Davide Maria Gabriele
Nasce a Erice il 3.12.1987. Avvocato penalista specializzato in delitti contro i beni culturali, si è dimostrato sin dalla più tenera età un curioso cercatore del bello.
Eclettico collezionista di antichità, da alcuni anni concentra i propri studi sulle medaglie Vicereali e del Regno delle Due Sicilie avendo all’attivo già diverse pubblicazioni.
In occasione del XV Congresso Internazionale di Numismatica, con il suo studio di esordio "Michele Laudicina: La vita di un genio trapanese raccontata dalle sue medagli", ha vinto il 3° posto al Premio
di numismatica “Memmo Cagiati” messo in palio dall'Accademia Italiana di Studi Numismatici.
Delegato di Zona Draepanum del Distretto Rotaract 2110 Sicilia - Malta è socio di numerosi Circoli, Past-President del Rotaract Club Trapani e Catalogatore del Medagliere del Museo Regionale “Agostino Pepoli”.
Eclettico collezionista di antichità, da alcuni anni concentra i propri studi sulle medaglie Vicereali e del Regno delle Due Sicilie avendo all’attivo già diverse pubblicazioni.
In occasione del XV Congresso Internazionale di Numismatica, con il suo studio di esordio "Michele Laudicina: La vita di un genio trapanese raccontata dalle sue medagli", ha vinto il 3° posto al Premio
di numismatica “Memmo Cagiati” messo in palio dall'Accademia Italiana di Studi Numismatici.
Delegato di Zona Draepanum del Distretto Rotaract 2110 Sicilia - Malta è socio di numerosi Circoli, Past-President del Rotaract Club Trapani e Catalogatore del Medagliere del Museo Regionale “Agostino Pepoli”.
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Papers by Davide Maria Gabriele
Recenti e nuove scoperte per completare il mosaico della sua attività medaglistico-incisoria.
sono elementi carichi di realismo e riscontrabili in tutte le sue medaglie. In generale, le medaglie sono sempre state considerate come il miglior mezzo di propaganda, su di esse la raffigurazione del sovrano trasmette potenza e sicurezza e Carlo di Borbone non deluse certo le aspettative.
Partito dalla Spagna a capo di un grande esercito messogli a disposizione dal padre Filippo V e comandato dal Duca di Montemar, conquistò nel giro di pochi mesi i Regni di Napoli e di Sicilia
trovando scarsa resistenza da parte dell’esercito austriaco (quest’ultimo occupava i due reami rispettivamente dal 1707 e dal 1720), in seguito, il nuovo sovrano fu liberatore e padre della patria, dedito a svolgere ogni qualsiasi azione per il bene dei suoi regni.
I virtú infatti del primo patto di famiglia del 1734, che porta la Spagna ad intervenire nella Guerra di Successione polacca, Carlo riconquista Napoli e la Sicilia dopo la decisiva battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734 e viene riconosciuto come Re di Napoli e Sicilia dai Trattati di Vienna
del 1735. Come contropartita egli rinunciò ai Ducati di Parma, Piacenza e Toscana che finirono, senza la Toscana ma con Guastalla, nelle mani di suo fratello minore Filippo, Capo della Real Casa Borbone-Parma, secondo figlio di Elisabetta Farnese e genero di Luigi XV.
Un sovrano che ancora oggi, a distanza di oltre due secoli e mezzo, mette d’accordo tutti gli storiografi sulle sue inusitate doti di condottiero e sovrano. Nei suoi venticinque anni di regno, grazie al suo buongoverno, vi fu una miglioria generale e i suoi reami non furono piú province di
imperi decadenti ma nazioni europee. Egli dette inizio alla costruzione di opere grandiose, molte delle quali di indubbia utilità sociale, sorsero infatti cantieri ovunque: strade, ponti, ospedali, porti e soprattutto la formazione di un esercito e di una marina nazionale autoctona (queste ultime non piú dipendenti dalla Spagna).
Furono infatti proposte nuove regole per gli studenti di Medicina: il superamento degli esami di pratica di chirurgia, di ostetricia, delle malattie oculari e dell’apparato urinario divenne condizione necessaria per l’accesso agli esami di laurea. Inoltre, nello stesso anno, furono istituite importanti cattedre accademiche (1779) come urologia e oftalmologia.
stampe, intitolato la “Fata Galante” il poema in 8 canti riscosse grande
successo fra i lettori, ma non tale da permettergli di far fronte alla situazione
economica familiare nel frattempo divenuta disastrosa.
Per potersi permettere da vivere, e spinto dalle sempre più insistenti
pressioni della madre, intraprese gli studi di medicina presso l’Accademia degli
Studi di Palermo ove nel 1764 conseguì il titolo professionale a soli 24 anni.
Da quel momento iniziò il suo peregrinare per i paesini che costellavano
l’orbita di Palermo capitale alla ricerca di un impiego. Si fermò, dopo
pochi anni, nel piccolo paesino di Cinisi ove esercitò la professione di medico
condotto, venendo chiamato dagli abitanti del luogo “Abate Meli” per via
della sua abitudine di vestirsi come un prete.
2), il Gallo lo definirà un artista “molto bravo e risoluto nel maneggio del
bulino”, ma più valente nell’imitazione dei cammei dell’antica Sicilia greca
che nell’invenzione di nuovi soggetti. Sembra facesse inoltre parte di un entourage
di artisti che erano soliti realizzare copie di antichi cammei da vendere
a caro prezzo ai primi stranieri che venivano a compiere il grand tour
della Sicilia. Girerà mezza Europa, ospite di mecenati facoltosi quali principi
cardinali e reali, sue notizie si rinvengono a Malta dove lavorerà insieme al
fratello Alberto anch’egli valente incisore di pietre dure, a Roma, poi a Firenze
e persino a Vienna. In occasione del suo soggiorno in Austria gli verrà
commissionato dall’Imperatore il ritratto suo e dell’Imperatrice incisi su pietra
dura da incastonare sulle ali dell’aquila imperiale. Infine, si recherà a Napoli
presso la Corte di Ferdinando I il quale, nonostante si fosse visto presentare
un’opera non proprio brillante2, lo nominò professore della Scuola Palermitana
di Incisione il 21 marzo 18143.
Recenti e nuove scoperte per completare il mosaico della sua attività medaglistico-incisoria.
sono elementi carichi di realismo e riscontrabili in tutte le sue medaglie. In generale, le medaglie sono sempre state considerate come il miglior mezzo di propaganda, su di esse la raffigurazione del sovrano trasmette potenza e sicurezza e Carlo di Borbone non deluse certo le aspettative.
Partito dalla Spagna a capo di un grande esercito messogli a disposizione dal padre Filippo V e comandato dal Duca di Montemar, conquistò nel giro di pochi mesi i Regni di Napoli e di Sicilia
trovando scarsa resistenza da parte dell’esercito austriaco (quest’ultimo occupava i due reami rispettivamente dal 1707 e dal 1720), in seguito, il nuovo sovrano fu liberatore e padre della patria, dedito a svolgere ogni qualsiasi azione per il bene dei suoi regni.
I virtú infatti del primo patto di famiglia del 1734, che porta la Spagna ad intervenire nella Guerra di Successione polacca, Carlo riconquista Napoli e la Sicilia dopo la decisiva battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734 e viene riconosciuto come Re di Napoli e Sicilia dai Trattati di Vienna
del 1735. Come contropartita egli rinunciò ai Ducati di Parma, Piacenza e Toscana che finirono, senza la Toscana ma con Guastalla, nelle mani di suo fratello minore Filippo, Capo della Real Casa Borbone-Parma, secondo figlio di Elisabetta Farnese e genero di Luigi XV.
Un sovrano che ancora oggi, a distanza di oltre due secoli e mezzo, mette d’accordo tutti gli storiografi sulle sue inusitate doti di condottiero e sovrano. Nei suoi venticinque anni di regno, grazie al suo buongoverno, vi fu una miglioria generale e i suoi reami non furono piú province di
imperi decadenti ma nazioni europee. Egli dette inizio alla costruzione di opere grandiose, molte delle quali di indubbia utilità sociale, sorsero infatti cantieri ovunque: strade, ponti, ospedali, porti e soprattutto la formazione di un esercito e di una marina nazionale autoctona (queste ultime non piú dipendenti dalla Spagna).
Furono infatti proposte nuove regole per gli studenti di Medicina: il superamento degli esami di pratica di chirurgia, di ostetricia, delle malattie oculari e dell’apparato urinario divenne condizione necessaria per l’accesso agli esami di laurea. Inoltre, nello stesso anno, furono istituite importanti cattedre accademiche (1779) come urologia e oftalmologia.
stampe, intitolato la “Fata Galante” il poema in 8 canti riscosse grande
successo fra i lettori, ma non tale da permettergli di far fronte alla situazione
economica familiare nel frattempo divenuta disastrosa.
Per potersi permettere da vivere, e spinto dalle sempre più insistenti
pressioni della madre, intraprese gli studi di medicina presso l’Accademia degli
Studi di Palermo ove nel 1764 conseguì il titolo professionale a soli 24 anni.
Da quel momento iniziò il suo peregrinare per i paesini che costellavano
l’orbita di Palermo capitale alla ricerca di un impiego. Si fermò, dopo
pochi anni, nel piccolo paesino di Cinisi ove esercitò la professione di medico
condotto, venendo chiamato dagli abitanti del luogo “Abate Meli” per via
della sua abitudine di vestirsi come un prete.
2), il Gallo lo definirà un artista “molto bravo e risoluto nel maneggio del
bulino”, ma più valente nell’imitazione dei cammei dell’antica Sicilia greca
che nell’invenzione di nuovi soggetti. Sembra facesse inoltre parte di un entourage
di artisti che erano soliti realizzare copie di antichi cammei da vendere
a caro prezzo ai primi stranieri che venivano a compiere il grand tour
della Sicilia. Girerà mezza Europa, ospite di mecenati facoltosi quali principi
cardinali e reali, sue notizie si rinvengono a Malta dove lavorerà insieme al
fratello Alberto anch’egli valente incisore di pietre dure, a Roma, poi a Firenze
e persino a Vienna. In occasione del suo soggiorno in Austria gli verrà
commissionato dall’Imperatore il ritratto suo e dell’Imperatrice incisi su pietra
dura da incastonare sulle ali dell’aquila imperiale. Infine, si recherà a Napoli
presso la Corte di Ferdinando I il quale, nonostante si fosse visto presentare
un’opera non proprio brillante2, lo nominò professore della Scuola Palermitana
di Incisione il 21 marzo 18143.