Papers by Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
Dalla la metà del XV secolo e per tutto il XVI, le migrazioni greco albanesi in Italia, nella mag... more Dalla la metà del XV secolo e per tutto il XVI, le migrazioni greco albanesi in Italia, nella maggior parte dei casi, sono da identificare come "stradiotiche," assumendo, in seguito, inoltre, il carattere religioso e dell'emporion, elementi questi inestricabilmente legati alla diaspora. 1 Nel Cinquecentoscrive il Braudel-si trovavano a Cipro, a Venezia, a Mantova, a Roma, a Napoli e in Sicilia, e all'estero fino a Madrid, dove andarono per presentare i loro progetti e le loro lamentele, per chiedere barili di polvere da sparo o anni di pensione, arroganti imperiosi, sempre pronti alla lotta. Alla fine l'Italia gradualmente chiuse loro le porte. Si trasferirono nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Francia durante le guerre di religione, soldati e avventurieri seguiti ovunque da mogli, bambini e sacerdoti. 2
Con la dissoluzione dell'Impero Bizantino e del Despotato di Morea, vennero meno anche i benefici... more Con la dissoluzione dell'Impero Bizantino e del Despotato di Morea, vennero meno anche i benefici feudali concessi attraverso la pronoia. Tutti quei territori appartenuti agli stradioti pronoiari erano ormai in possesso dei turchi, che trasformarono la Morea in un sangiaccato. 1
Gli stradioti, apprezzavano più essere ricompensati con titoli, privilegi e concessioni di terre ... more Gli stradioti, apprezzavano più essere ricompensati con titoli, privilegi e concessioni di terre (pronoia), che con alte paghe, infatti il Sathas li annovera come i più importanti e numerosi feudatari del Peloponneso tra il XIV e il XV secolo (stradioti pronoiari-ταζειδιάρης).
La Serenissima, durante il Medio Evo, per poter tranquillamente svolgere le proprie attività comm... more La Serenissima, durante il Medio Evo, per poter tranquillamente svolgere le proprie attività commerciali lungo le coste adriatiche e ioniche, avvertì l'esigenza di garantirsi la difesa delle sue basi portuali, delle città, delle fortezze e, nutrendo qualche interesse particolare, anche di alcune regioni dell'entroterra della penisola balcanica meridionale in suo possesso. Considerata la sua ristrettezza territoriale e quindi il limitato numero di abitanti, la Repubblica di Venezia, non disponendo di milizie sufficienti, atte ad assicurare la sua posizione di potenza marittima, ritenne opportuno colmare tale lacuna arruolando milizie tra le popolazioni indigene dei suoi possedimenti a Levante. Reclutati furono soprattutto quei greco albanesi, originari prevalentemente dalle regioni meridionali dell'attuale Albania e nello specifico dall'Epiro, che, dal VI secolo fino al basso Medioevo, emigrarono nelle varie regioni ed isole della Grecia. Centri di reclutamento vennero istituiti a Corone e Malvasia in Messenia; a Nauplia o Napoli di Romania in Argolide e nelle isole di Candia, Cefalonia, Corfù, Cipro, Negroponte (oggi Eubea) e Zante. 1 Questa militi vennero denominati "Stradioti." Molti storici, attraverso studi ben accurati, hanno trattato il fenomeno dello "stradiotismo" analizzandolo sia sotto l'aspetto antropologico che storico, tra questi vanno ricordati Marino Sanudo, Coriolano Cippico e Filippo de Commines. Ma a compulsare e pubblicare la storia degli stradioti è sicuramente da annoverare il greco Costantino Sathas, che tra il 1888 e il 1890 rese edita, in nove volumi, la monumentale opera: "Documents inedits relatifs à l'histoire de la Grece au moyen-age. 2
Una relazione sulla Reale Salina di Lungro scritta nel 1811 da Pietro Pulli su commissione del Ma... more Una relazione sulla Reale Salina di Lungro scritta nel 1811 da Pietro Pulli su commissione del Marchese de Turris, Presidente della Giunta delle Arti e delle Manifatture nel Regno di Napoli. Una relazione poco conosciuta dagli studiosi che si sono interessati e si interessano della Storia della miniera.
Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
Premessa Questa brochure, Orazio Irianni la pubblicò a Napoli nel 1913, presso lo Stabilimento Ti... more Premessa Questa brochure, Orazio Irianni la pubblicò a Napoli nel 1913, presso lo Stabilimento Tipografico Pierro & Figlio, contestualmente negli anni in cui, nella coscienza degli albanesi, si sviluppò il concetto nazionalistico di organizzazione politico-giuridica, propriamente detta Rilindja (Rinascita). Ho ritenuto opportuno, a distanza di più di un secolo, riproporre il suo scritto, rendendolo disponibile, per molteplici motivi e il più importante, a mio avviso, quello di indurre il lettore alla conoscenza di una parte della storia degli inizi del XX secolo della penisola balcanica, afferente l'Albania dopo la caduta dell'impero ottomano. La convinzione di rendere disponibile un testo ormai introvabile per un pubblico, oggi, più vasto di cultori della problematica Arbëresh e della storia dell'Albania, merita l'attenzione della lettura che non necessariamente deve essere interpretata come prodotto apologetico o mistificatorio. Orazio Irianni fa parte di quella generazione di intellettuali formati umanisticamente nel Collegio Italo Albanese di San Adriano, scuola di libertà e di filantropia, dove la poesia byroniana e il romanticismo diabolico furono dettato, dall'alba del Mauro fino al consolidamento deradiano. L'Irianni, italo albanese di Lungro, permeato di quegli
Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro, 2012
Il termine "anarchia", con i suoi derivati, inteso come ipotetica tesi sociale, nasce, sicurament... more Il termine "anarchia", con i suoi derivati, inteso come ipotetica tesi sociale, nasce, sicuramente, con gli scritti del filosofo francese Pierre-Joseph Proudhon nella prima metà del XVIII secolo, penetrando profondamente nei concetti, proprii, dell'utopia" e dell'Illuminismo , affluendo , in seguito, nella corrente della filosofia individualistica e nel socialismo rivoluzionario di Mikail Bakunin e dell'italo albanese Attanasio Dramis. Ma esso trova, inconfutabilmente, le sue radici, nel complesso organismo sociale di alcune tribù montanare della Tessaglia, del basso Epiro, della Prevalitania e della Dardania, nel periodo in cui queste regioni, ormai, vennero costituite come province dell'Impero Bizantino (XI secolo d.C.). Queste popolazioni, per la natura dei luoghi da loro abitati, si distinsero dalle nuove emergenti societe slave, conservando integra la loro tribale autoctonia. La figlia dell'Imperatore bizantino Alessio I Comneno, la colta e gnostica Anna Comneno (1083-1150), nella sua opera storica "Alessiade", li denomina "Albanitoi" caratterizzandoli nella loro fiera tribalità " abasileuti" cioè senza re (dal greco a privativo e basileus = re). Nonostante la varie invasioni e occupazioni straniere, essi vivevano in gruppi tribali indipendenti, senza riconoscere forme di gerarchia statalizzata. Popolando le impervie regioni montagnose e organizzati in "fis" o tribù, loro principale attività di sostentamento era la pastorizia e l'agricoltura. Coloro che abitavano i villaggi (katund), difendevano con fiero orgoglio le loro costumanze tradizionali, non riconoscevano vincoli di vassallaggio e non si assoggettavano a pagamenti di imposta e a rendite feudali. Non era raro che le tribù montanare si ribellassero con le armi a qualsiasi costrizione fiscale, come quando, Niceforo, governatore bizantino, con incursioni vessatorie dei suoi agenti fiscali, tentò di assoggettare quelle popolazioni. Si ebbe che le città di Berat, Kanina e Tomorizza furono interamente saccheggiate; dovette intervenire direttamente l'imperatore bizantino Andronico III per sedare quella incredibile rivolta. (1) Informazioni più dettagliate, riguardo le caratteristiche essenziali di queste popolazioni, le attingo da Giorgio Pachimere, scrittore bizantino vissuto a cavallo del XIII e XIV secolo e dal suo contemporaneo Giovanni Cantacuzeno, anch'egli bizantino, scrittore e cronista del tempo. Il primo, nella sua opera storica " Historia gestarum" di Michele Paleologo, fa menzione di alcune popolazioni montanare della Tessaglia che chiama " Megalo Balchiti" e che Cantacuzeno individua come "Albani o Albanoi" (da sottolineare che Pachimere, a volte denomina costoro Mega Balchiti e, talune altre, Illiri e Albanoi).
La Storia è una scienza il cui fine ultimo è il raggiungimento e la produzione della verità. Quin... more La Storia è una scienza il cui fine ultimo è il raggiungimento e la produzione della verità. Quindi, prima di essere "magistra vitae" è "ancilla veritatis"e, come tale, non può essere ostaggio di soggettive presunzioni, esse siano guelfe o ghibelline, esse siano tese all'esaltazione dell'ego. L'uomo, per natura, ha sempre abusato del potere, affidatogli o conquistatosi, per trarne vantaggi personali, attraverso il proprio status, la politica, la mendàcia e il necessario bisogno di emergere nella società del suo tempo. In tutti gli scritti e pubblicazioni, gli adepti e intellettuali Arbëresh, prima di svolgere il proprio tema, hanno sempre considerato, come formula introduttiva, se non addirittura fondamentale, l'esaltazione del mito e in questo caso Skanderbeg, Reres, Tommaso Assanis Paleologo ed altri. Essi, pur essendo coscienti di appartenere al ceppo della doppia diaspora hanno sempre cercato un mito su cui far esaltare se stessi. "Skanderbeg e la storia degli Arberesh sono due elementi che, se ben studiati, si contrappongono; l'Assanis Palelologo, non era un coroneo ma un corinzio, burocrate e in seguito diplomatico al servizio di re Federico (egli ebbe notevoli proventi sugli usufrutti sulla miniera salifera di Lungro)1 , mentre l'esistenza stessa del Reres viene messa in discussione da storici di sicura valenza, come lo Zangari prima e il Mandalà, il Giunta, il Petta ed altri successivamente. In tutto lo svolgersi del XVIII secolo, con la nascita nei piccoli villaggi della piccola e media borghesia, (primavera della èlite Arbëresh, che in verità fu la prima come società, con quella greco-napoletana, ad assorbire le nuove concezioni filosofiche d'oltralpe dell'Illuminismo), florida fu la collana di una narrativa storica italo albanese mistificatrice e tendente, all'unisono, all'auto esaltazione. In quella occasione la Storia degli Arberesh fu umiliata. Disaffezionata, porse le sue guance ad inverosimili romanzi epici ed eroici coronati da gesta atte ad imborghesire ulteriormente e quindi rendere "zappator chic", quelle frange, seppur più colte degli schiavoni, di greco albanesi. In ogni dove dell'Arberia tutti reclamarono d'essere Coronei, cugini dello Skanderbeg, nipoti del Reres e pronipoti dei suoi prodi armigeri, ma nessuno dei "richiedenti" sapeva che Corone si trova in Peloponneso, Skanderbeg signoreggiasse in Albania, che Tommaso Assanis Paleologos fosse corinzio e non coroneo e che il mito di Reres e il suo diploma non
Il bizantinologo russo Alexander Vasiliev ci fa osservare che nella prima metà del XIV secolo, gl... more Il bizantinologo russo Alexander Vasiliev ci fa osservare che nella prima metà del XIV secolo, gli albanesi cominciarono per la prima volta a svolgere un ruolo primario nel sud della penisola Balcanica. In quel periodo ebbe inizio una massiccia migrazione di albanesi verso la parte meridionale, estendendosi, nel secolo XV, in tutta la parte centrale della Grecia, nel Peloponneso, nell'Eubea e in molte altre isole dell'Egeo 1. Ma grazie ad altri studi, ben conosciuti degli eruditi francesi, tedeschi ed in particolar modo dei greci, gran parte degli aspetti oscuri della storia della Grecia medievale, alla fine del XIX secolo, hanno avuto degna ed inattesa luminosità. La base del loro lavoro, questo va ricordato con dovizia, sono state le notizie apprese attraverso le cronache locali, in parte andate perdute per l'invasione turca, ed il monumentale carteggio offerto dagli Archivi Veneziani, Spagnoli, Francesi ed in parte anche Italiani. Soltanto nell'isola di Cipro, ci ricorda Kostantinos Sathas, esse sfuggirono alla catastrofe dell'ira musulmana e tra queste le Cronache di Cipro di Leontoi de Macheras scritte intorno al 1320 e rivelatesi importanti per questa indagine storica. 2 Nelle Cronache di Cipro il Macheras scrive: "Gli Albanesi si stabilirono nell'isola intorno al VI secolo formando una casta a sè tutt'ora esistente" ed il Sathas, in questa evidenza storica, rileva: "E' da considerare incredibile ed insostenibile ogni teoria di invasione slava in Grecia, riconoscendo nella Grecia moderna una pronunciata presenza dell'elemento albanese, soprattutto quella che la lingua albanese ha esercitato su quella greca"-e proseguendo-"La soluzione di questa questione ci permetterà fino a quale punto l'albanese ha influenzato l'idioma cipriota e quello della Grecia tutta" 3. Molti studiosi hanno determinato le prime migrazioni albanesi in Grecia tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300 e questo perché, o mancanti della necessaria informazione storica, o perché, i vari nazionalismi greci, serbi e bulgari hanno volutamente occultare presenze massive di questa etnia in Grecia fin dal VI secolo 4. Attraverso le notizie offerteci dal Makeras, non si può non ritenere che le migrazioni del XIII non sono da considerare come le prime di una lunga serie.
Lo storico nelle sue ricerche si avvale prevalentemente delle fonti, materiale di lavoro e condiz... more Lo storico nelle sue ricerche si avvale prevalentemente delle fonti, materiale di lavoro e condizione fondamentale per le indagini. Non esistono, a mio avviso, profonde affinità tra storia e tradizione o memoria individuale e collettiva quantunque la storiografia si fonda sulla testimonianza e sulla memoria, ma non si identifica mai con essa. Tuttavia molte volte la tradizione o memoria può costituire un elemento necessario e suggeritore per lo svolgimento della ricerca alla quale concorre una edificante esegesi, quest'ultima molto più importante delle fonti stesse. La tradizione a questo punto può essere considerata e relativamente giustificata dal presupposto che nessuna fonte è muta, nessuna presenta lucidità, nessuna è sicura e nessuna riveste poco rilievo. La complessità delle memorie tramandate non si combina con la storia, per quanto essa è oggetto del lavoro storiografico.
Oltre cinque lustri fa, curiosando fra le pagine di Lidhja, rivista diretta dal papas Antonio Bel... more Oltre cinque lustri fa, curiosando fra le pagine di Lidhja, rivista diretta dal papas Antonio Bellusci, lessi, con molta curiosità e spirito di annotazione, uno scritto dell'Ing. Ernesto Scura concernente la esistenza di una misteriosa popolazione chiamata Kafira. Il non più fanciullesco desiderio del sapere, determinò un improvviso e intenso bagliore e non di breve durata nella mia mente e nella mia anima. In quel periodo non era facile poter acquisire notizie con facilità, quel poco a disposizione per la ricerca era disponibile solo attraverso testi di etnologia specializzata e di geografia fisica-politica.
Conference Presentations by Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
Terenzio Tocci. Un calabro arbëresh per il risorgimento albanese (1900-1911)
1 Questo lavoro è una elaborazione delle relazioni tenute nei convegni-seminari di: Scutari, Univ... more 1 Questo lavoro è una elaborazione delle relazioni tenute nei convegni-seminari di: Scutari, Università «L.Gurakuqi», 14 ottobre 2010Tirana, Palazzo dei Congressi, 12 novembre 2011 Roma, Museo della Civiltà, 17 febbraio 2012. Sin dalla sua primissima fase ideologica, Terenzio Tocci, (nato a Strigari o San Cosmo Albanese, il 9 marzo 1880), manifestò un forte attaccamento al processo risorgimentale albanese e alla sua lotta di liberazione, dando prova, su piani incrociati, di una edotta conoscenza, della questione skjipëtara in seno all'impero ottomano e alla Balkania, quest'ultima intesa come un insieme di «questioni» (geografiche, politiche ed etnonazionali) concernenti i paesi contermini alla futuribile Albania. A porre in evidenza questa conoscenza della «questione balcanica» fu il suo primo scritto politico, «La Questione Albanese» (Cosenza, 1901), attraverso il quale, con riflessioni politico-propagandistiche albanofile, da militante attivo e propositivo del mazzinianesimo rincorse durante il periodo pre-indipendentista, tre punti concettuali della dottrina mazziniana sui Balcani-Mazzini quando espose i suoi punti sulle genti della penisola balcanica non argomentò sugli albanesi perché non erano ancora insorti-: 1) «Sfasciamento dell'Austria (inteso come impero Austro-Ungarico)»; 2) «Lega balcanica»; 3) «Unita ellenica». Sul primo punto concettuale concernente la disgregazione dell'impero austro-ungarico, Tocci lo applicò secondo esigenze albanesi, ravvisando nell'Austria-Ungheria di perseguire una pericolosa politica balcanica con-centrata su annessioni «etno-territoriali». Erano rilevabili nella politica triplicista italiana, secondo lo strigariota, alcune contraddizioni evidenti e non più sinallagmatiche a partire dalle velleità mostrate dai governi italiano e austriaco, per le quali si fornivano indicazioni politiche sempre più palesi a favore di un ipotetico baratto territoriale, consistente nell' Anschluss o annessione dei territori abitati in maggioranza da albanesi da parte dell'impero asburgico in cambio di terre irredente italiane. Nella sostanza, queste norme diplomatiche italo-austriache, secondo Tocci, risultavano essere in difetto di applicazione a causa di un certo «servilismo» e non di alleanza, del governo italiano, il quale non avrebbe potuto più assicurare lo status quo in Albania e, più in generale, nei Balcani, soprattutto se l'Austria-Ungheria avesse continuato la politica d'ingrandimento del suo «impero arlecchino», nell'acquisire importanti 1
Drafts by Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
In relazione alle origini di provenienza degli Albanesi d'Italia, gli Arbëreshë, giunti dalla Pen... more In relazione alle origini di provenienza degli Albanesi d'Italia, gli Arbëreshë, giunti dalla Penisola Balcanica nell'Italia Meridionale tra il tramontare del XV secolo fino alla metà del XVIII secolo, molte sono le tesi esposte, pochi gli studi intrapresi. Taluni hanno cercato di far risalire le proprie origini dal ceppo bizantino, altri, da escludere una minoranza, erroneamente da quello particolareggiato dei Coronei, altri ancora, per comodo o per negligenza, da ogni parte di Albania.
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