Papers by Lucio De Bortoli De Bortoli
Raccolgo qui una serie di appunti utilizzati nel corso degli ormai numerosi interventi pubblici c... more Raccolgo qui una serie di appunti utilizzati nel corso degli ormai numerosi interventi pubblici che ho avuto occasione di fare sul tema. La natura di "appunti" funzionale ad una dimensione di history public è evidente. D'altro canto, quel che dobbiamo chiedersi, quel che soprattutto la "consorteria" (in un accezione semplicemente letterale e nient'altro) degli storici e critici dell'arte e dell'architettura dovrebbe chiedersi, è come fare per diffondere nel pensiero comune l'articolazione di questa stagione storica, che è anche quella della costruzione delle belle contrade su cui rifletteva il compianto Piero Camporesi. Vale a dire la centralità del popolo delle maestranze della costruzione, solitamente o rimosso o, nella migliore delle casi gestito sotto traccia. In realtà, le variabili e i filtri che separano la creazione dall'esecuzione, il progettista dal capo mastro, il proto dal capocantiere, anche di mestiere, sono molteplici. Ciò si riflette anche e soprattutto per la ricostruzione delle vicende costruttive e territoriale di un fenomeno vastissimo come quello della villa veneta. Gli appunti che seguono appartengono, assieme ad altri scritti, ad una ricognizione molto più vasta e tuttora in pieno corso sulle maestranze del contado di cui si dà cenno in un passaggio di queste; e in particolare sull'esistenza "esemplare" di un proto di campagna, Paolo Della Mistra, i cui lineamenti biografici si prestano ad assumere il ruolo convenzionale di modello. Infine, l'edificio di villa, in questo quadro, diventa non solo oggetto estetico, ma centro di dinamiche sociali, economiche e culturali animate da molteplici attori.
I Toderini in villa, in Codognè. Nascita e sviluppo di una comunità trevigiana di pianura tra Livenza e Monticano, a cura di L. Caniato e G. Follador, Comune di Codognè, 1990
Estratto parziale
Cronache e istorie di fedeltà: pagine e immagini del dopo Agnadello nel Trevigiano, Lucio De Bort... more Cronache e istorie di fedeltà: pagine e immagini del dopo Agnadello nel Trevigiano, Lucio De Bortoli In, Agnadello e il Trevigiano, in D. GASPARINI e M. KNAPTON (a c. Di), La battaglia di Agnadello e il Trevigiano, Cierre / Antico Brolo, Verona / Treviso, 2011
stato un grande protagonista della vita politica italiana tra Otto e Novecento. Alla fine di ques... more stato un grande protagonista della vita politica italiana tra Otto e Novecento. Alla fine di questa riflessione ne troverete il quadro biografico, ma prima di qualsiasi noterella di questo tipo, occorre, in questa agile occasione, dar conto in primo luogo di un grande torto.
Montebelluna moderna: la terza città (Intro) Questo libro non è solo uno studio. Come detto è, se... more Montebelluna moderna: la terza città (Intro) Questo libro non è solo uno studio. Come detto è, se mai, il profilo di molte ricerche pubblicate negli anni. Il taglio essenzialmente fattuale della seconda metà del secolo è dovuto al fatto che lì, salvo per il dopoguerra, la ricerca va ancora fatta in termini autenticamente scientifici, vale a dire attraverso il ricorso ad una ricerca d'archivio e giornalistica su larga scala. Ed è un lavoro che resta fa fare. A maggior ragione per gli ultimi vent'anni, visto che la radicale mutazione del modello politico e l'emergere di partiti ancora in campo impedisce la necessaria sedimentazione di fatti ed azioni che richiedono elaborazione lunga in chiave storica e non giornalistica o d'opinione. D'altro canto, si trattava di capire in primo luogo da quale storia venissimo per poter poi considerare al meglio il tempo che ci è toccato di vivere. Si trattava di capire, in altri termini, che tipo di città sia stata e sia ora la terza Montebelluna. E si tratta di farlo con onestà intellettuale, evitando l'ipocrisia e il languore tollerante suggerito dal passaggio del tempo e che, se mai, appartiene ad altra forma di scrittura. Si tratta anche di precisare che la sostanziale buona volontà e probità delle classi dirigenti che si sono avvicendate nel governo della città non è in discussione; ma si deve avere anche il coraggio di riconoscere che su tale oggetto temporale ci è esercitati in pratiche sommarie e prive di visione. E che ciò sia avvenuto perché immersi nella gestione dell'esistente e delle esigenze non risolve il problema: e il problema sta semplicemente nel fatto che operare su un insieme richiede la conoscenza dei tratti profondi e storici che lo compongono. Solo che ad operare sull'insieme siamo stati tutti noi e non solo gli amministratori. Partiamo quindi da ciò che dicono gli altri di noi. Non è un mistero per nessuno che l'opinione prevalente (in passato unanime) degli altri era ritenere Montebelluna un grande paesotto senza storia attraversato da una statale. Un paesotto ricco di grandi lavoratori, spesso molto furbi e attenti al proprio tornaconto, percezione finito persino in goffi pregiudizi popolari (il braccio più lungo e quello più corto) e poco più. Il giudizio non è granché mutato nel secondo dopoguerra, con la sola variante del riconoscimento di una grande crescita economica spinta dalla diffusione fittissima del calzaturiero e dei suoi mille capannoni. Nasce la capitale del calzaturiero. Riconoscimento divenuto poi legittimazione economico-finanziaria con l'istituzione del distretto e dello sport system. Quindi, in sostanza solo economia. La cittadina del mercato e dei commercianti era diventata quella della piccola impresa e uno dei pilastri del cosiddetto nord-est. Lo schema di fondo aveva poi ancora una volta mutato profilo. Delocalizzazione e diversificazione, internalizzazione e nuove strategie economiche, digitale e sentieri deterritorializzati hanno in qualche modo sfumato e sfrangiato il quadro compatto del trentennio di corsa. Quindi, non c'è dubbio che nel giro di un secolo siano mutati diversi fattori. Ma è un campo di gioco per economisti e sociologi nel quale gioca chi sa. Da osservatore (e nemmeno da storico in questo caso) mi limito a registrare quello che per i più è naturalmente un dettaglio "culturale", sempre che se ne siano resi conto. Il dettaglio è questo. In questi ultimi vent'anni (ma forse anche trenta), sono state prodotte centinaia di tesi di laurea e di studi sul fenomeno economico montebellunese e il Museo dello Scarpone, quando si chiamava così, ne andava fiero. Ebbene, non una di queste, che io sappia, ha goduto di una promozione editoriale e comunitaria tale, da parte dei soggetti istituzionali e a vario titolo coinvolti, in grado di raggiungere il grande pubblico, capace cioè di diventare conoscenza e coscienza di massa, refrain e "luogo comune" esibiti con orgoglio, iconografia e mito. Sono stati organizzati centinaia di forum e convegni (la convegnistica è molto amata a nord-est, forse perché si muove in dimensione prevalentemente orale) e un pugno di "mattatori" culturali e giornalistici hanno usato a pieni mani questi lavori per le proprie pubblicazioni di settore, ma resta il fatto che, come per molte altre cose, la città non ha saputo rappresentarsi sul piano culturale profondo. La città, piaccia o no, era ed è rimasta sullo sfondo. Non è diventata il centro del pensiero perché piano culturale profondo non significa celebrare i propri fasti industriali, esercitarsi nella retorica del siamo bravi e delle "buone pratiche", esibirsi nella tracotanza della ricchezza materiale raggiunta e a cascata: significa riconoscere la propria identità. Significa sapere cosa siamo stati sul serio e ragionarci sopra per capire se ciò che ora siamo ha un qualche senso rispetto a ciò che siamo stati, per esempio. E questa inconsapevolezza emerge tutta nelle bibliografie che accompagnano tali studi, poco articolate, prive di seri titoli scientifici multidisciplinari e soprattutto riferite ad elementi statistici quantitativi buoni per le slide e poco altro. Un mondo interno, in cui la società emerge se mai solo nei suoi tratti demografici. D'altro canto, come avrebbe potuto essere altrimenti se persino gli amministratori comunali hanno più volte mostrato di non conoscere le coordinate storiche di base della città a loro affidata? Come avrebbe potuto essere altrimenti se, ancora a fine anni Ottanta del secolo scorso, per contare le monografie di storia su Montebelluna bastavano ed avanzavano solo alcune dita di una mano? Insomma, ciò che viene descritto è un panorama di dinamiche argute e acute, di cervelli capaci di creare soluzioni per gli altri, ma ancora e a dispetto dei nuovi linguaggi, ancora del tutto orientati su se stessi, ancora autoreferenziali. Per costoro tutto è importante, salvo l'identità del luogo in cui producono. A prova ulteriore di tale damnatio si potrebbe invocare un dato che ha del drammatico: non c'è un solo luogo, un solo manufatto, un solo edificio che rappresenti, anche solo sul piano onomastico, il passaggio cittadino in termini di permanenza memoriale dei tanti campioni dell'imprenditoria. Si dirà: e allora? Il mio luogo è il mondo. Una risposta ormai scontata e di comodo. Certo, siamo nel mondo con pancia e cuore, direbbe qualcuno. Ma forse non è un caso che altrove, dove sanno di essere, siano capaci di dare la direzione e noi solo di seguirla, accodandosi con la nostra intelligenza funzionale. So bene che, naturalmente, ogni norma contiene l'eccezione, ma quando, ad esempio, la più grande banca del territorio
Lucio De Bortoli, "Le ferite del Piave. Tra danni e ricostruzione", in: Matteo Ermacora (a cura di), “Le «disfatte» di Caporetto. Soldati, civili, territori 1917-1919", Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste, 2019, pp. 97-112, 2019
Il complesso dei danni materiali prodotti nei versanti rivieraschi sotto fuoco del Piave è ben no... more Il complesso dei danni materiali prodotti nei versanti rivieraschi sotto fuoco del Piave è ben noto grazie ai quadri generali dei costi e degli interventi compilati dal Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra e resi noti sin dal 1924 1. Questo è il panorama che emerge dalla Relazione della commissione parlamentare d'inchiesta sulla gestione della ricostruzione delle cosiddette "Terre li-berate": Non è facile riprodurre in brevi tratti quella che era la fisionomia della regione al momento in cui l'esercito liberatore si accinse all'opera di restaurazione. Le terre prossime alle linee di bat-taglia erano state intersecate da profonde armature di reticolati e sconvolte dai tiri delle artiglie-rie. Immense estensioni di boschi erano distrutte o gravemente danneggiate; e l'agricoltura era 1 Le ricostruzioni nelle terre liberate. Commissariato per le Riparazione dei Danni di Guerra, Roma, Libreria dello Stato, 1924.
Materiali per la storia della costruzione nel Trevigiano in Età Moderna, 2019
Materiali per la storia della costruzione nel Trevigiano in Età Moderna Archivio Storico Comunale... more Materiali per la storia della costruzione nel Trevigiano in Età Moderna Archivio Storico Comunale Treviso, b.1082 (ora 220) Estimo generale 1537-1561 Descrizione delle case della città di Treviso 12 novembre 1545 MAESTRI MURATORI-Redazione m. ro o m.ro nome di battesimo seguito da muraro o murer (raro). b. bocche PRIMO QUARTIERE
Destra Piave tra civili e militari nel dopo Caporetto. L'operato di Pietro Bertolini nell'alto tr... more Destra Piave tra civili e militari nel dopo Caporetto. L'operato di Pietro Bertolini nell'alto trevigiano non invaso. Il contributo intende porre al centro la terra sconvolta dalla guerra, non la terra del campo di battaglia, ma la terra dei civili. Dietro il fronte del Piave si svolge una contesa tra opposte e complementari ragioni, reciprocamente necessarie. Campo di analisi la città e il territorio lar-go di Montebelluna, posta nell'immediata retrovia e a tre chilometri dal Piave. La posta in gio-co è la seguente: sgombrare Montebelluna e conseguentemente Castelfranco e l'intera provin-cia non invasa, o mantenere in loco la popolazione rurale per garantire quanto più possibile l'attività agricola e zootecnica? I dubbi sulla decisione da prendere si imperniano attorno ad uno scontro evidente tra le esigenze dell'esercito e quelle di parte del governo, nella convin-zione che la resistenza sul Piave fosse anche legata al mantenimento e alla resistenza di uno spirito pubblico e civile. L'arrivo della guerra sul Piave è un grande capitolo di storia militare, ma al tempo stesso so-ciale perché taglia in due un'intera provincia e proietta le popolazioni al di qua e al di là del fiume in una dimensione del tutto nuova e drammatica. La parte occupata fa esperienza della politica di occupazione di un esercito straniero; l'altra quella di territorio a disposizione dell'esercito. Le pagine che seguono cercano di delineare cosa accadde al di là della sponda rimasta italiana, quella a completa disposizione dell'esercito. La ragione è evidente. Se la sponda sinistra e il territorio occupato godono ormai di ampia e consolidata bibliografia pro-dotta dall'evidente interesse per le politiche di occupazione con il loro corredo di difficili ge-stioni, soprusi, violenze e fame, altrettanto non può dirsi, se non altro in termini storiografici,
Grande e monumentale edificio fatto costruire da Bortolamio Mora nel Settecento. C'è chi, in pass... more Grande e monumentale edificio fatto costruire da Bortolamio Mora nel Settecento. C'è chi, in passato, ha parlato di una proprietà risalente al '300, ma i fatti raccontati dai documenti sono invece i seguenti. Attorno alla metà del 1600 quella che sarebbe diventata la grande proprietà Mora era frazionata tra i Cicogna (antichi proprietari dell'intero fondo) e un certo Francesco Riva, ragioniere ducale; il quale nel 1664, dopo l'acquisto effettuato dai Cicogna, chiede ai magistrati veneziani dei Beni Inculti di poter irrigare i suoi due broli, in uno dei quali insiste un edificio colonico, nucleo originario della futura villa 1 . E` quindi assai verosimile che Il presente saggio è stato pubblicato dall'autore, con qualche riduzione, in Montebelluna. Storia di un territorio (cartografia ed estimi tra Sei e Settecento), La villa nel territorio, Archivi, Venezia 1992; e in Acqua patrizia. Ville e canali nell'alta campagna trevigiana, in Il Dissegno generale di tutta la Brentella di Angelo Prati, a cura di Danilo Gasparini, Treviso Canova 2004. 1 Archivio Storico Consorzio Piave (già Brentella Montebelluna), Bocchetti Privati, Bocchetto Morassutti, b. 26, fasc. 45. La domanda ai Beni Inculti passò per competenza all'Ufficio Acque (Brentella) e si trova ora nei fondi archivistici del Consorzio. La domanda del Riva, che si riferiva all'irrigazione di nove campi, venne esibita come documento fondativo -assieme al disegno che
la storia del millenario mercato privilegiato di Montebelluna. Un emporio territoriale di grande ... more la storia del millenario mercato privilegiato di Montebelluna. Un emporio territoriale di grande importanza per l'intero alto trevigiano durante l'età veneta.
Prima parte dell'opera edita da Antilia Edizioni, Treviso 2015.
Società e Guerra. Montebelluna (1915-1918). Popolazioni e Militari. Dalla Zona di Guerra al Fronte del Piave, 2015
Il testo appartiene al volume Società e Guerra. Montebelluna (1915-1918). Popolazioni e Militari.... more Il testo appartiene al volume Società e Guerra. Montebelluna (1915-1918). Popolazioni e Militari. Dalla Zona di Guerra al Fronte del Piave
Storia di Alano. Comune di Alano di Piave, 1995, 1995
Il reato nel Seicento, in Alano. La memoria e l'immagine di una comunità, Alano 1993.
Grande protagonista dell'antifascismo repubblicano, più volte eletto in Parlamento, Guido Bergamo... more Grande protagonista dell'antifascismo repubblicano, più volte eletto in Parlamento, Guido Bergamo diede vita negli anni venti, nella provincia di Treviso, ad un percorso politico di grande innovazione sociale.
I Mille volti del Lavoro: sullo straordinario sciopero di Crocetta Trevigiana nel 1913
Si trattò comunque di un preambolo. La popolazione cresceva e il povero acquedotto di san Giacomo... more Si trattò comunque di un preambolo. La popolazione cresceva e il povero acquedotto di san Giacomo con la sua bassa sorgente (170 metri), risultò presto insufficiente. E così, mentre alcuni Comuni viciniori (Maser, Caerano, Trevignano, Alano e Cornuda) davano vita al consorzio della Calcola, Montebelluna, passata la gran buriana del dopoguerra e i suoi ideologici effetti tellurici, cominciò a riconsiderare l'opportunità di trovare nuove e definitive soluzioni al problema.
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