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In fila indiana
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E-book251 pagine3 ore

In fila indiana

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Info su questo ebook

A Milano, alcuni alti dirigenti di una grossa società stanno organizzando una grandiosa truffa ai danni della società di appartenenza.
Nel frattempo viene nominato un nuovo Direttore Finanziario della Holding, la cui nascosta passata esperienza nel campo delle truffe e dei raggiri, fa nascere più di qualche sospetto sull’operato dei dirigenti corrotti, portandolo a iniziare una sua personale indagine.
A Roma, in Vaticano, il vice-segretario della Congregazione delle Cause dei Santi  si imbatte casualmente in una pratica abbandonata relativa ad un processo di beatificazione. 
Nel corso di una missione presso una testimone di un probabile miracolo di resurrezione di un bambino nato morto, il sacerdote incontra casualmente il Direttore Finanziario, che assiste casualmente all'interrogatorio della teste.
Tra i due si sviluppa un aspro confronto sull'attendibilità del miracolo, ma soprattutto su modi diversi di intendere la spiritualità e la religiosità relative alla specifica causa di beatificazione.
LinguaItaliano
Data di uscita19 nov 2018
ISBN9788829539147
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    Anteprima del libro

    In fila indiana - Riccardo Mazzei

    INDIANA

    Riccardo Mazzei

    ROMANZO

    ©  Riccardo Mazzei 2017

    Diritti riservati in tutto il mondo

    È vietata la pubblicazione in toto o anche parziale senza l’autorizzazione scritta dell’Autore.

    Copertina di Emiliano Panella

    1 edizione

    Quanto narrato in questo libro è opera di fantasia. Ogni riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    A mia madre

    a mia moglie

    ai miei figli

    a mio nipote.

    Lista dei personaggi

    Personaggi principali ed eventuali società di appartenenza:

    Società Alcoach Ent. Ltd Italia (capogruppo)

    Dott. Franco Caucciù Amministatore Delegato e Direttore Generale

    Ing. Vito Franco Responsabile Security

    Alcamo Costruzioni società di ingegneria

    Dott. Aldo Pazienza Amministratore Delegato

    Dott. Mario Pennisi Direttore Generale

    Dott. Arnaldo Maria Panza CFO

    Ing . Dotto Carrano capo del Procurement nonchè capo della Infrared srl

    Ing. Rita Ciotti capo Operation

    Ing. Folco Squillaci capo Progettazione

    Avv. Samuele Improta capo Servizio Informatica

    Fire & Water società di generazione

    Ing. Raffaello Vergnano AD

    Ing. Vito Sportiello capo Ingegneria

    Ing. Luigi De Masto capo Esercizio impianti di produzione

    Pamperos Ag fornitrice dei turbogas

    Vigano Wurstdel AD e DG

    Manfrit Sarluis direttore commerciale

    Alonzo Vieira direttore tecnico

    Baltasar Wülfing consulente di alto livello

    Felicita Zamponi Madre di sei figli morta nel 1978

    Congregazione delle Cause dei Santi

    Rev. don Gennaro Augello vice segretario

    Mons. Jaquinto Rodriguez Segretario

    Card. Postriak Antony Prefetto

    Altri Personaggi:

    Marco Traggia commercialista

    Elena Doni moglie

    Ex Parroco di Aprilia Don Gaetano

    Ex Parroco di Aprilia Don Antonio

    Ana Labedzki

    Giacomo

    Spiegazione dei termini e degli acronimi utilizzati nel libro

    AD Amministratore Delegato

    DG Direttore Generale

    CFO Chief Financial Officer ( oppure Responsabile Amministrazione Finanza e Controllo)

    SIA Sistema Informatico Aziendale

    ERP Enterprise Resource Planning

    SAP è un marchio di proprietà della SAP SE.

    NdA: Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    PROLOGO

    29 Maggio 1978

    Aprilia - Case popolari di Via dei Lauri

    La stanza era in penombra, era la tarda mattinata e si intravedevano un comò in noce, uno specchio con cornice sempre in noce, un armadio scuro su una parete e sulla parete opposta un letto matrimoniale con vicino una culla. Dalla culla proveniva un rumore di baci o meglio di ciucciamento. Era la piccola Ernestina, di un mese ancora non compiuto, che se la dormiva beatamente, ignara del dramma che si stava svolgendo a pochi metri da lei. Nel letto matrimoniale, adagiata su dei soffici cuscini, c’era Felicita. Il suo sonno era agitato, fatto di pensieri e di preoccupazioni; a un certo punto una fitta di dolore alla pancia, più forte delle altre, la svegliò: era tutta sudata anche se l’aria era ancora fresca, da primavera. In casa non c’era nessuno, i ragazzi erano andati tutti a scuola. I grandi da soli, i piccoli accompagnati dalla vicina di casa, che sarebbe presto tornata con la spesa, per preparare da mangiare e dare il latte artificiale alla piccola neonata. Felicita realizzò finalmente dove stava; ogni tanto le capitava, per effetto della morfina, di avere confusione su dove si trovava e di quello che stava succedendo. Quando si fu resa conto della realtà, si mise a piangere a dirotto, per quello che l’aspettava, soprattutto per la preoccupazione sul destino dei suoi figli. Quanto li aveva amati e quanto li amava adesso che sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco. Li avrebbero separati? Li avrebbero dati in adozione a famiglie diverse? E per consolarsi iniziò a pronunciare i loro nomi in una nenia che voleva essere consolatoria, ma invece aumentò l’angoscia verso il futuro prossimo. Li riportò a mente a uno a uno, Flora, Maurizio, Irene, Carlo, Francesco e la piccola Ernestina. Al pensiero della piccola, volse lo sguardo verso la culla e prestò l’orecchio ai piccoli suoni che la neonata emetteva nel sonno, suoni appena percettibili a un essere umano, ma non alla madre. Una stretta al cuore la colpì, ammesso che il cuore potesse stringersi e rimpicciolirsi ancora di più. Una sensazione cupa di costrizione, un dolore sordo, nascosto, iniziò da dietro e piano piano arrivò alle viscere, dove un universo di fitte e di strazio l’avvolgeva di continuo giorno e notte. Aspettò che passasse e per distrarsi pensò che doveva dire a Flora …

    Questa volta il dolore al cuore aumentò in modo esponenziale, non aveva più fiato, non aveva modo di reagire, di respirare. Quando il tutto finì, Felicita era diventata un angelo del Paradiso.

    Una società che punta all’internazionalizzazione

    La società Alcoach Ent. Ltd Italia

    La Società Alcoach Ent. Ltd Italia è una società nazionale con la sede principale a Milano e diverse società dipendenti con sedi a Milano e Roma. La società, a parte il nome inglese che è stato uno sfizio dei soci fondatori per dare un senso internazionale a una struttura prettamente a capitale privato italiano, ha come core-business la produzione e distribuzione dell’energia elettrica, con interessi nelle telecomunicazioni e nell’hosting di siti web.

    Capo della holding è Franco Caucciù, Amministratore Delegato, un dirigente di chiara fama internazionale, in passato con incarichi sempre di AD presso importanti società con diversi business: automotive, editoria, telecomunicazioni. Questo è il suo attuale incarico in una società che è essenzialmente una utility per la costruzione di centrali elettriche, la produzione di energia elettrica e la distribuzione a società locali e municipalizzate. Validissimo aiuto, uomo di fiducia e factotum è Vito Franco, responsabile della Security di Gruppo, l’uomo che ha maggiori responsabilità, oltre all’altro manager, responsabile di Amministrazione e Controllo Societario.

    La società di produzione, ovvero la società che detiene la proprietà delle centrali elettriche, denominata Fire & Water, fuoco e acqua, quasi a rappresentare il fuoco delle caldaie che fanno girare le turbine a vapore e l’acqua che scorre nelle gallerie e nelle tubazioni forzate delle centrali idroelettriche, è guidata da Raffaello Vergnano.

    L’altra azienda è la società di costruzioni Alcamo Costruzioni, sorta sulle ceneri di una vecchia società di costruzioni romana, rilevata dalla Alcoach Ent. Ltd Italia, rimessa in piedi con capitali freschi, e composta da un nuovo management con diverse immissioni di personale tecnico di provata esperienza nel campo della progettazione delle centrali. A capo della Alcamo è Aldo Pazienza, coadiuvato dal suo vice e uomo di fiducia Mario Pennisi: dove va l’uno, va l’altro, la mente e il braccio, l’ideatore e l’esecutore, i maligni li chiamano il gatto e la volpe.

    l’Internazionalizzazione per l’AD della Alcoach Ent ltd Italia

    13 settembre 2004

    Milano - Hotel Michelangelo - sala congressi

    La sala era gremita, l’Hotel Michelangelo compariva come scritta in tutti gli angoli del salone. La convention, che aveva visto le migliori menti della Alcoach Ent Ltd Italia a confronto sulla internazionalizzazione, stava ormai volgendo al termine. Dopo che ebbe parlato il Presidente della società, prese la parola l’AD e Direttore Generale della Alcoach, dott. Caucciù, che come un istrione di professione, si accinse a chiudere la convention e conquistare l’ennesimo palcoscenico.

    «Signori, sapete come mi chiamo?».

    Un silenzio di tomba avvolse la sala. Caucciù abbandonò temporaneamente il leggio e si spostò nella zona in penombra. Si accovacciò leggermente e scrutò nella platea con quello sguardo di ghiaccio, con gli occhi grigio chiaro da gatto persiano. Ritornato al leggio col microfono, disse:

    «Se entro tre secondi non rispondete alla domanda che ho fatto, domani licenzio immediatamente la prima fila qui davanti a me.»

    Sentendosi chiamati in causa, i dirigenti delle varie società presenti, si alzarono all’improvviso e urlarono a squarciagola Caucciù, Caucciù".

    «Bene» , riprese l’AD, «sapete da dove deriva questo cognome?» domandò sornione. Ma la platea ormai si era svegliata dal torpore e gridò il suo nome cadenzandolo.

    «Il mio bisnonno, emigrato in America, capitò al lavoro con uno svitato che faceva, a tempo perso, l’inventore. Questi stava cercando di utilizzare il caucciù come ingrediente per la vulcanizzazione dei pneumatici. Poi al mio bisnonno venne un’idea: dato che i suoi uomini si divertivano a masticare davanti a lui prendendo un pezzetto del caucciù che dovevano lavorare, gli venne l’idea che quella del masticare poteva anche non essere una moda disdicevole per l’utilizzo di quella gomma. Allora ne parlò con il suo principale e questi, che fesso non era, andò di corsa a brevettare il chewingum. Il mio bisnonno si mangiò le mani e non solo quelle per l’intera vita che gli rimase da vivere: se fosse stato più istruito e più scaltro avrebbe brevettato lui la gomma da masticare. Così rientrò in Italia e si cambiò il cognome in Caucciù.»

    Guardò la platea che dopo le ovazioni si era ammutolita. Non aveva capito dove l’AD volesse andare a parare con il racconto di quell’aneddoto. Da nessuna parte, perché il Caucciù riprese: «Bene, dopo questo raccontino lezioso sulla mia ascendenza, andiamo a parlare di internazionalizzazione. Prego la regia di trasmettere le indagini dell’ecatombe di Bhopal.»

    Alle spalle dell’AD si accese uno schermo gigante con le immagini di repertorio e una voce commentante l’esplosione della fabbrica chimica di Bhopal in India. Lì la trascuratezza, la mancanza di piani di sicurezza, la cattiva manutenzione, crearono il più grande disastro provocato da una fabbrica chimica a uso civile: una nuvola con 4 tonnellate di gas simile all’iprite, venne proiettata nell’atmosfera di una cittadina con circa un milione di abitanti.

    Caucciù dopo che furono trascorse le immagini e lo schermo si spense, riprese:

    «Questo è un tipo di investimento che noi non andremo mai a fare: per una cifra stimata iniziale dell’investimento pari a 28 milioni di dollari, ne furono spesi alla fine solo 20 milioni, risparmiando sui costi degli apparati di sicurezza. La manutenzione era ridotta all’osso, il management locale non aveva la concezione di sicurezza attiva e passiva, maestranze non addestrate a situazioni di emergenza e chi più ne ha più ne metta.

    Gli investimenti che noi andremo a fare sono targati Italia, una nazione civile, tra le prime otto potenze economiche nel mondo.

    Non abbiamo alle spalle i delitti commessi dalle nazioni che hanno colonizzato parti del pianeta; non ci siamo macchiati del sangue innocente di schiavi importati per lo sfruttamento del lavoro, siamo dei morti di fame ma con una dignità da difendere. Gli investimenti che andremo a fare all’estero avranno lo stesso tempo di ritorno di quelli fatti nell’aia di casa nostra. La sicurezza attiva e passiva nei nostri cantieri, nelle nostre centrali, nei nostri impianti sarà la stessa di quella attuata qui in Italia. Avremo il massimo rispetto delle maestranze, delle autorità, delle leggi dei paesi che ci ospiteranno perché noi abbiamo qualcosa in più da vendere e gli altri qualcosa in più da noi da acquistare: l’etica del lavoro. Questa parola che vuol dire tutto e non dice niente significa che io stabilisco le regole del gioco, regole che prevedono il rispetto di tutti i ruoli coinvolti nell’investimento. Lavoreremo al meglio, come sappiamo fare, non guadagneremo tanto e subito come gli altri, ma venderemo il nostro modo di fare, di costruire, di gestire, degno di un paese orgoglioso di quello che è, a parte i suoi governanti che sono quello che sono. Etica è la parola chiave per entrare nei mercati emergenti, rispetto dei tempi e dei costi è la parola chiave per entrare negli appalti, sono questi i prodotti che venderemo all’estero.»

    Il pubblico era basito, si era pensato che ’il tagliatore di teste’ avrebbe fatto un discorso tutto posizionato sull’aggressività, sulla concorrenza spietata, su una sottintesa e non dichiarata disponibilità a ’ungere’ i canali giusti per prendere lavori e occasioni di investimento: questa dichiarazione così controcorrente li aveva spiazzati. Quasi tutti si erano preparati delle domande su quello che credevano essere il tema dominante dell’incontro, ma su l’etica, sulla morale, sul rispetto, questo proprio non se lo sarebbero mai aspettato. Ma ’il pescecane’ per alcuni, ’il tagliatore di teste’ per altri, anche se aveva perso il pelo, non aveva perso il vizio.

    Caucciù continuò nella sua arringa:

    «Sarò spietato con gli spietati, malvagio con i malvagi,disumano con i disumani, bestiale con le bestie! La responsabilità che voi avete nei confronti dei vostri dipendenti, dei vostri colleghi, della vostra azienda, dei vostri finanziatori, della vostra nazione é enorme. E per quale motivo dovrei perdonare o soprassedere con coloro che con l’imbroglio, la truffa, il raggiro, l’inganno hanno procurato sì un vantaggio non dovuto a se stessi, alla propria società, alla propria collettività, ma a costo di un danno ben maggiore riguardo la credibilità e l’onorabilità che si sono faticosamente conquistate? Prima che la vostra mano destra firmi un accordo truffaldino, prima, tagliatevi la mano destra, perché se farete l’accordo e praticherete la truffa e io lo verrò a scoprire, maledirete il giorno in cui siete nati. Perché avreste ucciso la credibilità di questa azienda, che migliaia di persone in tanti anni di duro lavoro hanno costruito.»

    In seconda fila Pazienza, Pennisi e Vergnano erano seduti immobili, raggelati. Un sudore freddo scendeva sulle loro fronti anche se la temperatura della stanza era ottimale. Tutti e tre stavano sudando copiosamente.

    La società di produzione di energia elettrica Fire & Water

    Qualche giorno dopo

    Segrate - Centro direzionale Milano 2 - Sede della Fire & Water - società di generazione del Gruppo Alcoach -stanza dell’AD

    Vergnano era affacciato alla finestra e si guardava i palazzi prospicienti la sede della sua società. Erano al sesto piano, in uno studio severo, con mobili in noce tanganica scuro, che avranno avuto almeno una ventina d’anni. Unica cosa che ricordava un’epoca ultra-tecnologica era un PC ultima versione con schermo da 20" Sony Trinitron. La scrivania era sgombra, qualche carta era posizionata sulla parte più lontana del tavolo ovale per le riunioni. Le lampade a luce diffusa erano accese anche se era pieno giorno. Questo poteva essere pure giustificato perché quella corrente sprecata non veniva pagata, essendo consumata dalla società che la produceva e la vendeva alle industrie e alla popolazione degli utenti.

    Due persone erano intente a parlare: l’AD della società e il capo dell’Ingegneria interna. Vergnano aveva chiesto a Sportiello di raggiungerlo nella sua stanza perché gli voleva parlare. Sportiello era arrivato nel giro di pochi minuti. Vergnano allora aveva ripreso un discorso che i due sicuramente avevano affrontato qualche giorno prima. Sportiello doveva ancora dare delle risposte pertanto consegnò una cartella con all’interno dei fogli: erano le valutazioni tecnico-economiche degli impianti termoelettrici appartenenti alla società. La reportistica conteneva i dati di potenza installata, producibilità media annua, ore di funzionamento, numero gruppi, vetustà dei gruppi, elenco degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sui gruppi e gli apparati effettuati negli ultimi 5 anni. Inoltre erano contenute le valutazione sulle condizioni dei vari apparati con stima delle probabilità di interruzione del servizio dell’apparato, il preventivo di spesa previsto per il repowering, la data ultima stimata per l’entrata in esercizio dei gruppi soggetti a interventi di ammodernamento.

    Gli impianti in predicato per la sostituzione dei gruppi di produzione erano cinque. Si trattava ora di stabilire una nuova priorità sull’ordine dei lavori, la sequenza avrebbe cambiato radicalmente l’ordine da seguire per gli incarichi all’Alcamo relativi ai lavori di ristrutturazione. Inoltre Sportiello consegnò al suo Capo un faldone con gli studi fatti dall’Ingegneria dell’Enel, quando ancora gli impianti erano di proprietà di quest’ultima, documentazione consegnata al momento dell’acquisto della Genco da parte della Alcoach.

    Vergnano stava per congedare Sportiello per poi studiare tutto quel materiale, quando vide che questi rimaneva in attesa come se volesse parlare. Vergnano gli chiese se aveva qualcosa da dire e Sportiello disse di sì:

    «Ingegnere, si ricorda quella riunione con tutti i direttori di funzione, quando prese il comando della società e ci raccomandò di abbassare i costi, abbassare i costi, abbassare i costi? Io mi sono premurato di ripetere l’analisi di tutti i preventivi dei lavori che passavamo alla Alcamo, in modo da ridurre il valore dei lavori da effettuare.»

    Vergnano annuì e lo lasciò continuare.

    «Ebbene ingegnere, in quella rivisitazione degli studi, mi inventai l’espediente di riutilizzare macchinario vetusto dismesso da qualche nostra centrale, in modo che dopo una bella sistemata, potesse essere riutilizzato e noi potessimo risparmiare l’acquisto di sistemi nuovi.»

    Vergnano era nel frattempo sbiancato, l’ultima parte del discorso lo aveva allarmato e allora si accinse a interrogare Sportiello.

    «Vuoi dire che ti sei assunto la tremenda responsabilità di togliere dalla lista dei lavori di sostituzione che consegnavamo alla Alcamo alcune apparecchiature, per sostituirle, anche se sovra-manutenzionate, con macchinari vecchi di vent’anni e più?»

    Sportiello che aveva capito dove il suo Capo voleva andare a parare, iniziò a sudare freddo e con un brivido nella schiena annuì.

    «E quali apparati hai tolto dalla lista di avvicendamento per sostituirli con materiale vecchio e in quali impianti?»

    La domanda era secca e perentoria. Sportiello si riservò qualche secondo per riflettere. Si ricordò che la settimana prima lo aveva chiamato Squillaci, il capo della Progettazione della Alcamo, che lo aveva avvertito di trovarsi a Milano e che sarebbe passato da lui in mattinata.

    Dopo qualche ora si era presentato alla porta e gli aveva consegnato in silenzio tre fogli di carta dattiloscritti con scrittura piccola. Lui fece per chiedergli cosa erano e Schillaci, già come se ne stessa già andando via, gli aveva ribattuto seccamente:

    «Leggili».

    Aveva sentito un refolo di aria fredda per la stanza. Pensò a una corrente d’aria, chiuse per bene

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