenthel annuì e sorrise, e a Gromph parve quasi un invito a entrare in guerra rivolto a Zeerith.
Quasi.
«Dunque hai sentito della richiesta di reintegrazione di Casa Oblodra?» osservò Zeerith con una certa noncuranza, ma era chiaro che avesse tenuto per ultima la notizia più ghiotta, che fece sentire a disagio Quenthel. «Dopo il salvataggio della mente alveare contro Demogorgon, non avresti potuto prevederlo?» continuò Zeerith, gustandosi ogni parola in modo evidente.
«La grande Matrona Madre Yvonnel Baenre – mia madre, la vostra alleata – ha abbandonato Casa Oblodra nella Faglia Uncinata grazie al potere di Lolth», intervenne Gromph, che di certo non voleva che quel Casato venisse reintegrato. Stava imparando la magia oblodrana dall’unico esponente sopravvissuto, per quanto si sapeva, e gli piaceva molto l’idea di avere il vantaggio di possedere abilità così rare tra i suoi simili. «O ve ne siete dimenticata?».
«No di certo!» esclamò Zeerith. «Ma sono in molti ad avere dimenticato o a non avere mai saputo, o a cui praticamente non importa in questo momento di incertezza e pericolo. Nonostante la loro eresia, a Casa Oblodra possedevano insoliti poteri magici che sono stati molto utili a Menzoberranzan nella lotta contro Demogorgon. È innegabile».
«Ho udito le voci», disse Quenthel, con un tono talmente imperioso che persino Gromph si trattenne dal replicare a Zeerith. «E sono state smentite. L’alveare degli illithid ci ha aiutati a combattere contro Demogorgon, è vero, ma a quel che resta di Casa Oblodra non verrà rivolto alcun invito a riprendere un posto di potere a Menzoberranzan».
Matrona Zeerith rivolse a Gromph un’occhiata circospetta in cui lui lesse grande diffidenza. Aveva operato a fianco degli illithid nell’azione contro Demogorgon. Aveva percepito la forza di quell’incantesimo psionico, e in realtà aveva anche collaborato a incanalarlo e aggiunto la propria energia. E lo stesso valeva per il potente luogotenente psionico di Jarlaxle, Kimmuriel Oblodra, della summenzionata casa di Menzoberranzan ora distrutta. Ovviamente Gromph era alleato di Casa Baenre, e pure Jarlaxle, e per questo Matrona Madre Quenthel aveva a disposizione il maggiore e più forte contributo di tutta Menzoberranzan di quell’insolita magia mentale definita psionica.
Quenthel non intendeva rinunciare a quel vantaggio. Zeerith ne era consapevole e Gromph se ne accorse, e nonostante la simpatia che provava per Zeerith, paladina dei maschi, non poté non essere piacevolmente stupito da come sua sorella gestiva bene la cosa.
Fu in quell’istante che lui si rese conto di essere ancora legato alla sua patria, a Menzoberranzan, e, con maggiore importanza e intimità, a Casa Baenre. A dispetto di tutte le proteste e le lamentele e le pose quasi eretiche, Gromph rimaneva comunque il figlio maggiore di Casa Baenre.
Negli ultimi anni non si era accorto che gli importava che il suo Casato restasse il primo di Menzoberranzan, non fino a quel momento.
«Ti prego di andare, ora, Matrona Zeerith», disse all’improvviso Matrona Madre Quenthel. «Pianifichiamo ciascuna da sé i migliori sistemi per riportare Casa Xorlarrin al suo giusto posto senza invocare una guerra o perdere l’alleanza con la Terza e la Quarta Casa».
«E riguardo a questo campione risorto, visto che è stato sollevato l’argomento?» domandò Zeerith in tono alquanto brusco.
«Niente», replicò Quenthel. «Lady Lolth non ha richiesto che catturiamo Zaknafein, dunque non gli riserveremo maggiore attenzione di quella che merita un piccolo nobile di un casato distrutto. E lo stesso vale per suo figlio, l’eretico Drizzt. Una volta finito con lui qui nella battaglia contro Demogorgon, Yvonnel decise di lasciarlo andare perciò, anche noi, lo lasceremo andare. Se n’è andata pure lei, e probabilmente vicino a lui. Se alla fine deciderà di ucciderlo, così sia. Altrimenti, lui per noi non conta nulla. Era una lancia, e quella lancia è stata scagliata e ha colpito il bersaglio».
Matrona Zeerith rimase seduta con aria imperiosa per alcuni istanti, senza battere ciglio, senza staccare lo sguardo da Matrona Madre Quenthel. Stava evidentemente valutando la formidabile matrona che inaspettatamente era diventata Quenthel, pensò Gromph.
«Ritengo che tu abbia deciso bene, Matrona Madre», disse Zeerith con un altro mezzo inchino. «Le nostre azioni non possono far adirare la Regina Ragno. Se cambiassi idea, o se ti servisse qualcosa da Casa Xorlarrin, sappi che saremo pronti a rispondere alla chiamata».
«Non mi aspetto di meno. E neppure Lady Lolth».
Zeerith si inchinò di nuovo e mise in moto il suo disco magico, fluttuando verso l’uscita.
Gromph frenò il desiderio di applaudire sua sorella, e tentò anche di nascondere la propria gioia per il fatto che avesse deciso di non entrare in guerra a causa di Drizzt o di Zaknafein. Gromph non voleva un confuso conflitto tra Gauntlgrym e Menzoberranzan. Non in quel momento. Non quando la Torre Arcana stava crescendo grandiosa e incantevole e lui aveva così tante cose da esplorare nell’ambito della magia e della magia psionica!
Dall’altra parte della città, Matrona Zhindia Melarn ribolliva di rabbia impotente.
«Non c’è nulla», spiegò Eskavidne. «Tua figlia è stata rimossa per sempre. Non esiste un’anima da far risorgere».
La matrona fece una smorfia. Aveva recuperato la maggior parte delle sacerdotesse, ma non la sua unica figlia, l’erede al trono di Melarn. Perché Yazhin era stata uccisa dalla stessa arma che aveva tolto la vita a Jerlys Horlbar, la madre di Zhindia: un pugnale crudele e malvagio impugnato da un amico umano di Drizzt Do’Urden.
Ed Eskavidne aveva semplicemente confermato quanto lei già sapeva: se si veniva uccisi dalla lama di Artemis Entreri non restava nessuna anima da poter far risorgere.
«Senza dubbio sarai felice di questa notizia», disse Zhindia alla sacerdotessa che aveva chiamato al proprio fianco, Kyrnill, la prima di Casa Melarn. L’accusa rimase nell’aria, poiché un tempo Kyrnill era stata matrona di Casa Kenafin, e aveva accettato di servire Zhindia a seguito della fusione dei due casati (ma soltanto, ed era chiaro a entrambe, perché non si sarebbe mai aspettata che Zhindia sopravvivesse a lungo).
«Perché dici una cosa simile, Matrona?» replicò Kyrnill.
«Non fingere ignoranza con me», ribatté Zhindia.
Kyrnill guardò le due yochol, che ridevano e annuivano.
«Molto bene», disse Kyrnill. «Avevi intenzione di elevare di rango sopra di me Yahzin, in modo che presto diventasse prima sacerdotessa del casato e ti succedesse al trono di Casa Melarn».
«E questo ti disturbava?» domandò Eskavidne.
La ex matrona rise. «No. Alla fine, la scelta non sarebbe stata mia né di Matrona Zhindia. Noi ci atteniamo a ciò che decide Lolth».
«Saggia risposta», commentò la sempre tagliente Zhindia.
«Matrona, io ti ho servito bene», replicò Kyrnill. «Quando le nostre case si sono unite, è ovvio che ho desiderato di diventare la Matrona di Melarn. Ma Lolth ha deciso altrimenti, e perciò io accetto il mio ruolo».
«È un ruolo che garantisce il favore della Regina Ragno», le assicurò Eskavidne. «A entrambe voi».
«Un favore così grande che siamo state invase dall’eretico e dai suoi amici ribaldi», si lagnò Zhindia. «Un favore così grande che io sono di nuovo senza figli, e dopo tutti gli sforzi fatti per crescere Yahzin in modo consono a una matrona di Melarn».
«Tutto per un motivo», intervenne Eskavidne.
«Commento curioso per un’ancella della Signora del Caos», osservò Zhindia.
«Il caos è il motivo», replicò immediatamente il demone. «E adesso la tua casa è indebolita e tu hai perso terreno, mentre la Matrona Madre Quenthel rafforza la stretta sulla città».
«Matrona Zeerith Xorlarrin», ringhiò Zhindia. Zeerith Xorlarrin era in cima alla lista delle drow che detestava. E adesso la sua Casa era tornata, o l’avrebbe fatto presto, a sostituire Casa Do’Urden, contro cui Zhindia aveva mosso guerra, e perduto.
«Sei pronta a capitolare?» chiese Eskavidne, parole che colpirono come saette le due potenti sacerdotesse in piedi davanti a lei, entrambe con un’espressione sconvolta.
«In questa ora buia per Casa Melarn, siete pronte ad abbandonare ciò che vi ha portato grandezza?» continuò Eskavidne. «Siete le più pure seguaci di Lolth su Toril. Questo per voi non ha più importanza?».
«Cosa stai dicendo?» s’informò Kyrnill.
«Cosa stai offrendo?» intervenne Matrona Zhindi riformulando la domanda in modo corretto.
«Ci sono giunte alcune informazioni», rispose Yiccardaria. «Il padre di Drizzt è stato strappato al suo eterno riposo e riportato al fianco del figlio. Lui che un tempo era stato fatto risorgere sotto la schiavitù di Zin-carla, ha in qualche modo avuto una grande ricompensa. Molti sostengono che sia un affronto a Lolth, e che sarà benedetta colei che porrà rimedio a questa odiosa eresia».
Zhindia e Kyrnill si scambiarono occhiate interessate.
«Molti sostengono?» domandò Zhindia.
«Non spetta a noi dire di più», riprese Yiccardaria. «I misteri del mondo sono il modo in cui la Regina Ragno stabilisce quali siano i suoi seguaci più leali e preziosi».
«Lady Lolth richiede intelligenza, non semplice obbedienza», aggiunse Eskavidne. «Alcuni potrebbero considerare l’accaduto come un segno evidente del fatto di dovere intervenire, ma altri forse riterranno che questa non sia una questione urgente».
«La matrona madre ne è al corrente?» chiese Zhindia.
«Certo», rispose Yiccardaria. «Così come è al corrente del fatto che la stessa Lolth ha affrontato l’eretico Drizzt nel mondo della superficie, e che la dea non lo ha distrutto».
«Perché?». Nella domanda quasi isterica di Zhindia risuonava un profondo stupore.
Entrambe le ancelle ridacchiarono.
«D’accordo. Allora chi ha riportato il padre a Drizzt?».
«Misteri», tubò Yiccardia.
«Un’intera rete di misteri», aggiunse Eskavidne.
Kyrnill si mosse come se stesse per dire qualcosa, ma Zhindia, assorta nei propri pensieri, con un gesto della mano zittì quella sciocca.
«Una rete, già», disse la matrona di Casa Melarn. «Siamo benedette che Lolth ci abbia donato questa grande rete di intrighi, in modo che possiamo dipanare i divini misteri e darle grande piacere». Il suo sorriso si fece più ampio mentre annuiva.
«La rete di Drizzt, l’eretico, che porta caos, splendido caos, per il solo fatto di esistere», continuò. «E quando quel caos si è attenuato, Matrona Madre Quenthel ha preso un filo di quella rete e ha creato una guerra nelle Marche d’Argento, e mandato Casa Xorlarrin a conquistare le antiche rovine di Gauntlgrym».
Zhindia guardò le yochol, che però rimasero impassibili, lasciando che fosse la matrona a svelare la storia. «Quei fallimenti hanno messo in pericolo l’ordine di Menzoberranzan», ragionò. «Pertanto Matrona Madre Quenthel prese un filo di quella seconda rete e ne intessé una terza».
«Riempiendo di demoni le strade di Menzoberranzan», intervenne Kyrnyll, e Zhindia annuì entusiasta. «Ulteriore splendido caos, certo, ma che ha portato la matrona madre ad aumentare la stretta sulla città».
«E ha condotto il grande Demogorgon alle porte di Menzoberranzan», rammentò loro Yiccardaria.
«E così Yvonnel ha preso un filo della rete di Matrona Madre Quenthel e ne ha creata un’altra», aggiunse Zhindia, gli occhi scintillanti per l’eccitazione. «Per usare l’eretico Drizzt e gli illithid – gli illithid! – per abbattere Demogorgon, fatto che ovviamente ha compiaciuto molto Lolth, la sua più grande rivale. Oh sì, la Regina Ragno deve essersi proprio goduta lo spettacolo del suo popolo che riduceva il grande Demogorgon a un ammasso di fanghiglia tremolante».
«Magari è per questo che ha consentito a Drizzt di vivere», fece notare Yiccardaria.
«L’ha detto lei?».
L’ancella ridacchiò di nuovo. «L’avesse detto lei, la mia sarebbe stata un’affermazione, non un’ipotesi».
«Era un’allusione, quindi?» chiese Kyrnill.
«No», rispose Zhindia con fermezza. «Quale gioia avrebbe portato a Lolth tutto questo? L’eretico vale meno di un respiro della dea, con cui potrebbe spegnere la sua vita. No, lei ci ha dato una rete, con dei fili da tirare, ammesso di essere abbastanza sagge da capire come fare».
«Il suo modo di agire è sempre questo, Matrona Zhindia», convenne Yiccardaria.
«È questa la sua bellezza», aggiunse Eskavidne.
«Dunque, per essere chiare, la Regina Ragno non ha emesso alcun editto riguardante l’eretico Drizzt o il suo risorto padre?» domandò Zhindia. «Non ci offre alcuna guida in proposito?».
«Che pessima rete sarebbe se fosse facile orientarsi?» chiocciò Yiccardaria.
Il petto di Zhindia si sollevò per l’esultanza e l’aspettativa. Per quanto riusciva a capire, due ancelle di Lolth, i consiglieri più vicini e fidati della Regina Ragno, la voce di Lolth all’orecchio delle sue devote sacerdotesse, le avevano appena dato il permesso di reagire contro quel drow farabutto che aveva colpito al cuore il potere di Casa Melarn e lasciato lei senza una figlia.
Avrebbe scovato quella nuova rete di intrighi, e trovato un filo da tirare.
Dopo di che, avrebbe intessuto una rete tutta sua.
PARTE 1
Echi del passato
Non si è in grado di vedere reti e tele nel Buio Profondo. Ti accorgi della loro presenza troppo tardi, quando ti solleticano e ti punzecchiano, e magari urli di paura o di disgusto un attimo prima di morire.
Ma non le vedi.
Non quelle dei ragni, né di altre creature che tendono trappole per sciocchi ostinati che si avventurano in luoghi estranei.
E sono in pochi ad appartenere al Buio Profondo. E quelli che ci vivono considerano l’oscurità un alleato nei loro perfidi tranelli.
Qui i nani duergar spaccano e addentano la pietra, roteando picconi con la forza dell’odio. Sempre a grugnire, sempre a imprecare, ogni scintilla del metallo sulla pietra rivela volti grigi fissi in un perpetuo cipiglio minaccioso.
Qui i mostruosi pescatori delle caverne gettano le loro lunghe lenze, pronti a ghermire un visitatore incauto e a trascinarlo su per il dirupo fino a delle fauci spalancate, mentre si dimena inutilmente in modo pietoso.
Qui si rintanano gli immensi colossi di terra, nella pietra, nella carne… non fa differenza.
Qui i funghi giganti si riuniscono e tramano catastrofi.
Qui le ombre vive, senzienti, svolazzano rapide qua e là, gelide dita pronte a strangolare qualunque cosa possieda il calore della vita.
Qui chi sta in agguato si finge parte del suolo. Qui mostri con pungiglioni stanno sospesi tra le stalattiti. E chiunque venga individuato da uno o l’altro avrà l’impressione che lo stesso Buio Profondo si sia sollevato a divorarlo.
Sotto molti punti di vista, non sarebbe un’idea errata.
E poi chi viene catturato, come molti altri prima di lui, muore, inghiottito dalle ombre.
Perché il Buio Profondo è questo, un luogo dove le ombre sono così strette assieme da non poter essere definite ombre, dove