Marvarosa: racconti
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Anteprima del libro
Marvarosa - Maria Antonietta Artesi
Marvarosa
racconti
Maria Antonietta Artesi
Published by Meligrana Editore
Copyright Meligrana Editore, 2015
Copyright Maria Antonietta Artesi, 2015
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9788868151416
Prefazione di
Franco Di Mare
Presentazione di
Mimmo Calopresti
Foto di copertina:
Giuseppe Cricelli
Meligrana Editore
Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)
Tel. (+ 39) 0963 600007 – (+ 39) 338 6157041
www.meligranaeditore.com
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Indice
Frontespizio
Colophon
Licenza d’uso
Maria Antonietta Artesi
Copertina
Prefazione
Presentazione
Dedica
Marvarosa
Premessa
CAREZZE DI MAESTRALE
Il geranio dello scrittore
Niente sarà più come prima
Cronaca di una madre perduta
U ricunsulu
L’elaborazione del lutto
Non parlatene
La casa degli anziani
La chiamano terza età
La famiglia
Le chiavi
PIETRE DI MARE
L’arte dimenticata
Ossequi alla signora
Chi dice sposa dice spesa
Il male oscuro di Capo Vaticano
Il profumo del mare
Sulla Torre Marrana
Il pacco
La tavola calabrese
Gli arancini sul Ferry Boat
Giovani hi-tech, adulti in affanno
Ulivo, dono degli dei
La ficara
Cartoline dal paese
I borghi abbandonati
Perdere tempo, elogio della lentezza
Tornare
Nota dell’Autrice
Note
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Maria Antonietta Artesi
Maria Antonietta Artesi è calabrese nata a Ricadi, nel bellissimo promontorio di Capo Vaticano, ma vive e lavora a Firenze da molti anni. È giornalista professionista ed è iscritta all’Ordine della Toscana dal 1980. Per oltre venti anni è stata cronista del quotidiano La Nazione. Ha scritto articoli per importanti riviste e curato rubriche di carattere economico per la Rai. Laureata all’Università di Firenze, per molti anni ha collaborato alla redazione della rivista Studi e informazioni, pubblicata dal Monte dei Paschi di Siena. Attualmente si occupa ancora di cronaca ed è direttore responsabile di Soffia so', rivista che tratta di psicologia e di adozioni internazionali. Nel 2010, per Meligrana Editore, ha pubblicato il libro La Terra nel cuore
.
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Prefazione
Vicende diverse in tempi diversi permettono a volte di tracciare parallelismi illuminanti, se il comune denominatore è il sistema di valori che ciascuno di noi si è dato nella vita.
Scorrendo le pagine di questa nuova fatica editoriale di Maria Antonietta Artesi, mi sono sentito sfiorato anche io da tante carezze di maestrale
.
La memoria mi ha riportato all’album musicale di Amedeo Minghi dal titolo I ricordi del cuore uscito, guarda caso, nel 1992. Lo stesso anno nel quale, facendo l’inviato di guerra nella ex Jugoslavia, mi sono fatto conquistare dal sorriso di una bambina di dieci mesi abbandonata in un orfanatrofio.
Ho deciso in pochi attimi di darle un papà e l’ho adottata. Per farlo ho dovuto superare mille traversie sotto i bombardamenti, in un contesto nel quale regnavano solo morte, fame, odio e distruzione. Come molti sapranno, la vicenda è ricostruita nel mio libro Non chiedere perché dal quale prende spunto il film L’angelo di Sarajevo con Beppe Fiorello nel ruolo di protagonista. Quella bambina oggi è una donna e in quel giorno lontano cercava con il suo sguardo anche una mamma.
Il libro che vi trovate tra le mani ben focalizza il ruolo insostituibile della mamma (l’angelo della casa
), il valore intatto del suo amore, dei suoi insegnamenti, il dolore per la sua perdita, ma anche la sofferenza e la solitudine di chi deve metabolizzare un lutto che segna uno spartiacque nell’esistenza di tutti.
E da qui parte l’autrice per ricordare anche la terra madre
, offrendo uno spaccato autentico della società meridionale nella quale mi riconosco perfettamente per le radici comuni.
Dei valori, degli usi e dei costumi di queste aree marginali oggi quasi quasi non se ne occupa più nessuno. Come ricordava Giovanni Russo in uno dei suoi saggi sul Mezzogiorno, la Calabria ha nei mass media una immagine indebolita dalla mancanza di approfondimenti sui motivi che stanno alla base della sua condizione. È molto più semplice, infatti, spettacolarizzare l’informazione parlando sempre di mala politica e di mala sanità, di criminalità e di ‘ndrangheta. È difficile, invece, analizzare le questioni storiche, umane e civili di una regione sfortunata, che deve difendere la sua cultura e le sue tradizioni dall’assalto delle nuove generazioni sempre più distratte e indifferenti, immerse nella comunicazione drogata e deviante dei social media.
Muove da tutto questo la seconda parte dell’opera, che spazia dal ruolo degli anziani (categoria che è sempre un pozzo di saggezza) a quello della famiglia nella vita dei piccoli comuni. Come quello di Ricadi dove l’autrice è nata e dove, ripartendo da Firenze, torna sempre per obbedire al richiamo delle radici, ma anche per coltivare i suoi pensieri davanti al mare stupendo di Capo Vaticano, il promontorio caro a Giuseppe Berto, che qui, negli anni sessanta, scrisse Il male oscuro romanzo con cui vinse il Campiello e il Viareggio.
Troverete anche una efficace e divertente carrellata sui comportamenti sociali in occasione di fidanzamenti e matrimoni, sulle giornaliere riunioni in piazza per discutere di tutto e del contrario di tutto, anche dei corteggiamenti innocenti alle ragazze del vicinato. Questi rituali romantici sono stati spazzati dall’avvento dei telefonini e dei social, dove imperversano volgarità di ogni genere e dove basta cliccare su mi piace
per corteggiare una fanciulla, avere visibilità virtuale e collezionare amici senza conoscerli.
Marvarosa ci riporta opportunamente indietro e ci fa riflettere. Ci dice che un popolo consapevole si nutre sempre con orgoglio della sua storia, dei suoi ricordi e dei suoi ideali. Perché questa è la strada per non smarrire la nostra identità.
E qui ci soccorre ancora Amedeo Minghi, con i suoi ricordi del cuore: ... non passano mai e stanno qui con noi
.
Franco Di Mare
Giornalista Rai e scrittore
Presentazione
Passione e nostalgia. Radici e sentimenti. La Calabria nel cuore di chi è partito, ma è sempre rimasto lì, nella sua terra d’origine. Abbiamo viaggiato, abbiamo conosciuto altre culture, altri popoli, abbiamo vissuto altre storie, abbiamo faticato in altre realtà, ma siamo rimasti fedeli alla terra, rivendicandone con orgoglio e determinazione l’appartenenza. Gli occhi puntati sul mare, il nostro mare. E poi il resto, la terra e il cibo, le urla e il silenzio, il modo di essere calabresi.
Ed è questo che ho trovato nel libro di Maria Antonietta Artesi, appassionato e pieno di colore: un affresco di usi e abitudini, gesti e parole, immagini e sfumature che raccontano la storia di un popolo, l’anima specifica di una comunità del Sud che vive le sue contraddizioni, alle prese con i rituali del passato, con le tradizioni del territorio e con gli assalti selvaggi e modernizzanti della globalizzazione.
Che cos’è, ad esempio, il corteggiamento nell’era di Facebook e quali sono le differenze abissali con quello che era il fidanzamento in un paese del Sud fino agli anni Settanta-Ottanta, scenografico, ricco di riti e di simbologie, con la zita piena di ori e il giovanotto imbranato ma bello come il sole
, come lo descriveva amorevolmente la mamma innamorata.
Dalla narrazione emerge come essere del Sud sia un’indole, che nasce non solo da tanti popoli che nel territorio hanno dominato, ma anche dalla terra, dalla luce, dal mare, dal paesaggio, dal clima, dalla vita all’aria aperta, dalla passionale teatralità. Sicuramente questa è la ricchezza del Sud di cui la nordica Europa non può non tenerne conto.
Tuttavia i giovani fuggono dal Sud, alla ricerca di un lavoro o per motivi di studio, anche se c’è una forza di seduzione che li spinge verso Sud. C’è sempre un familiare, un ricordo, un profumo, un richiamo che li porta a scendere: come se al Nord ci fosse la vita tecnica e lavorativa e al Sud quella autentica, la fantasia, il tempo dell’estate, il calore del sole e la luce del mattino.
Eppure se tutto questo è vero, nel cuore dei calabresi, che pure fuori hanno dato identità a mille Calabrie, c’è sempre il dolore profondo per la loro terra sofferente, che non riesce a riscattarsi, nonostante le inestimabili ricchezze, la generosità della natura e la grande bellezza dei territori.
Fra le pagine di Marvarosa ho trovato un’ampiezza di respiro che è contemporaneamente narrazione personale e tributo alla terra delle origini. Molti calabresi in questo racconto si ritroveranno. Quanti ricordi affiorano alla mia mente, la cultura mediterranea, le pietanze familiari, gli arancini, il profumo del bergamotto, la partenza e poi i mille ritorni, in un viaggio a ritroso della memoria, dove immagini e ricordi si mescolano toccando le corde dell’anima.
Si parla anche di me e della mia famiglia in questo libro. Ma c’è di più: pagine struggenti ripercorrono le tappe di una perdita, quella della madre dell’autrice, seguendo il filo di una narrazione che tende a far riflettere sulla solitudine di chi soffre, soprattutto in una civiltà come la nostra che ha abolito ogni rituale collettivo per superare e condividere i passaggi fondamentali della nostra esistenza.
E scrivere della morte di una madre avanti con gli anni è voler dare testimonianza della perdita – come quella di tanti nostri anziani – di una grande luce della cultura orale calabrese, della scomparsa di un mondo sparito per sempre e di una persona portatrice di valori, economie e culture che si basavano sulla fatica e su stili di vita rigorosi e morali.
Maria Antonietta percorre un viaggio emozionante sul filo del passato e del presente che raccoglie memorie e pensieri, esperienze, dolore, perdite affettive, tracce d’infanzia, storie di vita e di abitudini, in un incrocio realistico, a volte nostalgico tra generazioni. Riflessioni che si intrecciano con la vita, i luoghi e gli eventi vissuti da chi le ha scritte, nel tentativo di rintracciare qualcosa di sé nella trama universale dell’esistenza.
Sì, perché possiamo guardare il mondo dalla nostra feritoia: così la nostra intima, personale vicenda diventa il simbolo dell’umana avventura che gira intorno all’origine, e ad essa torna con la mente e con il cuore.
Mimmo Calopresti
Regista e scrittore
A Martina, a Lorenzo, a Luca
Ci sono amori che sono come mantelli, ci tengono al caldo, ci proteggono e hanno qualcosa di magico, come se potessero superare i confini del tempo e dello spazio e non conoscere fine. Sono come momenti che si imprimono nella memoria, regalandoti la semplice gratitudine di averli vissuti, qualunque cosa accada.
Simona Sparaco
Premessa
Le belle cose che scriveremo, se avremo talento, sono dentro di noi, indistinte, come il ricordo di un’aria che ci delizia senza che riusciamo a ritrovarne i contorni.
Marcel Proust
La prima cosa che ho pensato quando ho cominciato a scrivere queste righe è perché mai il dolore per la morte di mia madre, il mio racconto di sofferenza avrebbe dovuto interessare qualcuno. Sapevo che la perdita della madre è un amore che non tornerà e che è impossibile da dimenticare. Puoi avere tutti gli amori del mondo, ma quello di tua madre è unico, insostituibile. Quando fai i conti con questo verdetto o ti lasci andare o cerchi di trasformare il trauma in un punto di forza. Ero piena di dubbi. E ho cominciato a scrivere per me stessa. Volevo raccontarmi senza filtri e senza pudori il mio dolore