La forza della fragilità
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Anteprima del libro
La forza della fragilità - Camilla Ruffa
633/1941.
L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore. Mahatma Gandhi
Capitolo 01
Guardai con meraviglia la costruzione settecentesca che avevo da poco tempo ereditato da una zia a me sconosciuta. Non che zia Emily fosse una cattiva persona, ma abitava nelle verdi distese vicino Londra mentre io vivevo con la mia famiglia in un appartamento in Italia. Quando due mesi prima ero stata contattata da un avvocato londinese che mi informava di essere diventata proprietaria della casa della zia ero rimasta di stucco. Ero venuta a conoscenza della zia di Londra solo quando mia nonna mi aveva mostrato una sua lettera e circa quattro anni prima l’avevo accompagnata a trovarla. Allora avevo conosciuto zia Emily. Era una allegra ottantenne con i capelli bianchi a caschetto, gli occhi azzurri coperti da un paio di originali occhiali di osso e l’umorismo all’inglese. La sua bocca color fragola era sempre piegata in un sorriso, non era difficile trovarla simpatica. Avevo passato lì l’estate e avevo potuto conoscere meglio la cara zia. Emily mi aveva presa subito in simpatia.
- Almeno avrò una distrazione, cosa ne dici Muffa?-
Muffa era stato il cane della zia, un labrador color cioccolato fondente con espressivi occhi verdi e che adesso era diventato mio. Aver ereditato la casa della zia avveniva in un momento non proprio dei migliori. La mia vita era in una fase di stallo
come sosteneva sempre il mio fidanzato Davide, mentre io l’avrei definita più una serie di sfortunati incidenti
. Dopo essermi diplomata in ragioneria non ero riuscita a trovare lavoro e quindi era stata costretta all’età di ventitré anni a vivere ancora con i miei genitori e mio fratello Alessandro. Mia madre Nadia era uno spirito libero con ridenti occhi color prato, capelli castano ricci e le guance rosa acceso. Portava allegria ovunque andasse. Nella sua testa prendevano vita sempre idee strampalate; si dilettava nel decoupage e lavorava come arredatrice d’interni. Il mio nome Elisabeth era il risultato del suo amore per i romanzi di Jane Austen, passione da me condivisa. Mio padre, Antonio,un pacato cinquantenne con seri e responsabili occhi scuri enfatizzati da folte sopracciglia quasi unite, capelli marroni tendenti al nero molto simili ai miei. Era la roccia della famiglia; sempre pronto ad aiutare.
Si definiva un ragioniere mancato e quindi felicissimo quando presi la decisione di intraprendere questo ramo di studio. Infine mio fratello Alessandro era da tutti definito l’uragano di casa. Un fervido sognatore con capelli castani e occhi tendenti al nocciola era una fonte di energia illimitatamente rinnovabile e compagno preferito di mia madre, anch’essa sognatrice, per qualsiasi lavoro di fai da te si progettasse in casa. Io, invece, ero l’esatto opposto di mio fratello e penso la più insulsa della mia stana tribù. Con banali occhi e capelli marroni non avevo un tratto distintivo a parte i miei amatissimi occhiali rosso primario. Andavo bene a scuola e odiavo lo sport con tutta me stessa quindi era stata guerra aperta con qualsiasi professore di educazione fisica. Attraverso la lettura, mio unico hobby, potevo viaggiare con la fantasia, fantasticare di essere l’eroina bella e coraggiosa di qualche romanzo e non la scialba Elisabeth. Rimasi colta alla sprovvista quando Davide mi notò. All’epoca del nostro primo incontro era un ventenne pieno di risorse e intelligente, forse un po’ noioso ma abbastanza attraente. Ci scontrammo in un caffè letterario di Torino, io con un caffè bollente e un romanzo fantasy e lui con tre codici penali e un cappuccino alla cannella. Portava dei pantaloni color cammello con una camicia a quadretti bianca e verde acqua (mi ricordo il suo abbigliamento perché nelle successive uscite continuò incessantemente a ripetermi che avevo macchiato di caffè la sua camicia preferita). Mi scusai per almeno una mezz’ora ,desolata, mentre lui aveva occhi solo per i suoi codici, gli ofrii un altro cappuccino e cosi ci trovammo a parlare. Lui aveva appena iniziato gli studi di giurisprudenza per diventare un avvocato e il suo sogno era di aprire uno studio tutto suo. Rimasi affascinata dalla sua personalità e decisi che da quel giorno realizzare il suo sogno sarebbe stato anche il mio obbiettivo. Poco dopo diventammo una coppia fissa, e da quel momento la mia vita divenne una mega confusione.
Un rumore di auto mi fece tornare alla realtà. Angelique, l’agente immobiliare che avevo contattato appena ero venuta a conoscenza dell’eredità di zia Emily, stava scendendo dall’auto. Era una bella trentenne con occhi color mare e capelli biondi. Quel giorno portava un vestito attillato nero, ma cosi attillato che pensai non riuscisse a scendere dall’auto. In cuor mio sapevo di starle antipatica anche se non riuscivo a capire la motivazione.
-Buongiorno signorina Caruso, mi spiace per il ritardo sa è cosi quando uno lavora-. Voleva provocarmi ne ero certa, ma non gliela avrei data vinta.
- Buongiorno a lei oggi è una bella giornata!! Non vedo l’ora di vedere la casa o meglio il palazzo-
- certo venga- e cosi dicendo oltrepasso un imponente portone riccamente decorato –questo palazzo è stato costruito intorno al settecento ed è composto da una ventina di camere da letto, sette bagni, due salotti, un’ampia cucina e alcune camere minori. Sarà contenta di sapere che ho già ricevuto due offerte, anche piuttosto buone; penso che entro due o tre settimane potrà tornare in Italia. Che ne pensa?-
- si mi sembra perfetto, anche se non mi dispiacerebbe trattenermi un po’ e visitare l’Inghilterra, è molto bella-. Queste parole mi erano uscite dalle labbra prima che potessi fermarle e con mio sconcerto capii che erano vere. All’inizio ero solo venuta per firmare qualche carta e vendere la casa, ma ora l’Inghilterra mi attraeva come l’acqua attrae un uomo nel deserto.
- acuta osservatrice, ma prego venga non abbiamo tempo da perdere- e cosi dicendo mi mostro una a una le varie stanze – come può vedere è quasi tutto molto antiquato, non ci sono lavori recenti. Ma con un bello ammodernamento e lo sgombro di alcuni scatoloni in alcune stanze penso che il suo valore aumenterebbe-.
Io non ero per niente d’accordo con lei. Il palazzo era arredato in stile francese e le tappezzerie anche se ricche erano fini ed eleganti, tutto aveva un certo fascino. Mentre Angelique mi faceva vedere le varie stanze una mi colpii in particolare. Situata al piano terra era più piccola rispetto alle altre. Le pareti erano rivestite con una meravigliosa tappezzeria a fiorellini verde e panna che mettevano in risalto il prato all’inglese che si intravedeva oltre gli spessi tendaggi. Nella parete sinistra troneggiava un delizioso caminetto di marmo bianco mentre al centro era collocato uno scrittoio di abete scuro con una sedia rivestita di tessuto color panna. Infine c’erano due poltroncine color rosso fragola. Mi immaginai subito mia madre in quella stanza con i suoi occhi verdi enfatizzati dalla tappezzeria o mio padre seduto allo scrittoio che controllava le spese di casa. Perché pensavo queste cose? Dovevo riportare la mente all’ordine! Dopo aver visto altre stanze tra cui un grande salone Angelique aprii una porta. Rimasi paralizzata dallo stupore, non poteva essere vero; stavo sognando.
-Mi scusi mi ero dimenticata che c’è anche una biblioteca. È piuttosto spaziosa e tolti di mezzo gli scaffali e i libri potrebbe diventare una fantastica stanza relax. Naturalmente prima dovrà essere modernizzata-.
Gallina rinsecchita altro che Rosita di Banderas!! Avevo sempre sognato di possedere una biblioteca come quella. La stanza era completamente rivestita da scaffali pieni di libri dello stesso colore del pavimento di legno. I colori delle copertine dei vari libri davano un senso di calore e al centro della stanza erano disposti una coppia di divanetti ricoperti da un telo. Dimenticandomi della mia timidezza mi avvicinai a uno scaffale e presi un libro. Era relegato con maestria e aprendolo un odore di muffa e antico mi solleticò il naso.
-Penso che dovremmo proseguire signorina Caruso -.
Vidi altre camere molto simili tra loro, i due saloni e la cucina di legno antichizzata da un meraviglioso tavolo con otto sedie in stile neoclassico. Il giardino all’inglese era enorme e dava un senso di pace e di serenità. Finito il giro del palazzo Angelique mi salutò velocemente e raggiunse la sua auto verde pisello. Peccato pensai, Angelique avrebbe potuto incantare un santo con i suoi occhi, ma non avrebbe dovuto aprire la bocca.
-Muffa dai dobbiamo andare-. Presi l’autobus e impiegai un’ora per raggiungere l’appartamento che avevo affittato per le prossime settimane. Entrata nell’edificio incontrai per le scale la signora Harg.
-buongiorno signora Harg come sta?-
-oh, buongiorno mia cara. Sto bene grazie; mi chiedevo se ti farebbe piacere prendere di nuovo il the con me oggi pomeriggio- Appena ero arrivata la signora Harg, una vivace novantenne che era momentaneamente la mia vicina, aveva insistito a prendere il the con me e mi ero divertita molto a sentire le sue peripezie di ragazza.
-si mi farebbe piacere-
-perfetto!! Allora ti aspetto alle cinque come vuole la tradizione. Mi stavo dimenticando di dirti che ci sarà anche mio nipote Gabriel. Ha appena finito gli studi a Oxford e passerà con me le prossime settimane; è un caro ragazzo. Sono così felice di fartelo conoscere-.
Ringraziata la signora Harg corsi nel mio appartamento e preso il mio portatile mi misi in comunicazione con i miei.
-Ciao papà come stai?-
-tutto bene tesoro e tu? Hai visitato la casa? Com’è?-
- è un palazzo papà ed è bellissimo-
-perfetto cosi potrai venderlo più facilmente anche se la crisi non è dalla nostra parte. Io e la mamma sentiamo molto la tua mancanza-
- sono qui Antonio e posso dire io a mia figlia che mi manca- disse mia madre –allora come stai? Hai trovato un negozio biologico? Sai che odio quando mangi schifezze!-
Mia madre era ossessionata dal cibo biologico e dalle medicine omeopatiche.
-mamma sono arrivata da poco non ho avuto il tempo-
-Lo so tesoro ma sforzati. Con papà abbiamo visto su internet e abbiamo trovato un negozio biologico a cinque km di distanza-
-va bene mamma proverò a fare un giro-
-sempre che l’assili Nadia! Guarda che ore sono dobbiamo prepararci o arriveremo in ritardo alla recita di Alessandro. Cucciolo ti salutiamo, mi raccomando stai attenta-
-si papà. Salutate Alessandro per me. Vedo se riesco a contattare Davide non lo sento da quando sono scesa dall’aereo-
-ecco, ci stavamo dimenticando Antonio! Elisabeth ho sentito poco fa Davide e ha detto che aveva una riunione di lavoro; ti chiamerà lui quando potrà-
-ah, va bene adesso vi lascio prepararvi. Mi mancate, vi voglio bene-. Erano due giorni che non sentivo Davide, contavo cosi poco per lui? Perché da quando ero arrivata in Inghilterra