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La tempesta
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E-book363 pagine2 ore

La tempesta

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"La tempesta" è una commedia drammatica in cinque atti scritta da William Shakespeare tra il 1610 e il 1611. Ambientata su un'isola imprecisata del Mediterraneo, racconta la vicenda di Prospero, duca di Milano in esilio, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche.

Antonio, fratello di Prospero e usurpatore del ducato, Alfonso, Re di Napoli e complice di Antonio nella deposizione di Prospero e Ferdinando, figlio del Re Alfonso, stanno navigando per il mare in ritorno da Cartagine, quando vengono travolti da una tempesta invocata dallo stesso Prospero. La tempesta li fa naufragare, incolumi, sull'isola. Qui, attraverso la magia e con l'aiuto del suo servo Ariel, uno spirito dell'aria, Prospero riesce a smascherare l'animo meschino di Antonio, a redimere il Re e a far innamorare e sposare sua figlia Miranda con il principe di Napoli Ferdinando. La narrazione è tutta incentrata sulla figura di Prospero e sulla sua abilità di tessere trame e piegare eventi e personaggi a suo favore. È tradizionalmente ritenuta la penultima opera di William Shakespeare, l'ultima scritta da solo. Il monologo finale con il quale Prospero annuncia di abbandonare la magia, per riconciliarsi con se stesso e la società, da molti studiosi viene ritenuto l'addio di Shakespeare al teatro.

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LinguaItaliano
EditoreE-text
Data di uscita1 ott 2014
ISBN9788897313656
Autore

William Shakespeare

William Shakespeare was born in April 1564 in the town of Stratford-upon-Avon, on England’s Avon River. When he was eighteen, he married Anne Hathaway. The couple had three children—an older daughter Susanna and twins, Judith and Hamnet. Hamnet, Shakespeare’s only son, died in childhood. The bulk of Shakespeare’s working life was spent in the theater world of London, where he established himself professionally by the early 1590s. He enjoyed success not only as a playwright and poet, but also as an actor and shareholder in an acting company. Although some think that sometime between 1610 and 1613 Shakespeare retired from the theater and returned home to Stratford, where he died in 1616, others believe that he may have continued to work in London until close to his death.

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    La tempesta - William Shakespeare

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    QUESTO E-BOOK:

    TITOLO: La tempesta

    AUTORE: Shakspeare, William

    TRADUTTORE: Raponi, Goffredo

    CURATORE: Raponi, Goffredo

    NOTE: si ringrazia il Prof. Goffredo Raponi per averci concesso il diritto di pubblicazione.

    CODICE ISBN E-BOOK: 9788897313656

    DIRITTI D'AUTORE: si

    LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/.

    TRATTO DA: William Shakespeare : the complete works / a new edition edited with an introduction and glossary by Peter Alexander - London ; Glasgow : Collins, 1960 - XXXII, 1376 p., [16] c. di tav. : ill. ; 21 cm.

    CODICE ISBN FONTE: informazione non disponibile

    1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 gennaio 2000

    2a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 ottobre 2014

    INDICE DI AFFIDABILITA': 3

    0: affidabilità bassa

    1: affidabilità media

    2: affidabilità buona

    3: affidabilità ottima

    DIGITALIZZAZIONE:

    Goffredo Raponi, Festina Lente C.I.R.S.A.

    Filippo Raponi

    REVISIONE:

    Claudio Paganelli, [email protected]

    Catia Righi, [email protected]

    Giulio Mazzolini (ePub)

    Ugo Santamaria

    IMPAGINAZIONE:

    Catia Righi, [email protected]

    Massimo Rosa, [email protected]

    PUBBLICAZIONE:

    Marco Calvo

    Informazioni sul progetto Manuzio

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    LA TEMPESTA

    Commedia in 5 atti

    di

    WILLIAM SHAKESPEARE

    Traduzione e note di

    Goffredo Raponi

    Digitazione telematica di

    Filippo Raponi

    con un saggio su PROSPERO

    di Harold W. Mandefield

    Titolo originale:

    "THE TEMPEST"

    Alla memoria di Harold W. Mandefield,

    nel ricordo della nostra amicizia, e del comune

    amore per il poeta di Stratford.

    NOTA INTRODUTTIVA

    Il 29 luglio dell'anno 1609 giunse a Londra la notizia che il vascello "Sea-Adventure, sorpreso da una violenta burrasca nel mare delle Bermude era andato a fracassarsi contro quelle coste ed equipaggio e passeggeri erano affondati. Il vascello faceva parte di un convoglio di altri nove, che trasportavano 500 coloni verso la Virginia, la terra del Nuovo continente (ancora denominato Indie Occidentali) dove già nel 1585 sir Walter Raleigh aveva stabilito una colonia inglese, chiamando Virginia quella terra in onore della vergine" regina Elisabetta. La spedizione era partita da Plymouth nel maggio di quell'anno 1609.

    Un anno dopo, maggio 1610, giunse altra notizia che tutti quelli che erano a bordo del "Sea-Adventure" erano giunti sani e salvi in Virginia, dopo aver trovato rifugio in un'isola delle Bermude, dove avevano anche potuto costruirsi rudimentali mezzi natanti idonei a permettere loro di proseguire il viaggio fino a destinazione.

    Sembra che Shakespeare, oltre che dalla voce popolare, abbia potuto leggere un più dettagliato resoconto della vicenda dalla lettera di uno dei passeggeri del "Sea-Adventure", William Strachey, lettera che fu pubblicata a stampa in seguito, nel 1625.

    Nello stesso periodo circola in Inghilterra una "History of Italy, autore certo William Thomas, in cui si parla della spedizione in Italia (1494) di Carlo VIII, re di Francia, su invito del duca di Milano, Lodovico Sforza, detto Il Moro, che siede abusivamente su quel trono ducale dopo averne spodestato il nipote Gian Galeazzo Sforza, figlio del fratello Galeazzo Maria. Gian Galeazzo ha per moglie Isabella d'Aragona, figlia del re di Napoli Alfonso II. Alfonso II ha anche un figlio maschio di nome Ferdinando, detto dai napoletani Ferrandino".

    L'usurpatore Lodovico è ossessionato dal timore che gli Aragonesi di Napoli rivendichino i diritti di Isabella, duchessa spodestata; sollecita perciò Carlo VIII, sovrano di una Francia divenuta salda e potente dopo la terribile bufera della guerra dei cento anni, a far valere a sua volta i suoi diritti dinastici sul regno di Napoli, come discendente degli Angioini, predecessori degli Aragonesi su quel trono.

    Da queste due vicende, l'una a lui contemporanea, l'altra storica, Shakespeare prende lo spunto del suo dramma. Il tema del duca di Milano spodestato da un suo parente – nella specie il fratello Antonio in luogo dello zio spodestato ­, che è il motivo centrale della commedia, e la presenza di personaggi con i nomi dei personaggi reali (Alonso, contrazione di Alfonso, e Ferdinando suo figlio) è talmente palese nella trama della "Tempesta", che stupisce come nessun curatore – per quanto mi sia riuscito di indagare – enumeri questo tra i materiali di cui si è servito Shakespeare nella tessitura di questo lavoro. Non solo i nomi, ma la situazione e i rapporti di ostilità tra l'usurpatore duca di Milano e il re di Napoli vi sono chiaramente accennati: The King of Naples being an enemy to me inveterate…, dice Prospero alla figlia.

    All'interno di questo impianto poi Shakespeare maneggia e mescola i materiali più vari ed originali: prende i nomi di Prospero e Stefano dalla commedia dell'amico Ben Jonson "Ciascuno a suo modo (Every man in His Humour); inventa Trinculo, il marinaio beone, da trincare" (drink) e Sicorace, la strega madre di Calibano, dal greco sus, porco e korax, corvo; trae il nome di Gonzalo forse da un'assonanza con Gonzaga, un noto casato italiano; riallaccia personaggi e motivi della commedia con altri di sua precedente creazione: il duo Calibano/Ariel è quasi simmetrico al duo Puck/Ariel del Sogno d'una notte di mezza estate; di questo è anche l'atmosfera evanescente del mondo magico e soprannaturale evocato da Prospero; l'innamoramento a prima vista di Ferdinando e Miranda non è diverso da quello di Romeo e Giulietta, e la coppia somiglia in tutto alla coppia Florizel/Perdita del Racconto d'inverno; il motivo della usurpazione e della congiura Antonio/Sebastian riecheggia Macbeth; il motivo della rinuncia di Prospero ad esercitare le funzioni di sovrano riecheggia Re Lear; il tema del figlio perduto e ritrovato è presente nei suoi ultimi romances, Pericle, principe di Tiro e Cimbelino); amalgama il tutto con ispirazioni da altre fonti letterarie (Le Metamorfosi di Ovidio, che ha letto nella traduzione inglese di Arthur Golding; il saggio I Cannibali di Montaigne che ha letto nella traduzione inglese di Giovanni Florio, l'Eneide" di Virgilio, che ha letto da giovinetto nella Grammar School di Stratford), ne crea un intreccio nuovo ed originale che ben s'acconcia al gusto del pubblico per le storie di maghi, di isole incantate, di naufragi in mari lontani, di mostri, di avventure.

    Questa volta, però, a differenza delle precedenti commedie romanzesche, Shakespeare non mette sulla scena gli avvenimenti come accadono nel tempo e nello spazio: nella "Tempesta la storia/avventura è già finita; tutta l'azione è concentrata nello spazio di due ore – il tempo reale di durata di una rappresentazione scenica. Quello che è successo prima ce lo fanno sapere i personaggi: Prospero racconterà a Miranda la vicenda dell'usurpazione, della sua cacciata da Milano, del viaggio in mare e dell'approdo all'isola; Ariele rinfaccerà ad Alonso, Sebastian e Antonio i loro peccati" contro Prospero; Calibano ricorderà quando sua madre e lui erano i soli padroni dell'isola; Gonzalo ci farà sapere del matrimonio della figlia del re di Napoli, Claribella, con il re di Tunisi.

    La "Tempesta", insomma, è tutta una retrospettiva. E non è difficile vedere in essa – come lo fa ormai universalmente la critica – una retrospettiva allegorica che il poeta fa di se stesso e della sua arte.

    Quando scrive "La Tempesta Shakespeare ha 47 anni. Il ciclo delle grandi tragedie è concluso; la fama e l'agiatezza sono raggiunte. L'estro è quasi esaurito, l'animo stanco pensa al ritorno fra opere serene a Stratford, dove ha acquistato una cospicua proprietà immobiliare. Le ultime opere Timone di Atene, Pericle, principe di Tiro, Enrico VIII, I due nobili cugini sono più d'officina che di poesia; vi si sente sempre più presente l'opera dei collaboratori; la voce del poeta è infiacchita, e il poeta prende congedo dal palcoscenico; prima di farlo, e di ritirarsi in eterno silenzio, si volge indietro e compendia se stesso e il proprio cammino artistico nell'immagine di Prospero, il mago bianco" che ha tenuto sotto il potere magico del suo genio la materia tragica, e alla fine, gettando la bacchetta e mettendo così fine al mondo magico, la sua favola dice di una libertà riconquistata; e, come Ariele, dopo aver suscitato musiche e incanti, apparenze mostruose e terrori, guida gli uomini, prima resi folli poi fatti rinsavire, al compimento di un disegno benigno, così Prospero/Shakespeare, ricomponendo un ordine sconvolto, riconsacra la legittimità di un potere, restituisce al duca non più mago il suo ducato, e mette fine all'inimicizia tra Milano e Napoli con le nozze di Ferdinando e Miranda; così il selvaggio e mostruoso Calibano esce di scena con parole di saggia contrizione e di buoni proponimenti, sì che Prospero può dire di lui: Riconosco come mia questa creatura.

    In verità, Calibano non è il mostro favoleggiato dal mito o dalla favolistica di tutti i tempi, dal Minotauro a Frankenstein. Se nel gesto di Prospero che getta il manto e spezza la bacchetta si riconosce il drammaturgo che, dopo aver dato vita nel suo mondo immaginario e fatto muovere sulle scene centinaia di personaggi, si congeda dal teatro, in Calibano che, prima di uscir di scena, dice: Com'è bello oggi il mio padrone!… D'ora innanzi sarò bravo, / voglio riguadagnare il tuo favore. / Che razza di somaro sono stato si riconosce il poeta che guarda in retrospettiva la sua formazione e ne denuncia, con un atto di autocritica, le manchevolezze.

    Perché Calibano, nella sua bruttezza fisica e morale, è poeta.

    Nei primi giorni che Prospero è nell'isola, solo con la sua Miranda ancora infante, Calibano è l'unico compagno della sua vita (Ariel è ancora imprigionato nel cavo di un tronco). Calibano ama la sua isola, ne conosce le bellezze e le mostra a Prospero; questi insegna a Calibano a parlare e a dare un nome al sole e alla luna. Quando descrive al marinaio Stefano le bellezze dell'isola, Calibano canta (II, 1): …ti condurrò dove fioriscono i meli selvatici…, / dove fabbrica il nido la ghiandaia…; / t'insegnerò come si prende al laccio / l'astuta ed agilissima bertuccia; / … dagli scogli / ti porterò i giovani gabbiani. E ancora (III, 2): L'isola è piena di questi sussurri, / di dolci suoni, rumori, armonie…/ A volte son migliaia di strumenti / che vibrando mi ronzano agli orecchi; / altre volte son voci sì soavi, / che pur se udite dopo un lungo sonno, / mi conciliano ancora con Morfeo, / e allora, in sogno, sembra che le nuvole / si spalanchino e scoprano tesori / pronti a piovermi addosso; ed io mi sveglio / nel desiderio di dormire ancora. Se non è poesia questa…

    E il mostro-poeta è lui stesso, Shakespeare. I poeti creatori hanno un senso acuto d'essere diversi dall'opera che intraprendono per cantare il mondo in cui operano; e, per converso, hanno un senso altrettanto acuto, e più tormentoso di quanto il primo era superbo, d'essere modificati da quel mondo. Lo Shakespeare della "Tempesta si sente diverso dallo Shakespeare-Calibano, ma è cosciente di essere stato da quello modificato attraverso uno stadio necessario del suo processo di formazione. Calibano – scrive René Girard nel suo recentissimo saggio su Shakespeare (Shakespeare – Il teatro dell'invidia, traduz. di G. Luciani, Adelphi, Milano, 1998, pagg. 547-548) – simboleggia il sentimento non ancora educato, la poesia prima del linguaggio… Prospero che inizia Calibano alla parola è lo stesso Shakespeare che trasforma in opera letteraria, ancor prima del linguaggio, l'ispirazione di questo mostro; costui rappresenta non soltanto ciò che precede la letteratura, ma una modalità di quest'ultima, che l'ultimo Shakespeare (quello della Tempesta") disapprova, anche se riconosce la sua importanza cruciale nel proprio processo creativo. Calibano simboleggia cioè tutta quella parte dell'opera shakespeariana che, popolata da mostri com'è, può apparire essa stessa mostruosa. Shakespeare non ne contesta la qualità poetica, ma individua in essa un elemento di disordine, di acrimonia, di violenza e confusione morale, che retrospettivamente condanna come mostruoso.

    Da questa mostruosità l'ultima tappa di Shakespeare non è la drammaturgia di prima: essa procede più in là, non rappresenta più ma osserva il ristabilirsi della legge, il ricomporsi di un equilibrio della normalità, il riaffiorare di quelle necessità elementari di pace serena che l'ondata dello spirito sfrenato sembrava aver definitivamente sommerso; gli incantesimi sono finiti – annuncia al pubblico l'Epilogo, che propone così una fondamentale fiducia nell'uomo, nelle forze elementari e ragionevoli che governano la sapienza umana.

    Prospero/Shakespeare è l'uomo dell'Umanesimo e del Rinascimento.

    PERSONAGGI

    ALONSO – re di Napoli

    SEBASTIAN – suo fratello

    PROSPERO – legittimo Duca di Milano

    ANTONIO – suo fratello e usurpatore del Ducato di Milano

    FERDINANDO – figlio del re di Napoli

    GONZALO – vecchio e probo consigliere del re

    ADRIANO, FRANCESCO – gentiluomini

    CALIBANO – schiavo selvatico e deforme

    TRINCULO – buffone

    STEFANO – cantiniere, ubriacone

    IL CAPITANO DELLA NAVE

    IL CAPO NOCCHIERO (NOSTROMO)

    MARINAI

    MIRANDA – figlia di Prospero

    ARIELE – spirito dell'aria

    IRIDE, CERERE, GIUNONE, NINFE, MIETITORI – personaggi della Masque in forma di spiriti

    Alcuni SPIRITI al servizio di Prospero

    SCENA: a bordo di un vascello in mare; poi in un'isola deserta

    NOTE PRELIMINARI

    Il testo inglese adottato per la traduzione è quello dell'edizione curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare, "The Complete Works, Collins, London / Glasgow, 1960, pagg. XXXII – 1376), con qualche variante suggerita da altri testi: in particolare quello delle edizioni separate dell'Arden Shakespeare, a cura di H. F. Brooks e E. Jenkins (London, 1951) e della più recente edizione dell'Oxford Shakespeare, curata per la Clarendon Press, Oxford, U.S.A. da G. Taylor e G. Wells, pagg. XXXIX – 1274. Quest'ultima contiene anche I due nobili cugini (The Two Kinsmen") che manca nell'Alexander.

    Alcune didascalie sono state aggiunte dal traduttore, di suo arbitrio, laddove gli sia sembrato richiederlo la migliore comprensione dell'azione scenica alla lettura, cui questa traduzione è essenzialmente ordinata e intesa (il traduttore è convinto della irrapresentabilità di Shakespeare sulla scena del teatro moderno e che l'unico modo di gustarne genuinamente la parola e il mondo poetico è leggerlo).

    Il metro è l'endecasillabo sciolto, che più d'ogni altro s'avvicina al pentametro giambico del black verse, intercalato da settenari. Ad altro metro s'è fatto ricorso quando, per citazioni, strofette, madrigali e altro, in accordo col testo, si è dovuto far sentire uno scarto stilistico.

    I nomi dei personaggi sono stati, per quanto possibile, italianizzati.

    Il traduttore riconosce di essersi avvalso di traduzioni precedenti, in particolare della prima versione poetica di Giulio Carcano, di quelle di Cesare Vico Lodovici, di Gabriele Baldini, di Giorgio Melchiori, dalle quali ha preso in prestito, oltre all'interpretazione di passi non ben chiari, intere frasi e costrutti: di tutto ha dato credito in nota.

    Il traduttore ha creduto di integrare la sua opera aggiungendo, a mo' di appendice alla sua versione, il saggio "Prospero" di H. M.

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