Book Reviews by stefania portaccio
https://www.doppiozero.com/i-grimm-il-padre-di-cenerentola-e-altre-storie, 2017
Le fiabe sono vere, scriveva Italo Calvino nell'introduzione alle Fiabe italiane. Nell'introduzio... more Le fiabe sono vere, scriveva Italo Calvino nell'introduzione alle Fiabe italiane. Nell'introduzione al suo libro di riscrittura di undici fiabe dei Grimm (Il padre di Cenerentola e altre storie, [Illustrazioni di Stefano Levi della Torre] MANNI editore) Stefania Portaccio scrive:
Entrare nelle fiabe era un’eccitazione fisica ed emotiva: smarrirmi nei boschi stando sdraiata sul divano del tinello; superare grandi prove, vincere la posta in palio, essere un’eroina del vero bene grazie a un mondo del tutto fittizio. L’incantesimo di gustare delle cose vere dentro le non vere.
Doppiozero, 2022
Nel mito di Edipo Freud vedeva la messa in scena di un normale complesso infantile, Joyce, in Uly... more Nel mito di Edipo Freud vedeva la messa in scena di un normale complesso infantile, Joyce, in Ulysses, vedeva un'odissea in una normale giornata di un uomo normale, Leopold Bloom, nella sua città di Dublino. Edipo, Ulisse: figure mitiche
La quadrilogia di Elena Ferrante, che chiamo per brevità L'amica geniale, è divenuta un caso. Gli... more La quadrilogia di Elena Ferrante, che chiamo per brevità L'amica geniale, è divenuta un caso. Gli Stati Uniti l'hanno celebrata. Il New York Times l'ha paragonata ai Promessi Sposi. E' piaciuta a molti, a una folta minoranza è dispiaciuta. Io appartengo a quest'ultima -non ho particolarmente goduto della sua prosa né sono entrata in risonanza profonda con i personaggi. Eppure cercherò ora di raccontare cosa di quest'opera mi ha colpito e me la fa considerare importante, e potente. E' il suo essere insieme un romanzo di formazione femminile, un romanzo popolare e una saga. Le donne, scrive Nadia Fusini, <<accettano tutte le finzioni che le hanno descritte come fossero le loro, ma sapendo che in ognuna c'è una larga parte in cui predomina il fantasma, necessario soprattutto a chi le ha inventate>> 1 . Sta dicendo che la descrizione egemone, nel canone letterario, è maschile, ed è con la visione maschile che la lettrice, per la maggior parte del tempo, ha a che fare. Uno sguardo sul mondo, e sulla donna, che forgia il nostro stesso sguardo. Ci sono stati e ci sono, sempre di più, percorsi di resistenza e di alternativa; l'egemonia sopporta che vi siano e, da Woolf a Munro a Strout a tante altre autrici, sta a noi approfittarne. Leggerle. Tuttavia mi è sembrato che la Elena Ferrante de L'amica geniale, nel sottrarsi a quest'egemonia, lo faccia in un modo che si situa oltre e fuori dalla "sacca" dell'alternativa e della resistenza. Un modo main stream che le ha permesso di raggiungere strati di lettrici e lettori altrimenti sordi e pigri rispetto a qualsiasi rivolgimento dell'immaginario. Il romanzo di formazione, a partire dal suo prototipo, il Wilhelm Meister di Goethe, prevede che, attraverso una serie di errori e disillusioni, si giunga ad instaurare un rapporto positivo o perlomeno di compromesso con il mondo. Oppure non si vi riesce, e tra le aspirazioni dell'individuo e le necessità della realtà rimarrà distanza; l'importante è che il protagonista ne sia consapevole, poiché è nella coscienza di sé che consiste la maturazione. Anche nel romanzo di formazione femminile, a partire dal suo autore principale, Jane Austen, l'io, maturando, si accomoda nel ruolo sociale previsto; se non che stavolta la maturazione risiede non tanto nella comprensione di sé quanto nella relazione e comprensione dell'altro, e il ruolo sociale non va oltre il matrimonio e la centralità nel seno di una famiglia. Anche se nel novecento il genere seguirà nuove strade -la tesi di una coerenza dell'io cadrà in disuso e questi schemi, sia per gli uomini che per le donne, non verranno più, ai piani alti, rispettati -ai piani bassi, nelle narrazioni più di consumo, la compiutezza di una donna rimane ancora legata alla presenza di un uomo. E qui entra in gioco l'importanza de L'amica geniale. Ma prima devo spiegare i "piani alti". C'è una scrittrice ch'io amo in modo speciale, ed è Alice Munro. Scrive per lo più racconti, ma spesso li infila in sequenze in cui si richiamano tra loro. In Chi ti credi di essere (1978) i dieci racconti compongono i capitoli di un anomalo romanzo di formazione sentimentale, quello di Rose. Ancor prima, nel 1971, in 1 Nadia Fusini, Uomini e donne, una fratellanza inquieta, Donzelli 1995, p. 84
Drafts by stefania portaccio
Poliscritture, 2014
Alla lettura di Rorty sono arrivata perché mi occupo di letteratura: nel suo libro si dà spazio... more Alla lettura di Rorty sono arrivata perché mi occupo di letteratura: nel suo libro si dà spazio a una teoria del romanzo come forma di conoscenza postfilosofica di cui volevo sapere. Ma invece, eterogenesi dei fini, mi ha fatto pensare alla scienza.
Books by stefania portaccio
Ifigenia in Brauron e Cassandra a Micene, 2024
I personaggi di queste storie appartengono a tutti, e nel tempo ognuno ne ha fatto quel che conve... more I personaggi di queste storie appartengono a tutti, e nel tempo ognuno ne ha fatto quel che conveniva al suo racconto. Le loro vicende riprese e trasformate, come se queste figure fossero pane, alimento base, che prende forma e sapore a seconda dell’impasto.
Così Elettra sposa Pilade, e anche non lo sposa; Oreste non riavrà il trono di suo padre, ma anche lo riavrà; Clitennestra ama Egisto, ma accade invece che ami solo Agamennone.
Cassandra, figlia di Priamo re di Troia e bottino di guerra di Agamennone, muore sempre alle porte di Micene, uccisa da Clitennestra. Si chiamerà, a volte, Alessandra, ma la pena di non essere creduta l’accompagnerà in ogni suo apparire.
Ho immaginato che si togliesse dalle spalle questo fardello.
Quanto a Ifigenia, figlia di Agamennone, capo della spedizione contro Troia, secondo Eschilo muore in Aulide, tappa di quella spedizione, sacrificata dal padre per sbloccare lo stallo dovuto alla bonaccia punitiva decisa da Artemide. E anche però non muore, secondo Euripide, ma viene magicamente fatta sparire al momento del sacrificio e deposta in Tauride. È Artemide a prodursi in questa acrobazia, ma è Atena a decretare, al momento della fuga dalla Tauride, quale sarà la sua nuova destinazione: Brauron.
Morta o non morta, resterà sempre una ragazza. Ho immaginato il suo diventare donna e poi anziana, persino. E da anziana ripercorrere le tappe della sua vita e rammendare, senza nasconderli, gli strappi.
Per entrambe, Ifigenia e Cassandra, ho immaginato che facessero di più che sopravvivere; abbandonando la vita eterna che le costringe a vittime che additano carnefici, si facessero artefici, per quel che umanamente si può, e per una volta, delle loro vicende.
Per poter pensare a Ifigenia, ad un suo possibile riscatto, ad un percorso che la sciogliesse dal... more Per poter pensare a Ifigenia, ad un suo possibile riscatto, ad un percorso che la sciogliesse dalla fissità dell’essere sacrificata e fanciulla, ho dovuto passare per il piacere di essere Circe, di immaginare di farcela io, a non essere Ifigenia.
Da questa distanza raggiunta, il dolore di Ifigenia può essere attraversato. E la follia di Cassandra oltrepassata
(Nota finale da Circe di spalle. Per una dimora del femminile. 2022, Mimesis/ Philo-Pratiche filosofiche) , 2022
Sull'essere divina
(In memoria di Elena Pulcini )
La Circe che ho immaginato sembra incarnare, i... more Sull'essere divina
(In memoria di Elena Pulcini )
La Circe che ho immaginato sembra incarnare, in un primo momento, l'ideale di un amore emancipato dalla dipendenza. Un ideale che non appartiene esclusivamente alle donne, ma è più presente, più vagheggiato presso di loro, che più conoscono la tirannia della propria richiesta di infinito-di infinita unione-e compensano figurandosi in libertà. Ma, quest'ideale d'indipendenza, Circe non lo incarna appieno. D'altronde gli ideali non s'incarnano, aleggiano sopra le nostre te-ste, a volte le infestano, a volte le nutrono ma non mai fanno tutt'uno col nostro corpo.
Manni , 2016
Otto testi in prosa e cinque in versi rielaborano undici fiabe dei fratelli Grimm.
«Un nucleo di... more Otto testi in prosa e cinque in versi rielaborano undici fiabe dei fratelli Grimm.
«Un nucleo di realismo fiducioso» scrive Stefania Portaccio «sta al cuore di queste fiabe dove l’irreale e il fantastico accadono, ed è una mistura potente». Da questa mistura deriva una rilettura adulta che si fa scandaglio del vissuto e produce due forme di riscrittura: in prosa, dove si adotta un nuovo e diverso punto di vista, e in versi, dove la voce parla invece da un tempo posto dopo il lieto fine, da un’età che ha superato la soglia della possibile trasformazione.
Fiabe e ballate esprimono le due polarità del coraggio e del disincanto, in un alternarsi di prospettive che è la nota di fondo con cui entrambe si propongono al lettore come chiave per rivisitare la propria vicenda interiore.
Di corredo e in dialogo con i testi dodici disegni di Stefano Levi Della Torre.
Mimesis/Philo - pratiche filosofiche, 2022
La complessità della figura di Circe continua a interrogare. Qui si sceglie di ascoltarla e di re... more La complessità della figura di Circe continua a interrogare. Qui si sceglie di ascoltarla e di reagire tenendola non di fronte ma sguincia, in modo da registrare, più che domande e risposte, un campo di tensioni. Teso – tra invidia, ammirazione, polemica – è il campo della disputa tra Circe e Atena, avversario interno quanto esterno. Disputa che mostra la difficoltà del percorso della soggettività femminile, alle prese sia con l’immaginario che la definisce che con quello che la anima. A riflettere su questo percorso vengono convocati J. Joyce, V. Woolf, M. Atwood, M. Cunningham, N. Ginzburg; la filosofa E. Pulcini e la psicoanalista M.C. Barducci.
A riflettere sull’anno trascorso con Circe – sospeso, ricco di altrove, di altrimenti – come metafora del tempo analitico, viene convocato lo stesso Odisseo, che però narra ai Feaci un’altra storia.
Mimesis/Scienze della narrazione, 2017
L' analisi dell'atteggiamento di Hawthorne verso la sua protagonista è lo spunto per una disamina... more L' analisi dell'atteggiamento di Hawthorne verso la sua protagonista è lo spunto per una disamina del rapporto tra la lettrice e i testi del canone letterario. Si evidenzia una fatica di "traduzione", non da evitare ma da sottolineare con orgoglio.
Pane per i denti, racconti di letture, Mimesis/Scienze della narrazione, 2017
Tre autrici che si situano oltre la narrativa femminile, conferendo al proprio sguardo la portata... more Tre autrici che si situano oltre la narrativa femminile, conferendo al proprio sguardo la portata universale - universale femminile - che rende i loro scritti dei nuovi classici.
Uploads
Book Reviews by stefania portaccio
Entrare nelle fiabe era un’eccitazione fisica ed emotiva: smarrirmi nei boschi stando sdraiata sul divano del tinello; superare grandi prove, vincere la posta in palio, essere un’eroina del vero bene grazie a un mondo del tutto fittizio. L’incantesimo di gustare delle cose vere dentro le non vere.
Drafts by stefania portaccio
Books by stefania portaccio
Così Elettra sposa Pilade, e anche non lo sposa; Oreste non riavrà il trono di suo padre, ma anche lo riavrà; Clitennestra ama Egisto, ma accade invece che ami solo Agamennone.
Cassandra, figlia di Priamo re di Troia e bottino di guerra di Agamennone, muore sempre alle porte di Micene, uccisa da Clitennestra. Si chiamerà, a volte, Alessandra, ma la pena di non essere creduta l’accompagnerà in ogni suo apparire.
Ho immaginato che si togliesse dalle spalle questo fardello.
Quanto a Ifigenia, figlia di Agamennone, capo della spedizione contro Troia, secondo Eschilo muore in Aulide, tappa di quella spedizione, sacrificata dal padre per sbloccare lo stallo dovuto alla bonaccia punitiva decisa da Artemide. E anche però non muore, secondo Euripide, ma viene magicamente fatta sparire al momento del sacrificio e deposta in Tauride. È Artemide a prodursi in questa acrobazia, ma è Atena a decretare, al momento della fuga dalla Tauride, quale sarà la sua nuova destinazione: Brauron.
Morta o non morta, resterà sempre una ragazza. Ho immaginato il suo diventare donna e poi anziana, persino. E da anziana ripercorrere le tappe della sua vita e rammendare, senza nasconderli, gli strappi.
Per entrambe, Ifigenia e Cassandra, ho immaginato che facessero di più che sopravvivere; abbandonando la vita eterna che le costringe a vittime che additano carnefici, si facessero artefici, per quel che umanamente si può, e per una volta, delle loro vicende.
Da questa distanza raggiunta, il dolore di Ifigenia può essere attraversato. E la follia di Cassandra oltrepassata
(In memoria di Elena Pulcini )
La Circe che ho immaginato sembra incarnare, in un primo momento, l'ideale di un amore emancipato dalla dipendenza. Un ideale che non appartiene esclusivamente alle donne, ma è più presente, più vagheggiato presso di loro, che più conoscono la tirannia della propria richiesta di infinito-di infinita unione-e compensano figurandosi in libertà. Ma, quest'ideale d'indipendenza, Circe non lo incarna appieno. D'altronde gli ideali non s'incarnano, aleggiano sopra le nostre te-ste, a volte le infestano, a volte le nutrono ma non mai fanno tutt'uno col nostro corpo.
«Un nucleo di realismo fiducioso» scrive Stefania Portaccio «sta al cuore di queste fiabe dove l’irreale e il fantastico accadono, ed è una mistura potente». Da questa mistura deriva una rilettura adulta che si fa scandaglio del vissuto e produce due forme di riscrittura: in prosa, dove si adotta un nuovo e diverso punto di vista, e in versi, dove la voce parla invece da un tempo posto dopo il lieto fine, da un’età che ha superato la soglia della possibile trasformazione.
Fiabe e ballate esprimono le due polarità del coraggio e del disincanto, in un alternarsi di prospettive che è la nota di fondo con cui entrambe si propongono al lettore come chiave per rivisitare la propria vicenda interiore.
Di corredo e in dialogo con i testi dodici disegni di Stefano Levi Della Torre.
A riflettere sull’anno trascorso con Circe – sospeso, ricco di altrove, di altrimenti – come metafora del tempo analitico, viene convocato lo stesso Odisseo, che però narra ai Feaci un’altra storia.
Entrare nelle fiabe era un’eccitazione fisica ed emotiva: smarrirmi nei boschi stando sdraiata sul divano del tinello; superare grandi prove, vincere la posta in palio, essere un’eroina del vero bene grazie a un mondo del tutto fittizio. L’incantesimo di gustare delle cose vere dentro le non vere.
Così Elettra sposa Pilade, e anche non lo sposa; Oreste non riavrà il trono di suo padre, ma anche lo riavrà; Clitennestra ama Egisto, ma accade invece che ami solo Agamennone.
Cassandra, figlia di Priamo re di Troia e bottino di guerra di Agamennone, muore sempre alle porte di Micene, uccisa da Clitennestra. Si chiamerà, a volte, Alessandra, ma la pena di non essere creduta l’accompagnerà in ogni suo apparire.
Ho immaginato che si togliesse dalle spalle questo fardello.
Quanto a Ifigenia, figlia di Agamennone, capo della spedizione contro Troia, secondo Eschilo muore in Aulide, tappa di quella spedizione, sacrificata dal padre per sbloccare lo stallo dovuto alla bonaccia punitiva decisa da Artemide. E anche però non muore, secondo Euripide, ma viene magicamente fatta sparire al momento del sacrificio e deposta in Tauride. È Artemide a prodursi in questa acrobazia, ma è Atena a decretare, al momento della fuga dalla Tauride, quale sarà la sua nuova destinazione: Brauron.
Morta o non morta, resterà sempre una ragazza. Ho immaginato il suo diventare donna e poi anziana, persino. E da anziana ripercorrere le tappe della sua vita e rammendare, senza nasconderli, gli strappi.
Per entrambe, Ifigenia e Cassandra, ho immaginato che facessero di più che sopravvivere; abbandonando la vita eterna che le costringe a vittime che additano carnefici, si facessero artefici, per quel che umanamente si può, e per una volta, delle loro vicende.
Da questa distanza raggiunta, il dolore di Ifigenia può essere attraversato. E la follia di Cassandra oltrepassata
(In memoria di Elena Pulcini )
La Circe che ho immaginato sembra incarnare, in un primo momento, l'ideale di un amore emancipato dalla dipendenza. Un ideale che non appartiene esclusivamente alle donne, ma è più presente, più vagheggiato presso di loro, che più conoscono la tirannia della propria richiesta di infinito-di infinita unione-e compensano figurandosi in libertà. Ma, quest'ideale d'indipendenza, Circe non lo incarna appieno. D'altronde gli ideali non s'incarnano, aleggiano sopra le nostre te-ste, a volte le infestano, a volte le nutrono ma non mai fanno tutt'uno col nostro corpo.
«Un nucleo di realismo fiducioso» scrive Stefania Portaccio «sta al cuore di queste fiabe dove l’irreale e il fantastico accadono, ed è una mistura potente». Da questa mistura deriva una rilettura adulta che si fa scandaglio del vissuto e produce due forme di riscrittura: in prosa, dove si adotta un nuovo e diverso punto di vista, e in versi, dove la voce parla invece da un tempo posto dopo il lieto fine, da un’età che ha superato la soglia della possibile trasformazione.
Fiabe e ballate esprimono le due polarità del coraggio e del disincanto, in un alternarsi di prospettive che è la nota di fondo con cui entrambe si propongono al lettore come chiave per rivisitare la propria vicenda interiore.
Di corredo e in dialogo con i testi dodici disegni di Stefano Levi Della Torre.
A riflettere sull’anno trascorso con Circe – sospeso, ricco di altrove, di altrimenti – come metafora del tempo analitico, viene convocato lo stesso Odisseo, che però narra ai Feaci un’altra storia.